Bruxelles, 26.2.2020

SWD(2020) 511 final

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE

Relazione per paese relativa all'Italia 2020

che accompagna il documento

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO EUROPEO, AL CONSIGLIO, ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA E ALL'EUROGRUPPO

Semestre europeo 2020: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011

{COM(2020) 150 final}


indice

Sintesi

1.Situazione e prospettive economiche

2.Progressi in relazione alle raccomandazioni specifiche per paese

3.Risultati generali riguardanti gli squilibri, i rischi e le questioni relative all'adeguamento

4.Le priorità di riforma

4.1.Finanze pubbliche e tassazione

4.2.Settore finanziario

4.3.Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali

4.4. Competitività, riforme e investimenti

4.5.Sostenibilità ambientale

Allegato A - Tabella di sintesi

Allegato B - Analisi della sostenibilità del debito effettuata dalla Commissione e rischi per il bilancio

Allegato C - Tabelle standard

Allegato D - Orientamenti in materia di investimenti del Fondo per una transizione giusta 2021-2027 per l'Italia

Allegato E - PROGRESSI VERSO gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS)

Riferimenti

elenco delle tabelle

Tabella 1.1 -Principali indicatori economici e finanziari – Italia

Tabella 2.1 -Valutazione dell'attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese 2019 (*)

Tabella 3.1a -Effetti di ricaduta dell'attuazione di un programma di investimenti nell'arco di 10 anni da parte dell'Italia - scenario centrale

Tabella 3.1 -Matrice di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici

Tabella 4.3.1 - Composizione della stagnazione del mercato del lavoro LS4 (NUTS 2), 2018

Tabella 4.3.1a - Valutazione degli ostacoli agli investimenti e riforme in corso

Tabella C.1 -Indicatori del mercato finanziario

Tabella C.2 -Indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

Tabella C.3 -Indicatori del mercato del lavoro e dell'istruzione

Tabella C.4 -Indicatori relativi all'inclusione sociale e alla salute

Tabella C.5 -Indicatori di risultato e delle politiche relativi ai mercati del prodotto

Tabella C.6 -Crescita verde

Tabella E.1 -Indicatori che misurano il progresso dell'Italia verso la realizzazione degli OSS

elenco dei grafici

Grafico 1.1 -    Crescita del PIL reale e componenti    

Grafico 1.2 -    Crescita potenziale e componenti    

Grafico 1.3 -    Andamento del mercato del lavoro    

Grafico 1.4 -    Retribuzioni, costo del lavoro e produttività    

Grafico 1.5 -    Volumi di prestito e tassi di interesse, settore privato    

Grafico 1.6 -    Saldo delle partite correnti    

Grafico 1.7 -    Indicatori delle finanze pubbliche    

Grafico 2.1 -    Attuazione complessiva, ad oggi, delle raccomandazioni specifiche per paese 2011-2019 (valutazione pluriennale)    

Grafico 4.1.1 -    Determinanti dell'effetto "valanga" sul debito pubblico    

Grafico 4.1.2 -    Rendimenti del debito sovrano dell'Italia    

Grafico 4.1.3 -    Cuneo fiscale tra i livelli di reddito    

Grafico 4.3.1 -     Tassi di transizione e quota dell'occupazione a tempo determinato    

Grafico 4.3.2 -    Abbandono scolastico per regione NUTS 2 (%)    

Grafico 4.3.3 -    Spesa pubblica per i piani di lotta alla povertà    

Grafico 4.4.1 -    Crescita della produttività per ora lavorata, 2008-2018    

Grafico 4.4.2 -    Evoluzione dell'indicatore "facilità di fare impresa" (100=risultato migliore)    

Grafico 4.4.3 - Andamento degli indicatori OCSE della regolamentazione dei mercati dei prodotti    

Grafico 4.4.4 - Indice di competitività regionale in Italia, 2019    

Grafico 4.5.1 -     Emissioni di gas a effetto serra per settore, 2017    

elenco dei riquadri

Riquadro 2.1 - I Fondi e i programmi dell'UE volti ad affrontare i problemi strutturali dell'Italia e a promuoverne la crescita e la competitività    

Riquadro 4.1.1 - Simulazione EUROMOD-QUEST — spostamento del carico fiscale dal lavoro ai beni immobili in Italia    

Riquadro 4.3.1 - Monitoraggio dei risultati alla luce del pilastro europeo dei diritti sociali    

Riquadro 4.4.1 - Sfide in termini di investimenti    

Riquadro 4.5.1 - Politiche connesse alla gestione delle acque e dei rifiuti in Calabria, Campania e Sicilia    

Sintesi

A fronte delle deboli prospettive macroeconomiche e della sfida di garantire la sostenibilità, è fondamentale aumentare la produttività e la crescita potenziale per ridurre il rapporto debito pubblico/PIL e correggere gli squilibri macroeconomici dell'Italia. Attuare riforme strutturali ambiziose, politiche di bilancio prudenti e investimenti ben mirati sosterrebbe la trasformazione digitale e ambientale dell'Italia, assicurando una crescita sostenibile. Il rilancio delle riforme dovrebbe assicurare in via prioritaria delle finanze pubbliche sane, una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia, un miglior funzionamento del sistema di istruzione e del mercato del lavoro, un contesto più favorevole alle imprese e un più solido settore bancario ( 1 ).

In Italia l'attività economica resta fiacca, nonostante il graduale miglioramento del mercato del lavoro. Dopo una crescita del PIL reale dello 0,8 % nel 2018, il PIL è aumentato dello 0,2 % nel 2019 e si prevede che crescerà dello 0,3 % e dello 0,6 % nel 2020 e nel 2021. La domanda interna rimane modesta, dato che il reddito disponibile reale è sempre al di sotto dei livelli pre-crisi e il risparmio è aumentato. Tuttavia, la spesa delle famiglie sarà presumibilmente sostenuta dal nuovo sistema di reddito di cittadinanza introdotto nel 2019 e dal significativo calo dei tassi di interesse. Nonostante vi siano stati segnali di ripresa nel 2019, gli investimenti pubblici restano al di sotto dei livelli pre-crisi. La modesta crescita della produttività sta ancora ostacolando la ripresa economica dell'Italia. Permane su più fronti il rischio che i risultati siano peggiori delle previsioni, soprattutto per quanto riguarda il contesto del commercio internazionale e la stabilità interna. Pur rimanendo ben al di sotto della media dell'UE, in particolare per le donne e i giovani, il tasso di occupazione ha continuato a crescere nel 2019, trainato dai contratti a tempo indeterminato soprattutto nel Nord. Il tasso di disoccupazione è sceso al 9,8 % nel terzo trimestre del 2019, a fronte del 10,3 % dell'anno precedente, permangono però ampi divari tra i tassi di occupazione delle diverse regioni del paese.

L'Italia ha compiuto alcuni progressi nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese del 2019 ( 2 ). Vi sono stati progressi significativi per quanto riguarda:

il contrasto all'evasione fiscale, anche grazie al potenziamento dei pagamenti elettronici obbligatori.

Vi sono stati alcuni progressi per quanto riguarda:

i) l'effettiva integrazione tra le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali, coinvolgendo soprattutto i gruppi vulnerabili; ii) politiche economiche relative agli investimenti incentrate sulla ricerca e l'innovazione e sulla qualità delle infrastrutture; iii) una maggiore efficacia della pubblica amministrazione; iv) la promozione della ristrutturazione dei bilanci delle banche; v) il potenziamento dell'accesso al credito non bancario per le imprese più piccole e innovative.

Vi sono stati progressi limitati per quanto riguarda:

i) lo spostamento della pressione fiscale dal lavoro, accompagnato dalla riduzione delle agevolazioni fiscali e dalla riforma del sistema catastale; ii) la lotta al lavoro sommerso; iii) il sostegno alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale; iv) il miglioramento dei risultati scolastici, anche mediante investimenti adeguati e mirati, e la promozione del miglioramento delle competenze; v) la riduzione della durata dei processi civili razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale; vi) il miglioramento dell'efficacia della lotta contro la corruzione mediante la riforma delle norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali.

Non vi è stato nessun progresso per quanto riguarda:

i) la riduzione del peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e la creazione di margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita; ii) la rimozione delle restrizioni alla concorrenza anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

Il quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali evidenzia sfide occupazionali e sociali. Le condizioni del mercato del lavoro rimangono difficili. Il tasso di disoccupazione è ancora elevato e i tassi di occupazione e di attività restano bassi, soprattutto per quanto riguarda le donne. Anche i giovani e i disoccupati di lunga durata incontrano particolari difficoltà. La quota di contratti a termine è aumentata negli ultimi anni, ma nel 2019 la creazione di posti di lavoro è stata trainata principalmente dai contratti a tempo indeterminato. Le difficili condizioni del mercato del lavoro hanno anche un impatto sul piano sociale. Se il rischio di povertà e di esclusione sociale è in calo, le disparità di reddito sono invece aumentate nel 2018. La povertà lavorativa è costantemente cresciuta e nel 2018 si è stabilizzata a livelli elevati. L'accesso a servizi come l'assistenza all'infanzia e l'assistenza sanitaria è vicino alla media dell'UE, benché soggetto a forti disparità regionali.

Per quanto riguarda la strategia Europa 2020, l'Italia ha già raggiunto i propri obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, energie rinnovabili, efficienza energetica, abbandono scolastico e istruzione terziaria. Sono stati compiuti progressi limitati per quanto riguarda gli obiettivi in materia di tasso di occupazione, investimenti in ricerca e sviluppo, povertà ed esclusione sociale.

L'Italia sta compiendo progressi nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. Come confermato dai progressi compiuti verso gli obiettivi di Europa 2020 (allegato A), l'Italia ha conseguito notevoli risultati in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici (OSS 13). Per contro, il conseguimento dell'OSS 4 (qualità dell'istruzione) richiederà ulteriori sforzi in tutti gli ambiti interessati: istruzione di base, istruzione terziaria e apprendimento degli adulti ( 3 ).

Le principali conclusioni dell'esame approfondito e le relative criticità sono le seguenti:

- il debito pubblico italiano resta un'importante fonte di vulnerabilità per l'economia. Il rapporto debito/PIL dell'Italia ha raggiunto il 134,8 % nel 2018 e, secondo le previsioni della Commissione, salirà ulteriormente al 136,2 % nel 2019, al 136,8 % nel 2020 e al 137,4 % nel 2021, a fronte di una persistente debolezza della crescita nominale e di un deterioramento del saldo primario. L'analisi della sostenibilità del debito elaborata dalla Commissione evidenzia un rischio alto a medio e lungo termine a causa dell'elevato livello del debito e dei costi connessi all'invecchiamento della popolazione. La recente riforma delle pensioni comporterà ulteriori costi fino al 2028 e, se verrà estesa al di là del periodo di sperimentazione, potrebbe erodere ulteriormente la crescita potenziale e la sostenibilità del debito. A breve termine i rischi per la sostenibilità sembrano limitati, anche grazie a livelli di rendimento dei titoli sovrani storicamente bassi da settembre 2019, ma la necessità di rinnovare ingenti quantità di debito, pari circa al 20 % del PIL all'anno, espone ancora le finanze pubbliche del paese ad aumenti improvvisi dell'avversione al rischio dei mercati finanziari. Gli elevati costi del servizio del debito riducono inoltre il margine di bilancio per attuare politiche anticicliche e favorevoli per la crescita;

- la crescita della produttività è stata modesta nonostante le misure di sostegno. Il divario di produttività tra l'Italia e l'UE continua ad ampliarsi. Nel 2018 la produttività del lavoro è diminuita dello 0,3 % a fronte di un aumento dello 0,5 % nella zona euro: il dato è imputabile al calo della produttività del lavoro nelle regioni meridionali e nel settore dei servizi, e al rallentamento della crescita della produttività nel settore manifatturiero rispetto alla media della zona euro. L'efficacia delle recenti misure intese ad aumentare la crescita della produttività, compresi gli incentivi agli investimenti e all'innovazione, è stata limitata da ritardi nell'attuazione, dall'incertezza delle politiche e dalla mancanza di una strategia organica. Più in generale, gli ostacoli agli investimenti continuano a imbrigliare le dinamiche della produttività e quindi le prospettive di crescita, frenando di conseguenza la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL. Inoltre, il peso dell'economia informale in settori economici strategici ha un impatto negativo sulla loro produttività;

- il tasso di disoccupazione resta elevato, sebbene in diminuzione, e le politiche volte ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro devono ancora essere pienamente attuate. La lenta crescita economica, il basso livello medio di istruzione, il disallineamento tra domanda e offerta di competenze, e tassi di attività bassi, soprattutto tra le donne, limitano la crescita dell'occupazione. La disoccupazione giovanile continua a essere estremamente elevata e, inoltre, l'alta percentuale di lavoratori in part-time involontario e di lavoratori scoraggiati indica che le condizioni del mercato del lavoro restano deboli. Il rafforzamento delle politiche attive del mercato del lavoro è fondamentale per il successo delle riforme in questo ambito e del sistema di reddito minimo. Occorre tuttavia sviluppare ulteriormente le politiche volte ad aumentare le competenze dei cittadini e a integrare attivamente i disoccupati nel mercato del lavoro;

- il settore bancario è diventato più resiliente, ma permangono sacche di vulnerabilità. Le banche italiane hanno continuato a registrare progressi nella riduzione dei crediti deteriorati, anche se il volume complessivo è ancora considerevole rispetto a quello di paesi della zona euro comparabili, in particolare per gli enti creditizi di minori dimensioni. A seguito del recente calo dei rendimenti dei titoli sovrani si è allentata la pressione sul capitale e sul finanziamento delle banche italiane. L'esposizione delle banche ai titoli sovrani nazionali resta tuttavia ragguardevole, il che accresce il rischio di effetti di reazione e di ricaduta sull'economia reale. La riforma delle grandi banche popolari non è stata ancora pienamente attuata, mentre la riforma delle piccole banche di credito cooperativo è stata sostanzialmente completata. La riforma della disciplina dell'insolvenza è stata adottata e, secondo le previsioni, sarà attuata entro agosto 2020. L'accesso al finanziamento bancario può essere difficile, in particolare per le piccole imprese, mentre il finanziamento non bancario resta ancora poco sviluppato, in particolare per le piccole imprese e le imprese innovative;

- uno stimolo duraturo agli investimenti pubblici privo di incidenza sul bilancio genererebbe un miglioramento sostanziale della produzione, con ricadute lievi ma positive a livello transfrontaliero. Secondo una simulazione con il modello QUEST della Commissione, un programma di investimenti avrebbe un effetto rilevante sul PIL reale, migliorerebbe la posizione esterna del paese e ne ridurrebbe il rapporto debito pubblico/PIL. Tuttavia, l'entità dei potenziali effetti sulla produzione dipende fortemente dal grado di efficienza degli investimenti pubblici.

Altre questioni strutturali cruciali analizzate nella presente relazione, che rappresentano particolari criticità per l'Italia, sono le seguenti:

- la tassazione del lavoro rimane elevata e il livello di adempimento degli obblighi fiscali continua a essere basso. In Italia il carico fiscale che grava sul lavoro è ancora tra i più elevati dell'UE, mentre le imposte sul valore aggiunto sono sottoutilizzate a causa dell'ampio ricorso alle aliquote ridotte. Il bilancio 2020 ha ridotto le agevolazioni fiscali e il cuneo fiscale sul lavoro. Non vi è stato alcun spostamento della pressione fiscale sui beni immobili, né si è avviata una revisione degli obsoleti valori catastali al fine di avvicinarli ai valori di mercato. Negli ultimi anni sono state adottate diverse misure per incoraggiare l'adempimento degli obblighi tributari, ciononostante l'evasione fiscale resta molto elevata, soprattutto in settori specifici;

- permangono problemi nel mercato del lavoro. L'occupazione continua a crescere, anche se a un ritmo più lento. L'aumento del numero di lavoratori dipendenti ha più che compensato la diminuzione del numero di lavoratori autonomi, mentre il passaggio da contratti a tempo determinato a contratti a tempo indeterminato ha registrato un'accelerazione. Il divario di genere nei livelli di occupazione è tra i più elevati dell'UE e non mostra segni di miglioramento. Il ristagno del mercato del lavoro e il lavoro non dichiarato continuano a destare serie preoccupazioni. In questo contesto la crescita dei salari reali rimane prossima allo zero. Il ricorso alla contrattazione collettiva a livello aziendale o locale resta limitato, mentre sono in discussione disegni di legge sulle retribuzioni minime garantite. L'attuazione di politiche attive del mercato del lavoro continua nel contesto del nuovo sistema di reddito minimo, anche se a un ritmo relativamente lento. La partecipazione degli adulti all'apprendimento è molto limitata, in particolare per i lavoratori scarsamente qualificati e sottoccupati, il che frena la competitività e la crescita della produttività delle imprese;

- l'istruzione è una sfida cruciale soprattutto nel Sud dell'Italia, con conseguenze negative sulla qualità delle competenze. Rispetto alla media UE, l'Italia ha un tasso molto più elevato di giovani che abbandonano la scuola precocemente e hanno risultati insufficienti, in particolare nel Sud. Nella scuola secondaria la penuria di insegnanti e le difficoltà nell'attirarli, selezionarli e motivarli restano un problema. Rispetto alla media UE, la percentuale di persone che hanno completato il ciclo di istruzione superiore rimane bassa ed è ancora insufficiente il numero di laureati nei settori tecno-scientifici. L'istruzione superiore risente della mancanza di finanziamenti e delle carenze di organico. Nonostante migliori tassi di occupabilità, l'istruzione terziaria professionalizzante ha portata limitata. La carenza di competenze digitali di base e avanzate desta serie preoccupazioni. Si stanno attuando lentamente misure intese a migliorare la formazione professionale. Manca un approccio organico in materia di miglioramento delle competenze, riqualificazione professionale e partecipazione degli adulti all'apprendimento;

- le politiche sociali rimangono scarsamente integrate con altre politiche, comprese le politiche attive del mercato del lavoro. Pur essendo in calo, il rischio di povertà rimane al di sopra della media UE, in particolare per i minori e le persone provenienti da un contesto migratorio. Anche la povertà lavorativa rappresenta una sfida, in particolare per i lavoratori temporanei. Le regioni e le zone urbane meridionali sono le aree più colpite. L'accesso limitato a servizi sociali di qualità accresce il rischio di povertà. L'accesso ad alloggi adeguati e a prezzi accessibili rimane problematico, mentre la qualità dei servizi sanitari varia notevolmente da regione a regione. Nel 2019 il reddito di cittadinanza ha sostituito il precedente regime di sostegno al reddito per combattere la povertà, ma ulteriori sforzi sono necessari per attirare le persone verso il mercato del lavoro. Occorrono maggiori sforzi per offrire servizi di assistenza all'infanzia e assistenza a lungo termine e per promuovere le pari opportunità e l'equilibrio tra vita professionale e vita privata. La carenza di queste forme di sostegno incide sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro e sulle tendenze demografiche generali, in un contesto caratterizzato da bassi tassi di natalità e da un tasso migratorio netto ridotto;

- la crescita della produttività non mostra segni di miglioramento, nonostante le tendenze positive degli investimenti. Negli ultimi vent'anni la produttività del lavoro in Italia ha registrato una stagnazione, soprattutto a causa dell'andamento insoddisfacente del settore dei servizi. Le tendenze variano notevolmente a seconda delle zone geografiche e delle dimensioni delle imprese, in particolare nel settore manifatturiero. In futuro, la ripresa degli investimenti fissi potrebbe sostenere la produttività. A tale riguardo, sono fondamentali una più forte digitalizzazione delle imprese, investimenti in ricerca e innovazione, una maggiore efficienza del settore pubblico e competenze adeguate. Manca una strategia organica che sostenga la produttività e gli investimenti: le misure continuano a essere frammentate e temporanee e non tengono sufficientemente conto degli aspetti settoriali e geografici;

- migliora il contesto imprenditoriale, mentre resta una sfida il rafforzamento della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario e del quadro anticorruzione dell'Italia. La digitalizzazione dei servizi pubblici sta progredendo. Sono necessari ulteriori sforzi per migliorare il pubblico impiego, soprattutto a livello dirigenziale. La scarsa capacità amministrativa sta limitando la capacità delle amministrazioni pubbliche di investire e attuare politiche o far rispettare norme che incidono sull'attività delle imprese, per esempio in materia di vigilanza del mercato. A tale riguardo, manca una strategia organica per rafforzarla. Anche le inefficienze nel sistema degli appalti pubblici rimangono spesso irrisolte. Nonostante recenti miglioramenti, la durata dei processi nella giustizia civile resta tra le più elevate dell'UE. Le recenti riforme stanno iniziando a dare i loro frutti ed è in fase di discussione una legge delega per semplificare la procedura civile, ma vi è ancora ampio margine per garantire una gestione più efficace delle cause e limitare gli appelli infondati al fine di ridurre la durata dei processi. Il quadro anticorruzione è stato recentemente rafforzato, anche mediante la legge anticorruzione del gennaio 2019, ma deve essere completato. Infatti, non esiste una regolamentazione che sanzioni il conflitto di interessi per i funzionari pubblici eletti, l'appropriazione indebita nel settore privato rimane solo in parte perseguibile penalmente e le disposizioni contro le attività di lobbying non si applicano ai membri del governo e del parlamento. Inoltre, la scarsa efficienza della giustizia penale nel secondo grado di giudizio continua a ostacolare un efficace perseguimento della corruzione e si attende tuttora una riforma della procedura penale e del sistema di appello;

- il rispetto delle norme del mercato unico e l'eliminazione degli ostacoli alla concorrenza gioverebbero a diversi settori, in particolare quello dei servizi. Il settore dei servizi è tra i settori più colpiti dal basso livello di controllo dell'applicazione delle norme del mercato unico, con conseguenze negative per i cittadini e le imprese. Questo settore è inoltre oggetto di una regolamentazione eccessiva, in particolare per quanto riguarda il commercio al dettaglio, le professioni regolamentate e l'economia collaborativa. L'assenza di procedure competitive per la gestione dei servizi pubblici e le autorizzazioni con limitazioni per l'uso dei beni pubblici incidono sulla qualità e sui costi dei servizi forniti. È stata rinviata l'attuazione della legge del 2015 sulla concorrenza e non sono state annunciate nuove iniziative per rimuovere gli ostacoli alla concorrenza o migliorare la regolamentazione settoriale;

- il divario regionale rimane marcato e si sta ampliando. Negli ultimi dieci anni la spesa pubblica si è ridotta nelle regioni meridionali. La possibilità di utilizzare gli avanzi di bilancio senza previa autorizzazione, recentemente concessa alle amministrazioni locali, sta producendo effetti positivi nei comuni che hanno registrato un avanzo di bilancio. Gli sforzi per ridurre il divario in termini di investimenti privati sono stati modesti, in particolare per quanto riguarda la ricerca e l'innovazione, settore nel quale le politiche nazionali hanno in realtà ampliato il divario. Permangono forti disparità anche per quanto riguarda la qualità della governance, il livello di produttività del lavoro e di competitività. In questo contesto, l'elevata disoccupazione nel Sud induce tanto le persone poco qualificate quanto quelle altamente qualificate ad emigrare, acuendo la locale fuga di cervelli;

- le riforme e gli investimenti connessi alla sostenibilità rappresentano un'opportunità per l'Italia. L'Italia si colloca al di sopra della media dell'UE per quanto riguarda la produttività delle risorse e gli investimenti nell'economia circolare. Il paese è sulla buona strada per conseguire i suoi obiettivi per il 2020 in materia di clima ed energia, sebbene siano necessari ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi a più lungo termine. Sarà necessario attuare le politiche previste nel piano nazionale per l'energia e il clima per raggiungere l'obiettivo del 2030 in materia di emissioni di gas a effetto serra non comprese nel sistema di scambio di quote di emissione dell'UE. Le emissioni dei trasporti sono fortemente aumentate negli ultimi cinque anni e costituiscono una sfida di primo piano ai fini del raggiungimento dell'obiettivo del 2030. Peraltro la qualità dell'aria, la mobilità sostenibile, l'adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei rischi idrogeologici e sismici e la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche continuano a rappresentare un problema. Investire nella sostenibilità ambientale potrebbe rappresentare un'opportunità per la crescita e per l'occupazione altamente qualificata nel Sud.

La proposta della Commissione relativa a un meccanismo per una transizione giusta nell'ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 comprende il Fondo per una transizione giusta, un regime specifico nell'ambito di InvestEU, e un nuovo strumento di prestito per il settore pubblico in collaborazione con la BEI. La proposta si prefigge di garantire che la transizione verso la neutralità climatica dell'UE sia equa e potrebbe aiutare le regioni italiane maggiormente interessate ad affrontarne le conseguenze sociali ed economiche. Nell'allegato D sono indicate le principali priorità del Fondo per una transizione giusta, istituito nell'ambito del meccanismo per una transizione giusta. Tali priorità si basano sull'analisi delle sfide dovute alla transizione delineate nella presente relazione.

1.    Situazione e prospettive economiche

Crescita del PIL reale: rischi e problematiche

L'aumento della produzione è stato contenuto poiché l'economia fatica a riprendere slancio. L'economia italiana mostra scarsi segnali di ripresa dal rallentamento segnato nel 2018, quando la crescita media annua del PIL è risultata positiva soltanto in virtù di un riporto relativamente forte dall'anno precedente. L'attività economica è rallentata ulteriormente nel 2019, soprattutto nel settore manifatturiero, dove le imprese hanno ridotto drasticamente le scorte (grafico 1.1). Ciò ha consentito loro di mantenere l'attività di esportazione, riducendo al contempo la produzione industriale alla luce dei conflitti commerciali irrisolti e dell'incertezza della domanda che ne deriva. La debolezza del settore manifatturiero ha cominciato ad estendersi anche al terziario. I dati sui risultati trimestrali indicano che il PIL reale è cresciuto dello 0,2 % nel 2019, mentre nel 2020 e nel 2021 è previsto un aumento dello 0,3 % e dello 0,6 % rispettivamente (Commissione europea, 2020).

Grafico 1.1 -Crescita del PIL reale e componenti

 

Fonte: Eurostat

Un incremento moderato della domanda interna è destinato a sostenere l'aumento della produzione nel breve periodo. Nel 2018, a causa di un'economia al limite della stagnazione, i consumi delle famiglie hanno subito una battuta d'arresto. Lo stallo del reddito disponibile reale ha frenato la spesa per i consumi, che nel 2019 è rimasta modesta ( 4 ). Sull'onda dell'indebolimento della fiducia dei consumatori, inoltre, le famiglie hanno accresciuto il risparmio a fini precauzionali. È probabile che l'impatto del rallentamento dell'economia sul mercato del lavoro e, di conseguenza, sui redditi aggregati si avvertirà solo con un certo ritardo. Si prevede tuttavia che le nuove prestazioni sociali introdotte nel 2019 a favore dei gruppi a basso reddito ( 5 ), la cui propensione al consumo è relativamente elevata, sosterranno in qualche misura la spesa delle famiglie. La flessione pronunciata dei tassi di interesse cui si è assistito da settembre 2019 potrebbe inoltre liberare risorse delle famiglie grazie a una riduzione dei costi del servizio di mutui ipotecari e prestiti al consumo, aumentando così i consumi privati.

Si assottigliano i margini di profitto delle imprese, ma condizioni di finanziamento favorevoli ne sostengono gli investimenti. Dall'inizio del 2018 il valore aggiunto lordo nel settore industriale è in diminuzione, così come la redditività delle imprese, a scapito della loro capacità di autofinanziamento. La formazione lorda di capitale fisso, al 18,1 % del PIL nel terzo trimestre del 2019, è ancora nettamente inferiore sia all'ultimo picco del 2007 (22 %) che alla media dell'UE (20,6 %). Mentre la spesa per le attrezzature è quasi ritornata ai livelli del 2007, gli investimenti nel settore delle costruzioni si sono stabilizzati su livelli minimi solo di recente. La quota di attività immateriali, sebbene ancora bassa rispetto agli standard dell'UE, era salita al 2,9 % del PIL nel 2015, ma da allora è in fase di stagnazione. Si prevede che la ripresa degli investimenti privati rallenterà considerevolmente a causa dell'incertezza che circonda le prospettive della domanda. Per contro nel 2019, dopo 9 anni di tendenza al ribasso, si è verificato un aumento degli investimenti pubblici che presumibilmente sosterrà la spesa aggregata in conto capitale.

La debole crescita della produttività, seppur non omogenea in tutti i settori, costituisce un ostacolo all'espansione economica. La produttività del lavoro (valore aggiunto lordo reale per ora lavorata) è in calo dal secondo trimestre del 2018 per effetto dello scarso aumento del valore aggiunto lordo, sebbene i risultati varino da un settore all'altro: nel manifatturiero e in alcuni segmenti del comparto dei servizi, ad esempio, si nota un cospicuo aumento della produzione reale per ora lavorata. Nel complesso il divario di produttività tra l'Italia e il resto dell'UE rimane considerevole e si sta allargando. La produttività del lavoro in Italia è aumentata in media dello 0,5 % l'anno tra il 2010 e il 2018, rispetto a una media dell'UE dell'1,3 %.

Secondo le stime la crescita potenziale avrebbe segnato una leggera ripresa nel 2019. La produzione potenziale aveva registrato una flessione tra il 2009 e il 2016 a causa dei contributi negativi del fattore lavoro e della produttività totale dei fattori (PTF), per poi riprendere un andamento leggermente positivo nel 2017 grazie all'aumento del fattore lavoro. Le previsioni indicano che la sua crescita si attesterà allo 0,5 % (grafico 1.2) nel periodo 2019-2021, ben al di sotto della media dell'UE (1,6 %). Si stima che la crescita tendenziale della produttività totale dei fattori sia ripresa nel 2018 e abbia iniziato a contribuire positivamente (grafico 1.2).

Grafico 1.2 -Crescita potenziale e componenti

Fonte: Commissione europea

La bilancia dei rischi continua a pendere verso una revisione al ribasso delle prospettive di crescita. L'Italia è un grande esportatore e, in quanto tale, particolarmente esposta all'andamento dell'economia globale, che rimane soggetta a ulteriori shock connessi alle politiche e causati, tra le altre cose, da conflitti commerciali e cambiamenti strutturali del settore manifatturiero globale. Inoltre, la preoccupazione riguardo le future politiche di bilancio potrebbe minare la fiducia e vanificare almeno in parte la recente compressione dei rendimenti dei titoli sovrani. D'altro canto, l'allentarsi delle tensioni commerciali e un'accelerazione della crescita globale superiore al previsto potrebbero giovare agli investimenti e alle esportazioni.

Mercato del lavoro

Nei primi 9 mesi del 2019 l'occupazione è aumentata nonostante la situazione economica prossima alla stagnazione. Il numero degli occupati è cresciuto dello 0,6 % fra il terzo trimestre del 2018 e il terzo trimestre del 2019, trainato dall'incremento delle assunzioni a tempo indeterminato (grafico 1.3) ( 6 ). Per contro, nello stesso periodo i lavoratori autonomi sono diminuiti e il numero dei contratti a termine è rimasto sostanzialmente costante. Il tasso di occupazione, che risulta in aumento dalla fine del 2013, ha raggiunto il 63,6 % nel terzo trimestre del 2019, mentre quello di disoccupazione è sceso al 9,8 % malgrado una lieve riduzione della forza lavoro. La durata media della disoccupazione è salita a 27 mesi e la quota di disoccupati di lunga durata ha toccato il 59 % del totale, percentuale nettamente superiore alla media dell'UE (43,5 %). La disoccupazione giovanile sta lentamente calando (28,3 % nel terzo trimestre del 2019) ma resta tra le più alte dell'UE, così come il numero di giovani non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione (19,2 % nel 2018).

Grafico 1.3 -Andamento del mercato del lavoro

 

Fonte: Istat

La crescita dell'occupazione si concentra nei settori ad alta intensità di manodopera e basso valore aggiunto. La maggior parte delle 151 200 nuove assunzioni registrate fra il terzo trimestre del 2018 e il terzo trimestre del 2019 si sono verificate nel settore dei servizi (soprattutto per ruoli amministrativi e di sostegno, di assistenza e manutenzione domestica e di cura della persona) e nelle regioni settentrionali. Poiché i posti di lavoro vengono spesso creati in comparti relativamente meno produttivi, gli spostamenti di occupazione tendono ad avere ripercussioni negative sulla produttività aggregata e sulle retribuzioni medie.

La stagnazione della produttività del lavoro fa temere per la futura crescita dell'occupazione. Il valore aggiunto lordo nel settore manifatturiero va diminuendo dall'inizio del 2018: questa tendenza implica una contrazione della produttività del lavoro, che è tuttavia meno percettibile nel settore dei servizi. Dalla fine del 2018, inoltre, è aumentato il numero di ore di lavoro autorizzate per i trattamenti di integrazione salariale (Cassa Integrazione Guadagni) ( 7 ), il che in futuro potrebbe tradursi in una riduzione dell'occupazione nel settore industriale.

Il ristagno del mercato del lavoro resta considerevole. Le ore lavorate e l'occupazione (espressa in equivalenti a tempo pieno) sono ancora al di sotto dei livelli del 2007. L'incremento del numero totale di ore lavorate nei primi tre trimestri del 2019 (0,5 %) si deve in gran parte all'aumento delle nuove assunzioni. Il lavoro a tempo parziale, che dal 2010 rappresenta un volano importante per la creazione di posti di lavoro, è aumentato in media del 2,5 % nei primi tre trimestri del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018, a fronte di un numero pressoché invariato di posizioni a tempo pieno. Resta inoltre diffuso il tempo parziale involontario, con un bacino di circa 3 milioni di lavoratori scoraggiati. L'impennata dell'occupazione a tempo parziale involontario e del lavoro temporaneo è stata particolarmente evidente al Sud.

Retribuzioni, prezzi e costi

Le retribuzioni continuano a crescere a ritmo moderato. Nel 2019 le retribuzioni contrattuali orarie hanno segnato un incremento medio dell'1,0 %, riconducibile agli aumenti nel settore pubblico (1,8 %). Per contro, l'aumento delle retribuzioni si è fermato allo 0,8 % nel settore privato, dove il 29,4 % circa dei dipendenti è ancora in attesa del rinnovo del contratto ( 8 ). Il miglioramento della retribuzione nominale per dipendente nel quarto trimestre del 2019 è stato pari allo 0,7 % rispetto all'anno precedente e quello della retribuzione reale allo 0,5 %.

L'aumento dei costi del lavoro per unità di prodotto ha subito una leggera accelerazione nel 2018. Con i primi segnali di rallentamento del settore manifatturiero il costo del lavoro per unità di prodotto in termini aggregati ha iniziato a salire. Questa dinamica si deve al deterioramento della produttività del lavoro nel periodo 2018-2019 (‑0,1 %) (grafico 1.4) e all'aumento del costo del lavoro, le cui cause vanno ricercate in una lieve accelerazione della crescita delle retribuzioni nominali e nella fine dell'esonero contributivo per una quota crescente di contratti ( 9 ). La crescita delle retribuzioni è sostanzialmente in linea con le aspettative basate sull'andamento della produttività, sui prezzi e sul tasso di disoccupazione.

Grafico 1.4 -Retribuzioni, costo del lavoro e produttività

 

Fonte: Istat

Una domanda interna contenuta e una crescita modesta delle retribuzioni indicano un aumento solo graduale dell'inflazione di fondo. Dopo essere passata dall'1,2 % nel 2018 allo 0,6 % nel 2019, l'inflazione dei prezzi al consumo (indice armonizzato dei prezzi al consumo – IAPC) si prospetta in aumento fino all'1,0 % nel 2021. L'inflazione IAPC di fondo su base annua (ossia l'inflazione al netto dei beni energetici e dei prodotti alimentari non trasformati) si è attestata allo 0,6 % nel 2019 ed è destinata ad aumentare gradualmente, in linea con una crescita moderata delle retribuzioni e con il recupero di margini di profitto. Stando alle stime, il tasso di crescita del deflatore del PIL, in flessione dal 2010 a causa della debole domanda e dell'aumento solo modesto dei costi del lavoro per unità di prodotto, è sceso allo 0,6% nel 2019 ma dovrebbe tornare all'1,1 % entro il 2021.

Disparità e rischio di povertà

Le disparità di reddito sono tra le più accentuate dell'Unione. L'indice di Gini (del reddito disponibile equalizzato), già tra i più alti dell'UE, è stato oggetto di un'ulteriore correzione al rialzo nel 2018, che evidenzia una maggiore disomogeneità nella distribuzione del reddito. Il regime fiscale e previdenziale, che pure è agli ultimi posti nell'UE per efficacia, mitiga la distribuzione disomogenea dei redditi di mercato, ma principalmente a favore dei pensionati: il peso notevole delle pensioni nella spesa sociale si traduce in minori disparità di reddito tra gli anziani. Nel 2018 il rapporto fra il reddito totale percepito dal 20 % della popolazione con il reddito più elevato e quello percepito dal 20 % della popolazione con il reddito più basso risultava pari a 6,55 per le persone di meno di 65 anni e soltanto a 4,86 per quelle di età pari o superiore a 65 anni.

Il rischio di povertà si affievolisce, ma la povertà lavorativa rimane elevata. Grazie a una solida crescita dell'occupazione negli ultimi anni, il rischio di povertà ed esclusione sociale è sceso al 27,3 % nel 2018 dopo il picco del 30 % registrato nel 2016. Resta però decisamente superiore alla media UE (21,7 %) e al di sopra del livello del 2007 (26 %), con gravi disparità regionali. Il tasso di occupati a rischio di povertà mostra invece una tendenza al rialzo dal 2010 e nel 2018 ha raggiunto il 12,3 %, quasi 3 punti percentuali sopra la media dell'UE. Tra le ragioni principali si annoverano l'aumento del tempo parziale (involontario) e la crescita modesta delle retribuzioni, in controtendenza rispetto al miglioramento della situazione globale del mercato del lavoro. Di conseguenza, nel 2018 il reddito disponibile lordo reale è stato inferiore di quasi il 10 % rispetto al 2007 ( 10 ).

Sviluppi nel settore finanziario

I rendimenti dei titoli di Stato sono diminuiti drasticamente, sulla scia del calo dei premi per il rischio sovrano, e al momento sono notevolmente inferiori ai livelli di picco osservati nel 2018. L'incertezza politica si è gradualmente ridotta, le tensioni finanziarie si sono allentate e le condizioni di mercato sono migliorate. Questi sviluppi sono stati sostenuti dal ritorno della BCE a una politica monetaria più espansiva ( 11 ) e dalla decisione del governo italiano di operare un adeguamento dei suoi obiettivi di bilancio. Il premio per il rischio sovrano sui titoli di Stato italiani misurato dai credit default swap (CDS) si è ridotto, ma si colloca ancora su livelli più alti rispetto all'inizio del 2018 (Banca d'Italia, 2019a) ( 12 ). Persistono vulnerabilità per quanto riguarda i rischi di rinnovo del debito. Il rendimento dei titoli sovrani a dieci anni è sceso dal 2,7 % all'inizio del 2019 a meno dell'1 % alla fine di agosto, per poi risalire oltre l'1,3 % a metà gennaio 2020. Nello stesso periodo il differenziale rispetto ai titoli tedeschi si è ridotto di quasi 100 punti base, pur restando superiore a quello dei titoli spagnoli o portoghesi. I rendimenti dei titoli sovrani italiani con scadenze fino a due anni risultavano negativi nell'estate del 2019 e prossimi allo zero a metà gennaio 2020. Nel 2019 le agenzie di rating non hanno modificato il rating del credito italiano e hanno mantenuto invariate le prospettive dell'Italia ( 13 ).

Il brusco calo dei tassi di interesse a lungo termine ha sostenuto i prezzi delle azioni e delle obbligazioni societarie. In un contesto caratterizzato dalla grande volatilità dei mercati azionari a livello mondiale, dovuta al peggioramento delle prospettive globali e all'acuirsi dei rischi connessi alle politiche commerciali, i prezzi dei titoli azionari italiani sono aumentati notevolmente nel 2019. L'indice di riferimento della Borsa valori di Milano ha guadagnato il 30 % tra la fine del 2018 e la metà di gennaio 2020 e il sottoindice delle banche è cresciuto del 22 % circa. In seguito alla diminuzione dei rendimenti dei titoli sovrani dell'Italia, i premi per il rischio dei due principali gruppi bancari italiani, misurati dai differenziali CDS, risultano in calo e sono solo leggermente superiori alla media delle altre grandi banche europee. Tuttavia, il rapporto tra valore di mercato e valore contabile delle banche italiane quotate – una metrica standard per misurarne il valore economico – è inferiore all'unità e al di sotto di quello di altre banche europee, una differenza che riflette l'esiguità degli utili attesi e gli elevati premi per il rischio richiesti dagli investitori.

Dall'inizio del 2019 gli investitori stranieri hanno nuovamente aumentato l'esposizione nei confronti delle attività italiane. Dopo l'ondata di vendite nel secondo semestre del 2018, a novembre 2019 gli investitori non residenti avevano espanso il loro portafoglio di titoli di Stato italiani per un valore di 90 miliardi di EUR. Parallelamente le obbligazioni bancarie detenute all'estero sono aumentate di 9,9 miliardi di EUR. I depositi presso le banche italiane sono rimasti stabili e quelli del settore privato sono aumentati del 7,6 % a novembre 2019 rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. I depositi totali delle famiglie e delle società non finanziarie hanno fatto registrare un lieve incremento da maggio 2018.

I prestiti alle famiglie crescono a ritmo moderato, mentre calano invece quelli alle imprese. La crescita dei primi ha subito un leggero rallentamento nel 2019, ma resta solida per l'acquisto di abitazioni e per il credito al consumo. I secondi continuano in media a diminuire su base annua, seppur con importanti variazioni tra diverse classi di rischio (grafico 1.5).

Grafico 1.5 -Volumi di prestito e tassi di interesse, settore privato

 

(1) Tassi di interesse per nuove attività.

Fonte: Banca d'Italia

La riduzione dei prestiti si concentra tra le imprese più rischiose, mentre la crescita prosegue tra quelle finanziariamente solide di maggiore dimensione (Banca d'Italia, 2019a). Il costo dei nuovi finanziamenti, in diminuzione negli ultimi mesi, si colloca su livelli storicamente contenuti e dalle indagini sul credito bancario emerge un allentamento delle condizioni di credito per le imprese e le famiglie. Al contempo, la domanda di credito da parte delle società si è ridotta in funzione della minor esigenza di finanziare la formazione di capitale fisso o le scorte e il capitale circolante.

Le condizioni finanziarie sono stabili ma restano vulnerabili alle congiunture negative. La redditività delle imprese è in declino, nonostante la loro capacità di ripagare i debiti sia ancora buona grazie a bassi tassi di interesse e a strutture di bilancio più solide rispetto al passato. Inoltre, l'elevata durata residua media del debito pubblico italiano ritarda la trasmissione dell'aumento dei rendimenti dei titoli di Stato al costo medio del debito, ma un marcato rallentamento dell'economia e tassi di interesse più alti alla luce dell'elevato debito pubblico potrebbero esporre le vulnerabilità finanziarie.

Posizione esterna

L'avanzo delle partite correnti dell'Italia è aumentato nel 2019 per effetto del maggior saldo dei beni. A dispetto del rallentamento del commercio mondiale, la crescita delle esportazioni è rimasta stabile e le imprese esportatrici hanno sostanzialmente mantenuto le proprie quote di mercato. Le importazioni hanno invece sofferto una netta contrazione dovuta alla congiuntura negativa del ciclo delle scorte. Di conseguenza, il saldo delle partite correnti ha registrato un avanzo del 2,9 % nel corso dei 12 mesi precedenti al novembre 2019 (grafico 1.6). I risparmi e le decisioni di investimento a livello settoriale determinano fluttuazioni delle partite correnti: dal 2009 il settore delle imprese, tradizionalmente in posizione debitoria, è diventato creditore netto dell'economia e la sua posizione di accreditamento netto ha raggiunto lo 0,8 % del PIL nel 2018. Le famiglie, al contrario, hanno ridotto l'accreditamento netto dal 2,3 % del PIL nel 2014 all'1,3% del PIL nel 2018.

Le stime indicano un avanzo delle partite correnti corretto per il ciclo dell'ordine del 2,7 % del PIL nel 2019. Si stima che tale avanzo sia sufficiente a mantenere stabile la posizione patrimoniale netta sull'estero (NIIP) dell'Italia e ad avvicinarla al livello suggerito dai fondamentali (in assenza di effetti di valutazione) ( 14 ).

La NIIP dell'Italia è quasi in pareggio. Dopo il minimo registrato all'inizio del 2014 la NIIP del paese ha segnato un miglioramento di 351 miliardi di EUR, che ha comportato la diminuzione del volume delle passività nette verso l'estero fino a 55,3 miliardi di EUR (pari al 3,1 % del PIL 2018) entro il terzo trimestre del 2019. Questa tendenza positiva è stata agevolata da persistenti avanzi delle partite correnti e sostenuta dagli effetti di valutazione.

Nel 2019 il saldo di TARGET2 è migliorato. A dicembre 2019 la posizione debitoria netta della Banca d'Italia nel sistema di pagamento europeo TARGET2 si è attestata a 439 miliardi di EUR, in calo rispetto ai 493 miliardi di EUR dell'agosto 2018.

Grafico 1.6 -Saldo delle partite correnti

 

Fonte: Banca d'Italia

Finanze pubbliche: disavanzo e debito pubblico

Il disavanzo pubblico nominale si prospetta sostanzialmente stabile nel 2019 e nel 2020, con un conseguente deterioramento del saldo primario. Dopo un lieve calo dal 2,4 % del PIL nel 2017 al 2,2 % del PIL nel 2018, in base alle previsioni d'autunno 2019 della Commissione il disavanzo pubblico resta stabile nel 2019 e aumenterà leggermente fino al 2,3 % del PIL nel 2020. I nuovi regimi di reddito minimo e pensionamento anticipato determineranno un forte aumento della spesa pubblica nel periodo 2019-2020, compensato solo in parte da misure sul versante delle entrate. In uno scenario a politiche invariate (in particolare senza prendere in considerazione l'aumento dell'IVA previsto come clausola di salvaguardia) le previsioni indicano che il disavanzo nominale raggiungerà il 2,7 % del PIL nel 2021. Data la riduzione prevista della spesa per interessi (dal 3,7 % del PIL nel 2018 al 3,1 % del PIL nel 2021), l'avanzo primario delle amministrazioni pubbliche dovrebbe passare dall'1,5 % del PIL nel 2018 allo 0,4 % del PIL nel 2021 (grafico 1.7). Si prevede un miglioramento del saldo strutturale da ‑2,4 % del PIL nel 2018 a ‑2,2 % nel 2019, seguito da un deterioramento che lo porterà a ‑2,5 % e ‑2,9 % del PIL nel 2020 e nel 2021, rispettivamente.

Secondo le previsioni il rapporto debito pubblico/PIL continuerà a crescere fino al 2021. A settembre 2019 l'istituto nazionale di statistica (ISTAT) e la Banca d'Italia hanno pubblicato una revisione dei dati sul debito pubblico italiano, che ha implicato una correzione al rialzo del livello di debito degli ultimi anni. In seguito alla revisione, infatti, il rapporto debito/PIL risulta aver raggiunto il picco del 135,4 % nel 2014, prima di scendere al 134,1 % nel 2017 e tornare al 134,8 % nel 2018. L'incremento del 2018 è imputabile a una crescita particolarmente ridotta del PIL reale e a un importante aggiustamento stock/flussi (0,7 % del PIL), connesso soprattutto alle fluttuazioni delle riserve di liquidità del Tesoro e all'andamento negativo dei mercati finanziari. Le previsioni d'autunno 2019 della Commissione prospettano un ulteriore aumento del rapporto debito/PIL dell'Italia al 136,2 % nel 2019, al 136,8 % nel 2020 e al 137,5 % nel 2021, a fronte di una persistente debolezza della crescita del PIL nominale e di una contrazione del saldo primario (cfr. la sezione 4.1). Vista l'esperienza del recente passato le previsioni non tengono conto dei proventi di eventuali privatizzazioni, nonostante il governo punti allo 0,2 % del PIL l'anno nel periodo 2020-2022.

Grafico 1.7 -Indicatori delle finanze pubbliche

Fonte: Commissione europea

L'Italia sta compiendo progressi nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Negli ultimi 5 anni sono stati fatti notevoli progressi in relazione alla maggior parte degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS), segnatamente il numero 3 (salute e benessere), il numero 7 (energia a prezzi accessibili e pulita), il numero 12 (consumo e produzione responsabili) e il numero 16 (pace, giustizia e istituzioni forti). Per contro, l'OSS numero 1 (eliminazione della povertà), il numero 10 (riduzione delle disuguaglianze) e il numero 15 (vita terrestre) delineano un quadro eterogeneo, in cui alcuni indici stanno peggiorando nel breve periodo. Nel complesso i risultati dell'Italia sono inferiori alla media dell'UE per quanto riguarda la maggior parte degli indici afferenti agli OSS numero 4 (istruzione di qualità), 5 (uguaglianza di genere) e 8 (crescita economica), ma superiori alla media per gli OSS numero 6 (acqua pulita e strutture igienico-sanitarie), 11 (città sostenibili) e 12 (consumo responsabile). In tale contesto l'iniziativa dell'Italia sugli indicatori di benessere (basata sulla scala di valutazione del benessere) e sugli OSS a livello nazionale e regionale (ISTAT, 2019i) è una buona pratica europea sostenuta dalle organizzazioni della società civile (cfr. ASVIS, 2019). Nello specifico, oltre a indicatori sociali che fotografano la situazione in termini di povertà, disuguaglianze e parità di genere, l'iniziativa contempla anche indicatori del livello di emissioni di CO2 e un indicatore indiretto dell'erosione del suolo. Sempre a questo riguardo, le regioni e le province autonome italiane dovranno approvare entro l'estate 2020 la propria strategia di sviluppo sostenibile per il periodo 2017-2030.

Tabella 1.1 -Tabella 1.1 - Principali indicatori economici e finanziari – Italia

(1) NIIP esclusi gli investimenti diretti e il portafoglio partecipazioni.
(2) Gruppi bancari e singole banche nazionali, controllate estere (UE e non UE) e filiali estere (UE e non UE).

(3) L'indicatore del rapporto gettito fiscale/PIL include i cont
ributi sociali figurativi e differisce pertanto da quello utilizzato nella sezione relativa alla tassazione.

(4) Definita come la somma dell'imposta sui redditi lordi da lavoro dipendente e dei contributi previdenziali a carico del lavoratore dipendente al netto delle prestazioni universali in denaro, espressa in percentuale dei redditi lordi da lavoro dipendente.

Fonte: Eurostat e BCE al 4.2.2020, ove disponibili; Commissione europea per i dati previsionali (previsioni d'inverno 2020 per il PIL reale e l'indice IAPC, altrimenti previsioni d'autunno 2019)



2.    Progressi in relazione alle raccomandazioni specifiche per paese

Dall'inizio del semestre europeo, nel 2011, per il 68 % di tutte le raccomandazioni specifiche per paese (CSR) rivolte all'Italia si sono registrati perlomeno "alcuni progressi" ( 15 ). Per il 32 % si sono invece registrati "progressi limitati" o "nessun progresso" (grafico 2.1). Tra i settori in cui si sono avuti i risultati migliori figurano le misure volte a migliorare il contesto imprenditoriale e a riformare il mercato del lavoro. Buoni passi avanti sono stati fatti anche nel settore bancario e nel miglioramento della qualità della governance di bilancio.

Grafico 2.1 -Attuazione complessiva, ad oggi, delle raccomandazioni specifiche per paese 2011-2019 (valutazione pluriennale)

 

(1) La valutazione complessiva delle raccomandazioni specifiche per paese relative alla politica di bilancio esclude il rispetto del patto di stabilità e crescita.
(2) 2011-2012: categorie di valutazione CSR diverse.

(3) La valutazione pluriennale delle raccomandazioni considera l'attuazione delle CSR dalla loro adozione fino
alla relazione per paese del febbraio 2020.

Fonte: Commissione europea

Sono stati compiuti alcuni progressi nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese riguardanti le finanze pubbliche e la tassazione. Nel complesso, il processo di bilancio è stato migliorato, anche mediante l'introduzione di revisioni periodiche della spesa. Negli ultimi anni sono state adottate diverse misure per combattere l'evasione fiscale, tra cui l'introduzione dell'obbligo di fatturazione elettronica e di trasmissione elettronica degli scontrini. Il bilancio 2020 ha inoltre introdotto varie misure miranti a contrastare l'evasione legata all'omessa fatturazione, anche incoraggiando i pagamenti elettronici. D'altro canto, i ripetuti condoni fiscali possono aver influito negativamente sull'adempimento degli obblighi fiscali. Alcuni progressi sono stati fatti per ridurre la tassazione sul lavoro, ma nessuno per spostare la pressione fiscale verso altre fonti di gettito, dal momento che le spese fiscali sono state riesaminate ma non semplificate e l'obsoleto sistema catastale non è stato riformato. Inoltre, mentre le passate riforme pensionistiche hanno contribuito a migliorare la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, la quota delle pensioni di vecchiaia e di anzianità sulla spesa totale è ancora destinata ad aumentare, principalmente a causa del regime di pensionamento anticipato introdotto nel 2019.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro e le politiche sociali, i progressi nell'attuare le riforme sono stati limitati. A cinque anni dalla sua adozione, l'attuazione della riforma nota come "Jobs Act" è ancora incompleta. Nonostante i recenti sforzi per rendere più efficaci le politiche attive del mercato del lavoro e rafforzare i centri pubblici per l'impiego, i risultati variano notevolmente da regione a regione e l'integrazione e il coordinamento con altre politiche sociali ed educative sono ancora carenti. Il tasso di occupazione femminile rimane considerevolmente al di sotto della media dell'UE e, a livello di politiche sociali per le famiglie, continua a mancare un adeguato coordinamento. Anche se sono state intraprese alcune iniziative per facilitare l'accesso ai servizi per l'infanzia tramite un sostegno finanziario alle famiglie, manca una strategia globale che combini un sistema fiscale più efficiente con l'accesso ai servizi di assistenza e con misure volte a conciliare la vita professionale e la vita familiare.

Alcuni progressi sono stati registrati nel miglioramento del contesto imprenditoriale e delle condizioni di investimento. Gli sforzi volti a semplificare le procedure amministrative sono proseguiti, ma l'onere resta complessivamente elevato. Si sono verificati alcuni progressi anche nell'aumentare l'efficienza e la digitalizzazione della pubblica amministrazione, ma si è ancora in attesa di una riforma dei servizi pubblici locali e di misure volte ad eliminare le restrizioni alla concorrenza. Anche se gli investimenti pubblici in Italia continuano ad essere modesti, la maggiore autonomia di bilancio delle amministrazioni locali sta mostrando segni positivi e sono state stanziate più risorse per gli investimenti pubblici. Negli ultimi anni sono state inoltre introdotte numerose misure di sostegno agli investimenti privati, incentrate anche sull'innovazione e sulla spesa "verde". Dall'altro lato, la capacità di investimento della pubblica amministrazione è ancora modesta, la spesa in R&S rimane bassa e disomogenea tra le regioni e vi è ancora margine per razionalizzare e stabilizzare gli incentivi più efficaci. La valutazione di questa raccomandazione non tiene conto del contributo dei Fondi della politica di coesione dell'UE per il periodo 2021-2027 ( 16 ).

Alcuni progressi sono stati compiuti nell'aumento dell'efficienza della giustizia civile e nella lotta alla corruzione. Le riforme della giustizia civile varate in questi ultimi anni hanno aumentato la specializzazione e la digitalizzazione dei tribunali, rafforzato la risoluzione alternativa delle controversie e introdotto norme più rigorose in materia di ammissibilità dei ricorsi. Ciononostante, la durata dei contenziosi civili e commerciali in Italia è tuttora un problema. A livello di appello continuano a destare preoccupazioni anche i tempi lunghi del processo penale. Il sistema anticorruzione è stato recentemente migliorato anche tramite un quadro di protezione degli informatori (vale a dire chi segnala illeciti), l'attribuzione di un ruolo più incisivo all'autorità nazionale anticorruzione e il varo, nel gennaio 2019, della legge anticorruzione, che blocca la decorrenza della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Tuttavia, in assenza della necessaria riforma del processo penale, la scarsa efficienza della giustizia penale, in particolare nello smaltire il gran numero di cause pendenti dinanzi alle corti d'appello, continua ad ostacolare la lotta alla corruzione.

Alcuni progressi sono stati compiuti per quanto riguarda il risanamento dei bilanci delle banche e l'accesso ai finanziamenti. Si pensi, ad esempio, alle cessioni dei crediti deteriorati mediante vendite a titolo definitivo e cartolarizzazioni sostenute dal regime di garanzia statale. La riforma delle grandi banche popolari non è stata ancora pienamente attuata, mentre quella delle piccole banche di credito cooperativo si è sostanzialmente conclusa. La riforma del quadro di insolvenza, portata a termine dal governo agli inizi del 2019, entrerà in vigore nell'agosto 2020. Sebbene il finanziamento delle imprese continui a dipendere prevalentemente dal settore bancario, le misure adottate in passato per ampliare l'accesso delle imprese ai mercati dei capitali stanno innescando alcuni effetti positivi. Il fatto di aver reintrodotto l'incentivo alla capitalizzazione delle imprese nel bilancio 2020 può servire a risolvere il problema della loro sottocapitalizzazione. Per contro, non sono state ancora attuate misure volte a migliorare il ricorso al capitale di rischio.

Nel complesso, l'Italia ha compiuto alcuni progressi nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche per paese del 2019 ( 17 ). Nell'allentamento della pressione fiscale sul lavoro i progressi sono stati limitati, poiché non vi sono state né una riduzione delle ingenti agevolazioni fiscali in materia di IVA né una riforma dei valori catastali obsoleti. Nessun progresso si è invece notato nel ridurre la quota delle pensioni di vecchiaia e di anzianità nella spesa pubblica allo scopo di creare margini per altra spesa sociale e per spese atte a favorire la crescita. Progressi significativi sono stati compiuti nella lotta all'evasione fiscale, anche incoraggiando i pagamenti elettronici, ma l'entità della sfida è tale da richiedere uno sforzo costante di riforma. I progressi sono stati limitati nella lotta al lavoro sommerso, nella proposta di una strategia globale di sostegno alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro e nella promozione del successo formativo, della riqualificazione professionale e delle competenze digitali. Alcuni progressi si sono registrati in relazione all'efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro e alla loro integrazione con le politiche sociali, nonché nel miglioramento delle condizioni di investimento, nel settore sia pubblico che privato, e nel rafforzamento della capacità amministrativa. Nelle politiche in materia di concorrenza non si è invece riscontrato nessun progresso, in quanto non solo non sono state presentate nuove iniziative, ma si sta ancora esaminando la possibilità di fare passi indietro. I progressi sono stati limitati sia nel ridurre la durata del processo civile in tutti i gradi di giudizio facendo rispettare e razionalizzando le norme di disciplina procedurale, sia nel migliorare l'efficacia della lotta contro la corruzione mediante una riforma delle norme procedurali mirante a ridurre la durata del processo penale. Alcuni progressi sono stati registrati nella ristrutturazione dei bilanci delle banche migliorando l'efficienza e la qualità degli attivi grazie allo smaltimento dei crediti deteriorati e diversificando la provvista. Alcuni progressi, inoltre, hanno riguardato il miglioramento dei finanziamenti non bancari per le imprese più piccole e innovative.

Si richiesta di uno Stato membro, la Commissione può fornire una consulenza personalizzata tramite il programma di sostegno alle riforme strutturali per contribuire all'elaborazione e all'attuazione di riforme atte a favorire la crescita. Dal 2017 l'Italia ha usufruito di tale sostegno per 36 progetti. Nel 2019 sono stati realizzati diversi progetti sul campo. La Commissione, ad esempio, ha predisposto un piano d'azione, di cui sta ora sostenendo l'attuazione, per la riforma della contabilità per competenza nella pubblica amministrazione italiana. Nel 2018 ha sostenuto la creazione di zone di interesse economico nel Sud, mentre nel 2019 ha ulteriormente contribuito a definire la struttura di governance delle tre zone già istituite e i meccanismi di vigilanza e di monitoraggio del governo centrale. Sono stati inoltre avviati il miglioramento della raccolta dei dati e dell'organizzazione dei tribunali per quanto riguarda l'insolvenza e l'azione di contrasto, il potenziamento del sistema delle politiche attive del mercato del lavoro, lo sviluppo di un modello mirante a migliorare la valutazione delle politiche in materia di IVA e di accise, l'ulteriore miglioramento del coordinamento nazionale delle iniziative volte a prevenire la corruzione e, infine, l'ottimizzazione della gestione sia centrale che locale dei Fondi strutturali e di investimento europei.

Tabella 2.1 -Valutazione dell'attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese 2019 (*)

Italia

Valutazione complessiva dei progressi rispetto alle raccomandazioni specifiche per paese 2019: alcuni progressi

Raccomandazione 1: assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1 % nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL; utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL; spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; contrastare l'evasione fiscale, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, potenziando i pagamenti elettronici obbligatori anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti; attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita. (Rilevante per la procedura per gli squilibri macroeconomici)

Alcuni progressi

·Progressi non valutati: la valutazione del rispetto del patto di stabilità e crescita farà parte della tornata di primavera, quando saranno disponibili i dati definitivi per il 2019.

·Progressi limitati nello spostamento della pressione fiscale dal lavoro, nella riduzione delle agevolazioni fiscali e nella riforma del catasto.

·Progressi significativi nel contrasto all'evasione fiscale, anche tramite il potenziamento dei pagamenti elettronici obbligatori.

·Nessun progresso nella riduzione del peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica.

Raccomandazione 2: intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano soprattutto i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, in particolare garantendo l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia e a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali. (Rilevante per la procedura per gli squilibri macroeconomici)

Progressi limitati

·Progressi limitati nell'intensificare gli sforzi volti a contrastare il lavoro sommerso.

·Alcuni progressi nel garantire che le politiche del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano i gruppi vulnerabili.

·Progressi limitati nel sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

·Progressi limitati nel migliorare i risultati scolastici e nel promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.

Raccomandazione 3: porre l'accento sulla politica economica connessa agli investimenti in materia di ricerca e innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali; migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali; affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza. (Rilevante per la procedura per gli squilibri macroeconomici)

Alcuni progressi

·Alcuni progressi nel porre l'accento sulla politica economica connessa agli investimenti in materia di ricerca e innovazione e sulla qualità delle infrastrutture.

·Alcuni progressi nel migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza dei servizi pubblici locali.

·Nessun progresso nell'affrontare le restrizioni alla concorrenza.

Raccomandazione 4: ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già all'esame del legislatore; migliorare l'efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali. (Rilevante per la procedura per gli squilibri macroeconomici)

Progressi limitati

·Progressi limitati nel ridurre la durata dei processi civili.

·Progressi limitati nel migliorare l'efficacia della lotta contro la corruzione.

Raccomandazione 5: favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni, migliorando l'efficienza e la qualità degli attivi, continuando la riduzione dei crediti deteriorati e diversificando la provvista; migliorare il finanziamento non bancario per le piccole imprese innovative. (Rilevante per la procedura per gli squilibri macroeconomici)

Alcuni progressi

·Alcuni progressi nel favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche.

·Alcuni progressi nel migliorare il finanziamento non bancario per le piccole imprese innovative.

Fonte: Commissione europea

(*) La valutazione della raccomandazione 3 non tiene conto del contributo dei Fondi della politica di coesione dell'UE per il periodo 2021-2027. Il quadro normativo su cui si basa la programmazione dei Fondi della politica di coesione dell'UE 2021-2027 non è stato ancora adottato dai colegislatori, in attesa anche di un accordo sul quadro finanziario pluriennale (QFP).

Riquadro 2.1 - I Fondi e i programmi dell'UE volti ad affrontare i problemi strutturali dell'Italia e a promuoverne la crescita e la competitività

L'Italia è uno dei paesi che più beneficiano del sostegno dell'UE. Nell'attuale quadro finanziario pluriennale, la dotazione finanziaria dei Fondi della politica di coesione dell'UE ( I ) per l'Italia ammonta a 53,2 miliardi di EUR, pari a circa lo 0,4 % del PIL nazionale all'anno. Alla fine del 2019 l'Italia era in ritardo nell'attuare la politica di coesione rispetto alla media dell'UE: aveva stanziato per progetti specifici circa 42,2 miliardi di EUR (il 79 % della dotazione totale prevista, contro l'88 % dell'UE) e aveva speso 17,2 miliardi di EUR (circa il 32,0 %, contro il 38 % dell'UE)( II ).

I finanziamenti della politica di coesione dell'UE sostengono fortemente le sfide strutturali in Italia. I programmi della politica di coesione per l'Italia hanno destinato 9,1 miliardi di EUR alla crescita intelligente, 9,5 miliardi di EUR alla crescita sostenibile e al trasporto sostenibile e 14 miliardi di EUR alla crescita inclusiva. Nel 2019 sono stati messi a disposizione del paese 2,26 miliardi di EUR, a seguito di una verifica di efficacia dell'attuazione ( III ). L'Italia deve inoltre riprogrammare 782 milioni di EUR nei settori prioritari di cui sopra.

I finanziamenti della politica di coesione dell'UE stanno contribuendo alle principali trasformazioni dell'economia italiana. Questi finanziamenti, insieme al meccanismo per collegare l'Europa, stanno sostenendo lo sviluppo di infrastrutture chiave nell'ambito della rete centrale TEN-T, con 1,8 miliardi di EUR e 1,6 miliardi di EUR rispettivamente. Entro il 2019 gli investimenti promossi dai Fondi dell'UE hanno garantito l'accesso alla banda larga ad oltre 15 700 famiglie supplementari; 4 600 imprese e 523 start-up hanno anch'esse ricevuto un sostegno, che ha reso possibile la creazione di 1 533 nuovi posti di lavoro. Per la ricerca e l'innovazione, i finanziamenti della politica di coesione dell'UE prevedono 3,3 miliardi di EUR per il sostegno alla R&S, l'innovazione nelle imprese e la formazione nel campo delle competenze innovative. Circa 5 milioni di persone hanno partecipato a iniziative di formazione e, dopo 6 mesi, più di 1 milione di persone ha trovato lavoro. La Garanzia per i giovani e l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile hanno aiutato 676 000 giovani, di cui oltre la metà si sono già inseriti nel mondo del lavoro (ANPAL, 2019). I finanziamenti dell'UE sono serviti ad affrontare il problema della povertà e dell'esclusione sociale potenziando la capacità dei servizi sociali e per l'impiego di accompagnare il processo di inclusione attiva. L'FSE ha sostenuto la partecipazione di oltre 444 000 persone provenienti da un contesto migratorio, appartenenti a minoranze o di origine straniera e di 107 600 persone con disabilità a iniziative per l'occupazione e l'inclusione sociale. I finanziamenti dell'UE hanno contribuito a ridurre di 48 253 tonnellate di CO2 le emissioni di gas a effetto serra e di 43 288 552 Kw/anno il consumo di energia primaria degli edifici pubblici. Sono anche serviti a migliorare i servizi sanitari per oltre 1,5 milioni di persone. Buoni risultati sono stati inoltre ottenuti nel comparto dell'industria turistica, soprattutto nella valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, con 962 818 visite supplementari all'anno e un incremento, in particolare, dei visitatori non italiani, anche nel Mezzogiorno.

I finanziamenti dell'UE contribuiscono a mobilitare ingenti investimenti privati. Alla fine del 2018 era previsto un finanziamento di 3,5 miliardi di EUR ( IV ) provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale a favore di programmi operativi italiani (regionali e nazionali). Gli importi impegnati negli accordi di finanziamento sono ammontati in tutto a circa 2,8 miliardi di EUR (80 %) e 430 milioni di EUR (12 %) sono stati versati ai destinatari finali. Dei 2,8 miliardi di EUR impegnati, 1,1 miliardi di EUR sono rappresentati da prestiti, 546 milioni di EUR da garanzie e 351 milioni di EUR da capitale proprio.

I finanziamenti per l'agricoltura e la pesca e altri programmi dell'UE contribuiscono anche a colmare esigenze in materia di sviluppo. Oltre ad un sostegno di 20,9 miliardi di EUR del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e di 979 milioni di EUR del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), l'Italia beneficia anche di altri programmi dell'UE. Orizzonte 2020 ha assegnato 3,9 miliardi di EUR alla R&S e all'innovazione, compresi 703 milioni di EUR alle PMI.

I Fondi dell'UE investono già importi considerevoli per azioni in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). In Italia i Fondi strutturali e d'investimento europei sostengono 13 dei 17 OSS, ai quali è destinato il 95 % della spesa totale.

3.    Risultati generali riguardanti gli squilibri, i rischi e le questioni relative all'adeguamento

La relazione 2020 sul meccanismo di allerta ha concluso che per l'Italia è opportuno effettuare un nuovo esame approfondito per valutare se gli squilibri del paese siano in via di correzione, persistano o si stiano aggravando, prestando nel contempo attenzione alle politiche correttive attuate. Nel febbraio del 2019 sono stati individuati per l'Italia squilibri eccessivi (Commissione europea, 2019d). Tali squilibri e i problemi pregressi riguardavano l'elevato debito pubblico, la bassa crescita della produttività, l'alto tasso di disoccupazione e i crediti deteriorati. I risultati dell'esame approfondito della procedura per gli squilibri macroeconomici, illustrato in diverse sezioni della presente relazione, sono sintetizzati in questa sezione ( 18 ).

Squilibri e relativa gravità

Attestatosi sul 134,8 % del PIL nel 2018, l'elevato debito pubblico resta un'importante fonte di vulnerabilità per l'economia. A medio e lungo termine, l'analisi della sostenibilità del debito effettuata dalla Commissione ( 19 ) evidenzia rischi alti connessi all'elevato livello del debito e dei costi dovuti all'invecchiamento demografico in Italia. Dato l'attuale contesto dei tassi di interesse, i rischi per la sostenibilità sono considerati bassi nel breve periodo. Il notevole fabbisogno di rinnovo del debito (pari a circa il 20 % del PIL all'anno) espone tuttavia le finanze pubbliche dell'Italia a improvvisi aumenti dell'avversione al rischio sui mercati finanziari. Gli elevati costi del servizio del debito, inoltre, riducono il margine di bilancio per politiche favorevoli alla crescita e anticicliche.

La modesta crescita della produttività, in particolare dei servizi e delle piccole imprese, limita la competitività e la crescita potenziale. Nel 2018 la crescita del PIL ha continuato ad essere trainata dall'aumento dell'occupazione. La produttività aggregata del lavoro ha continuato a diminuire nel corso dell'anno (-0,3 % contro il + 0,5 % nella ZE-19) e, secondo le previsioni, la crescita della produttività resterà contenuta nel 2019-2020. Il calo della produttività del lavoro in alcune regioni meridionali e nei servizi ha contribuito alla modesta evoluzione aggregata della produttività. Dall'altro lato, la produttività nel settore manifatturiero è aumentata dal 2000, anche se più lentamente rispetto a paesi comparabili. Nel 2018 la produttività totale dei fattori è lievemente cresciuta (0,3 punti percentuali contro lo 0,6 % nella ZE-19), ma è ancora inferiore a quella del 2000. Il persistere degli ostacoli strutturali, anche in materia di investimenti, frena la dinamica e la crescita della produttività del paese, il che a sua volta ostacola la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL.

Nel 2019 l'occupazione ha continuato ad aumentare, ma il tasso di disoccupazione resta elevato. Nonostante la debole attività economica, la crescita dell'occupazione è proseguita nei primi tre trimestri del 2019, con un aumento dello 0,6 % del numero totale degli occupati rispetto allo stesso periodo del 2018. Le ore lavorate sono però aumentate a un ritmo più lento e sono rimaste al di sotto dei livelli del 2007. La disoccupazione è scesa sotto il 10 %, in un contesto di contrazione della forza lavoro e di tassi di inattività persistentemente elevati. Anche la disoccupazione giovanile ha registrato una tendenza al calo, ma è rimasta tra le più alte dell'UE, attestandosi su un tasso del 28,3 % nel terzo trimestre del 2019. Inoltre, le percentuali elevate di lavoratori in part-time involontario e di lavoratori scoraggiati sono il sintomo di una capacità ancora fortemente sottoutilizzata nel mercato del lavoro.

Le banche italiane hanno ancora un ingente stock di crediti deteriorati pregressi, pur avendo continuato a compiere progressi notevoli nel ridurli. Il tasso lordo dei crediti deteriorati a livello di sistema è sceso dall'8,4 % alla fine del 2018 all'8,1 % nel secondo trimestre del 2019. Tuttavia, il vecchio stock di sofferenze e di incagli rimane elevato rispetto a paesi comparabili dell'UE, in particolare per le banche meno significative. Recentemente, a seguito dell'allentamento delle tensioni sui mercati e del calo dei rendimenti dei titoli sovrani, le banche italiane hanno ridotto la loro esposizione al debito sovrano nazionale. Restano tuttavia notevolmente esposte al loro debito sovrano, il che implica una preferenza per i titoli nazionali e il rischio di innescare un circolo vizioso. Nonostante i recenti miglioramenti nei bilanci delle banche, i prestiti alle famiglie sono aumentati solo in misura modesta, mentre i prestiti alle imprese hanno subito una battuta d'arresto.

Le simulazioni mostrano che uno stimolo agli investimenti pubblici potrebbe avere ricadute positive sul resto della zona euro. Secondo le stime, un aumento degli investimenti pubblici finanziato senza incidere sul bilancio (riquadro 3.1) aumenterà considerevolmente il PIL dell'Italia, anche nell'ipotesi di una stima prudente dell'impatto di stimolo alla crescita della spesa in conto capitale. Le ricadute sugli altri Stati membri della zona euro sono non trascurabili, almeno nei primi anni successivi all'iniziale stimolo agli investimenti.

Evoluzione, prospettive e risposte politiche

Secondo le proiezioni, il rapporto debito/PIL dell'Italia aumenterà ulteriormente nell'ipotesi di politiche invariate. Tale rapporto è aumentato dal 134,1 % nel 2017 al 134,8 % nel 2018 e, secondo le previsioni d'autunno 2019 della Commissione, raggiungerà il 137,4 % nel 2021 a causa della debole crescita del PIL nominale e dello sforzo insufficiente nel risanare il bilancio. Tra il maggio 2018 e il luglio 2019 i rendimenti dei titoli sovrani hanno imboccato un sentiero di crescita, con picchi elevati e forte volatilità. Nonostante il calo deciso a partire dall'agosto 2019, essi continuano a risentire degli aumenti dell'avversione al rischio sui mercati finanziari. Le norme pensionistiche introdotte nel 2019 comporteranno costi aggiuntivi fino al 2028 e, se estese, peggioreranno la sostenibilità del debito a medio termine. Tali misure, inoltre, potrebbero incidere negativamente sulla crescita potenziale. Per contrastare l'evasione fiscale sono state adottate varie misure, anche di incentivazione ai pagamenti elettronici.

Per promuovere la produttività sono state adottate alcune misure il cui impatto è tuttavia limitato dall'incertezza politica e dalla mancanza di una strategia d'insieme. Agli inizi del 2019 l'Italia ha varato una nuova legge anticorruzione che potrebbe contribuire a creare un contesto più favorevole alle imprese. Dall'altro lato, l'annuncio di ulteriori revisioni del codice degli appalti pubblici crea incertezza per la pianificazione degli investimenti. Gli incentivi miranti a promuovere gli investimenti e l'innovazione hanno avuto un effetto positivo, ma una loro razionalizzazione e stabilizzazione potrebbe aumentarne l'efficienza. Anche se i finanziamenti a favore degli investimenti pubblici sono aumentati, l'efficienza del settore pubblico è ancora scarsa, in particolare in termini di capacità di investimento. Una miglior allocazione dei capitali, in particolare mediante finanziamenti non bancari, potrebbe contribuire ad aumentare gli investimenti e la produttività.

L'attuazione di politiche volte ad accrescere la partecipazione al mercato del lavoro è ancora incompleta. I tassi di attività, in particolare delle donne e dei giovani, sono nettamente al di sotto della media dell'UE. Una riforma delle politiche attive del mercato del lavoro è contemplata sia dal "Jobs Act" del 2015 che dal regime di reddito minimo di recente istituzione. In tale contesto sono state assunte iniziative miranti a rafforzare i servizi pubblici per l'impiego, anche attraverso il potenziamento del personale. La capacità di collocamento nel mondo del lavoro, tuttavia, è ancora carente. Inoltre, le misure volte ad aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro restano insufficienti.

Le banche hanno continuato a ridurre i loro crediti deteriorati e ad affrontare il rischio sovrano. Oltre ad aver migliorato la loro capacità interna di rinegoziazione, esse hanno tratto beneficio dalla proroga, nel maggio 2019, di un regime di cartolarizzazione sostenuto da garanzie statali per ulteriori 24 mesi. Per proteggere la loro base patrimoniale dall'impatto dei maggiori rendimenti dei titoli sovrani, le banche hanno cercato di riequilibrare parte dei loro portafogli di titoli sovrani spostandoli nella categoria "held-to-collect". Date le condizioni comparativamente favorevoli, è opportuno che il ritmo della ristrutturazione dei bilanci venga mantenuto, in particolare per le banche meno significative, al fine di rafforzare ulteriormente la stabilità finanziaria e facilitare l'erogazione di crediti all'economia.

Valutazione generale

Secondo le previsioni, gli squilibri dell'Italia non si riassorbiranno nel breve periodo, nonostante il miglioramento della situazione nel settore bancario e nel mercato del lavoro. Il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato nel 2018 ed è destinato ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni a causa della bassa crescita del PIL nominale e del mancato risanamento di bilancio. Nel 2020 i nuovi regimi sociali introdotti nel 2019 andranno a gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche e le norme pensionistiche peggioreranno la tendenza a destinare sempre più la spesa pubblica alle pensioni di vecchiaia e di anzianità. Dall'altro lato, sono stati compiuti progressi nella lotta all'evasione fiscale e alla corruzione. La produttività rimane modesta, principalmente a causa del contributo negativo dei servizi. Gli investimenti pubblici, dapprima su livelli bassissimi, sono aumentati, ma occorrono maggiori sforzi per potenziare la capacità amministrativa. Gli investimenti sono ancora ostacolati da una situazione politica instabile. Il tasso di disoccupazione ha continuato a scendere, ma resta elevato. Le misure volte ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, in particolare delle donne, non sono ancora complete, ma stanno andando nella giusta direzione. La situazione delle banche è notevolmente migliorata, con un'ulteriore riduzione dei crediti deteriorati. Lo stock dei crediti deteriorati, tuttavia, è ancora elevato, soprattutto per le banche di piccole e medie dimensioni, mentre il ricorso limitato ai finanziamenti non bancari rende le imprese vulnerabili agli shock del settore bancario. Nel complesso, un programma di riforme duraturo che accompagni la riduzione del debito pubblico, migliorandone le componenti (orientandolo, in particolare, verso investimenti adeguati) e attuando riforme strutturali, è fondamentale per promuovere un circolo virtuoso mirante alla correzione degli squilibri.

Riquadro 3.1 - Investimenti pubblici e ricadute potenziali – il caso dell'Italia

Sulla base delle raccomandazioni specifiche per paese del 2019 riguardanti la politica economica in materia di investimenti, si applica il modello QUEST (1) della Commissione europea per simulare l'impatto sul mercato interno e transfrontaliero di uno stimolo agli investimenti pari all'1 % del PIL sostenuto su un periodo di 10 anni. Dal 2010 gli investimenti pubblici in Italia, in percentuale del PIL, sono diminuiti in modo pressoché costante, il che si è tradotto in una notevole carenza di investimenti (Commissione europea, 2018a). Secondo le previsioni, un'inversione duratura del precedente andamento discendente favorirà la crescita e avrà ricadute positive sui paesi vicini. La simulazione presuppone che gli investimenti supplementari siano finanziati senza incidere sul bilancio, nella fattispecie mediante un aumento delle imposte sui consumi. L'elasticità di output rispetto allo stock di capitale pubblico per lo scenario centrale si suppone pari a 0,12, che corrisponde all'incirca alla stima mediana nella letteratura empirica. Sono presi in considerazione due scenari supplementari applicando un'elasticità di output superiore (0,17) e inferiore (0,07) così da rispecchiare uno scenario ad alta efficienza e a bassa efficienza (in 't Veld, 2016). Si suppone che la politica monetaria mantenga la sua linea accomodante al limite inferiore dello zero per i primi due anni per poi normalizzarsi gradualmente.

Uno stimolo duraturo agli investimenti pubblici creerebbe effetti considerevoli sulla produzione in Italia e ricadute positive a livello transfrontaliero. Rispetto all'aumento dei consumi pubblici o alla riduzione delle aliquote d'imposta, la spesa per gli investimenti pubblici tende ad avere un maggior effetto moltiplicatore sulla produzione. L'effetto dell'aumento degli investimenti pubblici sulla produzione è significativo poiché gli investimenti pubblici hanno un impatto a più lungo termine sulla crescita e sullo stock di capitale (tabella 1). Il fatto che gli investimenti supplementari siano finanziati mediante un aumento delle imposte sui consumi grava sui consumi privati e attenua l'effetto globale sulla produzione. Per contro, il rapporto debito/PIL diminuisce nell'intero periodo di simulazione grazie all'effetto positivo sulla crescita e la posizione sull'estero migliora. Un tasso d'interesse reale inferiore (l'inflazione nella zona euro aumenta mentre i tassi di interesse nominali rimangono costanti) e una domanda maggiore proveniente dall'Italia hanno ricadute positive sul resto della zona euro. Al limite inferiore dello zero, la BCE non reagisce a un'inflazione più elevata in tutta la zona euro con un aumento del tasso d'interesse nominale. Ciò implica un calo del tasso di interesse reale che, a sua volta, porta ad un aumento della domanda privata.

Tabella 3.1a -Effetti di ricaduta dell'attuazione di un programma di investimenti nell'arco di 10 anni da parte dell'Italia - scenario centrale

 

Nota: risultati in % o in punti percentuali (saldo della bilancia commerciale e debito lordo) rispetto allo scenario di riferimento.

Fonte: Commissione europea.

L'efficienza degli investimenti pubblici incide in modo significativo sugli effetti a livello di produzione. Rispetto allo scenario centrale, gli effetti sulla produzione variano notevolmente, in particolare dopo i primi anni di stimolo agli investimenti. Mentre nello scenario a bassa efficienza rispetto a quello di base ulteriori investimenti pubblici aumentano dello 0,6 % il PIL reale nazionale entro il 2029, nello scenario ad alta efficienza il PIL reale è superiore dell'1,7 %. Ciò conferma l'opinione che, accanto alla quantità dello stock di capitale pubblico, la qualità delle infrastrutture statali e il modo in cui viene attuato un programma di investimenti pubblici sono altrettanto importanti (Busetti et al., 2019).

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()Per informazioni dettagliate sul modello QUEST e le relative applicazioni, cfr: http://ec.europa.eu/economy_finance/research/macroeconomic_models_en.htm .

Tabella 3.1 -Matrice di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici

 

(Continua)

Tabella (continuazione)

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(*) La prima colonna riassume le questioni connesse alla "gravità", in modo da fornire un ordine di grandezza del livello degli squilibri. Nella seconda colonna sono riportate le conclusioni sull'evoluzione e sulle prospettive degli squilibri. La terza colonna riporta le misure pertinenti di recente attuazione e previste. I risultati sono riportati per ciascuna fonte di squilibrio e per ciascuna questione connessa all'aggiustamento. Gli ultimi tre paragrafi della matrice riassumono le sfide complessive in termini di gravità, sviluppi e prospettive, risposta politica.

Fonte: Commissione europea

 

4.    Le priorità di riforma

4.1.Finanze pubbliche e tassazione

4.1.1.Debito pubblico, analisi della sostenibilità del debito e rischi per il bilancio

Secondo le previsioni, ci si attende che la debole crescita del PIL nominale e il peggioramento del saldo primario determineranno un aumento del rapporto debito pubblico/PIL. Sulla base delle previsioni d'autunno 2019 della Commissione, ci si aspetta che il rapporto debito pubblico/PIL sia aumentato di 1,4 punti percentuali nel 2019. Si prevede che il costo reale implicito del debito sia leggermente aumentato a causa di un aumento del livello dei rendimenti dei titoli sovrani osservato tra maggio 2018 e luglio 2019, mentre la crescita del PIL reale è scesa su livelli prossimi allo zero. La differenza positiva e crescente tra i due indicatori determina un ampio effetto "valanga" a incremento del debito. Si prevede inoltre che il deflatore del PIL sia inferiore nel 2019 e che il saldo primario delle amministrazioni pubbliche sia diminuito in percentuale del PIL di 0,2 punti percentuali. Secondo le previsioni, nel 2020 e nel 2021 l'effetto "valanga", pur continuando a far aumentare il debito, si ridurrà progressivamente, grazie alla ripresa della crescita del PIL reale e alla diminuzione del costo reale implicito del debito. Si prevede inoltre una leggera ripresa del deflatore del PIL. Tuttavia, il saldo primario diminuirà più nettamente in percentuale del PIL, di 0,3 e 0,6 punti percentuali rispettivamente nel 2020 e nel 2021. Nel complesso, il rapporto debito/PIL dell'Italia aumenterà di 0,6 punti percentuali sia nel 2020 che nel 2021.

I rendimenti dei titoli di Stato sono diminuiti notevolmente rispetto alla fine del 2018, ma rimangono sensibili ad aumenti improvvisi dell'avversione al rischio dei mercati finanziari. Le vaste dimensioni del debito pubblico italiano rendono gli investitori molto sensibili ai rischi percepiti, tra cui la politica di bilancio del governo e il suo orientamento rispetto alle norme di bilancio europee. Dopo un considerevole aumento nel maggio 2018 (da circa 130 a 290 punti base), il differenziale di rendimento dei titoli di Stato a 10 anni rispetto alle obbligazioni tedesche ha raggiunto il picco di 320 punti base nei mesi di ottobre e novembre 2018, durante le discussioni sul bilancio dell'Italia per il 2019, per poi diminuire nel gennaio 2019 dopo gli emendamenti alla legge di bilancio. Analogamente, il differenziale è cresciuto nuovamente nel maggio 2019 durante le discussioni sul programma di stabilità dell'Italia, per poi diminuire a luglio grazie all'assestamento del bilancio. Anche alla luce della politica di bilancio annunciata dal nuovo governo, a settembre 2019 il differenziale è ritornato ai livelli di inizio 2018 e il rendimento dei titoli di Stato a 10 anni ha registrato un livello storicamente basso (0,8 %), salendo poi a circa l'1,0 % nel gennaio 2020.

Grafico 4.1.1 - Determinanti dell'effetto "valanga" sul debito pubblico

Fonte: Commissione europea

Grafico 4.1.2 - Rendimenti del debito sovrano dell'Italia

 

Fonte: Bloomberg

La quota di titoli di Stato detenuti da investitori stranieri sta risalendo dopo il calo del 2018. Nel 2018 gli investitori stranieri hanno ceduto parte dei loro titoli di Stato, riducendo la loro quota dei titoli in circolazione al 32,1 % rispetto al 35,6 % del 2017. Tuttavia, a partire dal gennaio 2019, questa quota è progressivamente risalita fino a raggiungere il 35,1 % dell'ottobre 2019. Le banche italiane hanno invece ridotto solo marginalmente la loro esposizione (sezione 4.2).

L'analisi della sostenibilità del debito effettuata dalla Commissione evidenzia rischi alti a medio e lungo termine. L'indicatore relativo agli sviluppi a breve termine (S0) indica rischi bassi, soprattutto grazie agli indicatori finanziari e di competitività. Tuttavia, la componente di bilancio dell'indicatore a breve termine è superiore alla soglia indicativa di rischio alto, anche a causa dell'alto debito pubblico e del fabbisogno lordo di finanziamento. In effetti, a breve termine, il considerevole fabbisogno di rinnovo del debito pubblico dell'Italia, pari a circa il 20 % del PIL all'anno, espone le sue finanze pubbliche a improvvisi aumenti dell'avversione al rischio sui mercati finanziari. A medio termine l'indicatore (S1) della Commissione evidenzia rischi alti, dato che l'elevato livello del debito pubblico richiederebbe un notevole sforzo di bilancio per portarne il rapporto al 60 % entro il 2034. L'analisi della sostenibilità del debito effettuata dalla Commissione conferma questa risultanza (cfr. allegato B). A lungo termine, l'indicatore della Commissione (S2), nonostante il miglioramento rispetto alla relazione per paese 2019 (Commissione europea, 2019a), segnala rischi medi, considerato lo sforzo di bilancio necessario per stabilizzare il rapporto debito/PIL e tenendo conto anche dei costi legati all'invecchiamento della popolazione. Un'analisi più completa della sostenibilità del debito, che tiene conto anche delle vulnerabilità connesse all'elevato livello del debito, evidenzia rischi alti.

Le disposizioni attuate nel 2019 aumenteranno ulteriormente la spesa pensionistica nei prossimi anni. Il bilancio 2019 e un successivo decreto attuativo hanno ampliato le possibilità di pensionamento anticipato, anche attraverso il nuovo regime detto "quota 100". Il regime è attualmente accessibile fino al 2021 e consente di andare in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi. Nel complesso, il governo stima che la spesa pensionistica, già tra le più elevate dell'UE in percentuale del PIL (15,6 % nel 2018), a seguito della riforma aumenterà ulteriormente dello 0,1 % del PIL nel 2019, dello 0,3 % del PIL nel 2020 e dello 0,4 % del PIL nel 2021 (MEF, 2019a). Le proiezioni aggiornate del Comitato di politica economica - gruppo di lavoro sull'invecchiamento della popolazione indicano che la riforma comporterà costi aggiuntivi anche negli anni successivi, pari allo 0,4 % del PIL nel 2022, che si ridurranno poi gradualmente fino all' 0,1 % del PIL nel 2028. Se prorogate oltre il periodo di prova, le nuove misure in materia pensionistica comporterebbero costi ancora più elevati e più duraturi, con un peggioramento della sostenibilità del debito a medio termine. Le misure potrebbero inoltre incidere negativamente sull'offerta di manodopera e sulla crescita potenziale (cfr. sezione 4.3). La legge di bilancio 2020 ha confermato le nuove misure pensionistiche e prorogato al 2020 i regimi sperimentali di pensione anticipata per le donne e i per lavoratori vulnerabili ("APE sociale").

4.1.2.Quadro di bilancio e composizione della spesa pubblica

Negli anni a venire si prevede un aumento degli investimenti pubblici e della spesa sociale. Unitamente alle recenti disposizioni in materia pensionistica, il nuovo sistema di reddito minimo incrementerà i trasferimenti sociali in denaro nei prossimi anni. Sebbene il tempo necessario per trattare le domande di adesione al sistema abbia consentito risparmi nel 2019 rispetto ai costi stimati inizialmente dal governo, il costo totale annuo dello 0,3 % del PIL si concretizzerà a partire dal 2020. Secondo le stime del governo, i trasferimenti sociali diversi dalle pensioni aumenteranno dell'8 % nel 2019, del 3,6 % nel 2020 e dell'1,3 % nel 2021. Ci si attende che anche gli investimenti pubblici recuperino progressivamente in percentuale del PIL, dopo il continuo calo degli ultimi anni (cfr. sezione 4.4). Si prevede che la spesa per interessi continui a diminuire con il rinnovo dei titoli di Stato nell'attuale contesto di bassi tassi di interesse. Tuttavia, il rialzo dei premi per il rischio sovrano dell'Italia, osservato dal maggio 2018 al settembre 2019, compensa in parte i potenziali risparmi.

Le revisioni annuali della spesa contribuiscono a ridurre la crescita della spesa, ma per migliorare la sua efficienza occorre un approccio a medio termine. La valutazione del governo relativa alla prima revisione della spesa condotta nell'ambito del nuovo quadro di bilancio per l'esercizio 2018 ha concluso che era stato raggiunto l'obiettivo generale di un risparmio di 1 miliardo di EUR. Tuttavia, la valutazione ha anche evidenziato che i ministeri tendevano a raggiungere gli obiettivi mediante il taglio o il rinvio dei programmi di spesa e solo parzialmente grazie ad incrementi di efficienza. Ulteriori revisioni della spesa sono state effettuate per gli esercizi finanziari 2019 e 2020, ma poiché gli obiettivi di risparmio sono stati assegnati ai ministeri in ritardo, gli effetti sulla qualità della spesa pubblica potrebbero non essere ottimali. Inoltre, le revisioni della spesa riguardano solo il governo centrale, mentre a livello regionale o locale, che rappresenta circa il 30 % della spesa pubblica, non esiste un processo equivalente.

L'Italia è piuttosto avanzata nel segnalare l'impatto ambientale del suo bilancio (bilancio verde). Dal 2000 l'Italia pubblica un allegato ai piani di bilancio che specifica le spese preventivate per la tutela dell'ambiente e la gestione delle risorse ("ecobilancio"). Dal 2010 un documento analogo ("ecorendiconto") informa sull'esecuzione del bilancio per le stesse voci di spesa. Inoltre, i documenti di bilancio dell'Italia comprendono un allegato sulle tendenze recenti e i progressi attesi per quanto concerne 12 indicatori di benessere equo e sostenibile, relativi, tra l'altro, alla povertà, alla disuguaglianza, all'equilibrio di genere e alle emissioni di gas a effetto serra. Ulteriori relazioni annuali del ministro delle Finanze al Parlamento esaminano l'evoluzione di questi indicatori alla luce dell'ultima legge di bilancio. Infine, il ministero dell'Ambiente è incaricato di pubblicare ogni anno un "Catalogo dei sussidi ambientalmente favorevoli e dei sussidi ambientalmente dannosi" e un rapporto sullo stato del capitale naturale.

La riforma delle relazioni in materia di bilancio tra il governo centrale, le regioni e le amministrazioni locali ("federalismo fiscale") non è stata completata. La riforma, avviata nel 2009 (legge 42/2009), mira a destinare risorse alle amministrazioni subnazionali sulla base di criteri oggettivi, incoraggiando nel contempo l'efficienza della spesa pubblica. I sistemi di ripartizione delle entrate garantirebbero il finanziamento integrale dei "livelli essenziali delle prestazioni" fornite dai governi subnazionali sulla base di "fabbisogni standard". Fondi dedicati finanzierebbero parzialmente le altre funzioni, a cui dovrebbero contribuire anche le autorità subnazionali sia con imposte proprie che incrementando l'efficienza. Tuttavia, i parametri chiave non sono ancora stati definiti per le città metropolitane e le province e per le funzioni regionali diverse dall'assistenza sanitaria, e il completamento della riforma, che è stato sistematicamente rimandato, è attualmente previsto per il 2021.

Nella loro forma attuale, le proposte relative all'autonomia regionale differenziata possono avere un'incidenza sulle disparità regionali. Nel 2017 tre regioni hanno avviato negoziati con l'amministrazione centrale per acquisire ulteriori competenze, come consentito dalla Costituzione italiana a seguito della riforma del 2001. I negoziati hanno portato a due serie successive di progetti di accordo nel 2018 e nel 2019. Tuttavia, i corrispondenti accordi di carattere finanziario avrebbero potuto comportare un aggravio dei costi per l'amministrazione centrale o una riduzione delle risorse per le altre regioni nel medio periodo. L'amministrazione centrale sta attualmente valutando l'adozione di una legge quadro prima di proseguire i negoziati. Tuttavia, il progetto di legge discusso con le regioni nel novembre 2019 non contribuisce a garantire la neutralità di bilancio della riforma, anche per quanto riguarda le altre regioni, e non stabilisce criteri comuni per la concessione di maggiore autonomia. Inoltre, sarebbe opportuno non prendere in considerazione ulteriore autonomia a livello regionale prima di aver fissato il finanziamento standard delle regioni, come previsto dalla riforma in materia di federalismo fiscale.

4.1.3.Fiscalità

La struttura dell'imposizione fiscale italiana continua a gravare pesantemente sul lavoro. Le entrate provenienti da tutte le principali categorie di imposte sono superiori alla media dell'UE in percentuale del PIL, con un rapporto gettito fiscale/PIL elevato (41,8 % nel 2018, media UE al 39,2 %). Il gettito elevato proveniente dalle imposte indirette è legato principalmente alle imposte di bollo e all'imposta regionale sulle attività produttive, un'imposta specificamente italiana che si traduce in entrate considerevoli da altre imposte sulla produzione, mentre quelle provenienti dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) sono piuttosto basse. Le imposte sul lavoro sono particolarmente elevate, come confermato dalle entrate superiori alla media dell'UE in percentuale del PIL (21,0 % nel 2018 rispetto al 19,6 % nell'UE) e da una delle più alte aliquote fiscali implicite sul lavoro nell'UE (42,7 % nel 2018 rispetto al 36,2 % nell'UE). Il cuneo fiscale sul lavoro è tra i più elevati dell'UE in tutte le categorie di reddito (grafico 4.1.3). Per i lavoratori a basso reddito, ciò è dovuto al peso relativamente elevato dei contributi previdenziali. Nel contempo, i contributi previdenziali sono soggetti a un massimale solo per un livello di reddito elevato, garantendo effettivamente la progressività del sistema fiscale.

L'imposta sul valore aggiunto è sottoutilizzata a causa dell'ampio uso di aliquote ridotte. Il gettito IVA è relativamente basso, attestandosi al 6,2 % del PIL nel 2018 a fronte di una media UE del 7,1 %. Ciò è dovuto all'elevato livello di evasione fiscale (che si traduce in un ammanco di gettito IVA pari al 23,8 % nel 2017, ben al di sopra della media aritmetica dell'UE dell'11,2 %) e all'uso esteso di aliquote ridotte ed esenzioni (che si riflette in divari elevati di aliquota e di esenzione realizzabili, pari rispettivamente al 12,8 % e all'8,4 % nel 2017 rispetto al 9,6 % e al 3,4 % nell'UE, rispettivamente) (CASE, 2019). Di fatto, mentre l'aliquota IVA normale (22 %) è leggermente superiore alla media dell'UE (21,5 %), un paniere relativamente ampio di beni e servizi è tassato all'aliquota superridotta (4-5 %) o a quella ridotta (10 %), sebbene tali riduzioni non appaiano sempre giustificate da motivazioni economiche, sociali o ambientali. Ciò si traduce in un'aliquota fiscale effettiva tra le più basse dell'UE, pari al 10,2 % (CASE, 2019).

Vi è margine per aumentare il gettito delle imposte patrimoniali ricorrenti e aggiornare la corrispondente base imponibile. La riduzione delle imposte ricorrenti sull'abitazione principale nel 2014 ha portato a un calo considerevole delle entrate. L'esenzione non è giustificata da motivi di efficienza, in quanto le imposte patrimoniali ricorrenti sono una fonte di entrate più favorevole alla crescita rispetto alle imposte sul lavoro. Le simulazioni evidenziano che uno spostamento del carico fiscale dal lavoro al patrimonio fornirebbe maggiori incentivi a lavorare, determinando ripercussioni positive sulla crescita economica (riquadro 4.1.1). Per garantire l'equità della tassazione, i valori catastali dovrebbero essere sistematicamente rivisti e aggiornati. Dato che l'ultima valutazione degli immobili a fini fiscali ha avuto luogo negli anni 1970, i valori catastali odierni sono per lo più scollegati dai valori di mercato. L'aumento lineare dei valori catastali attuato nel 2012 non ha corretto le distorsioni, dal momento che i valori si sono evoluti in modo molto diverso dall'ultima valutazione a seconda della zona geografica, della tipologia dell'edificio e del grado di urbanizzazione. Nonostante la creazione di una piattaforma digitale con le informazioni necessarie per aggiornare i valori catastali, attualmente non sono previsti piani di riforma del catasto.

Il bilancio 2020 riduce le imposte sul lavoro e le agevolazioni fiscali sul reddito. Il bilancio 2020 prevede un fondo per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro di circa lo 0,2 % del PIL nel 2020 e lo 0,3 % del PIL a partire dal 2021. In base al decreto legge n. 3 del febbraio 2020, le risorse aggiuntive saranno utilizzate per aumentare il credito d'imposta sui redditi da lavoro dipendente introdotto nel 2014 (MEF, 2020). Nella sua forma attuale, il credito d'imposta ammonta a 80 EUR al mese per i lavoratori con un reddito annuo compreso tra 8 000 EUR e 24 600 EUR e diminuisce progressivamente fino ad azzerarsi per i redditi pari o superiori a 26 600 EUR. Con il nuovo sistema che è stato annunciato, il bonus salirà a 100 EUR al mese per i lavoratori con un reddito annuo compreso tra 8 000 EUR e 28 000 EUR, per poi ridursi gradualmente a 80 EUR al mese per i lavoratori con un reddito annuo di 35 000 EUR e quindi a zero per i redditi annui superiori a 40 000 EUR. Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali, il bilancio 2020 introduce un limite progressivo per le detrazioni sulle imposte sul reddito delle persone fisiche al di sopra di una determinata soglia di reddito.

Grafico 4.1.3 - Cuneo fiscale tra i livelli di reddito

 

Fonte: OCSE, Commissione europea
Nota: le cifre si riferiscono a un nucleo monoreddito senza figli nel 2018.

Il maggiore credito d'imposta sul reddito fornisce incentivi positivi al lavoro, ma è ancora necessaria una riforma globale per allentare la pressione fiscale sul lavoro. Secondo il governo la riforma aumenterà il numero di beneficiari del credito d'imposta da 11,7 milioni a circa 16 milioni. Sulla base di una simulazione EUROMOD ( 20 ), la riforma ridurrebbe l'aliquota fiscale marginale effettiva mediana dal 75 % attuale al 39 % per i redditi compresi tra 24 600 EUR e 26 600 EUR. Tuttavia, nell'intervallo di reddito più elevato (tra 35 000 e 40 000 EUR) raggiungerebbe il 63 %, ossia 14 punti percentuali in più rispetto allo scenario di base ( 21 ). Sulla base del modello di offerta di lavoro descritto nel riquadro 4.1.1, i tassi di partecipazione aumenterebbero del 2,3 % per le donne e dello 0,9 % per gli uomini, e il totale delle ore lavorate del 2,6 % per le donne e dello 0,9 % per gli uomini. La simulazione suggerisce che i guadagni in termini di reddito disponibile interesserebbero principalmente le famiglie tra il terzo e il nono decile di reddito, senza alcun impatto sulla disparità di reddito misurata dall'indice di Gini.

La concezione delle imposte sull'energia in Italia non promuove la transizione verso tecnologie pulite. Le entrate derivanti dalle imposte ambientali in Italia sono superiori alla media dell'UE (3,3 % del PIL nel 2018 rispetto al 2,4 % nell'UE) a causa delle imposte sull'energia (2,6 % del PIL, 1,9 % nell'UE). Tuttavia, imposte e tasse sull'energia elettrica sono attualmente più elevate per unità di energia rispetto a quelle su altri vettori energetici come il gas naturale e il gasolio da riscaldamento. Nell'ambito dei combustibili fossili il gasolio gode ancora di un trattamento fiscale favorevole rispetto alla benzina. Nel complesso, secondo le stime del governo, nel 2017 le sovvenzioni dannose per l'ambiente sono ammontate a 19,3 miliardi di EUR (1,1 % del PIL). Il bilancio 2020 riduce progressivamente gli incentivi fiscali sugli autoveicoli aziendali più inquinanti e sul gasolio da autotrazione per i veicoli più inquinanti.

La tassazione delle società continua a essere soggetta a frequenti modifiche. Il bilancio 2020 proroga fino al 2022 gli incentivi fiscali temporanei per i nuovi investimenti in attrezzature e reintroduce l'incentivo alla capitalizzazione delle imprese con capitale proprio (aiuto alla crescita economica, ACE). Tuttavia, varie altre misure che incidono sulla tassazione delle imprese sono state adottate ma poi ritirate prima di essere attuate. Si tratta dell'armonizzazione della tassazione tra lavoratori autonomi e piccole imprese, per cui era stato previsto prima un regime fiscale specifico e poi un regime forfettario, entrambi abrogati prima di entrare in vigore. Analogamente, l'ACE è stato sostituito nel 2019 da due regimi fiscali successivi che prevedevano incentivi strutturali agli investimenti e che sono stati aboliti prima di entrare in vigore con la reintroduzione dell'ACE con il bilancio del 2020. La metà delle imprese interpellate nel 2017 considerava la mancanza di stabilità della normativa fiscale come uno dei principali ostacoli agli investimenti in Italia (Eurobarometro 2018).

L'evasione fiscale è ancora diffusa in Italia. Nella sua relazione annuale (MEF, 2019b) il governo stima il divario fiscale totale a 109,1 miliardi di EUR nel 2016 (9,4 % del PIL), con fluttuazioni relativamente lievi registrate negli ultimi anni. Le categorie più colpite sono le imposte sul reddito pagate dai lavoratori autonomi e dalle società (2 % del PIL), l'IVA (2,1 % del PIL) e i contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (0,5 % del PIL). La maggior parte del divario è legata al reddito non dichiarato (83 % della propensione media all'evasione nel periodo 2012-2017), mentre solo una piccola parte riguarda errori od omessi pagamenti per i redditi dichiarati (17 %). La quota di valore aggiunto non dichiarata nel 2016 è particolarmente elevata nel settore dei servizi professionali (16,3 %), della vendita al dettaglio e all'ingrosso, dei trasporti, dei magazzini, degli alberghi e dei ristoranti (12,4 %) e in quello delle costruzioni (11,9 %).

Sono state adottate varie misure per incoraggiare l'adempimento degli obblighi fiscali. La fatturazione elettronica e la trasmissione elettronica degli scontrini sono diventate obbligatorie per tutte le transazioni a partire, rispettivamente, dal 2019 e dal 2020. Queste misure miglioreranno la qualità e la tempestività delle informazioni a disposizione dell'amministrazione fiscale, scoraggiando in particolare gli omessi pagamenti per i redditi dichiarati.

Il bilancio 2020 prosegue la lotta contro l'evasione fiscale, anche incoraggiando i pagamenti elettronici. Il bilancio 2020 prevede varie misure per la lotta alle omesse dichiarazioni, anche incoraggiando la tracciabilità dei pagamenti, il che è particolarmente importante alla luce dell'elevata percentuale di operazioni in contanti in Italia. È stato creato un fondo (0,2 % del PIL a partire dal 2021) per ricompensare i consumatori che effettuano pagamenti elettronici. Tuttavia, per un uso efficiente delle risorse è necessario che gli incentivi siano mirati ai settori più esposti all'evasione fiscale. Altre misure volte a incoraggiare i pagamenti elettronici includono limiti più bassi per i pagamenti in contanti ( 22 ), una lotteria speciale per i consumatori che pagano elettronicamente e la possibilità di detrarre le spese dalle imposte sul reddito delle persone fisiche solo se sono state pagate con mezzi tracciabili. Il bilancio 2020 introduce inoltre dei disincentivi per la compensazione indebita dei crediti d'imposta, sposta l'IVA e le passività previdenziali ("inversione contabile") dal subappaltatore all'appaltatore principale e prevede diverse misure contro le frodi relative alle accise e all'IVA nel settore dei carburanti. Inoltre, è stato incrementato il personale dell'Agenzia delle entrate per poter intensificare le verifiche fiscali.

Il bilancio 2020 aumenta le tasse sul gioco d'azzardo e introduce una tassa sui servizi digitali. Dopo l'aumento attuato nel 2019, il bilancio 2020 semplifica e aumenta ulteriormente le tasse sul gioco d'azzardo, anche con una ritenuta alla fonte più elevata sui premi. Sono stati inoltre rafforzati i meccanismi di controllo per prevenire il gioco d'azzardo illegale e la frode fiscale. Sebbene le imposte sul gioco d'azzardo rappresentino disincentivi positivi, è importante anche porre in essere meccanismi supplementari per evitare la dipendenza e il gioco d'azzardo compulsivo. Il bilancio 2020 introduce inoltre una nuova tassa sulle bevande a elevato tenore di zuccheri aggiunti.

Riquadro 4.1.1: Simulazione EUROMOD-QUEST — spostamento del carico fiscale dal lavoro ai beni immobili in Italia

La reintroduzione delle imposte sui beni immobili ad uso del proprietario potrebbe generare notevoli entrate in Italia, anche esentando gli immobili di valore basso e i pensionati a basso reddito. La reintroduzione dell'IMU è stata simulata in tre diversi scenari utilizzando EUROMOD ( V ). Tutti gli scenari applicano le aliquote attualmente previste per gli immobili ad uso del proprietario non esenti (immobili di lusso). Nello scenario 1 (SC1) l'IMU è reintrodotta per tutti gli immobili residenziali; nello scenario 2 (SC2) sono esenti gli immobili con reddito catastale annuo inferiore a 600 EUR( VI ); nello scenario 3 (SC3) l'esenzione si applica anche ai pensionati con un reddito imponibile annuo inferiore a 24 600 EUR( VII ). Le entrate supplementari ammonterebbero rispettivamente a 8,6 miliardi di EUR (0,5 % del PIL), 5,2 miliardi di EUR (0,3 % del PIL) e 4,1 miliardi di EUR (0,2 % del PIL).

L'utilizzo delle entrate supplementari per ridurre le imposte sul lavoro migliorerebbe gli effetti distributivi e aumenterebbe gli incentivi al lavoro, sostenendo la crescita economica. La quota di proprietari di abitazioni e i valori catastali medi sono relativamente elevati nella parte bassa della distribuzione del reddito e aumentano solo lievemente con il reddito (grafico 1a). Pertanto, anche se la reintroduzione delle imposte su tutte le residenze (SC1) comporterebbe in termini assoluti un maggiore aumento delle imposte per le famiglie ad alto reddito, le famiglie a basso reddito perderebbero una quota maggiore del loro reddito disponibile, il che comporterebbe un lieve aumento della disparità di reddito. Prevedere un'esenzione per gli immobili di valore basso (SC2) e per i pensionati a basso reddito (SC3) potrebbe quasi neutralizzare questo effetto ( VIII ). Inoltre, l'utilizzo del margine di bilancio supplementare per ridurre il carico fiscale sul lavoro potrebbe produrre risultati positivi. A titolo di esempio, le entrate supplementari dello scenario 2 sono utilizzate per ridurre i contributi previdenziali versati dai dipendenti con un reddito annuo inferiore a 24 600 EUR (SC2.1). Questo spostamento del carico fiscale avrebbe un effetto distributivo leggermente positivo, con una diminuzione marginale dell'indice di Gini pari allo 0,05 %. Inoltre, il tasso di partecipazione alla forza lavoro aumenterebbe dell'1,6 % e il totale delle ore lavorate in media del 2,3 % per le donne e dello 0,8 % per gli uomini, con aumenti più consistenti per i lavoratori a basso reddito (grafico 1b ) ( IX ). Sulla base di un'analisi realizzata mediante QUEST (cfr. riquadro 3.1 relativo al modello), 5 anni dopo lo spostamento del carico fiscale il PIL reale sarebbe superiore di quasi lo 0,1 % rispetto allo scenario di base, grazie all'aumento dell'occupazione e dei consumi privati. Nonostante un calo degli investimenti nel settore dell'edilizia abitativa a causa dell'aumento dell'imposta sugli immobili, l'effetto sugli investimenti sarebbe complessivamente positivo dopo 7 anni (grafico 1c). Grazie alle maggiori entrate, il rapporto debito pubblico/PIL sarebbe inferiore di 0,3 punti percentuali rispetto allo scenario di base dopo 10 anni. Dopo 10 anni l'impatto positivo sul PIL sarebbe doppio, senza tener conto dell'impatto statistico di canoni di locazione figurativi inferiori che sono registrati come parte del PIL.

 

Fonte: Centro comune di ricerca della Commissione europea e DG ECFIN, sulla base di EUROMOD / EU-SILC e QUEST.

4.2.    Settore finanziario

Sviluppi recenti nel settore bancario

Grazie a un impegno costante per la riduzione dei rischi presenti nei bilanci, la qualità degli attivi è notevolmente migliorata. Le banche hanno proseguito il risanamento dei bilanci con la cessione di una grande quantità di crediti deteriorati (circa 20 miliardi di EUR nei primi 10 mesi del 2019, principalmente sofferenze) attraverso vendite a titolo definitivo e cartolarizzazioni( 23 ). L'ulteriore sviluppo del mercato secondario dei crediti deteriorati è evidente anche in termini di determinazione dei prezzi, in particolare per le posizioni non garantite. Di conseguenza, lo stock di crediti deteriorati lordo ammontava a 177 miliardi di EUR nel giugno 2019, ossia il 21 % in meno rispetto al giugno 2018, con un tasso di copertura dei crediti deteriorati pari al 52,5 % (media della zona euro: 47,7 %). Le banche hanno inoltre continuato a rafforzare le loro capacità interne di rinegoziazione, e l'afflusso di nuovi crediti deteriorati a fine settembre 2019 era pari all'1,2 %, al di sotto dei livelli pre-crisi.

Permangono sacche di vulnerabilità poiché i miglioramenti della qualità delle attività non sono omogenei tra le banche. Il tasso lordo di crediti deteriorati a livello di sistema è sceso all'8,1 % nel giugno 2019, in calo rispetto al 10 % dell'anno precedente e al picco del 16,8 % registrato nel terzo trimestre del 2015. Tuttavia, il tasso lordo di crediti deteriorati è ancora notevolmente al di sopra della media della zona euro del 3,4 %, e molte banche presentano ancora tassi lordi di crediti deteriorati a due cifre, in particolare le banche di secondo livello e gli enti meno significativi, che nel giugno 2019 avevano tassi lordi di crediti deteriorati pari al 10,3 %. Mentre in passato la volatilità del mercato non ha avuto un impatto negativo significativo sulle vendite a titolo definitivo dei crediti deteriorati, anche in termini di determinazione dei prezzi, permangono rischi di revisione al ribasso per la cessione dei crediti deteriorati in considerazione dell'indebolimento del ciclo economico. Inoltre, il potenziale riemergere di una volatilità accentuata del mercato potrebbe rendere il ricorso al regime di garanzia sulla cartolarizzazione dei crediti deteriorati delle banche meno attraente per gli enti creditizi a causa dei costi più elevati delle garanzie statali.

Negli ultimi anni la risoluzione degli incagli è aumentata gradualmente. Finora, la diminuzione dello stock di crediti deteriorati ereditato dal passato è ascrivibile principalmente alle cessioni di sofferenze. Gli incagli costituiscono una classe di attività più complessa, che richiede una ristrutturazione dell'attività sottostante che può comportare, tra l'altro, la concessione di un sostegno operativo e finanziario ai debitori durante questo processo. Dato il volume significativo di incagli nei bilanci delle banche (circa il 43 % dello stock totale di crediti deteriorati nel giugno 2019), vi sono margini per un ulteriore sviluppo del mercato secondario del debito in sofferenza in termini di transazioni, di società specializzate nell'amministrazione delle attività e di piattaforme informatiche. Il fatto che le cessioni (5 miliardi di EUR) e l'amministrazione speciale degli incagli abbiano registrato una tendenza al rialzo nel 2018 è incoraggiante. Tuttavia, le banche dovrebbero rafforzare le proprie capacità interne di rinegoziazione degli incagli.

Il calo dei differenziali di rendimento dei titoli di Stato ha allentato la pressione sul capitale e sul finanziamento delle banche italiane. I minori rendimenti dei titoli di Stato dal novembre 2018, associati a misure volte a mitigare l'impatto della volatilità dei differenziali di rendimento dei titoli di Stato, hanno consentito alle banche di contenere l'erosione delle loro riserve di capitale. Tuttavia, le banche italiane continuano a detenere una quantità significativa di titoli di Stato. La ripresa dei prezzi dei titoli di Stato ha permesso alle banche di invertire la tendenza osservata dalla metà del 2018. Nel frattempo, nel settembre 2019 le banche hanno leggermente ridotto le loro consistenze in titoli di Stato italiani rispetto ad aprile, portandole a 334 miliardi di EUR (9,7 % delle attività totali). Tuttavia, si tratta di una quota nettamente superiore alla media della zona euro (3,2 %), e le banche più piccole sono spesso più esposte rispetto a quelle più grandi.

Le banche hanno adottato misure per ridurre la sensibilità del loro capitale alle variazioni del valore dei titoli sovrani nazionali. Per proteggere le loro riserve di capitale, gli enti creditizi hanno ampiamente riequilibrato i loro portafogli di titoli di Stato verso la categoria "held-to-collect" (che include titoli posseduti per raccogliere flussi finanziari e che sono contabilizzati al costo ammortizzato), che alla fine di settembre 2019 aveva raggiunto il 62 % delle consistenze totali. Tuttavia, secondo le stime della Banca d'Italia uno spostamento verso l'alto della curva dei rendimenti dei titoli di Stato (di 100 punti base rispetto al livello del giugno 2019) ridurrebbe il coefficiente di capitale primario di classe 1 (CET1) delle banche (sia significative che meno significative), in media, di 30 punti base. Dopo un'erosione nella prima metà del 2018, le riserve di capitale delle banche italiane hanno recuperato a partire dal primo semestre del 2019, con un amento del capitale primario di classe 1 medio al 13,5 %, in salita di 70 punti base rispetto al secondo trimestre del 2018 ma ancora leggermente inferiore al coefficiente medio di CET1 degli omologhi della zona euro, pari al 14,8 %.

Una rinnovata volatilità dei mercati potrebbe incidere sui costi di finanziamento delle banche e sull'erogazione di credito all'economia. Al di là delle perdite in conto capitale, questo impatto potrebbe concretizzarsi attraverso un aumento dei costi di finanziamento, un accesso limitato al mercato e una riduzione della valutazione delle garanzie o dei rating del credito. Inoltre, l'incidenza sui costi di finanziamento delle banche dell'aumento dei differenziali di rendimento dei titoli di Stato tende a essere trasferito alle famiglie mediante l'aumento dei prezzi dei nuovi prestiti. L'aumento della volatilità del mercato nel 2018 ha determinato un aumento di 30 punti base del margine sui mutui ipotecari a tasso fisso tra il settembre 2018 e il gennaio 2019, con un amento della differenza di costo tra questi e i mutui a tasso variabile di 10 punti base nel corso dello stesso periodo. Questo meccanismo di trasmissione è stato invece meno pronunciato per i nuovi prestiti concessi alle imprese a causa della maggiore concorrenza tra le banche.

Migliorare la redditività in un contesto di bassi tassi di interesse resta problematico. La redditività nel primo semestre del 2019 è aumentata su base annua, con una redditività annualizzata del capitale proprio (ROE) dell'8,3 %, sostenuta prevalentemente dalla riduzione degli accantonamenti e dei costi operativi per le perdite su crediti. Inoltre, nel primo semestre del 2019 il contributo delle entrate nette da commissioni e provvigioni ai ricavi totali delle banche è stato ben al di sopra della media della zona euro (37,2 % e 30,1 %). Nonostante gli sforzi compiuti per la riduzione dei costi e il miglioramento osservato nel secondo trimestre del 2019, alcune banche sono ancora in difficoltà per gli elevati rapporti costi/ricavi. Queste devono pertanto compiere ulteriori progressi nel ridimensionamento delle reti di filiali e degli effettivi, mantenendo nel contempo il contributo superiore alla media di commissioni e provvigioni ai ricavi totali.

La posizione di liquidità delle banche è rimasta adeguata, sostenuta da un finanziamento significativo dell'Eurosistema. Il coefficiente di copertura della liquidità a livello di sistema ha raggiunto il 176,5 % nel settembre 2019, con un aumento di 20,5 punti percentuali a partire da fine giugno 2018. Nel giugno 2019 il coefficiente netto di finanziamento stabile ha registrato una media del 114 % per le banche significative, e nessuna di esse è scesa al di sotto del requisito minimo del 100 %. Questa liquidità è ampiamente sostenuta dal finanziamento dell'Eurosistema, che ammontava a 220 miliardi di EUR nel dicembre 2019 (pari al 7,17 % delle passività totali delle banche e al 35,3 % del finanziamento complessivo dell'Eurosistema per le banche della zona euro). L'elevata dipendenza dal finanziamento dell'Eurosistema, principalmente attraverso il precedente ciclo di operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine (TLTRO-II), sottolinea il ruolo delle TLTRO-III nella sostituzione del finanziamento in essere. Ciononostante, a causa del forte fabbisogno di rinnovo del debito nel 2020, alcune banche sono ancora esposte all'aumento dei costi di finanziamento. Ad esempio, le famiglie detengono circa 27 miliardi di euro di obbligazioni in scadenza nel 2020. Le famiglie hanno progressivamente sostituito le proprie obbligazioni con depositi su conti correnti, per cui le obbligazioni bancarie al dettaglio sono scese da 422 miliardi di EUR nel 2011 a 87 miliardi di EUR nel 2018.

Nel medio termine, le banche italiane dovranno essere più attive nell'emissione di debito ammesso al bail-in. Sono necessari ulteriori sforzi per soddisfare il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili, anche attraverso l'emissione di passività subordinate. Sebbene condizionate dalla maggiore volatilità del mercato riscontrata in passato, alcune banche hanno iniziato a emettere titoli senior non privilegiati nel 2018-2019, ma la maggior parte ha finora emesso strumenti di debito senior privilegiati o strumenti di capitale di classe 2 puri. Nonostante la quantità di titoli di debito emessi a norma della legislazione del Regno Unito nei loro portafogli, le banche sembrano in grado di gestire l'impatto della Brexit.

È necessario vigilare sui recenti sviluppi per quanto riguarda alcune banche sovvenzionate dallo Stato. Dopo il completamento di una vasta cartolarizzazione di crediti deteriorati nel 2018, la Banca Monte dei Paschi di Siena ha continuato ad attuare il suo piano di ristrutturazione come previsto dalla normativa per gli aiuti di Stato e dagli impegni assunti. A seguito della cessione di 4,9 miliardi di EUR di crediti deteriorati dalla fine del 2018, il suo tasso di crediti deteriorati è sceso al 12,4 % nel quarto trimestre del 2019. Si tratta tuttavia di un tasso di crediti deteriorati superiore a quello delle omologhe nazionali, mentre le emissioni di obbligazioni di classe 2 con rendimenti pari al 10,5 % e successivamente all'8 % indicano che la banca è ancora esposta a un costo di finanziamento significativo, sebbene in diminuzione, in particolare in periodi di stress del mercato. Il gruppo ha ulteriormente ridotto i costi del personale, ma ha registrato risultati negativi alla fine del 2019, principalmente a causa dell'incidenza della modifica dell'importo delle attività fiscali differite. Anche se le operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine TLTRO-III avranno un ruolo significativo nell'agevolare il rinnovo del finanziamento delle TLTRO-II e delle obbligazioni statali garantite in scadenza nel 2020, sarà necessario un attento monitoraggio dell'evoluzione dei costi di finanziamento delle banche.

È operativo il regime di compensazione degli azionisti e dei detentori di obbligazioni al dettaglio di banche che sono state oggetto di risoluzione. Il bilancio 2019 ha istituito un nuovo fondo di compensazione per le vendite improprie a favore degli azionisti bancari e dei detentori di obbligazioni subordinate con profili di cliente al dettaglio e imprenditore individuale che hanno subito perdite durante le liquidazioni amministrative coatte di istituiti bancari tra il 16 novembre 2015 e la fine del 2017. Le disposizioni relative all'accesso agli indennizzi per i risparmiatori sono state precisate nel Decreto Crescita del 2019 e nel relativo decreto di attuazione. Di norma, la compensazione è concessa sulla base della decisione di una commissione tecnica indipendente, che valuta le richieste di compensazione presentate dagli azionisti e dagli obbligazionisti oggetto di vendite improprie.

Il risanamento dei bilanci resta una priorità per le banche di secondo livello. Queste banche hanno proseguito la cessione di crediti deteriorati attraverso vendite a titolo definitivo e cartolarizzazioni e hanno migliorato la gestione delle attività deteriorate grazie anche alla pressione esercitata dalle autorità di vigilanza. Nonostante i progressi compiuti nella riduzione dei rischi in bilancio, permangono preoccupazioni sulla qualità delle attività delle banche di secondo livello, che presentano ancora percentuali di crediti deteriorati al di sopra della media del sistema e devono rafforzare ulteriormente le riserve di capitale e la capacità di resistere agli shock. Hanno mantenuto un finanziamento e una liquidità adeguati, anche grazie alle operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine TLTRO-III, che consentono loro di sostituire il notevole contributo ricevuto con le TLTRO-II senza pressioni sui costi di finanziamento. Il rispetto degli obiettivi relativi ai requisiti minimi di fondi propri e passività ammissibili (MREL), in particolare per quanto concerne l'emissione di passività subordinate, può creare pressioni sulla redditività delle banche, che possono essere attenuate in larga misura dall'attuale allentamento quantitativo della BCE.

I piani per la ricapitalizzazione della Banca Carige e della Banca Popolare di Bari (BPB) sono attualmente in corso. Carige è stata posta in amministrazione straordinaria dalla BCE nel gennaio 2019, dopo il rifiuto da parte degli azionisti di un piano iniziale di raccolta di capitali nel dicembre 2018. Nel settembre 2019 gli azionisti hanno infine approvato un nuovo piano di capitale privato. Il piano prevede la cessione dei crediti deteriorati della banca e un aumento di capitale di 700 milioni di EUR, unitamente all'emissione di 200 milioni di EUR di obbligazioni subordinate di classe 2, con la partecipazione del Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) e della Cassa Centrale Banca. La situazione patrimoniale della BPB è peggiorata notevolmente nel dicembre 2019 e la banca è stata posta sotto amministrazione straordinaria dalla Banca d'Italia. Il governo ha approvato un decreto legge per la concessione di un aumento di capitale all'ente finanziario di proprietà pubblica Mediocredito Centrale. Questo aumento di capitale può essere utilizzato per finanziare un investimento a condizioni di mercato in BPB, che necessita di un aumento di capitale fino a 1,4 miliardi di EUR. Il FITD si è impegnato a contribuire per un massimo di 700 milioni di EUR, di cui 310 milioni di EUR sono stati approvati come intervento precoce. Nel quadro del suo nuovo piano aziendale, preceduto da una dovuta diligenza delle attività e delle passività, BPB dovrebbe procedere alle cessioni dei crediti deteriorati e alla razionalizzazione delle attività operative.

Governo societario e riforme in materia di insolvenza

La riforma delle grandi banche popolari non è stata ancora pienamente attuata, a differenza di quella delle piccole banche di credito cooperativo. Dopo numerosi ritardi, la piena attuazione della riforma del 2015 delle grandi banche popolari è stata nuovamente sospesa verso la fine del 2018, quando il Consiglio di Stato italiano l'ha rinviata alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Un ulteriore consolidamento di queste banche consentirebbe loro di beneficiare di sinergie operative e di un migliore accesso al mercato. Inoltre, alla fine del 2018 il parlamento italiano ha modificato la riforma delle piccole banche di credito cooperativo (BCC) del 2016 consentendo alle BCC delle province di Bolzano e Trento (banche Raiffeisen) di partecipare ai sistemi di tutela istituzionale. La riforma delle BCC ha quindi determinato l'emergere di due soli gruppi cooperativi a copertura nazionale, ICCREA e Cassa Centrale Banca, che saranno oggetto di una valutazione complessiva da parte del meccanismo di vigilanza unico nella primavera 2020.

Agli inizi del 2019 il governo ha portato a termine la riforma del quadro di insolvenza. Le nuove disposizioni contenute nel Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza entreranno in vigore nell'agosto 2020. Le disposizioni promuovono gli accordi stragiudiziali tra debitori e creditori, procedure concorsuali semplificate e un meccanismo preventivo per l'insolvenza delle imprese. L'attuazione tempestiva del codice è fondamentale per superare la lentezza dei procedimenti di esecuzione forzata e di escussione delle garanzie. Finora non sono state utilizzate in modo significativo le misure adottate in precedenza per accelerare l'attuazione delle procedure stragiudiziali di escussione delle garanzie (patto marciano).

Sviluppi nel settore assicurativo

Analogamente alle banche, gli assicuratori restano esposti in maniera considerevole alle variazioni dei differenziali di rendimento dei titoli di Stato. A settembre 2019 i titoli del settore pubblico rappresentavano il 52 % del totale degli investimenti degli assicuratori in Italia (media europea al di sotto del 30 %). Secondo la Banca d'Italia, uno spostamento parallelo verso l'alto di 100 punti base della curva dei rendimenti complessivi delle obbligazioni ridurrebbe in media del 20 % il valore delle attività al netto delle passività. Anche gli aggiustamenti della valutazione dei titoli di Stato nel ramo vita hanno determinato una volatilità in termini di redditività del capitale nel periodo 2018-2019 (in calo al 6,4 % dal 9 % nel 2018 e nuovamente in salita all'11 % nel giugno 2019). Tuttavia, il coefficiente di solvibilità medio delle imprese di assicurazione si è stabilizzato al 228 % nel settembre 2019, e la prova di stress 2018 dell'EIOPA ( 24 ) a livello dell'UE indica che i principali gruppi assicurativi sono in grado di resistere all'impatto di gravi shock.

Accesso ai finanziamenti

Nonostante i miglioramenti, il credito bancario rimane modesto, in particolare per le PMI, e il mercato dei capitali è ancora sottosviluppato. Il tasso di rigetto delle domande di prestito bancario è sceso dal 9 % nel 2009 al 6 % nel 2019 (2 punti percentuali in più rispetto al 2018), sostenuto da tassi di interesse più bassi e da migliori condizioni di credito. Tuttavia, la percentuale di PMI che non ricevono l'intero importo richiesto è superiore di oltre tre volte (19 %) ed è in aumento ( 25 ). A giugno 2019 i prestiti alle famiglie hanno segnato un modesto aumento (+2,4 % su base annua), mentre i prestiti alle società non finanziarie, in particolare quelle più piccole con livelli di rischio comparabili (Banca d'Italia, 2019a), hanno subito una battuta d'arresto facendo registrare un -0,7 % su base annua. Nel frattempo la domanda di credito si è ridotta poiché le imprese hanno ridotto la leva finanziaria, incrementando nel contempo il capitale e la capacità di autofinanziamento.

Il fondo di garanzia per le PMI continua a sostenere l'accesso al credito e si apre al mercato dei capitali. Nel 2019 è stato ulteriormente semplificato l'accesso delle PMI, soprattutto per gli investimenti in attività materiali, e sono state consentite operazioni tramite piattaforme di crowdfunding ed emissioni di mini-bond. Inoltre, lo strumento di garanzia dei prestiti del programma COSME dell'UE dovrebbe fornire ulteriori controgaranzie al fondo di garanzia per le PMI.

Il ricorso alle offerte pubbliche iniziali ha mostrato segni di ripresa. Nel 2018 è aumentato il numero di società quotate sul mercato degli investimenti alternativi, anche a seguito di iniziative governative quali l'introduzione delle SPAC (special purpose acquisition companies, società costituite allo scopo di acquisire specifiche società già esistenti). Un ulteriore stimolo alle offerte pubbliche iniziali potrebbe venire dall'incremento da 5 a 8 milioni di EUR della soglia per l'esenzione dall'obbligo di pubblicazione del prospetto.

Le misure volte ad aumentare l'uso del capitale di rischio sono ancora in sospeso. L'Italia è al di sotto della media dell'UE per gli investimenti in capitale di rischio in percentuale del PIL ( 26 ). All'inizio del 2019 il governo ha creato il Fondo nazionale per l'innovazione per stimolare il capitale di rischio. All'inizio del 2020 è stato istituito un veicolo (CDP Venture Capital) per gestire questo fondo.

Le recenti misure a sostegno dell'accesso ai finanziamenti non bancari stanno gradualmente divenendo operative. Dal 2012 alla fine del 2018 il mercato dei mini-bond ha raccolto 25,2 miliardi di EUR (il 18 % raccolto dalle PMI). Il volume nel 2018 (4,3 miliardi di EUR) è stato inferiore rispetto al 2017 (6,6 miliardi di EUR) a causa di una riduzione delle dimensioni medie, ma non del numero ( 27 ). La creazione dei PIR (piani individuali di risparmio mediante organismi di investimento collettivo) ha avuto successo dato che oltre la metà delle attività gestite dai fondi PIR sono investite in titoli emessi da società non finanziarie residenti (rispetto al 2 % per gli altri fondi). Il rallentamento della sottoscrizione di nuovi PIR dovuto a una riforma del 2019 è stato affrontato di recente con un decreto.

Sono state poste in essere nuove misure per promuovere l'accesso al mercato dei capitali, ma la domanda è ancora debole. La normativa della CONSOB in materia di crowdfunding è stata estesa alle azioni emesse da tutte le PMI e i gestori di attività. Il bilancio 2019 ha esteso l'ambito di applicazione del crowdfunding alle offerte di obbligazioni emesse da PMI. Anche la reintroduzione dell'ACE potrebbe contribuire ad affrontare la questione della sottocapitalizzazione delle imprese. Inoltre, il Decreto Crescita del 2019 ha introdotto le società di investimento semplice, società veicolo che possono investire nelle PMI non quotate in fase precoce. Per promuovere lo sviluppo del settore FinTech è in fase di preparazione uno spazio di sperimentazione normativa ("regulatory sandbox").

La finanza sostenibile è in crescita, ma presenta ancora un notevole potenziale di sviluppo. Nel 2018 sono stati creati l'osservatorio nazionale sulla finanza sostenibile e il centro finanziario per la sostenibilità. Borsa Italiana ha mostrato un crescente impegno nei confronti delle questioni legate alla sostenibilità, come dimostrano le obbligazioni verdi e sociali nel segmento del mercato ExtraMOT PRO. Nel 2019 la Banca d'Italia ha modificato la strategia del proprio portafoglio di investimenti a favore di imprese con credenziali sociali e ambientali più elevate, e anche il Green New Deal mira a promuovere il settore della finanza verde in Italia.

4.3.    Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali

4.3.1.Mercato del lavoro

Nonostante il rallentamento dell'economia, nel 2019 le condizioni del mercato del lavoro hanno continuato a migliorare. L'occupazione è aumentata per il sesto anno consecutivo, raggiungendo il 63,8 % nel terzo trimestre: sebbene si tratti del tasso più alto mai registrato, è ancora ben al di sotto della media UE (74,1 %). La crescita dell'occupazione è stata totalmente trainata dal lavoro dipendente, mentre il lavoro autonomo ha continuato a diminuire. L'aumento è stato più pronunciato nel settore dei servizi e ha interessato particolarmente le regioni centrali e settentrionali e le coorti di età più avanzata. L'occupazione espressa in equivalenti a tempo pieno rimane tuttavia ancora al di sotto (‑3,5 %) dei livelli di inizio 2008, dato l'incremento relativamente lento delle ore lavorate. Il tasso di disoccupazione è sceso al di sotto del 10 %, ma la partecipazione al mercato del lavoro rimane modesta. La disoccupazione giovanile (15-24 anni) è ancora tra le più alte dell'UE, ma è progressivamente diminuita (28,3 % nel terzo trimestre del 2019 mentre era al 31,9 % un anno prima).

Da metà 2018 la creazione di posti di lavoro è stata trainata dai contratti a tempo indeterminato. Nel complesso, dalla seconda metà del 2018 il numero di posti a tempo indeterminato è aumentato molto più rapidamente dei contratti a tempo determinato. Questo mutamento è stato sostenuto dagli incentivi all'assunzione con contratto a tempo indeterminato e dal Decreto Dignità che, da novembre 2018, prevede condizioni più rigorose per le assunzioni a tempo determinato, compresa una riduzione della durata massima dei contratti. La maggiore transizione verso posizioni a tempo indeterminato potrebbe anche essere imputabile al gran numero di contratti a tempo determinato conclusi nel 2017 e nel 2018. Dall'inizio del 2019 i posti di lavoro a tempo indeterminato sono aumentati dell'1,1 %, mentre il numero di posizioni a tempo determinato è aumentato dello 0,6 %. Nel medio periodo la quota di lavoratori a tempo determinato è passata dal 13,1 % del totale dei lavoratori dipendenti nel 2013 al 17,1 % nel 2018. Nello stesso arco di tempo, la probabilità di una transizione da un contratto a tempo determinato a un contratto a tempo indeterminato si è ridotta (grafico 4.3.1). La durata dei contratti si è inoltre progressivamente accorciata: quasi la metà dei lavoratori a tempo determinato ha un contratto di durata inferiore a sei mesi.

Grafico 4.3.1 - Tassi di transizione e quota dell'occupazione a tempo determinato

 

Fonte: Eurostat.

Gli indicatori più ampi del ristagno del mercato del lavoro evidenziano sfide persistenti. Nel 2018 la percentuale di lavoratori a tempo parziale è rimasta sostanzialmente stabile (18,6 % dell'occupazione totale), ma è aumentata la quota dei lavoratori a tempo parziale involontario. L'aumento dell'occupazione a tempo parziale involontario e a tempo determinato è stato particolarmente marcato al Sud (Fellini e Reyneri, 2019). Nel 2018 ai 2,7 milioni di disoccupati si sono sommate le forze di lavoro potenziali (quasi 3 milioni di persone), comprendenti i lavoratori scoraggiati e le persone che svolgono azioni di ricerca del lavoro ma non sono immediatamente disponibili. A questa cifra si sono aggiunti 668 000 lavoratori a tempo parziale sottoccupati, che hanno portato la stagnazione del mercato del lavoro a toccare complessivamente quota 6,4 milioni. Nel 2018 il ristagno del mercato del lavoro così misurato ha dunque interessato il 22,3 % della forza lavoro (13,7 % nell'UE). Dal 2013 la stagnazione complessiva è diminuita a un ritmo più lento rispetto alla disoccupazione. In particolare, l'incidenza delle forze di lavoro potenziali (per la maggior parte lavoratori scoraggiati) sulla forza lavoro estesa, al 10,4 % nel 2018, è tra le più alte dell'UE. Le donne, i giovani e le persone scarsamente qualificate hanno maggiori probabilità di appartenere a questa categoria. L'Italia è altresì caratterizzata dalla più alta dispersione regionale nell'UE per quanto riguarda il più ampio indicatore della stagnazione del mercato del lavoro (LS4). Anche la composizione della stagnazione registra variazioni a livello regionale. In particolare, il peso delle forze di lavoro potenziali è molto più elevato al Sud (tabella 4.3.1).

Tabella 4.3.1 - Composizione della stagnazione del mercato del lavoro LS4 (NUTS 2), 2018

 

Fonte: calcoli della Commissione europea basati su microdati dell'Indagine sulle forze di lavoro.

Le retribuzioni continuano a crescere a un ritmo molto moderato. Nel 2019 le retribuzioni contrattuali orarie hanno segnato un incremento medio dell'1,0 %, con aumenti più consistenti nel settore pubblico (+1,8 %), in particolare per i vigili del fuoco, l'esercito e le forze di sicurezza. Nel settore privato, la crescita delle retribuzioni è stata più marcata in agricoltura (+1,8 %), nelle attività minerarie (1,6 %) e nel comparto chimico e farmaceutico (+1,5 %). Accanto a un rallentamento del ritmo di crescita delle retribuzioni contrattuali, la percentuale di dipendenti interessati da trattative in corso sul rinnovo dei contratti collettivi nazionali settoriali si è attestata al 46 %. La durata media dei contratti salariali in Italia è di tre anni, ma la durata effettiva è decisamente superiore, considerati i significativi ritardi nei rinnovi. I contratti nazionali per cui sono ancora in corso trattative sul rinnovo sono infatti scaduti, in media, da 20 mesi. Nel complesso, la crescita dei salari reali rimane prossima allo zero e le retribuzioni in termini reali restano ben al di sotto dei livelli pre-crisi.

Il recente accordo tra le parti sociali potrebbe sostenere la contrattazione a livello aziendale o locale. Nel settembre 2019 l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), l'Ispettorato Nazionale del Lavoro e i principali rappresentanti delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro (CGIL, CISL, UIL e Confindustria) hanno firmato una convenzione sulle procedure per l'attività di raccolta, elaborazione e comunicazione del dato associativo e del dato elettorale. Si tratta di un passo avanti verso l'attuazione degli accordi quadro precedentemente siglati sulla misurazione della rappresentanza delle diverse organizzazioni. Regole chiare in materia di rappresentanza sono inoltre essenziali per promuovere la contrattazione a livello aziendale o locale e per evitare un decentramento non coordinato, in quanto limitano, tra l'altro, la proliferazione di contratti che prevedono condizioni meno favorevoli rispetto a quelle garantite dai contratti nazionali più rappresentativi. I contratti di livello aziendale che distribuiscono "premi di produttività" ai lavoratori possono favorire un migliore allineamento delle retribuzioni alle condizioni regionali e aziendali, tuttavia la loro portata rimane limitata (circa 50 000 contratti collettivi, concentrati principalmente in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte) nonostante gli incentivi fiscali.

Sono state formulate diverse proposte di introduzione della retribuzione minima garantita. Le principali caratteristiche delle proposte presentate al Parlamento ( 28 ) comprendono la possibilità di estendere a tutti i lavoratori i minimi salariali stabiliti nei contratti collettivi, la possibilità di applicare soglie minime di retribuzione ad alcune categorie di lavoratori autonomi o l'istituzione di una retribuzione minima a livello nazionale in assenza di un contratto collettivo. Le stime dell'impatto della misura variano in termini di costi per i datori di lavoro, riduzione della povertà lavorativa ed effetto generale sull'occupazione e dipendono in maniera decisiva dal livello retributivo stabilito e dal meccanismo di fissazione delle retribuzioni. I primi studi ( 29 ) suggeriscono che una retribuzione minima lorda pari a 9 EUR l'ora inciderebbe su oltre il 20 % degli occupati, principalmente nelle piccole imprese e nelle aziende del Mezzogiorno.

Il divario di genere nel tasso di occupazione è tra i più accentuati dell'UE. Nel 2018 è rimasto immutato rispetto all'anno precedente: 19,8 punti percentuali. La partecipazione delle donne al mercato del lavoro (53,1 %) è tra le più basse dell'Unione e significativamente inferiore alla media UE (67,4 %). Le disparità regionali sono marcate. Cinque regioni meridionali (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) sono tra le 10 regioni dell'UE con i tassi di occupazione femminile più bassi. Il divario si estende anche alla quota di lavoro a tempo parziale (32,4 % per le donne, 7,9 % per gli uomini). Infine il tasso di inattività delle donne imputabile a responsabilità di assistenza è in continua crescita dal 2010 e rimane al di sopra della media UE (35,7 % contro 31,8 %). Manca una strategia globale a favore dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata, comprendente l'accesso a servizi e l'erogazione di prestazioni (sezione 4.4.3). Tale strategia aiuterebbe l'Italia anche ad avanzare verso il raggiungimento dell'OSS 5 (parità di genere).

Sono essenziali ulteriori sforzi per far fronte al problema della disoccupazione giovanile. Il tasso di giovani non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione (NEET) è ancora tra i più elevati dell'UE (19,2 % nel 2018, a fronte di una media UE del 10,5 %). I NEET che partecipano al sistema di garanzia per i giovani ammontano a oltre 1,5 milioni (il 42,1 % dei quali al Sud), di cui circa 1,2 milioni sono stati presi in carico dai servizi pubblici per l'impiego (SPI). Il 60 % circa dei NEET selezionati ha completato almeno una delle misure previste dalla garanzia per i giovani, con un tasso medio di inserimento occupazionale del 54,9 %. I casi più complessi sono maggiormente frequenti al Sud (il 63,9 %, a fronte del 40,3 % al Nord). Gli apprendistati potrebbero essere ulteriormente sviluppati, mentre i tirocini rappresentano la misura attuata con più frequenza. Un monitoraggio attento potrebbe contribuire a ridurre il rischio che si abusi del sistema come alternativa ai contratti di lavoro veri e propri. Recentemente è stata introdotta una nuova misura (misura 1D) per l'intercettazione e l'attivazione dei giovani più vulnerabili. È fatto ampio uso degli incentivi fiscali all'assunzione dei giovani (ad esempio l'Incentivo Occupazione NEET), ma manca ancora una valutazione della loro efficienza ed efficacia. Si potrebbe fare di più per mettere veramente a frutto le potenzialità degli apprendistati. Nel complesso, i fondi UE assegnati all'Italia (oltre 1,8 miliardi di EUR) aiutano a combattere la disoccupazione giovanile, in particolare al Sud.

Le riforme delle politiche attive per il mercato del lavoro sono ancora in una fase iniziale dell'attuazione. Sono stati compiuti i primi passi per rafforzare i servizi pubblici per l'impiego e ridurre le disparità regionali. Tuttavia le politiche attive per il mercato del lavoro (PAML) restano scarsamente integrate e coordinate con altre politiche correlate (ad esempio i servizi sociali, l'apprendimento degli adulti e la formazione professionale). Servono ulteriori sforzi specifici a livello di PAML per incrementare l'occupazione femminile, nell'ambito di una strategia globale per la parità di genere. Il ruolo di coordinamento dell'ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro) per le PAML, gestite a livello regionale, è tuttora debole rispetto alle intenzioni originarie. Le principali sfide per l'attuazione della riforma rimangono le stesse: migliore coordinamento, scambio di dati e standardizzazione dei servizi prestati. Nell'ambito del nuovo sistema di reddito minimo, sono stati stanziati fino a 1 miliardo di EUR l'anno per il 2019 e il 2020 per potenziare i servizi pubblici per l'impiego e attuare la componente di attivazione della riforma. Nel 2019 le regioni italiane hanno assunto quasi 3 000 nuovi dipendenti con contratti a tempo determinato per i servizi pubblici per l'impiego.

Investire nel personale dei servizi pubblici per l'impiego, anche in termini di formazione e miglioramento del livello delle competenze, è essenziale per accrescere la qualità dei servizi. Nel gennaio 2018 sono stati fissati per decreto indicatori di monitoraggio e standard minimi a livello nazionale, ma il rafforzamento del coordinamento tra l'ANPAL e le regioni resta una sfida importante. Sono necessari sforzi significativi per potenziare i servizi pubblici per l'impiego, la cui capacità di collocamento rimane scarsa: le risorse stanziate sono ancora insufficienti e il monitoraggio e la valutazione sono estremamente limitati. Anche il coinvolgimento dei datori di lavoro è finora stato marginale, e non è ancora stata adottata la strategia degli SPI nei confronti dei datori di lavoro. La rete SPI può ora contare su un nuovo sistema informatico nazionale. A seguito della raccomandazione del Consiglio sui disoccupati di lungo periodo (2016) vi sono stati miglioramenti per quanto riguarda le informazioni fornite alle persone non registrate, la registrazione online delle persone in cerca di occupazione e le procedure inerenti alle valutazioni individuali approfondite. Tuttavia un miglioramento della formazione impartita ai dipendenti degli SPI andrebbe a beneficio della gestione dei casi e dell'offerta di piani di valutazione individuali. La messa a punto di uno strumento per la profilazione qualitativa, a complemento dell'attuale metodologia di profilazione statistica, rappresenta un passo avanti promettente. I tassi di fruizione dell'assegno di ricollocazione, entrato a regime nel maggio 2018, rimangono bassi, a indicazione del fatto che servono ulteriori sforzi per raggiungere più efficacemente i potenziali beneficiari.

In Italia le opportunità di formazione per disoccupati, sottoccupati e inattivi sono particolarmente scarse. Nel 2018 solo il 7,2 % delle persone disoccupate, sottoccupate o inattive aveva ricevuto formazione nelle quattro settimane precedenti un colloquio di lavoro (contro una media UE del 16,9 %). La formazione professionale continua erogata dai datori di lavoro è uno strumento chiave per migliorare la competitività e la produttività e per consentire ai lavoratori di adattarsi ai mutamenti dei modelli di produzione e organizzazione del lavoro ( 30 ). La probabilità di ricevere formazione è superiore nelle aziende in cui sono presenti la contrattazione collettiva o altre forme di rappresentanza del personale.

Il lavoro non dichiarato continua a destare grande preoccupazione. Secondo le stime, nel 2017 l'economia sommersa ammontava al 12,1 % del PIL (ISTAT, 2019b) e rappresentava 3,7 milioni di unità di lavoro irregolari (+0,7 % rispetto al 2016), con condizioni settoriali particolarmente critiche nei servizi alla persona, in agricoltura, nell'edilizia, nel commercio, nei trasporti e nelle attività di alloggio e ristorazione. Sono stati identificati circa 162 000 lavoratori irregolari e circa 42 000 lavoratori completamente non dichiarati. L'INPS sta sviluppando un programma statistico per affrontare il fenomeno dei contratti fittizi, ossia dei falsi contratti di lavoro stipulati per ottenere prestazioni di sicurezza sociale cui non si ha diritto. Questa pratica si sta diffondendo in agricoltura, nell'edilizia e in parte del settore dei servizi. Il gruppo di lavoro nazionale sul caporalato, istituito alla fine del 2018 per contrastare lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, sta lavorando alla definizione di una strategia politica triennale. Secondo un sondaggio Eurobarometro del settembre 2019, il 12 % degli italiani ha acquistato beni o servizi che poteva presupporre comportassero lavoro non dichiarato. La maggioranza degli intervistati riferisce di non fidarsi delle autorità tributarie e previdenziali e degli ispettorati del lavoro.

4.3.2.Istruzione e competenze

Investire in istruzione e competenze è essenziale per migliorare i risultati economici dell'Italia. Per investire efficacemente nel capitale umano in modo da metterne a frutto il potenziale, serve un approccio a tutto tondo che abbracci l'istruzione, la transizione al mercato del lavoro e la formazione (CEDEFOP, 2019). In tutte queste fasi permangono sfide da affrontare. Nel 2017 la spesa pubblica per l'istruzione è stata tra le più basse dell'UE, sia come proporzione del PIL (3,8 %) sia in rapporto alla spesa pubblica totale (7,9 %) ( 31 ), in particolare a causa della spesa ridotta per l'istruzione terziaria. Il tasso di abbandono scolastico, al 14,5 % nel 2018, resta ben al di sopra della media UE (10,6 %), registrando un peggioramento rispetto al 2017. Quasi il 20 % dei ragazzi di età compresa tra i 15 e i 24 anni non è occupato né inserito in un percorso di istruzione o formazione: si tratta del dato più elevato in tutta l'UE. Anche il divario nei tassi di abbandono scolastico tra studenti nati e non nati nell'Unione è tra i più ampi dell'UE e si è sensibilmente allargato nel 2018 (24,3 punti percentuali, a fronte di una media UE di 11,2 punti percentuali). Il tasso di istruzione terziaria è tra i più bassi dell'UE, in particolare per gli studi scientifici o tecnici (sezione 4.4.1). L'ingresso nel mercato del lavoro per i giovani, anche se altamente qualificati, continua a essere problematico.

Istruzione pre-primaria, primaria e secondaria

La domanda di educazione e cura della prima infanzia è frenata da scarsa copertura, distribuzione geografica irregolare e costi elevati. Sebbene la partecipazione dei bambini nella fascia di età 3-6 anni all'educazione e alla cura della prima infanzia sia pressoché universale, la percentuale di bambini di età inferiore a tre anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia ammontava solo al 25,7 % nel 2018, con ampie disparità regionali ( 32 ). Si prevede che l'attuazione del "sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni" previsto dalla riforma scolastica del 2015 migliorerà la copertura e ridurrà le differenze a livello regionale. La legge di bilancio 2020 rafforza il sostegno finanziario per le famiglie con figli nella fascia di età 0-3 anni che frequentano una struttura di educazione e cura della prima infanzia, ma servono ulteriori sforzi per incrementare l'offerta del servizio.

In Italia l'istruzione scolastica produce risultati eterogenei in termini di conseguimento delle competenze di base. Rispetto al 2015, nel 2018 i risultati dell'Italia nell'indagine PISA (il programma dell'OCSE per la valutazione internazionale degli studenti) sono rimasti sostanzialmente stabili in matematica e in lettura, ma sono peggiorati in scienze. La percentuale di studenti con basso rendimento è vicina alla media UE in lettura e in matematica, ma è più elevata in scienze. I risultati variano a seconda del tipo di scuola: gli studenti liceali ottengono punteggi significativamente più alti rispetto agli iscritti all'istruzione professionale. Il contesto socioeconomico ha un'influenza limitata sui risultati dell'apprendimento: la differenza è di soli 75 punti in lettura, a fronte di una media UE di 95. Riguardo alle aspettative di carriera, tuttavia, solo il 59,5 % degli studenti svantaggiati con un alto rendimento si aspetta di completare l'istruzione terziaria, contro l'88 % degli omologhi socioeconomicamente avvantaggiati. Nel complesso, i risultati sono superiori alla media UE al Nord e notevolmente peggiori al Sud.

Le disparità tra le regioni nei risultati dell'apprendimento sono marcate e aumentano proporzionalmente al livello di istruzione. Nonostante la quota del PIL stanziata per l'istruzione pre-primaria, primaria e secondaria (livelli ISCED 0-3) sia sostanzialmente allineata alla media UE, i risultati scolastici sono inferiori a quelli degli omologhi europei e soggetti ad ampie disparità geografiche. In linea con i risultati della valutazione PISA 2018, le prove standardizzate dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) del 2019 evidenziano risultati uniformemente e sensibilmente migliori al Nord che al Sud in italiano, matematica e inglese ( 33 ). A questo fattore si sommano i tassi di abbandono scolastico più elevati nelle regioni meridionali (grafico 4.3.2). Contribuiscono a questi risultati le differenze nel contesto socioeconomico degli studenti e le disparità regionali nei rendimenti dell'istruzione. Tuttavia il fatto che i divari, trascurabili nei primi anni della scuola primaria, si amplifichino costantemente nel corso degli anni di studio suggerisce l'esistenza di differenze nella qualità dell'istruzione. Intervenire su queste disparità consentirebbe di avanzare in direzione dell'OSS 4 (istruzione di qualità).

I progressi nel promuovere la valutazione della qualità nel sistema di istruzione sono lenti. Nel 2019 è stata introdotta una prova finale delle competenze per il grado 13, ma soltanto su base volontaria. Nel 2020 tale prova diventerà obbligatoria per l'ammissione all'esame finale, come originariamente previsto dalla riforma scolastica del 2015. In tale contesto è particolarmente importante che sia preservata l'autonomia delle agenzie nazionali di valutazione, INVALSI e ANVUR.

Grafico 4.3.2 -Abbandono scolastico per regione NUTS 2 (%)

Fonte: Eurostat.

La carenza di insegnanti rappresenta una sfida importante. All'inizio dell'anno scolastico 2019/2020, era coperto solo il 50 % dei posti disponibili. Le cattedre rimaste scoperte sono state occupate da supplenti, che attualmente rappresentano quasi il 12 % dei posti da insegnante. La carenza è più marcata in alcune regioni e per alcune materie, ad esempio le scienze. Nonostante vari tentativi di riforma, le procedure di selezione e assunzione degli insegnanti non garantiscono un'offerta sicura di docenti qualificati e adeguatamente formati. Gli stipendi bassi e le limitate prospettive di carriera rendono inoltre difficile attrarre i laureati più qualificati (Commissione europea, 2019e). Il contratto nazionale non prevede incentivi legati ai risultati (previsti dalla riforma scolastica del 2015). Investire di più nelle abilità e nelle competenze professionali degli insegnanti sarebbe benefico anche per l'integrazione degli studenti con disabilità.

Istruzione terziaria

Nonostante i miglioramenti, il sistema di istruzione terziaria in Italia continua a risentire della mancanza di finanziamenti e il tasso di istruzione terziaria rimane basso. I tassi di completamento e la durata media degli studi registrano miglioramenti, sebbene la spesa per l'istruzione terziaria, allo 0,3 % del PIL nel 2017, sia ben al di sotto della media UE (0,7 %). Nel 2018 anche la percentuale di 30-34enni con un livello di istruzione terziaria (27,8 %) era inferiore alla media UE (40,7 %). Tale divario è più ampio per la popolazione nata all'estero. Il contesto familiare è ancora un fattore determinante per il livello di istruzione: nel 2018 il 30 % dei laureati aveva almeno un genitore con istruzione terziaria, una percentuale che sale al 43 % per i corsi di laurea quinquennale (ad esempio medicina, ingegneria e giurisprudenza) (AlmaLaurea, 2019).

Il tasso di occupazione dei laureati rimane basso, mentre l'istruzione terziaria non accademica ottiene risultati migliori. Il tasso di occupazione dei neodiplomati dell'istruzione terziaria (62,8 %) è in lenta ripresa dopo la crisi del 2008, ma resta ben al di sotto della media UE (85,5 %). Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) offrono prospettive occupazionali sensibilmente migliori: l'80 % dei diplomati trova lavoro entro un anno ( 34 ). Gli ITS restano tuttavia un fenomeno di nicchia, che interessa soltanto il 2 % della popolazione studentesca ( 35 ). Per promuovere l'istruzione professionale di livello terziario, a partire dal 2018/2019 nelle università sono state avviate in via sperimentale le "lauree professionalizzanti". L'obiettivo è formare figure professionali altamente specializzate e dotate di un titolo di istruzione terziaria in edilizia e ambiente, ingegneria, energia e trasporti, in stretta collaborazione con le associazioni professionali. L'apertura di nuovi percorsi di istruzione terziaria, in particolare per i diplomati dell'istruzione secondaria di secondo grado a indirizzo IFP (istruzione e formazione professionale) potrebbe aiutare l'Italia a ridurre il tasso di abbandono scolastico e ad aumentare il tasso di istruzione terziaria. Le limitate prospettive occupazionali generali spingono sempre più laureati a lasciare il paese (+41,8 % rispetto al 2013). La "fuga di cervelli" non è compensata da un analogo afflusso di persone altamente qualificate dall'estero: il saldo netto è dunque negativo.

Le iscrizioni all'istruzione superiore dipenderanno anche dalla capacità di promuovere il rinnovo del corpo docente. Il calo del personale accademico non mostra segni di inversione di tendenza. Nel 2017 oltre un quinto aveva 60 anni o più e solo il 14 % aveva meno di 40 anni ( 36 ). Nel 2019 il governo ha stanziato fondi supplementari per 1 500 posti di ricercatore universitario di tipo B, da ripartire tra le università pubbliche in base alle dimensioni e alla qualità della ricerca. A questo riguardo, il prossimo esercizio ANVUR di valutazione della ricerca scientifica, i cui risultati incidono per quasi un terzo sull'allocazione dei finanziamenti, è stato rinviato. Poiché la valutazione, riguardante gli anni 2014-2019, richiederà almeno un anno, fino al 2021 i fondi saranno stanziati sulla base dei risultati, ormai superati, dell'esercizio 2010-2014.

Istruzione professionale, apprendimento degli adulti e competenze digitali

Investimenti nel miglioramento del livello delle competenze e nella riqualificazione sono essenziali per la crescita e la competitività dell'Italia. La percentuale di adulti senza un titolo di istruzione secondaria di secondo grado è elevata e la partecipazione all'apprendimento degli adulti rimane bassa. Nel 2018 il 38,3 % degli italiani tra i 25 e i 64 anni possedeva al massimo un titolo di istruzione secondaria di primo grado (a fronte di una media UE del 21,9 %) e solo l'8,1 % aveva avuto un'esperienza di apprendimento recente (11,1 % nell'UE). Il basso tasso di partecipazione degli adulti scarsamente qualificati alla formazione (2 %) è preoccupante, dato l'allargamento del divario tra il numero di posti di lavoro che richiedono basse qualifiche (2,5 milioni nel 2017) e il numero di adulti scarsamente qualificati (oltre 12 milioni). Occorrerebbero servizi di orientamento efficaci, ma la percentuale di adulti che vi ha fatto ricorso a titolo gratuito (il 10 % circa) è inferiore alla metà della media europea.

Sono state adottate diverse misure in materia di formazione professionale, ma la loro attuazione è ancora lenta. Nell'agosto 2019 la Conferenza Stato-Regioni ha adottato il Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, che riguarda le qualificazioni dell'istruzione generale e superiore e le qualificazioni IFP. È atteso a breve un decreto ministeriale. È inoltre in programma una nuova rete nazionale di scuole professionali, intesa a migliorare la governance dell'istruzione e della formazione professionale, i centri professionali regionali e il loro collegamento con il mercato del lavoro. L'istituto dell'alternanza scuola-lavoro, recentemente rivisto, necessita di un monitoraggio attento.

Le lacune in termini di competenze digitali di base persistono e rischiano di ampliare il divario digitale. Nel 2019 il 41,5 % della popolazione italiana possedeva almeno le competenze digitali di base (contro una media UE del 58,3 %) e soltanto il 22 % possedeva competenze digitali più avanzate, ossia superiori al livello base (contro una media UE del 33,3 %) ( 37 ). Il recente progetto "Repubblica Digitale" ( 38 ) è un passo avanti, ma l'Italia non dispone di una strategia globale orientata all'alfabetizzazione digitale della popolazione generale, al di là del Piano Nazionale Scuola Digitale. Servono investimenti in questo campo per accelerare la digitalizzazione dell'intera economia, compresa la pubblica amministrazione (sezione 4.4.2), e prevenire l'allargamento del divario digitale e il rischio di nuove forme di esclusione sociale.

Gli investimenti nelle competenze tecniche, scientifiche e digitali, benché fondamentali per l'innovazione, restano scarsi. Rispetto alla media UE, l'Italia riferisce una percentuale inferiore di laureati in scienze e ingegneria (12,2 % contro 15,5 %) ( 39 ). Secondo Confindustria ( 40 ), la mancanza di laureati in discipline STEM ( 41 ) potrebbe diventare un problema nel prossimo futuro, poiché saranno i settori delle TIC, della chimica e dei macchinari a creare la maggior parte dei nuovi posti di lavoro nei prossimi anni. Gli specialisti in TIC costituiscono solo il 2,8 % della forza lavoro (la media UE è del 3,9 %) ( 42 ), mentre i laureati in discipline TIC rappresentano soltanto l'1 % del totale dei laureati, contro il 3,6 % a livello dell'UE ( 43 ). Inoltre le imprese italiane investono meno in formazione sulle TIC ai dipendenti rispetto alla media delle aziende UE ( 44 ). Nel contesto dell'aumento dell'automazione, nel 2019 il 53,9 % delle imprese italiane ha incontrato difficoltà nell'assunzione di personale per posti di lavoro che richiedevano competenze specialistiche in materia di TIC ( 45 ). A questo fattore si sommano i ridotti livelli di digitalizzazione delle aziende italiane (sezione 4.4) e la loro attrattiva limitata per gli esperti digitali. Secondo il JRC, l'Italia è tra i paesi che rischiano di essere maggiormente esposti a futuri squilibri tra domanda e offerta di competenze digitali avanzate ( 46 ).

Investire nelle competenze può anche favorire la realizzazione del potenziale occupazionale della transizione verde. In Italia il numero degli occupati in settori legati all'ambiente è in rapida crescita. Secondo stime di Eurofound (2019), l'adozione delle politiche necessarie all'attuazione dell'accordo di Parigi sul clima genererebbe un ulteriore 0,5 % di crescita dell'occupazione. Al contempo, la riallocazione della forza lavoro tra i settori sarà significativa (Commissione europea, 2019f). Gli investimenti in politiche di riqualificazione e miglioramento del livello delle competenze e l'elaborazione di strategie per anticipare le esigenze in termini di competenze sono fondamentali per dotare i lavoratori di nuove abilità.

4.3.3.Politiche sociali e situazione demografica

Il rischio di povertà è in diminuzione ma rimane elevato e contrassegnato da ampie differenze a livello regionale. Nel 2018 la percentuale di persone a rischio di povertà o esclusione sociale è scesa dal 28,9 % al 27,3 %: sebbene si tratti del dato più basso dal 2011, resta comunque al di sopra dei livelli pre-crisi (25,5 % nel 2008) e della media UE (21,7 %). Nel 2018 il tasso di deprivazione materiale grave variava dal 3,2 % nel Nord-Est al 15,9 % al Sud e al 18,3 % nelle isole. Il rischio è inoltre più elevato nelle città (10,7 %) che nei piccoli centri e nelle aree suburbane (7,7 %) e rurali (7,0 %). La funzione ridistributiva dei trasferimenti sociali è debole e la loro capacità (pensioni escluse) di ridurre la povertà rimane scarsa.

Le disparità di reddito sono tra le più accentuate nell'UE. Nel 2018 il reddito totale del 20 % più ricco della popolazione (quinto quintile) era oltre sei volte il reddito totale del 20 % più povero (primo quintile). Il rapporto tra quintili di reddito (S80/S20) è aumentato dall'inizio della crisi (5,2 nel 2008) ed è ben al di sopra della media UE (5,2 nel 2018). Anche la quota di reddito del 40 % più povero della popolazione ha registrato un calo, assestandosi al 19,3 % nel 2018 (contro il 20,3 % nel 2009). Le disparità di reddito sono più marcate nelle regioni meridionali. Il rapporto S80/S20 varia da 4,0 a Bolzano e 4,1 in Friuli Venezia Giulia a 7,4 in Campania e Sicilia.

Il rischio di povertà è più elevato per le famiglie con figli. Nel 2018 la percentuale di bambini e ragazzi (0-18 anni) a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) era sensibilmente più elevata in Italia (30,6 %) rispetto alla media UE (24,0 %). Il divario si allarga ulteriormente se si considerano soltanto i bambini nella fascia di età 0-5 anni (30,6 % contro 22,0 %). La percentuale è anche più elevata nel caso dei nuclei familiari costituiti da un solo adulto con un figlio a carico (41,0 %) e delle famiglie con almeno tre figli a carico (38,3 %). Inoltre la povertà colpisce maggiormente i figli di genitori nati all'estero (40,2 % contro 22 %).

Nel 2019 il governo ha introdotto un sistema di reddito minimo come misura contro la povertà, le disuguaglianze e l'esclusione sociale. Il Reddito di cittadinanza (Rdc) ha sostituito il Reddito di inclusione (ReI), con un aumento considerevole delle risorse stanziate. Il costo stimato del sistema di reddito minimo ammonta a 6,1 miliardi di EUR per il 2019 e 8,1 miliardi di EUR per il 2020 (grafico 4.3.3). L'Rdc consta di tre pilastri: sostegno al reddito, misure di attivazione e sostegno dei servizi sociali. Il sistema è destinato alle famiglie (compresi i pensionati) con un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) inferiore a 9 360 EUR e che risiedono in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in via continuativa. Secondo gli ultimi dati (fino a dicembre 2019) dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS, 2020), sono 1 milione le famiglie (tra cui 125 860 pensionati) che hanno percepito prestazioni nell'ambito del sistema di reddito minimo. L'importo medio della prestazione è stato pari a 532 EUR per i nuclei familiari in età lavorativa e a 222 EUR per i pensionati.

Grafico 4.3.3 -Spesa pubblica per i piani di lotta alla povertà

 

Fonte: INPS.

Il sistema di reddito minimo rappresenta un passo importante nella lotta alla povertà, ma restano da migliorare l'inserimento lavorativo e l'inclusione sociale. La differenza tra la prestazione mensile media percepita da famiglie con minori (579 EUR) e senza (426 EUR) è relativamente limitata. La scarsa diffusione effettiva tra i gruppi vulnerabili, compresi i cittadini stranieri e le famiglie più numerose, potrebbe ridurre l'impatto del sistema sulla riduzione della povertà. Al contempo, la debolezza delle politiche attive per il mercato del lavoro (sezione 4.3.1) potrebbe ostacolare la componente di inserimento lavorativo del sistema.

L'accesso a servizi sociali di qualità e la loro adeguatezza rimangono problematici. I servizi sociali non dispongono di risorse adeguate e la loro disponibilità nelle zone remote e rurali rappresenta un problema importante che può favorire lo spopolamento. Il rafforzamento dei servizi sociali è essenziale per il successo del sistema di reddito minimo. In assenza di risorse supplementari, l'attuazione del nuovo sistema rischia tuttavia di pesare eccessivamente sui servizi sociali, che devono ora raggiungere un maggior numero di beneficiari. Potrebbero risentirne particolarmente altri gruppi di persone vulnerabili che, pur dipendendo dai servizi sociali, non sono necessariamente tra i beneficiari del reddito minimo, ad esempio gli anziani o le persone con disabilità.

Il rischio di povertà lavorativa resta al di sopra della media UE. Nel 2018 il 12,2 % dei lavoratori era a rischio di povertà (a fronte di una media UE del 9,5 %). Il rischio è più elevato per le famiglie con figli a carico (15,5 %) e i lavoratori atipici. I lavoratori a tempo parziale, in particolare, hanno maggiori probabilità di essere poveri rispetto ai lavoratori a tempo pieno (19,5 % contro 10,9 %). Il divario tra i lavoratori con contratto a tempo determinato e quelli con contratto a tempo indeterminato è ancora più accentuato (22,8 % contro 8,6 %). Le prove empiriche suggeriscono che la quota elevata di famiglie con un'intensità di lavoro bassa contribuisce all'elevato tasso di povertà lavorativa in Italia ( 47 ).

Nonostante alcuni progressi, la protezione sociale per i lavoratori autonomi rimane limitata. L'Italia ha il secondo più alto tasso di lavoro autonomo dell'UE (il 22 % nel 2018 contro il 14 % della media UE). Il decreto-legge 101/2019 introduce un quadro normativo per le condizioni di lavoro e la protezione sociale dei lavoratori tramite piattaforme digitali. In particolare, stabilisce livelli minimi di tutela di tali lavoratori, specificando inoltre che il lavoro tramite piattaforme digitali si configura come lavoro subordinato e che i criteri per la determinazione della retribuzione complessiva dei lavoratori possono essere definiti mediante contratti collettivi.

La spesa per le pensioni di vecchiaia e di anzianità costituisce quasi la metà della spesa sociale totale. Nel 2017 la spesa per le pensioni di vecchiaia e di anzianità rappresentava il 47 % della spesa sociale totale (a fronte di una media UE del 38,9 %). Sebbene la spesa sociale complessiva sia prossima alla media UE, nel 2017 la spesa per le pensioni è stata pari al 15,9 % del PIL, contro una media UE del 12,6 %. Si prevede che questa percentuale aumenterà ulteriormente in seguito all'introduzione della riforma "Quota 100" del 2019, che abbassa l'età pensionabile minima per alcune categorie di lavoratori anziani. Nel 2018 il rapporto tra il reddito disponibile mediano delle persone di età superiore a 65 anni e quello delle persone di età inferiore a 65 anni era pari a 1,01, a fronte di una media UE di 0,92. Nonostante la spesa complessiva sia elevata, l'erogazione di prestazioni pensionistiche è disomogenea e tradizionalmente intesa al mantenimento dei livelli di reddito anziché alla tutela contro la povertà. A seguito della riforma del 2019, quest'ultimo obiettivo sarà perseguito tramite la Pensione di cittadinanza, finanziata direttamente dal bilancio.

L'accesso ad alloggi adeguati e a prezzi contenuti rimane problematico a causa dei limitati investimenti pubblici nel settore. Il parco di alloggi pubblici e sociali è, di conseguenza, tra i più ridotti in Europa. Secondo le stime, la percentuale della popolazione che vive in abitazioni sovraffollate è pari al 27,8 %, ossia molto superiore alla media UE (15,3 %). Estremamente elevata è anche la percentuale di persone che non riescono a riscaldare adeguatamente l'abitazione in cui vivono (14,1 %, a fronte di una media UE del 7,3 %). Manca una strategia politica che favorisca l'accesso ad alloggi a prezzi contenuti e, nella pratica, i servizi abitativi sono spesso erogati da organizzazioni del terzo settore anziché dalla pubblica amministrazione. Il nuovo sistema di reddito minimo comprende un contributo per l'affitto fino a 3 360 EUR l'anno. Tuttavia i rigorosi criteri di ammissibilità del sistema escludono spesso le persone senza dimora e in particolare gli stranieri, che rappresentano la maggioranza dei senzatetto in Italia, dall'accesso alle indennità di alloggio ( 48 ).

Salute

L'accesso ai servizi sanitari e la loro qualità sono nel complesso buoni, nonostante la spesa sia inferiore alla media. Nel 2016 la spesa pubblica per l'assistenza sanitaria ha rappresentato il 6,3 % del PIL (media UE: 6,8 %) e la copertura sanitaria universale e in gran parte gratuita contribuisce ai buoni risultati di salute ( 49 ). La spesa per l'assistenza a lungo termine in rapporto al PIL è leggermente superiore alla media UE (1,7 % contro 1,6 %). La speranza di vita è tra le più alte dell'UE, ma la speranza di vita in buona salute all'età di 65 anni è lievemente inferiore alla media UE. Le cure ai pazienti oncologici dopo la diagnosi sono efficaci e tempestive (i tassi di sopravvivenza sono superiori alla media UE). Le potenziali sfide per la salute pubblica comprendono l'impatto sui risultati di salute delle disparità a livello socioeconomico e di istruzione, l'aumento dei tassi di obesità tra i bambini e i rischi connessi alla resistenza antimicrobica ( 50 ). In futuro l'invecchiamento del personale sanitario determinerà probabilmente carenze di competenze, ulteriormente inasprite dal numero chiuso nelle facoltà di medicina e dall'emigrazione di un numero sempre più elevato di laureati in tale campo. Il numero di infermieri rimane limitato e la gamma delle loro mansioni e responsabilità potrebbe essere ampliata. Gli investimenti nelle infrastrutture sanitarie sono calati nell'ultimo decennio e le apparecchiature mediche sono, in media, relativamente datate e distribuite in modo disomogeneo tra ospedali e regioni.

Le disparità regionali nei servizi sanitari continuano a essere significative. Sebbene generalmente ridotte, nel 2018 le esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato sono state tre volte superiori al Sud e nelle isole rispetto al Nord-Est. Il numero di posti letto ospedalieri per abitante, in costante diminuzione nell'ultimo decennio, è inferiore alla media UE, con ampie differenze regionali. Sebbene il livello dei servizi sanitari standard venga stabilito centralmente, la capacità di bilancio non uniforme tra le regioni e la scarsa precisione delle linee guida nazionali favoriscono disparità nell'erogazione dei servizi sanitari e nei livelli delle spese non rimborsabili. Ciò si traduce in un'elevata mobilità interregionale dei pazienti. Sono possibili considerevoli incrementi di efficienza, ad esempio tramite lo sviluppo di modelli innovativi per l'erogazione dei servizi sanitari, comprese le soluzioni digitali, e azioni coordinate orientate al paziente (un sistema di standard, un metodo di pagamento più intelligente e una maggiore attenzione alla prevenzione). In base alla legge di bilancio 2020, il governo intende aumentare di 240 milioni di EUR le risorse previste per il Sistema sanitario nazionale e parallelamente abolire il superticket per le visite e gli esami specialistici a partire da settembre 2020.

Evoluzione demografica

Nel 2018 la natalità a livello nazionale ha raggiunto il minimo storico. L'Italia, che ha il tasso di natalità più basso dell'UE (7,3 nascite ogni 1 000 residenti), ha registrato per il decimo anno consecutivo un saldo demografico naturale negativo. Secondo l'ISTAT (2019c), questa tendenza non è più controbilanciata da un flusso migratorio netto positivo, anche se in declino: ciò si è tradotto in una perdita netta di popolazione dello 0,2 % nel 2018, specialmente al Sud. Di conseguenza, la popolazione sta invecchiando rapidamente e l'indice di dipendenza degli anziani si è attestato al 35,2 % nel 2018 (in salita rispetto al 31,2 % del 2010). Queste tendenze demografiche, unite al fenomeno dei cervelli in fuga dal paese, potrebbero minare le prospettive economiche a breve e lungo termine, anche a causa degli oneri più elevati sulle finanze pubbliche e delle potenziali ripercussioni sulla produttività.

L'efficacia delle misure di sostegno alle famiglie è scarsa. La spesa pubblica per le famiglie con figli consiste principalmente in prestazioni in denaro. A seconda del reddito e della loro composizione, le famiglie ricevono prestazioni economiche come il Bonus Bebè (fino a 192 EUR al mese) e l'Assegno per il nucleo familiare. Il bilancio 2020 ha raddoppiato (portandolo da 1 500 a 3 000 EUR) l'importo annuale del Bonus Nido ( 51 ) per le famiglie a basso reddito. Nell'anno scolastico 2016/2017 i posti disponibili negli asili nido corrispondevano tuttavia solo al 24 % dei bambini al di sotto dei tre anni, con ampie variazioni regionali (ISTAT, 2019d). Si tratta di un dato significativamente inferiore all'obiettivo del 33 % fissato dal Consiglio nei suoi orientamenti in materia di occupazione (2008-2010). Le diverse misure di politica sociale connesse alla famiglia spesso non sono coordinate e manca una strategia globale. Il governo ha iniziato a prendere provvedimenti per migliorare il sistema di trasferimenti sociali per i figli facilitando l'accesso ai servizi di cura dell'infanzia per i bambini nella fascia di età 0-3 anni, anche tramite un sostegno economico. È stata inoltre aumentata la durata del congedo di paternità obbligatorio (da 5 a 7 giorni).

La mobilità dalle regioni meridionali a quelle settentrionali rimane elevata. Nel 2018 oltre 1,35 milioni di abitanti si sono trasferiti entro i confini nazionali. Il Sud ha registrato un tasso migratorio interno negativo, che varia da -5,2 per 1 000 abitanti in Calabria a -0,6 in Abruzzo. Al contrario, il Nord è stato interessato da afflussi di popolazione. In particolare, secondo l'ISTAT, oltre 240 000 giovani con un livello di istruzione medio-alto si sono trasferiti dalle regioni meridionali a quelle settentrionali tra il 2008 e il 2017, inasprendo il fenomeno della fuga dei cervelli nelle prime e attenuandolo nelle seconde. Nel complesso, dal 2000 quasi 2 milioni di persone hanno lasciato il Sud, soprattutto in cerca di lavoro (SVIMEZ 2019).

L'Italia ha di fronte due sfide importanti: integrare le persone provenienti da un contesto migratorio e attrarre lavoratori qualificati. Nel 2019 il numero di cittadini di paesi terzi è rimasto costante. Nel 2018 sono stati rilasciati meno permessi di soggiorno (il 7,9 % in meno rispetto al 2017); a diminuire sono stati soprattutto i permessi per richiesta di asilo (-41,9 %), mentre sono aumentati i permessi per lavoro (19,7 %) e ricongiungimento familiare (8,2 %). Nonostante presentino un tasso di occupazione leggermente superiore rispetto alla popolazione autoctona (63,2 % contro 62,9 %), i cittadini di paesi terzi sono molto più a rischio di povertà o esclusione (47,7 % contro 25,2 %) e povertà lavorativa (32,7 % contro 10 %). Anche il divario nei tassi di abbandono scolastico tra studenti autoctoni e studenti provenienti da un contesto migratorio è tra i più ampi dell'UE (39,4 % contro 12,3 %). Il livello medio delle competenze dei migranti è inoltre inferiore a quello della popolazione autoctona ( 52 ). Manca una strategia globale per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi, a prescindere dal loro status giuridico. Il Piano nazionale d'integrazione dei titolari di protezione internazionale del 2017 non è ancora stato pienamente attuato. È necessario monitorare ulteriormente l'impatto sull'integrazione sociale della recente riforma del sistema di accoglienza per i richiedenti asilo e delle norme in materia di immigrazione e sicurezza. Nel 2019 il Decreto Crescita e il decreto fiscale 124/2019 hanno aumentato i benefici fiscali per i lavoratori che spostano la residenza fiscale in Italia, con l'obiettivo di attrarre forza lavoro o richiamarla e, indirettamente, influire sulla migrazione qualificata.

Riquadro 4.3.1 - Monitoraggio dei risultati alla luce del pilastro europeo dei diritti sociali

Il pilastro europeo dei diritti sociali funge da bussola per orientare un rinnovato processo di convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro nell'Unione europea. Esso stabilisce 20 principi e diritti essenziali in materia di pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque, protezione e inclusione sociali.

Il quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali evidenzia numerose sfide occupazionali e sociali in Italia. Sebbene in ripresa, le condizioni del mercato del lavoro rimangono difficili. Il tasso di disoccupazione è ancora elevato e i tassi di occupazione e di attività restano estremamente bassi, soprattutto per quanto riguarda le donne. I giovani e i disoccupati di lunga durata incontrano particolari difficoltà. Sebbene la quota di contratti a tempo determinato sia aumentata nel medio periodo, nell'ultimo anno la creazione di posti di lavoro è stata trainata dai contratti a tempo indeterminato. Le difficili condizioni del mercato del lavoro hanno anche un impatto sui risultati sociali. Il reddito disponibile lordo delle famiglie è ancora al di sotto dei livelli pre-crisi. Se il rischio di povertà e di esclusione sociale è in calo, le disparità di reddito sono invece aumentate nel 2018 (l'indicatore S80/S20 si è attestato a 6,1). Negli ultimi anni la povertà lavorativa è costantemente cresciuta, stabilizzandosi al 12,2 % nel 2018. L'accesso a servizi quali la cura dell'infanzia e l'assistenza sanitaria è intorno alla media UE, benché soggetto a forti differenze territoriali.

L'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro continua a essere una sfida importante. La disoccupazione giovanile, al 29,1 % nel terzo trimestre del 2019, è tra le più alte dell'UE. Anche l'inattività e i tassi elevati di abbandono scolastico sono motivo di preoccupazione. Il tasso di giovani non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione (NEET), prossimo al 20 %, è il più elevato dell'UE e la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente l'istruzione e la formazione è aumentata fino a raggiungere il 14,5 % nel 2018. Anche i giovani altamente qualificati incontrano difficoltà: il tasso di occupazione dei diplomati dell'istruzione terziaria rimane basso. Le prospettive occupazionali limitate spingono sempre più giovani in possesso di un titolo di istruzione terziaria a emigrare all'estero oppure a trasferirsi dal Mezzogiorno alle regioni settentrionali e centrali. Gli incentivi fiscali all'assunzione dei giovani sono ampiamente utilizzati, ma manca ancora una valutazione adeguata della loro efficienza ed efficacia.

Le azioni intraprese nell'ambito della garanzia per i giovani possono favorire il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro per le nuove generazioni. I giovani NEET che partecipano al sistema di garanzia per i giovani ammontano a oltre 1,5 milioni, di cui circa 1,2 milioni erano stati presi in carico dai servizi competenti entro la fine del 2019. Di questi, circa il 60 % ha completato un percorso nell'ambito del sistema, con un tasso medio di inserimento occupazionale del 55,5 %. Una solida metodologia di profilazione consente di sviluppare servizi personalizzati. In termini di risultati, persistono ampie disparità tra il Nord e il Sud, in cui è maggiore la frequenza di casi complessi. Permane la sfida della diffusione del programma, ma l'introduzione di una nuova misura per l'intercettazione dei giovani più vulnerabili sembra promettente. Gli apprendistati potrebbero essere ulteriormente sviluppati, mentre i tirocini rappresentano la misura attuata con più frequenza. Un monitoraggio attento potrebbe contribuire a ridurre il rischio di uso improprio dei tirocini come alternativa ai contratti di lavoro.

4.4. Competitività, riforme e investimenti

4.4.1.Investimenti e tendenze della produttività*

Produttività

L'evoluzione modesta della produttività aggregata nasconde ampie differenze a livello settoriale, aziendale e regionale. La lieve crescita del PIL registrata di recente in Italia è attribuibile all'aumento dell'occupazione piuttosto che alla crescita della produttività. L'Italia si annovera tra i paesi dell'OCSE con le peggiori performance in termini di incremento della produttività (dati Eurostat; OCSE, 2019). In effetti, dal 2000 la produttività del lavoro è rimasta pressoché invariata e la produttività totale dei fattori (PTF) è leggermente diminuita. La produttività del lavoro nel settore manifatturiero è complessivamente aumentata, anche se meno che nei paesi comparabili, mentre è diminuita nei servizi e in alcune regioni meridionali. Inoltre, la crescita della produttività si è concentrata nelle imprese esportatrici più grandi.

L'impatto sulla produttività della trasformazione secolare della struttura economica è stato più negativo in Italia che nei paesi comparabili. Tra il 1970 e il 2016 la produttività dell'industria manifatturiera italiana è aumentata in media del 2,9 %, mentre la quota del valore aggiunto del settore è leggermente diminuita, passando dal 20 % al 19 %. Allo stesso tempo il peso dei servizi sul valore aggiunto dell'Italia è aumentato dal 51 % al 70 %, mentre la produttività è cresciuta solo dello 0,16 %. La modesta produttività dei servizi spiega il divario con altri paesi dell'UE (Bauer et al., 2020).

L'evoluzione disomogenea della produttività nei sottosettori dei servizi merita attenzione. Specifici sottosettori dei servizi, che rappresentano una quota significativa del valore aggiunto lordo (VAL), hanno rappresentato un importante freno alla crescita della produttività aggregata a lungo termine ( 53 ). La disaggregazione dei servizi alle imprese mostra le tendenze complessivamente negative della produttività del lavoro nel periodo 2008-2018 nei settori delle costruzioni, delle attività professionali e dei servizi non destinati alle imprese. Alberghi, ristorazione, trasporti e commercio, che rappresentano una quota significativa del VAL italiano, figurano tra i sottosettori a bassa crescita della produttività (grafico 4.4.1). I fattori di analisi che spiegano questo risultato potrebbero orientare l'azione politica.

 L'importanza dell'economia informale nei servizi e la debolezza del contesto imprenditoriale contribuiscono a spiegare la bassa produttività dei servizi. L'economia informale riduce l'efficienza tecnica e la produttività (ISTAT, 2019e). Il valore aggiunto non dichiarato è stimato all'11,9 % delle costruzioni, al 13,2 % di commercio, trasporti, alberghi e ristorazione e all'11,3 % delle attività professionali, mentre il lavoro non dichiarato rappresenta il 22,7 % dei servizi alle famiglie (ISTAT, 2019e). La bassa integrazione dei servizi nel mercato unico, gli ostacoli normativi e altri aspetti relativi al contesto imprenditoriale (sezione 4.4.3) contribuiscono a spiegare la performance mediocre in alcuni di questi sottosettori.

Grafico 4.4.1 -Crescita della produttività per ora lavorata, 2008-2018

 

(1) Tra parentesi categorie NACE rev. 2.

Fonte: Commissione europea

La maggiore creazione di posti di lavoro in settori a più bassa produttività indica un margine di miglioramento dell'allocazione complessiva del lavoro. Tra il 2008 e il 2018 la quota di lavoro è leggermente diminuita nei settori in cui la produttività è aumentata, mentre è leggermente aumentata nei settori che hanno subito perdite di produttività. Tra il 2010 e il 2017 si è registrata una distruzione dello 0,4 % dei posti di lavoro in settori in cui la produttività era superiore alla media, mentre la creazione di posti di lavoro è stata dello 0,7 % in settori con una produttività inferiore alla media, in particolare alberghi, ristorazione e servizi alle famiglie (dati Eurostat; OCSE, 2019). Potrebbe esserci un trade-off tra aumento della produttività e occupazione, nonché tra produttività e ore di lavoro (Collwet et al., 2017; Brachet et al., 2012).

Allo stesso tempo la creazione di posti di lavoro è maggiore nelle imprese più produttive dello stesso settore. L'analisi della riallocazione del lavoro all'interno dei settori tra il 2007 e il 2013 indica miglioramenti continui dell'efficienza allocativa: le imprese in cima alla distribuzione della produttività creano più posti di lavoro, mentre si registra una maggiore distruzione di posti di lavoro nelle imprese meno produttive nei settori sia dei servizi che manifatturiero (Bauer et al., 2020). Inoltre, le imprese in crescita registrano per la maggior parte una maggiore produttività del lavoro ( 54 ).

L'elevato livello occupazionale nelle piccole imprese contribuisce a spiegare il divario di produttività con l'UE. La produttività (sia del lavoro che PTF) nelle microimprese, in particolare nel settore manifatturiero, è sistematicamente inferiore a quella delle grandi imprese ( 55 ) e nel periodo 2000-2015 tale divario è passato dal 55 % a quasi il 65 % del livello delle migliori imprese. Nei servizi (caratterizzati da dimensioni medie più ridotte) il divario è minore, anche se significativo, e stabile nel tempo. Nei servizi, le imprese di medie dimensioni presentano spesso una maggiore produttività del lavoro rispetto alle grandi imprese (CompNet, 6th Vintage Data). A livello settoriale la maggiore produttività delle grandi imprese nei settori manifatturiero, commercio al dettaglio, alberghi e ristorazione è controbilanciata dal numero ben più alto di piccole imprese negli stessi settori. Questo fatto può anche spiegare il divario negativo di produttività con l'UE, in particolare per quanto riguarda il settore delle costruzioni e i servizi professionali (Bauer et al., 2020).

Le condizioni quadro rimangono relativamente sfavorevoli alla crescita delle imprese. I settori ad alta tecnologia e ad alta intensità di conoscenza, come la programmazione dei computer, le telecomunicazioni e la ricerca scientifica, presentano una quota particolarmente elevata di imprese ad alta crescita ( 56 ). Nel biennio 2015-2016 queste imprese hanno rappresentato il 64 % della crescita occupazionale complessiva (Flachenecker et al., 2020). In Italia, nel 2016 le imprese ad alta crescita rappresentavano il 9 % circa di tutte le imprese attive (10 % nell'UE) e il 12 % dell'occupazione totale nella business economy (15 % nell'UE) ( 57 ). Le imprese ad alta crescita italiane tendono anche a essere sottorappresentate nei settori innovativi rispetto alla media dell'UE. Questa scarsa performance dipende da una serie di fattori, quali la ridotta disponibilità di competenze imprenditoriali e di legami tra gli innovatori delle PMI (Flachenecker et al., 2020) e il debole sviluppo del capitale di rischio (sezione 4.2).

La crescita della produttività è inoltre limitata da un dinamismo delle imprese italiane già scarso e in peggioramento. Il tasso di ricambio delle imprese è in costante diminuzione dal 2016 nel complesso dei settori manifatturiero e dei servizi, e in particolare per quanto riguarda i servizi di informazione e comunicazione e i servizi professionali. I tassi di entrata (senza imprese individuali) in tutti i settori indicano una leggera e diffusa diminuzione tra il 2008 e il 2016 (Bauer et al., 2020). Pertanto, gli stimoli all'entrata e al dinamismo delle imprese in generale possono contribuire a favorire la crescita della produttività (Bauer et al., 2020).

Il sistema frammentato delle imprese in Italia registra ritardi anche nella digitalizzazione. Oltre la metà delle imprese italiane è caratterizzata da un basso livello di investimenti nelle tecnologie digitali e da una digitalizzazione molto limitata. Nel 2019 il 37,8 % delle imprese italiane aveva un indice di intensità digitale basso e il 41,8 % molto basso (rispetto alla media dell'UE rispettivamente del 35,6 % e del 38,6 %) ( 58 ). Inoltre, il tasso di penetrazione dell'intelligenza artificiale è di circa un quarto della media UE (Gonzalez Vazquez et al., 2019). Tra le cause si annoverano la frammentazione del sistema produttivo italiano in piccole imprese, la discontinuità e l'attuazione lenta di alcune politiche nazionali e lo scarso livello delle competenze digitali di base e avanzate (sezione 4.3). Si registrano inoltre ritardi in termini di copertura della banda larga ultraveloce (24 % delle famiglie in Italia rispetto al 60 % nell'UE) ( 59 )e di sua diffusione (13 % in Italia, 26 % nell'UE), elementi chiave per rafforzare l'economia digitale ( 60 ). Le carenze sono maggiori nelle zone rurali, anche per quanto riguarda la copertura della banda larga veloce (43,4 % delle famiglie contro una media nazionale e dell'UE pari rispettivamente al 90 % e al 52,8 %). D'altra parte, l'Italia ha completato, già nel 2018, l'asta per l'assegnazione dello spettro radio nelle bande pioniere per il 5G e le sperimentazioni del 5G sono iniziate già nel 2017 ( 61 ).

L'eterogeneità tra imprese e settori richiede un'azione politica su misura. La modesta performance delle imprese più piccole conferma la necessità di politiche che aiutino le imprese a crescere e ad adottare soluzioni per aumentare la produttività (ad esempio, innovazioni digitali accompagnate da adeguato capitale umano), incrementare lo scambio di conoscenze, sfruttare le sinergie e superare la frammentazione lungo la catena del valore, che rimane una delle principali carenze nel processo di digitalizzazione nel settore manifatturiero (ISTAT, 2019g; Confindustria, 2018 e 2019). Inoltre, la modesta performance di specifici settori evidenzia la necessità di eliminare i principali ostacoli alla produttività, compresi gli oneri amministrativi e le restrizioni normative (sezione 4.4.2).

Le attuali misure politiche sostengono la digitalizzazione e l'innovazione delle imprese, ma vi sono margini di miglioramento. I poli di innovazione digitale favoriscono la diffusione di informazioni sulle opportunità di investimenti digitali tra le PMI, e i centri di competenza nazionali sostengono la ricerca industriale e lo sviluppo sperimentale, la formazione e il trasferimento di tecnologie. La diffusione delle informazioni, il coordinamento e la valutazione in relazione a dette iniziative sono fondamentali per rafforzare l'innovazione. I ritardi nell'attuazione (ad esempio nell'istituzione dei centri di competenza) riducono l'impatto di dette misure. Per garantirne la pertinenza e l'efficacia, le misure devono essere più selettive ( 62 ). Il numero di grandi imprese tra i beneficiari delle misure resta elevato (ISTAT, 2019g). Non è ancora disponibile una valutazione di queste misure sotto il profilo dell'efficienza dei costi, valutazione che potrebbe contribuire a razionalizzare gli incentivi fiscali.

La discontinuità delle politiche a sostegno del trasferimento di conoscenze e degli ecosistemi dell'innovazione frena la performance in termini di innovazione. Nel 2019 solo il 2 % delle pubblicazioni italiane erano co-pubblicazioni pubblico/privato (un indicatore della collaborazione tra ricercatori e imprese), rispetto al 4 % dell'UE. Inoltre, la quota è inferiore alla media dell'UE in settori quali le scienze della vita, la medicina e l'ingegneria. Tuttavia, recenti iniziative, come i cluster tecnologici e i partenariati pubblico-privato, sono state discontinue e frammentate, il che ha creato incertezza.

Investimenti

Data l'importanza degli investimenti per stimolare la produttività, l'evoluzione positiva degli investimenti privati e, più recentemente, pubblici è incoraggiante. È continuato il calo degli investimenti pubblici, scesi al 2,1 % del PIL nel 2018, rispetto al 2,2 % nel 2017 (e al 3 % nel 2008). Tuttavia, i dati sul numero di progetti e sui pagamenti legati agli investimenti delle amministrazioni locali indicano un cambiamento di tendenza dalla fine del 2018. Inoltre, nuovi fondi aggiunti sono stati previsti nella legge di bilancio 2020 per il finanziamento degli investimenti pubblici a livello centrale e locale e per gli investimenti verdi. D'altra parte, i progressi sul fronte del miglioramento della capacità amministrativa sono stati limitati (sezione 4.4.2). Gli investimenti delle imprese hanno raggiunto il 10,2 % del PIL nel 2018, leggermente al di sotto del valore del 2008 (10,7 %). Più precisamente, il tasso di investimento delle società non finanziarie è in aumento dal 2014, ed ha raggiunto il 21,8 % nel 2018, pur restando al di sotto del valore del 2007 (23,5 %).

Gli investimenti fissi registrano una lenta ripresa dopo la crisi ed è aumentata la quota dei diritti di proprietà intellettuale. Dopo il calo del 2014 gli investimenti hanno registrato un continuo aumento, per arrivare a quasi 300 miliardi di EUR nel 2018 (17,7 % del PIL), pur rimanendo per quasi 60 miliardi di EUR al di sotto dei livelli pre-crisi, quando erano pari al 21 % del PIL. Il lungo periodo di riduzione ha riguardato in particolare il settore delle costruzioni, in particolare il comparto non residenziale, mentre è ormai ben avviata la ripresa nel settore dei macchinari e delle attrezzature per il trasporto, grazie tra l'altro al sostegno delle misure di Impresa 4.0. Nel 2018 i diritti di proprietà intellettuale sono aumentati al 17,3 % degli investimenti complessivi, quasi 5 punti percentuali in più rispetto al 2000, il che consente all'Italia si collocarsi nell'intervallo medio tra i paesi dell'OCSE, sebbene dopo altri paesi come la Francia e la Germania (OCSE, 2019).

Gli investimenti immateriali non inclusi nei conti nazionali segnano un ritardo. Sebbene l'Italia si collochi al di sopra della media dei paesi dell'UE-15 in termini di rapporto investimenti immateriali/capitale, il paese sembra essere in ritardo in termini di investimenti immateriali non inclusi nei conti nazionali (33 % del rapporto investimenti/capitale rispetto a una media del 36 % nel 2015) (Bauer et al., 2020). Il tasso di investimento nei marchi è stato particolarmente basso. Se si considera il peso che hanno nella produzione i beni immateriali non inclusi nei conti nazionali, in Italia il contributo della crescita del capitale immateriale all'aumento della produttività è piuttosto modesto (meno dello 0,1 %, circa la metà della media dell'UE).

Riquadro 4.4.1 - Sfide in termini di investimenti

Dal 2015 gli investimenti privati hanno registrato una moderata ripresa, principalmente nelle attrezzature, pur rimanendo sostanzialmente al di sotto del livello pre-crisi e della media della zona euro. La debolezza degli investimenti è connessa, tra l'altro, alla debolezza della domanda, all'inefficienza del mercato creditizio, alla percentuale relativamente bassa di persone con grado di istruzione terziaria e a un contesto imprenditoriale non sufficientemente favorevole. Gli investimenti pubblici hanno registrato un costante calo e solo recentemente hanno iniziato a mostrare segni di ripresa. L'elevato stock di debito delle amministrazioni pubbliche continua a gravare sugli investimenti pubblici. Permangono disparità regionali, in particolare per quanto riguarda gli investimenti innovativi.

Tabella 4.3.1a - Valutazione degli ostacoli agli investimenti e riforme in corso

 

Fonte: Commissione europea

Diversi fattori contribuiscono a frenare gli investimenti e la crescita della produttività. Le inefficienze del settore pubblico continuano a ostacolare gli investimenti, in particolare gli investimenti pubblici a livello locale (sezione 4.4), a causa della debole capacità amministrativa. L'eccessivo ricorso da parte delle imprese al credito bancario e le debolezze di diverse banche limitano l'accesso ai finanziamenti, in particolare per le imprese più piccole e innovative (sezione 4.3). La debolezza del capitale umano e lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze, un contesto imprenditoriale non sufficientemente favorevole, l'elevato onere fiscale che grava sulle imprese e l'incertezza del quadro politico sono ulteriori elementi che contribuiscono a frenare gli investimenti (sezione 4.4).

Specifici ostacoli agli investimenti e azioni prioritarie in corso

1. La debole capacità amministrativa del settore pubblico italiano, in particolare l'inadeguatezza del capitale umano, continua a rappresentare un ostacolo agli investimenti, soprattutto a livello locale, e impedisce l'attuazione dei fondi UE. Profili specializzati e assistenza tecnica alle amministrazioni centrali e locali potrebbero contribuire a sbloccare gli investimenti pubblici. Non sono ancora operative le due agenzie pubbliche (Struttura per la progettazione e Investitalia), create all'inizio del 2019 per assistere le amministrazioni centrali e locali nella pianificazione e nell'attuazione dei progetti di investimento (sezione 4.4.2).

2. La disponibilità di laureati, in particolare in informatica, scienze e ingegneria, è relativamente bassa e rappresenta un ostacolo soprattutto per gli investimenti innovativi. Dipendenti e dirigenti non sufficientemente qualificati concorrono a limitare il potenziale di investimenti e innovazione. L'istruzione terziaria rimane sottofinanziata e sbilanciata verso le materie non scientifiche e non tecniche.

La spesa per R&S è rimasta relativamente bassa. La spesa pubblica per R&S è in calo dal 2013, e nel 2018 ha raggiunto lo 0,5 % del PIL, il secondo livello più basso tra i paesi dell'UE-15. Sebbene la spesa per R&S delle imprese sia in aumento negli ultimi anni (nel 2018 ha raggiunto lo 0,86 % del PIL), il livello rimane nettamente al di sotto della media dell'UE (1,41 %). Di conseguenza, il numero di ricercatori ogni mille persone attive occupate dalle imprese è pari solo alla metà della media UE (2,3 % contro 4,3 % nel 2017). Dal 2017 gran parte della crescita della R&S è attribuibile all'attività di nuove imprese che investono in R&S, mentre è rimasta stabile la spesa delle imprese che presentavano già buoni risultati per quanto riguarda la R&S. I dati preliminari per il 2019 indicano un aumento della spesa privata per R&S.

La mancanza di laureati in scienze, tecnologia, ingegneria e matematica potrebbe rivelarsi critica nel prossimo futuro. Secondo le previsioni di Confindustria (di prossima pubblicazione) i settori TIC, chimico e meccanico sono i settori in cui nei prossimi anni saranno creati nuovi posti di lavoro. L'interfaccia con le strategie di specializzazione intelligente (Smart Specialisation Strategies) può contribuire a superare lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze e istruzione. Alcuni progetti pilota sono in corso nella Regione Emilia Romagna e nella Provincia di Trento per collegare i programmi di studio per l'istruzione secondaria e terziaria agli ambiti delle strategie regionali di specializzazione intelligente.

Il contributo delle piccole imprese agli investimenti è diminuito dopo la crisi. Nel 2008 le microimprese e le imprese con meno di 20 dipendenti rappresentavano il 38 % degli investimenti privati nell'industria, nelle costruzioni, nel commercio e nei servizi. Al 2017 la quota era scesa di 10 punti percentuali a causa di fattori legati alla demografia delle imprese, ma anche ai maggiori ostacoli che le imprese più piccole incontrano nell'accesso ai finanziamenti (Banca d'Italia, 2019a).

Le imprese in difficoltà incidono negativamente sugli investimenti e sulla produttività. La quota di imprese in difficoltà è stimata a circa l'8 % nel 2014, con una percentuale leggermente superiore nei servizi rispetto al manifatturiero. Nel 2013 queste imprese hanno assorbito circa il 10 % dello stock di capitale (Banca d'Italia, 2019a). In quanto sottraggono risorse, le imprese in difficoltà possono incidere sulla crescita dell'occupazione e sui tassi di investimento di altre imprese più produttive, riducendo così la produttività aggregata. Per l'Italia, Bauer et al. (2020) riscontrano un impatto negativo sulla crescita dell'occupazione e sui tassi di investimento, sebbene gli effetti sulla produttività del lavoro e sulla PTF appaiano inferiori che in altri Stati membri.

Recentemente il governo ha posto maggiore accento sulle misure a sostegno degli investimenti e della competitività. Il precedente programma, Impresa 4.0, è stato ribattezzato Transizione 4.0, per sottolineare il nuovo accento posto sugli investimenti verdi (sezione 4.5), oltre che sull'innovazione. Gli investimenti nelle tecnologie verdi possono anche ridurre i costi dei materiali. Gli incentivi fiscali per promuovere gli investimenti in capitale fisico e immateriale sono stati prorogati per i prossimi anni e trasformati in credito di imposta, il che potrebbe aumentare del 40 % il numero di imprese beneficiarie ( 63 ). Il nuovo credito di imposta mira anche a sostenere l'economia circolare e la sostenibilità ambientale, nonché la spesa per l'acquisizione delle competenze necessarie per la transizione digitale. Gli investimenti in tecnologie chiave, quali l'intelligenza artificiale e la cibersicurezza, sono stati annunciati nel piano nazionale per l'innovazione 2025, accanto a iniziative chiave nel settore del calcolo ad alte prestazioni. Il piano evidenzia anche il ruolo che la pubblica amministrazione e la governance pubblica potrebbero avere come motori della transizione digitale del paese. Gli investimenti in infrastrutture digitali e R&S contribuirebbero al conseguimento dell'OSS 9 - Industria, innovazione e infrastrutture.

4.4.2.Contesto normativo e qualità istituzionale*

Amministrazione pubblica e contesto imprenditoriale

Nell'ultimo decennio vi è stato un miglioramento del contesto imprenditoriale nel suo complesso, ma permangono sfide importanti. Gli indicatori "Doing business" 2020 confermano che il contesto imprenditoriale in Italia ha registrato un lento miglioramento nell'ultimo decennio, ma è ancora in ritardo rispetto ai paesi comparabili (grafico 4.4.2). L'ottenimento di crediti e l'esecuzione dei contratti presentano il punteggio più basso (inferiore a 50). Anche il pagamento delle tasse e la risoluzione dell'insolvenza registrano punteggi relativamente bassi (circa 63-64), pur avendo registrato miglioramenti superiori alla media (in aumento rispetto a 51 circa nel 2010). Le PMI sono tra le più colpite dal contesto imprenditoriale non favorevole. Secondo il riesame delle performance delle PMI della Commissione europea, l'Italia presenta uno dei punteggi più bassi nell'UE per quanto riguarda l'amministrazione ricettiva, gli aiuti di Stato e gli appalti pubblici.

La performance in termini di pagamenti tra imprese private registra un deterioramento. I ritardi nei pagamenti creano limiti finanziari per i fornitori, aggravandone la gestione della liquidità. Solo il 35,5 % dei pagamenti viene eseguito entro i termini contrattuali, mentre i ritardi eccessivi (superiori ai 30 giorni) sono più che raddoppiati dal 2010 ( 64 ). Ciò vale in particolare per le imprese più grandi: solo il 12 % delle imprese più grandi (contro il 36 % delle microimprese) paga le fatture entro i termini. È nel settore delle costruzioni che i ritardi nei pagamenti si fanno particolarmente sentire, sia da parte delle altre imprese (B2B) che della pubblica amministrazione, il che contribuisce, assieme ad altri fattori ( 65 ), alla modesta performance del settore (sezione 4.4.1).

Sono state proposte nuove iniziative politiche per migliorare il contesto imprenditoriale. Dopo l'agenda per la semplificazione 2015-2017 è in fase di attuazione una nuova agenda (2018-2020) che sostiene le imprese grazie alla semplificazione delle procedure di autorizzazione. Tuttavia, manca ancora una valutazione dell'impatto effettivo della prima agenda. Anche il piano per l'informatica nella pubblica amministrazione e il portale nazionale online per gli incentivi hanno lo scopo di semplificare ulteriormente le procedure e aumentare la capacità dell'amministrazione pubblica di rispondere alle esigenze delle imprese.

Sono in corso misure per migliorare la pubblica amministrazione. La riforma della pubblica amministrazione del 2015 è in corso di attuazione e nel giugno 2019 è stata adottata la legge "concretezza", che istituisce un nucleo a sostegno delle amministrazioni per l'attuazione concreta delle riforme e il ricambio completo nel pubblico impiego. Inoltre, nel 2019 sono stati annunciati due progetti di legge volti a semplificare e codificare la legislazione vigente e a migliorare il pubblico impiego, anche a livello dirigenziale. Queste misure completano quelle adottate con la riforma del 2015, in materia di procedure di assunzione, piano dei fabbisogni di competenza, valutazione delle competenze e della performance, la cui attuazione è ancora in corso. Il nuovo pacchetto di misure, se attuato correttamente e rapidamente, potrebbe apportare benefici in termini di efficienza ed efficacia del pubblico impiego.

Grafico 4.4.2 -Evoluzione dell'indicatore "facilità di fare impresa" (100=risultato migliore)

 

1) Gli indicatori sono stati ricalcolati per tener conto esclusivamente della performance degli Stati membri dell'UE.
2) La metodologia è stata modificata nel 2015.

Fonte: calcoli della Commissione sulla base dei dati "Doing Business" della Banca mondiale.

Prosegue la digitalizzazione dei servizi pubblici. L'Italia sta lentamente migliorando la sua performance nell'offerta di servizi pubblici digitali per i cittadini e le imprese ( 66 ). Nel 2019, tuttavia, il grado di interazione online tra autorità pubbliche e cittadini era ancora limitato: in Italia solo il 32,3 % degli utenti di internet ha optato per moduli e procedure online (media UE: 67,3 %) ( 67 ). La creazione del nuovo ministero per l'Innovazione tecnologica e la digitalizzazione potrebbe sostenere la digitalizzazione, assicurando un migliore coordinamento della trasformazione digitale della pubblica amministrazione, in particolare a livello locale. Inoltre, nel 2020 il governo lancerà la app per smartphone "IO.it", che si prevede consentirà di rendere facilmente accessibili alcuni servizi pubblici, sia a livello nazionale che locale, tramite dispositivi mobili, aumentandone così l'utilizzo. Per essere efficace, dovrà essere rapidamente estesa ad altri servizi, in modo da fungere da vero e proprio punto di accesso. Infine, l'adozione nel marzo 2019 del nuovo piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2019-2021 ( 68 ) rappresenta un altro importante sviluppo.

È necessaria una strategia integrata per rafforzare la capacità amministrativa. Il governo e i portatori di interessi ( 69 ) hanno individuato nella debolezza della capacità amministrativa, in particolare a livello locale, una delle principali sfide della pubblica amministrazione, in particolare per quanto riguarda gli investimenti, l'attuazione delle norme in materia di appalti pubblici e l'assorbimento dei fondi UE ( 70 ). I dipendenti pubblici italiani, che hanno in maggioranza una formazione di tipo giuridico-amministrativo, mancano di competenze economiche e tecniche. Inoltre, quasi il 30 % dei dipendenti pubblici ha dichiarato di non avere accesso a materiale di supporto (la percentuale è inferiore al 10 % in tutti i paesi europei comparabili) (Commissione europea, 2016). Per affrontare il problema, all'inizio del 2019 sono state istituite due agenzie pubbliche (Struttura per la progettazione e Investitalia), con il compito di assistere le amministrazioni centrali e locali nella pianificazione e nell'attuazione dei progetti di investimento. Inoltre, vari ministeri e organismi pubblici hanno avviato una serie di iniziative di formazione sulla base delle proprie diverse priorità. Tuttavia, le agenzie non sono ancora operative, sebbene proceda la selezione del personale, mentre le formazioni sono destinate solo ad una piccola parte dei dipendenti e non sono coordinate a livello centrale.

L'Italia non ha ancora completato fondamentali riforme per affrontare le inefficienze del sistema degli appalti pubblici. I numerosi tentativi di riformare il sistema hanno generato incertezza sia per le amministrazioni locali sia per le imprese, mentre hanno consentito solo marginalmente di contrastare la frammentazione. A seguito di due consultazioni con i portatori di interessi nel 2018 e nel 2019, il governo ha deciso di reintrodurre una normativa unica, con una riduzione significativa del ruolo delle linee guida anticorruzione. Ha inoltre annunciato l'intenzione di riesaminare nuovamente il codice nel 2020 Non vi sono stati progressi per quanto riguarda il coordinamento delle politiche in materia di appalti pubblici (Commissione europea, 2019a). Queste questioni impediscono all'Italia di continuare a semplificare e razionalizzare gli appalti e a renderli trasparenti, nonostante gli sforzi significativi compiuti negli ultimi anni dalle autorità sia centrali che locali (ad esempio, le iniziative volte a migliorare l'aggregazione, la creazione di un registro dei contratti e i lavori tecnici per creare un sistema coerente per gli appalti elettronici). Un sistema efficiente per gli appalti pubblici potrebbe anche contribuire a impedire le infiltrazioni della criminalità organizzata, che rappresentano un grave problema in varie regioni e che vanno a scapito anche della qualità istituzionale generale. ( 71 )

La capacità amministrativa incide anche sulla corretta attuazione del quadro del mercato unico. Nel 2018 il numero di notifiche di progetti di regolamentazioni tecniche da parte dell'Italia (82) è stato molto inferiore che nei paesi comparabili (ad esempio, 199 in Francia e 182 in Germania). Un'incidenza al riguardo potrebbero avere la limitata conoscenza da parte della pubblica amministrazione degli obblighi derivanti dalla direttiva sulla trasparenza del mercato unico ( 72 ) e la mancanza di coordinamento. Le lacune a livello di conoscenze riguardano in particolare il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, l'agenzia per la comunicazione, l'agenzia per l'Italia digitale, l'agenzia per la sicurezza del volo e l'agenzia per la sicurezza delle ferrovie. La mancata notifica delle nuove norme può creare ostacoli tecnici agli scambi, in quanto ne impedisce il controllo preliminare da parte della Commissione e degli altri Stati membri. Inoltre, lo scarso coordinamento e le ridotte risorse continuano a limitare l'efficacia della vigilanza del mercato dei beni e il numero di constatazioni di non conformità condivise con altri Stati membri rimane basso, con ripercussioni sull'intero mercato unico (Commissione europea, 2019a).

Giustizia e corruzione

Nonostante recenti miglioramenti, la scarsa efficienza del sistema giudiziario civile italiano rimane problematica. I tempi di risoluzione dei contenziosi civili e commerciali in Italia restano i più elevati dell'UE nei gradi di giudizio superiori ( 73 ). I lunghi procedimenti civili possono incidere negativamente sull'attività imprenditoriale e sugli investimenti diretti esteri (Lorenzani e Lucidi, 2014). Nel 2018 i tempi del processo sono diminuiti del 4 % in primo grado (ministero della Giustizia), del 3,4 % in secondo grado e del 2,5 % presso la Corte di Cassazione (Commissione europea, 2020c). In secondo grado ciò è dovuto principalmente a un tasso di smaltimento superiore al 100 %, nonostante un costante aumento del tasso di appello nelle cause civili (dal 19 % nel 2014 al 24 % nel 2018). La tendenza positiva osservata recentemente presso la Corte di Cassazione potrebbe presto essere invertita da un marcato aumento delle cause in entrata nel settore della protezione internazionale (+450 % in un anno) e delle controversie tributarie (+10 % in un anno), con tassi di inammissibilità e di rigetto molto elevati ( 74 ). Permangono dunque preoccupazioni circa la qualità del sistema della giustizia tributaria italiana nel primo e secondo grado di giudizio; la Corte di Cassazione è riuscita a mantenere un tasso di smaltimento intorno al 100 %, principalmente ricorrendo a giudici supplementari nella sua sezione tributaria. Sono attualmente in fase di discussione riforme finalizzate alla ristrutturazione e all'ulteriore specializzazione delle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado. Continuano a destare preoccupazione anche le differenze di rendimento tra i tribunali e l'elevato numero di posti vacanti per personale amministrativo. Nel complesso, alcune riforme della giustizia civile adottate negli ultimi anni e alcune misure organizzative cominciano a dare i loro frutti in termini di diminuzione degli arretrati e di durata dei processi. Tuttavia, al fine di ridurre la durata dei processi esiste ancora un ampio margine di miglioramento nel garantire una gestione più efficiente delle cause e nel limitare gli appelli ingiustificati, anche dinanzi alla Corte di Cassazione.

È in fase di discussione un progetto globale di riforma per semplificare la procedura civile. Assicurare un'adeguata applicazione di norme procedurali più semplici, unita a un maggiore ricorso a pratiche efficaci di gestione delle cause, potrebbe contribuire ad accelerare in modo decisivo i processi civili. Nel dicembre 2019 il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge ( 75 ) destinato a semplificare in modo sostanziale il processo civile, che dovrà ora essere approvato dal Parlamento. Il disegno di legge estende l'uso delle procedure semplificate e aumenta la gamma dei casi in cui il giudice decide in composizione monocratica; elimina inoltre il filtro di ammissibilità nel giudizio d'appello, poiché non ha raggiunto il risultato sperato di ridurre il contenzioso nei gradi di giudizio superiori; riforma le norme in materia di espropriazione immobiliare e scioglimento delle comunioni; compie ulteriori progressi in materia di digitalizzazione dei procedimenti civili. Inoltre, il progetto di bilancio 2020 consente l'assunzione di nuovi giudici a partire dal 2020, il che, unito a una maggiore flessibilità nell'assegnazione dei giudici ove più necessario attraverso le "piante organiche flessibili", potrebbe ridurre l'arretrato nei tribunali con un elevato numero di cause pendenti, in particolare in secondo grado.

Il quadro anticorruzione dell'Italia sta migliorando ma deve essere completato. L'Italia ha recentemente migliorato il suo sistema di lotta alla corruzione grazie, tra l'altro, all'adozione di un nuovo quadro per la protezione degli informatori, al rafforzamento del ruolo dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e all'approvazione, nel gennaio 2019, di una legge anticorruzione. Il traffico di influenze illecite è stato configurato come reato in linea con le norme internazionali e, vista la crescente contiguità tra corruzione e criminalità organizzata segnalata dalle procure, l'applicabilità delle misure investigative per la lotta contro la criminalità organizzata è stata estesa ai casi di corruzione. Tuttavia, l'appropriazione indebita nel settore privato rimane configurata come reato solo parzialmente; le disposizioni in materia di lobbying non si applicano ai membri del governo e ai parlamentari; non esiste una regolamentazione che sanzioni i conflitti di interessi per i funzionari pubblici eletti. L'ANAC ha proseguito nei suoi sforzi di lotta alla corruzione anche attraverso gli orientamenti del 2019 per regolamentare il conflitto di interessi. Vi è stato un aumento delle segnalazioni di irregolarità, ma l'attuazione del whistleblowing nel settore privato rimane problematica a causa del carattere volontario dell'adozione di un protocollo d'intesa ( 76 ). Infine, le modifiche apportate al codice degli appalti pubblici possono aumentare il margine di discrezionalità nelle procedure di appalto, elevando il massimale per le aggiudicazioni dirette da 40 000 EUR a 150 000 EUR. Merita inoltre notare che i recenti miglioramenti nel quadro anticorruzione italiano di cui sopra hanno ancora una eco limitata sugli indicatori di percezione. L'Italia si è classificata al 62º posto nell'indicatore mondiale della governance 2019 per il controllo della corruzione e ha ricevuto un punteggio del 53 % nell'indice di Transparency International del 2020 sulla percezione della corruzione. Entrambi i risultati sono tra i peggiori dell'UE, con un miglioramento solo marginale rispetto all'anno precedente. Inoltre, da un sondaggio del 2018, il 91 % delle imprese ritiene che la corruzione sia diffusa nel paese (media UE: 63 %); a questo proposito, l'81 % e il 77 % delle imprese ritiene che incida sugli appalti pubblici gestiti rispettivamente dalle autorità nazionali e locali (media UE: 53 % e 54 %); inoltre, il 54 % la considera tuttora un ostacolo all'attività imprenditoriale (media UE: 37 %), con un aumento di 2 punti percentuali rispetto al 2017 ( 77 ).

La scarsa efficienza della giustizia penale a livello di appello, in assenza di una riforma urgente dei processi penali, continua a ostacolare il perseguimento della corruzione. I lunghi tempi di esaurimento dei procedimenti penali in Italia continuano a destare preoccupazioni a livello di appello (860 giorni), nonostante una diminuzione di circa il 6 % nel periodo 2017-2018. Al contrario, nonostante il contenzioso in entrata continui ad essere superiore a quello della media dell'UE, risultati positivi in termini di diminuzione della durata dei processi sono stati registrati di recente dai tribunali di primo grado (382 giorni) e dalla Corte di Cassazione (156 giorni). Nel gennaio 2020 è entrata in vigore una riforma positiva che interrompe il decorso della prescrizione dopo una sentenza di primo grado, in linea con una raccomandazione specifica per paese formulata da tempo. Di conseguenza, saranno necessarie misure per aumentare l'efficienza in particolare nelle Corti d'appello ( 78 ), dove ancora un 25 % circa di casi è caduto in prescrizione nel 2018. Da tempo il governo discute una tanto necessaria riforma della procedura penale, che includa una revisione del sistema di notifica, un ricorso più ampio alle procedure semplificate, la limitazione della possibilità di impugnare una sentenza attraverso l'imposizione di un nuovo mandato specifico per gli avvocati, l'introduzione della composizione monocratica (giudice unico) in secondo grado per la citazione diretta, un più ampio ricorso agli strumenti elettronici per la presentazione dei documenti e norme semplificate in materia di elementi probatori. Una rapida adozione di queste misure, assieme ad altri provvedimenti volti ad affrontare l'elevato numero di cause dinanzi ai tribunali d'appello, potrebbe migliorare l'efficienza della giustizia penale e l'efficacia della lotta alla corruzione. L'eventuale introduzione di nuove fattispecie di responsabilità disciplinare dei magistrati andrebbe invece attentamente monitorata per il suo impatto sul funzionamento del sistema giudiziario.

4.4.3.INTEGRAZIONE DEL MERCATO UNICO E ANDAMENTO SETTORIALE*

Gli scambi di merci intra-UE rappresentano la principale quota delle importazioni e delle esportazioni italiane, ma nel complesso la quota di commercio intra-UE si sta riducendo. Nel 2018 gli scambi all'interno del mercato unico rappresentavano rispettivamente il 56 % delle esportazioni totali e il 59 % delle importazioni totali (261 e 250 milioni di EUR, pari complessivamente al 32 % del PIL). Sebbene l'Italia resti uno degli Stati membri con la più elevata quota di scambi intra UE ( 79 ), il suo peso relativo è sceso dall'8,4 % al 7,4 % sul totale delle esportazioni dell'UE e dall'8,3 % al 7,3 % sul totale delle importazioni dell'UE.

La partecipazione al mercato unico delle merci si è rivelata vantaggiosa per l'Italia, tuttavia permangono difficoltà in termini di applicazione delle norme. Le stime indicano che l'integrazione nel mercato unico delle merci ha determinato un aumento medio del commercio intra-UE per l'Italia del 6,5 % (WIFO 2019), con un impatto particolarmente elevato nei settori del tessile, dei prodotti in cuoio, delle attrezzature di trasporto, degli alimenti e delle bevande e lievemente negativo per quanto riguarda le industrie della gomma, dei macchinari o dei metalli di base. Secondo le stime del WIFO, inoltre, il potenziale in termini di ulteriori miglioramenti sarebbe notevole se l'Italia si conformasse pienamente al quadro giuridico del mercato unico. Rispetto al 2018, invece, il deficit di recepimento, sebbene ancora contenuto, è raddoppiato e la maggior parte degli indicatori (in particolare la gestione delle infrazioni) rimangono al di sotto della media dell'UE. L'applicazione inefficace delle norme del mercato unico aumenta l'incertezza e riduce gli incentivi agli investimenti esteri e nazionali.

La partecipazione dei servizi al mercato unico è molto meno sviluppata. L'Italia ha una delle quote più basse dell'UE sul totale delle importazioni/esportazioni di servizi rispetto al PIL (circa il 6 % nel 2018). Le esportazioni e le importazioni di servizi nel 2018 sono ammontate, rispettivamente, a 59 e 69 milioni di EUR e sono cresciute a un ritmo molto più lento rispetto alla media dell'UE.

Nonostante le potenzialità in termini di aumento della produttività, l'Italia presenta un'integrazione relativamente bassa nella catena del valore dell'UE. Per quanto riguarda la quota del valore aggiunto regionale, l'Italia si colloca al 19º posto tra gli Stati membri per quanto riguarda i servizi, al 12º per la produzione e al 22º per i servizi di pubblica utilità (Commissione europea 2019i). Tale dato suggerisce che le imprese italiane potrebbero non star sfruttando appieno le opportunità offerte dal mercato unico per riorganizzare il processo di produzione e massimizzare così la produttività. Per l'Italia, la partecipazione alle catene del valore intra-UE tende a tradursi in un valore aggiunto nazionale più elevato rispetto a quello ottenuto con la partecipazione alle catene del valore extra-UE (ISTAT 2019g), a conferma dell'importanza dell'integrazione del mercato unico quale strumento per aumentare la produttività.

L'eliminazione delle restrizioni alla concorrenza e la semplificazione della regolamentazione nel settore dei servizi sarebbero utili per l'economia nel suo complesso. I servizi rappresentano il 70,9 % del valore aggiunto, il 69,9 % dell'occupazione e il 40 % della catena del valore della produzione (ECSIP 2014). Tuttavia, la crescita della produttività è molto bassa nella maggior parte dei settori dei servizi (sezione 4.4.1). L'aumento della concorrenza e l'agevolazione dell'ingresso di nuove imprese sarebbero vantaggiosi per i consumatori e rilancerebbero la produttività – AGCM 2019 e Commissione europea ( 80 ). Tuttavia, inutili ostacoli normativi gravano sull'attività imprenditoriale e sulla competitività (Forum economico mondiale 2019).

La legge sulla concorrenza del 2015 costituisce il più recente tentativo di eliminare le restrizioni in tale materia, ma la sua attuazione è ancora in corso. Dall'adozione della legge nell'agosto 2017 non sono stati compiuti altri sforzi per promuovere la concorrenza. La sua attuazione non è ancora completata e sono anzi state adottate alcune misure che rappresentano un passo indietro. Oltre a una serie di decreti attuativi non ancora adottati, la graduale eliminazione delle tariffe regolamentate nel settore dell'energia (che avrebbe dovuto entrare in vigore a metà del 2020, dopo il rinvio di una prima scadenza prevista a metà del 2019) è stata nuovamente rinviata al 2022. Inoltre, nel 2018 sono state reintrodotte restrizioni sulle tariffe applicate alle professioni regolamentate e sono in fase di discussione misure che segnano un passo indietro nel settore del commercio al dettaglio. Ad oggi, il governo non ha annunciato nuove iniziative in materia di politica di concorrenza.

Le restrizioni di accesso al mercato restano elevate per le professioni regolamentate e il settore del commercio al dettaglio. Secondo la Commissione europea ( 81 ) il livello di restrittività in Italia è superiore alla media dell'UE per ingegneri, architetti, contabili, agenti immobiliari, guide turistiche e consulenti in materia di brevetti. L'indicatore PMR 2018 dell'OCSE conferma sostanzialmente questo risultato ( 82 ), oltre a collocare l'Italia tra i paesi più restrittivi dell'UE per il settore del commercio al dettaglio (con un livello doppio rispetto alla media UE). Anche l'indicatore di restrittività della Commissione europea pone l'Italia tra gli Stati membri più restrittivi, in particolare per la sua legislazione in materia di apertura di nuovi negozi ( 83 ).

Grafico 4.4.3 - Andamento degli indicatori OCSE della regolamentazione dei mercati dei prodotti

(1) La metodologia è cambiata nell'edizione 2018

Fonte: OCSE

L'eccesso di regolamentazione incide sulle dinamiche del mercato e può pesare sui risultati del settore del commercio al dettaglio. Nonostante la riforma del 2012 ( 84 ) abbia eliminato alcune restrizioni territoriali e quantitative significative, la regolamentazione regionale e locale continua a imporre severe condizioni autorizzative per l'apertura di nuovi negozi. Permangono restrizioni alla promozione delle vendite e alla distribuzione di alcuni prodotti, compresi i farmaci non soggetti a prescrizione medica. Persino per quanto riguarda l'orario di apertura dei negozi, completamente liberalizzato nel 2012, è in fase di discussione in Parlamento un disegno di legge per reintrodurre limiti alle aperture domenicali. Disposizioni di questo tipo potrebbero rendere difficile per i dettaglianti sviluppare nuovi modelli imprenditoriali, adattarsi all'evoluzione delle preferenze dei consumatori e competere in un ambiente sempre più digitalizzato (Commissione europea 2018b). Una marcia indietro in materia di liberalizzazione potrebbe comportare effetti economici negativi sul settore. Tra il 2006 e il 2016, i comuni in cui gli esercizi commerciali sono autorizzati all'apertura 24/7 hanno registrato tassi di crescita più elevati in termini di occupazione nel settore del commercio al dettaglio e di numero di negozi (Banca d'Italia, di prossima pubblicazione). Le restrizioni alle aperture domenicali potrebbero inoltre limitare la capacità dei dettaglianti di competere con il commercio elettronico.

L'Italia non dispone ancora di un approccio normativo organico per l'economia collaborativa. Nonostante il potenziale di crescita, le iniziative di regolamentazione per l'economia collaborativa sono state frammentarie e sfavorevoli allo sviluppo del settore. Per quanto riguarda il trasporto collaborativo, nel quadro della legge annuale del 2015 sulla concorrenza è stata data delega al governo di adottare una revisione globale delle norme sui veicoli a noleggio con conducente (NCC) per promuovere la concorrenza, migliorare la qualità del servizio e consentire l'adattamento alle nuove tecnologie/modalità che mettono in contatto passeggeri e conducenti. Tuttavia, la delega è scaduta senza che fosse adottato alcun decreto legislativo. Inoltre, la legislazione recentemente adottata ha introdotto restrizioni per i veicoli NCC (in vigore dal 2008, ma sospese fino al 2018) e dispone che siano adottate norme per gli intermediari online nel settore dei trasporti con un decreto a parte ( 85 ). Nel settore dei servizi ricettivi, alcune disposizioni adottate di recente ( 86 ), tra cui l'obbligo per le piattaforme online di riscuotere imposte per conto di portatori di interessi non professionali, hanno aumentato l'incertezza giuridica.

Il sistema di rilascio di autorizzazioni soggette a limitazioni non segue i principi della concorrenza e della trasparenza. Le concessioni per l'utilizzo di spazi pubblici destinato alla fornitura di un'ampia gamma di servizi (tra cui il commercio al dettaglio e il turismo) non sono ancora assegnate sulla base di procedure di selezione aperte. Ciò comporta potenziali effetti negativi sulla corretta valutazione del mercato e sulla qualità dei servizi. Inoltre, in violazione della giurisprudenza nazionale e dell'UE ( 87 ), le concessioni esistenti vengono ripetutamente prorogate dal legislatore. Ad esempio, il legislatore ha prorogato per altri 15 anni le concessioni balneari pregresse, ha rinnovato fino alla fine del 2020 le autorizzazioni per i venditori ambulanti e ha addirittura escluso il settore del commercio ambulante dall'applicazione della direttiva 2006/123 ( 88 ).

4.4.4.Disparità regionali

Il divario regionale tra Nord e Sud continua ad aumentare. La parziale ripresa del periodo 2015-2017 ha interessato anche le regioni meno sviluppate, ma non ha ridotto l'alto livello di disparità regionale. Nel 2018 la crescita è stata lenta e le disparità regionali tra regioni settentrionali e meridionali si sono nuovamente ampliate. Di conseguenza, le regioni meridionali continuano a registrare un notevole ritardo, con un PIL pro capite inferiore al 75 % della media UE. Nelle due regioni più povere, Calabria e Sicilia, il PIL pro capite è inferiore al 60 % della media UE.

Gli investimenti pubblici al Sud sono diminuiti. Tra il 2008 e il 2018 la spesa pubblica è aumentata al Centro-Nord (+1,4 %) ed è diminuita in modo significativo al Sud (-8,6 %) (SVIMEZ, 2019). Gli investimenti pubblici in Italia sono scesi dal 2,9 % del PIL nel 2007 al 2,1 % del PIL nel 2018, principalmente a causa di una diminuzione degli investimenti a livello locale, in particolare nelle regioni meno sviluppate. Nel 2018 il livello di investimenti nei lavori pubblici al Sud (102 EUR pro capite) ha rappresentato meno del 40 % di quello del Centro-Nord (278 EUR pro capite) e la quota di investimenti pubblici destinata al Mezzogiorno è stata pari al 29,6 % (contro il 39,2 % nel 2000) (SVIMEZ 2019). Per quanto riguarda l'impegno dell'Italia in termini di investimenti pubblici nazionali al Sud nel periodo 2014-2020 stabilito nell'accordo di partenariato ( 89 ), sono state sollevate preoccupazioni circa la capacità dell'Italia di rispettare il requisito di addizionalità per i Fondi strutturali e d'investimento europei ed è stata ribadita l'importanza decisiva di accelerare gli investimenti pubblici per far fronte alle esigenze delle sue regioni meno sviluppate.

Alcune misure adottate di recente stimoleranno probabilmente gli investimenti nel Sud. Il bilancio 2020 rafforza la "clausola di investimento del 34 % per il Sud", intesa a ridurre le disparità regionali nella ripartizione della spesa pubblica in conto capitale. La possibilità per le amministrazioni locali di spendere le eccedenze senza autorizzazione preventiva, introdotta a gennaio 2019, produce effetti positivi nei comuni che negli anni passati hanno registrato eccedenze di bilancio. Inoltre, nel 2019 si è registrato un aumento delle gare d'appalto per i lavori pubblici al Sud, il che potrebbe comportare un aumento della spesa per investimenti pubblici nei prossimi anni (Banca d'Italia, 2019b).

La modesta qualità istituzionale delle regioni del Mezzogiorno riduce l'efficacia della spesa pubblica. Nonostante l'Italia abbia raggiunto gli obiettivi finanziari fissati nel quadro dei fondi della politica di coesione alla fine del 2019, l'attuazione dei fondi UE e nazionali al Sud continua a risentire di ritardi significativi. Gli investimenti al Sud sono condizionati in particolare da una frammentazione delle iniziative, dalla scarsa capacità tecnica delle amministrazioni locali, dalla sovrapposizione delle responsabilità, dallo scarso monitoraggio, dal ritardo nell'attuazione dei progetti e dalla mancanza di un approccio orientato ai risultati. Il divario in materia di qualità istituzionale è evidente nella gestione di alcuni servizi pubblici (casella 4.5.1) e nel contesto imprenditoriale. Ad esempio, a Reggio Calabria i tempi di rilascio di una licenza edilizia per le PMI sono di 320 giorni, rispetto ai 100 giorni di Milano (Banca mondiale, 2019).

Le regioni meridionali presentano in genere una minore produttività e sono meno competitive. Dall'inizio della crisi economica, il divario di produttività tra le regioni italiane con le prestazioni peggiori e la media dell'UE è costantemente aumentato. Nel 2017 la produttività del lavoro nelle zone più produttive (Lombardia, province autonome di Trento e Bolzano) era superiore di circa il 30 % rispetto alle tre regioni meno produttive (Calabria, Puglia e Sardegna). I livelli di competitività più bassi si registrano in Calabria, Sicilia e Sardegna (grafico 4.4.3). La qualità della governance incide anche sulla produttività regionale (Commissione europea, 2019a). Portare l'efficienza dei comuni che si trovano nel 25º percentile al livello dei comuni del 75º percentile potrebbe avere un impatto considerevole sulla produttività (OCSE 2019b). La mancanza di adeguate infrastrutture di trasporto incide anche sulla minore internazionalizzazione delle imprese meridionali (SVIMEZ, 2019).

La capacità di crescere in fretta distingue le imprese resilienti nelle regioni italiane. Le imprese a forte crescita sono concentrate soprattutto in Lombardia, con un divario rilevante rispetto ad altre aree, in particolare il Sud. Per contro, sul totale di imprese attive in una determinata regione, la percentuale più elevata di imprese a forte crescita si concentra nel Mezzogiorno, in particolare in Basilicata e Molise (Flachenecker et al., 2020). La "forte crescita" sembra dunque costituire un segnale di resilienza imprenditoriale in queste regioni, caratterizzate da un numero complessivo di imprese più basso. Rispetto a quelle del Nord, le imprese a forte crescita delle regioni meridionali sono più attive nell'industria manifatturiera anziché nei servizi e nelle attività ad alta intensità di capitale umano. La difficoltà di accedere al capitale di rischio è una limitazione persistente all'espansione delle imprese meridionali (Nascia et al., 2020).

Grafico 4.4.4 - Indice di competitività regionale in Italia, 2019

(1) L'indice di competitività regionale misura la capacità di una regione di offrire un ambiente attraente e sostenibile alle aziende e ai cittadini che vi vivono e lavorano.

Fonte: Commissione europea

Il Sud è in ritardo in termini di ricerca, sviluppo e innovazione. La spesa più elevata per la ricerca e lo sviluppo in percentuale del PIL si registra nell'Italia settentrionale. Le regioni che ottengono i migliori risultati (Piemonte, Emilia-Romagna e la provincia autonoma di Trento) spendono in ricerca e sviluppo oltre il triplo rispetto alla regione con le prestazioni peggiori, la Calabria (0,52 % del PIL). Tra le regioni italiane si registrano ampie differenze anche in termini di occupazione nei settori ad alta tecnologia. Nel 2017 oltre la metà dei datori di lavoro nei settori ad alta tecnologia era ubicata nel Nord Italia, il 28,4 % nel Centro e solo il 15,2 % al Sud.

Le politiche nazionali volte a promuovere la ricerca e l'innovazione tendono ad avvantaggiare il Nord. In queste regioni, infatti, il potenziale di ricerca e innovazione è maggiore (Nascia et al., 2020). Nel 2017 l'iperammortamento è stato utilizzato soprattutto al Nord, in particolare in Lombardia (34,8 %). La ricerca e l'innovazione nelle regioni del Mezzogiorno sono sostenute in particolare da programmi cofinanziati con fondi strutturali dell'UE, che non sono tuttavia in grado di colmare il divario esistente. Ciò è dovuto principalmente alla debolezza del tessuto imprenditoriale al Sud e alla sua scarsa domanda di innovazione. Non sono state adottate misure significative per far fronte a questa sfida. Finora il potenziale delle strategie di specializzazione intelligente per promuovere l'innovazione non è stato sfruttato appieno nel Mezzogiorno.

Le regioni con tassi elevati di disoccupazione perdono popolazione e lavoratori altamente qualificati. Una quota crescente della popolazione del Sud, spesso giovane e istruita, sta migrando verso il Nord dell'Italia o all'estero, principalmente verso altri paesi europei (sezione 4.3). Nel complesso, oltre 2 milioni di persone hanno lasciato le regioni meridionali d'Italia tra il 2002 e il 2017. Soltanto nel 2017 hanno lasciato il Sud oltre 132 000 persone, tra cui 66 557 giovani, il 33 % dei quali laureati (SVIMEZ, 2019). Gli incentivi a mantenere e ad attrarre persone in queste regioni (ad esempio l'iniziativa "Resto al Sud") non sembrano essere molto efficaci. La perdita demografica rappresenta un grave problema nelle zone rurali, non soltanto al Sud, e sta creando difficoltà sempre maggiori in termini di servizi di base e gestione del territorio.

Il settore verde può rappresentare un'opportunità economica per il Sud. Ad esempio, circa due terzi dei terreni agricoli nel Mezzogiorno sono coltivati secondo i criteri dell'agricoltura biologica. Inoltre, circa il 50 % della produzione complessiva di energia elettrica del Sud proviene da fonti rinnovabili (SVIMEZ, 2019). La Puglia è la principale regione italiana in termini di potenza fotovoltaica ed eolica installata, pari rispettivamente al 13,2 % e al 24,5 % della produzione complessiva italiana. Nel settore dell'energia eolica, la Sicilia con il 18,3 % e la Campania con il 14,2 % della produzione totale sono rispettivamente la seconda e la terza regione italiana per potenza installata. Nonostante ciò, la catena locale del valore dell'energia al Sud non è ben sviluppata, dal momento che la tecnologia e la maggior parte delle imprese provengono da altre regioni dell'Italia o dell'Europa.

Il turismo (sostenibile) potrebbe rappresentare un'opportunità di sviluppo per le zone rurali. Oltre un quinto della presenza turistica in Italia è registrata in comuni rurali. Il turismo rappresenta un'importante risorsa in queste aree, in quanto occupa il 15,6 % dei dipendenti dell'industria e dei servizi locali rispetto a una media nazionale del 2,1 % (ISTAT, 2019g). I fondi di coesione dell'UE sostengono questo settore (riquadro 2.1).

4.5.    Sostenibilità ambientale

L'Italia registra buoni risultati per quanto riguarda una serie di parametri chiave di sostenibilità ambientale. Il paese sta compiendo passi avanti nella maggior parte degli indici connessi all'obiettivo di sviluppo sostenibile (OSS) 13 (cambiamenti climatici). Ad esempio, tra il 2005 e il 2018 l'Italia ha ridotto del 18 % le proprie emissioni di gas a effetto serra in settori non coperti dal sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dell'UE e il totale delle emissioni di gas a effetto serra pro capite, espresso in tonnellate equivalenti, è significativamente inferiore alla media dell'UE. Tuttavia, mentre le imprese sembrano aver adottato maggiori misure per affrontare le problematiche ambientali, sarà fondamentale migliorare l'efficienza energetica delle famiglie. L'Italia si colloca sopra la media dell'Unione per quanto riguarda l'OSS 12 sulla produttività delle risorse ( 90 ) (3,2 EUR/kg contro 2,04 EUR nel 2018) e per gli investimenti nell'economia circolare.

Il governo italiano sostiene la transizione verde. L'Italia è piuttosto avanti nell'integrazione delle considerazioni di natura ambientale nel bilancio e nel monitoraggio dei progressi verso la sostenibilità ambientale (sezione 4.1). Le nuove iniziative nell'ambito del piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNEC) e del Green Deal italiano costituiscono progressi positivi che offrono un sostegno strutturale alla transizione verde. L'Italia sta inoltre rivedendo il proprio piano d'azione del 2013 sugli appalti pubblici verdi ( 91 ). Altre misure, come il programma Transizione 4.0 e l'iniziativa "Industria sostenibile" ( 92 ), possono favorire ulteriormente le imprese negli investimenti verdi (sezione 4.4.1). Un fondo specifico sosterrà gli investimenti nell'economia verde, anche mediante garanzie pubbliche. Il nuovo fondo supplementare per gli investimenti delle amministrazioni centrali (con una dotazione di circa 20 miliardi di EUR nel periodo 2020-2034) può inoltre promuove l'economia verde, in particolare favorendo la decarbonizzazione, la riduzione delle emissioni, l'efficienza energetica e la sostenibilità ambientale. Anche il nuovo fondo supplementare per le amministrazioni locali può contribuire a tal fine. È tuttavia essenziale sfruttare meglio le sinergie tra i settori e le politiche nonché promuovere un uso delle risorse pubbliche che sia efficiente sotto il profilo dei costi. A tale proposito, il sistema di governance altamente decentrata in Italia continua a costituire una sfida.

Le imprese italiane stanno diventando "più verdi". Nel 2017 il 56 % delle imprese manifatturiere ha adottato una qualche forma di misure di tutela ambientale. Tuttavia, di queste solo il 15,7 % programmava di internalizzare i costi ambientali e il 13,4 % di continuare a investire nell'economia circolare (ISTAT, 2018). Tra il 2015 e il 2016 gli investimenti delle imprese nella tutela ambientale sono aumentati del 2,3 %, principalmente grazie alle PMI (+12,9 %), mentre per le grandi imprese si è osservata una riduzione (-0,4 %) (ISTAT, 2019f). Nel 2017 la percentuale di PMI che offrivano prodotti e servizi verdi era inferiore alla media UE (16 % rispetto al 25 %) (Commissione europea, 2019g). Gli ecoinvestimenti contribuiscono all'andamento delle esportazioni: il 51 % delle imprese che hanno investito nell'ecoinnovazione ha infatti incrementato le esportazioni nel 2018, rispetto al 38 % di quelle che non l'hanno fatto (Symbola e UnionCamera, 2019).

La transizione verde può incidere positivamente a livello sociale se opportunamente sostenuta. Le ecoindustrie e i posti di lavoro verdi sono in aumento in Italia e nel 2017 rappresentavano il 2,3 % del PIL. Il valore aggiunto delle ecoindustrie è maggiore nel settore dell'energia (60 %), seguito da quello dei rifiuti (circa il 20 %) e dell'acqua (circa l'8 %). Dal 2015 il tasso di crescita più elevato (+28 %) è stato registrato per l'agricoltura biologica e la gestione dei rifiuti (ISTAT, 2019g). Il numero di persone impiegate nel settore dei beni e dei servizi ambientali è cresciuto a ritmo sostenuto raggiungendo quota 386 000 nel 2016. La transizione verde porterà, presumibilmente, a una creazione netta positiva di posti di lavoro, ma richiederà una significativa ridistribuzione della forza lavoro tra tutti i settori. Sarà pertanto fondamentale investire nelle strategie tese a migliorare il livello delle competenze e ad anticipare quelle necessarie per favorire la riqualificazione dei lavoratori (sezione 4.3.2). Le misure volte a promuovere l'efficienza energetica potrebbero inoltre migliorare l'accesso all'energia a prezzi abbordabili (OSS 7) in quanto la percentuale della popolazione che non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione resta molto elevata (14,1 % nel 2018).

Il Fondo per una transizione giusta può sostenere la transizione industriale verso la riduzione dell'uso del carbone. In Italia le attività connesse al carbone sono molto limitate, ma rappresentano una fonte significativa di emissioni di gas a effetto serra e sono concentrate in alcune aree. Le uniche risorse di carbone oggetto di sfruttamento (da Carbosulcis SpA) si trovano in Sardegna e sono ubicate in un contesto socioeconomico sfavorevole. In Puglia esiste un'acciaieria (ILVA) che conta 10 000 dipendenti (il doppio se si considera l'indotto). Nella stessa area è ubicata anche una delle maggiori centrali a carbone d'Italia. L'economia della zona dipende in larga parte dalle centrali a carbone e dalla produzione di ferro/acciaio, che sono fonti significative di emissioni di gas a effetto serra. Alcune misure potrebbero sostenere le PMI e la riconversione professionale con una strategia locale integrata che includa la decontaminazione e la riqualificazione urbana.

Per realizzare la transizione verde in Italia è fondamentale migliorare l'efficienza energetica nel settore edilizio, promuovere i trasporti sostenibili, favorire l'economia circolare nelle regioni caratterizzate da un ritardo nello sviluppo e prevenire i rischi climatici. Gli investimenti nell'efficienza energetica degli immobili (residenziali) sono necessari per raggiungere gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e quelli nei trasporti sostenibili possono contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e migliorare la qualità dell'aria. Lo sviluppo dell'economia circolare varia notevolmente tra le regioni, e alcune sono state multate per violazioni della normativa dell'UE. L'Italia potrebbe infine ridurre le spese emergenziali dovute a catastrofi naturali rafforzando la prevenzione dei rischi.

Efficienza energetica

L'Italia è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi in materia di clima ed energia previsti per il 2020. Nel 2018 il paese ha pienamente raggiunto l'obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 12 % (in settori non coperti dall'EU ETS). Secondo le previsioni, entro il 2020 l'Italia supererà l'obiettivo fissato al 13 % di 7 punti percentuali. Tuttavia, negli ultimi tempi i progressi sono rallentati, in particolare per quanto riguarda l'obiettivo per il 2020 in materia di energie rinnovabili, a causa della situazione economica e della riduzione generale dei regimi di sostegno.

Per conseguire gli obiettivi fissati per il 2030 occorreranno ulteriori sforzi. Secondo le stime, le attuali politiche porteranno a una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra solo del 27 % a fronte di un obiettivo vincolante del 33 %. Le misure supplementari già previste potrebbero contribuire a consolidare tale riduzione, portandola al 36 % entro il 2030. L'Italia ha inoltre deciso di aumentare la quota di energie rinnovabili al 30 % del consumo finale lordo nazionale di energia nel 2030 e di ridurre il consumo di energia di 9,3 Mtep/anno fino al 2030. Nella proposta di PNEC ( 93 ), l'Italia punta alla graduale eliminazione (phase out) del carbone nella produzione di energia elettrica entro il 2025 e alla piena decarbonizzazione entro il 2050. Data la riduzione del costo delle tecnologie per le energie rinnovabili, i costi amministrativi svolgeranno un ruolo fondamentale. Esiste inoltre un potenziale inutilizzato per ridare slancio ai progetti esistenti nel campo delle energie rinnovabili, come l'energia eolica, che non viene promosso dall'attuale quadro d'intervento.

Il settore dell'edilizia svolge un ruolo cruciale nel perseguire l'obiettivo del 2030 in materia di efficienza energetica. La percentuale di PMI che nel 2017 hanno adottato misure di efficienza energetica è stata leggermente superiore in Italia rispetto all'UE nel suo complesso (il 91 % contro l'89 %) (Commissione europea, 2019y), ma il settore residenziale resta responsabile di oltre un terzo del consumo totale di energia. La maggior parte dei 14,5 milioni di edifici presenti in Italia (ISTAT, 2015) è stata infatti costruita prima dell'adozione dei criteri per il risparmio energetico e della relativa legislazione. Tuttavia, le misure esistenti e quelle previste non sembrano sufficienti a conseguire gli obiettivi contenuti nella proposta di PNEC. Ad esempio, il nuovo incentivo fiscale per la ristrutturazione delle facciate è slegato dall'efficienza energetica.

Grafico 4.5.1 - Emissioni di gas a effetto serra per settore, 2017

 

Fonte: Eurostat

I fondi privati, pubblici e dell'UE possono contribuire a sostenere gli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi dell'UE in materia di energia e clima fissati per il 2030. Per il periodo 2014-2020 sono stati pianificati oltre 230 milioni di EUR di fondi di coesione per l'Italia a favore di progetti per le energie rinnovabili (il 45 % dei quali in energia solare), oltre 1,37 miliardi di EUR per progetti di efficienza energetica (che includono quasi 1 miliardo di EUR destinato alla ristrutturazione degli edifici pubblici) e quasi 400 milioni di EUR per finanziare progetti di sistemi intelligenti di distribuzione, stoccaggio e trasmissione di elettricità e gas (comprese le reti intelligenti e i sistemi TIC). Secondo le stime del governo italiano, tra il 2017 e il 2030 il fabbisogno di investimenti supplementari del sistema energetico nazionale sarà di 186 miliardi di EUR ( 94 ). Le nuove necessità d'investimento possono essere parzialmente coperte da fondi dell'UE come il Fondo europeo per l'efficienza energetica, mentre gli investimenti privati apporteranno un notevole contributo a tale sforzo. A tale proposito saranno importanti le misure a favore della finanza sostenibile (sezione 4.2). La BEI fornisce sostegno finanziario alle imprese ( 95 ) e l'amministrazione centrale sostiene i comuni nella promozione dell'efficienza energetica ( 96 ).

Trasporti sostenibili

Vi sono tre procedimenti di infrazione avviati nei confronti dell'Italia per inquinamento atmosferico. Si stima che il 3,3 % della popolazione italiana (2 milioni di abitanti) viva in zone in cui gli standard dell'UE per la qualità dell'aria non sono rispettati. Destano particolare preoccupazione le gravi conseguenze negative dei livelli di particolato fine sulla salute ( 97 ), ma anche l'onere sanitario (in termini di anni di vita persi) per altri indicatori (O3, NO2) è al di sopra della media dell'UE. L'inquinamento atmosferico ha ripercussioni anche sui suoli, le superfici coperte da vegetazione e le acque, e nel 2016 nella pianura Padana sono stati registrati i dati più elevati al di sopra degli standard.

La decarbonizzazione dei trasporti è fondamentale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Secondo le stime, nel 2016 il costo delle esternalità nel settore dei trasporti ammontava al 6,8 % del PIL italiano ( 98 ). Nel 2017 i trasporti sono stati responsabili del 23 % di tali emissioni (grafico 4.5.1), a causa del traffico stradale (oltre 80 % dei viaggi effettuati con automobili private) e dell'inefficienza della combustione. Il parco veicoli italiano è uno dei più vecchi di tutta l'Europa occidentale e nel 2018 i veicoli più inquinanti (standard EURO 0-EURO 3) rappresentavano circa il 45 % del totale e il 59 % dei trasporti pubblici (trasporti e ambiente, 2019). Degli autobus meno inquinanti (EURO 5-6), il 73 % è in servizio nel Centro-Nord. Il panorama delle politiche di intervento è in lenta evoluzione; ad esempio, recentemente l'Italia ha fissato un obiettivo di 6 milioni di auto elettriche entro il 2030.

L'aumento del trasporto ferroviario di merci può contribuire alla decarbonizzazione dei trasporti. La quota modale del trasporto ferroviario di merci (12,8 %) è inferiore alla media dell'UE (16,5 %), e per metà è costituita da trasporti internazionali. Per migliorare tale dato, l'Italia intende investire nell'adeguamento tecnico della propria rete ferroviaria, nei collegamenti ferroviari con tutti i principali porti marittimi e nei collegamenti alpini transfrontalieri (che consentirebbero di eliminare strozzature quali la galleria ferroviaria di base del Brennero). Secondo le previsioni, la linea ad alta velocità Torino-Lione aumenterà il volume del trasporto ferroviario di merci. I risultati dipenderanno dalla capacità dell'Italia di completare i principali progetti TEN-T nei tempi previsti.

I porti possono svolgere un ruolo chiave nel rendere l'Italia un polo logistico sostenibile. A tal fine sono necessari collegamenti ferroviari e lo sdoganamento digitale delle merci. Tuttavia la crescita dei porti italiani procede ancora a rilento e solo il porto di Genova ha dimostrato resilienza dopo il crollo del ponte Morandi. I fondi dell'UE sostengono le infrastrutture portuali e i collegamenti intermodali dell'ultimo miglio (642,4 milioni di EUR). Per digitalizzare e accelerare le procedure di sdoganamento e creare uno sportello unico sono disponibili 60 milioni di EUR e l'Italia ha destinato 180 milioni di EUR a favore di porti e interporti. Tuttavia è necessaria una rapida attuazione per rispettare i termini del periodo di programmazione 2014-2020.

Esiste un potenziale per lo sviluppo di una mobilità urbana sostenibile. L'Italia ha iniziato ad adottare piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS) ( 99 ) la cui approvazione entro ottobre 2020 è un prerequisito per accedere ai fondi e ai prestiti nazionali. Alla fine del 2019 erano stati approvati 35 PUMS (con solo due città metropolitane — Bologna e Genova), altri 35 erano stati ultimati ma non ancora approvati e 88 erano in fase di preparazione. Le recenti misure sugli autoveicoli aziendali (sezione 4.1.3) potrebbero contribuire a ridurre la congestione del traffico e l'inquinamento atmosferico. Il decreto-legge "Clima" ( 100 ) è un esempio positivo degli strumenti che promuovono la qualità dell'aria. Il piano strategico nazionale per una mobilità sostenibile, adottato nel 2019, assegna 3,7 miliardi di EUR al rinnovamento del parco di autobus pubblici locali.

Economia circolare

L'Italia registra risultati relativamente positivi nell'economia circolare, ma sussistono discrepanze tra una regione e l'altra. Nel 2016 l'Italia è stata tra i paesi dell'UE che hanno registrato i migliori risultati nell'economia circolare, incluso nell'attuazione (Rete per l'economia circolare, 2019), con un tasso di utilizzo circolare delle materie prime seconde (OSS 12) del 17,1 %. Il valore aggiunto lordo e i posti di lavoro connessi ai settori dell'economia circolare (1,1 % del PIL e 2,06 % dei posti di lavoro totali) sono stati leggermente superiori alla media UE (rispettivamente 1 % e 1,69 %). Il ministero dell'Ambiente e quello dello Sviluppo economico hanno elaborato un quadro di monitoraggio per l'economia circolare. I fondi dell'UE sostengono inoltre un progetto (nell'ambito del progetto CReIAMO) sui modelli e gli strumenti per realizzare l'economia circolare ( 101 ). Il sostegno all'economia circolare può costituire un'opportunità per rilanciare lo sviluppo delle regioni meridionali (sezione 4.4.4).

Il tasso di riciclaggio in Italia è superiore alla media dell'UE, ma varia notevolmente tra le regioni. Il tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani (OSS 11) è superiore alla media UE (49,8 % contro 47 % nel 2018) e in netto miglioramento (38,4 % nel 2012). Tuttavia due procedimenti di infrazione della normativa UE in materia di rifiuti sono stati avviati contro l'Italia per discariche non conformi e la gestione inadeguata dei rifiuti in Campania in passato, per i quali il paese sta pagando delle ammende ( 102 ) (riquadro 4.5.1). Il governo prevede di aggiornare la strategia nazionale per la prevenzione dei rifiuti. La legge di bilancio 2020 comprende una tassa sui prodotti di plastica monouso.

Per quanto riguarda il trattamento delle acque reflue e l'efficienza della distribuzione idrica i risultati dell'Italia sono insoddisfacenti. Nonostante i recenti miglioramenti, nel 2015 solo il 59,6 % della popolazione era allacciato almeno alla rete secondaria di trattamento delle acque reflue. Tuttavia, 913 agglomerati sono risultati non conformi alle disposizioni in materia di raccolta e/o trattamento della direttiva europea sul trattamento delle acque reflue urbane e l'Italia sta pagando un'ammenda per una delle quattro infrazioni aperte (cfr. riquadro) ( 103 ). Tra il 2010 e il 2015 la concentrazione media di nitrati nelle acque sotterranee ( 104 ) è aumentata, pur restando al di sotto della media UE (10,4 NO3/l contro 18,3). Inoltre, l'efficienza della rete di distribuzione dell'acqua potabile sta peggiorando, in quanto la percentuale di acqua immessa nella rete che raggiunge gli utenti finali è scesa dal 62,6 % nel 2012 al 58,6 % nel 2015 (ISTAT, 2019h). Solo l'87 % dell'acqua destinata all'uso potabile è stato immesso nelle reti comunali di distribuzione dell'acqua e solo il 52 % è stato infine erogato agli utenti.

Adattamento al clima e prevenzione dei rischi

L'Italia è pesantemente colpita da eventi climatici. Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente ( 105 ) l'Italia è il secondo paese più colpito dell'UE da catastrofi idrogeologiche, fenomeni meteorologici estremi, siccità e incendi boschivi, che hanno comportato perdite economiche per circa 65 miliardi di EUR e oltre 20 600 vittime tra il 1980 e il 2017. Tuttavia solo il 5 % delle perdite era assicurato (uno dei livelli più bassi dell'UE), il che significa che lo Stato, in qualità di assicuratore di ultima istanza, o le vittime hanno dovuto assorbire tali perdite.

Occorrono ulteriori sforzi per una strategia globale di adattamento al clima. Alla luce della vulnerabilità dell'Italia alle catastrofi naturali è necessario mettere a punto e adottare rapidamente il piano nazionale di adattamento. La valutazione dei rischi climatici deve essere presa in considerazione nell'elaborazione delle politiche. Risulta quindi importante tenere conto dei fattori alla base dei cambiamenti climatici nella valutazione nazionale del rischio di catastrofi. La strategia nazionale italiana di riduzione del rischio di catastrofi, prevista per il 2020, può rappresentare un'opportunità per rafforzare tale integrazione.

Gli investimenti nella prevenzione possono ridurre le spese emergenziali, in particolare per i rischi idrogeologici e sismici. Nel 2018 si sono verificati 19 casi di inondazione. La popolazione esposta a tale rischio è più elevata nel Centro (10,9 %) e nel Nord (15,6 %) rispetto al Sud (3,2 %), ad eccezione delle frane (ISTAT, 2019i). Nel 2019 il governo italiano ha stanziato ( 106 ) 315 milioni di EUR a tale scopo, oltre ad aver aumentato la flessibilità nell'utilizzo del Fondo nazionale per la coesione e lo sviluppo. Le regioni possono inoltre attingere al Fondo europeo di sviluppo regionale e ai fondi nazionali per far fronte ai rischi idrogeologici, con un importo massimo disponibile di 700 milioni di EUR l'anno nel periodo 2019-2021. Una proposta di legge sul contenimento del consumo del suolo è attualmente all'esame del Parlamento. Un forte impegno nella mitigazione dei cambiamenti climatici aiuterà l'Italia a raggiungere l'OSS 13 — Azione per il clima.

Riquadro 4.5.1 - Politiche connesse alla gestione delle acque e dei rifiuti in Calabria, Campania e Sicilia

L'analisi dei risultati regionali rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile e gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) mostrano notevoli differenze tra il Centro+Nord e il Sud in termini di prestazioni ambientali. Lo stesso Mezzogiorno presenta una certa eterogeneità per quanto concerne determinate questioni, risposte politiche e prestazioni. In Calabria e Sicilia i principali problemi ambientali rimangono la gestione dei rifiuti e delle acque, mentre in Campania il consumo del suolo e l'abusivismo edilizio (ISTAT 2019h, 2019i; ASVIS, 2019).

La tabella 1 mostra come lo smaltimento in discarica e la raccolta differenziata varino ampiamente all'interno delle tre regioni in esame. La Campania presenta un tasso di raccolta differenziata simile alla media nazionale e uno dei tassi più bassi di smaltimento in discarica nel paese. La Calabria e, soprattutto, la Sicilia presentano invece un tasso molto basso di raccolta differenziata e molto elevato di smaltimento in discarica. In queste regioni si concentra oltre la metà delle 45 discariche non conformi: 16 di esse si trovano in Calabria, 5 in Sicilia e 4 in Campania.

 

Per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche, tra il 2012 e il 2015 la quota di acqua immessa nella rete che ha raggiunto gli utenti finali è diminuita in tutte e tre le regioni. Nel 2015 le perdite idriche sono state del 41,1 % in Calabria, del 46,7 % in Campania e del 50 % in Sicilia (nello stesso anno la media italiana si attestava al 41,4 %); ma giova notare che non si tratta dei livelli peggiori in Italia (ISTAT, 2019i). Dei 913 agglomerati oggetto di procedimento di infrazione per il trattamento delle acque reflue urbane, 245 si trovano in Sicilia, 174 in Calabria e 116 in Campania.

Uno dei motivi del "deficit di attuazione" nella fornitura di infrastrutture ambientali adeguate in Italia e, in particolare, nel Sud è da ricercare nella complessa struttura di governance esistente. La responsabilità della politica e della legislazione ambientali è divisa tra il governo centrale e altri livelli (comprese le regioni e i comuni), con una conseguente frammentazione delle responsabilità, scarso coordinamento e mancanza di sinergie, il che aumenta il rischio di corruzione (OCSE 2019c, pag. 50, che cita l'ANAC). A ciò si aggiunge l'incapacità dei piccoli comuni di spendere i fondi pubblici assegnati dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo nazionale di coesione e sviluppo. In Calabria, Campania e Sicilia è comprovato il coinvolgimento della criminalità organizzata (sezione 4.4.2) nel traffico di rifiuti provenienti da altre aree d'Italia e d'Europa (relazione DNA, 2019). Inoltre i progetti ambientali sono spesso troppo piccoli per sfruttare le economie di scala e i comuni non dispongono delle capacità o delle competenze tecniche necessarie per la loro progettazione e realizzazione. Per i motivi illustrati le procedure di gara procedono a rilento o sono annullate. Gli appalti di servizi sono inoltre aggiudicati in modo incoerente nelle varie regioni e secondo modalità spesso in violazione della legge. L'entità del "deficit di attuazione" nell'Italia meridionale è tale da scoraggiare gli investimenti privati. Anche le risorse derivanti dalle tariffe idriche e destinate alle infrastrutture sono inferiori al Sud (131 EUR per abitante) rispetto alla media nazionale (166 EUR per abitante) nel periodo 2016-2019 (ARERA, 2018).

L'incapacità di gestire adeguatamente i rifiuti e le acque reflue comporta il rilascio di sostanze nocive nel suolo, nelle acque sotterranee e nelle acque superficiali con conseguenze sull'ambiente e sulla salute. Attualmente l'Italia è oggetto di sanzioni pecuniarie per le discariche non conformi, la gestione inadeguata dei rifiuti in Campania in passato e il trattamento delle acque reflue urbane. Dal 2015 a oggi l'importo delle ammende ha quasi raggiunto 500 milioni di EUR. Il fatto che l'Italia abbia avuto a disposizione anni per affrontare questi problemi, dal momento che erano stati segnalati dalla Commissione, ma non l'abbia fatto prima che le ammende fossero comminate, è all'origine di ulteriori interrogativi in merito alla governance e alla rendicontabilità delle autorità competenti. Il principale intervento adottato è stato la nomina di commissari straordinari per la gestione delle emergenze acqua e rifiuti e la sospensione della gestione ordinaria. I risultati sono stati tuttavia scarsi, in quanto continuano a sussistere violazioni persistenti, in particolare per le acque reflue urbane. Nel 2019 il governo ha sostituito i commissari straordinari con commissari unici (decreto fiscale), ma è troppo presto per valutarne l'impatto.

Secondo uno studio finanziato dalla Commissione europea (Eunomia & COWI, 2019), gli investimenti di capitale necessari per raggiungere gli obiettivi dell'UE in materia di riciclaggio sono stimati a 4 679 milioni di EUR per il periodo 2021-2035 per l'Italia nel suo insieme. A tale proposito in Italia le aliquote d'imposta applicabili alle discariche sono fissate a livello regionale e sono inferiori rispetto ad altri Stati membri. Aliquote più elevate aumenterebbero il gettito disponibile per gli investimenti e potenzialmente ridurre la quantità di rifiuti smaltiti in discarica, a condizione che si faccia fronte anche al problema delle discariche abusive.

Gli investimenti necessari per conformarsi alle disposizioni in materia di trattamento delle acque reflue urbane sono stati stimati dall'OCSE (OCSE, 2020) a 34 215 milioni di EUR fino al 2030 per l'Italia nel suo complesso. Nel quadro del piano Juncker la BEI ha fornito 200 milioni di EUR per ridurre le perdite e migliorare la qualità delle acque erogate dall'acquedotto pugliese che si snoda tra la Campania e la Puglia. Esiste inoltre un Piano nazionale di interventi nel settore idrico, la cui prima fase (Piano stralcio) è stata approvata nel settembre 2019.

In conclusione, la mancanza di adeguate infrastrutture ambientali per la gestione dei rifiuti e il trattamento delle acque reflue in Calabria, Campania e Sicilia mette in evidenza problemi di governance più profondi connessi al modo in cui sono gestite le politiche e solleva diverse preoccupazioni, tra i quali i danni ambientali causati, i rischi per la salute e l'igiene e i mancati guadagni dovuti alle ammende pagate alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Essi indicherebbero inoltre opportunità perse in termini di posti di lavoro verdi ed entrate (ad esempio l'economia circolare).

 

Allegato A - Tabella di sintesi

Sintesi della valutazione

Raccomandazioni specifiche per paese 2019

Raccomandazione 1: Assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1 % nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL. Utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL. Spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati. Contrastare l'evasione fiscale, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, tra l'altro potenziando i pagamenti elettronici obbligatori, anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. Attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia e di anzianità nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita.

L'Italia ha compiuto alcuni progressi nel dare seguito a questa raccomandazione.

Assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1 % nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL. Utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL.

La valutazione del rispetto del patto di stabilità e crescita farà parte della tornata di primavera, quando saranno disponibili i dati definitivi per il 2019.

Spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati.

Progressi limitati. Il bilancio 2020 prevede un fondo per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro di circa lo 0,2 % del PIL nel 2020 e dello 0,3 % del PIL a partire dal 2021. Il bilancio 2020 comprende anche varie disposizioni che limitano le agevolazioni fiscali sulle imposte sul reddito delle persone fisiche, con un impatto limitato sul bilancio. Non sono state adottate misure per ridurre le ingenti agevolazioni fiscali in materia di imposte sul valore aggiunto, né per riformare i valori catastali non aggiornati. Nel complesso, sono stati compiuti alcuni progressi nella riduzione delle imposte sul lavoro, ma non sono stati compiuti progressi nel trasferimento della pressione fiscale verso altre fonti di entrate (solo progressi limitati nella riduzione delle agevolazioni fiscali e nessun progresso nell'aggiornamento dei valori catastali). In media, sono stati compiuti progressi limitati.

Contrastare l'evasione fiscale, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, tra l'altro potenziando i pagamenti elettronici obbligatori, anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti.

Progressi significativi. Il bilancio 2020 comprende diverse misure per combattere l'evasione fiscale relativa alle dichiarazioni di reddito omesse, anche incoraggiando i pagamenti elettronici: i) un nuovo fondo (0,2 % del PIL a partire dal 2021) per ricompensare i consumatori che pagano per via elettronica; ii) abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti; iii) una nuova lotteria speciale per i consumatori che pagano con mezzi elettronici; iv) la possibilità di detrarre spese dalle imposte sul reddito delle persone fisiche solo se pagate con mezzi tracciabili. Tra le nuove misure aggiuntive contro l'evasione fiscale figurano i disincentivi all'indebito risarcimento dei crediti d'imposta, lo spostamento delle passività IVA e di sicurezza sociale dal subappaltatore al contraente principale dei debiti fiscali e diverse misure contro le frodi in materia di accise e IVA nel settore dei carburanti. Tali misure sono pertinenti e in linea con le raccomandazioni specifiche per paese 2019. Tuttavia, l'entità della sfida rappresentata dall'evasione fiscale in Italia giustifica un'attuazione rigorosa e un impegno riformatore continuo e sempre più ambizioso. Per un uso efficiente delle risorse, è anche importante che gli incentivi finanziari per i consumatori che effettuano pagamenti per via elettronica siano destinati ai settori più esposti all'evasione fiscale.

Attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia e di anzianità nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita.

Nessun progresso. Il bilancio 2019 ha introdotto diverse disposizioni che hanno parzialmente annullato le passate riforme delle pensioni ampliando le possibilità di pensionamento anticipato, anche creando un nuovo regime di pensionamento anticipato ("quota 100") e sospendendo l'indicizzazione alla speranza di vita del requisito contributivo minimo per l'accesso alla pensione a norma del vigente regime di pensione anticipata. La legge di bilancio 2020 ha confermato le nuove misure pensionistiche attuate nel 2019 e ha persino prorogato al 2020 i regimi temporanei di prepensionamento per le donne e per i dipendenti recentemente licenziati o che effettuano lavori pesanti ("APE sociale"), aumentando ulteriormente la spesa pensionistica.

Raccomandazione 2: Intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso. Garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano in particolare i giovani e i gruppi vulnerabili. Sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, anche attraverso l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia e a lungo termine di qualità. Migliorare i risultati scolastici, anche mediante investimenti adeguati e mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.

L'Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione.

Intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso.

Progressi limitati. L'ispettorato nazionale del lavoro, insieme ad altri servizi, ha bandito un concorso per assumere nuovi ispettori del lavoro. Il numero totale delle imprese ispezionate è diminuito nel 2018.

Garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano in particolare i giovani e i gruppi vulnerabili.

Alcuni progressi. Sono stati assunti 3 000 addetti, i cosiddetti "navigator", per rafforzare i centri pubblici per l'impiego. Tuttavia le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) rimangono scarsamente integrate e coordinate con altre politiche correlate (ad esempio i servizi sociali, l'apprendimento degli adulti e la formazione professionale). Il ruolo di coordinamento dell'agenzia nazionale (ANPAL) è ancora più debole rispetto a quanto inizialmente previsto. Le principali sfide per l'attuazione della riforma continuano a essere il miglioramento del coordinamento, lo scambio di dati e la standardizzazione dei servizi forniti.

Sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, anche attraverso l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia e a lungo termine di qualità.

Progressi limitati. Le diverse misure di politica sociale relative alla famiglia spesso non sono coordinate e manca una strategia globale, che comprenda l'accesso ai servizi e l'erogazione delle prestazioni. Il governo ha intrapreso azioni per facilitare l'accesso alle strutture di assistenza all'infanzia, ma non prevede di aumentare l'offerta dei servizi per l'infanzia. Nell'anno scolastico 2016/17 le scuole materne disponibili coprivano in media solo il 24 % dei bambini di età inferiore a tre anni, con forti differenze regionali.

Migliorare i risultati scolastici, anche mediante investimenti adeguati e mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.

Progressi limitati. Per dare seguito a questa raccomandazione non sono state adottate misure significative al di là dell'assunzione di nuovi insegnanti (con un numero estremamente limitato di assunzioni di insegnanti esperti del settore digitale).

Raccomandazione 3: Incentrare la politica economica connessa agli investimenti sulla ricerca e l'innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali. Migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali. Affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

L'Italia ha compiuto alcuni progressi nel dare seguito a questa raccomandazione.

Incentrare la politica economica connessa agli investimenti sulla ricerca e l'innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali.

Alcuni progressi. Gli investimenti pubblici sono rimasti scarsi, ma il rafforzamento dell'autonomia di bilancio delle amministrazioni locali mostra segnali positivi. Nel 2019 sono state adottate altre misure volte a sbloccare gli investimenti pubblici (decreto "Sblocca Cantieri"). Inoltre, i fondi per gli investimenti pubblici a livello centrale e locale sono stati aumentati ed è stato creato il nuovo fondo per gli investimenti verdi, ma rimane debole la capacità amministrativa di pianificare e attuare i progetti di investimento. Il piano Transizione 4.0 (che proroga le misure del piano Impresa 4.0) sostiene gli investimenti privati e si concentra maggiormente su innovazione e investimenti verdi, mirando nel contempo ad ampliare il numero di imprese beneficiarie. Tuttavia, la spesa in R&S è rimasta bassa e disomogenea tra le regioni italiane. Vi è ancora margine per razionalizzare ulteriormente e stabilizzare gli incentivi più efficaci. Il Fondo Nazionale per l'Innovazione è stato istituito, ma non è ancora operativo. Rimangono modesti gli investimenti pubblici nelle regioni meridionali, il cui debole ecosistema non consente loro di beneficiare appieno delle misure nazionali. Il previsto rafforzamento della clausola relativa al 34 % degli investimenti potrebbe contribuire a ridurre le disparità regionali.

Migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali.

Alcuni progressi. Sono proseguiti gli sforzi per semplificare le procedure amministrative, anche se l'onere complessivo resta elevato. Nel 2019 sono state istituite due agenzie per rafforzare la capacità amministrativa della pubblica amministrazione nella pianificazione e nella gestione degli investimenti pubblici, ma non sono ancora operative. La riforma volta a far fronte alle inefficienze negli appalti pubblici non è stata ancora realizzata. Sono stati registrati alcuni progressi nel miglioramento del livello di efficacia e digitalizzazione della pubblica amministrazione (Decreto Concretezza, disegno di legge sull'occupazione nel settore pubblico, creazione del ministero dell'innovazione e della digitalizzazione, avvio dell'applicazione IO, ecc.). Tuttavia, nessun progresso è stato registrato nel campo dei servizi pubblici locali.

Affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

Nessun progresso. Nessun progresso è stato registrato per quanto riguarda le politiche in materia di concorrenza. Non sono state annunciate nuove iniziative e sono ancora in discussione alcune misure che prevedono dei passi indietro.

Raccomandazione 4: Ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già prese in considerazione dal legislatore. Migliorare l'efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali.

L'Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione.

Ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già prese in considerazione dal legislatore.

Progressi limitati Nonostante i recenti miglioramenti, la scarsa efficienza del sistema giudiziario civile italiano continua a destare preoccupazione. Il tempo necessario per definire i contenziosi civili e commerciali in Italia resta il più elevato dell'UE nei gradi di giudizio superiori. Nel dicembre 2019 il Consiglio dei ministri ha adottato un disegno di legge che consente al governo di razionalizzare in modo sostanziale la procedura civile, che deve ora essere approvato dal parlamento nazionale.

Migliorare l'efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali.

Progressi limitati. Per quanto riguarda la durata dei processi penali, i lunghi tempi dell'Italia per i procedimenti penali continuano a destare preoccupazione, in particolare a livello di appello. Risultati positivi in termini di contenimento della lunghezza del processo sono stati recentemente registrati dai tribunali di primo grado e dalla Corte di cassazione. La recente riforma che interrompe il decorso della prescrizione dopo una sentenza di primo grado, in linea con una raccomandazione specifica per paese di lunga data, è entrata in vigore a partire dal 2020. Il governo sta discutendo una tanto necessaria riforma del procedimento penale. Una rapida adozione di tali misure, assieme ad altri provvedimenti volti ad affrontare l'elevato numero di cause dinanzi ai tribunali d'appello, potrebbe migliorare l'efficienza della giustizia penale e l'efficacia della lotta alla corruzione. La scarsa efficienza della giustizia penale a livello di appello, in assenza di una riforma urgente dei processi penali, continua a ostacolare il perseguimento della corruzione.

Raccomandazione 5: Favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni, migliorando l'efficienza e la qualità degli attivi, continuando la riduzione dei crediti deteriorati e diversificando la provvista. Migliorare il finanziamento non bancario per le imprese più piccole e innovative.

L'Italia ha compiuto alcuni progressi nel dare seguito a questa raccomandazione.

Favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni, migliorando l'efficienza e la qualità degli attivi, continuando la riduzione dei crediti deteriorati e diversificando la provvista.

Alcuni progressi. Il risanamento dei bilanci delle banche, in particolare la cessione dei crediti deteriorati mediante vendite a titolo definitivo e cartolarizzazioni mediante la garanzia cartolarizzazione sofferenze (GACS), ha registrato progressi significativi. Il GACS è stato prorogato nel maggio 2019 per altri due anni. Attualmente, i rendimenti relativamente bassi dei titoli di Stato italiani dovrebbero sostenere le banche in Italia nel rafforzare le loro posizioni patrimoniali e migliorare l'accesso ai finanziamenti all'ingrosso. Al tempo stesso, le banche italiane hanno continuato a riequilibrare i loro portafogli di titoli di Stato nazionali spostandoli nella categoria "held-to collect" (che include titoli posseduti per raccogliere flussi finanziari), al fine di proteggere le loro posizioni patrimoniali dalla volatilità dei prezzi dei titoli sovrani nazionali. Nonostante i recenti miglioramenti, la redditività rimane difficile per le banche italiane nell'attuale contesto di bassi tassi di interesse. Alcune delle banche presentano ancora elevati rapporti costi/ricavi. La riforma delle grandi banche cooperative non è ancora pienamente attuata, a differenza della riforma delle piccole banche di credito cooperativo, sostanzialmente conclusa. Inoltre, all'inizio del 2019, il governo ha messo a punto la riforma della legislazione in materia di insolvenza. Tuttavia, le banche italiane sono ancora sostanzialmente esposte al loro debito sovrano, il che implica il rischio di circoli viziosi. Una ripresa dei rendimenti dei titoli sovrani potrebbe mettere sotto pressione le banche e far salire nuovamente i costi di finanziamento. Nonostante i progressi compiuti per quanto riguarda la riduzione dei rischi in bilancio per le banche, lo stock di crediti deteriorati a livello di sistema resta relativamente elevato rispetto ai paesi comparabili della zona euro. Inoltre, alcune delle banche di secondo livello continuano a soffrire a causa di livelli di crediti deteriorati nettamente al di sopra della media.

Migliorare il finanziamento non bancario per le imprese più piccole e innovative.

Alcuni progressi. Mentre il finanziamento delle imprese rimane prevalentemente bancario, le misure volte a migliorare l'accesso delle imprese ai mercati dei capitali adottate negli anni precedenti hanno avuto un impatto positivo. L'uso delle offerte pubbliche iniziali sul mercato alternativo di investimenti (AIM) ha mostrato segni di ripresa nel 2018, in parte a seguito di iniziative governative quali l'introduzione delle società veicolo SPAC (Special Purpose Acquisition Companies). Anche l'importanza del mercato dei mini-bond per le PMI sta aumentando, nonostante le sue dimensioni relative. Tuttavia, non sono ancora state attuate misure volte a migliorare lo scarso ricorso al capitale di rischio. Si prevede che le nuove misure adottate nel 2019 (estensione del campo di applicazione del crowdfunding alle obbligazioni emesse da PMI, reintroduzione dell'ACE, introduzione della Società di Investimento Semplice) aiuteranno ad affrontare la sottocapitalizzazione del settore delle imprese.

Europa 2020 (obiettivi nazionali e progressi realizzati)

Obiettivo in materia di tasso di occupazione stabilito nel programma nazionale di riforma (PNR): 67-69 %.

Il tasso di occupazione è salito al 63,6 % nel terzo trimestre del 2019 ed è ancora inferiore rispetto all'obiettivo nazionale e notevolmente al di sotto della media dell'UE (73,8 %).

Obiettivo di R&S stabilito nel PNR: 1,53 % del PIL.

L'Italia ha compiuto progressi limitati negli ultimi anni e non è sulla buona strada per conseguire il suo obiettivo. Nel 2018 l'intensità di R&S è stata pari all'1,39 % del PIL.

Obiettivo per le emissioni di gas a effetto serra:
-13 % nel 2020 rispetto
al 2005 (nei settori che non rientrano nel sistema di scambio delle quote di emissione dell'UE).

L'Italia è sulla buona strada per conseguire il suo obiettivo in materia di emissioni di gas a effetto serra per il 2020.

Secondo le proiezioni presentate nel 2019, entro il 2020 l'Italia avrà ridotto le proprie emissioni del 20 %, superando quindi il proprio obiettivo di 7 punti percentuali.

Già nel 2018, secondo i dati preliminari, le emissioni sono state ridotte del 18 % rispetto all'obiettivo intermedio del 12 % (vale a dire con un margine di 6 punti percentuali).

Obiettivo relativo alle energie rinnovabili per il 2020: 17 %.

Con una quota di energie rinnovabili pari al 17,78 % nel 2018, l'Italia rimane al di sopra del proprio obiettivo in materia di energie rinnovabili per il 2020. Rispetto allo scorso anno, tuttavia, la quota di energie rinnovabili è diminuita per la prima volta dal 2004. Nello stesso periodo, solo la quota delle energie rinnovabili nel settore dei trasporti è leggermente aumentata. Sono pertanto necessari ulteriori sforzi in tutti i settori al fine di garantire una crescita costante delle energie rinnovabili e il raggiungimento degli obiettivi per il 2020 e il 2030.

Efficienza energetica, obiettivi di consumo di energia per il 2020:

l'obiettivo di consumo di energia dell'Italia per il 2020 è di 158 Mtep espresso in consumo di energia primaria (124 Mtep espresso in consumo di energia finale).

L'obiettivo è stato fissato a un livello tale da consentire l'aumento del consumo dell'energia nei prossimi anni. Dopo la crescita del consumo di energia sia primaria che finale nel periodo 2013-2014, il consumo di energia nel paese è diminuito tra il 2015 e il 2016. Lo scorso anno, il consumo di energia primaria ha registrato nuovamente una leggera diminuzione, passando da 148,94 Mtep nel 2017 a 147,5 Mtep nel 2018. Il consumo finale di energia è tuttavia aumentato lievemente da 115,2 Mtep nel 2017 a 116,5 Mtep nel 2018. Alla luce della possibile ripresa economica in Italia e della recente tendenza al rialzo del consumo di energia finale, sono necessari ulteriori sforzi per rimanere entro i livelli stabiliti per il conseguimento dell'obiettivo di efficienza energetica del 2020 e in vista dei nuovi obiettivi per il 2030.

Obiettivo relativo all'abbandono scolastico/della formazione: 16 %.

Il tasso di abbandono scolastico nel 2018 è stato del 14,5 %, inferiore all'obiettivo della strategia Europa 2020 per l'Italia, ma superiore alla media UE del 10,6 %.

Obiettivo relativo all'istruzione terziaria: 26-27% della popolazione di età compresa tra 30 e 34 anni.

Al 26,9 % nel 2018, la percentuale di persone tra i 30 e i 34 anni con un livello di istruzione terziaria era in linea con l'obiettivo nazionale, ma è stata la seconda più bassa dell'UE (media UE: 39,9 %).

Obiettivo di riduzione del numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, espresso in termini di numero assoluto di persone: -2,2 milioni (anno base 2010: 15,1 milioni).

Con un aumento pari a più di 1,3 milioni di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) rispetto al 2008, l'Italia non ha raggiunto l'obiettivo. Nel 2018 il tasso AROPE è sceso al 27,3 %, in calo rispetto al 28,9 % del 2017, pur restando ben al di sopra dei livelli pre-crisi (25,5 % nel 2008) e della media UE (21,9 %).

Allegato B - Analisi della sostenibilità del debito effettuata dalla Commissione e rischi per il bilancio

Allegato C - Tabelle standard

Tabella C.1 -Indicatori del mercato finanziario

(1) Dati più recenti: terzo trimestre 2019. Essi comprendono non soltanto le banche, ma anche tutte le istituzioni finanziarie monetarie, escluse le banche centrali.
(2) Dati più recenti: secondo trimestre 2019.

(3) I dati trimestrali sono annualizzati.

* Misurato in punti base.


Fonte: Commissione europea (tassi di interesse a lungo termine), Banca mondiale (debito esterno lordo), Eurostat (debito privato) e BCE (tutti gli altri indicatori).

Tabella C.2 -Indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

Note:
(1) Persone a rischio di povertà o esclusione sociale (AROPE): individui che sono a rischio di povertà (AROP) e/o versano in stato di grave indigenza e/o vivono in una famiglia ad intensità di lavoro nulla o molto bassa.

(2) Le persone disoccupate sono le persone che non erano occupate, ma avevano cercato attivamente lavoro ed erano pronte ad iniziare a lavorare immediatamente o entro due settimane.
(3) Reddito disponibile lordo delle famiglie, definito in termini non c
orretti, secondo il progetto di relazione comune sull'occupazione 2019.
(4) Riduzione in percentuale del tasso di rischio di povertà dovuta ai trasferimenti sociali (calcolata raffrontando i tassi di rischio di povertà precedenti e successivi ai trasfer
imenti sociali; le pensioni non sono considerate trasferimenti sociali ai fini di questo calcolo).
(5) Media dei primi tre trimestri del 2019 per il tasso di occupazione, il tasso di disoccupazione e il divario occupazionale tra i generi.

Fonte: Eurostat

Tabella C.3 -Indicatori del mercato del lavoro e dell'istruzione

Note:
* Indicatore non appartenente al quadro

(1) I disoccupati di lunga durata sono le persone disoccupate da almeno 12 mesi.

(2) Differenza tra la retribuzione oraria lorda media dei lavoratori dipendenti e quella delle lavoratrici dipendenti, espressa in percentuale della retribuzione oraria lorda media dei lavoratori dipendenti uomini. È definita "non corretta", poiché non è corretta in funzione delle caratteristiche individuali (in tal modo fornisce un quadro generale delle disparità di genere in termini di retribuzione). Sono inclusi tutti i dipendenti di imprese con 10 o più dipendenti, senza limitazioni di età e di ore lavorate.
(3) Bassi risultati PISA (OCSE) sulle competenze matematiche tra i quindicenni.

(4) Impatto dello stato socioeconomico e culturale sui risultati PISA (OCSE).

(5) Media dei primi tre trimestri del 2019. I dati relativi al tasso di disoccupazione
giovanile sono destagionalizzati.

Fonte: Eurostat, OCSE.

Tabella C.4 -Indicatori relativi all'inclusione sociale e alla salute

Note:
* Indicatore non appartenente al quadro

(1) Percentuale di individui a rischio di povertà (AROP):
percentuale delle persone con un reddito disponibile equivalente inferiore al 60 % del reddito equivalente mediano nazionale.
(2) Percentuale delle persone soggette ad almeno quattro delle seguenti forme di privazione: non potersi permettere di i) pagare
l'affitto o le bollette, ii) riscaldare adeguatamente l'abitazione in cui vivono, iii) sostenere spese impreviste, iv) mangiare carne, pesce o un equivalente proteico ogni due giorni, v) andare una settimana in vacanza fuori casa una volta all'anno, vi) avere un'automobile, vii) avere una lavatrice, viii) avere una TV a colori o ix) avere un telefono.
(3) Percentuale della popolazione totale che vive in abitazioni sovraffollate e presenta disagio abitativo.

(4) Persone che vivono in famiglie con un'int
ensità di lavoro molto bassa: percentuale di persone della fascia di età 0-59 anni che vivono in nuclei familiari in cui gli adulti (esclusi i figli a carico) hanno lavorato meno del 20 % del loro potenziale tempo lavorativo totale nei precedenti 12 mesi.  
(5) Rapporto fra il reddito mediano individuale lordo da pensione della fascia di età 65-74 anni e il reddito mediano individuale lordo da lavoro della fascia di età 50-59 anni.

(6) Diffusione della banda larga fissa (33 %), diffusione della banda larg
a mobile (22 %), velocità (33 %) e accessibilità economica (11 %), dal Quadro di valutazione digitale.

Fonte: Eurostat, OCSE.

Tabella C.5 -Indicatori di risultato e delle politiche relativi ai mercati del prodotto

Note:

*Mentre i valori degli indicatori dal 2003 al 2013 sono comparabili, la metodologia è stata considerevolmente modificata nel 2018. Di conseguenza, le serie storiche non possono essere confrontate con gli indicatori PMR per il 2018.
(1) Valore aggiunto (a
prezzi costanti) diviso per il numero delle persone occupate.
(2) Reddito da lavoro dipendente a prezzi correnti diviso per il valore aggiunto a prezzi costanti.

(3) Le metodologie per questo indicatore (comprese le ipotesi) sono riportate in dettaglio
all'indirizzo http://www.doingbusiness.org/methodology.
(4) Media della risposta alla domanda Q7B_a. "[Prestiti bancari]: Se avete richiesto o tentato di negoziare questo tipo di finanziamento negli ultimi sei mesi, qual è stato l'esito?". Le risposte s
ono state codificate come segue: zero se si è ricevuto l'intero finanziamento richiesto, uno se si è ricevuto un finanziamento pari al 75 % o più dell'importo richiesto, due se si è ricevuto meno del 75 %, tre se la richiesta è stata rifiutata o respinta e "valori mancanti" se la richiesta presentata è ancora in sospeso o l'intervistato non sa cosa rispondere.
(5) Percentuale della popolazione della fascia di età 15-64 anni che ha completato il ciclo di istruzione terziaria.

(6) Percentuale della popola
zione della fascia di età 20-24 anni che ha completato almeno il ciclo di istruzione secondaria superiore.
(7) Indice: 0 = non regolamentato; 6 = molto regolamentato. Le metodologie per gli indicatori OCSE della regolamentazione dei mercati dei prodotti
sono riportate in dettaglio all'indirizzo: http://www.oecd.org/competition/reform/indicatorsofproductmarketregulationhomepage.htm
Si ricorda che i valori degli indicatori dal 2003 al 2013 sono comparabili, ma la metodologia è stata considerevolmente modifi
cata nel 2018. Di conseguenza, le serie storiche non possono essere confrontate con gli indicatori PMR per il 2018.
(8) Media semplice degli indicatori della regolamentazione per avvocati, contabili, architetti e ingegneri.

(9) Indicatori OCSE aggregat
i della regolamentazione in materia di energia, trasporti e comunicazioni.

Fonte: Commissione europea; "Fare impresa" della Banca mondiale (per gli indicatori dell'esecuzione dei contratti e del tempo necessario per avviare un'impresa); e OCSE (per gli indicatori della regolamentazione dei mercati dei prodotti);
SAFE (per l'indicatore dell'esito delle richieste di prestiti bancari da parte delle PMI).

Tabella C.6 -Crescita verde

Tutti i macroindicatori di intensità sono espressi come il rapporto tra una quantità fisica e il PIL (prezzi 2010).
Intensità di energia: consumo interno lordo di energia (in kgep) diviso per il PIL (in EUR);

intensità di carbonio: emissioni di gas serra (in equivalente kg CO2) divise per il PIL (in EUR);

i
ntensità in termini di risorse: consumo interno di materiali (in kg) diviso per il PIL (in EUR);
intensità di rifiuti: rifiuti (in kg) divisi per il PIL (in EUR).

Bilancia commerciale del settore energetico: il saldo tra esportazioni e importazioni di
energia, espresso in % del PIL.
Incidenza dell'energia sull'IPCA: la quota di voci relative all'energia nel paniere dei consumi utilizzato per costruire l'IPCA.

Differenza tra variazione del prezzo dell'energia e inflazione: componente energetica dell'IP
CA e totale inflazione IPCA (variazione annua %).
Costo reale dell'energia per unità di prodotto: costi reali dell'energia come % del valore aggiunto totale per l'economia.

Intensità energetica dell'industria: consumo finale di energia nell'industria (in k
gep) diviso per il valore aggiunto lordo dell'industria (in EUR 2010).
Costi reali dell'energia per unità di prodotto nell'industria manifatturiera esclusa la raffinazione: costi reali come % del valore aggiunto per i settori manifatturieri.

Quota di indus
trie ad alta intensità energetica nell'economia: quota del PIL rappresentata dal valore aggiunto lordo delle industrie ad alta intensità di energia.
Prezzi dell'energia elettrica e del gas per gli utenti industriali medi: classe di consumo 500-2 000 MWh e
10 000-100 000 GJ; IVA esclusa.
Tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani: rapporto tra i rifiuti urbani riciclati e compostati e i rifiuti urbani totali.

R&S pubblica nel settore energetico o ambientale: spesa pubblica in R&S per queste categorie in % del P
IL.
Proporzione delle emissioni di gas serra coperta dal sistema di scambio di quote di emissione UE (esclusa l'aviazione): basata sulle emissioni di gas

serra segnalate dagli Stati membri all'Agenzia europea dell'ambiente (escluse le attività connesse all
'uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura).
Intensità di energia nei trasporti: consumo finale di energia delle attività di trasporto inclusa l'aviazione internazionale (kgep) diviso per il valore aggiunto lordo nel settore dei tr
asporti e dello stoccaggio (in EUR 2010).
Intensità di carbonio nei trasporti: emissioni di gas serra nel settore dei trasporti e dello stoccaggio diviso per il valore aggiunto lordo nel settore dei trasporti e dello stoccaggio (in EUR 2010).

Dipendenza da
lle importazioni di energia: importazioni nette di energia divise per il consumo interno lordo di energia compreso il carburante utilizzato nel trasporto marittimo internazionale.
Indice aggregato della concentrazione dei fornitori: indice Herfindahl per i
l petrolio, il gas e il carbone. Valori più bassi indicano una maggiore diversificazione e quindi un rischio minore.
Diversificazione del mix energetico: indice Herfindahl per il gas naturale, i prodotti petroliferi totali, l'energia termo-nucleare, da fon
ti rinnovabili e da combustibili solidi. Valori più bassi indicano una maggiore diversificazione.
* Commissione europea e Agenzia europea dell'ambiente - dati provvisori 2018.

Fonte: Commissione europea e Agenzia europea dell'ambiente (percentuale di emissioni di gas serra coperte dall'ETS); Commissione europea (rapporto tra imposte ambientali e imposte sul lavoro e PIL); Eurostat (tutti gli altri indicatori).

Allegato D - Orientamenti in materia di investimenti del Fondo per una transizione giusta 2021-2027 per l'Italia

Sulla base della proposta della Commissione, il presente allegato espone le opinioni preliminari dei servizi della Commissione sui settori di investimento prioritari e sulle condizioni quadro per l'attuazione efficace degli investimenti del Fondo per una transizione giusta per il periodo 2021-2027 in Italia ( 107 ). Questi settori di investimento prioritari sono determinati in base all'analisi più ampia dei territori che fanno fronte a gravi sfide socioeconomiche derivanti dal processo di transizione verso un'economia dell'Unione climaticamente neutra entro il 2050 in Italia, valutata nella relazione. Il presente allegato costituisce la base per un dialogo tra l'Italia e i servizi della Commissione, oltre che dei pertinenti orientamenti per gli Stati membri nella preparazione dei loro piani territoriali per una transizione giusta, che formeranno la base per la programmazione del Fondo per una transizione giusta. Gli investimenti del Fondo per una transizione giusta integrano quelli effettuati nell'ambito dei finanziamenti della politica di coesione, i cui orientamenti sono contenuti nell'allegato D della relazione per paese 2019 per l'Italia ( 108 ).

L'Italia è il quarto maggiore produttore di gas a effetto serra dell'UE e il suo settore energetico è il principale responsabile al totale delle emissioni di gas a effetto serra, con una quota del 56 % nel 2017. Le principali fonti di emissioni di gas a effetto serra in Italia sono le centrali a carbone e la produzione di ferro/acciaio ( 109 ). Due zone meritano un'attenzione specifica, Taranto e il Sulcis Iglesiente (Carbonia-Iglesias, nel sud-ovest della Sardegna).

Nell'area funzionale urbana di Taranto (provincia di Taranto), che ospita una delle più grandi acciaierie europee e una delle tre maggiori centrali alimentate a carbone in Italia, il grande inquinamento industriale deriva dai gas a effetto serra, ma anche da altri inquinanti e dal particolato. Questa zona è fortemente dipendente dal punto di vista economico dall'acciaieria, che impiega circa 10 000 dipendenti, con circa ulteriori 10 000 che secondo le stime lavorano in società ad essa collegate. Questi posti di lavoro sono a rischio. La forte dipendenza della zona dai combustibili fossili rappresenta una sfida enorme per quanto riguarda la decarbonizzazione e richiede notevoli sforzi per sostenere una strategia di transizione integrata, che accompagni lo spostamento a lungo termine di Taranto verso alternative economiche e un ulteriore sviluppo del polo siderurgico. In base a questa valutazione preliminare, sembra necessario che il Fondo per una transizione giusta concentri il suo intervento in questa zona.

Per far fronte a queste sfide sono stati identificati fabbisogni di investimenti prioritari per rendere più moderne e competitive le economie di questo settore. Le azioni chiave del Fondo per una transizione giusta potrebbero mirare in particolare a:

·investimenti nella diffusione di tecnologie e infrastrutture per l'energia pulita a prezzi accessibili, l'efficienza energetica e le energie rinnovabili, anche nei siti industriali con elevate emissioni di gas a effetto serra con l'obiettivo di ridurre queste emissioni; ( 110 )

·investimenti nella rigenerazione e la decontaminazione dei siti, il ripristino del terreno e i progetti di conversione;

·investimenti nella creazione di nuove aziende, anche mediante incubatori di imprese e servizi di consulenza, tenendo conto delle strategie di specializzazione intelligente ( 111 );

·investimenti produttivi nelle PMI;

·miglioramento delle competenze e riqualificazione professionale dei lavoratori;

·assistenza nella ricerca di lavoro;

·inclusione attiva delle persone in cerca di lavoro.

Nel Sulcis Iglesiente (provincia di Carbonia-Iglesias), l'ultima miniera italiana di carbone di Monte Sinni dovrebbe arrestare gradualmente la produzione di carbone entro il 2025. Essa dà lavoro a 350 dipendenti e la sua produzione è costantemente in calo. L'area è già caratterizzata da un'alta percentuale di abitanti anziani, pochi giovani laureati, alto tasso di disoccupazione giovanile (35,7 %), basso reddito pro capite e una qualità della vita complessivamente bassa 112 . Ciò crea problemi per la transizione e genera relativi fabbisogni di investimenti. In base a questa valutazione preliminare, sembra necessario che il Fondo per una transizione giusta intervenga anche in questa zona.

Le azioni chiave del Fondo per una transizione giusta potrebbero mirare in particolare a:

·investimenti nella rigenerazione e la decontaminazione dei siti, il ripristino del terreno e i progetti di conversione;

·investimenti nel potenziamento dell'economia circolare, anche mediante la prevenzione e la riduzione dei rifiuti, l'uso efficiente delle risorse, il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio;

·investimenti produttivi nelle PMI, tra cui le start-up, finalizzati alla diversificazione e alla riconversione economica;

·miglioramento delle competenze e riqualificazione professionale dei lavoratori;

·assistenza nella ricerca di lavoro;

·inclusione attiva delle persone in cerca di lavoro.

Allegato E - PROGRESSI VERSO gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS)

Valutazione dei progressi a breve termine dell'Italia verso gli OSS ( 113 )

La tabella E.1 riporta i dati relativi all'Italia e all'UE-28 per gli indicatori inclusi nel set di indicatori per gli OSS dell'UE utilizzato da Eurostat per monitorare i progressi verso la realizzazione degli OSS nel contesto dell'UE ( 114 ). Dato che la tendenza a breve termine a livello di UE è valutata su un periodo di 5 anni, viene presentato sia il valore all'inizio del periodo che l'ultimo valore disponibile. Gli indicatori sono regolarmente aggiornati nella sezione di Eurostat dedicata agli SDI .

Tabella E.1-Indicatori che misurano il progresso dell'Italia verso la realizzazione degli OSS

 

(Continua)

Tabella (continuazione)

 

(Continua)

Tabella (continuazione)

 

(Continua)

Tabella (continuazione)

 

(Continua)

Tabella (continuazione)

 

Fonte: Eurostat

Riferimenti

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(1) ()    La presente relazione valuta l'economia italiana alla luce della strategia annuale di crescita sostenibile pubblicata dalla Commissione europea il 17 dicembre 2019. In questo documento la Commissione delinea una nuova strategia relativa alle modalità per affrontare non solo le sfide economiche a breve termine, ma anche quelle di più lungo periodo. Questa nuova agenda economica per la sostenibilità competitiva si articola su quattro piani: sostenibilità ambientale, aumenti di produttività, equità e stabilità macroeconomica.
(2) ()    Per informazioni sul livello dei progressi registrati e sulle misure adottate per dar seguito alle indicazioni di intervento suggerite in ciascuna sottoparte delle raccomandazioni specifiche per paese, si veda la tabella di sintesi nell'allegato.
(3) ()    Nell'ambito di applicazione della sua base giuridica, il semestre europeo può contribuire a orientare le politiche economiche e occupazionali nazionali verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) monitorando i progressi e garantendo un più stretto coordinamento degli sforzi nazionali. La presente relazione contiene un'analisi e un monitoraggio più approfonditi degli OSS. Un nuovo allegato (allegato E) presenta una valutazione statistica delle tendenze rispetto al conseguimento degli OSS in Italia negli ultimi cinque anni, basata sull'apposita serie di indicatori dell'UE per gli OSS messa a punto da Eurostat.
(4) ()    Nella prima metà del 2019 la spesa per alcuni beni di consumo, in particolare alimenti, abbigliamento e trasporti, è stata inferiore rispetto allo stesso periodo del 2018.
(5) ()    Il reddito di cittadinanza è stato introdotto ad aprile 2019 (cfr. anche la sezione 4.3).
(6) ()    L'incremento è dovuto anche alla conversione di più contratti a termine in contratti a tempo indeterminato in virtù delle recenti modifiche legislative (Decreto Dignità). Cfr. anche la sezione 4.3.
(7) ()    La Cassa Integrazione Guadagni (CIG) integra le retribuzioni dei dipendenti interessati da una sospensione temporanea dell'attività lavorativa (ma non considerati disoccupati) o da una riduzione forzata dell'orario di lavoro. Il recente aumento si può ascrivere alla componente straordinaria della CIG, la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, concessa in caso di crisi o riorganizzazione aziendale.
(8) ()    A dicembre 2019, in concomitanza con un rallentamento del ritmo di crescita delle retribuzioni contrattuali, la percentuale di dipendenti interessati dalla negoziazione per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali si attestava al 46 %. Tali contratti, per cui le negoziazioni sono tuttora in corso, sono scaduti in media da 16 mesi.
(9) ()    Il cosiddetto "Jobs Act", la riforma del mercato del lavoro adottata alla fine del 2014, prevedeva incentivi temporanei – sotto forma di un esonero contributivo di tre anni – per le imprese che avessero assunto lavoratori a tempo indeterminato secondo nuove modalità con minori tutele.
(10) ()    Cfr. anche la sezione 4.3.2.
(11) ()    Il consiglio direttivo della BCE ha adottato a settembre 2019 un ampio pacchetto di misure espansive (BCE, 2019), i cui effetti, dopo l'annuncio al forum della BCE sul sistema bancario centrale del giugno 2019, erano già visibili in estate.
(12) ()    Il divario tra il premio sui contratti CDS che offrono protezione dal rischio di ridenominazione del debito e quello sui contratti che non proteggono da tale rischio (ISDA basis) è sceso su valori di poco superiori a quelli dei primi mesi del 2018; il differenziale rispetto agli altri paesi della zona euro rimane però ampio (cfr. Banca d'Italia, 2019a, pag. 25 e seg.).
(13) ()    Il rating assegnato da Moody's all'Italia è Baa3 (BBB‑), un livello al di sopra dell'"investment grade", mentre il 25 ottobre 2019 Standard & Poor's ha confermato il rating BBB ma ha mantenuto il declassamento delle prospettive a "negative".
(14) ()    Per maggiori informazioni sulla stima delle partite correnti sulla base dei fondamentali, cfr. Coutinho, L. et al. (2018).
(15) ()    Per la valutazione di altre riforme attuate in passato si veda, in particolare, la sezione 4.
(16) ()    Il quadro normativo su cui si basa la programmazione dei Fondi della politica di coesione dell'UE 2021-2027 non è stato ancora adottato dai colegislatori, in attesa anche di un accordo sul quadro finanziario pluriennale (QFP).
(17) ()    Per informazioni sui progressi registrati e sulle misure adottate per dar seguito alle indicazioni suggerite in ciascuna sottoparte delle raccomandazioni specifiche per paese, si veda la tabella di sintesi nell'allegato A. La valutazione complessiva non comprende la valutazione del rispetto del patto di stabilità e crescita.
(18) ()    Le analisi pertinenti ai fini dell'esame approfondito sono riportate nelle seguenti sezioni: Finanze pubbliche (sezione 4.1); Settore finanziario (sezione 4.2); Mercato del lavoro (sezione 4.3); Investimenti (sezione 4.4).
(19) ()    Commissione europea, Debt Sustainability Monitor 2019, di prossima pubblicazione.
(20) ()    Per ulteriori informazioni su EUROMOD, cfr. riquadro 4.1.1.
(21) ()    L'aliquota fiscale marginale effettiva mediana è calcolata sull'intera popolazione, come indicato da EU-SILC. Per maggiori informazioni su EU-SILC ed EUROMOD cfr. riquadro 4.1.1.
(22) ()    Il limite sarà ridotto da 3 000 EUR a 2 000 EUR dal luglio 2020 e a 1 000 EUR dal gennaio 2022.
(23) ()    Il regime di garanzia sulla cartolarizzazione dei crediti deteriorati delle banche (GACS) è stato prorogato nel maggio 2019 per altri 24 mesi.
(24) ()    Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali.
(25) ()    Sulla base dei dati SAFE 2019.
(26) ()    InvestEurope, 2018 European Private Equity Activity.
(27) ()    Politecnico di Milano, Osservatorio Mini-Bond (2019).
(28) ()    Cfr. risoluzioni 7-00012 (Rizzetto), 7-00215 (Serracchiani), 7-00216 (Segneri) e 7-00234 (Murelli).
(29) ()    Per una valutazione più dettagliata del potenziale impatto della retribuzione minima garantita, cfr. INAPP (2019), ISTAT (2019a) e INPS (2019).
(30) ()    Nel 2015 il 60,2 % delle aziende attive (con almeno 10 dipendenti) ha erogato formazione professionale di qualche tipo: sebbene il dato sia ancora al di sotto della media UE (72,6 %), si tratta di un aumento significativo rispetto al 2010 (55,6 %). La percentuale della forza lavoro che ha partecipato alla formazione professionale continua è stata pari al 46 %. La formazione professionale è erogata dal 52,3 % delle aziende. La probabilità che un'azienda offra formazione professionale continua si riduce sensibilmente nelle imprese di minori dimensioni (10-49 dipendenti).
(31) ()    Eurostat, Spesa delle amministrazioni pubbliche per funzione (COFOG).
(32) ()    Nel 2017/2018 la copertura variava dal 9 % dei bambini aventi diritto in Campania al 4,7 % in Valle d'Aosta (ISTAT 2019a ed EUROSTAT).
(33) ()    Le prove sono attualmente obbligatorie per i gradi 2, 5, 8 e 10. Le prove per il grado 13 sono state condotte per la prima volta nel 2019 su base volontaria. Fonte: INVALSI 2019.
(34) ()    Monitoraggio Nazionale sul Sistema ITS Miur-Indire 2019.
(35) ()    Ibidem.
(36) ()    Codice dati online: educ_uoe_perp01.
(37) ()    Eurostat - Community survey on ICT usage in Households and by Individuals (indagine comunitaria sull'uso delle TIC nelle famiglie e da parte dei singoli individui).
(38) ()    Progetto varato dal Team per la Trasformazione Digitale ( https://teamdigitale.governo.it/it/repubblica-digitale ) che mobilita i portatori di interessi affinché intraprendano azioni di promozione delle competenze digitali.
(39) ()    Commissione europea, DG RTD, 2019.
(40) ()    Per la bibliografia: Confindustria, The Factory, Fabbisogni 2019-2021.
(41) ()    Le discipline STEM sono scienza, tecnologia, ingegneria e matematica.
(42) ()    Eurostat - Indagine sulle forze di lavoro.
(43) ()    Eurostat (tabella educ_uoegrad03, selezionando ISCED11=ED5-8).
(44) ()    Eurostat - Community survey on ICT usage and eCommerce in Enterprises (indagine comunitaria sull'uso delle TIC e sul commercio elettronico nelle imprese).
(45) ()    Ibidem.
(46) ()    The changing nature of work and skills in the digital age (La mutevole natura del lavoro e delle competenze nell'era digitale), Lussemburgo, 2019.
(47) ()    Cfr. anche Peña-Casas et al. (2019).
(48) ()    Jessoula, M. et al. (2019).
(49) ()    Il Servizio sanitario nazionale vanta rispettivamente il secondo e il quarto tasso più basso di mortalità per cause prevenibili e trattabili a livello dell'UE.
(50) ()    Per una panoramica delle sfide sanitarie in Italia, cfr. OCSE/Osservatorio europeo delle politiche e dei sistemi sanitari (2019).
(51) ()    Il Bonus Nido è un contributo per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido. Può essere erogato anche per il pagamento di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini di età inferiore a tre anni affetti da gravi patologie croniche.
(52) ()    Cfr. l'allegato 4 della nota orientativa sull'integrazione dei migranti del semestre europeo 2019/2020 (Commissione europea, 2019).
(53) ()    Tuttavia, la misurazione della produttività nei servizi deve essere interpretata con una certa cautela.
(54) ()    La covarianza intrasettoriale tra la produttività relativa e le dimensioni delle imprese indica in che misura le risorse sono allocate alle imprese più produttive di un determinato settore. Le stime di questa variabile basate su dati aziendali (CompNet) mostrano un miglioramento dell'efficienza allocativa.
(55) ()    Con i termini "microimpresa" e "grande impresa" si intendono rispettivamente le imprese che impiegano meno di 10 persone e quelle che impiegano più di 249 persone.
(56) ()    Imprese con almeno 10 dipendenti all'inizio della crescita e con un aumento medio annuo del numero di dipendenti superiore al 10 % all'anno su un arco di 3 anni.
(57) ()    La quota di imprese ad alta crescita è basata sul numero di dipendenti (e non sulla crescita delle vendite).
(58) ()    L'indice di intensità digitale (Digital Intensity Index - DII) di Eurostat del 2018 misura la disponibilità a livello aziendale di 12 diverse tecnologie digitali.
(59) ()    Indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI), Relazione nazionale per il 2019, Telecoms Chapters (capitoli di approfondimento sulle telecomunicazioni)(https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/scoreboard/italy). I dati si riferiscono al 2018. 
(60) ()    Commissione europea, Quadro di vigilanza digitale 2020. I dati sulla diffusione si riferiscono al 2019.
(61) ()    Indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI) 2019, ibid. 
(62) ()    Ad esempio, nel primo anno di applicazione il "super ammortamento" ha avuto un impatto positivo sugli investimenti delle imprese, mentre è stato più sfumato il suo impatto sull'adozione di capitale ad alta tecnologia/ad alta intensità di conoscenza (ISTAT, 2019g), determinando quindi l'esclusione delle attrezzature per il trasporto.
(63) ()    Lettera del ministro dello Sviluppo economico Patuanelli a "Il Sole 24 ore", 18 dicembre 2019.
(64) ()    Osservatorio Pagamenti CRIBIS 2019 https://www.cribis.com/media/80596/studio-pagamenti-italia-q1-2019.pdf
(65) ()    Add reference OSSERVATORIO
(66) ()    Nel 2019 l'Italia è salita dal 19° al 18° posto nella classifica delle dimensioni dei servizi pubblici digitali dell'indice di digitalizzazione dell'economia e della società (Digital Economy and Society Index - DESI).
(67) ()    Eurostat, uso delle TIC da parte di famiglie e singoli individui.
(68) ()    Segue e aggiorna il precedente piano per il triennio 2017-2019.
(69) ()    Diversi ministeri (tra cui il ministero delle Finanze, il ministero delle Infrastrutture, il ministero per il Sud) e portatori di interessi (Confindustria, Banca d'Italia, SVIMEZ).
(70) ()    A dicembre 2019 solo il 29 % dei fondi strutturali europei (contro una media UE del 39 %) e il 2,8 % dei fondi nazionali di sviluppo e di coesione programmati per il periodo 2014-2020 erano stati effettivamente spesi in Italia.
(71) ()    Nel 2018 sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa 23 comuni, di cui 11 in Calabria, 5 in Sicilia, 4 in Puglia e 3 in Campania. Nel 2017 sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa 21 comuni, di cui 12 in Calabria, 4 in Campania, 2 in Puglia, 2 in Sicilia e 1 in Liguria (Annuario delle statistiche ufficiali del ministero dell'Interno, 2019 e 2018; DNA, Relazione annuale 2019, pag. 230 e segg.).
(72) ()    Direttiva (UE) 2015/1535.
(73) ()    Concretamente, 863 giorni in secondo grado e 1266 giorni in terzo grado nel 2018.
(74) ()    Per questo motivo, nel 2019 circa il 19 % di tutti i ricorsi civili dinanzi alla Corte suprema di Cassazione è stato dichiarato inammissibile e circa il 50 % dei restanti è stato respinto (Corte di Cassazione, 2020). La percentuale delle cause in materia tributaria sul totale delle cause pendenti presso la Corte di Cassazione è costantemente aumentata, passando dal 44 % nel 2014 al 56 % nel 2018.
(75) ()    Atto Senato n. 1662. "Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie".
(76) ()    Rapporto ANAC 2019 sul whistleblowing.
(77) ()    Flash Eurobarometro 482 "Atteggiamento delle imprese nei confronti della corruzione nell'UE", 9 dicembre 2019.
(78) ()    Negli ultimi 10 anni i tassi di smaltimento si sono mantenuti costantemente attorno all'unità.
(79) ()    Il contributo degli Stati membri (in cifre e in percentuale) al commercio intra-UE.
(80) ()    SWD(2019) 444 final.
(81) ()    COM(2016) 820 final; SWD(2016) 436 final).
(82) ()    Gli indicatori settoriali della regolamentazione del mercato dei prodotti dell'OCSE misurano gli ostacoli normativi all'ingresso delle imprese sul mercato e alla concorrenza a livello di singoli settori, con particolare attenzione alle industrie di rete, ai servizi professionali e alla distribuzione al dettaglio. Documento disponibile al seguente indirizzo: https://www.oecd.org/economy/reform/indicators-of-product-market-regulation/ .
(83) ()    L'Italia è lo Stato membro più restrittivo per quanto riguarda la regolamentazione relativa alla creazione di nuovi negozi e il secondo più restrittivo nel complesso, con riferimento sia agli stabilimenti commerciali sia alle operazioni quotidiane dei dettaglianti.
(84) ()    Decreto legge 201/2011, https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2011;201
(85) ()    Decreto 135/2018, modificato dalla legge 12/2019.
(86) ()    Decreto Legge n. 50/2017.
(87) ()    Cfr. C-458/14 – Promoimpresa srl e a. contro Consorzio dei comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro e a.
(88) ()    Legge 205/2017 e legge 145/2018
(89) ()    Conformemente all'articolo 15, paragrafo 1, lettera b), punto ii), del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(90) ()    L'efficienza con la quale l'economia utilizza le risorse materiali per produrre ricchezza.
(91) ()    Per 18 gruppi di prodotti sono stati pubblicati criteri ambientali minimi.
(92) ()    Decreto ministeriale 2 agosto 2019 - Bandi grandi progetti R&S a valere sulle risorse FRI.
(93) ()    Nel corso del 2020 la Commissione valuterà il piano nazionale per l'energia e il clima definitivo presentato dall'Italia nel dicembre 2019. 
(94) ()    In particolare, le modifiche previste nel mix energetico italiano per il prossimo decennio devono essere accompagnate da misure che compensino la capacità convenzionale (basata sul carico) che viene gradualmente eliminata e che offrano flessibilità al sistema.
(95) ()    Cfr. ad esempio i progetti dimostrativi innovativi nel settore dell'energia (InnovFin Energy Demo Projects).
(96) ()    Decreto direttoriale 14 maggio 2019.
(97) ()    Nel 2016 sono stati persi 9,1 anni di vita persi ogni 1 000 abitanti ( Qualità dell'aria in Europa - Relazione dell'AEA del 2019 ).
(98) ()    Handbook on the External Costs of Transport [Manuale sui costi esterni dei trasporti], 2019, pag. 128.
(99) ()    Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'individuazione degli orientamenti ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257.
(100) ()    Decreto-Legge 14 ottobre 2019, n. 111.
(101) ()    Sostenuto dal PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 (FESR-FSE).
(102) ()    Al 31.1.2020, le ammende pagate riguardano: discariche non conformi, 224 milioni di EUR; gestione dei rifiuti in Campania, 195 milioni di EUR.
(103) ()    Al 31.1.2020 l'Italia aveva pagato un'ammenda di 77 milioni di EUR.
(104) ()    Nel 2015 alla Lombardia e al Piemonte sono state concesse deroghe alla direttiva UE sui nitrati fino alla fine del 2019.
(105) ()    https://www.eea.europa.eu/data-and-maps/indicators/direct-losses-from-weather-disasters-3/assessment-2
(106) ()    Piano ProteggiItalia.
(107) ()    Il presente allegato deve essere considerato congiuntamente alla proposta della Commissione europea di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul Fondo per una transizione giusta 2021-2027 (COM(2020)22) e la proposta della Commissione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo Plus, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e di regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo per la Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti (COM(2020)23)
(108) () SWD(2019) 1011 final
(109) () DG REGIO, 2016
(110) () Nella zona, i siti industriali, che svolgono le attività elencate nell'allegato I della direttiva 2003/87/CE, impiegano un numero considerevole di lavoratori e la loro attività è a rischio a causa delle loro elevate emissioni di gas a effetto serra; si potrebbe prendere in considerazione il sostegno a investimenti volti a ridurre le emissioni, a condizione che conseguano una riduzione sostanziale delle emissioni (molto al di sotto dei parametri di riferimento utilizzati per l'assegnazione gratuita di quote ai sensi della direttiva 2003/87/CE). La zona di Taranto dovrebbe subire notevoli perdite di posti di lavoro, che potrebbero non essere del tutto compensate dalla creazione e dallo sviluppo delle PMI; potrebbe quindi essere preso in considerazione il sostegno agli investimenti produttivi nelle grandi imprese, a condizione che gli investimenti siano compatibili con il Green Deal europeo.
(111)

() Le strategie di specializzazione intelligente [come definito all'articolo 2, punto 3, del regolamento (UE) 1303/2013 (CPR)] forniscono un quadro importante per definire le priorità dell'innovazione a sostegno della trasformazione economica.

(112)

() "Area di crisi industriale complessa — Polo Industriale Portovesme a relativo indotto", regione Sardegna, 2016.

(113) ()    Dati estratti il 9 febbraio 2020 dalla banca dati di Eurostat (set di indicatori ufficiali dell'UE per gli OSS; cfr. https://ec.europa.eu/eurostat/web/sdi/main-tables ).
(114) ()    Il set di indicatori degli OSS dell'UE è allineato, se del caso, con l'elenco degli indicatori globali delle Nazioni Unite, osservando che gli indicatori delle Nazioni Unite sono selezionati per una valutazione a livello globale e non sono pertanto sempre pertinenti nel contesto dell'UE. Gli indicatori OSS dell'UE hanno forti legami con le iniziative politiche dell'UE.
(I) ()Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile.
(II) () https://cohesiondata.ec.europa.eu/countries/IT . Nota: per i programmi i cui dati non sono stati comunicati entro la data del 31.1.2020 prevista dalla normativa sono stati utilizzati i dati trasmessi in precedenza. 
(III) ()La verifica di efficacia dell'attuazione è disciplinata dall'articolo 22 del regolamento (UE) n. 1303/2013.
(IV) ()La presentazione delle relazioni degli Stati membri sugli strumenti finanziari si basa sull'articolo 46 del regolamento (UE) n. 1303/2013, data limite 31.1.2020.
(V) ()EUROMOD è il modello dell'UE di microsimulazione del sistema di imposte e benefici pubblici. Esso simula i benefici e le imposte a carico dei singoli e delle famiglie secondo la normativa in vigore in ciascuno Stato membro, sulla base dei dati delle indagini campionarie rappresentative provenienti dalle statistiche europee sul reddito e sulle condizioni di vita (dati SILC per l'Italia 2017, riferiti ai redditi del 2016 ed aggiornati al 2019 attraverso fattori di rivalutazione). Lo scenario di base utilizza le politiche relative al sistema fiscale e previdenziale al 30 giugno 2019.
(VI) ()La soglia corrisponde sostanzialmente al valore catastale medio degli immobili residenziali in Italia.
(VII) ()L'esenzione si applica alle famiglie composte esclusivamente da pensionati. La soglia è raddoppiata per le coppie di pensionati e corrisponde alla soglia di reddito al di sopra della quale inizia la graduale riduzione dell'attuale bonus di 80 EUR.
(VIII) ()Rispetto allo scenario di base l'indice di Gini aumenterebbe dello 0,23 % nell'SC1, dello 0,07 % nell'SC2 e dello 0,05 % nell'SC3.
(IX) ()Gli effetti sull'offerta di lavoro sono stimati mediante un modello di offerta di lavoro a scelta discreta e strutturale, basato su Aaberge et al. (1995) e Van Soest (1995) e su un campione di famiglie di età compresa tra i 20 e i 60 anni con lavoro subordinato, disoccupate o inattive.