SENTENZA DELLA CORTE DEL 27 OTTOBRE 1993. - DOTT. PAMELA MARY ENDERBY CONTRO FRENCHAY HEALTH AUTHORITY E SECRETARY OF STATE FOR HEALTH. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COURT OF APPEAL (ENGLAND) - REGNO UNITO. - PARITA DI RETRIBUZIONE TRA LAVORATORI DI SESSO MASCHILE E FEMMINILE. - CAUSA C-127/92.
raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-05535
edizione speciale svedese pagina I-00383
edizione speciale finlandese pagina I-00429
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
1. Questioni pregiudiziali ° Competenza della Corte ° Limiti ° Domanda di interpretazione non manifestamente priva di rapporti con l' oggetto della controversia ° Obbligo di pronuncia
(Trattato CEE, art. 177)
2. Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Parità di retribuzione ° Differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, esercitate l' una quasi esclusivamente da donne, l' altra prevalentemente da uomini ° Onere di provare l' assenza di discriminazioni
(Trattato CEE, art. 119)
3. Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Parità di retribuzione ° Differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, esercitate l' una quasi esclusivamente da donne, l' altra prevalentemente da uomini ° Giustificazione dedotta dalla determinazione delle retribuzioni tramite contrattazioni collettive separate ° Inammissibilità nel caso in cui si tratti di una disparità di trattamento fra due gruppi che dipendono dallo stesso datore di lavoro e che sono rappresentati dallo stesso sindacato
(Trattato CEE, art. 119)
4. Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Parità di retribuzione ° Differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, esercitate l' una quasi esclusivamente da donne, l' altra prevalentemente da uomini ° Valutazione da parte del giudice nazionale dell' esistenza di motivi economici che costituiscano giustificazioni obiettive
(Trattato CEE, art. 119)
1. L' art. 177 del Trattato istituisce una stretta collaborazione, basata su una ripartizione dei compiti, fra i giudici nazionali e la Corte. In tale contesto, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia, e che deve assumersi la responsabilità dell' emananda decisione giurisprudenziale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronunzia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte.
Di conseguenza, posto che le sia stata proposta una domanda di interpretazione del diritto comunitario non manifestamente priva di qualsiasi rapporto con la realtà o con l' oggetto della causa principale, la Corte deve pronunciarsi in proposito, mentre non è tenuta ad accertare essa stessa la validità di un' ipotesi che, se necessario, dovrà essere successivamente verificata dal giudice nazionale.
2. L' inversione dell' onere della prova dell' esistenza di una discriminazione fondata sul sesso, il quale incombe, in via di principio, al lavoratore che, ritenendosi vittima di una siffatta discriminazione, agisce nei confronti del datore di lavoro, è ammessa qualora risulti necessaria per non privare i lavoratori presumibilmente vittime di una discriminazione di qualsiasi mezzo efficace per far rispettare il principio della parità di retribuzioni.
Pertanto, qualora da statistiche, che il giudice reputi significative, risulti una notevole differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, delle quali l' una è esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini, l' art. 119 del Trattato obbliga il datore di lavoro a giustificare questa differenza mediante fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.
3. La circostanza che i livelli retributivi riguardanti due funzioni di uguale valore, delle quali l' una è esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini, siano stati determinati tramite contrattazioni collettive, che sono state condotte separatamente per ciascuno dei due gruppi professionali interessati e che non hanno avuto effetti discriminatori nell' ambito di ciascuno di questi due gruppi, non osta alla constatazione del fatto che, a prima vista, ci si trova di fronte a una discriminazione, qualora tali contrattazioni abbiano portato a risultati implicanti una disparità di trattamento fra due gruppi che dipendono dallo stesso datore di lavoro e che sono rappresentati dallo stesso sindacato, il che comporta per il datore di lavoro l' onere di provare che non sia stata violato l' art. 119 del Trattato.
Il datore di lavoro potrebbe infatti eludere facilmente attraverso separate contrattazioni il principio della parità delle retribuzioni se, per giustificare la disparità salariale, potesse limitarsi a far valere l' assenza di discriminazioni nell' ambito di ciascuna contrattazione considerata separatamente.
4. Spetta al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti, determinare, applicando all' occorrenza il principio di proporzionalità, se e in qual misura la scarsezza di candidati per una data funzione e la necessità di offrire, come incentivo, retribuzioni più elevate costituiscano un motivo economico obiettivamente giustificato della differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, delle quali l' una è esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini.
Nel procedimento C-127/92,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dalla Court of Appeal dell' Inghilterra e del Galles, nella causa dinanzi ad essa pendente tra
Dott.ssa Pamela Mary Enderby
e
Frenchay Health Authority
Secretary of State for Health,
domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 119 del Trattato, che sancisce il principio della parità di retribuzione fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile,
LA CORTE,
composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida e D.A.O. Edward, presidenti di sezione, R. Joliet, F. A. Schockweiler, F. Grévisse, M. Zuleeg e J.L. Murray, giudici,
avvocato generale: C.O. Lenz
cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore
viste le osservazioni scritte presentate:
° per la dott.ssa Enderby, ricorrente nella causa principale, dagli avv.ti Anthony Lester, QC, e David Pannick, QC,
° per la Frenchay Health Authority (FHA), prima resistente nella causa principale, dagli avv.ti Eldred Tabachnik, QC, e Adrian Lynch, barrister, incaricati dallo studio Bevan Ashford, solicitors,
° per il governo del Regno Unito, dalla signorina Sue Cochrane, del Treasury Solicitor' s Department, in qualità di agente, assistita dal signor Patrick Elias, QC, e dalla signora Eleanor Sharpston, barrister,
° per il governo della Repubblica federale di Germania, dai signori Ernst Roeder e Claus-Dieter Quassowski, rispettivamente, Ministerialrat e Regierungsdirektor presso il ministero federale dell' Economia, in qualità di agenti,
° per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora Karen Banks, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,
vista la relazione d' udienza,
sentite le osservazioni orali della dott.ssa Enderby, della FHA, del governo del Regno Unito, del governo tedesco e della Commissione, nell' udienza del 15 giugno 1993,
sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 14 luglio 1993,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ordinanza 30 ottobre 1991, pervenuta in cancelleria il 17 aprile 1992, la Court of Appeal dell' Inghilterra e del Galles ha sottoposto a questa Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, varie questioni pregiudiziali vertenti sull' interpretazione dell' art. 119 del Trattato, che sancisce il principio della parità di retribuzione tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile.
2 Le suddette questioni sono state sollevate in una controversia fra la dr.ssa Pamela Enderby, da una parte, e la Frenchay Health Authority (in prosieguo "FHA") ed il Secretary of State for Health, dall' altra, in merito alla differenza di retribuzione tra due funzioni esercitate nell' ambito del National Health Service (in prosieguo "NHS").
3 La ricorrente nella causa principale, che presta servizio in qualità di logopedista alle dipendenze della FHA, si ritiene vittima di una discriminazione salariale fondata sul sesso, in quanto, al suo livello d' inquadramento nell' ambito del NHS (Chief III), coloro che esercitano la sua professione, alla quale si dedicano prevalentemente donne, percepiscono una retribuzione notevolmente inferiore a quella di coloro che esercitano professioni analoghe in cui, ad un livello di carriera equivalente, gli uomini sono più numerosi delle donne. Nel 1986 essa citava in giudizio il suo datore di lavoro dinanzi ad un Industrial Tribunal, facendo valere che la propria retribuzione annua era di sole 10 106 , mentre quelle relative alle funzioni di psicologo clinico principale e di farmacista principale di grado III, funzioni equivalenti alla sua, erano rispettivamente di 12 527 e di 14 106 .
4 La domanda della dr.ssa Enderby veniva respinta dall' Industrial Tribunal e successivamente, in sede di appello, dall' Employment Appeal Tribunal. Secondo il giudice di primo grado, le differenze di retribuzione derivavano dalla specifica organizzazione di ciascuna categoria professionale ed in particolare dal fatto che erano stati stipulati contratti collettivi distinti, non aventi carattere discriminatorio. Anche il giudice d' appello considerava che dette differenze non erano dovute ad un intento discriminatorio. Inoltre, esso riteneva che era stato provato come la situazione del mercato del lavoro incidesse in parte sulla differenza di retribuzione fra logopedisti e farmacisti e che ciò era sufficiente per giustificare globalmente l' accertata differenza fra queste due categorie.
5 Adita a sua volta, la Court of Appeal, ritenendo che la definizione della controversia dipendeva dall' interpretazione dell' art. 119 del Trattato, decideva di effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Nell' esporre i fatti, nella propria ordinanza, essa ha designato come "funzione A" l' attività di logopedista principale e come "funzione B" l' attività di farmacista principale, presumendo, ai fini del presente procedimento, che queste due diverse funzioni siano di uguale valore. Essa ha poi formulato le seguenti questioni:
"1) Se il principio della parità delle retribuzioni enunciato dall' art. 119 del Trattato di Roma imponga al datore di lavoro di dare un' obiettiva giustificazione alla differenza di retribuzione tra la funzione A e la funzione B.
2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1, se il datore di lavoro possa addurre, quale ragione sufficiente per la differenza di retribuzione, il fatto che le retribuzioni rispettive della funzione A e della funzione B sono state stabilite tramite contrattazioni collettive diverse che (considerate separatamente) non discriminano sulla base del sesso e non operano in modo da arrecare svantaggio alle donne a causa del sesso.
3) Se, qualora il datore di lavoro sia in grado di dimostrare che a volte si verifica una forte carenza di candidati atti a svolgere la funzione B, e che egli paga, come incentivo, una più elevata retribuzione ai lavoratori che esercitano la funzione B, ma d' altro lato si possa dimostrare che solo una parte della differenza di retribuzione tra la funzione B e la funzione A deriva dalla necessità di attrarre candidati adatti alla funzione B,
a) l' intera differenza di retribuzione sia obiettivamente giustificata, oppure
b) soltanto la parte della differenza che serve ad attrarre candidati adatti alla funzione B sia obiettivamente giustificata, oppure
c) il datore di lavoro debba retribuire allo stesso modo la funzione A e la funzione B perché non è riuscito a dimostrare che l' intera differenza è obiettivamente giustificata".
6 Per una più ampia esposizione dei fatti della causa principale, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati, in prosieguo, solo nella misura necessaria al ragionamento della Corte.
Sulla prima questione
7 Con la prima questione, la Court of Appeal mira a stabilire se il principio della parità delle retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile obblighi il datore di lavoro a provare, fornendo una giustificazione obiettiva, che una differenza di retribuzione fra due attività che si presuppongono equivalenti e di cui l' una viene esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini non costituisce una discriminazione fondata sul sesso.
Sulla rilevanza della questione
8 Il governo tedesco sostiene che la Corte non può statuire sulla questione sottopostale senza aver prima accertato se le funzioni di cui trattasi siano equivalenti. Poiché, a suo avviso, le funzioni di logopedista e di farmacista non sono comparabili, non può sussistere alcuna violazione dell' art. 119 del Trattato e, di conseguenza, non è necessario che le differenze di retribuzione siano giustificate obiettivamente.
9 Questa tesi non può essere accolta.
10 Va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l' art. 177 del Trattato istituisce una stretta collaborazione, basata su una ripartizione dei compiti, fra i giudici nazionali e la Corte. In tale contesto, spetta esclusivamente al giudice nazionale adito, che si assume la responsabilità della decisione, valutare, alla luce delle peculiarità di ciascuna causa, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini del giudizio quanto la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte (v., in particolare, sentenza 16 luglio 1992, Asociación Española de Banca Privada, causa C-67/91, Racc. pag. I-4785, punto 25 della motivazione). Perciò, se la domanda del giudice nazionale verte sull' interpretazione di una norma comunitaria, la Corte è tenuta a statuire in proposito, a meno che non le si chieda di pronunciarsi su un problema generale di carattere puramente ipotetico, senza disporre degli elementi di fatto o di diritto necessari per risolvere utilmente le questioni sottopostele (v. sentenza 16 luglio 1992, Meilicke, causa C-83/91, Racc. pag. I-4871).
11 Nel caso di specie, la Court of Appeal, così come i giudici ai quali la controversia è stata precedentemente sottoposta, ha deciso, com' è consentito dalla legislazione britannica e con l' accordo delle parti, di esaminare la questione della giustificazione obiettiva della differenza di retribuzione prima di quella relativa all' equivalenza delle funzioni di cui trattasi, che può richiedere più complessi accertamenti. E' questo il motivo per cui le questioni pregiudiziali sono state formulate partendo dal presupposto che tali funzioni siano di uguale valore.
12 Poiché le è stata proposta una domanda d' interpretazione del diritto comunitario che non è manifestamente priva di qualsiasi rapporto con la realtà o con l' oggetto della causa principale, la Corte deve quindi pronunciarsi in proposito, mentre non è tenuta ad accertare essa stessa la validità di un' ipotesi che, se necessario, dovrà essere successivamente verificata dal giudice nazionale.
Sulla questione posta
13 Spetta normalmente alla persona che fa valere in giudizio determinati fatti a sostegno di una sua pretesa fornire la prova di tali fatti. L' onere di provare l' esistenza di una discriminazione salariale fondata sul sesso incombe quindi, in via di principio, al lavoratore che, ritenendosi vittima di una siffatta discriminazione, agisce nei confronti del datore di lavoro per ottenere che la discriminazione venga abolita.
14 Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l' inversione dell' onere della prova è ammessa, qualora risulti necessaria per non privare i lavoratori presumibilmente vittime di una discriminazione di qualsiasi mezzo efficace per far rispettare il principio della parità delle retribuzioni. Ad esempio, un provvedimento che distingua i dipendenti a seconda dell' orario di lavoro, e che di fatto colpisca sfavorevolmente un numero molto più elevato di persone dell' uno o dell' altro sesso, va considerato in contrasto con lo scopo perseguito dall' art. 119 del Trattato, a meno che il datore di lavoro non provi che il provvedimento è giustificato da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (sentenza 13 maggio 1986, Bilka, causa 170/84, Racc. pag. 1607, punto 31 della motivazione; sentenza 27 giugno 1990, Kowalska, causa C-33/89, Racc. pag. I-2591, punto 16 della motivazione; sentenza 7 febbraio 1991, Nimz, causa C-184/89, Racc. pag. I-297, punto 15 della motivazione). Così pure, qualora l' impresa applichi un sistema di retribuzione caratterizzato da una totale mancanza di trasparenza, ove il lavoratore di sesso femminile dimostri, su un numero relativamente elevato di lavoratori, che la retribuzione media dei lavoratori di sesso femminile è inferiore a quella dei lavoratori di sesso maschile, il datore di lavoro ha l' onere di provare che la sua prassi salariale non è discriminatoria (sentenza 17 ottobre 1989, H.K./Danfoss, causa 109/88, Racc. pag. 3199, punto 16 della motivazione).
15 Nella fattispecie, come osservano la FHA ed il governo britannico, la situazione non è esattamente la stessa che nei casi considerati nella summenzionata giurisprudenza. In primo luogo, non si tratta di una discriminazione di fatto derivante da particolari disposizioni, come quelle che possono applicarsi, ad esempio, ai lavoratori ad orario ridotto. In secondo luogo, non si può far carico al datore di lavoro di applicare un sistema di retribuzione caratterizzato da una totale mancanza di trasparenza, poiché i livelli retributivi dei logopedisti e dei farmacisti del NHS sono determinati tramite regolari contrattazioni collettive che, per ciascuna di queste due categorie professionali, non risultano esser state discriminatorie.
16 Tuttavia, se la retribuzione relativa alla funzione di logopedista è notevolmente inferiore a quella relativa alla funzione di farmacista e se la prima di queste funzioni è esercitata quasi esclusivamente da donne, mentre la seconda viene esercitata in prevalenza da uomini, una siffatta situazione sembra, a prima vista, implicare una discriminazione fondata sul sesso, quanto meno nel caso che le due funzioni considerate abbiano uguale valore e che i dati statistici da cui risulta tale situazione siano attendibili.
17 Spetta al giudice nazionale valutare se tali dati statistici possano essere presi in considerazione, cioè se riguardino una popolazione sufficiente, se non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se, in generale, appaiano significativi.
18 Quando, a prima vista, ci si trovi di fronte ad una discriminazione, è il datore di lavoro che deve provare l' esistenza di ragioni obiettive per l' accertata differenza di retribuzione. I lavoratori, infatti, non avrebbero modo di far rispettare il principio della parità delle retribuzioni dinanzi al giudice nazionale, se il fornire elementi che consentono di presumere una discriminazione non avesse la conseguenza d' imporre al datore di lavoro l' onere di provare che la disparità salariale non è in realtà discriminatoria (v., per analogia, sentenza H.K./Danfoss, summenzionata, punto 13 della motivazione).
19 Stando così le cose, la prima questione dev' essere risolta nel senso che, qualora da statitiche significative risulti una notevole differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, delle quali l' una è esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini, l' art. 119 del Trattato obbliga il datore di lavoro a giustificare questa differenza mediante fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.
Sulla seconda questione
20 Con la seconda questione, la Court of Appeal mira a stabilire se sia sufficiente che il datore di lavoro, per giustificare la differenza di retribuzione, si riferisca al fatto che i livelli retributivi per le funzioni di cui trattasi sono stati determinati medianti processi di contrattazione collettiva che, benché condotti dalle stesse parti, sono distinti e, considerati separatamente, non hanno effetti discriminatori.
21 Come risulta chiaramente dall' art. 4 della direttiva del Consiglio 75/117/CEE, del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all' applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45, pag. 19), i contratti collettivi, alla stessa stregua delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, devono rispettare il principio sancito dall' art. 119 del Trattato.
22 La circostanza che i livelli retributivi di cui trattasi siano stati determinati tramite contrattazioni collettive che sono state condotte separatamente per ciascuno dei due gruppi professionali interessati e che non hanno avuto effetti discriminatori nell' ambito di ciascuno di questi due gruppi non osta alla constatazione del fatto che, a prima vista, ci si trova di fronte a una discriminazione, qualora tali contrattazioni abbiano portato a risultati implicanti una disparità di trattamento fra due gruppi che dipendono dallo stesso datore di lavoro e che sono rappresentati dallo stesso sindacato. Come rilevato dal governo tedesco, il datore di lavoro potrebbe facilmente eludere attraverso separate contrattazioni il principio della parità delle retribuzioni, se, per giustificare la disparità salariale, potesse limitarsi a far valere l' assenza di discriminazioni nell' ambito di ciascuna contrattazione considerata separatamente.
23 La seconda questione dev' essere quindi risolta nel senso che non è sufficiente, per giustificare obiettivamente la differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, delle quali l' una è esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini, far valere che i rispettivi livelli retributivi sono stati determinati tramite processi di contrattazione collettiva che, benché condotti dalle stesse parti, sono distinti e, considerati separatamente, non implicano alcun effetto discriminatorio.
Sulla terza questione
24 Con la terza questione, la Court of Appeal mira a stabilire in qual misura ° totale, parziale o nulla ° il fatto che una parte della differenza di retribuzione si spieghi con la scarsezza di candidati per una data funzione e con la necessità di offrire, come incentivo, retribuzioni più elevate possa giustificare obiettivamente tale differenza di retribuzione.
25 Secondo la costante giurisprudenza della Corte, spetta al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti, stabilire se e in qual misura i motivi addotti dal datore di lavoro per giustificare l' adozione di un sistema retributivo che si applica indipendentemente dal sesso del lavoratore, ma che pregiudica di fatto più le donne che gli uomini, possano essere considerati motivi economici obiettivamente giustificati (sentenze Bilka, summenzionata, punto 36 della motivazione, e Nimz, summenzionata, punto 14 della motivazione). Fra questi motivi possono rientrare, in relazione alle esigenze e agli scopi dell' impresa, vari criteri quali la flessibilità o l' adattabilità ad orari e luoghi di lavoro variabili, la formazione professionale o l' anzianità del lavoratore (sentenza H.K./Danfoss, summenzionata, punti 22-24 della motivazione).
26 La situazione del mercato del lavoro, che può indurre un datore di lavoro ad offrire, come incentivo, una retribuzione più elevata per una particolare attività, può costituire uno dei motivi economici obiettivamente giustificati, ai sensi della suddetta giurisprudenza. La determinazione dell' esatta portata di un fattore del genere nelle circostanze di ciascun caso concreto richiede una valutazione dei fatti e rientra quindi nella competenza del giudice nazionale.
27 Se, come sembra potersi desumere dalla questione da lui posta, è riuscito determinare esattamente la parte dell' incremento salariale imputabile alla situazione del mercato, il giudice nazionale deve necessariamente ammettere che la differenza di retribuzione è obiettivamente giustificata nella misura corrispondente a tale parte.
28 Altrimenti, il giudice nazionale dovrà valutare se il peso della situazione del mercato sia stato, nella determinazione dell' importo della retribuzione, sufficientemente importante da giustificare obiettivamente, in tutto o in parte, la differenza.
29 La terza questione dev' essere quindi risolta nel senso che spetta al giudice nazionale determinare, applicando all' occorrenza il principio di proporzionalità, se e in qual misura la scarsezza di candidati per una data funzione e la necessità di offrire, come incentivo, retribuzioni più elevate costituiscano un motivo economico obiettivamente giustificato della differenza di retribuzione tra le funzioni considerate.
Sulle spese
30 Le spese sostenute dal governo del Regno Unito, dal governo tedesco e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Court of Appeal dell' Inghilterra e del Galles, con ordinanza 30 ottobre 1991, dichiara:
1) Qualora da statistiche significative risulti una notevole differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, delle quali l' una è esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini, l' art. 119 del Trattato obbliga il datore di lavoro a giustificare questa differenza mediante fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.
2) Non è sufficiente, per giustificare obiettivamente la differenza di retribuzione tra due funzioni di uguale valore, delle quali l' una è esercitata quasi esclusivamente da donne e l' altra prevalentemente da uomini, far valere che i rispettivi livelli retributivi sono stati determinati tramite processi di contrattazione collettiva che, benché condotti dalle stesse parti, sono distinti e, considerati separatamente, non implicano alcun effetto discriminatorio.
3) Spetta al giudice nazionale determinare, applicando all' occorrenza il principio di proporzionalità, se e in qual misura la scarsezza di candidati per una data funzione e la necessità di offrire, come incentivo, retribuzioni più elevate costituiscano un motivo economico obiettivamente giustificato della differenza di retribuzione tra le funzioni considerate.