CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 15 dicembre 2022 ( 1 )

Causa C‑124/21 P

International Skating Union

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Normativa istituita da una federazione sportiva internazionale che esercita in parallelo un potere di regolamentazione e un’attività economica – Norme relative all’autorizzazione delle competizioni, alla partecipazione ad esse degli atleti e alla risoluzione arbitrale dei conflitti – Articolo 101, paragrafo 1, TFUE – Restrizione della concorrenza per oggetto – Giustificazione»

I. Introduzione

1.

Con la sua impugnazione, l’International Skating Union (Unione internazionale di pattinaggio; in prosieguo: l’«ISU» o «la ricorrente») chiede l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 dicembre 2020, International Skating Union/Commissione (T‑93/18; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2020:610), con la quale tale giudice ha parzialmente respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione C(2017) 8230 final della Commissione, dell’8 dicembre 2017, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.40208 – Norme dell’Unione internazionale di pattinaggio in materia di ammissibilità) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

2.

Parallelamente, un’impugnazione incidentale, anch’essa diretta ad ottenere l’annullamento parziale della sentenza impugnata, è stata proposta dai due atleti che sono all’origine della denuncia che ha portato la Commissione ad avviare il procedimento nei confronti dell’ISU, ossia i sigg. Tuitert e Kerstholt, nonché dalla European Elite Athletes Association (Associazione europea degli atleti di alto livello), parti intervenienti in primo grado (in prosieguo: le «parti intervenienti» e i «ricorrenti nell’impugnazione incidentale»).

3.

Al pari della causa C‑333/21, European Super League, nella quale presenterò le mie conclusioni in data odierna, la presente causa si colloca al centro della problematica dei rapporti e dell’interazione tra il diritto della concorrenza e lo sport e solleva questioni che, oltre al loro carattere inedito sotto il profilo giuridico per quanto riguarda alcune di esse, presentano parimenti una particolare rilevanza da un punto di vista «esistenziale» per le federazioni sportive.

II. Fatti

4.

I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 1 a 37 della sentenza impugnata e, ai fini delle presenti conclusioni, possono essere sintetizzati come segue.

A. Contesto fattuale

5.

L’ISU è l’unica federazione sportiva internazionale riconosciuta dal Comitato internazionale olimpico (CIO) nel settore del pattinaggio di figura e del pattinaggio di velocità su ghiaccio. Essa è composta da associazioni (federazioni) nazionali di pattinaggio, di cui sono membri club e pattinatori.

6.

L’ISU svolge una duplice funzione in quanto, da un lato, ha come oggetto quello di disciplinare, organizzare, gestire e promuovere il pattinaggio di figura e il pattinaggio di velocità su ghiaccio su scala mondiale e, dall’altro, di esercitare un’attività economica consistente nell’organizzare competizioni internazionali di pattinaggio su ghiaccio.

7.

Nell’ambito delle sue funzioni «regolamentari», l’ISU ha emesso una serie di regolamenti, di codici e di comunicazioni, tra cui le seguenti norme. I regolamenti generali dell’ISU comprendono norme designate con il nome di «norme in materia di ammissibilità», che stabiliscono le condizioni alle quali gli atleti possono partecipare a competizioni di pattinaggio su ghiaccio. Tali norme in materia di ammissibilità prevedono che siffatte competizioni debbano, da un lato, essere state autorizzate dall’ISU o dai suoi membri e, dall’altro, rispettare le norme istituite da tale federazione.

8.

Nella loro versione adottata nel corso del 2014, dette norme in materia di ammissibilità includevano, segnatamente, la norma 102, paragrafo 2, lettera c), la norma 102, paragrafo 7, e la norma 103, paragrafo 2, da cui risultava che, in caso di partecipazione di un atleta ad una competizione non autorizzata dall’ISU o da uno dei membri di tale federazione, l’interessato si esponeva ad una sanzione di esclusione a vita da qualsiasi competizione da essa organizzata.

9.

Esse contenevano parimenti la norma 102, paragrafo 1, lettera a), i), secondo la quale un soggetto «ha il privilegio di partecipare alle attività e alle competizioni di competenza dell’ISU se rispetta i principi e le politiche [della stessa,] quali formulati [nel suo] statuto», e la norma 102, paragrafo 1, lettera a), ii), che prevedeva che «il requisito di ammissibilità è inteso a garantire l’adeguata tutela degli interessi economici e di altro tipo dell’ISU, che utilizza i propri proventi economici per la gestione e lo sviluppo delle discipline sportive (…), nonché a sostegno o a beneficio dei [suoi] membri (…) e dei loro pattinatori».

10.

Nel corso del 2016, le norme in materia di ammissibilità sono state oggetto di una revisione.

11.

Secondo la norma 102, paragrafo 7, come risultante da tale revisione, le sanzioni previste in caso di partecipazione di un atleta a una competizione non autorizzata dall’ISU sono determinate in funzione della gravità dell’infrazione commessa e comprendono un ammonimento in caso di prima violazione, un’esclusione fino a 5 anni in caso di partecipazione colposa a una competizione non autorizzata, un’esclusione fino a 10 anni in caso di partecipazione volontaria a una simile competizione e un’esclusione a vita per una violazione considerata «molto grave».

12.

Inoltre, la norma 102, paragrafo 1, lettera a), ii), come risultante da detta revisione, non fa più riferimento alla tutela adeguata degli interessi economici dell’ISU ed enuncia, invece, che il «requisito di ammissibilità è inteso a garantire un’adeguata tutela dei valori etici, delle finalità statutarie e di altri interessi legittimi» di tale federazione, la quale «utilizza i propri proventi economici per la gestione e lo sviluppo delle discipline sportive (…), nonché a sostegno o a beneficio dei [suoi] membri (…) e dei loro pattinatori».

13.

Parallelamente a queste diverse norme, l’articolo 25 dello statuto dell’ISU, come applicabile dal 30 giugno 2006, prevede la possibilità, per gli atleti che intendano contestare una decisione di inammissibilità che li riguarda, di proporre, in via esclusiva, un ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunale arbitrale dello sport (in prosieguo: il «TAS») con sede a Losanna (Svizzera).

14.

Il 25 ottobre 2015, l’ISU ha pubblicato la comunicazione n. 1974 (in prosieguo: la «comunicazione n. 1974»), dal titolo «Competizioni internazionali aperte», che definisce la procedura da seguire per ottenere un’autorizzazione ad organizzare una competizione internazionale di pattinaggio su ghiaccio e che è applicabile sia ai membri di tale federazione sia agli organizzatori terzi.

15.

Tale comunicazione enuncia che tutte queste competizioni devono essere previamente autorizzate dall’ISU e organizzate conformemente alle norme istituite da tale federazione. Detta comunicazione elenca, inoltre, un insieme di requisiti di ordine generale, finanziario, tecnico, sportivo ed etico ai quali ogni organizzatore di una competizione di pattinaggio su ghiaccio è tenuto a conformarsi. Essi prevedono, segnatamente, che ogni domanda di autorizzazione debba essere accompagnata da informazioni tecniche e sportive (luogo della competizione, importo dei premi che saranno assegnati, prospetti economico-finanziari, bilancio, copertura televisiva ecc.); che l’organizzatore è tenuto a presentare una dichiarazione che confermi la sua accettazione del codice etico dell’ISU e che quest’ultima può chiedere informazioni ulteriori su tali diversi elementi. Come risulta dall’articolo 4, lettera h), del codice etico dell’ISU, come applicabile dal 25 gennaio 2012, ogni organizzatore deve segnatamente «astenersi dal partecipare a qualsiasi forma di scommessa o dal sostenere qualsiasi forma di scommessa o gioco d’azzardo collegati a qualsiasi competizione o attività di competenza» di tale federazione.

16.

Correlativamente, la comunicazione n. 1974 autorizza l’ISU ad accettare o a respingere una domanda di autorizzazione sulla base sia dei requisiti enunciati in tale comunicazione sia degli obiettivi fondamentali perseguiti da tale federazione, quali definiti, in particolare, all’articolo 3, paragrafo 1, del suo statuto. In caso di rigetto, l’organizzatore può proporre ricorso presso il TAS conformemente alle norme procedurali dell’ISU.

17.

Infine, tale comunicazione prevede che ogni organizzatore di competizioni di pattinaggio su ghiaccio sia tenuto a versare un contributo di solidarietà all’ISU, il cui importo è determinato caso per caso ed è destinato alla promozione e allo sviluppo delle discipline sportive poste sotto la supervisione di tale federazione.

B. Procedimento amministrativo e decisione controversa

18.

L’8 dicembre 2017, la Commissione ha adottato la decisione controversa, la quale verte sia sulle norme dell’ISU adottate nel corso del 2014 sia su quelle risultanti dalla revisione intervenuta nel corso del 2016.

19.

In tale decisione, la Commissione, in primo luogo, ha definito il mercato di cui trattasi come il mercato mondiale dell’organizzazione e dello sfruttamento commerciale delle competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio. Tale istituzione ha parimenti rilevato che l’ISU aveva la capacità di incidere in maniera sostanziale sulla concorrenza su tale mercato nella sua duplice qualità di entità detentrice del potere di autorizzare le competizioni internazionali ad esso relative e di entità responsabile dell’organizzazione delle più importanti di tali competizioni.

20.

In secondo luogo, la Commissione ha ritenuto che l’ISU potesse essere considerata un’associazione di imprese e che le norme da essa adottate costituissero una decisione di una siffatta associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

21.

In terzo luogo, tale istituzione ha ritenuto che le norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione istituite dall’ISU avessero per oggetto di restringere la concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, per il motivo, in sostanza, che dall’esame del contenuto di tali norme, dei loro obiettivi, nonché del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono emergeva che esse potevano essere utilizzate per impedire ai potenziali organizzatori di competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio concorrenti di quelle dell’ISU di accedere al mercato di cui trattasi e che esse erano idonee a limitare le possibilità, per i pattinatori di velocità professionisti, di partecipare liberamente a siffatte competizioni, nonché a privare i loro potenziali organizzatori dei servizi degli atleti la cui presenza era necessaria al loro svolgimento.

22.

In quarto luogo, la Commissione ha osservato che non era necessario analizzare gli effetti delle norme in questione sulla concorrenza, prima di illustrare le ragioni per cui essa riteneva che tali norme avessero anche effetti anticoncorrenziali.

23.

In quinto luogo, essa ha ritenuto, in sostanza, che dette norme non potessero essere considerate come sottratte all’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in quanto restrizioni inerenti al perseguimento di obiettivi legittimi e proporzionate a questi ultimi, cosicché esse dovevano essere qualificate, alla luce del loro oggetto nonché dei loro effetti anticoncorrenziali, come una restrizione vietata da tale disposizione.

24.

In sesto luogo, la Commissione ha ritenuto che le norme adottate dall’ISU in materia di arbitrato non costituissero, di per sé, una restrizione della concorrenza, ma che, nella specie, esse rafforzassero comunque la restrizione della concorrenza derivante dalle norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione istituite da tale federazione.

25.

In settimo ed ultimo luogo, essa ha ritenuto che tali norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione non soddisfacessero le condizioni cumulative previste all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE per poter beneficiare di un’esenzione ai sensi di tale disposizione; che pregiudicassero il commercio tra Stati membri; che avessero effetti sia nell’Unione sia nello Spazio economico europeo (SEE) e che fosse necessario ingiungere all’ISU di porre fine all’infrazione così caratterizzata pena l’irrogazione di una penalità, senza tuttavia infliggerle un’ammenda, alla luce, segnatamente, dell’assenza di un «precedente» decisionale in tale settore.

26.

Il dispositivo della decisione controversa comprende un articolo 1, ai sensi del quale l’ISU «ha violato l’articolo 101 [TFUE] e l’articolo 53 dell’accordo [SEE] adottando e applicando le norme in materia di ammissibilità, in particolare le norme 102 e 103 dei regolamenti generali (…) del 2014 e del 2016, al pattinaggio di velocità». Esso contiene parimenti un articolo 2 che ingiunge a tale federazione di porre fine a tale infrazione e di astenersi dal reiterarla, nonché un articolo 4 che prevede l’irrogazione di penalità in caso di inosservanza di tali ingiunzioni.

C. Procedimento giurisdizionale e sentenza impugnata

27.

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2018, l’ISU ha chiesto l’annullamento della decisione controversa. A sostegno delle sue conclusioni, essa ha dedotto otto motivi, relativi, in sostanza, il primo, alla violazione dell’obbligo di motivazione; quelli dal secondo al quinto, alla violazione dell’articolo 101 TFUE nella misura in cui tale articolo è stato applicato alle sue norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione ( 2 ); il sesto, alla violazione di detto articolo nella misura in cui è stato applicato alle sue norme in materia di arbitrato, e il settimo e l’ottavo al carattere illegittimo delle ingiunzioni nonché delle penalità irrogatele.

28.

Il 16 dicembre 2020, il Tribunale ha pronunciato la sentenza impugnata, nella quale esso ha dichiarato, in sostanza, che la decisione controversa non era viziata da illegittimità nella parte in cui verteva sulle norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione dell’ISU ma che essa era illegittima nella parte in cui riguardava le norme attuate da tale federazione in materia di arbitrato.

D. Conclusioni delle parti

1.   Conclusioni relative all’impugnazione

29.

Con la sua impugnazione, l’ISU chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata nella parte in cui essa ha parzialmente respinto il ricorso di primo grado;

annullare la decisione controversa nella misura in cui essa non sia già stata annullata dalla sentenza impugnata, e

condannare la Commissione e le parti intervenienti alle spese sostenute in primo grado e nel giudizio di impugnazione.

30.

La Commissione chiede il rigetto dell’impugnazione e la condanna dell’ISU alle spese.

31.

Le parti intervenienti chiedono il rigetto dell’impugnazione.

2.   Conclusioni relative all’impugnazione incidentale

32.

Con la loro impugnazione incidentale, i ricorrenti nell’impugnazione incidentale chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata nella parte in cui quest’ultima ha annullato parzialmente la decisione controversa;

respingere il ricorso di primo grado nella misura in cui esso non sia già stato respinto dalla sentenza impugnata, e

condannare l’ISU alle spese sostenute nel giudizio di impugnazione.

33.

La Commissione chiede l’accoglimento dell’impugnazione incidentale e la condanna dell’ISU alle spese.

34.

L’ISU chiede il rigetto dell’impugnazione incidentale e la condanna delle parti intervenienti alle spese.

III. Analisi dell’impugnazione

A. Osservazioni preliminari

35.

Prima di procedere all’esame dell’impugnazione, mi sembra utile chiarire il quadro analitico che occorre applicare in sede di analisi delle norme emesse dalle federazioni sportive in relazione al diritto della concorrenza.

1.   Sull’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE alle norme adottate dalle federazioni sportive

36.

In conformità alla giurisprudenza della Corte, l’attività sportiva è disciplinata dalle norme del Trattato FUE in materia di concorrenza in quanto sia configurabile come attività economica ( 3 ). Ne consegue che le norme degli organi direttivi nel settore sportivo come quelle dell’ISU non si sottraggono, in linea di principio, all’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione ( 4 ).

37.

Cionondimeno, non ogni misura adottata da una federazione sportiva idonea ad avere un effetto restrittivo sulla concorrenza ricade necessariamente sotto il divieto sancito all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infatti, ai fini dell’applicazione di tale disposizione ad un caso di specie, occorre innanzitutto tener conto del contesto globale in cui tale misura è stata adottata o dispiega i suoi effetti e, più in particolare, dei suoi obiettivi ( 5 ).

38.

In tal senso, nell’ambito dell’applicazione del diritto della concorrenza alle norme stabilite da federazioni sportive, i riferimenti alle caratteristiche specifiche dello sport figuranti all’articolo 165 TFUE possono risultare pertinenti, segnatamente ai fini della valutazione di eventuali giustificazioni delle restrizioni della concorrenza ( 6 ).

39.

Pertanto, qualora gli effetti restrittivi che discendono da un regolamento controverso di una federazione sportiva abbiano potuto ragionevolmente essere considerati necessari per garantire un obiettivo legittimo «sportivo» e se detti effetti non vanno oltre quanto necessario ad assicurare il perseguimento di tale obiettivo, tali misure non ricadono sotto il divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE ( 7 ).

40.

Occorre precisare, al riguardo, che l’analisi delle restrizioni accessorie e la questione di stabilire se un determinato comportamento si sottragga all’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in quanto proporzionato all’obiettivo legittimo che esso persegue è distinta dalla questione se tale comportamento abbia per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza. Come emerge chiaramente dalla giurisprudenza della Corte, è solo dopo avere constatato, in una prima fase, che una misura è idonea a restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE – senza tuttavia giungere alla constatazione esplicita di una restrizione della concorrenza per oggetto o per effetto – che la Corte esaminerà, in una seconda fase, se gli effetti restrittivi della concorrenza ineriscano al perseguimento di obiettivi legittimi e proporzionati, per sfuggire così all’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE ( 8 ).

41.

Contrariamente all’approccio seguito dalla Commissione nella decisione controversa, occorre constatare che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato congiuntamente il secondo motivo della ricorrente, concernente la constatazione secondo la quale le norme in materia di ammissibilità avevano per oggetto di restringere la concorrenza, e il terzo e il quarto motivo, relativi alla valutazione da parte della Commissione della questione se la restrizione della concorrenza inerisca e sia proporzionata al perseguimento di legittimi obiettivi ( 9 ).

42.

Inoltre, l’applicazione della nozione di «restrizione accessoria» non comporta una messa a confronto degli effetti pro-concorrenziali e anticoncorrenziali, ove tali analisi può effettuarsi solo nello specifico ambito dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE ( 10 ). Ne consegue che la teoria delle restrizioni accessorie può risultare particolarmente pertinente nel caso delle norme emesse da federazioni sportive nella misura in cui le condizioni da soddisfare per beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, sembrano essere più difficilmente realizzabili di quelle di cui alla sentenza Meca-Medina ( 11 ). Occorre ricordare, al riguardo, che al fine di beneficiare di un’esenzione individuale sulla base dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, una misura dovrà soddisfare le quattro condizioni cumulative previste a tale articolo e che spetta alla parte cui è addebitata la violazione delle regole di concorrenza dimostrare che gli effetti pro-concorrenziali sotto forma di incrementi di efficienza, connessi principalmente a vantaggi economici – come la creazione di un incremento di valore tramite una riduzione dei costi di fabbricazione o il miglioramento e la realizzazione di un nuovo prodotto – prevalgono sugli effetti restrittivi di un accordo.

43.

Infine, qualora le restrizioni vadano oltre quanto necessario per garantire la realizzazione dell’obiettivo legittimo perseguito, occorre analizzarne gli effetti sulla concorrenza seguendo l’analisi classica dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, senza escludere la possibilità di un’eventuale giustificazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE ( 12 ).

2.   Sugli obblighi gravanti su una federazione sportiva che dispone di un potere di autorizzazione e di un monopolio di organizzazione di eventi sportivi

44.

Alla luce del ruolo tradizionalmente conferito alle federazioni sportive, queste ultime si espongono al rischio di un conflitto di interessi risultante dal fatto che, da un lato, esse dispongono di un potere regolamentare e che, dall’altro e contemporaneamente, esse svolgono un’attività economica.

45.

Per questo motivo, qualora tale potere non sia corredato di limiti, di obblighi o di un controllo, la federazione sportiva investita di detto potere può falsare la concorrenza negando l’accesso di altri operatori al mercato di cui trattasi favorendo la/le competizione/i che essa organizza. Orbene, un sistema di concorrenza non falsato potrebbe essere garantito solo se le pari opportunità tra i diversi operatori economici sono assicurate ( 13 ).

46.

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha confermato la posizione della Commissione concernente il rischio di un conflitto di interessi, ove quest’ultima ha sottolineato la necessità di assoggettare tale cumulo ad un insieme di limiti e di controlli, segnatamente delimitando la possibilità per una federazione sportiva di avvalersi dei suoi poteri di autorizzazione e di sanzione tramite criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati al fine di prevenire qualsiasi rischio di uso distorto consistente nel favorire l’attività economica dell’interessata o nel penalizzare quella dei suoi concorrenti, o persino nell’escludere qualsivoglia concorrenza. A tal riguardo, l’analisi del Tribunale si è fondata principalmente sulla giurisprudenza della Corte tratta dalle sentenze MOTOE e OTOC ( 14 ).

47.

Nella specie, dal momento che l’ISU organizza essa stessa competizioni e che è parimenti detentrice del potere di autorizzare le competizioni organizzate da terzi, è giocoforza constatare che tale situazione è idonea a dare luogo ad un conflitto di interessi, il che implica che tale federazione venga assoggettata a taluni obblighi nell’ambito dell’esercizio delle sue funzioni regolamentari al fine di non falsare la concorrenza.

48.

Occorre cionondimeno sottolineare che la mera circostanza che una stessa entità eserciti al contempo le funzioni di organismo di regolamentazione e di organizzatore di competizioni sportive non implica, di per sé, una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione. Inoltre, dalla giurisprudenza citata al paragrafo 46 delle presenti conclusioni, e senza che sia necessario attuare una separazione strutturale tra queste due funzioni, risulta che l’obbligo principale gravante su una federazione sportiva che si trovi nella situazione dell’ISU è vigilare affinché tali terzi non vengano indebitamente privati di un accesso al mercato ad un punto tale che la concorrenza su tale mercato ne risulti falsata.

49.

Ne consegue che le federazioni sportive possono, a determinate condizioni, negare l’accesso al mercato a terzi, senza che ciò costituisca una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, con riserva che tale diniego sia giustificato da obiettivi legittimi e che le misure adottate da tali federazioni siano proporzionate a detti obiettivi.

B. Sul primo motivo dell’impugnazione principale e sul secondo motivo dell’impugnazione incidentale

1.   Osservazioni preliminari

50.

Con le tre parti del primo motivo della sua impugnazione, l’ISU mette in discussione la parte della sentenza impugnata che conferma l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto ingiustificata, concernente il sistema di previa autorizzazione e la clausola di esclusiva munita di sanzioni istituite tramite le sue norme. Più specificamente, essa addebita al Tribunale:

con la prima parte, di non avere esaminato i suoi argomenti concernenti la valutazione da parte della Commissione di taluni fatti sottesi alla constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto;

con la seconda parte, di avere sostituito la propria valutazione fattuale e giuridica a quella della Commissione, assumendo l’esistenza di un’infrazione diversa da quella constatata all’articolo 1 della decisione controversa, sulla base di un’interpretazione erronea dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE;

con la terza parte, di essere incorso in errori nell’analisi globale dei quattro elementi presi in considerazione dalla Commissione per concludere che le norme in materia di ammissibilità costituivano una restrizione della concorrenza per oggetto ( 15 ).

51.

Con il secondo motivo della loro impugnazione incidentale, le parti intervenienti mettono anch’esse in discussione la parte della sentenza presa in considerazione dalla terza parte del primo motivo, in un’ottica diversa, ossia che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che il comportamento dell’ISU consistente nel cercare di proteggere i propri interessi economici non rientrerebbe in un obiettivo anticoncorrenziale in sé.

52.

La questione principale sollevata con tali motivi d’impugnazione, i quali presentano diversi elementi che si sovrappongono, è, in sostanza, stabilire se il Tribunale, confermando la decisione controversa nella parte in cui quest’ultima aveva concluso per l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto, abbia proceduto ad un’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE scevra da errori di diritto.

53.

Esaminerò dunque tali motivi d’impugnazione e le loro parti congiuntamente, indicando al contempo nell’analisi che segue, se necessario, i punti specifici di taluni di tali motivi o parti.

2.   Sulla ricevibilità

54.

Prima di procedere all’analisi del primo motivo d’impugnazione, occorre anzitutto respingere le eccezioni di irricevibilità sollevate dalle parti intervenienti in relazione alla prima parte e ad un aspetto della terza parte del primo motivo.

55.

Contrariamente a quanto sostenuto da tali parti, la linea argomentativa dell’ISU non costituisce una domanda di riesame dei fatti presentata con il pretesto di presunti errori di diritto. Infatti, tale linea argomentativa verte effettivamente su una questione di diritto e, più precisamente, sull’interpretazione effettuata dal Tribunale dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, nella misura in cui l’ISU sostiene che il Tribunale ha adottato un criterio giuridico erroneo per l’applicazione delle condizioni relative alla constatazione di una violazione del diritto della concorrenza.

56.

Inoltre, per ragioni analoghe, deve essere respinta l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’ISU nei confronti del secondo motivo dell’impugnazione incidentale. Infatti, l’argomento delle parti intervenienti non verte su una questione di fatto bensì su una valutazione meramente giuridica effettuata dal Tribunale. Come è precisato al paragrafo 102 delle presenti conclusioni, le parti intervenienti invocano un errore di diritto, addebitando al Tribunale di non avere preso in considerazione il fatto che l’ISU si trova in una situazione diversa da qualsiasi altra impresa per la quale la protezione dei propri interessi economici sarebbe legittima.

57.

Infine, occorre respingere la domanda dell’ISU di dichiarare tale motivo d’impugnazione inoperante con la motivazione che, indipendentemente dalla problematica sollevata dalle parti intervenienti, il Tribunale ha confermato in definitiva la conclusione della Commissione relativa all’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto. Infatti, il secondo motivo dell’impugnazione incidentale verte su una questione connessa al contesto giuridico ed economico della presente causa e alla problematica più generale della prevenzione del rischio di un conflitto di interessi.

3.   Nel merito: la constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto

a)   Considerazioni generali sui contorni della nozione di «oggetto anticoncorrenziale» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

58.

Per ricadere nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata deve avere «per oggetto o per effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno.

59.

Occorre ricordare, a tal riguardo, che l’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale di un accordo sono condizioni non cumulative, bensì alternative per valutare se un simile accordo ricada nel divieto enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, l’alternatività di tale condizione, espressa dalla disgiunzione «o», rende necessario considerare in primo luogo l’oggetto stesso dell’accordo, alla luce del contesto economico in cui esso deve essere applicato ( 16 ).

60.

In conformità ad una giurisprudenza costante della Corte, taluni tipi di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per potersi ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario ( 17 ). Tale giurisprudenza si fonda sulla circostanza che talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del gioco normale della concorrenza ( 18 ).

61.

Dalla giurisprudenza della Corte risulta parimenti che non occorre esaminare gli effetti di un accordo una volta che ne sia stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale ( 19 ). Nel caso in cui l’analisi di un tipo di coordinamento tra imprese non presenti un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza, occorrerà, per contro, esaminarne gli effetti e, per vietarlo, dovranno sussistere tutti gli elementi comprovanti che il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo significativo ( 20 ).

62.

Per valutare se una decisione di associazione tra imprese presenti un grado di dannosità sufficiente per essere considerata una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre riferirsi al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi che mira a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale si colloca ( 21 ).

63.

Una volta apportate siffatte precisazioni, occorre adesso esaminare l’analisi effettuata dal Tribunale, al fine di stabilire se quest’ultimo abbia correttamente ritenuto che le norme dell’ISU raggiungessero un grado di dannosità tale che i loro effetti negativi sulla concorrenza potevano essere presunti.

b)   Sulla valutazione dell’esistenza di una restrizione per oggetto nella specie

64.

Propongo di seguire la griglia di analisi «classica» per la constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto, esaminando, in un primo momento, l’analisi realizzata dal Tribunale del contenuto [sezione 1)] e degli obiettivi [sezione 2)] delle norme in materia di ammissibilità, il che mi indurrà ad una conclusione preliminare [sezione 3)] per poi affrontare gli argomenti addotti dalla ricorrente relativi agli errori asseritamente commessi dal Tribunale nella sua valutazione del contesto giuridico [sezione 4)] ed economico [sezione 5)] e il rifiuto di prendere in considerazione l’intenzione delle parti.

1) Sull’analisi del contenuto delle norme in materia di ammissibilità

65.

Occorre ricordare, in via preliminare, che dagli accertamenti del Tribunale emerge che le norme dell’ISU in vigore prima delle modifiche introdotte nel corso del 2016 e della pubblicazione della comunicazione n. 1974 non prevedevano alcun criterio di autorizzazione per le competizioni che terzi intendevano organizzare e che qualunque partecipazione ad eventi terzi era oggetto della sanzione di esclusione a vita. Il Tribunale ha dunque ritenuto che, prima della pubblicazione di tale comunicazione, la ricorrente godesse di una totale discrezionalità nel rifiutare di autorizzare siffatte competizioni ( 22 ).

66.

L’adozione della comunicazione n. 1974 ha modificato le norme in materia di ammissibilità definendo la procedura da seguire affinché un organizzatore terzo possa ottenere l’autorizzazione ad organizzare una competizione nell’ambito del sistema di autorizzazione preventiva, introducendo, a tal fine, un certo numero di requisiti di ordine generale, finanziario, tecnico, sportivo ed etico ( 23 ). Nonostante le modifiche apportate da tale comunicazione, il Tribunale ha ritenuto che il potere discrezionale dell’ISU non fosse stato sostanzialmente modificato. Il Tribunale ha in tal senso considerato che l’ISU continuasse a disporre di un ampio potere discrezionale che le consentiva di rifiutare l’accesso al mercato a qualsiasi concorrente sulla base di condizioni descritte in modo vago, inclusi motivi non esplicitamente previsti nelle norme in materia di ammissibilità o nel codice etico, il che poteva condurre all’adozione di decisioni di diniego per motivi illegittimi ( 24 ). L’ISU imporrebbe inoltre, o quantomeno minaccerebbe di imporre, sanzioni severe ai pattinatori che partecipano a competizioni organizzate da concorrenti che non siano autorizzate.

67.

È sulla base di tali accertamenti che il Tribunale ha concluso che le norme in materia di ammissibilità costituivano una restrizione della concorrenza per oggetto, ove l’analisi del contenuto delle norme in materia di ammissibilità effettuata dal Tribunale si è concentrata, da un lato, sui criteri di autorizzazione ( 25 ) e, dall’altro, sulla severità delle sanzioni previste da tali norme ( 26 ), aspetti questi che esaminerò separatamente nel prosieguo.

i) Sui criteri di autorizzazione previsti dalle norme in materia di ammissibilità

68.

Ricordo, in limine, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il criterio giuridico essenziale per determinare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto risiede nella constatazione rilievo che un accordo presenta, di per sé, un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per ritenere che non sia necessario ricercarne gli effetti ( 27 ). Una simile constatazione deve dunque limitarsi alle forme di coordinamento che possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza ( 28 ) e il cui carattere nocivo sia facilmente rilevabile ( 29 ), il che impone un’interpretazione restrittiva della nozione di «restrizione della concorrenza per oggetto» ( 30 ).

69.

Occorre osservare, inoltre, che, per giustificare la qualificazione di un accordo come restrizione «per oggetto», senza che sia necessaria un’analisi dei suoi effetti concreti, deve esistere un’esperienza sufficientemente solida e affidabile affinché si possa ritenere che tale accordo sia, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del gioco della concorrenza ( 31 ).

70.

Occorre necessariamente osservare che, in primo luogo, al punto 89 della sentenza impugnata, il Tribunale sostiene che l’oggetto anticoncorrenziale delle norme dell’ISU può essere desunto dal fatto che quest’ultima godeva di un ampio potere discrezionale per rifiutare competizioni proposte da terzi, il che poteva condurre all’adozione di decisioni di diniego per motivi illegittimi. La restrizione della concorrenza per oggetto risulterebbe pertanto, secondo il Tribunale, dal potere discrezionale dell’ISU – e dunque dalla capacità di tale federazione – di rifiutare eventi organizzati da terzi.

71.

Fondandosi sulla sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, EU:C:2009:343) ( 32 ), la Commissione difende tale posizione, facendo valere che l’oggetto anticoncorrenziale può essere desunto, nella specie, dal fatto che le norme dell’ISU sono «idonee» a restringere la concorrenza.

72.

Tuttavia, mi sembra dubbio che si possa ritenere che l’idoneità teorica ad arrecare pregiudizio alla concorrenza sulla base dell’ampio potere discrezionale di cui può beneficiare una federazione sportiva possa essere sufficiente a configurare un oggetto anticoncorrenziale, a maggior ragione allorché gli effetti anticoncorrenziali che dovrebbero, in linea di principio, poter essere assunti, siano incerti e, in ogni caso, non risultino dall’analisi effettuata dal Tribunale, essendosi quest’ultimo accontentato di un’interpretazione astratta delle norme in questione dell’ISU senza esaminare alcun esempio concreto della loro attuazione.

73.

Rilevo, parimenti, che l’esistenza stessa di un meccanismo di previa autorizzazione che consente ad organizzatori terzi di chiedere di accedere al mercato – indipendentemente dal potere discrezionale detenuto dall’ISU per rifiutare una siffatta autorizzazione – dovrebbe bastare, da sola, a sollevare interrogativi sul carattere sufficientemente dannoso delle norme dell’ISU sotto il profilo del diritto della concorrenza. La questione di stabilire se il meccanismo istituito sia, in effetti, sufficiente ad assicurare una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi o se esso restringa la concorrenza può essere risolta, a mio avviso, soltanto sulla base di un’analisi degli effetti anticoncorrenziali.

74.

Inoltre, se si esaminano più da vicino gli elementi presi in considerazione dal Tribunale nell’ambito dell’analisi del contenuto delle norme in materia di inammissibilità per accertare il potere discrezionale di cui disporrebbe l’ISU, mi sembra contestabile che tali elementi possano rivestire il carattere dannoso richiesto dalla giurisprudenza della Corte per dimostrare una restrizione della concorrenza per oggetto ( 33 ). Ricordo, a tal riguardo, che, nell’ambito dell’analisi del contenuto delle norme in materia di ammissibilità, il Tribunale ha preso in considerazione, oltre alle sanzioni, l’assenza di un nesso diretto tra le norme in materia di ammissibilità, da un lato, e obiettivi legittimi o una competizione o una serie di competizioni organizzate dalla ricorrente, dall’altro.

75.

A titolo di esempio, il fatto che una federazione sportiva non definisca in maniera sufficientemente precisa gli obiettivi perseguiti in tali norme, limitandosi ad impiegare «vaghe espressioni», o che essa non preveda un elenco esaustivo dei requisiti richiesti per l’autorizzazione di una competizione terza (riservandosi il diritto di chiedere agli organizzatori informazioni supplementari connesse ai vari requisiti sopra menzionati), come constatato dal Tribunale ai punti 85 e 87 della sentenza impugnata, può effettivamente essere un indizio della portata ampia, se non addirittura eccessiva, delle norme in materia di ammissibilità e del potere discrezionale significativo detenuto da tale federazione, ma ciò resta lungi dal rivelare un carattere dannoso sotto il profilo della concorrenza o un oggetto anticoncorrenziale ( 34 ). Lo stesso vale per gli accertamenti del Tribunale al punto 97 della sentenza impugnata per quanto riguarda l’assenza di un nesso tra le norme in materia di ammissibilità della ricorrente e una competizione o una serie di competizioni organizzate da quest’ultima.

76.

Occorre constatare, in secondo luogo, come rilevato peraltro dall’ISU, che il Tribunale si è fondato principalmente sulla giurisprudenza della Corte nell’ambito di cause vertenti su restrizioni della concorrenza per effetto per concludere per una restrizione della concorrenza per oggetto.

77.

Più precisamente, per quanto riguarda la comunicazione n. 1974, il Tribunale ha ritenuto, al punto 88 della sentenza impugnata, che essa non conteneva «criteri di autorizzazione chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori, controllabili e atti a garantire agli organizzatori di competizioni un accesso effettivo al mercato rilevante» ai sensi della giurisprudenza OTOC ( 35 ). L’assenza di siffatti criteri nelle norme dell’ISU sarebbe, secondo il Tribunale, un elemento pertinente per constatare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto.

78.

È però giocoforza constatare che, se la Corte, nella sentenza OTOC, ha ritenuto che il fatto di non prevedere i summenzionati criteri possa comportare una restrizione della concorrenza, essa non ha dichiarato che l’assenza di simili criteri comporterebbe automaticamente la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto bensì piuttosto come un indizio degli effetti restrittivi che discenderebbero da una normativa che non prevede siffatti criteri ( 36 ).

79.

Cionondimeno, malgrado il fatto che il Tribunale abbia esso stesso espressamente riconosciuto, al punto 72 della sentenza impugnata, che la normativa di cui alla causa sfociata nella sentenza OTOC sia stata qualificata dalla Corte come restrizione per effetto, esso ha tuttavia dichiarato che tale circostanza non osterebbe a che tale giurisprudenza (nonché quella tratta dalla sentenza MOTOE) possa essere applicata nell’ambito di un’analisi di una restrizione per oggetto. Per giustificare il suo approccio, il Tribunale si è fondato sulla sentenza Generics (UK) e a. ( 37 ), e segnatamente sul punto 84 di quest’ultima, che, secondo il Tribunale, permetterebbe di ritenere che un accordo possa restringere la concorrenza per oggetto in un particolare contesto, mentre, in altri contesti, sarebbe necessaria un’analisi degli effetti dell’accordo.

80.

Orbene, se è pacifico che, a seconda del contesto in cui si inserisce, un accordo può restringere la concorrenza per oggetto in certi casi, mentre, in altri, dovrebbero essere analizzati i suoi effetti, ciò non significa che i criteri tratti dalla sentenza OTOC (o dalla sentenza MOTOE) possano essere direttamente trasposti alla presente causa al fine di dimostrare una restrizione della concorrenza per oggetto.

81.

Nella presente causa, il Tribunale non spiega né quale sia il «particolare contesto» che giustificherebbe la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto né, segnatamente, come tale contesto si distingua da quello di cui alla causa sfociata nella sentenza OTOC al fine di giustificare una diversa qualificazione per quanto attiene alla restrizione constatata.

ii) Sulla severità delle sanzioni previste dalle norme in materia di ammissibilità

82.

Per quanto attiene al regime delle sanzioni previste dalle norme in materia di ammissibilità, l’ISU ha fatto valere che il livello delle sanzioni imposte ai pattinatori che partecipano ad un evento organizzato da un terzo è irrilevante, in quanto tale, per stabilire se le sue norme in materia di ammissibilità abbiano o meno per oggetto la restrizione della concorrenza, poiché tali sanzioni possono produrre effetti negativi sulla concorrenza solo se il rifiuto di autorizzare tale evento era fondato su motivi illegittimi.

83.

Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente e nonostante il fatto che talune sanzioni possano, in una fase successiva, essere giustificate da obiettivi legittimi (il che potrebbe escluderle completamente dall’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE), ciò non toglie che la natura repressiva di una normativa e la gravità delle sanzioni applicabili in caso di sua violazione sono elementi di particolare pertinenza nell’analisi del contenuto delle norme in materia di ammissibilità dal momento che essi sono idonei a produrre effetti negativi sulla concorrenza. Infatti, come constatato correttamente dal Tribunale ai punti 91 e 95 della sentenza impugnata, la severità delle sanzioni fissate può dissuadere gli atleti dal partecipare a competizioni non autorizzate dalla ricorrente, e potrebbe quindi rendere il mercato inaccessibile ai potenziali concorrenti, che si vedrebbero privati della partecipazione degli atleti necessari per l’organizzazione di una competizione sportiva.

84.

Ciononostante, la sua incidenza sulla concorrenza non può essere analizzata in maniera astratta, senza tenere conto del contesto globale in cui il regime delle sanzioni si inserisce. Come constatato correttamente dal Tribunale ai punti 89 e 95 della sentenza impugnata, l’asserito oggetto anticoncorrenziale delle norme dell’ISU non può essere desunto unicamente sulla base di una valutazione isolata della severità delle sanzioni, ma dovrebbe piuttosto essere valutato nel contesto (più generale) della constatazione secondo la quale l’ISU godeva di un «ampio potere discrezionale» per rifiutare di autorizzare le competizioni proposte da terzi ( 38 ).

85.

Ritengo, alla luce di quanto precede, che gli elementi considerati dal Tribunale nella sua analisi del contenuto delle norme in materia di ammissibilità non consentano di concludere per l’esistenza di una restrizione per oggetto per quanto riguarda le norme dell’ISU in materia di ammissibilità.

2) Sull’analisi degli obiettivi perseguiti dalle norme in materia di ammissibilità

86.

Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dalle norme dell’ISU, ricordo che l’analisi del Tribunale si è concentrata, da un lato, sulla tutela di obiettivi legittimi ( 39 ) e, dall’altro, sulla tutela degli interessi economici dell’ISU ( 40 ), aspetti che esaminerò separatamente nel prosieguo.

i) Sulla questione della tutela degli interessi legittimi perseguiti dall’ISU

87.

Occorre rilevare, in via preliminare, che, nell’ambito della seconda parte del primo motivo della sua impugnazione, l’ISU addebita al Tribunale di avere constatato una nuova infrazione consistente in una restrizione della concorrenza per oggetto diversa da quella individuata nella decisione controversa. Più precisamente, l’ISU fa valere che il Tribunale ha sostituito la propria motivazione a quella della Commissione, basandosi ampiamente sugli elementi discussi alla sezione 8.5 della decisione controversa (intitolata «Le norme in materia di ammissibilità ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 del Trattato»), mentre tali elementi non sono stati inclusi nella sezione 8.3 (intitolata «Restrizione della concorrenza per oggetto»), la quale verteva sulla constatazione dell’esistenza di una restrizione per oggetto.

88.

La ricorrente si fonda, segnatamente, sul fatto che la questione della tutela degli interessi legittimi dell’ISU non è stata esaminata in dettaglio dalla Commissione nell’ambito della sua analisi della restrizione per oggetto (sezione 8.3 della decisione controversa) ( 41 ), ma è stata affrontata nella sezione 8.5, nella quale la Commissione ha esaminato se le norme in materia di ammissibilità ricadevano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE.

89.

Contrariamente all’approccio seguito dalla Commissione consistente nel distinguere fra questi due ambiti di analisi, il Tribunale ha reputato opportuno, come enunciato dallo stesso al punto 64 della sentenza impugnata, esaminare congiuntamente il secondo motivo di ricorso (concernente la constatazione di una restrizione per oggetto) nonché il terzo e il quarto motivo di ricorso (concernenti la valutazione da parte della Commissione della questione di stabilire se la restrizione della concorrenza inerisca e sia proporzionata al perseguimento dell’obiettivo di tutela dell’integrità del pattinaggio di velocità dalle scommesse sportive) ( 42 ). Così facendo, il Tribunale ha integrato la questione della presa in considerazione degli obiettivi di interesse generale nell’ambito dell’individuazione della restrizione della concorrenza per oggetto.

90.

Si pone pertanto la questione di stabilire se il Tribunale potesse, senza incorrere in errori di diritto, procedere ad un’analisi «combinata» o «parallela» dell’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto e dell’assenza di un carattere oggettivamente giustificato e proporzionato di tale restrizione.

91.

È giocoforza constatare, anzitutto, che tale approccio del Tribunale è all’origine di una certa confusione, dal momento che ha come risultato di non far emergere in modo chiaro la natura dell’analisi seguita. In tal senso, in un primo momento, il Tribunale ha seguito l’approccio classico dell’individuazione di una restrizione della concorrenza per oggetto, analizzando anzitutto il contenuto delle norme in materia di ammissibilità. Cionondimeno, in sede di esame, in un secondo momento, degli obiettivi di tali norme, il Tribunale sembra esaminare questi ultimi alla luce dei criteri tratti dalla sentenza Meca-Medina, ritenendo che l’obiettivo addotto dall’ISU secondo il quale le norme sarebbero intese a tutelare l’integrità del pattinaggio rispetto alle scommesse, pur se è effettivamente legittimo, non giustifichi le restrizioni constatate, le quali non ineriscono al suo perseguimento e sono reputate sproporzionate. Pertanto, la constatazione che le norme dell’ISU sono sproporzionate rispetto agli obiettivi perseguiti comporterebbe, secondo il Tribunale, sia l’inapplicabilità dell’«eccezione delle restrizioni accessorie» sia la loro qualificazione automatica come restrizione per oggetto.

92.

Prima di prendere posizione sull’approccio seguito dal Tribunale, occorre ricordare, in primo luogo, che, nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, gli obiettivi perseguiti da un accordo o da una decisione di associazione di imprese possono svolgere un ruolo sotto due aspetti nell’analisi.

93.

Da un lato, le finalità obiettive che un accordo mira a conseguire sono rilevanti al fine di stabilire se quest’ultimo ricada nel divieto enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE ( 43 ). Tali finalità obiettive, che devono risultare chiaramente dalle misure in esame, non devono essere confuse con le intenzioni soggettive di restringere o meno la concorrenza o ancora con gli obiettivi legittimi eventualmente perseguiti dalle imprese interessate ( 44 ). Occorre precisare, a tal riguardo, che da una giurisprudenza costante risulta che il fatto che si ritenga che una misura persegua un obiettivo legittimo non esclude che detta misura possa essere considerata come avente un oggetto restrittivo della concorrenza ( 45 ). In tal senso, nell’ambito della constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto, l’analisi degli obiettivi è intesa ad accertare (a sostegno di altri elementi come il contenuto di un accordo e il contesto giuridico ed economico) lo scopo o il carattere anticoncorrenziale e sufficientemente dannoso di un accordo. Non si tiene dunque conto, in tale fase dell’analisi, degli obiettivi legittimi, benché essi possano essere presi in considerazione, se del caso, al fine di ottenere un’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

94.

Dall’altro, gli obiettivi perseguiti da un accordo svolgono un ruolo anche nel contesto dell’analisi delle restrizioni accessorie, la quale mira a stabilire se gli effetti restrittivi della concorrenza che derivano da una determinata misura ineriscano al perseguimento di un obiettivo legittimo e siano ad esso proporzionati. Qualora tali condizioni siano soddisfatte, l’accordo che include la misura in questione sfugge pienamente all’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. In tale contesto, l’individuazione di siffatto obiettivo e il riconoscimento della sua legittimità costituiscono la prima fase di tale analisi.

95.

Pur se taluni aspetti di queste due analisi, in linea di principio distinte, possono sovrapporsi, ciò non toglie che l’esame degli obiettivi delle misure in questione differisca sotto il profilo concettuale nelle due fattispecie. Lo stesso vale per le conseguenze che devono essere tratte da queste due analisi.

96.

Pertanto, contrariamente a quanto sembra sostenere il Tribunale, il carattere sproporzionato di una misura rispetto ad un obiettivo legittimo non comporta automaticamente la qualificazione come «restrizione della concorrenza per oggetto». Più precisamente, il fatto che una misura non soddisfi i criteri del test prescritto dalla sentenza Meca-Medina significa unicamente che essa dovrà essere (o rimarrà) soggetta all’«analisi classica» con riferimento all’articolo 101 TFUE, incluso l’esame dell’eventuale concessione di un’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Di conseguenza, se è probabile, in effetti, che una misura qualificata come «restrizione della concorrenza per oggetto» sia – per sua natura – sproporzionata rispetto ad un obiettivo legittimo perseguito, non è necessariamente vero il contrario.

97.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto considerando, ai punti 110 e 111 della sentenza impugnata, che il sistema di autorizzazione preventiva dell’ISU potesse essere considerato una restrizione della concorrenza per oggetto per il fatto che esso andrebbe oltre quanto necessario al perseguimento dell’obiettivo di garantire che le competizioni sportive siano conformi a standard comuni.

98.

Occorre osservare cionondimeno che, se gli elementi esaminati dal Tribunale per concludere che le norme in materia di ammissibilità sono sproporzionate rispetto agli obiettivi legittimi perseguiti non possono fondare la constatazione di una restrizione per oggetto, essi potrebbero tuttavia risultare rilevanti per constatare una restrizione per effetto qualora siano utilizzati per escludere in maniera ingiustificata organizzatori terzi di eventi, come indicato dalla Corte nelle sentenze Meca-Medina ( 46 ) e OTOC ( 47 ).

99.

Rilevo, infine, che la posizione del Tribunale per quanto riguarda sia l’interpretazione del contenuto delle norme dell’ISU sia la sua valutazione secondo la quale il carattere sproporzionato delle norme dell’ISU rispetto agli obiettivi perseguiti sarebbe sufficiente per constatare una restrizione della concorrenza per oggetto, darebbe luogo ad un’estensione della nozione di «restrizione della concorrenza per oggetto» che sarebbe contraria ad una consolidata giurisprudenza della Corte che impone un’interpretazione restrittiva di tale nozione ( 48 ).

ii) Sulla questione della tutela degli interessi economici dell’ISU

100.

Occorre ricordare anzitutto che, contrariamente a quanto era stato ritenuto dalla Commissione al punto 169 della decisione controversa, il Tribunale ha considerato, ai punti 108 e 109 della sentenza impugnata, che, anche qualora sia dimostrato che le norme in materia di ammissibilità adottate nel corso del 2016 perseguono altresì un obiettivo di tutela degli interessi economici della ricorrente, il fatto che una federazione miri a tutelare i propri interessi economici non è, di per sé, anticoncorrenziale.

101.

Tale valutazione del Tribunale è contestata dalle parti intervenienti nell’ambito del secondo motivo dell’impugnazione incidentale, che propongo di esaminare in questa fase della mia analisi per le ragioni menzionate al paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

102.

Le parti intervenienti addebitano, più precisamente, al Tribunale, di essere incorso in errori di diritto nel concludere che il perseguimento da parte dell’ISU dei propri interessi economici non è anticoncorrenziale in sé. Secondo le parti intervenienti, il principio secondo il quale un’impresa è autorizzata, in generale, a perseguire i propri interessi economici non può essere applicato all’ISU alla luce della sua situazione particolare. Infatti, il duplice ruolo dell’ISU, la quale è al contempo un organo di regolamentazione e un’entità economica, dovrebbe vietarle di perseguire interessi economici connessi al suo ruolo di organo di regolamentazione, ossia di autorizzare o meno eventi organizzati da terzi a scapito dei suoi concorrenti. L’essenza della presente causa risiederebbe dunque nel fatto che le norme in materia di ammissibilità consentono all’ISU di rifiutare ai concorrenti l’accesso al mercato. Di conseguenza, tali norme e le decisioni di inammissibilità che ne risultano avrebbero parimenti un’incidenza negativa sugli interessi (economici) dei pattinatori di velocità professionisti e degli organizzatori terzi di competizioni. È alla luce di siffatte circostanze che il Tribunale avrebbe dovuto stabilire, secondo le parti intervenienti, se un’impresa poteva legittimamente perseguire i propri interessi economici. Tale posizione è condivisa anche dalla Commissione.

103.

Per le ragioni che seguono, ritengo che l’analisi del Tribunale non sia viziata da un errore di diritto e che gli argomenti sollevati dalle parti intervenienti a sostegno del secondo motivo dell’impugnazione incidentale debbano essere respinti.

104.

Come è stato illustrato ai paragrafi da 44 a 49 delle presenti conclusioni, se è vero che taluni obblighi si impongono alle federazioni sportive al fine di delimitare i poteri di cui esse dispongono e di controllarne il corretto esercizio, la tutela degli interessi economici di una federazione sportiva come l’ISU sarebbe problematica sotto il profilo del diritto della concorrenza solo nel caso in cui essa impedisse in maniera ingiustificata l’accesso al mercato di un concorrente.

105.

Adottare l’interpretazione delle parti intervenienti equivarrebbe a vietare qualsiasi attività economica a federazioni sportive che si trovano nella stessa situazione dell’ISU, situazione difficilmente conciliabile con il fatto che, nonostante le loro caratteristiche particolari, esse sono al contempo imprese per le quali, come per qualsiasi altra impresa, il perseguimento di obiettivi economici inerisce alla loro attività. Inoltre, le attività economiche perseguite da tali federazioni sono, in diversi casi, non solo collegate, ma anche interdipendenti rispetto alle loro attività sportive e non possono, per questo motivo, essere separate.

106.

Occorre rilevare, alla luce di quanto suesposto, che il perseguimento, da parte di una federazione sportiva, come l’ISU, dei propri interessi economici non è anticoncorrenziale in sé e non può dunque essere utilizzato come un elemento indice di un obiettivo anticoncorrenziale nell’ambito della valutazione di una restrizione della concorrenza.

107.

Osservo, infine, che il Tribunale ha esso stesso riconosciuto che le norme dell’ISU perseguivano obiettivi legittimi per quanto riguarda la tutela sia degli interessi economici della ricorrente sia di quelli connessi allo sport, il che avrebbe dovuto indurlo a rimettere in discussione la sua constatazione secondo la quale l’obiettivo di queste norme sarebbe, per loro stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza ( 49 ).

3) Conclusione preliminare sull’analisi del contenuto e degli obiettivi perseguiti dalle norme in materia di ammissibilità

108.

L’analisi che precede del contenuto delle norme in materia di ammissibilità e degli obiettivi da esse perseguiti è sufficiente, di per sé, per concludere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto in relazione alla qualificazione delle norme in materia di ammissibilità dell’ISU come restrizione/i della concorrenza per oggetto, senza che sia necessario esaminare gli argomenti addotti dalla ricorrente per contestare l’analisi effettuata dal medesimo, da un lato, del contesto giuridico ed economico e, dall’altro, dell’intenzione delle parti. Cionondimeno, per scrupolo di completezza, prenderò brevemente posizione su questi due aspetti che sono stati invocati dall’ISU, segnatamente ai fini della loro eventuale rilevanza nell’ambito dell’analisi degli effetti anticoncorrenziali potenzialmente generati dalle norme dell’ISU.

4) Sull’analisi del contesto giuridico ed economico delle norme in materia di ammissibilità

109.

Il Tribunale ha ritenuto, ai punti da 115 a 123 della sentenza impugnata, che l’esame del contesto giuridico ed economico in cui si inserivano le norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione dell’ISU non fosse idoneo a rimettere in discussione la conclusione della Commissione relativa all’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, cosicché non era necessario esaminare, inoltre, gli effetti attuali o potenziali di tali norme sulle concorrenza.

110.

La ricorrente fa valere, a tal riguardo, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nella sua analisi del mercato rilevante con riferimento al suo contesto. In particolare, essa ritiene che il Tribunale si sia erroneamente rifiutato di prendere in considerazione le competizioni di pattinaggio di figura che la stessa aveva approvato. Essa addebita, più specificamente, al Tribunale, di avere respinto l’applicazione della giurisprudenza CB/Commissione, la quale prevede che, nell’ambito dell’analisi di una restrizione per oggetto, occorra prendere in considerazione qualunque elemento rilevante, tenuto conto, in particolare, della natura dei servizi in questione nonché delle condizioni reali di funzionamento e della struttura dei mercati, relativo al contesto economico o giuridico nel quale detto coordinamento si inserisce, senza che rilevi che tale elemento rientri o meno nell’ambito del mercato rilevante ( 50 ).

111.

Occorre ricordare, a tal riguardo, che il Tribunale ha ritenuto che, mentre nella causa all’origine di tale giurisprudenza vi erano interazioni tra il mercato rilevante e un mercato connesso distinto, tali elementi non erano stati dimostrati nel caso di specie. Secondo il Tribunale, il fatto che la ricorrente possa aver approvato competizioni di pattinaggio di figura, anche volendo supporre che si sia trattato di vere e proprie competizioni indipendenti, è irrilevante ai fini dell’analisi del contesto in cui si inseriscono le norme in materia di ammissibilità, in quanto non mette in discussione la conclusione secondo cui le norme in materia di ammissibilità della ricorrente le consentono di falsare la concorrenza sul mercato rilevante, favorendo le proprie competizioni a scapito delle competizioni proposte da terzi e secondo cui, pertanto, tali norme non garantiscono un accesso effettivo a tale mercato ( 51 ).

112.

La Commissione sostiene che l’argomento relativo all’interpretazione asseritamente erronea della sentenza CB/Commissione è inoperante, poiché, anche se il Tribunale avesse confuso ciò che la Corte aveva presentato in tale sentenza come un esempio di una situazione specifica, nella quale è pertinente prendere in considerazione un elemento relativo ad un mercato diverso dal mercato rilevante, con una regola generale, ciò non rimetterebbe in discussione il ragionamento decisivo descritto al paragrafo precedente delle presenti conclusioni.

113.

A tal riguardo, ritengo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il fatto di ammettere – non fosse altro che sul piano teorico, come fatto dal Tribunale – che l’ISU può aver approvato competizioni indipendenti di pattinaggio di figura potrebbe sollevare interrogativi quanto alla qualificazione come «restrizione della concorrenza per oggetto».

114.

Se è vero che l’analisi effettuata dalla Corte nella sentenza CB/Commissione si inserisce in un contesto fattuale peculiare (ossia l’esistenza di interazioni tra i due versanti di un sistema duale, e tra il mercato rilevante e un mercato connesso distinto), ciò non toglie che la prassi decisionale dell’ISU nell’ambito del pattinaggio di figura potrebbe risultare pertinente in sede di analisi del contesto giuridico delle norme in questione.

115.

Infatti, come constatato dal Tribunale al punto 117 della sentenza impugnata, occorre rilevare, da un lato, che queste due discipline (vale a dire il pattinaggio di figura e il pattinaggio di velocità), nonostante la loro qualificazione da parte della Commissione come mercati distinti – una definizione di mercato che non viene rimessa in discussione dalla ricorrente – sono governate dallo stesso quadro regolamentare – e alle due discipline si applicano pertanto le stesse norme di previa autorizzazione e sanzioni disciplinari – e, dall’altro, che spetta allo stesso organo, ossia l’ISU, autorizzare o meno l’organizzazione di eventi indipendenti per queste due discipline.

116.

Orbene, tale elemento potrebbe costituire una circostanza particolare idonea a far sorgere un dubbio sulla presunta dannosità delle norme dell’ISU qualora risultasse che quest’ultima aveva autorizzato competizioni indipendenti di pattinaggio di figura. Pertanto, ritengo che se, in sede di esame del contesto giuridico ed economico di un accordo che si presume avere un oggetto anticoncorrenziale, taluni elementi sollevano dubbi quanto al grado di dannosità richiesto o risultano contraddittori, un’analisi dei suoi effetti divenga necessaria.

117.

Se è vero che, al fine di dimostrare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto, l’analisi del contesto economico e giuridico in cui si colloca una misura deve limitarsi a quanto risulti strettamente necessario, senza comprendere un’analisi degli effetti della misura in questione ( 52 ), mi sembra che la presa in considerazione della prassi decisionale dell’ISU, nel contesto più globale dell’analisi del suo ruolo e dei poteri che le sono attribuiti, non eccederebbe i limiti del contesto analitico di una restrizione della concorrenza per oggetto.

118.

Ciò premesso, occorre precisare, nella specie, che la presa in considerazione della prassi decisionale dell’ISU sul mercato del pattinaggio di figura dipenderà dalla valutazione delle circostanze di fatto, sulla quale la Corte né può pronunciarsi, né ha gli elementi necessari per farlo, dal momento che essi non sono stati oggetto di valutazione da parte del Tribunale ( 53 ).

5) Sull’analisi delle intenzioni delle parti

119.

Richiamando una costante giurisprudenza della Corte, secondo la quale non sono necessari elementi di intenzionalità per dimostrare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto ( 54 ), e ritenendo, inoltre, che l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto fosse sufficientemente avvalorata dall’esame del contenuto e degli obiettivi delle norme in materia di ammissibilità, nonché del contesto in cui queste ultime si inseriscono, il Tribunale ha considerato, al punto 121 della sentenza impugnata, che gli argomenti sollevati dalla ricorrente avverso tale parte dell’esame della restrizione per oggetto fossero inoperanti.

120.

La ricorrente confuta tale valutazione sia nell’ambito del primo capo del suo primo motivo d’impugnazione sia in una parte del terzo capo del medesimo, addebitando, in sostanza, al Tribunale, di non avere esaminato nessuno dei suoi argomenti che contestavano la valutazione effettuata dalla Commissione dei fatti addotti a sostegno della constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto come risulta dalla decisione controversa.

121.

Occorre sottolineare, a tal riguardo, che gli elementi fattuali sui quali la Commissione avrebbe fondato la sua analisi e che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare – che la ricorrente contesta, peraltro, senza tuttavia eccepire uno snaturamento dei fatti – vertono tutti su esempi di competizioni indipendenti che dimostrerebbero, secondo la Commissione, l’intenzione dell’ISU di rifiutare l’ingresso di concorrenti sul mercato rilevante ( 55 ).

122.

Alla luce dell’analisi che precede, con la quale propongo di accogliere il primo motivo di impugnazione e di annullare la sentenza del Tribunale concernente la constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto, ritengo che tali elementi fattuali possano essere rilevanti nell’ambito dell’analisi degli effetti delle norme dell’ISU. Così, sulla scorta delle considerazioni che precedono, concernenti la fondatezza della motivazione, ritengo parimenti che non sia più necessario esaminare il motivo d’impugnazione relativo al difetto di motivazione.

4.   Conclusioni sul primo motivo di impugnazione

123.

Nel caso in cui una restrizione per oggetto non venga chiaramente dimostrata, deve essere effettuata un’analisi completa dei suoi effetti ai fini dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Una simile analisi è intesa a stabilire l’incidenza sulla concorrenza che l’accordo è idoneo ad esplicare sul mercato di cui trattasi. Nella specie, solo un esame del modo in cui le norme vengono interpretate ed applicate nella prassi dall’ISU consentirà di determinare se esse rischino di arrecare pregiudizio alla concorrenza. In altre parole, occorrerebbe analizzare se, in forza del potere discrezionale di cui dispone l’ISU, tale federazione abbia potuto restringere la concorrenza negando l’accesso al mercato rilevante, esame che, in linea di principio, deve unicamente poter essere effettuato allorché vengano presi in considerazione gli effetti (concreti) della misura in questione.

124.

Alla luce di quanto suesposto, il primo motivo di impugnazione deve essere accolto.

C. Sul secondo motivo di impugnazione

125.

Con il suo secondo motivo di impugnazione, l’ISU sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non esaminando il quarto motivo del suo ricorso, con il quale essa affermava che la sua decisione di non approvare una competizione terza intitolata «Icederby» che doveva avere luogo a Dubai (Emirati arabi uniti) (in prosieguo: l’«evento di Dubai») non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE dal momento che tale decisione perseguiva, a suo avviso, un obiettivo legittimo e conforme al suo codice etico, il quale vieta qualsiasi forma di sostegno alle scommesse.

126.

In via preliminare, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalle parti intervenienti, secondo la quale, pur allegando formalmente l’esistenza di errori di diritto, l’ISU chiede in realtà alla Corte, in maniera irricevibile, di riesaminare i fatti, senza tuttavia sostenere che il Tribunale li avrebbe snaturati. Infatti, mi sembra che, con il suo secondo motivo, l’ISU addebiti al Tribunale un difetto di motivazione, nella misura in cui quest’ultimo avrebbe omesso di rispondere ad una parte centrale della sua argomentazione ( 56 ).

127.

Nel merito, occorre constatare, in primo luogo, che, nell’ambito del secondo motivo della sua impugnazione, l’ISU non sostiene che le norme in materia di ammissibilità non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE bensì unicamente che la sua decisione di non approvare l’evento di Dubai dovrebbe essere esclusa dall’ambito di applicazione di tale disposizione per il fatto che tale decisione perseguiva un obiettivo legittimo.

128.

Cionondimeno, è giocoforza constatare che né la decisione controversa né la sentenza impugnata prendono specificamente in considerazione la decisione di rifiuto relativa all’evento di Dubai. Pur se il rifiuto connesso a tale evento sembra, effettivamente, essere all’origine dell’indagine avviata dalla Commissione (a seguito della denuncia presentatale dai sigg. Tuitert e Kerstholt) e che è sfociata nella decisione controversa – e anche se tale rifiuto sembra essere stato utilizzato, al pari di altri esempi di competizioni, per illustrare il modo in cui tali norme sono state applicate nella prassi – ciò non toglie che la decisione controversa verte sulle norme in materia di ammissibilità adottate dall’ISU e sulla loro compatibilità con l’articolo 101 TFUE. Il Tribunale ha ritenuto in tal senso che tali norme fossero di per sé sufficienti per avvalorare la conclusione secondo la quale esse sono risultate problematiche sotto il profilo del diritto della concorrenza, indipendentemente dalla prova specifica in questione ( 57 ).

129.

Occorre osservare, al riguardo, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’inserimento del termine «applicazione» all’articolo 1 della decisione controversa non può essere interpretato nel senso che esso fa riferimento all’evento di Dubai bensì risulterebbe piuttosto dalla constatazione da parte della Commissione di una restrizione della concorrenza al contempo per oggetto e per effetto (illustrata alle sezioni 8.3 e 8.4 della decisione controversa) ( 58 ).

130.

In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale non ha omesso di esaminare il quarto motivo del ricorso, ma quest’ultimo è stato esaminato congiuntamente al secondo e al terzo motivo, ai punti 64 e seguenti della sentenza impugnata ( 59 ).

131.

Per quanto riguarda la questione più generale di stabilire se le norme in materia di ammissibilità possano sottrarsi all’applicazione dell’articolo 101 TFUE in quanto restrizioni accessorie, il Tribunale, dopo aver riconosciuto, in un primo momento, la legittimità degli obiettivi perseguiti dall’ISU – e segnatamente quello relativo alla tutela dell’integrità del pattinaggio di velocità contro i rischi connessi alle scommesse ( 60 )– e che un sistema di autorizzazione preventiva destinato a controllare che ogni organizzazione rispetti standard comuni costituiva un meccanismo atto ad assicurare la realizzazione di obiettivi legati alla specificità dello sport ( 61 ), ha ritenuto in un secondo momento che il carattere arbitrario e sproporzionato delle norme in materia di ammissibilità e segnatamente delle sanzioni istituite nella specie dall’ISU andassero oltre quanto è necessario ai fini del conseguimento di tali obiettivi ai sensi della giurisprudenza relativa alle restrizioni accessorie, e segnatamente della sentenza Meca-Medina ( 62 ).

132.

Da ultimo, occorre respingere l’argomento con cui la ricorrente addebita alla Commissione e al Tribunale di non avere tenuto conto delle evoluzioni legislative in Corea (paese d’origine del concetto Icederby) per quanto riguarda le scommesse, poiché tale elemento è irrilevante ai fini della valutazione della compatibilità delle norme dell’ISU con riferimento al diritto della concorrenza dell’Unione. Ritengo dunque che il Tribunale abbia correttamente omesso di prenderlo in considerazione.

133.

Alla luce di quanto suesposto, ritengo che il secondo motivo di impugnazione debba essere respinto.

D. Sulla domanda di avocazione della controversia e sul rinvio della causa al Tribunale

134.

In conformità all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

135.

Occorre rilevare, a tal riguardo, che l’ISU ha formulato una domanda di avocazione della controversia ritenendo che, in caso di annullamento della sentenza impugnata, la Corte sarebbe nella posizione di avocare la totalità della controversia. Occorre constatare, cionondimeno, che i motivi che giustificano l’annullamento della sentenza impugnata non sono idonei a comportare l’annullamento totale della decisione controversa. Infatti, detti motivi implicano l’annullamento di tale decisione solo nella parte in cui essa constata che le misure in questione hanno per oggetto di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. In forza della giurisprudenza richiamata al paragrafo 123 delle presenti conclusioni, occorre pertanto stabilire se, come ritenuto dalla Commissione nella decisione controversa, gli accordi in questione abbiano «per effetto» di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

136.

Orbene, tale aspetto della controversia implica l’esame di questioni di fatto sulla base di elementi che non sono stati valutati dal Tribunale nella sentenza impugnata, poiché quest’ultimo aveva ritenuto che un siffatto esame fosse superfluo, avendo considerato che la Commissione non fosse incorsa in errore nel concludere, nella decisione controversa, che le misure in questione avevano un oggetto anticoncorrenziale. Pur se taluni aspetti fattuali sono stati in effetti dibattuti nel corso della fase scritta e orale del procedimento dinanzi al Tribunale, ciò non toglie che quest’ultimo è l’unico competente a valutare i fatti. Inoltre, dal momento che le questioni concernenti l’analisi degli effetti sulla concorrenza non sono state discusse dinanzi alla Corte, rispetto a tale punto, la causa non è matura per la decisione.

137.

Di conseguenza, occorre rinviare la causa dinanzi al Tribunale e riservare le spese.

IV. Analisi del primo motivo dell’impugnazione incidentale

138.

Con il loro primo motivo, strutturato in due parti, le ricorrenti nell’impugnazione incidentale contestano la parte della sentenza impugnata nella quale il Tribunale ha ritenuto che il meccanismo di arbitrato esclusivo e obbligatorio istituito dall’ISU non potesse essere considerato «rafforzante» per la restrizione della concorrenza per oggetto ravvisata dalla Commissione.

139.

Più precisamente, le ricorrenti nell’impugnazione incidentale fanno valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel ritenere che la Commissione non potesse concludere, alla sezione 8.7 della decisione controversa, che il regolamento arbitrale dell’ISU rafforza la restrizione della concorrenza per oggetto generata dalle norme in materia di ammissibilità ( 63 ).

140.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale, contrariamente alla Commissione nella decisione controversa, ha considerato, nel complesso, legittime le norme istituite dall’ISU che prevedono il ricorso all’arbitrato nel settore sportivo ( 64 ) – norme che esso ha esaminato come «circostanza aggravante» ed ha analizzato nell’ambito del calcolo delle ammende ( 65 ) – e sufficiente la possibilità, per gli atleti lesi, di rivolgersi ai giudici nazionali per rivendicare il risarcimento del danno ex post o presentare una denuncia dinanzi alle autorità nazionali garanti della concorrenza e alla Commissione per assicurare l’effettività delle regole di concorrenza dell’Unione e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ( 66 ).

A. Sulla ricevibilità e sul carattere operante del primo motivo di impugnazione

141.

Occorre respingere anzitutto l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’ISU sulla base del rilievo che il primo motivo dell’impugnazione incidentale modificherebbe l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale. Se è vero che, effettivamente, taluni elementi menzionati dai ricorrenti nell’impugnazione incidentale, come la questione dell’indipendenza e dell’imparzialità del TAS, si collocano al di fuori dell’ambito determinato dalla decisione controversa e dalla sentenza impugnata, e devono essere esclusi, per questo motivo, dalla presente analisi, la maggior parte degli argomenti addotti da tali parti sono stati discussi durante il procedimento dinanzi alla Commissione e al Tribunale, e sono attualmente validamente invocati per contestare la sentenza impugnata.

142.

L’ISU ritiene, inoltre, che tale motivo d’impugnazione sia inoperante, dal momento che, come rilevato dal Tribunale ai punti 132 e 137 della sentenza impugnata, la Commissione si sarebbe limitata, nella decisione controversa, a concludere ad abundantiam che le norme adottate da tale federazione in materia di arbitrato rafforzavano la restrizione della concorrenza per oggetto derivante da altre norme da essa istituite, ossia le norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione. Per questo motivo, né l’articolo 1 della decisione controversa, il quale constata l’esistenza di un’infrazione, né la parte della sentenza impugnata che respinge i motivi del ricorso dell’ISU relativi a tale articolo, si fonderebbero, a qualsivoglia titolo, sulle valutazioni della Commissione e del Tribunale concernenti dette norme.

143.

Cionondimeno, è giocoforza constatare che, anche se tali considerazioni potevano essere reputate sovrabbondanti nella misura in cui non facevano parte di quelle sottese alla constatazione dell’infrazione figurante all’articolo 1 della decisione controversa, il Tribunale ha fatto riferimento a tali valutazioni (come riconosciuto peraltro dalla stessa ISU nelle sue osservazioni) per annullare parzialmente gli articoli 2 e 4 della decisione controversa, con i quali la Commissione ha ingiunto a tale federazione di porre fine all’infrazione constatata modificando tali norme (incluse quelle in materia di arbitrato) pena l’irrogazione di penalità ( 67 ).

144.

Pertanto, con riserva delle constatazioni effettuate al precedente paragrafo 141, ritengo che tale motivo di impugnazione debba essere considerato ricevibile ed operante.

B. Nel merito

1.   Osservazioni preliminari

145.

Occorre osservare, in via preliminare, che l’impiego del termine «circostanza aggravante» da parte del Tribunale per designare le norme istituite dall’ISU in materia di arbitrato e l’analisi di queste ultime nell’ambito del calcolo delle ammende si prestano ad una certa confusione ( 68 ). Lo stesso vale per la qualificazione del regolamento arbitrale da parte della Commissione, nella decisione controversa, come «elemento di rafforzamento» di una restrizione della concorrenza.

146.

Per quanto riguarda, in primo luogo, la nozione di «circostanza aggravante» utilizzata dal Tribunale, come rilevato correttamente da quest’ultimo al punto 144 della sentenza impugnata, la decisione controversa non utilizza tale nozione e non fa riferimento agli orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende ( 69 ). In tale contesto, è difficile comprendere come il Tribunale abbia potuto ritenere, al punto 148 della sentenza impugnata, che la Commissione «[abbia] erroneamente ritenuto che il regolamento arbitrale della ricorrente costituisse una circostanza aggravante ai sensi degli orientamenti del 2006».

147.

Questa confusione traspariva anche dalle osservazioni delle parti. Mentre la Commissione addebita al Tribunale di avere svolto il suo ragionamento sulla base degli orientamenti del 2006, sebbene essa non abbia ritenuto, nella decisione controversa, che il regolamento arbitrale costituisse una circostanza aggravante ai sensi di tali orientamenti, le ricorrenti nell’impugnazione incidentale, quando fanno riferimento alla decisione controversa, non utilizzano i termini «elemento di rafforzamento» usati dalla Commissione in tale decisione bensì quelli di «circostanza aggravante» e sostengono che la Commissione ha qualificato (a loro avviso correttamente) il regolamento arbitrale come «circostanza aggravante».

148.

È giocoforza constatare, cionondimeno, che i termini «circostanza aggravante» sono utilizzati al punto 28 di detti orientamenti per designare talune fattispecie che giustificano l’incremento di un’ammenda inflitta dalla Commissione ad un’entità responsabile di un’infrazione, tra cui figurano la condotta recidiva, il rifiuto di cooperare, l’ostruzionismo durante lo svolgimento dell’indagine o ancora il ruolo di capofila o di istigatore svolto da un’entità nell’ambito di un’infrazione ( 70 ).

149.

Orbene, anche se le circostanze aggravanti menzionate nell’elenco di cui al punto 28 degli orientamenti del 2006 non sono tassative, come il Tribunale ha giustamente rilevato al punto 152 della sentenza impugnata, esse hanno in comune il fatto che descrivono comportamenti o circostanze illeciti che rendono l’infrazione più dannosa e che giustificano una condanna particolare, la quale si traduce in un aumento della sanzione imposta all’impresa responsabile. È pertanto difficilmente concepibile che l’inclusione di una clausola compromissoria nello statuto di una federazione sportiva – la cui legittimità sotto il profilo del diritto della concorrenza non è peraltro contestata dalla Commissione – possa fare parte di tale classificazione.

150.

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la qualificazione del regolamento arbitrale da parte della Commissione come «elemento di rafforzamento» di una restrizione della concorrenza, tale approccio solleva parimenti interrogativi sia sul terreno del diritto sostanziale sia sotto il profilo metodologico. Si pone segnatamente la questione del perché la Commissione abbia ravvisato l’esistenza di elementi idonei a rafforzare una restrizione della concorrenza e ad influire sulla possibile giustificazione della stessa, senza tuttavia costituire di per sé un’infrazione. Mi chiedo, peraltro, quali siano il valore giuridico e la finalità di una siffatta qualificazione dal punto di vista del diritto della concorrenza dal momento che quest’ultima viene effettuata ad abundantiam.

151.

Inoltre, la decisione della Commissione di qualificare il meccanismo di ricorso esclusivo e obbligatorio all’arbitrato come «elemento di rafforzamento» della restrizione della concorrenza nell’ambito di un’analisi isolata e separata dalla constatazione dell’infrazione sembra perlomeno singolare ( 71 ). Ci si potrebbe chiedere, al riguardo, perché la Commissione non abbia semplicemente incluso l’esame delle clausole compromissorie nella sua analisi delle norme emesse dall’ISU se riteneva che siffatte norme potessero, in un modo o in un altro, arrecare pregiudizio alla concorrenza. Ciò è a maggior ragione sorprendente in quanto la Commissione sembra aver analizzato la totalità delle norme (o l’«ecosistema» normativo) istituito dall’ISU per constatare che esse ostacolavano la concorrenza ( 72 ).

152.

Una volta apportati siffatti chiarimenti, occorre adesso esaminare se il Tribunale, abbia ritenuto, senza commettere un errore di diritto, che il meccanismo di ricorso esclusivo e obbligatorio all’arbitrato non potesse essere dunque qualificato come «elemento di rafforzamento» della restrizione della concorrenza che è stata constatata.

2.   Sulla prima parte del primo motivo dell’impugnazione incidentale

153.

Nell’ambito della prima parte del loro primo motivo, i ricorrenti nell’impugnazione incidentale addebitano al Tribunale di avere commesso errori nella sua analisi relativa alla giustificazione della competenza esclusiva del TAS per le controversie vertenti sugli aspetti anticoncorrenziali delle decisioni di inammissibilità dell’ISU.

154.

Occorre osservare, in primo luogo, che la linea argomentativa dei ricorrenti nell’impugnazione incidentale si basa principalmente su una distinzione che essi istituiscono tra cause connesse alla specificità dello sport per le quali, in linea di principio, l’arbitrato del TAS può essere giustificato da interessi legittimi, e cause aventi una dimensione economica senza apparenti collegamenti con lo sport e che, per questo motivo, non dovrebbero essere assoggettate alla giurisdizione esclusiva del TAS.

155.

Tale ragionamento è, a mio avviso, poco convincente, poiché esso si basa su una distinzione che pare «artificiale». Infatti, se la distinzione tra cause «meramente sportive» (o vertenti su aspetti non economici dello sport) e altre «meramente economiche» può eventualmente essere accertata sul piano teorico in talune ipotesi, siffatta dicotomia è lungi dall’essere evidente nella prassi, nella misura in cui questi due aspetti sono difficilmente separabili.

156.

Prendiamo l’esempio fornito dai ricorrenti nell’impugnazione incidentale a sostegno della loro argomentazione, ossia quello di una decisione individuale di inammissibilità riguardante un atleta che sia fondata su norme in materia di ammissibilità che potrebbero essere incompatibili con il diritto della concorrenza. Non sono sicuro di seguire il ragionamento di queste parti quando sostengono che una siffatta decisione costituisce principalmente una questione di diritto della concorrenza e che il fatto che la controversia sia sorta nell’ambito dello sport professionistico è soltanto un elemento circostanziale. Il fatto che norme emesse da una federazione sportiva vengano contestate sotto il profilo del diritto della concorrenza non significa necessariamente che una decisione individuale di inammissibilità (adottata sulla base di tali norme) riguardante un atleta non verta su una questione che sia (meramente) sportiva. In tal senso, il fatto che norme emesse da una federazione sportiva che disciplinano l’organizzazione e la partecipazione degli atleti a determinate competizioni sportive possano essere sproporzionate rispetto agli obiettivi perseguiti e rischino di avere effetti negativi sulla concorrenza non significa che gli obiettivi «sportivi» perseguiti non siano essi stessi legittimi.

157.

In secondo luogo, occorre constatare che sia la Commissione, nella decisione controversa, sia il Tribunale, nella sentenza impugnata, hanno correttamente riconosciuto che il ricorso ad un meccanismo di arbitrato esclusivo e obbligatorio era un metodo generalmente accettato di risoluzione delle controversie e che il fatto di concludere una clausola compromissoria non restringe di per sé la concorrenza ( 73 ). Del resto, la Corte europea dei diritti dell’uomo sarebbe pervenuta alla stessa conclusione, ritenendo che, in un contesto sportivo, sia legittimo assoggettare le controversie ad un tribunale arbitrale internazionale specializzato, come il TAS, nella misura in cui un simile meccanismo garantisce l’uniformità procedurale, la certezza del diritto nonché decisioni rapide ed economiche, riconoscendo peraltro al contempo l’indipendenza e l’imparzialità del TAS ( 74 ).

158.

Infatti, difficilmente si potrebbe concepire l’organizzazione o lo svolgimento di una qualsivoglia disciplina o competizione sportiva se ciascun partecipante (atleta o club sportivo) disponesse della possibilità di contestare l’uno o l’altro aspetto di un siffatto evento su una qualsiasi base giuridica dinanzi a giudici nazionali o ad un altro organo giurisdizionale, e ciò, segnatamente, in presenza di competizioni internazionali che, per definizione, coinvolgerebbero potenzialmente una pletora di giudici nazionali, il che comporterebbe automaticamente una frammentazione del sistema attuale.

159.

Alla luce delle considerazioni che precedono, condivido la valutazione del Tribunale, figurante al punto 156 della sentenza impugnata, secondo la quale il carattere obbligatorio dell’arbitrato e il fatto che il regolamento arbitrale conferisca al TAS una competenza esclusiva a conoscere delle controversie relative alle decisioni di inammissibilità possono essere giustificati da interessi legittimi connessi alla specificità dello sport. Pertanto, ritengo che un meccanismo non statale di risoluzione delle controversie in primo o in secondo grado, come il TAS, con una possibilità ricorso, per quanto limitata sia, dinanzi ad un giudice statale, in ultimo grado, sia adeguato nel settore dell’arbitrato sportivo internazionale.

160.

Alla luce degli elementi che precedono, ritengo che la prima parte del primo motivo dell’impugnazione incidentale debba essere respinta.

C. Sulla seconda parte del primo motivo dell’impugnazione incidentale

161.

Nell’ambito della seconda parte del loro primo motivo, i ricorrenti nell’impugnazione incidentale sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto concludendo che il regolamento arbitrale non compromette la piena efficacia del diritto della concorrenza dell’Unione e il diritto a una protezione giurisdizionale effettiva. A questo proposito, tali ricorrenti sollevano una serie di problematiche che sono state discusse nel corso del procedimento dinanzi alla Commissione e al Tribunale, e che sono attualmente invocate per contestare la sentenza impugnata. Più precisamente, tali parti rimettono in discussione la valutazione del Tribunale per quanto riguarda, anzitutto, l’«esteriorità» del TAS e del Tribunale federale svizzero rispetto al sistema giurisdizionale dell’Unione e i limiti della presa in considerazione del diritto della concorrenza dell’Unione da parte di queste due istanze; quindi, il carattere de facto obbligatorio, per gli sportivi, del meccanismo di arbitrato in questione e, infine, il carattere frammentato, limitato e, in definitiva, inefficace delle possibilità di controllo da parte dei giudici nazionali dell’attività disciplinare dell’ISU e dei corrispondenti lodi arbitrali ( 75 ).

162.

In primo luogo, ricordo che l’ordinamento giuridico dell’Unione si basa su un sistema giurisdizionale che assicura la coerenza e l’uniformità nell’interpretazione del diritto dell’Unione. Per farlo, i giudici nazionali e la Corte garantiscono la piena ed effettiva applicazione del diritto dell’Unione nell’insieme degli Stati membri, nonché la tutela giurisdizionale spettante agli amministrati in forza di tale diritto ( 76 ), anche nel settore del diritto della concorrenza ( 77 ). In tale contesto, il ricorso all’arbitrato può ridurre la piena efficacia e l’uniformità del diritto dell’Unione, nonché la possibilità di ottenere una tutela giurisdizionale effettiva qualora il tribunale arbitrale non faccia parte del sistema dell’Unione e non sia soggetto ad un controllo completo del rispetto del diritto dell’Unione da parte dei giudici nazionali ( 78 ).

163.

Occorre notare in proposito che la Corte opera una distinzione tra i trattati conclusi con gli Stati membri, nei quali l’arbitrato è imposto alle parti private e mira a sottrarre le controversie alla competenza dei propri organi giurisdizionali, da un lato, e l’arbitrato commerciale, il quale è il risultato della volontà liberamente espressa delle parti interessate, concernente controversie tra parti di pari rango ( 79 ).

164.

A sostegno della loro impugnazione incidentale, i ricorrenti deducono che il regolamento arbitrale in questione non costituisce un vero e proprio arbitrato commerciale e deve essere valutato sulla stessa base delle cause Achmea e PL Holdings, nella misura in cui la competenza esclusiva del TAS imposta agli atleti sarebbe simile a quella imposta dagli Stati membri alle parti private nell’ambito dei trattati di investimenti bilaterali. Tuttavia, ritengo che il ragionamento adottato in tali cause non sia, in ogni caso, trasponibile al regolamento arbitrale nella specie, in particolare, alla luce della divergenza dei procedimenti arbitrali.

165.

A differenza delle cause Achmea e PL Holdings, le quali riguardavano un trattato (bilaterale di investimento) concluso con uno Stato membro e vertevano sui principii della fiducia reciproca e di leale cooperazione tra Stati membri, impedendo a tali Stati di autorizzare parti private a sottoporre delle controversie ad un organo che non fa parte del sistema giurisdizionale dell’Unione ( 80 ), l’arbitrato di cui al procedimento principale si applica nei rapporti tra parti private e una federazione sportiva internazionale (e non uno Stato membro). In tal senso, come indicato dal Tribunale al punto 162 della sentenza impugnata, la costituzione del TAS non trova origine in un trattato mediante il quale taluni Stati membri avrebbero acconsentito a sottrarre alla competenza dei propri organi giurisdizionali controversie che possono riguardare l’applicazione o l’interpretazione del diritto della concorrenza. Di conseguenza, un’applicazione per analogia dei principi risultanti da tali sentenze, per le ragioni che precedono, deve essere respinta.

166.

In secondo luogo, si deve osservare che sia i ricorrenti nell’impugnazione incidentale sia la Commissione addebitano al Tribunale di non avere preso in considerazione le modalità concrete dell’arbitrato sportivo, e, segnatamente, il fatto che esso non costituisce un vero e proprio arbitrato commerciale, liberamente convenuto dalle due parti, bensì un arbitrato imposto unilateralmente e in via esclusiva dall’ISU agli atleti, dietro la minaccia di un divieto di partecipazione alle competizioni organizzate da tale federazione e dunque di un’impossibilità, per gli stessi, di esercitare la loro professione.

167.

Se, effettivamente, esiste eventualmente una «asimmetria di poteri» tra una federazione sportiva e gli atleti, che può portare a ritenere che essi siano privi di qualsiasi altra scelta che non sia l’adesione alle norme di tale federazione ( 81 ), ritengo che, a partire dal momento in cui, da un lato, l’indipendenza e l’imparzialità del TAS non vengono rimesse in discussione, e in cui, dall’altro, il ricorso all’arbitrato del TAS possa essere giustificato da interessi legittimi connessi alla necessità che le controversie sportive siano assoggettate ad un organo giurisdizionale specializzato ( 82 ), un siffatto argomento non possa essere accolto.

168.

Pertanto, ritengo, al pari del Tribunale, che il regolamento arbitrale in questione non sia idoneo, in concreto e da solo, a rafforzare la restrizione della concorrenza generata dalle norme dell’ISU in materia di ammissibilità.

169.

Alla luce degli elementi che precedono, ritengo che il primo motivo dell’impugnazione incidentale debba essere respinto.

V. Conclusione

170.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire nei seguenti termini:

la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 dicembre 2020, International Skating Union/Commission (T‑93/18, EU:T:2020:610), è annullata;

la causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea;

l’impugnazione incidentale è respinta;

le spese sono riservate.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Il secondo motivo della ricorrente verteva sulla constatazione di una restrizione per oggetto, il terzo e il quarto motivo riguardavano la valutazione da parte della Commissione della questione se la restrizione della concorrenza inerisca e sia proporzionata al perseguimento di legittimi obiettivi.

( 3 ) V. sentenza del 25 aprile 2013, Asociația Accept (C‑81/12, EU:C:2013:275, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

( 4 ) V., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca-Medina e Majcen/Commissione (C‑519/04 P; in prosieguo: la «sentenza Meca-Medina, EU:C:2006:492, punti da 29 a 34).

( 5 ) V. sentenza del 19 febbraio 2002, Wouter e a. (C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 97).

( 6 ) V. sentenza del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais (C‑325/08, EU:C:2010:143, punto 40).

( 7 ) V. sentenza Meca-Medina (punto 42 e la giurisprudenza ivi citata, nonché punto 45).

( 8 ) V. sentenze del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 110); del 4 settembre 2014, API e a. (da C‑184/13 a C‑187/13, C‑194/13, C‑195/13 e C‑208/13, EU:C:2014:2147, punti 4349), e del 23 novembre 2017, CHEZ Elektro Bulgaria e FrontEx International (C‑427/16 e C‑428/16, EU:C:2017:890, punti 5157).

( 9 ) V. paragrafi da 87 a 89 delle presenti conclusioni.

( 10 ) V. considerando 29 e 30 della comunicazione della Commissione sulle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato (GU 2004, C 101, pag. 97).

( 11 ) V. paragrafo 40 delle presenti conclusioni.

( 12 ) V. sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C ‑1/12; in prosieguo: la «sentenza OTOC, EU:C:2013:127, punti da 101 a 103).

( 13 ) V. sentenze del 1o luglio 2008, MOTOE (C‑49/07; in prosieguo: la «sentenza MOTOE, EU:C:2008:376, punto 51) e OTOC (punto 88).

( 14 ) V. sentenze MOTOE (punti da 49 a 52) e OTOC (punti da 69 a 92).

( 15 ) Più precisamente, l’ISU sostiene che l’esame svolto dal Tribunale del contesto delle norme da essa istituite, del contesto economico e giuridico in cui queste si collocano e degli obiettivi che esse perseguono non denota il grado di dannosità richiesto ai fini della qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto.

( 16 ) V. sentenza del 18 novembre 2021, Visma Enterprise (C‑306/20, EU:C:2021:935, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata).

( 17 ) V. sentenza del 18 novembre 2021, Visma Enterprise (C‑306/20, EU:C:2021:935, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).

( 18 ) V. sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata; in prosieguo: la «sentenza CB/Commissione»).

( 19 ) V. sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 2830).

( 20 ) V. sentenza CB/Commissione (punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

( 21 ) V. sentenza del 16 luglio 2015, ING Pensii (C‑172/14, EU:C:2015:484, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

( 22 ) V. punto 86 della sentenza impugnata.

( 23 ) V. paragrafo 15 delle presenti conclusioni.

( 24 ) V. punti 89 e 95 della sentenza impugnata.

( 25 ) V. punti da 84 a 89 e da 96 a 98 della sentenza impugnata.

( 26 ) V. punti da 90 a 95 della sentenza impugnata.

( 27 ) V. sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) V. sentenza CB/Commissione (punto 50), e conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:1958, paragrafo 39).

( 29 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:1958, paragrafo 56) e conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2019:678, paragrafo 42).

( 30 ) V. sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) V. sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata), e conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2019:678, paragrafi 54 e da 63 a 73).

( 32 ) Sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a. (C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 31).

( 33 ) V. paragrafo 68 delle presenti conclusioni.

( 34 ) Tali elementi possono, tuttavia, essere presi in considerazione nell’ambito dell’analisi delle restrizioni accessorie per illustrare il carattere sproporzionato delle norme dell’ISU.

( 35 ) V. sentenza OTOC (punto 99).

( 36 ) V. sentenza OTOC (punti da 70 a 100).

( 37 ) Sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52).

( 38 ) V. punti 89 e 95 della sentenza impugnata.

( 39 ) V. punti da 100 a 104 della sentenza impugnata.

( 40 ) V. punti da 105 a 114 della sentenza impugnata.

( 41 ) Infatti, benché la Commissione faccia un riferimento, al punto 163 della decisione controversa, all’assenza di nessi diretti tra le norme dell’ISU e obiettivi legittimi, elemento che è stato principalmente analizzato nell’ambito dell’esame del contenuto di tali norme, il punto 171 di questa stessa decisione non lascia alcun dubbio quanto all’approccio seguito dalla Commissione di escludere la presa in considerazione di obiettivi legittimi nella fase dell’analisi dell’oggetto anticoncorrenziale.

( 42 ) V. punti da 99 a 114 della sentenza impugnata.

( 43 ) V. sentenza CB/Commissione (punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).

( 44 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:1958, punto 117).

( 45 ) V. sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

( 46 ) Punto 47 di tale sentenza.

( 47 ) Punti da 70 a 100 di tale sentenza.

( 48 ) V. paragrafo 68 delle presenti conclusioni.

( 49 ) V. sentenza CB/Commissione (punto 75).

( 50 ) V. sentenza CB/Commissione (punto 78).

( 51 ) V. punti 118 e 119 della sentenza impugnata.

( 52 ) V. sentenza del 20 gennaio 2016, Toshiba Corporation/Commission (C‑373/14 P, EU:C:2016:26, punto 29).

( 53 ) Occorre osservare, al riguardo, che le informazioni concernenti le competizioni che l’ISU avrebbe accettato nel settore del pattinaggio di figura sono oggetto di interpretazioni divergenti tra la Commissione e l’ISU.

( 54 ) V. sentenza del 6 aprile 2006, General Motors/Commissione (C‑551/03 P, EU:C:2006:229, punto 77).

( 55 ) V. punti da 175 a 177 della decisione controversa.

( 56 ) V. sentenza dell’11 aprile 2013, Mindo/Commissione (C‑652/11 P, EU:C:2013:229, punto 41).

( 57 ) Tale constatazione del Tribunale sembra parimenti essere confermata dall’analisi effettuata dalla Commissione, ai punti da 251 a 266 della decisione controversa, la quale concerne la proporzionalità di tali norme alla luce degli obiettivi perseguiti, senza che tale analisi verta specificamente sull’evento di Dubai.

( 58 ) L’ISU reitera, in proposito, l’argomento sollevato nell’ambito del primo e di una parte del terzo capo del primo motivo, secondo il quale la Commissione si era fondata sull’evento di Dubai per concludere, all’articolo 1 della decisione controversa, che essa ha violato l’articolo 101 TFUE «[adottando] e applicando le norme in materia di ammissibilità» (il corsivo è mio).

( 59 ) V. paragrafo 96 delle presenti conclusioni.

( 60 ) V. punti da 100 a 104 della sentenza impugnata.

( 61 ) V. punto 108 della sentenza impugnata.

( 62 ) Tra gli elementi presi in considerazione dal Tribunale occorre notare in particolare che al punto 97 della sentenza impugnata esso ha dichiarato che le norme in materia di ammissibilità consentono alla ricorrente di irrogare sanzioni di inammissibilità agli atleti in caso di partecipazione a competizioni non autorizzate, anche qualora il calendario della ricorrente non preveda alcuna contemporanea competizione e anche qualora gli atleti in questione non possano, per una ragione qualunque, partecipare alle competizioni organizzate dalla ricorrente.

( 63 ) V. punti da 131 a 164 della sentenza impugnata.

( 64 ) V. punti da 154 a 156 della sentenza impugnata.

( 65 ) V. punti da 142 a 153 della sentenza impugnata.

( 66 ) V. punti da 157 a 161 della sentenza impugnata.

( 67 ) V. punti da 138 a 145 della sentenza impugnata.

( 68 ) V. punti da 142 a 153 della sentenza impugnata.

( 69 ) Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2, in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»).

( 70 ) V. punti da 150 a 152 della sentenza impugnata.

( 71 ) Le valutazioni relative al regolamento arbitrale figurano in una sezione successiva alla conclusione sull’esistenza di una restrizione della concorrenza, vale a dire nella sezione 8.7 della decisione controversa. In tale sezione, la Commissione non ha concluso che il regolamento arbitrale costituiva un’infrazione autonoma al diritto della concorrenza, ma semplicemente che esso rafforzava le restrizioni della concorrenza generate dalle norme in materia di ammissibilità.

( 72 ) A titolo di esempio, occorre constatare che nella decisione C(2018) 4761 final della Commissione europea, del 18 luglio 2018, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (Caso AT.40099 – Google Android), la Commissione ha esaminato «elementi di rafforzamento» della restrizione della concorrenza constatata nella sezione della decisione dedicata a tale constatazione (punti da 1132 a 1145) e non in una sezione separata e successiva a tale constatazione.

( 73 ) V. punto 154 della sentenza impugnata e punto269 della decisione controversa.

( 74 ) V. sentenza Corte EDU, 2 ottobre 2018, Mutu e Pechstein c. Svizzera, CE:ECHR:2018:1002JUD004057510, § 98 e 159.

( 75 ) V. punti da 270 a 286 della decisione controversa.

( 76 ) V. sentenza del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158, punti 3536 e la giurisprudenza ivi citata).

( 77 ) Sentenza del 9 febbraio 2022, Sped-Pro/Commissione (T‑791/19, EU:T:2022:67, punto 91).

( 78 ) V. sentenze del 26 ottobre 2021, PL Holdings (C‑109/20, EU:C:2021:875, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata) e del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158, punti da 58 a 60 e la giurisprudenza ivi citata).

( 79 ) V. sentenza del 6 marzo 2018, Achmea (C-284/16, EU:C:2018:158, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

( 80 ) V. sentenze del 26 ottobre 2021, PL Holdings (C 109/20, EU:C:2021:875, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata) e del 6 marzo 2018, Achmea (C 284/16, EU:C:2018:158, punti da 5860 e la giurisprudenza ivi citata).

( 81 ) V. Corte EDU, 2 ottobre 2018, Mutu e Pechstein/Svizzera, CE:ECHR:2018:1002JUD004057510, paragrafi da 113 a 115.

( 82 ) V. paragrafi da 157 a 159 delle presenti conclusioni.