02015D0740 — IT — 13.08.2018 — 004.001


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►B

DECISIONE (PESC) 2015/740 DEL CONSIGLIO

del 7 maggio 2015

concernente misure restrittive in considerazione della situazione nel Sud Sudan e che abroga la decisione 2014/449/PESC

(GU L 117 dell'8.5.2015, pag. 52)

Modificata da:

 

 

Gazzetta ufficiale

  n.

pag.

data

►M1

DECISIONE DI ESECUZIONE (PESC) 2015/1118 DEL CONSIGLIO del 9 luglio 2015

  L 182

31

10.7.2015

►M2

DECISIONE DI ESECUZIONE (PESC) 2017/414 DEL CONSIGLIO del 7 marzo 2017

  L 63

109

9.3.2017

►M3

DECISIONE DI ESECUZIONE (PESC) 2018/168 DEL CONSIGLIO del 2 febbraio 2018

  L 31

86

3.2.2018

►M4

DECISIONE (PESC) 2018/1125 DEL CONSIGLIO del 10 agosto 2018

  L 204

48

13.8.2018




▼B

DECISIONE (PESC) 2015/740 DEL CONSIGLIO

del 7 maggio 2015

concernente misure restrittive in considerazione della situazione nel Sud Sudan e che abroga la decisione 2014/449/PESC



Articolo 1

1.  Sono vietati la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione al Sud Sudan di armamenti e materiale connesso di qualsiasi tipo, comprese armi e munizioni, veicoli ed equipaggiamento militari, equipaggiamento paramilitare e relativi pezzi di ricambio, da parte di cittadini degli Stati membri o in provenienza dal territorio degli Stati membri ovvero mediante navi o aeromobili battenti bandiera degli stessi, siano tali armamenti o materiali originari o no di tale territorio.

▼M4

2.  È inoltre vietato:

a) prestare, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica, servizi di intermediazione o altri servizi, compresa la fornitura di personale mercenario armato, in relazione ad attività militari o in relazione ai prodotti di cui al paragrafo 1 o alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all'uso di tali prodotti, a qualunque persona fisica o giuridica, entità o organismo nel Sud Sudan, o destinati ad essere ivi utilizzati;

b) fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria in relazione ad attività militari o in relazione ai prodotti di cui al paragrafo 1, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all'esportazione, nonché assicurazioni o riassicurazioni, per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di tali prodotti, o per la prestazione di assistenza tecnica, di servizi di intermediazione o di altri servizi connessi, a qualunque persona fisica o giuridica, entità o organismo nel Sud Sudan, o destinati ad essere ivi utilizzati;

c) partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o il risultato di eludere le misure di cui alla lettera a) o b).

Articolo 2

L'articolo 1 non si applica alla vendita, alla fornitura, al trasferimento o all'esportazione di:

a) armi e materiale connesso, nonché formazione e assistenza, destinati esclusivamente al sostegno o all'uso da parte del personale delle Nazioni Unite, comprese la missione delle Nazioni Unite nella Repubblica del Sud Sudan (UNMISS) e la forza di sicurezza interinale delle Nazioni Unite per Abyei (UNISFA);

b) equipaggiamento militare non letale destinato esclusivamente ad uso umanitario o protettivo e relativa assistenza o formazione tecnica, previa notifica al comitato del Consiglio di sicurezza istituito a norma della risoluzione 2206 (2015) («comitato»);

c) abbigliamento protettivo, compresi i giubbotti antiproiettile e gli elmetti militari, temporaneamente esportato nel Sud Sudan da personale delle Nazioni Unite, operatori dei media e operatori umanitari e dello sviluppo e personale associato, per loro esclusivo uso personale;

d) armi e materiale connesso temporaneamente esportati nel Sud Sudan dalle forze di uno Stato che interviene, in conformità del diritto internazionale, unicamente e direttamente per agevolare la protezione e l'evacuazione dei propri cittadini e delle persone sulle quali ha responsabilità consolare nel Sud Sudan, previa notifica al comitato;

e) armi e materiale connesso, nonché formazione e assistenza tecnica, destinati alla task force regionale dell'Unione africana o in suo appoggio, unicamente per le operazioni regionali volte a contrastare l'Esercito di resistenza del Signore, previa notifica al comitato;

f) armi e materiale connesso, nonché formazione e assistenza tecnica, unicamente a sostegno dell'attuazione dei termini dell'accordo di pace, previa approvazione da parte del comitato;

g) altre vendite o forniture di armi e di materiale connesso o fornitura di assistenza o di personale, previa approvazione da parte del comitato.

▼M4

Articolo 2 bis

1.  Gli Stati membri ispezionano nel proprio territorio, inclusi porti marittimi e aeroporti, in accordo con le proprie autorità e legislazione e nel rispetto del diritto internazionale, tutti i carichi diretti nel Sud Sudan, se hanno fondati motivi di ritenere, in base alle informazioni di cui dispongono, che il carico contenga prodotti la cui fornitura, vendita, trasferimento o esportazione sono vietati ai sensi dell'articolo 1.

2.  Gli Stati membri, informati della scoperta, sequestrano e smaltiscono (ad esempio distruggendoli, rendendoli inutilizzabili, stoccandoli o trasferendoli a uno Stato diverso da quello di origine o destinazione per smaltimento) i prodotti la cui fornitura, vendita, trasferimento o esportazione sono vietati a norma dell'articolo 1.

▼B

Articolo 3

1.  Gli Stati membri adottano le misure necessarie per impedire l'ingresso o il transito nel loro territorio delle persone:

▼M4

a) designate dal Consiglio di sicurezza o dal comitato a norma dei punti 6, 7, 8 e 9 dell'UNSCR 2206 (2015) e del punto 14 dell'UNSCR 2428 (2018), il cui elenco figura nell'allegato I della presente decisione;

▼B

b) non contemplati dalla lettera a) che ostacolano il processo politico nel Sud Sudan, anche mediante atti di violenza o violazioni degli accordi di cessate il fuoco, nonché delle persone responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nel Sud Sudan, e delle persone ad esse associate, il cui elenco figura nell'allegato II.

2.  Il paragrafo 1 non obbliga uno Stato membro a vietare ai suoi cittadini l'ingresso nel proprio territorio.

Articolo 4

1.  Il presente articolo si applica alle persone elencate nell'allegato I.

2.  L'articolo 3, paragrafo 1, non si applica quando:

a) il viaggio è giustificato da esigenze umanitarie, inclusi obblighi religiosi, secondo quanto determinato caso per caso dal Comitato;

b) l'ingresso o il transito è necessario per lo svolgimento di un procedimento giudiziario;

c) il viaggio contribuirebbe agli obiettivi di pace e riconciliazione nazionale nel Sud Sudan e di stabilità nella regione, secondo quanto determinato caso per caso dal Comitato.

Articolo 5

1.  Il presente articolo si applica alle persone elencate nell'allegato II.

2.  L'articolo 3, paragrafo 1, lascia impregiudicate le situazioni in cui uno Stato membro sia vincolato da un obbligo derivante dal diritto internazionale, in particolare:

a) in qualità di paese che ospita un'organizzazione internazionale intergovernativa;

b) in qualità di paese che ospita una conferenza internazionale convocata dall'ONU o sotto gli auspici di questa organizzazione;

c) in virtù di un accordo multilaterale che conferisce privilegi e immunità;

d) in base al trattato di conciliazione del 1929 (Patti Lateranensi) concluso tra la Santa Sede (Stato della Città del Vaticano) e l'Italia.

3.  Si ritiene che il paragrafo 2 si applichi anche qualora uno Stato membro ospiti l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).

4.  Il Consiglio è debitamente informato in tutti i casi in cui uno Stato membro concede una deroga ai sensi dei paragrafi 2 o 3.

5.  Gli Stati membri possono concedere deroghe alle misure stabilite ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, allorquando il viaggio è giustificato da esigenze umanitarie urgenti o dall'esigenza di partecipare a riunioni intergovernative e a riunioni promosse od ospitate dall'UE o ospitate da uno Stato membro che esercita la presidenza di turno dell'OSCE, in cui si conduce un dialogo politico che promuove direttamente gli obiettivi politici delle misure restrittive, compresi la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto nel Sud Sudan.

6.  Lo Stato membro che intenda concedere le deroghe di cui al paragrafo 5 presenta al riguardo una notifica scritta al Consiglio. La deroga si considera concessa a meno che, entro due giorni lavorativi dalla ricezione della notifica della deroga proposta, vi sia un'obiezione scritta di uno o più membri del Consiglio. Se uno o più membri del Consiglio sollevano obiezioni, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di concedere la deroga proposta.

7.  Qualora uno Stato membro autorizzi, a norma dei paragrafi 2, 3, 5 e 6, l'ingresso o il transito nel suo territorio di persone elencate nell'allegato II, l'autorizzazione è strettamente limitata ai fini per i quali è concessa e alle persone direttamente interessate.

Articolo 6

1.  Tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da, direttamente o indirettamente:

▼M4

a) persone ed entità designate dal Consiglio di sicurezza o dal comitato a norma dei punti 6, 7, 8 e 12 dell'UNSCR 2206 (2015) e del punto 14 dell'UNSCR 2428 (2018), il cui elenco figura nell'allegato I della presente decisione;

▼B

b) persone che ostacolano il processo politico nel Sud Sudan, anche mediante atti di violenza o violazioni degli accordi di cessate il fuoco, nonché persone responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nel Sud Sudan, e persone fisiche o giuridiche, entità o organismi a esse associati, il cui elenco figura nell'allegato II,

sono congelati.

2.  È vietato mettere, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I o II ovvero destinarli a loro vantaggio.

Articolo 7

1.  Il presente articolo si applica alle persone e alle entità elencate nell'allegato I.

2.  Alle condizioni che ritiene appropriate, l'autorità competente di uno Stato membro può autorizzare lo sblocco di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche, dopo aver stabilito che i fondi o le risorse economiche in questione sono:

a) necessari per coprire le spese di base, compreso il pagamento di generi alimentari, canoni di locazione o garanzie ipotecarie, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenza di servizi pubblici;

b) esclusivamente per il pagamento di onorari congrui e il rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;

c) diritti o spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi e delle risorse economiche congelati.

Lo Stato membro interessato notifica preventivamente al Comitato l'intenzione di autorizzare, ove opportuno, lo sblocco di taluni fondi o risorse economiche congelati. Le autorizzazioni possono essere concesse qualora il Comitato non abbia espresso un parere negativo entro cinque giorni lavorativi da tale notifica.

3.  Alle condizioni che ritiene appropriate, l'autorità competente di uno Stato membro può autorizzare lo sblocco di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di fondi o risorse economiche, dopo aver stabilito che i fondi o le risorse economiche in questione sono necessari per coprire spese straordinarie, purché lo Stato membro interessato abbia notificato tale decisione al Comitato e quest'ultimo l'abbia approvata.

4.  In deroga all'articolo 6, paragrafo 1, le autorità competenti di uno Stato membro possono altresì autorizzare lo sblocco di taluni fondi o risorse economiche congelati, purché lo Stato membro interessato abbia stabilito che i fondi o le risorse economiche sono oggetto di un vincolo o di una decisione di natura giudiziaria, amministrativa o arbitrale e che i fondi o le risorse economiche saranno usati esclusivamente per il soddisfacimento del vincolo o della decisione, purché detto vincolo abbia effetto o detta decisione sia stata emessa anteriormente alla data di adozione della UNSCR 2206 (2015), vale a dire il 3 marzo 2015, non vada a favore di persone fisiche o giuridiche, entità o organismi elencati nell'allegato I o II e lo Stato membro interessato ne abbia dato notifica al Comitato.

5.  L'articolo 6, paragrafo 1, non si applica al versamento sui conti congelati di:

a) interessi o altri profitti dovuti su detti conti; o

b) pagamenti dovuti in virtù di contratti, accordi o obblighi che sono stati conclusi o sono sorti anteriormente alla data in cui tali conti sono stati assoggettati alle misure di cui all'articolo 6,

purché tali interessi, altri profitti e pagamenti continuino a essere soggetti alle misure di cui all'articolo 6, paragrafo 1.

6.  L'articolo 6 non osta a che una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo inserito nell'elenco effettui un pagamento dovuto nell'ambito di un contratto concluso prima della data dell'inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità o organismo nell'elenco di cui all'allegato I, purché lo Stato membro interessato abbia stabilito che il pagamento non è percepito, direttamente o indirettamente, da una persona fisica o giuridica, da un'entità o da un organismo elencato nell'allegato I o II e previa notifica dell'intenzione di effettuare o percepire tali pagamenti o di autorizzare, ove opportuno, il rilascio di fondi, altre attività finanziarie o risorse economiche a tal fine, data dallo Stato membro interessato al Comitato 10 giorni lavorativi prima di tale autorizzazione.

Articolo 8

1.  Il presente articolo si applica alle persone e alle entità elencate nell'allegato II.

2.  Alle condizioni che ritiene appropriate, l'autorità competente di uno Stato membro può autorizzare lo sblocco di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche, dopo aver stabilito che i fondi o le risorse economiche in questione sono:

a) necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone elencate nell'allegato II e dei familiari a loro carico, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, locazioni o garanzie ipotecarie, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenze di servizi pubblici;

b) destinati esclusivamente al pagamento di onorari congrui e al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;

c) destinati esclusivamente al pagamento di diritti o di spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati; oppure

d) necessari per coprire spese straordinarie, purché l'autorità competente abbia notificato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione i motivi per cui ritiene che debba essere concessa un'autorizzazione specifica almeno due settimane prima dell'autorizzazione.

Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione delle autorizzazioni concesse a norma del presente paragrafo.

3.  In deroga all'articolo 6, paragrafo 1, le autorità competenti di uno Stato membro possono autorizzare lo sblocco di taluni fondi o risorse economiche congelati, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a) i fondi o le risorse economiche sono oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell'inserimento della persona fisica o giuridica, dell'entità o dell'organismo di cui all'articolo 6, paragrafo 1, nell'allegato II, o di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell'Unione, o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, prima o dopo tale data;

b) i fondi o le risorse economiche saranno usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o riconosciuti validi da tale decisione, entro i limiti fissati dalle disposizioni legislative e regolamentari applicabili che disciplinano i diritti dei titolari di tali crediti;

c) la decisione non va a favore di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo elencati nell'allegato I o II, e

d) il riconoscimento della decisione non è contrario all'ordine pubblico dello Stato membro interessato.

Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione delle autorizzazioni concesse a norma del presente paragrafo.

4.  L'articolo 6, paragrafo 1, non osta a che una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo inserito nell'elenco effettui un pagamento dovuto nell'ambito di un contratto concluso prima della data dell'inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità o organismo nell'elenco di cui all'allegato II, purché lo Stato membro interessato abbia stabilito che il pagamento non è percepito, direttamente o indirettamente, da una persona fisica o giuridica, da un'entità o da un organismo elencato nell'allegato I o nell'allegato II.

5.  L'articolo 6, paragrafo 2, non si applica al versamento sui conti congelati di:

a) interessi o altri profitti dovuti su detti conti;

b) pagamenti dovuti in virtù di contratti, accordi o obblighi che sono stati conclusi o sono sorti anteriormente alla data in cui tali conti sono stati assoggettati alle misure di cui all'articolo 6; oppure

c) pagamenti dovuti in virtù di decisioni giudiziarie, amministrative o arbitrali emesse nell'Unione o esecutive nello Stato membro interessato,

purché tali interessi, altri profitti e pagamenti continuino a essere soggetti alle misure di cui all'articolo 6, paragrafo 1.

Articolo 9

1.  Qualora il Consiglio di sicurezza o il Comitato inseriscano in elenco una persona o un'entità, il Consiglio include detta persona o entità nell'allegato I.

2.  Il Consiglio, deliberando su proposta di uno Stato membro o dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, decide di stabilire e modificare l'elenco riportato nell'allegato II.

3.  Il Consiglio trasmette le sue decisioni di cui ai paragrafi 1 e 2, compresi i motivi dell'inserimento nell'elenco, alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo interessati direttamente, se l'indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando a tale persona fisica o giuridica, entità o organismo la possibilità di presentare osservazioni.

4.  Qualora siano presentate osservazioni o siano addotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina le sue decisioni e ne informa di conseguenza la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo interessato.

Articolo 10

1.  Gli allegati I e II riportano i motivi dell'inserimento nell'elenco delle persone e delle entità di cui agli articoli 3, paragrafo 1, e 6, paragrafo 1, forniti dal Consiglio di sicurezza o dal Comitato in relazione all'allegato I e dal Consiglio in relazione all'allegato II.

2.  Gli allegati I e II riportano inoltre, ove disponibili, le informazioni necessarie per identificare le persone e le entità interessate, fornite dal Consiglio di sicurezza o dal Comitato in relazione all'allegato I e dal Consiglio in relazione all'allegato II. Con riguardo alle persone, tali informazioni possono includere i nomi, compresi gli pseudonimi, la data e il luogo di nascita, la cittadinanza, il numero del passaporto e della carta d'identità, il sesso, l'indirizzo, se noto, e la funzione o professione. Con riguardo alle persone giuridiche, alle entità o agli organismi, tali informazioni possono includere le denominazioni, la data e il luogo di registrazione, il numero di registrazione e la sede di attività. Gli allegati I e II riportano inoltre la data della designazione.

Articolo 11

Per massimizzare l'impatto delle misure stabilite dalla presente decisione, l'Unione incoraggia i paesi terzi ad adottare misure restrittive analoghe a quelle previste nella presente decisione.

Articolo 12

1.  La presente decisione è costantemente riesaminata. Se del caso, è prorogata o modificata qualora il Consiglio ritenga che i suoi obiettivi non siano stati raggiunti e in conformità delle pertinenti decisioni del Consiglio di sicurezza.

2.  Le misure di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b) e all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b) sono riesaminate periodicamente e almeno ogni dodici mesi. Esse cessano di applicarsi con riguardo alle persone e entità interessate se il Consiglio stabilisce, in conformità della procedura di cui all'articolo 9, che le condizioni necessarie alla loro applicazione non sono più soddisfatte.

Articolo 13

La decisione 2014/449/PESC è abrogata.

Articolo 14

La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

▼M1




ALLEGATO I

ELENCO DELLE PERSONE E DELLE ENTITÀ DI CUI ALL'ARTICOLO 3, PARAGRAFO 1, LETTERA a), E ALL'ARTICOLO 6, PARAGRAFO 1, LETTERA a).

▼M2

A.    PERSONE

1.    Gabriel JOK RIAK [alias: a) Gabriel Jok b) Jok Riak c) Jock Riak]

Titolo: Tenente generale

Designazione: Comandante del settore uno dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA)

Data di nascita: 1966

Luogo di nascita: Bor, Sudan/Sud Sudan

Cittadinanza: Sud Sudan

Indirizzo: a) Stato dell'Unità, Sud Sudan b) Wau, Bahr El Ghazal Occidentale, Sud Sudan

Data della designazione ONU: 1o luglio 2015

Altre informazioni: Comandante del settore uno dell'SPLA, operante principalmente nello Stato dell'Unità, dal gennaio 2013. In quanto comandante del settore uno dell'SPLA, ha esteso o prolungato il conflitto in Sud Sudan violando l'accordo sulla cessazione delle ostilità. L'SPLA, entità militare sud-sudanese, ha condotto attività che hanno prolungato il conflitto in Sud Sudan, comprese le violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità del gennaio 2014 e dell'accordo per una soluzione della crisi in Sud Sudan del 9 maggio 2014, che rappresentava un impegno rinnovato al rispetto dell'accordo sulla cessazione delle ostilità, e ha ostacolato le attività del meccanismo di monitoraggio e verifica dell'IGAD. Link all'avviso speciale INTERPOL-Consiglio di sicurezza dell'ONU: https://www.interpol.int/en/notice/search/un/5879060.

Informazioni tratte dalla sintesi dei motivi dell'inserimento nell'elenco forniti dal comitato delle sanzioni:

Gabriel Jok Riak è stato inserito nell'elenco il 1o luglio 2015 a norma del punto 7, lettere a) e f) e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015), per i seguenti motivi: attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan o ostacolare la riconciliazione, i colloqui o i processi di pace, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità; ostacolo alle attività delle missioni internazionali di mantenimento della pace, diplomatiche o umanitarie in Sud Sudan, comprese quelle del meccanismo di monitoraggio e verifica dell'IGAD, la fornitura o la distribuzione dell'aiuto umanitario, o l'accesso allo stesso; e in quanto responsabile di entità, compresi ogni governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7.

Gabriel Jok Riak è il comandante del settore uno dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA), entità militare sud-sudanese che ha condotto attività che hanno prolungato il conflitto in Sud Sudan, comprese le violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità del gennaio 2014 e dell'accordo per una soluzione della crisi in Sud Sudan del 9 maggio 2014 (accordo di maggio), che rappresentava un impegno rinnovato al rispetto dell'accordo sulla cessazione delle ostilità.

Jok Riak è stato comandante del settore uno dell'SPLA, operante principalmente nello Stato dell'Unità, dal gennaio 2013. La terza, quarta e quinta divisione dell'SPLA fanno capo al settore uno e al comandante dello stesso, Jok Riak.

Jok Riak e le forze dei settori uno e tre sotto il suo comando generale hanno condotto una serie di attività, precisate in appresso, in violazione degli impegni assunti nel gennaio 2014 nel quadro dell'accordo sulla cessazione delle ostilità, di porre fine a ogni azione militare diretta contro le forze di opposizione nonché ad altre azioni provocatorie, di bloccare le forze nelle loro attuali posizioni e di astenersi da attività quali movimento delle forze o rifornimento di munizioni che potrebbero portare a un confronto militare.

Le forze dell'SPLA sotto il comando generale di Jok Riak hanno violato varie volte l'accordo sulla cessazione delle ostilità con veri e propri atti di ostilità.

Il 10 gennaio 2014, una forza dell'SPLA sotto il comando generale del comandante del settore uno, Jok Riak, ha conquistato Bentiu, precedentemente sotto il controllo dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese all'opposizione (SPLM-IO) dal 20 dicembre 2013. La terza divisione dell'SPLA ha teso un agguato e bombardato combattenti dell'SPLM-IO nei pressi di Leer poco dopo la firma dell'accordo sulla cessazione delle ostilità del gennaio 2014 e ha conquistato Mayom a metà aprile 2014, uccidendo più di 300 uomini dell'SPLM-IO.

Il 4 maggio 2014, una forza dell'SPLA sotto il comando di Jok Riak ha riconquistato Bentiu. Un portavoce dell'SPLA annunciava alla televisione di Stato a Juba che le forze governative sotto il comando di Jok Riak avevano riconquistato Bentiu alle quattro del pomeriggio, aggiungendo che avevano partecipato all'operazione la terza divisione e una task force speciale dell'SPLA. Ad alcune ore dall'annuncio dell'accordo di maggio, le forze della terza e quarta divisione dell'SPLA attaccavano e respingevano i combattenti dell'opposizione, che avevano precedentemente attaccato posizioni dell'SPLA nei pressi di Bentiu e nelle regioni petrolifere settentrionali del Sud Sudan.

Inoltre, dopo la firma dell'accordo di maggio, truppe della terza divisione dell'SPLA hanno riconquistato Wang Kai e il comandante della divisione, Santino Deng Wol, ha autorizzato le sue forze a uccidere chiunque fosse armato o si nascondesse nelle case, ordinando loro di incendiare le case in cui si trovavano forze dell'opposizione.

Alla fine di aprile e nel maggio 2015 le forze del settore uno dell'SPLA comandate da Jok Riak hanno condotto un'offensiva militare su vasta scala contro le forze dell'opposizione nello Stato dell'Unità dallo Stato dei Laghi.

In violazione dei termini dell'accordo di cessazione delle ostilità illustrato sopra, Jok Riak avrebbe cercato di far riparare e adattare carri armati per utilizzarli contro le forze dell'opposizione all'inizio di settembre 2014. Alla fine di ottobre 2014, almeno 7 000 uomini e armi pesanti della terza e della quinta divisione dell'SPLA sono stati riassegnati per rafforzare la quarta divisione vittima di un attacco dell'opposizione nei pressi di Bentiu. Nel novembre 2014 l'SPLA ha posto sotto la responsabilità del settore uno armi e materiale militare nuovi, compresi veicoli corazzati da trasporto truppa, elicotteri, pezzi di artiglieria e munizioni, probabilmente per prepararsi a combattere contro l'opposizione. All'inizio di febbraio 2015 Jok Riak avrebbe ordinato di inviare a Bentiu veicoli corazzati da trasporto truppa, probabilmente per rispondere a recenti agguati dell'opposizione.

Successivamente all'offensiva di aprile e maggio 2015 nello Stato dell'Unità, il settore uno dell'SPLA ha negato le richieste del team di monitoraggio e verifica dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD — MVM) a Bentiu di indagare su tale violazione dell'accordo di cessazione delle ostilità, negando così all'IGAD-MVM la libertà di movimento per svolgere il suo mandato.

Inoltre, nell'aprile 2014 Jok Riak ha prolungato il conflitto in Sud Sudan in quanto avrebbe aiutato ad armare e mobilitare ben 1 000 giovani di etnia Dinka ad integrazione delle forze tradizionali dell'SPLA.

2.    Simon Gatewech DUAL [alias: a) Simon Gatwich Dual b) Simon Getwech Dual c) Simon Gatwec Duel d) Simon Gatweach e) Simon Gatwick f) Simon Gatwech g) Simon Garwich h) General Gaduel i) Dhual]

Titolo: Maggiore Generale

Designazione: capo di Stato maggiore, SPLA all'opposizione

Data di nascita: 1953

Luogo di nascita: a) Akobo, Stato di Jonglei, Sudan/Sud Sudan b) contea di Uror, Stato di Jonglei, Sudan/Sud Sudan

Indirizzo: Stato di Jonglei, Sudan/Sud Sudan

Data della designazione ONU: 1o luglio 2015

Altre informazioni: È capo di Stato maggiore dell'SPLM-IO ed è stato precedentemente comandante delle forze di opposizione nello Stato di Jonglei. All'inizio di febbraio 2015 le sue forze hanno condotto attacchi nello Stato di Jonglei e dal marzo 2015 ha attentato alla pace nello Stato di Jonglei attraverso attacchi contro la popolazione civile. Fotografia disponibile per l'inserimento nell'avviso speciale INTERPOL-Consiglio di sicurezza dell'ONU. Link all'avviso speciale INTERPOL-Consiglio di sicurezza dell'ONU: https://www.interpol.int/en/notice/search/un/5879066.

Informazioni tratte dalla sintesi dei motivi dell'inserimento nell'elenco forniti dal comitato delle sanzioni:

Simon Gatwech Dual è stato inserito nell'elenco il 1o luglio 2015 a norma del punto 6, del punto 7, lettere a) e d), e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015) per i seguenti motivi: responsabile o complice di attività o politiche che minacciano la pace, la sicurezza o la stabilità del Sud Sudan o coinvolto, direttamente o indirettamente, in tali attività o politiche; attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan o ostacolare la riconciliazione, i colloqui o i processi di pace, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità; attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, mediante atti di violenza (inclusi uccisioni, mutilazioni, tortura, stupri e altre forme di violenza sessuale), rapimenti, sparizioni forzate, trasferimenti forzati o attacchi contro scuole, ospedali, luoghi di culto o luoghi in cui i civili cercano rifugio, o commettendo atti che costituiscono gravi abusi o violazioni dei diritti umani o una violazione del diritto internazionale umanitario; e in quanto responsabile di entità, compresi ogni governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7.

Simon Gatwech Dual (Gatwech Dual) ha condotto attività o politiche che minacciano la pace, la sicurezza o la stabilità del Sud Sudan ed è un leader del movimento di liberazione del popolo sudanese all'opposizione (SPLM-IO), un'entità che ha commesso attività che minacciano la pace, la sicurezza o la stabilità del Sud Sudan e condotto attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, mediante atti di violenza.

Gatwech Dual è capo di Stato maggiore dell'SPLM-IO ed è stato precedentemente comandante delle forze di opposizione nello Stato di Jonglei.

Fra il 2014 e il 2015 Gatwech Dual aveva molti uomini sotto il suo comando e dirigeva attacchi in modo piuttosto autonomo. Gatwech Dual sovrintende allo schieramento dell'SPLM-IO e probabilmente anche allo schieramento di alcune forze dell'esercito bianco (giovanissimi miliziani di etnia Nuer).

A fine aprile 2014 le forze sotto il comando generale di Gatwech Dual stavano guadagnando terreno nello Stato di Jonglei nella loro marcia verso Bor, capitale dello Stato. Gatwech Dual può aver utilizzato la notizia dell'attacco del 17 aprile 2014 contro gli sfollati interni di etnia Nuer nel compound dell'ONU di Bor per istigare i suoi uomini alla vendetta. Il meccanismo di monitoraggio e verifica dell'IGAD negli Stati dell'Alto Nilo, dell'Unità e di Jonglei ha inoltre citato le forze capeggiate da Gatwech Dual nella sua sintesi delle violazioni del cessate il fuoco del 14 agosto 2014.

Le forze di Gatwech Dual hanno sferrato un attacco nello Stato di Jonglei a inizio febbraio 2015. A marzo 2015 Gatwech Dual ha attentato alla pace nello Stato di Jonglei compiendo attacchi contro la popolazione civile.

A fine aprile 2015 Gatwech Dual è stato coinvolto nella pianificazione e nel coordinamento di attacchi a sorpresa contro le forze governative sud-sudanesi nello Stato dell'Alto Nilo. Nella relazione di sintesi del meccanismo di monitoraggio e verifica dell'IGAD sulle violazioni della cessazione delle ostilità tra il 12 e il 31 maggio 2015 sono elencate violazioni da parte delle forze di opposizione sotto il controllo di Gatwech, tra cui un attacco contro forze governative ad Ayod.

Le forze dell'SPLM-IO sotto il comando di Gatwech Dual hanno preso di mira donne, bambini e civili. Gatwech Dual avrebbe ordinato a unità poste sotto il suo comando di uccidere prigionieri di guerra, donne e bambini di etnia Dinka e ufficiali sotto il suo comando hanno affermato che le forze di opposizione non dovrebbero fare alcuna distinzione fra le varie tribù Dinka e uccidere gli appartenenti a tutte.

3.    James Koang CHUOL [alias: a) James Koang Chol Ranley b) James Koang Chol c) Koang Chuol Ranley d) James Koang Chual]

Titolo: Maggiore Generale

Data di nascita: 1961

Cittadinanza: Sud Sudan Passaporto n.: R00012098, Sud Sudan

Data della designazione ONU: 1o luglio 2015

Altre informazioni: Nominato comandante della divisione speciale dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese all'opposizione (SPLA-IO) nel dicembre 2014. Le sue forze hanno condotto attacchi contro civili. Nel febbraio 2014, le forze poste sotto il suo comando hanno attaccato campi delle Nazioni Unite, ospedali, chiese e scuole, praticando stupri, torture e distruzione di beni su vasta scala, nel tentativo di far uscire allo scoperto civili, soldati e agenti di polizia alleati del governo. Link all'avviso speciale INTERPOL-Consiglio di sicurezza dell'ONU: https://www.interpol.int/en/notice/search/un/5879069.

Informazioni tratte dalla sintesi dei motivi dell'inserimento nell'elenco forniti dal comitato delle sanzioni:

James Koang Chuol (Koang) è stato inserito nell'elenco il 1o luglio 2015 a norma del punto 6, del punto 7, lettere a) e d), e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015) per i seguenti motivi: responsabile o complice di attività o politiche che minacciano la pace, la sicurezza o la stabilità del Sud Sudan o coinvolto, direttamente o indirettamente, in tali attività o politiche; attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan o ostacolare la riconciliazione, i colloqui o i processi di pace, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità; attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, mediante atti di violenza (inclusi uccisioni, mutilazioni, tortura, stupri e altre forme di violenza sessuale), rapimenti, sparizioni forzate, trasferimenti forzati o attacchi contro scuole, ospedali, luoghi di culto o luoghi in cui i civili cercano rifugio, o commettendo atti che costituiscono gravi abusi o violazioni dei diritti umani o una violazione del diritto internazionale umanitario, e in quanto responsabile di entità, compresi ogni governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7.

James Koang Chuol (Koang) ha minacciato la pace, la sicurezza o la stabilità del Sud Sudan in quanto leader delle forze antigovernative nello Stato dell'Unità, Sud Sudan, i cui membri hanno condotto attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, con uccisioni e atti di violenza sessuale, e hanno condotto attacchi contro scuole, ospedali, luoghi di culto e luoghi in cui i civili cercano rifugio.

Koang ha disertato, lasciando la carica di comandante della quarta divisione dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA) nel dicembre 2013. Prendendo ordini da Koang, i soldati disertori hanno giustiziato ben 260 omologhi interni alla base prima di attaccare e uccidere civili nella capitale Bentiu.

Koang è stato nominato comandante della divisione speciale dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese all'opposizione (SPLA-IO) nel dicembre 2014. Nella sua nuova carica, nel gennaio 2015 ha condotto attacchi contro le forze governative nelle contee di Renk e Maban, nello Stato dell'Alto Nilo, che sono stati citati dal meccanismo di monitoraggio e verifica dall'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) come violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità.

Nel febbraio 2014, dopo il conferimento a Koang del comando delle forze antigovernative nello Stato dell'Unità, tali forze hanno attaccato campi delle Nazioni Unite, ospedali, chiese e scuole, praticando stupri, torture e distruzione di beni su vasta scala, nel tentativo di far uscire allo scoperto civili, soldati e agenti di polizia alleati del governo. Il 14 e 15 aprile 2014 le forze di Koang hanno conquistato Bentiu dopo aspri combattimenti e hanno condotto attacchi contro civili. In episodi distinti presso una moschea, una chiesa e un deposito alimentare abbandonato di Bentiu, le forze hanno suddiviso i civili che vi si erano rifugiati per etnia e nazionalità prima di procedere a uccisioni mirate, lasciando almeno 200 morti e 400 feriti. A metà settembre 2014, Koang avrebbe ordinato alle sue forze di mirare a civili di etnia Dinka durante un attacco nello Stato dell'Alto Nilo.

4.    Santino Deng WOL [alias: a) Santino Deng Wuol b) Santino Deng Kuol]

Titolo: Maggiore Generale

Designazione: Comandante della terza divisione dell'SPLA

Data di nascita: 9 novembre 1962

Luogo di nascita: Aweil, Sudan/Sud Sudan

Data della designazione ONU: 1o luglio 2015

Altre informazioni: Ha comandato e guidato attività militari contro le forze dell'opposizione e ha condotto movimenti di truppe diretti a uno scontro militare in violazione dell'accordo sulla cessazione delle attività. Nel maggio 2015 le forze poste sotto il suo comando hanno ucciso bambini, donne e anziani, bruciato beni e razziato bestiame mentre avanzavano, attraverso lo Stato dell'Unità, verso il giacimento petrolifero di Thorjath. Link all'avviso speciale INTERPOL-Consiglio di sicurezza dell'ONU: https://www.interpol.int/en/notice/search/un/5879071.

Informazioni tratte dalla sintesi dei motivi dell'inserimento nell'elenco forniti dal comitato delle sanzioni:

Santino Deng Wol è stato inserito nell'elenco il 1o luglio 2015 a norma del punto 7, lettere a), e d), e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015) per i seguenti motivi: attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan o ostacolare la riconciliazione, i colloqui o i processi di pace, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità; attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, mediante atti di violenza (inclusi uccisioni, mutilazioni, tortura, stupri e altre forme di violenza sessuale), rapimenti, sparizioni forzate, trasferimenti forzati o attacchi contro scuole, ospedali, luoghi di culto o luoghi in cui i civili cercano rifugio, o commettendo atti che costituiscono gravi abusi o violazioni dei diritti umani o una violazione del diritto internazionale umanitario, e in quanto responsabile di entità, compresi ogni governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7.

Santino Deng Wol (Deng Wol) è Maggiore Generale dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA) e comandante della terza divisione dell'SPLA, entità militare sud-sudanese responsabile di attività che hanno prolungato il conflitto in Sud Sudan, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità del gennaio 2014 e dell'accordo per una soluzione della crisi in Sud Sudan del 9 maggio 2014 (accordo di maggio), che rappresentava un impegno rinnovato al rispetto dell'accordo sulla cessazione delle ostilità.

Deng Wol ha comandato e guidato azioni militari contro le forze dell'opposizione e ha condotto movimenti di truppe diretti a uno scontro militare in violazione dell'accordo sulla cessazione delle ostilità.

Poco dopo la conclusione, a opera dei negoziatori delle due parti, dell'accordo sulla cessazione delle ostilità, DENG WOL preparava le sue forze all'avanzata sulla città di Leer nello Stato dell'Unità. Esse hanno successivamente teso un agguato e bombardato combattenti ribelli nei pressi di Leer.

A metà aprile 2014 le forze di Deng Wol avrebbero preparato la riconquista di Bentiu, in mano alle forze antigovernative. Più tardi nello stesso mese tali forze hanno conquistato Mayom al termine di una feroce offensiva in cui hanno ucciso oltre 300 membri delle forze di opposizione. Successivamente, all'inizio di maggio 2014, hanno conquistato Tor Abyad, uccidendo in tale occasione membri delle forze di opposizione. Poco dopo, le forze dell'SPLA, comprese le forze di Deng Wol, hanno attaccato e riconquistato la città di Wang Kai dello Stato dell'Unità. Deng Wol ha autorizzato le sue forze a uccidere chiunque portasse armi o si nascondesse nelle case e ha ordinato loro di bruciare tutte le case in cui si trovavano sostenitori dell'opposizione.

Fra aprile e maggio del 2015 la terza divisione dell'SPLA di Deng Wol ha preso parte all'offensiva condotta nello Stato dell'Unità, durante la quale l'SPLA ha lanciato un attacco coordinato per prendere le roccaforti dell'opposizione nelle contee di Mayom, Guit, Koch, Mayendit e Leer. Nel maggio 2015 le forze di Deng Wol hanno ucciso bambini, donne e anziani, bruciato beni e razziato bestiame mentre avanzavano, attraverso lo Stato dell'Unità, verso il giacimento petrolifero di Thorjath. Inoltre, all'inizio dello stesso mese, Deng Wol avrebbe spinto affinché fossero giustiziati i soldati dell'opposizione catturati.

5.    Marial Chanuong Yol MANGOK [alias: a) Marial Chinuong b) Marial Chan c) Marial Chanoung Yol d) Marial Chinoum]

Designazione: a) Maggiore Generale dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese b) Comandante, Guardia presidenziale

Data di nascita: 1o gennaio 1960

Luogo di nascita: Yirol, Stato dei Laghi

Cittadinanza: Sud Sudan Passaporto n.: R00005943, Sud Sudan

Data della designazione ONU: 1o luglio 2015

Altre informazioni: La Guardia presidenziale sotto il suo comando ha guidato, nella città di Juba e dintorni, il massacro di civili di etnia Nuer, molti dei quali sono stati sepolti in fosse comuni. In una di queste fosse sarebbero stati rinvenuti dai 200 ai 300 civili. Link all'avviso speciale INTERPOL-Consiglio di sicurezza dell'ONU: https://www.interpol.int/en/notice/search/un/72684667.

Informazioni tratte dalla sintesi dei motivi dell'inserimento nell'elenco forniti dal comitato delle sanzioni:

Marial Chanuong Yol Mangok è stato inserito nell'elenco il 1o luglio 2015 a norma del punto 7, lettere a), c) e d), e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015) per i seguenti motivi: attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan o ostacolare la riconciliazione, i colloqui o i processi di pace, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità; il fatto di pianificare, ordinare o commettere atti in violazione del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario applicabili, o atti che costituiscono violazioni dei diritti umani in Sud Sudan; attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, mediante atti di violenza (inclusi uccisioni, mutilazioni, tortura, stupri e altre forme di violenza sessuale), rapimenti, sparizioni forzate, trasferimenti forzati o attacchi contro scuole, ospedali, luoghi di culto o luoghi in cui i civili cercano rifugio, o commettendo atti che costituiscono gravi abusi o violazioni dei diritti umani o una violazione del diritto internazionale umanitario, e in quanto responsabile di entità, compresi ogni governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7.

Mangok è il comandante della Guardia presidenziale del governo sud-sudanese che ha diretto le operazioni a Juba, a seguito dei combattimenti iniziati il 15 dicembre 2013. Ha eseguito ordini per disarmare i soldati di etnia Nuer e successivamente ha ordinato di usare carri armati contro esponenti politici a Juba, uccidendo 22 guardie del corpo non armate del leader dell'opposizione Riek Machar e sette guardie del corpo dell'ex ministro dell'interno Gier Chuang Aluong.

Stando a numerose fonti credibili, nelle operazioni iniziali a Juba la Guardia presidenziale di Mangok avrebbe guidato, nella città stessa e nei dintorni, il massacro di civili di etnia Nuer, molti dei quali sono stati sepolti in fosse comuni. In una di queste fosse sarebbero stati rinvenuti dai 200 ai 300 civili.

6.    Peter GADET [alias: a) Peter Gatdet Yaka b) Peter Gadet Yak c) Peter Gadet Yaak d) Peter Gatdet Yaak e) Peter Gatdet f) Peter Gatdeet Yaka]

Titolo: a) Generale b) Maggiore Generale

Data di nascita: tra il 1957 e il 1959

Luogo di nascita: a) Contea di Mayom Stato dell'Unità b) Mayan, Stato dell'Unità

Data della designazione ONU: 1o luglio 2015

Altre informazioni: Nominato vicecapo di stato maggiore dell'SPLA-IO (operazioni) il 21 dicembre 2014. Nell'aprile 2014, durante un attacco contro Bentiu, le forze sotto il suo comando hanno condotto attacchi contro civili, donne comprese, fra cui uccisioni mirate su base etnica. Link all'avviso speciale INTERPOL-Consiglio di sicurezza dell'ONU: https://www.interpol.int/en/notice/search/un/5879076.

Peter Gadet è stato inserito nell'elenco il 1o luglio 2015 a norma del punto 7, lettere a), d) ed e), e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015) per i seguenti motivi: attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan o ostacolare la riconciliazione, i colloqui o i processi di pace, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità; attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, mediante atti di violenza (inclusi uccisioni, mutilazioni, tortura, stupri e altre forme di violenza sessuale), rapimenti, sparizioni forzate, trasferimenti forzati o attacchi contro scuole, ospedali, luoghi di culto o luoghi in cui i civili cercano rifugio, o commettendo atti che costituiscono gravi abusi o violazioni dei diritti umani o una violazione del diritto internazionale umanitario; il reclutamento di bambini da parte di gruppi armati o forze armate nell'ambito del conflitto armato in Sud Sudan; e in quanto responsabile di entità, compresi ogni governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7.

Informazioni supplementari

Peter Gadet è il comandante delle forze dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese all'opposizione (SPLA-IO) le cui azioni, comprese violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità del gennaio 2014, hanno prolungato il conflitto in Sud Sudan,.

Le forze guidate da Gadet hanno sferrato un attacco contro Kaka (Stato dell'Alto Nilo), in mano all'Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA), e hanno conquistato la città alla fine di marzo 2014. Gadet è stato quindi trasferito dallo Stato di Jonglei a Bentiu, dove è stato nominato governatore militare dello Stato dell'Unità, per fornire sostegno agli sforzi delle forze antigovernative volti a mobilitare la popolazione di etnia prevalentemente Bol Nuer. Successivamente, Gadet ha guidato gli attacchi dell'SPLA-IO nello Stato dell'Unità. Le forze di Gadet si sono rese responsabili dei danni arrecati a una raffineria di petrolio parzialmente costruita nello Stato dell'Unità da una società russa. Le forze di Gadet hanno inoltre preso il controllo delle zone dei giacimenti petroliferi di Tor Abyad e Kilo 30 nello Stato dell'Unità.

A metà aprile 2014, 50 000 uomini delle forze antigovernative hanno circondato Malakal per preparare un attacco contro Bentiu. Il 15 aprile 2014 le forze di Gadet hanno attaccato e preso, e successivamente perso, il controllo di Bentiu. Nell'aprile 2014 durante l'attacco contro Bentiu, le forze guidate da Gadet hanno condotto attacchi contro civili, donne comprese, fra cui uccisioni mirate su base etnica.

Nel giugno 2014 Peter Gadet ha impartito l'ordine ai comandanti dell'SPLA-IO di reclutare giovani in tutte le contee occupate dai ribelli.

Tra il 25 e il 29 ottobre 2014 le forze sotto il comando di Gadet hanno circondato e attaccato Bentiu e Rubkona, prendendo brevemente il controllo della città di Bentiu il 29 ottobre, prima di ritirarsi.

Il 21 dicembre 2014 Gadet è stato nominato vicecapo di stato maggiore dell'SPLA-IO (operazioni). In seguito a tale nomina, le forze dell'SPLA-IO sono state chiamate in causa dal meccanismo di monitoraggio e verifica dell'IGAD per molteplici violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità negli Stati dell'Unità, dell'Alto Nilo e di Jonglei.

▼M4

7.    Malek REUBEN RIAK RENGU [alias: a) Malek Ruben]

Titolo: Tenente generale

Designazione: a) vicecapo di Stato maggiore incaricato della logistica; b) vicecapo di Stato maggiore della difesa e ispettore generale dell'esercito

Data di nascita: 1o gennaio 1960

Luogo di nascita: Yei, Sud Sudan

Cittadinanza: Sud Sudan

Data della designazione ONU: 13 luglio 2018

Altre informazioni: In qualità di vicecapo di Stato maggiore dell'SPLA incaricato della logistica, Riak è stato uno degli alti funzionari del governo del Sud Sudan che hanno pianificato e supervisionato un'offensiva nello Stato dell'Unità, nel 2015, che ha causato distruzioni su vasta scala e sfollamenti massivi della popolazione.

Informazioni tratte dalla sintesi dei motivi dell'inserimento nell'elenco forniti dal comitato delle sanzioni:

Malek Ruben Riak è stato inserito nell'elenco il 13 luglio 2018 a norma del punto 6, del punto 7, lettera a), e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015), come ribadito nella risoluzione 2418 (2018), per «attività o politiche che minacciano la pace, la sicurezza o la stabilità del Sud Sudan»; per «attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan …,»; e in quanto responsabile «di entità, compresi governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7»; e, ai sensi del punto 14, lettera a), di tale risoluzione, per «aver pianificato, ordinato o commesso atti che comportano violenza sessuale e di genere nel Sud Sudan».

Stando alla relazione del gennaio 2016 del gruppo di esperti sul Sud Sudan (S/2016/70), Riak apparteneva al gruppo di alti funzionari responsabili della sicurezza che ha pianificato un'offensiva nello Stato dell'Unità contro l'SPLM-IO a partire dal gennaio 2015, supervisionandone in seguito l'esecuzione da fine aprile 2015. Il governo del Sud Sudan ha iniziato ad armare giovani Bul Nuer all'inizio del 2015 per facilitarne la partecipazione all'offensiva. La maggior parte dei giovani Bul Nuer aveva già accesso a fucili automatici di tipo AK, ma le munizioni rivestivano un'importanza fondamentale per sostenerne le operazioni. Il gruppo di esperti ha presentato prove, incluse testimonianze di fonti militari, a dimostrazione che il quartier generale dell'SPLA ha fornito munizioni ai gruppi di giovani specificatamente per l'offensiva. RIAK era all'epoca il vicecapo di Stato maggiore dell'SPLA incaricato della logistica. L'offensiva ha causato la distruzione sistematica di villaggi e infrastrutture, trasferimenti forzati della popolazione locale, l'uccisione e la tortura indiscriminate di civili, il ricorso diffuso alla violenza sessuale, anche nei confronti di anziani e di bambini, il sequestro e il reclutamento di bambini come soldati e sfollamenti massivi della popolazione. In seguito alla distruzione di gran parte della regione meridionale e centrale dello Stato, numerosi media e organizzazioni umanitarie, nonché la missione delle Nazioni Unite nel Sud Sudan (UNMISS), hanno pubblicato relazioni in merito alla portata degli abusi commessi.

8.    Paul MALONG AWAN [alias: a) Paul Malong Awan Anei, b) Paul Malong, c) Bol Malong]

Titolo: Generale

Designazione: a) ex capo di Stato maggiore dell'Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA), b) ex governatore, Stato di Bahr el-Ghazal settentrionale

Data di nascita: a) 1962, b) 4 dicembre 1960, c) 12 aprile 1960

Luogo di nascita: Malualkon, Sud Sudan

Cittadinanza: a) Sud Sudan, b) Uganda

Passaporto n.: a) Sud Sudan numero S00004370, b) Sud Sudan numero D00001369, c) Sudan numero 003606, d) Sudan numero 00606, e) Sudan numero B002606

Data della designazione ONU: 13 luglio 2018

Altre informazioni: In qualità di capo di Stato maggiore dell'SPLA, Malong ha esteso o prolungato il conflitto in Sud Sudan violando l'accordo sulla cessazione delle ostilità e l'accordo del 2015 sulla risoluzione del conflitto in Sud Sudan. Avrebbe diretto gli sforzi tesi a eliminare il leader dell'opposizione Riek Machar. Ha ordinato alle unità dell'SPLA di impedire il trasporto di forniture umanitarie. Sotto la leadership di Malong l'SPLA ha attaccato civili, scuole e ospedali; ha eseguito sfollamenti forzati di civili; ha messo in atto sparizioni forzate; ha detenuto civili in modo arbitrario e ha compiuto atti di tortura e stupri. Malong ha mobilitato la milizia tribale di Mathiang Anyoor Dinka, che impiega bambini soldato. Sotto la sua leadership l'SLPA ha limitato l'accesso ai siti da parte dell'UNMISS, della commissione congiunta di monitoraggio e valutazione (JMEC) e del CTSAMM a fini di indagine e documentazione degli abusi.

Informazioni tratte dalla sintesi dei motivi dell'inserimento nell'elenco forniti dal comitato delle sanzioni:

Peter Malong Awan è stato inserito nell'elenco il 13 luglio 2018 a norma del punto 6, del punto 7, lettere a), b), c), d) e f), e del punto 8 della risoluzione 2206 (2015), come ribadito nella risoluzione 2418 (2018), per «attività o politiche aventi lo scopo o l'effetto di estendere o prolungare il conflitto in Sud Sudan o ostacolare la riconciliazione, i colloqui o i processi di pace, comprese le violazioni dell'accordo sulla cessazione delle ostilità»; «attività o politiche che minacciano gli accordi transitori o minano il processo politico in Sud Sudan»; «attacchi contro civili, in particolare donne e bambini, commettendo atti di violenza (inclusi uccisioni, mutilazioni, tortura, stupri e altre forme di violenza sessuale), rapimenti, sparizioni forzate, trasferimenti forzati o attacchi contro scuole, ospedali, luoghi di culto o luoghi in cui i civili cercano rifugio, o commettendo atti che costituiscono gravi violazioni dei diritti umani o una violazione del diritto internazionale umanitario»; «il fatto di pianificare, ordinare o commettere atti in violazione del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario, o atti che costituiscono violazioni dei diritti umani in Sud Sudan»; «l'impiego o il reclutamento di bambini da parte di gruppi armati o forze armate nell'ambito del conflitto armato in Sud Sudan»; «ostacolo alle attività delle missioni internazionali di mantenimento della pace, diplomatiche o umanitarie in Sud Sudan, comprese quelle del meccanismo di monitoraggio e verifica dell'IGAD, ovvero alla fornitura o alla distribuzione dell'aiuto umanitario o all'accesso allo stesso»; nonché in quanto responsabile «di entità, compresi governo sud-sudanese, partito di opposizione, milizia o altro gruppo, che hanno commesso, o i cui membri hanno commesso, le attività descritte ai punti 6 e 7».

Malong è stato capo di Stato maggiore dell'SPLA da 23 aprile 2014 al maggio 2017. Nel suo mandato, ormai conclusosi, di capo di Stato maggiore, ha esteso o prolungato il conflitto in Sud Sudan violando l'accordo sulla cessazione delle ostilità e l'accordo del 2015 sulla risoluzione del conflitto in Sud Sudan. A partire dall'inizio dell'agosto 2016 Malong avrebbe diretto gli sforzi tesi a eliminare il leader dell'opposizione sud-sudanese Riek Machar. Malong, annullando intenzionalmente gli ordini del presidente Salva Kiir, il 10 luglio 2016 ha ordinato di procedere ad assalti con carrarmati, elicotteri armati e fanteria alla residenza di Machar e alla base «Jebel» del movimento di liberazione del popolo sudanese all'opposizione (SPLM-IO). Malong ha supervisionato personalmente gli sforzi volti a catturare Machar dal quartier generale dell'SPLA. A partire dall'inizio dell'agosto 2016 Malong ha voluto che l'SPLA attaccasse immediatamente la posizione dove si sospettava si trovasse Machar, e ha informato i comandanti dell'SPLA che Machar non doveva essere catturato vivo. Inoltre, dalle informazioni risulta che all'inizio del 2016 Malong avrebbe ordinato alle unità dell'SPLA di impedire il trasporto di forniture umanitarie attraverso il fiume Nilo, dove decine di migliaia di civili soffrivano la fame, sostenendo che gli aiuti alimentari sarebbero stati dirottati dai civili ai gruppi delle milizie. In seguito agli ordini di Malong il passaggio di aiuti alimentari sul Nilo è stato bloccato per almeno due settimane.

Nel corso del suo mandato di capo di Stato maggiore dell'SPLA Malong è stato responsabile del fatto che l'SPLA e le forze alleate abbiano commesso gravi abusi, tra cui attacchi ai civili, sfollamenti forzati, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, torture e stupri. Sotto la leadership di Malong l'SPLA ha sferrato attacchi alla popolazione civile e ha ucciso intenzionalmente civili non armati e in fuga. Soltanto nella zona di Yei le Nazioni Unite hanno documentato l'uccisione, tra il luglio 2016 e il gennaio 2017, di 114 civili da parte dell'SPLA e delle forze alleate. L'SPLA ha attaccato intenzionalmente scuole e ospedali. Nell'aprile 2017 Malong avrebbe ordinato all'SPLA di eliminare tutte le persone, civili inclusi, dall'area intorno a Wau. Malong non avrebbe scoraggiato l'uccisione di civili da parte delle truppe dell'SPLA, e le persone sospettate di nascondere ribelli erano considerate obiettivi legittimi.

Stando a una relazione del 15 ottobre 2014 della commissione d'inchiesta dell'Unione africana sul Sud Sudan, Malong è responsabile della mobilitazione di massa della milizia tribale di Mathiang Anyoor Dinka, il cui ricorso ai bambini soldato è documentato dal meccanismo di monitoraggio del cessate il fuoco e delle disposizioni di sicurezza transitorie (CTSAMM).

Nel periodo in cui l'SPLA era guidato da Malong, le forze del governo hanno sistematicamente limitato l'accesso della missione delle Nazioni Unite nel Sud Sudan (UNMISS), della commissione congiunta di monitoraggio e valutazione (JMEC) e del CTSAMM nei loro tentativi di indagare e documentare gli abusi. Ad esempio, il 5 aprile 2017 una pattuglia congiunta delle Nazioni Unite e del CTSAMM ha cercato di accedere a Pajok, ma è stata respinta da soldati dell'SPLA.

▼M1

B.   ENTITÀ

▼B




ALLEGATO II

Elenco delle persone e delle entità di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), e all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b)



 

Nome

Informazioni identificative

Motivi

Data di inserimento nell'elenco

▼M1 —————

▼M4 —————

▼M3

2.

Michael Makuei Leuth

Data di nascita: 1947

Luogo di nascita: Bor, Sud Sudan; Bor, Sudan

Michael Makuei Leuth ricopre la carica di ministro dell'informazione e delle telecomunicazioni dal 2013 ed è il portavoce pubblico della delegazione del governo nei colloqui di pace dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Intergovernmental Authority on Development – IGAD). Makuei ha ostacolato il processo politico nel Sud Sudan, in particolare osteggiando l'attuazione dell'accordo sulla risoluzione del conflitto in Sud Sudan dell'agosto 2015 mediante dichiarazioni pubbliche incendiarie e intralciando i lavori del comitato congiunto di valutazione e monitoraggio dell'accordo e la creazione di istituzioni di giustizia di transizione previste nel suddetto accordo. Ha inoltre ostacolato le operazioni della forza di protezione regionale dell'ONU. Makuei è anche responsabile di gravi violazioni dei diritti umani nonché di limitazioni alla libertà di espressione.

3.2.2018

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