52014SC0413

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE Valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2014 dell’ITALIA che accompagna il documento Raccomandazione di RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2014 dell’Italia /* SWD/2014/0413 final */


INDICE

SINTESI. 3

1............ INTRODUZIONE.. 5

2............ SITUAZIONE E PROSPETTIVE ECONOMICHE.. 6

3............ SFIDE E VALUTAZIONE DEL PROGRAMMA DI INTERVENTI. 7

3.1......... Politica di bilancio e fiscale. 7

3.2......... Settore finanziario. 16

3.3......... Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali 19

3.4......... Misure strutturali a favore della crescita sostenibile e della competitività. 26

3.5......... Modernizzazione della pubblica amministrazione. 32

4............ CONCLUSIONI. 37

Tabella di sintesi 39

Allegato. 44

SINTESI

La crisi ha messo in evidenza e intensificato le debolezze dell’economia italiana. Tra il 2007 e il 2013, il PIL reale dell’Italia ha subito una contrazione dell’8,7%, rispetto alla contrazione di solo l’1,7% della zona euro nel suo insieme. L’occupazione non è scesa quanto in altri Stati membri della zona euro, ma vi è stata una drastica riduzione dell’orario di lavoro e, nello stesso periodo, il tasso di disoccupazione è raddoppiato passando dal 6,1% al 12,2%. Stando alle previsioni di primavera 2014 della Commissione, la crescita economica dovrebbe diventare positiva con un modesto 0,6% nel 2014 e accelerare all’1,2% nel 2015. Il mercato del lavoro reagisce con ritardo al miglioramento delle condizioni economiche, a cominciare dall’aumento delle ore di lavoro. A causa del leggero aumento dell’offerta di lavoro, il tasso di disoccupazione dovrebbe toccare il suo massimo quest’anno raggiungendo il 12,8%, per poi scendere marginalmente nel 2015. Il rapporto debito pubblico/PIL, dopo essere aumentato di 26 punti percentuali fra il 2008 e il 2013 - anche a causa del sostegno finanziario destinato ai paesi della zona euro (3,6% del PIL) - dovrebbe raggiungere un picco del 135% nel 2014.

L’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche del 2013. Per quanto riguarda le finanze pubbliche, il programma di stabilità rinvia la realizzazione dell’obiettivo a medio termine al 2016, mentre nel luglio 2013 era stato raccomandato all’Italia di conseguirlo entro il 2014. Sul fronte del miglioramento del mercato del gas si sono registrati importanti passi avanti. È stato compiuto qualche progresso per ridurre il carico fiscale sul lavoro e attuare le riforme del mercato del lavoro, agevolare l’accesso delle imprese al credito e affrontare le debolezze della giustizia civile. Negli altri settori i progressi sono stati limitati. Il programma nazionale di riforma 2014 illustra un piano d’azione esauriente, ambizioso e con scadenze temporali per il periodo di riferimento del programma. L’attuazione di tutte le misure, anche quelle adottate negli anni scorsi, dovrà essere oggetto di un attento monitoraggio.

Ripristinare una crescita vigorosa e ridurre l’elevato rapporto debito pubblico/PIL restano gli obiettivi fondamentali per l’Italia. L’esame approfondito dell’economia italiana pubblicato nel marzo 2014 ha messo in evidenza il fatto che la debole crescita della produttività italiana negli ultimi 15 anni ha contribuito in modo significativo all’emergere dei due squilibri macroeconomici individuati: l’elevato livello di debito pubblico e la perdita di competitività esterna. La scarsa capacità istituzionale frena ulteriormente la competitività e la crescita ed è causa di ritardi nell’attuazione delle riforme necessarie. In questo contesto, le sfide per l’Italia sono rimaste sostanzialmente invariate dal 2013 ma sono diventate più urgenti a causa dei precedenti risultati sul piano dell’attuazione.

· Finanze pubbliche: L’elevatissimo debito pubblico continua a pesare notevolmente sull’economia italiana e a rappresentare una fonte importante di vulnerabilità. Se da un lato, la debole crescita rende più difficile riportare le finanze pubbliche sulla via della sostenibilità, dall’altro l’elevato debito pubblico può compromettere le prospettive di crescita, frenare la domanda interna e sottrarre risorse per la spesa pubblica produttiva.

· Tassazione: in Italia il carico fiscale grava pesantemente sui fattori di produzione e vi è pertanto un notevole margine per migliorare l’efficienza del sistema tributario spostando la pressione fiscale dal lavoro e dal capitale. Il basso livello di adempimento degli obblighi fiscali, associato alla forte presenza di un’economia sommersa e del lavoro irregolare, acuisce ulteriormente l’impatto distorsivo dell’imposizione sull’economia.

· Settore finanziario: i prestiti in sofferenza sono fortemente aumentati con il protrarsi della crisi, erodendo la redditività delle banche e scoraggiandole dal concedere credito, in special modo alle piccole e medie imprese. I mercati dei capitali italiani permangono insufficientemente sviluppati, rendendo difficile l’accesso delle imprese a forme alternative di finanziamento, in particolare per l’innovazione. Inoltre, alcuni segmenti del settore bancario destano preoccupazione per quanto riguarda le carenze del governo societario e l’efficienza in termini di costi.

· Mercato del lavoro: il tasso di occupazione è molto inferiore alla media UE e ancora molto lontano dall’obiettivo nazionale della strategia Europa 2020 in materia di occupazione. Anche la partecipazione femminile al mercato del lavoro resta scarsa. La disoccupazione ha continuato ad aumentare a causa del protrarsi della recessione e la disoccupazione giovanile è tra le più elevate dell’UE. La crescita debole della produttività del lavoro fa aumentare il costo del lavoro per unità di prodotto, gravando di conseguenza sulla competitività di costo. L’elevato cuneo fiscale sul lavoro incrementa ulteriormente il costo del lavoro.

· Istruzione: l’elevato tasso di abbandono scolastico e il basso livello di istruzione terziaria sono indice di gravi lacune nel sistema di istruzione. Il deficit di competenze nella popolazione adulta limita la capacità d’innovazione dell’economia. Il passaggio dalla scuola al lavoro rimane problematico, anche per le persone molto qualificate.

· Coesione sociale: dall’inizio della crisi, l’Italia ha registrato uno dei maggiori incrementi della percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell’UE. A causa del forte orientamento alle pensioni, della frammentazione della spesa non pensionistica e della mancanza di servizi efficaci di attivazione e sostegno, il sistema di protezione sociale non ha gli strumenti adatti per far fronte alla povertà.

· I servizi e le industrie di rete: negli ultimi 15 anni la regolamentazione italiana dei mercati dei prodotti è migliorata notevolmente e accelerarne l’attuazione effettiva contribuirebbe a garantire l’impatto positivo delle riforme sul campo. Inoltre permangono restrizioni della concorrenza in importanti settori dell’economia (compresi i servizi professionali, i servizi postali, le assicurazioni, i trasporti e le telecomunicazioni, il commercio al dettaglio, la distribuzione del carburante e i servizi pubblici locali) e vi sono strozzature infrastrutturali nei settori dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni.

· Pubblica amministrazione e contesto imprenditoriale: le carenze della pubblica amministrazione contribuiscono tuttora a creare un contesto imprenditoriale sfavorevole, a scoraggiare gli investimenti diretti esteri e a ostacolare la rapida attuazione delle riforme e la corretta gestione dei fondi UE, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno. Le principali carenze riguardano la complessità del quadro giuridico ai vari livelli di governo, le inveterate debolezze del sistema di giustizia civile (nonostante i recenti progressi) e le inefficienze in materia di appalti pubblici. L’elevato livello di corruzione grava ulteriormente sull’economia.

1. INTRODUZIONE

Nel maggio 2013 la Commissione ha proposto una serie di raccomandazioni specifiche relative agli interventi di riforma economica e strutturale dell’Italia. Sulla base di queste raccomandazioni, nel luglio 2013 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato sei raccomandazioni specifiche, sotto forma di raccomandazione del Consiglio, che vertevano su: finanze pubbliche, attuazione delle riforme precedenti, pubblica amministrazione, settore finanziario, mercato del lavoro, istruzione, politiche sociali, tassazione e apertura del mercato dei servizi e delle industrie di rete. Il presente documento di lavoro dei servizi della Commissione valuta lo stato di attuazione di queste raccomandazioni in Italia

e valuta le misure adottate alla luce delle conclusioni dell’analisi annuale della crescita 2014 della Commissione[1] e della terza relazione annuale sul meccanismo di allerta[2], pubblicate nel novembre 2013. L’analisi annuale della crescita contiene le proposte della Commissione volte al raggiungimento della necessaria intesa comune circa le priorità degli interventi da realizzare nel 2014 a livello UE e nazionale L’analisi individua cinque priorità per guidare gli Stati membri verso una ripresa della crescita: portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita, ripristinare la normale erogazione di prestiti all’economia, promuovere la crescita e la competitività nell’immediato e per il futuro, lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi e modernizzare la pubblica amministrazione. La relazione sul meccanismo di allerta funge da primo filtro per accertare la presenza di squilibri macroeconomici o di eventuali rischi in tal senso negli Stati membri. Secondo la relazione vi sono segnali positivi che indicano che gli squilibri macroeconomici in Europa sono in via di correzione. Per garantire un riequilibrio completo e duraturo, si è deciso di esaminare gli sviluppi registrati in Italia e in altri 15 Stati membri per quanto riguarda l’accumulazione e la correzione degli squilibri. Gli esami approfonditi sono stati pubblicati il 5 marzo 2014 insieme a una comunicazione della Commissione[3].

Sulla base delle raccomandazioni del Consiglio del 2013, dell’analisi annuale della crescita, della relazione sul meccanismo di allerta e dell’esame approfondito, il 22 aprile 2014 l’Italia ha trasmesso gli aggiornamenti del suo programma nazionale di riforma e del suo programma di stabilità. Tali programmi forniscono informazioni dettagliate sui progressi registrati dal luglio 2013 e sui piani del governo per il periodo 2014-2018. Le informazioni contenute in questi programmi sono alla base della valutazione contenuta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione. I programmi sono stati oggetto di un processo di consultazione cui hanno partecipato tutti i principali portatori d’interessi e le autorità regionali e sono stati ufficialmente approvati dal Parlamento italiano prima della loro presentazione alla Commissione europea.

2. SITUAZIONE E PROSPETTIVE ECONOMICHE

Situazione economica

Dopo una grave recessione, la crescita dell’Italia rimane debole. La lunga contrazione della produzione ha subito una battuta d’arresto nell’ultimo trimestre del 2013, quando il PIL è aumentato dello 0,1%. Tuttavia, secondo le stime preliminari, a questo aumento ha fatto seguito un lieve calo nel primo trimestre del 2014. Nel 2013 il PIL reale è diminuito dell’1,9% (dopo il calo del 2,4% nel 2012). Il forte calo della domanda interna ha costituito un freno per l’economia a causa del persistere di rigide condizioni di finanziamento e dell’elevata incertezza che hanno limitato i consumi e gli investimenti. A causa di un tasso di attività stabile, nel 2013 l’occupazione è diminuita e il tasso di disoccupazione ha raggiunto in media il 12,2% della forza lavoro (il tasso di disoccupazione giovanile è stato del 40%).

Prospettive economiche

Per il 2014 e 2015 si prevede una lenta ripresa, trainata soprattutto dalla domanda esterna. Secondo le previsioni di primavera 2014 della Commissione, nel 2014 il PIL reale dovrebbe crescere dello 0,6%. Con il rafforzamento della domanda esterna — comprendente la domanda dei partner commerciali della zona euro - l’attività industriale dovrebbe espandersi, come pure il settore dei servizi. A causa del persistere di difficili condizioni del mercato del lavoro, si prevede che i consumi privati aumentino solo in modo graduale, sostenuti dalla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. L’attuale consolidamento dei bilanci delle banche italiane consentirà condizioni di credito più favorevoli nel 2015, sostenendo la domanda interna e, in ultima analisi, la crescita della produzione, che dovrebbe accelerare all’1,2%. Con l’aumento sia delle esportazioni che delle importazioni, l’avanzo delle partite correnti dovrebbe stabilizzarsi all’1,5% del PIL nel periodo 2014-2015. Nel 2014 l’inflazione dei prezzi al consumo dovrebbe raggiungere il minimo storico dello 0,7%, anche in seguito al rallentamento della crescita dei prezzi energetici, prima di risalire all’1,2% nel 2015.

Stando alle previsioni il numero degli occupati dovrebbe continuare a calare nel 2014 per poi aumentare leggermente nel 2015. Il mercato del lavoro reagisce con ritardo al miglioramento delle condizioni economiche, a cominciare dall’aumento delle ore di lavoro. Il numero degli occupati dovrebbe diminuire ulteriormente nel 2014, sebbene solo in misura marginale, determinando un modesto aumento della produttività del lavoro. A causa del leggero aumento dell’offerta di lavoro, il tasso di disoccupazione dovrebbe raggiungere il suo massimo quest’anno. La stasi nel mercato del lavoro dovrebbe contenere la crescita dei salari, comportando un aumento modesto del costo nominale del lavoro per unità di prodotto. Nel 2015, in concomitanza con il rafforzamento dell’economia, l’occupazione è destinata a risalire e la disoccupazione dovrebbe scendere in misura marginale.

Le macroproiezioni per il 2014-2015 contenute nel programma di stabilità dell’Italia sono sostanzialmente in linea con le previsioni di primavera 2014 della Commissione. Il programma di stabilità dell’Italia riguarda il periodo 2014-2018. Le proiezioni macroeconomiche sono leggermente superiori alle previsioni di primavera 2014 della Commissione per il 2014 e il 2015 e appaiono lievemente ottimistiche per gli anni 2016-2018 del programma, quando si prevede che la crescita del PIL reale sia sostenuta dall’effetto delle riforme strutturali adottate. In linea con lo scenario macroeconomico sottostante, il programma prevede che l’occupazione torni ad aumentare a partire dall’anno prossimo e che il tasso di disoccupazione raggiunga un picco del 12,8% nel 2014 per poi diminuire progressivamente. Le prospettive del programma presuppongono altresì un avanzo delle partite correnti di circa l’1,5% del PIL nel periodo di riferimento del programma. L’inflazione IAPC dovrebbe attestarsi allo 0,9% nel 2014 e all’1,2% nel 2015, per poi stabilizzarsi all’1,5% fino al 2018. Il programma nazionale di riforma e il programma di stabilità si fondano sulle stesse prospettive macroeconomiche.

Il programma di stabilità e il programma nazionale di riforma contengono una stima dell’impatto delle riforme strutturali. I due programmi contengono una stima dell’impatto delle riforme strutturali selezionate sul PIL reale, sui consumi privati, sugli investimenti fissi, sull’occupazione, sui saldi primari della pubblica amministrazione e sul rapporto debito pubblico/PIL. Le riforme selezionate sono le seguenti: i) la riforma del mercato del lavoro e le riforme dei mercati dei prodotti e del contesto imprenditoriale adottate nel 2012 (tenendo conto dei ritardi nella loro attuazione rispetto all’impatto stimato nel programma nazionale di riforma e nel programma di stabilità del 2013) e nel 2013; ii) la riduzione del 10% dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), adottata nel 2014, e il suo finanziamento mediante l’aumento della ritenuta sui redditi da attività finanziarie delle famiglie; e iii) l’annunciata revisione della spesa e la riduzione del carico fiscale sui lavoratori a basso reddito (finora adottata solo per il 2014). Si stima che l’impatto sul PIL reale di tutte queste riforme, presupponendone la piena attuazione, sia di 0,3 punti percentuali entro il 2014, di 0,8 punti percentuali entro il 2015 e di 2,2 punti percentuali entro il 2018. Lo scenario macroeconomico dei due programmi tiene conto solo dell’effetto della prima serie di riforme (punto i)), con un impatto sul livello del PIL reale di 0,3 punti percentuali per il 2014 e 0,6 punti percentuali per il 2015 che raggiungono gradualmente 1,7 punti percentuali nel 2018. L’impatto del rimborso supplementare di debiti commerciali pregressi annunciato per il 2014 (13 miliardi di EUR) è preso in considerazione solo in riferimento al debito pubblico. Il programma nazionale di riforma comprende anche una stima dell’impatto del rimborso di debiti commerciali pregressi e delle misure tese a evitarne l’accumulo in futuro sulle altre variabili: di ciò non è tuttavia tenuto conto nello scenario macroeconomico alla base dei due programmi. Tutte le stime sono effettuate con l’ausilio di modelli macroeconomici ben consolidati[4] e le scelte e le ipotesi riguardo ai modelli sono descritte in dettaglio.

3. SFIDE E VALUTAZIONE DEL PROGRAMMA DI INTERVENTI 3.1. Politica di bilancio e fiscale

Sviluppi di bilancio e dinamica del debito

Nonostante la forte contrazione dell’economia, nel 2013 il disavanzo nominale è rimasto stabile al 3% del PIL (leggermente superiore all’obiettivo del 2,9% cui puntava il programma 2013) grazie all’aggiustamento di bilancio messo in atto negli anni 2011‑2012. Stando alle previsioni della Commissione il disavanzo dovrebbe scendere al 2,6% del PIL nel 2014 e al 2,2% nel 2015. Il livello del 2,6% è in linea con l’obiettivo del programma di stabilità, che a sua volta è 0,1 punti percentuali più elevato che nel documento programmatico di bilancio 2014 presentato nell’ottobre 2013. Il fatto che le previsioni integrino l’impatto della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, adottata con decreto legge[5] dopo l’adozione del programma di stabilità, determina proiezioni inferiori di entrate e spese per il 2014. Per il 2015 le previsioni della Commissione, basate sull’ipotesi di politiche invariate, non integrano lo sgravio fiscale a favore dei lavoratori a basso reddito e i risparmi di spesa annunciati nel programma di stabilità, poiché non ne sono ancora specificati i dettagli. Lo stesso vale per gli aggiustamenti supplementari di bilancio (0,3 punti percentuali del PIL) previsti nel programma di stabilità ma ancora da adottare e per l’aggiustamento di bilancio di 3 miliardi di EUR adottato con la legge di bilancio 2014 ma non ancora precisato. L’ulteriore miglioramento del saldo della pubblica amministrazione previsto dal programma di stabilità per il periodo 2016-2018 si basa su un altro aggiustamento di bilancio permanente di 0,3 punti percentuali del PIL previsto a decorrere dal 2016 (non ancora specificato), su una spesa per interessi in calo nel 2017-2018 e su una crescita economica duratura.

Secondo le proiezioni, nel periodo di riferimento del programma, il rapporto spesa/PIL dovrebbe diminuire. Le previsioni tendenziali del programma di stabilità (basate sull’ipotesi di legislazione invariata) indicano un calo generale del rapporto spesa/PIL di 3,5 punti percentuali nel periodo di riferimento del programma 2014‑2018, anche grazie alla crescita economica duratura. La retribuzione dei dipendenti presenta la maggiore diminuzione (‑1,4 punti percentuali del PIL) anche in virtù dell’ipotesi di legislazione invariata, che implica la stabilità delle retribuzioni del settore pubblico fino al 2017[6]. Il calo del rapporto spesa/PIL è sostenuto da una diminuzione della spesa per interessi a seguito dell’ipotesi di continua diminuzione dello spread fra i titoli di stato italiani e tedeschi a 10 anni (a 150 punti base nel 2015 e a 100 punti base a partire dalla fine del 2016). Durante il periodo di riferimento del programma, si prevede che il rapporto entrate/PIL diminuisca lievemente (di 0,8 punti percentuali) principalmente a causa della flessione prevista dei contributi sociali e delle imposte dirette. Rispetto al programma di stabilità dell’anno scorso, l’aggiustamento di bilancio è posticipato poiché la minore riduzione del disavanzo prevista nel 2014 è giustificata soltanto parzialmente da una crescita inferiore al previsto.

|| Riquadro 1. Principali misure di bilancio ||

|| Entrate || Spese ||

|| 2014 ||

|| · Incremento dell’imposta di bollo sulle attività finanziarie delle famiglie (0,07% del PIL) · Aumento della tassazione del settore finanziario (0,16% del PIL) · Aumento degli sgravi fiscali sui redditi da lavoro dipendente (-0,1% del PIL) · Riduzione dei contributi sociali per gli incidenti sul lavoro e la malattia (‑0,06% del PIL) · Riduzione dell’imposta sui beni immobili (-0,07% del PIL) || · Deindicizzazione delle pensioni più elevate (‑0,03% del PIL) · Spese supplementari per investimenti (0,2% del PIL) ||

|| 2015 ||

|| · Aumento degli sgravi fiscali sui redditi da lavoro dipendente (-0,1% del PIL) · Riduzione dei contributi sociali per gli incidenti sul lavoro e la malattia (‑0,06% del PIL) · Riduzione dell’imposta sui beni immobili (-0,07% del PIL) || · Deindicizzazione delle pensioni più elevate (‑0,12% del PIL) ||

|| 2016 ||

|| · Maggiore deducibilità fiscale delle perdite su crediti per il settore finanziario (-0,11% del PIL) · Aumento degli sgravi fiscali sui redditi da lavoro dipendente (-0,1% del PIL) · Riduzione dei contributi sociali per gli incidenti sul lavoro e la malattia (‑0,06% del PIL) · Riduzione dell’imposta sui beni immobili (-0,07% del PIL) || · Deindicizzazione delle pensioni più elevate (‑0,18% del PIL) ||

|| Nota: L’impatto di bilancio riportato nella tabella è l’impatto indicato nel programma, ossia dalle autorità nazionali. Il segno positivo implica che le spese/entrate sono aumentate a seguito della misura. ||

L’obiettivo della strategia di bilancio definita nel programma di stabilità 2014 è il conseguimento dell’obiettivo a medio termine di una posizione di bilancio in pareggio in termini strutturali entro il 2016, rispettando l’aggiustamento lineare strutturale minimo richiesto dal parametro di riferimento del debito (configurazione forward-looking) nel periodo di transizione 2013-2015. Il programma conferma l’obiettivo a medio termine di una posizione di bilancio in pareggio in termini strutturali, in linea con gli obiettivi del patto di stabilità e crescita. Tuttavia il programma di stabilità rinvia la realizzazione dell’obiettivo a medio termine al 2016, mentre nel luglio 2013 il Consiglio aveva raccomandato all’Italia di conseguirlo entro il 2014. A giustificazione di tale rinvio sono addotte argomentazioni basate sul regolamento (UE) n. 1175/2011 (articolo 5), in particolare le gravi condizioni economiche (un differenziale negativo molto elevato tra prodotto effettivo e potenziale, che nel 2014 è ancora a un livello molto peggiore dell’output gap rappresentativo- ROG[7]) e le sfavorevoli condizioni di liquidità delle imprese, che hanno spinto il governo ad accelerare il rimborso dei debiti commerciali pregressi. Quest’ultimo provvedimento provoca un ulteriore aumento del debito e, in misura minore, del disavanzo. Il programma di stabilità invoca anche la clausola relativa alle riforme strutturali, data l’intenzione del governo di attuarne varie che avrebbero da ultimo un impatto positivo sulla crescita economica potenziale e ridurrebbero il rapporto debito/PIL nei prossimi anni. Queste riforme implicherebbero altresì la necessità di risorse supplementari (già finanziate e integrate nelle previsioni di bilancio).

Il saldo strutturale è ulteriormente migliorato nel 2013 ma si prevede che il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine rallenti nel 2014. Nel 2013 si stima che il saldo strutturale sia migliorato di 0,6 punti percentuali passando a -0,9% del PIL, sebbene il programma di stabilità del 2013 prevedesse un aggiustamento strutturale maggiore (di 0,9 punti percentuali, a -0,5% del PIL) ma con una contrazione prevista del PIL reale più modesta (‑1,3% rispetto a ‑1,9%). Per il 2014 l’aggiustamento strutturale (ricalcolato) previsto nel programma di stabilità è di soli 0,2 punti percentuali del PIL. Per il 2015 il programma di stabilità prevede un miglioramento (ricalcolato) del saldo strutturale di 0,4 punti percentuali del PIL. Questo valore è da mettere a confronto con la stima di 0,1 punti percentuali, in uno scenario a politiche invariate, delle previsioni della Commissione che evidenziano il rischio di deviazione significativa dall’aggiustamento strutturale necessario verso l’obiettivo a medio termine nel 2015. Sia secondo il programma di stabilità che secondo le previsioni della Commissione, nel 2015 vi è il rischio di una deviazione significativa del parametro di riferimento della spesa. Nel caso del programma di stabilità ciò è dovuto al fatto che i dati relativi alla spesa forniti nel programma sono proiezioni tendenziali non coerenti con gli obiettivi di bilancio che comprendono un ulteriore aggiustamento di bilancio ancora da attuare.

Gli obiettivi di bilancio del programma di stabilità sono soggetti a rischi al ribasso. Il maggior rischio proviene dalla necessità di individuare e attuare mediante la spending review in corso risparmi di spesa considerevoli e permanenti a tutti i livelli di governo, che saranno inoltre necessari per finanziare l’annunciata riduzione permanente dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per i lavoratori a basso reddito. Lo scenario macroeconomico alla base delle previsioni di bilancio nel programma è inoltre leggermente ottimistico, in particolare per gli ultimi anni del periodo di riferimento quando si prevede che la crescita sia ben superiore alle stime attuali di crescita potenziale delle previsioni della Commissione. È tuttavia vero che una piena e rapida attuazione delle riforme strutturali previste potrebbe contribuire al raggiungimento di una crescita del PIL reale simile alle previsioni contenute nel programma (cfr. Riquadro 4 “Impatto potenziale delle riforme strutturali sulla crescita — un confronto”).

Il programma di stabilità prevede un ulteriore aumento del rapporto debito lordo/PIL nel 2014 seguito da un calo sempre più considerevole fino al 120,5% del PIL nel 2018. Secondo le previsioni, nel 2014 il rapporto debito lordo/PIL, raggiungerà circa il 135% principalmente a causa del pagamento in corso dei debiti commerciali pregressi. A partire dal 2015 il programma di stabilità prevede un calo costante e sempre più considerevole del rapporto debito/PIL (fino al 120,5% nel 2018) grazie a crescenti avanzi primari, al calo della spesa per interessi associato a una crescita nominale duratura, nonché a un ambizioso piano di privatizzazioni dello 0,7% del PIL all’anno nel periodo 2014-2017. Secondo le previsioni della Commissione il rapporto debito/PIL sarà leggermente più elevato nel 2014, essenzialmente a causa della più modesta crescita del PIL reale, e scenderà in misura minore nel 2015, principalmente in ragione di una spesa per interessi più elevata e di un avanzo primario inferiore, nell’ipotesi di politiche invariate. Inoltre le previsioni della Commissione tengono conto di inferiori proventi delle privatizzazioni (solo lo 0,5% del PIL per la riduzione del debito nel 2015).

Dalle previsioni di primavera 2014 della Commissione emerge il rischio di non conformità con la regola del debito. L’aggiustamento strutturale (ricalcolato) previsto dal programma per rispettare l’aggiustamento lineare strutturale minimo richiesto dal parametro di riferimento del debito nel periodo di transizione 2013-2015 e basato sulle proiezioni relative al rapporto debito/PIL del programma di stabilità è di circa 0,3 punti percentuali del PIL nel 2014 e di 0,5 punti percentuali nel 2015. Tali livelli assicurerebbero l’osservanza da parte dell’Italia ma solo grazie allo scostamento annuale consentito di 0,25 punti percentuali del PIL. Tuttavia le previsioni relative al debito del programma di stabilità dipendono molto dall’attuazione dell’ambizioso piano di privatizzazioni e da una crescita economica duratura. Dalle previsioni di primavera 2014 della Commissione emerge il rischio di non conformità con il parametro di riferimento di riduzione del debito nel 2014: l’aggiustamento strutturale previsto (di soli 0,1 punti percentuali del PIL) è inferiore all’aggiustamento lineare strutturale minimo richiesto che, secondo le previsioni, sarebbe di circa 0,7 punti percentuali del PIL. Il rischio di non conformità con il parametro di riferimento del debito era già messo in evidenza nel parere della Commissione sul documento programmatico di bilancio 2014 dell’Italia, del 15 novembre 2013[8]. I rischi che gravano sulle previsioni del debito contenute nel programma di stabilità (superiori a quelli relativi a eventuali maggiori disavanzi) sono principalmente connessi all’attuazione dell’ambizioso piano di privatizzazioni che rimane in gran parte imprecisato.

La deroga richiesta dall’Italia per discostarsi dal percorso necessario verso l’obiettivo di medio termine non può essere concessa a causa del rischio di non conformità con il parametro di riferimento di riduzione del debito, attualmente evidenziato nelle previsioni di primavera 2014 della Commissione. La Commissione prevede un aggiustamento strutturale di appena 0,1 punti percentuali del PIL nel 2014, in quanto classifica come una tantum alcune imposte (per lo più provenienti dal settore bancario) utilizzate dal governo per finanziare il taglio dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a favore dei lavoratori dipendenti nel 2014. Tale aggiustamento è inferiore all’aggiustamento lineare strutturale minimo di 0,7 punti percentuali del PIL nel 2014 che, secondo le previsioni di primavera 2014 della Commissione, è necessario per rispettare il parametro di riferimento del debito.

Quadro di bilancio

Dopo un rapido progresso nello sviluppo del quadro di bilancio dell’Italia, il ritmo delle riforme è rallentato negli ultimi anni. In particolare, c’è stato un significativo ritardo nell’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio che fungerà da organismo indipendente di bilancio in Italia, elemento fondamentale per la realizzazione degli impegni assunti dall’Italia in particolare nel contesto del “two pack” e del patto di bilancio. L’Ufficio è stato nominato dal Parlamento solo alla fine di aprile 2014, dopo l’adozione del programma di stabilità; pertanto, le proiezioni alla base del programma non sono state approvate da un organismo indipendente, come previsto dal two pack. Occorre adoperarsi affinché l’Ufficio parlamentare di bilancio sia pienamente operativo entro settembre 2014, vale a dire in tempo per la valutazione del documento programmatico di bilancio 2015. Nel frattempo le precedenti riforme tese in particolare a migliorare il coordinamento tra i livelli di governo devono ancora produrre tutti i benefici attesi.

L’avvio di un’esauriente revisione della spesa suscita elevate aspettative. Con la nomina di un commissario straordinario incaricato di svolgere una spending review di ampia portata, con scadenze serrate e con obiettivi aggressivi, l’Italia è pronta ad affrontare con determinazione la qualità e l’efficienza della spesa pubblica; tuttavia la revisione della spesa dovrà dimostrare la fattibilità di ottenere rapidamente risultati a breve termine e iscriverli nel contesto delle riforme con impatti di lunga durata.

Sostenibilità a lungo termine

I rischi per la sostenibilità del debito pubblico italiano sono medio-bassi a condizione che l’attuale politica di bilancio non sia allentata. Il debito pubblico (132,6% del PIL nel 2013 e previsto in crescita al 133,9% nel 2015) è attualmente al di sopra della soglia del 60% prevista dal trattato e secondo le previsioni dovrebbe diminuire entro il 2030 pur rimanendo al di sopra del valore di riferimento. La piena attuazione del programma di stabilità accentuerebbe il percorso discendente del rapporto debito/PIL, che rimarrebbe però superiore al valore di riferimento del 60% nel 2030. A medio termine risulta che l’Italia affronterà rischi medi per la sostenibilità di bilancio. Il divario di sostenibilità a medio termine[9], che indica lo sforzo di aggiustamento necessario fino al 2020 per portare il rapporto debito/PIL al 60% nel 2030, è pari a 1,5 punti percentuali del PIL ed è connesso principalmente all’elevato debito pubblico previsto per il 2015. Sul lungo termine risulta che l’Italia affronterà bassi rischi per la sostenibilità di bilancio, soprattutto grazie alla previsione del saldo primario strutturale nel 2015. Il divario di sostenibilità a lungo termine[10], che indica lo sforzo di aggiustamento necessario per garantire che il rapporto debito/PIL non sia in costante aumento, è pari a 1,6 punti percentuali del PIL. I rischi sarebbero nettamente più elevati nel caso in cui il saldo primario strutturale tornasse ai valori più bassi registrati in passato, come la media del periodo 2004-2013. È pertanto opportuno che l’Italia continui ad attuare misure volte a ridurre il debito pubblico.

Sistema tributario

In Italia il carico fiscale grava pesantemente sui fattori di produzione e molto meno della media UE sui consumi. Nel 2013 è stato raccomandato all’Italia di spostare la pressione fiscale dal lavoro e dal capitale verso i consumi, i beni immobili e l’ambiente in maniera neutra per il bilancio, anche rivedendo le agevolazioni IVA e le agevolazioni fiscali dirette e riformando il sistema catastale. È stato inoltre raccomandato all’Italia di proseguire la lotta contro l’evasione fiscale, l’economia sommersa e il lavoro irregolare, e di migliorare il rispetto dell’obbligo tributario. L’analisi condotta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione porta alla conclusione che l’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito alla raccomandazione del 2013 in queste materie (per la valutazione completa della risposta dell’Italia alle raccomandazioni specifiche cfr. la tabella di sintesi nella sezione 4). L’Italia continua a confrontarsi con problematiche di natura tributaria, che sono pertinenti alle priorità dell’analisi annuale della crescita 2014 di attuare un risanamento di bilancio favorevole alla crescita, lottare contro la disoccupazione, promuovere la crescita e la competitività e modernizzare la pubblica amministrazione.

L’Italia ha alleggerito in misura limitata la pressione fiscale sui fattori produttivi. Questo processo è avvenuto in tre fasi: in primo luogo, dopo l’aumento di 1 punto percentuale del settembre 2011, l’aliquota IVA ordinaria è stata ulteriormente innalzata dal 21% al 22% nell’ottobre 2013, ma sono rimasti invariati la portata e il livello delle aliquote ridotte; in secondo luogo, il bilancio 2014 ha previsto una lieve riduzione delle imposte sul lavoro (pari a circa lo 0,15% del PIL a partire dal 2015); e in terzo luogo nell’aprile 2014 è stata adottata un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale sul lavoro sotto forma di riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di fascia bassa e di diminuzione del 10% dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Mentre la riduzione dell’IRAP sarà permanente, la riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata adottata solo per il 2014 e il programma nazionale di riforma si impegna a renderla permanente, previa individuazione delle risorse finanziarie. La riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è destinata principalmente a sostenere i consumi privati, ma nel breve termine il suo impatto sulla crescita potrebbe essere compensato dai risparmi di spesa necessari per il suo finanziamento. I risparmi di spesa non avranno invece alcun impatto negativo sulla crescita a lungo termine se la revisione della spesa in corso riesce a ovviare in maniera efficace alle inefficienze della spesa pubblica italiana a tutti i livelli di governo, preservando la spesa che favorisce la crescita, quale la spesa a favore di ricerca e sviluppo, innovazione, istruzione e progetti infrastrutturali fondamentali. Il taglio dell’imposta sul reddito delle persone fisiche può avere altresì un impatto positivo sulla domanda di lavoro e sulla competitività nella misura in cui si traduce in una diminuzione delle rivendicazioni salariali. Nel 2013 l’imposizione periodica dei beni immobili, ritenuta la meno dannosa per la crescita a medio/lungo termine, è stata nuovamente riformata dopo l’aumento adottato a fine 2011 e le relative entrate dovrebbero diminuire leggermente (nel 2012 la quota di entrate derivanti dall’imposta annuale sui beni immobili è stata pari all’1,6% del PIL, cioè sostanzialmente in linea con la media UE dell’1,5%).

L’elevata evasione fiscale, associata alla forte presenza di un’economia sommersa e di irregolarità nel mercato del lavoro, acuisce l’impatto distorsivo dell’imposizione sull’economia. Il divario dell’IVA è stimato al 28% nel 2011, tra i più elevati dell’UE[11]. L’istituto italiano di statistica (ISTAT) stimava che nel 2008 l’economia sommersa rappresentasse circa il 17% del PIL. L’Italia ha adottato ulteriori misure intese a garantire l’applicazione delle norme tributarie, ma occorre ancora un’azione decisa per migliorare i rapporti tra i contribuenti e l’amministrazione tributaria e per prevenire l’evasione fiscale. La legge di stabilità 2014 ha previsto l’aumento degli ispettori del lavoro e ha innalzato l’importo sia minimo che massimo delle ammende per i datori di lavoro che impiegano lavoratori irregolari. L’amministrazione tributaria italiana ha ottenuto un migliore accesso alle informazioni relative ai conti e agli attivi bancari detenuti dai contribuenti, anche all’estero. Tuttavia, il trattamento di tutte queste nuove informazioni risulta difficile[12]. Sono state adottate poche misure per migliorare il rispetto dell’obbligo tributario, modernizzare l’amministrazione tributaria o accelerare il recupero delle imposte dovute. Un passo in questa direzione è il regime di adempimento collaborativo per i grandi contribuenti. Tuttavia, i costi di adempimento fiscale rimangono elevati (il rispetto dell’obbligo tributario richiede in media 269 ore, rispetto a 178 ore per le imprese di medie dimensioni dell’UE nel 2013) soprattutto a causa dei gravosi obblighi tributari e delle frequenti modifiche della normativa in materia attraverso decreti ministeriali anziché una riforma tributaria sistemica. I gravosi obblighi tributari implicano altresì che gli accertamenti conducano spesso a casi di contenzioso, il che riduce la credibilità e l’efficacia degli sforzi intesi a lottare contro l’evasione fiscale. Le ammende, le imposte e i contributi sociali non riscossi si sono accumulati nel corso degli anni e rappresentano adesso uno stock del valore nominale di 600 miliardi di EUR, indice delle difficoltà di riscossione forzata dei debiti tributari[13]. Il tasso di riscossione coattiva delle imposte arretrate è dell’1,94% per il 2012 e mostra una tendenza discendente dal 2010[14]. Nel 2013 il governo ha pubblicato una relazione esauriente sull’evasione fiscale e sulle misure prese per porvi rimedio[15] nella quale è confermata la tendenza discendente della riscossione a mezzo ruoli delle imposte[16].

Una volta attuata, la legge delega in materia tributaria adottata dal Parlamento italiano nel febbraio 2013 potrebbe rappresentare un importante passo avanti. La legge delega dà mandato al governo di rivedere i valori catastali in base ai valori di mercato correnti, revisione che aumenterebbe l’equità della tassazione dei beni immobili. Essa prevede anche una revisione delle spese fiscali, comprese le aliquote ridotte IVA, che contribuirebbe a ridurre le distorsioni. La legge delega mira inoltre a semplificare il fisco mediante l’uso di dichiarazioni dei redditi precompilate, a modernizzare il contenzioso tributario e a riformare le agevolazioni fiscali dirette. Essa prevede altresì la razionalizzazione e l’aumento delle imposte ambientali e energetiche, con il duplice obiettivo di migliorare la tutela ambientale e ridurre le imposte sul reddito. La tassazione ambientale è aumentata dello 0,3% del PIL passando al 3% nel 2012, livello appena superiore alla media UE. Da uno studio recente emerge che vi è ancora margine per incrementare il gettito delle imposte ambientali, in particolare per quanto riguarda le imposte sull’inquinamento e sulle risorse (pari allo 0,03% del PIL nel 2012, livello fra i più bassi nell’Unione europea), e per allineare la tassazione del carburante al contenuto energetico. Lo studio individua inoltre la possibilità di eliminare le sovvenzioni dannose per l’ambiente, in particolare: il trattamento preferenziale delle auto aziendali; le aliquote ridotte per il gasolio destinato ai lavori agricoli, orticoli, nella silvicoltura e piscicoltura; l’esenzione dall’accisa sui carburanti per il trasporto di merci e passeggeri sulle vie navigabili interne nazionali e nelle acque UE[17]. Tutte le norme di rango secondario che attuano la legge delega saranno adottate entro la fine di marzo 2015.

Riquadro 2: Conclusioni dell’esame approfondito dell’Italia del marzo 2014

Il terzo esame approfondito dell’Italia nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici è stato pubblicato il 5 marzo 2014, insieme a una comunicazione della Commissione[18]. Sulla base dell’esame, la Commissione ha concluso che l’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi, che richiedono un monitoraggio specifico e un’azione politica risoluta. Le principali osservazioni e conclusioni sono le seguenti:

· il persistere di una modesta crescita della produttività è all’origine del calo della competitività del paese e grava sulla sostenibilità del debito pubblico;

· l’elevatissimo debito pubblico continua a pesare notevolmente sull’economia italiana e a rappresentare una fonte importante di vulnerabilità;

· la correzione del saldo delle partite correnti dell’Italia è in gran parte dovuta al calo delle importazioni mentre la competitività delle esportazioni non è migliorata;

· gli ostacoli rimanenti alla concorrenza, le inefficienze della pubblica amministrazione (compreso il sistema giudiziario) e le carenze in materia di governance impediscono la riallocazione delle risorse verso imprese e settori più produttivi. L’insufficiente sviluppo dei mercati dei capitali rallenta ulteriormente l’assorbimento e l’innovazione tecnologica;

· la dotazione di capitale umano dell’Italia non si adatta alle esigenze di un’economia moderna e competitiva, in parte a causa del passaggio difficoltoso dalla scuola al lavoro. La struttura salariale è favorevole ai lavoratori anziani e pertanto riduce il rendimento dell’istruzione per i giovani italiani rispetto al resto dell’UE;

· la crisi ha eroso la resilienza iniziale del settore bancario italiano e ne ha indebolito la capacità di sostenere la ripresa economica;

· gli squilibri macroeconomici dell’Italia hanno effetti negativi sul resto della zona euro. La crescita lenta dell’Italia costituisce un freno per la ripresa della zona euro nel suo insieme e il suo elevato debito potrebbe ripercuotersi sulla zona euro alterando il sentiment e la fiducia dei mercati finanziari.

L’esame approfondito analizza anche le sfide derivanti da questi squilibri e i possibili interventi. In particolare sono formulate le seguenti considerazioni:

· l’Italia ha differito troppo a lungo le indispensabili riforme strutturali. Il calo della pressione sui mercati finanziari e il graduale miglioramento delle prospettive economiche rappresentano un’opportunità per intensificare il ritmo delle riforme;

· per garantire una ripresa sostenibile e realizzare il potenziale di crescita dell’Italia sono necessarie riforme sostanziali volte ad incrementare la produttività. Poiché ci vuole del tempo prima che le misure per accrescere la produttività diano frutti, è opportuno esplorare le possibili leve per affrontare le pressioni sui costi nell’economia;

· la riduzione dell’elevato debito pubblico ad un ritmo soddisfacente necessita di una costante disciplina di bilancio. Il conseguimento dell’obiettivo a medio termine di un bilancio strutturalmente in pareggio e il raggiungimento e il mantenimento di avanzi primari considerevoli per un lungo periodo di tempo sono essenziali per porre l’elevato rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia su un percorso di riduzione continua, preservando nel contempo la fiducia degli investitori.

3.2. Settore finanziario

La prolungata crisi ha eroso la capacità del settore bancario italiano di sostenere la ripresa e l’aggiustamento economici. La lunga recessione ha inciso sui bilanci delle banche italiane, in particolare attraverso un forte aumento dei prestiti in sofferenza (il 16,7% dei prestiti verso clienti nel dicembre 2013) soprattutto nelle esposizioni verso imprese non finanziarie. L’alto rischio di credito e gli elevati costi di finanziamento delle banche, in parte dovuti alla frammentazione dei mercati finanziari della zona euro, sommati a fattori comuni quali l’introduzione di requisiti patrimoniali più severi, fanno sì che siano mantenute rigide condizioni di credito, in particolare a discapito delle piccole imprese. Inoltre, alcuni segmenti del settore bancario sono ancora caratterizzati da debolezze in termini di prassi di governo societario e di efficienza sotto il profilo dei costi. I mercati dei capitali in Italia, in particolare i mercati azionari, sono insufficientemente sviluppati, il che rende difficile il reperimento da parte delle imprese di adeguati finanziamenti esterni per le attività innovative e mantiene la dipendenza delle imprese dalle banche.

L’analisi condotta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione porta alla conclusione che l’Italia ha compiuto qualche progresso nel dar seguito alla raccomandazione ricevuta nel 2013 (per la valutazione completa della risposta dell’Italia alle raccomandazioni specifiche cfr. la tabella di sintesi nella sezione 4).

Si è registrato qualche progresso per quanto riguarda il problema del deterioramento della qualità degli attivi, in linea con le priorità stabilite nell’analisi annuale della crescita 2014. Dal secondo semestre del 2012 fino alla metà del 2013, la Banca d’Italia ha effettuato un’analisi mirata della qualità del portafoglio prestiti dei 20 gruppi bancari nazionali di medie e grandi dimensioni con i minori coefficienti di copertura di prestiti in sofferenza. Tale analisi ha condotto, in particolare, a un aumento degli accantonamenti per perdite su crediti. Per otto banche, le ispezioni in loco sono state estese all’intero portafoglio prestiti. La legge di stabilità 2014 ha aumentato la deducibilità fiscale degli accantonamenti per perdite su crediti e delle rettifiche su crediti: ciò potrebbe favorire un ulteriore aumento dei coefficienti di copertura dei prestiti in sofferenza e limitare l’impatto sugli utili del deterioramento della qualità degli attivi. Inoltre, alcune grandi banche italiane hanno recentemente annunciato iniziative per risanare i propri bilanci, principalmente tramite la vendita delle loro attività deteriorate o la creazione di strutture di dismissione. Infine si prevede che la valutazione globale che sta effettuando la Banca centrale europea, comprendente 15 gruppi bancari italiani, aumenti ulteriormente la trasparenza in merito alla qualità dei bilanci delle banche. La valutazione ha fatto sì che alla fine del 2013 diverse banche annunciassero un aumento di capitale e maggiori accantonamenti per perdite su crediti.

I progressi per affrontare l’efficienza di costo relativamente debole sono stati limitati, ma sono state prese alcune misure per rafforzare il governo societario. La combinazione fra l’efficienza di costo relativamente bassa— dovuta in particolare all’alta densità di filiali — e la limitata redditività del settore bancario italiano ha indotto la Banca d’Italia ad esortare le banche ad aumentare le risorse generate internamente, riducendo i costi, e a limitare la distribuzione di dividendi e la remunerazione dei dirigenti. Benché le banche si siano adoperate per ridurre i costi di esercizio e migliorare l’efficienza, possono essere necessarie ulteriori misure a sostegno della redditività. Per quanto riguarda il governo societario delle banche, la Banca d’Italia ha emanato nuove norme relative alla composizione e al funzionamento degli organi di amministrazione delle banche, al processo di autovalutazione che questi devono svolgere, al ruolo del presidente del consiglio di amministrazione e alla trasparenza della procedura di nomina dei membri del consiglio di amministrazione. Queste disposizioni sono accolte con favore, ma il loro effetto dipenderà dalla loro applicazione concreta da parte delle banche e dal controllo dell’applicazione esercitato dall’autorità di vigilanza. Inoltre, una proposta legislativa che recepisce la nuova direttiva UE sui requisiti patrimoniali comprende disposizioni volte a rafforzare i poteri di vigilanza della Banca d’Italia e norme applicabili alle operazioni che possono comportare un conflitto di interesse per gli azionisti o i membri del consiglio di amministrazione. La proposta prevede inoltre un quadro più completo e dettagliato relativamente agli obblighi di indipendenza, esperienza e integrità dei membri del consiglio di amministrazione. Non vi sono stati passi avanti per quanto riguarda il ruolo delle fondazioni bancarie che, nonostante svolgano la funzione positiva di investitori a lungo termine, continuano ad esercitare un’influenza significativa e a volte poco trasparente sulle banche, in parte a causa di coalizioni di azionisti, restrizioni dei diritti di voto e partecipazioni incrociate. Inoltre, il controllo delle fondazioni è ancora temporaneamente nelle mani del ministero dell’Economia e la carta di autoregolamentazione delle fondazioni potrebbe essere rafforzata. Infine, le caratteristiche in termini di governo societario tipiche del modello della banca cooperativa quali il principio “un azione - un voto”, i massimali in materia di possesso di azioni e le restrizioni in materia di affiliazione possono non essere adeguate nel caso delle banche cooperative (quotate) di grandi dimensioni (in particolare le banche popolari) in quanto possono scoraggiare l’influenza e la supervisione attiva della gestione da parte degli azionisti e ostacolano altresì la raccolta di nuovi capitali. Per garantire un’ampia rappresentanza dell’azionariato sono stati introdotti nuovi principi di governo societario specificamente rivolti alle banche popolari, il cui impatto deve essere oggetto di un attento monitoraggio.

Accesso ai finanziamenti

È stato compiuto qualche progresso verso la diversificazione dell’accesso delle imprese ai finanziamenti e la riduzione della loro tendenza a finanziarsi tramite il debito, due priorità indicate nell’analisi annuale della crescita 2014. Sono state adottate diverse misure per diversificare le fonti di finanziamento esterno delle imprese, diminuendo il peso dei prestiti bancari. La legge di stabilità 2014 prevede un aumento delle aliquote del rendimento nozionale del nuovo capitale di rischio o degli utili reinvestiti (incentivo fiscale al capitale proprio- ACE) che le imprese possono escludere dalla base imponibile: rispetto all’iniziale 3% fissato nel 2012, l’aliquota sale al 4% per l’anno 2014, al 4,5% per il 2015 e al 4,75% per il 2016. Questo provvedimento potrebbe contribuire a ridurre il livello relativamente elevato di indebitamento delle imprese italiane, rafforzandone la base di capitale. Sebbene recenti sondaggi indichino la modesta diffusione dell’incentivo fiscale al capitale proprio, si prevede che migliori prospettive della domanda e una minore incertezza stimolino gli investimenti in apparecchiature nei prossimi mesi e aumentino pertanto il fabbisogno di nuovi capitali. Tuttavia, risulta ancora esserci un certo margine per ridurre ulteriormente la distorsione a favore del debito nella tassazione. Il quadro per i minibond, istituito nel 2012 per diversificare l’accesso ai finanziamenti delle (piccole) imprese, è stato ultimato con i decreti attuativi necessari. L’emissione di minibond — ancora limitata, in particolare da parte delle piccole imprese — potrebbe beneficiare delle misure recentemente adottate che estendono le norme italiane relative alla cartolarizzazione alle obbligazioni e ne promuovono l’acquisizione da parte di investitori istituzionali. Altri passi positivi comprendono l’entrata in vigore degli incentivi fiscali per investire nel capitale di start-up innovative, nonché la pubblicazione da parte della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) di istruzioni per l’uso dell’equity crowd-funding e di un memorandum di intesa con iniziative volte a favorire l’ulteriore sviluppo dei mercati azionari italiani. Per quanto attiene ai finanziamenti attraverso gli intermediari finanziari tradizionali, sono state adottate varie iniziative per agevolare l’accesso delle (piccole) imprese ai finanziamenti. Il Fondo di garanzia per le PMI è stato ulteriormente rifinanziato per il periodo 2014-2016 e il suo funzionamento è stato migliorato, con una semplificazione delle condizioni di accesso per le imprese. Il Fondo è stato inoltre inserito nel nuovo sistema nazionale di garanzia e ha finanziato la patrimonializzazione dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi (Confidi). Inoltre, la banca a controllo pubblico Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha messo a disposizione 5 miliardi di EUR di risorse supplementari per sostenere l’erogazione di prestiti per la realizzazione di investimenti da parte di piccole e medie imprese e i criteri di ammissibilità sono stati ampliati. Nel 2013 è stata anche concordata una nuova moratoria sui debiti, che proroga misure precedenti volte a sospendere temporaneamente i rimborsi dei prestiti e ad allungare i finanziamenti per PMI sane ma con difficoltà finanziarie. Altre azioni comprendono l’istituzione del Fondo di valorizzazione imprese, il cui obiettivo è investire temporaneamente in imprese sane ma in situazione di stress finanziario per fornire loro sostegno, e il rifinanziamento del Fondo per la crescita sostenibile per il periodo 2014-2015. Nel complesso queste misure sono utili ma hanno portata limitata e la maggior parte di esse si concentra sul finanziamento tramite debito. Il governo ha compiuto qualche progresso nel rimborso dei debiti commerciali pregressi, fornendo liquidità alle imprese (dei 47 miliardi di EUR messi a disposizione nel 2013, 23,5 miliardi di EUR sono stati pagati alla fine del marzo 2014). Il programma nazionale di riforma prevede un rimborso supplementare di 13 miliardi di EUR nel 2014 e l’accelerazione dei rimborsi attraverso gli intermediari finanziari.

3.3. Mercato del lavoro, istruzione e politiche sociali

Mercato del lavoro

Il tasso di disoccupazione è raddoppiato dal 2007 e la partecipazione al mercato del lavoro rimane molto bassa, mentre il costo del lavoro per unità di prodotto tuttora in ascesa grava sulla competitività. Il tasso di disoccupazione è salito dal 6,1% nel 2007 al 12,2% nel 2013. La situazione è particolarmente preoccupante per i giovani: la disoccupazione giovanile (15-24 anni) ha raggiunto il 40% nel 2013 e la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né sono impegnati in corsi di studio o di formazione è stata del 24% nel 2012, fra le più elevate dell’UE, raggiungendo il 50% nel sud e il 33,6% fra i soggetti nati al di fuori dell’UE. Il tasso di occupazione delle persone di età compresa fra i 20 e i 64 anni (59,8% nel 2013) è ben al di sotto della media UE e dell’obiettivo nazionale nell’ambito della strategia Europa 2020 di un’occupazione al 67-69%. La partecipazione al mercato del lavoro resta scarsa tra le donne e i giovani, in particolare nelle regioni meridionali, e anche il numero di persone disponibili a lavorare ma non attivamente alla ricerca di un’occupazione — comunemente definite “lavoratori scoraggiati”, il che suggerisce pertanto una misura più ampia della sottooccupazione rispetto alla sola disoccupazione — è aumentato sensibilmente durante la crisi. Il divario di genere nell’occupazione è il secondo più alto nell’UE e la maternità è causa di disoccupazione tra le donne, in particolare dopo il secondo figlio. Infine, la debole crescita della produttività dell’Italia mantiene elevato il costo del lavoro per unità di prodotto, con conseguente perdita di competitività in termini di costi.

Nel 2013 l’Italia ha ricevuto una raccomandazione specifica relativa al mercato del lavoro e all’istruzione. All’Italia è stato raccomandato di assicurare l’effettiva attuazione delle riforme del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione dei salari, adottare ulteriori provvedimenti per promuovere la partecipazione al mercato del lavoro, in particolare delle donne e dei giovani, e migliorare i servizi pubblici per l’impiego. Tali azioni sono inoltre in linea con le priorità stabilite nell’analisi annuale della crescita 2014. All’Italia è stato altresì raccomandato di rafforzare l’istruzione e la formazione professionale, migliorare i servizi di orientamento e consulenza per gli studenti del ciclo terziario, aumentare gli sforzi per scongiurare l’abbandono scolastico e migliorare la qualità e i risultati nel campo dell’istruzione. Tuttavia, l’analisi condotta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione porta alla conclusione che l’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a queste raccomandazioni (per la valutazione completa della risposta dell’Italia alle raccomandazioni specifiche cfr. la tabella di sintesi nella sezione 4).

È difficile distinguere gli effetti della riforma del mercato del lavoro del 2012 da quelli della crisi. La riforma del mercato del lavoro del 2012 era finalizzata a far fronte alle rigidità e alla dicotomia del mercato del lavoro migliorando la flessibilità in uscita per i lavoratori con contratti a tempo indeterminato mediante modifiche alle norme e procedure che disciplinano i licenziamenti, e regolamentando la flessibilità in entrata riducendo gli incentivi ad assumere lavoratori con contratti a tempo determinato. La riforma ha anche introdotto un sistema più inclusivo di sussidi di disoccupazione di tipo assicurativo, che sta gradualmente entrando in vigore e sarà pienamente operativo a partire dal 2017. All’inizio del 2014 l’Italia ha presentato una prima relazione di controllo sull’impatto della riforma dalla quale emergono segni di una maggiore flessibilità in uscita, con una riduzione sia della lunghezza delle procedure di licenziamento che del numero delle reintegrazioni obbligatorie dei lavoratori licenziati nelle imprese. Sebbene l’incertezza economica connessa alla crisi abbia contribuito a una costante diminuzione delle assunzioni con contratti a tempo indeterminato, anche il ricorso a contratti atipici è diminuito leggermente, in linea con l’obiettivo della riforma. Al tempo stesso, un aumento sostanziale dei contratti a tempo determinato[19] assieme a un accesso ancora incompleto ai sussidi di disoccupazione, in particolare per i semiautonomi, i lavoratori in proprio e i lavoratori autonomi, suggeriscono che la segmentazione rimane una sfida per il mercato del lavoro italiano. Inoltre, il nuovo sistema di sussidi di disoccupazione deve far fronte all’aumento della disoccupazione e non è sostenuto da politiche di attivazione efficaci.

Il governo intende introdurre ulteriori misure relative alla semplificazione dei contratti, alle politiche attive del mercato del lavoro, alle indennità di disoccupazione e ai disincentivi al lavoro. Il governo ha anche presentato un disegno di legge delega finalizzato, tra l’altro, a: razionalizzare ulteriormente le forme contrattuali esistenti, introducendo anche un nuovo contratto a tempo indeterminato a protezioni crescenti; estendere la copertura e la durata dei sussidi di disoccupazione; rafforzare la condizionalità e l’attivazione migliorando il collegamento fra politiche attive e passive del mercato del lavoro; prevenire l’azzardo morale nel ricorso alla cassa integrazione guadagni, adeguando i contributi versati al regime al loro effettivo utilizzo da parte delle imprese (inter e infrasettoriale). Sebbene molti degli interventi proposti appaiano adeguati per affrontare le sfide del mercato del lavoro italiano, la loro efficacia dipenderà sostanzialmente dalla loro concezione e successiva attuazione.

I passi positivi compiuti verso l’ulteriore decentramento della contrattazione salariale potrebbero favorire il migliore adeguamento dei salari all’andamento della produttività e alle condizioni locali del mercato del lavoro. In un paese come l’Italia, caratterizzato da una grande dispersione della produttività e dei risultati del mercato del lavoro tra aree geografiche e imprese, la contrattazione decentrata può svolgere un ruolo importante nel migliorare l’adeguamento dei salari alla produttività e alle condizioni del mercato locale del lavoro. Le parti sociali hanno firmato accordi importanti nel 2009, nel 2011 e nel 2012, l’ultimo dei quali con il sostegno del governo mediante misure temporanee di defiscalizzazione del salario di produttività. Un altro accordo importante è stato firmato all’inizio del 2014 per definire la rappresentatività dei sindacati nella contrattazione collettiva, a livello sia settoriale che di imprese, ma solo per il settore manifatturiero. Tuttavia dai dati finora disponibili risulta che i contratti a livello aziendale interessano una minoranza dei lavoratori e delle imprese, che la quota è particolarmente bassa nelle regioni meridionali e che è effettivamente diminuita durante la crisi[20]. Il recente accordo del 2014 sulla rappresentatività dei sindacati potrebbe inoltre portare stabilità nelle relazioni industriali e promuovere il decentramento nel settore industriale. L’impatto dovrà essere oggetto di un monitoraggio attento ed efficace.

Sono state adottate misure per combattere la disoccupazione giovanile, ma il loro campo di applicazione è limitato e la loro efficacia incerta. Nel giugno 2013 è stato introdotto un pacchetto di misure volte a promuovere l’occupazione, in particolare tra i giovani, basato su un regime di incentivi ad assumere giovani svantaggiati di età compresa tra i 18 e i 29 anni con contratti a tempo indeterminato. Le misure sono tuttavia frammentate e di portata limitata rispetto all’entità della sfida. A sei mesi dalla loro introduzione, la diffusione degli incentivi era ancora limitata. Il governo ha presentato un piano di attuazione per l’iniziativa “Garanzia per i giovani”, con una dotazione di 1,5 miliardi di EUR, la cui efficacia dipende molto dai servizi per l’impiego e dal coordinamento dei vari soggetti portatori d’interessi.

Riquadro 3: Attuazione di una garanzia per i giovani in Italia[21]

Le difficoltà più importanti per l’attuazione della garanzia per i giovani in Italia sono le seguenti:

- risorse insufficienti nei servizi pubblici per l’impiego, che dovrebbero essere i principali prestatori dei servizi della garanzia per i giovani per garantire un’offerta omogenea di servizi in tutto il paese, associate al ricorso limitato delle persone in cerca di lavoro ai servizi pubblici per l’impiego durante la loro ricerca;

- incentivi non chiari per indurre i giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione che non sono iscritti a iscriversi ai servizi e conseguente necessità di una strategia di comunicazione proattiva mirata ai diversi sottogruppi;

- necessità di un’efficace e continuo coordinamento tra livello nazionale e regionale per attuare le misure connesse alla garanzia per i giovani;

- necessità di ottenere l’impegno del settore privato e di rafforzare la cooperazione con gli istituti di istruzione per offrire tirocini e apprendistati di qualità.

Nonostante l’elevato livello di impegno, sussistono notevoli preoccupazioni che la mancanza di una prospettiva di attuazione a lungo termine possa compromettere la sostenibilità della garanzia per i giovani.

Le condizioni per il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato sono state in parte attenuate. Un decreto legge[22] adottato nel marzo 2014 e convertito in legge nel maggio 2014 aumenta la flessibilità in entrata rispetto alla riforma del mercato del lavoro 2012, consentendo il rinnovo fino a otto volte dei contratti a tempo determinato, per una durata massima di tre anni, e sopprimendo il requisito di causalità. Allo stesso tempo, il decreto limita altresì al 20% il numero di contratti a tempo determinato sul totale dell’organico a tempo indeterminato nelle imprese con più di cinque dipendenti[23]. Tale limite, tuttavia, può essere modificato da accordi collettivi nazionali e superato dietro pagamento di un’ammenda da parte del datore di lavoro[24]. Dopo un anno dall’entrata in vigore del provvedimento è previsto che il ministero del Lavoro pubblichi una relazione di monitoraggio, con un’attenzione particolare ai contratti a tempo determinato e ai contratti di apprendistato. Nel complesso, tali disposizioni sono destinate a rispondere all’attuale congiuntura di debolezza del mercato del lavoro e prospettive economiche incerte, che non favorisce il ricorso ai contratti a tempo indeterminato; devono tuttavia essere seguite da altre misure volte a migliorare la diffusione dei contratti a tempo indeterminato per evitare il rischio di aggravare la segmentazione del mercato del lavoro.

Il bassissimo livello di diffusione dei contratti di apprendistato ha spinto il governo a attenuare alcuni dei requisiti. La riforma del mercato del lavoro del 2012 comprendeva una riforma dei contratti di apprendistato per accrescere l’occupabilità dei giovani. Tuttavia la diffusione di questo tipo di contratto è stata molto scarsa[25]. Per porre rimedio a ciò, il decreto legge del marzo 2014 riduce l’obbligo di convertire i contratti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato prima di assumere nuovi apprendisti al 20% del numero totale degli apprendisti nelle imprese con oltre 50 dipendenti. Tale limite, tuttavia, può essere modificato da accordi collettivi nazionali. Per l’apprendistato professionalizzante, è stato semplificato il piano di formazione che il datore di lavoro è tenuto a stabilire, mentre per l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, la retribuzione dell’apprendista per la parte riferita alle ore di formazione esterna può essere ridotta al 35% del salario contrattuale. Tutte queste modifiche semplificano i contratti di apprendistato e li rendono più flessibili. In linea con la riforma del mercato del lavoro del 2012, nel gennaio 2013 un decreto legislativo ha istituito un sistema nazionale per la certificazione delle competenze, compresa l’individuazione e il riconoscimento della formazione non formale e informale. Per l’attuazione di questo nuovo sistema è necessario un riconoscimento a livello nazionale delle qualifiche regionali esistenti. Il decreto legge del 2013 sull’istruzione prevede un registro nazionale delle qualifiche regionali, che tuttavia non è stato ancora realizzato.

Nonostante le misure annunciate di recente, gli interventi volti ad aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sono stati finora limitati. Le strutture di custodia dell’infanzia economicamente accessibili sono ancora insufficienti e la frequentazione dei bambini di età inferiore a tre anni è scarsa[26]. Questo continua a costituire un ostacolo alla partecipazione al mercato del lavoro, in particolare per le famiglie a basso reddito. Inoltre, non è stato migliorato in maniera significativa il sistema per l’assistenza a lungo termine, in particolare per quanto riguarda le persone con gravi disabilità. La legge di stabilità 2014 ha introdotto misure limitate per ridurre i disincentivi fiscali sul secondo reddito familiare (in particolare nelle regioni meridionali “svantaggiate”) e il disegno di legge delega sulla riforma del mercato del lavoro menzionato nel precedente paragrafo prevede misure supplementari per sostenere maggiormente i genitori che lavorano e per ridurre i disincentivi fiscali.

L’intervento per il rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego è in ritardo. In Italia i servizi pubblici per l’impiego sono organizzati a livello regionale. Questo sistema decentrato ha prodotto disparità nella qualità dei servizi prestati, con alcune regioni che applicano le migliori prassi e altre che incontrano difficoltà a svolgere la propria funzione di far incontrare l’offerta e la domanda di lavoro. In particolare, nelle regioni in cui le condizioni del mercato del lavoro sono più difficili[27], il numero di personale competente può essere insufficiente. La piattaforma online “cliclavoro” e la creazione di una banca dati globale delle politiche attive e passive del lavoro sono strumenti utili che possono completare gli sforzi dei servizi pubblici per l’impiego, mentre l’apposita struttura di missione istituita presso il ministero del Lavoro per coordinare l’azione dei diversi organi che gestiscono misure occupazionali può migliorare la governance generale. La prima relazione di monitoraggio relativa ai servizi pubblici per l’impiego, pubblicata nell’ottobre 2013, costituisce un punto di partenza per individuare le carenze e intervenire per rimediarvi nel loro complesso.

Istruzione

L’istruzione e la dotazione di capitale umano sono scarse. La spesa pubblica italiana per l’istruzione in percentuale del PIL è inferiore alla media dell’UE (4,2% contro il 5,3% nel 2012), specialmente per quanto riguarda l’istruzione terziaria. Sebbene leggermente in calo, il tasso di abbandono scolastico (17,0% nel 2013) è ancora molto superiore alla media UE (11,9% nel 2013) e all’obiettivo nazionale del 16% nell’ambito della strategia Europa 2020. Il tasso è specialmente elevato nelle regioni meridionali e raggiunge il 40% fra i soggetti nati al di fuori dell’UE[28]. Desta particolare preoccupazione il basso livello di istruzione in confronto ad altri Stati membri dell’UE: l’Italia ha una delle percentuali più elevate dell’UE di persone di età compresa fra i 25 e i 34 anni con un basso livello di istruzione e la percentuale di popolazione con un’istruzione terziaria nella fascia di età 30-34 (il 22,4% nel 2013) è fra le più basse dell’UE e ben inferiore all’obiettivo nazionale del 26‑27% nell’ambito della strategia Europa 2020. Le competenze alfabetiche e matematiche degli adulti sono inferiori alla media OCSE[29] in tutte le fasce di età. L’Italia ha una bassissima percentuale di giovani che studiano e lavorano contemporaneamente[30]. Il passaggio dalla scuola al lavoro è particolarmente difficile per i giovani laureati. Il tasso di occupazione dei giovani laureati (25-29 anni) è molto inferiore alla media dell’UE e a quello dei giovani che hanno solo un titolo di istruzione secondaria superiore.

Si è registrato qualche progresso nel miglioramento dei servizi di orientamento e consulenza e nella riduzione del tasso di abbandono scolastico nel ciclo di istruzione secondaria e terziaria. A decorrere dal 2013-2014 i servizi di orientamento e consulenza per i futuri studenti del ciclo terziario sono obbligatori a partire dal penultimo anno di istruzione secondaria superiore e la dotazione è stata rinforzata (7 milioni di EUR nel periodo 2013‑2014). Si tratta di un passo positivo per aiutare gli studenti a compiere una scelta più consapevole e per contribuire così a ridurre i tassi di abbandono scolastico nel ciclo terziario e ad aumentare il tasso di istruzione terziaria dell’Italia. Inoltre, nel settembre 2013 un decreto legge sull’istruzione ha introdotto un programma integrato per contrastare l’abbandono scolastico nelle zone problematiche e ha anche incrementato le ore di apertura delle scuole[31]. Nel medio termine, si prevede che i Fondi strutturali e d’investimento europei contribuiscano in modo significativo alla lotta contro l’abbandono scolastico nelle regioni meridionali durante il periodo di programmazione 2014-2020.

Le iniziative volte a rafforzare il sistema di istruzione e formazione professionale sono di portata limitata. Dall’agosto 2013 sono stati messi a disposizione finanziamenti supplementari di entità limitata (circa 14 milioni di EUR) per alcuni programmi di tirocinio. Il decreto legge del settembre 2013 in materia di istruzione ha istituito: i) un progetto pilota per il 2014-2016 che consente agli studenti negli ultimi due anni di istruzione secondaria superiore di partecipare a periodi di formazione nelle imprese, con contratti di apprendistato; ii) la possibilità di utilizzare l’apprendistato di alta formazione e ricerca nei programmi di studio delle università e degli istituti tecnici superiori (istituti di istruzione e formazione professionale terziaria). Tuttavia queste misure richiedono l’adozione di atti di attuazione e si prevede che avranno un impatto potenziale ridotto sulla promozione di un apprendimento efficace sul lavoro a livello secondario superiore (tramite tirocini e apprendistati) e sul miglioramento degli istituti tecnici superiori in alternativa agli studi universitari nel ciclo terziario.

Il controllo della qualità della scuola è ancora in fase iniziale e non vi sono progressi effettivi nella diversificazione della carriera degli insegnanti. A medio-lungo termine il miglioramento della qualità e dei risultati nel campo dell’istruzione può contribuire a ridurre l’abbandono scolastico. Nel marzo 2013 l’Italia ha istituito un sistema nazionale di valutazione degli istituti scolastici con il coordinamento dell’istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo (INVALSI). Il sistema prescrive a ciascuna scuola di presentare una relazione di autovalutazione (sulla base di un quadro comune e di dati quantitativi sui risultati degli allievi forniti a livello centrale) e un piano di miglioramento (in collaborazione con i soggetti portatori d’interesse a livello locale) e di pubblicare una relazione sui risultati. Tuttavia, il sistema non è ancora operativo: il programma nazionale di riforma prevede di metterlo in atto a decorrere dall’anno scolastico 2014-2015. Per quanto riguarda l’insegnamento, il decreto legge del settembre 2013 sull’istruzione comprendeva un piano triennale per l’assunzione degli insegnanti ma non è stata adottata alcuna misura per quanto riguarda lo sviluppo della carriera degli insegnanti. La questione di elevare lo status della professione docente rimane in gran parte irrisolta.

L’intervento volto a migliorare la qualità delle università è ostacolato dalla lenta attuazione. Nel 2010 è stato introdotto un sistema di autovalutazione, valutazione e accreditamento delle università al fine di assegnare una quota crescente di finanziamenti istituzionali per le università sulla base dei risultati conseguiti in materia di insegnamento e di ricerca. Nel luglio 2013 l’Agenzia nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) ha pubblicato una relazione sulla valutazione della qualità della ricerca svolta dalle università e dagli istituti pubblici di ricerca in riferimento al periodo 2004-2010. La quota di finanziamenti istituzionali assegnati sulla base dei risultati è passata dal 7% nel 2009 al 13,5% nel 2013 e dovrebbe aumentare ulteriormente negli anni a venire. Tuttavia l’attuazione pratica è molto difficile, a causa della diminuzione complessiva dei finanziamenti destinati all’istruzione superiore e delle norme restrittive che limitano la variazione annua dell’importo dei fondi stanziati per ogni università. Nel medio e lungo termine un buon sistema di valutazione finanziato adeguatamente è fondamentale per migliorare i risultati del settore dell’istruzione terziaria in Italia.

Si fa più forte la consapevolezza della carenza di competenze informatiche, ma non sono state adottate misure efficaci. L’Agenzia per l’Italia digitale ha istituito un gruppo di lavoro composto da tutti i principali stakeholders (amministrazioni pubbliche, associazioni di imprese e di lavoratori, media) con il compito di redigere un piano nazionale per le competenze digitali. Questa iniziativa è stata integrata dal programma Scuola digitale e da altre iniziative a livello locale, ma in generale tali sforzi non sono sufficienti a migliorare sostanzialmente l’alfabetizzazione e le competenze digitali.

Politiche sociali

La percentuale di persone a rischio di povertà e di esclusione sociale è in rapida crescita e il sistema di protezione sociale non riesce a far fronte al problema. In Italia il numero di persone a rischio di povertà e di esclusione sociale ha registrato uno dei maggiori incrementi nell’UE salendo da 17,1 milioni nel 2011 a 18,2 milioni nel 2012, livello molto superiore ai 12,9 milioni dell’obiettivo di Europa 2020. Inoltre, il livello di reddito familiare lordo disponibile è ulteriormente diminuito. La percentuale di persone che vivono in condizioni di grave deprivazione materiale è più che raddoppiata tra il 2010 e il 2012[32], in particolare tra i minori di età inferiore a 16 anni. Anche la povertà lavorativa è aumentata negli ultimi anni[33]. In Italia la spesa sociale è largamente orientata a favore degli anziani e predominata dalla spesa per le pensioni che, con il 17% del PIL nel 2012, rappresentava una delle quote più elevate in Europa. Resta poco margine per le altre funzioni di protezione sociale, vale a dire il sostegno alle famiglie e ai minori e per affrontare il rischio di esclusione sociale e povertà. La spesa per l’assistenza sociale è frammentata e non esiste alcun sistema nazionale di reddito minimo garantito. Di conseguenza l’Italia ha la terza percentuale più elevata di persone che vivono in famiglie povere o senza lavoro che non beneficiano di trasferimenti sociali e un’elevata percentuale della popolazione in età lavorativa dipende dal reddito pensionistico di un membro della famiglia.

A seguito della raccomandazione specifica del 2013, i passi compiuti verso una maggiore protezione contro la povertà vanno nella direzione giusta, ma è necessario un attento monitoraggio. Nel dicembre 2013 è stato approvato un criterio aggiornato e armonizzato a livello nazionale che informa il sistema di accertamento dei redditi per migliorare la selezione di coloro che sono più bisognosi di assistenza sociale. Il governo ha preso ulteriori provvedimenti per facilitare l’accesso agli alloggi per le persone in condizioni economiche difficili[34].È stato altresì introdotto un nuovo programma sperimentale di “sostegno per l’inclusione attiva” per le persone in situazioni più svantaggiate che si basa sulla nuova “social card”, già in uso nelle 12 maggiori città e nelle regioni meridionali. La nuova social card dovrebbe progressivamente sostituire il vecchio sostegno (carta acquisti) in vigore dal 2008, con un approccio che associ il sostegno monetario con programmi obbligatori di attivazione e di servizi sociali. Il nuovo sistema rappresenta un passo importante nella giusta direzione. Tuttavia i rigorosi requisiti di ammissibilità, che lo limitano ai nuclei familiari con figli e con un componente che abbia svolto una recente attività lavorativa, e la qualità non omogenea dei servizi prestati dai servizi pubblici per l’impiego e dai servizi sociali in diverse regioni ne limitano l’efficacia come rete di sicurezza sociale e strumento di attivazione. Dati i forti vincoli di bilancio dell’Italia, l’estensione di questa misura a tutto il territorio italiano, annunciata nel programma nazionale di riforma, richiede un’adeguata ed efficiente allocazione delle risorse finanziarie disponibili attraverso una ricalibrazione della spesa sociale e l’appropriata selezione dei beneficiari, in particolare le famiglie con bambini.

3.4. Misure strutturali a favore della crescita sostenibile e della competitività

Nel 2013 l’Italia ha ricevuto una raccomandazione specifica che la esortava a rafforzare la concorrenza e a ridurre le strozzature nei servizi e nelle industrie di rete. Come dimostrato dall’esame approfondito dell’economia italiana, l’inefficace allocazione delle risorse è all’origine del divario di crescita dell’Italia. Sebbene l’Italia abbia migliorato notevolmente la regolamentazione dei mercati dei prodotti negli ultimi 15 anni, l’attuazione delle misure adottate è spesso inefficace, in parte a causa dell’insufficiente coordinamento fra le autorità centrali e locali. Inoltre, permangono inefficienze e restrizioni della concorrenza in importanti servizi e industrie di rete. Nei settori delle telecomunicazioni, dei trasporti e dell’energia il funzionamento efficiente del mercato è ulteriormente ostacolato da strozzature infrastrutturali. Infine, la scarsa capacità di ricerca e innovazione contribuisce a mantenere la specializzazione dell’Italia in prodotti a bassa tecnologia e grava sul potenziale di crescita e sulla competitività esterna.

L’analisi condotta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione porta alla conclusione che l’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione (per la valutazione completa della risposta dell’Italia alle raccomandazioni specifiche cfr. la tabella di sintesi nella sezione 4).

Apertura del mercato dei servizi

La riforma delle professioni regolamentate è in fase di attuazione ma rimangono disposizioni che limitano la concorrenza, in particolare per quanto riguarda la professione forense. L’adozione delle misure attuative rese necessarie dalla riforma del 2012 delle professioni regolamentate è stata completata nel maggio 2013 e gli ordini professionali interessati stanno progressivamente applicando tali misure al loro interno. La concorrenza tra le farmacie e i notai dovrebbe gradualmente intensificarsi nel 2014, in seguito alla riduzione dei vincoli quantitativi e/o territoriali. Questi processi e i loro effetti devono essere oggetto di un monitoraggio efficace. Inoltre restano da affrontare le rimanenti restrizioni alla concorrenza nei servizi professionali. In primo luogo, sono ancora in vigore i requisiti relativi alla quota minima di capitale che i professionisti devono detenere nelle società che prestano i servizi delle professioni regolamentate. In secondo luogo, le disposizioni che impongono che il compenso per le prestazioni professionali sia adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione possono comportare di fatto la reintroduzione di onorari minimi[35]. In terzo luogo, la riforma del 2012 della professione forense suscita gravi preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda le riserve di attività (in virtù delle quali l’esercizio di una specifica attività è limitata solo a una determinata categoria di professionisti, in questo caso gli avvocati), le condizioni più restrittive per la costituzione di studi legali rispetto ad altre professioni e i parametri fissati dal ministero della Giustizia in caso di contenzioso, che potrebbero anche tradursi in onorari minimi. Infine, una legge adottata nel gennaio 2013 disciplina la creazione su base volontaria di associazioni per le professioni non regolamentate e consente l’autocertificazione delle competenze in base a norme tecniche stabilite a livello nazionale, nell’intento di migliorare la trasparenza e la tutela dei consumatori. Tuttavia, lo sviluppo di associazioni professionali e di standard volontari basati su norme tecniche di livello nazionale potrebbe creare ostacoli informali ai prestatori di servizi non aderenti, in particolare ai professionisti che hanno conseguito una qualifica in altri Stati membri.

Rimane un notevole potenziale per ulteriori misure finalizzate a favorire la concorrenza. Dal 2009 il governo è tenuto per legge a presentare ogni anno al Parlamento un disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, tenendo conto delle misure raccomandate a tal fine dall’Autorità garante della concorrenza. Nella sua ultima relazione dell’ottobre 2012, l’Autorità italiana garante della concorrenza ha individuato importanti ostacoli che limitano la concorrenza in importanti settori dell’economia[36]. L’Autorità italiana garante della concorrenza ha messo in evidenza che la concorrenza nel mercato postale italiano e la sua efficienza sono ancora ostacolate dai diritti esclusivi rimanenti a favore di Poste italiane, l’operatore postale storico nazionale, e da non chiare condizioni di accesso alla sua rete. Nel settore assicurativo, l’Autorità ha messo in evidenza la necessità di eliminare gli ostacoli ancora esistenti alla mobilità dei clienti, tra cui le clausole che possono di fatto essere alla base di rapporti esclusivi tra imprese e agenti. Per quanto riguarda la distribuzione del carburante, l’autorità ha esortato ad affrontare le restrizioni all’apertura di stazioni di rifornimento, in particolare a livello regionale, e alla loro automazione. Il programma nazionale di riforma prevede l’adozione della legge annuale entro il settembre 2014. L’adozione di tale legge (per la prima volta dal 2009) costituirebbe un importante passo avanti, mettendo inoltre in moto un meccanismo positivo per il futuro. Nel settore italiano del commercio al dettaglio è necessario un attento monitoraggio dell’efficacia del quadro regolamentare, in particolare a livello locale. Il settore è al terzo posto nella classifica UE della restrittività della regolamentazione, in base all’indice OCSE della regolamentazione dei mercati dei prodotti per il 2013, e presenta una bassa crescita della produttività e un costo del lavoro per unità di prodotto in aumento[37].

Nei servizi pubblici locali i progressi sono stati limitati. La Corte dei conti italiana ha rilevato che nel 2010 gli organismi partecipati da Comuni e Province erano 4 942, di cui 3 153 società[38]. Queste società forniscono servizi di interesse economico generale (in particolare servizi di gestione dei rifiuti e delle acque, trasporto locale, distribuzione del gas e dell’energia) e/o servizi alla stessa amministrazione pubblica (società strumentali) o operano in altri settori dell’economia (dall’agricoltura all’edilizia), spesso nell’ambito di contratti in house (78%). Altri 403 sono gli organismi (comprese le società) partecipati dalle Regioni, anch’essi spesso in perdita e beneficiari di affidamenti diretti[39]. Per il primo gruppo, la Corte dei conti segnala che fra il 2010 e il 2012 i salari medi sono aumentati del 13% (contro il 4% nell’intera economia) e che circa il 35% delle società ha registrato perdite in almeno un esercizio finanziario fra il 2008 e il 2010[40]. Il 60% circa delle perdite totali (1,4 miliardi di EUR) è stato sostenuto da società che non forniscono servizi di interesse economico generale. Vi è inoltre margine per migliorare la trasparenza dei contratti di servizio pubblico, in particolare per quanto concerne la definizione delle responsabilità dell’operatore e il relativo compenso, accrescendo in tal modo la responsabilità degli operatori del servizio. Dopo l’abrogazione nel 2012 da parte della Corte costituzionale[41] della legislazione approvata nello stesso anno per limitare l’uso dell’affidamento in-house a casi molto specifici, l’attuale legislazione italiana prescrive: i) la pubblicazione di una relazione da parte delle autorità locali che ricorrono all’affidamento in-house che illustri la motivazione della loro scelta e dimostri il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa UE in materia di appalti pubblici; ii) la correzione dei contratti vigenti non conformi alla normativa dell’UE entro il 31 dicembre 2013 (termine di fatto prorogato al 31 dicembre 2014 dalla legge di stabilità 2014); e iii) il consolidamento dei bilanci di ciascuna autorità e dei rispettivi organismi partecipati. Se applicate concretamente queste disposizioni possono contribuire in modo significativo non solo a garantire la conformità al diritto dell’UE ma anche a favorire l’apertura dei mercati e la concorrenza. È un elemento positivo il fatto che il programma nazionale di riforma preveda il riordino della legislazione in materia di servizi pubblici locali entro il settembre 2014, anche al fine di migliorare l’efficienza, la concorrenza e l’accesso al mercato, nonché la creazione di strumenti per la valorizzazione di mercato delle imprese controllate da enti locali.

Nei servizi di trasporto locale e regionale le inefficienze sono particolarmente critiche. Le imprese di trasporto pubblico locale rappresentano circa il 28% delle imprese che svolgono servizi pubblici locali. Recenti ricerche documentano ampiamente le inefficienze, in termini di considerevole eccesso di offerta, elevata evasione del biglietto, frammentazione e insufficienti investimenti nella flotta[42]. Per quanto riguarda il solo trasporto su strada, i dati mostrano che le imprese italiane registrano minori entrate per km rispetto alle loro omologhe di Regno Unito, Germania, Francia, Svezia, Belgio e Paesi Bassi (1,08 EUR/km contro una media di 1,34 EUR/km) e ricevono sovvenzioni pubbliche superiori (2,2 EUR/km rispetto a una media di 1,4 EUR/km)[43]. Il programma nazionale di riforma prevede una serie di misure da adottare entro dicembre 2014, che comprende il crescente ricorso a gare pubbliche e a costi standard in materia di appalti pubblici e l’uso di sistemi di trasporto intelligenti. Se concepito in modo adeguato e attuato rapidamente, il pacchetto potrebbe offrire un notevole contributo per affrontare le debolezze strutturali del settore.

Il sistema di licenze/concessioni, in particolare per le attività idroelettriche e marittime, ostacola l’accesso al mercato nazionale e si discosta dai principi del mercato interno. Per le attività idroelettriche, i sistemi di concessione vigenti non sono in linea con le regole fissate dalla direttiva UE sui servizi: per l’attribuzione delle concessioni non sono ancora in atto procedure di gara e l’imparzialità e la trasparenza della procedura è ostacolata dalla durata delle concessioni. Per quanto riguarda le concessioni marittime, la loro lunga durata (anche dovuta alle ripetute proroghe) limita la scelta dei consumatori e aumenta il costo dei servizi. Sempre in relazione al turismo, le deroghe alla recente liberalizzazione dei servizi delle guide turistiche continuano a limitare la concorrenza.

Industrie di rete

Nelle telecomunicazioni sono stati compiuti progressi limitati riguardo all’installazione di reti fisse a banda larga ad alta velocità. La penetrazione, la copertura e la velocità media delle banda larga fissa ad alta velocità sono tra le più basse dell’UE. La limitata disponibilità di banda larga contribuisce alla scarsa diffusione del commercio elettronico: nel 2013 solo il 20% dei consumatori italiani ha acquistato beni o servizi online, percentuale fra le più basse dell’UE[44]. Dopo l’approvazione da parte della Commissione del piano strategico per la banda ultralarga nel dicembre 2012, in molte regioni (soprattutto nelle regioni di convergenza, attraverso la dotazione dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013) sono state avviate le procedure per i progetti per l’accesso di prossima generazione finanziati con fondi pubblici. I progressi sono tuttavia lenti a causa dell’insufficiente impegno politico da parte delle autorità regionali. Finora gli appalti sono stati aggiudicati solo per un grande progetto (Campania). Per quanto riguarda gli investimenti privati, l’operatore storico e alcuni operatori alternativi stanno realizzando progetti per stendere cavi di fibre ottiche più vicino ai clienti e sono state adottate alcune misure legislative e esecutive che riducono i costi di installazione. Tuttavia, gli operatori alternativi hanno ancora difficoltà ad accedere all’infrastruttura fissa esistente nel segmento terminale in assenza di un’infrastruttura alternativa completa (quale il cavo) e in attesa di una decisione definitiva sulle condizioni di accesso e la separazione funzionale di questa rete storica da parte dell’operatore principale. Inoltre, ai prestatori transfrontalieri di servizi della società dell’informazione sono imposti obblighi regolamentari nazionali che possono limitare la libertà di stabilimento. Per quanto riguarda la banda larga mobile, la diffusione di reti mobili 4G sta procedendo come da programma.

È necessario che l’Autorità di regolazione dei trasporti diventi pienamente operativa e adempia il suo mandato, compresa la formulazione di un parere sulla separazione proprietaria nel settore ferroviario. L’Autorità di regolazione dei trasporti, istituita sotto il profilo giuridico nel 2011, è stata creata nel settembre 2013: tuttavia non è ancora pienamente operativa poiché gran parte dell’organico previsto deve essere ancora assunta. È importante che l’Autorità di regolazione dei trasporti presenti rapidamente un parere sulla separazione tra la gestione dell’infrastruttura e le operazioni di trasporto (unbundling) nel settore ferroviario, che era già atteso nel giugno 2013 ed è altresì previsto nel programma nazionale di riforma. Il settore presenta ancora gravi carenze. La lunghezza della rete ferroviaria per 1 000 abitanti è tra le più basse dell’UE, mentre il suo tasso di utilizzazione è tra i più elevati. Nonostante il tasso di investimenti infrastrutturali superiore alla media UE, permangono strozzature in alcune regioni, soprattutto al Sud. Il livello di soddisfazione dei clienti è fra i più bassi dell’UE[45].

Il potenziale commerciale dell’Italia è ostacolato da una gestione portuale scadente e dalla mancanza di interconnessione dei porti. I commerci dell’Italia trarrebbero un notevole vantaggio da un miglioramento del sistema portuale. La mancanza di collegamenti intermodali con l’entroterra resta una delle principali cause di inefficienza. Il funzionamento dei porti risente altresì della lunghezza e onerosità delle procedure amministrative e doganali e dell’insufficiente coordinamento e pianificazione strategica dello sviluppo portuale. Nel 2012 il trattamento delle esportazioni dirette a paesi non UE nei porti marittimi ha richiesto 19 giorni contro la media UE di 11,4 giorni, mentre i paesi UE con i migliori risultati (DK e EE) eseguono il processo in cinque giorni. Analogamente il trattamento delle importazioni ha richiesto 18 giorni contro una media UE di 10,9 giorni.

Il quadro della concorrenza è solido per l’energia elettrica ed è notevolmente migliorato per il gas, ma i prezzi dell’elettricità rimangono elevati. Nel settore del gas, la separazione tra l’operatore storico e il gestore dell’infrastruttura è stata completata, come previsto, nel 2013 ed è una tappa fondamentale nel processo di apertura del mercato del settore. Allo stesso tempo, dall’ottobre 2013, il prezzo di riferimento per il gas è stato fissato sulla base dei prezzi sul mercato a pronti e non più sull’indicizzazione al petrolio: secondo l’autorità italiana per l’energia ciò ha determinato una riduzione dei prezzi del gas per gli utenti finali di circa il 7%. Nel settore dell’energia elettrica, sebbene il quadro della concorrenza sia già ben avanzato, i prezzi applicati agli utenti finali sono fra i più elevati d’Europa e gravano sulla competitività di costo delle imprese italiane. I prezzi elevati dell’energia elettrica sono principalmente dovuti alla combinazione di elevati costi di approvvigionamento energetico (soprattutto a causa della forte dipendenza dal gas importato) e di pesanti imposte e prelievi. L’onere fiscale riflette le sovvenzioni per le energie rinnovabili e altri oneri impropri inclusi nella bolletta. Per alleviare la pressione dei costi sulle imprese, il programma nazionale di riforma fissa l’obiettivo di ridurre del 10% il costo dell’energia per le piccole e medie imprese attraverso una rimodulazione della bolletta energetica senza impatto sulla finanza pubblica, ma i dettagli non sono precisati.

Le strozzature infrastrutturali ostacolano il corretto funzionamento del mercato dell’energia. L’insufficiente capacità di rete riduce la liquidità nel mercato dell’elettricità e contribuisce a innalzare i prezzi all’ingrosso. Nel settore del gas l’insufficiente capacità di stoccaggio mette a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento in determinati momenti. Secondo la strategia nazionale per l’energia adottata nel 2013 il governo doveva approvare una lista di infrastrutture strategiche[46] la quale non è ancora definita soprattutto a causa del difficile coordinamento tra l’amministrazione centrale e quelle regionali. Terna, l’operatore del sistema di trasmissione dell’energia elettrica, ha progetti dell’importo di 1,4 miliardi di EUR attualmente in attesa di autorizzazione, anche se la situazione è in qualche modo migliorata dal 2011, quando il valore dei progetti non ancora approvati ammontava a più di 2 miliardi di EUR.

L’Italia mira a superare gli obiettivi della strategia Europa 2020 in materia di clima ed energia ma non riuscirà a conseguire l’obiettivo relativo alle emissioni di gas serra solo in base alle misure vigenti. Secondo la strategia energetica nazionale, i risultati ottenuti saranno migliori rispetto agli obiettivi della strategia Europa 2020[47]. In effetti, l’obiettivo in materia di efficienza energetica è stato raggiunto ed è stato compiuto qualche progresso nel campo delle energie rinnovabili[48]. Il quinto conto energia ha raggiunto il massimale di 6,7 miliardi di EUR per l’energia fotovoltaica nel giugno 2013; per quanto riguarda le altre fonti rinnovabili (massimale di 5,8 miliardi di EUR), il sostegno offerto nell’ambito di questo strumento ha raggiunto 4,6 miliardi di EUR nel dicembre 2013. Altre misure prevedevano il rafforzamento del sistema dei certificati bianchi e nuovi incentivi fiscali per le misure di efficienza energetica e di produzione di energia da biogas. Per quanto riguarda i gas a effetto serra, nel 2012 le emissioni nei settori non ETS sono state inferiori del 16,8% rispetto al 2005. Tuttavia, secondo le proiezioni nazionali, le emissioni aumenteranno nuovamente e in uno scenario con soltanto le misure vigenti l’obiettivo per il 2020 sarà superato di circa il 3,5%. Con l’aggiornamento del piano d’azione nazionale approvato nel 2013 sono state previste nuove azioni per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Inoltre, la gestione dei rifiuti (in particolare nell’Italia meridionale) e le infrastrutture idriche presentano gravi carenze. Analogamente, la gestione del territorio e la tutela dell’ambiente rimangono problematiche, con notevoli costi derivanti dall’inquinamento dell’aria e inondazioni[49].

Ricerca e innovazione

Qualche misura recente può contribuire ad un sistema di ricerca più aperto e competitivo, in conformità con gli obiettivi dello Spazio europeo della ricerca. I finanziamenti istituzionali sono distribuiti sempre più sulla base dei risultati della valutazione della qualità della ricerca condotta dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), sebbene con le significative restrizioni di cui alla sezione 3.2 (istruzione). Inoltre, per valutare gli inviti aperti a presentare proposte è stato introdotto un esame internazionale inter pares che è adesso ampiamente diffuso. È stato creato un sistema nazionale per la certificazione delle domande di abilitazione a professore ordinario per migliorare la trasparenza e l’assunzione basata sul merito nelle università, un settore nel quale l’Italia è particolarmente in ritardo rispetto ad altri paesi dello Spazio europeo della ricerca. La costante diminuzione dei finanziamenti stanziati sulla base di bandi di gara aperti e la mancanza di opportunità di carriera per i giovani ricercatori limitano tuttavia i potenziali effetti positivi di tali riforme.

I progressi sono stati tuttavia limitati nel promuovere la capacità di ricerca dell’Italia nel settore privato. Nel 2012 l’attività di ricerca e sviluppo in rapporto al PIL è stata dell’1,27%, livello ancora inferiore all’obiettivo nazionale dell’1,53% nell’ambito della strategia Europa 2020, con il divario maggiore rispetto alla media UE nel settore privato (0,69% del PIL contro l’1,30%). Anche la collaborazione tra imprese private e istituti pubblici è molto inferiore alla media UE. Oltre alle misure discusse nella sezione 3.2 volte ad agevolare il finanziamento dell’innovazione, sono stati introdotti il credito d’imposta per la ricerca e sviluppo (600 milioni di EUR all’anno per il periodo 2014-2016) e incentivi per l’assunzione di personale altamente qualificato. Sono stati inoltre individuati otto distretti tecnologici in settori chiave della ricerca con 30 progetti selezionati attraverso inviti a presentare proposte. Queste misure vanno nella giusta direzione ma il loro impatto potenziale è limitato anche a causa di ritardi nell’attuazione. Ad esempio, per completare gli inviti a presentare proposte per i distretti tecnologici ci sono voluti due anni e mezzo e la definizione di strategie di specializzazione intelligente necessarie per dare attuazione ai Fondi strutturali e d’investimento europei nel periodo 2014-2020 è in ritardo rispetto al calendario previsto.

Riquadro 4: Impatto potenziale delle riforme strutturali sulla crescita — un confronto

Le riforme strutturali sono essenziali per rilanciare la crescita ed è importante conoscerne i potenziali benefici. I benefici derivanti dalle riforme strutturali possono essere valutati con l’aiuto di modelli economici. La Commissione utilizza il modello QUEST per determinare come le riforme strutturali in un dato Stato membro ne influenzerebbero la crescita se lo Stato membro riducesse il divario rispetto alla media dei tre migliori Stati UE su indicatori chiave quali riforma tributaria, regolamentazione dei mercati dei prodotti e partecipazione al mercato del lavoro. Il miglioramento di questi indicatori potrebbe accrescere il PIL dell’Italia di circa il 4,2% nell’arco di 10 anni. Qualche riforma potrebbe produrre effetti anche in un arco di tempo relativamente breve. Le simulazioni effettuate con il modello corroborano l’analisi contenuta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione, secondo la quale con ogni probabilità i maggiori benefici si otterrebbero alleggerendo l’imposizione sul lavoro e aumentando la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Le simulazioni confermano anche l’importanza di ridurre i costi di accesso per le imprese e di aprire i mercati alla concorrenza, come indicato nella sezione 3.4. Inoltre, a lunghissimo termine, anche il miglioramento dell’istruzione potrebbe avere un impatto notevole sul PIL, producendo un beneficio potenziale dell’11,8% nell’arco di 50 anni (cfr. la nota).

Tabella: Indicatori strutturali, obiettivi e effetti potenziali sul PIL[50]

Fonte: servizi della Commissione. Nota: le simulazioni presuppongono che tutti gli Stati membri introducano riforme atte a colmare il loro divario strutturale per metà. La tabella mostra il contributo di ogni riforma al PIL totale dopo cinque e dieci anni. Se per un dato indicatore un paese si posiziona sopra il parametro di riferimento, non viene simulato l’impatto di misure di riforma in quel settore; tuttavia lo Stato membro in questione può sempre beneficiare delle misure adottate da altri Stati membri[51]. *L’effetto a lungo termine dell’aumento della percentuale di lavoratori altamente qualificati nella popolazione potrebbe essere pari al 4,2% del PIL e quello della diminuzione della percentuale di lavoratori scarsamente qualificati potrebbe essere pari al 7,6%. **La media UE è fissata come parametro di riferimento.

3.5. Modernizzazione della pubblica amministrazione

Nonostante gli sforzi compiuti, le inefficienze della pubblica amministrazione, compreso il sistema giudiziario, continuano a gravare sulla competitività e la crescita, e rallentano l’attuazione delle riforme. Le performance dell’Italia relative agli indicatori della Banca mondiale riguardanti il contesto imprenditoriale, l’efficacia dell’azione del governo, la qualità della regolamentazione e lo Stato di diritto sono tra le più basse dell’UE[52]. I problemi fondamentali riguardano l’elevato arretrato giudiziario e lunghezza dei procedimenti civili, le inefficienze in materia di appalti pubblici e nella gestione dei fondi UE nell’Italia meridionale, nonché un coordinamento e una ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governo non chiari e inefficaci. Come discusso nell’esame approfondito dell’economia italiana, queste inefficienze gravano sulla competitività a livello di costo e sulle finanze pubbliche, rafforzando così gli squilibri dell’Italia, e rallentano l’attuazione delle riforme.

L’analisi condotta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione porta alla conclusione che l’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione del 2013 (per la valutazione completa della risposta dell’Italia alle raccomandazioni specifiche cfr. la tabella di sintesi nella sezione 4).

Efficienza del settore pubblico e contesto imprenditoriale

Nonostante le recenti iniziative l’attuazione rimane problematica. L’Italia si è adoperata per limitare la necessità di norme di rango secondario che rallentano l’attuazione delle disposizioni: l’82% delle disposizioni delle leggi e dei decreti adottati dal governo Letta era direttamente applicabile[53]. Inoltre, una legge adottata nell’agosto 2013 ha introdotto sanzioni pecuniarie per le amministrazioni responsabili dei ritardi nelle procedure amministrative e ha rafforzato l’utilizzo delle tecnologie digitali per gli atti amministrativi[54]. Nel complesso, tuttavia, l’attuazione rimane problematica. Dalla relazione di monitoraggio pubblicata nel dicembre 2013 dal governo italiano risulta che dei 313 provvedimenti attuativi previsti dalle disposizioni legislative entrate in vigore dall’aprile al dicembre 2013, solo il 15% era già stato adottato. Uno su cinque non era ancora stato adottato nonostante i termini fossero scaduti. Inoltre, come accennato in altre parti del presente documento, disposizioni legislative molto importanti introdotte nel 2011 e nel 2012, ad esempio finalizzate a migliorare il contesto imprenditoriale, il mercato del lavoro, o a riformare il fisco non sono state ancora attuate.

Le modalità di coordinamento tra i vari livelli di governo rimangono ancora da chiarire. L’attuazione delle misure adottate è stata spesso ostacolata da un coordinamento insufficiente tra l’amministrazione centrale e quelle locali e dalla mancanza di chiarezza in merito alla ripartizione delle competenze. Esempi pertinenti sono illustrati in altre parti del presente documento per quanto riguarda i servizi di collocamento, le infrastrutture nelle industrie di rete, le politiche in materia di ricerca e istruzione, l’attuazione delle riforme dei mercati dei prodotti e la gestione dei fondi dell’UE. Sulla base della riforma del 2001 del titolo V della Costituzione italiana, che disciplina la ripartizione dei poteri di regolamentazione e di spesa fra tutti i livelli di governo, nel marzo 2014 il governo ha adottato un disegno di legge di modifica costituzionale volto a rivedere ulteriormente questa parte della Costituzione: in particolare, il disegno di legge di modifica costituzionale trasferisce di nuovo determinate competenze al livello centrale e cerca di ridurre i conflitti di competenza. Stando al programma nazionale di riforma, il disegno di legge dovrebbe essere approvato dal parlamento italiano entro la fine del 2015.

Le misure di semplificazione adottate per migliorare il contesto in cui operano le imprese sono limitate e il loro impatto è ostacolato dalla lentezza dell’attuazione e dal difficile coordinamento tra l’amministrazione centrale e quelle regionali. Il contesto imprenditoriale italiano continua a essere molto sfavorevole. Avviare un’impresa è estremamente costoso e ottenere un permesso edilizio è complicato[55]. Qualche misura di semplificazione è stata adottata in due pacchetti successivi (giugno 2013 e febbraio 2014)[56], tuttavia il loro campo di applicazione è piuttosto limitato. Stando alle stime del governo, il primo pacchetto dovrebbe consentire risparmi cumulativi pari a 500 milioni di EUR all’anno[57]. Un disegno di legge di più ampia portata sulla semplificazione è stato presentato in Parlamento nel giugno 2013, ma non è ancora stato adottato. La ripartizione poco chiara delle competenze tra amministrazioni centrali e regionali continua a ostacolare l’efficacia delle misure di semplificazione adottate a livello centrale. Per affrontare il problema, il governo sta lavorando con le regioni e altri enti locali a un’“Agenda per la semplificazione”, che deve ancora provare la sua efficacia. L’articolo 1 della legge 24/2012 era finalizzato a eliminare tutte le restrizioni all’attività economica (permessi, autorizzazioni, disposizioni di programmazione) che non erano giustificate dall’interesse generale perseguito (o che erano sproporzionate) sulla base di una disamina approfondita della legislazione vigente da parte del governo. L’articolo comprendeva anche alcuni meccanismi di premio per le autorità regionali e locali che adeguavano tempestivamente la propria legislazione e le procedure amministrative ai principi della legislazione. Tuttavia, la legislazione attuativa non è stata adottata.

Si stanno registrando progressi per ridurre i ritardi di pagamento della pubblica amministrazione. Nell’aprile 2014 il governo ha adottato un decreto legge, compreso nel programma nazionale di riforma, che stabiliva misure volte a ridurre i ritardi di pagamento della pubblica amministrazione[58]. È istituita una piattaforma elettronica nella quale, a partire dal luglio 2014, tutte le amministrazioni pubbliche saranno tenute a registrare i debiti in essere sorti dal gennaio 2014 e ad aggiornare mensilmente lo stato dei pagamenti (con sanzioni in caso di inosservanza). La piattaforma rende anche possibile l’introduzione della fatturazione elettronica, che dovrebbe essere pienamente operativa a partire dal marzo 2015 e dovrebbe contribuire a ridurre i tempi di pagamento e ad assicurare la trasparenza dei conti pubblici. L’armonizzazione del sistema contabile a tutti i livelli della pubblica amministrazione, iniziata nel 2009 e che si prevede sia pienamente operativa nel 2015, dovrebbe incrementare la trasparenza e la certezza della spesa pubblica. Fino ad allora, tuttavia, il vigente sistema contabile della pubblica amministrazione non consentirà di individuare in modo dettagliato e tempestivo l’attuale stock di debito commerciale e l’importo residuo degli arretrati da pagare rimarrà sconosciuto.

Rimangono da affrontare in modo esauriente la riforma del pubblico impiego e la qualità della regolamentazione. Il numero dei dipendenti pubblici è sceso di oltre il 6% nel periodo 2007-2012 ed è grosso modo in linea con la media OCSE in percentuale della forza lavoro. La riduzione maggiore è avvenuta nel settore dell’istruzione. Il contenimento del numero di dipendenti pubblici è avvenuto principalmente tramite il controllo del turnover, come avvenuto già durante la fase che ha preceduto l’introduzione dell’euro. Questo ha comportato un aumento dell’età media dei funzionari pubblici, che ora è tra le più elevate fra i paesi dell’OCSE[59]. Persistono le questioni relative alla ripartizione geografica dei dipendenti pubblici, alla valutazione delle loro performance e alla loro responsabilità[60]. Una riforma di ampia portata adottata nel 2009 è in larga parte non attuata[61]. Il programma nazionale di riforma annuncia un piano ambizioso per ridurre l’età media, migliorare la mobilità del personale, introdurre un nuovo sistema di incentivi connesso alla valutazione dei risultati ottenuti, rafforzare la responsabilità manageriale e contenere la retribuzione dell’alta dirigenza. Il livello di dettaglio è tuttavia insufficiente per una valutazione completa. Per quanto concerne la qualità della regolamentazione, è essenziale migliorare la capacità di adottare decisioni politiche in base a dati concreti. Valutazioni d’impatto quantitative e altri metodi basati su elementi probanti, quali valutazioni sistemiche, possono favorire un’analisi delle cause all’origine delle carenze amministrative sistemiche, una valutazione dell’impatto delle attuali riforme e, su tale base, la concezione di nuovi sistemi.

Gli appalti pubblici devono essere migliorati in modo sistemico. Un migliore sviluppo delle capacità e l’ulteriore razionalizzazione degli appalti pubblici, in particolare attraverso il ricorso a centrali di acquisto, possono migliorare i problemi sistemici in materia di appalti pubblici e possono generare importanti risparmi nel settore pubblico. La Commissione ha stimato che gli appalti elettronici possono far risparmiare dal 5% al 20% della spesa totale per appalti pubblici[62]. La diffusione degli appalti elettronici in Italia nel 2011 era stimata tra lo 0% e il 5% (mentre la media UE è superiore al 10% e i paesi all’avanguardia quali Portogallo, Regno Unito e Svezia hanno livelli di diffusione fra il 30% e il 50%)[63]. Attualmente molteplici regioni, province e comuni italiani stanno realizzando i propri sistemi per gli appalti elettronici, che sono numerosi e spesso non interoperabili, e vi è scarso coordinamento a livello nazionale per evitare duplicazioni. Il processo di recepimento delle nuove direttive UE in materia di appalti pubblici e concessioni[64] e la successiva attuazione rappresentano un’opportunità ideale per un esame strategico, sistemico e approfondito del sistema italiano per gli appalti pubblici. Nell’aprile 2014 il governo ha adottato un decreto legge con misure che, se correttamente attuate, possono contribuire a migliorare gradualmente l’efficienza degli appalti pubblici, anche attraverso l’impiego di centrali di acquisto, un migliore controllo e una riduzione delle differenze dei prezzi d’acquisto[65].

Giustizia e corruzione

Nella giustizia civile, commerciale e amministrativa sono state adottate alcune misure il cui impatto sull’efficienza del sistema dev’essere oggetto di monitoraggio. La riorganizzazione dei tribunali, iniziata con la legge del settembre 2011 e ultimata alla fine del 2013, dovrebbe ottimizzare le dimensioni dei tribunali, consentire la specializzazione e creare economie di scala. È stato osservato un primo impatto positivo. La capacità dei tribunali di risolvere le controversie civili e commerciali è aumentata (eccetto per la Corte suprema) ma il numero di cause pendenti è tuttora molto elevato[66]. Alla fine del 2013, è stata introdotta la mediazione obbligatoria per alcune tipologie di cause nei procedimenti civili e commerciali[67]. Le prove raccolte finora indicano tuttavia che, in metà delle procedure di mediazione avviate, il convenuto non ha partecipato all’incontro di mediazione. Ulteriori misure sono state inserite in un disegno di legge del dicembre 2013 che è attualmente in fase di discussione in Parlamento. Nel complesso, l’impatto della serie di misure volte a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario dovrebbe manifestarsi nel tempo e dovrà essere oggetto di un accurato monitoraggio. Il programma nazionale di riforma annuncia che entro giugno 2014 saranno adottate ulteriori misure per migliorare il funzionamento della giustizia civile e amministrativa. Il livello di dettaglio non consente un’adeguata valutazione dei provvedimenti in questa fase.

La legge anticorruzione del 2012 è lentamente attuata. Il governo ha adottato una serie di decreti per l’attuazione della legge anticorruzione del 2012. Anche il codice di comportamento dei dipendenti pubblici è stato un importante passo avanti. Altre parti della legge incontrano più difficoltà di attuazione. In primo luogo, l’autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (ANAC), incaricata di coordinare le politiche preventive anticorruzione a livello nazionale, il cui numero di componenti è passato da tre a cinque nel 2013[68], conta solo su un organico limitato e non dispone di poteri sanzionatori. In secondo luogo, l’obbligo per tutte le amministrazioni di presentare piani nazionali anticorruzione e programmi per la trasparenza e l’integrità con cadenza triennale, sebbene un passo positivo, corre il rischio di trasformarsi in un processo burocratico, incentrato su documenti stilizzati e assetti istituzionali, piuttosto che sull’attuazione di misure mirate per far fronte alle vulnerabilità.

L’Italia non ha ancora rivisto la disciplina dei termini di prescrizione. La lunghezza dei procedimenti giudiziari e i termini di prescrizione previsti dalla normativa italiana (in particolare la brevità dei termini di prescrizione con un termine assoluto che non può essere interrotto o sospeso) possono senz’altro rappresentare un problema serio nella lotta contro la corruzione in Italia, come riconosciuto dal gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa (GRECO)[69]. Secondo lo studio di Transparency International del 2010 sull’impatto dei termini di prescrizione per il perseguimento dei reati di corruzione nell’UE, in Italia fra il 2005 e il 2010 è stato archiviato circa un procedimento penale su dieci per scadenza dei termini di prescrizione. La situazione non sembra essere migliorata, nonostante la raccomandazione specifica del 2013 e le preoccupazioni espresse a più riprese dal GRECO e dall’OCSE sin dal 2009. Il programma nazionale di riforma prevede una riforma dell’istituto della prescrizione entro il giugno 2014, senza precisare tuttavia le modalità di intervento.

Fondi strutturali

Le misure finora adottate per migliorare la gestione dei fondi UE sono limitate. Alla fine del 2013 è stata istituita una nuova agenzia per la coesione territoriale con poteri specifici per gestire i fondi strutturali: tale decisione è un primo passo positivo. Tuttavia, i ritardi operativi, la mancanza di chiarezza in merito al reale mandato dell’agenzia in relazione alle amministrazioni regionali e le incertezze circa il suo organico mettono in dubbio la capacità dell’agenzia di produrre i cambiamenti necessari. Inoltre l’agenzia non può sostituire l’azione decisa necessaria per affrontare il problema della capacità amministrativa, soprattutto a livello regionale e, in una certa misura, in vari organismi nazionali. Il programma nazionale di riforma e il progetto di accordo di partenariato per il periodo 2014-2020, ufficialmente trasmessi dall’Italia il 22 aprile 2014, definiscono entrambi una serie di misure volte a rafforzare la capacità, tra cui la necessità per tutte le autorità di gestione di elaborare un piano per il potenziamento amministrativo, approvato al più alto livello amministrativo e politico, che stabilisca il livello minimo di struttura e di competenze necessarie per gestire le ingenti risorse loro affidate. Entrambi i documenti, tuttavia, non spiegano le misure concrete previste a livello centrale per indirizzare e seguire il processo complessivo. Inoltre, la carenza di risorse umane nell’amministrazione pubblica è ritenuta una delle principali ragioni delle debolezze esistenti (anche se non la sola) con il rischio che, a livello operativo, le assunzioni supplementari siano infine considerate l’unica e più facile soluzione al problema.

4. CONCLUSIONI

Carenze inveterate gravano sull’economia italiana. L’elevatissimo debito pubblico grava notevolmente sull’economia italiana e rappresenta una fonte importante di vulnerabilità, specialmente a fronte della prolungata crescita debole e dei bassi livelli di inflazione. La crescita della produttività è lenta ed ascrivibile all’inefficienza della pubblica amministrazione e del sistema tributario, alla debole dotazione di capitale umano e a un contesto imprenditoriale sfavorevole. La partecipazione al mercato del lavoro continua a essere bassissima tra le donne e i giovani, soprattutto nelle regioni meridionali, e rappresenta un importante fonte di crescita inutilizzata. Il calo della competitività di costo e non di costo incide negativamente sull’andamento delle esportazioni italiane. Il ritmo delle riforme è insufficiente per affrontare tali sfide e l’attuazione delle riforme precedenti è in ritardo in molti settori.

L’analisi condotta nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione porta alla conclusione che l’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche del 2013. Il disavanzo nominale è rimasto al 3% del PIL, nonostante la drastica contrazione del prodotto. Tuttavia, il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine ha subito un rallentamento. È stata avviata una nuova revisione della spesa che deve ancora essere attuata. Sono stati compiuti notevoli progressi per migliorare il funzionamento del settore del gas, con la separazione tra l’operatore storico e il gestore della rete. Sono state adottate alcune misure per ridurre il carico fiscale sul lavoro e per agevolare e diversificare l’accesso delle imprese ai finanziamenti. Per quanto attiene alla giustizia civile, è stata completata la riorganizzazione geografica dei tribunali, che dovrebbe contribuire a generare economie di scala, ed è stata introdotta una nuova legge sulla mediazione quale metodo alternativo di composizione delle controversie. Le riforme del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione dei salari sono in corso di attuazione ma non procedono allo stesso ritmo, con ritardi in materia di attivazione, e sono state prese alcune misure per meglio orientare la spesa sociale. I progressi sono stati limitati in tutti gli altri settori oggetto delle raccomandazioni del 2013.

Le priorità presentate nel programma nazionale di riforma 2014 rispecchiano le principali problematiche individuate nell’esame approfondito 2014 dell’Italia e nel presente documento di lavoro dei servizi della Commissione. Il programma nazionale di riforma illustra un piano d’azione esauriente, ambizioso e con scadenze temporali per il periodo di riferimento del programma, finalizzato a: rivedere e migliorare l’efficienza della spesa pubblica; rivedere il quadro istituzionale al fine di razionalizzare il processo legislativo e facilitare l’attuazione; riformare il sistema tributario; migliorare ulteriormente i mercati dei prodotti e del lavoro; migliorare il sistema di istruzione; semplificare il contesto normativo e modernizzare la pubblica amministrazione, compresa la giustizia. Le misure previste dal piano sono indice di una volontà di riforma che potrebbe contribuire a risolvere efficacemente i problemi dell’Italia, se concepita in modo appropriato, attuata in modo rigoroso e nel rispetto del calendario fissato nel programma.

Il programma di stabilità rinvia la realizzazione dell’obiettivo a medio termine al 2016, mentre nel luglio 2013 era stato raccomandato all’Italia di conseguirlo entro il 2014. Il rallentamento subito dal percorso di aggiustamento viene giustificato nel programma dalle gravi condizioni economiche e dagli sforzi necessari per attuare un programma ambizioso di riforme strutturali. Gli obiettivi del programma di stabilità consentirebbero all’Italia di conformarsi al parametro di riferimento di riduzione del debito nel periodo di transizione 2013-2015, in parte grazie a un ambizioso programma di privatizzazioni da attuare fra il 2014 e il 2017. Maggiori dettagli sulle altre misure di risanamento di bilancio necessarie per conseguire gli obiettivi del programma rafforzerebbero ulteriormente la solidità del documento. È stata garantita una generale coerenza tra il programma nazionale di riforma e il programma di stabilità.

 

Tabella di sintesi[70]

|| Impegni || Sintesi della valutazione

1 || Assicurare che nel 2013 il disavanzo resti al di sotto del 3% del PIL dando attuazione piena alle misure adottate. Portare avanti l’aggiustamento strutturale con un ritmo adeguato e mediante un risanamento di bilancio favorevole alla crescita, in modo da conseguire e mantenere l’obiettivo a medio termine a partire dal 2014. Realizzare gli avanzi primari strutturali programmati per instradare l’elevatissimo rapporto debito/PIL su una traiettoria stabilmente in discesa. Continuare a perseguire un miglioramento duraturo dell’efficienza e della qualità della spesa pubblica dando attuazione piena alle misure adottate nel 2012 e perseverando nello sforzo mediante revisioni periodiche approfondite della spesa (spending review) a tutti i livelli amministrativi. || || L’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione: · nel 2013 il disavanzo è rimasto al 3% del PIL. Stando alle previsioni di primavera 2014 della Commissione, nel 2014 il disavanzo nominale dovrebbe scendere al 2,6% del PIL. Tuttavia, il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine è ora previsto per il 2016 anziché per il 2014, come preannunciato nell’aprile 2013 e come raccomandato dal Consiglio nel luglio 2013; · l’Italia rischia di non rispettare le regole del patto di stabilità e crescita. In particolare, l’aggiustamento strutturale annuo di soli 0,1 punti percentuali del PIL previsto per il 2014 è inferiore all’aggiustamento lineare strutturale minimo di 0,7 punti percentuali del PIL che, secondo le previsioni della Commissione, sarebbe necessario per rispettare il parametro di riferimento del debito nel periodo di transizione 2013‑2015; · è stata avviata una revisione della spesa: occorre ora adottarla e attuarla anche per finanziare l’annunciata riduzione dell’imposta sul reddito per i lavoratori di fascia bassa.

2 || Dare tempestivamente attuazione alle riforme in atto adottando in tempi rapidi le disposizioni attuative necessarie, dandovi seguito con risultati concreti a tutti i livelli amministrativi e con tutti i portatori d’interesse e monitorandone l’impatto. Potenziare l’efficienza della pubblica amministrazione e migliorare il coordinamento fra i livelli amministrativi. Semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese, abbreviare la durata dei procedimenti civili e ridurre l’alto livello di contenzioso civile, anche promuovendo il ricorso a procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie. Potenziare il quadro giuridico relativo alla repressione della corruzione, anche rivedendo la disciplina dei termini di prescrizione. Adottare misure strutturali per migliorare la gestione dei fondi UE nelle regioni del Mezzogiorno in vista del periodo di programmazione 2014-2020. || || L’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione: · qualche progresso è stato compiuto per migliorare il funzionamento della giustizia civile. La riorganizzazione geografica dei tribunali è stata attuata. Sono stati adottati altri provvedimenti fra cui una nuova legge sulla mediazione e un disegno di legge del dicembre 2013 inteso a migliorare il funzionamento del sistema giudiziario. Nonostante queste misure i problemi persistono (lunga durata dei procedimenti, elevato numero di cause pendenti); · progressi limitati per quanto riguarda le carenze di attuazione. Sono state adottate misure per contenere la necessità di norme di rango secondario e monitorare l’attuazione della precedente riforma, ma rimangono considerevoli carenze di attuazione; · progressi limitati verso la semplificazione amministrativa. Sono state prese misure frammentarie con un impatto limitato, ma un progetto di legge sulla semplificazione, presentato al Parlamento nel giugno 2013, non è stato ancora adottato e importanti riforme intraprese nel 2012 non sono attuate; · progressi limitati nella lotta alla corruzione. L’autorità nazionale anticorruzione è stata riformata ma dispone di un organico insufficiente e non sono state prese misure per rivedere i termini di prescrizione; · i progressi sono stati limitati per quanto riguarda il potenziamento della capacità amministrativa per la gestione dei fondi dell’UE. Italia. È stata istituita una nuova agenzia per la coesione territoriale ma i ritardi operativi e le incertezze riguardo al suo organico e alle sue competenze mettono in dubbio la sua capacità di produrre i cambiamenti necessari. Il progetto di accordo di partenariato per il periodo di programmazione 2014-2020 contiene una serie di misure a livello nazionale, ma non affronta la necessità di migliorare la capacità amministrativa degli organismi incaricati dei fondi.

3 || Estendere all’intero settore bancario buone pratiche di governo societario che sfocino in una maggiore efficienza e redditività, per sostenere il flusso del credito alle attività produttive. Proseguire le verifiche della qualità degli attivi in tutto il settore bancario e agevolare la risoluzione dei prestiti in sofferenza iscritti nel bilancio delle banche. Promuovere maggiormente lo sviluppo dei mercati dei capitali al fine di diversificare e migliorare l’accesso delle imprese ai finanziamenti, soprattutto sotto forma di partecipazione al capitale, e promuoverne peraltro la capacità d’innovazione e la crescita. || || L’Italia ha compiuto qualche progresso nel dar seguito a questa raccomandazione: · qualche progresso è stato compiuto per agevolare l’accesso delle imprese al credito: in particolare è stato rafforzato il sistema di garanzia dei prestiti ed è stata rinnovata la moratoria sui debiti; · qualche progresso è stato compiuto nello sviluppo di finanziamenti non bancari. La misura principale prevede il rafforzamento dell’incentivo fiscale al nuovo capitale proprio. Sono state adottate altre misure (minibond, incentivi fiscali per investimenti in start-up innovative) il cui impatto rimane da verificare; · qualche progresso nella verifica della qualità degli attivi: fra il 2012 e il 2013 la Banca d’Italia ha effettuato un’approfondita revisione della qualità degli attivi di 20 banche italiane. La legge di stabilità 2014 ha rafforzato la deducibilità fiscale degli accantonamenti delle banche per perdite su crediti, il che dovrebbe contribuire a un aumento della copertura dei prestiti in sofferenza; · qualche progresso in materia di governo societario delle banche. La Banca d’Italia ha emanato nuovi principi di governo societario per le banche, ma il loro impatto dipende dall’effettiva attuazione e applicazione.

4 || Dare attuazione effettiva alle riforme del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione dei salari per permettere un migliore allineamento dei salari alla produttività. Realizzare ulteriori interventi a promozione della partecipazione al mercato del lavoro, specialmente quella delle donne e dei giovani, ad esempio tramite una “Garanzia per i giovani”. Potenziare l’istruzione e la formazione professionale, rendere più efficienti i servizi pubblici per l’impiego e migliorare i servizi di orientamento e di consulenza per gli studenti del ciclo terziario. Ridurre i disincentivi finanziari che scoraggiano dal lavorare le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare e migliorare l’offerta di servizi di assistenza alla persona, specialmente ai bambini e l’assistenza a lungo termine, e di servizi di doposcuola. Intensificare gli sforzi per scongiurare l’abbandono scolastico. Migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera. Assicurare l’efficacia dei trasferimenti sociali, in particolare tramite un orientamento più mirato delle prestazioni, specie per le famiglie a basso reddito con figli. || || L’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione: · qualche progresso è stato compiuto nell’attuazione delle riforme del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione dei salari. La maggior parte della legislazione attuativa della riforma del mercato del lavoro del 2012 è stata adottata. Il decreto legge del marzo 2014 semplifica ulteriormente la disciplina dei contratti a tempo determinato e dei contratti di apprendistato. I criteri di rappresentatività nella contrattazione collettiva sono stati fissati nel gennaio 2014, il che può favorire il decentramento della contrattazione. Devono tuttavia ancora essere attuate le misure per migliorare i servizi pubblici per l’impiego e l’efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro rimane scarsa. Il programma nazionale di riforma annuncia l’adozione di ulteriori misure in materia di semplificazione contrattuale, la riforma dei sussidi di disoccupazione e la sistematizzazione delle politiche attive del mercato del lavoro; · sono stati compiuti progressi limitati per quanto riguarda la disoccupazione giovanile. Sono state adottate alcune misure, ma la loro portata e le risorse assegnate sono limitate. Il piano di attuazione della garanzia per i giovani è in fase di esame da parte della Commissione; · i progressi sono stati limitati in materia di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, per quanto riguarda sia i servizi di custodia dell’infanzia e di assistenza a lungo termine che i disincentivi che scoraggiano dal lavorare le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare. La legge delega adottata dal governo nell’aprile 2014 contiene alcune misure per ridurre i disincentivi al lavoro per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare e per favorire la genitorialità; · c’è stato qualche progresso per quanto riguarda l’efficacia dei trasferimenti sociali. È in atto un progetto pilota che prevede una nuova “social card” destinata alle famiglie a basso reddito con figli e che dovrebbe essere esteso all’intero territorio nazionale; · progressi limitati in materia di istruzione. Sono state adottate delle misure relative all’orientamento professionale e all’abbandono scolastico. Le iniziative volte a rafforzare l’istruzione e la formazione professionale sono di portata e d’impatto limitati. La questione di elevare lo status della professione docente rimane in gran parte irrisolta.

5 || Trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente assicurando la neutralità di bilancio. A tal fine, rivedere l’ambito di applicazione delle esenzioni e aliquote ridotte dell’IVA e delle agevolazioni fiscali dirette e procedere alla riforma del catasto allineando gli estimi e le rendite ai valori di mercato. Proseguire la lotta all’evasione fiscale, migliorare il rispetto dell’obbligo tributario e contrastare in modo incisivo l’economia sommersa e il lavoro irregolare. || || L’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione: · qualche progresso è stato registrato nell’alleggerimento della pressione fiscale sui fattori produttivi. La legge di stabilità 2014 ha ridotto il carico fiscale sul lavoro e nell’aprile 2014 sono state adottate ulteriori misure per ridurre il cuneo fiscale, che sono interamente finanziate solo per il 2014. L’aliquota IVA ordinaria è stata innalzata, ma le esenzioni IVA e le aliquote ridotte non sono state rivedute. Inoltre non vi è stata alcuna riforma strutturale delle agevolazioni fiscali dirette e i valori catastali non sono stati aggiornati per riflettere i valori di mercato reali (a tal fine è stata adottata una legge delega nel marzo 2014); · progressi limitati per quanto riguarda la riforma tributaria, il miglioramento del rispetto dell’obbligo tributario e la riduzione dell’evasione fiscale. Il governo ha intrapreso ulteriori misure intese a garantire l’osservanza delle norme, ma manca un’azione decisiva per migliorare il rispetto dell’obbligo tributario e ridurre l’evasione fiscale. La legge delega di marzo in materia fiscale comprende misure che, una volta attuate, potrebbero rappresentare un significativo passo avanti. I progressi in materia di riduzione dell’economia sommersa e del lavoro irregolare sono stati limitati.

6 || Assicurare la corretta attuazione delle misure volte all’apertura del mercato nel settore dei servizi. Eliminare le restrizioni che sussistono nei servizi professionali e promuovere l’accesso al mercato, ad esempio, per la prestazione dei servizi pubblici locali, dove il ricorso agli appalti pubblici dovrebbe essere esteso (in sostituzione delle concessioni dirette). Portare avanti l’attivazione delle misure adottate per migliorare le condizioni di accesso al mercato nelle industrie di rete, in particolare dando priorità alla costituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Potenziare la capacità infrastrutturale concentrandosi sulle interconnessioni energetiche, sul trasporto intermodale e, nelle telecomunicazioni, sulla banda larga ad alta velocità, tra l’altro al fine di superare le disparità tra Nord e Sud. || || L’Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione: · progressi limitati nella promozione dell’accesso al mercato nel settore dei servizi. Sono stati compiuti sforzi per aprire e modernizzare il settore dei servizi, in particolare una riforma delle associazioni professionali (l’attuazione sta progredendo, con alcune difficoltà per la professione forense). Tuttavia, come sottolineato dall’autorità italiana garante della concorrenza, la questione degli appalti e della prestazione dei servizi pubblici locali rimane una priorità che occorre affrontare; · progressi notevoli nel miglioramento delle condizioni di accesso al mercato nel settore dell’energia; qualche progresso nel settore dei trasporti. L’autorità di regolazione dei trasporti è stata costituita e ha iniziato i lavori nel gennaio 2014, ma non è ancora pienamente operativa: sono in corso le procedure di assunzione del personale. Restano tuttavia da affrontare le inefficienze nei servizi di trasporto locale. Nel settore energetico, la separazione proprietaria nel settore del gas è completata e il funzionamento dei mercati del gas e dell’elettricità è migliorato, sebbene i prezzi rimangano elevati; · progressi limitati per quanto riguarda le carenze infrastrutturali. Le carenze nelle interconnessioni energetiche e nel trasporto intermodale, in particolare nei porti, rappresentano ancora un’importante strozzatura. Anche nel settore delle telecomunicazioni rimangono delle carenze: i piani di investimento esistenti appaiono insufficienti per garantire il conseguimento degli obiettivi dell’Agenda digitale relativi alla copertura delle reti a banda larga ad alta velocità.

Europa 2020 (obiettivi nazionali e progressi realizzati)

Obiettivo in materia di tasso di occupazione fissato nel piano nazionale di riforma 2012: 67-69% || Il tasso di occupazione era del 61,2% nel 2011, del 61% nel 2012 e del 59,8% nel 2013. Non è stato fatto alcun progresso verso il conseguimento dell’obiettivo.

Obiettivo in materia di ricerca e sviluppo fissato nel piano nazionale di riforma 2012: 1,53% del PIL || La spesa nazionale lorda per R&S è stata dell’1,25% nel 2011 e dell’1,27% nel 2012 (dati provvisori). Sono stati compiuti progressi molto limitati verso il conseguimento dell’obiettivo.

Obiettivo relativo alle emissioni di gas serra: -13% (rispetto ai livelli del 2005); le emissioni ETS non rientrano in questo obiettivo nazionale. || Tra il 2005 e il 2012 le emissioni di gas a effetto serra non ETS sono diminuite del 16,8%, raggiungendo pertanto l’obiettivo per il 2020. Tuttavia, stando alle ultime proiezioni nazionali presentate alla Commissione e tenendo conto delle misure vigenti, le emissioni torneranno ad aumentare e si prevede che l’obiettivo non verrà raggiunto: -9,5% nel 2020 rispetto ai livelli del 2005 (cioè 3,5 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo secondo le previsioni).

Obiettivo relativo alle energie rinnovabili: 17% || La proporzione delle energie rinnovabili sul consumo finale lordo di energia era del 12,3% nel 2011 e del 13,5% nel 2012. È stato fatto qualche progresso verso il conseguimento dell’obiettivo.

Efficienza energetica: livello assoluto di consumo di energia primaria di 158 Mtep || Nel 2012 il consumo di energia primaria in Italia è stato pari a 155,2 Mtep, entro l’obiettivo della strategia Europa 2020. È necessario mantenere questo risultato nel tempo.

Obiettivo relativo all’abbandono scolastico: 16% || Il tasso di abbandono scolastico (misurato in percentuale della popolazione di età compresa tra 18 e 24 anni con al massimo un titolo di istruzione secondaria inferiore che non segue ulteriori corsi di istruzione o formazione) era del 18,2% nel 2011, del 17,6% nel 2012 e del 17,0% nel 2013. È stato fatto qualche progresso verso il conseguimento dell’obiettivo.

Obiettivo relativo all’istruzione terziaria: 26-27% || Il tasso di istruzione terziaria era del 20,3% nel 2011, del 21,7% nel 2012 e del 22,4% nel 2013. È stato fatto qualche progresso verso il conseguimento dell’obiettivo.

Obiettivo relativo alla riduzione della popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale in numero di persone: -2 200 000 (rispetto al 2008, che equivale a 12 899 0000 persone a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2020) || Persone a rischio di povertà o esclusione sociale: 17 112 000 nel 2011, 18 194 000 nel 2012. Non è stato fatto alcun progresso verso il conseguimento dell’obiettivo.

Allegato

Tabelle standard

Tabella I. Indicatori macroeconomici

Tabella II. Confronto tra sviluppi e prospettive a livello macroeconomico

Tabella III. Composizione dell’aggiustamento di bilancio

Tabella IV. Dinamica del debito

Tabella V – Indicatori di sostenibilità

Tabella VI. Indicatori fiscali

Tabella VII. Indicatori del mercato finanziario

Tabella VIII. Indicatori del mercato del lavoro e sociali

Tabella IX. Risultati per i mercati dei prodotti e indicatori di policy

Tabella X. Crescita verde

Elenco degli indicatori utilizzati nel riquadro 4 - Impatto potenziale delle riforme strutturali sulla crescita.

Margine del settore sui beni finali: margine prezzo-costo, è la differenza fra il prezzo di vendita di un bene/servizio e il relativo costo. I margini dei beni finali sono rappresentati dai margini in taluni settori di servizi (trasporto e stoccaggio, poste e telecomunicazioni, energia elettrica, fornitura di gas e acqua, servizi alberghieri e di ristorazione e intermediazione finanziaria ma escluse le attività immobiliari e la locazione di macchinari e apparecchiature e altre attività commerciali[71]).

Fonte: stima dei servizi della Commissione utilizzando la metodologia di W. Roeger (1995). “Can imperfect Competition explain the Difference between primal and dual Productivity?” Journal of Political Economy, Vol. 103(2) pag. 316, basato sui dati EUKLEMS 1996-2007.

Costi di accesso: costo di avvio di una nuova impresa nel settore intermedio, in percentuale del reddito pro capite. Nel modello il settore intermedio è rappresentato dal settore manifatturiero.

Fonte: Banca mondiale, Banca dati Doing business. www.doingbusiness.org. Dati 2012.

Aliquota implicita sui consumi: è il rapporto tra il totale delle imposte sui consumi e il valore dei consumi privati. Nella simulazione è usata come indice dello spostamento dell’imposizione dal lavoro alle imposte indirette. L’aliquota implicita sui consumi è aumentata (dimezzando il divario nei confronti dei paesi con i migliori livelli) mentre le aliquote d’imposta sul lavoro sono diminuite di modo che l’effetto combinato non incide, a priori, sul bilancio.

Fonte: Commissione europea, Taxation Trends in the European Union, edizione 2013, Lussemburgo, 2013. Dati 2011.

Percentuale di lavoratori altamente qualificati e scarsamente qualificati: la percentuale di lavoratori altamente qualificati è aumentata e quella di lavoratori scarsamente qualificati è diminuita (dimezzando il divario nei confronti dei paesi con i migliori livelli). La qualifica dei lavoratori scarsamente qualificati corrisponde ai livelli ISCED 0-2; i lavoratori altamente qualificati corrispondono ai ricercatori scientifici (nell’ambito della matematica, informatica, ingegneria, e nel settore manifatturiero e della costruzione). Il resto dei lavoratori ha un livello di qualifica medio.

Fonte: EUROSTAT. Dati 2012 o ultimi dati disponibili.

Tasso di mancata partecipazione delle donne: percentuale di donne in età lavorativa che non svolgono un’attività retribuita né sono alla ricerca di un lavoro retribuito sulla popolazione totale di donne in età lavorativa.

Fonte: EUROSTAT. Dati 2012 o ultimi dati disponibili.

Tasso di mancata partecipazione degli uomini scarsamente qualificati: percentuale di uomini scarsamente qualificati in età lavorativa che non svolgono un’attività retribuita né sono alla ricerca di un lavoro retribuito sulla popolazione totale di uomini in età lavorativa.

Fonte: EUROSTAT. Dati 2012 o ultimi dati disponibili.

Tasso di mancata partecipazione dei lavoratori anziani (fascia di età 55-64 anni): percentuale di persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni che non svolge un’attività retribuita né è alla ricerca di un lavoro retribuito sulla popolazione totale di persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni.

Fonte: EUROSTAT. Dati 2012 o ultimi dati disponibili.

Politiche attive del mercato del lavoro: spesa per le politiche attive del mercato del lavoro in percentuale del PIL divisa per la percentuale di disoccupati nella popolazione.

Fonte: EUROSTAT. Dati 2011 o ultimi dati disponibili.

Tasso di sostituzione del sussidio: percentuale del reddito percepito da un lavoratore prima della disoccupazione che è erogata dal sistema di ammortizzatori sociali. Media dei tassi di sostituzione netta su 60 mesi di disoccupazione.

Fonte: OCSE, Benefits and Wages Statistics. www.oecd.org/els/benefitsandwagesstatistics.htm. Dati 2012.

[1] COM(2013) 800 final.

[2] COM(2013) 790 final.

[3] Oltre ai 16 Stati membri individuati nella relazione sul meccanismo di allerta, anche l’Irlanda è stata oggetto di un esame approfondito, in seguito alla conclusione del Consiglio secondo la quale dovrebbe essere pienamente integrata nel quadro normale di sorveglianza poiché ha completato con successo il programma di assistenza finanziaria.

[4] Le stime sono effettuate usando i modelli macroeconomici ITEM, IGEM e una versione nazionale del modello QUEST III della Commissione europea.

[5] Decreto legge 66/2014.

[6] Per qualche voce di spesa il programma presenta altresì una proiezione basata su politiche invariate che mostra un calo inferiore del rapporto complessivo spesa/PIL (‑2,8 punti percentuali del PIL) e della retribuzione dei dipendenti (‑0,9 punti percentuali del PIL).

[7] Per una spiegazione cfr la relazione sulle finanze pubbliche del 2013:

http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2013/pdf/ee-2013-4.pdf

[8] C(2013) 8005 final. http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/pdf/dbp/it_2013-11-15_co_it.pdf

[9] Cfr. la tabella V dell’allegato. L’indicatore del divario di sostenibilità a medio termine (S1) indica lo sforzo di aggiustamento anticipato necessario, in termini di miglioramento costante del saldo primario strutturale, da introdurre fino al 2020 e mantenere per un decennio, per portare il rapporto debito/PIL al 60% nel 2030, compreso il finanziamento per tutte le spese aggiuntive fino alla data obiettivo derivanti dall’invecchiamento della popolazione. Per valutare l’entità della sfida di sostenibilità sono state usate le seguenti soglie: i) se l’indicatore S1 è inferiore a 0, il paese si qualifica a basso rischio; ii) se è necessario un aggiustamento strutturale annuo del saldo primario di massimo 0,5 punti percentuali del PIL fino al 2020 dopo l’ultimo anno oggetto delle previsioni di autunno 2013 (il 2015), ovvero un aggiustamento cumulato di 2,5 punti percentuali, il paese si qualifica a rischio medio; e iii) se è maggior di 2,5 punti percentuali, cioè è necessario un aggiustamento strutturale annuo superiore a 0,5 punti percentuali del PIL, il paese si qualifica a rischio elevato.

[10] Cfr. la tabella V dell’allegato. L’indicatore del divario di sostenibilità a lungo termine (S2) indica l’aggiustamento immediato e permanente necessario per soddisfare un vincolo di bilancio intertemporale, compreso il costo dell’invecchiamento demografico. L’indicatore S2 ha due componenti: i) la posizione di bilancio iniziale che indica il divario rispetto al saldo primario che stabilizza il debito e ii) l’aggiustamento aggiuntivo necessario causato dal costo dell’invecchiamento. La principale ipotesi, adottata nel calcolo dell’indicatore S2 è che, in un orizzonte infinito, la crescita del rapporto debito/PIL è vincolata al differenziale del tasso di interesse (ossia la differenza tra l’interesse nominale e i tassi di crescita reale), il che non implica necessariamente che il rapporto debito/PIL scenderà al di sotto della soglia del 60% fissata nel trattato UE. Per l’indicatore S2 sono state usate le seguenti soglie: i) se il valore di S2 è inferiore a 2, il paese si qualifica a basso rischio; ii) se è compreso fra 2 e 6, il paese si qualifica a rischio medio; e iii) se è maggiore di 6, il paese si qualifica a rischio elevato.

[11] CASE (2013), Studio finalizzato a quantificare e analizzare il divario dell’IVA negli Stati membri dell’UE-27. Il divario dell’IVA consiste nella differenza tra il debito d’imposta teorico in base alla normativa tributaria e il gettito effettivamente riscosso, espressa come percentuale del debito d’imposta teorico.

[12] Corte dei Conti (2013), Rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica.

[13] Compresi tutti gli importi, accumulati nel corso degli anni, che sono stati contestati da parte della pubblica amministrazione, fra cui quelli nei confronti di imprese che hanno cessato l’attività e quelli che possono essere stati oggetto di ricorso. I dati provengono dal rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei conti, pag. 21:

http://www.corteconti.it/_documenti/controllo/sezioni_riunite/sezioni_riunite_in_sede_di_controllo/2013/28_maggio_2013_rapporto_2013_finanza_pubblica.pdf.

[14] Ibidem. La Corte dei conti italiana fornisce due principali ragioni del calo del tasso di riscossione delle imposte a mezzo ruoli: da un lato la riscossione tributaria ha risentito della crisi economica, che ha reso insolventi numerosi contribuenti; dall’altro la Corte afferma che i recenti cambiamenti del sistema di riscossione fiscale italiano hanno finito per indebolire i poteri dell’amministrazione tributaria di riscossione coattiva dei tributi.

[15]Ministero Economia e Finanze (2013), Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell’evasione fiscale. Allegato alla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2013. http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/Rapporto_evasione.pdf.

[16] Ibidem, pag. 37. Il recupero dei debiti d’imposta a mezzo ruoli è diminuito del 7% nel periodo 2011‑2012, passando da 4,5 miliardi di EUR nel 2011 a 4,2 miliardi di EUR nel 2012. Secondo la stessa nota, nel 2012, l’Italia ha recuperato in totale 12,5 miliardi di EUR dalla lotta all’evasione fiscale. Questa cifra comprende sia i pagamenti di imposte a mezzo ruoli che i versamenti volontari di debiti fiscali arretrati (versamenti diretti).

[17] Eunomia research and consulting e università di Aarhus (2014), “Study on environmental tax reform potential in 12 EU Member States”. Cfr. anche: OCSE (2013), OECD Environmental Performance Reviews: Italy 2013 (lo studio osserva che le imposte ambientali in Italia non rispecchiano a sufficienza le esternalità ambientali); Istituto per la politica ambientale europea (2013), Steps to greening country report: Italy. Relazione per la Commissione europea, pag. 15.

[18] Commissione europea (2014), Squilibri macroeconomici. Italia, European Economy, Occasional paper 82, marzo 2014.

[19] Nel 2012 1,7 milioni dei contratti a tempo determinato in corso (il 17,4% del totale) avevano una durata compresa fra 1 e 3 giorni. Il numero di contratti a tempo determinato di durata breve è ulteriormente aumentato fino al primo semestre del 2013. Fonte: Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, “Il primo anno di applicazione della legge 92/2012” Quaderno n.1, gennaio 2014.

[20] I dati messi a disposizione dall’OCSEL della CISL indicano che il numero di accordi di secondo livello è diminuito di circa il 15% dal 2011 e che il 61% degli accordi conclusi nel 2013 ha usufruito della defiscalizzazione resa disponibile nel gennaio 2013. Per un’analisi più dettagliata, cfr. l’esame approfondito 2014 dell’Italia.

[21] L’Italia ha presentato il piano di attuazione della garanzia per i giovani nel dicembre 2013: http://www.lavoro.gov.it/Notizie/Documents/01_08_2014%20%20Piano%20di%20attuazione%20italiano%20della%20Garanzia%20per%20i%20Giovani.pdf

[22] Decreto legge 34/2014.

[23] Le imprese che non rispettano il limite incorreranno in sanzioni amministrative.

[24] Gli istituti di ricerca pubblici e privati sono esentati da tale limite, nonché dal limite della durata massima triennale.

[25] Il numero di contratti di apprendistato è diminuito da 528 183 nel 2010 a 469 855 nel 2012. In particolare, la quota di giovani lavoratori di età compresa tra i 15 e i 29 anni con un contratto di apprendistato è diminuita dal 14,7% al 13,9% nello stesso periodo. Fonte: Ministero del Lavoro — ISFOL — INPS (2013), XIV Rapporto di monitoraggio apprendistato: http://www.isfol.it/highlights/xiv-rapporto-di-monitoraggio-apprendistato/xiv-rapporto-di-monitoaraggio-apprendistato.-3-i-numeri-dell2019apprendistato

[26] http://www.minori.it/minori/rapporto-di-monitoraggio-del-piano-nidi-al-31-dicembre-2012.

[27] Indagine sui servizi per l’impiego 2013: rapporto di monitoraggio, ministero del Lavoro, dicembre 2013:

http://www.cliclavoro.gov.it/Barometro-Del-Lavoro/Documents/Rapporto_monitoraggio_SPI_2013.pdf.

[28] Il tasso di abbandono scolastico è definito come la percentuale della popolazione di età compresa tra i 18 e i 24 anni con al massimo un titolo di istruzione secondaria inferiore e non inserita in corsi di istruzione o formazione.

[29] Programma dell’OCSE per la valutazione internazionale delle competenze degli adulti (PIAAC).

[30] Il 3,7% dei giovani di età compresa fra i 15 e i 29 anni nel 2012, a fronte di una media UE del 12,9%.

[31] Decreto legge 104/2013 convertito in legge 128/2013.

[32] La percentuale è aumentata di oltre 7 punti percentuali, passando dal 6,9% nel 2010, all’11,2% nel 2011 e al 14,5% nel 2012.

[33] Dal 2008 al 2012, la percentuale di lavoratori a rischio di povertà è aumentata di 1,1 punti percentuali, raggiungendo l’11,1%.

[34] Decreto legge 47/2014 “Misure urgenti per l’emergenza abitativa”.

[35] Articolo 9 del decreto legge 1/2012 e articolo 2233 del codice civile. Cfr. anche: Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (2012), Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2013.

[36] AGCM (2012), Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza, anno 2013.

[37] OCSE (2014), Going for Growth, relazione intermedia 2014.

[38] Corte dei Conti (2012), Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica. Degli oltre 8 000 enti locali, l’indagine ne ha censiti 7 200.

[39] Corte dei Conti (2014), Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica.

[40] Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza (2013), Audizione presso la IX Commissione della Camera dei Deputati — Indagine conoscitiva sul settore del trasporto pubblico locale.

[41] Corte Costituzionale (2012), Sentenza 199/2012.

[42] Cassa Depositi e Prestiti (2013), Mobilità urbana, Studio di Settore 04.

[43] Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza (2013), Audizione presso la IX Commissione della Camera dei Deputati — Indagine conoscitiva sul settore del trasporto pubblico locale.

[44] Eurostat (2013), Indagine comunitaria sull’utilizzo delle TIC nelle famiglie e da parte degli individui.

[45] L’Italia è al terzultimo posto nella classifica dell’indice aggregato di soddisfazione per le stazioni e gli spostamenti ferroviari. Cfr. Commissione europea, Flash Eurobarometro n. 382a del 2013, http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_382a_en.pdf.

[46] Decreto Interministeriale 8 Marzo 2013.

[47] La strategia energetica nazionale fissa i seguenti obiettivi: riduzione del 21% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al 2005 (obiettivo iniziale per l’Italia: 18% per il totale delle emissioni ETS e non ETS); produzione del 19-20% dell’energia da risorse rinnovabili (obiettivo iniziale per l’Italia: 17%) e riduzione del 24% del consumo di energia primaria (obiettivo iniziale: riduzione del 20% a livello UE).

[48] La proporzione delle energie rinnovabili sul consumo finale lordo di energia è aumentata, passando dal 12,3% nel 2011 al 13,5% nel 2012, rispetto all’obiettivo del 17% previsto dalla strategia Europa 2020. Nel 2012 il livello di consumo di energia primaria è stato pari a 155,2 Mtep, inferiore all’obiettivo della strategia Europa 2020.

[49] Per le inondazioni: Risk and Policy Analysts (2014), Study on Economic and Social Benefits of Environmental Protection and Resource Efficiency related to the European Semester, Relazione per la Commissione europea, DG Ambiente; per l’inquinamento atmosferico: valutazione d’impatto del pacchetto integrato “Aria pulita” della Commissione (2013), cfr.: http://ec.europa.eu/environment/air/clean_air_policy.htm.

[50] Il margine del settore sui beni finali è la differenza fra il prezzo di vendita di un bene/servizio e il relativo costo. I costi di accesso sono i costi di avvio di una nuova impresa nel settore intermedio. L’aliquota implicita sui consumi è un indice dello spostamento dell’imposizione dal lavoro alle imposte indirette. Il tasso di sostituzione del sussidio è la percentuale del reddito percepito da un lavoratore prima della disoccupazione che è erogata dal sistema di ammortizzatori sociali. Per una spiegazione dettagliata degli indicatori si veda l’allegato.

[51] Per una spiegazione dettagliata dei meccanismi di trasmissione degli scenari di riforma cfr.: Commissione europea (2013), The growth impact of structural reforms, capitolo 2, Quarterly report on the euro area, n. 4, dicembre 2013, Bruxelles;

http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/qr_euro_area/2013/pdf/qrea4_section_2_en.pdf.

[52] Banca mondiale (2013), 2013 Worldwide Governance Indicators, Banca mondiale (2014), Doing business 2014.

[53] Cfr.: http://www.governo.it/Presidenza/UPG/monitoraggio/ReportAttuazione_20131231.pdf.

[54] Decreto legge 69/2013 (il cosiddetto “decreto del fare”), convertito in legge 98/2013.

[55] Banca mondiale (2014), Doing Business 2014, disponibile all’indirizzo: http://www.doingbusiness.org

[56] Decreto legge 69/2013, convertito in legge 98/2013; decreto legge 145/2013, convertito in legge 9/2014.

[57] http://www.funzionepubblica.gov.it/media/1066528/semplificazione_amministrativa_aprile2013.pdf.

[58] Decreto legge 66/2014 (non ancora convertito in legge).

[59] OCSE (2013), Government at a Glance.

[60] Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (2012), Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012.

[61] Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (2012), Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012.

[62] Commissione europea (2012), Una strategia per gli appalti elettronici, COM(2012) 0179, http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52012DC0179. Per appalti elettronici si intende l’uso di comunicazioni elettroniche e trattamento elettronico delle operazioni da parte delle organizzazioni del settore pubblico per l’acquisto di forniture e servizi o per l’aggiudicazione di appalti di lavori pubblici.

[63] Commissione europea (2013), Appalti elettronici end-to-end per modernizzare la pubblica amministrazione, COM(2013) 453, http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52013DC0453. La diffusione è stimata dividendo il valore degli appalti pubblici per i quali le imprese hanno presentato offerte per via elettronica nel paese per il valore totale degli appalti nel paese.

[64] Direttiva 2014/23/UE, direttiva 2014/24/UE, e direttiva 2014/25/UE.

[65] Decreto legge 66/2014 (non ancora convertito in legge).

[66] Il tasso di ricambio — il rapporto tra il numero di procedimenti esauriti e il numero di procedimenti sopravvenuti in un anno — per i contenziosi civili e commerciali in primo grado è aumentato dal 118% nel 2010 al 131% nel 2012. Al 1º gennaio 2012 i procedimenti non contenziosi pendenti in materia civile e commerciale in primo grado erano complessivamente 3 796 202. Fonti: Commissione europea, Quadro di valutazione UE della giustizia 2014, e Consiglio d’Europa -Commissione europea per l’efficacia della giustizia (CEPEJ), Study on the functioning of judicial systems in the EU Member States: Facts and figures from the CEPEJ 2012-2014 evaluation exercise, elaborato per la Commissione europea.

[67] La mediazione obbligatoria è stata introdotta per la prima volta nel 2011, ma la legge è stata dichiarata incostituzionale nel 2012 (tuttavia non per motivi relativi all’istituto in sé), determinando un calo significativo del numero di decisioni di mediazione. È stata in seguito reintrodotta nel 2013.

[68] Legge 125/2013.

[69] Il GRECO ha già formulato una raccomandazione in materia nei confronti dell’Italia nell’ambito delle relazioni del primo, secondo e terzo ciclo di valutazione, disponibili all’indirizzo: http://www.coe.int/t/dghl/monitoring/greco/evaluations/index_en.asp.

[70] Per valutare i progressi registrati nell’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese contenute nella raccomandazione del Consiglio 2013 è utilizzata le classificazione seguente: Nessun progresso: lo Stato membro non ha né annunciato né adottato misure in risposta alla raccomandazione specifica per paese. Questa categoria si applica anche qualora uno Stato membro abbia incaricato un gruppo di studio di valutare altre possibili misure. Progressi limitati: lo Stato membro ha annunciato alcune misure in risposta alla raccomandazione specifica per paese, ma tali misure risultano insufficienti e/o la loro adozione/attuazione è a rischio. Qualche progresso: lo Stato membro ha annunciato o adottato misure in risposta alla raccomandazione specifica per paese. Le misure sono promettenti, ma non tutte sono state già attuate e l’attuazione non è in tutti i casi certa. Progressi notevoli: lo Stato membro ha adottato delle misure, la maggior parte delle quali sono state attuate. Queste misure contribuiscono notevolmente a rispondere alla raccomandazione specifica per paese. Pienamente eseguita: lo Stato membro ha adottato e attuato le misure per rispondere adeguatamente alla raccomandazione specifica per paese.

[71] Il settore immobiliare è escluso a causa delle difficoltà di ordine statistico per stimare un margine in questo settore. La locazione di macchinari e apparecchiature del settore e altre attività commerciali rientrano concettualmente nel settore dei beni intermedi.