ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 75

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

66° anno
28 febbraio 2023


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

573a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 26.10.2022–27.10.2022

2023/C 75/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Affrontare insieme una minaccia per la nostra stessa esistenza: le parti sociali e la società civile a favore dell’attuazione di un’azione ambiziosa per il clima

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

573a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 26.10.2022–27.10.2022

2023/C 75/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Sovranità digitale: un pilastro cruciale della digitalizzazione e della crescita dell’UE (parere d’iniziativa)

8

2023/C 75/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Preparazione all’emergenza (parere d’iniziativa)

13

2023/C 75/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Un euro digitale (parere d’iniziativa)

22

2023/C 75/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Ricapitalizzare le imprese dell’UE — Un percorso innovativo verso una ripresa duratura e inclusiva (parere d’iniziativa)

28

2023/C 75/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo — Considerazioni supplementari sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti Analisi annuale della crescita sostenibile 2022[COM(2021) 740 final] (parere d'iniziativa)

35

2023/C 75/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo — Considerazioni supplementari sulla raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro [COM(2021) 742 final] (parere d’iniziativa)

43

2023/C 75/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Promuovere la mobilità dei lavoratori per sostenere la ripresa economica (parere d’iniziativa)

50

2023/C 75/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Migliorare la parità nell’UE (parere d’iniziativa)

56

2023/C 75/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Garantire una forte solidarietà europea ai pazienti affetti da malattie rare (parere d’iniziativa)

67

2023/C 75/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo dei familiari che prestano assistenza alle persone con disabilità e alle persone anziane: l’esplosione del fenomeno durante la pandemia (parere d’iniziativa)

75

2023/C 75/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Polo dell’innovazione digitale e PMI (parere d’iniziativa)

82

2023/C 75/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Verso una strategia sostenibile dell’UE in materia di proteine vegetali e olio vegetale (parere d’iniziativa)

88

2023/C 75/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Verso un quadro per l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari che consenta ai consumatori di compiere scelte alimentari sostenibili (parere d’iniziativa)

97

2023/C 75/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Una visione strategica della transizione energetica per consentire l’autonomia strategica dell’UE (parere d’iniziativa)

102

2023/C 75/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L’importanza dei trasporti pubblici per la ripresa verde dell’Europa (parere d’iniziativa)

115

2023/C 75/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La diplomazia culturale come vettore delle relazioni esterne dell’UE — Nuovi partenariati e ruolo delle OSC (parere d’iniziativa)

122

2023/C 75/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Tribunale arbitrale multilaterale investitore-Stato: valutazione del processo UNCITRAL e dei suoi risultati alla luce delle raccomandazioni della società civile (parere d’iniziativa)

130


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

573a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 26.10.2022–27.10.2022

2023/C 75/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo [COM(2022) 650 final] — Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro [COM(2022) 655 final] — Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Attirare competenze e talenti nell’UE [COM(2022) 657 final]

136

2023/C 75/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi (azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica) [COM(2022) 177 final — 2022/0117 COD]

143

2023/C 75/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n. 767/2008, (CE) n. 810/2009 e (UE) 2017/2226 del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 1683/95, (CE) n. 333/2002, (CE) n. 693/2003 e (CE) n. 694/2003 del Consiglio e la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, per quanto riguarda la digitalizzazione della procedura di visto [COM(2022) 658 final]

150

2023/C 75/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui parametri di qualità e sicurezza per le sostanze di origine umana destinate all’applicazione sugli esseri umani e che abroga le direttive 2002/98/CE e 2004/23/CE [COM(2022) 338 — 2022/0216 (COD)]

154

2023/C 75/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione, modifica il regolamento (UE) 2019/1020 e abroga il regolamento (UE) n. 305/2011 [COM(2022) 144 final]

159

2023/C 75/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Conversione a una rete d'informazione sulla sostenibilità agricola (FSDN)[COM(2022) 296 final — 2022/0192 (COD)]

164

2023/C 75/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Piano d’azione per l’istituzione di corridoi di solidarietà UE-Ucraina per agevolare le esportazioni agricole dell’Ucraina e gli scambi bilaterali con l’UE[COM(2022) 217 final]

171

2023/C 75/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Strategia dell’UE per l’energia solare[COM(2022) 221 final] e sulla raccomandazione della Commissione sull’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti di energia rinnovabile e sull’agevolazione degli accordi di compravendita di energia [C(2022) 3219 final]

178

2023/C 75/27

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Interventi a breve termine nei mercati dell'energia e miglioramenti a lungo termine dell'assetto del mercato dell'energia elettrica[COM(2022) 236 final]

185

2023/C 75/28

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, che modifica il regolamento (UE) n. 2021/1153 e il regolamento (UE) n. 913/2010 e abroga il regolamento (UE) n. 1315/2013 [COM(2022) 384 final/2 — 2021/0420 (COD)]

190

2023/C 75/29

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce disposizioni specifiche per i programmi di cooperazione per il periodo 2014-2020 sostenuti dallo strumento europeo di vicinato e nel quadro dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea, a seguito di perturbazioni nell’attuazione dei programmi [COM(2022) 362 final — 2022/0227 (COD)]

195

2023/C 75/30

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la direttiva 89/629/CEE [COM(2022) 465 final — 2022/0282 (COD)]

198

2023/C 75/31

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce norme sull’introduzione di un’agevolazione per ridurre la distorsione a favore del debito rispetto al capitale e sulla limitazione della deducibilità degli interessi ai fini dell’imposta sul reddito delle società [COM(2022) 216 final — 2022/0154 (CNS)]

199

2023/C 75/32

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante abrogazione del regolamento (CEE) n. 1108/70 del Consiglio che istituisce una contabilità delle spese per le infrastrutture dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile e del regolamento (CE) n. 851/2006 della Commissione che fissa il contenuto delle diverse voci degli schemi per la contabilità dell’allegato I del regolamento (CEE) n. 1108/70 [COM(2022) 381 final]

204


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

573a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 26.10.2022–27.10.2022

28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Affrontare insieme una minaccia per la nostra stessa esistenza: le parti sociali e la società civile a favore dell’attuazione di un’azione ambiziosa per il clima

(2023/C 75/01)

Relatori:

Peter SCHMIDT

Isabel CAÑO AGUILAR

Sandra PARTHIE

Josep PUXEU ROCAMORA

Neža REPANŠEK

Lutz RIBBE

Base giuridica

Articolo 50 del Regolamento interno

Risoluzione

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

104/1/0

Dal 6 al 18 novembre 2022 si terrà a Sharm El-Sheikh (Egitto) la sessione annuale della Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 27).

Conformemente alla nota dell’Ufficio di presidenza del CESE del 22 febbraio 2022, il CESE ha istituito un gruppo ad hoc sulla Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici incaricato di elaborare una risoluzione del CESE sulla COP (Conferenza delle parti) che sia in linea con le priorità della prossima COP e con i processi negoziali dell’UNFCCC (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), di far conoscere meglio al Comitato nel suo complesso il processo che viene portato avanti nell’ambito dell’UNFCCC e di coinvolgerlo nei negoziati sui cambiamenti climatici.

Il gruppo ad hoc è composto da sei membri della sezione NAT, più un rappresentante dei giovani che partecipa regolarmente ai lavori in seguito all’adozione del parere d’iniziativa sul tema Verso un coinvolgimento strutturato dei giovani a favore del clima e della sostenibilità nel processo decisionale dell'Unione europea (1). Negli ultimi mesi il gruppo ad hoc ha tenuto una serie di riunioni con organizzazioni e istituzioni pertinenti quali la Commissione europea, il Comitato delle regioni, l’Ufficio dei campioni del clima ad alto livello e Climate Action Tracker, oltre che con rappresentanti delle diverse componenti della società civile — giovani, imprese, agricoltori, sindacati e ONG ambientaliste — per scambiare informazioni e cercare di creare sinergie. In tutti questi incontri è stato dato grande risalto alla questione dell’emergenza climatica.

Il 2022 sta per diventare l’anno in cui i cambiamenti climatici avranno provocato gli eventi meteorologici estremi più gravi mai registrati finora. Le roventi ondate di calore e gli incendi in Europa e in alcune aree dell’Asia meridionale, le devastanti inondazioni in Pakistan e in Bangladesh e una prolungata siccità nell’Africa orientale hanno causato non solo migliaia di morti, ma anche milioni di sfollati o di persone sull’orlo della carestia.

A questo proposito, la recente relazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (2) (Intergovernmental Panel on Climate Change — IPCC) indica che, per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 oC, le emissioni di gas a effetto serra devono raggiungere il livello massimo «al più tardi entro il 2025», che entro il 2030 il loro quantitativo deve essere dimezzato e che, per riuscirci, è indispensabile una riduzione drastica e immediata delle emissioni in tutti i settori. Eppure, secondo le previsioni le politiche oggi in vigore porteranno a un aumento della temperatura di circa 2,7 oC e gli attuali impegni assunti dagli Stati — i contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contributions — NDC) — limiteranno il riscaldamento globale a 2,4 o(3).

L’invasione russa dell’Ucraina ha reso molto più complicata una situazione già difficile dal punto di vista economico e sociale. Tuttavia, il problema dell’emergenza climatica non può essere messo da parte. Le eventuali misure speciali adottate dovranno essere di carattere eccezionale e limitate nel tempo, e l’Unione europea deve accelerare la definizione di un suo nuovo modello di politica energetica e climatica per affrontare gli shock a breve termine, realizzando nel contempo dei passi avanti verso l’ineludibile decarbonizzazione delle nostre società. L’Europa deve essere il leader nell’azione per il clima, colmando il divario tra le aspirazioni perseguite e le misure politiche attuate.

La risoluzione elaborata dai membri del gruppo ad hoc invita le istituzioni dell’UE e i governi degli Stati membri a darsi obiettivi climatici più ambiziosi, in linea con la ricerca e i dati scientifici, e rivolge un’attenzione particolare al ruolo della società civile organizzata nell’accelerare l’azione per il clima. La resilienza sociale può essere rafforzata solo grazie alla responsabilizzazione della società civile, degli attori sociali e dei movimenti di base.

La nostra è l’ultima generazione in grado di arrestare i cambiamenti climatici, e il CESE, in quanto portavoce della società civile europea, dovrebbe avere un ruolo guida nel promuovere queste transizioni verso società neutre in termini di emissioni di carbonio, inclusive ed eque.

Raccomandazioni politiche del comitato economico e sociale europeo

Perseguire obiettivi climatici più ambiziosi per far fronte all’emergenza climatica e rafforzare l’azione dell’UE per il clima

Nella sua veste di portavoce della società civile organizzata nell’Unione europea, nel suo ruolo di organo consultivo del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, e in quanto parte della comunità della società civile a livello globale,

1.

il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ricorda che la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change — UNFCCC) è stata adottata trent’anni fa con l’obiettivo finale di «stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico» (articolo 2) e che tale obiettivo non è stato raggiunto;

2.

rileva che l’accordo di Parigi del 2015 ha segnato per tutti noi il passaggio dal perseguimento dell’obiettivo qualitativo della Convenzione sul clima, ossia evitare interferenze con il clima, a quello dell’obiettivo quantitativo di mantenere «l’aumento della temperatura media mondiale ben al di sotto di 2 oC rispetto ai livelli preindustriali e [di proseguire] l’azione volta a limitare tale aumento a 1,5 oC rispetto ai livelli preindustriali» (4);

3.

sottolinea che l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 oC non sarà sufficiente per evitare le drammatiche conseguenze dei cambiamenti climatici. Come dimostrano i dati scientifici, i cambiamenti climatici stanno già provocando dei mutamenti in tutte le regioni del mondo: l’aumento degli episodi di inondazioni, siccità, tempeste, incendi e ondate di calore è esponenziale, con effetti sociali devastanti e un impatto economico dell’ordine di miliardi ogni anno (5);

4.

fa presente che stiamo attraversando un periodo di emergenza climatica e che non dovremmo rinunciare all’obiettivo sancito dall’articolo 2 della Convenzione quadro, sebbene l’UNFCCC attualmente non sia in grado di ottenere i risultati attesi;

5.

è fermamente convinto che le decisioni politiche debbano basarsi sulla scienza e sui dati scientifici e sottolinea che l’IPCC ha stabilito parametri di riferimento ben precisi: le emissioni devono raggiungere il livello massimo «al più tardi entro il 2025» (6) e il pianeta deve ridurre le emissioni del 45 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010 perché sia ancora possibile contenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 oC;

6.

prende atto che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha aggravato un contesto già difficile caratterizzato da inflazione, prezzi elevati dell’energia e dei prodotti alimentari e possibili penurie di energia, con ripercussioni che colpiscono duramente la vita dei cittadini e pongono gravi sfide sociali ed economiche, perlomeno nel breve periodo. Il CESE ritiene che la situazione attuale renda ancora più urgente l’azione dell’UE per il clima, e che il nuovo quadro geopolitico accresca la necessità per l’Unione di accelerare la definizione di un suo nuovo modello di politica energetica e climatica;

7.

è convinto che il Green Deal europeo debba essere rafforzato per conseguire il traguardo della decarbonizzazione dell’economia, ridurre ulteriormente le dipendenze esterne, assicurare la resilienza e consolidare una transizione giusta, e che eventuali deroghe eccezionali agli obiettivi concordati possano essere concesse solo per un periodo di tempo limitato (7); ritiene inoltre che lo sviluppo di un’autonomia strategica aperta debba garantire una riduzione delle dipendenze nei settori dell’energia, delle materie prime critiche e delle derrate alimentari;

8.

esorta l’UE ad assumere un ruolo guida e invita la Commissione europea e gli Stati membri ad aggiornare i contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contributions — NDC) in seguito all’adozione del patto di Glasgow per il clima; chiede un’equa ripartizione dei contributi a livello globale basata su criteri di equità, responsabilità storica e capacità;

9.

plaude alle decisioni adottate dal Parlamento europeo sul sistema ETS (8) e sui pozzi di assorbimento del carbonio (9), che comportano un leggero innalzamento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni dell’UE, il che, sebbene insufficiente, costituisce un appello ad aumentare gli NDC degli Stati membri;

10.

esprime preoccupazione dal momento che molti paesi hanno annunciato piani a lungo termine volti a conseguire la neutralità climatica entro il 2050 o il 2060, che tuttavia non sono sostenuti da piani analoghi a breve e a medio termine, e invita pertanto la Commissione europea ad intensificare gli sforzi diplomatici dell’UE per incoraggiare la comunità internazionale ad adottare quadri strategici sul modello del Green Deal europeo, ed è pronto a contribuire a tale iniziativa collaborando con le organizzazioni della società civile di tutto il mondo, prendendo l’Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile come punti di riferimento per il prossimo e decisivo giro di anni;

11.

chiede all’UE di elaborare ulteriormente approcci settoriali per provvedimenti su misura o «club per il clima» che potrebbero essere istituiti tra i paesi con i programmi più ambiziosi in materia di azione per il clima al fine di promuovere e accelerare le azioni in materia da parte di altri Stati — l’attuazione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism — CBAM) potrebbe essere uno strumento utile per raggiungere questo obiettivo;

12.

ritiene necessaria un’azione risoluta e chiaramente definita per rendere operativo l’articolo 6 dell’accordo di Parigi e completare il codice di Parigi (Paris Rulebook), che introduce un quadro di riferimento per una cooperazione internazionale volontaria tra paesi per ridurre le loro emissioni al fine di onorare gli impegni assunti, evitando alcune delle insidie riguardanti la doppia contabilizzazione delle riduzioni delle emissioni o il rischio di crediti fittizi di tali riduzioni.

Rivedere il nostro attuale modello economico per affrontare in maniera efficace la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi, garantendo anche un accesso adeguato ai finanziamenti per il clima

13.

sottolinea che, per accelerare la transizione verso una società climaticamente neutra, occorre intraprendere un riesame del nostro attuale modello economico per ripensare i nostri modelli di consumo e di produzione e il modo in cui valutiamo la «sufficienza», e invita l’UE a proporre una nuova concezione di prosperità per le persone e per il pianeta basata sui principi della sostenibilità ambientale, del diritto a una vita dignitosa e della protezione dei valori sociali (10);

14.

propone un nuovo quadro di governance per portare avanti questi profondi cambiamenti e invita i governi e gli enti regionali a istituire commissioni per una transizione giusta per consentire alle parti sociali e alle organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni giovanili, di formulare raccomandazioni e di negoziare ed elaborare piani nazionali e regionali per una transizione giusta (11); giudica che le iniziative in corso volte ad affrontare le sfide sociali della trasformazione verde rimangano tuttora frammentarie (12);

15.

ritiene che il rapido passaggio a un’economia decarbonizzata comporterà enormi sfide per i cittadini, i lavoratori, le imprese e i territori, in particolare nei casi in cui dipendono maggiormente dai settori e dalle industrie ad alta intensità di carbonio (13), e che gli NDC dovrebbero includere la realizzazione di una mappatura granulare e di un’analisi degli impatti che la transizione avrà sull’occupazione e sulle competenze nel paese, nelle sue sottoregioni e nei suoi settori, compresi i subappaltatori e le catene del valore a valle, accompagnate da piani nazionali per l’occupazione e da strategie per una transizione giusta (14), sulla base del principio dell’OIL relativo ad una transizione di questo tipo; approva quindi la proposta, formulata nell’ambito della Conferenza sul futuro dell’Europa (15), di garantire una transizione giusta, che tuteli i lavoratori e l’occupazione attraverso finanziamenti adeguati per la transizione e ulteriori ricerche;

16.

sottolinea che la responsabile del settore privato riguardo al conseguimento dell’obiettivo di decarbonizzazione richiederà una trasformazione dei sistemi rapida e su una scala senza precedenti, e che il settore privato ha un ruolo fondamentale da svolgere in tale processo;

17.

prende atto delle tante e diverse iniziative messe in campo da aziende e imprenditori di tutta l’UE per sviluppare soluzioni in ambito economico-imprenditoriale atte a mitigare le sfide legate ai cambiamenti climatici e ad adattarsi ad esse, e ritiene che la questione dei cambiamenti climatici dovrebbe essere affrontata con modelli aziendali innovativi e responsabili concentrandosi su obiettivi misurabili in materia di sostenibilità, tra cui la riduzione dell’uso delle risorse idriche, dell’energia o delle sostanze chimiche;

18.

esprime preoccupazione poiché la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE è accompagnata da un aumento delle emissioni in paesi terzi per soddisfare i consumi della stessa UE, generando effetti di ricaduta dei gas a effetto serra (16), e ritiene che l’approccio dell’inventario dei gas a effetto serra dell’UE debba contabilizzare anche le emissioni di tali gas associate ai prodotti importati, che il disaccoppiamento dei progressi socioeconomici dagli impatti negativi sul clima e sulla biodiversità sia interni che importati debba diventare una priorità, e che il CBAM sia un meccanismo che aiuta a conseguire questo obiettivo;

19.

osserva che, come evidenziato dalla comunità scientifica, la perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici si rafforzano a vicenda, chiede un approccio globale all’azione in campo ambientale che tenga conto dei legami tra questi due fattori, e propone di riesaminare e ampliare le superfici delle aree protette, nonché di rivedere e intensificare gli sforzi per tutelare le risorse naturali ancora esistenti nell’ambito della strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 (17);

20.

esprime preoccupazione per il fatto che l’impatto dei cambiamenti climatici colpisce in modo sproporzionato le persone più vulnerabili e che le comunità a cui meno sono imputabili le emissioni a livello globale si trovano ad affrontarne gli effetti più gravi e non sempre dispongono delle risorse necessarie per farvi fronte;

21.

fa notare che l’azione di adattamento ai cambiamenti climatici sta diventando sempre più cruciale visto il moltiplicarsi degli eventi climatici anomali, e che è essenziale anticipare meglio gli impatti dei cambiamenti climatici; fa presente che l’accordo di Parigi sottolinea l’importanza dei processi di pianificazione dell’adattamento a livello nazionale nella misura in cui prevede che tutti i paesi si impegnino a riferire in merito ai progressi compiuti, ed esorta a ottimizzare l’inclusività per evitare di aggravare le disuguaglianze esistenti;

22.

chiede un incremento dei contributi totali dei paesi industrializzati ai finanziamenti per il clima, con l’assegnazione di una «pari importanza»al finanziamento della mitigazione e dell’adattamento: senza finanziamenti supplementari destinati all’adattamento, infatti, la pianificazione e l’attuazione delle azioni in materia saranno limitate, in particolare nei paesi in via di sviluppo; invoca ulteriori provvedimenti per garantire il rispetto di questo principio, dato che le misure di mitigazione proteggono le generazioni future dall’aggravarsi della crisi climatica e le misure di adattamento proteggono le generazioni sia attuali che future dai fenomeni meteorologici estremi causati dai cambiamenti climatici già in corso (18); ricorda inoltre che attualmente i finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici rappresentano solo il 25 % dei finanziamenti per il clima a livello globale e che gli impegni assunti in passato per portare tale percentuale al 40 % entro il 2025 rimangono tuttora lettera morta (19);

23.

si compiace del contributo di 100 milioni di EUR al Fondo di adattamento da parte della Commissione, ma esorta nel contempo gli Stati membri dell’UE a raddoppiare entro il 2025 i finanziamenti per le misure di adattamento rispetto agli importi erogati nel 2019, e chiede di compiere ulteriori sforzi per conseguire l’obiettivo di 100 miliardi di USD previsto dal piano di attuazione; fa presente, inoltre, che al momento non esiste uno strumento di finanziamento a livello globale per l’indennizzo delle perdite e dei danni subiti dalle vittime dei cambiamenti climatici, ed esorta gli Stati membri e la Commissione a impegnarsi a istituire uno «strumento per le perdite e i danni» che copra gli indennizzi per le conseguenze dei cambiamenti climatici;

24.

ritiene che, nell’ambito dell’azione per la giustizia climatica, i governi e le istituzioni dell’UE debbano definire una politica europea in materia di asilo e migrazione che sia lungimirante e globale e che garantisca la protezione degli sfollati a causa dei cambiamenti climatici, a partire dal riconoscimento formale dello status di «profugo climatico».

Promuovere un’azione efficace a livello settoriale per conseguire la neutralità climatica

25.

sottolinea che l’economia circolare e la bioeconomia sono fattori che consentono di elaborare una nuova concezione di prosperità per le persone e che la loro attuazione deve essere ulteriormente accelerata (20), facendo notare che strategie in materia di economia circolare, se attuate in tutti i settori e i paesi, potrebbero ridurre del 39 % le emissioni globali di gas a effetto serra (21); esprime preoccupazione per il fatto che l’UE presenta un livello di circolarità pari soltanto al 12 % circa, malgrado l’importante processo di miglioramento legislativo avviato nel 2015 con il primo piano d’azione dell’UE sull’economia circolare, e ritiene che sia possibile compiere ulteriori passi avanti solo coinvolgendo tutte le componenti della società civile, in particolare al fine di superare i rimanenti ostacoli politici, culturali, infrastrutturali, in materia di governance e finanziari (22);

26.

chiede che le strategie di transizione per la realizzazione di sistemi alimentari sostenibili siano debitamente integrate negli NDC, e prende atto che, sebbene molti paesi indichino nei loro NDC il potenziale del settore dell’agricoltura in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ad essi, ben pochi fissano degli obiettivi per quanto riguarda altre fasi del sistema alimentare (23), e così facendo non sfruttano, in gran parte, le opportunità esistenti (24); rinnova le proprie raccomandazioni in merito all’adozione di politiche alimentari globali, ad esempio la strategia Dal produttore al consumatore, ivi comprese misure relative al clima, e alla garanzia di un coinvolgimento strutturato delle parti interessate lungo l’intera filiera alimentare (25) e a tutti i livelli di governance, in particolare mettendo i produttori al centro delle strategie agricole e coinvolgendoli nel processo di elaborazione delle politiche;

27.

esprime preoccupazione per la situazione dell’Africa, alla quale è imputabile meno del 4 % delle emissioni globali ma che si segnala in misura sproporzionata come una delle aree più vulnerabili del pianeta e, dato che la COP 27 si svolgerà in Africa, lancia un chiaro appello all’UE a dare priorità all’assegnazione di risorse finanziarie, tecniche e di sviluppo delle capacità all’Africa per sostenere l’impegno assunto da questo continente alla COP 21 di Parigi, e chiede inoltre all’Unione di tenere conto del fatto che la maggior parte dei contributi determinati a livello nazionale per l’Africa prevede degli obiettivi in materia di mitigazione e adattamento che sono subordinati all’ottenimento di un adeguato sostegno internazionale, il che rimette in discussione la protezione di ecosistemi ad alto valore di conservazione (ad esempio foreste o savane) e l’estrazione di combustibili fossili;

28.

chiede di abolire fin da ora le sovvenzioni ai combustibili fossili, accoglie con favore la comunicazione REPowerEU poiché presenta soluzioni in linea con gli obiettivi del Green Deal e dell’Unione europea dell’energia (26)(27) e ritiene che i governi debbano mettere a disposizione un quadro di riferimento per gli investimenti in tecnologie all’avanguardia in settori quali l’efficienza energetica e la produzione di energia rinnovabile attraverso il sostegno alla ricerca, all’innovazione e allo sviluppo, e che la regolamentazione dovrebbe essere concepita in modo da consentire e rendere disponibili le capacità per sviluppare e diffondere nuove tecnologie sul mercato, comprese misure sul versante della domanda per creare mercati guida e incentivare il consumo di prodotti a basse emissioni di carbonio (28);

29.

accoglie positivamente le soluzioni digitali che consentono la protezione dell’ambiente e la trasformazione verso la sostenibilità nei trasporti, nei sistemi energetici, nell’edilizia, nell’agricoltura e in altri settori, ma fa anche notare che il processo generale di digitalizzazione non ha finora contribuito a ridurre né la domanda di energia né le emissioni di carbonio, e insiste pertanto sulla necessità di adottare politiche di sostegno per attenuare gli effetti di rimbalzo e induzione (29);

30.

sottolinea che i cambiamenti climatici hanno gravi ripercussioni anche sulle imprese, in particolare sulle PMI — ad esempio l’interruzione delle catene di approvvigionamento o i danni agli impianti di produzione a causa di fenomeni meteorologici estremi –, costringendole a modificare, talvolta a costi assai elevati, i loro modelli aziendali e operativi, nonché i loro investimenti per far fronte ad obblighi normativi o di altro tipo; ritiene che le imprese che adottano per prime nuovi modelli aziendali sostenibili debbano ricevere un sostegno, per evitare che la loro innovazione si traduca in uno svantaggio competitivo;

31.

fa presente che il sostegno al settore privato deve rispettare i principi di un accesso equo agli strumenti di finanziamento delle PMI e dovrebbe basarsi esclusivamente su obiettivi climatici (30), e aggiunge che saranno necessari un lavoro ad ampio raggio in tutte le catene del valore e una collaborazione tra i diversi settori;

32.

ritiene che l’armonizzazione e la normazione siano fondamentali per conseguire una scalabilità delle soluzioni a livello settoriale attraverso la tecnologia, il miglioramento delle competenze e la regolamentazione, le quali dovrebbero essere promosse dai governi degli Stati membri dell’UE a livello internazionale; ritiene inoltre che sarà cruciale, in particolare per le PMI, ottenere strumenti di accompagnamento e sviluppo delle capacità al fine di soddisfare i nuovi requisiti e di rafforzare l’accesso al mercato nell’UE.

Responsabilizzare la società civile per accelerare l’azione per il clima e invocare un nuovo quadro di governance

33.

sottolinea che la portata degli interventi necessari richiede politiche integrate e multilivello e soluzioni intersettoriali con un autentico coinvolgimento della società civile; propone pertanto un nuovo quadro di governance per portare avanti questi profondi cambiamenti;

34.

ritiene che, a livello di luogo di lavoro, tale nuovo quadro di governance dovrebbe garantire il dialogo sociale salvaguardando i diritti e la partecipazione dei lavoratori e rafforzando i contratti collettivi;

35.

è del parere che andrebbe rafforzato anche un dialogo di più ampia portata, con il contributo delle regioni e delle città, degli attori delle aree rurali, delle parti sociali, delle cooperative e della società civile, al fine di assicurare la giustizia sociale e la credibilità e di dare un significato ben preciso all’impegno di non lasciare indietro nessuno (31). Ad esempio, favorire gli approcci basati sui «prosumatori» può accelerare la transizione verso un sistema energetico più pulito, creare nuovi modelli economici e contribuire a impedire che i gruppi più vulnerabili delle nostre società siano esclusi, per fare alcuni esempi, dalle tecnologie nei settori del riscaldamento, dell’illuminazione e dell’informazione;

36.

è fermamente convinto che si debbano realmente sostenere e incoraggiare iniziative dal basso e di base per accelerare la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi e per rafforzare la resilienza sociale, liberando così il potenziale di una cultura della cooperazione e di soluzioni dal basso; e ritiene che sia altrettanto necessario ed essenziale investire di più nell’innovazione sociale per integrare i cambiamenti culturali e sociali indispensabili a far entrare il concetto di protezione del clima nella vita quotidiana delle imprese, delle autorità pubbliche e delle famiglie;

37.

reputa che la questione del genere non debba essere affrontata in maniera distinta e isolata da altre questioni, ma che dovrebbe essere considerata fondamentale onde evitare l’adozione di misure e politiche che non tengono conto della dimensione di genere. L’impatto dei cambiamenti climatici non è lo stesso su tutte le fasce della popolazione, e le politiche in materia, se non concepite correttamente, possono perpetuare queste ingiustizie e questi squilibri. Ad esempio, la partecipazione diseguale delle donne ai processi decisionali e ai mercati del lavoro aggrava le disuguaglianze e in molti casi impedisce loro di contribuire pienamente alla pianificazione, all’elaborazione e all’attuazione delle politiche in materia di clima (32);

38.

è convinto che un più forte coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali, dall’elaborazione di proposte e iniziative legislative fino all’attuazione, al monitoraggio e al seguito ad esse riservato, terrà meglio conto della dimensione intergenerazionale di queste transizioni (33). Per questo motivo il CESE, dal 2021, include un delegato dei giovani nella delegazione ufficiale dell’UE alla COP dell’UNFCCC ed è impegnato a farsi portavoce dei giovani e delle organizzazioni giovanili nel quadro delle proprie attività; il Comitato raccomanda vivamente alle parti della Conferenza dell’UNFCCC e agli altri soggetti interessati di adottare un approccio analogo;

39.

riconosce il ruolo dei popoli indigeni, i quali sono in prima linea sul fronte dei cambiamenti climatici dal momento che sono i custodi di oltre l’80 % della biodiversità rimasta sul nostro pianeta (34); accoglie con favore la crescente partecipazione dei popoli indigeni alla politica climatica ed esorta le parti a coinvolgerli attivamente nell’attuazione dell’azione per il clima;

40.

il CESE si impegna a intraprendere delle azioni per attuare le raccomandazioni politiche formulate nella presente risoluzione.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 44

(2)  https://www.ipcc.ch/2022/04/04/ipcc-ar6-wgiii-pressrelease/

(3)  https://climateactiontracker.org/global/temperatures/

(4)  Accordo di Parigi.

(5)  Dati tratti da: «Economic losses from weather and climate-related extremes in Europe reached around half a trillion euros over past 40 years» [Il totale delle perdite economiche dovute a condizioni meteorologiche e climatiche estreme in Europa è stato di circa 500 miliardi di EUR negli ultimi quarant’anni] — Agenzia europea dell’ambiente; «New report: World counts the cost of a year of climate breakdown» [Nuova relazione: il pianeta fa il conto dei costi di un anno di perturbazioni climatiche] — Christian Aid (associazione caritativa britannica di lotta contro la povertà nel mondo), Mediacentre; «The Costs of Extreme Weather Events Caused by Climate Change» [I costi degli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici] — Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC); «Billion-Dollar Weather and Climate Disasters» [Catastrofi meteorologiche e climatiche da miliardi di dollari] — Centri nazionali per l’informazione ambientale del governo degli Stati Uniti (NCEI).

(6)  Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change — Cambiamenti climatici 2022: mitigazione dei cambiamenti climatici, IPCC.

(7)  Risoluzione del CESE sul tema La guerra in Ucraina e il suo impatto economico, sociale e ambientale, (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 1).

(8)  Cambiamenti climatici: il PE chiede azioni rapide e indipendenza energetica.

(9)  Fit for 55: uso terreni agricoli per rafforzare lotta al cambiamento climatico.

(10)  Parere del CESE sul tema L’economia sostenibile di cui abbiamo bisogno, (GU C 106 del 31.3.2020, pag. 1).

(11)  Parere del CESE sul tema «Pronti per il 55 %»: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101).

(12)  Parere del CESE sul tema Il dialogo sociale nell'ambito della transizione verde (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 95).

(13)  Parere del CESE sul tema «Pronti per il 55 %»: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101).

(14)  Parere del CESE sul tema «Pronti per il 55 %»: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, «GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101».

(15)  Conferenza sul futuro dell'Europa — Raccomandazioni adottate dal panel europeo di cittadini.

(16)  Relazione sullo sviluppo sostenibile in Europa 2021 — SDSN Europe (Sustainable Development Solutions Network = Rete delle Nazioni Unite per le soluzioni di sviluppo sostenibile).

(17)  Parere del CESE in corso di elaborazione (NAT/841) sul tema Protezione della biodiversità: obiettivi di ripristino dell'ambiente naturale nell'ambito della strategia dell'UE sulla biodiversità.

(18)  Parere del CESE sul tema Plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici — La nuova strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, «GU C 374 del 16.9.2021, pag. 84».

(19)  António Guterres: «50 % of All Climate Finance Needed for Adaptation» [António Guterres: il 50 % dei finanziamenti totali per il clima deve essere destinato alle misure di adattamento].

(20)  Parere del CESE sul tema Sviluppare sinergie tra le diverse tabelle di marcia per l’economia circolare, GU C 14 del 15.1.2020, pag. 29.

(21)  Relazione sul divario di circolarità 2021, «Climate Change Mitigation through the Circular Economy» [La mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso l’economia circolare].

(22)  Parere del CESE sul tema Plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici — La nuova strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, GU C 374 del 16.9.2021, pag. 84.

(23)  Enhancing NDCs For Food Systems — recommendations for decision-makers [Migliorare gli NDC per i sistemi alimentari — raccomandazioni rivolte ai decisori], NDC Action Project.

(24)  Parere del CESE sul tema Sicurezza alimentare e sistemi alimentari sostenibili, (GU C 194 del 12.5.2022, pag. 72).

(25)  Parere del CESE sul tema Una strategia«Dal produttore al consumatore»per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).

(26)  Pareri del CESE sul tema Giustizia climatica, GU C 81 del 2.3.2018, pag. 22 e sul tema Plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici — La nuova strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici, (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 84).

(27)  Parere del CESE sul tema REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili, (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 123).

(28)  Parere del CESE sul tema «Pronti per il 55 %»: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101).

(29)  Parere del CESE sul tema Digitalizzazione e sostenibilità — status quo e necessità di intervenire dal punto di vista della società civile, (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 187).

(30)  Parere del CESE sul tema «Pronti per il 55 %»: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101).

(31)  Parere del CESE sul tema «Pronti per il 55 %»: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101).

(32)  2020 Pocket Guide to Gender Equality under the UNFCCC [Guida tascabile alla parità di genere 2020 nell’ambito dell’UNFCCC] — WEDO (Women’s Environment and Development Organization = Organizzazione femminile per l’ambiente e lo sviluppo).

(33)  Parere del CESE (NAT/788) sul tema: Verso un coinvolgimento strutturato dei giovani a favore del clima e della sostenibilità nel processo decisionale dell'Unione europea (GU C 429 dell’11.12.2020, pag. 44).

(34)  «Indigenous peoples defend Earth's biodiversity–but they're in danger» [I popoli indigeni difendono la biodiversità sulla Terra, ma sono in pericolo].


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

573a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 26.10.2022–27.10.2022

28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sovranità digitale: un pilastro cruciale della digitalizzazione e della crescita dell’UE»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/02)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

7.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

185/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Nonostante i notevoli progressi compiuti per rafforzare la sovranità digitale dell’Unione europea, si constata ancora una forte dipendenza da imprese tecnologiche stabilite fuori dall’UE. Uno stato di cose, questo, che sta erodendo la leadership e l’autonomia strategica dell’UE nel mondo digitale, il che potrebbe a sua volta limitare il potenziale di crescita economica dell’Unione.

1.2.

Con un ambiente online ancora dominato da imprese tecnologiche di paesi terzi, si pone la questione di quale grado di controllo i cittadini, le imprese e i governi dell’UE possano avere sui propri dati digitali. Nella crisi che stiamo attraversando, questa potrebbe non sembrare una priorità. Nondimeno, non si può sottovalutare la necessità di affrontare gli squilibri esistenti in termini di sovranità digitale.

1.3.

In un siffatto contesto, il CESE è dell’avviso che l’UE debba ridurre la sua dipendenza dai giganti tecnologici stranieri raddoppiando gli sforzi per sviluppare un’economia digitale sicura, inclusiva e basata sui valori, in grado di competere con tali giganti, e ponendo l’accento su una connettività affidabile, sulla sicurezza dei dati e sull’intelligenza artificiale (IA).

1.4.

Il CESE chiede pertanto che gli investimenti nel settore digitale siano diretti in misura significativa al conseguimento di un’autonomia strategica aperta nell’economia digitale, il che significa investire anche in capacità, istruzione, formazione professionale, infrastrutture e tecnologie digitali. Il CESE chiede inoltre che la trasformazione digitale abbia luogo in condizioni di parità, in cui i diritti dei lavoratori siano tutelati e in cui imprese di ogni dimensione possano coesistere e prosperare senza essere intralciate da una regolamentazione eccessiva.

1.5.

Il CESE osserva che innovazioni come il cloud computing e l’intelligenza artificiale sono diventate importanti risorse strategiche all’interno dell’UE, contribuendo in misura rilevante al potenziale di crescita dell’economia europea. Tuttavia, l’UE sta perdendo terreno nella corsa globale allo sviluppo di nuove tecnologie nel mondo digitale e, per alcune tecnologie, gli investimenti privati dell’UE sono in ritardo rispetto a investimenti analoghi negli Stati Uniti e in Cina.

1.6.

Il CESE chiede di rinnovare gli sforzi per creare partenariati pubblico-privato nel settore delle tecnologie digitali e sostenere la ricerca su larga scala dell’UE nel campo delle nuove tecnologie, con l’obiettivo specifico di tenere il passo con le capacità di ricerca statunitensi e cinesi.

1.7.

Il CESE sostiene che gli attuali squilibri in termini di sovranità digitale sono in parte dovuti alle barriere nazionali che continuano a impedire il completamento di un vero mercato unico. Allo stato attuale, infatti, il mercato unico è essenzialmente un insieme di molteplici mercati nazionali più piccoli, che non raggiungono le dimensioni necessarie per consentire a una singola impresa dell’UE di competere con i giganti digitali di questo mondo. Inoltre, i livelli di sviluppo, infrastrutture e capacità digitali sono diversi da una parte all’altra dell’UE.

1.8.

Il CESE invita la Commissione a procedere con il suo quadro normativo sul digitale, volto a proteggere i cittadini dell’UE dagli eccessi del mondo digitale e nel contempo a offrire un quadro di riferimento per un ambiente più etico e antropocentrico.

1.9.

Altrettanto importante è rendere le piattaforme, gli ecosistemi e le attività online più aperti, equi e prevedibili, considerando l’adozione di norme che garantiscano la trasparenza e la neutralità degli algoritmi, la condivisione dei dati e l’interoperabilità.

1.10.

Il CESE appoggia la richiesta che l’UE sviluppi un’infrastruttura per il cloud e i dati per rafforzare la sua sovranità digitale e affrontare l’enorme squilibrio esistente nel mercato del cloud e dell’archiviazione dei dati, dominato quasi totalmente da imprese di paesi terzi.

1.11.

Il CESE riconosce inoltre il potenziale di cui l’UE dispone per diventare un leader mondiale nella raccolta e nell’elaborazione dei dati, che costituiscono la spina dorsale dell’economia digitale. Un quadro europeo in materia di raccolta e condivisione dei dati offre enormi possibilità in settori strategici come la sanità, il mercato del lavoro e i trasporti.

1.12.

Il CESE chiede di aggiornare le politiche in materia di concorrenza e di protezione dei consumatori nel mercato unico, e sottolinea che, nel procedere a tale aggiornamento, bisognerebbe occuparsi anche delle pratiche distorsive attuate dalle imprese tecnologiche di paesi terzi e della crescente influenza delle imprese digitali cinesi nell’UE. A tal proposito, il CESE accoglie con favore sviluppi normativi quali la legge sui mercati digitali e la proposta di legge europea sui semiconduttori.

1.13.

Il CESE riconosce il ruolo cruciale svolto dalle piccole e medie imprese (PMI) nel plasmare la sovranità digitale dell’UE, specie attraverso la loro interazione con grandi imprese tecnologiche europee.

1.14.

Infine, il CESE reputa che, ai fini dello sviluppo della sovranità digitale dell’UE, un ruolo importante sia svolto certamente dall’istruzione (sia essa professionale o accademica), a tutti i livelli in cui essa viene impartita.

2.   Contesto

2.1.

La sovranità digitale può essere descritta, in prima approssimazione, come la capacità dei governi e delle imprese di gestire e creare autonomamente i propri dati, i propri hardware e i propri software. È da fin troppo tempo che suscita preoccupazione la forte dipendenza dell’Unione europea da un ristretto numero di grandi imprese tecnologiche stabilite fuori di essa.

2.2.

A dimostrazione di questa forte dipendenza dell’UE da imprese tecnologiche di paesi terzi, basti pensare che, secondo alcune stime, il 92 % di tutti i dati del mondo occidentale è conservato su server di proprietà di soggetti statunitensi. In questo computo sono inclusi sia i dati online e quelli estratti da social media che i dati gestiti da governi nazionali (1).

2.3.

Stando così le cose, non sorprende la crescente preoccupazione che le imprese e i governi nazionali dell’UE possano non avere il controllo completo dei propri dati e rimangano fortemente dipendenti da grandi imprese tecnologiche di paesi terzi, rendendo difficile per le imprese tecnologiche europee competere con le concorrenti statunitensi. Un altro timore è che, nell’ambiente digitale, l’UE stia lentamente ma inesorabilmente perdendo la capacità di garantire l’effettivo rispetto della propria legislazione.

2.4.

È preoccupante che questa forte dipendenza dalle imprese tecnologiche statunitensi stia erodendo la leadership e l’autonomia strategica dell’UE nel mondo digitale, il che potrebbe a sua volta limitare il potenziale di crescita economica dell’Unione. L’influenza economica delle imprese tecnologiche con sede al di fuori dell’UE non può essere sottovalutata. Lo stesso dicasi per l’influenza che esse esercitano sui cittadini dell’UE e sui loro modelli di consumo, ma anche sul modo in cui gli stessi cittadini interagiscono tra loro e con altri, all’interno e all’esterno dell’UE.

2.5.

Oggi le grandi imprese tecnologiche di paesi terzi sanno talvolta più cose su di noi di quante non ne sappiano i nostri familiari e amici più stretti, e tale mancanza di riservatezza desta serie preoccupazioni. Di fatto, non siamo noi a esercitare il controllo sui nostri dati che si trovano online: a farlo sono le grandi imprese tecnologiche, e il web rimane in gran parte non regolamentato. Iniziative come il regolamento generale dell’UE sulla protezione dei dati (GDPR) (2) hanno cercato di definire nuove regole in questo campo. Il problema, però, è che, nell’affrontare la questione, le grandi imprese tecnologiche si muovono più velocemente di quanto non faccia l’UE. Esse operano spesso in spazi in cui godono di un significativo vantaggio informativo rispetto alle autorità di regolamentazione e in generale rimangono del tutto libere di tracciare i movimenti online dei cittadini, raccogliendo le relative informazioni e sfruttandole a scopo di lucro.

2.6.

In un siffatto contesto, la presidente della Commissione aveva indicato la politica digitale come una delle principali priorità del suo mandato 2019-2024, impegnandosi a garantire la sovranità tecnologica. Tuttavia, tale obiettivo resta lontano, e la stessa Commissione ha espresso preoccupazione per le violazioni delle norme e dei valori fondamentali dell’UE da parte di grandi imprese tecnologiche straniere. Negli ultimi anni, l’economia di Internet si è consolidata attorno a questi giganti tecnologici, che utilizzano i cookie per esercitare il controllo sui dati e mantenere un oligopolio sul mercato. Da parte sua, il Parlamento europeo ha espresso preoccupazione per le minacce alla sicurezza legate alla crescente presenza tecnologica cinese nell’UE e, in particolare, ha chiesto un’azione a livello europeo per ridurre la crescente influenza della Cina nelle infrastrutture 5G.

2.7.

È preoccupante che interi settori dell’economia dell’Unione europea continuino a dipendere in larghissima misura da grandi piattaforme online con sede al di fuori dell’UE. Ciò priva gli Stati membri della loro sovranità digitale in settori chiave come il diritto d’autore, la protezione dei dati e la fiscalità. Tale preoccupazione, peraltro, si è estesa anche ad altri settori, come il commercio elettronico e la disinformazione online.

2.8.

Di fronte a un ambiente online dominato da imprese tecnologiche di paesi terzi, ci si chiede se i cittadini dell’UE possano riprendere il controllo dei propri dati digitali e se l’UE possa affrontare gli squilibri in termini di sovranità digitale in modo efficace e in tempi ragionevoli. Le sezioni 3 e 4 del parere contengono approfondimenti in relazione a tali interrogativi.

3.   Osservazioni generali

3.1.

In primo luogo, l’UE deve ridurre la sua dipendenza dai giganti tecnologici stranieri raddoppiando gli sforzi per sviluppare un’economia digitale sicura, inclusiva e basata sui valori, in grado di competere con tali giganti, e ponendo l’accento su una connettività affidabile, sulla sicurezza dei dati e sull’IA. Anche in relazione all’economia digitale, il CESE considera quello dei valori un aspetto particolarmente importante e pone l’accento sulla dimensione sociale ed etica nonché sui diritti dei lavoratori.

3.2.

La Commissione ha reagito agli sviluppi dell’economia digitale elaborando nel 2021 una «bussola per il digitale» per il decennio digitale dell’UE, incentrata sulle infrastrutture, la pubblica amministrazione, le imprese e le competenze. Tale bussola ha fissato una serie di traguardi a livello nazionale e dell’UE e ha proposto sia un solido quadro di governance comune per monitorare i progressi e affrontare le carenze, sia progetti multinazionali che combinino investimenti da parte dell’UE, degli Stati membri e del settore privato. A ciò si è aggiunta la «legge sui mercati digitali», un quadro normativo volto a garantire un livello più elevato di concorrenza nei mercati digitali europei impedendo alle grandi imprese di abusare del loro potere di mercato e consentendo a nuovi operatori di entrare nel mercato. Più di recente, la proposta normativa europea sui semiconduttori mira a incrementare la produzione di microchip in tutta l’UE per far fronte all’aumento della domanda e ridurre la dipendenza dai fornitori stranieri controbilanciando così la posizione dominante della Cina, in particolare nella produzione dei chip semiconduttori.

3.3.

Nell’attuale fase di ripresa dell’economia dell’UE dalla pandemia, e di fronte all’aumento generalizzato dei prezzi, il CESE chiede che la bussola per il digitale sia attuata con successo e che i governi dell’UE incentivino le imprese a investire ulteriormente nelle capacità digitali e nelle risorse umane. Tali investimenti contribuirebbero a promuovere l’autonomia strategica nella trasformazione digitale dell’economia dell’UE. Ma, oltre a questi, vanno considerati di vitale importanza anche gli investimenti dei governi dell’UE per migliorare le capacità, le infrastrutture e le tecnologie digitali.

3.4.

Il CESE osserva che innovazioni come il cloud computing e l’intelligenza artificiale sono diventate importanti risorse strategiche all’interno dell’UE, contribuendo in misura rilevante al potenziale di crescita dell’economia europea. Tuttavia, l’UE sta ancora perdendo terreno nella corsa globale allo sviluppo di nuove tecnologie nel mondo digitale. Ad esempio, gli investimenti privati dell’UE sono in ritardo rispetto a quelli degli Stati Uniti e della Cina sia nel campo dell’IA che in quello delle tecnologie di raccolta e accesso ai dati e per l’informatica quantistica; e ciò vale altresì per i settori delle tecnologie blockchain e dell’internet degli oggetti.

3.5.

Il CESE richiama inoltre l’attenzione sui diversi strumenti finanziari esistenti per ridurre il divario con gli investimenti statunitensi e cinesi nelle tecnologie digitali. Tali strumenti, infatti, possono certamente sostenere la ricerca e l’innovazione nelle tecnologie digitali, ma, come sottolineato al punto 3.3, è necessario che siano accompagnati da investimenti aggiuntivi. Il CESE chiede pertanto di rinnovare gli sforzi per creare partenariati pubblico-privato nel settore delle tecnologie digitali e sostenere la ricerca su larga scala dell’UE nel campo delle nuove tecnologie, con l’obiettivo specifico di tenere il passo con le capacità di ricerca statunitensi e cinesi.

3.6.

Il CESE ritiene peraltro che la sovranità digitale non dipenda semplicemente dalla capacità dell’UE di recuperare il terreno perduto o di anticipare le nuove tendenze digitali. Né, a suo avviso, occorre chiedersi se, per conseguire e mantenere tale sovranità, l’UE debba adottare una strategia protezionistica. Occorre invece creare parità di condizioni per le imprese tecnologiche con sede nell’UE, con l’obiettivo, indicato nel titolo del presente parere d’iniziativa, di accrescere il potenziale di crescita economica dell’UE a beneficio della società europea in generale.

3.7.

Esistono senz’altro validi motivi per cui potrebbe essere necessario trattare le imprese tecnologiche con sede nell’UE in modo più favorevole rispetto a quelle straniere, se si vuole che le prime figurino tra i principali leader digitali a livello mondiale. Nondimeno, il CESE sostiene che gli attuali squilibri in materia di sovranità digitale siano in parte dovuti alle barriere nazionali che continuano a impedire il completamento di un vero mercato unico. Allo stato attuale, il mercato unico è essenzialmente un insieme di molteplici mercati nazionali più piccoli, che non raggiungono le dimensioni necessarie per consentire a una singola impresa dell’UE di competere con le Microsoft di questo mondo. Inoltre, i livelli di sviluppo e quelli delle infrastrutture sono diversi da una parte all’altra dell’UE. Non sorprende, pertanto, che il mercato digitale continui a essere dominato da imprese di paesi terzi.

3.8.

Il CESE ritiene altresì che affrontare in modo appropriato la questione della sovranità digitale contribuirà a risolvere le preoccupazioni relative alla protezione della vita privata e ai dati personali, alla tassazione, ai dati e agli appalti pubblici. Ciò non avverrà dall’oggi al domani, nonostante un quadro normativo più solido. Specie la questione della tassazione è particolarmente controversa, perché il fatto che le imprese tecnologiche con sede negli Stati Uniti possano generare ricavi grazie all’interazione con clienti nell’UE pone la questione del requisito della presenza fisica, che di solito fa scattare l’imponibilità.

3.9.

Infine, in un precedente parere (3) il CESE ha già ribadito l’importanza della sovranità digitale come asse portante dello sviluppo economico, sociale e ambientale dell’Europa, sottolineando inoltre che tale sovranità deve basarsi sulla competitività globale e su una solida cooperazione tra gli Stati membri. Si tratta di un presupposto essenziale affinché l’UE diventi un leader globale sulla scena internazionale, soprattutto in termini di affidabilità delle tecnologie digitali.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE invita gli Stati membri a dare effettiva attuazione al quadro normativo sul digitale, volto a proteggere i cittadini dell’UE dagli eccessi del mondo digitale e nel contempo a offrire un quadro di riferimento per un ambiente più etico e antropocentrico. Il CESE è dell’avviso che tale quadro normativo dovrebbe contribuire a una gestione più efficace del settore digitale dell’UE. Inoltre, la protezione dei lavoratori e il diritto alla contrattazione collettiva dovrebbero agevolare la transizione verso la digitalizzazione. Allo stesso tempo, alle imprese tecnologiche dell’UE dovrebbe essere concesso uno spazio sufficiente per innovare ed espandersi rispetto alle imprese tecnologiche di paesi terzi, incoraggiando, ove possibile, partenariati internazionali.

4.2.

Stabilire le regole in materia di dati dell’UE contribuirà a rendere l’UE più sovrana in senso teorico, ma non sarà sufficiente a far sì che le imprese tecnologiche dell’Unione raggiungano la portata globale di quelle straniere. Tale obiettivo, infatti, può essere raggiunto soltanto imprimendo un indirizzo strategico, investendo nella ricerca e innovazione (R&I) e affrontando le attuali carenze del mercato unico.

4.3.

Quanto sopra evidenziato implica la necessità di adottare un approccio più lungimirante in relazione al quadro normativo che plasmerà l’economia digitale negli anni a venire. Altrettanto importante è rendere le piattaforme, gli ecosistemi e le attività online più aperti, equi e prevedibili, considerando l’adozione di norme che disciplinino la trasparenza e la neutralità degli algoritmi, la condivisione dei dati e l’interoperabilità.

4.4.

Il CESE chiede che, per sviluppare la sovranità digitale dell’UE, vi sia un maggiore coordinamento tra le giurisdizioni nazionali, e in particolare tra le autorità regolatrici del settore. Occorre ripensare le strutture di governance esistenti, sia per rafforzare l’interazione tra gli Stati membri sia per facilitare l’adozione di decisioni comuni per quanto riguarda il digitale. Secondo il CESE, ciò sarà fondamentale per sostenere gli sforzi volti a raggiungere una qualche forma di sovranità digitale. Al tempo stesso, però, il CESE mette in guardia contro l’eccesso di regolamentazione, che potrebbe compromettere il potenziale di crescita economica.

4.5.

Il CESE appoggia la richiesta che l’UE sviluppi un’infrastruttura per il cloud e i dati per rafforzare la sua sovranità digitale e affrontare l’enorme squilibrio esistente nel mercato del cloud e dell’archiviazione dei dati, dominato quasi totalmente da imprese di paesi terzi. Ciò contribuirebbe anche a ridurre i rischi per la sicurezza dei cittadini dell’Unione. A tale proposito, il CESE ribadisce il suo sostegno all’iniziativa del progetto Gaia-X dell’UE, che mira a fornire un ambiente sicuro per la gestione dei dati per i cittadini, le imprese e i governi.

4.6.

Il CESE riconosce inoltre il potenziale di cui dispone l’UE per diventare un leader mondiale nella raccolta e nell’elaborazione dei dati, che costituiscono la spina dorsale dell’economia digitale. Un quadro europeo in materia di raccolta e condivisione dei dati offre enormi possibilità in settori strategici come la sanità, il mercato del lavoro e i trasporti. Esso consentirebbe ai cittadini e alle imprese di accedere ai dati di tutta l’UE (in linea con le norme sulla protezione della vita privata e dei dati) e accrescerebbe l’efficienza del mercato unico.

4.7.

Nell’ottica sopraindicata, il CESE chiede di aggiornare la politica in materia di concorrenza nel mercato unico e di affrontare gli squilibri esistenti, e sottolinea che, nel procedere a tale aggiornamento, bisognerebbe occuparsi anche delle pratiche distorsive attuate dalle imprese tecnologiche di paesi terzi e della crescente influenza delle imprese digitali cinesi nell’UE.

4.8.

Il CESE riconosce che il conseguimento della sovranità digitale dipenderà i) dal modo in cui le imprese tecnologiche con sede nell’UE si adegueranno al quadro legislativo, ii) dalle misure volte ad affrontare le carenze del mercato unico e iii) dalla R&I in campo digitale condotta nell’UE nonché dalle opportunità di investimento. Nel contempo, però, il CESE reputa che non si possa ignorare il contributo che le PMI potrebbero apportare allo sviluppo della sovranità digitale dell’Unione. Le PMI non avranno forse le risorse finanziarie per plasmare direttamente l’economia digitale, ma possono certamente contribuire interagendo con le grandi imprese tecnologiche dell’UE.

4.9.

Infine, il CESE sottolinea che, ai fini dello sviluppo della sovranità digitale dell’UE, un ruolo importante è svolto certamente dall’istruzione (sia essa professionale o accademica), a tutti i livelli in cui viene impartita: è quindi necessario sia fare in modo che gli istituti d’istruzione investano nelle attività di R&I pertinenti, sia creare un bacino di personale qualificato in grado di sostenere la strategia digitale dell’UE. Si raccomanda inoltre un approccio coordinato per tutti gli istituti d’istruzione dell’Unione europea.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://www.weforum.org/agenda/2021/03/europe-digital-sovereignty/

(2)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(3)  GU C 365 del 23.9.2022, pag. 13.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/13


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Preparazione all’emergenza

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/03)

Relatore:

Paul RÜBIG

Decisione dell’Assemblea plenaria

24.2.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

7.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

184/8/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede alla Commissione europea e agli Stati membri di elaborare con urgenza un piano volto ad aumentare in misura sostanziale l’autonomia/sovranità del mercato unico dell’UE per quanto riguarda gli impianti di produzione di energia, la produzione alimentare e idrica e l’estrazione delle materie prime necessarie, compresa la sovranità/autonomia per le tecnologie necessarie. La sovranità/autonomia dell’UE deve riguardare le pertinenti attività di R&S, trattamento dei materiali, progettazione, fabbricazione, installazione, avvio e manutenzione degli impianti all’interno del mercato unico dell’UE, così da evitare la povertà energetica e la disoccupazione per i cittadini e i consumatori dell’UE. Per prepararsi nel modo più efficiente alle emergenze occorre garantire la resilienza, sia tecnica che sociale. In tutte le politiche energetiche dovrebbero essere integrati continui miglioramenti della resilienza dei sistemi energetici rispetto a minacce naturali, politiche o di altro tipo.

1.2.

Il CESE raccomanda che l’UE definisca con urgenza misure a breve termine per la costruzione di impianti di produzione di energia all’interno del mercato unico, al fine di raggiungere l’obiettivo dell’autonomia/sovranità dell’Unione.

1.3.

Il CESE ritiene possibile evitare carenze energetiche generalizzate e durature in Europa adottando le seguenti misure:

assicurare l’apertura sul piano tecnologico (riguardo alle applicazioni per la produzione e l’uso di energia);

rafforzare e sviluppare il mercato unico europeo dell’energia;

migliorare la cooperazione e il coordinamento con i partner che condividono gli stessi principi, e intensificare la cooperazione con gli Stati vicini e i paesi terzi;

perseguire una politica commerciale ambiziosa e la diversificazione delle fonti;

affrontare gli squilibri del mercato del lavoro;

migliorare la comunicazione e la sensibilizzazione;

accelerare l’innovazione e la digitalizzazione;

facilitare l’accesso ai finanziamenti;

assicurare investimenti sufficienti (per facilitare la transizione verde ecc.);

garantire che le politiche siano realistiche. Per esempio, in materia di energia e clima, occorre riesaminare il pacchetto «Pronti per il 55 %» al fine di trovare un equilibrio tra il raggiungimento degli obiettivi per il 2030 e il 2050 e l’elaborazione di un percorso di transizione che sia economicamente e socialmente accettabile. Gli utili derivanti dallo scambio di quote di emissione dovrebbero essere impiegati per finanziare un tetto al prezzo del gas sulla base del modello dell’Henry Hub negli Stati Uniti e per investire in nuovi impianti di produzione di energia all’interno dell’UE.

1.4.

Per evitare di dover riconsiderare il calendario del Green Deal e per attuare politiche realistiche in campo energetico, le opzioni e le procedure di valutazione dell’impatto e dei rischi del Green Deal e della politica energetica dell’UE dovrebbero tenere conto degli effetti delle misure non solo sul clima, ma anche sul potere d’acquisto dei consumatori dell’UE e sulla competitività dell’economia dell’UE, salvaguardando così i posti di lavoro nell’Unione.

1.5.

Tenuto conto della gravità della crisi, il CESE ritiene che per rispondervi non si debba escludere nessuna misura.

1.6.

Nell’ambito dell’insieme di misure da adottare, una parte della risposta dovrebbe consistere, secondo il CESE, nell’attuare il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (SET: Strategic Energy Technology) e il piano REPowerEU, in particolare:

migliorando l’efficienza energetica e promuovendo la circolarità;

attuando il piano REPowerEU per porre fine alla dipendenza dell’UE dai combustibili fossili russi;

potenziando lo stoccaggio del gas e le operazioni coordinate di rifornimento; monitorando e ottimizzando i mercati dell’elettricità; incanalando gli investimenti nei sistemi energetici e migliorando la connettività nell’immediato vicinato attraverso l’ACER (1), il BEREC, l’ENTSO per il gas (2), l’ENTSO per l'energia elettrica (3) e le comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia su InnoEnergy, materie prime e attività manifatturiere, tenendo conto degli sviluppi nell’ambito dell’infrastruttura europea per l’idrogeno e dello stoccaggio di idrogeno e CO2;

creando 1 000 impianti di produzione di energia nell’UE mediante una procedura di autorizzazione di 14 giorni, e avviando immediatamente gli investimenti, con il 50 % del sostegno finanziario dell’UE derivante dai proventi dello scambio di quote di emissione.

1.7.

Il CESE raccomanda di incoraggiare e sostenere i consumatori affinché investano nella propria produzione ed efficienza energetica. A tal fine sarà necessario prevedere campagne di informazione e incentivi fiscali.

1.8.

Inoltre, il CESE ritiene che l’UE dovrebbe costruire nuove infrastrutture di trasporto per la trasmissione di energia e risorse energetiche (gasdotto dal Nord Africa alla Spagna) e per le fonti di energia rinnovabili come l’idrogeno, il biometano e l’ammoniaca (Campfire).

1.9.

In risposta alla crisi, il CESE raccomanda di adottare una serie di misure a breve termine:

salvaguardare le altre fonti, specialmente petrolio, carbone, gas, uranio, acqua, alimenti e mangimi;

sviluppare piani e concetti per il risparmio e il razionamento dell’energia in tutti i 27 Stati membri dell’UE:

il razionamento dovrebbe avere priorità chiare, per esempio negoziare piani di razionamento per le industrie ad alta intensità energetica, e negoziare nuovi accordi commerciali in seno all’OMC che stabiliscano nuove priorità per i prodotti alimentari, i mangimi, l’acqua e i servizi igienico-sanitari;

dare la priorità allo stoccaggio e alla fornitura di elettricità e gas per gli ospedali, le cure mediche, i servizi di soccorso e l’assistenza alle persone più anziane e vulnerabili;

emanare norme per garantire livelli sufficienti delle riserve di petrolio e gas;

promuovere il risparmio energetico e le nuove fonti di energia;

intensificare la R&S dell’UE in materia di ricerca energetica, con particolare attenzione per le energie alternative, l’energia da fusione, l’accumulo di energia, le tecnologie dell’idrogeno e dell’ammoniaca, l’efficienza energetica dei processi industriali ad alta intensità energetica e gli elettrodomestici;

accelerare le procedure di approvazione pubblica per nuovi progetti che forniscano energia supplementare a breve e medio termine, quali stazioni di scarico dell’idrogeno nei porti dell’UE, condutture e impianti portuali per la rigassificazione del gas liquefatto (GNL);

chiedere a tutte le imprese dell’UE che producono o forniscono prodotti e servizi necessari in situazioni di emergenza di assicurare la loro alimentazione elettrica di emergenza, aggiornare i loro piani di emergenza, organizzare formazioni periodiche per le emergenze ecc. (ad esempio, le imprese che operano nelle telecomunicazioni e nella radiodiffusione, i servizi di soccorso, i server informatici pubblici e i fornitori di energia elettrica).

1.10.

Oltre alle misure a breve termine, il CESE raccomanda anche una serie di misure a medio e lungo termine:

1.10.1.

Il CESE invita la Commissione europea a elaborare piani e a intraprendere le seguenti misure e azioni coordinate a livello europeo:

attuare la scissione del metano tramite elettrolisi/pirolisi e la riforma del metano con vapore per produrre idrogeno e carbonio solido;

utilizzare le riserve diversificate e durature di metano come materia prima per l’idrogeno (vettore energetico) e il carbonio, e valutarne approfonditamente i benefici in quanto ammendanti per l’agricoltura, al fine di incrementare le rese e migliorare la sicurezza alimentare;

imprimere una massiccia accelerazione agli appalti per le infrastrutture energetiche critiche, vale a dire semplificare e snellire i regolamenti dell’UE che rallentano l’acquisto di infrastrutture energetiche critiche;

la nuova direttiva quadro dell’UE in materia di acque. La priorità deve essere data alla garanzia di un approvvigionamento energetico rapido;

il nuovo regolamento dell’UE sulla catena di approvvigionamento deve essere semplificato. L’accento dovrebbe essere posto sulla garanzia di un approvvigionamento sostenibile di materie prime e beni critici per l’UE, negoziati nell’ambito di accordi commerciali bilaterali;

rafforzare le catene di produzione e i sistemi di trasporto per compensare possibili future interruzioni della disponibilità di materie prime critiche per le imprese dell’UE (industria e commercio);

ridurre la dipendenza dalle importazioni di materiali critici e di prodotti prefabbricati;

porre l’accento sulla sovranità/autonomia tecnologica dell’UE;

sviluppare un’infrastruttura di rete elettrica transfrontaliera (380 kV o superiore);

assicurare la produzione di trasformatori per il cambio di tensione elettrica (alta/bassa, CA/CC);

riavviare le migliaia di progetti di produzione di energia (idroelettrici, geotermici, depositi idroelettrici ecc.) accantonati per anni poiché caratterizzati da un ritorno sull’investimento svantaggioso (a causa del gas a buon mercato dalla Russia) o per via di ostacoli burocratici;

esplorare nuove tecnologie di sfruttamento. Diverse regioni all’interno dell’UE possiedono notevoli riserve di gas naturale, che possono essere estratte impiegando nuove tecnologie recentemente sviluppate dalle università europee. Alla luce dell’obiettivo di sovranità/autonomia energetica dell’UE, l’Unione dovrebbe prendere in seria considerazione queste nuove tecnologie e incoraggiare le regioni a sperimentarle;

riconsiderare, ove possibile e necessario, la produzione locale di gas/petrolio e combustibili ecologici o aumentare la produzione esistente come misura a breve termine.

1.10.2.

Rafforzare la formazione professionale e potenziare le competenze di elettricisti e agricoltori, come pure creare posti di lavoro nel settore della gestione idrica.

1.10.3.

Il CESE raccomanda di aumentare il numero di studenti europei delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), che rimane stagnante, mentre alcuni paesi asiatici hanno notevolmente aumentato il loro numero di studenti di fisica, TIC e ingegneria. Il CESE raccomanda di definire iniziative e incentivi per aumentare il numero di nuovi ingegneri, tecnici e posti di lavoro legati all’alta tecnologia in Europa, al fine di raggiungere gli obiettivi fissati in materia di sovranità/autonomia tecnologica.

1.10.4.

Infine, il CESE reputa importante mantenere alto il potere d’acquisto dei cittadini e dei consumatori dell’UE concentrandosi sulla sovranità/autonomia tecnologica dell’UE e riducendo così la sua dipendenza dalle importazioni (di tecnologia e di energia), nonché aumentando i posti di lavoro legati all’alta tecnologia in Europa.

1.11.

Per sintetizzare le conclusioni e le raccomandazioni, la questione da porsi è se l’ordine delle priorità nella mente dei consumatori sia passato da: 1 ambiente, 2 prezzo e 3 sicurezza dell’approvvigionamento a: 1 sicurezza dell’approvvigionamento, 2 prezzo e 3 ambiente.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Definizione di «gestione delle emergenze»: per «gestione delle emergenze» si intende l’organizzazione e la gestione delle risorse e delle responsabilità per affrontare tutti gli aspetti umanitari delle emergenze, vale a dire:

prevenzione;

preparazione;

risposta;

attenuazione;

ripresa.

2.2.

Nessuno sa quanto durerà questa guerra brutale in Ucraina, quante infrastrutture saranno distrutte, o quanti milioni di rifugiati ucraini fuggiranno verso gli Stati membri dell’UE, aggiungendo milioni di nuovi consumatori al mercato unico.

2.3.

La guerra in Ucraina avrà certamente conseguenze drammatiche per l’UE, dato che l’Unione dipende fortemente dai combustibili fossili e dalle materie prime importate dalla Russia e dall’Ucraina. Per raggiungere l’autonomia/sovranità, che costituisce uno dei principali obiettivi dell’UE, si raccomanda di investire urgentemente in impianti propri di estrazione e produzione di energia.

2.4.

Nel 2021 alcuni paesi europei hanno importato il 100 % delle loro importazioni di gas naturale dalla Russia, e alcuni circa il 70 % delle loro importazioni di petrolio. Ad oggi, nel settembre 2022, alcuni paesi dell’UE (ad esempio Polonia, Bulgaria e tutti e tre gli Stati baltici) hanno smesso di importare gas dalla Russia, e molti paesi dell’UE sono riusciti a ridurre considerevolmente le loro importazioni di gas naturale russo aumentando le importazioni di gas da altri paesi, principalmente di GNL attraverso i relativi terminali. Come reazione, i prezzi del gas nell’UE hanno registrato un’impennata e stanno ancora aumentando. A luglio 2022 i prezzi medi del gas nell’UE erano circa otto volte superiori a quelli degli Stati Uniti, il che ha inciso negativamente sulla competitività dell’UE.

2.5.

Di conseguenza, aumenta il rischio di massicce perdite di posti di lavoro nell’UE. Secondo Eurofer, l’industria siderurgica dell’UE impiega direttamente 330 000 persone altamente qualificate e indirettamente ne sostiene fino a 2,2 milioni. Anche le industrie dell’alluminio, del cemento, della carta, del vetro e le industrie chimiche danno lavoro direttamente e indirettamente a centinaia di migliaia di persone. All’interno del mercato unico, gli impianti di produzione di energia potrebbero fornire centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro ben retribuiti, aumentando quindi il potere d’acquisto dei consumatori dell’UE.

2.6.

Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, i paesi europei cercheranno sistematicamente di ridurre la loro dipendenza dalle forniture di frumento provenienti dall’Ucraina e dalla Russia. Dobbiamo esaminare la possibilità di sovvenzioni per i fertilizzanti, destinare dei terreni alla produzione di alimenti e mangimi e utilizzare i rifiuti agroalimentari per produrre biogas.

3.   Preparazione alle calamità (4)

3.1.

L’UE ha fatto molto per prepararsi alle emergenze, ma la guerra in Ucraina ha dimostrato che occorre proseguire gli sforzi e persino intensificarli nei seguenti settori:

interruzioni di corrente (blackout) causate da guasti tecnici, attacchi informatici ecc. che potrebbero ripercuotersi su:

sistemi di comunicazione;

sistemi igienico-sanitari, approvvigionamento idrico e trattamento delle acque reflue;

continuità dell’attività industriale;

piani di razionamento dell’elettricità e del gas per i consumatori e l’industria dell’UE. Questo rischio è aumentato drasticamente dallo scoppio della guerra in Ucraina;

ritardi nella disponibilità di materie prime a causa di interruzioni nella catena di produzione o nel sistema di trasporto (ad esempio il blocco di 400 grandi navi portacontainer nel porto di Shanghai nell’aprile 2022 a causa del lockdown dovuto alla COVID-19);

minacce o incidenti informatici: come può l’UE rafforzare la resilienza delle imprese e garantire la continuità delle loro operazioni, al fine di salvaguardare l’approvvigionamento necessario ai consumatori dell’UE?

altri attacchi: le imprese devono disporre degli strumenti adeguati per resistere e riprendersi rapidamente dagli attacchi.

3.2.

Le emergenze e le calamità evidenziano l’importanza dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’ONU (5). Le calamità possono essere disastri naturali (6), oppure causati da incidenti industriali o tecnologici (macchinari costruiti dall’uomo, incidenti nucleari, biologici e chimici), guerre e catastrofi politiche e civili (7), epidemie e carestie e l’impatto della produzione di alimenti e mangimi.

4.   Organismi importanti all’interno della Commissione europea

4.1.

L’UE non manca di organi competenti e specializzati in grado di dare un contributo per orientare il dibattito e i preparativi relativi alla «preparazione alle emergenze». In particolare, si tratta dei seguenti:

DG ECHO (Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee) (8);

ERCC (Centro di coordinamento della risposta alle emergenze) (9);

Rete unionale della conoscenza in materia di protezione civile (UCP) (10);

Meccanismo di protezione civile dell’Unione europea (EUCPM) (11).

5.   Esempi attuali di potenziali emergenze critiche per gli Stati membri dell’UE, in particolare nel settore degli impianti di produzione di energia

5.1.

Interruzione della catena di approvvigionamento della produzione di energia fossile (carbone, petrolio, gas naturale, uranio). Nel 2021 i combustibili fossili costituivano circa l’80 % di tutta l’energia primaria utilizzata nell’UE, e la maggior parte di questi era importata.

5.2.

Blackout elettrici e conseguenti interruzioni delle comunicazioni causati da guasti tecnici, guerre cibernetiche o attacchi terroristici. La produzione di energia elettrica rinnovabile è erratica: sole e vento non sempre sono disponibili nel momento in cui l’UE ha bisogno di grandi quantità di energia, pertanto qualsiasi aumento delle capacità di produzione di energia eolica e fotovoltaica all’interno dell’UE deve essere accompagnato dalla costruzione di enormi strutture di stoccaggio dell’energia.

5.3.

La capacità di garantire l’approvvigionamento di materie prime critiche (rame, litio, cobalto, terre rare ecc.) attraverso nuove strategie del mercato unico dell’UE in materia di estrazione, riciclaggio ecc.

5.4.

La capacità di garantire un mercato unico competitivo per le forniture di prodotti semilavorati (ad esempio, dall’inizio della guerra l’industria automobilistica dell’UE soffre di una grave carenza di fasci di cavi prodotti in Ucraina).

5.5.

Il fabbisogno di materiale necessario per costruire l’enorme numero di turbine eoliche indispensabili per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione per la produzione di elettricità supera la produzione globale annua di rame di un fattore 14 (25 milioni di tonnellate rispetto ai 350 milioni di tonnellate necessari), la produzione globale annua di alluminio di un fattore 7,2 e la produzione globale annua dell’acciaio speciale necessario per le turbine eoliche di un fattore 3,9. I pannelli solari sono prodotti principalmente in Cina.

5.6.

Ingenti forniture di combustibili fossili sono urgentemente necessarie fino a quando nell’UE non sarà costruita una quantità sufficiente di strutture di produzione per gli impianti di energia rinnovabile.

6.   Risposta

6.1.

Considerata l’ampiezza del consumo energetico dell’UE, la transizione verde richiederà circa 20 anni. Alla riunione del Consiglio a Versailles si è raccomandato di accelerare la transizione, il che appare come un’impresa molto ardua.

6.2.

Il principale ostacolo a una transizione più rapida non è solo il denaro, ma piuttosto i materiali necessari per le circa 700 000 grandi turbine eoliche da 5 MW necessarie in tutta l’UE, e i milioni di impianti fotovoltaici, per l’energia da fusione, l’energia idrica e lo stoccaggio dell’energia. Inoltre, dovranno essere costruiti impianti geotermici e impianti di stoccaggio di idrogeno, ammoniaca e CO2. Per distribuire la quantità notevolmente aumentata di energia elettrica generata in modo decentrato, le linee di trasmissione ad alta e media tensione dovranno essere ampliate su scala enorme.

6.3.

Ciascuna delle 700 000 grandi turbine eoliche da 5 MW (che producono generalmente 12,5 GWh di energia elettrica all’anno) ha un’altezza di circa 200 metri e una fondazione di circa 2 000 tonnellate di cemento armato, richiede circa 600 tonnellate di acciaio speciale, 20 tonnellate di rame, e una fornitura di materiali contenenti terre rare molto limitati, che devono essere importati principalmente dalla Cina o dalla Russia. Moltiplicando queste tonnellate di materiali richiesti per le circa 700 000 turbine eoliche necessarie all’interno dell’UE, appare evidente che saranno necessarie enormi quantità di cemento, acciaio, rame e altri materiali, la cui produzione emetterebbe enormi quantità aggiuntive di CO2. Per quanto riguarda le terre rare (per i generatori elettrici e le batterie), il neodimio, il disprosio ecc., il problema della scarsità risulta ancora più grave, e sarebbe difficilmente risolvibile entro il 2050.

7.   Attenuazione

7.1.

Se la Germania continua a costruire turbine eoliche al ritmo del 2021, la realizzazione delle 70 000 turbine eoliche necessarie per il Green Deal richiederà 160 anni.

7.2.

In sintesi, molti ingegneri sostengono che conseguire gli obiettivi del Green Deal entro il 2050 è un’impresa molto ardua a causa della carenza di materiali (terre rare, rame, acciaio ecc.) e di ingegneri e lavoratori qualificati (ad esempio, elettricisti), entrambi necessari per il Green Deal dell’UE.

8.   Prevenzione

8.1.

Molte industrie ad alta intensità energetica devono essere convertite all’idrogeno o all’ammoniaca verdi rinnovabili prodotti da energia elettrica rinnovabile entro il 2050, comprese l’industria siderurgica, l’industria chimica e l’industria del cemento. Molti non sanno che la transizione di tutte queste industrie ad alta intensità energetica richiede circa 10 volte più energia elettrica rinnovabile rispetto alla transizione alla mobilità elettrica e alla decarbonizzazione dell’industria siderurgica.

8.2.

La produzione di ferro e acciaio rappresenta un quarto di tutte le emissioni industriali globali di CO2. Nel 2020 sono stati prodotti in tutto il mondo circa 1 870 milioni di tonnellate di acciaio, di cui circa il 57 % in Cina e il 7 % nell’UE. Dei 1 870 milioni di tonnellate di acciaio prodotte a livello globale, circa 1 300 milioni (il 65 %) sono prodotte attraverso il percorso integrato dell’altoforno, dove il minerale di ferro viene ridotto con il coke, generando emissioni di CO2 molto elevate (circa 1,4 tonnellate di CO2 per tonnellata di acciaio).

8.3.

Nei 27 Stati membri dell’UE si producono circa 150 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, di cui circa 90 milioni attraverso il percorso dell’altoforno. Per convertire la produzione di questi 90 milioni di tonnellate di ghisa (ridotta in altoforno con coke) in quella di ferro verde ad idrogeno rinnovabile, sarebbero necessari circa 360 TWh all’anno di elettricità rinnovabile (entro il 2050). Si tratta di una quantità enorme di energia rinnovabile, superiore a quella necessaria per l’elettrificazione di tutte le autovetture in tutta l’UE. Saranno necessarie non meno di 30 000 grandi turbine eoliche per produrre tale elettricità rinnovabile per l’industria siderurgica dell’UE.

8.4.

Per quanto riguarda l’Unione europea, nel 2019 la produzione di elettricità è stata di circa 2 904 TWh, di cui solo il 35 % circa proveniva da fonti rinnovabili. Tuttavia, circa il 38 % (1 112 TWh) è stato prodotto a partire da combustibili fossili e circa il 26 % da energia nucleare (765 TWh). Solo il 13 % è stato prodotto da energia eolica, il 12 % da centrali idroelettriche, il 4 % da centrali solari, il 4 % da bioenergia e il 2 % da fonti geotermiche. Nel 2019 la maggior parte della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nell’Unione europea (1 005 TWh) proveniva dall’energia eolica (367 TWh, pari al 42 % di tutte le energie rinnovabili). Un ulteriore 39 % è stato generato da centrali idroelettriche (345 TWh), il 12 % da centrali solari (125 TWh) e il restante 6 % da bioenergia (55 TWh).

8.5.

La costruzione su ampia scala di centrali idroelettriche ad accumulazione con pompaggio è necessaria per stabilizzare la rete in caso di imminente blackout.

8.6.

L’energia idroelettrica deve occupare un posto di primo piano nell’agenda politica in materia di energia e clima. Le centrali idroelettriche sviluppate in modo sostenibile devono essere riconosciute come fonti di energia rinnovabili. I governi dovrebbero includere impianti idroelettrici di grandi e piccole dimensioni nei loro obiettivi di realizzazione a lungo termine, nei piani energetici e nei regimi di incentivi per le energie rinnovabili, su un piano di parità con le fonti rinnovabili variabili.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Agenzia dell'UE per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia.

(2)  https://www.entsog.eu/

(3)  https://www.entsoe.eu/

(4)  https://ec.europa.eu/echo/what/humanitarian-aid/disaster-preparedness_en.

(5)  https://www.aics.gov.it/home-ita/settori/obiettivi-di-sviluppo-sostenibile-sdgs/

(6)  https://www.conserve-energy-future.com/10-worst-natural-disasters.php

(7)  https://www.samhsa.gov/find-help/disaster-distress-helpline/disaster-types/incidents-mass-violence

(8)  https://ec.europa.eu/echo/index_it

(9)  https://erccportal.jrc.ec.europa.eu/

(10)  https://civil-protection-knowledge-network.europa.eu/

(11)  https://ec.europa.eu/echo/what/civil-protection/eu-civil-protection-mechanism_it


ALLEGATO

Qui di seguito si riportano gli emendamenti al parere della sezione che sono stati respinti a favore di emendamenti adottati dall’Assemblea, pur avendo ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad almeno un quarto dei voti espressi.

«1.3.

Il CESE ritiene possibile evitare carenze energetiche generalizzate e durature in Europa adottando le seguenti misure:

rafforzare e sviluppare il mercato unico europeo dell’energia;

migliorare la cooperazione e il coordinamento con i partner che condividono gli stessi principi;

perseguire una politica commerciale ambiziosa e la diversificazione delle fonti;

affrontare gli squilibri del mercato del lavoro;

migliorare la comunicazione e la sensibilizzazione;

accelerare l’innovazione e la digitalizzazione;

facilitare l’accesso ai finanziamenti;

assicurare investimenti sufficienti (per facilitare la transizione verde ecc.);

garantire che le politiche siano realistiche. Per esempio, in materia di energia e clima, occorre riesaminare il pacchetto “Pronti per il 55 %” al fine di trovare un equilibrio tra il raggiungimento degli obiettivi per il 2030 e il 2050 e l’elaborazione di un percorso di transizione che sia economicamente e socialmente accettabile.»

Esito della votazione

Voti favorevoli

95

Voti contrari

67

Astensioni

25

«1.6.

Nell’ambito dell’insieme di misure da adottare, una parte della risposta dovrebbe consistere, secondo il CESE, nell’attuare il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (SET: S trategic E nergy T echnology) e il piano REPowerEU, in particolare:

migliorando l’efficienza energetica e promuovendo la circolarità;

attuando il piano REPowerEU per porre fine alla dipendenza dell’UE dai combustibili fossili russi;

potenziando lo stoccaggio del gas e le operazioni coordinate di rifornimento; monitorando e ottimizzando i mercati dell’elettricità; incanalando gli investimenti nei sistemi energetici e migliorando la connettività nell’immediato vicinato attraverso l’ACER (*1), il BEREC, l’ENTSO per il gas, l’ENTSO per l'energia elettrica e le comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia su InnoEnergy, materie prime e attività manifatturiere.»

Esito della votazione

Voti favorevoli

104

Voti contrari

61

Astensioni

18

«1.10.1.

Il CESE invita la Commissione europea a elaborare piani e a intraprendere le seguenti misure e azioni coordinate a livello europeo:

imprimere una massiccia accelerazione agli appalti per le infrastrutture energetiche critiche, vale a dire semplificare e snellire i regolamenti dell’UE che rallentano l’acquisto di infrastrutture energetiche critiche.

La nuova direttiva quadro dell’UE in materia di acque. La priorità deve essere data alla garanzia di un approvvigionamento energetico rapido;

Il nuovo regolamento dell’UE sulla catena di approvvigionamento deve essere semplificato. L’accento dovrebbe essere posto sulla garanzia di un approvvigionamento sostenibile di materie prime e beni critici per l’UE, negoziati nell’ambito di accordi commerciali bilaterali;

rafforzare le catene di produzione e i sistemi di trasporto per compensare possibili future interruzioni della disponibilità di materie prime critiche per le imprese dell’UE (industria e commercio);

ridurre la dipendenza dalle importazioni di materiali critici e di prodotti prefabbricati;

porre l’accento sulla sovranità/autonomia tecnologica dell’UE;

sviluppare un’infrastruttura di rete elettrica transfrontaliera (380 kV o superiore);

assicurare la produzione di trasformatori per il cambio di tensione elettrica (alta/bassa, CA/CC);

riavviare le migliaia di progetti di produzione di energia (idroelettrici, geotermici, depositi idroelettrici ecc.) accantonati per anni poiché caratterizzati da un ritorno sull’investimento svantaggioso (a causa del gas a buon mercato dalla Russia) o per via di ostacoli burocratici;

esplorare nuove tecnologie di sfruttamento. Diverse regioni all’interno dell’UE possiedono notevoli riserve di gas naturale, che possono essere estratte impiegando nuove tecnologie recentemente sviluppate dalle università europee. Alla luce dell’obiettivo di sovranità/autonomia energetica dell’UE, l’Unione dovrebbe prendere in seria considerazione queste nuove tecnologie e incoraggiare le regioni a sperimentarle;»

Esito della votazione

Voti favorevoli

96

Voti contrari

66

Astensioni

30


(*1)  Agenzia dell'UE per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia.”


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/22


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Un euro digitale»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/04)

Relatore:

Juraj SIPKO

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria e coesione economica e sociale

Adozione in sezione

6.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

183/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il rapido processo di innovazione tecnologica nel settore finanziario ha portato al graduale sviluppo di valute digitali da parte di banche centrali in tutto il mondo. Come altre banche centrali nel mondo, nel luglio 2021 la Banca centrale europea (Eurosistema-BCE) ha deciso di avviare una «fase di indagine» in vista dell’eventuale introduzione di un euro digitale. Il CESE si compiace del fatto che la BCE continui a lavorare all’introduzione di una tale moneta. Attualmente l’Eurosistema-BCE sta adottando un approccio graduale verso l’adozione di un euro digitale, che segue un calendario prestabilito. Tuttavia, una decisione se adottare o meno un euro digitale non è ancora stata presa.

1.2.

Il CESE reputa che l’inclusività finanziaria e digitale rivesta una grande importanza nell’introduzione dell’euro digitale, e si attende pertanto che esso vada a beneficio di tutti i cittadini della zona euro. L’euro digitale dovrebbe consentire di effettuare operazioni di pagamento in maniera più rapida e più efficiente.

1.3.

Il CESE osserva che l’euro digitale costituirà una nuova forma di denaro. E al riguardo sottolinea che, nel valutare la sua adozione, se da un lato vanno presi in considerazione tutti gli aspetti positivi e le opportunità offerte, dall’altro è necessario evidenziare tutti i potenziali rischi, in particolare per quanto riguarda il settore finanziario. Pertanto, nella progettazione dell’euro digitale occorrerà tenere conto del monitoraggio, della vigilanza e della gestione dei potenziali rischi ad esso associati.

1.4.

Il CESE ritiene che la stabilità finanziaria sia uno degli aspetti fondamentali da considerare nella transizione verso l’introduzione di un euro digitale. Pertanto, nel portare avanti questo processo, sarà importante che la BCE adotti tutte le misure necessarie in materia di vigilanza per contrastare le operazioni illecite, in particolare a fini di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (AML/CFT), nonché per combattere gli attacchi informatici.

1.5.

Adesso che ci si prepara per l’eventuale introduzione di un euro digitale, ad avviso del CESE si presenta l’opportunità di rendere il sistema dei pagamenti più efficiente e competitivo. L’euro digitale potrebbe ridurre i rischi promuovendo nel contempo la stabilità finanziaria.

1.6.

Il CESE sostiene le misure adottate dall’Eurosistema-BCE per l’introduzione di un euro digitale. Dato che si tratta di un progetto molto complesso, fortemente influenzato anche dall’attuale rapido sviluppo di tecnologie innovative, sarà importante che la BCE definisca varie opzioni progettuali. Di conseguenza, sarà altresì importante consentire operazioni sia online che offline. Inoltre, nelle operazioni di pagamento transfrontaliere si dovrà garantire la compatibilità dei sistemi.

1.7.

Il CESE segue da vicino i lavori della BCE per l’adozione di un euro digitale e continuerà a farlo. Sottolinea quindi l’importanza che, man mano che il processo decisionale a livello di Eurosistema-BCE segue il suo corso, siano adottate tutte le misure sostanziali e sistemiche per selezionare il modello più appropriato, atto a garantire l’inclusività finanziaria, la stabilità finanziaria e la tutela della vita privata. La BCE sta attualmente esplorando ed esaminando varie opzioni progettuali.

1.8.

Dato che si tratta di un progetto complesso e particolarmente impegnativo, che riguarda tutti i residenti degli Stati membri dell’Unione europea, il CESE sottolinea la necessità di coinvolgere la società civile nelle prossime fasi dei preparativi, dei negoziati e delle discussioni sull’introduzione di un euro digitale.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il processo costante di sviluppo tecnologico sta portando a una rapida digitalizzazione in tutti i settori dell’economia, anche per quanto concerne la struttura sociale generale. La rapida evoluzione e l’impatto delle innovazioni tecnologiche si possono osservare anche nel settore finanziario e negli istituti che offrono servizi di pagamento. Il rapido processo di digitalizzazione prosegue anche nel settore pubblico.

2.2.

Le banche centrali di tutto il mondo stanno attualmente discutendo e decidendo in merito all’introduzione di una propria valuta digitale («valuta digitale della banca centrale», Central Bank Digital Currency — CBDC). Ad oggi le banche centrali delle Bahamas e della Nigeria hanno già adottato una valuta digitale come moneta a corso legale, e più di 110 altri paesi in ogni parte del mondo stanno valutando la possibilità di introdurre una moneta digitale.

2.3.

La Repubblica popolare cinese (1) è il primo Stato del G20 ad aver avviato con successo un progetto di moneta digitale, che per il momento non è collegato con altre banche centrali nel resto del mondo. Nel gennaio 2022 la Federal Reserve degli Stati Uniti ha pubblicato uno studio sui vantaggi e gli svantaggi dell’introduzione di un dollaro digitale.

2.4.

Attualmente circa il 90 % delle banche centrali, pari al 95 % del PIL mondiale, sta esaminando la possibilità di adottare una valuta digitale (2). Circa la metà delle banche centrali del mondo sta mettendo a punto o attuando esperimenti concreti relativi all’introduzione di una CBDC. Inoltre, due terzi delle banche centrali intendono introdurre una CBDC per le operazioni al dettaglio nel breve o medio termine.

2.5.

Vi è un generale consenso riguardo all’aspettativa che l’introduzione di valute digitali da parte delle banche centrali porterà a costi più bassi e a operazioni di pagamento più efficienti, più rapide e più sicure.

2.6.

Questo processo di adozione di valute digitali da parte delle banche centrali è legato alle dinamiche di sviluppo del mercato delle criptovalute. Inoltre, l’insorgenza e la rapida diffusione della pandemia di COVID-19 hanno ulteriormente accelerato questo processo di digitalizzazione.

2.7.

Nel decidere in merito all’introduzione di valute digitali delle banche centrali, sarà importante tenere conto dell’impatto di tali nuove valute sulla stabilità macrofinanziaria. Si prevede che gli Stati che hanno deciso di adottare ed eventualmente attuare valute digitali ne trarranno benefici significativi, in termini non solo di rapidità, efficienza e volume delle operazioni, ma anche di continuità operativa del sistema di pagamento e regolamento.

2.8.

L’introduzione di un euro digitale da parte della Banca centrale europea (BCE) dovrebbe mirare a preservare il ruolo del denaro pubblico quale àncora del sistema dei pagamenti, nonché contribuire all’autonomia strategica e all’efficienza economica dell’Europa. Inoltre, dovrebbe contribuire a rendere il mercato europeo dei pagamenti al dettaglio più equo, diversificato e resiliente, garantendo nel contempo un elevato grado di sicurezza e di tutela della vita privata — un settore, quest’ultimo, nel quale l’Eurosistema si è impegnato ad assicurare standard elevati. Peraltro, per quanto riguarda quest’ultimo punto, sarebbe necessario integrare nel quadro normativo livelli più elevati di tutela della vita privata rispetto a quelli garantiti dalle attuali soluzioni di pagamento.

3.   Osservazioni principali

3.1.

Il CESE osserva che la BCE dovrebbe puntare alla riduzione e all’eliminazione dei rischi potenziali nella transizione verso l’introduzione di un euro digitale. Per quanto riguarda l’euro digitale stesso, sono in discussione diversi modelli, tra cui quelli basati sulla convalida da parte di terzi e sulla convalida tra pari, nonché con funzionalità offline o online (3).

3.2.

Il CESE si attende che la strategia della BCE per l’adozione dell’euro digitale preveda un esame dei rischi connessi di ogni genere e dedichi un’attenzione specifica all’adozione di misure volte a eliminare i rischi potenziali.

3.3.

Il CESE sottolinea che i piani della BCE per l’introduzione di un euro digitale dovrebbero concentrarsi anche sul mantenimento della stabilità finanziaria e sulla garanzia di una transizione monetaria agevole. Sarà pertanto importante effettuare ulteriori analisi approfondite delle diverse caratteristiche progettuali di un euro digitale — anche in rapporto al futuro impatto della nuova valuta sulla stabilità macrofinanziaria.

3.4.

Il CESE si aspetta che nel processo di sviluppo tecnologico si tenga debito conto anche di altri possibili rischi ad esso associati. La strategia della BCE per l’euro digitale dovrà quindi affrontare due sfide, ossia garantire la stabilità finanziaria e una transizione agevole della politica monetaria, da un lato, e assicurare un processo dinamico di sviluppo tecnologico e innovazione, dall’altro.

3.5.

Il CESE si attende che, nel rendere possibili i pagamenti all’estero mediante valuta digitale, si adottino tutte le misure necessarie per impedire che essa venga usata per finanziare il terrorismo o compiere altre operazioni illecite (4). Al riguardo, il CESE ravvisa un ampio margine per una cooperazione e un coordinamento internazionali reciprocamente vantaggiosi tra le banche centrali e le istituzioni monetario-finanziarie ed economiche internazionali (5).

3.6.

Il CESE osserva che, nel valutare le diverse forme di moneta, è necessario tenere conto delle funzioni che esse svolgono, vale a dire quelle di riserva di valore, unità di conto e mezzo di scambio. Un euro digitale dovrebbe essere utilizzato principalmente come mezzo di pagamento e non diventare uno strumento per gli investimenti finanziari, onde evitare conseguenze negative per il settore finanziario.

3.7.

Il CESE ritiene che, affinché la valuta digitale svolga la funzione di mezzo di pagamento con la massima efficacia possibile, sarà importante che i fondi siano disponibili in quantità sufficiente e liberi da qualsiasi restrizione. Il CESE sottolinea altresì l’importanza che, tanto nei rapporti reciproci di pagamento quanto in quelli di regolamento, siano accettate sia le persone fisiche che quelle giuridiche. Sarà tuttavia necessario mettere a punto degli strumenti per evitare che l’euro digitale sia utilizzato a fini di investimento (6).

3.8.

Il CESE prevede che, nel valutare l’introduzione di un euro digitale, la BCE dovrà affrontare tutta una serie di sfide, in particolare per quanto riguarda la sicurezza dei pagamenti, la loro efficienza, l’inclusività finanziaria, comprese la stabilità finanziaria e la trasmissione della politica monetaria ecc. I piani delle società del settore privato volti a introdurre valute digitali hanno accelerato i progetti di CBDC. È molto importante che la BCE tenga conto in anticipo dell’ulteriore concorrenza delle valute digitali del settore privato (7).

3.9.

Il CESE sottolinea l’importanza che la BCE decida come stabilire le condizioni per prevenire un possibile fallimento del mercato. Si dovrà inoltre stabilire come trattare con le banche private, nonché con gli istituti finanziari che forniscono servizi di pagamento nazionali ed esteri. Nella fase preparatoria dell’introduzione della valuta digitale, quindi, la BCE sarà chiamata a prendere una decisione importante, ossia quella relativa al modello di CBDC da adottare.

3.10.

Attualmente sono noti i seguenti modelli di valute digitali delle banche centrali: un modello diretto, un modello indiretto, un modello intermediato e un modello ibrido. Inoltre, il CESE sottolinea che, nell’utilizzare uno dei possibili modelli per l’introduzione della moneta digitale della BCE, una delle sfide principali sarà rappresentata dall’interoperabilità tra le banche centrali (8).

3.11.

Il CESE si aspetta che i sistemi di pagamento transfrontaliero per le operazioni al dettaglio effettuate in euro digitale siano sufficientemente rapidi, abbiano costi inferiori e siano più trasparenti, più sicuri e molto più accessibili.

3.12.

Il CESE sottolinea che l’interconnessione dei pagamenti al dettaglio faciliterà lo svolgimento delle singole operazioni nel quadro dei diversi modelli che le singole banche centrali applicheranno al momento di introdurre l’euro digitale. Maggiore sarà l’interoperabilità tra i fornitori di servizi di pagamento, maggiore sarà la soddisfazione degli utenti e dei prestatori di servizi.

3.13.

Il CESE ritiene che l’euro digitale diventerà una nuova forma di moneta. Le innovazioni tecnologiche portano alla creazione di due forme di valute digitali, ossia a) gli attivi digitali delle banche centrali e b) gli attivi digitali privati. Al riguardo, occorre tenere conto non solo della potenziale concorrenza, ma anche della posizione dell’euro digitale nelle relazioni monetarie internazionali quale seconda valuta di riserva in ordine di importanza.

4.   Raccomandazioni specifiche

4.1.

Il CESE sottolinea che, se verrà introdotto un euro digitale, la BCE, in collaborazione con le banche commerciali, garantirà che il contante continui ad essere fornito e possa ancora essere utilizzato nelle operazioni al dettaglio (9).

4.2.

Il CESE sottolinea che la BCE dovrebbe monitorare tutti i potenziali rischi. Una misura importante per la stabilità valutaria nella blockchain sarà lo «stablecoin» (10), ragion per cui sarà essenziale che la BCE definisca il modo in cui gestirà questa forma di moneta digitale, lo stablecoin appunto, che potrebbe anche essere collegato a un euro digitale.

4.3.

Il CESE sottolinea che il contante continuerà ad essere molto importante per l’inclusività di una valuta. In alcune fasce della società, non sempre le persone hanno accesso a conti digitali e carte di credito: è il caso in particolare delle persone anziane e di quelle finanziariamente vulnerabili. Per queste persone, il denaro contante costituisce l’unico mezzo di pagamento. Inoltre, il denaro contante è una protezione contro un’eccessiva intrusione nella sfera privata dei cittadini. Il crescente volume di banconote nell’economia è la prova della fiducia in questa forma di moneta, probabilmente anche a seguito e a causa della crisi finanziaria del 2008.

4.4.

Il CESE osserva che attualmente quasi tutte le banche centrali del mondo che hanno adottato una strategia per l’introduzione di una propria moneta digitale stanno cercando e sperimentando la forma, il sistema, la concezione e il modello di queste valute digitali.

4.5.

Il CESE ritiene che, a causa del processo di innovazione tecnologica in atto (11), la BCE si trovi di fronte al dilemma di come continuare con il processo già avviato di digitalizzazione dell’euro garantendo collegamenti con altre valute digitali di banche centrali, ma assicurando al contempo l’inclusività finanziaria e la stabilità macroeconomica e finanziaria.

4.6.

Il CESE non si attende che l’introduzione di un euro digitale sia vista come la soluzione capace di rispondere a tutte le problematiche connesse alla rivoluzione tecnologica in atto. Si può però prevedere una diminuzione significativa dei mezzi di pagamento in contanti, e sarà inoltre necessario affrontare la questione della sovranità monetaria, compreso il sostegno al processo di digitalizzazione legato ai pagamenti e ai trasferimenti esteri, anche risolvendo la questione fondamentale dell’inclusione finanziaria. Sono tutte questioni aperte che la BCE si trova ancora oggi ad affrontare.

4.7.

Il CESE osserva che l’introduzione di un euro digitale non può aver luogo in maniera uguale per tutti gli Stati membri, considerate le differenze tra di essi. Pertanto, nella transizione verso un euro digitale sarà necessario tenere conto innanzitutto dell’ambito del suo utilizzo in ciascuno Stato membro. Così come oggi il contante, l’euro digitale sarà reso disponibile per tutti i cittadini della zona euro, indipendentemente dal loro paese di residenza. Il suo utilizzo potrebbe però variare a seconda delle abitudini e delle norme dei singoli paesi.

4.8.

Il CESE è consapevole dell’importanza di tenere conto, nel definire le diverse caratteristiche dell’introduzione dell’euro digitale, in particolare delle condizioni imposte dalle esigenze di tutela della vita privata, nonché della tempistica dell’immissione sul mercato. Inoltre, sarà importante utilizzare l’infrastruttura attuale e la nuova architettura tecnica per garantire la sicurezza delle operazioni e delle procedure di pagamento per quanto riguarda l’identificazione dei clienti.

4.9.

Il CESE ritiene che, nei fatti, l’euro digitale comporti un grado elevato di tutela della vita privata. Benché l’orizzonte temporale non sia ancora determinato con precisione, è assai importante preparare attentamente fin d’ora l’introduzione della nuova valuta. Inoltre, il CESE osserva che, quando emetterà un euro digitale, la BCE terrà conto di tutti gli obblighi in materia di AML/CFT, ma che ciò non significa che sarà la stessa BCE ad effettuare i controlli KYC (Know Your Customer — conoscenza del proprio cliente); questi ultimi potrebbero essere effettuati, ad esempio, da entità sottoposte a vigilanza, a seconda di come sarà configurato l’euro digitale.

4.10.

Il CESE ritiene che saranno importanti anche la valutazione della sovranità nazionale e l’impatto sul sistema bancario europeo. Sebbene attualmente l’intero sistema europeo dei pagamenti non sia del tutto uniforme, è un grande vantaggio che esso sia accessibile sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche. Attualmente, dopo la crisi finanziaria mondiale, esso è relativamente efficiente, stabile e sicuro.

4.11.

Il CESE esorta al completamento dell’Unione bancaria. Un’Unione bancaria completa ed effettiva sarebbe utile per accrescere ulteriormente la resilienza e l’uniformità del settore bancario europeo. Un tale sviluppo è fondamentale e vantaggioso anche alla luce di un potenziale euro digitale.

4.12.

Il CESE è dell’avviso che le banche commerciali dei paesi della zona euro beneficino attualmente di condizioni favorevoli per le operazioni di pagamento. In tale contesto, ci si può attendere che le banche commerciali e gli altri istituti finanziari, compresi quelli che forniscono servizi di pagamento, cooperino da vicino con la BCE nella creazione e nell’introduzione dell’euro digitale.

4.13.

L’introduzione e l’attuazione di CBDC negli Stati della zona euro dovranno tenere conto almeno dei seguenti aspetti, molto importanti:

i)

nell’adottare l’euro digitale come mezzo di pagamento di base, dovrà restare ancora disponibile l’opzione di effettuare operazioni di pagamento in contanti;

ii)

l’euro digitale dovrà essere utilizzabile e accessibile all’interno della zona euro e potenzialmente anche all’estero;

iii)

con il processo di digitalizzazione, l’euro digitale dovrebbe poter essere utilizzato nelle operazioni anche con le nuove condizioni che non esistevano per i pagamenti in contanti.

4.14.

Il CESE si aspetta che la BCE prepari, e si appresti ad attuare, una serie di misure volte a introdurre un euro digitale, secondo il cronoprogramma che sarà stato adottato. Inoltre, sottolinea che, per garantire un’elevata interconnessione dei sistemi di pagamento, sarà necessaria una cooperazione molto stretta non solo all’interno dei paesi della zona euro, ma anche con altre banche centrali del resto del mondo e con le istituzioni finanziarie monetarie competenti, le quali forniranno anche l’assistenza tecnica necessaria.

4.15.

L’introduzione di un euro digitale richiederà la creazione di un’intera serie di condizioni sostanziali e sistemiche volte a garantirne il funzionamento efficace. E, poiché ciò interesserà tutti i cittadini dei paesi della zona euro, e dunque di molti Stati membri dell’UE, vi è un’evidente necessità che la società civile, la ricerca e il mondo accademico siano coinvolti nelle prossime fasi delle discussioni sull’adozione e l’introduzione di un euro digitale.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  La Cina ha lanciato un progetto di yuan digitale già nel 2014, e tale valuta è stata utilizzata durante i Giochi olimpici invernali del 2022. Finora lo yuan digitale è stato impiegato soltanto sul territorio cinese.

(2)  Per maggiori informazioni cfr. https://news.bitcoin.com/105-countries-are-exploring-central-bank-digital-currencies-cbdc-tracker-shows/.

(3)  Per ulteriori informazioni cfr.: https://www.ecb.europa.eu/paym/digital_euro/investigation/governance/shared/files/ecb.degov220504_magdesignfeatures.en.pdf?2e15ee7911b93a720fbdebe09cfa1a79.

(4)  Per maggiori informazioni cfr. l’ultimo parere del CESE su questo tema: Pacchetto legislativo antiriciclaggio (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 89).

(5)  Le istituzioni coinvolte più da vicino nel processo di introduzione di una valuta digitale da parte delle banche centrali sono il Fondo monetario internazionale, la Banca dei regolamenti internazionali, la Banca mondiale e altre istituzioni finanziarie-monetarie ed economiche, sia pubbliche che private.

(6)  Per ulteriori informazioni cfr.: https://www.ecb.europa.eu/paym/digital_euro/investigation/governance/shared/files/ecb.degov220711_tools.en.pdf?fb2430528d8f964513dd66ffcd8cbaf7.

(7)  Le valute digitali private (criptovalute) possono competere con le valute digitali delle banche centrali. Sin dall’inizio della crisi finanziaria mondiale si è registrata una crescita significativa nel settore delle valute digitali private.

(8)  Ai fini dell’interconnessione dei diversi modelli di sistemi di pagamento transfrontaliero, è importante che essi siano compatibili tra loro.

(9)  Per maggiori informazioni cfr. il precedente parere del CESE su questo tema, intitolato Strategia in materia di pagamenti al dettaglio per l’UE (GU C 220 del 9.6.2021, pag. 72).

(10)  Lo stablecoin è una criptovaluta a prezzo fisso il cui valore di mercato è collegato ad altre attività. A differenza di altre criptovalute, ad esempio il bitcoin, lo stablecoin può essere ancorato ad attività quali determinate riserve o valute convertibili che possono essere scambiate in borsa, compreso il dollaro statunitense o l’euro.

(11)  Gli sviluppi costanti delle tecnologie si basano su un processo di finanza decentrata, come ad esempio le sperimentazioni compiute dalle grandi imprese tecnologiche. Diem/Libra e l’introduzione dell’e-CNY sono il risultato di un processo tecnologico rivoluzionario.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Ricapitalizzare le imprese dell’UE — Un percorso innovativo verso una ripresa duratura e inclusiva»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/05)

Relatore:

Antonio GARCÍA DEL RIEGO

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

6.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

186/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Secondo dati recenti si stima che la carenza di capitale proprio (equity) e di capitale ibrido sia compresa tra 450 e 600 miliardi di EUR. Ciò mette a rischio numerose imprese, soprattutto in considerazione del fatto che stanno emergendo nuove tensioni economiche e che le imprese dell’UE sono eccessivamente indebitate. Visto che le imprese dell’Unione si affidano principalmente al finanziamento bancario, sarebbe opportuno incoraggiare altre fonti di finanziamento. A tal fine è necessario coinvolgere attori quali i gestori di patrimoni, le compagnie di assicurazione e i fondi pensione.

1.2.

In questo contesto il CESE raccomanda di elaborare un quadro che rafforzi gli strumenti finanziari ibridi affinché siano di facile attuazione, rafforzino i bilanci delle imprese e consentano a queste ultime di mantenere il loro livello di investimenti senza accrescerne l’indebitamento. Ciò consentirebbe loro di rimanere competitive ed essere in grado di adattarsi al futuro promuovendo la loro trasformazione verde e digitale.

1.3.

Gli strumenti fortemente subordinati costituiscono la miglior alternativa possibile per diversi motivi:

i)

esistono già e sono regolamentati in diversi paesi europei, il che li rende uno strumento sicuro per le micro, piccole e medie imprese (MPMI);

ii)

costituiscono una soluzione agile, a lungo termine e di facile attuazione per imprese di tutte le dimensioni, rispetto ad alternative più sofisticate come le obbligazioni o le azioni;

iii)

si tratta di un prodotto compatibile con le imprese familiari, che rappresentano il 60 % delle imprese dell’UE, dato che solitamente la famiglia del fondatore desidera mantenere il controllo della propria azienda.

1.4.

Per risultare efficaci, tali strumenti dovrebbero avere uno status di quasi-equity, in modo da non essere contabilizzati come debito nei bilanci delle imprese, e collocarsi subito prima dell’equity nei pagamenti a cascata in caso di liquidazione di un’impresa.

1.5.

Per avere un impatto significativo e raggiungere imprese di tutte le dimensioni, l’opzione migliore è un sistema basato sulla collaborazione tra gli istituti privati e quelli pubblici, tra cui le banche, i gestori di attivi, il settore pubblico e gli investitori istituzionali (assicurazioni e fondi pensione).

1.6.

La presente raccomandazione persegue un obiettivo a lungo termine proponendo una soluzione che può essere realizzata nel breve periodo, oltre a sostenere l’Unione dei mercati dei capitali (UMC). Un modello di strumento a livello dell’UE potrebbe trarre vantaggio dalla visibilità, dalla liquidità e dalla portata del mercato unico ed esercitare un’ampia attrattiva tra gli investitori istituzionali alla ricerca di profili di rischio di debito e di tipo ibrido, ma con rendimenti più elevati, rispondendo nel contempo alle esigenze delle piccole imprese. Con un’estensione sufficiente a livello dell’Unione, un quadro efficace potrebbe dare vita a una classe di attivi ben definita e in grado di promuovere gli investimenti e l’integrazione nell’UE.

2.   Contesto

2.1.

Le piccole e medie imprese (PMI) costituiscono il fulcro dell’economia: nell’UE-27 esse rappresentano il 99,8 % di tutte le imprese, quasi due terzi (65 %) dei posti di lavoro e oltre la metà (53 %) del valore aggiunto generato dal settore non finanziario (1). Esse costituiscono l’economia reale e il principale fattore di coesione sociale in molte regioni europee. Nel 2020 vi erano oltre 22,5 milioni di PMI. Attualmente, pur essendo poco meno di 200 000, le PMI di medie dimensioni rappresentano il 17,3 % del valore aggiunto e il 16 % dell’occupazione (2).

2.2.

La pandemia di COVID-19 ha colpito duramente l’economia nel corso del 2020 e durante alcuni mesi del 2021, ma la tempestiva reazione dei governi che hanno adottato misure pubbliche temporanee ha impedito un’ampia ondata di fallimenti legati alla COVID-19; essi hanno fatto principalmente ricorso a soluzioni volte ad affrontare i problemi di liquidità e le questioni a breve termine che hanno determinato una situazione di indebitamento eccessivo tra le imprese dell’UE.

2.3.

La cessazione della maggior parte delle misure di sostegno pubblico concesse coincide con nuove tensioni che colpiscono l’economia su scala sia mondiale che europea, quali la crisi energetica, l’inflazione, la fine della politica monetaria accomodante adottata dalla BCE, l’aumento dei premi di rischio e del costo del finanziamento, i problemi nelle catene di approvvigionamento e l’invasione russa dell’Ucraina.

2.4.

Per affermare la posizione di leader dell’Europa nella transizione verde sarà indispensabile che gli operatori pubblici e privati effettuino ingenti investimenti. Visto il loro indebolimento, le PMI potrebbero incontrare difficoltà nell’adattarsi alle nuove norme e ritrovarsi indietro rispetto alle imprese di grandi e medie dimensioni di altre parti del mondo.

2.5.

Dato che una percentuale elevata di imprese è fortemente indebitata (3) e, al tempo stesso, ha bisogno di risorse a lungo termine per far fronte alle sfide future, sono necessarie nuove soluzioni che rafforzino il capitale delle MPMI e delle piccole imprese a media capitalizzazione. Le iniziative esistenti a livello europeo, come il programma ESCALAR (azione europea di sviluppo per il capitale di rischio) lanciato dalla BEI, sono solitamente destinate a società a forte crescita considerate imprese in espansione (scale-up), oppure alle società che si trovano nelle prime fasi della loro crescita e che sono finanziate da fondi di capitale di rischio. Le nuove soluzioni dovrebbero integrare quelle attuali e concentrarsi sulle MPMI e sulle piccole imprese a media capitalizzazione esistenti e consolidate, che rappresentano la maggioranza delle imprese europee.

2.6.

Alcuni paesi hanno varato misure selettive intese a rafforzare la capacità di investimento delle imprese, evitando nel contempo il rischio di «zombificazione». In Spagna e in Francia questi programmi rappresentano oltre 30 miliardi di EUR per 15 000 imprese (4) e utilizzano, come strumento principale, prestiti fortemente subordinati e, come criterio di selezione, le valutazioni del merito di credito (credit rating) al fine di garantire che i beneficiari siano imprese economicamente sostenibili.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L’eccessivo indebitamento delle imprese europee richiede uno strumento di ricapitalizzazione che consenta loro di mantenere o aumentare i loro sforzi di investimento. I mercati pubblici hanno finora sostenuto adeguatamente le società quotate esistenti, mentre quelli privati non sono dotati della profondità necessaria per sostenere le imprese più piccole. La carenza di capitale proprio e di capitale ibrido che l’Unione potrebbe trovarsi ad affrontare a causa della pandemia e della riduzione delle misure di sostegno statale è stimata a 450-600 miliardi di EUR (5).

3.2.

In generale, le MPMI e le piccole imprese a media capitalizzazione sostengono di avere, rispetto alle grandi imprese, maggiori difficoltà di accesso ai finanziamenti, in particolare a quelli a lungo termine.

3.2.1.

Infatti, secondo l’indagine sull’accesso delle imprese al finanziamento (SAFE), nel richiedere un prestito un numero maggiore di imprese sostiene di dover affrontare degli ostacoli (il 7 % delle PMI rispetto al 4 % delle grandi imprese), di avere tassi di riuscita inferiori (72 % a fronte dell’85 %) e un tasso di rifiuto più elevato (6 % rispetto al 2 %), nonché condizioni peggiori (6).

3.2.2.

Le imprese familiari rappresentano oltre il 60 % di tutte le imprese europee (percentuale che in Spagna raggiunge l’85 % e in Italia, Francia e Germania il 75 % (7)). È meno probabile che, per i finanziamenti a lungo termine, queste imprese cerchino soluzioni alternative al capitale proprio che richiedano di rinunciare al controllo dell’impresa.

3.3.

Inoltre, le PMI tendono a disporre di un portafoglio di strumenti di finanziamento esterno meno diversificato, che spesso dipende dal settore bancario ed è orientato ad usi a breve termine.

i)

Nella zona euro la dipendenza delle PMI dalle banche rimane elevata visto che il 70 % del finanziamento esterno dipende dalle banche, rispetto al 40 % rilevato negli Stati Uniti (8).

ii)

Il 63 % delle grandi imprese dichiara di utilizzare fondi per gli investimenti fissi, rispetto al 38 % delle PMI e solo al 28 % delle microimprese (9).

3.4.

Il presente parere d’iniziativa raccomanda pertanto di mettere a punto un quadro comune per gli strumenti fortemente subordinati che stimoli la ricapitalizzazione delle imprese dell’UE. Tale quadro dovrebbe garantire che questi strumenti siano considerati quasi-equity, in modo da non incidere sull’indice di indebitamento delle imprese e sul loro rating societario.

3.4.1.

Il parere invita l’Unione ad agire collettivamente per elaborare correttamente questo quadro comune, in linea con i principi di sussidiarietà e proporzionalità, autorizzando l’intervento dell’UE quando gli obiettivi di un’azione si possono conseguire più efficacemente a livello europeo in ragione della portata e degli effetti dell’azione proposta.

3.4.2.

Tale quadro per gli strumenti altamente subordinati dovrebbe:

i)

colmare la suddetta carenza di finanziamenti a lungo termine per rafforzare i bilanci e sostenere gli investimenti;

ii)

fornire alle imprese familiari uno strumento atto a incentivare i loro investimenti a lungo termine senza che debbano rinunciare al controllo della loro impresa, dato che gli studi dimostrano che sono disposte a distribuire una quota degli utili e/o a emettere strumenti ibridi (10);

iii)

essere compatibile con le pratiche dei principali fornitori di servizi finanziari (banche commerciali, gestori di patrimoni, settore pubblico) in modo da raggiungere una gran parte delle imprese;

iv)

contribuire ad attrarre investitori istituzionali, come le compagnie di assicurazione e i fondi pensione, soggetti al regolamento sui prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (PRIIP) (11), che gestiscono il risparmio e svolgono un ruolo cruciale nel convogliare maggiori attività nell’economia reale.

3.5.

Esistono diversi strumenti fortemente subordinati che potrebbero essere utilizzati per rafforzare i bilanci delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione, come le obbligazioni, le obbligazioni convertibili, le strutture azionarie a doppia classe (dual-share schemes) e i finanziamenti ibridi (come i prestiti partecipativi):

i)

l’emissione di obbligazioni viene utilizzata principalmente dalle imprese ad alta capitalizzazione e per emissioni di dimensioni significative. Si tratta di una procedura complessa e costosa. A titolo di esempio, anche se il ricorso alle obbligazioni societarie è notevolmente aumentato negli ultimi anni, vi sono in totale solo 2 000 emittenti attivi, principalmente imprese di grandi dimensioni (12);

ii)

il vantaggio principale delle obbligazioni convertibili private è quello di essere estremamente flessibili in termini di struttura, in quanto si tratta di un contratto privato. Tuttavia, questo implica anche un basso livello di sicurezza per le imprese più piccole, solitamente caratterizzate da un grado di alfabetizzazione finanziaria minore, e un costo di transazione elevato. Tali obbligazioni sono utilizzate principalmente da fornitori sofisticati di capitale di rischio;

iii)

le strutture azionarie a doppia classe prevedono l’emissione di due classi di azioni, una delle quali di norma non conferisce diritti di voto o solo diritti limitati, pur continuando a fornire capitale proprio. Questo strumento, pur essendo autorizzato in alcuni Stati membri (13) (paesi nordici, Polonia, Portogallo e Italia), non lo è in molti altri (Germania, Francia e Spagna), per cui una sua diffusione su vasta scala appare più difficile da realizzare, dal momento che richiederebbe un elevato grado di adattamento alla società che emette le azioni;

iv)

i finanziamenti ibridi sono strumenti di debito fortemente subordinati e orientati verso il lungo termine (e solitamente comprendono periodi di grazia). Si tratta di uno strumento regolamentato in molte giurisdizioni, che offre maggiore sicurezza alle imprese e rende il processo più agile, dal momento che il prodotto non viene creato in ogni operazione. Inoltre, esso non penalizza le imprese in termini di indebitamento, in quanto occupa l’ultima posizione nella gerarchia di rimborso, prima del capitale proprio.

 

Diffusione

Fattibilità

Casistica

Protezione delle imprese

Protezione degli investitori

Obbligazioni

Bassa

Elevata

Bassa

MEDIA

Elevata

Obbligazioni convertibili

MEDIA

MEDIA

Bassa

Bassa

Elevata

Azioni a doppia classe

Bassa

MEDIA

MEDIA

Elevata

MEDIA

Finanziamenti ibridi

Elevata

Elevata

Medio-alta

Elevata

MEDIA

Fonte: Inbonis Rating.

3.6.

Uno strumento di finanziamento ibrido costituisce l’alternativa migliore per diversi motivi:

i)

rappresenta una soluzione a lungo termine che non solo è facile da attuare ma assicura anche una maggiore tutela alle imprese rispetto alle obbligazioni o alle azioni;

ii)

garantisce alle MPMI che non vi sia una diluizione o una perdita del controllo, pur presentando vantaggi sul piano dei costi, quali la deducibilità fiscale o minori costi di emissione;

iii)

offre ai prestatori un rendimento attraente, senza che sia necessario coinvolgere i detentori dei titoli emessi nelle decisioni dell’impresa;

iv)

i prestiti partecipativi (che sono una forma di finanziamento ibrido) esistono già e sono regolamentati in molti paesi europei, tra cui la Spagna (préstamos participativos), la Francia (prêts participatifs), la Germania (Partiarisches Darlehen) o, più recentemente, il Portogallo (empréstimos participativos(14).

3.6.1.

I prestiti ibridi costituiscono lo strumento per il quale hanno optato diverse iniziative pubbliche e private allo scopo di affrontare la carenza di finanziamenti del capitale in tutta l’UE: almeno sei programmi in tre Stati membri, nonché alcuni programmi del Fondo europeo per gli investimenti, ricorrono al prestito partecipativo ibrido.

i)

La Francia ha messo a punto il programma Relance, che è un programma di debito subordinato da 12,7 miliardi di EUR finanziato dal governo, destinato a 10 000 imprese — principalmente PMI — che si fonda sui prestiti partecipativi e sulle obbligazioni subordinate. I titoli emessi nel quadro del programma sono collocati dalle banche e acquistati da investitori istituzionali.

ii)

In Spagna è stato istituito un fondo da 1 miliardo di EUR per la ricapitalizzazione delle imprese colpite dalla pandemia di COVID-19, delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione che hanno problemi di solvibilità ma sono economicamente sostenibili; tale fondo ricorre a prestiti partecipativi.

iii)

Sempre in Spagna è stato creato un Fondo di sostegno agli investimenti industriali produttivi di 9 miliardi di EUR a 15 anni (600 milioni di EUR all’anno), finanziato con fondi pubblici, che utilizza debito tradizionale, prestiti partecipativi e capitale proprio, ed è destinato a imprese con progetti di investimento industriale.

iv)

A Valencia, l’Instituto Valenciano de Finanzas (la banca di sviluppo regionale) ha avviato diversi programmi di finanziamento che ricorrono ai prestiti partecipativi per sostenere le PMI e le imprese a media capitalizzazione strategiche con un progetto di investimento, per un totale di 400 milioni di EUR all’anno.

v)

I Paesi Bassi hanno varato un programma di sostegno alle PMI fondato su prestiti subordinati per un importo di 400 milioni di EUR.

3.7.

Per garantire una diffusione efficace che raggiunga tutte le MPMI e abbia il massimo impatto, il regime operativo migliore è quello in cui vi sia una pluralità non solo di emittenti ma anche di soggetti — sia pubblici e privati — incaricati di collocare i titoli emessi, con i primi che possono anche non coincidere con i secondi. Tra gli emittenti figurano le banche, i gestori di attivi e il settore pubblico, mentre gli investitori possono essere le banche stesse, il settore pubblico e gli investitori istituzionali (assicuratori e fondi pensione). Questo quadro si riferisce alle operazioni nuove e non alla cartolarizzazione di quelle esistenti. Questo è, ad esempio, il percorso che è stato seguito in Francia per realizzare il programma Relance (15).

3.8.

Attenuazione dei rischi potenzialmente percepiti di un piano di emissione di prestiti ibridi distribuiti su larga scala in tutta Europa:

Rischio percepito

Soluzione

Vigilanza sul sistema bancario ombra

L’inclusione di strumenti per la gestione del rischio, come il credit rating, eliminerebbe il rischio del sistema bancario ombra.

Esclusione delle banche

Uno strumento di prestito ibrido ripristinerebbe la solvibilità delle imprese e le banche sarebbero pertanto disposte a continuare a emettere prestiti.

Compatibilità con l’iniziativa DEBRA (Debt Equity Bias Reduction Allowance — indennità per la riduzione della distorsione a favore del debito rispetto al capitale proprio)

Dato che il progetto intende anche evitare l’indebitamento eccessivo delle imprese, esso risulta compatibile con l’obiettivo principale dell’iniziativa DEBRA.

Ripristinare la solvibilità delle imprese non economicamente sostenibili

L’introduzione di norme di mercato come il credit rating impedirebbe alle imprese non economicamente sostenibili di accedere a tali strumenti. Molti dei programmi pubblici che ricorrono ai prestiti partecipativi prevedono questo requisito.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il quadro proposto per i finanziamenti ibridi dovrebbe soddisfare determinati standard che lo rendono attraente a tutte le parti interessate: imprese, fornitori di servizi finanziari che agiscono in qualità di soggetti incaricati di collocare i titoli emessi e investitori istituzionali.

4.2.

È essenziale che il quadro consideri questo tipo di finanziamento ibrido come capitale proprio nelle seguenti fattispecie:

i)

Ai fini del calcolo del rapporto debito/capitale, in modo da non incidere sull’indebitamento esistente o da non avere un impatto eccessivo sul rapporto debito/capitale. In Francia, ad esempio, l’articolo 313-14 del Code monétaire et financier (Codice monetario e finanziario) stabilisce che «ai fini della valutazione della situazione finanziaria delle società beneficiarie, i prestiti partecipativi sono considerati come capitale proprio».

ii)

Ai fini della riduzione del capitale. Questo è previsto, ad esempio, nel regolamento spagnolo, secondo cui i prestiti partecipativi sono inclusi nel calcolo del capitale proprio ai fini della riduzione del capitale e dello scioglimento delle società, e il rimborso anticipato dei prestiti partecipativi può avvenire solo se è seguito da un aumento di capitale dello stesso importo (16).

iii)

In caso di insolvenza, questo finanziamento ibrido dovrebbe avere uno status subordinato, collocandosi dopo i crediti ordinari o i creditori comuni, e prima degli azionisti. Se la gerarchia dei titoli di debito non fosse strutturata in questo modo, è probabile che si comprometterebbe la capacità delle imprese di contrarre prestiti da fonti tradizionali. Uno degli obiettivi del piano d’azione della Commissione europea per l’Unione dei mercati dei capitali è conseguire una maggiore convergenza tra i diversi regimi di insolvenza vigenti negli Stati membri.

4.2.1.

Vi sono casi in cui i finanziamenti ibridi sono considerati capitale proprio ai sensi degli International Financial Reporting Standards (principi internazionali d’informativa finanziaria — IFRS) e di Basilea II. Ad esempio, un prestito ibrido senza scadenza predeterminata viene contabilizzato come capitale proprio ai sensi degli IFRS, in ragione del suo status fortemente subordinato (17). In generale, gli strumenti ibridi possono essere considerati come capitale proprio se non sono garantiti, sono subordinati ed erogati integralmente, se non sono rimborsabili su iniziativa del loro detentore, se possono essere utilizzati per coprire le perdite e se l’obbligo di versare gli interessi può essere rinviato (18).

4.2.2.

Il CESE raccomanda di modificare la direttiva contabile 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (19). in modo da armonizzare la procedura contabile per i prestiti ibridi o altri tipi di debito con scadenza superiore a otto anni (20), con un periodo di grazia di almeno tre anni e un tasso di interesse variabile, in parte vincolato al «successo» definito a discrezione (ad esempio, in relazione alla crescita, alla redditività ecc.). Questa modifica faciliterà il computo dei prestiti ibridi come capitale proprio nel calcolo del patrimonio netto di una società ai fini del diritto commerciale e come capitale proprio o fondi propri a fini contabili.

4.3.

Al fine di evitare incertezze, lo strumento dovrebbe continuare ad essere considerato debito per altri fini (ad esempio, di tipo fiscale e giuridico), per cui l’emissione di uno strumento assimilabile a capitale proprio non dovrebbe comportare la perdita del diritto di voto per le imprese.

4.3.1.

Un altro punto importante sia per le imprese che per gli investitori è che gli interessi periodici pagati sullo strumento di debito subordinato non devono essere soggetti ad alcuna ritenuta d’imposta o ritenuta alla fonte, in modo da permettere al portafoglio di ricevere gli interessi su base lorda.

4.4.

Sul lato degli investimenti, uno strumento di quasi-equity come quello proposto sarebbe considerato uno strumento ammissibile per i fondi di investimento europei a lungo termine (European Long-term Investment Funds — ELTIF), conformemente all’articolo 10 del regolamento ELTIF (21), il che gli consentirebbe di entrare immediatamente a far parte dell’ecosistema finanziario.

4.4.1.

Gli ELTIF potrebbero essere successivamente commercializzati nell’UE mediante la pubblicazione di un prospetto o di un documento contenente le informazioni chiave (Key Information Document — KID) che soddisfi i requisiti, rispettivamente, del regolamento sul prospetto (22) o del regolamento sui prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati. Ciò contribuirebbe a integrare gli investitori al dettaglio nel debito privato e nell’economia reale, obiettivo che non è ancora stato realizzato con le iniziative di prestito collettivo (crowdlending).

4.4.2.

Idealmente, per rafforzare la base di investitori, lo strumento dovrebbe incorporare norme di mercato quali i credit rating emessi da agenzie di rating registrate presso l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) o le valutazioni degli indicatori della sostenibilità ambientale, sociale e di governance.

4.5.

Infine, questa iniziativa sosterrebbe l’Unione dei mercati dei capitali. Un approccio a livello dell’UE, un modello di strumento europeo comune, potrebbe trarre vantaggio dalla visibilità, dalla liquidità e dall’estensione del mercato unico ed esercitare un’ampia attrattiva tra gli investitori istituzionali alla ricerca di profili di rischio di debito e di tipo ibrido, ma con rendimenti migliori, rispondendo nel contempo alle esigenze delle piccole imprese. Con un’estensione sufficiente a livello dell’Unione, un quadro efficace potrebbe dare vita a una classe di attivi ben definita in grado di promuovere gli investimenti e l’integrazione nell’UE.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Relazione annuale sulle PMI europee per il periodo 2020-2021, Commissione europea, luglio 2021.

(2)  Relazione annuale sulle PMI europee per il periodo 2020-2021, Commissione europea, luglio 2021.

(3)  Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2021 l’indice di indebitamento è aumentato di 18,8 punti percentuali, toccando un picco del 164,4 %. Bollettino economico della BCE, numero 2/2022.

(4)  Ministero dell’Economia francese, COFIDES, SEPIDES, Instituto Valenciano de Finanzas.

(5)  Recapitalising EU businesses post COVID-19 [Ricapitalizzare le imprese dell’UE dopo la COVID-19], Associazione per i mercati finanziari in Europa (AFME) e PriceWaterhouseCoopers (PwC).

(6)  Survey on the access to finance of enterprises (SAFE) [Indagine sull’accesso delle imprese al finanziamento], Commissione europea, novembre 2021.

(7)  Imprese familiari europee (European Family Businesses, EFB).

(8)  European SMEs Financing Gap [Deficit di finanziamento delle PMI europee], Euler Hermes.

(9)  Survey on the access to finance of enterprises (SAFE) [Indagine sull’accesso delle imprese al finanziamento], Commissione europea, novembre 2021.

(10)  Recapitalising EU businesses post COVID-19 [Ricapitalizzare le imprese dell’UE dopo la COVID-19], Associazione per i mercati finanziari in Europa (AFME) e PriceWaterhouseCoopers (PwC).

(11)  Regolamento (UE) n. 1286/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (GU L 352 del 9.12.2014, pag. 1).

(12)  The rise of non-bank finance and its implications for monetary policy transmission [L’affermazione dei finanziamenti non bancari e le relative implicazioni per la trasmissione della politica monetaria], 2021, BCE.

(13)  Studio sulla protezione degli azionisti di minoranza, relazione finale, Commissione europea.

(14)  Quadro giuridico dei prestiti partecipativi approvato con il decreto legge 11/2022 del 12 gennaio.

(15)  Dispositif de garantie aux fonds de prêts participatifs et d'obligations subordonnées [Dispositivo di garanzia per i prestiti partecipativi e le obbligazioni subordinate], Commissione europea.

(16)  Risoluzione dell'Instituto de Contabilidad y Auditoría de Cuentas (Istituto di contabilità e di revisione contabile) del 20 dicembre 1996.

(17)  Decisione della Commissione SA.60113 (2021/N) — Finlandia — COVID-19 aiuti a Finnair.

(18)  Basilea II. 4. Strumenti ibridi di debito/capitale, allegato 1a. Definizione di capitale. d) Strumenti ibridi di debito/capitale.

(19)  Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio (GU L 182 del 29.6.2013, pag. 19).

(20)  Va ricordato che la vita media di un’impresa si aggira intorno agli otto anni e che nel caso del private equity è ancora più bassa (cinque anni).

(21)  Regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 98).

(22)  Regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato, e che abroga la direttiva 2003/71/CE (GU L 168 del 30.6.2017, pag. 12).


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/35


Parere del Comitato economico e sociale europeo — Considerazioni supplementari sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti «Analisi annuale della crescita sostenibile 2022»

[COM(2021) 740 final]

(parere d'iniziativa)

(2023/C 75/06)

Relatrice:

Judith VORBACH

Decisione dell’Assemblea plenaria

24.3.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

6.10.2022

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

133/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Dopo l’adozione del primo parere sull’analisi annuale della crescita sostenibile 2022, la situazione è cambiata radicalmente a causa dell’aggressione russa contro l’Ucraina. In seguito a tale evento le stime di crescita del PIL dell’UE in termini reali sono state ridotte e le previsioni relative all’inflazione nell’eurozona sono state riviste fino a toccare un massimo storico, in gran parte a causa degli aumenti dei prezzi nel mercato del gas. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) rileva che tutti gli obiettivi chiave di una politica economica orientata alla prosperità sono sotto pressione, mentre le tensioni e la frammentazione a livello geoeconomico, oltre che la COVID-19, continuano a costituire gravi fattori di rischio.

1.2.

Il CESE ribadisce esplicitamente la sua richiesta di un approccio equilibrato in materia di politica economica, che consenta di affrontare problemi di lunga data e di rispondere alle crisi attuali. Gli obiettivi dell’UE indicati nell’articolo 3 del TUE costituiscono la base per la prosperità passata, presente e futura, la stabilità politica, la convergenza verso l’alto, la competitività e la resilienza dell’UE. Non si deve consentire che la crisi attuale comprometta l’equità e gli obiettivi ambientali. Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi, è necessario e urgente proteggere le imprese più vulnerabili e particolarmente esposte, in particolare le PMI. Inoltre, è fondamentale salvaguardare il potere d’acquisto delle famiglie a basso e medio reddito, che costituiscono una parte importante della domanda economica. Occorre inoltre mettere in primo piano la solidarietà con il popolo ucraino, il rafforzamento dell’autonomia strategica dell’UE e l’impegno per la pace.

1.3.

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza è diventato lo strumento chiave per realizzare le priorità politiche dell’UE nell’ambito del semestre europeo. Esso ha contribuito a stabilizzare l’economia durante la pandemia e svolge un ruolo fondamentale nella risposta alla crisi attuale. Il CESE chiede che i piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) siano attuati in modo tale da avere un impatto tangibile sul benessere delle persone. Poiché le raccomandazioni specifiche per paese svolgeranno in futuro un ruolo più significativo, il CESE chiede un attento monitoraggio e un approccio equilibrato. Il CESE chiede inoltre una riforma del semestre europeo che garantisca una partecipazione di qualità della società civile organizzata. Per quanto riguarda i PNRR, il CESE accoglie con favore la raccomandazione di basarsi «sull’efficace applicazione del principio di partenariato» e chiede di rendere obbligatorio il coinvolgimento della società civile organizzata.

1.4.

Il CESE si compiace dell’innalzamento degli obiettivi in materia di energie rinnovabili e di efficienza, sottolinea che la sostenibilità ambientale deve assumere un ruolo centrale, e chiede una riforma del mercato europeo dell’energia elettrica, da promuovere rapidamente e con urgenza. Sono necessari ingenti investimenti per promuovere la transizione verde e migliorare l’autonomia strategica, e il CESE invita la Commissione a fornire una visione strutturata, che indichi quali fondi dell’UE dovrebbero essere utilizzati e in che misura gli investimenti dovrebbero essere coperti dai programmi dell’UE, dagli Stati membri o da strumenti di finanziamento privati o misti. Il CESE raccomanda di istituire un Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici e di valutare, in futuro, anche il rafforzamento di NextGenerationEU e/o di InvestEU. Il CESE mette in guardia da una riduzione dei fondi dedicati agli obiettivi sociali nell’ambito della ristrutturazione dei fondi o dell’elaborazione del nuovo quadro finanziario pluriennale.

1.5.

Il completamento del mercato unico dovrebbe accrescere la convergenza verso l’alto tra gli Stati membri. Occorrerebbe affrontare le distorsioni e gli ostacoli e sostenere le regioni per sbloccare appieno il loro potenziale. Bisogna mettere a segno dei progressi nel completamento dell’Unione bancaria e dei mercati dei capitali, nell’attuazione della strategia in materia di finanza sostenibile e nella garanzia della stabilità dei mercati finanziari. Il CESE chiede un approccio equo ed equilibrato al miglioramento del contesto imprenditoriale e della produttività. La formazione e la ricerca rimangono strumenti essenziali per promuovere la competitività, un’equa duplice transizione e l’autonomia strategica. Il CESE accoglie con favore le proposte messe in rilievo nella comunicazione «Il modello di crescita europeo», ma sottolinea anche l’importanza di migliorare l’autonomia strategica, (ri)trasferire la produzione di prodotti chiave nell’UE e non trascurare gli obiettivi sociali e ambientali lungo le catene di approvvigionamento.

1.6.

La Commissione sostiene giustamente che il sostegno pubblico volto a stimolare l’investimento privato deve essere ben indirizzato verso progetti con un chiaro valore aggiunto, e la politica di concorrenza dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale al riguardo. Il CESE sottolinea l’importanza della trasparenza e del monitoraggio per garantire l’integrità e conseguire gli obiettivi prefissati. Gli effetti inerziali dovrebbero essere evitati garantendo che gli investimenti che sarebbero stati realizzati comunque non siano sovvenzionati, e i bilanci pubblici non dovrebbero essere sovraccaricati di rischi. Infine, le misure di aiuto di Stato devono anche essere legate alla creazione di posti di lavoro di qualità e al rispetto dei diritti dei lavoratori, delle norme ambientali e degli obblighi fiscali.

1.7.

Il CESE appoggia le raccomandazioni della Commissione quanto al fatto di consentire il funzionamento degli stabilizzatori automatici, aumentare gli investimenti e continuare ad applicare la clausola di salvaguardia generale per tutto il 2023. Esprime tuttavia riserve in merito alla limitazione della crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale al di sotto del prodotto potenziale a medio termine, e all’intenzione di valutare l’importanza di avviare procedure per i disavanzi eccessivi nella primavera del 2023. Finora le norme di bilancio dell’UE sono state attuate a malapena e le sanzioni non sono mai state applicate. Il CESE ribadisce la sua richiesta di modernizzare il quadro di bilancio fissando obiettivi realistici e introducendo una regola d’oro senza compromettere la sostenibilità di bilancio a medio termine, proponendo al contempo orientamenti per un periodo di transizione. Occorre salvaguardare la solidità del valore dell’euro attraverso un approccio monetario e di bilancio equilibrato, in linea con una sana governance macroeconomica. Infine, il CESE sottolinea che un sistema equo di spese ed entrate è una condizione preliminare per la sostenibilità di bilancio.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Nel febbraio 2022 il CESE ha adottato un parere sull’analisi annuale della crescita sostenibile 2022 (1). In quel momento l’UE aveva da poco attraversato la più grave recessione della sua storia (2), mentre erano state adottate misure di sostegno senza precedenti per attenuarne l’impatto e scongiurare una situazione di instabilità. Con NextGenerationEU (NGEU) l’UE ha raggiunto una nuova fase di politica economica e di solidarietà. Poiché la Commissione ha assegnato un ruolo significativo al semestre europeo nel dispositivo per la ripresa e la resilienza, aumentandone quindi l’importanza per il coordinamento delle politiche, il CESE ha ribadito la richiesta di un maggiore coinvolgimento della società civile organizzata. Il CESE ha accolto con favore l’agenda per la competitività sostenibile, sottolineando però che le sue quattro dimensioni — sostenibilità ambientale, produttività, equità e stabilità macroeconomica — dovrebbero essere poste su un piano di parità al fine di conseguire gli effetti di rafforzamento auspicati e garantire il buon esito della transizione verde e digitale.

2.2.

Come negli anni precedenti, il supplemento di parere tiene conto del processo del semestre europeo in corso e fornisce suggerimenti per il ciclo successivo. Ciò è particolarmente importante in questo anno. Dopo l’aggressione russa all’Ucraina il panorama geopolitico è cambiato radicalmente, le priorità sono state modificate e le politiche sono state adattate, come mostrano le comunicazioni della Commissione «REPowerEU» (3) e «Il modello di crescita europeo» (4). Il semestre europeo, che a sua volta sta subendo un cambiamento sistemico, si è dimostrato un quadro credibile per il coordinamento delle politiche dell’UE durante la pandemia. Ancora una volta, le implicazioni della crisi in corso si riflettono complessivamente nel pacchetto di primavera. Analogamente alla comunicazione (5), anche il presente parere è strutturato sulla base delle dimensioni dell’agenda per la competitività sostenibile.

2.3.

La guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni, unitamente alle misure di contenimento applicate in Cina e al rallentamento della crescita negli Stati Uniti, stanno colpendo l’economia dell’UE. Il rapido aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari genera inflazione, la quale a sua volta erode il potere d’acquisto e ostacola la competitività. L’UE è vulnerabile a causa della sua posizione geografica, della forte dipendenza dalle importazioni di combustibili e del suo elevato livello di integrazione nelle catene globali del valore. Nelle previsioni d’estate le stime di crescita del PIL reale sono state ridotte al 2,7 % nel 2022, mentre le previsioni sull’inflazione sono state riviste al rialzo fino ad un massimo storico dell’8,3 % nel 2022 (6). La Commissione sottolinea che la natura e l’entità senza precedenti degli shock provocati dalla guerra rendono le proiezioni molto incerte. Ulteriori aumenti dei prezzi, combinati con gli effetti di secondo impatto, potrebbero rafforzare le forze della stagflazione ed è probabile che vi saranno ripercussioni politiche. Le tensioni geopolitiche e la COVID-19 restano fattori di rischio gravi (7).

2.4.

La recente crisi mette sotto pressione tutti gli obiettivi chiave di una politica economica orientata alla prosperità (8), ovvero sostenibilità ambientale, crescita sostenibile e inclusiva, piena occupazione e posti di lavoro di qualità, distribuzione equa, salute e qualità della vita, stabilità finanziaria, stabilità dei prezzi, scambi commerciali equilibrati sulla base di una struttura industriale ed economica equa e competitiva e finanze pubbliche stabili. Il CESE ribadisce esplicitamente la richiesta di un approccio politico equilibrato, che si concentri su tutti i suddetti obiettivi per affrontare i problemi di lunga data e rispondere adeguatamente alle recenti crisi, conformemente all’articolo 3 del TUE. Il rispetto degli obiettivi e dei principi dell’UE costituisce il fondamento della prosperità passata dell’UE e anche la base per la stabilità politica presente e futura, la convergenza verso l’alto, la competitività e la resilienza alle nuove crisi. La reazione dell’UE all’aggressione russa non deve compromettere l’equità e gli obiettivi ambientali.

2.5.

Le cause degli aumenti senza precedenti dei prezzi sono molteplici e comprendono anche carenze sul versante delle politiche europee. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato, molto correttamente, che l’attuale assetto del mercato dell’energia elettrica, così come concepito, non funziona più e deve essere riformato (9). Il CESE esorta la Commissione e il Consiglio a portare avanti rapidamente una riforma del mercato dell’energia dell’UE e, in tale contesto, ad affrontare anche la dannosa volatilità a breve termine e gli aumenti a lungo termine dei prezzi. Il CESE chiede con forza l’adozione di misure drastiche, straordinarie e anche temporanee. Tra i possibili punti di partenza figurano l’effetto dell’ordine di merito, la borsa dell’energia dell’UE (EU Energy Exchange — EEX), l’uso scorretto del potere di mercato e l’impatto delle transazioni speculative e delle negoziazioni ad alta frequenza. I prezzi dell’energia elettrica dovrebbero essere dissociati dai prezzi del gas e dovrebbero essere presi in considerazione dei massimali di prezzo. I proventi straordinari dovrebbero essere prelevati attraverso contributi, avendo cura di non scoraggiare gli investimenti in soluzioni a basse emissioni di carbonio.

2.6.

Al centro delle priorità dell’UE deve esserci la solidarietà con il popolo ucraino, il rafforzamento dell’autonomia strategica dell’UE e l’impegno per la pace. Ciò è in linea con l’articolo 21 del TUE, secondo cui, tra l’altro, l’Unione persegue politiche volte a «salvaguardare i suoi valori, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità», a «consolidare e sostenere la democrazia» e a «preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale». In quest’ottica, il CESE riconosce anche gli obiettivi sanciti nella dichiarazione di Versailles del Consiglio, ossia il rafforzamento della sovranità dell’UE attraverso la riduzione delle sue dipendenze strategiche, l’aumento della sicurezza degli approvvigionamenti nel settore delle materie prime critiche e la graduale eliminazione della dipendenza dalla Russia per quanto riguarda i combustibili fossili. Il CESE accoglie con favore le misure adottate per eliminare progressivamente le dipendenze dai combustibili fossili e chiede ulteriori azioni in tal senso.

2.7.

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza è diventato lo strumento chiave per realizzare le priorità politiche dell’UE nell’ambito del semestre europeo e, in effetti, ha già contribuito in modo decisivo a stabilizzare l’economia durante la pandemia, ad amplificare la duplice transizione e a rafforzare la cooperazione tra Commissione e Stati membri. D’ora in poi, il dispositivo per la ripresa e la resilienza svolgerà un ruolo fondamentale nel mobilitare e indirizzare le risorse per rispondere alla recente crisi e per attuare il piano REPowerEU. Gli Stati membri sono invitati a proporre un capitolo dedicato al piano REPowerEU nei loro PNRR sulla base delle nuove raccomandazioni specifiche per paese. Il CESE sottolinea l’importanza di attuare in modo efficace e sostenibile i PNRR aggiornati, affinché abbiano un impatto positivo e tangibile sul benessere delle persone. Tuttavia, collegare il conseguimento degli obiettivi stabiliti nei PNRR all’erogazione delle tranche del dispositivo per la ripresa e la resilienza rende le raccomandazioni specifiche per paese ancora più significative. Questa modifica delle procedure deve essere monitorata e valutata, e il CESE invita la Commissione e il Consiglio a garantire un approccio equilibrato.

2.8.

È necessario in particolare un maggiore coinvolgimento a livello nazionale delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile nel processo del semestre europeo per garantire che tutti i gruppi sociali siano adeguatamente rappresentati, per promuovere soluzioni su misura pienamente sostenute dalla società civile organizzata e per ottenere un’ampia titolarità dei PNRR. Il CESE chiede una riforma del semestre europeo che garantisca una partecipazione efficace e di qualità mediante una direttiva o un regolamento. Nel corso di un processo di consultazione formale basato su regole e procedure trasparenti, le organizzazioni della società civile dovrebbero essere debitamente informate per iscritto e avere il tempo sufficiente per analizzare le proposte ed elaborare le proprie osservazioni e proposte. L’inclusione o il rifiuto di tali proposte dovrebbe essere accompagnato da una giustificazione contenuta in documenti pubblici.

2.9.

Nel contesto dei PNRR, il CESE apprezza la raccomandazione della Commissione di basarsi «sull’efficace applicazione del principio di partenariato nella programmazione e nell’attuazione della politica di coesione», come richiesto dal CESE nel suo parere sull’analisi annuale della crescita sostenibile 2022. Il coinvolgimento della società civile organizzata deve diventare obbligatorio. Nella sua prima risoluzione (10) sul coinvolgimento della società civile nell’elaborazione dei piani, il CESE ha concluso che esso è perlopiù insufficiente nella maggior parte degli Stati membri e ha chiesto di stabilire degli standard minimi per tale consultazione. Nella sua seconda risoluzione (11), il CESE ha invitato numerosi Stati membri a migliorare il coinvolgimento della società civile organizzata, l’attuazione e il monitoraggio trasparenti e la comunicazione di informazioni al pubblico, incoraggiando nel contempo un ulteriore dialogo sui PNRR con tutte le parti interessate, cosa che potrebbe anche contribuire a prevenire abusi e frodi. Inoltre, la risoluzione raccomanda una serie di buone pratiche, come l’istituzione di un organismo di monitoraggio che includa la società civile organizzata, che possono servire da esempio per altri Stati membri. In occasione del suo convegno annuale, il gruppo ad hoc Semestre europeo del CESE ha rinnovato l’invito a rendere obbligatoria per legge la partecipazione della società civile (12). La richiesta di un adeguato coinvolgimento della società civile organizzata e degli enti locali e regionali trova riscontro anche nella relazione di iniziativa congiunta della commissione per i Bilanci e della commissione per i Problemi economici e monetari sull’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza (13), che costituisce il contributo del Parlamento europeo alla relazione di riesame sull’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza adottata dalla Commissione europea il 29 luglio 2022 (14).

3.   Osservazioni particolari

3.1.   Energia e sostenibilità ambientale

3.1.1.

La Commissione sottolinea giustamente che l’accelerazione del processo di decarbonizzazione «ridurrà la nostra dipendenza dai combustibili fossili, contribuendo al contempo al conseguimento degli obiettivi climatici per il 2030». Il CESE sottolinea che la sostenibilità ambientale deve essere al centro dell’attenzione e accoglie con favore l’aumento dell’obiettivo per le energie rinnovabili ad almeno il 45 % del mix energetico complessivo dell’UE, insieme all’obiettivo di efficienza energetica che prevede una riduzione del 13 % del consumo di energia entro il 2030, nel quadro del piano REPowerEU. Allo stesso modo, sono apprezzabili le raccomandazioni relative agli investimenti nel settore energetico, che dovrebbero concentrarsi, tra l’altro, sul sostegno alle famiglie vulnerabili, sulla promozione della mobilità sostenibile e della decarbonizzazione dell’industria, sulla ricerca e l’innovazione e sul potenziamento delle infrastrutture, anche in un contesto transfrontaliero.

3.1.2.

Già prima della guerra in Ucraina si registrava un divario tra le esigenze di investimento e i finanziamenti. Il fabbisogno annuo di investimenti aggiuntivi necessari per conseguire entro il 2030 l’obiettivo intermedio di ridurre le emissioni del 55 % rispetto al 1990 è stimato in 520 miliardi di euro (15). Ulteriori esigenze riguardano il miglioramento delle competenze e la riqualificazione professionale, l’adattamento ai cambiamenti climatici e le tecnologie fondamentali, ad esempio le batterie. D’altra parte, circa il 30 % del bilancio UE 2021-2027 sarà destinato alla transizione verde. La politica di coesione dovrebbe erogare circa 100 miliardi di euro in questo decennio e 224,1 miliardi di euro dovrebbero provenire dal dispositivo per la ripresa e la resilienza (16). L’analisi della Commissione ha indicato che il piano REPowerEU richiederà investimenti aggiuntivi per 210 miliardi di euro fino al 2027, che si aggiungeranno a quelli necessari per realizzare gli obiettivi delle proposte del pacchetto «Pronti per il 55 %». Al fine di mobilitare i finanziamenti, sono state proposte varie possibilità, in gran parte basate sulla componente di prestito del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il CESE invita la Commissione a fornire una visione strutturata che indichi quali fondi dell’UE dovrebbero essere utilizzati e in che misura gli investimenti dovrebbero essere coperti dai programmi dell’UE, dagli Stati membri, dagli investimenti privati o da forme miste.

3.1.3.

Data l’urgenza e l’interesse comune di accelerare la transizione energetica, il CESE raccomanda vivamente agli Stati membri di sfruttare in modo rapido e completo le opportunità offerte da Next Generation EU, dai PNRR e dal recente piano REPowerEU. Se le misure esistenti si rivelassero insufficienti a soddisfare il possibile aumento del fabbisogno di finanziamenti, saranno necessarie ulteriori azioni. Il CESE raccomanda l’istituzione di un Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici (17), cosicché possa essere fornito un sostegno immediato in caso di catastrofi. Inoltre, anche se fosse applicata una regola d’oro, alcuni Stati membri potrebbero comunque non essere in grado di raccogliere gli importi necessari senza mettere a rischio la loro sostenibilità di bilancio. Si dovrebbe quindi prendere in considerazione la possibilità di rafforzare Next Generation EU e/o InvestEU. Collegare l’erogazione di sovvenzioni e/o prestiti agli investimenti nella transizione energetica potrebbe costituire un punto di svolta. Il CESE chiede un approccio equo ed equilibrato al miglioramento del contesto imprenditoriale e della produttività. In ogni caso il CESE mette in guardia dal ridurre i fondi relativi agli obiettivi sociali e a una transizione giusta in sede di ristrutturazione dei fondi esistenti e anche nel contesto del nuovo quadro finanziario pluriennale.

3.1.4.

La Commissione sottolinea giustamente che «la trasformazione dell’economia europea avrà successo solo se sarà equa e inclusiva e se tutti potranno trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalla duplice transizione (18)». Questa dichiarazione non deve rimanere lettera morta. Il CESE ribadisce la richiesta di una mappatura e di un’analisi dell’impatto che la transizione avrà sull’occupazione e sulle competenze (19). In tempi di insicurezza e di crisi occorrerebbe affidarsi in misura ancora maggiore al dialogo sociale e a un buon governo societario con la partecipazione dei lavoratori e il coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile nell’elaborazione delle politiche. Infine, tutti gli aspetti della sostenibilità ambientale, tra cui la biodiversità e la prevenzione dell’inquinamento, devono rimanere prioritari nell’agenda. Anche il principio di «non arrecare un danno significativo» dovrebbe essere applicato nel contesto dei PNRR aggiornati.

3.2.   Produttività

3.2.1.

Il completamento del mercato unico dovrebbe accrescere la convergenza economica e sociale verso l’alto tra gli Stati membri. Il CESE conviene con la Commissione sulla necessità di affrontare le distorsioni all’interno del mercato unico e gli ostacoli a tale mercato. Aiutare le regioni a esprimere tutto il loro potenziale non solo contribuirà a creare un mercato unico più integrato, ma migliorerà anche la produttività dell’UE e darà un contributo alla sostenibilità energetica, dato che la capacità di produrre energie rinnovabili varia notevolmente da una regione all’altra. È necessario progredire nel completamento dell’Unione bancaria e dei mercati dei capitali, garantendo al contempo la stabilità dei mercati finanziari, al fine di promuovere finanziamenti e investimenti affidabili e solidi. In particolare, i prestiti contratti nell’ambito di NextGenerationEU rafforzano i mercati dei capitali dell’UE e il ruolo internazionale dell’euro. Inoltre, il CESE richiama l’attenzione sul quadro di riferimento per la finanza sostenibile, che mira a incanalare gli investimenti privati verso la sostenibilità, sottolineando al contempo l’importanza di considerare i rischi legati al clima.

3.2.2.

Il CESE accoglie con favore un approccio politico globale che includa investimenti e riforme al fine di migliorare il contesto imprenditoriale e promuovere la produttività in modo equo ed equilibrato. Le riforme dovrebbero concentrarsi su un’amministrazione pubblica efficiente, su infrastrutture di trasporto moderne, su formazione e istruzione di qualità e sull’efficienza delle risorse. Il CESE conviene con la Commissione sul fatto che sono essenziali sistemi giudiziari indipendenti, di qualità ed efficienti e quadri anticorruzione ben funzionanti. La ricerca e l’innovazione, insieme all’istruzione, rimangono strumenti essenziali per promuovere la produttività, la competitività, le transizioni verde e digitale, la convergenza verso l’alto e l’autonomia strategica dell’UE. Il CESE accoglie con favore le raccomandazioni della Commissione volte, tra l’altro, a facilitare il trasferimento delle conoscenze, a produrre eccellenza, a promuovere l’innovazione delle imprese e ad attrarre talenti.

3.2.3.

Il CESE commenta la comunicazione «Il modello di crescita europeo» come segue. La Commissione sottolinea le azioni volte a ridurre le dipendenze strategiche, come i partenariati internazionali, le alleanze industriali, gli investimenti pubblici e privati e, in particolare, la diversificazione delle catene di approvvigionamento. Il CESE sottolinea che è importante che l’UE promuova un’agenda di libero scambio in modo equo, senza trascurare gli obiettivi ambientali e sociali lungo le catene di approvvigionamento. Riguardo l’approvvigionamento di materie prime critiche e di forniture essenziali, l’UE non dovrebbe creare nuove dipendenze da Stati che non condividono i suoi valori, bensì dovrebbe perseguire l’autonomia strategica. Inoltre, la produzione di prodotti chiave, come i medicinali, dovrebbe essere (ri)trasferita nell’UE per garantire la disponibilità di tali prodotti in caso di emergenza.

3.2.4.

La digitalizzazione è un fattore abilitante per la transizione verde, la produttività e la competitività. La Commissione evidenzia giustamente quattro aree d’azione: istruzione, abilità e competenze digitali, infrastrutture digitali e di connettività sicure e sostenibili, trasformazione digitale delle imprese e digitalizzazione dei servizi pubblici e dei sistemi di istruzione. Al fine di conseguire tali obiettivi sono necessari maggiori investimenti nelle tecnologie digitali fondamentali, tra cui la cibersicurezza, l’intelligenza artificiale, gli spazi dei dati e i semiconduttori. Il CESE chiede che sia garantita la sostenibilità della digitalizzazione salvaguardando i diritti sociali, migliorando l’efficienza energetica e riducendo i rifiuti elettronici e l’uso di acqua.

3.2.5.

La Commissione sostiene che la maggior parte degli investimenti per finanziare la duplice transizione e migliorare la resilienza proverrà dal settore privato, mentre gli investimenti pubblici dovrebbero essere ben mirati e contribuire ad attirare gli investimenti privati e a correggere i fallimenti del mercato. Di fatto, l’UE mira a mobilitare almeno 1 000 miliardi di euro nel prossimo decennio attraverso il bilancio dell’UE e gli strumenti associati. La Commissione afferma giustamente che il sostegno pubblico deve essere ben indirizzato verso progetti con un chiaro valore aggiunto, e la politica di concorrenza dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale al riguardo. In particolare nel contesto di InvestEU o di programmi analoghi, il CESE sottolinea la necessità della trasparenza e di un monitoraggio per garantire l’integrità e realizzare gli obiettivi perseguiti. Gli effetti inerziali dovrebbero essere evitati garantendo che gli investimenti che sarebbero stati realizzati comunque non siano sovvenzionati. Le assegnazioni devono essere trasparenti e i rischi dovrebbero essere condivisi in modo giuridicamente vincolante, in modo da non sovraccaricare i settori pubblici. Non dovrebbero essere generati costi più elevati rispetto a quelli connessi al finanziamento pubblico e le misure di aiuto di Stato dovrebbero essere legate alla creazione di posti di lavoro di qualità e al rispetto dei diritti dei lavoratori, delle norme ambientali e degli obblighi fiscali.

3.3.   Equità

3.3.1.

Sebbene l’UE sia relativamente prospera rispetto agli standard globali, le disuguaglianze tra gli Stati membri e le regioni e al loro interno costituiscono una sfida importante. La Commissione evidenzia che, grazie a una pronta risposta politica, le disparità di reddito complessive e il rischio di povertà o esclusione sociale sono rimasti relativamente stabili nel 2019 e nel 2020, mentre gli effetti a medio termine sono incerti. Molte persone che già si trovavano in condizioni difficili sono state colpite in modo sproporzionato. Gli aumenti dei prezzi hanno colpito più duramente le famiglie a basso reddito. Inoltre, i prezzi degli alloggi hanno continuato a crescere fortemente, registrando in alcuni Stati membri la crescita più rapida degli ultimi 10 anni, mentre i tassi di interesse iniziano ad aumentare. Milioni di persone soffrono di una riduzione del reddito disponibile e faticano ad arrivare a fine mese. Persistono enormi incertezze, le catastrofi legate al clima sono in aumento e la duplice transizione sta causando cambiamenti strutturali.

3.3.2.

La sostenibilità sociale non è solo un obiettivo in sé, ma anche un prerequisito per una situazione economica e politica stabile, nonché una produttività e una competitività eque. Il calo dei redditi reali e le aspettative poco rosee influiscono non solo sul benessere individuale, ma anche sulla domanda economica e quindi sui piani di investimento, sulla produzione e sulla crescita. Inoltre, sebbene il settore bancario si sia dimostrato resiliente e i crediti deteriorati si siano ridotti in modo sostanziale, tranne nel caso di tre Stati membri, tale resilienza potrebbe essere messa a repentaglio in caso di un’ulteriore recessione economica. Il CESE mette in guardia da questi effetti di secondo impatto. Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi, è necessario e urgente proteggere i più vulnerabili e salvaguardare il potere d’acquisto delle famiglie a basso e medio reddito, che generano una parte importante della domanda.

3.3.3.

Il CESE accoglie con grande favore le misure adottate per proteggere i più vulnerabili e per alleviare l’impatto sociale delle molteplici crisi nell’UE, come ad esempio lo strumento SURE, e per sostenere le persone in fuga dall’Ucraina. Il CESE conviene inoltre con la Commissione sull’importanza di garantire l’accesso a un’istruzione di qualità a tutti i livelli, un’adeguata copertura da parte delle reti di sicurezza sociale, alloggi sociali e a prezzi accessibili e sistemi sanitari efficienti, resilienti e sostenibili. Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di sostenere anche i giovani colpiti dalla crisi energetica. In effetti, la piena attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali è fondamentale: la sua attuazione nel ciclo del semestre europeo e il suo monitoraggio attraverso il quadro di valutazione della situazione sociale sono un passo nella giusta direzione. Infine, ma non meno importante, sono molto apprezzati gli investimenti e le riforme previsti dai PNRR, che contribuiscono all’inclusione sociale e alla resilienza.

3.3.4.

Le interviste condotte nel contesto della risoluzione del CESE sul coinvolgimento della società civile organizzata hanno indicato che la dimensione sociale è relativamente poco sviluppata in alcuni PNRR. Il CESE raccomanda di prestare attenzione agli effetti distributivi e di considerare attentamente il pilastro europeo dei diritti sociali nel contesto dei PNRR. Inoltre, il CESE chiede che venga fornita una stima degli investimenti necessari per l’attuazione del pilastro. Il CESE sottolinea l’importanza di trovare un equilibrio tra libertà economiche e diritti sociali e del mercato del lavoro. I diritti a tutela dei lavoratori sanciti da norme nazionali non dovrebbero mai essere considerati barriere amministrative al libero mercato (20). Nel rafforzare il mercato unico, i diritti sociali e del lavoro dovrebbero essere ugualmente rispettati al fine di salvaguardare i progressi compiuti dall’UE verso una sostenibilità economica, sociale e ambientale realizzata con equità.

3.4.   Stabilità macroeconomica

3.4.1.

L’attivazione e l’attuazione di un sostegno di bilancio nazionale e dell’UE su larga scala hanno contribuito in modo decisivo a salvaguardare la stabilità economica, sociale e politica, non da ultimo perché hanno rafforzato la fiducia. Inoltre, sebbene la ripresa economica sia stata seriamente compromessa dallo scoppio della guerra, è molto probabile che la politica di bilancio espansiva del 2022 contribuisca ad attenuare ancora una volta l’impatto della recente crisi e a salvaguardare la stabilità. Il CESE appoggia le raccomandazioni della Commissione quanto al fatto di consentire il funzionamento degli stabilizzatori automatici e di potenziare gli investimenti per attuare la duplice transizione. In particolare, si compiace che la clausola di salvaguardia generale rimanga in vigore per tutto il 2023, poiché la situazione economica dell’UE non è ancora tornata alla normalità e gli Stati membri devono essere in grado di reagire prontamente quando necessario. Prendendo atto del fatto che la BCE ha aumentato i tassi di interesse per la prima volta in 11 anni, il CESE chiede con forza azioni politiche che garantiscano che i differenziali di rendimento (spread) delle obbligazioni europee siano moderati e che prevengano turbolenze sui mercati finanziari, per non mettere a repentaglio gli investimenti privati nella transizione energetica e per evitare una recessione. Sebbene tali obiettivi possano richiedere un ampio utilizzo degli strumenti della BCE, la politica monetaria non sarà in grado, da sola, di frenare le attuali dinamiche dei prezzi in modo sostenibile.

3.4.2.

Il CESE accoglie con favore le misure fiscali discrezionali per attenuare gli effetti dei prezzi elevati dell’energia, stimati allo 0,6 % del PIL dell’UE nel 2022, per le industrie più vulnerabili e specificamente esposte. Tuttavia, la carenza di energia e l’impatto sui prezzi di altre materie prime potrebbero essere rilevanti anche nel medio termine, insieme alle tensioni geopolitiche in corso e alle ulteriori pressioni al ribasso sull’economia dell’UE. Inoltre, le scarse prospettive di crescita e l’intensificarsi delle pressioni sui prezzi pongono nuovi dilemmi alla politica economica dell’UE. Il CESE sostiene pertanto la raccomandazione della Commissione secondo cui l’UE dovrebbe essere pronta a reagire all’evoluzione della situazione economica. La situazione deve essere monitorata con attenzione, in modo da poter individuare tempestivamente i nuovi venti contrari che rendono necessario uno stimolo di bilancio stabilizzante e anticipare la necessità di estendere le misure di sostegno.

3.4.3.

Il CESE esprime riserve sulla possibilità di limitare la crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale al di sotto del prodotto potenziale a medio termine negli Stati membri ad alto debito, sottolineando al contempo che qualsiasi controllo della spesa corrente primaria deve tenere conto dell’impatto sociale e mettendo in guardia dai tagli alla spesa sociale, sanitaria e per l’istruzione. Per contro, le divergenze tra gli Stati membri dovrebbero essere affrontate con un approccio orientato alla prosperità, ad esempio promuovendo la ricerca e lo sviluppo e la formazione. Il CESE nutre dubbi anche sulla valutazione dell’opportunità di proporre l’avvio di procedure per i disavanzi eccessivi nella primavera del 2023, e sottolinea che le norme di bilancio dell’UE sono state attuate a malapena (21) e le sanzioni della fase 2 della procedura per i disavanzi eccessivi non sono mai state applicate dal momento che, in un periodo di difficoltà economiche, avrebbero aggravato ulteriormente la situazione. Inoltre, il CESE si interroga sulla possibile applicazione delle procedure per i disavanzi eccessivi mentre la clausola di salvaguardia è ancora in vigore.

3.4.4.

Il CESE ribadisce le proprie considerazioni sulle carenze dell’attuale quadro di bilancio e rinnova l’invito a modernizzarlo fissando, tra l’altro, obiettivi realistici e operativi per il disavanzo e il debito (22), introducendo una regola d’oro per gli investimenti e consentendo una maggiore flessibilità e una differenziazione specifica per paese senza mettere a rischio la sostenibilità di bilancio a medio termine. Occorre salvaguardare la solidità del valore dell’euro attraverso un approccio monetario e di bilancio in linea con una sana governance macroeconomica. Il CESE ha inoltre invitato la Commissione a presentare orientamenti per un periodo transitorio, durante il quale non dovrebbe scattare la procedura per i disavanzi eccessivi, prima dell’entrata in vigore del quadro riveduto (23). Inoltre, nella sua risoluzione dell’8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha sottolineato «l’importanza di avere un percorso chiaro per un quadro di bilancio rivisto, preferibilmente prima di disattivare la clausola di salvaguardia generale» e ha evidenziato che «l’applicazione del quadro di bilancio vigente, in particolare i percorsi di aggiustamento, comporterebbe un’eccessiva velocità di riduzione del debito, che potrebbe mettere a rischio il percorso di ripresa delle economie». Infine, al fine di evitare rischi per la stabilità e aumentare la capacità di preparazione e risposta alle crisi, dovrebbe essere presa in considerazione la creazione di adeguati fondi dell’UE.

3.4.5.

Il CESE sostiene pienamente la raccomandazione di continuare a compiere sforzi concertati per intensificare la lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva e l’evasione fiscale, nonché gli effetti di ricaduta che ne derivano tra gli Stati membri, e chiede un’azione coordinata. Il CESE accoglie con favore l’accordo dell’OCSE sulla riforma della tassazione delle imprese e invita gli Stati membri ad attuarlo rapidamente. L’UE dovrebbe promuovere tale accordo a livello internazionale, in particolare con i principali partner commerciali. Inoltre, lo spostamento dell’onere fiscale dal lavoro e, a condizione che l’impatto distributivo sia attentamente considerato, verso il sostegno alla duplice transizione sono strategie apprezzabili. Ad esempio, l’imposta sulla proprietà è meno distorsiva e consentirebbe di spostare il carico fiscale dal lavoro. Inoltre, il CESE richiama l’attenzione sul fatto che, nel contesto della garanzia di una politica di bilancio prudente, sono prese in considerazione solo le misure legate alla spesa e non quelle basate sulle entrate. Nel complesso, un sistema di entrate equo è un prerequisito per la sostenibilità di bilancio e per il risanamento delle finanze pubbliche, in particolare nei paesi fortemente indebitati.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Cfr. parere del CESE sul tema Analisi annuale della crescita sostenibile 2022 (GU C 275 del 18.07.2022, pag. 50).

(2)  Cfr. Previsioni economiche per l'Europa. Primavera 2020 (europa.eu), pag. 1.

(3)  COM(2022) 230 final..

(4)  Comunicazione della Commissione europea sul tema Verso un'economia verde, digitale e resiliente: il modello di crescita europeo.

(5)  Comunicazione sul pacchetto di primavera del semestre europeo 2022 — Commissione europea (europa.eu).

(6)  Previsioni economiche d'estate 2022: la guerra della Russia peggiora le prospettive (europa.eu).

(7)  Previsioni economiche di primavera 2022: l'invasione russa mette alla prova la resilienza economica dell'UE — Commissione europea (europa.eu).

(8)  Cfr. parere del CESE sul tema Analisi annuale della crescita sostenibile 2022 (GU C 275 del 18.07.2022, pag. 50).

(9)  Intervento della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante il dibattito alla sessione plenaria del Parlamento europeo dell'8 giugno 2022 sulle conclusioni della riunione straordinaria del Consiglio europeo del 30 e 31 maggio 2022.

(10)  GU C 155 del 30.4.2021, pag. 1.

(11)  Risoluzione del CESE sul tema Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Come migliorarlo? (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 1).

(12)  Convegno annuale del gruppo ad hoc Semestre europeo del CESE (europa.eu).

(13)  2021/2251 (INI), punto 88.

(14)  COM(2022) 383 final.

(15)  Rispetto ai 683 miliardi di euro l’anno investiti nell’ultimo decennio. In uno scenario intermedio, il fabbisogno annuo di investimenti aggiuntivi è stato stimato in media a 360 miliardi di euro fino al 2030. Cfr. Bruegel Policy Contribution n. 18/21, settembre 2021. Dopo il 2030 saranno necessari investimenti ancora più cospicui.

(16)  COM(2022) 231 final.

(17)  Cfr. il parere del CESE sul tema Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici finanziato dal Fondo di coesione e da NextGenerationEU (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 23).

(18)  Comunicazione della Commissione europea sul tema Verso un'economia verde, digitale e resiliente, COM(2022) 83 final.

(19)  Cfr. il parere del CESE sul tema Pronti per il 55 %: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica (GU C 275 del 18.07.2022, pag. 101).

(20)  Cfr. Parere del CESE sul tema Analisi annuale della crescita sostenibile 2022 (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 50), punto 3.2.3.

(21)  Secondo le previsioni dell’FMI dell’ottobre 2015, la regola della riduzione del debito di 1/20 non sarebbe stata rispettata da nove Stati membri nei tre anni successivi. La seconda fase della procedura per i disavanzi eccessivi non è stata attuata (Bruegel Policy Contribution, marzo 2016).

(22)  Klaus Regling, direttore del meccanismo europeo di stabilità, propone di adeguare il rapporto debito/PIL dal 60 % al 100 %, mantenendo il deficit annuo al 3 % del PIL.

(23)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227 e GU C 105 del 4.3.2022, pag. 11.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/43


Parere del Comitato economico e sociale europeo — Considerazioni supplementari sulla raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro

[COM(2021) 742 final]

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/07)

Relatore:

Juraj SIPKO

Decisione dell’Assemblea plenaria

22.3.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

6.10.2022

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

170/1/2/

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE rileva che l’attuale sviluppo economico della zona euro e dell’Unione europea è caratterizzato da un livello particolarmente elevato di incertezza economica, geoeconomica e politica. Tale incertezza deriva da due shock sistemici in atto: il persistere della COVID-19 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. A questo si aggiunge un nuovo rischio associato alla frammentazione in diversi settori del commercio internazionale, dei pagamenti, dei mercati finanziari e dei capitali, compresi i settori manifatturiero, della ricerca e dei trasporti. I rischi sistemici hanno portato a un enorme aumento del debito pubblico e a una crescita dell’inflazione. Tuttavia, la sfida principale per la zona euro e per gli altri Stati membri dell’UE rimane quella del contrasto ai cambiamenti climatici.

1.2.

Il CESE ricorda che la lotta contro la continua propagazione della COVID-19 è lungi dall’essere conclusa. È pertanto opportuno adottare tutte le misure sostanziali e sistemiche per affrontare la malattia, preparandosi allo stesso tempo ad altre potenziali epidemie e pandemie. Il CESE sottolinea che, come confermato dall’esperienza di questi ultimi due anni, gli investimenti più proficui sono quelli nel settore sanitario.

1.3.

Il CESE appoggia la cessazione dell’aggressione russa e della guerra in Ucraina, oltre che il ripristino dell’integrità territoriale di questo paese. Una soluzione di questo tipo può creare le condizioni per una crescita economica resiliente, inclusiva e sostenibile nei paesi della zona euro e negli Stati membri dell’Unione europea.

1.4.

Il CESE segue da vicino le tendenze inflazionistiche molto negative, dovute principalmente all’aumento dei prezzi delle materie prime, dei prodotti alimentari e dell’energia, comprese le perturbazioni della catena di approvvigionamento. In questa situazione, l’aumento dei tassi di interesse non costituisce una misura particolarmente efficace. Una politica monetaria troppo rigida può persino aumentare i rischi di recessione e ritardare gli investimenti privati nella transizione energetica, che sono invece così urgentemente necessari. Il CESE raccomanda pertanto alla Banca centrale europea (BCE) di effettuare un’adeguata valutazione della proporzionalità, analizzando attentamente gli effetti collaterali di un irrigidimento della politica monetaria e le sue conseguenze sugli obiettivi di stabilità dei prezzi a lungo termine. Tuttavia, il CESE incoraggia la Banca centrale europea a ridurre l’inflazione di fondo senza compromettere la ripresa economica dell’UE. A causa dei suddetti rischi, la BCE dovrebbe procedere con cautela nella normalizzazione della politica monetaria.

1.5.

In considerazione del brusco aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari, il CESE raccomanda ai responsabili delle politiche economiche nazionali di creare una rete di sicurezza sociale funzionante ed efficace per le fasce più vulnerabili della popolazione, compresi i segmenti maggiormente colpiti della classe media, in modo che nessuno sia lasciato indietro.

1.6.

Il CESE esprime preoccupazione per il continuo aumento del debito pubblico. Raccomanda pertanto di compiere passi avanti verso il risanamento di bilancio a medio termine. Il CESE ritiene che sia possibile ricostituire i bilanci nazionali attraverso una tassazione equa e, di conseguenza, un utilizzo efficace dei fondi pubblici.

1.7.

Il CESE sottolinea che l’attivazione della clausola di salvaguardia generale a seguito della COVID-19 è stata una decisione giusta. Sebbene sia stata prorogata fino al 2023, sarà necessario prendere in considerazione un’ulteriore proroga qualora i rischi sistemici dovessero persistere. Il CESE si aspetta pertanto che la Commissione europea prepari senza indugio misure concrete per riformare il patto di stabilità e crescita.

1.8.

Nonostante i progressi compiuti verso la creazione di un’unione finanziaria, devono ancora essere adottate e attuate tutte le misure sostanziali e sistemiche per completare l’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali. A questo proposito, il CESE chiede alle organizzazioni responsabili e alle istituzioni competenti di unire le forze per creare un’unione finanziaria.

1.9.

Il CESE pone in evidenza l’impatto negativo della frammentazione e sottolinea l’instabilità del mercato dei titoli di Stato della zona euro. Il CESE accoglie pertanto con favore l’annuncio della BCE, del 15 giugno 2022, in merito alla preparazione di misure per contrastare la frammentazione della zona euro.

1.10.

Il CESE sostiene la trasformazione delle economie della zona euro. Allo stesso tempo, evidenzia il rischio esistenziale associato ai cambiamenti climatici. Per questo, e nonostante gli imprevisti e complessi sviluppi geoeconomici, raccomanda di passare alle fonti energetiche rinnovabili e all’utilizzo delle risorse finanziarie disponibili nel quadro del piano di ripresa, nonché di altre risorse finanziarie, compreso il sostegno fornito dal finanziamento del settore privato.

1.11.

Attualmente i paesi della zona euro, come anche gli altri paesi dell’UE, si trovano ad affrontare shock, rischi e pericoli sistemici. Pertanto, dato il momento critico che l’umanità sta attraversando, il CESE esorta tutti i paesi e le istituzioni internazionali competenti a cooperare per affrontare tutti gli shock, rischi e pericoli sistemici senza precedenti con cui il mondo si trova oggi alle prese. Ritardare l’adozione e l’attuazione delle misure necessarie può avere conseguenze di vasta portata, non solo in termini di perdite materiali, ma anche — e soprattutto — in termini di vite umane.

2.   Antefatto e contesto

2.1.

Attualmente sono in atto due shock sistemici reali — la COVID-19 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia — che, insieme alla frammentazione geoeconomica che ne deriva, hanno generato un elevato grado di incertezza. Inoltre, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti alimentari ha comportato rischi socioeconomici significativi sia nella zona euro che nel resto dell’UE. Data la minaccia esistenziale rappresentata dai cambiamenti climatici, una delle sfide maggiori per la zona euro e per gli Stati membri dell’UE è la transizione verso un’economia verde.

2.2.

L’andamento economico attuale è accompagnato da shock esterni reali senza precedenti nei paesi della zona euro. Dal punto di vista degli indicatori macroeconomici sottostanti, questo andamento non può essere quindi considerato stabile. Inoltre, alcuni particolari Stati membri della zona euro si trovano ad affrontare sfide strutturali di lunga data nel loro percorso verso la realizzazione di economie sostenibili, resilienti e inclusive.

2.3.

Prima di questi due shock sistemici, l’inflazione era relativamente bassa in quasi tutti gli Stati membri della zona euro. Tassi di inflazione relativamente più bassi si registravano anche prima dell’inizio della crisi climatica, e alcuni paesi della zona euro erano addirittura entrati in deflazione. La dinamica inflativa attuale richiede un ampio utilizzo degli strumenti a disposizione della BCE. Oggi l’inflazione rappresenta uno dei rischi maggiori per una crescita economica sostenibile, resiliente e inclusiva all’interno di tale zona. La riduzione e la stabilizzazione dell’inflazione e il suo mantenimento entro l’obiettivo di inflazione dichiarato, ossia al di sotto del 2 %, non possono essere conseguiti senza apportare modifiche adeguate alla politica monetaria della BCE. In tale contesto, il Consiglio direttivo di quest’ultima ha adottato le misure necessarie per adempiere al mandato dell’istituzione di perseguire la stabilità dei prezzi e salvaguardare la stabilità finanziaria. Nel prossimo futuro è importante che la BCE proceda con cautela nella normalizzazione della politica monetaria.

2.4.

L’inflazione non è mai stata così elevata da quando è stata istituita l’Unione economica e monetaria. La causa è da ricercare in una serie di fattori che hanno portato a un graduale aumento dei tassi d’inflazione anche durante l’aggravarsi della crisi pandemica mondiale. La ripresa economica ora in corso nella zona euro ha ulteriormente accentuato questa tendenza negativa a causa del calo dell’offerta. Anche l’invasione russa dell’Ucraina ha contribuito al rialzo dei prezzi. È legittimo chiedersi in che misura la politica monetaria della BCE, con l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione, possa rallentare la crescita dell’inflazione e non solo riportarla gradualmente all’obiettivo di inflazione dichiarato, ma anche mantenerla a tale livello, senza compromettere la stabilità della moneta unica e la ripresa economica dalla crisi della COVID-19.

2.5.

Le attuali tendenze dell’inflazione non sono né temporanee né a breve termine (come osservato nell’autunno 2021), ma rivelano un elevato grado di incertezza. Nella seconda metà dell’anno scorso i rincari sono stati trainati principalmente dai prezzi dell’energia, dalle perturbazioni nelle catene di approvvigionamento, da un’inconsueta impennata dei prezzi delle materie prime e dall’aumento dei costi di trasporto. Le ragioni alla base dell’attuale dinamica dei prezzi sono talmente complesse che la politica monetaria da sola non riuscirà a frenare l’inflazione. È necessario diversificare le importazioni di energia e ridurre quindi la dipendenza dalle forniture provenienti dalla Russia. La diversificazione offre inoltre agli Stati membri della zona euro un’opportunità storica per avviare urgenti riforme strutturali (per esempio riforme amministrative, giudiziarie o riforme volte a rafforzare lo Stato di diritto) e ridurre la dipendenza dalle importazioni di input energetici tradizionali. Oltre a ciò, è necessario intervenire sul mercato per controllare l’attuale volatilità dei prezzi dell’energia. A questo riguardo, il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione relativa a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia.

2.6.

Allo stesso tempo, è dimostrato che molte imprese sono state in grado di incrementare i loro profitti per unità di prodotto nonostante l’aumento dei prezzi dell’energia. Un’analisi della BCE evidenzia che i profitti hanno contribuito in misura determinante all’inflazione interna complessiva, in quanto le imprese hanno proceduto a traslare l’aumento dei costi, salvaguardando e ampliando i loro margini di profitto. Anche gli interventi di mercato nel settore energetico potrebbero frenare la dinamica dei prezzi.

2.7.

I rincari attuali sono principalmente legati all’offerta. Questa tendenza incide negativamente sulla competitività della zona euro, determinando così un aumento dei costi e spingendo al rialzo i salari e le retribuzioni in un periodo di flessione dell’economia. Tale andamento negativo, se dovesse continuare, rischia di portare alla stagflazione (che tuttavia non si riscontra attualmente nell’insieme dei paesi della zona euro). Da un punto di vista storico, la stagflazione è stata registrata circa 40 anni fa. Non si può escludere che, con il persistere di shock sistemici esterni, la situazione possa dare luogo ad un’indesiderata stagflazione. D’altro canto, il CESE ritiene che la domanda potrebbe risentirne se i lavoratori a basso e medio reddito dovessero subire un calo dei salari reali.

2.8.

Nel 2021 si è registrato un andamento relativamente favorevole della crescita economica in tutti gli Stati membri della zona euro, e non si prevede alcun brusco rallentamento degli investimenti e dei flussi commerciali a causa dei livelli elevati di incertezza economica. La crisi pandemica mondiale può aggravare il divario nella crescita economica della zona euro se non saranno adottate e attuate riforme strutturali. Questa tendenza alla divergenza potrebbe avere un forte impatto sulla convergenza e aggravare questo sviluppo negativo negli Stati membri della zona euro.

2.9.

A breve termine, le prospettive di crescita potenziale degli investimenti non sono incoraggianti. Gli strumenti adottati per la ripresa post-COVID (il dispositivo per la ripresa e la resilienza) hanno iniziato in una certa misura a indebolirsi, a causa dell’incertezza in materia di investimenti causata dalla guerra in Ucraina. È pertanto importante che le singole economie siano in grado di far fronte alle continue perturbazioni dei flussi commerciali e di investimento e alla persistente incertezza nell’economia mondiale, ma in particolare alla forte incertezza negli Stati membri della zona euro.

2.10.

Il rallentamento economico deriva anche dai significativi rincari dell’energia che le famiglie si trovano a fronteggiare. Alcuni Stati membri hanno adottato misure per contrastare il rialzo dei prezzi sotto forma di sovvenzioni, modifiche delle aliquote IVA (compresi contributi sociali aggiuntivi), e tariffe agevolate dell’energia per le famiglie a basso reddito. È pertanto necessario ripensare l’utilizzo efficiente dell’energia nelle famiglie e cambiare le abitudini in materia di consumo energetico. L’aumento dei prezzi dell’energia ha determinato una graduale rimozione di altre voci dal paniere dei consumi, per le quali si è registrata una diminuzione della domanda. Inoltre, l’aumento dei prezzi dell’energia per le famiglie sta determinando una modifica nell’andamento dei consumi privati e un calo significativo nell’acquisto di alcuni beni di consumo. Tuttavia, l’energia è un bene di prima necessità e il suo consumo può essere ridotto solo in misura limitata, il che significa che saranno soprattutto le famiglie più povere a risentire di questi aumenti di prezzo.

2.11.

La COVID-19 ha avuto un impatto assai negativo sulle finanze pubbliche degli Stati membri della zona euro. Nel marzo 2020 è stata attivata la clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita per far fronte alla crisi COVID-19. È stato inoltre istituito il quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, che consente di fare ampio ricorso a incentivi fiscali non solo per sostenere il settore delle imprese, ma anche per preservare la stabilità sociale.

2.12.

La risposta di bilancio e la contrazione della produzione hanno determinato un aumento significativo del rapporto debito pubblico/PIL, in particolare in alcuni Stati membri con un debito elevato. È di fondamentale importanza continuare a garantire la sostenibilità del debito pubblico attraverso una sua graduale riduzione. Dato che i prezzi dell’energia continueranno a essere elevati nel medio termine, sarà necessario rivedere i meccanismi di mercato e di formazione dei prezzi, nonché adottare ulteriori misure di sostegno a carico dei bilanci statali, per aiutare le famiglie e le imprese particolarmente colpite dagli aumenti dei prezzi dell’energia.

2.13.

L’aumento della spesa per la sicurezza e altre priorità fondamentali potrebbe portare a un temporaneo calo della posizione economica della zona euro nell’economia mondiale. In questo contesto, gli Stati membri della zona euro si trovano ad affrontare la grande sfida di procedere verso una crescita economica sostenibile e di preservare la quota dell’economia di tale zona rispetto ad altri concorrenti mondiali, utilizzando tutti gli strumenti disponibili associati a politiche individuali efficaci, compresi gli strumenti diplomatici.

2.14.

Ultimamente, dal maggio 2021, il tasso di cambio dell’euro fa registrare un calo rispetto al dollaro statunitense a causa degli sviluppi geopolitici negativi. Il deprezzamento (depreciation) dell’euro, la seconda valuta di riserva in ordine di importanza, deriva principalmente dalle politiche monetarie diverse perseguite dalla BCE e dal Federal Reserve System (FED).

2.15.

Sulla base delle analisi di cui sopra, la Commissione europea ha presentato le sue prospettive economiche (luglio 2022), determinate principalmente dagli sviluppi in Ucraina. Secondo le previsioni della Commissione, quest’anno la crescita economica sarà del 2,7 % negli Stati membri dell’UE e del 2,6 % nella zona euro, per poi abbassarsi rispettivamente all’1,5 % e all’1,4 % l’anno prossimo. Il tasso medio di inflazione dovrebbe raggiungere quest’anno il 7,6 % sia nell’UE che nella zona euro, mentre l’anno prossimo dovrebbe scendere rispettivamente al 4,6 % e al 4 %.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE sottolinea che lo sviluppo economico a breve, ma anche a medio termine, dei paesi della zona euro è fortemente influenzato — e potrebbe esserlo in misura ancora maggiore — dall’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina. Questo sviluppo negativo è sistemico, e non ha alcun parallelo nella storia del dopoguerra. È pertanto molto difficile confrontarlo con altri shock che storicamente hanno avuto un impatto negativo sull’andamento economico della zona euro. In ogni caso, il grado di incertezza è molto elevato e rende più difficile determinare le prospettive in merito agli sviluppi futuri.

3.2.

Il CESE sottolinea che la traiettoria degli indicatori macroeconomici e microeconomici sottostanti nei paesi della zona euro non è incoraggiante. Il livello di incertezza è particolarmente elevato. Vi è in particolare una serie di variabili sconosciute, che potrebbero incidere sui livelli di incertezza già estremamente elevati, principalmente di natura geopolitica ed economica.

3.3.

Il CESE ritiene che l’inflazione tendenziale in atto rappresenti un rischio elevato per il progresso socioeconomico dei paesi della zona euro. L’attuale rischio di inflazione è legato essenzialmente all’approvvigionamento e alle perturbazioni nelle catene del valore. Gli sviluppi in Ucraina, in particolare nel settore degli input energetici — compresi i prezzi delle materie prime — insieme alle misure per contenere la diffusione della COVID-19, hanno determinato una serie di cambiamenti dal lato dell’offerta.

3.4.

La dinamica inflativa attuale richiede un ampio utilizzo degli strumenti a disposizione della BCE per ottenere la stabilità dei prezzi attraverso una politica monetaria accomodante. La BCE dovrebbe procedere con cautela nella normalizzazione della politica monetaria. Inoltre, si prevede che la politica monetaria continuerà a sostenere la politica economica dei paesi membri della zona euro.

3.5.

Il CESE sottolinea che il rischio di inflazione non è stato contenuto negli Stati membri e che i tentativi di eliminarlo sono solo parziali. Tenuto conto dell’attuale andamento sfavorevole dell’inflazione e del suo impatto sulle famiglie, unitamente agli sviluppi della competitività, il CESE invita tutte le istituzioni competenti e responsabili ad adottare e attuare tutte le misure urgenti volte a compensare questi shock negativi sui prezzi. Allo stesso tempo, occorre evitare turbolenze nel mercato dei titoli di Stato della zona euro (1).

3.6.

Il CESE accoglie con favore la pubblicazione del programma REPowerEU. Si attende che tale programma contribuisca a una graduale riduzione della dipendenza dagli input energetici provenienti dalla Federazione russa. Offre inoltre la possibilità di eliminare gradualmente i maggiori rischi di costo, che rappresentano una grave minaccia per la stabilità dei prezzi nei paesi della zona euro.

3.7.

Il CESE si aspetta che REPowerEU apporti altri due contributi fondamentali: i) il piano potrebbe stimolare un forte aumento degli investimenti in determinati settori e aree, realizzando così un’idea che risale a prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Il concetto di base è che quest’anno sarà importante in termini di crescita degli investimenti, soprattutto in determinati settori di interesse pubblico; ii) il piano dovrebbe inoltre apportare un contributo sostanziale ai cambiamenti strutturali più importanti cui deve far fronte l’attuale generazione, conseguendo così gli obiettivi fondamentali di rendere le economie della zona euro più competitive, sostenibili e resilienti, al fine di perseguire gli obiettivi principali stabiliti nel Green Deal.

3.8.

Il CESE sta monitorando attentamente il modo in cui gli investimenti vengono sostanzialmente riassegnati rispetto ai piani di investimento iniziali. Si può prevedere una minore crescita degli investimenti nei settori legati alla ristrutturazione energetica e al perseguimento delle priorità del Green Deal per i paesi dell’UE. Non è chiaro quali saranno le prospettive nei settori e nelle aree non direttamente collegati. In questo contesto, sarà importante osservare lo sviluppo delle piccole e medie imprese nei settori economici tradizionali (non strategicamente necessari o rivolti alla ricerca di un’eccellenza mondiale), sfruttando le opportunità potenziali nelle singole regioni.

3.9.

Il CESE raccomanda vivamente di prestare la dovuta attenzione al conseguimento non solo delle attuali priorità fondamentali, ma anche di risultati uniformi in materia di innovazione in tutte le regioni, nella zona euro e nell’UE nel suo complesso. La sottovalutazione di questo obiettivo può accentuare le tendenze divergenti tra le regioni della zona euro e quelle degli altri Stati membri dell’UE.

3.10.

Il CESE accoglie con favore la possibilità di una maggiore convergenza grazie alla crescita negli Stati membri della zona euro precedentemente meno sviluppati, che nel lungo periodo hanno registrato una crescita superiore alla media della zona euro. In tale contesto, va osservato che la COVID-19 e l’attuale guerra in Ucraina possono portare a un peggioramento negli Stati membri della zona euro e acuire le loro divergenze, una tendenza, questa, che non favorisce la realizzazione delle idee fondamentali enunciate nel trattato di Maastricht.

3.11.

Il CESE accoglie con favore e sostiene il dibattito in corso sulla concezione del nuovo quadro istituzionale per le finanze pubbliche negli Stati membri dell’UE. In tale contesto, il Comitato sottolinea che l’aggiornamento delle norme di bilancio del patto di stabilità e crescita è legato soprattutto alla sfida di conciliare la sostenibilità finanziaria con la necessità evidente di investimenti pubblici.

3.12.

Il CESE ritiene che sia possibile un coordinamento reciproco e un collegamento tra i diversi tipi di politiche volte a garantire la sostenibilità del debito pubblico. Inoltre, in casi giustificati occorre favorire le strategie di bilancio in linea con un approccio a medio termine in materia di correzione di bilancio che sia orientato alla ripresa e alla resilienza. Il Comitato si attende soluzioni realistiche e praticabili, che portino alla creazione di una piattaforma sulle finanze pubbliche da attuare senza indugio.

3.13.

Dato che i bilanci pubblici sono sotto pressione a seguito della crisi della COVID-19, le ulteriori misure compensative per aiutare le famiglie e le imprese a far fronte alla crisi energetica devono essere mirate ed efficaci. Il CESE ben comprende e rispetta le ragioni che impongono oggi di salvaguardare le esigenze umanitarie, sociali e di sicurezza, e il loro impatto sui bilanci nazionali della zona euro. In tale contesto, il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di prorogare l’attivazione della clausola di salvaguardia del patto di stabilità e crescita, e chiede a tale istituzione di presentare quanto prima proposte concrete di riforma del patto stesso.

3.14.

Il CESE ha più volte affermato che, come già in passato e ancor più oggi, sono necessari sforzi maggiori per rafforzare la posizione della zona euro nel contesto internazionale. Attualmente le economie della zona euro si trovano a far fronte a nuove sfide legate al rischio generale in materia di sicurezza e ai cambiamenti strutturali. Inoltre, gli sviluppi economici e politici possono incidere sulla posizione dell’euro nel sistema monetario e dei pagamenti internazionali. La cessazione dell’aggressione russa e della guerra in Ucraina e il ripristino dell’integrità territoriale di questo paese possono portare a un rilancio dell’economia mondiale e, in tale contesto, al rafforzamento dell’economia della zona euro.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE è convinto che, al fine di garantire una relativa stabilità socioeconomica negli Stati membri della zona euro in un contesto dominato da livelli elevati di incertezza geopolitica ed economica legati ai rischi di un aumento dell’inflazione e del debito pubblico, sarà importante concentrarsi sulle giuste priorità nell’utilizzo dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Questo strumento, che consente agli Stati membri dell’UE di emettere congiuntamente obbligazioni sui mercati dei capitali, è stato finora molto efficace, e il CESE accoglierebbe pertanto con grande favore che fosse concretamente utilizzato anche in futuro. A tale proposito, il CESE ritiene che il dispositivo per la ripresa e la resilienza possa essere utilizzato anche dopo il 2026.

4.2.

Il CESE sottolinea che il protrarsi dell’invasione russa in Ucraina può portare a una recessione imprevista e persino alla stagflazione in alcuni paesi della zona euro. Pertanto, è più che mai necessario monitorare attentamente questi sviluppi negativi e intraprendere un’azione preventiva per affrontarli.

4.3.

Il CESE osserva che le tendenze in materia di disoccupazione e mercato del lavoro indicano una relativa stabilità. Al tempo stesso, il Comitato evidenzia discrepanze relativamente ampie tra i tassi di disoccupazione nazionali rispetto al periodo precedente al 2008. La disoccupazione strutturale è diffusa in alcuni Stati membri della zona euro, associata a una carenza di manodopera qualificata. È questa carenza relativa di manodopera altamente qualificata che non consente un margine di manovra sufficiente per aumentare la competitività in determinati settori e aree. In tale contesto, il CESE osserva che vi è ancora potenziale sufficiente, e non ancora sfruttato, per l’aggiornamento delle competenze e la riqualificazione professionale negli Stati membri della zona euro e nel resto dell’UE.

4.4.

Il CESE è molto preoccupato per gli sviluppi negativi in termini di disuguaglianza e per l’aumento della povertà negli Stati membri della zona euro e in tutta l’UE. La disuguaglianza nel senso più ampio del termine è, in larga misura, anche un retaggio della crisi finanziaria mondiale. La COVID-19 ha ulteriormente aggravato questa tendenza negativa. Attualmente l’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari colpisce i segmenti più vulnerabili della popolazione, come anche le famiglie a basso e medio reddito. Per questo motivo, il CESE sollecita con urgenza tutte le istituzioni competenti a creare una rete di sicurezza sociale che funzioni efficacemente e nella quale nessuno sia lasciato indietro.

4.5.

Il CESE richiama ancora una volta l’attenzione sul possibile e imprevisto sviluppo di ulteriori mutazioni, pandemie ed epidemie. La comparsa e la rapida diffusione della COVID-19 hanno messo in luce la notevole impreparazione del settore sanitario ad affrontare la pandemia. È pertanto indispensabile una preparazione più approfondita, ma soprattutto una politica più responsabile da parte di tutti gli organi e istituzioni competenti in questo settore. Il CESE osserva che, come dimostrato dagli sviluppi degli ultimi due anni, gli investimenti più proficui sono quelli che riguardano la sanità e la prevenzione.

4.6.

Il CESE sottolinea che sostenere l’immissione di liquidità aggiuntiva sin dall’inizio della pandemia è stata una decisione giusta. Tuttavia, dato che alcune operazioni particolari sono state sospese, occorrerà ora concentrare gli sforzi per garantire la solvibilità di talune imprese. Sarà inoltre necessaria ulteriore liquidità per sostenere la crescita post-pandemia. Il CESE ritiene pertanto fondamentale andare avanti con la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali e dell’Unione bancaria.

4.7.

Il CESE sottolinea che è in corso un processo di frammentazione dell’economia mondiale. L’invasione russa dell’Ucraina ha portato alla frammentazione del commercio internazionale, dei pagamenti internazionali, delle relazioni finanziarie e monetarie internazionali, dei trasporti internazionali, della scienza e della ricerca internazionali, delle catene globali del valore e anche di altri settori. Tale processo ha avuto un impatto molto negativo sull’andamento socioeconomico dei paesi della zona euro.

4.8.

Il CESE osserva che l’attuale elevato livello di incertezza economica e geoeconomica, accompagnato da rischi elevati, è la situazione più complessa che si sia mai presentata nell’intera storia del progetto di integrazione europea. Data l’imprevedibilità dei futuri sviluppi socioeconomici, vi è una forte necessità che le istituzioni competenti adottino e attuino tutta una serie di misure volte a ridurre ed eliminare gli shock esterni che colpiscono le economie degli Stati membri della zona euro.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Il CESE si compiace pertanto dell’intenzione della BCE, annunciata il 15 giugno 2022, di lavorare a uno strumento per combattere la frammentazione della zona euro.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/50


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Promuovere la mobilità dei lavoratori per sostenere la ripresa economica

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/08)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

29.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

101/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

In diversi pareri, il CESE ha ricordato l’importanza della mobilità dei lavoratori e ha osservato che tale mobilità all’interno dell’UE è aumentata nel corso degli anni, ma solo a un ritmo moderato.

1.2.

Il CESE ritiene necessaria un’analisi più approfondita dei motivi per cui, al di là delle restrizioni causate dalla pandemia, il numero di lavoratori mobili dell’UE in età lavorativa cresce di una percentuale inferiore rispetto agli anni precedenti. Il CESE chiede inoltre di realizzare uno studio per determinare il costo economico della situazione attuale del mercato del lavoro.

1.3.

Il CESE raccomanda di adottare misure nazionali più efficaci, ponendo l’accento sulle politiche attive del mercato del lavoro, come le prestazioni collegate all’esercizio di un’attività lavorativa per i lavoratori dell’UE e di paesi terzi.

1.4.

Il CESE invita la Commissione europea a includere nel semestre europeo indicatori nel quadro delle raccomandazioni specifiche per paese per monitorare le politiche nazionali che, in un modo o nell’altro, limitano la mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE.

1.5.

Il CESE chiede inoltre alla Commissione europea di analizzare gli sviluppi negativi connessi alla mobilità dei lavoratori, in particolare la fuga di cervelli che interessa alcuni settori e alcune regioni. Allo stesso tempo, le misure volte a contrastare la fuga di cervelli devono procedere di pari passo con quelle intese a promuovere la convergenza sociale ed economica verso l’alto.

1.6.

Il CESE raccomanda inoltre agli Stati membri di migliorare ulteriormente i loro portali pertinenti includendo le condizioni minime di lavoro richieste dalla legislazione nazionale per evitare abusi. Il CESE chiede altresì ulteriori sforzi per migliorare le competenze linguistiche.

1.7.

Il CESE invita gli Stati membri ad agevolare la mobilità dei lavoratori con disabilità.

1.8.

Il CESE ritiene inoltre che la parità di genere sia un fattore importante se si vuole rafforzare la mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE, come sottolineato nel parere SOC/731 (1).

1.9.

Il CESE invita la Commissione europea a monitorare costantemente il coordinamento della sicurezza sociale e a garantire soluzioni comuni alle nuove situazioni che si creano, come il telelavoro dall’estero. Inoltre, il CESE chiede di intensificare gli sforzi per creare un numero di sicurezza sociale europeo che consenta di superare gli ostacoli all’accesso alla sicurezza sociale nelle situazioni transfrontaliere.

1.10.

Il CESE osserva che sono necessarie buone condizioni di lavoro e di impiego, nonché aspetti che migliorano la qualità della vita, come la disponibilità di scuole e di strutture ricreative di qualità, affinché le imprese possano mantenere un vantaggio competitivo e attrarre lavoratori qualificati.

1.11.

Il CESE osserva inoltre che la pandemia di COVID-19 ha chiaramente aumentato le opportunità di telelavoro. Sempre più lavoratori sono interessati a lavorare a distanza dall’estero per un breve periodo o temporaneamente. Il CESE attende con interesse i prossimi negoziati tra le parti sociali in merito a una direttiva in materia.

1.12.

Il CESE chiede l’istituzione di una rete di punti di informazione a livello dell’UE, con servizi online ma anche fisici e telefonici, al fine di aiutare i lavoratori e i datori di lavoro ad affrontare le questioni che riguardano settori quali i servizi bancari e assicurativi.

1.13.

Infine, il CESE sottolinea l’importanza dell’analisi statistica costante dei flussi di mobilità dei lavoratori per contribuire ad affrontare gli squilibri tra domanda e offerta di competenze nei mercati del lavoro dell’UE e per valutare l’impatto di sviluppi quali la guerra in Ucraina e i movimenti dei cittadini in età lavorativa all’interno degli Stati membri dell’UE e tra uno Stato membro e l’altro.

2.   Osservazioni generali

2.1.

In un periodo di grande incertezza congiunturale, con previsioni economiche riviste al ribasso e un probabile aumento del tasso di interesse della zona euro volto a contrastare gli elevati tassi di inflazione, la mobilità dei lavoratori nell’UE potrebbe svolgere un ruolo determinante per la ripresa economica e le prospettive di crescita dell’UE. Come è generalmente riconosciuto, la libera circolazione dei lavoratori e dei servizi contribuisce alla crescita economica e alla coesione nell’Unione e crea opportunità di lavoro nel mercato unico. L’effetto è chiaro: un aumento della mobilità per coprire i posti di lavoro vacanti migliora la ripartizione delle risorse lavorative e accresce la produzione economica e il benessere, soprattutto se le condizioni di lavoro offerte sono eque. Il mercato del lavoro dell’UE è fondato anche sul principio della parità di trattamento sancito dall’articolo 45 del TFUE e specificato in una serie di atti di diritto derivato. Nel complesso, l’economia dell’UE ha tutto da guadagnare da una maggiore mobilità dei lavoratori. Tuttavia, per i singoli Stati membri possono esservi guadagni e perdite, a seconda degli effetti a lungo termine della direzione dei flussi di mobilità. A breve termine, la mobilità dei lavoratori sarebbe vantaggiosa per i paesi di origine caratterizzati da disoccupazione strutturale. Tuttavia, gli effetti netti per i paesi riceventi dipenderebbero in larga misura, tra l’altro, dalle condizioni di lavoro offerte ai lavoratori.

2.2.

In diversi pareri, il CESE ha ricordato l’importanza della mobilità dei lavoratori e ha osservato che tale mobilità all’interno dell’UE è aumentata nel corso degli anni, ma a un ritmo moderato e, in termini percentuali, è ancora in ritardo rispetto alla mobilità dei lavoratori all’interno degli Stati Uniti. Secondo uno studio condotto dalla direzione generale della Politica regionale e urbana della Commissione europea, la popolazione statunitense che si è trasferita in un altro Stato del paese rappresenta circa il 2,8 % della popolazione totale in età lavorativa, mentre nell’UE tale percentuale si aggira intorno all’1,2 % (2).

2.3.

Secondo le statistiche demografiche di Eurostat, il numero di persone in età lavorativa (20-64 anni) che nel 2019 si sono trasferite da uno Stato membro all’altro dell’UE è stato di 13 milioni, facendo, tuttavia, registrare una percentuale di crescita inferiore rispetto agli anni precedenti, percentuale che la pandemia non ha certamente contribuito ad aumentare.

2.4.

Dall’indagine sulle forze di lavoro nell’UE del 2019 risulta che i cittadini dell’UE in età lavorativa che si erano trasferiti (ossia che risiedono in uno Stato membro diverso dal loro paese di cittadinanza) erano 11,9 milioni, di cui 9,9 milioni erano lavoratori mobili attivi (ossia cittadini dell’UE che svolgono un’attività lavorativa in un altro Stato membro senza dover ottenere un permesso di lavoro). Questa cifra rappresenta il 4,2 % della forza lavoro totale negli allora 28 Stati membri. L’uscita del Regno Unito dall’UE ha ovviamente ridotto le opportunità di lavoro per i cittadini dell’UE, e i principali paesi di destinazione sono attualmente la Germania, la Francia, l’Italia e la Spagna.

2.5.

La Romania e la Polonia sono i maggiori paesi di origine dei lavoratori mobili attivi, mentre i principali comparti economici per i lavoratori mobili dell’UE sono l’industria manifatturiera e il commercio all’ingrosso e al dettaglio. Altri settori relativamente importanti da questo punto di vista sono quelli dell’edilizia e dei trasporti, dell’assistenza sociale e dei servizi domestici, del turismo e dell’agricoltura.

2.6.

I lavoratori transfrontalieri nell’UE-28 sono stati 1,5 milioni e, anche in questo caso, con l’uscita del Regno Unito dall’UE, tale numero è diminuito; i principali paesi di residenza dei lavoratori transfrontalieri sono la Francia, la Germania e la Polonia, mentre altri flussi significativi si registrano tra Slovacchia, Ungheria e Austria. Il CESE osserva che la mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE è motivata da una serie di ragioni dipendenti dalla situazione personale di ciascuno, fra cui le differenze retributive tra il paese ospitante e il paese di residenza del lavoratore transfrontaliero. La decisione di trasferirsi all’estero per svolgere un’attività lavorativa può effettivamente essere dettata da una combinazione di ragioni, fra le quali l’impiego offerto su base stagionale in settori quali l’agricoltura e il turismo. Ultimamente, il peggioramento del potere d’acquisto, che ha un impatto sui cittadini in tutta l’UE, può in realtà scoraggiare la mobilità dei lavoratori, soprattutto se l’aumento dei prezzi incide anche sul costo degli alloggi in affitto.

2.7.

Negli ultimi anni si è registrata una maggiore mobilità tra le persone con un elevato livello di istruzione: oltre un terzo dei lavoratori mobili dell’UE rientra in questa categoria. Per contro, la quota di lavoratori mobili scarsamente qualificati è diminuita della stessa percentuale in cui sono aumentati i lavoratori mobili con un elevato livello di istruzione. È interessante notare che la mobilità dei lavoratori altamente qualificati costituisce un importante fattore di sviluppo dell’economia basata sulla conoscenza. I principali paesi di destinazione dell’UE per i cittadini altamente qualificati sono la Germania, la Spagna, la Francia, il Belgio e l’Austria. I lavoratori mobili altamente qualificati lavorano più comunemente come professionisti nei settori dell’impresa, dell’insegnamento, delle scienze e dell’ingegneria, ma la sovraqualificazione sembra essere piuttosto diffusa. Si stima che il 55 % dei lavoratori mobili altamente qualificati siano donne.

2.8.

Secondo le proiezioni demografiche di Eurostat, l’età media dei cittadini dell’UE dovrebbe aumentare. Si prevede inoltre che la popolazione in età lavorativa diminuirà in proporzione all’intera popolazione, in particolare quella di età compresa tra i 20 e i 39 anni, mentre le fasce di età più avanzata faranno registrare forti aumenti proporzionali. Questi sviluppi demografici avranno un impatto considerevole sul numero potenziale di lavoratori mobili dell’UE negli anni a venire, dal momento che è più probabile che le persone si trasferiscano all’inizio della loro vita lavorativa, mentre è meno probabile che lo facciano con l’avanzare dell’età. Questa previsione è confermata dai dati: le persone di età compresa tra i 20 e i 29 anni e tra i 30 e i 39 anni fanno registrare tassi annui di flusso in uscita più elevati rispetto ad altre fasce di età.

2.9.

Poiché il numero di persone nelle fasce di età più giovani sta diminuendo anche nei paesi di origine, si prevede che questo si tradurrà in un calo del numero di lavoratori mobili nell’UE. Tuttavia, questa prevista diminuzione dei flussi di mobilità potrebbe essere controbilanciata dall’invecchiamento della popolazione dell’UE, che determina un incremento della domanda di assistenza sanitaria e sociale specializzata, con la conseguente necessità di un aumento delle assunzioni di lavoratori mobili.

2.10.

Da quanto sopra esposto risulta evidente che i flussi di mobilità nell’UE rimangono una sfida che limita l’offerta e causa squilibri tra domanda e offerta di lavoro nella maggior parte dei settori, tra cui quello delle tecnologie dell’informazione e quello delle industrie ad alta tecnologia. La pandemia non ha certamente contribuito a migliorare questa situazione, dato che la mobilità all’interno dell’UE è stata ostacolata dai confinamenti e da altre misure restrittive, quali la chiusura delle frontiere e i divieti di viaggio. Prima della pandemia, il flusso di lavoratori mobili dai paesi dell’Est verso quelli dell’Ovest superava i flussi dai paesi del Sud verso quelli del Nord, e si prevede che tale tendenza proseguirà con l’arrivo dei rifugiati dall’Ucraina devastata dalla guerra. In ogni caso, quanto prima la mobilità dei cittadini dell’UE tornerà ai livelli pre-pandemia, tanto meglio sarà. Tra il 2019 e il 2020, il numero di lavoratori mobili attivi che si sono trasferiti è diminuito del 4 % (3).

2.11.

Il riconoscimento reciproco dei diplomi e delle qualifiche è essenziale per coprire i posti vacanti dove persistono carenze di manodopera e per facilitare la mobilità. Tuttavia, il sistema di riconoscimento deve essere rafforzato affinché possa funzionare in modo efficace e sostenere la mobilità dei lavoratori. Il problema si pone principalmente non tanto a livello accademico o professionale quanto nel riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali. Ciò premesso, va osservato che esiste un approccio diverso nel riconoscimento reciproco delle qualifiche accademiche e di quelle professionali. Occorre inoltre tenere presente che, a norma dell’articolo 166 del TFUE, l’UE, pur sostenendo e integrando l’azione degli Stati membri, ne rispetta pienamente la responsabilità per quanto riguarda il contenuto e l’organizzazione della formazione professionale.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

Il CESE ritiene necessaria un’analisi più approfondita dei motivi per cui, al di là delle restrizioni causate dalla pandemia, il numero di lavoratori mobili dell’UE in età lavorativa cresce di una percentuale inferiore rispetto agli anni precedenti. Il CESE chiede inoltre di realizzare uno studio per determinare il costo economico della situazione attuale del mercato del lavoro, caratterizzato da una frammentazione tra i diversi Stati membri: il cosiddetto «costo di un mercato del lavoro dell’UE non unificato».

3.2.

Il CESE raccomanda di adottare misure politiche nazionali più efficaci, come gli incentivi alla mobilità, compresa la mobilità circolare (investendo nei paesi di origine attraverso programmi di scambio e di apprendimento reciproco), con particolare attenzione alle misure nazionali di politica attiva del mercato del lavoro, come le prestazioni collegate all’esercizio di un’attività lavorativa per i lavoratori dell’UE e di paesi terzi. Il CESE ritiene, a tal riguardo, che offrire un sostegno finanziario alle persone in cerca di lavoro, per esempio la copertura dei costi di ricollocazione per accedere a un posto di lavoro in un altro Stato membro o in un’altra regione, incoraggerebbe ulteriormente la mobilità. Inoltre, sono necessari ulteriori sforzi per migliorare le informazioni sui posti di lavoro in altri paesi dell’UE, nonché per fornire assistenza alla ricollocazione per quanto concerne la logistica del trasferimento da un paese all’altro — per esempio, la ricerca di un alloggio, la registrazione fiscale, la ricerca di una scuola per i figli, l’eventuale assistenza nella ricerca di un lavoro per i partner ecc. Il CESE raccomanda di utilizzare gli strumenti di intelligenza artificiale in un sito web comune a livello dell’UE che centralizzi tutte le offerte di lavoro esistenti negli Stati membri dell’UE, al fine di abbinare meglio i profili ai requisiti professionali. Analogamente, dovrebbero essere previsti incentivi maggiormente mirati per incoraggiare i lavoratori disoccupati a trasferirsi negli Stati membri con bassi livelli di disoccupazione. Come emerge dall’indagine sull’accesso delle imprese al finanziamento Survey on the access to finance of enterprises (SAFE), pubblicata dalla BCE il 1o giugno 2022, la carenza di manodopera qualificata è il problema più urgente per le imprese europee.

3.3.

Il CESE si rammarica che il mercato del lavoro dell’UE rimanga frammentato. La mobilità dei lavoratori è stata vittima dell’approccio disorganico seguito finora. Occorre evitare ulteriori politiche disarticolate, soprattutto a livello nazionale. Mentre è necessario salvaguardare la parità di trattamento tra i lavoratori locali e quelli mobili, il CESE invita la Commissione europea a includere nel semestre europeo indicatori nel quadro delle raccomandazioni specifiche per paese per monitorare le politiche nazionali che, in un modo o nell’altro, limitano la mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE.

3.4.

L’aumento della mobilità dei lavoratori e dei professionisti nell’UE può avvenire solo migliorando l’applicazione delle disposizioni esistenti, l’accesso alle informazioni e la cooperazione tra gli Stati membri. Il CESE ritiene che la Commissione europea svolga un ruolo fondamentale in tutti questi aspetti. Il CESE osserva che i singoli Stati membri possono essere restii ad adottare ulteriori riforme del mercato unico per il timore che ciò possa comportare una perdita di posti di lavoro a breve termine, in particolare nei paesi che sono già in ritardo e nei paesi/settori a bassa produttività. In teoria, la libera circolazione della manodopera aiuterebbe a risolvere questo problema, ma da un punto di vista nazionale ciò potrebbe determinare, nella fase intermedia, una perdita di risorse e una potenziale fuga di cervelli e di competenze. Può pertanto essere necessario che la Commissione europea analizzi gli sviluppi negativi connessi alla mobilità dei lavoratori, in particolare la fuga di cervelli che interessa alcuni settori e alcune regioni. Allo stesso tempo, le misure volte a contrastare la fuga di cervelli devono procedere di pari passo con quelle intese a promuovere la convergenza sociale ed economica verso l’alto. Il CESE riconosce che potrebbe entrare in gioco una serie di variabili, tra cui le prospettive demografiche e il loro effetto sulle dimensioni e sulla composizione della popolazione in età lavorativa sia nei paesi di origine che in quelli riceventi.

3.5.

Pur considerando che le norme in materia di istruzione e convalida devono essere osservate in ogni momento, il CESE invita gli Stati membri a ridurre la burocrazia e a rispettare il principio fondamentale della parità di trattamento. A tal riguardo, il CESE ritiene necessario migliorare ulteriormente i meccanismi di riconoscimento reciproco e i portali per la mobilità professionale. Il CESE prende atto degli importanti miglioramenti apportati al portale EURES della mobilità professionale, alla piattaforma online Europass e al sistema di classificazione europeo delle qualifiche, competenze, abilità e professioni in Europa (ESCO), e invita gli Stati membri a migliorare ulteriormente i loro portali pertinenti includendo le condizioni minime di lavoro richieste dalla legislazione nazionale. Quest’ultimo aspetto è ritenuto particolarmente importante per evitare abusi nelle condizioni di lavoro nei confronti dei lavoratori mobili nelle regioni transfrontaliere e dei lavoratori di paesi terzi. Il CESE chiede inoltre ulteriori sforzi per migliorare le competenze linguistiche, dal momento che la mancanza di conoscenze linguistiche costituisce un grave ostacolo alla libera circolazione nell’UE.

3.6.

Il CESE invita gli Stati membri ad agevolare la mobilità dei lavoratori con disabilità. A tal fine è importante adottare una definizione europea comune della condizione di disabilità, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, e garantirne il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri.

3.7.

Il CESE ritiene che la parità di genere sia un fattore importante se si vuole rafforzare la mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE, come sottolineato nel parere SOC/731. Ciò dovrebbe rientrare in un più ampio impegno a rispettare le norme in materia di democrazia e uguaglianza per tutti come mezzo per aumentare la mobilità dei lavoratori.

3.8.

Il CESE raccomanda agli Stati membri ospitanti di fornire alle persone che lavorano sul loro territorio l’accesso alla formazione, per esempio a corsi di lingua, all’inizio della loro esperienza professionale, e alla riqualificazione, se necessario in una fase successiva, onde rispondere alla carenza di manodopera in determinati settori e sostenere la transizione digitale e le misure per giungere a un’economia climaticamente neutra.

3.9.

Il CESE osserva inoltre che Erasmus+ potrebbe migliorare la mobilità dei lavoratori nell’UE, e richiama l’attenzione su uno studio realizzato nel 2011 (4) che analizza come studiare all’estero influisca sulla mobilità del mercato del lavoro in una fase successiva della vita, utilizzando l’esposizione al programma Erasmus come fonte indipendente di variazione nello studio all’estero. Lo studio ha rilevato che studiare all’estero aumenta significativamente la probabilità di lavorare all’estero dopo il conseguimento di un titolo accademico. I laureati che hanno studiato all’estero hanno circa il 15 % di probabilità in più di lavorare all’estero dopo la laurea.

3.10.

Il CESE accoglie con favore il miglioramento del coordinamento della sicurezza sociale nell’UE, ma osserva con una certa preoccupazione che per i lavoratori mobili, in particolare quelli transfrontalieri e frontalieri, permangono difficoltà di accesso ai sistemi di protezione sociale. Il CESE invita pertanto la Commissione europea a monitorare costantemente il coordinamento della sicurezza sociale e a garantire soluzioni comuni alle nuove situazioni che si creano, come il telelavoro dall’estero. L’importanza di un’azione coordinata a livello dell’Unione non sarà mai sottolineata abbastanza. Gli Stati membri devono garantire i diritti sociali dei lavoratori mobili in qualsiasi momento, anche nelle situazioni di crisi. Pur riconoscendo le differenze esistenti tra i regimi pensionistici dei diversi Stati membri dell’UE, il CESE chiede altresì maggiori sforzi per migliorare il coordinamento e l’applicazione dei diritti pensionistici dei lavoratori mobili in tutta l’UE, eventualmente attraverso raccomandazioni specifiche per paese nell’ambito del semestre europeo. Inoltre, il CESE chiede di intensificare gli sforzi per creare un numero di sicurezza sociale europeo che consenta di superare gli ostacoli all’accesso alla sicurezza sociale nelle situazioni transfrontaliere.

3.10.1.

Va osservato che il prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP) (5) dovrebbe essere particolarmente interessante per i lavoratori autonomi e per i lavoratori mobili che esercitano la loro attività in paesi diversi nel corso della loro vita lavorativa. La possibilità di cambiare fornitore di PEPP da un paese all’altro contribuirà indubbiamente alla mobilità dei lavoratori, sebbene non sia chiaro in quale misura, visto che questi prodotti non sono ancora disponibili.

3.10.2.

In occasione dell’introduzione del concetto del PEPP, il CESE lo ha accolto con favore quale passo fondamentale per incoraggiare i cittadini dell’UE ad accantonare fondi adeguati per quando saranno in pensione e come elemento costitutivo essenziale dell’Unione dei mercati dei capitali. Tuttavia, poiché l’offerta di PEPP deve ancora concretizzarsi, il CESE ritiene necessario compiere uno sforzo supplementare nel quadro del piano d’azione dell’Unione dei mercati dei capitali (6), nell’ambito dell’azione 9, al fine di stimolare la partecipazione ai regimi pensionistici aziendali e professionali.

3.11.

Il CESE osserva che la pandemia di COVID-19 ha chiaramente aumentato le opportunità di telelavoro (7). Sempre più lavoratori sono interessati a lavorare a distanza dall’estero per un breve periodo o temporaneamente. Il CESE attende con interesse i prossimi negoziati tra le parti sociali in merito alla revisione e all’aggiornamento dell’accordo quadro sul telelavoro del 2002, che dovrà essere presentato per adozione sotto forma di accordo giuridicamente vincolante da attuare mediante una direttiva.

3.12.

Il CESE osserva che sono necessarie buone condizioni di lavoro e di impiego, nonché aspetti che migliorano la qualità della vita, come la disponibilità di buone scuole e di strutture sostenibili e di qualità, affinché le imprese possano mantenere un vantaggio competitivo e attrarre lavoratori qualificati. Il CESE sottolinea inoltre l’importanza di investimenti continui nella formazione formale e informale e nell’apprendimento permanente, al fine di sostenere la transizione verso un’economia digitale e neutra in termini di emissioni di carbonio. In un contesto dinamico e in rapida evoluzione, è fondamentale adattarsi in modo veloce ed efficace alle mutevoli esigenze del mercato del lavoro, riconoscendo al tempo stesso l’impatto che la carenza di manodopera ha sulla forza lavoro esistente. A tal fine è importante l’accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione, in cui si afferma che entrambe le parti si impegnano a migliorare o riqualificare le competenze per affrontare le sfide digitali dell’impresa.

3.13.

Il CESE sottolinea la necessità di digitalizzare le procedure per la mobilità e il distacco dei lavoratori al fine di migliorare lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali ed eliminare gli ostacoli sproporzionati. In tal modo si contribuirà anche al monitoraggio e alla corretta applicazione delle norme. Il CESE concorda con la proposta contenuta nella Risoluzione del Parlamento europeo del 20 maggio 2021 sull’impatto delle norme UE sulla libera circolazione dei lavoratori e dei servizi: la mobilità professionale all’interno dell’UE quale strumento per far incontrare le esigenze del mercato del lavoro e le qualifiche [2020/2007(INI)] (8), nella quale si raccomanda di istituire uno sportello unico di assistenza per i lavoratori e i futuri datori di lavoro sulle norme dell’Unione applicabili, basato sia digitalmente che fisicamente all’interno dell’Autorità europea del lavoro (ELA). Come stabilito all’articolo 5 del regolamento che istituisce l’ELA, tale autorità migliora la disponibilità, la qualità e l’accessibilità delle informazioni sulla mobilità dei lavoratori, in particolare mediante un sito web unico a livello dell’Unione che funga da portale unico per accedere alle fonti e ai servizi di informazione a livello dell’Unione e nazionale in tutte le lingue dell’UE. Inoltre, l’ELA dovrebbe sostenere gli Stati membri nell’aggiornamento dei loro siti web nazionali.

3.14.

Parallelamente, il CESE invita gli Stati membri a digitalizzare i servizi pubblici, in particolare i pertinenti servizi di sicurezza sociale, per agevolare la mobilità dei lavoratori europei in tutta l’UE, garantendo nel contempo la portabilità dei diritti e il rispetto degli obblighi in materia di mobilità dei lavoratori e dei professionisti.

3.15.

Allo stesso tempo, il CESE chiede l’istituzione di una rete di punti di informazione a livello dell’UE, con servizi online ma anche fisici e telefonici, al fine di aiutare i lavoratori e i datori di lavoro ad affrontare le questioni che riguardano settori quali i servizi bancari e assicurativi.

3.16.

Il CESE sottolinea l’importanza dell’analisi statistica costante dei flussi di mobilità dei lavoratori per contribuire ad affrontare gli squilibri tra domanda e offerta di competenze nei mercati del lavoro dell’UE e per valutare l’impatto di sviluppi quali la guerra in Ucraina e i movimenti dei cittadini in età lavorativa all’interno degli Stati membri dell’UE e tra uno Stato membro e l’altro. Il CESE riconosce che l’abbinamento a livello europeo è molto più difficile che a livello nazionale o regionale. Ritiene tuttavia che i consulenti EURES svolgano un ruolo fondamentale nel fornire un sostegno informato ai lavoratori mobili.

3.17.

È inoltre importante la ricerca sulla mobilità dei lavoratori di paesi terzi e sulle loro condizioni di lavoro. Il CESE è preoccupato per l’esistenza di condizioni di lavoro precarie per i cittadini di paesi terzi che lavorano negli Stati membri, e chiede un’applicazione più rigorosa delle norme. Il CESE osserva inoltre che la mobilità dei lavoratori provenienti dagli Stati membri dell’UE non sarà sufficiente per far fronte alla carenza di competenze. Occorrerà infatti anche agevolare e rafforzare la migrazione di manodopera dai paesi terzi. A tal riguardo, il CESE accoglie con favore il recente pacchetto sulla politica migratoria, ma riafferma il suo punto di vista secondo cui occorre adottare misure efficaci per consentire ai cittadini disoccupati dell’UE di entrare nel mercato del lavoro.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 443 del 22.11.2022, pag. 63

(2)  https://epc2010.princeton.edu/papers/100976

(3)  Relazione annuale sulla mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE (2021).

(4)  Parey and Waldinger (2011), Studying Abroad and the Effect on International Labour Market Mobility: Evidence from the Introduction of Erasmus [Studiare all’estero e l’effetto sulla mobilità del mercato internazionale del lavoro: dati tratti dall’introduzione del programma Erasmus].

(5)  Cfr. il parere del CESE sul tema Prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP) (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 139).

(6)  Cfr. il parere del CESE sul tema Un’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d’azione (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 20).

(7)  GU C 220 del 9.6.2021, pag. 13, e GU C 220 del 9.6.2021, pag. 106.

(8)  GU C 15 del 12.1.2022, pag. 137


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Migliorare la parità nell’UE»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/09)

Relatrice:

Ozlem YILDIRIM

Correlatore:

Cristian PÎRVULESCU

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

29.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

140/13/31

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ricorda quanto sancito nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (di seguito «Carta»), che recita «l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà». Sottolinea inoltre l’importanza dell’articolo 20 della Carta, che sancisce il principio dell’uguaglianza davanti alla legge di tutte le persone.

1.2.

Il CESE ricorda inoltre che il principio di uguaglianza, se da un lato vieta qualunque tipo di discriminazione, dall’altro promuove anche l’applicazione coerente della regola di diritto.

1.3.

Il CESE incoraggia con forza il Consiglio, il Parlamento e la Commissione a portare avanti l’elaborazione delle norme di protezione contro le discriminazioni nell’accesso a beni e servizi, in particolare adottando la proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale (1).

1.4.

Il CESE ritiene che la Carta offra una base solida e che gli strumenti per la tutela dei diritti fondamentali debbano essere sviluppati in modo uniforme in tutta l’Unione europea. È essenziale inoltre comprendere tutte le interazioni, tutti gli ambienti e tutte le situazioni in cui può verificarsi una discriminazione. La disparità di tutela giuridica colloca i diritti in un ordine gerarchico inammissibile e lascia intere categorie di persone prive di protezione.

1.5.

L’attuale sistema europeo di protezione si basa essenzialmente sul ricorso delle singole vittime a organi giurisdizionali e alla giustizia. Eppure, diversi studi mostrano che le segnalazioni e le procedure non consentono di affrontare la dimensione strutturale, intersezionale e sistemica delle disuguaglianze e che il ricorso alla giustizia da parte delle vittime è scarsamente significativo, del tutto eccezionale in termini statistici e utilizzato solo come ultima istanza (2).

1.6.

Il CESE sottolinea che le disuguaglianze e le discriminazioni complesse prodotte dalle strutture sociali possono essere eliminate solo da una politica coerente e complessa, da strumenti concreti e da una mobilitazione sostenuta nel tempo. La sensibilizzazione, la visibilità e la formazione sono leve importanti da attivare in tutte le componenti della società.

1.7.

Il CESE ritiene che la promozione dell’uguaglianza e la tutela dei diritti fondamentali debbano essere integrate in una visione sociale più ampia, che moltiplichi e rafforzi gli strumenti attraverso i quali gli Stati membri e le istituzioni europee danno forma concreta al sostegno per i singoli e per gli attori pubblici e privati.

1.8.

Il CESE ritiene che l’UE debba impegnarsi attivamente nel promuovere il riconoscimento del principio generale di uguaglianza e di obblighi positivi in materia di pari opportunità e che, a tal fine, le istituzioni debbano avviare la definizione della prossima generazione di misure volte a promuovere l’uguaglianza in Europa.

1.9.

Il CESE, pur riconoscendo che gli sviluppi tecnologici consentono a numerosi cittadini di accedere più facilmente ai loro diritti, sottolinea però che essi possono di fatto generare nuove discriminazioni e, quindi, determinare nuove necessità di intervento per monitorare e garantire l’applicazione del principio della parità di trattamento.

1.10.

Al fine di superare l’onere del contenzioso a carico del singolo, dare al ricorso una forza commisurata alle pratiche denunciate e fare del quadro giuridico un vero deterrente contro le discriminazioni, il CESE è favorevole all’adozione da parte dell’UE di norme che facilitino la realizzazione negli Stati membri di azioni collettive volte a migliorare l’accesso al ricorso giurisdizionale e il suo impatto, nell’ottica di combattere le discriminazioni e difendere la parità di trattamento.

1.11.

Secondo il CESE, l’UE deve assicurare che le autorità competenti degli Stati membri si rendano garanti della sicurezza, parità di trattamento e protezione degli attori politici, sindacali e associativi, quale corollario dei suoi valori di democrazia, Stato di diritto e non discriminazione fondata su opinioni politiche.

1.12.

Occorre inoltre migliorare la capacità di tutti gli attori civici, in particolare quelli attivi nella tutela dei diritti umani, di operare con gli strumenti giuridici esistenti e di collaborare con le istituzioni pubbliche.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE ricorda quanto sancito nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (di seguito «Carta»), che recita «l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà». Sottolinea inoltre l’importanza dell’articolo 20 della Carta, che sancisce il principio dell’uguaglianza davanti alla legge di tutte le persone.

2.2.

Il CESE ricorda inoltre che il principio di uguaglianza, se da un lato vieta qualunque tipo di discriminazione, dall’altro promuove anche l’applicazione coerente della regola di diritto.

2.3.

Oggi l’Unione europea riconosce le molteplici forme che assume la disuguaglianza e la loro dimensione intersezionale (in particolare le disuguaglianze di genere, etniche, sociali, generazionali e altre ancora).

2.4.

A oltre vent’anni dall’adozione del trattato di Amsterdam, tutti gli indicatori europei e nazionali rivelano la persistenza delle discriminazioni fondate sull’origine etnica, la razza, il sesso, l’orientamento sessuale, le opinioni e convinzioni personali, la disabilità e l’età per quel che concerne l’occupazione, l’accesso ai beni, all’istruzione, ai servizi pubblici e alla protezione sociale.

2.5.

Questo persistere delle discriminazioni deriva in particolare da processi complessi, che spesso si sommano tra loro e sono a loro volta il risultato di processi integrati, oltre che di sistemi e norme, che producono e riproducono le discriminazioni dirette o indirette. Questo accavallarsi delle fonti di disuguaglianza genera situazioni che sono quindi sistemiche e ostacolano concretamente la promozione dell’uguaglianza (3).

2.6.

Il CESE, tramite non soltanto i suoi membri, ma anche attività condotte direttamente negli Stati membri, constata inoltre un peggioramento del clima sociale generale e una crescente diffusione di comportamenti discriminatori nei confronti delle persone vulnerabili. Da questo punto di vista, è evidente la necessità di un’azione rapida e concertata a livello nazionale ed europeo.

2.7.

Inoltre, dopo quasi due anni di crisi dovuta alla pandemia di COVID-19, diverse agenzie delle Nazioni Unite, tra cui l’Organizzazione internazionale del lavoro (4), osservano segnali preoccupanti di un peggioramento delle disuguaglianze sociali e territoriali. La crisi della COVID-19 ha esacerbato le disuguaglianze sociali ed economiche, e colpito in modo significativo le imprese europee, alterandone la capacità di mantenere e creare occupazione.

2.8.

A ciò si aggiunge il fatto che i gruppi sociali poveri o precari sono necessariamente più vulnerabili alle discriminazioni, che quindi si sommano ad altri fattori di vulnerabilità. Il CESE sottolinea la necessità di concentrarsi sugli aspetti specifici di tali discriminazioni e di sviluppare una politica vigorosa di lotta contro le discriminazioni a danno delle fasce di popolazione economicamente e socialmente svantaggiate nell’UE.

2.9.

Il CESE sottolinea che le disuguaglianze e le discriminazioni complesse prodotte dalle strutture sociali possono essere eliminate solo da una politica forte, da strumenti concreti e da una mobilitazione sostenuta nel tempo. Occorre fornire un sostegno più forte e significativo agli organismi nazionali per la parità e la difesa dei diritti umani, in particolare al fine di migliorarne il grado di indipendenza e dotarli di più personale e di maggiori risorse finanziarie. La sensibilizzazione, la visibilità e la formazione sono leve importanti da attivare in tutte le componenti della società e delle politiche pubbliche.

2.10.

Il CESE ritiene che la promozione dell’uguaglianza e la tutela dei diritti fondamentali debbano essere integrate in una visione sociale più ampia, che moltiplichi e rafforzi gli strumenti attraverso i quali gli Stati membri e le istituzioni europee danno forma concreta al sostegno per i singoli e per gli attori pubblici e privati.

2.11.

Il CESE ribadisce il suo pieno sostegno al nuovo piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali e ritiene che vi siano numerosi elementi di convergenza con la promozione dell’uguaglianza, la tutela dei diritti fondamentali e la lotta contro la discriminazione (5). Riservare maggiore attenzione all’applicazione di questi principi è essenziale per conseguire gli obiettivi del piano d’azione.

2.12.

Sulla scia dei suoi pareri precedenti (6), il CESE riconosce gli sforzi profusi dall’UE per la parità di genere, per la protezione contro le discriminazioni fondate sull’origine etnica, la razza o l’età, la religione, le opinioni o le convinzioni personali, per la tutela dei diritti delle persone LGBTQIA+ e delle persone con disabilità, nonché per l’integrazione dei Rom e la promozione dei diritti dei migranti.

2.13.

Il Comitato ha già avuto modo di sottolineare che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea offre potenzialità inutilizzate da parte degli organismi di difesa dei diritti umani, delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali. Sono necessari dei miglioramenti per perfezionarne l’impatto in termini di protezione, prevenzione, promozione, attuazione e applicazione del principio di uguaglianza (7).

2.14.

L’attuale sistema europeo di protezione si basa essenzialmente sul ricorso delle singole vittime a organi giurisdizionali e alla giustizia. Eppure, tutti gli studi mostrano che le segnalazioni e le procedure non consentono di affrontare la dimensione strutturale, intersezionale e sistemica delle disuguaglianze e che il ricorso alla giustizia da parte delle vittime è scarsamente significativo, del tutto eccezionale in termini statistici e utilizzato solo come ultima istanza (8).

2.15.

Attualmente, nel campo dell’occupazione, la lotta contro le discriminazioni si limita alle fattispecie riconducibili unicamente ai criteri di cui all’articolo 19 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (sesso, razza od origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale).

2.16.

Inoltre, la protezione assicurata dal diritto dell’UE in materia di accesso a beni e servizi pubblici si limita ai criteri della razza o dell’origine etnica e della parità di genere. Non viene presa in esame nessun’altra forma di discriminazione in quanto tale, e la protezione accordata varia in funzione del criterio considerato.

2.17.

Oggi il livello di protezione contro la discriminazione garantito dagli Stati membri è a geometria variabile: alcuni paesi, infatti, accordano una protezione a beni e servizi contro qualunque forma di discriminazione di cui all’articolo 19 del TFUE, mentre altri accordano una tutela superiore a quella prevista da tale articolo. Di conseguenza, la protezione contro le discriminazioni e, quindi, la difesa dell’uguaglianza variano da uno Stato membro all’altro.

2.18.

Alla luce di tali constatazioni è opportuno definire i prossimi passi da compiere per superare, in una prospettiva di inclusione, i limiti attuali dell’applicazione del dispositivo di protezione effettiva dell’uguaglianza all’interno dell’UE.

3.   Osservazioni particolari

3.1.   Promuovere l’affermarsi di un principio generale di uguaglianza negli Stati membri

3.1.1.

Dalla situazione attuale in Europa emerge che il principio di uguaglianza è un’aspirazione tuttora soggetta a notevoli incertezze. Ad esempio, la stessa Commissione afferma che durante la pandemia di COVID-19 garantire la parità di accesso all’assistenza sanitaria ha rappresentato un problema notevole in Europa (9).

3.1.2.

Oggi, mentre alcuni paesi europei introducono il principio generale di uguaglianza nei loro ordinamenti giuridici sancendo il diritto alla parità di trattamento nella società civile, nelle relazioni economiche e con lo Stato, altri si limitano a punire le discriminazioni espressamente vietate dalla legge, senza prevedere alcun obbligo positivo di attuare il principio di uguaglianza (10).

3.1.3.

Tale divario crea uno sfasamento significativo tra i cittadini e i residenti europei quanto alla portata del principio di uguaglianza, alla sua protezione di fronte alla legge e ai requisiti imposti per la sua attuazione effettiva.

3.1.4.

Il CESE esorta la Commissione a riconoscere le difficoltà strutturali che impediscono la piena attuazione del principio di uguaglianza, difficoltà che mettono in luce i limiti di quanto è stato realizzato finora e l’estensione delle disuguaglianze nell’Europa di oggi. Gli organismi nazionali per la parità e la difesa dei diritti umani dovrebbero partecipare attivamente a questo processo di valutazione permanente.

3.1.5.

Il CESE ritiene che l’Unione debba assolutamente adottare una politica ambiziosa che promuova il principio dell’uguaglianza e le pari opportunità, in linea con i valori sanciti nel trattato sull’Unione europea e nella Carta dei diritti fondamentali, mobilitando tutti i settori di sua competenza. A tal fine, il CESE sostiene la nuova iniziativa della Commissione europea, basata sugli articoli 157 e 19 del trattato, incentrata sull’efficacia dell’azione degli organismi nazionali per la parità e sullo sviluppo del loro potenziale, dei loro molteplici ruoli e delle loro capacità.

3.1.6.

L’UE deve dotarsi di mezzi concreti per convertire il principio generale di uguaglianza in un principio giuridico, applicabile a tutti gli Stati membri, che consenta di offrire una tutela al di là delle disparità di trattamento legate ai sette criteri di discriminazione previsti dall’articolo 19 del trattato sul funzionamento dell’Unione. Uno dei mezzi efficaci per un’effettiva applicazione delle misure antidiscriminazione potrebbe consistere, ad esempio, nell’attingere ai fondi strutturali.

3.1.7.

Il riconoscimento di un principio generale di parità di trattamento, la creazione di obblighi positivi e il riconoscimento della loro dimensione sistemica sono altrettanti strumenti per intensificare la lotta contro le disuguaglianze economiche e sociali.

3.2.   Lotta alle disuguaglianze e alle discriminazioni nel settore digitale

3.2.1.

Il CESE, pur riconoscendo che gli sviluppi tecnologici consentono a numerosi cittadini di accedere più facilmente ai loro diritti, ritiene tuttavia che essi generino di fatto nuove discriminazioni nell’accesso ai diritti e ai servizi e, quindi, nuove necessità di intervento a difesa del principio della parità di trattamento.

3.2.2.

La trasformazione digitale dei servizi pubblici e dell’accesso a beni e servizi (in particolare i servizi di prima necessità) hanno portato a cambiamenti profondi nelle relazioni con l’utente, abolendo certo le barriere fisiche, ma creando anche nuove barriere digitali. Tale trasformazione impedisce ad alcuni cittadini l’accesso a diritti e servizi, soprattutto nel caso delle persone in condizioni più precarie, vulnerabili o con disabilità, come pure di gran parte degli anziani sul territorio europeo (11).

3.2.3.

Di fronte a queste criticità occorre elaborare e attuare nuove politiche pubbliche di inclusione digitale e introdurre, per gli operatori pubblici e privati, obblighi positivi nei confronti degli utenti, ivi compreso un accesso facile e gratuito.

3.2.4.

Al di là delle difficoltà tecniche di accesso digitale, e in relazione agli strumenti derivati dagli algoritmi (12) e dalle tecnologie biometriche (13), il CESE osserva che si pongono ora nuove sfide legate alla violazione dei diritti e alla creazione di discriminazioni.

3.2.5.

Come evidenziato dai lavori del Consiglio d’Europa (14) e dell’Agenzia per i diritti fondamentali (15), le decisioni algoritmiche inseriscono negli strumenti decisionali distorsioni discriminatorie derivanti dalla ricerca di una riproduzione automatizzata di risultati. Gli strumenti giuridici più pertinenti per attenuare i rischi di discriminazione basata sull’IA sono la normativa antidiscriminazione e quella sulla protezione dei dati. Se applicati in modo efficace, entrambi questi strumenti giuridici potrebbero contribuire a combattere la discriminazione illegale.

3.2.6.

Il CESE ritiene che il controllo di tali effetti richieda l’intervento di una politica pubblica vigorosa — applicata a tutto il mercato interno europeo e agli operatori economici extraeuropei — che, in linea con la legge sui servizi digitali in fase di adozione, imponga l’introduzione di procedure per il controllo della decisione automatizzata, la verifica dei dati, la valutazione, gli studi d’impatto e gli interventi di correzione nello sviluppo e nell’applicazione di tali tecnologie. Anche l’adozione della direttiva sui servizi digitali potrà contribuire a offrire soluzioni.

3.3.   Sviluppare la tutela della parità di trattamento e la lotta contro le discriminazioni nel mondo professionale

3.3.1.

Il CESE sottolinea l’importanza cruciale dell’occupazione in quanto fattore di integrazione e di realizzazione della promessa di uguaglianza per tutti.

3.3.2.

Nonostante l’impegno storico dell’UE a favore della parità di genere in materia di occupazione, la situazione attuale ci rammenta che, per tradizione, le donne sono le prime a subire le conseguenze delle crisi (economiche, sociali, sanitarie o di altro tipo). La parità di genere sul posto di lavoro figura tuttora tra le sfide principali che i paesi europei devono affrontare. Con la crisi della COVID-19, il tasso di occupazione delle donne è precipitato per tutte le fasce di età e tutte le categorie professionali scendendo, globalmente, al 61,8 % (16).

3.3.3.

Queste disuguaglianze di genere si sommano ad altre forme di disuguaglianza. L’indagine condotta nel 2019 da Eurostat mostra che il 68 % delle persone con disabilità era a rischio di povertà o di esclusione sociale, rispetto al 28,4 % della popolazione in generale (17). Il 21 % delle persone che si considerano appartenenti alla categoria LGBT si sono sentite discriminate sul posto di lavoro, al pari del 25 % delle persone di origine magrebina, africana o Rom (18).

3.3.4.

Dall’indagine Eurobarometro 2020 dedicata al tema delle discriminazioni emerge che il 59 % degli europei ravvisa nell’origine etnica o nel colore della pelle la causa primaria di tale fenomeno, e gli studi mostrano che esso è particolarmente significativo sul posto di lavoro, dove ha un impatto considerevole sulle pari opportunità e sull’integrazione sociale. Andrebbero introdotti metodi efficaci per riuscire a dimostrare tali discriminazioni di fronte a un tribunale, come il metodo Clerc, riconosciuto dalle massime istanze giurisdizionali francesi, che consente di confrontare l’evoluzione della carriera di persone assunte allo stesso livello (19).

3.3.5.

Oggi la politica europea di lotta contro le discriminazioni sul posto di lavoro si limita a fornire un quadro giuridico che consente di stabilire situazioni di discriminazione in sede giudiziaria, imponendo alle vittime potenziali l’onere molto gravoso di lottare contro le discriminazioni intentando una o più azioni di ricorso nei confronti del proprio datore di lavoro, di un prestatore di servizi o dello Stato.

3.3.6.

La Commissione ha riconosciuto da molto tempo che le discriminazioni sono il prodotto di fenomeni collettivi. Per le vittime è molto gravoso portare avanti un ricorso individuale. La rinuncia a presentare ricorso contro possibili discriminazioni è un fenomeno documentato ed estremamente diffuso (20). Le discriminazioni sul posto di lavoro sono raramente oggetto di vertenze e i ricorsi per discriminazione nell’accesso a beni e servizi sono pressoché inesistenti. I meccanismi e i processi non giurisdizionali per la promozione dell’uguaglianza potrebbero essere rafforzati, al pari del sostegno al patrocinio gratuito e alle vertenze di pubblico interesse.

3.3.7.

Al fine di superare l’onere del contenzioso a carico del singolo, dare al ricorso una forza commisurata alle pratiche denunciate e fare del quadro giuridico un vero deterrente contro le discriminazioni, il CESE è favorevole all’adozione da parte dell’UE di una normativa che introduca strumenti procedurali volti a facilitare l’accesso ai diritti negli Stati membri, ad esempio mediante meccanismi per avviare azioni collettive che migliorino l’accesso al ricorso giurisdizionale e il suo impatto, allo scopo di combattere le discriminazioni e difendere la parità di trattamento.

3.3.8.

Inoltre, se l’UE vuole combattere efficacemente le discriminazioni sul posto di lavoro, le vertenze giudiziarie non possono essere l’unico modo per reagire alle attuali discriminazioni collettive e sistemiche.

3.3.9.

L’Unione deve ampliare la sua gamma di azioni contro le discriminazioni al di là del ricorso giudiziario, imponendo l’impiego di strumenti per giocare d’anticipo che consentano di intervenire a monte delle disuguaglianze, di correggere le pratiche e di prevenire le discriminazioni.

3.3.10.

Il CESE ritiene necessario attuare politiche analoghe in materia di discriminazione che siano fondate su tutti i criteri di cui all’articolo 19 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e invita pertanto la Commissione a:

i.

impegnarsi, nell’ambito della sua politica in materia di occupazione e di lotta contro le discriminazioni, ad applicare in modo efficace le misure in vigore o ad adottarne di nuove volte a promuovere la parità sul posto di lavoro e a garantire l’effettiva applicazione della legislazione in vigore;

ii.

adottare misure volte a diffondere la pratica di analizzare le discriminazioni sul posto di lavoro e promuovere il rispetto degli obblighi di valutazione, rendicontazione (reporting) e monitoraggio da parte dei datori di lavoro;

iii.

assistere le imprese nello sviluppo di pratiche antidiscriminatorie e inclusive.

3.4.   Ampliare e unificare la portata della protezione contro le discriminazioni all’interno dell’UE

3.4.1.

Il CESE esorta l’Unione europea a portare avanti l’elaborazione delle norme di protezione contro le discriminazioni nell’accesso a beni e servizi, in particolare adottando la proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.

3.4.2.

Il CESE osserva che la protezione contro le discriminazioni nell’accesso a beni e servizi, nella sua forma attuale, crea un ordine gerarchico di protezione in base a determinati criteri di discriminazione e, pertanto, genera una situazione di disparità di protezione per le persone interessate da tali criteri.

3.4.3.

Sebbene il principio di non discriminazione sia un pilastro della tutela dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione, finché l’adozione della già citata proposta di direttiva resterà in sospeso, l’UE non assolverà la sua missione di garantire l’equo esercizio dei diritti nello spazio pubblico europeo.

3.4.4.

Il CESE invita il Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione ad attivarsi perché questa proposta di direttiva sia adottata in una versione che accolga le proposte generali del Comitato stesso sul miglioramento delle modalità di accesso ai diritti e ai mezzi di ricorso, ivi compresi dei meccanismi che facilitino l’accesso ai diritti mediante l’adozione di procedure di azione collettiva che ne garantiscano l’efficacia e il riconoscimento della competenza degli organismi nazionali antidiscriminazione.

3.4.5.

L’UE dovrebbe intensificare ulteriormente gli sforzi e la cooperazione sul campo per garantire che la dignità e i diritti fondamentali delle persone LGBTQIA+ siano rispettati senza eccezioni, che queste persone non siano soggette ad alcun procedimento e che la loro partecipazione alla vita pubblica sia rafforzata.

3.5.

Il CESE ritiene che l’UE debba impegnarsi attivamente nel promuovere il riconoscimento di un principio generale e di obblighi positivi in materia di pari opportunità. Inoltre, le istituzioni dell’Unione devono fornire sostegno agli organismi nazionali per la parità e la difesa dei diritti umani adottando una serie di norme vincolanti, affinché questi enti siano in grado di sfruttare pienamente il loro potenziale e garantire l’effettiva applicazione della legislazione in vigore.

3.6.   Rinnovare la protezione contro le discriminazioni politiche, sindacali e civili

3.6.1.

Il CESE osserva che negli ultimi anni, in tutta Europa, i militanti politici, sindacali (o appartenenti ad associazioni di lavoratori), al pari degli attivisti civili, possono andare incontro a difficoltà nell’esercizio della loro libertà di espressione e di azione, ad esempio quando vogliono avvalersi del diritto di manifestare per esprimere le loro rivendicazioni o del diritto di condurre dei negoziati.

3.6.2.

Secondo il CESE, sia l’UE che gli Stati membri, in conformità dei rispettivi ordinamenti giuridici e strumenti internazionali applicabili, devono assicurare in maniera efficace che le loro autorità competenti si rendano garanti della sicurezza, parità di trattamento e protezione degli attori politici e associativi, come pure delle parti sociali, quale corollario dei suoi valori di democrazia, Stato di diritto e non discriminazione fondata su opinioni politiche.

3.6.3.

Tutti gli Stati membri hanno ratificato le convenzioni dell’OIL n. 87 sulla libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, e n. 98, sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva. Anche la libertà di associazione e il diritto di organizzazione devono essere rispettati e promossi. È importante che si svolgano delle discussioni a livello nazionale e dell’UE sul modo di garantire che tutti i lavoratori possano avere accesso alla rappresentanza sindacale ed esercitare i loro diritti ad organizzarsi e ad agire collettivamente (21). In linea con le norme dell’Organizzazione internazionale del lavoro riconosciute a livello internazionale, il CESE esorta gli Stati membri e la Commissione a garantire, in conformità dei rispettivi ordinamenti giuridici, sistemi di relazioni industriali e strumenti internazionali applicabili, un’efficace protezione della libertà sindacale e del diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva.

3.7.   Istituzioni nazionali efficaci per promuovere l’uguaglianza, proteggere i diritti fondamentali e combattere la discriminazione

3.7.1.

L’applicazione delle normative europee e nazionali in questo settore è troppo spesso soggetta a gravi limitazioni legate agli aspetti giuridici, istituzionali, organizzativi e finanziari propri di ciascuno Stato membro.

3.7.2.

Il CESE ritiene che debbano essere messi a punto piani concreti, comprensivi di un sostegno finanziario, per migliorare la capacità delle istituzioni nazionali.

3.7.3.

Il CESE incoraggia la Commissione a elaborare un programma di assistenza alle istituzioni nazionali con responsabilità in materia di diritti umani, al fine di migliorare, rafforzare e ottimizzare le loro capacità (creazione, accreditamento e conformità alle norme internazionali), includendovi attività di sensibilizzazione e di presa di conoscenza e rispondendo alle esigenze specifiche di tutti i gruppi.

3.7.4.

Occorre inoltre migliorare la capacità di tutti gli attori sociali e civici, in particolare quelli attivi nella tutela dei diritti umani, di operare con gli strumenti giuridici esistenti e di collaborare con le istituzioni pubbliche. È necessario fornire un sostegno più efficace agli attori sociali e alle organizzazioni della società civile che garantiscono l’accesso alla giustizia da parte delle vittime di discriminazione. Tale sostegno può assumere la forma di iniziative di formazione, sensibilizzazione, trasferimento di conoscenze e buone pratiche, sostegno finanziario e organizzativo, nonché protezione contro eventuali attacchi e campagne diffamatorie.

3.7.5.

Come suggerito in precedenza, il CESE ribadisce la necessità di creare un meccanismo efficace e accessibile per individuare e segnalare le aggressioni fisiche e verbali, le intimidazioni e le molestie o vessazioni, anche quelle commesse attraverso azioni legali abusive (Strategic Lawsuits Against Public Participation — SLAPPs = azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica) e l’incitamento all’odio a danno delle organizzazioni della società civile, comprese quelle che operano a difesa dei diritti umani (22). Quando sono lanciati nella sfera digitale, questi attacchi devono essere individuati — e i relativi contenuti rimossi — in tempi rapidi.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2008) 426 def.

(2)  Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Equality in the EU 20 years on from the initial implementation of the equality directives [L’uguaglianza nell’UE a vent’anni dall’inizio dell’applicazione delle direttive sull’uguaglianza], aprile 2021 (relazione non disponibile in italiano).

(3)  Mulder, J., Indirect sex discrimination in employment [La discriminazione indiretta fondata sul sesso nel settore dell’occupazione], Rete europea di esperti giuridici in materia di parità di genere e non discriminazione, Commissione europea, 2020.

(4)  Cfr. in particolare l’8a edizione della relazione dell’Osservatorio dell’OIL sull’impatto della crisi in corso sul mondo del lavoro, ottobre 2021. Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), COVID-19: Osservatorio dell'OIL — 8a edizione, 27 ottobre 2021.

(5)  Piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, COM(2021) 38 (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 38).

(6)  Cfr. in particolare i pareri sulla condizione delle donne con disabilità (SOC/579) (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 20); la situazione delle donne Rom (SOC/585) (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 20); l’agenda dell’UE sui diritti delle persone con disabilità 2020-2030 (SOC/616) (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 41); la gestione della diversità negli Stati membri dell’UE (SOC/642) (GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 7); la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025 (SOC/667) (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 128); il piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027 (SOC/668) (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 134); la strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 (SOC/680), GU C 374 del 16.9.2021, pag. 50); e la strategia relativa all'inclusione dei Rom post 2020.

(7)  Parere del CESE sul tema Strategia per rafforzare l’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (SOC/671) (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 50).

(8)  Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Equality in the EU 20 years on from the initial implementation of the equality directives [L’uguaglianza nell’UE a vent’anni dall’inizio dell’applicazione delle direttive sull’uguaglianza], op. cit.

(9)  Commissione europea, Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell'UE, COM(2009) 567 final.

(10)  Crowley, N., Making Europe More Equal: A legal duty? [Un’Europa più egalitaria: un obbligo giuridico?], Equinet, 2016.

(11)  Défenseur des droits de la République française (Difensore civico della Repubblica francese), Dématérialisation et inégalités d'accès aux services publics [Dematerializzazione e disparità di accesso ai servizi pubblici], 2019; Dématérialisation des services publics: trois ans après, où en est-on? [Dematerializzazione dei servizi pubblici: tre anni dopo, a che punto siamo?], 2022.

(12)  Gerards, J. Xenidis, R., Algorithmic discrimination in Europe [La discriminazione algoritmica in Europa], Rete europea di esperti giuridici in materia di parità di genere e non discriminazione, Commissione europea, 2020.

(13)  Défenseur des droits de la République française (Difensore civico della Repubblica francese), Technologies biométriques: L'impératif respect des droits fondamentaux [Tecnologie biometriche: la necessità assoluta di rispettare i diritti fondamentali], 2021.

(14)  Consiglio d’Europa, Zuiderveen Borgesius, F., Discrimination, Artificial Intelligence and algorithmic decision-making [Discriminazione, intelligenza artificiale e decisioni algoritmiche], 2018.

(15)  Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Preparare un giusto futuro — l'intelligenza artificiale e i diritti fondamentali, 2021.

(16)  Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), Gender equality and the socio-economic impact of the COVID-19 pandemic [Parità di genere e conseguenze socioeconomiche della pandemia di COVID-19].

(17)  Eurostat, Income inequalities [Disuguaglianze salariali], 2019.

(18)  Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Equality in the EU 20 years on from the initial implementation of the equality directives [L’uguaglianza nell’UE a vent’anni dall’inizio dell’applicazione delle direttive sull’uguaglianza], op. cit.

(19)  Chappe. V.A., La preuve par comparaison: méthode des panels et droit de la non-discrimination [La prova confronto: il metodo del panel e il diritto di non discriminazione], Sociologies pratiques, 2011/2 no 23, pagg. 45-55; Décision cadre du Défenseur des droits (Decisione quadro del Difensore civico della Repubblica francese) no 2022-139 del 31 agosto 2022; Corte di Cassazione della Repubblica francese: Cass.soc. (Corte di cassazione, sezione sociale) 10/07/1998 no. 90-41231; Cass.soc. 04/07/2000 no 98-43285; Cass.soc. 28/06/2006, no 04-46419.

(20)  Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Equality in the EU 20 years on from the initial implementation of the equality directives, [L’uguaglianza nell’UE a vent’anni dall’inizio dell’applicazione delle direttive sull’uguaglianza], op. cit.

(21)  Cfr. anche il parere del CESE sul tema Salari minimi dignitosi in tutta Europa (SOC/632), punti 4.5.3 e 4.5.6 (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159).

(22)  Parere del CESE sul tema Strategia per rafforzare l’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (SOC/671) (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 50).


ALLEGATO

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 59, paragrafo 3, del Regolamento interno):

EMENDAMENTO 1

SOC/724 — Migliorare la parità nell’UE

Punto 3.3.7

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Al fine di superare l’onere del contenzioso a carico del singolo, dare al ricorso una forza commisurata alle pratiche denunciate e fare del quadro giuridico un vero deterrente contro le discriminazioni, il CESE è favorevole all’adozione da parte dell’UE di una normativa che introduca strumenti procedurali volti a facilitare l’accesso ai diritti negli Stati membri , ad esempio mediante meccanismi per avviare azioni collettive che migliorino l’accesso al ricorso giurisdizionale e il suo impatto, allo scopo di combattere le discriminazioni e difendere la parità di trattamento.

Al fine di superare l’onere del contenzioso a carico del singolo, dare al ricorso una forza commisurata alle pratiche denunciate e fare del quadro giuridico un vero deterrente contro le discriminazioni, il CESE esorta gli Stati membri a prendere in considerazione misure appropriate e, ove necessario, ad adottarle, per garantire e sostenere l’accesso alla giustizia. Tra queste misure potrebbe figurare l’adozione di una normativa che introduca strumenti procedurali volti a facilitare l’accesso ai diritti nello Stato membro interessato , ad esempio mediante meccanismi per avviare azioni collettive che siano in grado di migliorare l’accesso al ricorso giurisdizionale e il suo impatto, allo scopo di combattere le discriminazioni e difendere la parità di trattamento.

Motivazione

I tre gruppi non hanno raggiunto un accordo su questa questione né all’interno del gruppo di studio né in sede di sezione SOC. Il diritto procedurale è storicamente un ambito di competenza degli Stati membri. Dovrebbe pertanto spettare agli Stati membri decidere se intendono avviare azioni collettive o ricorsi collettivi a livello nazionale quali strumenti per garantire l’applicazione del principio di uguaglianza — il che consentirebbe anche di adattare i sistemi nazionali ai contesti dei singoli Stati membri. Inoltre, non bisogna dimenticare che i ricorsi collettivi possono anche essere utilizzati in modo improprio.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

59

Voti contrari:

104

Astensioni:

13

EMENDAMENTO 2

SOC/724 — Migliorare la parità nell’UE

Punto 3.3.10

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE ritiene necessario attuare politiche analoghe in materia di discriminazione che siano fondate su tutti i criteri di cui all’articolo 19 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e invita pertanto la Commissione a:

impegnarsi, nell’ambito della sua politica in materia di occupazione e di lotta contro le discriminazioni, ad applicare in modo efficace le misure in vigore o ad adottarne di nuove volte a promuovere la parità sul posto di lavoro e a garantire l’effettiva applicazione della legislazione in vigore;

adottare misure volte a diffondere la pratica di analizzare le discriminazioni sul posto di lavoro e promuovere il rispetto degli obblighi di valutazione, rendicontazione (reporting) e monitoraggio da parte dei datori di lavoro ;

assistere le imprese nello sviluppo di pratiche antidiscriminatorie e inclusive.

Il CESE ritiene necessario attuare politiche analoghe in materia di discriminazione che siano fondate su tutti i criteri di cui all’articolo 19 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e invita pertanto la Commissione a:

impegnarsi, nell’ambito della sua politica in materia di occupazione e di lotta contro le discriminazioni, ad applicare in modo efficace le misure in vigore o ad adottarne di nuove volte a promuovere la parità sul posto di lavoro e a garantire l’effettiva applicazione della legislazione in vigore;

adottare misure per contribuire a un uso efficace dell’analisi delle discriminazioni — come definite nel diritto dell’UE — sul posto di lavoro e per fornire orientamenti ai datori di lavoro in merito al rispetto dei loro obblighi di valutazione, rendicontazione (reporting) e monitoraggio;

assistere le imprese nello sviluppo di pratiche antidiscriminatorie e inclusive.

Motivazione

Questo punto si riferisce all’attuazione di politiche basate sui criteri di cui all’articolo 19 del TFUE. Ai punti 3.4.1 e 1.3 del parere si dichiara già quanto segue: «Il CESE esorta l’Unione europea a portare avanti l’elaborazione delle norme di protezione contro le discriminazioni nell’accesso a beni e servizi, in particolare adottando la proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale». L’emendamento proposto mira a modificare il testo per indicare il tipo di misure necessarie per conseguire un’attuazione e un’applicazione efficaci delle norme antidiscriminazione dell’UE.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

67

Voti contrari:

109

Astensioni:

11

EMENDAMENTO 3

SOC/724 — Migliorare la parità nell’UE

Punto 3.4.4

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE invita il Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione ad attivarsi perché questa proposta di direttiva sia adottata in una versione che accolga le proposte generali del Comitato stesso sul miglioramento delle modalità di accesso ai diritti e ai mezzi di ricorso, ivi compresi dei meccanismi che facilitino l’accesso ai diritti mediante l’adozione di procedure di azione collettiva che ne garantiscano l’efficacia e il riconoscimento della competenza degli organismi nazionali antidiscriminazione.

Il CESE invita il Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione ad attivarsi perché questa proposta di direttiva sia adottata in una versione che accolga le proposte generali del Comitato stesso sul miglioramento delle modalità di accesso ai diritti e ai mezzi di ricorso, lasciando però agli Stati membri la facoltà di decidere su eventuali meccanismi che facilitino l’accesso ai diritti mediante l’adozione di procedure di azione collettiva che ne garantiscano l’efficacia e il riconoscimento della competenza degli organismi nazionali antidiscriminazione.

Motivazione

I tre gruppi non hanno raggiunto un accordo su questa questione né all’interno del gruppo di studio né in sede di sezione SOC. Il diritto procedurale è storicamente un ambito di competenza degli Stati membri. Dovrebbe pertanto spettare agli Stati membri decidere se intendono avviare azioni collettive o ricorsi collettivi a livello nazionale quali strumenti per garantire l’applicazione del principio di uguaglianza — il che consentirebbe anche di adattare i sistemi nazionali ai contesti dei singoli Stati membri. Inoltre, non bisogna dimenticare che i ricorsi collettivi possono anche essere utilizzati in modo improprio.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

60

Voti contrari:

114

Astensioni:

11

EMENDAMENTO 4

SOC/724 — Migliorare la parità nell’UE

Punto 1.10

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Al fine di superare l’onere del contenzioso a carico del singolo, dare al ricorso una forza commisurata alle pratiche denunciate e fare del quadro giuridico un vero deterrente contro le discriminazioni , il CESE è favorevole all’adozione da parte dell’UE di norme che facilitino la realizzazione negli Stati membri di azioni collettive volte a migliorare l’accesso al ricorso giurisdizionale e il suo impatto, nell’ottica di combattere le discriminazioni e difendere la parità di trattamento.

Il CESE esorta gli Stati membri a prendere in considerazione misure appropriate e, ove necessario, ad adottarle, al fine di superare o alleviare l’onere del contenzioso a carico del singolo, dare al ricorso una forza commisurata alle pratiche denunciate e fare dei loro quadri giuridici nazionali un vero deterrente contro le discriminazioni . Tra queste misure potrebbe figurare l’adozione di norme che facilitino la realizzazione nello Stato membro interessato di azioni collettive volte a migliorare l’accesso al ricorso giurisdizionale e il suo impatto, nell’ottica di combattere le discriminazioni e difendere la parità di trattamento. Per facilitare lo scambio di buone pratiche, la Commissione europea è invitata a fornire informazioni sui diversi quadri legislativi nazionali in materia.

Motivazione

I tre gruppi non hanno raggiunto un accordo su questa questione né all’interno del gruppo di studio né in sede di sezione SOC. Il diritto procedurale è storicamente un ambito di competenza degli Stati membri. Dovrebbe pertanto spettare agli Stati membri decidere se intendono avviare azioni collettive o ricorsi collettivi a livello nazionale quali strumenti per garantire l’applicazione del principio di uguaglianza — il che consentirebbe anche di adattare i sistemi nazionali ai contesti dei singoli Stati membri. Inoltre, non bisogna dimenticare che i ricorsi collettivi possono anche essere utilizzati in modo improprio.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

65

Voti contrari:

113

Astensioni:

8


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/67


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Garantire una forte solidarietà europea ai pazienti affetti da malattie rare»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/10)

Relatore:

Alain COHEUR

Decisione dell’Assemblea plenaria

24.2.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

29.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

171/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Nel 2009 il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha adottato il parere SOC/330 in merito alla Proposta di raccomandazione del Consiglio su un’azione europea nel settore delle malattie rare (1), in cui ha espresso il proprio sostegno alla proposta, oltre che i propri timori e suggerimenti, al fine di accrescere la consapevolezza sulle necessità delle persone affette da malattie rare. Il CESE si rammarica profondamente di dover rinnovare, a più di 10 anni dall’adozione del suddetto parere, il proprio invito ad adottare un approccio europeo globale che tenga conto di tutte le necessità delle persone affette da malattie rare, e chiede pertanto soluzioni europee volte ad attenuare l’impatto delle malattie rare sulla vita quotidiana, familiare e professionale di queste persone.

1.2.

Il CESE rinnova con forza il proprio sostegno e la propria solidarietà ai pazienti affetti da malattie rare, alle loro famiglie e, più in generale, alla comunità delle malattie rare. L’Unione europea (UE) potrebbe farsi promotrice del diritto all’assistenza sanitaria per chiunque in tutto il suo territorio e dimostrare che essere affetti da una malattia rara non significa essere lasciati soli. È necessario sostenere la ricerca di base e uno spazio europeo di dati sanitari basato sui principi FAIR (secondo cui i dati devono essere reperibili, accessibili, interoperabili e riutilizzabili) ai fini di una maggiore rapidità nella diagnosi e nella cura delle malattie rare. Il CESE consiglia di riconoscere le conoscenze raccolte da Orphanet e di promuoverne senza riserve l’utilizzo al fine di migliorare l’ecosistema europeo dei dati sanitari a beneficio dei pazienti affetti da malattie rare. Un sito web di Orphanet disponibile in tutte le lingue dell’UE apporterebbe un grande valore aggiunto ai pazienti affetti da malattie rare e agli operatori sanitari del settore.

1.3.

Il CESE si richiama alle conclusioni tratte sulla prevalenza delle malattie rare nell’UE e ricorda che, a dispetto dell’eterogeneità o della molteplicità delle malattie e della dispersione dei pazienti e delle competenze pertinenti, esistono analogie non solo nei percorsi assistenziali dei pazienti affetti da malattie rare, ma anche nelle relative sfide in materia di protezione sociale.

1.4.

Il CESE accoglie con favore il principio del diritto di accesso all’assistenza sanitaria proposto dal pilastro europeo dei diritti sociali, la risoluzione adottata dalle Nazioni Unite su questo tema, nonché l’attenzione riservata alle malattie rare dalla Conferenza sul futuro dell’Unione europea e dalla presidenza francese del Consiglio dell’UE nel 2022, al fine di garantire che la situazione dei pazienti affetti da malattie rare non venga peggiorata da disuguaglianze sul piano sanitario. Il Comitato sottolinea che una strategia europea ambiziosa in materia di assistenza sanitaria è importante per le persone che prestano assistenza informale ai pazienti affetti da malattie rare.

1.5.

Il CESE raccomanda di cogliere lo slancio politico e di far leva sulle raccomandazioni delle istituzioni e della società civile al fine di mettere a punto un piano d’azione europeo globale sulle malattie rare con obiettivi SMART (cioè, specifici, misurabili, attuabili, realistici e temporalmente definiti) raggiungibili entro il 2030, per garantire che tutti i pazienti affetti da malattie rare nell’UE godano di pari opportunità in termini di diagnosi e cura, e usufruiscano di una prospettiva onnicomprensiva sul piano dell’assistenza integrata. L’obiettivo deve essere quello di consentire ai pazienti di ricevere una diagnosi della loro malattia rara entro un anno.

1.6.

Il CESE propone di ampliare il mandato dell’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (in inglese, Health Emergency Preparedness and Response Authority o HERA), o di utilizzarlo come modello di riferimento per creare una nuova autorità europea in materia di malattie non trasmissibili che favorisca il coordinamento e la solidarietà per le malattie rare, al fine di coordinare l’attuazione di un piano d’azione europeo su questo tipo di patologie e garantire un approccio europeo alle malattie rare non trasmissibili. Operando in sinergia con Orphanet, che beneficerebbe di un sostegno strutturale dell’UE per poter pubblicare il suo lavoro in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, si garantirebbe ai pazienti e ai professionisti l’accesso alle informazioni di cui hanno bisogno.

1.7.

Il CESE dà voce alla società civile degli Stati membri per rafforzare il dialogo politico con i cittadini e sostiene le istituzioni europee attraverso una cooperazione strutturale e permanente affinché queste sviluppino politiche atte a incontrare il sostegno di tutte le parti. Il CESE raccomanda al prossimo trio di presidenza per gli anni 2023 e 2024 (formato da Spagna, Belgio e Ungheria) di mantenere tra le sue priorità la politica in materia di malattie rare, alla luce della valutazione nel 2022 delle reti di riferimento europee (in inglese, European Reference Networks o ERN) e dell’impegno della Commissione a rivedere la sua strategia sulle malattie rare entro l’inizio del 2023, tramite l’inserimento di tali malattie nella politica sulla salute pubblica per i futuri mandati della Commissione. Il coinvolgimento delle parti interessate e delle parti sociali è essenziale per lo sviluppo di una strategia ambiziosa.

1.8.

Il CESE chiede che siano intraprese iniziative, quali una risoluzione per responsabilizzare i pazienti affetti da malattie rare e stimolarne la partecipazione alla politica in materia di malattie rare, nonché raccomandazioni in linea con l’articolo 4 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD). Le associazioni di pazienti, che sono una fonte di esperienze sul campo, possono svolgere un ruolo fondamentale in quanto rappresentanti e portavoce dei pazienti; vanno quindi garantiti e sostenuti i loro interventi sui media e la loro partecipazione all’elaborazione delle raccomandazioni politiche (2).

1.9.

Il CESE chiede che si riconosca l’importanza non solo delle diagnosi di malattia rara durante lo screening perinatale o neonatale (oppure il prima possibile dopo la comparsa di problemi di salute o di sviluppo), ma anche dei vantaggi offerti dall’assistenza sanitaria multidisciplinare e da una prospettiva onnicomprensiva in rapporto alle necessità e ai percorsi assistenziali dei pazienti, che potrebbero trarre beneficio da un’assistenza medica e sociale integrata, da un coordinamento centralizzato dell’assistenza e — soprattutto — dall’ottimizzazione della sua accessibilità finanziaria.

1.10.

Secondo il CESE, non deve mai essere possibile che servizi sanitari di qualità siano una prerogativa di coloro che, per qualsiasi motivo, possono assicurarsi un accesso migliore al proprio servizio sanitario nazionale, possono permettersi di pagare i premi assicurativi più elevati o spese mediche non rimborsabili, oppure possono organizzare le campagne di raccolta fondi più proficue. Non si deve sottovalutare l’importanza dei regimi di assicurazione contro le malattie basati sulla solidarietà che proteggono i pazienti affetti da malattie rare. Il CESE vedrebbe di buon occhio un dibattito sui benefici e le sfide derivanti dal ricorso a fondi europei di mutua assicurazione sanitaria basati sulla solidarietà volti a rimborsare cure innovative per pazienti affetti da malattie rare.

1.11.

Il CESE riconosce quanto sia importante che i pazienti europei affetti da malattie rare possano accedere all’assistenza sanitaria a livello transfrontaliero per la diagnosi e il trattamento di tali malattie. La possibilità sia di recarsi all’estero per ricevere cure che di evitare troppi spostamenti grazie alla telemedicina può migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria da parte dei pazienti affetti da malattie rare, in particolare per quelli colpiti da malattie rarissime. Il CESE chiede che il funzionamento delle ERN sia ottimizzato e che tali reti siano integrate nell’intera UE e nei sistemi sanitari degli Stati membri. Il CESE propone di valutare la possibilità di elaborare una convenzione sull’assistenza sanitaria nel quadro delle ERN.

1.12.

Di fronte alla disparità delle situazioni economiche degli Stati membri, il CESE raccomanda e si attende una riflessione sulla possibilità di creare un fondo finanziario speciale dell’UE a cui gli Stati membri contribuiscano e di cui beneficino in funzione della loro capacità finanziaria, al fine di assicurare a tutti i pazienti europei affetti da malattie rare l’accesso all’assistenza sanitaria — con particolare attenzione per i pazienti con esigenze mediche non soddisfatte — e garantire un’autentica solidarietà in seno all’UE. Il CESE sostiene i modelli basati su acquisti e contributi collettivi, come lo European fair price calculator for medicines (uno strumento europeo per calcolare un prezzo equo per i medicinali), al fine di rendere le cure farmaceutiche più accessibili sia agli Stati membri che ai pazienti affetti da malattie rare, e chiede che un modello di questo tipo sia preso in considerazione nella revisione della normativa dell’UE sui farmaci orfani e pediatrici (ossia, sui medicinali destinati alle persone affette da malattie rare e ai bambini).

1.13.

Il CESE raccomanda di condurre ricerche su un fondo di solidarietà per le malattie rare, in particolare per quelle non contemplate dalle ERN. Tale fondo può costituire un’utile aggiunta quando l’assicurazione sanitaria obbligatoria non copre i costi per le cure di malattie complesse o rare, oppure per l’assistenza prestata a livello transfrontaliero; al riguardo, il CESE ritiene necessaria una mutualizzazione a livello europeo. Un Fondo europeo di solidarietà per i pazienti affetti da malattie rare dovrebbe:

puntare a evitare che ai pazienti affetti da malattie rare siano addebitati costi insostenibili per l’assistenza sanitaria necessaria e giustificabile sul piano medico che è disponibile nell’UE, impedendo quindi che queste persone subiscano ulteriori disuguaglianze sul piano sanitario per effetto della rarità della loro malattia;

esprimere la solidarietà europea al fine di migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria disponibile in tutta l’UE per ogni paziente affetto da una malattia rara, di far rispettare meglio il diritto dei pazienti a ricevere assistenza sanitaria a livello transfrontaliero, nonché di ottimizzare e facilitare l’uso delle ERN;

integrare le disposizioni nazionali in materia di sicurezza sociale e assicurazione sanitaria sviluppando un fondo per coprire i costi inevitabili che sono connessi all’assistenza fornita a livello transfrontaliero nell’UE, e facilitare la cooperazione europea nelle sfide in materia di salute pubblica la cui soluzione trarrebbe vantaggio da un approccio transfrontaliero di sostegno di tipo strutturale.

2.   Osservazioni generali sulle malattie rare

2.1.

I casi di malattie rare non sono frequenti, ma i pazienti affetti da questo tipo di patologie sono numerosi: una malattia è classificata come rara in funzione della sua prevalenza. Nell’UE per malattia rara si intende una patologia spesso cronica, talvolta invalidante o potenzialmente letale, che non colpisce più di una persona su 2 000 (3). Nel 2019 Orphanet — il portale sulle malattie rare e i farmaci orfani — ha rilevato 6 172 malattie rare con un unico caso (4). Il 71,9 % di queste malattie rare ha origine genetica e il 69,9 % compare nella prima infanzia. Si stima che una percentuale compresa tra il 3,5 % e il 5,9 % della popolazione europea sia affetta da una malattia rara, il che significa circa 36 milioni di pazienti nell’UE.

2.2.

La complessità e la cronicità di numerose malattie rare spesso vanno al di là della vita del paziente stesso ed esercitano un impatto su molte altre persone, ad esempio i familiari, oltre a ripercuotersi anche sui sistemi sanitari e di assistenza sociale. Le famiglie possono correre il rischio di sentirsi isolate e ulteriormente vulnerabili e, data la dimensione di genere dell’assistenza informale (5), una malattia rara può condizionare fortemente la vita delle madri e delle donne in particolare. L’accesso alla protezione sociale per le persone che prestano assistenza informale dovrebbe pertanto essere oggetto di particolare attenzione.

2.3.

Anche se sono già state individuate più di 6 172 malattie, permettendo quindi una diagnosi per i pazienti che ne sono colpiti, possono ancora mancare definizioni, classificazioni o test diagnostici per alcune patologie, che vengono perciò chiamate con il termine di «sindromi senza nome» (in inglese, Syndromes Without A Name o SWAN). Il divario sanitario è ancora più marcato per i pazienti privi di diagnosi. Le loro necessità non soddisfatte sono persino maggiori e la disuguaglianza risulta ancora più netta, in quanto è necessaria una diagnosi per ottenere un’assistenza medica adeguata o prestazioni sociali e di assicurazione sanitaria aggiuntive.

2.4.

Le persistenti disuguaglianze nell’accesso all’assistenza sanitaria richiedono modelli proattivi e mirati basati sulla comunità, in modo che i gruppi più vulnerabili, come le persone con disabilità fisiche, psicosociali e sensoriali, possano ricevere diagnosi e cure. In alcuni suoi pareri precedenti, il CESE ha affrontato la questione dell’assistenza sanitaria per i migranti e per i cittadini dell’UE provenienti da un contesto migratorio; le conoscenze acquisite e le raccomandazioni formulate al riguardo devono essere tenute in considerazione per sviluppare un approccio comune in materia di malattie rare (6).

2.5.

Per diagnosticare una malattia rara — se non viene individuata durante uno screening perinatale — ci vogliono in media circa quattro anni e mezzo dalla comparsa dei problemi di salute o di sviluppo. Dalle ricerche è emerso che i periodi di incertezza diagnostica — che spesso comprendono diagnosi errate e/o cure sbagliate con conseguenze deleterie — vanno da cinque a sette anni (7). Il percorso verso una diagnosi definitiva e corretta è spesso un’odissea fatta di visite mediche presso diversi professionisti del settore sanitario: dalle ricerche risulta che il 22 % dei pazienti cui è stata diagnosticata una malattia rara ha consultato più di cinque medici e il 7 % anche più di 10 (8).

2.6.

La sensibilizzazione dei professionisti del settore affinché possano individuare meglio le potenziali malattie rare, in modo da indirizzare i pazienti verso un percorso mirato e accelerare l’iter diagnostico, richiede lo scambio di informazioni, una formazione adeguata e continua di alta qualità degli addetti e una pianificazione tempestiva del personale sanitario con il coinvolgimento delle parti sociali.

2.7.

La definizione delle priorità e gli investimenti strutturati nella ricerca medica di base sulle cause delle malattie rare, anche dal punto di vista genetico, devono portare a cure più efficaci e, magari, persino alla guarigione dei pazienti affetti da malattie rare. Gli strumenti di finanziamento europei (come il programma «UE per la salute» — una visione per un’Unione europea più sana — per il periodo 2021-2027) e i regolamenti (come la proposta di uno spazio europeo di dati sanitari) dovrebbero sostenere la ricerca in questo campo.

2.8.

Le conoscenze e competenze necessarie per diagnosticare e gestire le esigenze in termini di assistenza terapeutica specialistica indispensabile per talune malattie rare possono non essere disponibili in alcuni Stati membri e, quindi, risultare sparse geograficamente sul territorio dell’UE. Bisogna accrescere la disponibilità e accessibilità — anche economica — delle cure, dato che i pazienti segnalano: l’assenza di cure nel territorio in cui abitano (nel 22 % dei casi), lunghe liste d’attesa che ostacolano l’accesso alle cure (nel 14 % dei casi), cure economicamente insostenibili (nel 12 % dei casi) e la mancanza di un sostegno finanziario per facilitare gli spostamenti al fine di ricevere cure in un altro paese (nel 12 % dei casi) (9).

2.9.

La qualità dell’assistenza richiede servizi sanitari tempestivi, equi, integrati ed efficienti (10). Lo screening perinatale e neonatale è un test essenziale nella diagnosi precoce. La raccomandazione sui test genetici transfrontalieri delle malattie rare nell’Unione europea (Recommendation on Cross Border Genetic Testing Of Rare Diseases in the European Union) elaborata dal gruppo di esperti della Commissione sulle malattie rare e i lavori di Eurordis in materia di screening in tutta l’UE gettano le basi per una raccomandazione a livello europeo.

2.10.

Sottoporsi a un iter diagnostico, ricevere una diagnosi di malattia rara e vivere con una malattia di questo tipo possono risultare pesanti sul piano psicologico per il paziente e/o i suoi familiari. La vulnerabilità psicologica e sociale può essere causata dall’invisibilità di una malattia, dai relativi problemi fisici e dalla mancanza di conoscenza o comprensione della patologia da parte degli altri. La vita quotidiana può essere resa più difficile non solo da uno scarso coordinamento nell’assistenza, ma anche da sfide sul piano pratico, amministrativo, scolastico, professionale o finanziario (11). Un approccio onnicomprensivo all’assistenza abbraccia a 360o le necessità di tipo sanitario (prevenzione e assistenza sanitaria continua, terapeutica, riabilitativa e palliativa), sociale e quotidiano, e richiede un’assistenza medica e sociale multidisciplinare integrata di alta qualità.

2.11.

La giornata delle malattie rare rafforza la consapevolezza e il riconoscimento tra la società in generale e aumenta la comprensione e l’inclusione sociale dei pazienti e delle loro famiglie. Per informare le persone affette da malattie rare e assicurare il benessere dei pazienti e dei loro familiari sono necessari un ecosistema di professionisti del settore, fondi di mutua assicurazione sanitaria, gruppi di contatto (digitali) e associazioni di pazienti.

3.   Osservazioni generali sulla politica europea nel settore delle malattie rare

3.1.

È da più di 20 anni che l’UE considera le malattie rare come una priorità per il settore della salute pubblica e ha intrapreso delle azioni che hanno portato a: l’intensificazione delle attività di ricerca e sviluppo, l’adozione da parte degli Stati membri di piani d’azione nazionali sulle malattie rare, il coordinamento della cooperazione transfrontaliera nel quadro delle ERN e il riconoscimento del diritto dei pazienti ad accedere all’assistenza transfrontaliera (12). La Commissione ha accolto la raccomandazione 3 («Migliorare il sostegno per facilitare l’accesso all’assistenza sanitaria per i pazienti affetti da malattie rare») e ha annunciato che avrebbe riveduto, se opportuno, la sua strategia sulle malattie rare entro l’inizio del 2023 (13). Il Parlamento europeo ha adottato la sua risoluzione sulla strategia dell’UE in materia di sanità pubblica dopo la crisi della COVID-19, in cui chiede un piano d’azione dell’UE per le malattie rare (14). Inoltre, nel quadro del pilastro europeo dei diritti sociali, l’UE ha sancito il principio secondo cui ogni persona ha il diritto di «accedere tempestivamente a un’assistenza sanitaria preventiva e terapeutica di buona qualità e a costi accessibili» (15).

3.2.

L’annunciata comunicazione su una strategia europea per l’assistenza dovrebbe includere il sostegno all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e un adeguato riconoscimento delle persone che prestano assistenza informale. I familiari dei pazienti affetti da malattie rare trarrebbero vantaggio da una strategia che riconosca meglio i prestatori di assistenza e i loro diritti in tutta l’UE, che offra maggiore flessibilità ai prestatori nell’esercizio dei loro diritti in situazioni transfrontaliere e che annoveri tra le preoccupazioni principali la salute mentale (di chi presta assistenza formale o informale) (16).

3.3.

Gli Stati membri dell’UE sono stati tra i patrocinatori della risoluzione adottata dalle Nazioni Unite nel 2021 sul tema Addressing the challenges of persons living with a rare disease and their families (Gestire le sfide affrontate dalle persone affette da una malattia rara e dai loro familiari) (17), che contiene un invito a rafforzare i sistemi sanitari al fine di dare alle persone che convivono con una malattia rara i mezzi per affrontare le loro necessità sul piano della salute fisica e mentale ed esercitare appieno i loro diritti umani (compreso il diritto al più alto livello possibile di salute fisica e mentale), di migliorare l’equità e l’uguaglianza in materia di salute, di porre fine alla discriminazione e alla stigmatizzazione, di eliminare le lacune nella protezione offerta dai sistemi sanitari e di creare una società più inclusiva.

3.4.

Il Consiglio «Occupazione, politica sociale, salute e consumatori» (Salute) ha affrontato la questione della risposta dell’Europa alle malattie rare e ha discusso in merito all’utilità di rafforzare la cooperazione e il coordinamento sulle malattie rare tra gli Stati membri e a livello dell’UE. La presidenza del Consiglio ritiene che il potenziamento dell’azione dell’UE in questo settore apporterebbe ai cittadini europei i benefici tangibili dell’Unione della salute. Lo spazio europeo di dati sanitari è uno strumento che dovrebbe contribuire a un’azione dell’UE più efficace, con una sua funzione nel quadro delle iniziative per lottare contro le malattie rare e garantire l’accesso a dati sanitari di alta qualità in un contesto sicuro. Deve inoltre rendere più rapidamente accessibili cure nuove, più sicure e personalizzate (18).

3.5.

La relazione sui risultati della Conferenza sul futuro dell’Europa comprende una proposta sulla parità di accesso all’assistenza sanitaria universale, con l’obiettivo di istituire un «diritto alla salute», garantendo cioè a tutti i cittadini europei un accesso equo e universale a un’assistenza sanitaria preventiva, terapeutica, di qualità e a prezzi accessibili. La sessione plenaria della Conferenza ha specificamente riconosciuto e menzionato la comunità delle malattie rare, raccomandando: un processo decisionale più rapido e più incisivo su temi di primo piano, al fine di migliorare l’efficacia della governance europea in vista dello sviluppo dell’Unione europea della salute; la necessità di garantire che tutti possano avere accesso alle cure esistenti, dovunque siano per la prima volta disponibili nell’UE; a tal fine, l’agevolazione della cooperazione transfrontaliera, in particolare nel caso delle malattie rare; il rafforzamento dell’assistenza sanitaria per aumentare la resilienza e la qualità dei sistemi sanitari degli Stati membri, in particolare assicurando uno sviluppo e un coordinamento maggiori delle reti di riferimento europee e l’aumento dei finanziamenti a loro disposizione, in quanto esse costituiscono la base per lo sviluppo di reti di assistenza medica per cure altamente specializzate e complesse (19).

3.6.

Il «piano europeo di lotta contro il cancro: un nuovo approccio dell’UE in materia di prevenzione, trattamento e assistenza» che è stato pubblicato nel 2021, l’elenco delle azioni da realizzare entro il 2030 e il coinvolgimento delle parti interessate costituiscono insieme un approccio alla politica europea in materia di salute che punta ad affrontare le disuguaglianze sanitarie all’interno dell’UE (20). Il piano si basa anche sulle reti di riferimento europee, che sono all’avanguardia nello scambio di competenze sulla diagnosi e le cure per le malattie rare.

4.   Osservazioni specifiche sulle malattie rare e sulla politica europea in questo campo

4.1.

Esaminando il seguito dato al suo parere in merito alla Proposta di raccomandazione del Consiglio su un’azione europea nel settore delle malattie rare (21), il CESE osserva che, mentre le raccomandazioni sono ancora in fase di recepimento con livelli diversi di successo — per quanto riguarda, ad esempio, lo sviluppo delle ERN a partire dal 2017 e l’introduzione di un sistema di comunicazione e segnalazione, manuali o orientamenti per facilitare il dialogo tra le diverse culture professionali all’interno dell’UE, e l’inclusione nello spazio europeo dei dati sanitari di un accesso obbligatorio per i pazienti ai loro dati — la politica dell’UE in materia di malattie rare richiede misure urgenti, considerando che il ritardo da recuperare è notevole.

4.2.

Le ERN sono un’iniziativa di primo piano che traduce in un atto concreto la cooperazione europea tra i sistemi sanitari, al fine di agevolare lo scambio in materia di studi clinici e competenze sulla diagnosi e le cure per i pazienti europei affetti da malattie rare. Il potenziale di queste ERN non è stato ancora pienamente valutato e non è ancora sfruttato. Una sua valutazione dovrebbe iniziare nel 2022 (22). Le ERN — dalle 24 create nel 2017 — contano ormai 1 466 enti (situati in uno Stato membro dell’UE o in un paese del SEE), tra cui più di 900 unità di assistenza sanitaria ubicate in oltre 313 ospedali. 1,7 milioni di pazienti sono trattati da enti aderenti a un’ERN, ma solo 2 100 casi di pazienti affetti da malattie complesse e molto rare sono stati trattati attraverso il sistema di gestione dei dati clinici dei pazienti (Clinical Patient Management System o CPMS).

4.3.

I fattori da affrontare per ottimizzare il potenziale delle ERN sono i seguenti: i) la mancanza di rimborsi per i prestatori di cure mediche che aderiscono alle ERN, ii) l’assenza di un rimborso specifico per le consultazioni online tramite il CPMS, iii) i problemi di interoperabilità amministrativa o tecnica. Un altro punto su cui lavorare è l’integrazione delle ERN nei sistemi sanitari nazionali attraverso i centri di riferimento affiliati per le malattie rare, in modo da pubblicizzarne l’esistenza e favorirne l’accessibilità.

4.4.

La qualità dell’assistenza trarrebbe vantaggio dalla centralizzazione dell’assistenza ai pazienti affetti da malattie rare, fermo restando il mantenimento di un numero sufficiente di centri di competenze. A tale proposito è necessario stabilire i criteri che definiscono cosa sono i centri di competenze, i quali hanno bisogno di finanziamenti specifici e adeguati. Dal momento che la società civile e le parti sociali producono le risorse necessarie per finanziare la spesa pubblica in materia di sanità, esse dovrebbero avere un ruolo strategico nella loro distribuzione. Le reti di assistenza sanitaria a livello locale, regionale e nazionale devono essere informate dell’esistenza dei centri di competenze ed essere incoraggiate ad aderire alle ERN per facilitare l’accesso all’assistenza e migliorarne la qualità.

4.5.

I partenariati e i consorzi transfrontalieri multipartecipativi sostenuti da finanziamenti dell’UE, a cui partecipano esponenti della società civile ed esperti in materia di malattie rare e di politica sanitaria o sociale, rappresentanti del mondo accademico, partner medici, centri di conoscenze, associazioni di pazienti, fondi di mutua assicurazione sanitaria senza scopo di lucro e pazienti esperti, hanno dimostrato di essere ecosistemi preziosi per la ricerca e la cooperazione in Europa. Essi hanno contribuito a formulare raccomandazioni strategiche, progetti pilota e studi incentrati sul paziente volti a migliorare l’accesso dei pazienti europei affetti da malattie rare a un’assistenza sociosanitaria globale e integrata di alta qualità (23). È giunto il momento di raggruppare queste raccomandazioni e buone pratiche in una politica coerente che inglobi le iniziative nazionali, transfrontaliere ed europee, senza lasciare indietro i pazienti affetti da malattie rare.

4.6.

Lo studio partecipativo del progetto «Rare 2030» sul tema Foresight in Rare Disease Policy contiene otto raccomandazioni essenziali (concernenti le cure, l’assistenza, la ricerca, i dati e le infrastrutture europee e nazionali) che sono corredate da una tabella di marcia e da obiettivi SMART che definiscono gli assi portanti della politica sulla malattie rare per il prossimo decennio: 1) piani e strategie a lungo termine integrati a livello europeo e nazionale; 2) diagnosi più precoci, più rapide e più precise; 3) accesso a un’assistenza sanitaria di qualità; 4) assistenza integrata e incentrata sulla persona; 5) collaborazione con i pazienti; 6) attività di ricerca e sviluppo di tipo innovativo e in funzione delle necessità; 7) ottimizzazione dei dati a beneficio dei pazienti e della società; 8) disponibilità e accessibilità, anche economica, delle cure (24).

4.7.

Il riconoscimento delle competenze acquisite dai pazienti affetti da malattie rare, dai loro familiari e dai professionisti sanitari ha costituito il fulcro del progetto EMRaDi, che si è anche occupato di esaminare l’offerta e la domanda di assistenza sanitaria nel campo delle malattie rare nell’euroregione Mosa-Reno. Il progetto ha inoltre analizzato la realtà quotidiana e i percorsi assistenziali dei pazienti sulla base di 104 interviste approfondite su otto malattie rare (25). Ne sono uscite confermate le ipotesi relative alle difficoltà diagnostiche, al maggior onere nel coordinamento dell’assistenza (lungo il percorso assistenziale del paziente possono rendersi necessarie da 6 fino a 25 visite presso diversi professionisti sanitari), alla necessità e preferibilità dell’assistenza multidisciplinare nei centri specializzati e — per estensione — alla necessità di una prospettiva globale più ampia sull’intero ventaglio di situazioni in termini di esigenze informative, sostegno psicologico, inclusione sociale e opportunità di sviluppo, comprese le necessità di ordine pratico e amministrativo e quelle relative all’assistenza transfrontaliera. Sulla base del progetto sono state avanzate delle raccomandazioni sull’assistenza globale, la telemedicina e la solidarietà europea (26).

4.8.

La pandemia di COVID-19 ha accelerato la digitalizzazione dell’assistenza sanitaria, l’impiego di nuove tecnologie e la diffusione della telemedicina. La regolamentazione, lo sviluppo di capacità e il rimborso della telemedicina — anche per quel che riguarda il teleconsulto, le consulenze a distanza, il telemonitoraggio e la sanità mobile — devono essere il risultato della consultazione delle parti sociali e dei portatori di interessi del settore medico, e devono innanzitutto garantire la sicurezza dei pazienti, nonché la qualità e la continuità dell’assistenza e delle cure. L’uso ottimale della telemedicina evita ai pazienti, compresi quelli affetti da malattie rare, di dover compiere troppi viaggi nel proprio paese o in tutta Europa.

4.9.

La promozione della ricerca accademica, dell’economia sanitaria e della qualità dell’assistenza per le malattie rare richiede registri di pazienti basati sui principi FAIR (secondo cui i dati devono essere reperibili, accessibili, interoperabili e riutilizzabili). Iniziative come l’archivio europeo dei dati dei registri (European Registry Data Warehouse), il deposito di metadati sull’infrastruttura dei registri europei delle malattie rare (European Rare Disease Registry Infrastructure metadata repository o ERDRI.mdr) e lo spazio europeo di dati sanitari devono stimolare un dibattito su modalità standard e sintetiche di registrazione e sulla finalità dei registri.

4.10.

La mappatura dell’offerta e della domanda di assistenza sanitaria nel campo delle malattie rare richiede analisi quantitative sulla prevalenza, sulla fruizione di cure e sui costi dell’assistenza per i pazienti affetti da malattie rare, analisi che devono assicurare il massimo rispetto per la vita privata delle persone coinvolte. Una metodologia innovativa seguita dalle casse mutualistiche del Belgio ha permesso di condurre, nel caso di pazienti affetti da malattie rare, una prima analisi della prevalenza, dei costi dell’assistenza e della fruizione delle cure rispetto al costo medio dell’assistenza e alla frequenza media di fruizione delle cure fornite agli iscritti di tali casse (27).

4.11.

L’analisi ha confermato un ricorso alle cure maggiore rispetto all’iscritto medio (maggiore frequenza delle visite in ospedale e dei ricoveri ospedalieri, così come delle cure presso il medico di base e di quelle specialistiche), il che può essere spiegato da necessità più complesse sul piano dell’assistenza sanitaria. È risultato confermato che i costi per il sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria sono il decuplo rispetto a quelli dell’iscritto medio, e la quota non rimborsabile delle spese mediche annuali risulta essere il triplo rispetto a quella dell’iscritto medio. I medicinali hanno rappresentato la percentuale maggiore, pari in media alla metà della spesa. I costi reali dovrebbero essere molto più elevati, in quanto lo studio non ha tenuto conto della situazione socioeconomica della famiglia o di altri costi non rimborsati, come le cure psicologiche o quelle paramediche, le assicurazioni complementari o le semplici voci di spesa non rimborsabili. L’analisi dimostra l’importanza dei sistemi di assicurazione sanitaria solidi, basati sulla solidarietà, che intervengono per proteggere i pazienti affetti da malattie rare. Quando i pazienti che soffrono di malattie rare rifiutano le cure o non assumono i farmaci prescritti per ragioni economiche, a risentirne saranno la loro salute e, più tardi, la qualità della loro vita, e inoltre sul piano finanziario si corre il rischio di costi maggiori nel lungo periodo.

4.12.

La revisione della normativa dell’UE in materia di medicinali orfani e pediatrici (medicinali per le persone affette da malattie rare e per i bambini) richiede un approccio ambizioso per garantire che i medicinali orfani e le cure siano economicamente accessibili per i sistemi sanitari degli Stati membri e per i pazienti stessi. Attualmente l’accessibilità economica costituisce un ostacolo per molti pazienti affetti da malattie rare. Diverse forme di cooperazione europea e di modelli per gli acquisti collettivi di medicinali tra paesi [come Beneluxa (28), oppure come è successo durante la pandemia di COVID-19 per i vaccini], hanno migliorato l’accesso alle cure grazie a un approccio comune, trasparente, sostenibile e favorevole da parte dell’UE. Il dibattito sull’equità nella definizione dei prezzi e sulla trasparenza dei costi per la R&S nel settore dei medicinali è stimolato dalla proposta relativa a un meccanismo per calcolare un prezzo equo per i medicinali, nonché dal modello messo a punto dall’AIM al fine di calcolare un prezzo equo per i medicinali nuovi o per quelli già esistenti (se non esiste un farmaco generico equivalente), oltre che per confrontare il prezzo così calcolato con il prezzo pagato o con quello in fase di definizione tramite una trattativa (29).

4.13.

Qualora non sia possibile un rimborso regolare, in diversi Stati membri esistono varie disposizioni che permettono ai pazienti affetti da malattie rare di avere accesso ai medicinali orfani, ad esempio tramite i programmi per i farmaci a uso compassionevole, le disposizioni sui farmaci con utilizzo terapeutico diverso da quello autorizzato (il cosiddetto uso off label) oppure i contributi finanziari erogati dal Fondo speciale di solidarietà (FFS) (30). I fondi di solidarietà possono costituire un’utile aggiunta quando l’assicurazione sanitaria obbligatoria non copre i costi di cure complesse o rare, oppure per l’assistenza prestata a livello transfrontaliero. Il ricorso all’assistenza transfrontaliera è quanto succede nella maggior parte dei casi quando nell’UE non esistono centri di riferimento riconosciuti. Malgrado l’impatto economico delle cure per le malattie rare, non sono state avviate riflessioni in merito a convenzioni europee per l’assistenza sanitaria nel quadro delle ERN, oppure per i pazienti affetti da malattie rare che sono curati in un centro di riferimento di uno Stato membro diverso da quello in cui vivono.

4.14.

L’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA), istituita in risposta alla pandemia di COVID-19, rappresenta un pilastro fondamentale dell’Unione europea della salute. Il suo scopo consiste nel prevenire e individuare le emergenze sanitarie, nel fornire una risposta rapida a tali emergenze, nonché nel giocare d’anticipo rispetto ai pericoli e alle crisi potenziali in campo sanitario attraverso la raccolta delle informazioni pertinenti e lo sviluppo delle capacità di risposta necessarie. Il suo raggio d’azione può andare al di là delle malattie trasmissibili e, per via del suo mandato, HERA può affrontare altri pericoli sanitari. L’attuale struttura di governance dell’Unione europea della salute non prevede ancora un sostegno istituzionale per la preparazione e le risposte alle sfide in materia di malattie rare che gli Stati membri potrebbero dover affrontare. HERA può fungere da modello per una nuova autorità europea sulle malattie non trasmissibili che promuova il coordinamento e la solidarietà in materia di malattie rare.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 91.

(2)  Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (2006), Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

(3)  Commissione europea (2019), Rare Diseases [Malattie rare].

(4)  Orphanet (2021), Orphanet in cifre: 6 172 malattie https://www.orpha.net/consor/cgi-bin/index.php?lng=IT; Nguengang Wakap S., Lambert D. M., Olry A., Rodwell C., Gueydan C., Lanneau V., Murphy D., Le Cam Y., Rath A., Estimating cumulative point prevalence of rare diseases: analysis of the Orphanet database [Stima della prevalenza puntuale cumulativa delle malattie rare: analisi della banca dati di Orphanet], EUR J Hum Genet, 2020 Feb; 28(2):165-173. doi: 10.1038/s41431-019-0508-0. Epub 2019 Sep 16. PMID: 31527858; PMCID: PMC6974615.

(5)  Eurocarers (dicembre 2021), The gender dimension of informal care [La dimensione di genere nell’assistenza informale].

(6)  GU C 256 del 27.10.2007, pag. 123.

(7)  Eurordis — Relazione sull’impatto delle malattie rare: Insights from patients and the medical community 2013 detailing diagnostic uncertainty of low prevalence diseases in the United States and the United Kingdom [Informazioni fornite dai pazienti e dalla comunità medica nel 2013 che illustrano in dettaglio l’incertezza diagnostica delle malattie a bassa prevalenza negli Stati Uniti e nel Regno Unito].

(8)  Fondazione Re Baldovino (2014), Zoom: Nieuwe perspectieven op gelijke kansen — Zeldzame ziekten [Zoom: nuove prospettive sulle pari opportunità: le malattie rare].

(9)  Kole, A., Hedley V., et al. (2021), Recommendations from the Rare 2030 Foresight Study: The future of rare diseases starts today: Available, accessible and affordable treatments — what do people living with a rare disease think? [Raccomandazioni formulate nello studio prospettico del progetto «Rare 2030» — Il futuro delle malattie rare inizia adesso: cure disponibili, accessibili e a prezzi abbordabili. Qual è il punto di vista delle persone affette da una malattia rara?], pag. 119.

(10)  Organizzazione mondiale della sanità (2022), Qualità dell'assistenza.

(11)  Loridan J., Noirhomme C. (2020), Field analysis of existing rd patient pathways in the EMR [Analisi sul campo dei percorsi assistenziali esistenti per i pazienti affetti da malattie rare nell’euroregione Mosa-Reno].

(12)  Regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, concernente i medicinali orfani; (GU L 18 del 22.1.2000, pag. 11); Raccomandazione del Consiglio, dell'8 giugno 2009, su un'azione nel settore delle malattie rare; (GU C 151 del 3.7.2009, pag. 7); Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (GU L 88 del 4.4.2011, pag. 45).

(13)  Corte dei conti europea (2019), Le azioni intraprese dall'UE in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera sono molto ambiziose, ma devono essere gestite meglio.

(14)  Parlamento europeo (10 luglio 2020), Strategia dell'UE in materia di sanità pubblica dopo la crisi della COVID-19 — Risoluzione del Parlamento europeo, del 10 luglio 2020, sulla strategia dell'UE in materia di sanità pubblica dopo la crisi della COVID-19 [2020/2691(RSP)] (GU C 371 del 15.9.2021, pag. 102).

(15)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d'azione sul pilastro europeo dei diritti sociali [COM(2021)102 final].

(16)  Associazione internazionale della mutualità (AIM) (2022), AIM's Views on the EU Care Strategy [Il punto di vista dell’AIM sulla strategia dell’UE per l’assistenza].

(17)  Nazione Unite (5 gennaio 2022), A/RES/76/132: risoluzione adottata dall’Assemblea generale in data 16 dicembre 2021 — Addressing the challenges of persons living with a rare disease and their families (Gestire le sfide affrontate dalle persone affette da una malattia rara e dai loro familiari).

(18)  Consiglio «Occupazione, politica sociale, salute e consumatori» (Salute), 29 marzo 2022, Principali risultati — Risposta europea alle malattie rare.

(19)  Conferenza sul futuro dell’Europa, relazione sul risultato finale, maggio 2022.

(20)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Piano europeo di lotta contro il cancro (2021).

(21)  GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 91.

(22)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione (disponibile solo in inglese) che accompagna la Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento della direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera [SWD(2022) 200 final], reti di riferimento europee, pagg. 29-36.

(23)  INNOVCARE (2018), Bridging the gaps between health, social and local services to improve care of people living with rare and complex conditions (Colmare il divario tra i servizi sanitari, sociali e locali per migliorare l’assistenza alle persone che convivono con patologie rare e complesse); EMRaDi (2020) Rare diseases do not stop at borders (Le malattie rare non si fermano alle frontiere); RARE 2030 (2021) Foresight in Rare Disease Policy (Lungimiranza nella politica sulla malattie rare).

(24)  Kole, A., Hedley V., et al. (2021), Recommendations from the Rare 2030 Foresight Study: The future of rare diseases starts today (Raccomandazioni formulate nello studio prospettico del progetto «Rare 2030» — Il futuro delle malattie rare inizia adesso).

(25)  EMRaDi (2020), Final report of the EMRaDi project (Relazione finale del progetto EMRaDi).

(26)  Progetto EMRaDi (2019), Scheda informativa EMRaDi — How to get EU actions on rare diseases (RD) closer to RD patients and their relatives? From local and cross-border developments to European solutions (Come rendere le azioni dell’UE più in sintonia con le necessità dei pazienti affetti da malattie rare e dei loro familiari? Da sviluppi locali e transfrontalieri a soluzioni europee).

(27)  Noirhomme C., MC-Informations 282, Analyse de la consommation et des dépenses de soins des personnes atteintes de maladies rares (Analisi della fruizione di cure e delle relative spese per le persone affette da malattie rare), pagg. 20-29, dicembre 2020.

(28)  Beneluxa Initiative on Pharmaceutical Policy (Iniziativa Beneluxa sulla politica in materia di farmaci).

(29)  AIM — European fair price calculator for medicines: AIM offre uno strumento per calcolare in modo equo e trasparente il prezzo applicabile in Europa per le innovazioni farmaceutiche accessibili.

(30)  Università di Maastricht (2020), Report on the analysis of legal, financial and reimbursement mechanisms of rare diseases for treatment costs of EMR rare diseases patients (Relazione sull’analisi dei meccanismi giuridici e finanziari e per il rimborso delle spese sostenute da pazienti affetti da malattie rare per curare queste patologie), capitolo 3.2 — Orphan medical products (Medicinali orfani), pagg. 43-45.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/75


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo dei familiari che prestano assistenza alle persone con disabilità e alle persone anziane: l’esplosione del fenomeno durante la pandemia»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/11)

Relatore:

Pietro Vittorio BARBIERI

Decisione dell’Assemblea plenaria

24.2.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

29.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

170/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE esprime preoccupazione per le condizioni di vita dei cittadini che prestano assistenza a lungo termine a congiunti con disabilità e con patologie croniche o degenerative, inclusi i decadimenti cognitivi e le affezioni oncologiche.

1.2.

Il CESE rileva come tali situazioni siano divenute ancora più drammatiche nel corso della pandemia di COVID-19, rendendo ineludibili interventi strutturali nelle politiche e nei servizi sociali.

1.3.

Il CESE evidenzia la necessità, al fine di ottimizzare le politiche sociali e calibrare al meglio i necessari sostegni, di giungere ad una definizione condivisa della figura e della condizione del familiare che presta assistenza a lungo termine a congiunti con disabilità, con patologie croniche o degenerative, inclusi i decadimenti cognitivi e le affezioni oncologiche, anche delineandone le specifiche peculiarità e graduandone gli interventi, nonché valorizzando il ruolo degli interessati anche nell’ambito dei servizi per la collettività.

1.4.

Il CESE rileva la necessità di definire in modo più approfondito il fenomeno attraverso studi ed analisi sociologici, basati su dati statistici, che vertano in particolare sull’impatto dell’attività di assistenza a lungo termine a congiunti sui prestatori di tale assistenza (caregivers), a prescindere dal fatto che svolgano contestuale attività lavorativa.

1.5.

Il CESE ritiene che la gestione del fenomeno dei familiari che prestano assistenza debba basarsi sull’azione congiunta di politiche pubbliche, dei datori di lavoro attraverso il dialogo sociale e, infine, degli stessi prestatori di assistenza familiare e delle organizzazioni che li rappresentano, di cui occorre garantire il coinvolgimento dall’elaborazione fino all’attuazione di tali politiche.

1.6.

Il CESE sottolinea l’importanza di garantire servizi di tutela della salute, compresa l’assistenza sanitaria preventiva e le visite mediche specialistiche periodiche, e di promuovere una formazione adeguata su come aver cura della propria salute per i cittadini che prestano assistenza a lungo termine a congiunti.

1.7.

Il CESE invita a condurre indagini specifiche nei sistemi pensionistici nazionali, mirate a raccogliere elementi utili a graduare e declinare il diritto a forme alternative alla retribuzione ordinaria per coloro che sono costretti a rinunciare al lavoro per prendersi cura, per un lungo periodo, di un congiunto con patologie croniche o degenerative o con disabilità.

1.8.

Il CESE, rilevando in questo fenomeno il persistere di situazioni di disparità di genere, in linea con il parere Strategia per la parità di genere (1) esorta ad attivarsi per mitigare tale disuguaglianza, anche rafforzando l’attuazione delle indicazioni già espresse nella direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).

1.9.

Il CESE, rilevando una ancora limitata consapevolezza delle condizioni di vita degli interessati, auspica l’istituzione di una Giornata europea dei prestatori di assistenza a lungo termine a congiunti, volta a rafforzare la consapevolezza di tale fenomeno e a incoraggiare adeguate politiche e misure di sostegno.

1.10.

Il CESE sottolinea l’importanza di garantire servizi e sostegni per l’abitare, servizi di domiciliarità con particolare attenzione alle esigenze sanitarie e infermieristiche, nonché servizi di sostegno psicologico al prestatore di assistenza e al nucleo familiare o alla stessa persona con disabilità.

1.11.

Il CESE sottolinea l’importanza di promuovere e garantire servizi di emergenza in caso di eventi imprevisti, che causano l’impossibilità di fornire cure più a lungo o temporaneamente, e i servizi di sollievo, limitando gli effetti di un sovraccarico eccessivo e prolungato. Dovrebbero essere previste anche deroghe e procedure agevolate che riducano gli adempimenti burocratici imposti alle persone che prestano assistenza.

1.12.

Il CESE reputa fondamentale che si forniscano servizi e sostegno tali da mettere le persone con disabilità in condizione di rendersi autonome dal nucleo familiare di origine. Servizi e sostegno che dovrebbero consistere in particolare in percorsi per l’acquisizione dell’autonomia personale, in soluzioni abitative alternative e in percorsi di vita indipendente per le persone con disabilità. Politiche di questo tipo avranno necessariamente un impatto positivo anche sull’onere di assistenza che grava sui familiari, i quali sono altrimenti obbligati a fornire assistenza a lungo termine.

1.13.

Il CESE esorta gli Stati membri a valutare l’adozione di misure, anche di aiuto pecuniario, che contrastino il rischio di impoverimento di chi — nonostante politiche, servizi e sostegni specifici volti a contrastare il fenomeno — è comunque costretto a rinunciare in tutto o in parte a un’attività lavorativa retribuita per prestare assistenza a lungo termine a un proprio congiunto.

1.14.

Il CESE chiede che le politiche degli Stati membri incentivino un’ampia offerta di servizi di assistenza a lungo termine di elevata qualità.

1.15.

Il CESE invita ad incentivare e sostenere le parti datoriali che promuovano forme di flessibilità lavorativa e prestazioni sociali aziendali, ulteriori rispetto a quelle già previste dalle norme degli Stati, a favore dei lavoratori che svolgono attività di assistenza continuativa a familiari.

2.   Descrizione del fenomeno

2.1.

Dalle statistiche di Eurostat sulla conciliazione tra vita lavorativa e familiare pubblicate nel 2018 (3) risultava che oltre 300 milioni di residenti nell’UE rientravano nella fascia di età compresa tra i 18 e i 64 anni e che, in questo gruppo, circa un terzo aveva responsabilità di assistenza. Ciò significa che circa 100 milioni di persone svolgevano funzioni di assistenza nei confronti di bambini di età inferiore a 15 anni e/o familiari non autosufficienti (malati, anziani e/o con disabilità) di età pari o superiore a 15 anni. Circa 200 milioni di persone nell’UE non avevano invece alcuna responsabilità di assistenza. Tra coloro che prestavano assistenza, la maggior parte (il 74 %) si occupava di bambini di età inferiore a 15 anni residenti nella loro stessa famiglia. Del restante 26 %, il 3 % si occupava di bambini che vivevano al di fuori della famiglia, il 7 % di più bambini che vivevano sia all’interno che all’esterno della famiglia, il 4 % di bambini e familiari non autosufficienti e l’ultimo 12 % solo di familiari non autosufficienti.

2.2.

Nel 2018 un residente nell’UE su tre di età compresa tra i 18 e i 64 anni aveva responsabilità di assistenza (il 34,4 %, rispetto al 65,6 % che non aveva alcuna responsabilità di questo tipo). All’interno del gruppo con responsabilità di assistenza vi era la seguente ripartizione: il 28,9 % assisteva solo bambini di età inferiore a 15 anni, il 4,1 % assisteva familiari non autosufficienti di età pari o superiore a 15 anni, e meno del 2 % assisteva sia bambini piccoli che familiari non autosufficienti.

2.3.

La maggior parte di coloro che prestavano assistenza a familiari non autosufficienti era costituita da donne: il 63 %, rispetto al 37 % di uomini. All’interno della fascia di età considerata (18-64 anni), questi prestatori di assistenza appartenevano in prevalenza alle classi di età più avanzate: il 48,5 % aveva tra i 55 e i 64 anni e il 35 % tra i 45 e i 54. Solo il 5,5 % rientrava nella fascia di età compresa tra i 18 e i 44 anni.

2.4.

Nella totalità degli Stati attualmente membri (27) e non più membri (1) dell’UE (UE-28), si registrava un divario di 3,3 punti percentuali tra gli uomini (2,5 %) e le donne (5,9 %) che confermavano di aver ridotto gli orari di lavoro o smesso di lavorare per più di un mese nel loro posto attuale o in quello precedente per svolgere compiti di assistenza a familiari malati, anziani e/o con disabilità. Il divario più marcato è stato riscontrato in Bulgaria (6,8 punti percentuali) e il più basso a Cipro (1,1 p.p.), ma ovunque le donne avevano modificato la loro vita lavorativa più spesso degli uomini (Eurostat, 2018).

2.5.

Nel 2018 il 29,4 % dei lavoratori dipendenti dell’UE-28 ha dichiarato che, in generale, poteva lavorare con orari flessibili (adattati) e usare intere giornate di congedo per motivi di assistenza. In proposito sono però state osservate delle differenze tra gli Stati membri dell’UE. Il tasso più elevato di lavoratori dipendenti con la possibilità sia di lavorare con orari flessibili sia di prendere congedi per motivi di assistenza si registrava in Slovenia (60,4 %), seguita dalla Finlandia (57,1 %) e dalla Danimarca (55,1 %). I tassi più bassi si registravano in Ungheria (7,5 %), in Polonia (7,3 %) e a Cipro (3,8 %). D’altro canto, un dipendente su quattro (25,2 %) ha dichiarato di non avere la possibilità di lavorare con orari flessibili o di prendere intere giornate di congedo per motivi di assistenza. Così come per coloro che invece avevano tale possibilità, anche qui si registravano notevoli differenze da uno Stato membro all’altro, passando dal 6,9 % in Lettonia e dal 7,7 % in Slovenia al 58,6 % in Polonia e al 58,7 % a Cipro (Eurostat, 2018).

2.6.

Effetti sulla salute: nel 2009 Elizabeth Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak hanno vinto il Premio Nobel per la medicina con la scoperta che dimostrava l’impatto biologico dello stress tipico dei prestatori di assistenza a lungo termine. L’assistenza a lungo termine aveva accorciato i telomeri delle mamme con figli con bisogni speciali da nove a diciassette anni. L’impatto di tale stress prolungato è ampiamente sostenuto dalla letteratura scientifica internazionale.

2.7.

Durante l’audizione del 4 luglio 2022 la Commissione europea ha affermato che l’assistenza informale corrisponderebbe a 33-39 miliardi di ore, equivalenti a un valore compreso tra il 2,4 % e il 2,7 % del PIL dell’UE. Il QFP, cioè l’ammontare degli investimenti dell’UE nei progetti innovativi per il futuro, è pari a meno della metà di tale importo, ovvero a circa l’1,02 % del PIL dell’Unione europea.

2.8.

Le storie di vita dei prestatori di assistenza familiare, raccolte dalle organizzazioni non governative delle persone con disabilità, riportano forti condizionamenti e restrizioni per quanto riguarda le opportunità di relazioni sociali come pure il mantenimento di interessi culturali e sportivi, dato il carattere spesso non pianificabile dell’attività di assistenza personale e data l’assenza di alternative all’assistenza prestata, cui si aggiunge molto spesso la deprivazione di momenti e spazi di sollievo.

2.9.

Come risulta con evidenza dalla letteratura basata su dati statistici e dalle storie di vita, nello svolgimento dell’attività di assistenza a lungo termine a congiunti con disabilità o patologie croniche o degenerative vi è una disparità di genere che spinge il sovraccarico verso le donne; l’impatto maggiore si registra in termini di rinuncia all’attività lavorativa, di limitazione nell’avanzamento in carriera, di passaggio forzoso al tempo parziale e, più in generale, in termini di maggiore impoverimento materiale e immateriale.

2.10.

Nell’UE il 25 % delle donne e il 3 % degli uomini afferma di non poter svolgere un lavoro retribuito, o di essere costretto a lavorare solo a tempo parziale, a causa dei compiti di cura da assolvere per un congiunto bambino, anziano o malato (4).

2.11.

Le persone che devono rinunciare al lavoro spesso non sono coperte da contributi previdenziali utili a godere di successivi trattamenti pensionistici per la vecchiaia, cosicché sono destinate ad entrare nel circuito assistenziale o di sostegno all’indigenza.

2.12.

La compressione e la riduzione dei servizi alla persona e alle famiglie, seppure in modo differenziato nei vari paesi dell’UE, sono cause di ancor maggiore sovraccarico per i cittadini che svolgono assistenza a lungo termine a congiunti con disabilità o con patologie croniche o degenerative, incluse quelle oncologiche.

2.13.

Dato che i prestatori di assistenza in questione non operano nell’ambito di un rapporto di lavoro, essi non beneficiano di misure di tutela della salute e di prevenzione delle patologie, misure che sono invece stabilite e ormai consolidate per i lavoratori dipendenti.

2.14.

Dalle storie di vita di coloro che assistono un familiare risulta come, in molti casi, l’attività di assistenza continuativa e a lungo termine, ma non solo, rappresenti una scelta obbligata o forzata dall’insufficienza dei servizi di assistenza, oltre che dettata dalla volontà di non istituzionalizzare il congiunto; anche quando i servizi siano di buon livello, permane comunque un residuo più o meno significativo di carico assistenziale.

2.15.

La dipendenza assistenziale dalla famiglia di origine dovuta all’assenza di alternative, sostegni e supporto comporta spesso per le persone con disabilità l’impossibilità di avviare percorsi di vita autonoma e indipendente.

2.16.

La ricerca «Vita, lavoro e COVID-19» di Eurofound (5) ha rilevato, nel corso della pandemia, un significativo aumento dell’impegno nell’assistenza domiciliare sia formale che informale e una diminuzione del ricorso a cure residenziali.

2.17.

Tendenzialmente, nelle spese di protezione sociale dei paesi dell’UE, le spese per l’istituzionalizzazione in strutture residenziali, potenzialmente segreganti, risultano largamente e strategicamente preponderanti rispetto a politiche per il sostegno all’abitare in autonomia e per la vita indipendente, e ciò nonostante i principi e le indicazioni della Strategia UE per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030, in cui la Commissione europea ha invitato gli Stati membri ad attuare buone pratiche di deistituzionalizzazione nell’ambito della salute mentale e in relazione a tutte le persone con disabilità, compresi i minori, al fine di rafforzare la transizione dall’assistenza prestata negli istituti a servizi di sostegno erogati all’interno della comunità.

2.18.

Il fenomeno del sovraccarico assistenziale riguarda una diversa platea di persone le cui peculiarità condizionano l’intensità, la durata, la tipologia di assistenza prestata oltre alla sua potenziale progressività, e conseguentemente i sovraccarichi: persone con disabilità psichiche, persone con severe disabilità intellettive, persone affette da demenza senile, con patologie croniche, degenerative, oncologiche; in molti casi anche la componente assistenziale strettamente sanitaria è lasciata a carico del familiare che presta assistenza.

2.19.

Pur con ampie differenze, permangono numerosi stereotipi relativi all’attività di assistenza garantita dai congiunti: ad esempio, si rileva la persistenza di stereotipi che riconducono tali situazioni ad inevitabile fatalità o, al contrario, a mera scelta affettiva e consapevole degli stessi familiari assistenti. L’affidamento forzato dell’assistenza personale ai congiunti delle persone con disabilità, in talune specifiche situazioni, comporta una difficoltà all’accesso a percorsi di autonomia personale o di vita indipendente da parte delle stesse persone con disabilità, pregiudicandone o comprimendone le scelte e le opportunità di realizzazione dei propri percorsi esistenziali.

2.20.

Pur con ampie differenze legate alla diversa qualità dei servizi di sostegno, la gestione delle emergenze (malattie del prestatore di assistenza, particolari acuzie, emergenze abitative, conflittualità e stress incontrollato…) rappresenta un fattore di particolare rilievo sia in eventi eccezionali che sotto il profilo dello stress e dell’ansia correlati.

2.21.

Nelle situazioni di maggiore pressione, e in assenza di soluzioni alternative all’assistenza diretta da parte dei familiari, è motivo di profonda e motivata ansia lo scenario di una prevedibile assenza (perdita dell’autonomia personale, patologie degenerative, età, decesso) del congiunto assistente; un’ansia che viene ad essere confermata nel caso di totale assenza di assistenze alternative praticabili. L’affidamento esclusivo di carichi assistenziali al congiunto diviene, in particolare nei casi di maggiore intensità, motivo di confinamento dell’intero nucleo familiare, con effetti prevedibili e talvolta anche patologici.

2.22.

Nella normativa UE è assente un riconoscimento uniforme della figura di chi svolge attività di assistenza ad un congiunto con patologie croniche o degenerative o con disabilità, inclusa la sua valorizzazione nelle relazioni con i servizi, ma anche in termini di riconoscimento dei rischi e dei bisogni che la sua attività comporta.

2.23.

Le situazioni di maggiore esclusione, rischio e svantaggio sembrano correlate alla qualità e alla quantità dei servizi alla famiglia, alla persona, alla disabilità e alla pratica della vita indipendente nonché dei servizi domiciliari, in particolare sanitari e riabilitativi; tuttavia, sono assenti rilevazioni utili ad individuare e delineare con certezza tutti gli aspetti di questa eventuale correlazione e indicare eventuali buone prassi.

2.24.

La direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza ha indicato una serie di interventi per compensare le disparità di genere nelle forme di assistenza familiare nonché ulteriori interventi per una maggiore conciliazione fra tempi di cura e tempi di lavoro; al di là dell’analisi dell’effettivo impatto negli Stati membri, la direttiva non riguarda quei familiari che non siano lavoratori, che abbiano rinunciato al lavoro o che siano in quiescenza.

2.25.

In molti contesti il supporto ai cittadini che prestano assistenza a termine a congiunti con disabilità o affetti da patologie croniche o degenerative è sostenuto da organizzazioni senza scopo di lucro (non profit) dei familiari stessi, come emerso nell’audizione del gruppo di studio tematico Diritti delle persone con disabilità del 16 settembre 2021.

2.26.

Nell’UE-27 circa 6,3 milioni di persone lavorano nel settore dell’assistenza a lungo termine, ovvero il 3,2 % dell’intera forza lavoro dell’UE (sulla base dei dati LFS 2019). Esistono grandi differenze tra gli Stati membri, e il tasso molto basso registrato in alcuni paesi (Bulgaria, Estonia, Grecia, Croazia, Italia, Cipro, Lituania, Ungheria, Polonia e Romania — in tutti l’1,8 % o meno) riflette probabilmente la dipendenza dall’assistenza informale (familiare) in questi paesi (e l’affidamento su badanti domestici, impiegati dalle famiglie e al di fuori di queste statistiche).

2.27.

Una ricerca Eurofound (2020) ha rivelato che i salari nell’assistenza a lungo termine e in altri servizi sociali sono inferiori del 21 % alla media e include un invito a promuovere la contrattazione collettiva nel settore per affrontare questo problema (6).

3.   Costruire una politica a favore dei prestatori di assistenza

3.1.

Si rileva l’esigenza di giungere ad una definizione condivisa della figura e della condizione del familiare che presta assistenza a lungo termine a congiunti con disabilità o patologie croniche o degenerative, inclusi i decadimenti cognitivi e le affezioni oncologiche, anche delineandone le specifiche peculiarità e graduandone gli interventi: una definizione che sia utile al riconoscimento dello status, delle politiche e dei servizi di sostegno nei paesi dell’UE.

3.2.

Si rileva, in una complessiva revisione delle politiche di welfare, la necessità e l’opportunità di valorizzare e garantire il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini (assistenti e assistiti) nella coprogrammazione dei servizi che li riguardano e, prima ancora, nella definizione strategica delle politiche.

3.3.

Al fine di perimetrare il fenomeno, si ritiene indispensabile realizzare uno studio sulla situazione e sulle condizioni di vita dei cittadini che prestano assistenza a lungo termine a congiunti con disabilità o con patologie croniche o degenerative, inclusi i decadimenti cognitivi e le affezioni oncologiche.

3.4.

Ai fini di una corretta informazione per l’elaborazione delle politiche in materia, Eurostat dovrebbe aggiornare la rilevazione «Reconciliation of work and family life (2018)» ed approfondire ulteriormente gli impatti dell’attività di assistenza di lungo termine a congiunti sui familiari, a prescindere dal fatto che svolgano contestuale attività lavorativa.

3.5.

Ai cittadini che assicurano assistenza a lungo termine a congiunti dovrebbe essere garantita una protezione appropriata in ambito sanitario — che includa anche la prevenzione rispetto agli incidenti occorsi nello svolgimento delle prestazioni di assistenza nonché contro le malattie e le altre patologie connesse a tali prestazioni — protezione quanto più simile possibile a quella garantita ai lavoratori dipendenti ed autonomi.

3.6.

È auspicabile avviare approfondimenti economici, giuridici e di impatto volti a individuare criteri condivisi, equi e sostenibili, per il riconoscimento della condizione di lavoro usurante per le attività di assistenza a lungo termine a propri congiunti per quei cittadini che svolgano contemporanea ordinaria attività lavorativa.

3.7.

È opportuno avviare approfondimenti economici, giuridici e di impatto volti a individuare misure economiche di sostegno per coloro che rinunciano al lavoro per prendersi cura di un congiunto anziano o con patologie croniche o degenerative o con disabilità.

3.8.

In coerenza con il parere sulla Strategia per la parità di genere (7), è necessario adottare interventi mirati a contrastare la disparità di genere che interessa l’assistenza a lungo termine a propri congiunti, anche rafforzando l’attuazione delle indicazioni già espresse nella direttiva (UE) 2019/1158.

3.9.

Il successo e l’efficacia delle politiche e dei servizi a favore dei familiari che prestano assistenza a lungo termine sono strettamente connessi alle politiche e ai sostegni attivati a favore delle singole persone con disabilità che intendano o possano intraprendere percorsi di vita indipendente anche al di fuori della famiglia di origine, laddove siano legati ad essa da una dipendenza assistenziale.

3.10.

La conoscenza e la consapevolezza del fenomeno appaiono ancora frammentarie, parziali e limitate a pochi osservatori e attori sociali; tale limitata consapevolezza va compensata, anche con specifiche iniziative, al fine di rafforzare e incentivare adeguate politiche e misure di sostegno. Il CESE auspica quindi l’istituzione di una Giornata europea dei prestatori di assistenza a lungo termine a propri congiunti.

3.11.

Il CESE esorta l’Unione europea a cooperare strettamente con gli Stati membri al fine di migliorare le condizioni di vita sia di chi svolge attività di assistenza a lungo termine a propri congiunti sia dei relativi nuclei familiari, nonché per evitare che tale attività sia — di fatto — forzata. Le misure specifiche per conseguire questo risultato dovrebbero puntare a:

riconoscere e valorizzare il ruolo degli interessati anche nell’ambito dei servizi per la collettività;

garantire servizi e sostegni per l’abitare onde evitare fenomeni di isolamento, marginalità e sovraccarichi psico-fisici;

rafforzare i servizi di domiciliarità con particolare attenzione alle esigenze sanitarie e infermieristiche;

prevedere servizi di sostegno psicologico al congiunto assistente e al nucleo familiare;

prevedere agevolazioni e percorsi facilitati per l’esecuzione di adempimenti burocratici;

garantire servizi di emergenza rispetto ad eventi inattesi o impossibilità di assistenza;

garantire servizi di sollievo che limitino gli effetti di eccessivo e prolungato sovraccarico psicofisico dei familiari;

fronteggiare, anche con aiuti finanziari, il rischio di impoverimento di chi rinuncia ad un’attività lavorativa retribuita o ne riduce la durata e, in generale, del nucleo familiare di riferimento;

favorire, nelle politiche degli Stati membri, l’offerta (qualitativa e quantitativa) di addetti all’assistenza a lungo termine;

favorire, laddove possibile, percorsi per l’acquisizione dell’autonomia personale, soluzioni abitative alternative e percorsi di vita indipendente per le persone con disabilità;

realizzare interventi sui familiari che prestano assistenza basandosi su azioni congiunte fra le politiche pubbliche (riconoscimento e rafforzamento del ruolo di coloro che prestano assistenza a congiunti, disponibilità e affidabilità dei servizi, salute dei prestatori di assistenza, promozione di soluzioni di resistenza, protezione sociale e sistemi di indennizzo per i prestatori di assistenza ecc.) e i datori di lavoro attraverso il dialogo sociale e, infine, gli stessi prestatori di assistenza familiare e le organizzazioni che li rappresentano, garantendo il loro coinvolgimento dall’elaborazione delle politiche pubbliche fino alla loro attuazione.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 77.

(2)  Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio (GU L 188 del 12.7.2019, pag. 79).

(3)  «Reconciliation of work and family life», Eurostat 2018.

(4)  GU C 194 del 12.5.2022, pag. 19, punto 3.8

(5)  https://www.eurofound.europa.eu/publications/report/2020/living-working-and-covid-19

(6)  Eurofound, Long-term care workforce: Employment and working conditions, 2020.

(7)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 77.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/82


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Polo dell’innovazione digitale e PMI»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/12)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Correlatore:

Nicos EPISTITHIOU

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in commissione

13.9.2022

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

136/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è fermamente convinto che l’economia europea possa beneficiare della duplice transizione digitale e verde e diventare più competitiva, sostenibile, resiliente e autonoma.

1.2.

Per conseguire tali obiettivi, l’UE deve migliorare le sue capacità in materia di R&S e di innovazione e aumentare la diffusione delle tecnologie tra i cittadini, le pubbliche amministrazioni e le imprese.

1.3.

Il CESE ritiene che gli investimenti dell’UE in R&S dovrebbero essere aumentati quanto prima, fino a raggiungere il 3 % del PIL. L’UE deve sviluppare una serie di competenze distintive nella nuova generazione di tecnologie digitali e garantire che esse diventino parte dei modelli di business delle imprese europee.

1.4.

La duplice transizione offre molte opportunità per rafforzare la competitività delle PMI, ma può anche rappresentare una minaccia. Per evitare tali rischi, le PMI europee devono essere accompagnate nelle transizioni da una serie di politiche e di strumenti.

1.5.

Sebbene possano essere estremamente innovative, le PMI tradizionali incontrano difficoltà nella gestione della duplice transizione a causa di limiti finanziari e organizzativi, nonché della mancanza di competenze.

1.6.

L’accesso delle PMI ai finanziamenti per l’innovazione deve essere migliorato radicalmente in tutti gli Stati membri, anche attraverso il ricorso a finanziamenti con capitale proprio e incentivi fiscali legati alle tecnologie e alle competenze digitali.

1.7.

I DIH (digital innovation hub o poli dell’innovazione digitale) funzionano come sportelli unici che forniscono analisi e soluzioni alle imprese per affrontare la duplice transizione. Il CESE ritiene che un maggior numero di imprese dell’UE, anche quelle dell’economia sociale, dovrebbero impegnarsi nelle attività dei DIH e che andrebbe migliorata la comunicazione dei risultati, in particolare alle PMI.

1.8.

I DIH possono costituire piattaforme per testare soluzioni tecnologiche prima di realizzare gli investimenti (test before invest), per scambiare buone pratiche e sviluppare competenze digitali. Possono inoltre svolgere un ruolo importante nello sfruttamento delle potenzialità delle tecnologie digitali per la sostenibilità.

1.9.

Il CESE ritiene che manchi una visione chiara del futuro sviluppo dei DIH, in particolare alla luce della recente istituzione dei poli europei dell’innovazione digitale (European Digital Innovation Hubs — EDIH). Servono indicatori chiave di prestazione che misurino le prestazioni dei DIH, con l’obiettivo di trasformarli nei principali centri europei per l’innovazione inclusiva delle PMI.

1.10.

Il CESE ritiene che i DIH dovrebbero fungere da middle layer (livelli intermedi), concepiti per ascoltare le richieste delle PMI e individuare strumenti e soluzioni per guidarle. È fondamentale svolgere un’attività di sensibilizzazione in merito all’importante ruolo che possono svolgere i DIH.

1.11.

Il CESE osserva che diverse politiche a favore delle PMI non sono attuate a livello nazionale e che vi è un notevole divario nella comunicazione in merito a tali strumenti per le PMI. L’UE e gli Stati membri devono impegnarsi congiuntamente in questa attività di sensibilizzazione in merito alle iniziative europee e nazionali esistenti a favore delle PMI, compresi i vantaggi derivanti dall’adesione alla rete dei DIH.

1.12.

Il CESE ritiene che occorra garantire un finanziamento adeguato delle attività dei DIH: dai programmi di sostegno allo sviluppo d’impresa e alla R&I, alla finanza agevolata per le imprese, alla partecipazione a bandi.

1.13.

Il CESE ritiene che i DIH dovrebbero focalizzare la loro attenzione sul sostegno alle economie regionali e ai sistemi locali di PMI, e raccomanda una mappatura regionale dei poli esistenti e un piano d’azione incentrato sullo sviluppo regionale e su una maggiore inclusione e partecipazione. La cooperazione tra grandi imprese e PMI può portare l’innovazione digitale a nuovi livelli, sfruttando il potenziale, attualmente non utilizzato, dell’innovazione basata sulla catena di approvvigionamento.

1.14.

Il CESE rileva che esistono differenze tra le regioni europee nella distribuzione dei DIH, con un ritardo nell’Europa orientale e sudorientale. La riduzione delle disparità tra Stati membri e regioni è di vitale importanza per il progresso dell’UE.

1.15.

I DIH devono sostenere le PMI nel miglioramento delle competenze e nella riqualificazione della loro forza lavoro, compresi gli imprenditori, anche per garantire la futura occupabilità in contesti in rapida evoluzione. Devono essere sviluppati sistemi di istruzione che prestino particolare attenzione alle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), a partire dalle scuole primarie. Inoltre, l’istruzione secondaria e terziaria tecnica e professionale e le università locali sono attori importanti. Le competenze digitali sono un fattore cruciale per realizzare la piena digitalizzazione e attrarre giovani talenti anche nei settori tradizionali.

1.16.

I sindacati, le organizzazioni della società civile, le associazioni dei datori di lavoro e le autorità pubbliche devono collaborare sia nella gestione delle missioni e delle strategie dei DIH che nello sviluppo di programmi di apprendimento permanente e di formazione professionale che garantiscano la continuità dell’occupabilità con posti di lavoro e salari dignitosi, assicurando il rispetto dei diritti sociali e la partecipazione attiva dei lavoratori. Il dialogo sociale svolge un ruolo fondamentale in questo processo, e deve inoltre essere garantita la parità di genere.

2.   Contesto della proposta e considerazioni generali

2.1.

La trasformazione digitale ha impatti straordinari sull’economia, l’ambiente e la società nel suo insieme. Consente di accrescere la produttività dei sistemi economici, di migliorare i servizi pubblici e la qualità della vita dei cittadini, di generare nuovo sviluppo. Le imprese e le organizzazioni, pubbliche e private, di mercato o sociali, che hanno intrapreso la trasformazione digitale hanno evoluto i propri servizi, prodotti e processi, risultando più competitive.

2.2.

Anche i timori di impatti negativi in termini occupazionali derivanti dalla digitalizzazione sono stati meglio contestualizzati: attività fortemente standardizzate e in settori maggiormente esposti alla concorrenza presentano rischi di displacement, molto minori in settori a maggior valore aggiunto e nella manifattura. Complessivamente, l’economia europea può beneficiare della duplice transizione digitale e ambientale per divenire più competitiva, sostenibile, resiliente e autonoma.

2.3.

I cambiamenti portati dalla trasformazione digitale sono rapidi e radicali. Essi impongono a ogni organizzazione di mantenere costantemente il ritmo frenetico del cambiamento, anche reinventandosi. Le PMI, spina dorsale dell’economia europea, sono state tra le organizzazioni che hanno maggiormente subito le ripercussioni della trasformazione digitale.

2.4.

Le PMI tradizionali tendono a concentrare le risorse, che sono scarse in termini di finanziamenti, capitale umano e articolazione organizzativa, in attività e pratiche consolidate. Anche quando sono altamente innovative, le PMI tendono a preferire l’innovazione incrementale (mid-tech) rispetto all’innovazione radicale (high-tech), propria del dominio digitale. Le PMI dipendono anche da prestiti bancari tradizionali per i finanziamenti, talvolta ostacolati dalla mancanza di garanzie o dalla storia creditizia. Possono essere create maggiori opportunità di finanziamento, in particolare per quanto riguarda il finanziamento con capitale proprio, che rimane meno sviluppato nell’UE rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti, dove molti finanziamenti sono disponibili in fasi in cui il debito non può essere rimborsato.

2.5.

La pandemia di COVID-19 ha accelerato i processi di trasformazione digitale: funzioni fondamentali per l’economia e la società, come il lavoro, gli scambi commerciali, l’istruzione, la comunicazione, l’intrattenimento, sono stati improvvisamente virtualizzati. Anche per le PMI la presenza digitale è divenuta una necessità per la sopravvivenza.

2.6.

La pandemia causata dalla COVID-19 ha inoltre ristretto i flussi di scambi e interrotto le catene del valore globali, mostrando la necessità e l’urgenza per l’Europa di acquisire gradi di indipendenza tecnologica assai superiori agli attuali. In questo senso si muovono le strategie dell’Unione europea in merito allo sviluppo di soluzioni autonome e fortemente competitive nelle tecnologie chiave per il futuro. Si tratta di scelte di policy che devono essere accolte con favore e incoraggiate. Sebbene siano stati compiuti diversi passi avanti, rimangono ancora importanti margini di miglioramento in termini di trasformazione digitale delle imprese, della PA e di altre organizzazioni.

2.7.

Il CESE ritiene che la capacità di produrre innovazione, come pure la capacità di diffonderla nella società e nell’economia, rappresenteranno i principali fattori critici di competitività per l’Unione europea entro il 2050. A tale scopo, è necessario che l’UE, come sostenuto dalla Commissione europea nel programma Europa digitale (1), sviluppi competenze distintive nella nuova generazione di tecnologie digitali come l’IoT (Internet delle cose), i big data, l’intelligenza artificiale, la robotica, il cloud computing o la blockchain e che queste tecnologie abilitanti entrino a far parte stabilmente dei modelli di business delle imprese europee, anche attraverso l’azione dei DIH. Per chiarezza, nel presente parere viene utilizzato l’acronimo DIH in riferimento sia ai DIH (poli dell’innovazione digitale) che agli EDIH (poli europei dell’innovazione digitale).

2.8.

Quanto affermato per la transizione digitale vale anche per la transizione verde. Le due fasi di transizione sistemica hanno molto in comune e fanno gravare sulle PMI un doppio onere (e naturalmente generano diverse opportunità, che devono essere valutate con attenzione).

2.9.

La digitalizzazione dell’industria europea avrà un impatto diretto sul raggiungimento degli obiettivi climatici del Green Deal e sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’agenda 2030. Tuttavia, i progetti digitali avanzati utilizzano anche quantità significative di energia, e il CESE ritiene che gli EDIH possano svolgere un ruolo importante nell’analisi dell’impatto sulla transizione verde. La produzione sostenibile e i modelli di business circolari in Europa possono essere realizzati solo con ingenti investimenti nelle nuove tecnologie emergenti.

2.10.

Queste sfide richiedono uno sviluppo rapido e impetuoso della capacità tecnologica dell’UE. Il CESE osserva che l’UE è ancora in ritardo in termini di investimenti in R&S rispetto al PIL (2,32 % nel 2020 rispetto al 3,08 % degli USA e al 3,2 % del Giappone) (2). Gli investimenti in R&S dovrebbero essere aumentati quanto prima fino al 3 % del PIL, per consentire all’UE di competere a livello mondiale nel mondo della transizione digitale.

2.11.

A livello europeo, le imprese, e non solo le PMI, faticano ad adottare nuove tecnologie. Il CESE (con più pareri adottati) ha già evidenziato che, per quanto la trasformazione digitale comporti notevoli opportunità per le imprese in tutta l’UE, molte di esse si trovano ancora costrette ad affrontare alcune barriere e incertezze giuridiche, soprattutto quando si tratta di attività transfrontaliere. Incertezze che, per molte PMI, si aggiungono alla mancanza di accesso ai finanziamenti o di risorse di investimento, nonché alla carenza di competenze.

2.12.

Occorre pertanto sviluppare e potenziare strumenti che possano aiutare le PMI a colmare tali lacune. I DIH rappresentano lo strumento principale per tale scopo. Il CESE ritiene importante che un maggior numero di imprese in Europa collabori con i DIH e che i risultati ottenuti siano meglio comunicati, in particolare alle PMI.

3.   Poli dell’innovazione digitale come infrastruttura per il sostegno alle PMI

3.1.

I poli dell’innovazione digitale (DIH) sono istituzioni di diversa natura (in termini organizzativi, di governance e di servizi forniti), diffuse in tutta Europa per aiutare le PMI ad affrontare la trasformazione digitale. I DIH (digital innovation hub o poli dell’innovazione digitale) funzionano come sportelli unici che forniscono analisi e soluzioni alle imprese per affrontare la duplice transizione.

3.2.

I DIH forniscono alle PMI servizi a valore aggiunto quali il miglioramento del livello delle competenze e la riqualificazione professionale, la consulenza in materia di innovazione, tecnologie, strategie, finanza, transizione verde ed economia circolare. Spesso costituiscono anche strutture e piattaforme tecnologiche per testare soluzioni tecnologiche prima di realizzare gli investimenti (test before invest).

3.3.

L’ampia rete di DIH in Europa è attualmente in fase di profonda ristrutturazione. Gli EDIH recentemente selezionati saranno finanziati per il 50 % da fondi del programma Europa digitale e per il 50 % da fondi nazionali e regionali e avranno come missione il sostegno alla digitalizzazione delle PMI e delle PA. A seguito dell’adozione del programma Europa digitale, i primi EDIH saranno operativi da settembre 2022. Gli attuali DIH continueranno ad operare a sostegno della trasformazione digitale delle PMI e dei territori attraverso risorse di Orizzonte Europa e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Il CESE ritiene che tale sovrapposizione di denominazioni possa ingenerare confusione presso i destinatari dei servizi.

3.4.

Il CESE ritiene che manchi una visione chiara del futuro sviluppo dei DIH. Pertanto, chiede che vengano introdotti chiari indicatori chiave di prestazione per misurare le prestazioni dei DIH nel corso del tempo, nonché per delineare come la strategia di digitalizzazione delle PMI stia progredendo a livello europeo. I DIH devono diventare una rete completa di sportelli unici per rispondere alle esigenze digitali delle PMI.

3.5.

Gli EDIH avranno dimensioni, governance e soprattutto missioni più omogenee. Avranno una buona capillarità territoriale e svilupperanno capacità specifiche e di alto livello nelle singole «tecnologie abilitanti fondamentali», come definite dal programma Europa digitale. Forniranno assistenza nella trasformazione digitale delle imprese, in particolare PMI e imprese di medie dimensioni (le cosidette mid-cap), e degli enti pubblici.

3.6.

Sebbene le tecnologie abilitanti fondamentali e l’approccio incentrato sull’alta tecnologia seguiti dalla Commissione europea per gli EDIH siano coerenti con gli obiettivi di competitività tecnologica dell’Europa enunciati nel programma Europa digitale, vi sono preoccupazioni per quanto riguarda la capacità di adattamento ai percorsi di innovazione delle PMI.

3.7.

Il CESE ritiene fondamentale che, nel disegno strategico di aumento della capacità digitale delle PMI, vi sia maggiore attenzione alle caratteristiche della domanda da parte di questa tipologia di imprese nonché dei potenziali problemi critici che emergono in tali processi di cambiamento radicale. Questo sia attraverso una maggiore capacità di ascolto dei bisogni delle PMI, sia attraverso la collaborazione di differenti portatori di interessi, incluse le grandi imprese, nei programmi di innovazione dedicati.

3.8.

Le PMI non dispongono di funzioni organizzative formali per innovazione e R&S e le modalità di innovazione sono prevalentemente legate al mid tech (integrazione di tecnologie consolidate) e all’innovazione incrementale (progressiva e più lenta dell’innovazione radicale dei contesti digitali), che si sviluppa anche attraverso modalità informali e semi-formali di scambio delle competenze e di sperimentazione con altre imprese, incluso all’interno di rapporti di sub-fornitura. Anche l’introduzione delle tecnologie chiave nelle PMI è immaginabile attraverso la costruzione di percorsi di sviluppo strategico e tecnologico che le ricomprendano.

3.9.

I processi di innovazione per le PMI richiedono pertanto un middle-layer («livello intermedio») tra domanda e offerta, orientato all’ascolto della domanda (anche debole) e all’individuazione di strumenti e soluzioni più adatti a fronte di un’offerta di risposte tecnologiche sovrabbondante e caotica. I DIH possono rappresentare questo middle-layer. È fondamentale svolgere un’attività di sensibilizzazione in merito all’importante ruolo che possono svolgere gli EDIH.

3.10.

I risultati conseguiti dai DIH a tale proposito possono essere già considerati positivi. Scrive la BEI: «I dati raccolti dimostrano che i Digital Innovation Hub hanno un ruolo fondamentale nel supportare le PMI europee nella trasformazione digitale. […] Più del 70 % delle imprese analizzate tra quelle che hanno utilizzato i DIH ritiene infatti di avere ricevuto assistenza utile e di avere migliorato la loro esperienza digitale».

3.11.

I DIH possono inoltre svolgere un ruolo molto importante nella promozione della digitalizzazione delle imprese dell’economia sociale, in particolare per quelle imprese sociali che operano nel settore del welfare e dell’assistenza domiciliare, dove le tecnologie digitali possono contribuire al miglioramento dei servizi, rispondendo alle esigenze delle persone con disabilità.

4.   Proposte per il miglioramento delle policy europee per l’innovazione digitale delle PMI

4.1.

Il CESE esprime apprezzamento per l’attenzione rivolta alle PMI e la quantità di politiche e programmi destinati al loro sostegno. Tuttavia, osserva che l’approccio complessivo della Commissione europea non è sufficientemente incentrato sui processi e sulle esigenze delle PMI. Inoltre, non tutte queste politiche sono attuate a livello nazionale e vi è un notevole divario nella comunicazione in merito a tali strumenti tra le PMI. La sensibilizzazione sulle iniziative europee e nazionali deve diventare una priorità e la responsabilità deve essere condivisa tra le istituzioni europee e gli Stati membri.

4.2.

Il CESE ritiene che per l’attuazione delle missioni dei DIH sia necessario garantire finanziamenti adeguati attraverso il ricorso a diverse fonti, dai programmi di sostegno allo sviluppo d’impresa e alla R&I a livello regionale, nazionale ed europeo alla finanza agevolata per le imprese, alla partecipazione a bandi. Sul versante delle PMI, è necessario prevedere la possibilità di accedere a incentivi fiscali legati agli investimenti in innovazione digitale e sulle competenze correlate.

4.3.

Il CESE ritiene che i DIH debbano svolgere una funzione chiave per l’ordinato e omogeneo sviluppo economico e occupazionale dell’UE su come accompagnare la duplice transizione, digitale ed ecologica, delle PMI e che per questo debbano sviluppare anche l’offerta di servizi cosiddetti «non market», come parte delle attività di formazione e di sensibilizzazione, e che i costi di queste attività di rilevanza pubblica debbano essere coperti da finanziamenti pubblici.

4.4.

Il CESE ritiene che i DIH debbano innanzitutto svolgere il ruolo di integratori di sistema tra le esigenze delle PMI e l’offerta di soluzioni tecnologiche. A tale scopo è fondamentale che, ancor prima di sviluppare competenze specifiche in singole tecnologie chiave, proprie di altre entità della R&I (centri di ricerca, università, grandi aziende), i DIH sviluppino capacità di operare come piattaforme locali di innovazione, integrando le competenze e le risorse dei network locali di innovazione (ed eventualmente quelle esterne ad essi) nonché le domande/opportunità che emergono dai sistemi produttivi locali.

4.5.

Il CESE ritiene che i DIH debbano, a fronte di una standardizzazione dei processi e di incentivi alla cooperazione transfrontaliera e alla condivisione di conoscenze, esperienze e pratiche anche attraverso una piattaforma digitale condivisa, focalizzare la loro attenzione sul supporto alle economie regionali e ai sistemi locali di PMI. Il CESE suggerisce pertanto una mappatura regionale degli hub esistenti, in collaborazione con le organizzazioni dei datori di lavoro delle PMI, e un piano d’azione incentrato sullo sviluppo regionale e su una maggiore inclusione e partecipazione.

4.6.

Il CESE osserva che permangono differenze nella distribuzione dei DIH tra le regioni europee, con ritardi negli stessi paesi dell’Europa orientale e sudorientale che negli ultimi anni hanno registrato un basso tasso di sviluppo della digitalizzazione. In un precedente parere, il CESE ha affermato che «una priorità ben precisa consisterà nell’affrontare il divario digitale. […] La pandemia ha evidenziato sia le opportunità che gli svantaggi della comunicazione digitale, in particolare per coloro che vivono nelle zone rurali». La riduzione delle disparità tra Stati membri e regioni è di vitale importanza per il progresso dell’UE.

4.7.

Il CESE ritiene che, per incentivare la transizione digitale e la transizione ecologica delle PMI, debbano essere correttamente presidiate e indirizzate due dimensioni fondamentali: le competenze digitali diffuse e la cooperazione fra imprese, a partire dalle filiere produttive e dalle catene di approvvigionamento.

4.8.

Le competenze digitali sono un fattore critico, in particolare per le PMI, per le quali rappresentano oggi il principale freno alla compiuta digitalizzazione, anche in presenza di solidi schemi di incentivazione finanziaria agli investimenti. Per le PMI, il miglioramento del livello delle competenze e la riqualificazione professionale coinvolgono sia la forza lavoro impiegata che gli imprenditori direttamente attivi nei processi produttivi e nelle scelte di innovazione e di investimento. La mancanza di competenze digitali degli imprenditori impedisce che essi colgano le opportunità offerte dal digitale e rappresenta un grave freno alla competitività dell’impresa, con ricadute occupazionali negative.

4.9.

Le PMI non dispongono di funzioni organizzative formali per innovazione e R&S e le modalità di innovazione sono prevalentemente legate al mid tech (integrazione di tecnologie consolidate) e all’innovazione incrementale (progressiva e più lenta dell’innovazione radicale dei contesti digitali), che si sviluppa anche attraverso modalità informali e semi-formali di scambio delle competenze e di sperimentazione con altre imprese, incluso all’interno di rapporti di sub-fornitura. Anche l’introduzione delle tecnologie chiave nelle PMI è immaginabile attraverso la costruzione di percorsi di sviluppo strategico e tecnologico che le ricomprendano.

4.10.

I sindacati, le organizzazioni non governative e della società civile, le associazioni di datori di lavoro e le autorità pubbliche, il cui ruolo guida deve dirigere la missione e le strategie dei DIH, devono collaborare per sviluppare programmi di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione professionale, di apprendimento permanente e di formazione professionale che garantiscano la continuità dell’occupabilità della forza lavoro, posti di lavoro dignitosi nonché salari e diritti sociali. I lavoratori devono svolgere un ruolo guida nei processi di trasformazione digitale, e deve inoltre essere garantita la parità di genere. Il dialogo sociale è fondamentale a tal fine e deve essere sostenuto per individuare le esigenze a breve e medio termine, nonché gli effetti politici a lungo termine.

4.11.

La cooperazione tra grandi imprese e PMI, a partire dalle filiere produttive e dalle catene di approvvigionamento, può portare l’innovazione digitale a nuovi livelli, superando molte barriere di conoscenza, standardizzazione e costi.

4.12.

Il CESE ritiene che il futuro ruolo strategico degli EDIH dipenda da due fattori: la capacità di trasmettere ai responsabili politici le esigenze, i vincoli e le opportunità delle PMI in materia di R&S&I, al fine di elaborare più efficacemente politiche in grado di promuovere la pertinenza e la qualità delle PMI; e la capacità di rafforzare il nostro ecosistema sociale e imprenditoriale, contribuendo a renderlo più resiliente e proiettato verso il futuro.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Regolamento (UE) 2021/694 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2021, che istituisce il programma Europa digitale e abroga la decisione (UE) 2015/2240 (GU L 166 dell'11.5.2021, pag. 1).

(2)  https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=R&D_expenditure&oldid=551418


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/88


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso una strategia sostenibile dell’UE in materia di proteine vegetali e olio vegetale»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/13)

Relatore:

Lutz RIBBE

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

5.10.2022

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

158/2/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Nell’UE il settore zootecnico (carne, prodotti lattiero-caseari, uova) è una componente importante dell’agricoltura dal punto di vista economico, che tuttavia negli ultimi anni si trova sempre più al centro di un ampio dibattito sociale, a causa, tra l’altro, dell’impatto ambientale a livello sia regionale che globale dell’allevamento intensivo, ma anche della forte dipendenza del settore dalle importazioni di mangimi. Quest’ultimo aspetto solleva tutta una serie di preoccupazioni in merito alla sicurezza dei mangimi utilizzati e degli alimenti consumati nell’UE. In particolare, è notevole la dipendenza dell’UE dalle importazioni per quanto riguarda le piante ad alto contenuto proteico (circa il 75 %).

1.2.

Oltre a richiedere implicitamente lo sfruttamento di terreni coltivabili al di fuori dell’UE, il settore dell’allevamento impegna anche una parte considerevole di terreni coltivabili nell’Unione. Circa il 50 % del raccolto viene infatti utilizzato come mangime per la produzione di prodotti di origine animale, e meno del 20 % viene invece destinato direttamente all’alimentazione umana basata su prodotti vegetali.

1.3.

Da anni si parla di una «strategia europea per le proteine», ma finora si sono registrati ben pochi progressi nello sviluppo delle colture proteiche in Europa. Con il presente parere, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) intende fornire orientamenti su quali aspetti aggiuntivi debbano essere presi in considerazione.

1.4.

Il CESE osserva che nell’UE l’approvvigionamento di proteine è insufficiente non tanto nel settore delle vere e proprie derrate alimentari (vegetali) (il comparto food, ossia «alimenti»), quanto, e soprattutto, in quello degli alimenti composti (il comparto feed, ossia «mangimi»). Esistono numerosi validi motivi per ampliare la produzione di proteine nell’UE e, soprattutto, per sfruttare maggiormente i pascoli per l’alimentazione del bestiame. Nonostante le potenzialità esistenti, tuttavia, su un piano puramente quantitativo non sarà possibile sostituire completamente le ingenti importazioni di proteine con una produzione europea senza incidere in modo sostanziale su altri settori della produzione agricola.

1.5.

Il CESE sottolinea inoltre che l’espansione della coltivazione di colture oleaginose nell’UE potrebbe anche comportare effetti positivi, come l’autosufficienza in termini di carburante per trattori, una maggiore disponibilità di panelli di semi oleosi che offrono un potenziale eccellente in termini di mangimi proteici e un aumento della rotazione delle colture.

1.6.

Vi è poi da considerare un fattore limitante assoluto, ossia la superficie agricola disponibile. Sia nell’agricoltura tradizionale che in quella biologica si adottano continuamente misure innovative per aumentare la produttività, ma anche così si sta raggiungendo il limite in termini di volume. Il CESE considera della massima urgenza che l’UE elabori uno studio a livello europeo sul potenziale e sulla quota di terreno delle colture proteaginose e oleaginose che potrebbero essere coltivate all’interno dell’Unione.

1.7.

Un elemento cruciale della «strategia europea per le proteine» consiste nel rendere l’allevamento del bestiame nel suo complesso compatibile con gli obiettivi dell’Unione e delle Nazioni Unite in termini di sicurezza alimentare a livello europeo e mondiale, di autonomia dell’approvvigionamento e di sostenibilità. L’aumento delle colture proteaginose nell’UE è solo un aspetto del problema. A livello globale, uno sviluppo che porti il consumo medio mondiale pro capite di carne e prodotti lattiero-caseari a un livello vicino a quello attuale delle economie sviluppate appare incompatibile con gli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite.

1.8.

Una strategia europea in materia di proteine e olio dovrebbe inoltre contribuire allo sviluppo sostenibile delle zone rurali in linea con la visione a lungo termine dell’UE per le zone rurali, ad esempio attraverso lo sviluppo di nuove catene del valore regionali autosufficienti.

1.9.

In Germania, la Commissione per il futuro dell’agricoltura (Zukunftskommission Landwirtschaft — ZKL) istituita dal governo federale, in cui erano rappresentati tutti i pertinenti portatori di interessi, ha elaborato proposte per un sistema agroalimentare sostenibile con un approccio olistico comprendente anche il settore zootecnico. La commissione ha proposto di apportare cambiamenti nei metodi di produzione, da attuare attraverso un insieme di strumenti (remunerazione mediante i mercati e premi), in modo da agevolare l’adattamento da parte del maggior numero possibile di agricoltori. Il CESE invita la Commissione europea a esaminare nel dettaglio il formato di tale processo e a valutare se non sia appropriato trarne spunto o avvalersene anche per l’elaborazione di una strategia europea per le proteine.

1.10.

Una strategia per le proteine intesa anche a favorire il conseguimento degli obiettivi di autonomia strategica dell’approvvigionamento dovrebbe includere i seguenti elementi:

promuovere la ricerca e l’innovazione nel settore delle proteine vegetali lungo l’intera catena del valore e per un uso ottimizzato e orientato alle esigenze delle fonti di proteine vegetali;

sviluppare e promuovere maggiormente il potenziale di produzione di proteine nell’UE;

rafforzare la produzione interna sostenibile di proteine vegetali, prodotte conformemente agli elevati standard europei;

sviluppare e ampliare le catene del valore regionali e le capacità regionali di trasformazione;

collaborare costantemente con le istituzioni e le organizzazioni agricole per promuovere la coltivazione e l’uso di proteine vegetali nazionali nell’industria alimentare e dei mangimi;

aumentare ulteriormente il potenziale delle colture migliorando e ampliando le strategie di allevamento;

rafforzare l’istruzione e i servizi di consulenza e il trasferimento delle conoscenze;

consentire e facilitare la produzione di colture proteiche nelle aree di interesse ecologico;

realizzare un collegamento più stretto tra allevamento del bestiame e potenziale regionale in termini di produzione di mangimi;

applicare in maniera coerente i limiti di emissione esistenti (nitrati nelle acque superficiali e sotterranee, ammoniaca ecc.); internalizzare i costi esterni;

promuovere in modo specifico il benessere degli animali attraverso l’informazione dei consumatori e l’etichettatura dei prodotti;

definire norme di produzione e qualità in relazione agli effetti sulla salute e sull’ambiente dell’introduzione di prodotti in concorrenza con quelli di produzione europea;

realizzare una campagna informativa parallela sulle conseguenze per l’ambiente e la salute delle diverse abitudini alimentari.

2.   Introduzione e contesto

2.1.

La politica e le pratiche agricole dell’UE hanno permesso di ottenere risultati positivi in termini di produzione alimentare, ma adesso si concentrano maggiormente — fra l’altro, con la strategia «Dal produttore al consumatore» — sugli aspetti riguardanti la sostenibilità e il conseguimento degli obiettivi del Green Deal e di quelli di sviluppo sostenibile. Al più tardi dall’inizio della pandemia di COVID-19 e della guerra in Ucraina, l’attenzione è stata rivolta inoltre all’obiettivo di un’«autonomia strategica per quanto concerne l’approvvigionamento».

2.2.

Nell’UE il settore zootecnico (carne, prodotti lattiero-caseari, uova) è una componente importante dal punto di vista economico, che tuttavia negli ultimi anni si trova sempre più al centro di un ampio dibattito sociale; un aspetto di tale dibattito è la forte dipendenza dalle importazioni di mangimi.

2.3.

Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione su Una strategia europea per promuovere le colture proteiche (1), parla di un «deficit importante in termini di proteine vegetali a causa delle esigenze del proprio settore zootecnico» e sostiene che la situazione «ha visto miglioramenti ridotti, […] nonostante l’utilizzo di coprodotti derivanti dalla produzione di biocarburanti nei mangimi animali». «Solo il 3 % della superficie coltivabile è destinato alle colture proteiche mentre l’Unione importa oltre il 75 % del suo approvvigionamento di proteine vegetali soprattutto dal Brasile, dall’Argentina e dagli Stati Uniti» (2), sebbene la produzione totale di materie ricche di proteine nell’UE sia passata da 24,2 a 36,3 milioni di tonnellate (+ 50 %) dal 1994 al 2014; nel contempo, invece, i consumi sono passati da 39,7 a 57,1 milioni di tonnellate (+ 44 %) (3). Decisioni politiche come l’«accordo di Blair House» sono state determinanti per creare tali dipendenze.

2.4.

Un ruolo particolare, assolutamente fondamentale per l’industria foraggiera, è svolto (4) dalla «farina di soia, che è un ingrediente privilegiato nella formulazione dei mangimi composti, grazie al suo elevato contenuto proteico (oltre il 40 %), al contenuto di aminoacidi e alla sua disponibilità per tutto l’anno, che limita la necessità di frequenti riformulazioni» (5). Il consumo di soia in Europa è passato da 2,4 milioni di tonnellate nel 1960 a quasi 36 milioni di tonnellate all’anno. Per soddisfare questa enorme domanda di soia, si utilizza una superficie di circa 15 milioni di ettari, «di cui 13 milioni in America meridionale» (6), un’estensione superiore a quella dell’intera superficie coltivabile della Germania (11,7 milioni di ettari) (7). La maggior parte della soia importata (circa il 94 %) è costituita da varietà geneticamente modificate.

2.5.

Le colture ad alto contenuto proteico (superiore al 15 %) menzionate nel documento della Commissione (8)«rappresentano circa un quarto dell’approvvigionamento totale di proteine vegetali grezze nell’UE. Sebbene contribuiscano in modo significativo all’approvvigionamento totale di proteine vegetali dell’UE, i cereali e i pascoli» non sono sorprendentemente presi in considerazione dalla Commissione nella riflessione strategica sulle proteine vegetali «a causa di un basso contenuto proteico e di una scarsa rilevanza per il mercato» (9): un’argomentazione, questa, che il CESE non può accettare.

2.6.

L’elevato volume di importazioni, segnatamente di soia, è dovuto principalmente al fatto che la produzione di questo legume è molto più economica negli Stati Uniti e in America meridionale, in virtù delle condizioni naturali di coltivazione, nonché di norme ambientali e sociali che talvolta sono decisamente meno rigorose, come testimoniano ad esempio il disboscamento delle foreste naturali in America meridionale e l’espulsione delle popolazioni indigene, ma anche dei piccoli agricoltori (10). Il CESE accoglie con favore il riconoscimento del problema da parte della Commissione e il suo impegno a favore di «catene di approvvigionamento […] a deforestazione zero» (11).

Né nelle recenti proposte di riforma della PAC né nei negoziati con i paesi del Mercosur l’UE ha intrapreso iniziative sufficienti in tal senso, in grado cioè di portare a un’effettiva riduzione della dipendenza dalle importazioni.

2.7.

A tale proposito, giova ricordare che, nel quadro della PAC attuale, la coltivazione di piante proteaginose ha beneficiato in particolare delle cosiddette aree di interesse ecologico, un concetto destinato a scomparire dopo la riforma: «Le colture a fissazione di azoto sono state il tipo di area di interesse ecologico più dichiarato»; il 37 % (!) delle aree di interesse ecologico è stato utilizzato a tal fine. Dato che la valutazione dei piani strategici nazionali presentati per l’attuazione della nuova PAC è ancora in corso, il CESE non può affermare se questi porteranno a un miglioramento o un peggioramento. Benché gli Stati membri dispongano di una serie di opzioni (tra cui, in particolare, i pagamenti accoppiati) per promuovere le colture, le prime analisi fanno temere a) che non tutti gli Stati membri vi ricorreranno e b) che l’ampiezza dei finanziamenti non risulti sufficientemente attraente.

2.8.

La posizione del CESE è chiara: «migliorare l’autonomia proteica dell’UE […] rappresenta un obiettivo auspicabile sotto tutti i punti di vista. Le importazioni di semi di soia da paesi terzi, infatti, possono provocare deforestazione, degrado forestale e distruzione di ecosistemi naturali in alcuni paesi produttori. Lo sviluppo della produzione di legumi e leguminose dall’elevato contenuto proteico nell’Unione limiterebbe il ricorso alle importazioni ed eserciterebbe pertanto un impatto positivo sul clima e sull’ambiente» (12).

2.9.

Tale posizione è ampiamente condivisa. Peraltro, in seno all’UE si discute da tempo della necessità di una «strategia europea per le proteine» appropriata, benché finora non si sia andati molto oltre l’impegno a espandere le colture proteiche in Europa e gli strumenti citati al punto 2.7. Un’efficace strategia europea per le proteine è quindi ancora ben lungi dall’essere sviluppata.

2.10.

Dall’inizio della pandemia di COVID-19 e successivamente con la guerra in Ucraina, è diventato evidente che la divisione mondiale del lavoro e i rapporti commerciali su scala globale non hanno unicamente conseguenze positive. Essi possono dar luogo a problemi finora mai affrontati o affrontati in misura insufficiente. Il nuovo orientamento è garantire «l’autonomia strategica dell’approvvigionamento». Che la penuria riguardi l’approvvigionamento di mascherine, farmaci, semiconduttori o fonti di energia fossili quali gas, petrolio o carbone, le dipendenze possono provocare gravi perturbazioni economiche e sociali.

2.11.

La guerra in Ucraina e le sue prevedibili conseguenze a lungo termine avranno un impatto duraturo sul settore agricolo, sia europeo che mondiale, così come sull’industria alimentare europea, e impongono di effettuare una serie di cambiamenti.

2.12.

Nella risoluzione sul tema La guerra in Ucraina e il suo impatto economico, sociale e ambientale (13), il CESE sottolinea «che il conflitto comporterà inevitabilmente gravi conseguenze per il settore agroalimentare dell’UE, e sarà quindi necessario un sostegno supplementare» e che «l’UE deve impegnarsi in misura maggiore ad assicurare sistemi alimentari sostenibili e […] in particolare, l’UE deve migliorare la propria sicurezza alimentare riducendo la dipendenza dalle importazioni di fattori di produzione e prodotti agricoli chiave».

2.13.

Nel contempo, il CESE sottolinea «che gli effetti della guerra non dovrebbero compromettere l’azione per il clima e la sostenibilità» e che gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sono intesi a promuovere anche la pace, la sicurezza e la riduzione della povertà. Attraverso il Green Deal europeo verrebbero compiuti progressi nell’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e di una transizione giusta.

2.14.

Anche i capi di Stato e di governo dell’UE si sono pronunciati al riguardo, e nella dichiarazione di Versailles dell’11.3.2022 hanno affermato: «miglioreremo la nostra sicurezza alimentare riducendo la dipendenza dalle importazioni di fattori di produzione e prodotti agricoli chiave, in particolare aumentando la produzione di proteine di origine vegetale nell’UE» (14).

3.   Fatti e tendenze

3.1.

Il CESE ritiene che, nell’elaborazione di una strategia europea globale per le proteine, si dovranno trattare e prendere in considerazione in misura molto maggiore le questioni di rilevanza sistemica. In tale ambito si dovrà chiarire come valutare l’attuale sistema sul piano dell’autonomia strategica dell’approvvigionamento europeo, nonché sotto il profilo della sostenibilità dal punto di vista sia globale che regionale, come pure dei vantaggi e degli svantaggi che comporta per gli agricoltori, i consumatori, l’ambiente e il bestiame. Sarà altresì necessario prendere in considerazione le tendenze attuali che hanno un impatto sull’approvvigionamento di proteine.

Alimenti, combustibili o mangimi — Che cosa coltiviamo e che cosa viene fatto delle colture agricole?

3.2.

Senza le ingenti importazioni di proteine, l’attuale abbondante produzione di carne in Europa non sarebbe possibile, anche se gran parte del raccolto agricolo viene già adesso destinata all’alimentazione animale. In Germania, ad esempio, tale destinazione riguarda quasi due terzi (!) dei raccolti complessivi, vale a dire la quasi totalità dei pascoli (ovviamente non utilizzabili direttamente per il consumo umano) e il 60 % della produzione di mais e cereali (15). Il secondo uso più importante del raccolto in termini di volume non riguarda gli alimenti vegetali, ma la produzione di energia (mais per il biogas, colza per il biodiesel e cereali e barbabietole da zucchero per il bioetanolo). L’utilizzo diretto delle colture come alimenti di origine vegetale figura soltanto al terzo posto. Gli alimenti di origine vegetale consumati in Germania — essenzialmente cereali panificabili, patate, zucchero, olio di colza e ortaggi da campo — rappresentano solo l’11 % della produzione vegetale totale!

3.3.

Anche il 93 % delle proteine vegetali importate è destinato alla produzione di mangimi. E proprio queste importazioni, così come l’entità e l’intensità della produzione di carne, negli ultimi anni sono diventate oggetto di un ampio dibattito sociale.

3.4.

Due aspetti vanno innanzitutto evidenziati: in primo luogo, nell’UE una penuria di proteine non si registra tanto nel settore delle vere e proprie derrate alimentari (vegetali) (comparto food, ossia «alimenti»), quanto, e soprattutto, in quello degli alimenti composti (comparto feed, ossia «mangimi»). In secondo luogo, non sarà possibile sostituire completamente le ingenti importazioni di proteine con una produzione europea senza incidere in misura sostanziale su altri settori produttivi agricoli.

3.5.

Vi è poi da considerare un fattore limitante assoluto, ossia la superficie agricola disponibile. Sia nell’agricoltura tradizionale che in quella biologica si adottano continuamente misure innovative per aumentare la produttività, ma anche così si sta raggiungendo il limite in termini di volume. In esito a un’analisi dettagliata, l’Associazione delle industrie tedesche della lavorazione dei semi oleosi (Verband der ölsaatenverarbeitenden Industrie in Deutschland, OVID) è giunta pertanto alla conclusione che è necessario continuare a garantire i canali di approvvigionamento di questi vettori proteici, perché raggiungere una completa autosufficienza con le proteine prodotte a livello nazionale rimane un obiettivo irrealistico (16).

3.6.

Tali affermazioni di base non devono essere fraintese: esistono diversi validi motivi per promuovere in modo incisivo una maggiore diffusione delle colture proteiche e oleaginose nell’UE. Esse, infatti, fissano l’azoto nel suolo, riducono il fabbisogno di azoto minerale, migliorano la qualità e la fertilità del terreno, contribuiscono positivamente alla protezione del clima (ad esempio comportando meno esigenze di trasporto, meno deforestazione, minore utilizzo dei fattori di produzione). Sistemi di rotazione delle colture più estesi riducono le infestazioni di parassiti e hanno effetti positivi in termini di biodiversità. Attualmente, soltanto una percentuale molto limitata (circa il 3 %) delle superfici agricole è destinata alle colture proteiche. Tuttavia, l’espansione — in sé molto utile — di tali colture avviene inevitabilmente a scapito di altri tipi di coltivazione, ad esempio altre colture alimentari o energetiche, o si pone in concorrenza ad esempio con altre misure di protezione ambientale.

Tendenze attuali

3.7.

È pertanto opportuno descrivere e analizzare le tendenze che in futuro potrebbero avere effetti sull’allevamento di bestiame e sull’alimentazione degli animali, e quindi sul fabbisogno e sulla qualità delle proteine.

3.7.1.

Da un lato, si assiste già a un cambiamento nel comportamento dei consumatori e nei consumi. Sono sempre più numerose, infatti, le persone che riducono il consumo di carne o vi rinunciano completamente. L’elevato consumo di carne in Europa è nel frattempo messo in discussione anche per ragioni nutrizionali. In taluni Stati membri si osserva già una diminuzione del consumo di carne (17). Una tendenza che emerge chiaramente non soltanto dai dati statistici, ma anche solo dall’osservazione degli scaffali dei supermercati, dove compaiono sempre più spesso «prodotti sostitutivi della carne» a base di proteine vegetali.

3.7.2.

Una seconda tendenza può essere riassunta nel motto «meno carne, ma di qualità»: i programmi che puntano maggiormente sul benessere degli animali e sulla regionalità sono in aumento, il che ha effetti anche sull’alimentazione degli animali. I consumatori sono sempre più attenti a come vengono allevati gli animali e al fatto che, ad esempio, questi siano alimentati con mangimi di produzione locale e/o non geneticamente modificati, abbiano accesso al pascolo ecc. Nell’UE si rileva al riguardo già un elevato grado di differenziazione.

3.7.3.

In passato, tale tendenza è stata descritta come «di nicchia», ma all’orizzonte si profilano cambiamenti importanti: molte grandi catene di supermercati in diversi Stati membri stanno già rendendo progressivamente più rigorosi i requisiti di benessere animale e sostenibilità ambientale relativi ai prodotti a base di carne fresca. Altri cambiamenti radicali sono imminenti: a partire dal 2030, alcune grandi catene di supermercati «discount» si riforniranno unicamente di carne fresca proveniente da animali allevati all’aperto e da allevamenti di qualità. Il cambiamento riguarda tutti i tipi di carne (manzo, maiale, pollo e tacchino).

3.7.4.

Anche l’espansione prevista o già in atto dell’agricoltura biologica nell’UE avrà effetti sull’approvvigionamento di foraggio (e sull’importazione di soia). Secondo i dati della Commissione europea, la produzione zootecnica biologica è cresciuta finora del 10 % all’anno. L’obiettivo del 25 % della strategia «Dal produttore al consumatore» offrirebbe un ulteriore impulso in tal senso se i mercati si sviluppassero di conseguenza, e questo è un aspetto cui la PAC intende contribuire. Poiché a livello mondiale soltanto il 6 % dei semi di soia è commercializzato come soia non modificata geneticamente, le aziende agricole devono cercare alternative e/o puntare maggiormente su foraggi di produzione propria.

3.7.5.

Anche nel settore lattiero-caseario sono già in atto cambiamenti evidenti: in numerosi Stati membri il mercato del commercio al dettaglio dei prodotti alimentari richiede latte e prodotti lattiero-caseari provenienti da caseifici che non impiegano l’ingegneria genetica per l’alimentazione delle mucche. A titolo esemplificativo, in Germania non viene più utilizzata la farina di soia per l’alimentazione animale per circa il 70 % della produzione di latte. E il relativo mercato inizia a differenziarsi — ad esempio tra latte di pascolo, latte fieno e latte di montagna. Tuttavia, i prodotti lattiero-caseari continuano a rappresentare, anche per il futuro, un apporto proteico insostituibile e accessibile a tutti in una dieta equilibrata per tutte le fasce di età della popolazione.

3.7.6.

Va a tale proposito ricordata anche la relazione informativa del CESE sul tema Benefici dell’allevamento estensivo e dei fertilizzanti organici nel contesto del Green Deal europeo (18), nella quale l’allevamento estensivo (basato su prati e pascoli permanenti) viene elogiato non soltanto per la sua importanza specifica in termini di biodiversità e di altri vantaggi ambientali e paesaggistici, ma anche perché è fondamentale «nel fornire alimenti sostenibili, sani, sicuri e di ottima qualità […], in particolare con una popolazione mondiale in crescita». La necessità di tenere maggiormente conto del «ruolo dei pascoli e/o del trifoglio come importante fonte di proteine per i ruminanti» viene ribadita anche in un altro parere del Comitato (19).

3.7.7.

Un altro sviluppo, completamente diverso e che può avere conseguenze economiche disastrose per l’agricoltura, l’allevamento tradizionale e l’intero sistema agroalimentare del settore, è quello rappresentato dalla cosiddetta «carne coltivata» (in laboratorio) che, tuttavia, non ha nulla a che vedere con la carne, ma è un prodotto industriale fabbricato all’interno di bioreattori. L’impulso in tal senso non proviene né dai consumatori né dagli agricoltori, bensì da grandi multinazionali come Cargill, Tyson Foods o Nestlé. Tali multinazionali conducono ricerche e sviluppano pratiche per produrre tessuti artificiali all’interno di bioreattori industriali. Esse sostengono di poter fare in un bioreattore ciò che gli agricoltori fanno da sempre, dalla notte dei tempi, grazie alla pratica dell’allevamento tradizionale (cioè sostanzialmente far crescere le cellule), ma con un consumo assai inferiore di terra, mentre permangono dubbi quanto al risparmio di acqua e di altre risorse utilizzate, come pure incognite sulla «qualità» e sui relativi costi di produzione. Il CESE chiede che sia avviato un ampio dibattito sociale in merito alle preoccupazioni legate a tale potenziale sviluppo e alle sue conseguenze negative per gli allevatori e la filiera di produzione della carne, conseguenze che rischiano di danneggiare le economie e i livelli occupazionali di tutti gli Stati membri e dell’Unione europea nel suo complesso.

Reazioni del mondo politico

3.8.

Nel frattempo, si registrano reazioni evidenti da parte del mondo politico, alcune delle quali vanno addirittura al di là della strategia «Dal produttore al consumatore» e sono emerse in un contesto sociale completamente diverso. In Germania, ad esempio, il governo federale ha istituito, nel luglio 2020, una «Commissione per il futuro dell’agricoltura» (Zukunftskommission Landwirtschaft — ZKL), composta da 32 membri in rappresentanza di una gamma molto eterogenea di componenti della società, compresi il mondo scientifico e le organizzazioni agricole tradizionali. L’obiettivo era elaborare una visione del sistema agroalimentare futuro che fosse accettata da ampie fasce della società. Nel giugno 2021 le raccomandazioni sono state approvate all’unanimità e pubblicate. Esse si basano su un principio comune: la responsabilità ecologica e (zoo-)etica dell’agricoltura può essere migliorata nel modo più efficace e duraturo trovando la maniera di incentivare finanziariamente i metodi di produzione più sostenibili, mediante l’introduzione di nuovi strumenti che li rendano economicamente redditizi.

3.9.

In relazione al settore zootecnico, la ZKL segue le raccomandazioni della Rete di competenze per l’allevamento animale (Kompetenznetzwerkes Nutztierhaltung), istituita dal ministero federale dell’Agricoltura tedesco. Le loro proposte, pubblicate nel febbraio 2020 (20), delineano una strategia di trasformazione volta a trasformare l’allevamento con un aumento sostanziale dei livelli di benessere degli animali. Le misure includono il finanziamento attraverso tasse o imposte, in combinazione con prezzi di mercato più elevati e la concessione di premi legati a un’etichettatura obbligatoria per gli allevamenti con norme corrispondenti ben precise in materia di allevamento. In questo modo si offrono prospettive economiche agli agricoltori interessati. Tale strategia di trasformazione dovrebbe avere come risultato quello di garantire il sostentamento delle aziende zootecniche riducendo al contempo il numero di capi di bestiame.

3.10.

In sintesi, le attuali forme di allevamento in Europa differiscono, talvolta in modo sostanziale, sia in termini di domanda di importazioni (in particolare di soia) sia in termini di impatto regionale sull’ambiente. Mentre le forme di allevamento ecologico più tradizionali o estensive, legate alla terra, si basano per lo più su fattori di produzione e mangimi regionali, hanno impatti ambientali limitati e, in una certa misura, sono persino imprescindibili per il mantenimento di paesaggi culturali, l’attuale e crescente volume di allevamenti intensivi grava sull’ambiente regionale e — nonostante la già ampia domanda di terreni coltivabili all’interno dell’UE — si basa in gran parte su mangimi importati, la cui coltivazione ha enormi conseguenze nei paesi d’origine (contribuendo, tra l’altro, alla deforestazione globale e ai cambiamenti climatici, oltre che agli squilibri sociali).

3.11.

Un elemento cruciale della strategia europea per le proteine consiste pertanto nel rendere l’allevamento del bestiame nel suo complesso compatibile con gli obiettivi dell’Unione e delle Nazioni Unite in termini di sicurezza alimentare a livello europeo e mondiale, di autonomia dell’approvvigionamento e di sostenibilità. L’aumento delle colture proteaginose nell’UE è soltanto un aspetto di tale strategia, ma uno sviluppo a livello globale per cui il consumo medio mondiale pro capite di carne e prodotti lattiero-caseari si avvicina all’attuale livello delle economie sviluppate appare incompatibile con gli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite. Una riduzione dei capi di bestiame è pertanto inevitabile.

3.12.

In linea di principio, la ZKL ha già condotto una valutazione di questo tipo dell’attuale sistema agroalimentare e lo ha fatto nel contesto di un processo di dibattito sociale che merita di essere analizzato in modo più approfondito da altri Stati membri dell’UE e dalla stessa Commissione europea. Da un lato, la ZKL riconosce gli indubbi benefici che l’agricoltura apporta alla società, ma dall’altro esamina criticamente su cosa si basino gli sviluppi produttivi degli ultimi anni e quali conseguenze abbiano avuto: «il rovescio della medaglia di tale progresso sono forme di sfruttamento eccessivo della natura e dell’ambiente, degli animali e dei cicli biologici, nonché perturbazioni pericolose del sistema climatico. Allo stesso tempo, l’agricoltura è anche alle prese con una crisi economica. Diversi fattori, anche di carattere politico, hanno portato a pratiche economiche che non sono sostenibili sotto il profilo ecologico, economico o sociale. […] Alla luce dei costi esterni che le forme di produzione prevalenti comportano, è escluso che l’attuale sistema agroalimentare possa continuare a esistere invariato, per motivi ecologici e di etica animale, oltre che economici» (21).

4.   Esigenze: approvvigionamento sostenibile di proteine e rafforzamento del ruolo delle colture oleaginose

4.1.

In un’Europa in cui l’autonomia dell’approvvigionamento è sempre più riconosciuta come un obiettivo strategico, i paragoni con la politica energetica sono certamente appropriati: la dipendenza dalle importazioni dovrebbe essere limitata il più possibile, e la priorità dovrebbe consistere nel soddisfare il fabbisogno in maniera sostenibile con le proprie risorse.

4.2.

A differenza del settore energetico, in cui le nuove tecnologie (eolico, solare, biomassa, idrogeno ecc.) possono riuscire a compensare la carenza di combustibili fossili, il settore alimentare globale deve adeguare la produzione e il consumo al potenziale di un capitale naturale finito (principalmente la terra, ma anche la biodiversità). È dunque necessario definire le priorità in relazione alla produzione agricola. La priorità assoluta deve essere quella di garantire alla popolazione l’approvvigionamento di prodotti vegetali (cereali, frutta, verdure e ortaggi ecc.). Fortunatamente, non vi è motivo di temere che l’UE non sia in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare della propria popolazione. Alla luce delle crescenti preoccupazioni per la fame nel mondo, occorre tuttavia ricordare che il problema non può essere risolto con la produzione di carne, ma che, al contrario, la produzione foraggiera (così come la biomassa per scopi energetici) è in concorrenza con il settore alimentare.

4.3.

Tale conflitto per l’uso del suolo è esacerbato dal fatto che il settore agricolo si trova ad affrontare, in quasi tutte le regioni dell’UE, una notevole concorrenza per i terreni: secondo i dati dell’UE, la perdita di terreni agricoli a causa dell’urbanizzazione e/o dello sviluppo edilizio, delle infrastrutture ecc. potrebbe condurre a una perdita di superfici coltivabili pari a quasi 1 milione di ettari entro il 2030.

4.4.

La situazione nell’UE è in ogni caso confortante rispetto al resto del mondo: un settore agricolo dell’UE fondato sui principi del modello agricolo europeo (22) è chiaramente in grado di garantire a tutti i cittadini quantità sufficienti di prodotti di origine vegetale di elevata qualità e di fornire grandi quantitativi di mangimi, sebbene non sufficienti a soddisfare l’attuale domanda. E, alla luce della prevedibile diminuzione delle forniture di cereali dall’Ucraina e dalla Russia verso regioni afflitte dalla fame, è d’obbligo chiedersi se l’UE non debba ridurre l’utilizzo dei cereali per l’alimentazione animale (o per la produzione di carburanti) al fine di contribuire a risolvere il problema sempre più pressante della fame nel mondo e di aumentare la disponibilità di colture proteiche.

4.5.

Nel quadro della strategia europea per le proteine giova ricordare che i ruminanti (ma non solo) godono di un vantaggio che gli esseri umani non hanno: possono utilizzare direttamente l’erba! I pascoli potrebbero inoltre contribuire a una parte dell’alimentazione degli animali monogastrici (suini e pollame) e dovrebbero quindi costituire un elemento essenziale per l’approvvigionamento sostenibile di proteine, sebbene questo sia un aspetto decisamente trascurato nelle attuali discussioni politiche. Anche la decisione adottata lo scorso anno dall’Unione di autorizzare nuovamente l’uso di farine animali e di insetti per l’alimentazione animale può contribuire a ridurre la quantità di colture proteiche destinate a tale scopo.

4.6.

Recenti studi degli organismi tecnici dell’Unione per la promozione delle piante oleaginose e proteiche (UFOP) sulle potenzialità della colza e delle leguminose per la coltivazione e l’alimentazione animale inducono a ritenere che, dal punto di vista tecnico, sia possibile coltivare quantità decisamente maggiori di colza e leguminose e ampliare, nel contempo, in misura significativa la rotazione delle colture. La percentuale di colza e leguminose potrebbe essere pari a circa il 10 % della superficie arabile, il che corrisponde per le leguminose (in particolare piselli, fave, soia, lupini dolci) a più del doppio rispetto al livello attuale. Una maggiore coltivazione di piante oleaginose non è quindi affatto in contraddizione con un uso del suolo sostenibile: anzi, è vero il contrario. Tale opzione non può tuttavia che andare a scapito di altre colture.

4.7.

La ricerca evidenzia altresì che il fabbisogno dell’attuale popolazione animale non può essere soddisfatto con la produzione interna dell’UE e che sarà necessario ridurre il numero di capi di bestiame se si intende conseguire l’obiettivo dell’autonomia strategica dell’approvvigionamento.

4.8.

Il CESE considera della massima urgenza che l’UE elabori uno studio sul potenziale europeo delle colture proteaginose e oleaginose che potrebbero essere coltivate all’interno dell’Unione. Tale studio dovrebbe tenere conto della sostenibilità dell’utilizzo del suolo (rotazione delle colture, produttività del suolo, biodiversità inclusiva) e produrre risultati che consentano di determinare il fabbisogno di terreni per un’alimentazione sana, a base di proteine vegetali, per i cittadini europei. In tal modo si potrà stabilire la percentuale residua da utilizzare per l’alimentazione animale (o la produzione di energia) e quanto debba essere ancora importato per un allevamento che rispetti i limiti ecologici europei e globali di un’attività zootecnica orientata alla sostenibilità e al benessere degli animali. Una strategia europea per le proteine deve quindi fornire una risposta riguardo alle conseguenze che essa deve avere sugli accordi commerciali esistenti (come il Mercosur) e alle modalità per proteggere gli agricoltori sostenibili nell’UE dalle importazioni da produzioni non sostenibili.

4.9.

Il CESE sottolinea che l’olio ottenuto dalle colture oleaginose su 10 % dei terreni arabili dell’UE potrebbe garantire l’autosufficienza energetica per il rifornimento di carburante dei trattori agricoli, a condizione che sia destinato esclusivamente a tale scopo. In pareri precedenti (23), il Comitato ha osservato che ritiene opportuno avviare un programma specifico per l’utilizzo di oli vegetali non esterificati (ossia puri) per le macchine agricole, evitando la miscelazione con il diesel. Tuttavia, dovrebbe essere preso in considerazione anche l’uso di combustibili di tipo B100 (100 % di olio vegetale esterificato). Il panello di semi oleosi così ottenuto (24) costituisce un eccellente mangime proteico (e lo stesso vale, ad esempio, per gli scarti della produzione di alcol).

4.10.

Taluni Stati membri (ad esempio i Paesi Bassi) stanno già lavorando, con motivazioni assai diverse, alla riduzione della popolazione animale. Tale riduzione può essere disposta a livello normativo oppure realizzata mediante strumenti di mercato. Oltre che a norme chiare in materia di ambiente e benessere degli animali, il CESE è favorevole in particolare a soluzioni basate sul mercato che creino le condizioni per la realizzazione di nuove catene del valore regionali che siano autosufficienti e non dipendano da sovvenzioni nel lungo termine. Tali soluzioni dovrebbero nel contempo offrire opportunità a tutte le aziende zootecniche e consentire altresì al maggior numero possibile di agricoltori dell’UE di produrre in modo sostenibile e di assicurarsi il proprio sostentamento. A tal fine, è necessario garantire loro una protezione dalla concorrenza sleale e da pratiche commerciali scorrette, nonché promuovere il potere di mercato degli agricoltori nel processo di trasformazione verso un sistema alimentare globale sostenibile.

4.11.

Tutto ciò dimostra una volta di più che una strategia sostenibile dell’UE in materia di proteine vegetali e olio vegetale deve considerare l’intero sistema agroalimentare, e che una strategia isolata non è utile.

4.12.

I meccanismi di mercato devono tenere conto dei reali costi sociali, societali e ambientali. Le carenze del mercato possono essere corrette mediante interventi statali basati su dati reali ed evidenze scientifiche, volti a garantire un compromesso ottimale tra costi e benefici per la società tenendo conto di tutti gli interessi in gioco.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2018 su una strategia europea per promuovere le colture proteiche (GU C 390 del 18.11.2019, pag. 2).

(2)  Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2018 (GU C 390 del 18.11.2019, pag. 2), considerando E. Nota del CESE: la dipendenza al 75 % si riferisce alle colture ad alto contenuto proteico, mentre l’importante apporto proteico negli animali derivante dal consumo di erba e cereali viene incomprensibilmente trascurato in molte discussioni!

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2018 (GU C 390 del 18.11.2019, pag. 2), considerando L.

(4)  Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sullo sviluppo delle proteine vegetali nell’Unione europea, COM(2018) 757 final, pag. 2.

(5)  COM(2018) 757 final, pag. 3.

(6)  Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2018 (GU C 390 del 18.11.2019, pag. 2), considerando L.

(7)  Secondo Eurostat, la superficie agricola totale dell'UE (compresi pascoli e prati) è di circa 174 milioni di ettari (dati precedenti alla Brexit).

(8)  COM(2018) 757 final.

(9)  Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2018 (GU C 390 del 18.11.2019, pag. 2).

(10)  Parere del CESE sul tema Ridurre al minimo il rischio di deforestazione e degrado forestale associato a prodotti immessi sul mercato dell’UE (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 88).

(11)  Parere del CESE sul tema Ridurre al minimo il rischio di deforestazione e degrado forestale associato a prodotti immessi sul mercato dell’UE (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 88).

(12)  Parere esplorativo del CESE richiesto dalla presidenza francese sul tema Sicurezza alimentare e sistemi alimentari sostenibili (GU C 194 del 12.5.2022, pag. 72), punto 1.3.ii.

(13)  Risoluzione del CESE adottata nella sessione plenaria del 24 marzo 2022 (GU C 290 del 29.07.2022, pag. 1).

(14)  https://www.consilium.europa.eu/media/54773/20220311-versailles-declaration-it.pdf

(15)  Nel 2017, la superficie agricola utilizzata nell’UE-27 era pari a 178,7 milioni di ettari, di cui 105,5 milioni erano superficie coltivabile, destinata al 63 % (66,8 milioni di ettari) all’alimentazione animale (https://de.statista.com/statistik/daten/studie/1196852/umfrage/landwirtschaftliche-flaechen-in-der-eu-nach-nutzungsart/).

(16)  OVID, Eiweißstrategie 2.0, 2019 [Strategia in materia di proteine 2.0].

(17)  In Germania, il consumo di carne suina pro capite è diminuito da 39,8 a 31 chilogrammi nel periodo dal 1995 al 2021.

(18)  Relazione informativa del CESE Benefici dell'allevamento estensivo e dei fertilizzanti organici nel contesto del Green Deal europeo.

(19)  Parere esplorativo del CESE richiesto dalla presidenza francese sul tema Sicurezza alimentare e sistemi alimentari sostenibili (GU C 194 del 12.5.2022, pag. 72).

(20)  https://www.bmel.de/SharedDocs/Downloads/DE/_Tiere/Nutztiere/200211-empfehlung-kompetenznetzwerk-nutztierhaltung.html

(21)  Relazione finale della ZKL.

(22)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema La riforma della politica agricola comune nel 2013 (GU C 354 del 28.12.2010, pag. 35).

(23)  Parere del CESE sul tema Uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 43).

(24)  Il prodotto della pressatura della colza è costituito per circa 1/3 da olio e per 2/3 dal cosiddetto panello di semi oleosi.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/97


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso un quadro per l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari che consenta ai consumatori di compiere scelte alimentari sostenibili»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/14)

Relatore:

Andreas THURNER

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

5.10.2022

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

147/5/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE)

1.1.

accoglie con favore l’iniziativa della Commissione europea di istituire un quadro giuridico per sistemi alimentari sostenibili, che comprenda anche norme riguardanti l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari. È evidente la necessità di una regolamentazione e di un certo livello di standardizzazione e armonizzazione per garantire credibilità e condizioni di parità;

1.2.

sottolinea che la sostenibilità è un concetto pluridimensionale in cui si dovrebbe sempre tener conto, in ugual misura, delle dimensioni economica, ambientale e sociale;

1.3.

precisa che le abitudini alimentari delle persone si differenziano notevolmente, dipendono da fattori diversi e sono inoltre molto radicate. Le aspettative riguardo a un sistema di etichettatura di sostenibilità dovrebbero quindi essere realistiche fin dall’inizio. Tuttavia, vi è un interesse generale a passare a modelli di consumo più sostenibili;

1.4.

raccomanda pertanto di istituire un quadro per l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari trasparente, fondato su dati scientifici e per quanto possibile semplice e pragmatico, che aiuti gli operatori economici a valutare e migliorare la sostenibilità dei prodotti e fornisca ai consumatori informazioni utili per compiere scelte di acquisto consapevoli;

1.5.

suggerisce che, per semplicità e pragmatismo, ci si possa anche limitare alle componenti di una sostenibilità definita e valutata in modo globale, come il benessere degli animali, i criteri sociali o ambientali ecc. Il termine «sostenibile» non dovrebbe però essere utilizzato in questo caso, ma solo in relazione a un approccio di valutazione globale;

1.6.

raccomanda, in una prima fase, un approccio volontario che preveda però requisiti obbligatori in caso di applicazione. Andrebbero, di conseguenza, vietati i marchi o le dichiarazioni di sostenibilità che non si basino su tali requisiti;

1.7.

è dell’avviso che le forme di etichettatura che adottano una scala di valutazione (come i sistemi a semaforo) possano aiutare i consumatori a compiere scelte informate. Un sistema di valutazione di questo tipo può al tempo stesso promuovere l’assunzione di un ruolo guida in materia di sostenibilità e incoraggiare le imprese a migliorare in questo senso i processi lungo la catena di approvvigionamento alimentare;

1.8.

sottolinea che gli algoritmi di valutazione sono fondamentali per un modello a scala e che devono essere basati su dati scientifici e resi opportunamente trasparenti agli occhi dei consumatori;

1.9.

è dell’avviso che i regimi di qualità dell’UE già esistenti, come l’agricoltura biologica o le indicazioni geografiche, comprendano già elementi che contribuiscono a una maggiore sostenibilità del sistema alimentare, un fattore, questo, che va quindi riconosciuto. Il CESE raccomanda inoltre che i regimi esistenti siano sottoposti a un controllo dal punto di vista della sostenibilità e, se del caso, integrati da appropriate disposizioni in materia di sostenibilità;

1.10.

sottolinea il ruolo cruciale dell’educazione nel fornire una comprensione di base degli aspetti della sostenibilità legati agli alimenti. Il passaggio a sistemi alimentari più sostenibili può essere promosso anche da campagne di sensibilizzazione e da misure adeguate a sostegno dell’accessibilità economica dei prodotti alimentari sostenibili.

2.   Contesto del parere

2.1.

La strategia «Dal produttore al consumatore» (1) costituisce un elemento centrale del Green Deal europeo. Il suo obiettivo consiste nel rendere i sistemi alimentari equi, sani e rispettosi dell’ambiente. Il piano d’azione della strategia prevede, tra l’altro, azioni volte a promuovere un consumo alimentare sostenibile e ad agevolare il passaggio a regimi alimentari sani e sostenibili. Nel frattempo, la Commissione europea ha già avviato l’elaborazione di una normativa quadro orizzontale per accelerare e facilitare la transizione verso la sostenibilità. L’obiettivo è anche garantire che i prodotti alimentari immessi sul mercato dell’UE diventino sempre più sostenibili.

2.2.

Con la sua proposta di una visione strategica per promuovere una politica alimentare globale, il CESE ha già elaborato un solido quadro d’azione. I fondamenti di questa visione sono illustrati nei suoi pareri su temi quali Politica alimentare globale (2), Alimentazione sana e sostenibile (3), Filiere alimentari corte/agroecologia (4), Consumo sostenibile (5) e Allineare le strategie e le operazioni del settore alimentare agli OSS per una ripresa sostenibile post COVID-19 (6).

2.3.

Le imprese hanno una grande responsabilità nel guidare, da un lato, i consumatori verso scelte sane e con un minore impatto ambientale e, dall’altro, la trasformazione sostenibile dei sistemi alimentari attraverso l’adozione di pratiche agricole, di trasformazione e di confezionamento sostenibili. Le imprese dovrebbero partecipare all’intero percorso di sviluppo del quadro per l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari.

2.4.

Oltre alle imprese e agli attori della produzione alimentare, anche i consumatori svolgono un ruolo decisivo nella transizione verso sistemi alimentari più sostenibili. Qualunque decisione di acquisto fa scattare, in linea di principio, il successivo ordine di produzione. Pertanto, anche un aumento della domanda di prodotti alimentari sostenibili spingerà l’offerta verso una maggiore sostenibilità.

2.5.

In questo contesto, il presente parere d’iniziativa ha l’obiettivo di esaminare possibili opzioni per un quadro per l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari, nonché di presentare conclusioni e raccomandazioni al fine di sostenere la Commissione, già in una fase precoce, nell’elaborazione di un quadro politico di questo tipo.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La sostenibilità è un concetto pluridimensionale in cui si dovrebbe sempre tener conto, in ugual misura, delle dimensioni economica, ambientale e sociale. Secondo la definizione della FAO, un sistema alimentare è sostenibile allorché garantisce sicurezza alimentare e nutrizione per tutti in modo da non compromettere le basi economiche, sociali e ambientali della sicurezza alimentare e della nutrizione per le generazioni future (7). In sintesi: un’attenzione rivolta esclusivamente alla componente ambientale della sostenibilità, come spesso accade oggi, o ai pilastri socio-economici della sostenibilità non è, per definizione, sostenibile. L’obiettivo dovrebbe essere quello di coprire l’intera catena del valore in tutte e tre le dimensioni della sostenibilità.

3.2.

Un quadro per l’etichettatura non dovrebbe essere finalizzato a classificare gli alimenti come sostenibili o non sostenibili, ma al contrario promuovere la transizione verso un sistema alimentare più sostenibile. Il quadro per l’etichettatura è inteso ad aiutare gli operatori economici a valutare e migliorare la sostenibilità dei prodotti (metodologie che incoraggiano i miglioramenti, ad esempio un sistema di analisi comparativa o un sistema di riferimento) e a fornire utili orientamenti ai consumatori. Tale quadro dovrebbe venire elaborato in modo aperto e trasparente con il coinvolgimento dei portatori di interessi pertinenti e dovrebbe essere basato su una metodologia chiara e fondata su dati scientifici. A tal fine, le imprese dovrebbero avere accesso a indicatori, metodologie e risultati ottenuti sulla base del sistema di etichettatura. E, soprattutto, il quadro deve essere semplice.

3.3.

Sono necessarie norme chiare per ridurre la confusione che regna attualmente sul mercato a causa dell’uso inflazionato del termine «sostenibile» (una forma di abuso delle etichette ecologiche). I marchi o le dichiarazioni di sostenibilità che non sono basati su un sistema di certificazione ampiamente riconosciuto dovrebbero essere vietati.

3.4.

L’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari dovrebbe abbracciare l’intero processo di produzione e, in un primo momento, dovrebbe essere introdotta su base volontaria. Tuttavia, qualsiasi quadro per l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari deve imperativamente poggiare fin dall’inizio su una definizione/metodologia chiara fondata su tutti e tre i pilastri della sostenibilità (ambientale, sociale ed economico), abbracciando l’intera catena del valore dei prodotti alimentari, dalla produzione fino al consumo. In una fase successiva si dovrebbe valutare se l’etichettatura di sostenibilità debba essere resa obbligatoria. Il quadro UE dovrebbe offrire un margine di manovra adeguato ai sistemi nazionali e regionali, ma le definizioni e le norme di valutazione devono essere armonizzate in tutta l’UE.

3.5.

Il ruolo dell’etichettatura non va però sopravvalutato. Dovrebbe esserci una comprensione realistica e pragmatica di ciò che un’etichettatura di sostenibilità può e di ciò che, invece, non può conseguire. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, per poter compiere, grazie all’etichettatura, scelte informate al momento dell’acquisto di alimenti e ai fini di un’alimentazione più sana, i consumatori dovrebbero conoscere e riconoscere tale etichettatura, comprenderne il significato, essere in grado di utilizzarla correttamente ed essere motivati a farlo (8). Sarà importante sensibilizzare in merito ai regimi dell’UE in materia di etichettatura della sostenibilità e della qualità. Questo, insieme alle misure nel campo degli appalti pubblici e dell’istruzione, può rafforzare la domanda di prodotti alimentari sostenibili. I responsabili politici dovrebbero anche esaminare misure adeguate per sostenere l’accessibilità (non solo economica) dei prodotti alimentari sostenibili.

3.6.

L’etichettatura di sostenibilità svolge un ruolo importante quando il produttore non è in grado di fornire direttamente le informazioni necessarie. Quando invece può fornire le informazioni pertinenti direttamente al consumatore (ad esempio in un mercato agricolo locale o nel punto vendita di un’azienda agricola), un sistema di etichettatura non è necessario. Questo è importante anche per evitare oneri burocratici ai piccoli produttori.

3.7.

L’educazione svolge un ruolo cruciale nel fornire una comprensione di base degli aspetti della sostenibilità legati ai generi alimentari. È necessario investire fin dalla più tenera età nell’educazione a un’alimentazione sostenibile, in modo che i giovani possano così imparare ad apprezzare il valore del cibo. Inoltre, c’è da sperare che i bambini, di conseguenza, «educhino» i loro genitori a una maggiore sostenibilità, come si è già osservato, ad esempio, nel caso della raccolta differenziata e del riciclaggio dei rifiuti. Il programma dell’UE per promuovere il consumo di frutta, verdura e latte nelle scuole, per citare un esempio, dovrebbe porre un accento più marcato su importanti aspetti legati alla sostenibilità.

3.8.

Il CESE rinnova la sua raccomandazione di elaborare nuove linee guida per un’alimentazione sostenibile che tengano conto delle differenze culturali e geografiche tra gli Stati membri e al loro interno. Queste contribuirebbero a fornire un orientamento agli agricoltori, ai trasformatori, ai rivenditori al dettaglio e alla ristorazione. Il sistema agroalimentare trarrebbe beneficio da un nuovo «quadro» che consentisse di produrre, trasformare, distribuire e vendere alimenti più sani e più sostenibili a prezzi più equi (9).

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Le abitudini alimentari delle persone sono diverse e fortemente influenzate dal contesto personale e culturale. Tali abitudini, inoltre, sono molto radicate: se si vuole che le persone cambino la loro alimentazione, occorre procedere a piccoli passi e su un arco temporale piuttosto lungo. Gli stili di vita e l’ambiente sociale delle persone sono altri fattori pertinenti che determinano il possibile ruolo della sostenibilità nei modelli di consumo. Tuttavia, un’ampia e crescente percentuale di consumatori dichiara di essere disposta a modificare le proprie abitudini di consumo in nome della sostenibilità. Vi è interesse per le informazioni sulla sostenibilità sulla cui base operare scelte di acquisto consapevoli.

4.2.

In generale, l’etichettatura di sostenibilità spesso suscita interesse in coloro che sono comunque già sensibili al tema. Questo tipo di etichettatura aiuterà tale nucleo centrale di consumatori a prendere decisioni sostenibili.

4.3.

C’è quindi anche da chiedersi se e in che modo si possano raggiungere le persone scarsamente interessate al tema della sostenibilità. Grazie al ruolo di esempio svolto da questo nucleo centrale sul piano della sostenibilità, si può comunque ottenere un cambiamento comportamentale per imitazione. Si può parlare di un passo avanti anche quando gruppi di persone meno interessate a questo tema compiono, almeno occasionalmente o per determinate categorie di prodotti, scelte alimentari sostenibili. Questi sono solo alcuni degli aspetti che servono a nutrire fin dall’inizio aspettative realistiche di fronte all’introduzione di un’etichettatura di sostenibilità.

4.4.

I requisiti fondamentali per un’efficace etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari sono un’adeguata percezione e accettazione da parte dei consumatori, accompagnate da un messaggio comprensibile. L’etichettatura stessa deve essere comprensibile, semplice e affidabile. Parallelamente, dovrebbero essere messe in atto misure di accompagnamento dei consumatori, che favoriscano l’educazione e l’informazione in materia di regimi alimentari sostenibili, aumentino la fiducia in un sistema di etichettatura e l’accettazione di tale sistema e motivino a consumare in modo più sostenibile.

4.5.

Le dichiarazioni di sostenibilità dovrebbero essere basate sui seguenti principi: affidabilità, trasparenza, pertinenza, accessibilità e chiarezza (cfr. le linee guida dell’ONU per la fornitura di informazioni sulla sostenibilità dei prodotti (10)). Il sistema di certificazione deve garantire che si tenga adeguatamente conto del contesto strutturale, in modo da non penalizzare le piccole strutture come agricoltori, PMI, vendita diretta presso le aziende agricole, mercati settimanali ecc.

4.6.

Le etichette con una scala di classificazione (come i sistemi a semaforo) potrebbero aiutare i consumatori a compiere scelte informate. Un sistema di valutazione di questo tipo può al tempo stesso promuovere l’assunzione di un ruolo guida in materia di sostenibilità e incoraggiare le imprese a migliorare in questo senso i loro processi lungo la catena di approvvigionamento alimentare. Tuttavia, per evitare confusione, è opportuno che tra i diversi sistemi di etichettatura vi sia un certo grado di coerenza.

4.7.

Per lo sviluppo di un adeguato sistema di etichettatura di sostenibilità si dovrebbe, nella misura del possibile, adottare un approccio organico, puntando a «una produzione e un consumo sostenibili» invece che ad «alimenti sostenibili». Il comportamento dei consumatori è un elemento essenziale nel contesto generale di un sistema alimentare sostenibile. L’imballaggio e il trasporto (origine del prodotto) sono aspetti ugualmente rilevanti. Allo stesso tempo, sarà necessario mostrare un certo pragmatismo nella definizione degli indicatori di sostenibilità pertinenti (ad esempio quali informazioni/dati sono disponibili in un formato affidabile). Andrebbe in ogni caso stabilito quanto prima un insieme armonizzato di norme in materia di etichettatura di sostenibilità. La presenza di un numero sempre crescente di marchi di sostenibilità diversi a livello nazionale e aziendale è solo fonte di confusione e porta a una perdita di fiducia.

4.8.

Alcuni rivenditori europei di prodotti alimentari stanno già raccogliendo le prime esperienze nell’ambito di progetti pilota sull’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari. Tra le prime constatazioni figurano: un’accoglienza tendenzialmente più positiva dei prodotti etichettati rispetto a quelli non etichettati, con un’influenza solo limitata sulla decisione di acquisto; un riscontro positivo soprattutto da parte di gruppi destinatari più giovani; confusione, talvolta, derivante dall’utilizzo di un sistema a punteggio con il sistema Nutri-score e desiderio che le informazioni siano riportate sull’imballaggio (e non solo sul cartellino del prezzo). Tra i principali punti evidenziati figurano la credibilità del sistema di valutazione (indipendente, basato su dati scientifici), la chiarezza delle informazioni (comprensibilità), un approccio il più possibile armonizzato per l’intero settore e la trasparenza (l’obiettivo dovrebbe essere «chiarire» anziché «semplificare», ad esempio mediante un codice a barre contenente informazioni pertinenti).

4.9.

L’attenzione per la dimensione sociale e socioeconomica è fondamentale, anche se i relativi indicatori non sono ancora necessariamente disponibili. Negli Stati membri vigono, soprattutto in campo sociale, disposizioni giuridiche diverse (condizioni di lavoro, salario minimo), e ciò potrebbe rendere difficile l’adozione di un approccio armonizzato a livello UE. Ciononostante, è importante che nell’etichettatura di sostenibilità sia inclusa la dimensione socioeconomica.

4.10.

Nell’ambito di un’impostazione pragmatica, sembra logico riconoscere i regimi di certificazione dell’UE già esistenti, quali l’agricoltura biologica, l’indicazione geografica protetta (IGP), la denominazione di origine protetta (DOP) o le specialità tradizionali garantite (STG), al fine di promuovere la sostenibilità del sistema alimentare. Sebbene tali regimi possano non coprire completamente il tema della sostenibilità, essi includono elementi che contribuiscono a una maggiore sostenibilità del sistema alimentare. I regimi vigenti dovrebbero essere sottoposti a un controllo dal punto di vista della sostenibilità ed essere eventualmente completati da disposizioni adeguate in materia di sostenibilità.

4.11.

I prodotti regionali/locali e le catene di approvvigionamento corte possono svolgere un ruolo nel rendere i sistemi alimentari più sostenibili. I produttori regionali, che spesso operano nelle immediate vicinanze della popolazione locale, sono oggetto di una certa forma di «controllo sociale», che dovrebbe tendenzialmente incentivare metodi di produzione sostenibili.

4.12.

Il tema della «stagionalità» ha un impatto sul livello di sostenibilità, soprattutto nel caso dei prodotti ortofrutticoli. L’informazione e l’educazione possono sensibilizzare a favore di un consumo attento alle risorse per questa categoria di alimenti che deperiscono rapidamente e richiedono elevate quantità di acqua.

4.13.

La recente riforma della PAC e l’attuazione del Green Deal europeo (strategia sulla biodiversità, strategia «Dal produttore al consumatore») nell’agricoltura europea sono finalizzate a garantire che la produzione agricola in Europa diventi ancora più sostenibile. Un’etichettatura indicante l’origine delle materie prime agricole consente quindi anche di trarre conclusioni riguardo al loro livello di sostenibilità.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://ec.europa.eu/food/horizontal-topics/farm-fork-strategy_it

(2)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Il contributo della società civile allo sviluppo di una politica alimentare globale dell’UE (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18).

(3)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9).

(4)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Promuovere filiere alimentari corte e alternative nell’Unione europea: il ruolo dell’agroecologia (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 65).

(5)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Verso una strategia dell’UE per un consumo sostenibile (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 51).

(6)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Allineare le strategie e le operazioni del settore alimentare agli obiettivi di sviluppo sostenibile per una ripresa sostenibile post COVID-19 (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 63).

(7)  https://www.fao.org/in-action/territorios-inteligentes/componentes/produccion-agricola/contexto-general/en/

(8)  https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/336988/WHO-EURO-2020-1569-41320-56234-eng.pdf?sequence=1&isAllowed=y

(9)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9).

(10)  https://www.oneplanetnetwork.org/knowledge-centre/resources/guidelines-providing-product-sustainability-information


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/102


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Una visione strategica della transizione energetica per consentire l’autonomia strategica dell’UE»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/15)

Relatori:

Thomas KATTNIG

Lutz RIBBE

Tomasz Andrzej WRÓBLEWSKI

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sezione

4.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

197/9/12

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Alla fine del 2021 il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha deciso di elaborare una visione globale della transizione energetica, e il 18 gennaio 2022 ha deciso che tutte le sezioni e la CCMI avrebbero integrato i pareri d’iniziativa elaborati su diversi aspetti della transizione energetica in un parere globale sul tema Una visione strategica della transizione energetica per consentire l’autonomia strategica dell’UE.

Tuttavia, l’attuale situazione di conflitto in Ucraina derivante dall’invasione militare russa ha spinto la transizione energetica al primo posto tra le priorità, in quanto le conseguenze del conflitto sull’approvvigionamento energetico dell’UE e sui prezzi dell’energia sono del tutto inedite.

Alla luce della crisi attuale e dell’obiettivo di porre fine alla dipendenza dell’UE dal gas russo entro il 2030, il presente parere delinea una visione globale della transizione energetica atta a costruire e promuovere l’autonomia strategica dell’UE nel settore dell’energia.

Al fine di elaborare una visione strategica a lungo termine, il parere quadro presenta una sintesi:

delle conclusioni e raccomandazioni dei pareri d’iniziativa settoriali (1);

delle conclusioni dei pareri su REPowerEU, sul piano REPowerEU e sulle prossime proposte legislative; e

delle conclusioni e raccomandazioni formulate in precedenti pareri del CESE.

1.2.

Il CESE richiama l’attenzione sul rischio che, in mancanza di soluzioni adeguate, il sistema democratico sia messo a dura prova dalla combinazione degli effetti economici e sociali generati dall’attuale crisi energetica. Pertanto il Comitato appoggia l’attuazione di misure immediate per affrontare le questioni più urgenti, in particolare per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento a un costo «il più possibile accessibile» sia per i consumatori che per l’industria, su cui si ripercuotono gli attuali forti aumenti dei prezzi.

1.3.

In Europa la realtà dei cambiamenti climatici si fa sentire in modo sempre più drammatico. Inoltre, l’attuale crisi energetica, aggravata dall’invasione aggressiva dell’Ucraina da parte della Russia, dimostra chiaramente che sia gli obiettivi che le misure proposti nell’ambito dell’«Unione europea dell’energia» e del Green Deal, seppure corretti nella sostanza, non sono sufficientemente ambiziosi. Essi non sono ancora sufficienti per portare l’Europa a un’«autonomia strategica in campo energetico» che sia sicura, sostenibile e competitiva, e, soprattutto, vengono ancora perseguiti in maniera troppo timida. È pertanto necessario un cambiamento di paradigma.

1.4.

Il potenziale di cui dispone l’Europa nel settore delle energie rinnovabili deve essere individuato nel modo più preciso possibile e ampiamente comunicato, al fine di promuovere una visione comune della misura in cui è possibile raggiungere l’indipendenza dalle importazioni di energia. In particolare, occorre tenere conto dell’elettrificazione dei settori del riscaldamento e dei trasporti e della necessità di sviluppare una produzione nazionale di idrogeno verde.

1.5.

Oltre a utilizzare il più rapidamente possibile tale potenziale, occorre anche sfruttare ancora più intensamente quello che deriva invece dal risparmio di energia. Nella situazione attuale, infatti, risparmiare energia costituisce il modo migliore per produrre effetti immediati.

1.6.

Allo stesso tempo, per compensare la perdita delle forniture energetiche provenienti dalla Russia saranno necessarie misure a breve ed eventualmente anche a medio termine, tra cui le importazioni di GNL. Tuttavia, il CESE ritiene importante che ciò non crei nuove dipendenze a lungo termine dai combustibili fossili. Questo aspetto deve essere preso in considerazione in anticipo nel ciclo degli investimenti. In generale, infatti, l’obiettivo non è diversificare le dipendenze, bensì raggiungere il massimo livello possibile di «autonomia strategica».

1.7.

Questa trasformazione non rappresenta solo una grande sfida a livello tecnico: essa interessa anche questioni strutturali. In futuro la produzione di energia sarà molto più decentrata che in passato, e ciò offre anche delle opportunità alle città, alle regioni e ad altre nuove parti interessate, ad esempio le MPMI, e ai prosumatori, che siano singoli individui o comunità. Il CESE ritiene che i responsabili politici non abbiano ancora fornito indicazioni chiare o definito misure specifiche su come far sì che quelli che finora sono stati semplici consumatori di energia possano diventare nuovi attori. In molti dei suoi pareri il CESE ha sottolineato che l’accettazione è un prerequisito fondamentale per garantire una trasformazione rapida. I diritti e le opportunità di partecipazione rappresentano il modo migliore per ottenere tale accettazione. La questione, quindi, non è solo il luogo in cui l’energia viene prodotta e la fonte utilizzata, ma anche chi può ricavare un guadagno da tale produzione. Il CESE ribadisce la richiesta di ricorrere a misure di informazione e sensibilizzazione ampie e mirate, realizzate in modo coordinato e complementare dalla Commissione europea e dagli Stati membri, insieme alle organizzazioni imprenditoriali, alle camere professionali, alle parti sociali e ad altre parti interessate (2).

1.8.

Il CESE ribadisce la convinzione espressa in precedenti pareri, vale a dire che non solo i fondi per la coesione sociale e regionale e gli aiuti per la ricostruzione devono essere impiegati in modo tale da sostenere la protezione del clima e la transizione energetica, ma anche le politiche energetica e climatica devono essere configurate in modo da promuovere la coesione sociale e regionale.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE richiama l’attenzione sul rischio che, in mancanza di soluzioni adeguate, il sistema democratico sia messo a dura prova dalla combinazione degli effetti economici e sociali generati dall’attuale crisi energetica. Pertanto il Comitato appoggia l’attuazione di misure immediate per affrontare le questioni più urgenti, in particolare per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento a un costo «il più possibile accessibile» sia per i consumatori che per l’industria, su cui si ripercuotono gli attuali forti aumenti dei prezzi.

2.2.

Le conseguenze della crisi climatica stanno colpendo duramente l’Europa e il mondo intero. Il CESE ribadisce il suo fermo sostegno agli obiettivi stabiliti nel Green Deal, al rafforzamento dell’autonomia strategica nell’approvvigionamento energetico e alla transizione verso un’economia sostenibile e climaticamente neutra. La «guerra energetica» scatenata dalla Russia rende ancora più evidente la necessità di accelerare notevolmente la trasformazione avviata dal Green Deal. REPowerEU e altre iniziative proposte dalla Commissione servono ad adeguare il Green Deal a questi nuovi sviluppi, ma non sono ancora sufficientemente ambiziose.

2.3.

La dimensione sociale deve essere presa in considerazione in tutte le azioni previste nel contesto della transizione energetica. Da un lato, questo è necessario per non compromettere l’accettazione, da parte dell’opinione pubblica, dei cambiamenti necessari e per garantire una transizione giusta. Dall’altro, la trasformazione innescherà anche sviluppi positivi nell’economia regionale, compresa la creazione di nuovi posti di lavoro (3), che favoriranno l’accettazione. In quanto rappresentante della società civile, il CESE ha spesso fornito orientamenti su come coinvolgere i cittadini affinché possano beneficiare della «trasformazione giusta». Purtroppo, tali orientamenti sono stati per lo più ignorati, il che potrebbe dare luogo a maggiori difficoltà in termini di accettazione delle misure.

2.4.

Il CESE ritiene che la competitività dell’economia europea, in particolare del settore industriale e delle MPMI quali motori dell’innovazione sostenibile, debba e possa essere salvaguardata. I concetti intelligenti per l’uso dell’energia, ad esempio le centrali elettriche virtuali, offrono notevoli opportunità di crescita per le imprese più piccole. Dato che le MPMI sono fondamentali per realizzare un’economia competitiva, climaticamente neutra, circolare e inclusiva nell’UE, occorre creare e mantenere le giuste condizioni, prevedendo forme mirate di sostegno e condizioni quadro adeguate. Ciò è necessario per garantire e creare crescita economica e posti di lavoro di alta qualità.

2.5.

Sebbene l’UE sia all’avanguardia nella riduzione delle emissioni di CO2, altri attori devono essere coinvolti nell’azione per il clima. L’Unione europea deve intensificare i suoi sforzi diplomatici, avviare nuove forme di cooperazione e utilizzare strumenti quali gli accordi commerciali e di cooperazione per convincere i paesi terzi a impegnarsi maggiormente per affrontare questa crisi. Allo stesso tempo, l’UE deve tenere un dibattito sull’opportunità di trasferire le catene di approvvigionamento industriali in Europa al fine di ridurre la dipendenza dai fornitori cinesi (ad esempio, nel settore dei moduli fotovoltaici e delle batterie) e nel contempo garantire una catena di approvvigionamento pienamente sostenibile, anche in termini di politica sociale e rispetto dei diritti umani.

2.6.

L’attuale crisi (dei prezzi) dell’energia e la mancanza di sicurezza, stabilità e prevedibilità dell’approvvigionamento stanno mettendo a dura prova l’Unione europea. La crisi sarebbe meno grave se si fosse agito prima e in modo più mirato e se, ad esempio, si fossero presi più sul serio gli obiettivi che la stessa UE si è prefissa (come quelli dell’Unione europea dell’energia). Il CESE accoglie con favore le misure proposte nella comunicazione su REPowerEU e nel piano REPowerEU per aumentare la produzione di energia verde, diversificare l’approvvigionamento e ridurre la domanda di gas russo, in quanto le soluzioni indicate sono in linea con gli obiettivi del Green Deal e dell’Unione europea dell’energia. Secondo il Comitato, l’obiettivo principale non dovrebbe essere quello di diversificare le dipendenze, bensì, per quanto possibile, di raggiungere un’«indipendenza e autonomia strategica nel settore dell’energia». Per quanto riguarda le risorse destinate a sostituire il gas russo, il CESE avverte che l’UE deve prestare particolare attenzione all’impatto che esse possono avere sull’ambiente e alle eventuali nuove dipendenze da paesi terzi che non condividono i valori europei.

2.7.

La situazione che si è creata nei mercati dell’energia nel mese di agosto 2022 ha posto in evidenza il fatto che nessuna fonte di energia è affidabile al 100 % in qualsiasi momento. Ad esempio, in Francia un gran numero di centrali nucleari non sono state collegate alla rete per mesi a causa di interventi di manutenzione, dell’impatto dei cambiamenti climatici e di altri problemi. La produzione di energia elettrica a partire dal carbone non solo ha avuto ripercussioni importanti sulla crisi climatica ma ne risente anche direttamente: a causa dei bassi livelli idrici del Reno dovuti alla siccità, non è più possibile alimentare le centrali a carbone. Per ragioni analoghe, anche l’energia idroelettrica è diventata meno stabile, come è avvenuto in Italia, ad esempio. Inoltre, il gas naturale, sia esso trasportato sotto forma di gas o in forma liquida, non solo è dannoso per il clima, ma comporta anche enormi rischi geopolitici. In altre parole, visto che tutti gli Stati membri attualmente perseguono l’obiettivo di un mix energetico diversificato e sicuro, l’energia eolica e quella solare appaiono come fonti strategiche e sostenibili per la futura politica energetica dell’Unione europea. Per compensare le fluttuazioni di queste due fonti di energia vi è bisogno, innanzitutto, di impianti di stoccaggio e, in secondo luogo, di idrogeno verde, in cui l’energia eolica e solare può essere «stoccata» a lungo termine. La questione decisiva per l’autonomia strategica dell’Europa consiste nello stabilire la quantità di idrogeno verde che può essere prodotta in Europa e la quantità che deve essere importata. Inoltre, nella fase della trasformazione dovremo tenere presente la fonte che sarà relativamente più affidabile ed efficiente sotto il profilo climatico.

2.8.

Gli sviluppi degli ultimi decenni e, non da ultimo, gli eventi che si sono verificati nel passato recente rivelano il pericolo degli attacchi informatici e degli atti di sabotaggio a danno di infrastrutture critiche come la rete energetica o le centrali elettriche. Una perturbazione o un’interruzione del funzionamento di tali infrastrutture possono provocare devastanti difficoltà di approvvigionamento, mettendo a rischio la sicurezza pubblica. Le infrastrutture critiche come le reti del gas e dell’energia elettrica, i cavi Internet sottomarini, gli impianti offshore, i parchi eolici e i terminali GNL onshore, le centrali nucleari o a carbone, i trasporti e la circolazione, i servizi sanitari, la finanza e la sicurezza potrebbero essere oggetto di attacchi sia informatici che fisici. È nell’interesse di tutti in Europa proteggere meglio queste infrastrutture critiche. L’Unione europea deve essere meglio preparata ad affrontare potenziali attacchi di questo genere. Il CESE chiede pertanto una valutazione critica immediata delle misure adottate finora e una strategia globale per proteggere l’UE da minacce quali catastrofi naturali, attacchi fisici e attacchi informatici. In tale contesto, il CESE raccomanda che qualsiasi investimento estero nei settori strategici dell’Unione venga realizzato in conformità con la politica di sicurezza dell’UE.

2.9.

Il CESE accoglie con favore l’istituzione di un Fondo sociale per il clima (4). Tuttavia, il Comitato è convinto che tale Fondo non fornirà un sostegno finanziario sufficiente per far fronte in modo responsabile agli effetti socioeconomici. L’imponente sfida di progettare un meccanismo di compensazione efficace ed equo in uno spazio economico eterogeneo composto da 27 Stati membri richiede misure di accompagnamento e risorse più ampie a livello UE e nazionale.

2.10.

Il forte aumento dei prezzi dell’energia ha messo in evidenza che il mercato dell’energia attuale è solo parzialmente sostenibile. La stessa presidente della Commissione Ursula von der Leyen, facendo riferimento ai prezzi transfrontalieri basati sui costi quotati nelle borse europee dell’energia elettrica, ha dichiarato che tale sistema non funzionerebbe più se il volume dell’elettricità verde dovesse continuare ad aumentare. Occorre sollevare questioni essenziali relative al futuro dell’energia, al fine di assicurare un approvvigionamento energetico ecologico, affidabile e a prezzi accessibili e garantire il diritto all’energia. Il CESE ritiene che l’assetto del mercato dell’energia e la sua regolamentazione debbano essere adattati alle nuove realtà delle principali energie rinnovabili, creando le condizioni necessarie per l’industria, le MPMI e i singoli operatori, nonché per la creazione di nuove opportunità di partecipazione per i prosumatori, le comunità energetiche dei cittadini ecc., rafforzando adeguatamente la protezione dei consumatori. Nel riconfigurare il mercato, occorre prestare particolare attenzione per evitare gli ostacoli strutturali esistenti all’accesso al mercato per i piccoli operatori del mercato. Ciò vale, ad esempio, per l’accesso all’energia di bilanciamento e, se necessario, ai mercati della capacità, che possono essere necessari per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento.

2.11.

Al fine di garantire che i prezzi dell’energia siano socialmente accettabili e nuovamente competitivi, come pure, al tempo stesso, di permettere all’UE di mantenere la propria leadership dell’UE nell’uso delle energie rinnovabili, il CESE chiede una razionalizzazione e un’accelerazione delle procedure di autorizzazione nel settore delle energie rinnovabili, in quanto tali procedure sono viste come il principale ostacolo a una più rapida diffusione delle fonti energetiche rinnovabili. Allo stesso tempo, le condizioni quadro per le misure di decentramento, le cooperative energetiche e tutte le forme di prosumazione devono essere notevolmente migliorate.

2.12.

Il CESE sostiene con forza la proposta della Commissione sullo stoccaggio del gas e un regolamento sulle misure coordinate di riduzione della domanda di gas. Invita le istituzioni a:

integrare queste iniziative con uno strumento di investimento a breve termine per sostenere lo sviluppo di infrastrutture basate sull’idrogeno, quali interconnettori e impianti di stoccaggio;

prendere in considerazione l’uso di impianti di stoccaggio del gas nei paesi terzi vicini;

elaborare piani destinati ai singoli Stati membri e intesi ad evitare una ripartizione squilibrata degli oneri a livello regionale.

2.13.

Il CESE sottolinea che lo sviluppo parallelo di infrastrutture centralizzate e decentrate solleva tutta una serie di problemi, e che vi è il rischio di investimenti errati. Ad esempio, una rete nazionale di condotti dell’idrogeno e l’espansione delle reti di teleriscaldamento a bassa temperatura sono usi potenzialmente in concorrenza tra loro. Il CESE ha pertanto esortato ad adottare decisioni fondamentali adeguate per garantire la sicurezza degli investimenti (5).

3.   La transizione energetica come strategia globale nell’UE e nel contesto internazionale

3.1.

L’aggressione russa ha provocato una crisi geopolitica mondiale il cui impatto sull’equilibrio economico e sulla sicurezza energetica globale cresce in modo esponenziale. Tale aggressione ha messo in discussione decenni di politiche in materia di energia, difesa e relazioni esterne, costringendo l’UE a riesaminare i suoi piani e le sue azioni, finora sin troppo esitanti, per la transizione verde e digitale, come pure a considerare le implicazioni che l’invasione russa e le sanzioni imposte avranno sul proseguimento della transizione energetica a livello mondiale.

3.2.

La dipendenza dalle importazioni di energia primaria da paesi terzi costituisce ormai una minaccia diretta per la sicurezza e la stabilità dell’Unione. Per questo motivo la Commissione europea ha tempestivamente proposto, nell’ambito di REPowerEU, di adottare una serie di misure per adeguare la politica energetica europea all’attuale situazione geopolitica. La proposta di regolamento relativo alla sicurezza dell’approvvigionamento di gas e alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale riclassifica, ad esempio, lo stoccaggio del gas come infrastruttura energetica critica, impone la certificazione obbligatoria per i gestori degli impianti di stoccaggio del gas e definisce obiettivi di riempimento dei depositi di gas per aiutare l’UE a riprendere il controllo del suo mercato dell’energia. Tutte queste misure sono accolte con favore dal CESE e dovrebbero effettivamente aiutare l’UE a riacquistare il controllo sul suo mercato dell’energia.

3.3.

Allo stesso tempo, date le attuali tensioni politiche, il CESE ritiene necessario cooperare ancora più attivamente con una serie di paesi che sono in grado di fornire energia all’Europa a breve termine, fino a quando la massiccia espansione delle energie rinnovabili prevista dalla Commissione non produrrà i suoi effetti. Tra questi paesi figurano gli Stati Uniti e, in misura diversa, alcuni Stati sudamericani e africani, le cui esportazioni di combustibili fossili, divenute necessarie nel breve periodo, devono essere accompagnate dal trasferimento di conoscenze e dallo sviluppo di tecnologie per le energie rinnovabili al fine di accelerare la mitigazione dei cambiamenti climatici anche in queste regioni del mondo.

4.   Creare un contesto favorevole alla transizione energetica

4.1.   Investimenti pubblici

4.1.1.

Per soddisfare il crescente fabbisogno di energia elettrica e realizzare gli obiettivi climatici, occorre raddoppiare gli investimenti nella rete elettrica, portandoli a 55 miliardi di EUR all’anno, e aumentare i fondi destinati alla creazione di capacità di produzione di energia pulita fino a un importo pari a 75 miliardi di EUR all’anno (6). In tale contesto assumono grande importanza gli investimenti pubblici in sistemi energetici intelligenti e rinnovabili come pure in impianti di stoccaggio, nell’ottica di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, contrastare la povertà energetica, mantenere prezzi accessibili e creare posti di lavoro di qualità.

4.1.2.

Il CESE raccomanda nuovamente di applicare per gli investimenti pubblici la «regola aurea» (golden rule), come già raccomandato nel parere ECO/569 (7), purché essa non comprometta né la stabilità di bilancio a medio termine né il valore dell’euro, per salvaguardare la produttività e proteggere la base sociale ed ecologica necessaria per il benessere delle generazioni future.

4.1.3.

Le operazioni di finanziamento misto che coinvolgono gli investitori privati rappresentano un’opzione solo se si garantisce che l’assegnazione avvenga in modo trasparente, che non vi siano clausole di riservatezza e che per la pubblica amministrazione non ne derivino costi ingiustificati rispetto a un finanziamento pubblico. Per quanto riguarda i costi aggiuntivi giustificati, occorre garantire la piena trasparenza. È pertanto ancora più importante che, in tali modelli di finanziamento misto, i diritti e gli obblighi siano chiaramente definiti, che le responsabilità siano chiarite e che sia previsto un sistema efficiente e rapido per la risoluzione dei conflitti al fine di evitare costi aggiuntivi a lungo termine e problemi di responsabilità.

4.1.4.

Con riferimento alla futura organizzazione dei sistemi energetici e delle relative infrastrutture, il CESE ha ripetutamente sottolineato la necessità di una partecipazione attiva di tutti i consumatori (famiglie, imprese e comunità energetiche) allo sviluppo di sistemi energetici intelligenti, nonché la necessità di creare incentivi, in modo tale da rendere la società civile partecipe della transizione energetica. È evidente che il ruolo svolto dai privati cittadini, dagli agricoltori, dalle città, dalle MPMI e dalle comunità energetiche nel finanziamento delle misure viene completamente sottovalutato. Il CESE fa rilevare, ad esempio, che più del 90 % della capacità installata in Germania non è stata costruita dai principali fornitori di energia. Manca una strategia che consenta di sfruttare queste evidenti potenzialità e disponibilità.

4.1.5.

La legislazione europea in materia di energia non riconosce la protezione del clima come obiettivo della regolamentazione delle reti. Di conseguenza, anche le autorità nazionali di regolazione hanno difficoltà a creare incentivi per attività di trasformazione, potenziamento e modernizzazione delle reti di distribuzione elettrica che rispondano ai requisiti della neutralità climatica. La legislazione europea in materia di energia dovrebbe pertanto menzionare esplicitamente la neutralità climatica tra gli obiettivi della regolamentazione delle reti.

4.1.6.

La Commissione sottolinea giustamente che gli investimenti pubblici possono e devono mobilitare investimenti privati. Tuttavia il piano REPowerEU non comprende disposizioni sul rifinanziamento dei fondi pubblici pertinenti. L’abolizione delle sovvenzioni per le risorse fossili costituirebbe un approccio in tal senso, mentre un’altra possibilità consisterebbe nel tassare gli enormi profitti eccezionali generati dalla grande crisi del petrolio e del gas, specialmente per le grosse compagnie petrolifere. Il CESE teme che i profitti estremamente elevati delle imprese del settore energetico, da un lato, e l’aumento della povertà energetica causata dall’esplosione dei prezzi dell’energia, dall’altro, possano diventare pericolosi fattori di conflitto sociale. Il CESE propone che tali utili siano ridotti assoggettandoli a un prelievo fiscale e che il relativo gettito sia trasferito a titolo di compensazione finanziaria ai consumatori finali di energia (ad esempio, le famiglie finanziariamente più deboli o le imprese ad alta intensità energetica) e sia anche utilizzato per espandere la produzione di energia rinnovabile e sviluppare le necessarie infrastrutture di rete, soprattutto perché una misura di questo tipo è già in fase di discussione o attuazione in alcuni Stati membri. Secondo il CESE, per non disincentivare le imprese del settore energetico dall’investire nelle soluzioni a basse emissioni di carbonio, una tassazione di questo tipo dovrebbe essere considerata estremamente sensibile. Il CESE invita la Commissione a proporre le opportune misure senza ulteriori ritardi.

4.1.7.

La politica di approvvigionamento deve essere accompagnata da un’infrastruttura che renda possibile il flusso regolare di energia elettrica e gas sul mercato europeo, assicurando nel contempo la stabilità della rete. Il CESE è convinto che occorra prestare particolare attenzione alla definizione dell’ampliamento delle reti come interesse pubblico prioritario, all’integrazione della protezione del clima come obiettivo normativo e, in generale, a un più efficace sincronismo nella pianificazione delle energie rinnovabili e della rete dell’energia elettrica. In tale ambito sono assolutamente necessarie disposizioni specifiche di diritto europeo.

4.2.   Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici

4.2.1.

L’attuale meccanismo dell’UE per rispondere alle catastrofi naturali è il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE). Tuttavia, il bilancio annuale disponibile di tale fondo risulta insufficiente a fronte del costo enorme dei danni (8) causati dalle recenti catastrofi naturali, e deve essere drasticamente aumentato. I finanziamenti dell’UE per la transizione verso l’energia verde sono più consistenti, ma non tengono conto dell’urgenza delle attuali esigenze dell’UE in materia di autonomia energetica verde.

4.2.2.

Secondo il CESE, l’UE ha bisogno di un nuovo meccanismo di finanziamento che possa fornire un sostegno immediato e sostanziale agli Stati membri in caso di emergenze di questo tipo. Il CESE propone pertanto la creazione di un nuovo Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici. Le risorse necessarie dovrebbero essere reindirizzate dai fondi dell’UE esistenti, in particolare dal Fondo di coesione e dal dispositivo per la ripresa e la resilienza, e gestite in modo semplificato e coerente attraverso questo nuovo fondo.

4.2.3.

Nel modernizzare il contesto di finanziamento, si potrebbe anche ampliare la portata dei programmi esistenti, aumentare le loro risorse e considerare Next Generation EU un modello per un nuovo strumento di finanziamento. Il CESE sottolinea che, per affrontare le enormi sfide che ci aspettano, potrebbe essere necessario creare nuove risorse. Tuttavia, qualsiasi nuova «risorsa propria» deve essere concepita in modo equo per evitare di gravare ulteriormente sui gruppi svantaggiati. Inoltre, tali risorse non devono ostacolare lo sviluppo economico.

4.2.4.

È fondamentale che il funzionamento del Fondo, maggiormente incentrato su risposte rapide e urgenti, sia coerente con le politiche generali dell’UE in materia di clima, ambiente ed energia, che a lungo termine ridurranno la dipendenza dalle risposte di emergenza e proteggeranno l’umanità e l’ambiente naturale.

4.3.   Promozione della tecnologia

4.3.1.

Per la sua buona riuscita, la transizione verde nell’industria manifatturiera ha bisogno di un mix di energie rinnovabili adeguato, stabile e sufficiente per l’elettrificazione e per la produzione di idrogeno verde. Le tecnologie di stoccaggio sono in fase di sviluppo, e le opportunità offerte dalla digitalizzazione sono pienamente sfruttate. Vi è quindi ancora una notevole necessità di ricerca e sviluppo.

4.3.2.

Dall’inizio della liberalizzazione, i risultati degli investimenti delle compagnie elettriche sono in calo. La quota degli investimenti pubblici nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie di decarbonizzazione è inferiore nell’UE rispetto a tutte le altre principali economie, il che mette a repentaglio la competitività dell’UE nelle tecnologie chiave del futuro. Il CESE invita la Commissione a elaborare un piano strategico per gli investimenti e a incoraggiare gli Stati membri a utilizzare i fondi in modo ottimale ed efficiente per lo sviluppo dell’energia pulita. Lo stesso vale per gli investimenti nella rete elettrica.

4.3.3.

La decarbonizzazione richiederà una profonda trasformazione delle attività industriali (nei prossimi 30 anni). Sebbene esistano già molte tecnologie a basse emissioni di carbonio, i loro livelli di maturità tecnologica (Technology Readiness Levels — TRL (9)) sono bassi. Saranno necessarie ambiziose tabelle di marcia in materia di tecnologia per applicare su vasta scala e diffondere ampiamente queste tecnologie pionieristiche, e l’UE deve promuovere l’innovazione attraverso i fondi per il clima e per l’innovazione.

4.3.4.

È indubbio che in futuro l’idrogeno verde contribuirà al conseguimento di un sistema energetico europeo sicuro. Il CESE rimanda ai suoi pareri sulla strategia per l’idrogeno (10) e sulla strategia di integrazione del sistema energetico (11).

4.4.   Sostenere le MPMI (12)

4.4.1.

Le micro, piccole e medie imprese (MPMI), siano esse imprese tradizionali, aziende a conduzione familiare, commercianti, imprese dell’economia sociale, dell’artigianato o delle libere professioni, sono fondamentali per realizzare un’economia dell’UE competitiva, a impatto climatico zero, circolare e inclusiva, a condizione che le giuste condizioni siano create e mantenute. Le MPMI traggono vantaggio dal miglioramento delle proprie prestazioni ambientali e dal fornire competenze e soluzioni ad altre imprese, ai cittadini e al settore pubblico. Il CESE riconosce e sottolinea la diversità e le differenti esigenze delle MPMI, ma chiede al tempo stesso di prestare particolare attenzione a quelle tra di esse che sono più piccole e vulnerabili.

4.4.2.

Il CESE sottolinea l’urgente necessità di sostenere le MPMI nella comprensione e nella gestione ottimale della transizione verde. Il CESE chiede misure di informazione e sensibilizzazione ampie e mirate, realizzate in modo coordinato e complementare dalla Commissione europea e dagli Stati membri, insieme alle organizzazioni imprenditoriali, alle camere professionali, alle parti sociali e ad altre parti interessate. Inversamente, nei criteri di accessibilità ai programmi di finanziamento si dovrebbe evidenziare e prendere in considerazione l’importante ruolo svolto dalle MPMI in termini di nuove tecnologie e soluzioni innovative per la trasformazione verde dell’industria dell’UE.

4.4.3.

Il CESE invita l’UE e gli Stati membri ad accelerare gli investimenti verdi delle MPMI garantendo un contesto normativo favorevole, prevedibile e incoraggiante, che comprenda procedure di autorizzazione agevoli ed eviti oneri amministrativi gravosi, nonché fornendo un accesso ai finanziamenti rapido, facile, semplice e tracciabile, adeguato alle diverse esigenze di tutti i gruppi di MPMI.

4.4.4.

Al fine di migliorare l’efficienza delle risorse delle MPMI, il CESE propone di creare dei «poli di circolarità» (Hubs for Circularity o H4C) in diverse regioni. Ciò dovrebbe rafforzare la cooperazione tra le imprese dei vari settori e facilitare lo sviluppo di nuove pratiche e processi, compresa la dimostrazione di nuove tecnologie. Nelle procedure di appalto in tutta l’UE occorre inserire criteri di qualità climatici, sociali e di altro tipo, promuovendo così l’innovazione da parte delle MPMI e facilitando il loro accesso agli appalti pubblici. Le organizzazioni delle MPMI, le camere professionali, il mondo accademico, le parti sociali e altri portatori di interessi pertinenti dovrebbero essere parte integrante del processo.

4.4.5.

Il CESE invita a una stretta collaborazione tra gli erogatori di istruzione e le MPMI nel definire una formazione che risponda alle competenze e alle abilità necessarie per la transizione verde, anche mediante l’aggiornamento e la riqualificazione sia dei lavoratori che degli imprenditori. Inoltre, il CESE raccomanda di sostenere le attività di innovazione delle MPMI incentivando e facilitando la cooperazione con altre imprese, le loro organizzazioni, le camere professionali, le università e le organizzazioni di ricerca.

5.   Promuovere in modo generale una transizione giusta e inclusiva

5.1.   Transizione giusta

5.1.1.

«Transizione giusta» significa misure e interventi di politica sociale che accompagnano il processo di trasformazione verso un’economia e una produzione sostenibili e neutre in termini di emissioni di carbonio. Il CESE sottolinea che il concetto di «transizione giusta» non riguarda solamente il finanziamento della transizione, ma comprende anche l’obiettivo di salvaguardare i diritti dei lavoratori, di creare posti di lavoro dignitosi e di qualità, di rafforzare la sicurezza sociale e la partecipazione democratica (anche a livello aziendale) e di mantenere e accrescere la competitività delle imprese europee, il che richiede misure specifiche a tutti i livelli, in particolare a livello regionale.

5.1.2.

L’occupazione nei settori chiave particolarmente interessati dalla modernizzazione ecologica e dalla rivoluzione industriale verso un’Europa climaticamente neutra si trova a confrontarsi con notevoli rivolgimenti, che rendono indispensabili riconversioni professionali e investimenti nell’istruzione a favore di posti di lavoro verdi e di qualità. In tale scenario, la tempestiva trasmissione delle conoscenze e i diritti all’istruzione sono tanto importanti quanto la continua promozione dell’accettazione delle donne nei settori professionali tecnici.

5.1.3.

Le misure e le diverse fasi delle trasformazioni previste nel pacchetto Pronti per il 55 % possono comportare profondi cambiamenti nell’economia e perturbazioni sociali. Il CESE invita pertanto la Commissione a dedicare maggiore attenzione, nella valutazione dei PNEC, all’adeguatezza delle strategie per una transizione giusta e, in tale contesto, specialmente al conseguimento dei seguenti obiettivi:

agevolazione delle transizioni occupazionali;

sostegno ai lavoratori che perdono il posto a causa della decarbonizzazione (ciascun posto di lavoro perso dovrebbe almeno essere sostituito da un altro di pari valore);

sviluppo dei potenziali economici regionali derivanti da fonti energetiche rinnovabili e nuove forme di partecipazione nella produzione di energia elettrica;

lotta efficace contro la povertà energetica.

5.1.4.

Il CESE chiede una stretta cooperazione tra gli erogatori di formazione e le imprese nella progettazione di una formazione che fornisca le abilità e le competenze necessarie per la trasformazione verde dell’economia, anche attraverso il miglioramento delle competenze e la riqualificazione dei lavoratori e degli imprenditori.

5.1.5.

Come indicato in precedenti pareri (13), il CESE è convinto che non solo le risorse destinate alla coesione sociale e regionale e alla ripresa debbano essere utilizzate in modo tale da sostenere la protezione del clima e la transizione energetica, ma anche che le politiche energetica e climatica vadano configurate in modo da promuovere la coesione sociale e regionale. Approcci di questo tipo comprendono ad esempio i progetti per la costruzione di parchi solari in ex cave di lignite in Grecia e Portogallo e il sostegno finanziario destinato in maniera molto strategica ai prosumatori in Lituania. Tali esempi, tuttavia, non costituiscono pratiche generalizzate e sono tutt’altro che diffusi.

5.2.   Favorire gli investimenti privati

5.2.1.

I diversi Stati membri hanno bisogno di programmi per lo sviluppo — in un approccio dal basso verso l’alto — delle fonti energetiche rinnovabili, che sono indispensabili per la trasformazione energetica e incidono in modo significativo sia sulla qualità sia, soprattutto, sui prezzi dell’energia fornita. A causa dell’aumento dei prezzi dell’energia (proveniente dalle reti elettriche nazionali), vi è già la tendenza a soddisfare in modo autonomo il fabbisogno energetico delle imprese per le quali l’energia verde è diventata una questione di sopravvivenza. Molte imprese stanno già investendo in modo dinamico nelle proprie fonti di energia rinnovabile e di calore, che, essendo meno costose, risultano attraenti anche per le imprese e le comunità locali che potrebbero utilizzare l’energia eccedentaria immessa nella rete elettrica. Purtroppo, in molte regioni europee i sistemi devono ancora essere sviluppati e non sono attualmente pronti ad accettare un gran numero di nuovi impianti. Inoltre, molto spesso tali investimenti privati non dovrebbero concentrarsi esclusivamente sulle necessità di un’unica impresa, ma potrebbero apportare benefici alle comunità locali.

5.2.2.

Il problema dello sviluppo del settore delle energie rinnovabili sembra essere un aumento dinamico della potenza in questo settore in un periodo di tempo estremamente breve, il che rappresenta una grande sfida per i sistemi di energia nazionali degli Stati membri, nonostante gli ingenti investimenti nella modernizzazione della rete e nell’aumento della capacità di trasmissione dei sistemi. L’Europa deve ora sviluppare delle comunità energetiche locali, in cui le amministrazioni locali svolgano un ruolo dominante in materia di investimenti. Si tratta delle cosiddette cooperative energetiche, costituite con la partecipazione di residenti e spesso finanziate da fondi di investimento locali. Questa forma di partecipazione delle società locali alla trasformazione energetica garantisce il sostegno a tali iniziative e riduce al minimo il rischio di resistenza sociale alla localizzazione degli impianti di generazione, distribuzione o trasmissione sul territorio.

5.2.3.

Tali iniziative dovrebbero essere incluse quanto prima nella regolamentazione europea e sostenute da un sistema di finanziamento pubblico per questo tipo di investimenti. In questo caso, la commercializzazione di linee a media e bassa tensione nella rete elettrica è fondamentale per assicurare la partecipazione di investitori privati alla costruzione dell’infrastruttura di rete. Lo sviluppo degli impianti fotovoltaici da parte dei cittadini dimostra il grande potenziale di investimento della società e degli imprenditori. Una legislazione adeguata in questo settore permetterebbe di risolvere sia i problemi di finanziamento sia i problemi di connessione di tali investimenti alla rete elettrica.

5.3.   Povertà energetica

5.3.1.

Garantire un accesso equo all’energia e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico a costi accessibili deve essere una priorità assoluta per l’UE e i suoi Stati membri. Con l’impennata dei prezzi dell’energia, in tutta Europa un numero sempre maggiore di cittadini e consumatori dell’UE è colpito dalla povertà energetica. Chi versava già prima in condizioni di precarietà energetica vede ora peggiorare la propria situazione, e i consumatori che in passato non avevano problemi a pagare le bollette delle utenze energetiche rischiano adesso di finire in povertà.

5.3.2.

Data l’importanza della questione, il CESE esorta l’UE a promuovere un approccio comune alla povertà energetica. Attualmente, ciascuno Stato membro può definire il termine «povertà energetica» in base ai propri criteri, e la mancanza di un approccio comune potrebbe fare sì che la Commissione non sia in grado di valutare adeguatamente la situazione e gli Stati membri non interpretino questo concetto nello stesso modo e reagiscano in modo diverso. La definizione fornita nella proposta di rifusione della direttiva sull’efficienza energetica, così come gli indicatori precedentemente definiti dall’Osservatorio europeo della povertà energetica, costituiscono un buon punto di partenza. Data l’urgenza della questione, il CESE ritiene che la Commissione e gli Stati membri debbano promuovere un approccio comune che fornisca una definizione comune specifica della povertà energetica e consenta la raccolta di dati statistici.

5.3.3.

Il CESE sottolinea l’importanza di investire in un approvvigionamento energetico equo ed efficiente per alleviare, a lungo termine, la povertà energetica. A tal fine, è importante garantire che gli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, nonché la ristrutturazione su vasta scala degli edifici, sostengano i gruppi a reddito più basso. I prosumatori possono conseguire un’«autonomia strategica» per se stessi in quanto individui o collettivamente come parte di una comunità (in ultima analisi, il modo più sostenibile per eliminare la povertà energetica), solo se viene garantito che le famiglie finanziariamente più deboli dispongano dei mezzi per effettuare gli investimenti necessari.

5.3.4.

A questo proposito, il CESE ricorda la propria posizione secondo cui è essenziale evitare che si crei una società energetica divisa in due classi. Non è concepibile che solo i nuclei familiari che dispongono delle risorse finanziarie e delle attrezzature tecnologiche adeguate beneficino della transizione energetica e che tutti gli altri debbano sostenerne i costi. Il CESE sostiene pertanto gli incentivi e gli strumenti volti all’attuazione della direttiva sull’efficienza energetica, nell’ottica di aiutare i clienti e le famiglie vulnerabili, e sottolinea che obiettivi ambiziosi in materia di teleriscaldamento/teleraffrescamento potrebbero peggiorare le condizioni degli alloggi sociali. Il CESE plaude pertanto alla proposta di creare un Fondo sociale per il clima e chiede il rispetto del principio della «transizione giusta» in modo tale da tenere conto delle diverse situazioni degli Stati membri.

5.3.5.

Inoltre, dato che la povertà energetica è radicata nella povertà più generale, è essenziale che la Commissione e gli Stati membri continuino a concentrarsi sulla riduzione della povertà in ogni campo. Questa crisi pone l’accento sulla necessità di migliorare costantemente l’accesso all’occupazione e all’inclusione sociale, di garantire un tenore di vita adeguato e di promuovere la crescita economica negli Stati membri.

5.4.   Zone rurali

5.4.1.

Il CESE ritiene che una strategia combinata per la transizione energetica e la digitalizzazione nelle zone rurali non abbia ricevuto il livello di attenzione e sostegno atteso. Chiede la rapida attuazione della visione a lungo termine della Commissione per le zone rurali dell’UE e la mobilitazione delle parti interessate attraverso il patto rurale dell’UE.

5.4.2.

Il CESE ha più volte sottolineato che la transizione energetica (il passaggio da grandi impianti di produzione centralizzati a strutture più decentrate) offre reali opportunità per nuove fonti di reddito e nuovi posti di lavoro nelle zone rurali (14). Anche a tale riguardo il Comitato esprime grande delusione per le idee finora avanzate dalla Commissione europea e dagli Stati membri.

5.4.3.

Il ruolo delle comunità energetiche locali e regionali deve quindi essere riconosciuto e sfruttato per realizzare una transizione energetica giusta combinata con lo sviluppo delle comunità, attraverso la creazione e l’espansione delle comunità energetiche dei cittadini, che prevedono la cooperazione volontaria tra i cittadini, gli enti locali e le MPMI per promuovere vantaggi sociali ed economici.

5.4.4.

Il CESE è giunto alla conclusione che la diffusione delle tecnologie digitali nelle zone rurali sia un requisito essenziale per sostenere la transizione energetica. Il sistema energetico rurale deve essere decentrato, il che implica esigenze enormi in termini di una maggiore e migliore interconnessione; ciò a sua volta richiede la diffusione di tecnologie digitali per far corrispondere l’offerta alla domanda e garantire flussi energetici efficienti.

6.   Osservazioni particolari

6.1.

Mantenere una solida base industriale all’interno dell’UE garantirà alla società europea prosperità, posti di lavoro di qualità e un impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Per mantenere la sua posizione competitiva, l’industria europea deve investire in Europa, sia nella ricerca, sviluppo e innovazione, sia in impianti e attrezzature. Ciò richiede un adeguato quadro normativo.

Il settore energetico è un segmento molto ampio dell’economia. Questo segmento presenta la particolarità di esercitare un fondamentale effetto leva sugli altri settori dell’economia. Tuttavia, il settore dell’energia, considerato in tutti i suoi aspetti, è fortemente caratterizzato da stereotipi di genere, in cui gli uomini detengono una posizione dominante, fatto che determina grandi squilibri professionali tra donne e uomini sia nel settore privato che in quello pubblico dell’energia (15).

Il CESE raccomanda di:

rafforzare e vigilare sull’applicazione della legislazione esistente in materia di uguaglianza, a livello sia europeo che nazionale;

creare condizioni di parità in materia di formazione alle professioni del settore dell’energia negli Stati membri e a livello europeo — creare un «Collegio europeo delle discipline STEM»;

garantire la parità nel mercato del lavoro nel settore dell’energia, esplorando le opportunità per le donne, evitando nel contempo che la transizione energetica e digitale diventi una trappola per la carriera e la retribuzione delle donne, e sviluppare il dialogo sociale e i contratti collettivi sulla parità nelle imprese energetiche in tutta Europa.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 486 del 21.12.2022, pag. 67; GU C 486 del 21.12.2022, pag. 88; GU C 486 del 21.12.2022, pag. 53; GU C 486 del 21.12. 2022, pag. 1; GU C 486 del 21.12.2022, pag. 59; GU C 486 del 21.12.2022, pag. 23; GU C 486 del 21.12.2022, pag. 198.

(2)  GU C 486 del 21.12. 2022, pag. 1.

(3)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 1.

(4)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 158.

(5)  Cfr. GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 85.

(6)  Conclusione tratta dall’associazione europea di categoria dell’industria elettrica Eurelectric.

(7)  GU C 275 del 18.7.2022, pag. 50.

(8)  Ad esempio, l’impressionante cifra di 80 miliardi di EUR in Germania nel 2021.

(9)  I TRL sono i diversi livelli su una scala usata per misurare il progresso o il livello di maturità di una tecnologia.

(10)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 30.

(11)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 22.

(12)  GU C 486 del 21.12. 2022, pag. 1.

(13)  Cfr. GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 30 e GU C 62 del 15.2.2019, pag. 269.

(14)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 1.

(15)  Obiettivi di sviluppo sostenibile 5, 7 e 8 dell’ONU; Joy Clancy, Università di Twente, Give women a chance: engendering the energy supply chain [Diamo alle donne una possibilità: introduciamo la parità di genere nella catena di approvvigionamento energetico].


ALLEGATO

I seguenti emendamenti, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Punto 2.6

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

L’attuale crisi (dei prezzi) dell’energia e la mancanza di sicurezza, stabilità e prevedibilità dell’approvvigionamento stanno mettendo a dura prova l’Unione europea. La crisi sarebbe meno grave se si fosse agito prima e in modo più mirato e se, ad esempio, si fossero presi più sul serio gli obiettivi che la stessa UE si è prefissa (come quelli dell’Unione europea dell’energia). Il CESE accoglie con favore le misure proposte nella comunicazione su REPowerEU e nel piano REPowerEU per aumentare la produzione di energia verde, diversificare l’approvvigionamento e ridurre la domanda di gas russo, in quanto le soluzioni indicate sono in linea con gli obiettivi del Green Deal e dell’Unione europea dell’energia. Secondo il Comitato, l’obiettivo principale non dovrebbe essere quello di diversificare le dipendenze, bensì , per quanto possibile, di raggiungere un’«indipendenza e autonomia strategica nel settore dell’energia». Per quanto riguarda le risorse destinate a sostituire il gas russo, il CESE avverte che l’UE deve prestare particolare attenzione all’impatto che esse possono avere sull’ambiente e alle eventuali nuove dipendenze da paesi terzi che non condividono i valori europei.

L’attuale crisi (dei prezzi) dell’energia e la mancanza di sicurezza, stabilità e prevedibilità dell’approvvigionamento stanno mettendo a dura prova l’Unione europea. La crisi sarebbe meno grave se si fosse agito prima e in modo più mirato e se, ad esempio, si fossero presi più sul serio gli obiettivi che la stessa UE si è prefissa (come quelli dell’Unione europea dell’energia). Il CESE accoglie con favore le misure proposte nella comunicazione su REPowerEU e nel piano REPowerEU per aumentare la produzione di energia verde, diversificare l’approvvigionamento e ridurre la domanda di gas russo, in quanto le soluzioni indicate sono in linea con gli obiettivi del Green Deal e dell’Unione europea dell’energia. Secondo il Comitato, l’obiettivo principale dovrebbe essere quello di diversificare le risorse e assicurare , per quanto possibile, di raggiungere un’«indipendenza e autonomia strategica aperta nel settore dell’energia». Per quanto riguarda le risorse destinate a sostituire il gas russo, il CESE avverte che l’UE deve prestare particolare attenzione all’impatto che esse possono avere sull’ambiente e alle eventuali nuove dipendenze da paesi terzi che non condividono i valori europei. Allo stesso tempo, nella situazione attuale, dobbiamo mantenere tutte le nostre fonti energetiche di lavoro, poiché in realtà il pericolo per noi non è attualmente rappresentato dal possibile impatto sull’ambiente delle fonti di energia sostitutive, bensì dalla mancanza di energia e dalle interruzioni di corrente (blackout). La capacità di produzione di energia che attualmente rifornisce il mercato europeo dell’energia non può essere persa.

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

77

Voti contrari:

113

Astensioni:

14

Punto 4.3.1

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Per la sua buona riuscita, la transizione verde nell’industria manifatturiera ha bisogno di un mix di energie rinnovabili adeguato, stabile e sufficiente per l’elettrificazione e per la produzione di idrogeno verde . Le tecnologie di stoccaggio sono in fase di sviluppo, e le opportunità offerte dalla digitalizzazione sono pienamente sfruttate. Vi è quindi ancora una notevole necessità di ricerca e sviluppo.

Per la sua buona riuscita, la transizione verde nell’industria manifatturiera ha bisogno di un mix di energie rinnovabili adeguato, stabile e sufficiente per l’elettrificazione e per la produzione di idrogeno. Le tecnologie di stoccaggio sono in fase di sviluppo, e le opportunità offerte dalla digitalizzazione sono pienamente sfruttate. Vi è quindi ancora una notevole necessità di ricerca e sviluppo.

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

92

Voti contrari:

112

Astensioni:

9

Punto 4.3.4

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

È indubbio che in futuro l’idrogeno verde contribuirà al conseguimento di un sistema energetico europeo sicuro. Il CESE rimanda ai suoi pareri sulla strategia per l’idrogeno (1) e sulla strategia di integrazione del sistema energetico (2).

È indubbio che in futuro l’idrogeno contribuirà al conseguimento di un sistema energetico europeo sicuro. Il CESE rimanda ai suoi pareri sulla strategia per l’idrogeno (1) e sulla strategia di integrazione del sistema energetico (2).

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

92

Voti contrari:

112

Astensioni:

9

Punto 1.4

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il potenziale di cui dispone l’Europa nel settore delle energie rinnovabili deve essere individuato nel modo più preciso possibile e ampiamente comunicato, al fine di promuovere una visione comune della misura in cui è possibile raggiungere l’indipendenza dalle importazioni di energia. In particolare, occorre tenere conto dell’elettrificazione dei settori del riscaldamento e dei trasporti e della necessità di sviluppare una produzione nazionale di idrogeno verde .

Il potenziale di cui dispone l’Europa nel settore delle energie rinnovabili deve essere individuato nel modo più preciso possibile e ampiamente comunicato, al fine di promuovere una visione comune della misura in cui è possibile raggiungere l’indipendenza dalle importazioni di energia. In particolare, occorre tenere conto dell’elettrificazione dei settori del riscaldamento e dei trasporti e della necessità di sviluppare una produzione nazionale di idrogeno.

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

92

Voti contrari:

112

Astensioni:

9

Punto 1.6

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Allo stesso tempo, per compensare la perdita delle forniture energetiche provenienti dalla Russia saranno necessarie misure a breve ed eventualmente anche a medio termine, tra cui le importazioni di GNL. Tuttavia, il CESE ritiene importante che ciò non crei nuove dipendenze a lungo termine dai combustibili fossili. Questo aspetto deve essere preso in considerazione in anticipo nel ciclo degli investimenti. In generale, infatti, l’obiettivo non è diversificare le dipendenze , bensì raggiungere il massimo livello possibile di «autonomia strategica».

Allo stesso tempo, per compensare la perdita delle forniture energetiche provenienti dalla Russia saranno necessarie misure a breve ed eventualmente anche a medio termine, tra cui le importazioni di GNL. Tuttavia, il CESE ritiene importante che ciò non crei nuove dipendenze a lungo termine dai combustibili fossili. Questo aspetto deve essere preso in considerazione in anticipo nel ciclo degli investimenti. In generale, infatti, l’obiettivo è diversificare le fonti e, al tempo stesso, ridurre le elevate dipendenze da un importatore, allo scopo di raggiungere il massimo livello possibile di «autonomia strategica» aperta .

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

77

Voti contrari:

113

Astensioni:

14


(1)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 30.

(2)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 22.

(1)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 30.

(2)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 22.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/115


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’importanza dei trasporti pubblici per la ripresa verde dell’Europa»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/16)

Relatrice:

Kristina KRUPAVIČIENĖ

Correlatrice:

Dovilė JUODKAITĖ

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sezione

4.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

173/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE riconosce il ruolo essenziale svolto dai trasporti pubblici nella ripresa verde dell’Europa a seguito della pandemia, un’emergenza che ha fatto da catalizzatore, dimostrando che i trasporti pubblici forniscono sia un servizio di interesse pubblico, sia una modalità di accesso al posto di lavoro e ai servizi per i lavoratori in prima linea e i gruppi vulnerabili. Il CESE chiede che la mobilità sia riconosciuta quale diritto individuale e bene pubblico che deve essere a disposizione di tutti, giacché garantisce accesso alle dimensioni culturale, sociale ed economica della vita. Rendere disponibili per tutti servizi di trasporto pubblico di qualità, sicuri, dal costo contenuto, accessibili e con personale sufficiente deve essere un obiettivo prioritario per l’UE.

1.2.

Cosciente dell’importanza dei trasporti pubblici per le singole persone, gli utenti e i lavoratori, il CESE rinnova l’appello (1) per un approccio partecipativo alla pianificazione dei trasporti pubblici a livello regionale, nazionale ed europeo. È l’unico modo per garantire che le strategie e le misure per la ripresa rispondano alle esigenze e alle attese di tutti coloro che gestiscono e utilizzano i trasporti pubblici.

1.3.

Il CESE fa notare che lo sviluppo di un servizio di alta qualità è essenziale per la ripresa post-pandemia dei trasporti pubblici. Condizioni di lavoro adeguate e personale motivato e formato adeguatamente sono essenziali per l’erogazione di un servizio di tale livello. Il CESE chiede che i responsabili politici locali, regionali e nazionali elaborino dei modelli aziendali che portino a un sistema di trasporto innovativo e attraente, capace di garantire un servizio di alta qualità nonché condizioni adeguate e la protezione sociale dei dipendenti, ed esorta i responsabili politici dell’UE a sostenere appieno tali modelli.

1.4.

Il trasporto pubblico è un servizio ad alta intensità di lavoro con posti di lavoro verdi che non è possibile delocalizzare. Gli operatori dei trasporti pubblici sono tra i maggiori datori di lavoro nelle zone urbane, offrono occupazione a un ampio ventaglio di persone e contribuiscono all’inclusione dei lavoratori migranti nel mercato del lavoro. Per preservare la natura sociale del settore, il CESE chiede che i responsabili politici includano nei contratti di servizio per i trasporti pubblici criteri sociali e di qualità di servizio obbligatori, quali l’applicazione dei contratti collettivi e un’adeguata valutazione della situazione del personale a seguito di un cambio di operatore. Il CESE chiede inoltre che i responsabili politici garantiscano la messa in atto di robusti meccanismi di dialogo sociale al fine di rendere il settore sostenibile sul piano economico e sociale. Il CESE chiede inoltre il pieno rispetto delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici [regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) o direttiva 2014/23 del Parlamento europeo e del Consiglio (3)].

1.5.

Il CESE ricorda che per conseguire l’obiettivo di una mobilità sostenibile è necessario un impegno politico forte da parte di tutti gli attori e a tutti i livelli. Le istituzioni dell’UE devono svolgere un ruolo forte di direzione e leadership politica, definendo obiettivi chiari e mettendo a disposizione i fondi necessari. Pertanto il CESE chiede che la Commissione europea definisca degli obiettivi misurabili e ambiziosi per la transizione dall’utilizzo delle automobili private ai mezzi pubblici e alla mobilità attiva.

1.6.

È essenziale effettuare investimenti ingenti per garantire il buon esito delle politiche volte a promuovere un trasporto pubblico sostenibile e, di conseguenza, la ripresa verde. Sono state messe a disposizione degli Stati membri dell’UE risorse finanziarie significative tramite il dispositivo per la ripresa e la resilienza, e molti Stati membri si sono impegnati a investire nei sistemi di trasporto pubblico. Il CESE chiede che la Commissione controlli il rispetto degli impegni presi e riferisca in merito, al fine di garantire che la ripresa verde vada di pari passo con la salvaguardia e il miglioramento dell’occupazione, della qualità del servizio e dell’inclusione sociale. Il CESE chiede che gli Stati membri predispongano un meccanismo partecipativo per la consultazione degli utenti e delle parti sociali sulle modalità di utilizzo di questi fondi, fondamentali per la ripresa dei trasporti pubblici. Il CESE sottolinea che tutti i fondi pubblici e dell’UE stanziati per lo sviluppo di soluzioni di trasporto dovrebbero prevedere criteri di inclusione, accessibilità e sostenibilità dei trasporti.

1.7.

Il CESE invita pertanto i responsabili politici ad attuare in modo inclusivo e partecipativo i processi di transizione digitale volti a realizzare trasporti sostenibili ed equi per tutti.

1.8.

Il CESE invita l’Unione europea e gli Stati membri a contribuire alla transizione verso modalità di trasporto più verdi, rendendole più attrattive in termini generali. La sensibilizzazione circa gli impatti ambientali delle scelte in termini di trasporto e mobilità personale è altresì importante per incoraggiare il passaggio a trasporti pubblici e sostenibili. Pertanto il CESE chiede alla Commissione di dedicare il 2024 ai trasporti pubblici e ai loro utenti e lavoratori.

2.   Contesto

2.1.

Trasporti e mobilità sono parte integrante della vita quotidiana degli europei e consentono la mobilità delle persone in tutti i settori della società e in ogni angolo d’Europa. Inoltre, al fine di conseguire la neutralità climatica, il Green Deal europeo ha definito l’obiettivo della riduzione del 90 % delle emissioni dei trasporti entro il 2050. Tutti i settori dei trasporti dovranno contribuire alla riduzione di tali emissioni. Nel Green Deal si afferma che «il trasporto multimodale necessita di un forte impulso» che aumenterà l’efficienza del sistema dei trasporti.

2.2.

Nella sua Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente, la Commissione ha definito la mobilità urbana e interurbana sostenibile un’iniziativa faro, sottolineando la necessità di «rendere la mobilità equa e giusta per tutti» e di incrementare la quota modale dei trasporti collettivi, migliorando la multimodalità senza soluzione di continuità nelle zone urbane e suburbane. La strategia fa riferimento inoltre all’aumento della domanda di soluzioni nuove e innovative, ivi compresi i servizi accessibili su richiesta e la mobilità collaborativa. La strategia considera prioritaria la necessità di migliorare il quadro per la mobilità urbana.

Il quadro per la mobilità urbana (4) della Commissione indica che la mobilità urbana contribuisce per il 23 % alla crescente quota che i trasporti rappresentano nei consumi energetici e nelle emissioni di gas serra dell’UE; le città si trovano ad affrontare le maggiori sfide in termini di qualità dell’aria, con concentrazioni di NO2 e PM10 superiori ai valori massimi consentiti nell’UE; i livelli di congestione nelle città europee sono rimasti stabili o sono peggiorati dal 2013, con costi significativi per la società e impatti negativi sui pendolari; le zone urbane sono il contesto in cui avviene il 38 % di tutti i decessi e lesioni gravi nei trasporti su strada nell’UE; oltre il 70 % degli europei vive in città e si aspetta soluzioni per una migliore qualità e sicurezza di mobilità, per la congestione e l’inquinamento atmosferico e acustico; il 30 % degli europei abita in paesi, piccole città e zone periurbane e dipende spesso dalle automobili private per raggiungere i nodi urbani vicini;

è necessario adattare l’infrastruttura e i servizi del trasporto pubblico urbano in modo da migliorare l’accessibilità, tra l’altro per offrire un servizio migliore in molte città a una popolazione che invecchia, oltre che alle persone con disabilità o a mobilità ridotta.

2.3.

La Commissione sottolinea inoltre l’urgenza di affrontare i cambiamenti climatici e i loro effetti in termini di inclusione sociale e benessere umano, in particolare per i gruppi svantaggiati. Pertanto la Commissione ha incluso la creazione di una rete di trasporti pubblici più robusta tra gli obiettivi del Quadro per la mobilità urbana.

2.4.

Negli ultimi anni la pandemia ha segnato una svolta per la crescita economica e per i relativi i meccanismi e regole di sostegno, evidenziando le carenze e richiamando l’attenzione sui valori legati allo sviluppo del mercato unico dell’UE. Tuttavia, ha anche creato opportunità per un’attuazione più rapida di politiche come il Green Deal, ha rivelato l’importanza di mettere le persone al centro del processo di ripresa, come rispecchiato nel concetto di transizione giusta, e ha spinto la Commissione ad adottare il più massiccio programma di aiuti finanziari mai messo in campo, volto a mitigare gli impatti socioeconomici della crisi della COVID-19, il dispositivo per la ripresa e la resilienza, nell’ambito del quale la transizione verde e la trasformazione digitale rappresentano due di sei pilastri.

2.5.

In termini di trasporto pubblico gli effetti della pandemia hanno interessato posti di lavoro, utenti dei trasporti pubblici, operatori e autorità pubbliche. Nelle sue conclusioni sulla Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente, il Consiglio dell’Unione europea ricorda che i trasporti pubblici sono stati gravemente colpiti dalla crisi della COVID-19 e che la risposta politica alla crisi dovrebbe essere tesa a ripristinare la fiducia e a migliorare la resilienza dei trasporti pubblici, accelerandone la trasformazione e la modernizzazione sostenibili, garantendo nel contempo l’accessibilità economica dei trasporti, dato il ruolo essenziale dei trasporti pubblici nella coesione sociale e territoriale.

2.6.

Il CESE mette in evidenza la grandissima importanza del fatto che nel corso della pandemia il trasporto pubblico ha dimostrato il proprio valore garantendo la necessaria mobilità dei lavoratori in prima linea e dei gruppi svantaggiati. I lavoratori migranti e le donne rappresentano una grande proporzione di tali gruppi, che sappiamo dipendere fortemente dai trasporti pubblici per accedere al posto di lavoro e a servizi di base. I dati dell’Eurobarometro per il 2020 indicano che un numero di donne significativamente più alto rispetto agli uomini utilizza i trasporti pubblici. Uno studio del Parlamento europeo sul tema Donne e trasporti ha evidenziato la carenza di dati suddivisi per genere sui modelli di mobilità di genere, fornendo tuttavia informazioni interessanti su questo tipo di scelta (5).

2.7.

Il CESE riconosce inoltre l’aumento dei costi e la riduzione delle risorse cui devono far fronte gli erogatori di servizi di trasporto e le autorità pubbliche a causa della pandemia. Benché le misure di prevenzione contro la COVID-19 abbiano comportato un aumento dei costi e il calo significativo del numero di utenti abbia ridotto notevolmente le entrate delle aziende, le autorità locali, pubbliche e governative hanno capito che preservare il funzionamento dei trasporti pubblici rientrava tra i loro doveri di servizio alle comunità, e in particolare di servizio a coloro che servono gli altri.

2.8.

Il presente parere d’iniziativa è inteso a fornire raccomandazioni essenziali circa la ripresa e lo sviluppo futuro di trasporti pubblici sostenibili, robusti, inclusivi, accessibili e resilienti dopo la crisi della COVID-19, pronti a servire le generazioni future tenendo conto dell’invecchiamento della popolazione nell’UE (6). Tratta in particolare le questioni del finanziamento, dell’attrattiva e del ruolo che svolge nella ripresa verde dell’UE, dedicando particolare attenzione alle condizioni sociali dei lavoratori dei trasporti pubblici. La mancanza di personale in tutti i settori dei trasporti rivela chiaramente la necessità di tale approccio.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE riconosce che i trasporti pubblici costituiscono una parte significativa della ripresa verde dell’Europa a seguito della pandemia. Non solo rappresentano una risposta alle problematiche ambientali, ma contribuiscono altresì alla qualità della vita affrontando la congestione del traffico. «Fino al 2020 i trasporti pubblici nelle zone urbane facevano registrare quasi 60 miliardi di tragitti passeggeri all’anno in Europa, un dato in crescita. […] La congestione costa già all’economia europea l’1 % del PIL, 100 miliardi di EUR l’anno» (7).

3.2.

Il CESE osserva che la pandemia ha rimodellato il comportamento delle persone e riportato l’attenzione del pubblico e degli enti locali sul valore sociale del trasporto pubblico. Tuttavia, quello dei trasporti pubblici è stato uno dei settori colpiti più duramente da un calo drastico del numero di utenti e il settore con la ripresa più lenta. Il tutto è avvenuto mentre le persone prediligevano la mobilità attiva e i tragitti in automobili private per evitare i contagi. Se da un lato l’aumento della mobilità attiva è una tendenza salutare che va incoraggiata, dall’altro la questione dell’incremento dell’uso di automobili private deve essere tenuta in seria considerazione dai responsabili politici europei, nonché dalle autorità nazionali, locali e regionali.

3.3.

Il CESE prende atto che, nonostante sia stata mantenuta la continuità dei trasporti pubblici durante la pandemia, l’occupazione nel settore ha subito un duro colpo. In Europa, prima del primo lockdown, il settore dava lavoro direttamente a due milioni di persone (8). Un aspetto importante è che i trasporti pubblici garantiscono posti di lavoro locali sicuri, di grande varietà, con profili che vanno da poco qualificati ad altamente qualificati, e con una forza lavoro proveniente da contesti molto eterogenei (9). Tuttavia, è stato necessario canalizzarne una percentuale significativa in regimi statali di disoccupazione temporanea e in molti hanno scelto di non ritornare al loro posto di lavoro. Tale fenomeno si è verificato in particolare negli Stati membri con prestazioni di sicurezza sociale e copertura di contrattazione collettiva deboli.

3.4.

Di conseguenza il CESE avverte che vi è una carenza critica di personale in tutti i settori dei trasporti in Europa, compresi i trasporti pubblici. La qualità del lavoro e la sicurezza dell’occupazione sono divenuti criteri essenziali per chi cerca lavoro, e la sicurezza sociale e la copertura della contrattazione collettiva sono garanzie essenziali da questo punto di vista.

3.5.

Il CESE accoglie con favore gli sforzi delle autorità pubbliche, regionali e governative per mantenere il livello necessario di servizi di trasporto pubblico durante la pandemia in circostanze complesse che hanno reso necessari sostegno economico e investimenti in protocolli di sicurezza per la COVID-19. Prendiamo atto del fatto che le autorità competenti hanno dovuto ricorrere a limitazioni drastiche della capacità dei veicoli (10), introdurre soluzioni digitali per ridurre il contatto diretto tra utenti e lavoratori, aumentare la spesa per attrezzature igieniche e sanitarie, e compensare il calo di introiti causato dalla riduzione improvvisa e persistente del numero di utenti dei trasporti pubblici.

3.6.

Nel contempo, il CESE lamenta che i protocolli di sicurezza per la COVID-19 nel settore dei trasporti non siano stati adottati sempre in modo inclusivo, tenendo conto di tutte le persone interessate. Per esempio, in taluni casi i trasporti pubblici non erano disponibili per le persone con disabilità e per gli anziani a causa della riduzione o sospensione dell’assistenza fornita ai passeggeri con mobilità ridotta (11), e le soluzioni digitali non hanno tenuto in considerazione le persone con competenze digitali ridotte o che non possono permettersi dispositivi digitali o servizi di comunicazione elettronica e non sono state elaborate in base alle politiche di accessibilità e alle norme di riferimento UE.

3.7.

Il CESE sottolinea che ora sono necessarie strategie post-pandemia per rendere attrattivo il trasporto pubblico e consentire a un numero maggiore di persone di servirsene, Come evidenziato nel parere del CESE INT/909, «[a]desso si [profila] l’opportunità di garantire una ripresa equa e di ricostruire rapidamente le nostre economie in modo da renderle più verdi, più giuste e più resilienti agli shock futuri» (12). Tale appello è rinnovato nel parere del CESE TEN/728, in cui si sottolinea che «la transizione ecologica deve essere socialmente equa e preservare la competitività dei trasporti europei, anche mediante la piena realizzazione dello spazio europeo dei trasporti con la piena attuazione del mercato unico» (13).

3.8.

Alla luce delle motivazioni illustrate in precedenza, sono necessari i seguenti elementi essenziali per rendere più attrattivi i trasporti pubblici:

disponibilità, che si traduca in capacità sufficiente di modalità di trasporto pubblico per far fronte a un aumento della domanda, in particolare nelle aree rurali e periferiche dove spesso sono disponibili meno opzioni;

personale sufficiente con condizioni e formazione adeguate, posti di lavoro stabili e di qualità e una gamma completa di diritti e benefici;

connettività — aumentata ed effettiva — con modalità di trasporto diverse, all’interno e tra zone urbane e non urbane, per fornire a tutti i passeggeri spostamenti intermodali senza soluzione di continuità, anche tra regioni geografiche diverse;

accessibilità economica, per tutti i membri della società. Per garantire questo aspetto, il calcolo dei costi del trasporto pubblico dovrebbe tenere in considerazione l’accessibilità economica per chi soffre di povertà socio-economica ed esclusione. È opportuno esplorare regimi mirati a sostegno dei gruppi maggiormente svantaggiati dal punto di vista socio-economico, in stretta consultazione con le comunità interessate;

accessibilità, per consentire un uso indipendente e senza soluzione di continuità per tutti, comprese le persone con disabilità, gli anziani e le persone con mobilità (temporaneamente) ridotta;

sicurezza di utenti e lavoratori, incentrata sul le dimensioni di genere e intersezionali. Le misure di salute pubblica inclusive sono altrettanto pertinenti per la sicurezza degli spostamenti, come dimostrato negli anni scorsi. I lavoratori dei trasporti pubblici necessitano di un ambiente di lavoro sicuro, privo di violenza e molestie;

qualità in termini di comodità, durata dei tragitti, assistenza da parte di personale in numero sufficiente, soluzioni digitali accessibili, informazioni sulle opzioni di trasporto e gli orari.

3.9.

Il CESE sottolinea che negli anni pre-pandemia il regolamento (CE) n. 1370/2007 ha introdotto la possibilità di aprire i servizi di trasporto pubblico a operatori privati tramite gare di appalto e contratti di servizio pubblico, stipulati in ottemperanza alle norme generali UE sugli appalti pubblici. Poiché la pandemia ha evidenziato il ruolo strategico svolto dai trasporti pubblici per quanto riguarda la società e la mobilità e poiché i trasporti pubblici si trovano ad affrontare una carenza senza precedenti di personale, il CESE sottolinea la necessità che i contratti di servizio pubblico offrano protezione in termini di condizioni sociali e di occupazione, al fine di trattenere le competenze nel settore stesso.

3.10.

I trasporti pubblici sono un servizio di cui deve beneficiare la società nel suo insieme e in tutta la sua diversità. In quest’ottica è fondamentale mantenere la trasparenza delle procedure di appalto e garantire che tanto i lavoratori quanto gli utenti siano coinvolti nelle decisioni in materia di appalti.

3.11.

Il CESE apprezza il fatto che, per mitigare l’impatto sociale ed economico della pandemia di COVID-19, la Commissione ha istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) definisce le condizioni di accesso da parte degli Stati membri ai fondi del dispositivo. Gli Stati membri devono presentare piani nazionali e impegnarsi a spendere il 37 % degli stanziamenti UE in investimenti e riforme per il clima, e il 20 % per la transizione digitale. La mobilità pulita resta al centro di tali piani. Il CESE sottolinea, tuttavia, che l’attuazione di tali misure avrà effetti sia sulla società che sui lavoratori, e non può pertanto avvenire a porte chiuse. Tutti i soggetti interessati sociali dovrebbero essere coinvolti nell’elaborazione di politiche per un trasporto pubblico più verde e sostenibile (15). Analogamente, i soggetti interessati pubblici dovrebbero essere in grado di monitorare in modo efficace l’attuazione delle politiche pubbliche e la spesa dei fondi pubblici pertinenti.

3.12.

È opportuno promuovere la partecipazione inclusiva nell’elaborazione di soluzioni di trasporto pubblico per consentire a tutte le parti interessate, comprese le autorità pubbliche, i fornitori di servizi, gli utenti dei trasporti pubblici e gli esperti di accessibilità e urbanistica di svolgere un ruolo (16). Dovrebbero essere promosse le migliori pratiche di co-creazione di soluzioni di trasporto pubblico (17). Un approccio di «progettazione universale» allo sviluppo dei servizi, ai sensi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (18), dovrebbe consentire l’uso di tali servizi da parte della più ampia varietà di utenti, comprese le persone con disabilità, gli anziani e le persone con mobilità ridotta.

3.13.

Nella sua comunicazione intitolata «Pronti per il 55 %», la Commissione osserva che «Molti cittadini, in particolare i giovani, sono pronti a cambiare le proprie abitudini di consumo e di mobilità se dispongono delle informazioni pertinenti, al fine di limitare la propria impronta di carbonio e vivere in un ambiente più verde e più sano» (19). Rendere questi modi di trasporto più attraenti per tutti contribuirà a realizzare la transizione verso modi di trasporto più ecologici e sostenibili. La sensibilizzazione in merito agli impatti ambientali delle scelte in termini di trasporto e mobilità personale è importante. Tuttavia, le misure promozionali, da sole, non avranno l’impatto necessario se non si affrontano adeguatamente queste sfide riguardanti trasporti pubblici disponibili, economici, accessibili e sicuri. Sebbene molte persone siano consapevoli di quanto sia urgente dal punto di vista ambientale utilizzare trasporti più ecologici, esse non saranno in grado di dare un contributo valido alla transizione verde se semplicemente non possono permettersi o non possono accedere a trasporti più ecologici. Questa sarebbe un’enorme opportunità perduta per l’UE.

3.14.

Il CESE mette in risalto il fatto che la pandemia di COVID-19 ha dato il via a un’integrazione più rapida delle tecnologie digitali nei trasporti pubblici. È molto probabile che tali tendenze saranno mantenute e incoraggiate attraverso l’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza e dei PNRR. Se da un lato la digitalizzazione può contribuire all’efficienza e sostenibilità del trasporto pubblico, oltre a essere di beneficio per gli utenti dei trasporti (per esempio pianificatori di viaggio digitali, informazioni sui trasporti in tempo reale), dall’altro è necessario evitare che la transizione digitale vada a scapito di opportunità lavorative per il personale dei trasporti e dei servizi di sostegno erogati di persona agli utenti, o aumenti il divario di mobilità tra gli utenti dei trasporti in grado o meno di beneficiare della digitalizzazione a causa dell’inaccessibilità, anche economica, dei servizi digitali e delle ridotte competenze digitali. Il CESE invita pertanto i responsabili politici ad attuare in modo inclusivo e partecipativo i processi di transizione digitale volti a realizzare trasporti sostenibili ed equi per tutti.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere TEN/766 del CESE sul tema Nuovo quadro dell’UE per la mobilità urbana (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 107).

(2)  Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1).

(3)  Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).

(4)  Quadro per la mobilità urbana, COM(2021) 811 final.

(5)  Women and transport [Donne e trasporti], Parlamento europeo, Commissione FEMM, dicembre 2021: https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/701004/IPOL_STU(2021)701004_EN.pdf, pagg. 34-35: «I dati dovrebbero essere considerati nel contesto delle esigenze di mobilità delle donne. Come indicato nelle sezioni precedenti, le donne lavorano con maggiore frequenza a tempo parziale, si prendono cura di bambini e familiari, vivono più a lungo, hanno meno probabilità di avere la patente di guida e di possedere un’automobile, utilizzano i trasporti pubblici e si spostano a piedi più frequentemente degli uomini. Hanno modelli di mobilità quotidiana più complessi rispetto agli uomini. Allo stesso tempo, le donne spesso esercitano un controllo limitato sulle finanze domestiche, in quanto hanno maggiore probabilità di essere la seconda fonte di reddito del nucleo famigliare (Borgato et al., 2021; Rastrigina e Verashchagina, 2015). In generale, le donne hanno maggiori probabilità di essere a rischio di povertà ed esclusione sociale (EIGE, 2020), in quanto è maggiore la probabilità che appartengano a gruppi vulnerabili e l’accessibilità economica è un elemento cruciale per la loro mobilità».

(6)  Ageing Europe — statistics on population developments [L’invecchiamento in Europa — dati statistici sugli sviluppi demografici], Eurostat.

(7)  Dichiarazione congiunta di ETF e UITP per COP 26: Tackling climate action with public transport is one of the EU's largest economic opportunities of the 21st century [Affrontare l’azione per il clima attraverso il trasporto pubblico costituisce una delle maggiori opportunità economiche del XXI secolo per l’UE].

(8)  Relaunching Transport and Tourism in the EU after COVID-19 [Il rilancio dei trasporti e del turismo nell’EU dopo la COVID-19], maggio 2021, studio svolto su incarico della commissione TRAN del Parlamento europeo dal Dipartimento tematico Politica strutturale e di coesione, direzione generale delle Politiche interne dell’Unione.

(9)  Dichiarazione congiunta di ETF e UITP per COP 26: Tackling climate action with public transport is one of the EU's largest economic opportunities of the 21st century [Affrontare l’azione per il clima attraverso il trasporto pubblico costituisce una delle maggiori opportunità economiche del XXI secolo per l’UE].

(10)  Nel 2020, durante il primo lockdown, Milano e Barcellona hanno ridotto la capacità dei veicoli rispettivamente al 25 % e al 50 %, l’Irlanda al 20 % e il Portogallo a due terzi — COVID-19 and urban mobility: impacts and perspectives [COVID-19 e mobilità urbana: impatti e prospettive], settembre 2020, studio della commissione TRAN per il Parlamento europeo, Dipartimento tematico Politica strutturale e di coesione, direzione generale delle Politiche interne dell’Unione PE 652.213.

(11)  EDF Recommendations on exit measures for transport services in light of Covid-19 [Raccomandazioni sulle misure di uscita per i servizi di trasporto alla luce della COVID-19].

(12)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 219.

(13)  GU C 341 del 24.8.2021, pag. 100.

(14)  Regolamento (CE) 2012/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17).

(15)  La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità prevede che «[n]ell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati aderenti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative». — Articolo 4, paragrafo 3, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Inoltre, nel parere del CESE Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile si osserva che «[i]l CESE, come già affermato nel parere del 2012, desidera incoraggiare uno scambio di vedute aperto, costante e trasparente sull’attuazione del Libro bianco tra la società civile (imprese, datori di lavoro, lavoratori, utenti, ONG e mondo accademico ecc.), la Commissione e altri soggetti interessati, come le autorità nazionali a diversi livelli. In tal modo si miglioreranno l’accettazione e la comprensione da parte della società civile, così come i riscontri utili per i responsabili politici e i responsabili dell’attuazione» (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 100).

(16)  In linea con le raccomandazioni formulate nel parere del CESE Sfide sociali relative all’inverdimento dei trasporti marittimi e fluviali, «[i]l CESE ritiene che sia necessario il coinvolgimento di tutte le parti interessate, comprese le parti sociali, per trovare soluzioni al tempo stesso significative e praticabili nel contesto dell’ecologizzazione del trasporto marittimo» (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 18).

(17)  Si veda per esempio il progetto TRIPS TRansport Innovation for disabled People needs Satisfaction.

(18)  Articolo 2 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

(19)  «Pronti per il 55 %», COM(2021) 550 final.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/122


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La diplomazia culturale come vettore delle relazioni esterne dell’UE — Nuovi partenariati e ruolo delle OSC»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/17)

Relatore:

Luca JAHIER

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

14.10.2022

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

178/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La cultura è inclusiva. La cultura è un capitale che permette di illuminare il nostro percorso sia europeo che di proiezione nel mondo. In un tempo in cui la guerra è tornata sul continente europeo, con devastanti distruzioni e lacerazioni di vite umane e di luoghi, abbiamo bisogno che le relazioni culturali rappresentino più di ieri uno strumento di dialogo, di pace e di futuro. Farne un vettore traente e strategico della politica estera dell’Unione europea, come più volte auspicato in tanti documenti e importanti iniziative degli ultimi 17 anni, deve ora diventare una vera priorità.

1.2.

Sulla base della comunicazione della Commissione europea del 2016, delle molte decisioni e orientamenti del Consiglio e delle raccomandazioni del Parlamento europeo è ora che si adotti un vero piano di azione strategico pluriannuale che, sotto il coordinamento del Servizio di azione esterna dell’UE, crei una effettiva sinergia con le diverse politiche e articolazioni della Commissione europea e degli Stati membri, e offra una piattaforma di interconnessione efficace con le più ampie realtà, sia delle responsabilità territoriali interessate che dei molti soggetti privati o istituzionali, già fruttuosamente attive. Un piano dotato delle necessarie dotazioni finanziarie.

1.3.

Per intanto, si rafforzino da subito azioni di protezione, restauro e ricostruzione del patrimonio in aree di catastrofi naturali, di crisi e di conflitto, incrementando la formazione di operatori locali e il capacity building di istituzioni e organizzazioni della società civile locale. Si sviluppi un’azione più consistente nel campo delle industrie creative. Si lancino significativi progetti pilota in aree quali i Balcani occidentali, il Mediterraneo e il Medio Oriente, il continente africano e l’Ucraina.

1.4.

Si proceda inoltre alla mappatura della varietà di azioni e iniziative già in essere, a livello delle istituzioni e organizzazioni europee, degli Stati nazionali e delle molteplici organizzazioni della società civile dei paesi membri, come anche in seno ai diversi partenariati internazionali, in vista della creazione di una piattaforma UE delle relazioni culturali internazionali.

1.5.

È necessaria una significativa struttura dedicata, in seno all’SEAE, che faccia perno intorno ad una figura di «inviato speciale dell’UE per le relazioni culturali», che sviluppi una direzione politica complessiva, dotata del bilancio necessario e capace di fare rete con gli Stati membri e le diverse organizzazioni, dando altresì strumenti e piccole dotazioni finanziarie alle delegazioni dell’UE, per lo sviluppo di azioni nei rispettivi paesi.

2.   Contesto generale

2.1.

La cultura come strumento della politica estera dell’Unione europea, con l’obiettivo di rinforzare il dialogo fra le diversità culturali, i diritti umani e la coesione sociale ed economica, basata sulla forza traente per la crescita delle industrie creative e culturali, è da molto tempo nell’agenda delle istituzioni europee. La specificità della diplomazia culturale che l’Unione europea ha individuato come suo strumento di azione in politica estera è di non porre condizioni alla cooperazione culturale e di promuovere un approccio che superi la semplice promozione di produzioni culturali degli Stati membri per prediligere la condivisione di uno spazio di coproduzione culturale con i paesi partner a livello di società civile.

2.2.

Già nel 2007 la Commissione europea adottò una comunicazione su un’Agenda europea per la cultura in un mondo globalizzato (1), anche con l’obiettivo di dare alla dimensione culturale un ruolo più significativo nell’ambito delle relazioni esterne dell’UE. Questa prospettiva fu fortemente sostenuta dalla risoluzione del Parlamento del 2008 e ancora nella sua risoluzione del 2011, contemplando l’anno successivo un bilancio specifico di 500 000 EUR per la messa in opera di azioni preparatorie per la cultura nelle relazioni internazionali, che produsse uno studio di quadro rilevante (2) nel 2014.

2.3.

Il Consiglio europeo, a più riprese, ha sostenuto il potenziale diplomatico delle relazioni culturali, in particolare nelle sue conclusioni del 2007, 2008, 2014 e 2015, così come nei piani d’azione della Commissione a partire dal 2014.

2.4.

Il lavoro preparatorio di quel decennio confluì nella comunicazione congiunta del giugno 2016 (3) Verso una strategia UE per le relazioni culturali internazionali, della Commissione e dell’HRVP per le politiche estera e di sicurezza. La comunicazione indicava tre aree di lavoro per lo sviluppo di tale strategia:

lo sviluppo socio-economico focalizzato sulle politiche culturali, il ruolo delle autorità locali nelle iniziative culturali e delle industrie culturali e creative nei paesi partner;

il dialogo interculturale per la pace e la stabilità;

la protezione del patrimonio culturale contro i disastri naturali, i conflitti armati e il traffico dei manufatti, che finanziano peraltro le attività terroristiche.

2.5.

La comunicazione indicava inoltre la necessità di favorire un progressivo coordinamento dell’azione degli Stati membri, per superare la grande frammentazione esistente, valorizzare il ruolo di hub di alcune delegazioni dell’UE nei paesi terzi, potenziare la cooperazione con EUNIC (European Union National Institutes for Culture) quale garante della prerogativa degli Stati membri in campo culturale e ricorrere agli strumenti e alle linee di finanziamento già esistenti nei diversi ambiti. Istituiva inoltre una Piattaforma della diplomazia culturale (4), per facilitare l’individuazione dei programmi e delle risorse adeguate e il coordinamento delle diverse parti in causa.

2.6.

Il CESE si è espresso a maggio 2017 su tale comunicazione (5), manifestando il suo convinto appoggio, ma anche individuando la necessità di compiere un passo in avanti, da un documento intitolato Verso una strategia dell’UE all’adozione e alla successiva attuazione di una strategia e di un piano d’azione a pieno titolo. Quest’ultimo — si diceva — dovrebbe rispondere a quattro esigenze strutturali: assicurare una governance chiara a livello dell’UE; assicurare un coordinamento e un sostegno complementare a livello di Stati membri; chiarire gli aspetti finanziari; e promuovere reti di operatori culturali interconnessi, che rappresentino una società civile culturale dinamica. Il CESE chiedeva inoltre che la dimensione culturale diventasse il quarto pilastro della strategia di sviluppo sostenibile e che venissero sviluppate adeguate reti di coinvolgimento delle diverse realtà della società civile organizzata e delle altre organizzazioni a vari livelli già attive in questo campo.

2.7.

Lo stesso Parlamento europeo, nella sua risoluzione (6) adottata a luglio 2017, sottolineava che la comunicazione mancava di un’articolazione più sostanziale che permettesse lo sviluppo di una effettiva strategia di diplomazia culturale UE e l’individuazione di fondi appropriati. Anche il CdR si è espresso a giugno 2017 con un parere (7) di forte indirizzo, in particolare ricordando il ruolo fondamentale che possono svolgere le città e i livelli locali di governo nello sviluppo di reti di cooperazione culturale a livello di vicinato. Un tema largamente ripreso da un ampio studio del 2020 (8), che disegnava una strategia multilivello per le relazioni culturali internazionali.

2.8.

Il Consiglio, nelle sue conclusioni del maggio 2017, raccolse e rilanciò le proposte della Commissione, raccomandando anche la creazione di un gruppo di «Amici della presidenza» quale piattaforma trasversale atta a facilitare la messa in opera della strategia. Il Consiglio è poi ancora tornato sull’argomento della diplomazia culturale, con le importanti conclusioni del giugno 2019 su un approccio strategico dell’UE alle relazioni culturali internazionali e un quadro di azione (9), le conclusioni del settembre 2019 sulla dimensione culturale dello sviluppo sostenibile (10), le conclusioni del maggio 2020 sulla gestione dei rischi nel settore del patrimonio culturale (11) e infine le conclusioni del giugno 2021 (12) per un approccio UE al patrimonio culturale nei conflitti e nelle crisi.

2.9.

Infine, nel quadro europeo d’azione (13), pubblicato a seguito dell’Anno europeo del patrimonio culturale (2018), la Commissione ha identificato il «Patrimonio culturale per partenariati globali più forti: rafforzare la cooperazione internazionale» come uno dei cinque pilastri chiave dell’azione dell’UE.

3.   Osservazioni e proposte

3.1.

Il quadro richiamato ci dà dunque atto dell’ampiezza di elaborazione, indirizzi, proposte e decisioni che si sono accumulate negli anni e di un consenso ormai consolidato che riconosce nella cultura un vettore di costruzione delle identità e della coesione, un driver di sviluppo socio-economico e un fattore sostanziale nella costruzione di relazioni di pace, inclusa la cooperazione people-to-people (che concerne sia le organizzazioni della società civile, come anche università, centri culturali, musei, città e altre organizzazioni intermedie).

A questo si aggiunge la sempre più condivisa convinzione che l’enfasi sulla dimensione culturale sia significativa nella realizzazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

3.2.

Parimenti, la cultura è ormai parte dei principali strumenti di cooperazione dell’UE, nonché di diversi accordi bilaterali dell’Unione con i paesi terzi e da molti anni viene attuata un’ampia gamma di progetti culturali nel quadro dell’assistenza tecnica e finanziaria dell’UE.

Obiettivi di queste azioni sono: la conservazione e il recupero di siti del patrimonio culturale, la produzione e la circolazione di opere d’arte, la creazione e il restauro di musei, il consolidamento delle capacità degli operatori culturali e degli artisti a livello locale, il favorire la loro libera circolazione tra paesi, l’organizzazione di importanti manifestazioni culturali, la sensibilizzazione delle popolazioni alla tutela del patrimonio culturale e lo sviluppo di un nuovo modello di turismo sostenibile. La Commissione sostiene inoltre la nascita e il rafforzamento delle industrie culturali nei paesi partner, soprattutto nel settore audiovisivo e cinematografico, e la promozione dell’accesso locale alla cultura.

3.3.

Tuttavia, questo agire risulta quanto mai frammentato, non visibile nel suo insieme e non dotato di una percepita visione strategica , dunque scarsamente in grado di realizzare il suo vero potenziale di «vettore» sempre più consistente della politica estera dell’UE e di strumento traente di partenariato in molte aeree del mondo. Un vero tesoro nascosto, che deve veder catalizzato in una vera massa critica l’enorme capitale di iniziative in atto e attivabili, a livello di Stati membri, ma anche di una vastissima lista di attori e istituzioni locali, come anche di organizzazioni della società civile.

3.4.

Non bisogna inoltre perdere di vista che, perché abbia un senso, la diplomazia culturale dell’Unione europea va concepita e sviluppata come strumento di politica estera dell’Unione, quindi dotata della necessaria visione di influenza, che nel caso dell’Unione europea si esplicita nella promozione nel mondo del proprio modello di coesistenza pacifica e di integrazione dei popoli, nel rispetto dei diritti fondamentali e della libertà di espressione artistica, secondo i principi della democrazia e dello stato di diritto.

3.5.

Inoltre, la cultura è un prodotto del lavoro, che rappresenta il pilastro su cui si fonda l’Europa. Il lavoro ha reso possibile lo sviluppo dell’industria, ha posto l’Europa al centro degli scambi commerciali, ha plasmato la storia delle città europee, consentendo l’emancipazione delle sue popolazioni e, al tempo stesso, ha garantito l’affermazione dei diritti sociali e del modello sociale europeo. La cultura del lavoro deve continuare a essere al centro dell’azione europea.

3.6.

Il patrimonio culturale, nelle sue dimensioni materiali e immateriali, è per sua natura materia politicamente sensibile, altamente complessa e con un elevato livello di significati simbolici ed emotivi e pertanto con un alto rischio di manipolazioni politiche, concernenti la sua storia, l’appartenenza ad una o all’altra componente di una società ed al suo uso, soprattutto in presenza di minoranze e in caso di conflitti. Pertanto, il patrimonio culturale può diventare un veicolo di conflitto ma anche un vettore di pace, riconciliazione e sviluppo condiviso. Questo indica chiaramente la via di una potente e complementare componente diplomatica dell’approccio dell’UE alla pace, alla sicurezza e allo sviluppo sostenibile.

3.7.

La decisione del Consiglio UE del 21 giugno scorso, focalizzata principalmente sulla protezione del patrimonio nei conflitti e nelle crisi, rilancia l’ambizione di fare della «diplomazia culturale» un vettore rilevante di pace e sviluppo nel quadro della politica europea di sicurezza comune e difesa. E incarica il SEAE, la Commissione e tutte le rilevanti agenzie e organismi UE di predisporre concrete azioni in questa direzione, anche attraverso lo stabilimento di una specifica task-force, promossa dal SEAE e incaricata di presentare un rapporto annuale al Consiglio sui progressi realizzati. Al suo punto 8, sottolinea l’importanza di rafforzare tutte le partnership necessarie con le organizzazioni internazionali e regionali rilevanti, come anche con quelle intergovernative e non governative (CSO).

3.8.

Risulta dunque necessario riprendere con forza quanto già auspicato nel nostro parere del 2017 e nella stessa risoluzione del PE del 2017, ossia dotarsi di un vero a proprio piano di azione, come già fatto recentemente in diversi altri ambiti dell’azione dell’UE, e definire un’agile struttura operativa di riferimento e le necessarie dotazioni finanziarie, proprie e attivabili in altri programmi già in essere.

Tale piano dovrebbe focalizzarsi in particolare sui seguenti aspetti: il rafforzamento della coerenza delle politiche e degli strumenti esterni dell’UE; la complementarità tra patrimonio materiale e immateriale; il collegamento con i cambiamenti climatici come fonte di crisi; l’inclusione e la responsabilizzazione dei soggetti locali, delle donne e dei giovani; la formazione e lo scambio di conoscenze; la creazione di reti e il collegamento con reti esistenti quali Erasmus Plus; le diverse possibilità di sviluppare una cooperazione e un partenariato concreti tra le istituzioni culturali dell’UE e gli attori delle OSC in tale settore e i loro omologhi nei paesi terzi; il rafforzamento della cooperazione con i diversi organismi regionali e internazionali esistenti, facendo della cultura un asse rilevante di tali sinergie.

E soprattutto sviluppare le interconnessioni tra le seguenti dimensioni:

relazioni culturali e sviluppo sostenibile

relazioni culturali ed economia circolare

relazioni culturali e transizione digitale

relazioni culturali, pace e stabilità

relazioni culturali e promozione dei diritti fondamentali e della libertà di espressione

relazioni culturali e minoranze, tutela e promozione delle culture e delle lingue minoritarie

relazioni culturali e promozione della parità di genere

3.9.

Mentre tale piano viene predisposto, con il più ampio coinvolgimento come ormai d’uso e con la medesima enfasi e rilevanza adottata per diversi recenti piani, si rende tuttavia necessario attivare da subito un insieme di azioni concrete, per dare finalmente sostanza al mandato del Consiglio e alle numerose raccomandazioni e proposte delle altre istituzioni prima richiamate e permettere a questo processo di venire alla ribalta. A titolo esemplificativo se ne indicano alcune.

3.9.1.

Protezione, restauro e ricostruzione del patrimonio in aree di catastrofi naturali, di crisi e di conflitto, partendo dalle missioni CSDP già in essere — Afghanistan, Ucraina, Georgia, Kosovo, Libia, territori palestinesi (Ramallah e Rafah), Niger, Mali e Corno d’Africa (Somalia e Somaliland) — e adeguandone il mandato ove necessario. A tale proposito: investire nel dialogo intracomunitario e interetnico (e ove rilevante interfedi); fare della ricostruzione e preservazione dei patrimoni culturali uno strumento della ricostruzione della memoria condivisa e di riconciliazione, ma anche un’opportunità di creazione di posti di lavoro, di attività economiche e turistiche sostenibili; sviluppare un capacity building locale e le necessarie attività di formazione; incrementare il ricorso alla mappatura satellitare e alle immagini digitali per lo sviluppo di azioni preventive.

3.9.2.

Rafforzare la lotta contro il traffico illecito di beni culturali, utilizzato anche per finanziare il terrorismo internazionale e assai rilevante nelle aree di conflitto, in coordinamento con Europol e Interpol e maggiore formazione della polizia di frontiera.

3.9.3.

Sviluppo di un’azione specifica relativa alle industrie creative, soprattutto in riferimento all’arte contemporanea e alle nuove tecnologie, con un focus speciale sulle nuove generazioni. Quest’area, in cui sono già state sviluppate alcune iniziative significative in collaborazione con OMC, è certamente una delle piste più promettenti di creazione di sviluppo sostenibile, in particolare già ritenuta rilevante nel quadro del nuovo accordo di partenariato con i paesi ACP. La attesa creazione di una prossima Fondazione culturale ACP e la proposta di un futuro primo incontro dei ministri della Cultura ACP-UE offrono un quadro politico di grande interesse, che deve assumere la priorità che merita. Sempre in questa direzione, si segnala il Creative Forum 2021 (14) di Lubiana, che raccoglie le imprese creative dell’intera area del Mediterraneo, nella logica del contributo alla transizione green, all’innovazione sociale e alla crescita economica.

3.9.4.

Mappatura sistematica della varietà e ricchezza delle iniziative già in essere, a qualunque livello, anche attraverso la creazione di un sito interattivo aperto allo scambio di best practices e allo sviluppo di nuove sinergie tra gli attori ai vari livelli e transnazionali. Ciò con l’obiettivo della creazione di una piattaforma UE delle relazioni culturali internazionali, sulla falsariga di altre iniziative di successo già avviate in altri campi (cfr. la piattaforma sull’economia circolare; il festival Nuovo Bauhaus europeo ecc.). In questo campo, il CESE, in cooperazione con le maggiori organizzazioni culturali europee interessate, può certamente essere una sede istituzionale preziosa e stabile.

3.9.5.

Lancio di progetti pilota in alcune aree specifiche, connesse con le priorità politiche già individuate in ciascuna area. Alcuni esempi, ove un’azione coordinata dell’UE può fare la differenza.

3.9.5.1.

I Balcani occidentali, anche per la loro prospettiva di integrazione nell’Unione europea, sono un’area in cui la dimensione culturale merita di essere fortemente sviluppata, fornendo per esempio supporto a una rete regionale di organizzazioni della società civile in tutti i paesi dei Balcani occidentali, che si dedichino alla salvaguardia del patrimonio culturale e naturale quale patrimonio condiviso. Così, nel quadro dei colloqui Belgrado-Pristina per la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, il tema del patrimonio culturale e religioso dovrebbe essere elevato a un livello di priorità molto più alto, data la sua fortissima rilevanza per l’identità delle varie comunità. Così come si dovrebbe fornire supporto a progetti di collaborazione regionale che coinvolgano storici e storici dell’arte nella più ampia regione dell’Europa sudorientale, per aiutare a superare le crescenti tendenze di revisione o riscrittura della storia, con la relativa distorsione dell’identità (multipla) dei monumenti storici e dei siti del patrimonio. Tutto ciò anche attraverso la costruzione di capacità delle organizzazioni della società civile e delle istituzioni locali, per esempio attraverso programmi di gemellaggio con musei, fondazioni ecc. dei paesi membri dell’UE; il lancio di un programma EU-Western Balkans Heritage Champions , ispirato alla metodologia dell’esistente ILUCIDARE Champions Program, che consenta ai professionisti del patrimonio europeo e dei Balcani occidentali di scambiare esperienze e buone pratiche; l’utilizzo del programma del Corpo europeo di solidarietà per incoraggiare la partecipazione dei giovani ai «cantieri» di restauro del patrimonio. Un Cultural Heritage Volunteering scheme specifico, a livello regionale (aperto sia a cittadini degli Stati membri dell’UE che non) potrebbe peraltro grandemente contribuire a costruire un rinnovato spirito di solidarietà nell’area.

3.9.5.2.

Il Mediterraneo e il Medio Oriente. Un’area certamente prioritaria, che vede la presenza di numerose situazioni di conflitto in essere, nella quale non mancano siti e ricchezza di patrimoni culturali inestimabili, che possono svolgere un ruolo rilevante nella promozione della riconciliazione, della pace, della ricostruzione e anche di uno sviluppo sostenibile, nonché nel prevenire nuove crisi, rimettendo in circolo energie preziose delle comunità e delle tradizioni locali. Certamente riprendere e rafforzare il progetto promosso a suo tempo dalla DG DEVCO nell’area di Mosul per recuperare le identità gravemente lesionate e il patrimonio a rischio dispersione, formando operatori culturali e professionalità locali e sviluppando le attività economiche connesse. Una simile attività dovrebbe anche svolgersi in Siria per ricostruire Palmira. Così, nel quadro del complesso processo in Libia , non si può sottostimare il valore immenso del patrimonio culturale di quel paese. I siti di Sabrata, Leptis Magna, Cirene, Apollonia, Gadames sono tra quelli segnalati da tempo come più a rischio dall’inizio del conflitto, con beni di immenso valore, passibili di grave dispersione nelle reti del traffico clandestino.

L’Unione per il Mediterraneo ha promosso, sin dal 2015, un network indipendente di esperti del Mediterraneo sul cambiamento climatico (15), le cui conclusioni sono rilevanti, così come il piano di azione per lo sviluppo urbano nell’orizzonte del 2040 (16). Un progetto specifico realizzato con UpM per una strategia condivisa di messa in sicurezza dei diversi siti del patrimonio materiale sarebbe di alto valore politico, preservando così anche l’insieme delle attività turistiche ed economiche collegate.

Il riferimento principale ora è la dichiarazione finale della Conferenza dei ministri della Cultura del Mediterraneo, tenutasi a Napoli il 16 e 17 giugno 2022, con l’obiettivo di sviluppare strategie e azioni congiunte per tutelare e valorizzare la cultura in quanto bene comune della regione euromediterranea e di lanciare un’«Iniziativa di Napoli» per la collaborazione culturale nel Mediterraneo (17).

3.9.5.3.

La rilevanza della cultura nel continente africano non è certamente un fatto nuovo, ma è stata spesso molto marginale, sia nelle relazioni politiche che nella concretezza dei progetti e degli investimenti. Eppure non mancano esempi di buone prassi, una crescente priorità in seno alla comunità ACP e le potenzialità nei rapporti con l’Unione africana. Un punto nevralgico è certo il Museo delle civiltà nere di Dakar, progetto già del primo presidente del Senegal Léopold Sédar Senghor, inaugurato a fine 2018 e principale hub dell’interscambio culturale del continente intero, legato alla prospettiva del Rinascimento africano. A questo orizzonte si aggiunge certamente il Tigray, zona ora di conflitto ed emergenza umanitaria gravissima, sede di un enorme patrimonio culturale, essendo la culla della religione copta, con i suoi importanti monasteri e chiese.

Il continente africano è inoltre quello in cui si concentra il maggior numero di profughi e sfollati del mondo: investire nella dimensione culturale di queste masse di popolazione, tra l’altro per favorire la capacità di preservare tradizioni e farne una base di ripartenza e ricostruzione. Analogamente, va considerata anche la dimensione culturale delle relazioni con le rispettive diaspore, che sono numerose e a loro volta leve di sviluppo.

Infine, l’industria del fashion, soprattutto a livello artigiano e di PMI, è in vera esplosione nel continente ed essa non è solo portatrice di benessere economico e di lavoro, ma anche costruttrice di una identità ed orgoglio della creatività del continente. I progetti specifici, sia di formazione che di partenariati tra operatori economici dei due continenti, vanno decisamente rafforzati.

3.9.5.4.

Un’iniziativa speciale sarà sviluppata per l’Ucraina, alla luce della già certificata enorme distruzione di patrimonio culturale in molte regioni del paese. I musei europei potrebbero organizzare una raccolta di fondi a sostegno del patrimonio culturale ucraino e gli Stati membri potrebbero incoraggiare partenariati pubblico-privato per finanziare progetti di restauro. Il progetto pilota del Parlamento europeo «European places of culture» potrebbe essere dedicato all’Ucraina con la creazione a Kiev di una Casa europea della cultura sotto forma di biblioteca o di spazio culturale di altro genere organizzato dall’EUNIC in collaborazione con il SEAE.

3.9.5.5.

Saranno inoltre avviate azioni specifiche volte a trasmettere un messaggio positivo dell’Occidente a favore della pace e del rispetto alle popolazioni russe e bielorusse e alla cultura russa, allo scopo di contrastare la propaganda di Putin.

3.9.6.

Coordinamento con il Consiglio d’Europa che già conduce politiche culturali a livello continentale, come ad esempio il programma Cultural heritage routes, con l’Unesco, ICCROM e ICOM, per rafforzare la cooperazione multilaterale in vista della Conferenza mondiale dell’Unesco sulle politiche culturali e lo sviluppo sostenibile — Mondiacult 2022, che si terrà in Messico dal 28 al 30 settembre 2022.

3.9.7.

Elaborazione di linee guida per una politica di restituzione di opere d’arte trafugate e per lo sviluppo di capacità di sostegno a paesi e musei che accolgono le suddette opere, in una prospettiva di ricostruzione di culture depredate e defraudate. Il rimpatrio delle antichità che rivestono un’importanza particolare per l’umanità e la cui rimozione dal territorio di uno Stato incide negativamente sul monumento o sull’ambiente archeologico più ampio è ancora più indispensabile in ragione sia dei principi fondamentali del diritto del patrimonio culturale, sia della necessità di ripristinare l’integrità del monumento nel suo contesto storico, culturale e naturale. Tale principio è espresso anche nella convenzione dell’Unesco del 1970 sui beni culturali, che facilita il rimpatrio internazionale attraverso la lotta al saccheggio archeologico, al traffico illecito di antichità e al contrabbando di tesori artistici. Alcuni esempi sono le tombe dei nativi americani, i bronzi del Benin, la statua del patriarca Zhang Gong e i fregi del Partenone.

3.9.8.

Rafforzamento del capacity building della società civile attiva nel settore culturale e delle relazioni culturali internazionali in ogni paese, sostenendo lo sviluppo di organizzazioni indipendenti e soprattutto di terreno.

3.10.

Una simile impresa non può prendere il largo senza la creazione di una significativa struttura dedicata in seno al SEAE, in rete con le altre DG rilevanti della CE. Una struttura che faccia perno intorno ad una figura di «inviato speciale UE per le relazioni culturali», che curi lo sviluppo di una direzione politica complessiva, riconosciuta e di peso, così come la creazione di reti e la regia complessiva del summenzionato piano di azione.

Il bilancio di cui dotare questa struttura deve soprattutto garantire questa funzione.

A questo va affiancata una rete di punti focali «cultura» nelle diverse delegazioni dell’UE, in base alle diverse priorità politiche, ma sempre con un pilastro fondamentale riconoscibile per un’Europa che fa la pace. Alle delegazioni dell’UE vanno poi attribuiti fondi specifici da dedicare ad azioni culturali, in loco.

3.11.

Per legare la dimensione culturale nelle relazioni internazionali dell’UE alla prospettiva della transizione digitale e sostenibile, bisogna infine integrare dei chiari principi di qualità per gli investimenti culturali in qualsiasi azione sviluppata nei paesi partner. Nel caso di investimenti nel patrimonio materiale, ad esempio, questi devono includere i principi del New European Bauhaus (sostenibilità, estetica, inclusione) e il Sistema Qualità Baukultur di Davos.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2007) 242 final

(2)  Engaging the World: Towards Global Cultural Citizenship (europa.eu).

(3)  JOIN(2016) 029 final

(4)  Piattaforma per le relazioni culturali (cultureinexternalrelations.eu).

(5)  Verso una strategia dell'Unione europea per le relazioni culturali internazionali (GU C 288 del 31.8.2017, pag. 120).

(6)  Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2017 sul tema «Verso una strategia dell'Unione europea per le relazioni culturali internazionali» [2016/2240(INI)] (GU C 334 del 19.9.2018, pag. 112).

(7)  Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso una strategia dell'UE per le relazioni culturali internazionali (GU C 207 del 30.6.2017, pag. 95).

(8)  Towards a multi-level strategy for EU external cultural relations (Verso una strategia multilivello per le relazioni culturali esterne dell’UE) (disponibile presso l’Ufficio delle pubblicazioni dell’UE (op.europa.eu).

(9)  Conclusioni del Consiglio su un approccio strategico dell'UE alle relazioni culturali internazionali e un quadro d'azione (GU C 192 del 7.6.2019, pag. 6).

(10)  Risoluzione del Consiglio sulla dimensione culturale dello sviluppo sostenibile (GU C 410 del 6.12.2019, pag. 1).

(11)  Conclusioni del Consiglio sulla gestione dei rischi nel settore del patrimonio culturale (GU C 186 del 5.6.2020, pag. 1).

(12)  Conclusioni del Consiglio sull'approccio dell'UE al patrimonio culturale nei conflitti e nelle crisi (21.6.2021).

(13)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione, European Framework of Action for Cultural Heritage [SWD(2018) 491 final del 5.12.2018], pag. 29.

(14)  Future Unlocked! — Cultural and Creative Sectors as Agents of Change (Sbloccare il futuro! Settori culturali e creativi come agenti del cambiamento) (creativeforum.si).

(15)  https://www.medecc.org/

(16)  Verso un nuovo piano d'azione strategico dell'UpM per lo sviluppo urbano 2040 — Unione per il Mediterraneo — UpM (ufmsecretariat.org).

(17)  https://cultura.gov.it/medculture


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/130


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «Tribunale arbitrale multilaterale investitore-Stato: valutazione del processo UNCITRAL e dei suoi risultati alla luce delle raccomandazioni della società civile»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 75/18)

Relatore:

Christophe QUAREZ

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

14.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

176/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La garanzia di un sistema internazionale di protezione degli investimenti efficace e funzionante, comprendente un metodo di risoluzione delle controversie, è nell’interesse del Comitato economico e sociale europeo (CESE). Tuttavia, il CESE si è associato alle critiche nei confronti del meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato (ISDS) previsto negli accordi commerciali e di investimento. Tali critiche, mosse dalla società civile, si appuntano principalmente sulla legittimità, la coerenza e la trasparenza di tale sistema di arbitrato.

1.2.

Il CESE prende atto del mandato della Commissione europea di negoziare, sotto l’egida della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL), l’eventuale istituzione di un tribunale multilaterale per gli investimenti (Multilateral Investment Tribunal — MIT). Deplora tuttavia che i negoziati in corso si concentrino più sugli aspetti procedurali che su quelli sostanziali.

1.3.

A cinque anni dall’avvio di questo primo processo multilaterale di riforma dell’ISDS, i progressi sostanziali rimangono limitati, eccezion fatta per quanto riguarda l’elaborazione di un codice di condotta per gli arbitri, codice che deve peraltro ancora essere definito nei dettagli. Per quanto concerne, invece, la parte delle discussioni relativa alla riforma strutturale del sistema ISDS, che dovrebbe avere il suo fulcro nella proposta istituzione di un tribunale permanente, si stenta a trovare una soluzione condivisa da tutti gli Stati membri dell’UNCITRAL.

1.4.

In mancanza di un consenso tra gli Stati membri in seno alle organizzazioni internazionali pertinenti, non è attualmente prevista una revisione del diritto sostanziale. Il CESE esorta pertanto la Commissione europea a continuare a perseguire la riforma del diritto sostanziale parallelamente a quella delle norme procedurali. E, per quanto concerne tali questioni sostanziali, chiede anzitutto che le disposizioni vaghe o eccessivamente ampie in materia di trattamento giusto ed equo si limitino a riguardare la non discriminazione e l’espropriazione diretta, in quanto elementi essenziali della protezione degli investimenti.

1.5.

Il CESE chiede inoltre di fare in modo di mantenere sul tavolo dei negoziati alcune delle questioni più trasversali, quali l’effetto dissuasivo dell’ISDS, il previo esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali e l’accesso al procedimento da parte di soggetti terzi, come le comunità locali interessate dagli investimenti. Questo processo di riforma deve condurre a risultati reali, che facciano la differenza, e non essere limitato a piccoli ritocchi dell’attuale meccanismo di arbitrato ISDS, magari salutati come un successo.

1.6.

Il CESE osserva che la riforma delle norme procedurali (in particolare in materia di trasparenza, regole deontologiche, accesso o costo dell’arbitrato) consente comunque di aprire la strada a un dibattito sulla riforma delle norme sostanziali.

1.7.

Il CESE auspica che il ricorso al modello dell’amicus curiae (1) consenta a tutti i terzi interessati (residenti locali, lavoratori, sindacati, gruppi ambientalisti, consumatori ecc.) di intervenire nel procedimento e garantisca la debita considerazione dei loro interventi da parte dei giudici.

1.8.

Il CESE esprime apprezzamento per il lavoro svolto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) al fine di tener conto delle sfide dello sviluppo sostenibile in relazione agli accordi di investimento, ma la esorta a completare tale lavoro tenendo conto anche delle questioni sociali, e in particolare inserendo il dovere di diligenza tra i criteri di ammissibilità per gli investitori stranieri.

1.9.

Il CESE ha costantemente sottolineato [specificamente nel parere REX/501 sul tema Tribunale multilaterale per gli investimenti (2)] che è essenziale che il MIT non pregiudichi in alcun modo la capacità dell’Unione e dei suoi Stati membri di rispettare gli obblighi che incombono loro in virtù degli accordi internazionali in materia di ambiente, diritti umani e diritti del lavoratore, ma altresì di protezione dei consumatori. Devono inoltre essere previste precise garanzie procedurali contro i ricorsi avverso leggi nazionali di interesse generale; un obiettivo che, ad avviso del CESE, verrebbe raggiunto introducendo una clausola gerarchica (3) e una clausola di esclusione per motivi di interesse pubblico.

1.10.

Il CESE osserva che, anche se vertono su aspetti procedurali, in prospettiva i lavori del III gruppo di lavoro (GL-III) dell’UNCITRAL potranno avere effetti positivi, come ad esempio una giurisprudenza più chiara e stabile, che faciliterà anche una riforma del diritto sostanziale degli accordi in materia di investimenti.

1.11.

Il CESE sottolinea che, a norma del diritto internazionale consuetudinario e del diritto internazionale dei diritti umani, per poter esperire un procedimento internazionale contro uno Stato i singoli devono prima avere adito i giudici nazionali; e si rammarica del fatto che, al contrario, il diritto internazionale in materia di investimenti non richieda in genere il previo esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali. Il CESE fa notare che questo sistema si risolve in una discriminazione nei confronti delle PMI, considerate le limitate risorse finanziarie di cui esse dispongono. Il CESE esorta pertanto la Commissione a far valere, nel quadro del processo UNCITRAL, l’opportunità di introdurre il requisito che, prima di attivare qualsiasi rimedio internazionale, siano stati esauriti i mezzi di ricorso nazionali disponibili. L’ISDS dovrebbe dunque essere riconosciuto come via di ricorso straordinaria.

1.12.

Il CESE ricorda alla Commissione la propria richiesta di essere coinvolto più da vicino nei lavori che essa conduce in relazione all’UNCITRAL.

1.13.

Il CESE ribadisce la necessità di trovare una soluzione che assicuri la coerenza tra gli ambiziosi obiettivi di sviluppo sostenibile che l’UE si è prefissa e la riforma del modello ISDS. Accordi mal concepiti possono ostacolare il progresso, mentre accordi di investimento ben congegnati possono aiutare le società ad affrontare le sfide attuali. Dobbiamo sviluppare un nuovo modello di governance internazionale degli investimenti che colmi il significativo divario esistente tra il sistema degli investimenti, da un lato, e i diritti umani e del lavoro e l’ambiente, dall’altro.

2.   Introduzione

2.1.

Il sistema di risoluzione delle controversie investitore-Stato (ISDS) è un meccanismo presente in molti accordi di libero scambio e accordi internazionali in materia di investimenti, che consente di dirimere le liti relative all’attuazione degli accordi sulla protezione degli investimenti.

2.2.

Si tratta di un mezzo di ricorso consistente nell’adire un collegio arbitrale; il ricorso è proposto da un investitore straniero (ossia di un altro Stato contraente) nei confronti di uno Stato che, secondo il ricorrente, non rispetta le disposizioni dell’accordo in questione.

2.3.

Uno degli arbitri che compongono il collegio giudicante è nominato dall’impresa ricorrente, il secondo dallo Stato e il terzo dal segretario generale della Corte permanente di arbitrato.

2.4.

Il CESE si è già occupato a più riprese dei problemi posti dal suddetto sistema (4). Pertanto, l’obiettivo del presente parere non è quello di analizzare tutte le carenze del meccanismo ISDS e tutte le sfide che esso pone, bensì quello di esaminare il processo di riforma e modernizzazione di questo metodo di risoluzione delle controversie — processo del quale si discute in sede UNCITRAL e nel quale la Commissione europea svolge un ruolo centrale — e prendere posizione al riguardo.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Negli ultimi anni il «modello ISDS» è stato oggetto di numerose critiche, il che ha fatto aumentare costantemente l’interesse a riformare gli accordi in materia di investimenti: le accuse vanno dal pregiudizio arrecato alla potestà legislativa degli Stati fino all’incerta legittimità democratica, al mancato rispetto degli standard regolamentari europei (siano essi sanitari, fitosanitari, sociali o ambientali) e alla dubbia neutralità e indipendenza degli arbitri.

3.2.

I problemi sollevati più di frequente riguardano l’assenza di trasparenza nelle controversie in materia di investimenti, la mancanza di coerenza e prevedibilità delle decisioni arbitrali, il ruolo e l’indipendenza degli arbitri e i dubbi sulla loro legittimità, nonché l’effetto dissuasivo del sistema in questione in relazione all’esercizio dei poteri normativi dello Stato. Tale effetto dissuasivo si riferisce precisamente al fatto che gli Stati possono essere dissuasi dal legiferare per timore di esporsi alla responsabilità derivante da un accordo di investimento e alla possibilità di dover pagare ingenti somme agli investitori stranieri in caso di controversia — una rinuncia, da parte dello Stato, che andrebbe a scapito dei suoi cittadini e contribuenti, nel cui interesse generale sono per definizione adottate le leggi statali.

3.3.

Le critiche riguardano spesso anche le clausole ISDS che contengono espressioni vaghe ed eccessivamente ampie, quali «trattamento giusto ed equo» o «espropriazione indiretta», che possono dar luogo a incertezza giuridica e potenziali abusi.

3.4.

Analogamente, il principio dell’assenza, salvo diverso accordo, di impugnazione o di ricorso per annullamento o riesame delle decisioni arbitrali pregiudica il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo. Negli ultimi anni i difetti di questi «classici» sistemi ISDS sono stati sfruttati dagli investitori, il che ha portato a un aumento senza precedenti delle controversie tra gli Stati e gli investitori, come pure a un aumento significativo dei crediti vantati da questi ultimi, e ha fatto lievitare l’importo delle spese procedurali.

3.5.

Poiché le sfide attuali, come i cambiamenti climatici (che rendono necessaria una transizione giusta per i lavoratori verso un’economia a basse emissioni di carbonio), le risposte alla pandemia di COVID-19, la trasformazione digitale e il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (compreso quello relativo a un lavoro dignitoso), possono essere affrontate soltanto attraverso investimenti nazionali e internazionali, è indispensabile riformare radicalmente i meccanismi di risoluzione delle controversie investitore-Stato.

3.6.

Il CESE insiste sulla necessità di disporre di un sistema di protezione internazionale degli investimenti, compreso un meccanismo di risoluzione delle controversie, che sia moderno, efficace e funzionante, ma anche sull’imperativo di garantire la coerenza tra gli ambiziosi obiettivi di sviluppo sostenibile che l’UE si è prefissa e la riforma del modello ISDS. Accordi mal concepiti possono ostacolare il progresso, mentre accordi di investimento ben congegnati possono aiutare le società ad affrontare le sfide attuali.

4.   Le questioni in gioco nel dibattito in seno all’Unione europea

4.1.

Le critiche al modello ISDS hanno indotto la Commissione europea a sostituirlo con un organismo permanente per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti, istituito nel 2015 e concepito specificamente per rispondere alle preoccupazioni di cui sopra.

4.2.

Occorre precisare che, con la creazione di un MIT, la Commissione mira ad affrontare soltanto le questioni procedurali relative alla risoluzione delle controversie, senza pertanto dare una risposta completa alle critiche mosse agli aspetti sostanziali del sistema ISDS.

4.3.

In base all’attuale approccio di riforma, le questioni sostanziali, quali il diritto sostanziale applicabile o le norme sull’interpretazione, anche in relazione al rispetto di altri obblighi internazionali (ad esempio quelli derivanti dall’Organizzazione internazionale del lavoro e dalle convenzioni delle Nazioni Unite), possono essere affrontate soltanto nel quadro degli accordi sottostanti in materia di investimenti da applicare al MIT.

4.4.

Il CESE esprime pertanto il timore che, anche qualora si riuscisse a trovare un accordo su un nuovo sistema di risoluzione delle controversie a livello multilaterale, esso non risolverebbe il problema sostanziale degli accordi bilaterali di protezione degli investimenti che contengono disposizioni vaghe o eccessivamente ampie e che possono dar luogo ad abusi (come quelle, cui si è accennato sopra, in materia di trattamento giusto ed equo anche in relazione all’espropriazione indiretta). Il CESE raccomanda pertanto di riferire le disposizioni in materia di trattamento giusto ed equo esclusivamente alla non discriminazione e all’espropriazione diretta, ed esorta la Commissione europea a tenere conto anche di questa problematica relativa al diritto sostanziale applicabile e non soltanto degli aspetti procedurali.

4.5.

Le modalità esatte del funzionamento del MIT (quali la sua composizione, il suo bilancio, la possibilità di avvalersi di un segretariato ecc.) dipenderanno dall’esito dei prossimi negoziati tra i paesi aderenti al nuovo sistema previsto.

5.   La necessità di un approccio coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e di giustizia sociale

5.1.

Oggi l’opinione pubblica e persino gli esperti ravvisano un divario significativo tra la protezione degli investimenti, che può contare, per la sua applicazione, su solide garanzie basate su strumenti giuridici cogenti, e la tutela dei diritti umani, sociali, ambientali o sanitari, prevista da accordi internazionali poco o per nulla vincolanti, oppure vincolanti ma sprovvisti di strumenti per la loro corretta applicazione.

5.2.

Il dibattito sulla riforma del sistema ISDS deve inoltre tenere conto del nuovo approccio adottato dalla Commissione europea sull’attuazione e l’applicazione dei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile negli accordi di libero scambio dell’UE, volto a rivedere il piano d’azione in 15 punti (5), del 2018.

5.3.

Il CESE accoglie con favore l’avvio, da parte dell’OCSE, di un’iniziativa (6) sul futuro degli accordi in materia di investimenti volta a esplorare i modi in cui questi futuri accordi potrebbero consentire di affrontare le sfide summenzionate e a fornire spunti di riflessione in vista di una riforma. Al centro di tale iniziativa è la necessità cruciale di far fronte alla crisi climatica. Nondimeno, il CESE esorta l’OCSE a completare il suo lavoro tenendo conto anche delle questioni sociali, in particolare inserendo il dovere di diligenza tra i criteri di ammissibilità per gli investitori stranieri.

5.4.

I lavori dell’OCSE hanno già fatto registrare progressi di capitale importanza, come la raccomandazione del Consiglio sulla qualità degli investimenti esteri diretti per lo sviluppo sostenibile (7), adottata dai ministri dell’OCSE nel giugno 2022. Si tratta del primo strumento multilaterale volto ad aiutare i responsabili politici a rafforzare il contributo positivo degli investimenti internazionali in relazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile. La raccomandazione è integrata da un pacchetto di strumenti per la politica sulla qualità degli investimenti esteri diretti (8) e dagli indicatori 2022 sulla qualità degli investimenti esteri diretti (9).

5.5.

Al pari del Parlamento europeo (10), il CESE ritiene che la politica di investimento dell’UE debba rispondere alle aspettative degli investitori e dei paesi beneficiari, ma anche agli interessi economici più generali dell’Unione, ai suoi obiettivi di politica esterna e alle sue priorità, in particolare per quanto attiene alla tutela dell’ambiente, dei diritti umani e dei diritti fondamentali.

5.6.

Il CESE sottolinea che, a norma del diritto internazionale consuetudinario e del diritto internazionale dei diritti umani, per poter esperire un procedimento internazionale contro uno Stato occorre prima avere adito i giudici nazionali; e si rammarica del fatto che, al contrario, il diritto internazionale in materia di investimenti non richieda in genere il previo esaurimento dei mezzi di ricorso interni.

5.7.

Il CESE invita pertanto la Commissione a esaminare ulteriormente la questione del previo esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali.

6.   Il ruolo del III gruppo di lavoro (GT-III) della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL)

6.1.

Conformemente al mandato conferitole dal Consiglio, la Commissione ha avviato negoziati con gli Stati membri delle Nazioni Unite sotto l’egida dell’UNCITRAL, in seno al GL-III.

6.2.

Il CESE ricorda alla Commissione la propria richiesta di essere maggiormente coinvolto nei lavori dell’UNCITRAL.

6.3.

Nel novembre 2017 l’UNCITRAL ha conferito al suo GL-III un ampio mandato per lavorare alla possibile riforma del sistema di risoluzione delle controversie investitore-Stato. Durante la prima fase delle sue deliberazioni, tale gruppo di lavoro ha rilevato tutta una serie di problemi.

Per quanto riguarda i costi e la durata complessivi dell’ISDS (11):

il gruppo di lavoro ha preso atto delle analisi basate sulle limitate informazioni attualmente disponibili, secondo le quali l’80-90 % dei costi del sistema ISDS era costituito dalle spese di rappresentanza legale e dagli onorari degli esperti e i costi di una singola procedura arbitrale di questo tipo ammontavano in media a 8 milioni di dollari statunitensi;

particolare attenzione è stata rivolta al fatto che i costi elevati delle procedure ISDS finanziate con fondi pubblici erano difficili da giustificare per gli Stati in via di sviluppo, in possesso di risorse finanziarie limitate;

è stato sottolineato che i problemi relativi alla durata e al costo di tali procedimenti derivavano anche dal fatto che il regime ISDS non seguiva la regola del precedente vincolante (principio dello stare decisis), il che comportava un’elevata imprevedibilità delle decisioni;

inoltre, è stato osservato che, in alcuni ISDS, gli elevati costi della procedura limitavano l’accesso al sistema da parte delle piccole e medie imprese, privandole così della protezione offerta dagli accordi in materia di investimenti;

tuttavia, è stato anche affermato che, in alcuni sistemi ISDS, i costi esorbitanti potevano anche derivare da pratiche abusive, dall’esistenza di procedimenti paralleli, dalla mancanza di norme procedurali chiare e dall’assenza di un meccanismo che consentisse di respingere le domande abusive fin dalla fase iniziale del procedimento;

inoltre, è stato sottolineato che l’aumento dei costi era legato a problemi sistemici e alla struttura del meccanismo ISDS, quando non all’assenza di qualsiasi sistema, aggiungendo che tali problemi erano all’origine della mancanza di coerenza e prevedibilità degli esiti dei procedimenti, le quali andavano soprattutto a scapito degli Stati convenuti.

Quanto agli aspetti sostanziali, in seno al gruppo di lavoro sono state sollevate, tenuto debito conto dell’interazione con le norme materiali sottostanti, questioni riguardanti (12):

il ricorso a mezzi diversi dall’arbitrato per risolvere le controversie in materia di investimenti e a metodi di prevenzione delle controversie;

il requisito del previo esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali;

la possibilità per soggetti terzi di partecipare al procedimento;

la facoltà di proporre domande riconvenzionali;

il possibile effetto dissuasivo sull’esercizio della potestà legislativa («regulatory chill»);

la liquidazione dei danni.

6.4.

Dall’inizio dei suoi lavori, il GL-III ha lavorato su due assi principali: il primo relativo a un’eventuale riforma strutturale, attraverso la creazione di un tribunale permanente e di un sistema di ricorso in appello, comprese le disposizioni sulla nomina dei giudici di tale tribunale e sulla portata di tale ricorso; il secondo, parallelo al primo, riguardante gli elementi di riforma non strutturali e incrementali, quali la creazione di un codice di condotta per arbitri e giudici inteso ad accrescere la trasparenza e ad evitare i conflitti di interesse, l’elaborazione di una metodologia per la valutazione dei danni risarcibili e la definizione di strumenti per promuovere la mediazione tra le parti. Per quanto concerne la riforma strutturale e le questioni trasversali, invece, non vi sono stati progressi significativi. Ad esempio, la giurisdizione e la composizione del tribunale permanente e la procedura di nomina dei suoi membri sono ancora oggetto di discussione in seno alle delegazioni.

6.5.

Da parte sua, la Commissione europea ha introdotto nel dibattito una serie di questioni: dalla definizione di norme chiare in materia di deontologia e imparzialità alla previsione di nomine non rinnovabili, l’assunzione a tempo pieno degli arbitri e meccanismi per la nomina di giudici indipendenti. Il CESE sostiene questa posizione, in quanto l’esigenza di evitare conflitti di interessi rende necessarie norme rigorose.

6.6.

Questioni sollevate inizialmente, di carattere più trasversale, come l’effetto dissuasivo dell’ISDS, l’esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali e l’accesso al procedimento da parte di terzi, quali le comunità locali interessate dagli investimenti, hanno ricevuto meno attenzione, suscitando la frustrazione di molti osservatori che rappresentano componenti della società civile. Coerentemente con le raccomandazioni già formulate nel parere REX/501, il CESE incoraggia la Commissione a fare in modo che queste questioni fondamentali rimangano sul tavolo e vengano affrontate in maniera soddisfacente.

6.7.

Il CESE deplora la scarsa leggibilità dei verbali e del sito Internet del GL-III, che non consente alle parti interessate di ottenere informazioni adeguate sullo stato di avanzamento dei lavori.

6.8.

Il CESE osserva che, anche se vertono su aspetti procedurali, in prospettiva i lavori del GL-III potranno avere effetti positivi, come ad esempio una giurisprudenza più chiara e stabile, che faciliterà anche una riforma del diritto sostanziale degli accordi in materia di investimenti. Tuttavia, affinché un processo multilaterale di riforma dell’ISDS possa fare davvero la differenza, il CESE ritiene essenziale concepire una riforma istituzionale che si allontani dall’arbitrato ad hoc, adotti un approccio maggiormente integrato in materia di governance internazionale degli investimenti e non si limiti a sostituire l’arbitrato ISDS con un tribunale investitore-Stato.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  L’amicus curiae è un’entità o una persona che, pur non essendo parte di una controversia, intende sottoporre al tribunale le proprie argomentazioni giuridiche relative alla controversia stessa. La figura dell’amicus curiae, se, da un lato, è ammessa solo a condizioni rigorose, volte a garantire il rispetto dell’equilibrio dei diritti tra le parti in causa nel corso del procedimento, dall’altro, però, è intesa a rafforzare la legittimità del processo di arbitrato in materia di investimenti (https://www.iisd.org/itn/fr/2019/04/23/protecting-social-rights-using-the-amicus-curiae-procedure-in-investment-arbitration-a-smokescreen-against-third-parties-maxime-somda/).

(2)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 145.

(3)  Per determinare il rango dei trattati che si succedono in una stessa materia, gli Stati contraenti inseriscono nelle clausole finali di un nuovo trattato disposizioni che disciplinano il rapporto tra tale trattato e i trattati esistenti o futuri riguardanti la stessa materia.

(4)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 145; GU C 487 del 28.12.2016, pag. 30; GU C 332 dell'8.10.2015, pag. 45.

(5)  Il CESE ha affrontato la questione nel suo parere sul tema Commercio e sviluppo sostenibile di prossima generazione — Riesame del piano d’azione in 15 punti (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 40).

(6)  https://www.oecd.org/investment/investment-policy/investment-treaties.htm

(7)  https://legalinstruments.oecd.org/en/instruments/OECD-LEGAL-0476

(8)  https://www.oecd-ilibrary.org/finance-and-investment/fdi-qualities-policy-toolkit_7ba74100-en

(9)  https://read.oecd-ilibrary.org/view/?ref=1144_1144750-u5ks4jvtnl&title=FDI-Qualities-Indicators-2022

(10)  Progetto di relazione sul futuro della politica dell’UE in materia di investimenti internazionali, relatrice Anna Cavazzini, 2021/2176 (INI) del 7 febbraio 2022.

(11)  Relazione del gruppo di lavoro III (Riforma della risoluzione delle controversie investitore-Stato) relativa ai lavori della sua 34a sessione (Vienna, 27 novembre — 1o dicembre 2017).

(12)  Relazione del gruppo di lavoro III (Riforma della risoluzione delle controversie investitore-Stato) relativa ai lavori della sua 37a sessione (New York, 1o — 5 aprile 2019).


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

573a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 26.10.2022–27.10.2022

28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/136


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo

[COM(2022) 650 final]

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro

[COM(2022) 655 final]

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Attirare competenze e talenti nell’UE

[COM(2022) 657 final]

(2023/C 75/19)

Relatore:

José Antonio MORENO DÍAZ

Correlatrice:

Milena ANGELOVA

Consultazione

Commissione europea, 26.7.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

29.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

179/0/6

1.   Introduzione

1.1.

Nell’aprile 2022 la Commissione europea ha presentato il pacchetto «Competenze e talenti», che segue l’agenda di lavoro del nuovo patto per la migrazione e l’asilo adottato nel settembre 2020. Lo scopo del nuovo pacchetto è promuovere una migrazione ordinata verso l’Unione, favorendo l’attrazione di talenti e competenze in maniera vantaggiosa sia per i paesi di origine che per quelli di destinazione. Le revisioni proposte mirano altresì a promuovere un sistema più efficiente e coerente di diritti e di opportunità di lavoro per i residenti nell’UE non cittadini dell’Unione, contribuendo a migliorare l’attrattiva dell’Unione europea come destinazione per i cittadini qualificati di paesi terzi.

1.2.

Il CESE accoglie con favore questo pacchetto, che adotta un approccio costruttivo e coerente nei confronti delle migrazioni e risponde alla necessità di migliorare gli strumenti dell’UE per la migrazione regolare. In un momento in cui le transizioni digitale e verde procedono a buon ritmo, ma le carenze di manodopera e competenze sono evidenti in tutti i settori dell’attività economica, il CESE sottolinea che la migrazione può contribuire utilmente a colmare queste carenze negli ambiti in cui ve ne è effettivo bisogno.

1.3.

Il CESE ha già espresso la sua preoccupazione per il fatto che il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo si concentri sulla gestione delle frontiere e sul controllo dell’immigrazione, e plaude quindi ai progressi compiuti nella governance di un’immigrazione organizzata e regolare.

1.4.

Il CESE apprezza il fatto che la Commissione riconosca il ruolo cruciale che i migranti svolgono già adesso nell’economia e nella società europee, contribuendo a soddisfare le esigenze del mercato del lavoro in evoluzione e, ove necessario, a supplire alle carenze di manodopera e di competenze: trattare della migrazione in termini equilibrati e positivi significa infatti adottare un cambiamento di prospettiva molto importante.

1.5.

Il CESE si compiace pertanto che, onde contribuire a soddisfare le suddette esigenze in continua crescita, in particolare nei settori con carenze strutturali, venga facilitato l’afflusso di talenti da paesi terzi.

1.6.

Senza sminuirne l’importanza, il CESE suggerisce di riflettere sulla narrazione che collega l’arrivo di lavoratori di paesi terzi alle esigenze dei mercati del lavoro degli Stati membri, onde impedire che, se arrivati da poco nell’UE, tali lavoratori si trovino a dover accettare situazioni di sottoccupazione e condizioni di lavoro deteriori.

1.7.

Il CESE ritiene necessario fare passi avanti per quanto concerne i nuovi canali di attrazione dei talenti nell’Unione, ma fa altresì osservare che i mercati del lavoro degli Stati membri presentano anche altre esigenze e che, per soddisfarle, occorrerà elaborare apposite misure, parallelamente a quelle previste dal pacchetto in esame. In particolare, è importante intensificare gli sforzi per aiutare con misure di sostegno mirate i disoccupati e le persone inattive ad inserirsi nel mercato del lavoro.

1.8.

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe essere più ambiziosa nella ricerca di canali legali e organizzati per la migrazione di manodopera che tengano conto anche delle persone bisognose di protezione internazionale.

1.9.

Il CESE accoglie con favore la comunicazione «Attirare competenze e talenti nell’UE» in quanto la considera un passo avanti nel campo della migrazione di manodopera, in cui si deve fare ricorso a strumenti adeguati, realistici ed efficaci nei nuovi contesti.

1.10.

Il CESE ritiene necessario compiere progressi per quanto concerne il «bacino di talenti» (1), a partire dal progetto pilota iniziale e dalla versione integrale che sarà varata l’anno prossimo, e sottolinea che il successo e la portata di tale strumento dipenderanno dall’adeguatezza delle risorse che saranno impiegate per renderlo accessibile e operativo. È inoltre favorevole ai partenariati volti ad attirare talenti e reputa che tali strumenti debbano essere sviluppati in cooperazione con i paesi terzi. Il CESE chiede l’introduzione di adeguati meccanismi di valutazione, in grado di assicurare visibilità e trasparenza nell’attuazione dei partenariati volti ad attirare talenti, non solo per gli strumenti stessi, ma anche per l’individuazione dei paesi con i quali cooperare: il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani deve sempre essere tenuto presente nelle relazioni esterne, anche per quanto riguarda la politica dell’UE in materia di immigrazione e asilo.

1.11.

Se in alcuni settori cruciali le donne costituiscono una parte significativa degli addetti, tuttavia soprattutto le donne mobili e migranti possono essere costrette ad accettare lavori precari e nell’economia informale e risultano spesso particolarmente vulnerabili alla discriminazione, all’esclusione sociale e alla mancanza di opportunità di lavoro e formazione, oltre a rischiare di subire abusi, violenze e molestie. Il CESE reputa che la tutela dei diritti delle donne e la prospettiva di genere debbano essere integrate in modo più incisivo.

1.12.

Il CESE accoglie con favore la proposta di revisione della direttiva sui soggiornanti di lungo periodo nell’Unione europea. Il CESE si compiace che la proposta agevoli il processo di acquisizione di tale status, grazie alla possibilità di cumulare periodi di soggiorno trascorsi in diversi Stati membri, promuova la mobilità all’interno dell’UE e miri ad estendere la parità di accesso alla protezione sociale ai cittadini dell’UE che siano soggiornanti di lungo periodo in un altro Stato membro.

1.13.

Il CESE accoglie con favore la revisione della direttiva sul permesso unico, e in particolare il fatto che sia intesa a facilitare e semplificare la procedura della relativa domanda e a rendere tale permesso non più vincolato a un determinato datore di lavoro, quantunque ritenga che si sarebbe potuto tentare di estendere l’insieme dei diritti, in linea con il contenuto della prima proposta di direttiva presentata nel 2011.

1.14.

Il CESE ritiene essenziale che, ai fini di tale revisione, si sottolinei la necessità di rafforzare la parità di trattamento per i lavoratori cittadini di paesi terzi, soprattutto per quanto riguarda le condizioni di lavoro, la libertà di associazione e affiliazione e le prestazioni di sicurezza sociale.

1.15.

Il CESE sottolinea inoltre l’importanza di coinvolgere le parti sociali e gli altri portatori di interessi nel dibattito sul miglioramento della governance della migrazione di manodopera a livello di Unione europea; e, in quest’ottica, accoglie con favore la creazione della piattaforma proposta per il dialogo a livello unionale.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Nell’aprile 2022 la Commissione europea ha presentato il pacchetto «Competenze e talenti», che segue l’agenda di lavoro del nuovo patto per la migrazione e l’asilo adottato nel settembre 2020. Il pacchetto comprende la proposta di revisione della direttiva 2003/109/CE sul soggiorno di lungo periodo (2), la proposta di revisione della direttiva 2011/98/UE sul permesso unico (3) e la comunicazione intitolata «Attirare competenze e talenti nell’UE (4)».

2.2.

Lo scopo del nuovo pacchetto è promuovere una migrazione ordinata verso l’Unione, favorendo l’attrazione di talenti e competenze in maniera vantaggiosa sia per i paesi di origine che per quelli di destinazione. Le revisioni proposte mirano altresì a promuovere un sistema più efficiente e coerente di diritti e di opportunità di lavoro per i residenti nell’UE non cittadini dell’Unione, contribuendo a migliorare l’attrattiva dell’Unione europea come destinazione per i cittadini qualificati di paesi terzi.

2.3.

La comunicazione in esame, da parte sua, mira a riordinare i principi che regolano la migrazione legale per motivi economici nell’Unione europea. Essa riflette la volontà di migliorare il pilastro legislativo con le due proposte di revisione e di sviluppare «partenariati volti ad attirare talenti» e il «bacino di talenti» dell’Unione, nonché di far progredire la politica di migrazione legale in relazione all’assistenza, ai giovani e all’innovazione.

2.4.

Il CESE sottolinea che la proposta non contiene alcuna disamina o valutazione che analizzi i motivi per cui le direttive vigenti sul permesso unico o sui soggiornanti di lungo periodo non hanno funzionato e non funzionano nel modo voluto. La Commissione dovrebbe invece analizzare e rendere note le cause di tali disfunzioni, valutando se esse siano imputabili, tra l’altro, a una mancanza di volontà di attuare le direttive da parte degli Stati membri o a un eccesso di adempimenti burocratici richiesti, onde evitare che i medesimi problemi si ripresentino in futuro.

2.5.

La proposta revisione della direttiva sul permesso unico offre l’opportunità di ampliare l’accesso a tale strumento e agevolare la partecipazione dei lavoratori di paesi terzi al mercato del lavoro dell’UE, consolidando i diritti che ne conseguono e armonizzandone meglio l’applicazione tra gli Stati membri.

2.6.

Anche la proposta revisione della direttiva sui soggiornanti di lungo periodo nell’UE mira a migliorarne l’applicazione nei diversi Stati membri, facilitando nel contempo la mobilità all’interno dell’Unione grazie alla semplificazione delle procedure e alla riduzione dei tempi necessari per ottenere permessi di soggiorno di lungo periodo.

2.7.

In generale, il CESE accoglie con favore questo pacchetto, che adotta un approccio costruttivo e coerente nei confronti delle migrazioni, risponde alla necessità di migliorare gli strumenti dell’UE per la migrazione regolare e sottolinea che la migrazione legale può contribuire utilmente ad ovviare alla penuria di manodopera — nei settori in cui ve ne è un effettivo bisogno — e alla carenza di competenze. Il CESE ha già espresso la sua preoccupazione per il fatto che il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo si concentri sulla gestione delle frontiere e sul controllo dell’immigrazione, e plaude quindi ai progressi compiuti nella governance di una migrazione organizzata e regolare.

2.8.

Il CESE apprezza il ruolo cruciale che i migranti svolgono già adesso nell’economia e nella società europee, contribuendo a soddisfare le esigenze del mercato del lavoro ed a supplire, ove necessario, alle carenze di manodopera e di competenze; e si compiace pertanto che, onde contribuire a soddisfare le suddette esigenze in continua crescita, in particolare nei settori con carenze strutturali, venga facilitato l’afflusso di talenti da paesi terzi. Il CESE accoglie inoltre con favore le iniziative volte ad attrarre imprese innovative e in grado di espandersi con profitto che apportino un valore aggiunto significativo all’economia e alla società dell’UE. I progetti di ricerca internazionali rimangono un’altra modalità efficace di promozione, attrazione e mantenimento di talenti di livello mondiale. A tal fine, è necessario accelerare e semplificare l’accesso al mercato del lavoro dell’UE per i professionisti più richiesti provenienti da paesi terzi, in modo da rendere l’Europa più attraente rispetto ad altre parti del mondo. Il CESE incoraggia e accoglie con favore anche lo sviluppo e l’attuazione di strumenti pratici per mettere in contatto più facilmente i talenti dei paesi terzi con potenziali datori di lavoro negli Stati membri e fare in modo che le competenze degli uni corrispondano meglio alle esigenze degli altri.

2.9.

Occorre riflettere sulla narrazione che lega l’afflusso di manodopera straniera alle esigenze dei mercati del lavoro degli Stati membri. In determinati settori e riguardo ad alcune professioni, in alcuni paesi dell’UE esiste una disoccupazione strutturale che può derivare da squilibri tra domanda e offerta di competenze, dalla scarsa attrattiva di tali settori e/o professioni e da preoccupazioni circa le condizioni di lavoro. In ciascuno di questi paesi, è importante cercare di rendere più attraenti i settori e le professioni in questione per i lavoratori presenti sul relativo mercato nazionale (cittadini di tale paese, lavoratori di altri Stati membri e lavoratori di paesi terzi con permesso di lavoro) onde impedire che i lavoratori da poco arrivati nell’UE da paesi terzi si trovino a dover accettare situazioni di sottoccupazione e condizioni di lavoro deteriori. Parallelamente, il bacino di talenti dell’UE può contribuire a facilitare l’incontro mirato tra lavoratori di paesi terzi e posti di lavoro nell’UE, in modo da evitare la sottoccupazione di tali lavoratori.

2.10.

Il CESE ritiene necessario fare passi avanti per quanto concerne i nuovi canali di attrazione dei talenti nell’Unione, ma fa altresì osservare che i mercati del lavoro degli Stati membri presentano anche altre esigenze e che, per soddisfarle, occorrerà elaborare apposite misure, parallelamente a quelle previste dal pacchetto in esame.

2.11.

A tale proposito, il CESE auspica che (come previsto nelle relazioni di follow-up) si possano compiere progressi quanto al previsto miglioramento della direttiva sui lavoratori stagionali e di quella sui trasferimenti intrasocietari, che dovrebbe aver luogo nel 2023; e al riguardo sottolinea, in linea con le proprie risoluzioni e con quelle del Parlamento europeo, la necessità di adoperarsi per garantire la tutela dei lavoratori stagionali e specialmente per combattere, ovunque individuato, lo sfruttamento della manodopera, rafforzando e aumentando le ispezioni sul lavoro a tal fine, in linea con l’operato dell’Autorità europea del lavoro.

2.12.

Alla luce dell’adozione, il 1o luglio 2020, dell’Agenda per le competenze per l’Europa (5), il CESE ritiene che i migranti, i rifugiati e i richiedenti protezione internazionale debbano essere trattati allo stesso modo, indipendentemente dal loro livello di competenze e qualifiche. Pertanto, tutti i lavoratori dovrebbero essere in grado di convalidare le proprie abilità e competenze e partecipare ad apprendistati efficaci e di buona qualità, nonché ad attività di riqualificazione e miglioramento delle competenze, in modo da poter essere integrati nel mercato del lavoro sulla base di percorsi di apprendimento flessibili che rispondano alle loro esigenze specifiche e tengano debitamente conto delle loro diverse fasce di età.

2.13.

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe essere più ambiziosa nella ricerca di canali legali e organizzati per la migrazione di manodopera che tengano conto anche delle persone bisognose di protezione internazionale.

2.14.

Per quanto riguarda gli studenti provenienti da paesi terzi che arrivano nell’UE per motivi di studio, si dovrebbe riflettere su come favorire la loro integrazione nel mercato del lavoro dell’Unione, attenuando nel contempo il fenomeno della fuga di cervelli: sarebbe utile integrare misure preventive quali clausole di assunzione etica (6), meccanismi di rimpatrio assistito e reintegrazione nei rispettivi paesi di origine, o introdurre clausole specifiche al riguardo negli accordi bilaterali in materia di migrazione di manodopera.

3.   Sulla comunicazione intitolata«Attirare competenze e talenti nell’UE»

3.1.

La comunicazione in esame, presentata nell’aprile 2022, riprende le raccomandazioni del patto per la migrazione e l’asilo del 2020 in merito alla migrazione legale, con l’obiettivo di promuovere iniziative legislative e operative in questo campo.

3.2.

Il CESE accoglie con favore tale comunicazione in quanto la considera un passo avanti nel campo della migrazione di manodopera, in cui si deve fare ricorso a strumenti adeguati, realistici ed efficaci nei nuovi contesti. A tale proposito, il CESE saluta la tempestiva previsione di una serie di azioni specifiche per i profughi ucraini, ma si rammarica che tali azioni non siano state attuate prima per le persone bisognose di protezione internazionale in generale, specie durante la crisi umanitaria provocata dalla guerra in Siria nel 2015. Il CESE è convinto che l’azione e l’iniziativa adottate nei confronti delle persone in fuga dall’Ucraina rappresentino un punto di svolta e dovrebbero costituire la norma per l’azione dell’UE in futuri casi analoghi.

3.3.

Il CESE ritiene che sia necessario fare passi avanti per quanto concerne i partenariati volti ad attirare talenti in cooperazione con paesi terzi, ma chiede che siano introdotti meccanismi di valutazione adeguati, non solo per gli strumenti stessi, ma anche per l’individuazione dei paesi con cui cooperare: il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani deve sempre essere tenuto presente nelle relazioni esterne, anche per quanto riguarda la politica dell’UE in materia di immigrazione e asilo. Il CESE ritiene inoltre necessario controllare e valutare le procedure e i risultati dei progetti pilota già ultimati, da considerare e utilizzare al momento dell’avvio di nuovi progetti.

3.4.

Nel presentare la proposta di un bacino di talenti dell’UE, è importante che la Commissione europea lavori insieme con gli Stati membri e le parti sociali per sviluppare tale strumento in modo tale da ridurre al minimo gli adempimenti burocratici ed evitare inutili complicazioni, affinché possa diventare operativo il più rapidamente possibile. L’obiettivo di tale strumento dovrebbe essere quello di contribuire a soddisfare le esigenze attuali e future in termini di competenze: esso dovrebbe sfruttare le opportunità offerte dall’IA e da altre tecnologie avanzate, in modo da impiegare appieno le competenze e i talenti dei cittadini di paesi terzi ed essere complementare al ruolo dei cittadini dell’Unione e della mobilità lavorativa all’interno dell’UE.

3.5.

Considerate le gravi carenze di manodopera e di competenze riscontrate dai datori di lavoro, carenze che in molti casi hanno carattere strutturale, un punto di partenza importante per il lancio della versione integrale del bacino di talenti consisterebbe nell’abbinare la domanda e l’offerta di lavoro adottando un approccio mirato, basato su elenchi dei settori con carenza di manodopera. Data l’importanza di garantire che gli elenchi nazionali dei settori con carenza di manodopera siano sempre aggiornati, la Commissione dovrebbe individuare opportunità di apprendimento reciproco e di revisione tra pari in questo campo.

3.6.

Di pari passo con la messa a punto del concetto di bacino di talenti, è necessario sviluppare ulteriormente, coinvolgendo i datori di lavoro e i sindacati, l’informazione in tempo reale sul mercato del lavoro e sulle competenze, che consentirà al nuovo strumento di funzionare con successo. Nel contempo, è importante migliorare la capacità dell’UE di raccogliere e interpretare dati comparabili e credibili sul fabbisogno migratorio da paesi terzi.

3.7.

Il CESE accoglie con favore l’introduzione di uno strumento di abbinamento per facilitare i contatti tra domanda e offerta. Ritiene che strumenti come questo siano senz’altro necessari per il reclutamento dei talenti, ma ribadisce la necessità reale di affrontare parallelamente altri settori del mercato del lavoro degli Stati membri.

3.8.

Il CESE concorda con la Commissione nel ritenere che il successo di tali iniziative richieda la cooperazione e la partecipazione degli attori sociali ed economici, e ritiene essenziale fare progressi nella creazione di opportunità di dialogo tra di essi a livello europeo. Il CESE è un forum privilegiato per discutere le questioni operative e pratiche legate alla migrazione per motivi di lavoro. In quest’ottica, il CESE dovrebbe partecipare alla conferenza ad alto livello che la Commissione prevede di tenere verso la fine del 2022 sulla nuova piattaforma per la migrazione dei lavoratori. Il CESE sottolinea inoltre l’importanza di coinvolgere le parti sociali e gli altri portatori di interessi nel dibattito sul miglioramento della governance della migrazione di manodopera a livello di Unione europea; e, in quest’ottica, accoglie con favore la creazione della piattaforma proposta per il dialogo a livello unionale.

3.9.

Il CESE ritiene che il fatto di esplorare vie future per la migrazione di manodopera in un settore come quello dell’assistenza rappresenti un passo avanti, anche se si rammarica che i progressi compiuti su questi temi si articolino intorno a procedure specifiche che rendono frammentaria la politica europea comune in materia di immigrazione e asilo, impedendo così una visione integrale. In ogni caso, il CESE concorda sulla necessità di compiere progressi in questi ambiti sollevando questioni come l’assunzione etica e gli standard di tutela dei diritti dei lavoratori.

3.10.

Se in alcuni settori cruciali le donne costituiscono una parte significativa degli addetti, tuttavia soprattutto le donne mobili e migranti possono essere costrette ad accettare lavori precari e nell’economia informale e risultano spesso particolarmente vulnerabili alla discriminazione, all’esclusione sociale e alla mancanza di opportunità di lavoro e formazione, oltre a rischiare di subire abusi, violenze e molestie. Il CESE reputa che la tutela dei diritti delle donne e la prospettiva di genere debbano essere integrate in modo più incisivo.

3.11.

Il CESE accoglie inoltre con favore la promozione di programmi di mobilità per i giovani, ma desidera sottolineare ancora una volta la necessità di garantire una mobilità e un’integrazione nel mercato del lavoro che tutelino i diritti dei lavoratori più giovani, che talvolta si trovano a dover accettare condizioni di lavoro deteriori (impieghi precari, bassi salari ecc.). Analogamente, dovrebbero essere stabilite misure specifiche per i lavoratori con disabilità, al fine di facilitarne la corretta integrazione.

3.12.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa di studiare la possibilità di varare programmi di ammissione per «imprenditori innovativi provenienti dall’estero». A tale proposito, il CESE considera positivo che tali programmi siano considerati nel contesto dell’economia digitale e sostenibile, ma ritiene che, se ben strutturati, essi possano avere anche una portata più ampia e facilitare così l’ingresso di vari altri profili professionali nei paesi dell’UE.

4.   Sulla revisione della direttiva sui soggiornanti di lungo periodo nell’UE

4.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta di direttiva in esame, che punta a rafforzare lo status dei soggiornanti di lungo periodo nell’UE migliorando le modalità di acquisizione di tale status, in particolare nel caso di soggiorno in un secondo Stato membro, così come accoglie con favore il fatto che tale proposta miri ad estendere la parità di accesso alla protezione sociale ai cittadini dell’UE che siano soggiornanti di lungo periodo in un altro Stato membro, nonché il tentativo di garantire parità di trattamento e facilitare l’accesso alle informazioni sul ricongiungimento familiare in relazione a tale direttiva.

4.2.

Il soggiorno di lungo periodo nell’Unione è uno degli strumenti principali della politica europea in materia di immigrazione e asilo. Le procedure per l’acquisizione di tale soggiorno, adottate nel 2003, si sono sviluppate in modo disomogeneo nelle diverse parti dell’Unione, e la revisione proposta adesso dalla Commissione mira a creare un sistema più coerente.

4.3.

I cittadini dell’Unione possono richiedere un permesso di soggiorno di lungo periodo dopo cinque anni di residenza in un secondo Stato membro — un requisito, questo, mantenuto nella proposta di revisione della direttiva. La proposta, però, mira a facilitare la mobilità all’interno dell’UE delle persone con questo tipo di soggiorno, riducendo la durata del soggiorno necessaria per soddisfare tale requisito a tre anni; e oltre a ciò prevede la possibilità di cumulare i periodi di soggiorno trascorsi in Stati membri diversi.

4.4.

Il CESE ritiene che consentire ai richiedenti di effettuare tale cumulo per soddisfare il requisito concernente la durata del soggiorno ai fini dell’acquisizione dello status di soggiornanti di lungo periodo nell’UE rappresenti un passo avanti, ma reputa necessario migliorare i meccanismi di monitoraggio e coordinamento dell’attuazione delle relative disposizioni nei vari Stati membri.

4.5.

Il CESE accoglie con favore il fatto che, ai fini della durata del soggiorno, possano essere computati anche tipi di soggiorno diversi, come i soggiorni per motivi di studio o a titolo di protezione internazionale o quelli inizialmente basati su motivi di carattere temporaneo. I periodi di permanenza legale in virtù di un visto per soggiorno di breve durata sono esclusi da tale computo, anche se potrebbero essere presi in considerazione dalla normativa in questione qualora il richiedente fosse in grado di fornire la prova di un rapporto di lavoro regolare o di una situazione analoga.

4.6.

Il CESE accoglie inoltre con favore il rafforzamento dei diritti dei soggiornanti di lungo periodo nell’Unione e dei loro familiari, compreso il diritto di spostarsi e di lavorare in un altro Stato membro, o di cambiare lavoro e trasferirsi in un altro Stato membro. Il CESE ritiene particolarmente interessante il fatto che, in base alle nuove disposizioni proposte, non sia necessario considerare la situazione del mercato del lavoro nazionale per le domande di soggiorno di lungo periodo in un secondo Stato membro (cioè quando il soggiorno di lungo periodo nell’Unione sia già stato acquisito), e ciò per quanto riguarda sia il lavoro subordinato che quello autonomo.

4.7.

Il CESE accoglie con favore il fatto che si renda più facile sfruttare la possibilità di lavorare e studiare entro 30 giorni dalla presentazione della domanda di soggiorno di lungo periodo in un secondo Stato membro. Accoglie inoltre con favore il riconoscimento del diritto (di un soggiornante di lungo periodo in un secondo Stato membro) di esercitare una professione regolare alle medesime condizioni dei cittadini dell’UE.

4.8.

Il CESE riconosce l’importanza che gli Stati membri garantiscano ai soggiornanti di lungo periodo nell’Unione (nonché ai loro familiari) le stesse libertà e gli stessi diritti di coloro che possiedono un permesso di soggiorno nazionale permanente. Inoltre, è positivo che gli Stati membri garantiscano anche che coloro che richiedono un permesso di soggiorno di lungo periodo dell’Unione non siano tenuti a pagare tasse più alte per il trattamento della loro domanda rispetto ai richiedenti un permesso di soggiorno nazionale permanente.

4.9.

Il CESE ritiene che il diritto di vivere come famiglia sia un fattore fondamentale per facilitare l’integrazione sociale, e accoglie pertanto con favore l’eliminazione degli ostacoli amministrativi e burocratici all’esercizio di tale diritto, in particolare per quanto attiene alle condizioni di integrazione per i soggiornanti di lungo periodo. Accoglie inoltre con favore l’acquisizione automatica del permesso di soggiorno di lungo periodo per i figli, nati (o adottati) nell’UE, dei suddetti soggiornanti.

5.   Sulla revisione della direttiva sul permesso unico

5.1.

Il CESE accoglie con favore la revisione della direttiva sul permesso unico, che apporta diversi miglioramenti a quella attuale:

la riduzione a quattro mesi del periodo previsto per la procedura di rilascio del permesso;

il fatto che la procedura possa essere avviata dal paese di origine oppure da uno Stato membro di destinazione;

l’estensione del campo di applicazione della direttiva ai cittadini stranieri che lavorano tramite agenzie di lavoro interinale;

la possibilità di cambiare datore di lavoro durante il periodo di validità del permesso, benché sia mantenuta la possibilità di rifiuto da parte dell’autorità nazionale;

il fatto che il permesso unico non possa essere revocato per almeno tre mesi dopo la perdita del posto di lavoro del titolare, il che garantisce stabilità e migliora la qualità dell’occupazione e le condizioni di lavoro dei lavoratori migranti;

l’estensione dell’ambito di applicazione della direttiva ai beneficiari di protezione temporanea;

il fatto che siano contemplati dei modi per fornire informazioni sui diritti connessi al permesso unico.

5.2.

Tutto ciò nonostante, il CESE considera la proposta in esame un’opportunità mancata di ampliare l’insieme dei diritti, in linea con il contenuto della prima proposta di direttiva presentata nel 2011. Ciò vale ad esempio per l’accesso ai sussidi di disoccupazione, una questione in merito alla quale il CESE sottolinea ancora l’importanza di consentire agli Stati membri di disporre di una certa flessibilità, come previsto dall’attuale direttiva. Inoltre, il CESE si rammarica che non sia stata presa in considerazione la possibilità di estendere l’ambito di applicazione della direttiva ai migranti in situazioni di lavoro temporaneo.

5.3.

Il CESE ritiene essenziale che, ai fini del riesame della direttiva, si tenga conto in particolare della necessità di ampliare la parità di trattamento per i lavoratori cittadini di paesi terzi, soprattutto per quanto riguarda la consulenza relativa ai diritti sociali e alle condizioni di lavoro, la libertà di associazione e affiliazione e le prestazioni di sicurezza sociale, al fine di facilitare l’integrazione di tali lavoratori nel mercato del lavoro a parità di condizioni.

5.4.

Il CESE condivide l’invito agli Stati membri a mettere a punto meccanismi adeguati per la valutazione dei rischi, le ispezioni e le sanzioni, nonché per il monitoraggio dei datori di lavoro. Tuttavia, osserva che, dato che le ispezioni sul lavoro sono di competenza dei singoli Stati membri, occorrerebbe rafforzare i messaggi, e potenziare gli strumenti di monitoraggio, che possono essere elaborati a livello di Unione europea, in linea con il mandato dell’Autorità europea del lavoro (7).

5.5.

Il CESE ritiene che sia necessario compiere ulteriori progressi in materia di tutela dei lavoratori migranti che si avvalgono dei meccanismi di denuncia agli ispettorati del lavoro. Senza meccanismi che impediscano di utilizzare le denunce di lavoro a fini di controllo dell’immigrazione, sussiste il rischio che i datori di lavoro puniscano coloro che denunciano condizioni di lavoro di sfruttamento, con ripercussioni negative sul loro status di soggiornanti. A tale proposito, le misure volte a combattere lo sfruttamento dei lavoratori vanno ulteriormente sviluppate e devono essere applicate meglio.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Il bacino di talenti dell’UE sarà un gruppo, a livello di Unione europea, di candidati provenienti da paesi terzi, selezionati sulla base di specifici livelli di competenze, criteri e requisiti in materia di migrazione a seguito di una valutazione delle rispettive credenziali. Si tratterà della prima piattaforma e del primo strumento di abbinamento tra domanda e offerta di competenze a livello di Unione europea. [COM(2022) 657 final].

(2)  COM(2022) 650 final.

(3)  COM(2022) 655 final.

(4)  COM(2022) 657 final.

(5)  https://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=89&furtherNews=yes&newsId=9723.

(6)  Principi generali e linee guida per il reclutamento equo e per la determinazione dei costi.

(7)  https://www.ela.europa.eu/it/node/131.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/143


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi («azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica»)

[COM(2022) 177 final — 2022/0117 COD]

(2023/C 75/20)

Relatore:

Tomasz Andrzej WRÓBLEWSKI

Correlatore:

Christian MOOS

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

29.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

143/2/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l’iniziativa della Commissione, che rappresenta un passo avanti nella lotta alle «cause bavaglio», il cui numero in Europa è in aumento dal 2015 (1). Il contrasto delle azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (Strategic Lawsuits Against Public Participation — SLAPP), ossia i procedimenti giudiziari avviati in relazione alla partecipazione pubblica che sono completamente o parzialmente infondati e che hanno come finalità principale quella di prevenire, restringere o penalizzare la partecipazione pubblica, è fondamentale per costruire una società civile bene informata e conseguire la trasparenza nella vita pubblica. Poiché le azioni SLAPP sono intentate anche da parti situate al di fuori dell’UE, le misure anti-SLAPP contribuiscono a proteggere la democrazia europea dalle minacce esterne.

1.2.

I procedimenti giudiziari SLAPP sono spesso caratterizzati da un considerevole squilibrio di potere, poiché gli attori dispongono di maggiori risorse finanziarie o istituzionali rispetto ai convenuti, e questo fa sì che sia relativamente semplice intentare azioni di questo tipo. È quindi importante garantire che i convenuti dispongano degli strumenti adeguati per difendersi in questa battaglia che è attualmente impari.

1.3.

Va sottolineato che le azioni SLAPP costituiscono un abuso del diritto e non sono accettabili in paesi democratici fondati sullo Stato di diritto. I giornalisti, soprattutto se indipendenti, sono i più esposti a questa minaccia, ma il problema può riguardare anche qualsiasi altro partecipante al dibattito pubblico.

1.4.

È importante anche distinguere la protezione dalle azioni SLAPP dalla protezione dei diritti della personalità e dalla possibilità di tutelare la propria reputazione in caso di diffamazione. Con l’espressione «azioni SLAPP» ci si riferisce ai comportamenti infondati volti a soffocare il dibattito pubblico e a mettere a tacere coloro che vi prendono parte. Pertanto, le domande riconvenzionali contro le azioni SLAPP non compromettono l’esercizio del diritto ad adire un organo giurisdizionale né proteggono chi diffonde contenuti falsi o diffamatori.

1.5.

Il CESE accoglie con favore i meccanismi proposti dalla Commissione, ma reputa che, nel corso dell’iter legislativo, sarebbe opportuno prendere in considerazione la possibilità di aggiungerne altri. Tra le misure supplementari da proporre, potrebbero figurare l’introduzione di una pronuncia pregiudiziale che ponga fine a una causa ritenuta non conforme, la riunione di diversi procedimenti, su richiesta del convenuto, nella giurisdizione da questi designata, la fissazione di un termine per la procedura o l’introduzione di una procedura accelerata, oppure ancora l’esclusione della possibilità che un soggetto diverso dall’attore sostenga le spese dell’azione legale intentata da quest’ultimo.

1.6.

Oltre ad attuare la nuova normativa europea — il che, tenuto conto dell’intero processo legislativo, potrà richiedere diversi anni — è opportuno rivedere le normative nazionali al fine di individuare i meccanismi che già ora potrebbero essere utili a contrastare le azioni SLAPP. Capire per quali motivi i meccanismi che pure esistono non vengono impiegati in maniera efficace può contribuire ad offrire una protezione migliore ai partecipanti al dibattito pubblico.

1.7.

Un altro aspetto importante è il monitoraggio delle azioni SLAPP e dell’efficacia delle soluzioni attuate. È opportuno considerare con attenzione quali soggetti debbano svolgere tali valutazioni, tenendo presente in particolare che le azioni SLAPP possono essere promosse anche da istituzioni pubbliche. Pertanto, delegare tale competenza agli Stati membri potrebbe non consentire di realizzare adeguatamente gli obiettivi perseguiti.

1.8.

Al tempo stesso, onde garantire che l’obiettivo della direttiva sia raggiunto nel modo più efficace possibile, si dovrebbe valutarne l’applicazione quanto più possibile a breve: a giudizio del CESE, è più appropriato prevedere un periodo più breve dal recepimento rispetto al periodo di cinque anni attualmente proposto dalla Commissione.

1.9.

Dal momento che la direttiva proposta si applica ai soli procedimenti transfrontalieri, è importante anche adoperarsi affinché i singoli Stati membri adottino iniziative analoghe per i procedimenti a livello nazionale. Limitare l’applicazione della direttiva ai procedimenti transfrontalieri offrirà una protezione solamente a un numero ristretto di partecipanti al dibattito pubblico, ignorando, in particolare, i giornalisti, gli attivisti o gli informatori («segnalanti») che operano in ambito nazionale o locale. Un’azione globale di contrasto alle azioni SLAPP richiede un approccio uniforme alle cause sia transfrontaliere che nazionali.

1.10.

È inoltre opportuno sollecitare vivamente gli Stati membri a rivedere le loro normative nazionali al fine di depenalizzare la diffamazione. Qualsiasi procedimento in materia di diritti della personalità dovrebbe essere avviato in sede civile. L’eventualità di dover incorrere in una responsabilità penale fa sì che i partecipanti al dibattito pubblico possano avere maggiore timore di esprimere le loro opinioni o di denunciare degli illeciti.

1.11.

Il CESE sottolinea che, in aggiunta all’attuazione di provvedimenti legislativi, è estremamente importante mettere in campo anche misure adeguate nel settore dell’istruzione/educazione e della formazione, rivolte sia ai professionisti del diritto (in particolare giudici, procuratori e avvocati) che ai partecipanti al dibattito pubblico, vale a dire giornalisti, attivisti sociali, difensori dei diritti umani, «segnalanti» o cittadini comuni.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La libertà di espressione, e la libertà dei media che ne è il corollario, sono tra i valori fondamentali che ogni paese democratico dovrebbe garantire nel quadro del rispetto dello Stato di diritto.

2.2.

Il diritto alla libertà di espressione, nella formulazione dell’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sancisce «la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera», e nel contempo pone l’accento sul rispetto della libertà dei media e del loro pluralismo. Analoghe garanzie sono previste da molti altri strumenti giuridici, quali la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) sulla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione («direttiva sulla protezione degli informatori») e una serie di atti giuridici adottati dai singoli Stati membri, in cui si sottolineano il carattere universale di tali libertà e l’importanza del ruolo che essa svolge.

2.3.

Negli ultimi decenni l’evoluzione tecnologica ha modificato radicalmente la forma assunta dal dibattito pubblico. Fino a poco tempo tale dibattito era condotto principalmente su media come la televisione, la radio e i giornali, e ad alimentarlo erano soprattutto giornalisti professionisti, oltre che «segnalanti». Oggi un ruolo fondamentale è stato assunto dai media online, che consentono a chiunque di presentare le proprie opinioni, anche in forma anonima, all’indirizzo di un vasto pubblico.

2.4.

Nel contesto dell’evoluzione dei media e dei mutamenti tecnologici, è essenziale introdurre meccanismi che garantiscano una protezione effettiva della libertà di espressione a tutti i partecipanti al dibattito pubblico, e dunque non solo ai giornalisti professionisti, ma anche agli attivisti ambientali (3) e sociali, ai difensori dei diritti umani, alle organizzazioni non governative, ai «segnalanti» (4) in senso lato, ai cittadini attivamente impegnati, ai sindacati e a tutti gli altri soggetti — siano essi singoli od organizzazioni — che si esprimono pubblicamente su questioni di rilevanza sociale.

2.5.

È importante sottolineare non solo l’importanza della libertà dei media, ma anche la necessità di garantire il loro pluralismo. Il CESE ribadisce le conclusioni che ha formulato sul tema Garantire la libertà e la diversità dei media in Europa (5). Un dibattito aperto, non limitato in alcun modo, costituisce il fondamento di una società partecipativa, senza la quale la democrazia non può funzionare correttamente (6). L’esclusione dal dibattito pubblico di una qualsivoglia opinione può essere all’origine — come è già avvenuto in passato — di tensioni sociali e di violenze. I media non vanno considerati soltanto in senso stretto, ossia come un gruppo specializzato di soggetti impegnati in attività mediatiche realizzate a titolo professionale, ma anche come un gruppo di individui che partecipano attivamente scambiando opinioni o presentando pubblicamente le loro posizioni, indipendentemente dalla fonte: internet, forum, blog o podcast. Ciò è particolarmente importante nei paesi in cui i media pubblici sono controllati dai partiti politici al potere o in quelli in cui i media privati sono controllati da un pugno di proprietari, che cercano di avere il predominio sui messaggi comunicati e di limitare la diversità dei dibattiti pubblici.

2.6.

All’interno dell’UE la contrazione degli spazi civici mette a repentaglio la capacità delle organizzazioni della società civile di svolgere un ruolo essenziale nel funzionamento e nella protezione della democrazia e dello Stato di diritto. Le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (Strategic Lawsuits Against Public Participation — SLAPP, o «cause bavaglio») sono uno strumento utilizzato per mettere a tacere la società civile quando esprime delle critiche. Il CESE accoglie con favore la risoluzione del Parlamento europeo sulle misure di lotta alla riduzione degli spazi civici (7) e ritiene che la proposta di direttiva in esame non sia soltanto uno dei provvedimenti previsti dal pacchetto di strumenti dell’UE, ma rappresenti anche un passo avanti decisivo per porre fine a tali pratiche.

2.7.

Disporre di maggiori possibilità di pubblicare dichiarazioni o allarmi e un più forte attivismo sociale consentono non solo di ampliare il dibattito pubblico, ma anche di contrastare fenomeni socialmente preoccupanti svelando abusi di potere da parte di istituzioni pubbliche o private, e in particolare episodi di corruzione o di appropriazione indebita di fondi pubblici. Il CESE sottolinea che i media (intesi in senso lato, incluse quindi sia le attività professionali che quelle amatoriali dei partecipanti ai dibattiti pubblici), nella loro funzione di cosiddetto «quarto potere», hanno il compito non solo di plasmare l’opinione, ma anche di esercitare un controllo sulle attività di autorità pubbliche e soggetti privati. Pertanto, la tutela di questo «quarto potere» è estremamente importante per garantire il rispetto delle regole della democrazia e dello Stato di diritto.

2.8.

L’abuso dei procedimenti giudiziari per soffocare il dibattito pubblico è un fenomeno sempre più diffuso negli Stati membri dell’UE. Individui, istituzioni e aziende influenti, dotati di ingenti risorse finanziarie e organizzative, si servono del loro potere per mettere a tacere i critici (servendosi di strumenti di nuovo tipo, ad esempio abusando delle disposizioni del RGPD o esigendo che i giornalisti divulghino le loro fonti di informazione), mentre questi, tra cui singoli giornalisti e soggetti della società civile che agiscono da segnalanti, spesso non dispongono di queste stesse risorse finanziarie o organizzative per difendersi da contenziosi ingiustificati. Alcune delle persone fisiche e giuridiche che intentano delle azioni SLAPP contro cittadini e altri soggetti della società civile dell’UE sono stabilite al di fuori dell’UE. In tempi di crescenti tensioni geopolitiche, l’UE deve dotarsi di un insieme di strumenti per proteggere la sua democrazia dalle minacce esterne, inclusi provvedimenti per contrastare le azioni SLAPP.

2.9.

I procedimenti giudiziari SLAPP non vengono avviati dinanzi a un tribunale in nome del diritto: il loro intento non è quello di far valere i diritti della parte attrice, bensì di intimidire e indebolire l’opposizione e di esaurire le risorse del convenuto. Spesso queste azioni legali sono intentate senza alcun fondamento e in maniera reiterata, e il loro effetto pratico è quello di intimidire e mettere a tacere le organizzazioni messe sotto accusa, i convenuti o persino i loro familiari nell’ambito del dibattito pubblico e di dissuaderli dal proseguire le loro attività. Se questi effetti dissuasivi sul proseguimento delle attività non vengono contrastati, il risultato potrebbe essere la creazione di un monopolio o di un oligopolio dei media, il che è incompatibile con gli ideali di uno Stato di diritto democratico.

2.10.

Dato il ruolo fondamentale dei media, nonché delle organizzazioni non governative e degli altri soggetti, compresi i segnalanti, che partecipano alla costruzione della società civile e agiscono nell’interesse pubblico, è estremamente importante garantire che questi soggetti beneficino di una protezione adeguata in caso di violazioni o tentativi di violazione della libertà di espressione, soprattutto in situazioni di evidente squilibrio di potere e di risorse. Tale squilibrio può avere degli effetti negativi nella misura in cui il convenuto rifiuti di continuare a partecipare al dibattito pubblico e di denunciare abusi, episodi di corruzione o violazioni dei diritti umani. Gli elevati costi del contenzioso, ulteriormente accresciuti dalle condotte strategiche volte ad allungare i tempi dei procedimenti, costituiscono un problema significativo per i soggetti che sono evidenti bersagli di azioni SLAPP.

2.11.

Talvolta, le azioni strategiche intese a soffocare il dibattito pubblico sono accompagnate da altre condotte reprensibili, quali intimidazioni, molestie e minacce nei confronti del convenuto. Anche queste condotte, estremamente pregiudizievoli per la società civile e l’interesse pubblico, dovrebbero essere contrastate con una reazione severa e immediata, a prescindere dalle risorse finanziarie o dai privilegi di cui godono i soggetti coinvolti.

2.12.

Allo stesso tempo, non si può ignorare il problema delle informazioni false o del manifesto incitamento all’odio: su questi casi andrebbero svolte delle verifiche e, se vengono accertate violazioni, le informazioni o pubblicazioni in questione devono essere rimosse dallo spazio pubblico. Tuttavia, il CESE invoca un utilizzo corretto e rigoroso dei protocolli in vigore, derivati dall’applicazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8), dato che le azioni di contrasto adottate non devono comportare limitazioni della libertà di espressione qualora le informazioni e le opinioni trasmesse non costituiscano notizie false né incitamento all’odio (9). In ogni caso, queste pratiche non possono servire da pretesto per misure che limitino il diritto alla libertà di espressione.

2.13.

Il CESE accoglie con favore la proposta di direttiva della Commissione europea sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi (10) e la raccomandazione (UE) 2022/758 della Commissione (11) sulla protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani attivi nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi.

2.14.

Il CESE invita il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottare quanto prima questa direttiva, poiché è urgente mettere in campo misure per proteggere giornalisti, esponenti della società civile e altri soggetti attivi nella partecipazione pubblica.

2.15.

Il CESE plaude alla decisione del governo irlandese di partecipare all’adozione e all’applicazione della direttiva proposta. A norma dell’articolo 3 e dell’articolo 4, lettera a), punto 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, l’Irlanda può infatti decidere di notificare che intende partecipare all’adozione e all’applicazione della direttiva in questione.

2.16.

In aggiunta alle raccomandazioni contenute nel regolamento della Commissione sulle azioni SLAPP, il CESE invita il governo del Regno di Danimarca ad adottare una normativa nazionale che garantisca alle persone attive nella partecipazione pubblica lo stesso livello di protezione dai contenziosi strategici previsto dalla direttiva proposta. Ciò in quanto, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Danimarca non parteciperà all’adozione della direttiva in questione e non sarà da essa vincolata né soggetta alla sua applicazione.

2.17.

A giudizio del CESE, le misure adottate non possono limitare indebitamente il diritto alla giustizia e dovrebbero essere utilizzate solo nei casi di abuso e di uso improprio del contenzioso.

2.18.

Secondo il CESE, le norme giuridiche che impediscono il ricorso a procedimenti giudiziari infondati e abusivi dovrebbero essere integrate da misure nel settore dell’istruzione e da una rete di organizzazioni che forniscano assistenza giuridica alle persone e alle istituzioni contro cui vengono intentate tali azioni legali. In particolare, dato il ruolo importante che ricoprono, i professionisti del diritto — sia giudici che procuratori e avvocati — devono ricevere una formazione adeguata, in quanto le loro decisioni e le loro azioni sono fondamentali per lo scopo qui perseguito e per garantire la libertà di espressione.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

La diffusione del fenomeno negativo delle azioni SLAPP è un problema grave, e dunque riveste grande importanza l’iniziativa adottata dalla Commissione e dal Parlamento europeo per contrastare tale fenomeno: l’iniziativa è infatti essenziale per offrire una protezione adeguata ai partecipanti ai dibattiti pubblici, un ambito in cui si è abusato e si abusa del diritto ad intentare un’azione giudiziaria al fine di creare un effetto dissuasivo che metta a tacere i convenuti e li induca a non proseguire le loro attività.

3.2.

Tutti i partecipanti al dibattito pubblico dovrebbero poter beneficiare della protezione dalle azioni SLAPP, e poco importa se queste siano di carattere nazionale o transfrontaliero. Il CESE conviene con la Commissione che un contenzioso avviato nella giurisdizione di uno Stato membro nei confronti di una persona residente in un altro Stato membro è generalmente più complesso e oneroso per il convenuto. Tuttavia, la stessa considerazione può valere anche per la citazione in giudizio in un’altra città o per il ricorso a tattiche procedurali al fine di prolungare e rendere più costosi i procedimenti intentati in uno stesso Stato membro. Limitare la regolamentazione ai soli casi aventi effetti transfrontalieri può portare a una differenziazione ingiustificata dei diritti delle persone fisiche e delle organizzazioni le cui azioni hanno un impatto a livello locale, e che quindi implicano di solito risorse finanziarie, umane e organizzative limitate.

3.3.

Per il corretto funzionamento della direttiva, è necessario stabilire una base giuridica adeguata e inequivocabile per l’azione da intraprendere. Va osservato che l’obiettivo principale dei meccanismi anti-SLAPP non è garantire il corretto svolgimento dei procedimenti giudiziari (i quali possono essere condotti in maniera corretta secondo le procedure nazionali), bensì tutelare i diritti di convenuti che potrebbero non disporre di mezzi giuridici e finanziari adeguati. Il CESE ritiene che i convenuti, che si trovano di solito in una posizione più debole rispetto agli attori, debbano potersi avvalere di meccanismi che consentano loro di difendersi da azioni legali infondate che costituiscono un abuso del diritto ad adire un organo giurisdizionale.

3.4.

Il CESE fa notare che l’introduzione di una condizione transfrontaliera rende necessario valutare caso per caso 1) se entrambe le parti del procedimento siano domiciliate o stabilite nell’altro Stato membro; 2) se l’atto di partecipazione a un dibattito pubblico su una questione di interesse pubblico sia rilevante per più di uno Stato membro; oppure 3) se l’attore o soggetti ad esso collegati abbiano avviato procedimenti giudiziari paralleli o precedenti nei confronti degli stessi convenuti o di convenuti ad essi collegati in un altro Stato membro. In particolare, la seconda condizione può portare ad una valutazione discrezionale e ad una limitazione della protezione accordata al convenuto.

3.5.

Il CESE condivide l’opinione secondo cui la protezione dalle azioni SLAPP non dovrebbe valere solamente in sede civile. Occorre considerare con particolare attenzione le posizioni delle organizzazioni internazionali (Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Consiglio d’Europa) sull’abolizione del reato di diffamazione, ossia sulla sua espunzione dal diritto penale. Le misure adottate finora non hanno prodotto i risultati attesi, dal momento che in alcuni Stati membri la diffamazione si configura ancora come reato, punibile sia con una pena pecuniaria che con una pena detentiva. Ciò rende impossibile prendere liberamente parte al dibattito pubblico poiché si corre il rischio di procedimenti penali. Il CESE raccomanda di adottare misure efficaci ed efficienti per fare in modo che gli Stati membri aboliscano dai loro codici penali il reato di diffamazione, che non è altro che il retaggio di un passato vergognoso che mette a repentaglio la libertà di parola e di espressione.

3.6.

Le sanzioni penali, a prescindere dalla loro effettiva applicazione finale, hanno una funzione dissuasiva, e di conseguenza è ben più probabile che soffochino il dibattito pubblico rispetto a procedimenti giudiziari avviati in sede civile. Rinunciare a offrire protezione dalle azioni SLAPP in sede penale potrebbe avere l’effetto di spingere ad avviare tali procedimenti giudiziari non più in sede civile ma penale, nella quale il convenuto non beneficerebbe più di una protezione supplementare.

3.7.

Il CESE sottolinea che le azioni SLAPP possono essere intentate non solo da enti o istituzioni di diritto privato, ma anche da organi statali, ad esempio le procure, e che, di conseguenza, le disposizioni della direttiva si applicano a tutti questi enti, organi e istituzioni. Di conseguenza, il CESE chiede che le disposizioni che proteggono le persone fisiche e giuridiche attive nel dibattito pubblico e le loro fonti di informazione trovino applicazione anche in questi casi. A tale riguardo, è necessario riservare una particolare attenzione al monitoraggio delle azioni SLAPP. Delegare tale compito agli Stati membri, pur sapendo che anche le autorità pubbliche possono essere parti attrici in procedimenti giudiziari SLAPP, suscita legittimi interrogativi. Si dovrebbe prendere in considerazione l’idea di affidare l’esecuzione di tale compito (anche) ad organizzazioni indipendenti, oppure di introdurre una procedura di monitoraggio a livello sovranazionale.

3.8.

È importante che la categoria di persone considerate a rischio di azioni SLAPP non includa solo giornalisti o difensori dei diritti umani, benché si debba ritenere che chi svolge queste professioni o attività sia particolarmente esposto a tale rischio. Il gruppo destinatario della protezione dovrebbe essere definito funzionalmente (ossia in funzione delle attività che svolge) invece che in base al livello di istruzione o al tipo di occupazione. In questo modo sarà ugualmente possibile proteggere non solo le persone non direttamente coinvolte in attività mediatiche, ma anche, ad esempio, i cittadini impegnati che svelano abusi commessi nelle loro comunità locali o altri tipi di segnalanti che agiscono in contesti più ampi.

3.9.

Si devono accogliere con favore le proposte in materia di garanzie procedurali formulate nel progetto di direttiva, e cioè garanzie, rigetto anticipato di domande manifestamente infondate nel quadro di procedimenti giudiziari, rimedi contro i contenziosi abusivi, protezione da sentenze emesse in paesi terzi. Tuttavia, si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di introdurre altre misure che integrino e agevolino il lavoro dei magistrati, ad esempio privilegiando o imponendo la riunione di procedimenti distinti avviati nei confronti dello stesso convenuto in caso di azioni intentate dallo stesso attore o da attori ad esso collegati.

3.10.

Secondo il CESE, sarebbe utile prevedere anche un certo grado di automaticità, sotto forma di una «pronuncia pregiudiziale» che stabilisca la non conformità di una causa qualora essa soddisfi chiaramente i criteri per essere considerata un’azione SLAPP; ciò consentirebbe persino, in casi evidenti, di non avviare alcun procedimento giudiziario, con conseguente riduzione dei costi (non solo a carico di soggetti privati ma anche di enti pubblici) nonché del numero dei procedimenti che potrebbero proseguire il loro iter.

3.11.

È inoltre opportuno prendere in considerazione una serie di ulteriori soluzioni, ispirate a meccanismi già esistenti, come ad esempio:

riunire diversi procedimenti, su richiesta del convenuto, nella giurisdizione da questi designata;

fissare un termine per la procedura o introdurre una procedura accelerata (sulla falsariga delle procedure elettorali);

escludere la possibilità che una persona diversa dall’attore sostenga le spese dell’azione legale intentata da quest’ultimo (finanziamento da parte di terzi).

3.12.

Tenuto conto che il numero di azioni SLAPP intentate è in aumento, il CESE raccomanda che le nuove norme anti-SLAPP contenute nella direttiva siano applicate dagli Stati membri alle cause in corso o già avviate al momento dell’entrata in vigore di tali norme.

3.13.

Allo stesso tempo, è necessario rivedere le normative nazionali sulle attuali misure di contrasto alle azioni SLAPP. L’effettiva applicazione dei meccanismi esistenti potrebbe consentire di migliorare le misure previste e di proteggere in maniera efficace le persone a rischio di azioni SLAPP. Se la legislazione nazionale prevede già alcuni strumenti in grado di affrontare almeno in parte questo problema, sarebbe necessario individuare i motivi per cui essi non vengono adeguatamente applicati. Un’analisi di questo tipo potrebbe, da un lato, indipendentemente dalla proposta di direttiva, migliorare la situazione dei partecipanti al dibattito sociale minacciati da azioni SLAPP e, dall’altro, costituire una ricerca interessante per l’elaborazione e l’attuazione di nuova legislazione.

3.14.

Poiché la proposta di direttiva non contempla le cause intentate a livello nazionale, il CESE accoglie con favore la raccomandazione (UE) 2022/758 sulla protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani attivi nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi, ed esorta gli Stati membri a garantire lo stesso livello di protezione previsto dalla proposta di direttiva. Tuttavia, l’UE non dovrebbe limitarsi ad emanare raccomandazioni, ma dovrebbe anche imporre agli Stati membri di armonizzare le loro normative in questo campo al fine di assicurare un livello uniforme di protezione dalle azioni SLAPP in tutti gli Stati membri. Ciò vale in particolare per le definizioni giuridiche e l’ambito di applicazione della protezione dai procedimenti SLAPP, onde evitare interpretazioni divergenti e livelli di protezione diversi negli Stati membri.

3.15.

Considerato il rapido evolversi del fenomeno delle azioni legali strategiche tese a soffocare il dibattito pubblico, il CESE raccomanda di rivedere l’applicazione della direttiva dopo un periodo massimo di tre anni, invece dei cinque attualmente previsti. Gli Stati membri dovrebbero pertanto comunicare alla Commissione informazioni sull’applicazione della direttiva entro due anni dal suo recepimento. Dopo un ulteriore anno, e dunque a distanza di tre anni dal suo recepimento, la Commissione dovrebbe presentare la relazione sull’applicazione della direttiva.

3.16.

Il CESE chiede alla Commissione che, nel porre mano al suddetto riesame, consulti i giornalisti e tutti gli altri soggetti direttamente interessati, le parti sociali e le organizzazioni della società civile al fine di integrare i riscontri forniti dagli Stati membri con valutazioni indipendenti circa l’applicazione della direttiva.

3.17.

È fondamentale attuare le misure nel settore dell’istruzione indicate nella già citata raccomandazione (UE) 2022/758. In particolare, è necessario impartire una formazione adeguata ai professionisti del diritto (sia giudici che procuratori e avvocati), nonché prevedere attività educative in senso lato rivolte al grande pubblico negli Stati membri, dove potenzialmente qualsiasi persona può essere un partecipante al dibattito pubblico minacciato da un’azione SLAPP. Queste iniziative nel campo dell’istruzione e dell’educazione dovrebbero prestare sufficiente attenzione alle azioni SLAPP aventi una dimensione transnazionale, che sono contemplate dalla proposta di direttiva. Inoltre, si devono organizzare in tutti gli Stati membri campagne rivolte al vasto pubblico per divulgare e promuovere i diritti e le libertà di espressione, al fine di integrare e rafforzare l’applicazione della direttiva in esame.

3.18.

Un aspetto importante del sistema per il contrasto delle azioni legali strategiche tese a soffocare il dibattito pubblico dovrebbe essere anche l’offerta di assistenza legale gratuita alle persone fisiche e alle organizzazioni esposte al rischio di tali azioni. Il CESE è favorevole all’istituzione e allo sviluppo di «organismi giuridici» presso le università, a cura di associazioni di professionisti del diritto o di altri enti, che possano fornire tale assistenza legale gratuita. Tuttavia, si deve garantire che gli organismi proposti dagli Stati membri per offrire questa assistenza siano credibili, indipendenti e professionali e che le loro attività siano soggette a un’adeguata verifica indipendente da parte delle autorità dello Stato membro interessato.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Relazione sui procedimenti SLAPP (https://www.the-case.eu/slapps-in-europe).

(2)  Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).

(3)  NAT/824 — Relazione informativa del Comitato economico e sociale europeo sul tema La protezione dell’ambiente quale fattore indispensabile per il rispetto dei diritti fondamentali.

(4)  SOC/593 — Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Rafforzare la protezione degli informatori a livello di Unione europea (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 155).

(5)  SOC/635 — Parere d’iniziativa del Comitato economico e sociale europeo sul tema Garantire la libertà e la diversità dei media in Europa, EESC 2021/01539 (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 9).

(6)  REX/545 — Relazione informativa del Comitato economico e sociale europeo sul tema Sostegno al settore dei media indipendenti in Bielorussia

(7)  Risoluzione del Parlamento europeo sulla riduzione degli spazi per la società civile in Europa — 2021/2103(INI) (GU C 347 del 9.9.2022, pag. 2).

(8)  Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 57).

(9)  SOC/712 — Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Un’Europa più inclusiva e protettiva: estendere l’elenco dei reati riconosciuti dall’UE all’incitamento all’odio e ai reati generati dall’odio, EESC 2022/00299 (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 83).

(10)  COM(2022) 177.

(11)  Raccomandazione (UE) 2022/758 della Commissione, del 27 aprile 2022, sulla protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani attivi nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi («azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica») (GU L 138 del 17.5.2022, pag. 30).


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/150


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n. 767/2008, (CE) n. 810/2009 e (UE) 2017/2226 del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 1683/95, (CE) n. 333/2002, (CE) n. 693/2003 e (CE) n. 694/2003 del Consiglio e la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, per quanto riguarda la digitalizzazione della procedura di visto

[COM(2022) 658 final]

(2023/C 75/21)

Relatore:

Ionuț SIBIAN

Consultazione

Commissione europea, 28.6.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

29.9.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

187/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia risolutamente l’iniziativa di introdurre una procedura di rilascio dei visti interamente digitale. Un visto digitale accessibile, rapido e affidabile e, in generale, un sistema dell’immigrazione meno basato sull’uso di supporti cartacei porterebbero ad una notevole riduzione degli oneri amministrativi connessi all’immigrazione.

1.2.

Il CESE accoglie con favore tale proposta di digitalizzazione della procedura, poiché è coerente con l’approccio generale dell’UE di promuovere la modernizzazione e la digitalizzazione dei servizi pubblici e con la comunicazione della Commissione «Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale».

1.3.

Il CESE ritiene che la proposta in esame offra l’opportunità di migliorare effettivamente la procedura di presentazione delle domande di visto, riducendo i costi e gli oneri a carico sia degli Stati membri che dei richiedenti, nonché di garantire la certezza del diritto, rafforzando nel contempo la sicurezza dello spazio Schengen.

1.4.

Il CESE si compiace che la proposta di digitalizzare la procedura di presentazione delle domande ridurrà al minimo la limitazione alla mobilità per i cittadini di paesi terzi che presentano una domanda di visto, i quali non saranno più tenuti a presentare di persona i propri documenti di viaggio.

1.5.

La digitalizzazione della procedura di presentazione delle domande di visto deve evitare qualsiasi (involontaria) discriminazione: deve rispettare i diritti delle persone con disabilità e delle persone che non dispongono di competenze informatiche o digitali o che non hanno accesso a Internet. La digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti deve soddisfare i requisiti di accessibilità stabiliti dalla direttiva europea in materia di accessibilità del web (1) e dall’atto europeo sull’accessibilità (2).

1.6.

Il CESE raccomanda vivamente che le soluzioni informatiche utilizzate nell’ambito della piattaforma dell’UE per la presentazione delle domande di visto offrano strumenti o mezzi per tutelare i diritti dei minori e prevenire la tratta di esseri umani.

1.7.

La piattaforma digitale dell’UE per la presentazione delle domande di visto dovrebbe essere interamente connessa ai sistemi nazionali di rilascio dei visti gestiti dai singoli Stati membri.

1.8.

Secondo il CESE, dovrebbe esistere una «ambasciata digitale UE» unica a livello dell’UE incaricata di stabilire requisiti armonizzati per tutta l’Unione per i documenti giustificativi e di fornire ai viaggiatori informazioni e orientamenti sulla procedura di domanda di visto.

1.9.

Il CESE ritiene che la digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti promuoverà i viaggi verso l’Unione europea e aumenterà l’attrattiva dell’UE in quanto destinazione.

1.10.

Il CESE riconosce che la digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti potrebbe avere un impatto positivo sull’ambiente e che la piattaforma digitale centralizzata per la presentazione delle domande di visto costituisce una soluzione efficiente sotto il profilo energetico.

1.11.

Il CESE raccomanda alla Commissione europea di assumersi il fermo impegno a collaborare con i governi dei paesi terzi, le ambasciate e i consolati degli Stati membri e la società civile organizzata così da informare, preparare e assistere i richiedenti lungo l’intera procedura di presentazione della domanda di visto.

2.   Osservazioni generali

2.1.   Contesto del parere, compresa la proposta legislativa in esame

2.1.1.

L’idea di un visto Schengen digitalizzato risale al 2018, anno in cui la Commissione europea ha proposto di modificare il codice dei visti e sottolineato che i visti digitali sono la via da seguire in futuro nel lungo periodo. In seguito, nel 2019, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno messo mano a una revisione del codice dei visti dell’UE, con l’obiettivo dichiarato di sfruttare appieno le recenti evoluzioni giuridiche e tecnologiche per sviluppare una soluzione comune al fine di consentire la presentazione delle domande di visto Schengen online.

2.1.2.

Nel 2020 la pandemia di COVID-19 ha rallentato le operazioni di rilascio dei visti Schengen in tutto il mondo, per via della difficoltà di ricevere le domande di visto presso le ambasciate e i consolati. Ciò ha indotto gli Stati membri a lanciare nuovi appelli a favore della digitalizzazione del processo.

2.1.3.

Nel suo programma di lavoro per il 2021 la Commissione europea aveva annunciato, per il quarto trimestre di quell’anno, una proposta legislativa sulla digitalizzazione delle procedure di rilascio dei visti. Il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo presentato nel settembre 2020 ha stabilito l’obiettivo di rendere la procedura di rilascio dei visti completamente digitalizzata entro il 2025, con un visto digitale e la possibilità di presentare domande di visto online.

2.1.4.

Il 27 aprile 2022 la Commissione ha presentato una proposta sulla digitalizzazione dei visti dell’UE, con i seguenti due obiettivi:

modernizzare, semplificare e armonizzare le procedure di domanda di visto digitalizzando la procedura di rilascio del visto stesso;

ridurre i rischi di frode (di identità) e di alterazione o falsificazione e agevolare la procedura di verifica alla frontiera tramite la digitalizzazione.

2.1.5.

La proposta istituisce una piattaforma online unica e il sistema presenterà i seguenti vantaggi:

il richiedente il visto potrà presentare la domanda di visto online, compreso il pagamento dei diritti per il rilascio del visto, tramite una piattaforma unica a livello dell’UE, indipendentemente dal paese Schengen nel quale intenda recarsi;

la piattaforma determinerà automaticamente quale paese Schengen è competente per l’esame di una domanda di visto, in particolare quando il richiedente intenda recarsi in più paesi Schengen;

la piattaforma fornirà al richiedente informazioni aggiornate sui visti Schengen per soggiorni di breve durata, nonché tutte le informazioni necessarie in merito ai requisiti e alle procedure (ad esempio i documenti giustificativi richiesti, l’importo dei diritti per i visti e l’eventuale necessità di prendere appuntamento per il rilevamento degli identificatori biometrici);

presentarsi di persona presso il consolato sarebbe obbligatorio solo per chi presenta la domanda di visto per la prima volta, per il rilevamento degli identificatori biometrici, per i richiedenti i cui dati biometrici non sono più validi e per quelli che hanno ottenuto un nuovo documento di viaggio;

il visto sarà dotato di caratteristiche di sicurezza avanzate, superiori a quelle dell’attuale visto adesivo.

2.1.6.

La proposta di regolamento sottolinea che il nuovo sistema garantirà in permanenza la protezione dei diritti fondamentali.

2.1.7.

L’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA) sarà responsabile dello sviluppo tecnico e della gestione operativa della piattaforma dell’UE per la presentazione delle domande di visto e dei suoi componenti, in quanto parti del VIS — Visa Information System (sistema di informazione visti).

2.1.8.

Tutti i cittadini stranieri soggetti all’obbligo di visto per recarsi in uno dei 26 paesi Schengen potranno utilizzare la piattaforma digitale per presentare la domanda di visto Schengen, una volta che questa sarà entrata in funzione. La piattaforma non potrà essere utilizzata per i cinque paesi dell’UE che non fanno parte dello spazio Schengen, dal momento che questi Stati membri non hanno ancora facoltà di rilasciare visti Schengen.

2.1.9.

I viaggiatori provenienti da paesi esenti dall’obbligo di visto per lo spazio Schengen non saranno tenuti a utilizzare la piattaforma, ma saranno invece tenuti, a partire da novembre del 2023, a presentare una domanda di autorizzazione ETIAS (European Travel Information and Authorisation System — sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi) per poter viaggiare in Europa (3).

2.2.   Osservazioni generali

2.2.1.

Il CESE appoggia risolutamente l’iniziativa di introdurre una procedura di rilascio dei visti interamente digitale. Un visto digitale accessibile, rapido e affidabile e, in generale, un sistema dell’immigrazione che faccia meno uso di supporti cartacei porterebbero ad una notevole riduzione degli oneri amministrativi connessi all’immigrazione. La gestione, il trattamento e l’archiviazione (nonché la distruzione) di documenti cartacei sono processi lunghi e costosi per i consolati, e gli Stati membri, così come i cittadini di paesi terzi che richiedono un visto, trarrebbero grande beneficio dalla digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti.

2.2.2.

Il sistema online proposto deve essere concepito in modo da essere rapido, di facile uso, sicuro (ossia offrire garanzie sufficienti circa la sicurezza dei dati che vi vengono inseriti) e prevedibile (ossia conforme al principio della certezza del diritto), deve avere un funzionamento affidabile e i richiedenti il visto devono poter contare sul fatto che la procedura di presentazione della domanda online non richieda più di qualche giorno.

2.2.3.

Armonizzare e unificare le procedure di presentazione della domanda di visto all’interno dello spazio Schengen contribuirà a evitare il cosiddetto visa shopping (la caccia al visto più vantaggioso) da parte di richiedenti che potrebbero essere tentati di presentare una domanda di visto per un paese Schengen che offre un trattamento più rapido e più favorevole delle domande invece che per il paese che è la loro reale destinazione (come potrebbe avvenire con il visa shopping attuato da cittadini russi, nel caso in cui non venga raggiunto un accordo generale sulla sospensione dell’accordo di facilitazione di rilascio dei visti dell’UE). La digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti ridurrà anche i rischi per la sicurezza posti dai visti adesivi fisici, che potrebbero essere tuttora soggetti a falsificazioni, frodi e furti. Inoltre, la proposta è coerente con l’approccio generale dell’UE di promuovere la modernizzazione e la digitalizzazione dei servizi pubblici.

2.2.4.

Il CESE ritiene che la proposta in esame offra l’opportunità di migliorare effettivamente la procedura di presentazione delle domande di visto, riducendo i costi e gli oneri a carico sia degli Stati membri che dei richiedenti e rafforzando nel contempo la sicurezza dello spazio Schengen.

2.2.5.

Il CESE si compiace che la proposta di digitalizzare la procedura di presentazione delle domande ridurrà al minimo la limitazione alla mobilità per i cittadini di paesi terzi che presentano una domanda di visto. Dato che il richiedente non dovrà più presentare il proprio documento di viaggio al consolato o al centro per la presentazione delle domande di visto, sarà libero di viaggiare all’estero durante il periodo in cui il trattamento della domanda di visto è in corso. Il CESE ritiene che questo rappresenti un vantaggio per tutti coloro che viaggiano regolarmente per motivi di lavoro (4), ma anche per gli attivisti e i membri di gruppi minoritari (ad esempio gli appartenenti alla comunità LGBTQI+ o alla comunità Rom), in quanto offre loro maggiori possibilità di trovare un luogo sicuro per sé stessi, se necessario.

2.2.6.

La piattaforma digitale per la presentazione delle domande di visto dovrebbe essere interamente connessa ai sistemi nazionali di rilascio dei visti gestiti dai singoli Stati membri. Ciò garantirebbe che il nuovo sistema di visti digitali, compreso lo stesso visto digitale, fosse integrato fin dall’inizio nei sistemi di visti digitali degli Stati membri e concepito in modo da assicurarne la totale interoperabilità tra gli Stati membri.

2.2.7.

Dovrebbe però esistere una «ambasciata digitale UE» unica a livello dell’UE incaricata di stabilire requisiti armonizzati per tutta l’Unione per i documenti giustificativi e di fornire ai viaggiatori informazioni e orientamenti sulla procedura di domanda di visto.

2.2.8.

Il CESE sostiene l’idea che la digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti promuoverà i viaggi verso l’Unione europea e aumenterà l’attrattiva dell’UE in quanto destinazione.

2.2.9.

Il CESE raccomanda alla Commissione europea di assumersi il fermo impegno a collaborare con i governi e la società civile organizzata dei paesi terzi così da informare, preparare e assistere i cittadini di questi paesi lungo l’intera procedura di presentazione della domanda di visto.

2.3.   Osservazioni particolari

2.3.1.

La digitalizzazione della procedura di presentazione della domanda di visto ridurrà la dipendenza degli Stati membri da fornitori esterni di servizi, il che a sua volta diminuirà il rischio di esposizione di dati personali a terzi.

2.3.2.

Il visto digitale renderà più difficile falsificare i visti adesivi (dato che il visto non sarà più «fisico»). Verrebbero meno, inoltre, gli elevati costi operativi connessi ai visti adesivi.

2.3.3.

Il visto digitale presenterebbe un evidente vantaggio in caso di furto o di smarrimento di un documento di viaggio, in quanto il nuovo documento di viaggio potrebbe essere facilmente collegato al visto ancora valido senza che sia necessario presentare una nuova domanda di visto, come avviene in base alla procedura vigente (per via del collegamento fisico tra il visto adesivo e il documento di viaggio). Pertanto, il nuovo sistema di digitalizzazione proposto elimina i costi supplementari relativi al rilascio di un nuovo visto sia per gli Stati membri che per il richiedente.

2.3.4.

La digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti deve garantire il soddisfacimento di esigenze specifiche e il rispetto dei diritti delle persone con disabilità, consentendo loro di presentare domanda di visto senza subire discriminazioni, compreso il rispetto dei requisiti di accessibilità stabiliti dalla direttiva europea in materia di accessibilità del web (direttiva relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili) e dall’atto europeo sull’accessibilità.

2.3.5.

Il CESE raccomanda vivamente che le soluzioni informatiche utilizzate nell’ambito della piattaforma dell’UE per la presentazione delle domande di visto offrano strumenti o mezzi per tutelare i diritti dei minori e prevenire la tratta di esseri umani.

2.3.6.

La digitalizzazione non deve essere sinonimo di automazione e di semplice ricorso all’intelligenza artificiale; pertanto, la digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti non deve comportare automaticamente una riduzione del numero di dipendenti o di addetti.

2.3.7.

Anche il personale amministrativo incaricato del trattamento delle domande di visto necessita di una formazione adeguata per potersi servire delle caratteristiche positive della digitalizzazione della procedura ed evitare sviste o errori.

2.3.8.

Si dovrà prevedere la fornitura di un sostegno supplementare alle ambasciate (o consolati) degli Stati membri e alla società civile nei paesi dell’UE per superare le possibili sfide in materia di accessibilità di Internet e alfabetizzazione informatica per i richiedenti nei paesi terzi, affinché non vengano discriminati per quanto riguarda l’accesso al sistema di presentazione delle domande di visto.

2.3.9.

A giudizio del CESE, la digitalizzazione della procedura di rilascio dei visti potrebbe avere un impatto positivo sull’ambiente dati la riduzione del quantitativo di carta utilizzata e il minore spreco di carta nell’ambito del sistema di presentazione delle domande di visto e del rilascio dei visti adesivi, come pure per via del fatto che i richiedenti il visto non saranno più obbligati a compiere spostamenti per presentare la domanda di visto né per ritirare i documenti di viaggio, una volta che le procedure di presentazione della domanda e di disamina della stessa saranno state completate. Pur nella consapevolezza che il processo di digitalizzazione (archiviazione e gestione dei dati) richiede energia che genera emissioni di CO2, il CESE ritiene che una piattaforma digitale centralizzata per la presentazione delle domande di visto costituisca una soluzione più efficiente sotto il profilo energetico rispetto alla compresenza di piattaforme per la presentazione delle domande di visto per ciascuno Stato membro.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva (UE) 2016/2102 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativa all'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici (GU L 327 del 2.12.2016, pag. 1).

(2)  Direttiva (UE) 2019/882del parlamento europeo e del consiglio, del 17 aprile 2019, sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 70).

(3)  https://www.etiasvisa.com/etias-form-application

(4)  Come i rappresentanti di aziende, di sindacati o di organizzazioni della società civile.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/154


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui parametri di qualità e sicurezza per le sostanze di origine umana destinate all’applicazione sugli esseri umani e che abroga le direttive 2002/98/CE e 2004/23/CE

[COM(2022) 338 — 2022/0216 (COD)]

(2023/C 75/22)

Relatore generale:

Tymoteusz Adam ZYCH

Consultazione

Parlamento europeo, 12.9.2022

Consiglio dell’Unione europea, 22.7.2022

Base giuridica

Articoli 168, paragrafo 4, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

151/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo appoggia la proposta della Commissione europea di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui parametri di qualità e sicurezza per le sostanze di origine umana destinate all’applicazione sugli esseri umani e che abroga le direttive 2002/98/CE e 2004/23/CE (1), data la sua vitale importanza per la tutela della salute pubblica, il benessere dei pazienti nei paesi dell’Unione europea e il potenziale di innovazione dell’UE.

1.2.

La definizione di parametri comuni di qualità e sicurezza per le sostanze di origine umana in linea con l’attuale livello della scienza medica è senz’altro utile, e il CESE concorda sulla necessità di norme nuove e coerenti in questo campo.

1.3.

Il CESE ritiene opportuno definire l’ambito di applicazione del regolamento in modo tale da tenere conto non solo delle sostanze di origine umana (SoHO) non ancora regolamentate a livello europeo (ad esempio il latte materno), ma anche delle SoHO che potrebbero essere utilizzate in futuro.

1.4.

Il Comitato sostiene le modifiche legislative che ridurranno i costi per le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e i cittadini, in particolare eliminando dalla normativa i riferimenti a test obsoleti e a test di screening sistematici. L’efficacia delle disposizioni del nuovo regolamento dovrebbe essere costantemente monitorata, tenendo conto della necessità di preservare la sicurezza e la qualità delle SoHO e di rispettare i principi derivanti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

1.5.

Il CESE accoglie con favore l’introduzione di norme di base uniformi per la tenuta di registri degli enti SoHO. Norme, peraltro, la cui efficacia risulterà rafforzata dalla creazione di una piattaforma SoHO dell’UE, che, attraverso lo scambio continuo e rapido di informazioni, contribuirà a migliorare la sicurezza sanitaria pubblica nell’Unione europea.

1.6.

Il Comitato sostiene l’adozione di soluzioni che rafforzino i diritti dei donatori di SoHO e facciano fronte alle carenze delle norme esistenti. A questo proposito, il CESE sottolinea che il fatto che il regolamento proposto riaffermi il principio della donazione non remunerata di SoHO è essenziale ai fini di eliminare gli abusi e di garantire la sicurezza delle modalità con cui vengono ottenute tali sostanze. Il Comitato ricorda che il rigoroso rispetto di tale principio è imposto dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, il quale sancisce, in materia di medicina e biologia, il «divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro».

1.7.

Ad avviso del CESE, occorre considerare con particolare attenzione la necessità di un monitoraggio affidabile e sistematico degli enti SoHO per quanto riguarda la sicurezza e la qualità di tali sostanze e le modalità con cui queste sono ottenute. Di particolare importanza sono il monitoraggio e il controllo costanti della correttezza dell’operato degli enti che importano SoHO. Le SoHO importate da paesi terzi dovrebbero soddisfare gli stessi parametri di qualità e sicurezza di quelle provenienti dall’interno dell’UE.

2.   Introduzione

2.1.

Il presente parere verte sulla proposta, presentata dalla Commissione, di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui parametri di qualità e sicurezza per le sostanze di origine umana destinate all’applicazione sugli esseri umani e che abroga le direttive 2002/98/CE e 2004/23/CE («regolamento SoHO»).

2.2.

Come indicato nella relazione che accompagna la proposta, il regolamento SoHO prevederà una serie di salvaguardie e apporterà una serie di benefici, ossia: 1) garantirà sicurezza e qualità ai pazienti trattati con terapie SoHO, assicurandone la piena protezione dai rischi evitabili legati a tali sostanze, 2) garantirà sicurezza e qualità ai donatori di SoHO e alla progenie nata da ovuli, sperma o embrioni donati, 3) rafforzerà le prassi in materia di supervisione e ne consentirà l’armonizzazione tra gli Stati membri, 4) faciliterà lo sviluppo di terapie SoHO innovative che siano sicure ed efficaci, e 5) migliorerà la resilienza del settore, attenuando il rischio di carenze. Le soluzioni proposte mirano a dare risposta all’esigenza di proteggere una serie di soggetti ad oggi non pienamente protetti (pazienti, donatori di sangue, tessuti e cellule e discendenti da cellule o embrioni donati) dai rischi evitabili legati all’obsolescenza delle norme tecniche, alla divergenza di impostazioni della supervisione da uno Stato membro e l’altro, che ostacola lo scambio transfrontaliero di sangue, tessuti e cellule, a interruzioni nella fornitura di tali SoHO e al mancato utilizzo di tutto il potenziale del sangue, dei tessuti e delle cellule trattati o utilizzati in nuovi modi.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE è consapevole delle esigenze poste dai nuovi sviluppi della scienza medica, e in particolare della biotecnologia, che offrono nuove opportunità di impiego delle SoHO in molte forme di terapia per i pazienti di ogni parte dell’UE. Al tempo stesso, il Comitato osserva che, a causa dello sviluppo di nuovi trattamenti, alcuni dei parametri oggi vigenti non sono più validi.

3.2.

Il CESE accoglie pertanto con favore la proposta di un regolamento SoHO presentata dalla Commissione europea. Ciò innanzitutto perché, utilizzando la formula «sangue, tessuti e cellule», il regolamento proposto si applica alle SoHO in maniera generalizzata e adotta così un approccio adeguato e lungimirante, in quanto anche le sostanze di cui attualmente non abbiamo conoscenza e che in futuro potrebbero essere impiegate a fini terapeutici risulteranno coperte dalle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e qualità.

3.3.

Il CESE accoglie con favore l’allineamento del quadro normativo al principio della neutralità finanziaria raccomandato dal Comitato di bioetica del Consiglio d’Europa. La normativa proposta armonizza inoltre l’attuale quadro legislativo e, in particolare, rafforza le disposizioni relative alla protezione e al monitoraggio dei donatori e alla segnalazione delle eventuali alterazioni genetiche nella progenie nata da procreazione medicalmente assistita.

3.4.

Il CESE ritiene appropriata e quindi sostiene la proposta di adottare in materia un approccio normativo unico, da applicare in tutti gli Stati membri. Ciò, infatti, contribuirà direttamente a far sì che i parametri di qualità e di sicurezza delle SoHO vengano rispettati in tutti i paesi dell’UE.

3.5.

Il CESE apprezza gli effetti attesi dall’entrata in vigore del regolamento, tra i quali la definizione di parametri generali comuni di sicurezza e qualità, l’inclusione nell’ambito di applicazione del regolamento di tutte le SoHO attualmente non regolamentate, l’agevolazione degli scambi di SoHO tra gli Stati membri, l’introduzione di obblighi volti a garantire misure di preparazione alle crisi a livello nazionale e di singoli enti e a monitorare l’approvvigionamento, e la creazione di un contesto normativo favorevole all’innovazione, che migliori la sicurezza, l’accessibilità e l’efficacia delle SoHO e che sia adeguato alle esigenze future.

3.6.

Il CESE apprezza in particolare il fatto che gli orientamenti tecnici si basino sulle conclusioni di organismi europei di esperti. Si tratta del modo più efficace per garantire che la legislazione rimanga aggiornata, in linea con l’impostazione medica basata su dati scientifici.

3.7.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il principio della volontarietà e gratuità della donazione, chiaramente espresso nelle norme vigenti in materia di donazioni di sangue, sia stato esteso a tutte le altre SoHO attualmente in uso (ad esempio il latte materno) nonché a quelle che attualmente non possono essere definite ma che potrebbero essere utilizzate in futuro. In proposito va osservato che il nuovo regolamento prevede la possibilità di accordare ai donatori un indennizzo volto a evitare che la donazione procuri loro un pregiudizio finanziario, stabilendo però nel contempo che tale indennizzo non debba mai costituire un incentivo che possa indurre potenziali donatori a fornire informazioni false o a donare più frequentemente di quanto consentito. Al riguardo è opportuno ricordare che il principio della gratuità della donazione di SoHO è essenziale per eliminare gli abusi e garantire la sicurezza dei modi in cui le SoHO sono ottenute. Il Comitato ricorda che il rigoroso rispetto di tale principio è imposto dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, il quale sancisce, in materia di medicina e biologia, il «divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro». Gli Stati membri dovrebbero tenerne conto nel definire le proprie norme interne in materia di erogazione dei suddetti indennizzi.

3.8.

Il CESE appoggia l’introduzione di norme di base uniformi per la tenuta di registri degli enti SoHO da parte degli Stati membri. Norme, oltretutto, la cui efficacia risulterà rafforzata dalla creazione di una «piattaforma UE per le SoHO», che, attraverso lo scambio continuo e rapido di informazioni, contribuirà a migliorare la sicurezza sanitaria pubblica nell’Unione europea. Anche l’istituzione di un comitato di coordinamento per le SoHO va accolta con favore, in quanto tale organismo può costituire uno strumento efficace per la corretta applicazione dei parametri di qualità e di sicurezza derivanti dal regolamento.

3.9.

La proposta in esame indica che la responsabilità delle decisioni etiche e organizzative spetta agli Stati membri. Posizione, questa, da ritenersi tanto appropriata — considerata la delimitazione delle competenze dell’UE e degli Stati membri basata sui Trattati — quanto logica, visto l’ambito di applicazione del regolamento proposto, le cui disposizioni hanno carattere organizzativo e tecnico. Finalità del regolamento SoHO è garantire la qualità, la sicurezza e la disponibilità delle SoHO e il controllo dei processi di produzione e trasporto di tali sostanze. In proposito, però, il CESE tiene a sottolineare che, come nel caso dei controlli di sicurezza e di qualità, gli sviluppi della biotecnologia devono essere valutati alla luce dei principi stabiliti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

3.10.

Il regolamento proposto dispone quali debbano essere le competenze del personale delle autorità pertinenti e quelle degli addetti alle attività di sorveglianza sulle SoHO, facendo riferimento a una formazione professionale adeguata per quanto riguarda sia la formazione iniziale sia le attività di formazione ulteriore su base periodica, comprese quelle organizzate dall’UE. Tuttavia, il regolamento non contiene disposizioni di dettaglio in materia di formazione e di esperienza del personale (unica eccezione l’articolo 51, che stabilisce le qualifiche che devono possedere i medici designati dai centri SoHO). Eppure la specificità del lavoro con le SoHO rende necessaria la collaborazione di molti specialisti all’interno di uno stesso team; in alcuni casi le competenze pertinenti saranno possedute da un biotecnologo, in altri da un medico con la specializzazione adeguata, e talvolta può essere necessario il contributo di un esperto di questioni etiche o di un giurista. Il CESE propone pertanto che, nella composizione del personale delle autorità competenti, debba rientrare anche un team di specialisti di diverse discipline.

4.   Livello e ambito di applicazione del regolamento

4.1.

Il CESE constata con soddisfazione che il regolamento proposto rispetta pienamente il principio di sussidiarietà. Infatti, gli obiettivi fissati dal regolamento sarebbero molto più difficili da raggiungere per gli Stati membri o non potrebbero essere da loro conseguiti in modo altrettanto efficiente. Il regolamento apporta pertanto un chiaro valore aggiunto. Tra i vantaggi che esso recherà figurano, in particolare, il fatto di basarsi, per l’applicazione dei parametri o di loro elementi, su orientamenti elaborati da organismi di esperti quali l’ECDC o il DEQM e la condivisione dei dati attraverso l’istituenda piattaforma SoHO dell’UE.

4.2.

La definizione che il regolamento proposto dà della «procreazione medicalmente assistita» è «l’agevolazione del concepimento mediante inseminazione intrauterina di sperma, fecondazione in vitro o qualsiasi altro intervento di laboratorio o medico che promuova il concepimento». Ad avviso del CESE, tale definizione potrebbe essere resa più perspicua. Al Comitato, infatti, sembra logico che l’ambito di applicazione del regolamento debba coprire le procedure in cui vengano utilizzate o prodotte delle SoHO. Tuttavia, il fatto che la definizione di cui sopra contenga l’espressione «qualsiasi altro intervento […] medico che promuova il concepimento» fa sì che nell’ambito di applicazione del regolamento vengano ad essere inclusi anche altri metodi non connessi all’uso di SoHO e non collegati ai parametri stabiliti dal regolamento.

5.   Sicurezza dei preparati e controllo degli enti SoHO

5.1.

Il CESE si compiace che il regolamento proposto faccia chiarezza sui parametri di qualità e sicurezza delle SoHO e introduca meccanismi di controllo efficaci in relazione agli enti SoHO. Le soluzioni proposte miglioreranno l’accesso dei pazienti a cure di qualità e avranno un impatto positivo sullo stato della salute pubblica nell’Unione europea.

5.2.

A tale proposito, il Comitato sottolinea che i parametri di qualità e di sicurezza dovrebbero applicarsi a tutte le SoHO utilizzate nell’Unione europea, comprese quelle importate da paesi terzi. Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di un’applicazione effettiva e sistematica dei meccanismi di controllo previsti dal regolamento nei confronti degli enti che importano SoHO, in particolare per quanto riguarda la qualità e la sicurezza dei preparati. Ciò è particolarmente importante al fine di agevolare le importazioni di SoHO da paesi terzi. Il CESE invita le autorità dell’Unione ad adottare tutte le misure necessarie per impedire che anche nell’UE si sviluppi un’industria delle «donazioni a pagamento» di cellule e tessuti, come quella che si sta già sviluppando in alcune parti del mondo.

5.3.

Secondo le disposizioni del regolamento proposto, quando uno Stato membro decide di consentire una nuova prassi, la sicurezza e la qualità di tale prassi devono essere conformi ai parametri stabiliti in materia dalla normativa dell’UE e quindi dal regolamento SoHO. Ebbene, il CESE fa notare che anche le nuove pratiche attuate al di fuori dell’UE dovrebbero essere oggetto di una valutazione costante da parte dei competenti organismi di esperti a livello di Unione europea.

5.4.

L’articolo 7 del regolamento proposto impone alle autorità competenti di garantire l’imparzialità del loro personale al fine di evitare situazioni di conflitto di interessi. Per conseguire effettivamente tale obiettivo, il CESE propone di estendere tale requisito al periodo immediatamente precedente all’assunzione del personale.

5.5.

L’articolo 29, paragrafo 7, del regolamento proposto disciplina i poteri degli ispettori, incaricati di verificare che gli enti SoHO soddisfino i parametri relativi alla protezione dei donatori e dei riceventi, alle informazioni da fornire e al carattere volontario e gratuito delle donazioni di SoHO. A giudizio del CESE, i poteri degli ispettori dovrebbero essere rafforzati, sì da consentire una procedura d’ispezione completa e a tutto campo.

6.   Diritti dei donatori di SoHO

6.1.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il regolamento proposto preveda soluzioni tese a rafforzare sistematicamente i diritti dei donatori di SoHO e a colmare le lacune della legislazione vigente.

6.2.

L’articolo 53, riguardante i parametri relativi alla protezione dei donatori, stabilisce, al paragrafo 1, lettera b), che le informazioni da fornire ai donatori o alle persone che agiscono per loro conto devono essere comunicate «in un modo adeguato alla loro capacità di comprenderle». Onde evitare dubbi interpretativi, il CESE ritiene che le informazioni fornite debbano essere complete e comunicate in modo chiaro affinché sia effettivamente rispettata la condizione del consenso informato come generalmente inteso e accettato in campo medico.

6.3.

L’articolo 55, paragrafo 3, lettera c), stabilisce l’obbligo per gli enti SoHO di fornire ai donatori informazioni riguardanti il diritto di revocare il consenso ed eventuali restrizioni a tale diritto. Secondo il CESE, il diritto di revocare il consenso può essere limitato soltanto da circostanze di fatto, ad esempio nel caso di una procedura già avviata. Per prevenire violazioni di uno dei diritti fondamentali del paziente, vale a dire il diritto all’autonomia, sembra ragionevole stabilire un elenco tassativo delle situazioni in cui il diritto di revocare il consenso può essere limitato.

7.   Protezione dei dati

7.1.

Il CESE accoglie con favore il fatto che, in relazione al trattamento dei dati personali dei donatori e dei riceventi di SoHO, il regolamento proposto ribadisca la necessità di osservare i rigorosi obblighi di riservatezza posti dal regolamento generale sulla protezione dei dati (2) (RGPD), comprese la limitazione della finalità del trattamento e la minimizzazione dei dati.

7.2.

Secondo il CESE, è opportuno distinguere tra il requisito del consenso libero e informato alla donazione, stabilito nel regolamento proposto, e il requisito del consenso al trattamento dei dati personali relativi alla salute del donatore ai sensi del RGPD: i due requisiti, infatti, non sono identici.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2022) 338.

(2)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/159


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione, modifica il regolamento (UE) 2019/1020 e abroga il regolamento (UE) n. 305/2011

[COM(2022) 144 final]

(2023/C 75/23)

Relatore:

Manuel GARCÍA SALGADO

Correlatore:

Domenico CAMPOGRANDE

Consultazione

Parlamento europeo, 18.5.2022

 

Consiglio dell’Unione europea, 30.5.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

13.9.2022

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

139/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la Commissione non offra soluzioni a breve termine per rimediare all’attuale ritardo nella pubblicazione di nuove norme nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il suo obiettivo è una modifica del regolamento sui prodotti da costruzione (1) (CPR) che, se anche avrà successo, produrrà risultati solo nel giro di 10 anni.

1.2

Il CESE osserva con preoccupazione che l’arco di tempo proposto per la transizione tra l’attuale regolamento e il regolamento riveduto è di 20 anni, il che può causare problemi pratici, perché una progressiva introduzione di specifiche tecniche armonizzate che si estenda per tale durata risulta troppo lunga. Attualmente, il sistema di normazione è inattuabile, non disponendo dei mezzi per reagire alle questioni sollevate dalla Commissione europea e per rispondere alle priorità politiche che sono state fissate.

1.3

Il CESE constata con inquietudine che, sebbene la Commissione abbia presentato agli Stati membri diverse opzioni politiche, essa ritorna al vecchio approccio in base al quale le norme tecniche sono elaborate dalle autorità di regolamentazione a livello europeo, cosa particolarmente preoccupante perché un tale processo centralizzato limiterebbe la capacità dei membri più piccoli del settore di dar voce alle loro vedute e far sì che siano incluse.

1.4

Il CESE, d’accordo con il settore delle costruzioni, è a favore dello sviluppo di un’opzione alternativa a quella presentata dalla Commissione europea, che mantenga al centro la normazione. Sarà necessario proseguire le discussioni e invitare tutte le parti interessate (Stati membri, Comitato europeo di normazione (CEN), Commissione europea ecc.) a collaborare per proporre una soluzione praticabile in cui le norme armonizzate svolgano un ruolo fondamentale nel sistema. L’obiettivo è coinvolgere tutte le parti interessate in un dialogo volto a trovare un sistema adeguato, che consenta la libera circolazione dei prodotti da costruzione. Il dialogo sociale con i datori di lavoro e i lavoratori e la partecipazione di portatori di interessi della società alla normazione sono strumenti fondamentali in questo processo.

1.5

Sebbene il CESE riconosca che la normazione viene spesso considerata come un processo dal basso verso l’alto guidato dall’industria, è fondamentale garantire che tutte le parti interessate collaborino in modo cooperativo e flessibile per mettere a punto norme aggiornate, essenziali per consentire la sostenibilità e la digitalizzazione, facilitando al tempo stesso l’innovazione nel settore delle costruzioni. Tale processo dovrebbe essere sostenuto anche dal dialogo sociale e garantire la partecipazione dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei portatori di interessi della società alla normazione.

1.6

Secondo il CESE, un quadro normativo europeo ben funzionante per i prodotti da costruzione, integrato nel sistema di normazione, non solo risponderà alle esigenze del settore, ma sarà utile anche alla società in generale, il che spiega l’importanza del coinvolgimento delle parti sociali. Esso consentirà all’UE di realizzare il mercato interno digitale, la ripresa economica post-COVID-19, i piani strategici del Green Deal europeo e gli obiettivi dell’economia circolare.

1.7

Il CESE osserva che il nuovo CPR proposto fa riferimento all’uso obbligatorio, da parte di tutti gli attori del settore edile, di metodi di valutazione, di classificazioni e di criteri europei. Ciò riguarda più di tre milioni di imprese nell’UE, la maggior parte delle quali sono PMI. I requisiti devono essere giustificati e proporzionati e non devono comportare inutili oneri burocratici e amministrativi, soprattutto se il loro valore aggiunto è limitato. Il CESE ritiene che questo problema sia stato sottovalutato nella proposta di revisione del CPR.

1.8

Il CESE ritiene che sarebbe auspicabile una dichiarazione di prestazione completa, nonché un adeguamento dell’articolo 6 e dell’allegato III ai requisiti elencati nell’allegato I, dal momento che i prodotti da costruzione muniti di marcatura CE non garantiscono la conformità ai requisiti di base delle opere di costruzione. Ciò impedisce la creazione di un mercato unico europeo dei prodotti da costruzione, in quanto gli Stati membri possono essere obbligati, ai sensi dell’articolo 8, a impedire la commercializzazione e l’uso di prodotti da costruzione che potrebbero mettere a rischio la sicurezza dei cantieri.

1.9

Il CESE sottolinea che le procedure associate al CPR devono essere migliorate o ulteriormente sviluppate, in particolare per quanto riguarda la normazione e la definizione di interfacce con le norme nazionali di attuazione. Si dovrebbe garantire che la Commissione europea introduca tutti i requisiti, le prestazioni e le caratteristiche delle prove sotto forma di norme armonizzate. Ove ciò non avvenga, dovrebbe essere possibile applicare requisiti nazionali per i prodotti da costruzione quando sussistano particolari preoccupazioni nazionali relative all’uso dei prodotti da costruzione. Ciò significherebbe che i requisiti e gli allegati nazionali dovrebbero essere approvati per un certo periodo di tempo. Nel caso in cui la dichiarazione di prestazione sia resa più completa, occorre adottare le misure necessarie per garantire che la corrispondenza sia raggiunta a livello dei lavori (progettazione, installazione ecc.), sia per quanto riguarda il contenuto delle informazioni sia per quanto riguarda la loro credibilità.

1.10

Il CESE rileva il problema che la proposta di revisione del CPR non specifica il meccanismo per la raccolta di informazioni sui prodotti menzionati nei capitolati d’oneri degli appalti pubblici, a causa della sua inclusione nel nuovo articolo 7. Sarà un compito enorme e interminabile raccogliere le proprietà e le caratteristiche che corrispondono alle esigenze di tutti gli acquirenti pubblici, per tutti gli usi.

1.11

Il CESE ritiene essenziale evitare che gli sforzi compiuti dalle imprese di costruzione per attuare la circolarità siano ritardati, ostacolati o addirittura bloccati a causa della mancanza di chiarezza normativa nel nuovo CPR. È pertanto necessario un regolamento chiarificatore per evitare che la circolarità venga meno.

1.12

Il CESE ritiene che la proposta di revisione del CPR debba includere disposizioni chiare e proporzionate che tengano conto del fatto che in merito ai prodotti riutilizzati o rifabbricati, introdotti 20, 50 o 150 anni fa, non ci sono informazioni, poiché le informazioni sulle prestazioni di questi prodotti, che recano il marchio CE, sono disponibili solo a livello locale.

1.13

Il CESE considera importante, ai fini della competitività del settore, che la proposta riveduta di CPR costituisca uno strumento che non solo consente l’immissione sul mercato del prodotto innovativo, ma ne facilita anche l’uso. Ciò richiede che la valutazione tecnica europea includa anche informazioni che riducano la riluttanza degli utenti a iniziare a utilizzare l’innovazione.

1.14

Il CESE sottolinea che deve essere chiaro che il termine «prodotto da costruzione» continua a corrispondere solo alla definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dell’attuale CPR e che non vi è alcuna estensione. Non è chiaro cosa si intenda con il termine «servizio» nella nuova proposta di CPR. Occorre garantire che i prodotti realizzati su specifica del committente restino esclusi dall’ambito di applicazione del CPR.

1.15

Il CESE concorda con la valutazione positiva della proposta della Commissione da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) per quanto riguarda i criteri aggiuntivi rispetto ai requisiti funzionali e di sicurezza dei prodotti da costruzione, in particolare i criteri ambientali e di salute e sicurezza sul lavoro, spesso collegati all’economia circolare e alla sostenibilità. Tutto ciò contribuisce a comprovare l’impatto positivo di una buona gestione della salute e della sicurezza sul lavoro.

1.16

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che in generale le disposizioni nazionali consentono l’impiego di rifiuti contaminati sotto le strade (contaminati con vecchio catrame, PCB, PCP, amianto, vecchia lana minerale fino a una certa percentuale); oppure tali rifiuti vengono immessi in speciali discariche. I rifiuti di costruzione e demolizione rappresentano oltre un terzo dei rifiuti prodotti nell’UE (2). In alcune aree in cui vi sono preoccupazioni diverse e contrastanti, ad esempio se il sottosuolo della costruzione di strade e di altre infrastrutture non è utilizzato come grande deposito per i rifiuti da costruzione.

1.17

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la preparazione per il riutilizzo, la rifabbricazione e il riciclaggio richiedono una concezione che faciliti la separazione dei componenti e dei materiali nella fase di riciclaggio ed eviti materiali misti o intricati, e che tutto ciò comporterà una forte esposizione dei lavoratori a queste sostanze. L’EU-OSHA incoraggia le imprese che hanno proposto soluzioni innovative a tali problemi, ad esempio «Eliminare i solventi pericolosi dall’analisi dei materiali recuperati nel settore della costruzione e della riparazione stradale». Per questo motivo il CESE ritiene che nel nuovo regolamento debbano essere presi in considerazione questi aspetti essenziali per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro. Il CESE reputa che il nuovo regolamento debba non solo garantire posti di lavoro e progresso economico, ma anche apportare miglioramenti sul piano socioeconomico e ambientale, sulla base dei principi della responsabilità sociale delle imprese (RSI) e della pertinente regolamentazione.

1.18

Il CESE ritiene che la proposta debba essere rivista in modo significativo per raggiungere i suoi obiettivi principali.

2.   Osservazioni generali

2.1

La relazione 2016 della Commissione sull’attuazione del CPR ha individuato alcune carenze nella sua attuazione. La valutazione del CPR, i pareri della piattaforma REFIT e i riscontri degli Stati membri e delle parti interessate hanno chiaramente evidenziato le carenze del quadro, che ostacolano il funzionamento del mercato unico dei prodotti da costruzione e pertanto non conseguono gli obiettivi del CPR.

2.2

La comunicazione sul Green Deal europeo (3), il piano d’azione per l’economia circolare e la comunicazione «Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa (4)» hanno sottolineato il ruolo del CPR nel contesto degli sforzi a favore di edifici e ristrutturazioni efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse e nell’affrontare la sostenibilità dei prodotti da costruzione e il passaggio a un’economia circolare. La proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (5) ha evidenziato l’importanza delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita degli edifici e dei materiali da costruzione per calcolare il potenziale di riscaldamento globale dei nuovi edifici a partire dal 2030.

2.3

La strategia forestale dell’UE e la comunicazione sui cicli del carbonio sostenibili (6) hanno annunciato, nel contesto della revisione del regolamento sui prodotti da costruzione, lo sviluppo di una metodologia e di una norma solida e trasparente per quantificare i vantaggi per il clima dei prodotti da costruzione e della cattura e dell’utilizzo del carbonio.

2.4

Tanto il Parlamento europeo quanto il Consiglio hanno chiesto azioni volte a promuovere la circolarità dei prodotti da costruzione, ad affrontare gli ostacoli al mercato unico dei prodotti da costruzione e a contribuire agli obiettivi del Green Deal europeo e del piano d’azione per l’economia circolare.

2.5

I due ampi obiettivi della revisione del CPR sono: 1) realizzare un mercato unico dei prodotti da costruzione ben funzionante e 2) contribuire agli obiettivi della transizione verde e di quella digitale, in particolare un mercato moderno, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitivo.

2.6

Il CPR limita notevolmente le possibilità per il settore di dichiarare, in modo coerente e armonizzato, le prestazioni dei suoi prodotti, e di differenziare i prodotti in termini di prestazioni climatiche, ambientali e di sostenibilità. Esso limita inoltre in modo significativo le possibilità per gli Stati membri di definire requisiti nazionali per gli edifici, o di includere negli appalti pubblici criteri relativi agli obiettivi di sostenibilità, senza mettere a rischio il funzionamento del mercato unico.

2.7

La comunicazione Una nuova strategia industriale per l’Europa (7) del marzo 2020 definisce un piano per consentire all’industria dell’UE di guidare la duplice transizione verde e digitale. La comunicazione che aggiorna la nuova strategia industriale 2020 ha individuato nell’edilizia uno degli ecosistemi prioritari che affrontano le sfide più importanti per conseguire gli obiettivi in materia di clima e sostenibilità e per attuare la trasformazione digitale, e ha sottolineato che la competitività di detto settore dipende da tali aspetti.

2.8

La proposta di regolamento che abroga l’attuale CPR mira ad affrontare le carenze individuate in tale regolamento e gli obiettivi del Green Deal europeo e del piano d’azione per l’economia circolare in relazione ai prodotti da costruzione. Per conseguire gli obiettivi strategici è indispensabile affrontare e migliorare il funzionamento di base del quadro del CPR, in particolare il processo di normazione. Tuttavia, ciò non tiene conto degli aspetti necessari relativi alla salute e alla sicurezza sul lavoro e di altre raccomandazioni dell’EU-OSHA.

2.9

Il CESE ritiene che l’istruzione, la formazione, la riqualificazione, l’apprendimento permanente e la certificazione siano estremamente importanti, e considera essenziale per il futuro del settore che tali processi si svolgano attraverso il dialogo sociale. Il CESE osserva inoltre che l’acquisizione delle competenze necessarie richiede tempo e finanziamenti.

3.   Osservazioni particolari

3.1

La normazione svolge un ruolo cruciale per il settore europeo delle costruzioni. Essa costituisce il principale pilastro del mercato interno, facilita la libera circolazione dei prodotti da costruzione nell’UE e stimola le attività di costruzione. Questo ruolo importante è riconosciuto nella legislazione europea, in particolare nel CPR e nel regolamento sulla normazione europea (8).

3.2

Scopo dell’attività di normazione in tema di sostenibilità dei lavori di costruzione dovrebbe essere, fra l’altro, quello di garantire un’eguale valutazione degli aspetti ambientali, economici e sociali della sostenibilità dei prodotti, degli edifici e dei servizi, e la relativa comunicazione (di preferenza tramite etichettatura) al consumatore.

3.3

In assenza di norme aggiornate, il mercato interno dei prodotti da costruzione non avrebbe potuto essere realizzato né mantenuto. Tuttavia, negli ultimi anni l’integrazione delle norme nel sistema normativo è spesso fallita, il che ha comportato una minore efficienza nel settore delle costruzioni e danni al mercato interno, compreso un aumento dei costi diretti o indiretti per le imprese (in particolare per quelle di piccole e medie dimensioni).

3.4

La Commissione europea può fissare le norme per l’elaborazione di norme armonizzate utilizzando applicazioni di normazione. La Commissione è stata però passiva, non utilizzando questo approccio e, di conseguenza, il Comitato europeo di normalizzazione (CEN) è stato costretto a continuare a lavorare con mandati obsoleti e a scoraggiare gli esperti dal lavorare su norme, che sono spesso bloccate per motivi che sfuggono al loro controllo.

3.5

La Commissione rileva problemi nell’attuale procedura di normalizzazione attraverso il CEN (che potrebbe certamente essere migliorata) e che hanno indotto la Commissione a bloccare molte norme. Il CESE ritiene che la soluzione proposta dalla Commissione, vale a dire l’uso di un numero sempre maggiore di «atti delegati», non possa essere soddisfacente, in quanto esclude i datori di lavoro, i lavoratori e altri portatori di interessi della società dal processo di normazione. Inoltre, vi sono molte norme bloccate dalla Commissione europea e pertanto occorre trovare una soluzione a breve termine su come sbloccarle. Il CESE si chiede in modo critico se questa forma di estensione, in definitiva, non comporti una sovrapposizione di competenze con gli Stati membri. Il Comitato è convinto che essa debba essere applicata solo in casi eccezionali, laddove tale applicazione sia debitamente giustificata, e che occorra stabilire un chiaro insieme di condizioni abilitanti.

3.6

La proposta di un nuovo regolamento, presentata dalla Commissione, fa riferimento all’influenza della gestione della catena di approvvigionamento e delle pratiche in materia di appalti pubblici sull’ambiente, la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, al fine di stimolare l’uso e la commercializzazione di prodotti e materiali di qualità. L’EU-OSHA ha inoltre individuato questo fatto come un importante fattore di influenza che può portare a un maggiore utilizzo di prodotti rispettosi dell’ambiente e più sicuri per i lavoratori.

3.7

Il nuovo progetto dell’EU-OSHA LIFT-OSH (Leveraging Instruments for Health and Safety at work — Strumenti di leva per la salute e la sicurezza sul lavoro) rafforza le prove dell’impatto positivo di una buona gestione della salute e della sicurezza sul lavoro.

3.8

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la preparazione per il riutilizzo, la rifabbricazione e il riciclaggio richiedono una concezione che faciliti la separazione dei componenti e dei materiali nella fase di riciclaggio ed eviti materiali misti o intricati, e che tutto ciò comporterà una forte esposizione dei lavoratori a queste sostanze. L’EU-OSHA incoraggia le imprese che hanno proposto soluzioni innovative a tali problemi, ad esempio «Eliminare i solventi pericolosi dall’analisi dei materiali recuperati nel settore della costruzione e della riparazione stradale». Per questo motivo il CESE ritiene che nel nuovo regolamento debbano essere presi in considerazione questi aspetti essenziali per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro. Il CESE reputa che il nuovo regolamento debba non solo garantire posti di lavoro e progresso economico, ma anche apportare miglioramenti sul piano socioeconomico e ambientale, sulla base dei principi della RSI e della pertinente regolamentazione.

3.9

La proposta di revisione del CPR indica che, per garantire la sicurezza e la protezione dell’ambiente e colmare una possibile lacuna normativa, i «prodotti» da costruzione fabbricati nel cantiere per essere immediatamente incorporati nelle opere di costruzione sarebbero soggetti alle stesse norme degli altri prodotti da costruzione immessi sul mercato dai fabbricanti. Il Comitato ritiene che non esista una lacuna normativa di questo tipo quando tali prodotti non sono immessi sul mercato. I contraenti che fabbricano in loco «prodotti» da incorporare immediatamente nei lavori (ad esempio, un architrave in calcestruzzo, schiuma di poliuretano spruzzata, finestre e telai delle porte ecc.) sono soggetti a requisiti normativi applicabili alle (parti di) opere e che si basano per lo più, se non sempre, esattamente sugli stessi requisiti tecnici dei fabbricanti, vale a dire gestire un sistema di controllo della produzione in fabbrica, elaborare la documentazione tecnica, valutare i «prodotti», dichiarare le prestazioni e la conformità e apporre la marcatura CE. Questa disposizione inutile sarebbe particolarmente dannosa per le PMI.

3.10

L’articolo 7 della proposta di revisione del CPR estende l’ambito di applicazione a tutti i requisiti di prodotto di cui ai capitolati d’oneri degli appalti pubblici. Tuttavia, non specifica il meccanismo di raccolta di tali informazioni, che può riguardare un’ampia e diversificata serie di lavori di costruzione, come i canili per cani poliziotto, gli edifici amministrativi delle autorità, le autostrade e gli impianti nucleari, ecc. Il CESE esprime preoccupazione circa la possibilità di raccogliere tutte le informazioni relative alle proprietà e alle caratteristiche, nonché per il modo di determinare metodi di valutazione adeguati che corrispondano alle esigenze di tutti i committenti pubblici, per tutti gli usi. Inoltre, a seconda dell’uso previsto, anche la credibilità ricercata dai committenti pubblici sarà molto diversa (la credibilità delle prestazioni delle membrane impermeabilizzanti destinate ad essere utilizzate in un canile sarà diversa rispetto allo stesso prodotto utilizzato sul tetto di un museo di belle arti) e potrebbe non corrispondere ai sistemi di valutazione e verifica specificati nel CPR riveduto proposto. Il CESE si chiede se questo approccio sia realistico.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio (GU L 88 del 4.4.2011, pag. 5).

(2)  https://ec.europa.eu/environment/topics/waste-and-recycling/construction-and-demolition-waste_en

(3)  COM(2019) 640 final.

(4)  COM(2020) 662 final.

(5)  COM(2021) 802 final.

(6)  COM(2021) 800 final.

(7)  COM(2020) 102 final.

(8)  Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/164


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Conversione a una rete d'informazione sulla sostenibilità agricola (FSDN)»

[COM(2022) 296 final — 2022/0192 (COD)]

(2023/C 75/24)

Relatore:

Florian MARIN

Consultazione

Parlamento europeo, 4.7.2022

Consiglio, 11.7.2022

Decisione dell’Assemblea plenaria

17/05/2022

Base giuridica

Articoli 43, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

5.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

188/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore e sostiene la trasformazione, prevista dalla strategia «Dal produttore al consumatore», della rete d’informazione contabile agricola (RICA) in una rete d’informazione sulla sostenibilità agricola (FSDN) con il compito di raccogliere dati sulla sostenibilità, migliorare i servizi di consulenza e fornire riscontri agli agricoltori.

1.2.

Il CESE ritiene che l’FSDN sia uno strumento importante ai fini di politiche basate su dati concreti e raccomanda quanto segue:

i dati sui cambiamenti climatici, la qualità del suolo e il sequestro del carbonio, i pesticidi utilizzati, la qualità dell’acqua e dell’aria, l’energia e la biodiversità dovrebbero essere trattati come dati ambientali raccolti dagli stessi agricoltori oppure con altri strumenti interoperabili con l’FSDN. I dati raccolti dovrebbero essere ripartiti in base alla tipologia di prodotto (es. da agricoltura biologica o non ecc.). Se devono essere utilizzate come strumento per le politiche, le variabili di dati sulla sostenibilità devono essere valutate in maniera completa e approfondita in termini di validità, qualità e comparabilità, nell’ottica della loro inclusione nella rete;

i dati sulle condizioni di lavoro, i tipi di contratto, la salute e la sicurezza (esistenza di un piano per la salute e la sicurezza a livello di azienda agricola; numero di incidenti, compresi quelli occorsi ai lavoratori autonomi), le competenze e i salari, il legame di condizionalità sociale con la politica agricola comune, il numero di lavoratori autonomi e il numero di lavoratori temporanei/stagionali andrebbero considerati «dati sociali» da raccogliere a cura degli stessi agricoltori oppure mediante altri strumenti interoperabili con l’FSDN. E una particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla situazione delle donne e dei giovani;

ai dati ambientali e sociali dovrebbe essere attribuita la stessa importanza riconosciuta ai dati economici. Considerato che negli ultimi decenni la RICA ha valutato principalmente la situazione economica degli agricoltori, la dimensione economica riveste peraltro un’importanza cruciale, ma unitamente alle sfide ambientali e sociali;

occorrerebbe adottare un approccio che colleghi tra loro il sistema integrato di gestione e di controllo (SIGC) e i dati risultanti dall’attuazione della politica agricola comune (PAC) nonché quelli di Eurostat, in particolare per quanto riguarda i dati ambientali e sociali;

tutti gli agricoltori dovrebbero avere la facoltà di contribuire all’FSDN, qualora vogliano e possano farlo, sulla base di una metodologia specifica e nel rispetto della rappresentatività e dei vincoli di bilancio; e non dovrebbe essere prevista alcuna sanzione qualora essi facciano parte del gruppo di campionamento ma non desiderino recare tale contributo. La fornitura di dati da parte degli agricoltori deve rimanere volontaria, ma gli Stati membri dovrebbero individuare modalità e incentivi adeguati per incoraggiare gli agricoltori a partecipare all’FSDN;

occorrerebbe prestare un’attenzione costante a ridurre gli adempimenti burocratici, anche grazie al ricorso alle moderne tecnologie di raccolta e trattamento dei dati, quali l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose, la convalida automatica o le infrastrutture di raccolta a distanza;

l’FSDN dovrebbe contribuire a migliorare la comprensione dell’intero ecosistema dell’azienda agricola e, a tal fine, dovrebbe esserne prevista l’interoperabilità con altre banche dati, sì da poter analizzare insieme anche serie di dati distinte, riguardanti altre parti della catena di approvvigionamento;

è necessario prevedere che anche le aziende agricole di sussistenza e di semisussistenza siano incluse nel campionamento FSDN;

occorre includere caratteristiche, fonti, formati, dimensioni e livelli di granularità dei dati differenti, data la diversità delle situazioni esistenti da uno Stato membro all’altro;

occorre altresì garantire uno scambio costante delle migliori pratiche agricole tra gli Stati membri e tra gli agricoltori, nonché sviluppare strumenti speciali a questo scopo;

occorrerebbe fare di più per consolidare la capacità di raccolta, condivisione, gestione e utilizzo dei dati al fine di migliorare l’efficienza e il processo decisionale a livello di singole aziende agricole e in particolare di quelle di piccole dimensioni;

l’FSDN dovrebbe contribuire a migliorare la gestione delle aziende agricole, e andrebbero forniti servizi di consulenza personalizzati, anche grazie alla creazione di un chiaro collegamento con i dati sulle variabili esogene del processo di produzione agricola (previsioni meteorologiche ecc.);

dovrebbero essere stabiliti criteri specifici di sostenibilità dei processi richiesti dall’FSDN, nonché criteri relativi alle condizioni di lavoro dei rilevatori dei dati.

1.3.

Il CESE ritiene che la protezione, la proprietà, la riservatezza e la segretezza dei dati dovrebbero sempre essere garantite (garanzia di completa anonimizzazione), e che gli agricoltori dovrebbero avere un controllo permanente sui propri dati. Inoltre, occorrerebbe tutelare gli interessi degli agricoltori ottenendone il consenso quando si prevede di condividerne i dati, qualunque siano la destinazione e l’uso di questi ultimi.

1.4.

Il CESE raccomanda che gli agricoltori siano incentivati a contribuire, e che, oltre a fruire di servizi di consulenza, ottengano vantaggi chiari e diretti dalla condivisione dei propri dati, ad esempio vantaggi finanziari o l’accesso a specifici inviti a presentare proposte di progetti finanziati da fondi dell’UE.

1.5.

I dati raccolti per l’FSDN non devono in alcun caso essere utilizzati per controllare e sanzionare gli agricoltori. Qualora questo principio venga compromesso, gli agricoltori dovrebbero avere la possibilità di astenersi dal fornire i dati, anche se ciò comprometterebbe notevolmente l’uso dell’FSDN come strumento politico.

1.6.

L’approccio generale dell’FSDN si basa sull’impiego delle tecnologie digitali, ragion per cui il CESE raccomanda di fare di più per costruire uno spazio comune di dati per l’agricoltura, promuovendo la comproprietà dei dati e le cooperative di dati. Il CESE ritiene che nel settore agroalimentare manchi una metodologia comune per garantire la comparabilità e l’uso comune dei dati.

1.7.

Il Comitato propone di istituire un programma integrato specifico per la digitalizzazione del settore agroalimentare, in quanto alcuni agricoltori sono già adesso obbligati a raccogliere dati ambientali per vendere i loro prodotti e le macchine o i sensori autonomi e intelligenti sono generatori di dati. È dunque opportuno garantire l’inclusività e l’alfabetizzazione digitali, oltre a facilitare l’accesso alle tecnologie dei dati, dell’hardware e del software.

1.8.

Il CESE suggerisce di compiere maggiori sforzi per ridurre le «zone bianche» e fornire connettività telefonica e a banda larga nelle zone rurali.

1.9.

Infine, il CESE raccomanda che i fondi per l’attuazione dell’FSDN siano assicurati dalla Commissione e dagli Stati membri e che i dati raccolti tengano conto della volatilità dei prezzi e delle diverse crisi nella filiera agroalimentare.

2.   Introduzione

2.1.

Nella strategia «Dal produttore al consumatore» (1), la Commissione ha previsto di trasformare la rete d’informazione contabile agricola (RICA) in una rete d’informazione sulla sostenibilità agricola (FSDN) per raccogliere dati sulla sostenibilità, migliorare i servizi di consulenza e fornire riscontri agli agricoltori. I dati saranno raccolti a livello di azienda agricola, secondo criteri e periodicità specifici in tutti gli Stati membri. La RICA sarà adattata per garantire un processo efficiente di raccolta dei dati con l’FSDN.

2.2.

Ogni Stato membro elaborerà un piano specifico per la selezione delle aziende contabili che garantisca un campione rappresentativo di dati. Le aziende agricole saranno classificate in modo uniforme, e i rilevatori di dati, come gli uffici contabili, saranno coinvolti nel processo, coordinati da un ufficio di collegamento a livello degli Stati membri.

2.3.

I dati forniti dalle aziende agricole saranno utilizzati per caratterizzare l’azienda contabile, per valutare il reddito e la sostenibilità economica, ambientale e sociale dell’azienda e per verificare, mediante controlli in loco, la veridicità delle informazioni fornite.

3.   Funzionalità dell’FSDN

3.1.

Il CESE sostiene la trasformazione della RICA nell’FSDN; e al riguardo, considerato che alcuni Stati membri raccolgono già adesso alcuni dati sociali e ambientali, reputa che, onde evitare di raccogliere più volte gli stessi dati, dovrebbe essere garantita l’interconnessione tra il sistema integrato di gestione e di controllo (SIGC), i dati derivanti dall’attuazione della PAC e quelli di Eurostat, in particolare per quanto riguarda i dati sociali e ambientali.

3.2.

La condivisione dei dati tra l’FSDN e vari soggetti, quali amministrazioni, autorità statistiche e organismi privati, dovrebbe aver luogo in modo controllato e adattato. La promozione delle tecnologie digitali già sviluppate e finanziate dall’UE (FAIRshare (2), progetti del programma Orizzonte ecc.) può contribuire a migliorare la gestione delle aziende agricole e l’uso delle tecnologie digitali a livello di singole aziende.

3.3.

Il lasso di tempo che intercorre tra la raccolta e il trattamento dei dati non dovrebbe incidere sulla qualità dell’FSDN e dei servizi di consulenza forniti agli agricoltori. Gli agricoltori dovrebbero sapere se i loro dati sono utilizzati per altri scopi legati all’FSDN, quali la ricerca, l’innovazione, la formazione ecc., e dare il loro consenso a tale utilizzo.

3.4.

Gli agricoltori dovrebbero avere un preciso interesse anche alla protezione dei dati, al rispetto delle norme stabilite in materia dal regolamento generale sulla protezione dei dati (3) (GDPR) anche per quanto concerne i dati raccolti dai sensori, alla fiducia nell’utilizzo dei dati, all’applicazione di procedure di controllo e bilanciamento dei poteri dei soggetti pertinenti, alla tutela dei diritti di proprietà, della riservatezza e dei diritti dei produttori e alla trasparenza, e dovrebbero trarre beneficio dai dati raccolti. La riduzione degli adempimenti burocratici dovrebbe essere una priorità costante. È necessaria una metodologia chiara a livello di Unione europea per incoraggiare gli agricoltori a far valere questi loro interessi; e andrebbe valutata la possibilità di coinvolgere le associazioni di agricoltori.

3.5.

Il CESE ritiene che si debba tenere conto della sostenibilità dell’attuazione del sistema e delle condizioni di lavoro delle persone coinvolte nell’attuazione dell’FSDN nei settori della raccolta, della gestione, dell’archiviazione e del trattamento dei dati. Il CESE rimanda al suo parere sul tema Digitalizzazione e sostenibilità (4): i centri dati più efficienti sotto il profilo energetico dovrebbero diventare la norma, e i nuovi centri dati dovrebbero essere alimentati solo da energia interamente ricavata da fonti rinnovabili. Criteri specifici relativi alla sostenibilità del processo e alle condizioni di lavoro dei rilevatori di dati dovrebbero essere stabiliti dalla Commissione e osservati in tutti gli Stati membri.

3.6.

L’FSDN non dovrebbe essere solo uno strumento di cui le autorità pubbliche possono avvalersi nell’elaborazione delle politiche pubbliche, ma dovrebbe anche tenere conto delle esigenze delle parti sociali, degli enti di ricerca, delle università, degli agricoltori e delle ONG. La nuova rete potrebbe anzi contribuire a migliorare l’inclusione degli agricoltori nel sistema finanziario (crediti ecc.) e dovrebbe fornire periodicamente una panoramica dell’agricoltura a livello europeo, nazionale e regionale nonché dei diversi tipi di attività agricole.

3.7.

La rete FSDN dovrebbe offrire a tutti gli agricoltori dell’UE che lo desiderino la possibilità di dare il loro contributo, nel rispetto della rappresentatività, dei vincoli di bilancio e degli obiettivi della rete. Dovrebbe essere prevista la possibilità di un contributo volontario all’FSDN — sulla base di criteri e metodologie adatti e specifici — anche per le aziende che non partecipano al campionamento. Gli agricoltori non dovrebbero essere obbligati a fornire dati per l’FSDN e non andrebbero comminate sanzioni per chi non desideri farlo. Occorre poi tenere conto anche delle aziende agricole di sussistenza e semisussistenza, mentre i dati raccolti dovrebbero essere ripartiti in base alla tipologia di prodotto (es. da agricoltura biologica e non ecc.).

3.8.

Al fine di rendere l’FSDN più efficiente, occorrerebbe prendere in considerazione la possibilità di raccogliere e trattare i dati utilizzando tecnologie moderne e innovative, basate sull’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose, la convalida automatica, il software OCR o le infrastrutture di raccolta a distanza, unitamente ai dati geospaziali generati attraverso il programma spaziale europeo. Dovrebbe essere stabilito un collegamento chiaro tra l’FSDN, la PAC e il cloud europeo per la scienza aperta.

3.9.

L’FSDN dovrebbe tenere conto delle diverse normative degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda gli aspetti ambientali e sociali, e dovrebbe essere sufficientemente flessibile da utilizzare anche nuovi indicatori. Affinché l’FSDN funzioni correttamente, è necessario assicurare una cooperazione efficace tra gli uffici di collegamento, gli uffici degli Stati membri e la DG Agricoltura della Commissione. Ai dati ambientali e sociali dovrebbe essere attribuita la stessa importanza riconosciuta ai dati economici, ai piccoli e grandi agricoltori e alle diverse regioni. L’apertura nei confronti dell’FSDN e la volontà di contribuirvi variano da uno Stato membro all’altro, e occorrerebbe tenere conto del livello di sensibilità e del valore preciso di alcuni elementi.

3.10.

Il CESE propone di operare una chiara distinzione tra i dati che devono essere raccolti annualmente e quelli necessari su base periodica. Dato che occorrerebbe evitare di raccogliere più volte gli stessi dati, la diversità di caratteristiche, fonti, formati, dimensioni e livelli di granularità dei dati rappresenta una sfida per l’FSDN. Vi sono grandi differenze tra gli Stati membri in termini di strutture dei costi per la raccolta dei dati, e ciò rende necessaria una maggiore flessibilità.

3.11.

La raccolta dei dati dovrebbe tenere conto delle diverse crisi e dell’accresciuta volatilità dei prezzi, che sta diventando una variabile costante nelle filiere agroalimentari. La guerra in Ucraina sta contribuendo ad alimentare questa volatilità, e la speculazione alimentare sta esercitando pressioni sulle catene di approvvigionamento. Le risorse finanziarie assegnate all’FSDN dovrebbero essere assicurate dalla Commissione e dagli Stati membri.

3.12.

Il CESE propone di creare un organo consultivo europeo, con la partecipazione di esponenti della società civile selezionati in base a criteri trasparenti, al fine di monitorare la raccolta dei dati e decidere in merito al loro utilizzo e ai cambiamenti strategici nei requisiti in materia di dati, tenendo conto delle sfide per la società e delle dinamiche della domanda di dati.

3.13.

Il CESE propone inoltre che siano integrati nell’FSDN i dati relativi alle pratiche agricole, e più precisamente quelli relativi alla gestione dei terreni, alla protezione delle colture, al nutrimento delle piante e alla salute e al benessere degli animali. Avvalendosi dell’FSDN, bisognerebbe raccogliere e diffondere le migliori pratiche agricole, in particolare in campo ambientale e sociale (formazione, strumenti dei modelli, buone pratiche, scambi tra consulenti ecc.).

3.14.

I dati sui cambiamenti climatici, la qualità del suolo e il sequestro del carbonio, l’uso dei pesticidi, la qualità dell’acqua e dell’aria, l’energia e la biodiversità dovrebbero essere trattati alla stregua di dati ambientali da raccogliere a cura degli stessi agricoltori o con altri strumenti interoperabili con l’FSDN.

3.15.

Parimenti, i dati sulle condizioni di lavoro, i tipi di contratto, la salute e la sicurezza (esistenza di un piano per la salute e la sicurezza a livello di azienda agricola; numero di incidenti, compresi quelli occorsi ai lavoratori autonomi), il legame di condizionalità sociale con la PAC, il numero di lavoratori autonomi, il numero di lavoratori temporanei/stagionali, le competenze e i salari andrebbero considerati «dati sociali» da raccogliere a cura degli stessi agricoltori o mediante altri strumenti interoperabili con l’FSDN. Inoltre, è opportuno adoperarsi costantemente per garantire che i dati raccolti siano utilizzati per contribuire a monitorare i progressi verso il conseguimento degli OSS.

3.16.

Il CESE propone di prestare particolare attenzione alle donne e ai giovani in quanto punti focali per il futuro dello sviluppo rurale. Un accesso più agevole alle opportunità, contratti di lavoro più stabili, servizi pubblici più adeguati e una migliore qualità della vita sono tutti progressi che l’FSDN può indirettamente stimolare. Inoltre, dato che l’organizzazione delle aziende agricole sta diventando più complessa e alcune di esse producono anche al di fuori dell’UE, occorrerà prestare una particolare attenzione ai dati di tali imprese che operano su scala internazionale.

3.17.

Per quanto riguarda l’attuazione della normativa relativa all’FSDN, il CESE esprime preoccupazione per la proposta di attribuire alla Commissione il potere di adottare un numero considerevole di atti delegati (ad esempio per quanto riguarda la gestione dei dati, il «documento di identità» per le aziende agricole, l’uso dei dati o l’accesso ai dati primari e la loro trasmissione). Tale conferimento di poteri dovrebbe essere limitato al minimo necessario, e le suddette operazioni essere realizzate preferibilmente mediante atti di esecuzione.

4.   Contributo dell’FSDN al miglioramento delle prestazioni ambientali, economiche e sociali delle aziende agricole e alla trasparenza e all’equità della filiera agroalimentare

4.1.

L’FSDN potrebbe essere uno strumento in grado di contribuire a una migliore gestione delle aziende agricole sviluppando strumenti di sostegno alle decisioni volte a migliorare le prestazioni di tali aziende (anche promuovendo l’agricoltura di precisione) attraverso la raccolta e l’analisi dei dati sulle aziende stesse; e gli Stati membri andrebbero guidati in questa direzione. I servizi di consulenza basati sull’FSDN potrebbero pertanto beneficiare di una maggiore integrazione delle serie di dati e fornire consulenze informate riguardo a tutte le dimensioni (economica, ambientale, sociale) della sostenibilità.

4.2.

I dati raccolti a livello di azienda agricola sono utilizzati in parte per accrescere il potenziale e le prestazioni sostenibili dell’azienda. Gli agricoltori devono avere il controllo dei propri dati e dovrebbero essere assistiti e consigliati affinché li utilizzino per lavorare in modo più preciso, efficiente e sostenibile, promuovendo così pratiche agricole sostenibili. I dati dovrebbero essere utilizzati allo scopo specifico per il quale sono stati raccolti. Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi adeguatamente al riguardo, e la Commissione dovrebbe formulare raccomandazioni chiare e soluzioni di software aperte adattate all’ecosistema delle aziende agricole.

4.3.

Il CESE propone di mettere a punto uno spazio comune di dati basato su un marchio di affidabilità dei dati pubblici per i prodotti agroalimentari dell’UE, al fine di garantire un approccio migliore e più efficiente alle catene di approvvigionamento. Ogni Stato membro dovrebbe stabilire obiettivi concreti. La titolarità congiunta dei dati, le cooperative di dati per l’agricoltura e lo sviluppo di partenariati per l’agricoltura dei dati richiedono risorse finanziarie specifiche e una strategia ben precisa.

4.4.

Nel settore agroalimentare mancano l’elaborazione di norme e una metodologia comune per garantire la comparabilità e l’uso comune dei dati. A tale riguardo, dovrebbero essere attuate misure concrete con il coinvolgimento degli Stati membri, dal momento che alcuni agricoltori sono tenuti a raccogliere dati per vendere i loro prodotti ai dettaglianti.

4.5.

Il CESE ritiene che l’FSDN dovrebbe contribuire a migliorare la comprensione dell’intero ecosistema dell’azienda agricola ed essere interoperabile con altre banche dati che riguardano la catena di approvvigionamento o consentono di analizzare insieme serie di dati distinte; ciò al fine di poter monitorare la distribuzione del valore aggiunto e garantire un trattamento equo a tutti gli operatori della filiera alimentare. L’FSDN dovrebbe fornire indicatori chiave di prestazione di base legati alle prestazioni delle aziende agricole, ma anche alla situazione regionale e dei prodotti.

4.6.

L’FSDN dovrebbe contribuire a garantire una gestione intelligente, innovativa e sostenibile delle aziende agricole, a migliorare la gestione e la produzione di tali aziende e a garantire un collegamento alle variabili esogene della produzione agricola (condizioni meteorologiche ecc.). Gli agricoltori e le cooperative dovrebbero essere maggiormente coinvolti nei progetti di ricerca, e fondi UE potrebbero essere destinati in modo specifico alla digitalizzazione del settore agroalimentare. Data la natura specifica del settore, dovrebbe essere pubblicato un apposito invito a presentare proposte, con la partecipazione degli Stati membri.

5.   Contributo dell’FSDN alla digitalizzazione del settore agricolo e agroalimentare

5.1.

L’internalizzazione delle tecnologie informatiche è un processo lento, in quanto l’agricoltura è ancora uno dei settori meno digitalizzati e al riguardo esistono differenze significative tra i vari paesi, le diverse regioni e le differenti aziende agricole. L’inclusività digitale è un problema enorme, sul quale occorrerebbe concentrarsi al fine di ridurre le disuguaglianze: un settore agroalimentare più digitalizzato contribuirà a una maggiore trasparenza nella catena di approvvigionamento e ridurrà al minimo il rischio di speculazioni alimentari. Il CESE propone pertanto che la Commissione, gli Stati membri e la società civile, operando in partenariato, mettano a punto un programma integrato specifico per la digitalizzazione del settore agroalimentare. Poiché la transizione digitale è una priorità, occorrerebbe prevedere programmi dedicati che facilitino l’accesso alle tecnologie hardware e software per gli Stati membri, ma specialmente per i piccoli agricoltori. Occorrerebbe inoltre prevedere il rinnovo periodico delle licenze software utilizzate per la raccolta e la condivisione dei dati. A tal fine è possibile utilizzare fondi dell’Unione europea, anche se il coinvolgimento degli Stati membri è un fattore importante.

5.2.

Macchine o sensori autonomi e intelligenti sono generatori di dati che possono contribuire al processo decisionale a livello di singola azienda agricola e consolidare la gestione dei dati a livello della catena di approvvigionamento. L’interconnettività e l’interoperabilità tra gli attori della catena di approvvigionamento, unitamente ai dati geospaziali, dovrebbero contribuire a garantire la connessione al mercato per i piccoli agricoltori e il consolidamento delle catene di approvvigionamento.

5.3.

Consolidare la capacità di raccolta, condivisione, gestione e utilizzo dei dati a livello di azienda agricola è importante, in particolare per le piccole aziende, per integrare meglio gli agricoltori nelle catene di approvvigionamento e per accrescere l’efficienza delle aziende agricole. Tali costi dovrebbero essere coperti dalla PAC, e misure speciali dovrebbero essere integrate nei piani strategici dagli Stati membri. La scarsa conoscenza dei processi digitali da parte dei piccoli agricoltori deve essere gestita con attenzione nell’ambito di tali processi, mentre l’intera PAC e le altre politiche pertinenti dovrebbero dedicarsi in maniera chiara e costante a sviluppare le conoscenze digitali.

5.4.

La raccolta di dati sociali e ambientali non dovrebbe essere un processo isolato o un’attività aggiuntiva, bensì un’attività costante a livello di azienda agricola, indipendentemente dalle dimensioni o dalla tipologia della stessa, e gli Stati membri dovrebbero sostenere tale attività continua.

5.5.

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la domanda di dati e di digitalizzazione nel settore agroalimentare potrebbe generare discriminazioni di prezzo e speculazioni sui mercati delle materie prime. La concentrazione del mercato dei dati in un numero limitato di imprese deve essere gestita in modo da garantire la sovranità dei dati. Inoltre, la condivisione dei dati tra gli attori della catena di approvvigionamento deve aver luogo in modo equo, trasparente e non discriminatorio, in modo che l’FSDN possa contribuire a realizzare una catena di approvvigionamento più equa e a ridurre le emissioni indirette.

5.6.

Occorrerebbe dedicarsi costantemente alla creazione di un quadro per la democrazia dei dati che garantisca un equilibrio di potere contrattuale in relazione ai vantaggi offerti dai dati nei settori agroalimentari. Il CESE accoglie con favore l’introduzione di un «documento di identità» per le aziende agricole e ritiene che sia necessaria maggiore chiarezza su temi quali la riservatezza, la proprietà, la responsabilità e la portabilità dei dati in agricoltura. Occorrerebbe assicurare, oltre a una facile «scopribilità» dei dati dell’FSDN, un’equa condivisione dei vantaggi da loro offerti, basata sulla reciprocità tra i contributori e gli aggregatori dei dati.

5.7.

Sono altresì necessarie campagne di sensibilizzazione che mettano in evidenza l’importanza dei dati per le prestazioni economiche, sociali e ambientali delle aziende agricole — e in particolare per i piccoli agricoltori — al fine di consolidare la fiducia e migliorare la comprensione del contributo dei dati alla pertinenza e all’efficienza delle future politiche pubbliche. Gli attori delle catene di approvvigionamento agroalimentare dovrebbero avere accesso a piattaforme di dati aperti, e ciò al fine di garantire la comparabilità e la trasparenza all’interno delle catene di approvvigionamento dei prodotti. L’FSDN potrebbe motivare gli agricoltori a utilizzare le piattaforme digitali per integrarsi più facilmente nelle catene di approvvigionamento e condividere le buone pratiche.

5.8.

L’alfabetizzazione digitale dovrebbe essere impartita in maniera costante, in particolare alle piccole aziende agricole e agli agricoltori più anziani, prevedendo inoltre attività di formazione per i rilevatori dei dati. In materia di cibersicurezza, l’offerta di formazione, la diffusione di buone pratiche e la realizzazione di campagne dovrebbero essere costanti. Nonostante i progressi registrati nel campo della digitalizzazione e dei dati, sono necessari sistemi di più facile utilizzo. Il CESE sottolinea la necessità di garantire la copertura della banda larga e la digitalizzazione quali condizioni preliminari per l’agricoltura di precisione e la robotica, nonché per sostenere gli investimenti in tecniche sostenibili. In proposito occorrerebbe tener conto dell’evidente legame tra l’FSDN e il meccanismo per collegare l’Europa, ma anche con il Fondo relativo alla banda larga per collegare l’Europa.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE sul tema Una strategia alimentare sostenibile «Dal produttore al consumatore» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).

(2)  https://www.h2020fairshare.eu/

(3)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(4)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Digitalizzazione e sostenibilità — status quo e necessità di intervenire dal punto di vista della società civile (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 187).


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/171


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Piano d’azione per l’istituzione di corridoi di solidarietà UE-Ucraina per agevolare le esportazioni agricole dell’Ucraina e gli scambi bilaterali con l’UE»

[COM(2022) 217 final]

(2023/C 75/25)

Relatore:

Marcin NOWACKI

Consultazione

Commissione europea, 28.6.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Sezione Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sezione

4.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

156/12/17

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) fa notare che l’aggressione militare non provocata della Russia nei confronti dell’Ucraina ha portato alla distruzione di una parte significativa delle infrastrutture ucraine e al blocco dei porti e delle vie marittimi dell’Ucraina, facendo così crollare il commercio estero di tale paese. È quindi necessario esplorare rotte alternative per gli scambi commerciali attraverso il trasporto stradale e ferroviario tra l’UE e l’Ucraina.

1.2.

Il CESE invita gli Stati membri, la Commissione europea e il Consiglio ad adottare misure per rendere più agevole lo sdoganamento ai valichi di frontiera aumentando il numero degli addetti alle relative operazioni nonché la cooperazione tra i funzionari dell’UE e quelli ucraini. Tali misure dovrebbero essere il proseguimento della tendenza già in atto in alcuni Stati membri: la Polonia, ad esempio, ha aperto corsie dedicate per il traffico merci ai valichi di frontiera di Korczowa-Krakovets e di Dorohusk-Yahodyn. Sempre allo scopo di agevolare le operazioni di sdoganamento, va inoltre sottolineata la necessità di una cooperazione tra gli Stati membri e l’Ucraina, che si traduca ad esempio nell’effettuazione simultanea di tali operazioni da parte di tutti i servizi competenti, nel rispetto di tutte le procedure sia dei paesi dell’UE che dell’Ucraina.

1.3.

Vale la pena di osservare che, tra le iniziative più recenti per incrementare il volume degli scambi commerciali per via terrestre, si segnala la firma di due accordi tra l’UE, l’Ucraina e la Moldova intesi a liberalizzare il trasporto su strada di merci ucraine verso l’UE attraverso il territorio della Moldova. Gli accordi in materia di trasporto su strada contribuiranno a questo sforzo agevolando il trasporto di merci su strada tra l’UE, l’Ucraina e la Moldova, in quanto consentiranno ai vettori ucraini, moldovi e dell’Unione di transitare per e operare tra i rispettivi territori senza dover ottenere permessi per lo svolgimento di tali operazioni. L’accordo tra l’UE e l’Ucraina prevede inoltre il riconoscimento delle patenti di guida e dei certificati di qualifica professionale rilasciati in Ucraina (1).

1.4.

Il CESE sottolinea la necessità di effettuare urgentemente degli investimenti in infrastrutture per aumentare il numero degli attraversamenti delle frontiere e consentire lo svolgimento del commercio su rotaia. Tali investimenti possono essere effettuati soltanto con il sostegno di fondi europei. Sostegno al processo di investimento, garanzie di pagamento e assicurazioni per gli imprenditori che concorrono al trasporto di merci tra l’UE e l’Ucraina sono elementi necessari per aumentare il volume dei trasporti.

1.5.

Il CESE sottolinea la necessità di avviare una stretta cooperazione con i partner ucraini non solo per quanto concerne l’attuazione del processo di investimento e il miglioramento delle procedure per il trasporto delle merci, ma anche per consentire ai lavoratori ucraini di svolgere il loro lavoro sul territorio dell’UE. Tutto ciò riguarda sia i partner governativi che le parti sociali.

1.6.

Il CESE rileva che, per quanto concerne gli scambi commerciali tra l’UE e l’Ucraina, la comunicazione della Commissione europea individua con esattezza gli oneri significativi e le relative cause. Il conflitto armato in corso sul territorio ucraino, innescato dall’invasione totalmente ingiustificata da parte della Russia, ha portato alla distruzione su vasta scala delle infrastrutture dell’Ucraina e al blocco dei suoi porti sul Mar Nero, impedendo quindi al paese di accedere al proprio canale commerciale internazionale.

2.   Contesto

2.1.

Il presente parere è elaborato in risposta alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 12 maggio 2022, dal titolo «Piano d’azione per l’istituzione di corridoi di solidarietà UE-Ucraina per agevolare le esportazioni agricole dell’Ucraina e gli scambi bilaterali con l’UE» (2).

2.2.

Tra i beni essenziali prodotti dall’Ucraina ed esportati nell’UE, nonché in molti paesi dell’Africa e dell’Asia, vi sono le derrate alimentari, e in primo luogo i cereali. L’Ucraina è uno dei principali produttori di derrate alimentari, e il blocco del suo commercio estero ha per conseguenza un calo considerevole dell’offerta di numerosi prodotti alimentari sia nell’UE che nel resto del mondo. L’Ucraina e la Russia rappresentano, insieme, il 10 % della produzione mondiale di frumento e il 30 % del commercio di questo cereale nel mondo.

2.3.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea di creare rotte logistiche alternative e ottimizzate, ossia di istituire nuovi «corridoi di solidarietà UE-Ucraina», che agevolino il commercio di prodotti agricoli provenienti dall’Ucraina come pure il commercio estero bilaterale con tale paese. Tali corridoi forniranno inoltre all’Ucraina l’accesso alle rotte commerciali europee attraverso porti marittimi, consentendo così al nostro vicino orientale di partecipare al commercio mondiale. Tuttavia, è opinione generale che le esportazioni via terra possano compensare solo un terzo, o al massimo la metà, di quanto l’Ucraina normalmente esporta attraverso i suoi porti sul Mar Nero. Inoltre, il trasporto di merci via terra verso l’Europa ha un costo ben più alto rispetto alle esportazioni via nave passando per il Mar Nero. Per di più, le esportazioni dall’Ucraina nel mercato interno dell’UE sono limitate, e queste limitazioni sottraggono delle opportunità agli agricoltori e, al tempo stesso, impediscono di contribuire alle forniture alimentari di cui molti paesi africani e asiatici hanno urgente necessità.

2.4.

L’apertura di un corridoio sicuro per l’esportazione di cereali attraverso il Mar Nero può essere una buona notizia sia per i paesi importatori di derrate alimentari che per gli agricoltori ucraini. Tuttavia, la reale affidabilità di questo corridoio è ancora tutta da dimostrare, data la scarsa fiducia nei confronti della Russia. Inoltre, stiamo attraversando un periodo in cui i prezzi dei carburanti e dei fertilizzanti sono elevati. Gran parte dei terreni agricoli ucraini è sotto il controllo della Russia o a rischio di attacchi russi. Se, per ipotesi, gli agricoltori ucraini non fossero più in grado di coltivare le loro terre per via dei costi elevati e dello scarso livello di sicurezza, potrebbero allora abbandonare del tutto l’attività agricola, il che peserebbe ancora di più sulla sicurezza alimentare a livello internazionale e comporterebbe perdite di posti di lavoro. Occorre provvedere con urgenza a trovare delle soluzioni, considerato che non c’è tempo da perdere.

2.5.

Il CESE osserva che la Commissione individua correttamente le «strozzature», o per meglio dire gli ambiti in cui si registrano i principali problemi che ostacolano gli scambi tra l’UE e l’Ucraina, e propone una serie di azioni per affrontare i problemi individuati.

2.6.

I principali oneri che ostacolano lo sviluppo degli scambi commerciali tra l’UE e l’Ucraina sono quelli relativi alle infrastrutture. È quindi necessario effettuare investimenti urgenti che permettano di rimuovere le strozzature ai valichi di frontiera e consentano il transito ferroviario tra l’Ucraina e gli Stati membri dell’UE. È indispensabile instaurare e sviluppare, tra le istituzioni dell’UE, gli Stati membri, l’Ucraina e la Moldova, una cooperazione che possa recare un contributo efficace anche in relazione al trasporto delle merci.

3.   Osservazioni generali

3.1.

I danni causati dall’invasione russa dell’Ucraina sono difficili da stimare, soprattutto perché non sappiamo quanto durerà questa guerra. Nondimeno, però, occorre pensare già adesso ai piani per la ricostruzione dell’Ucraina, oltre che per il suo sviluppo economico e la sua integrazione nell’ecosistema economico dell’Unione europea. La conferenza di Lugano, svoltasi il 4 e 5 luglio 2022, ha segnato un importante passo avanti verso la ricostruzione dell’Ucraina, tanto più importante in quanto, il 23 giugno scorso, i leader dell’UE hanno deciso di accordare all’Ucraina lo status di paese candidato all’adesione all’Unione europea. E una tappa fondamentale verso il conseguimento di tale obiettivo è costituita senz’altro dal piano proposto dalla Commissione europea per la creazione di «corridoi di solidarietà» che consentano di incrementare gli scambi commerciali tra l’UE e l’Ucraina.

3.2.

L’Ucraina dispone di 18 porti da cui le merci possono essere esportate in altri paesi europei e in altre regioni del mondo. Secondo informazioni recenti provenienti dall’Ucraina, attualmente 15 di questi porti sono oggetto di blocco navale, mentre soltanto i rimanenti tre risultano operativi: Reni, Izmail e Ust-Dunaiskyi. Non solo, ma la Russia ha impedito la partenza di circa 80 navi straniere con i loro equipaggi. Fonti ucraine riferiscono che in marzo dai porti del paese sono uscite soltanto 400 000 tonnellate di merci, mentre in maggio le merci spedite sono salite a 1,3 milioni di tonnellate (3). Tuttavia, in rapporto alle necessità, si tratta appena di una goccia nell’oceano. La speranza che aumentino gli scambi commerciali via mare è riposta in un accordo in base al quale la Russia si impegna a consentire alle navi mercantili di uscire dai porti ucraini. Le prime navi cariche di cereali di produzione ucraina hanno già lasciato il porto di Odessa, ma va detto che l’accordo concluso con la Russia è fragile e che i porti ucraini potrebbero essere di nuovo completamente bloccati in qualsiasi momento (4).

3.3.

Dopo tutto, l’Ucraina è uno dei maggiori produttori alimentari al mondo. Circa la metà delle esportazioni mondiali di olio di girasole, il 16 % di quelle di granturco e il 10 % di quelle di frumento provengono da questo paese, che del resto è un importante produttore ed esportatore anche di altri cereali e derrate alimentari (5). Le esportazioni alimentari sono una fonte essenziale di entrate per l’Ucraina: nel 2021 esse hanno fruttato a tale paese 27,7 miliardi di dollari USA (USD) (6). I prodotti agricoli ucraini sono commercializzati principalmente nei paesi del Sud-Est asiatico, del Medio Oriente e dell’Africa; ma fra i principali importatori di tali prodotti figurano anche Stati membri dell’UE come la Spagna, i Paesi Bassi e l’Italia.

3.4.

Prima che la Russia invadesse l’Ucraina, circa i due terzi delle esportazioni ucraine venivano effettuati via mare: in particolare i cereali venivano esportati quasi esclusivamente via mare, e gli oli vegetali per oltre il 90 % (7). Il blocco dei porti marittimi commerciali ucraini sul Mar Nero ha un impatto diretto sulla sicurezza alimentare a livello internazionale e sulla situazione economica di numerosi paesi in tutto il mondo. Il fatto che la possibilità di approvvigionarsi di derrate alimentari dall’Ucraina sia limitata è e continuerà ad essere certamente un fattore importante di aumento dell’inflazione in tutta l’UE. Le operazioni di raccolto sono state ostacolate dalla guerra, dato che le truppe russe hanno saccheggiato le coltivazioni nei territori occupati, oltre ad averli disseminati di mine e ad avere appiccato il fuoco ai campi coltivati. Date queste condizioni, in Ucraina i raccolti sono inferiori a quelli degli anni precedenti, e ciò, unitamente alle difficoltà di esportare le derrate, potrebbe provocare carestie in parecchie regioni del pianeta. Inoltre, si stima che circa il 30 % del territorio ucraino in cui si produce frumento attualmente (agosto 2022) sia controllato dalla Russia. Non è chiaro quale sia la situazione della produzione nelle aree occupate: non si sa chi abbia il controllo di queste forniture né se esse possano comunque raggiungere i mercati mondiali. Per di più, si stima che, al momento dello scoppio della guerra, all’incirca 20-25 milioni di tonnellate di cereali del raccolto 2021 siano rimasti sul territorio ucraino,

3.5.

I problemi sopra descritti giustificano pienamente le proposte della Commissione di istituire dei «corridoi di solidarietà». Tuttavia, il CESE sottolinea che la proposta della Commissione dovrebbe includere misure volte ad accrescere la sicurezza degli investimenti, oltre a provvedimenti per incrementare la capacità dei valichi di frontiera.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Coordinamento delle attività dei servizi doganali degli Stati membri dell’UE e dell’Ucraina

4.1.1.

I controlli doganali congiunti alla frontiera dell’UE con l’Ucraina non costituiscono una novità. Un meccanismo analogo era infatti stato applicato nel 2012 in occasione della fase finale del campionato europeo di calcio («UEFA Euro 2012») [NdT: svoltasi in Polonia e in Ucraina], quando oltre un milione di persone aveva attraversato il confine polacco-ucraino. Va però osservato che le procedure speciali applicate all’epoca riguardavano solo la circolazione delle persone e non anche quella delle merci. Nondimeno, il coordinamento doganale aveva reso possibile un aumento della capacità dei valichi di frontiera. Le circostanze particolari causate dall’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina giustificano senz’altro che si valuti seriamente la possibilità di adottare anche oggi misure analoghe per la circolazione delle merci. È indubbio che sia necessario effettuare controlli doganali ai valichi di frontiera con l’Ucraina. Tuttavia, il CESE raccomanda che tali controlli siano svolti, in piena cooperazione e coordinamento operativo, in un unico luogo e contemporaneamente da funzionari sia degli Stati membri dell’UE che dell’Ucraina.

4.2.   Aumento della capacità dei valichi di frontiera. Soluzioni in materia di trasporto su strada. Apertura di nuovi valichi di frontiera e corsie per lo sdoganamento delle merci, e in particolare dei prodotti agroalimentari

4.2.1.

L’apertura di valichi di frontiera e l’aumento delle loro capacità sono fondamentali per consentire il libero scambio delle merci tra gli Stati membri dell’UE e l’Ucraina. Questa tendenza sta già emergendo nei paesi confinanti con l’Ucraina e dovrebbe essere sostenuta, anche finanziariamente, mediante investimenti nelle infrastrutture necessarie. È necessario non solo sviluppare la capacità dei valichi di frontiera esistenti, ad esempio aumentando il personale addetto ai servizi doganali, ma anche, nei luoghi in cui è possibile, aprire nuovi valichi, destinati in particolare al controllo e allo sdoganamento delle merci. A tal proposito si può citare utilmente l’esempio della Polonia, che ha aumentato la capacità, in termini di volume di merci sdoganate, dei valichi di frontiera di Korczowa-Krakovets e di Dorohusk-Yahodyn e, ampliando e sfruttando al meglio le infrastrutture esistenti, in poco tempo ha ridotto i tempi di attesa per lo sdoganamento delle merci presso altri valichi di frontiera.

4.2.2.

È opportuno osservare che per il commercio dei cereali ucraini è possibile utilizzare non solo i porti marittimi della Polonia ma anche quelli dei paesi baltici. Si deve fare un uso efficiente della rete ferroviaria polacca e consentire alle autorità e alle imprese ucraine di utilizzare i porti polacchi, lituani, lettoni ed estoni. È importante ricordare che un considerevole quantitativo di cereali di produzione ucraina è immagazzinato in depositi situati al confine polacco-ucraino, il che significa che permangono tuttora degli ostacoli alla logistica degli scambi commerciali, ostacoli che è necessario eliminare.

4.2.3.

Va osservato che la Commissione propone altresì di avviare negoziati per la conclusione di un accordo tra l’Unione europea e l’Ucraina sul trasporto di merci su strada. Al di là della sua durata iniziale, tale accordo potrebbe continuare ad applicarsi fintantoché gli effetti dell’aggressione militare russa contro l’Ucraina sulle infrastrutture e le operazioni di trasporto rimarranno gravi. Al riguardo, però, occorre sottolineare che i contesti nei quali le imprese ucraine e quelle dell’UE si trovano a operare sono molto diversi. È quindi necessario che un’eventuale accordo tra l’UE e l’Ucraina preveda una tabella di marcia per le modifiche da apportare nell’ordinamento ucraino al fine di allinearne le normative nazionali agli standard europei, compreso il pacchetto sulla mobilità. In caso contrario, infatti, le imprese di trasporto ucraine potrebbero ottenere un vantaggio competitivo considerevole rispetto alle loro concorrenti europee, con possibili gravi conseguenze economiche per il settore europeo dei trasporti.

4.2.4.

Nell’azione 4 del piano d’azione in esame la Commissione «invita a dare la priorità alle spedizioni ucraine per le esportazioni agricole verso corridoi merci dotati della migliore capacità disponibile». Si tratta senz’altro di un’azione molto importante dal punto di vista amministrativo. Tuttavia, è opportuno far notare che, in assenza di ulteriori incentivi economici e di assicurazioni adeguate, gli operatori privati del settore dei trasporti potrebbero non essere disposti ad assumersi i rischi associati al trasporto di prodotti agricoli. Le imprese private saranno guidate dai principi della massimizzazione dei profitti e della riduzione al minimo dei rischi, cosicché, invece di trasportare prodotti agricoli dall’Ucraina, potrebbero scegliere di trasportare altre merci o di seguire linee d’azione completamente diverse.

4.2.5.

Il CESE apprezza il fatto che la Commissione sottolinei, come è giusto, la necessità di rimuovere numerosi ostacoli alla possibilità per i conducenti professionali ucraini di lavorare nel territorio dell’UE. Si dovrebbero intraprendere azioni concertate con i partner ucraini per consentire ai cittadini ucraini di lavorare nelle imprese di trasporto europee e di attraversare liberamente le frontiere dell’UE. Le imprese di trasporto europee che operano nella regione considerata devono infatti far fronte a una notevole carenza di manodopera. Prima della guerra numerosi cittadini ucraini lavoravano in Stati membri dell’UE, ma dopo lo scoppio delle ostilità sono stati costretti a tornare in patria. Attualmente essi non sono in grado di lasciare l’Ucraina per andare a lavorare nell’UE, e ciò ha un impatto sulla situazione delle imprese europee.

4.3.   Collegamenti ferroviari tra l’UE e l’Ucraina

4.3.1.

Il CESE osserva che la Commissione europea individua correttamente i problemi nel settore del trasporto ferroviario delle merci. Lo scartamento ferroviario standard nell’UE è di 1 435 mm, mentre in Ucraina è di 1 520 mm, una differenza che impedisce ai treni merci dell’UE di viaggiare sui binari ucraini e viceversa. La pratica suggerita dalla Commissione per ovviare a questo problema, vale a dire cambiare i carrelli dei carri ferroviari, non sempre può essere sufficiente. A tal proposito, occorre ricordare che i carri ucraini sono talvolta più ampi di quelli utilizzati nell’UE, il che può impedire loro di viaggiare sui binari di paesi dell’Unione europea.

4.3.2.

Nell’azione 6 la Commissione si impegna a collaborare con gli Stati membri e le imprese del settore per individuare i principali centri di trasbordo/cambio di scartamento alle frontiere UE-Ucraina e al di là di esse, e ciò al fine di stabilire «i volumi che potrebbero essere trasbordati quotidianamente, per il trasporto alla rinfusa e mediante container». È opportuno osservare che l’assistenza al coordinamento fornita dall’UE dovrebbe andare al di là del mero trasporto e riguardare anche la spedizione delle merci. Attualmente le imprese ucraine incontrano grandi difficoltà nel creare nuove catene logistiche (prenotazione dei terminali di frontiera e organizzazione del trasporto ferroviario, prenotazione dei terminali nei porti, contratti con le società di trasporto marittimo); in molti casi trasportano il carico di cereali soltanto fino alla frontiera, con la congestione che ne consegue. Il problema potrebbe essere risolto mediante eventi e meccanismi di incontro (anche online) su vasta scala che, ad esempio, mettano in contatto gli esportatori ucraini con gli spedizionieri, le imprese logistiche ecc. dell’Unione europea.

4.3.3.

La realizzazione di corridoi di solidarietà presuppone tutta una serie di investimenti nelle infrastrutture, in particolare nella rete ferroviaria. Un esempio degno di nota è l’estensione dell’infrastruttura ferroviaria europea all’interno del corridoio proposto per collegare la Polonia, l’Ucraina e la Romania, lungo la linea Danzica-Lublino/Przemyśl-Leopoli-Chernivtsi-Suceava-Costanza. Il progetto potrebbe costituire una tratta orientale del nuovo corridoio Mar Baltico — Mar Nero — Mare Egeo della rete TEN-T, del quale si discute nel quadro della revisione ciclica di tale rete. Una volta effettuati i necessari investimenti in territorio polacco, come il polo di trasporto centrale della Repubblica di Polonia (Solidarity Transport Hub) e l’adeguamento della rete ferroviaria ad alta velocità per consentire il trasporto merci, questa sarà probabilmente la rotta più rapida per il trasporto di merci dall’Ucraina verso i porti marittimi del Baltico. La realizzazione di investimenti nelle ferrovie nell’ambito della rete TEN-T consentirà alla Moldova di essere meglio collegata con l’UE e di aprire un maggior numero di rotte di trasporto delle merci verso Odessa e Chișinău.

4.4.   Sostegno finanziario e riduzione dei rischi per gli imprenditori

4.4.1.

La ricostruzione dell’Ucraina richiede ingenti investimenti. A causa delle ostilità, infatti, una quota significativa delle infrastrutture e dell’agricoltura del paese è andata distrutta. Perché tali investimenti siano possibili, servono fonti di finanziamento e garanzie di pagamento che forniscano delle assicurazioni nei casi in cui l’investitore non sia in grado di pagare il contraente cui siano stati appaltati i lavori. È quindi necessario integrare tali strumenti con fondi dell’UE destinati a sostenere gli imprenditori che effettuano investimenti in Ucraina. Dati i costi elevati di carburanti, fertilizzanti e assicurazioni, molti agricoltori non si assumeranno il rischio di effettuare investimenti. Molte aziende agricole nelle aree occupate dai russi saranno lasciate in stato di abbandono, il che comporterà la perdita del posto di lavoro per gli abitanti di quei territori e l’interruzione della produzione alimentare.

4.4.2.

La Commissione sottolinea giustamente come i proprietari di carri ferroviari dell’UE siano riluttanti a inviare il loro materiale rotabile e i loro veicoli in Ucraina. A queste preoccupazioni il governo dell’Ucraina ha risposto con un decreto in cui lo Stato ucraino si è impegnato a coprire i costi derivanti dalla perdita di carri e/o di chiatte. Tuttavia, il decreto non prevede alcuna compensazione per i rischi assicurativi e, inoltre, non fa riferimento al trasporto su strada. Attualmente materiale rotabile dell’UE sta già entrando in parte in territorio ucraino, benché ancora in quantità limitata. Sarebbe opportuno un sostegno concreto da parte dell’UE, in cooperazione con l’Ucraina, e la destinazione di risorse specifiche al relativo strumento. I rischi legati alle attività belliche sul territorio ucraino incidono in misura rilevante sulla volontà delle imprese (comprese quelle attive nel settore del trasporto su strada) di operare nel campo degli scambi commerciali tra l’UE e l’Ucraina.

4.4.3.

In vari punti del suo piano d’azione, la Commissione fa riferimento alla necessità di effettuare investimenti considerevoli, ad esempio nella realizzazione di collegamenti ferroviari e di infrastrutture per la movimentazione (trasbordo) o lo stoccaggio delle merci. È opportuno osservare che la mobilitazione di investimenti privati in infrastrutture cerealicole (costruzione di terminali ed elevatori, acquisto di carri e materiale rotabile, realizzazione o adeguamento di banchine portuali ecc.) deve attualmente fare i conti con una sfida cruciale: l’incertezza che circonda l’andamento e l’esito della guerra, e quindi il rischio di effettuare investimenti sovradimensionati. Data la dimensione globale del problema, è legittimo chiedere il sostegno di altri paesi e di organizzazioni internazionali per la creazione di strumenti finanziari volti a coprire i rischi delle imprese private che effettuano investimenti cruciali in infrastrutture di trasporto e stoccaggio dei cereali. Attori pertinenti potrebbero essere ad esempio la Banca europea per gli investimenti o altre banche di sviluppo dei paesi della regione considerata.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Supporting Ukrainian exports and improving connections to the EU: strengthens cooperation with Ukraine and Moldova [Sostenere le esportazioni ucraine e migliorare i collegamenti con l’UE: l’UE rafforza la cooperazione con l’Ucraina e la Moldova] (europa.eu).

(2)  COM(2022) 217 final.

(3)  https://ubn.news/russian-invaders-have-seized-and-blocked-15-ukrainian-ports/

(4)  https://www.business-standard.com/article/international/ukraine-russia-sign-un-deal-to-export-grain-and-fertiliser-on-black-sea-122072201213_1.html

(5)  https://www.bbc.com/news/world-europe-61583492; https://www.apk-inform.com/en/news/1526701; cfr. anche la nota informativa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) intitolata The importance of Ukraine and the Russian Federation for global agricultural markets and the risks associated with the war in Ukraine [L’importanza dell’Ucraina e della Federazione russa per i mercati agricoli mondiali e i rischi associati alla guerra in Ucraina].

(6)  https://www.weforum.org/agenda/2022/07/ukraine-s-food-exports-by-the-numbers/

(7)  https://www.bbc.com/news/world-europe-61583492


ALLEGATO

Il seguente emendamento, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni:

EMENDAMENTO

Presentato da:

CAÑO AGUILAR Isabel

HAJNOŠ Miroslav

QUAREZ Christophe

SZYMAŃSKI Mateusz

TEN/781 — Corridoi di solidarietà UE-Ucraina

Punto 4.5

Inserire un nuovo punto dopo l’attuale punto 4.4.3

Parere della sezione

Emendamento

 

4.5.

La tutela dei diritti dei lavoratori nel nuovo progetto di codice del lavoro

Il parlamento ucraino ha recentemente abbandonato il principio, cui per lungo tempo si era attenuto, di consultare le organizzazioni sindacali e datoriali sulle politiche relative alle modifiche della legislazione del lavoro. Di conseguenza, tale parlamento ha approvato la legge 2434-IX, entrata in vigore nell’agosto 2022, che discrimina i lavoratori delle imprese con meno di 250 dipendenti e con retribuzioni superiori a otto volte il livello del salario minimo, consentendo al loro datore di lavoro di proporre la stipula di contratti di lavoro individuali, che, se accettati, possono imporre a tali dipendenti responsabilità e obblighi aggiuntivi non previsti dalla legislazione del lavoro o dai contratti collettivi. La legge è stata adottata nel quadro della legge marziale vigente in Ucraina, ma rientra con ogni evidenza in un più ampio programma di deregolamentazione e di smantellamento dei diritti dei lavoratori. La sua adozione è — e a maggior ragione l’inclusione delle sue disposizioni nella nuova legislazione del lavoro in tempo di pace sarebbe — contraria non soltanto all’acquis dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda la libera prestazione di servizi, le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, la sostenibilità delle condizioni di occupazione e il principio di non discriminazione, ma anche agli obblighi derivanti dalle convenzioni OIL ratificate e dal pilastro europeo dei diritti sociali per quanto concerne la sicurezza e la flessibilità dell’impiego e la congruità del salario minimo e del reddito minimo.

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

81

Voti contrari:

97

Astensioni:

17


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/178


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Strategia dell’UE per l’energia solare»

[COM(2022) 221 final]

e

sulla raccomandazione della Commissione sull’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti di energia rinnovabile e sull’agevolazione degli accordi di compravendita di energia

[C(2022) 3219 final]

(2023/C 75/26)

Relatore:

Kęstutis KUPŠYS

Correlatrice:

Alena MASTANTUONO

Consultazione

Commissione europea, 28.6.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sezione

4.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

171/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sottolinea la necessità che l’UE promuova con urgenza l’energia solare e accresca le capacità europee in questo settore per diversi motivi: realizzare gli obiettivi climatici, aumentare l’autonomia energetica strategica dell’UE, promuovere gli investimenti pubblici e privati e la creazione di posti di lavoro dignitosi, rafforzare la base industriale, favorire le opportunità commerciali e contribuire a far sì che le famiglie possano accedere all’energia a prezzi accessibili.

1.2.

Al tempo stesso, il CESE sottolinea la necessità di riconoscere le differenze tra gli Stati membri sul piano del mix energetico, che ne rispecchiano le condizioni geografiche e climatiche e la disponibilità di diverse fonti energetiche rinnovabili. Il potenziamento dell’energia solare deve avvenire nel rispetto delle condizioni tecniche e della sostenibilità ambientale. Per sfruttare appieno il potenziale dell’energia solare in Europa occorre rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri.

1.3.

Il CESE accoglie con favore la strategia dell’UE per l’energia solare (1) (in prosieguo anche «la strategia»), ma si rammarica del fatto che i suoi risultati arriveranno così tardi. Invita gli Stati membri a non attendere l’adozione delle nuove norme dell’UE e a iniziare fin da ora ad agevolare le procedure amministrative e ad abbreviare l’iter autorizzativo. Il CESE invita gli Stati membri a potenziare lo sportello unico, a migliorare le procedure integrate e uniche di rilascio delle autorizzazioni e ad accelerare immediatamente la designazione delle «zone di riferimento», limitando il processo di attuazione completa a un massimo di due anni. Sottolinea inoltre che la strategia in materia di energia solare richiede che siano sviluppate fortemente le capacità di stoccaggio e che le reti di trasmissione e distribuzione siano pronte.

Il CESE invita i responsabili politici a incoraggiare e sostenere i cittadini per porli nelle condizioni di diventare prosumatori di energia solare e di creare comunità energetiche. Il CESE raccomanda agli enti locali di avviare progetti per combattere la povertà energetica nelle zone in cui gli abitanti non possono permettersi di investire attraverso le comunità energetiche. Il CESE chiede di attribuire maggiore attenzione al fotovoltaico in agricoltura, al fine di offrire agli agricoltori nuove opportunità e nuovi vantaggi.

1.4.

Il CESE osserva che la diffusione dell’impiego delle pompe di calore dovrebbe essere vista in parallelo con l’aumento dell’installazione di impianti solari fotovoltaici, in quanto combinare un sistema solare fotovoltaico (su tetto) con una pompa di calore costituisce la soluzione più efficiente sotto il profilo energetico e quella economicamente più accessibile per il raffrescamento ove le condizioni climatiche lo consentano. Il CESE ritiene inoltre necessario promuovere l’installazione di grandi sistemi di solare termico destinati alla produzione di energia da immettere in rete (sistemi utility-scale).

1.5.

Per garantire una diffusione su larga scala del solare fotovoltaico occorre rafforzare la base industriale europea e garantire catene di approvvigionamento in campo solare ben funzionanti e affidabili. Il CESE ritiene pertanto indispensabile che l’UE trovi soluzioni per produrre energia fotovoltaica in Europa, migliorare il contesto per gli investimenti pubblici e privati e creare condizioni favorevoli alle imprese, compreso un adeguato accesso ai finanziamenti e una forte attenzione alla ricerca e all’innovazione.

1.6.

L’installazione di impianti di energia solare è ostacolata da un’enorme carenza di manodopera qualificata, oltre che da barriere normative e persino tecniche. Il CESE sollecita a promuovere intensamente la formazione e lo sviluppo delle competenze nel quadro di una cooperazione tra i pertinenti portatori di interessi.

1.7.

Il CESE sottolinea l’importanza di creare un’adeguata capacità industriale all’interno dell’UE per prodotti per il fotovoltaico sostenibili e a prezzi ragionevoli e chiede di sostenere con fermezza l’alleanza per l’industria solare fotovoltaica. Sottolinea la chiara necessità di mobilitare tutte le parti interessate, con l’appoggio delle autorità pubbliche e delle parti sociali, per garantire le conoscenze pratiche e le competenze necessarie, nonché un ampio sostegno alla diffusione dei sistemi fotovoltaici solari.

2.   Contesto del parere

2.1.

Il 18 maggio 2022, nel contesto della guerra in Ucraina, dell’introduzione di sanzioni dell’UE contro la Russia e degli sforzi per affrontare la questione della sovranità energetica, la Commissione europea ha proposto il piano REPowerEU (2), volto a «ridurre rapidamente la nostra dipendenza dai combustibili fossili russi imprimendo un’accelerazione alla transizione verso l’energia pulita e unendo le forze per giungere a un sistema energetico più resiliente e a una vera Unione dell’energia».

2.2.

Quanto alla produzione di energia pulita, il piano REPowerEU propone alcuni modi in cui l’UE può accelerare la transizione verde e stimolare massicci investimenti nelle energie rinnovabili (3). Nel quadro del piano REPowerEU, la Commissione europea ha adottato una strategia dell’UE per l’energia solare, incentrata su quattro iniziative:

a)

un’iniziativa europea per i tetti solari;

b)

un pacchetto sulle procedure di autorizzazione;

c)

un partenariato dell’UE su vasta scala per le competenze;

d)

un’alleanza dell’UE per l’industria solare fotovoltaica.

2.3.

La strategia si fonda sulle iniziative proposte dall’UE in materia di fonti rinnovabili, prestazione energetica nell’edilizia ed efficienza energetica (in prosieguo «la proposta di direttiva» (4)). La proposta di direttiva prevede l’introduzione di una durata massima delle procedure autorizzative applicabile agli impianti di produzione di energia rinnovabile. La Commissione ha presentato un’iniziativa per innalzare gli obiettivi fissati nelle precedenti proposte di revisione della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili (5) (RED II) e della direttiva sull’efficienza energetica (6).

2.4.

Il presente parere si inserisce tra i diversi pareri formulati dal CESE in materia di energia ed è in questo contesto generale che va inquadrato, un contesto che comprende, tra gli altri, i pareri sul piano REPowerEU (7), sui mercati dell’energia, sulla sicurezza energetica e sui prezzi dell’energia.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la strategia proposta, e più in particolare il fatto che essa affronti la necessità di intervenire in tutto il settore dell’energia solare: investimenti, innovazione, produzione di energia, elettricità, assetto del mercato, incentivi, infrastrutture, lavoratori qualificati, sensibilizzazione, sostenibilità e catene del valore.

3.2.

Promuovere l’energia solare e potenziare le capacità europee in questo settore sono azioni urgenti per diversi motivi. Esse sono necessarie per realizzare gli obiettivi climatici e per accrescere l’autonomia strategica dell’UE nel settore dell’energia. Esse stimolano inoltre gli investimenti pubblici e privati e la creazione di posti di lavoro dignitosi, forniscono opportunità commerciali e contribuiscono a far sì che le famiglie possano accedere all’energia a prezzi accessibili.

3.3.

Affinché la strategia dell’UE per l’energia solare sia coerente e sostenibile, l’UE deve garantire:

1)

quadri normativi adeguati che consentano di risparmiare tempo e di ridurre i costi;

2)

il contributo attivo dei consumatori alla produzione di energia solare;

3)

lo sfruttamento delle economie di scala;

4)

cospicui investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture;

5)

incentivi per le attività di ricerca, sviluppo e innovazione;

6)

operatori qualificati e posti di lavoro di qualità necessari per attirarli;

7)

materie prime disponibili in misura sufficiente;

8)

la circolarità e l’efficienza energetica nell’intero settore del solare fotovoltaico; e

9)

finanziamenti adeguati.

3.4.

Il CESE sottolinea anche che nella strategia devono essere riconosciute le differenze tra gli Stati membri sul piano del mix energetico, che ne rispecchiano le condizioni geografiche e climatiche e la disponibilità di fonti energetiche rinnovabili diverse. Inoltre, il potenziamento dell’energia solare deve avvenire nel rispetto delle condizioni tecniche e del quadro in materia ambientale.

3.5.

Il Comitato auspica che la strategia per l’energia solare diventi una chiave di volta nella transizione verso un sistema energetico climaticamente neutro, in cui le energie rinnovabili svolgono un ruolo centrale. A tal fine, occorre porre un forte accento sullo sviluppo delle tecnologie di stoccaggio, sulla gestione della domanda e sull’integrazione del sistema energetico nel suo complesso.

3.6.

Il CESE richiama l’attenzione sull’urgente necessità di creare condizioni favorevoli alla ricerca, allo sviluppo dei prodotti e alla creazione di capacità industriali all’interno dell’UE per la produzione di apparecchiature per l’energia solare sostenibili e a prezzi competitivi. A tal fine, il CESE appoggia con forza l’alleanza per l’industria solare fotovoltaica, che dovrebbe trovare soluzioni al persistente problema della capacità industriale in diminuzione all’interno dell’UE. In questo contesto si dovrebbe sfruttare l’esperienza di altre alleanze, quali l’Alleanza europea per le batterie, e le possibili sinergie con esse. Gli attori della società civile dovrebbero essere coinvolti sin dall’inizio, in quanto svolgono un ruolo fondamentale nel fornire conoscenze e competenze pratiche, nonché nel raggiungere un pubblico più ampio e garantire il sostegno e la consultazione della collettività.

Migliorare la diffusione dell’energia solare

3.7.

Per accrescere il passaggio all’energia solare abbiamo bisogno di una politica che incoraggi i consumatori e tutti i portatori di interessi del sistema energetico a rispondere a tale ambizione quando acquistano energia. Al tempo stesso, essi devono essere incoraggiati a impegnarsi a realizzare misure di efficienza e di risparmio energetici. Tale obiettivo potrebbe essere raggiunto rendendo i consumatori consapevoli dei benefici previsti — per esempio bollette energetiche più basse, miglioramento del benessere quotidiano e aumento del valore della loro casa — e progettando strumenti finanziari adeguati.

3.8.

Il CESE invita i responsabili politici a incoraggiare e sostenere i cittadini per porli nelle condizioni di diventare non solo consumatori consapevoli di energia, ma anche prosumatori di energia solare e di creare comunità energetiche. In questo modo verrebbero aiutati a essere più consapevoli dei prezzi del mercato comune e più indipendenti da essi. Il CESE raccomanda agli enti locali di avviare progetti collettivi in materia di energia solare, sfruttando gli edifici pubblici come uffici, scuole e ospedali, in modo da poter affrontare la povertà energetica nelle zone in cui gli abitanti non possono permettersi di investire attraverso le comunità energetiche.

3.9.

Dato il ruolo prioritario dell’efficienza e del risparmio energetici, gli Stati membri dovrebbero agevolare la diffusione dei contatori intelligenti al fine di consentire agli utenti di farsi un’idea più precisa dei loro consumi e capire meglio come gestirli. Il CESE chiede di considerare il nesso che esiste tra il miglioramento dell’efficienza energetica e il rafforzamento del ruolo dell’energia solare nella ristrutturazione degli edifici. Gli Stati membri sono incoraggiati a orientare gli utenti di energia a ripartire in modo accorto il loro fabbisogno energetico nell’arco delle 24 ore al fine di ridurre i picchi di domanda.

3.10.

Il CESE osserva che la maggiore presenza di impianti solari fotovoltaici va vista in parallelo con la diffusione dell’utilizzo delle pompe di calore, dato che i picchi di produzione di energia solare coincidono con l’aumento della domanda di energia elettrica per il raffrescamento degli edifici. La combinazione di un sistema solare fotovoltaico (su tetto) con una pompa di calore costituisce pertanto la soluzione più efficiente sotto il profilo energetico e quella economicamente più accessibile per il raffrescamento (in determinati momenti della giornata) quando le condizioni climatiche lo consentono. Per il resto del tempo, la produzione è legata alla volatilità dell’intensità solare, il che significa che occorre utilizzare un’altra fonte di energia per soddisfare la domanda. Tale volatilità può essere parzialmente attenuata dallo sviluppo di una solida capacità di stoccaggio, che oggi non è ancora disponibile in quantità sufficienti, e da migliori connessioni di trasmissione, il che richiede una migliore cooperazione tra gli Stati membri.

3.11.

L’energia solare termica è stata ampiamente sottovalutata nella maggior parte degli Stati membri. Il CESE invita ad accrescere l’utilizzo dei sistemi di solare termico, ove possibile, in un’ottica di utility-scale nei piani di transizione energetica a livello degli Stati membri, delle regioni e dei comuni. Con l’attuale crisi dell’approvvigionamento di gas e la necessità di sostituire il gas naturale, utilizzato principalmente per il riscaldamento e per i processi industriali, l’energia solare termica costituirà un fattore importante del sistema energetico.

3.12.

Il CESE ritiene necessario valutare più a fondo e aumentare il potenziale di diffusione del solare fotovoltaico su tetto creando meccanismi permanenti di consultazione e collaborazione che coinvolgano un’ampia gamma di parti interessate. A tal fine sarebbe necessario istituire agenzie ed entità locali e regionali per le energie rinnovabili e dotarle di un adeguato finanziamento, con il compito di sostenere i cittadini, le PMI e gli enti locali, avviando nel contempo iniziative di formazione e promuovendo la creazione di posti di lavoro dignitosi.

3.13.

I sistemi solari fotovoltaici integrati negli edifici rivestono un ruolo importante nel massimizzare la produzione di energia solare. Se non solo il tetto ma anche parti della facciata di un edificio sono coperti da superfici che producono energia elettrica solare, l’utente ha la possibilità di sfruttare il sole per un periodo molto più lungo della giornata. Questo approccio è vantaggioso per l’intero sistema energetico, perché consente di smussare i picchi di produzione del fotovoltaico. Il CESE raccomanda di incoraggiare ulteriori ricerche sui sistemi solari fotovoltaici integrati negli edifici e di aggiungere un’ulteriore componente all’iniziativa per i tetti con un accento più marcato sul sostegno all’orientamento est-ovest degli impianti solari fotovoltaici.

Accelerare le procedure autorizzative e garantire risorse finanziarie adeguate

3.14.

Il CESE sottolinea che sarà presto necessario accelerare le procedure autorizzative al fine di agevolare la diffusione delle energie rinnovabili, in particolare per quanto riguarda la produzione, lo stoccaggio, la distribuzione e la trasmissione. Sebbene il rilascio delle autorizzazioni sia di competenza degli Stati membri, il CESE appoggia le linee generali delineate nella proposta di direttiva COM(2022) 222 final e nella raccomandazione della Commissione C(2022) 3219 final (8), e incoraggia gli Stati membri a concentrare gli sforzi sullo sviluppo delle loro procedure.

3.15.

Secondo un’analisi del settore (9), i tempi di rilascio di un’autorizzazione per impianti solari fotovoltaici vanno dai 12 mesi della Lituania ai 48 mesi della Croazia. Dei 12 paesi sui quali si disponeva di informazioni al riguardo, solo tre presentavano tempi di rilascio delle autorizzazioni inferiori al limite UE di 24 mesi. Il CESE invita pertanto gli Stati membri a fissare scadenze ben definite e più brevi per le procedure amministrative e autorizzative e a semplificare gli iter potenziando lo sportello unico e migliorando le procedure di rilascio delle autorizzazioni integrate e uniche. Secondo il Comitato, gli Stati membri non dovrebbero attendere l’adozione della proposta, ma dovrebbero già iniziare ad abbreviare le procedure. Inoltre, il CESE sottolinea la necessità di digitalizzare il maggior numero possibile di procedure nelle varie fasi dell’iter di rilascio delle autorizzazioni.

3.16.

Il CESE concorda pienamente con quanto esposto nella sezione «Facilitare la partecipazione dei cittadini e delle comunità» della raccomandazione della Commissione (10). La partecipazione dei cittadini e delle comunità energetiche ai progetti di energia rinnovabile è essenziale per il coinvolgimento dei cittadini e il loro sostegno alla transizione energetica. Il CESE sottolinea che la diffusione dell’energia solare non dovrebbe essere un privilegio riservato ad alcuni consumatori e che gli utenti vulnerabili e in condizioni di povertà energetica devono avere accesso all’energia solare, per esempio grazie ad impianti installati negli alloggi sociali, alle comunità energetiche o al sostegno finanziario per impianti singoli.

3.17.

Secondo la proposta di direttiva, gli Stati membri dovrebbero adottare uno o più piani che designino «zone di riferimento» per uno o più tipi di fonti energetiche rinnovabili entro due anni dall’entrata in vigore della direttiva modificata. Il CESE sottolinea l’urgenza di mettere in atto quanto prima tali piani, limitando il processo di attuazione completa a un massimo di due anni. I tetti costituiscono una superficie omogenea, tranne ovviamente nelle aree soggette a vincoli di protezione. Il Comitato raccomanda tempi più brevi per l’avvio di iniziative per le quali le soluzioni tecniche sono ormai ben note, come nel caso del fotovoltaico su tetto.

3.18.

Il CESE osserva inoltre che i moduli fotovoltaici galleggianti sulle superfici dei laghi e dei bacini artificiali riducono la perdita d’acqua per evaporazione, migliorando nel contempo l’efficienza di conversione dell’energia fotovoltaica grazie al raffreddamento intrinseco fornito dall’acqua. Nel caso delle dighe, l’energia elettrica diurna può essere fornita mediante fotovoltaico galleggiante mentre quella notturna può essere generata dall’acqua rilasciata dalla diga, sempre utilizzando la connessione alla rete esistente.

3.19.

Tuttavia, è necessario un approccio attento nei casi in cui le soluzioni tecniche siano meno avanzate e le implicazioni per la perdita di biodiversità non siano state esaminate a fondo. Un esempio di questo tipo potrebbe essere costituito dai progetti fotovoltaici galleggianti, in particolare nei corpi idrici non artificiali. La mancanza di un approccio maggiormente granulare è una delle rare carenze della proposta summenzionata.

3.20.

Il CESE chiede di attribuire maggiore attenzione al fotovoltaico in agricoltura, eventualmente sotto forma di un’ulteriore raccomandazione della Commissione. Le azioni degli Stati membri in questo settore non dovrebbero distorcere l’utilizzo di terreni agricoli produttivi o danneggiare la produzione alimentare (da qui la necessità di incentivare la produzione di energia solare sui terreni di minor valore). Allo stesso tempo, nel settore della politica agricola dovrebbero essere evidenziate le opportunità di un reddito supplementare derivante dalla produzione di energia per gli agricoltori e di una migliore protezione delle coltivazioni e degli animali (effetto di ombreggiamento e raffrescamento, riduzione dello stress da calore, protezione contro la grandine e il gelo). Quest’ultimo fattore deve essere considerato anche nell’ottica di un migliore adattamento ai cambiamenti climatici. L’installazione di parchi solari su larga scala dovrebbe avere la priorità sui terreni marginali e nelle aree dismesse.

3.21.

La promozione dell’energia solare è una questione urgente ed è pertanto necessario che i rispettivi progetti previsti dai piani nazionali per la ripresa e la resilienza costituiscano una priorità. Poiché la capacità di produrre energia verde, in particolare energia solare, varia notevolmente da una regione all’altra, la politica di coesione potrebbe e dovrebbe contribuire in modo decisivo all’approvvigionamento energetico complessivo dell’UE; InvestEU o un programma analogo dovrebbero svolgere anch’essi un ruolo importante. Il CESE accoglie con favore l’accento che la strategia pone sulla riconversione di terreni industriali o minerari dismessi, in quanto tali superfici rappresentano un’opportunità per la diffusione dei sistemi di energia solare. A tale riguardo, il CESE appoggia il ricorso al Fondo per la modernizzazione e al Fondo per la transizione giusta per le zone di riferimento.

Rafforzare le capacità di produzione e di installazione

3.22.

L’attuale obiettivo dell’UE di installare 320 GW di solare fotovoltaico entro il 2025 per arrivare a 600 GW entro il 2030 (con la Germania che, da sola, punta a raggiungere 215 GW) è assai ambizioso, ma si tratta di un passaggio obbligato se si vogliono realizzare gli obiettivi climatici dell’UE. Secondo il piano REPowerEU, fino al 2025 dovranno essere installati 42 GW ogni anno, con un’accelerazione fino a 53 GW all’anno dopo il 2025. In base a questo piano, l’UE deve raddoppiare il ritmo di installazione del solare registrato nel 2021: è quindi urgente compiere un balzo da 21 GW all’anno a 42 GW all’anno.

3.23.

Attualmente l’economia europea non è pronta a fornire i componenti necessari per una diffusione del fotovoltaico solare su una scala così ampia a causa della mancanza di capacità produttive. L’installazione di impianti di questo tipo è anche ostacolata da un’enorme carenza di manodopera qualificata, oltre che da barriere normative e persino tecniche anch’esse considerevoli. In confronto, e in netto contrasto con l’UE, nel 2022 la Cina dovrebbe installare altri 100 GW di capacità fotovoltaica, quasi raddoppiando il suo ritmo attuale di installazione (11) e coprendo nel contempo l’intera catena del valore del suo settore fotovoltaico.

3.24.

Il Comitato sottolinea pertanto la necessità di rafforzare la base industriale e l’economia dell’Europa, di salvaguardare l’autonomia strategica (in particolare l’autonomia dell’approvvigionamento energetico) e di garantire catene di approvvigionamento ben funzionanti e affidabili. Il CESE rileva che l’UE può svolgere un ruolo di primo piano nel settore dell’energia solare soltanto se le condizioni ne consentono lo sviluppo commerciale, e mette in evidenza la chiara necessità di mobilitare tutte le parti interessate, con il sostegno delle autorità pubbliche e delle parti sociali.

3.25.

Il CESE chiede alla Commissione e agli Stati membri di creare tutte le condizioni necessarie per commercializzare soluzioni innovative europee nel settore del fotovoltaico attraverso gli importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI) lungo l’intera catena del valore dell’energia solare. Tale quadro garantirebbe condizioni competitive sostenibili a lungo termine per la produzione europea di energia fotovoltaica, anche per quanto riguarda la leadership dell’UE in materia di tecnologie fotovoltaiche, sostenibilità, riciclaggio e soluzioni fotovoltaiche integrate.

3.26.

Il CESE ritiene indispensabile che l’UE rafforzi gli investimenti pubblici e privati e crei condizioni favorevoli per il settore dell’energia solare, per esempio promuovendo la formazione in questo campo e garantendo un adeguato accesso ai finanziamenti, anche attraverso gli strumenti della «tassonomia dell’UE per le attività sostenibili». In linea con la presumibile trasformazione della Banca europea per gli investimenti in banca europea per il clima, il CESE chiede di porre l’accento sul sostegno alla produzione di energia solare fotovoltaica nei programmi di finanziamento forniti da tale banca.

3.27.

Il CESE chiede di incentivare la ricerca sulle nuove tecnologie fotovoltaiche, basate per esempio su materiali alternativi. Per superare il problema della mancanza di manodopera qualificata, è fondamentale promuovere la formazione e lo sviluppo delle competenze, in cooperazione tra le parti interessate. Il CESE esorta pertanto le istituzioni competenti a trovare il modo di sviluppare una forza lavoro che possieda le conoscenze, le capacità e le competenze necessarie per rendere operative tutte le opzioni disponibili in materia di efficienza energetica e di tecnologie per le rinnovabili.

4.   Osservazioni particolari sulle filiere produttive

4.1.

I segmenti manifatturieri a monte sono caratterizzati da considerevoli dipendenze strategiche che potrebbero impedire la rapida diffusione dell’energia solare. L’ostacolo più grande di tutti rimane la capacità limitata di fornire i materiali necessari per gli ambiziosi obiettivi della strategia. In quasi tutti gli anelli della catena del valore del fotovoltaico, l’Europa — che un tempo era leader nella produzione di energia solare fotovoltaica — non svolge un ruolo visibile, pur essendo ancora tra i capofila nella ricerca sul solare fotovoltaico, con importanti centri di ricerca.

4.2.

Lungo la catena del valore del settore, l’UE presenta una capacità limitata di approvvigionamento della materia prima di base, il polisilicio. I problemi legati all’approvvigionamento di questa materia prima sono aggravati dal fatto che le quattro maggiori fabbriche di polisilicio di grado solare, che rappresentano quasi la metà della produzione mondiale, si trovano nella regione cinese dello Xinjiang.

4.3.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa legislativa della Commissione (12) che vieta di immettere sul mercato unico prodotti fabbricati facendo ricorso al lavoro forzato. Si tratta di una misura simile alla legge statunitense sulla prevenzione del lavoro forzato degli uiguri (Uyghur Forced Labor Prevention Act), che ha avuto un impatto diretto sulla distribuzione del mercato del polisilicio, in quanto il prezzo di questo materiale primario, prodotto principalmente in Cina, è destinato ad aumentare per l’intero settore fotovoltaico. Tuttavia, il CESE osserva che tale misura, applicata su scala mondiale, contribuisce a realizzare l’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 8 sul lavoro dignitoso.

4.4.

Una possibile risposta, seppur semplicistica, a tale sfida consiste nello sviluppo di capacità in Europa; tuttavia, le attuali tecnologie per la produzione di polisilicio «grezzo» e dei lingotti di questo materiale sono, paradossalmente, ad alta intensità energetica. Tale sviluppo è infatti realizzabile e potrebbe essere attuato dove è disponibile energia affidabile e a basso costo, compresa l’energia da fonti rinnovabili (per esempio attraverso centrali elettriche ibride, che combinano eolico, solare e stoccaggio). Nel complesso, la mancanza di materie prime e di componenti e le rigide norme dell’UE, anche in materia di efficienza energetica, rendono questo settore meno interessante per l’industria europea, che ha anche difficoltà ad accedere ai finanziamenti.

4.5.

Il CESE è fermamente convinto che, se si vuole creare un settore europeo del solare fiorente, sia necessaria la cooperazione europea in materia di innovazione finalizzata a sviluppare sistemi fotovoltaici completamente riciclabili. Ci si dovrebbe attivare per studiare l’utilizzo di materie prime più promettenti rispetto al silicio, in particolare per l’applicazione di celle fotovoltaiche su pellicola o pannelli fotovoltaici che possono essere resi trasparenti e utilizzati, per esempio, come finestre che producono energia elettrica.

4.6.

Per quanto riguarda le fasi successive della catena del valore, vale a dire i wafer fotovoltaici e le celle fotovoltaiche, l’Unione europea si trova in una posizione ancora peggiore. Solo l’1 % dei wafer solari e solo lo 0,4 % delle celle sono prodotti in Europa. Secondo l’associazione di categoria SolarPower Europe, ci troviamo di fronte a una grave mancanza di capacità di produzione di lingotti e di wafer fotovoltaici.

4.7.

Secondo i dati dell’associazione dell’industria dell’Unione dei produttori del fotovoltaico, European Solar Manufacturing Council (ESMC), solo il 3 % dei moduli solari fotovoltaici è prodotto in Europa, da 29 società diverse. Ciò significa che solo uno su circa 30 moduli assemblati in Europa è di origine europea. Nel 2020 il disavanzo commerciale nel settore dei prodotti per il fotovoltaico ammontava a 8,7 miliardi di USD.

4.8.

La scarsità riguarda anche altri fattori di produzione per gli impianti fotovoltaici, ma le carenze critiche che ci troviamo ad affrontare in questo ambito sono meno gravi. Le strutture di montaggio sono prodotti a bassa complessità e possono essere importate con minori dipendenze critiche o essere prodotte a livello locale se la domanda è elevata.

4.9.

Il caso del vetro solare, elemento essenziale per i pannelli fotovoltaici di produzione locale, è una perfetta dimostrazione della scarsa lungimiranza della politica commerciale dell’UE, che ha abolito i dazi difensivi per i prodotti finali (pannelli solari fotovoltaici) provenienti dalla Cina, esponendo i produttori europei a una forte concorrenza dall’estero, ma ha mantenuto in vigore misure difensive analoghe per i prodotti intermedi, come il vetro solare. Ciò ha fatto sì che il vetro solare fabbricato in Europa da produttori europei di fotovoltaico abbia un prezzo sproporzionato rispetto a quello fornito da produttori di pari livello di altre regioni del mondo, con conseguenti pressioni sui prezzi del vetro solare importato.

4.10.

I pannelli solari possono contribuire efficacemente alla sostenibilità se l’intero ciclo, compresi il riciclaggio e il riutilizzo, non richiede un’eccessiva quantità di energia. La produzione, il trasporto e lo smaltimento di qualsiasi tecnologia generano emissioni. Il modo in cui un pannello viene fabbricato e riciclato aiuta a capire quanto questo sia realmente utile per ridurre le emissioni complessive. Inoltre, il CESE ritiene importante che gli obiettivi di sviluppo sostenibile siano rispettati lungo l’intera catena di approvvigionamento.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Proposta COM(2022) 221 final.

(2)  COM(2022) 230 final

(3)  Parere del CESE sul tema REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 123) e parere del CESE sul tema Piano REPowerEU (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 185).

(4)  COM(2022) 222 final.

(5)  Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (rifusione) (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82).

(6)  Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).

(7)  Parere del CESE sul tema Piano REPowerEU (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 185).

(8)  Raccomandazione della Commissione, del 18 maggio 2022, sull’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti di energia rinnovabile e sull’agevolazione degli accordi di compravendita di energia, C(2022) 3219 final.

(9)  https://ember-climate.org/insights/research/europes-race-for-wind-and-solar/

(10)  C(2022) 3219 final.

(11)  https://www.pv-magazine.com/2022/05/31/chinese-pv-industry-brief-chinas-nea-predicts-108-gw-of-solar-in-2022/

(12)  COM(2022) 71 final, COM(2022) 66 final e COM(2022) 453 final.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/185


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Interventi a breve termine nei mercati dell'energia e miglioramenti a lungo termine dell'assetto del mercato dell'energia elettrica»

[COM(2022) 236 final]

(2023/C 75/27)

Relatrice:

Alena MASTANTUONO

Consultazione

Commissione europea, 28.6.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

4.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

179/3/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime profonda preoccupazione per l'andamento dei mercati dell'energia e accoglie pertanto con favore il fatto che, nella sua comunicazione, la Commissione prenda in considerazione interventi a breve termine nei mercati dell'energia e miglioramenti a lungo termine dell'assetto del mercato dell'energia elettrica. Il CESE sottolinea pertanto la conclusione della Commissione secondo cui «vi sono settori in cui sono necessari adeguamenti all'assetto del mercato dell'energia elettrica dell'UE per tenere conto della futura evoluzione del panorama energetico e del mix di generazione, nonché delle nuove tecnologie emergenti, degli sviluppi geopolitici e degli insegnamenti tratti dalla crisi attuale. Tali adeguamenti dovrebbero contribuire a ottimizzare il funzionamento dell'assetto del mercato dell'energia elettrica e renderlo più adatto a promuovere una decarbonizzazione del settore efficace sotto il profilo dei costi, garantire prezzi accessibili ai consumatori e aumentare la capacità del mercato di resistere alla volatilità dei prezzi».

1.2.

Poiché il buon funzionamento dei mercati dell'energia svolge un ruolo centrale nel perseguimento di tutti gli obiettivi fondamentali di un sistema energetico sostenibile, vale a dire la sicurezza dell'approvvigionamento, costi e prezzi ragionevoli e la neutralità climatica, il CESE ritiene altresì importante promuovere e mantenere le giuste condizioni per il futuro. Qualsiasi misura futura non dovrebbe pregiudicare tali presupposti e dovrebbe consentire di compiere sforzi a favore del clima a medio e lungo termine.

1.3.

Al tempo stesso, tuttavia, il CESE sottolinea che l'attuale crisi dei prezzi dell'energia sta avendo un impatto negativo sulle famiglie e sulle imprese europee. I prezzi estremi dell'energia spingono al rialzo l'inflazione e contribuiscono all'incertezza economica. Il CESE appoggia pertanto l'approccio della Commissione di adottare misure a breve termine per garantire prezzi accessibili e ridurre i costi per i cittadini e le imprese d'Europa, in particolare un sostegno finanziario diretto ai consumatori vulnerabili, nonché alle PMI e alle industrie ad alta intensità energetica più colpite. Tuttavia, il CESE ritiene che gli interventi temporanei debbano essere seguiti da un adeguamento dell'assetto del mercato nei settori in cui sono necessari adeguamenti dell'assetto del mercato dell'energia elettrica dell'UE, come osserva la Commissione.

Invece di basarsi su una compensazione continua, il CESE chiede ai responsabili politici di incoraggiare e sostenere i cittadini, ponendoli nelle condizioni adeguate, affinché diventino prosumatori di energia e creino comunità energetiche locali, aiutandoli così a essere più indipendenti dai prezzi del mercato comune. Il CESE invita gli Stati membri e la Commissione europea a venire incontro ai consumatori vulnerabili attraverso programmi specifici per farli diventare prosumatori.

1.4.

A giudizio del CESE, il problema principale è costituito dal prezzo elevato del gas naturale, e qualsiasi misura a livello sia europeo che nazionale dovrebbe pertanto essere intesa a eliminare questa causa che è alla base del rialzo dei prezzi dell'energia elettrica, nonché ad agevolare l'aumento della produzione e dell'utilizzo di energia non fossile in misura tale da soddisfare la domanda di energia. Il Comitato accoglie pertanto con favore l'azione sul versante della domanda proposta dalla Commissione europea il 14 settembre 2022 e chiede uno sforzo congiunto da parte delle famiglie, del settore pubblico e delle imprese. Ridurre la domanda è il modo più semplice per far fronte alle bollette energetiche e ridurre le emissioni. Il CESE chiede inoltre maggiori investimenti in una transizione più rapida verso un sistema energetico non fossile e neutro dal punto di vista climatico.

1.5.

Il CESE sottolinea che qualsiasi attività di follow-up deve essere preceduta da un dibattito rigoroso e da un'analisi d'impatto. Il CESE desidera essere coinvolto in tale dibattito. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero evitare proposte a breve termine che compromettano gli obiettivi fondamentali di un sistema energetico sostenibile.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La comunicazione della Commissione sugli interventi a breve termine nei mercati dell'energia e sui miglioramenti a lungo termine dell'assetto del mercato dell'energia elettrica si basa su diversi documenti recenti riguardanti il rapido aumento dei prezzi dell'energia e le preoccupazioni in merito alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico sollevate dall'invasione russa dell'Ucraina. La comunicazione è inoltre intrinsecamente legata alle iniziative volte a favorire la transizione energetica verso la neutralità climatica. Il CESE sottolinea che la comunicazione deve essere inquadrata in questo contesto generale, e rimanda ai suoi precedenti pareri su questi temi (1).

2.2.

Il buon funzionamento dei mercati dell'energia svolge un ruolo centrale nel perseguimento di tutti gli obiettivi fondamentali di un sistema energetico sostenibile, vale a dire la sicurezza dell'approvvigionamento, l'accessibilità dei costi e dei prezzi e la neutralità climatica. Considerando che al momento attuale l'insieme di questi obiettivi è a rischio, l'UE dovrebbe concentrarsi su misure che consentano di fare passi avanti su tutti questi fronti e tengano conto delle esigenze del modello economico e sociale europeo. Il CESE ritiene pertanto importante tornare ai «principi di base» e concentrarsi sulla creazione di condizioni efficienti per una migliore integrazione dei mercati dell'energia.

2.3.

L'integrazione settoriale rende tali mercati sempre più interconnessi, contribuendo a decarbonizzare il sistema energetico in modo efficiente sotto il profilo dei costi e ad affrontare l'accresciuta volatilità del sistema energetico. L'attuale assetto del mercato è volto a incentivare gli attori a realizzare la decarbonizzazione, necessaria a porre l'Europa sulla strada della neutralità climatica. Tuttavia, l'attuale assetto del mercato, che fissa i prezzi dell'elettricità in base all'ordine di merito, risente oggi dell'enorme aumento dei prezzi del gas.

2.4.

Il mercato interno è fondamentale affinché l'UE garantisca un'allocazione efficiente delle risorse, e questo vale anche per l'energia. Allo stesso tempo, anche i mercati internazionali hanno un impatto significativo sul sistema energetico dell'UE, in particolare attraverso i mercati dei combustibili. Gli sviluppi geopolitici hanno evidenziato la necessità che l'UE si adoperi per migliorare l'autonomia strategica nel settore dell'energia e delle materie prime collegate a quest'ultima. La realizzazione dell'obiettivo di ridurre la dipendenza dell'UE da paesi terzi inaffidabili richiede una cooperazione più stretta e pone in risalto l'interdipendenza tra gli Stati membri. Se da un lato è importante che l'UE utilizzi al massimo le risorse di cui dispone e le capacità esistenti, dall'altro non è realistico né utile agire in modo isolato dai mercati internazionali; si dovrebbe invece cercare una valida cooperazione con partner affidabili.

2.5.

Il buon funzionamento dei mercati è possibile solo se i fondamentali sono in regola; a tal riguardo, il CESE sottolinea che un'infrastruttura energetica adeguata è una base necessaria per qualsiasi sistema energetico e contribuisce al funzionamento complessivo dei mercati dell'energia, in particolare per quanto concerne la disponibilità e l'accessibilità economica dell'energia stessa. L'eliminazione degli ostacoli che impediscono il flusso di energia è quindi una misura fondamentale per migliorare il funzionamento dei mercati. Un altro elemento essenziale ai fini di tale funzionamento è la messa in atto di regole di mercato adeguate, con la fissazione, tra l'altro, delle norme in materia di concorrenza, aumentando in tal modo la trasparenza e creando e rafforzando le condizioni di parità.

2.6.

Gli investimenti nelle infrastrutture energetiche sono imprescindibili se si vuole che i sistemi e il mercato dell'energia si sviluppino e rispondano efficacemente alle tendenze attuali, tra cui l'elettrificazione, la localizzazione, la digitalizzazione e un aumento della produzione e dell'utilizzo di energie da fonti rinnovabili. Al fine di agevolare tali investimenti, i responsabili politici e le autorità competenti devono accelerare le procedure amministrative e di rilascio delle autorizzazioni, garantendo nel contempo un'adeguata consultazione delle parti interessate. Oltre alle connessioni di trasmissione e distribuzione, un'infrastruttura moderna e adeguata alle esigenze future deve includere anche la capacità di stoccaggio dell'energia elettrica, nonché i sistemi digitali necessari per rendere «intelligenti» i sistemi energetici. Allo stesso tempo, occorre evitare le dipendenze (lock-in) che danno luogo ad attivi non recuperabili.

2.7.

Il CESE ritiene opportuno distinguere tra le misure a breve e quelle a lungo termine nella ricerca di soluzioni e miglioramenti della situazione attuale. Occorre riconoscere che molte misure, soprattutto i grandi investimenti, richiedono un periodo più lungo per essere realizzate. Per alcuni interventi è necessario un lasso di tempo maggiore per consentirne l'adeguata pianificazione, garantirne la fattibilità e la compatibilità con gli obiettivi energetici di base ed evitare misure a breve termine che potrebbero rivelarsi controproducenti nel lungo periodo.

2.8.

La visione a lungo termine è necessaria anche per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e la preparazione alle situazioni eccezionali e alle perturbazioni dei mercati. Questo mette in evidenza il ruolo che le attività di previsione rivestono nell'individuare i rischi e nel preparare il terreno per migliorare la resilienza e affrontare i rischi, anche attraverso piani di emergenza.

2.9.

Inoltre, il CESE ritiene che alcune forme di meccanismi di capacità possano contribuire a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, in particolare nelle situazioni di picco dei consumi, evitando nel contempo indebite distorsioni del mercato, in linea con i principi di concezione di cui al regolamento sul mercato interno dell'energia elettrica.

2.10.

Il CESE invita i responsabili politici a rispettare costantemente e in modo coerente tutti gli obiettivi fondamentali di un sistema energetico sostenibile, ma chiede anche di concentrarsi sulle cause profonde dei problemi. Senza questo tipo di approccio, si corre seriamente il rischio di affrontare i sintomi acuti con misure inefficienti, se non addirittura controproducenti, ai fini del conseguimento degli obiettivi fondamentali. In tal caso, i responsabili politici dovrebbero indicare con fermezza i tempi per questo tipo di scenario di emergenza.

2.11.

Il CESE sottolinea che qualsiasi misura, a livello degli Stati membri o dell'UE, dovrebbe essere basata su dati scientifici solidi, su prove concrete e su valutazioni d'impatto approfondite. Per quanto riguarda le politiche e le misure da adottare, è opportuno condurre un'attenta consultazione dei soggetti interessati pertinenti, compresa la società civile.

2.12.

Nel complesso, lo sviluppo dei mercati dell'energia del dopo crisi dovrebbe essere fondato sempre più sull'innovazione e sulla concorrenza, piuttosto che sulle sovvenzioni e sugli ostacoli agli scambi. Inoltre, occorre riconoscere che, nel caso del mercato dell'energia dell'UE, un intervento in un dato Stato membro potrebbe avere conseguenze sul resto del mercato. Pertanto, le misure negli Stati membri devono essere adeguatamente mirate e temporanee, in modo da creare meno effetti distorsivi possibile sul mercato dell'UE.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

Qualsiasi eventuale intervento sui mercati dell'energia dovrebbe essere valutato alla luce degli obiettivi fondamentali per garantire che non comprometta l'integrità del mercato unico e la parità di condizioni né provochi incertezze che indeboliscono il contesto degli investimenti. Non deve inoltre pregiudicare gli sforzi in materia di decarbonizzazione e di efficienza energetica.

3.2.

Si tratta di un requisito difficile, in quanto qualsiasi intervento sul mercato dell'energia potrebbe avere conseguenze negative. In molti casi potrebbe trattarsi di distorsioni del mercato, di costi a carico del bilancio, di interruzioni dell'approvvigionamento, oppure di ripercussioni negative sugli investimenti o sul comportamento dei consumatori. Il CESE sottolinea pertanto che qualsiasi intervento deve essere basato su un'attenta analisi delle relative conseguenze economiche, sociali e ambientali.

3.3.

Il CESE ritiene che il sostegno finanziario diretto volto ad attenuare l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia sulle fasce bisognose sia senza dubbio l'opzione più realistica quale misura di emergenza in una situazione di crisi. Le eventuali misure di sostegno finalizzate ad attenuare la crisi dovrebbero tuttavia essere temporanee e mirate in funzione di coloro che risentono maggiormente di tale crisi, che si tratti di cittadini, di PMI o di industrie ad alta intensità energetica.

3.4.

Invece di basarsi su una compensazione continua, il CESE chiede ai responsabili politici di incoraggiare e sostenere i cittadini, ponendoli nelle condizioni adeguate, affinché diventino prosumatori di energia e creino comunità energetiche locali, aiutandoli così a essere più indipendenti dai prezzi del mercato comune. Si dovrebbero inoltre intensificare gli sforzi tesi a orientare e sostenere i cittadini e le piccole imprese nelle loro attività di risparmio energetico e di efficienza energetica, nonché nel rispondere a una produzione variabile mediante una domanda flessibile. Come ampiamente analizzato dal CESE, i consumatori particolarmente vulnerabili, che risentono maggiormente dei prezzi elevati dell'energia, sono quelli che hanno le peggiori possibilità, e in molti casi non ne hanno affatto, di diventare prosumatori. Sia la Commissione europea che gli Stati membri, a livello nazionale, regionale e locale, devono avviare iniziative (per esempio campagne di informazione e di sensibilizzazione, risorse finanziarie, accesso al capitale, accesso al suolo e ai tetti per l'installazione di impianti fotovoltaici ed eolici ecc.) per aiutare i consumatori a superare i diversi ostacoli che incontrano.

3.5.

In un suo precedente parere (2), il CESE ha concordato con le conclusioni della recente relazione dell'ACER (3) secondo cui, durante le crisi, il mercato dell'energia elettrica ha dimostrato di funzionare bene, riuscendo a evitare tagli o addirittura blackout elettrici in determinate zone. La valutazione dell'ACER indica inoltre che la volatilità dei prezzi sarebbe stata molto peggiore in un dato paese che avesse agito in maniera isolata. Tuttavia, il Comitato è ben consapevole del fatto che i prezzi del gas spingono al rialzo quelli dell'energia, dato l'attuale assetto del mercato nel quale il prezzo è determinato dall'ordine di merito. Il CESE richiama l'attenzione sui valori comuni dell'Unione per quanto riguarda i servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 14 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), enunciati nel protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale allegato al Trattato sull'Unione europea (TUE) (4).

3.6.

A livello più generale, va riconosciuto anche che negli ultimi decenni sono stati compiuti notevoli progressi nell'integrazione dei mercati dell'energia dell'UE, un'integrazione che ha prodotto considerevoli vantaggi in termini di disponibilità e accessibilità economica dell'energia, che vengono spesso date per scontate. Senza la cooperazione e l'integrazione dei mercati, i costi per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di energia e l'ecologizzazione del sistema energetico sarebbero molto più elevati.

3.7.

Questo sviluppo positivo dell'integrazione dei mercati dell'energia dovrebbe essere portato avanti. L'interesse e i vantaggi di collegare i mercati dell'energia elettrica attraverso le frontiere nazionali stanno diventando sempre più evidenti con l'aumento della dipendenza dalle energie da fonti rinnovabili. L'aumento dei collegamenti all'interno dei singoli paesi e tra un paese e l'altro contribuisce a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, ma anche ad allineare i prezzi. Nel breve termine, questo risultato può costituire un inconveniente per coloro che beneficiano di prezzi più bassi tra quelli praticati, ma nel lungo periodo contribuisce a ridurre e a stabilizzare i prezzi stessi.

3.8.

Secondo la valutazione dell'ACER, è opportuno mantenere l'attuale assetto del mercato. Tuttavia, il CESE concorda con la Commissione sul fatto che vi sono settori in cui sono necessari adeguamenti dell'assetto del mercato dell'energia elettrica dell'UE per realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione dell'UE con minori costi e per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, in particolare in seguito all'aumento della produzione e dell'utilizzo di energie da fonti rinnovabili, nonché per garantire la stabilità e l'accessibilità economica dei prezzi.

3.9.

Il CESE suggerisce di esaminare, per esempio, se l'attuale assetto del mercato, compreso il suo quadro normativo, offra incentivi sufficienti a investire in opzioni di flessibilità (come lo stoccaggio, il trasferimento del carico e l'idrogeno verde). Senza modificare il processo di presentazione delle offerte, che comporterebbe rischi notevoli, vi sono molte opportunità che potrebbero incentivare le tecnologie compatibili con il sistema, tra cui un meccanismo delle tariffe di rete che premi la produzione e il consumo di energia elettrica precisi in funzione del carico.

3.10.

Inoltre, il CESE ritiene necessario avviare senza indugio il dibattito politico su come garantire, in un futuro assetto del mercato, gli investimenti nella capacità di energia rinnovabile e il suo rifinanziamento in un futuro lontano, quando la copertura di tutto il fabbisogno di elettricità attraverso energia da fonti rinnovabili sarà la norma e il prezzo di mercato potrebbe essere generalmente pari a zero o addirittura negativo.

3.11.

Nel dibattito sui prezzi elevati dell'energia elettrica è stata espressa molto chiaramente la necessità di sostituire l'attuale meccanismo del prezzo marginale con un diverso tipo di sistema, poiché il gas è spesso in una posizione marginale, determinando così il prezzo dell'energia elettrica nel suo complesso. A tal riguardo, il Comitato rimanda alla dichiarazione dell'8 settembre 2022 della Presidente del CESE e della presidente della sezione TEN del CESE, secondo cui «Il CESE chiede un'azione europea congiunta per assicurare la stabilità dei prezzi dell'elettricità e per riformare con urgenza il mercato dell'energia, e sollecita nel contempo un più rapido completamento del mercato unico e il potenziamento delle infrastrutture».

3.12.

Le impennate dei prezzi sono state generate essenzialmente da fattori esterni imprevisti come la guerra, insieme all'ordine di merito che ha spinto i prezzi dell'energia elettrica sul mercato a livelli record. Considerando che la causa principale degli attuali prezzi elevati dell'energia è il gas, la soluzione ideale al problema sarebbe quella di ridurre al minimo l'utilizzo del gas e aumentare la produzione e l'utilizzo di energia non fossile in misura tale da soddisfare la domanda di energia.

3.13.

L'energia da fonti fossili incide anche sui prezzi dell'energia elettrica attraverso le quote di emissione, il cui prezzo è aumentato in misura significativa, sebbene abbia ancora un impatto limitato rispetto ai prezzi del gas. Inoltre, una percentuale elevata del prezzo dell'energia elettrica pagato dai consumatori è ancora costituita da imposte di vario genere.

3.14.

Occorre distinguere tra gli shock sui prezzi causati da situazioni eccezionali, come la guerra, e le fluttuazioni dei prezzi più normali. Queste ultime, infatti, dipendono da molti fattori legati all'offerta e alla domanda di energia. Per effetto del massiccio aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili intermittenti, la volatilità dei prezzi nel sistema elettrico è probabilmente destinata ad aumentare. Il mercato deve pertanto inviare segnali di prezzo adeguati in modo da soddisfare l'esigenza di flessibilità.

3.15.

Il CESE sottolinea che l'introduzione di massimali tariffari o altri interventi sui mercati dell'energia all'ingrosso sono spesso necessari nell'attuale situazione di eccessiva pressione sul mercato dell'energia, ma possono incidere sulla sicurezza dell'approvvigionamento, sul contesto degli investimenti e sul risparmio energetico. In questo senso, il CESE è consapevole del fatto che i segnali di prezzo basati sui mercati sono necessari per incoraggiare gli investimenti nella produzione di energia, i prezzi costituiscono anche un incentivo al risparmio energetico e all'efficienza energetica. Tuttavia, per attenuare l'effetto dell'impennata dei prezzi dell'energia è necessaria una compensazione temporanea ben mirata per coloro che risentono maggiormente dei rincari, siano essi famiglie o imprese.

3.16.

Il CESE accoglie con favore la proposta di prendere in considerazione il riesame del quadro REMIT, al fine di attenuare i rischi di abusi di mercato migliorando la relativa trasparenza e qualità dei dati. Per evitare un impatto negativo sulle imprese, sulle famiglie e sulla società, il CESE chiede inoltre che siano esaminate misure per affrontare gli effetti distorsivi sulla determinazione dei prezzi del gas dovuti a possibili abusi di mercato e speculazioni.

3.17.

Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che i piani nazionali per l'energia e il clima devono essere riesaminati alla luce delle mutate condizioni, al fine di fornire una risposta coordinata per coprire il fabbisogno di energia elettrica a lungo termine.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 275 del 18.7.2022, pag. 80, GU C 323 del 26.8.2022, pag. 123, GU C 443 del 22.11.2022, pag. 140.

(2)  GU C 443 del 22.11.2022, pag. 140.

(3)  ACER, Valutazione finale dell'assetto del mercato dell'energia elettrica all'ingrosso nell'UE.

(4)  GU C 275 del 18.7.2022, pag. 80.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/190


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, che modifica il regolamento (UE) n. 2021/1153 e il regolamento (UE) n. 913/2010 e abroga il regolamento (UE) n. 1315/2013

[COM(2022) 384 final/2 — 2021/0420 (COD)]

(2023/C 75/28)

Relatore generale:

Stefan BACK

Consultazione

Parlamento europeo, 3.10.2022

Consiglio dell’Unione europea, 6.10.2022

Base giuridica

Articoli 172 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

155/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Nel suo parere sulla proposta di revisione del regolamento TEN-T e sui corridoi ferroviari merci (1) (di seguito «la proposta TEN-T (2)»), il CESE ha accolto con favore la maggiore attenzione rivolta ai collegamenti con i paesi vicini, compresi i paesi partner e i paesi in via di adesione.

1.2.

La proposta TEN-T è stata pubblicata nel dicembre 2021; successivamente, nel febbraio 2022, è iniziato l’attacco russo contro l’Ucraina. Il CESE concorda con la valutazione contenuta nella proposta modificata, secondo cui l’invasione dell’Ucraina ha ridefinito il panorama geopolitico, ha messo in luce la vulnerabilità dell’UE a eventi dirompenti imprevisti al di là dei suoi confini e ha sottolineato che il mercato interno e la rete di trasporti dell’UE non possono essere considerati isolatamente nella definizione della politica dell’Unione.

1.3.

Questa situazione ha giustamente richiamato l’attenzione sull’urgente necessità di assistere l’Ucraina, tra l’altro migliorando la connettività dei trasporti con l’UE al fine di mantenere e migliorare la mobilità e i flussi di merci tra le due parti. In particolare, è emersa l’urgente necessità di contribuire al trasporto dei cereali dall’Ucraina a causa dell’indisponibilità dei porti del Mar Nero, sottoposti a blocco dalla Russia.

1.4.

Il CESE concorda sul fatto che la rapida istituzione di itinerari logistici alternativi che utilizzano tutti i modi di trasporto per collegare l’UE all’Ucraina è fondamentale per l’economia e la ripresa economica del paese e per stabilizzare i mercati alimentari mondiali e la sicurezza alimentare.

1.5.

Il CESE sostiene inoltre il piano d’azione presentato nella comunicazione sui corridoi di solidarietà per migliorare i collegamenti transfrontalieri (strada-strada, ferrovia-strada e ferrovia-ferrovia) tra l’UE e l’Ucraina, ivi compresi nuovi punti di attraversamento delle frontiere, e per valutare l’estensione dei corridoi della rete centrale TEN-T in Ucraina.

1.6.

Il CESE prende inoltre atto con soddisfazione del fatto che il piano d’azione prevede anche «inviti a presentare proposte nel quadro del meccanismo per collegare l’Europa», che consentiranno di concentrare il sostegno in particolare su progetti volti a migliorare l’interoperabilità e la connettività della rete di trasporti dell’UE con l’Ucraina.

1.7.

Il CESE sostiene pertanto pienamente l’estensione della TEN-T all’Ucraina e alla Moldova, attraverso le mappe indicative incluse nell’allegato IV della proposta modificata; si tratta di un suggerimento tempestivo che nel tempo potrebbe apportare un valore aggiunto, in particolare migliorando le opportunità di creare flussi di trasporto fluidi e senza soluzione di continuità tra l’Ucraina e l’UE.

1.8.

Il CESE sostiene pienamente il forte messaggio politico inviato inserendo i collegamenti in Ucraina tra le principali priorità della TEN-T, vale a dire i corridoi di trasporto europei, con il loro solido sistema di attuazione sotto forma di coordinatori, piani di lavoro, vari gruppi di lavoro e, nel quadro della proposta TEN-T, l’obbligo di conferire valore giuridico ai piani di lavoro mediante un atto di esecuzione.

1.9.

Il CESE si rammarica tuttavia del fatto che né le disposizioni generali sulla cooperazione con i paesi terzi, né quelle relative all’attuazione dello strumento dei corridoi di trasporto europei e delle priorità orizzontali sembrano fornire una base giuridica per estendere ai paesi terzi l’applicazione delle priorità dei corridoi o del loro sistema di attuazione, ivi compresi i coordinatori, la governance, il piano di lavoro del coordinatore europeo o l’atto di esecuzione.

1.10.

Il CESE chiede pertanto un sistema di attuazione robusto e credibile per i collegamenti che devono essere considerati parte dei corridoi di trasporto europei, eventualmente rafforzando e moltiplicando i gruppi di lavoro sulla cooperazione con i paesi terzi.

1.11.

Tenuto conto dell’attuale contesto politico, appare inoltre opportuno, e in linea con le sanzioni imposte, eliminare i collegamenti indicativi TEN-T in Russia e Bielorussia.

1.12.

Il CESE constata con sorpresa che la proposta modificata contiene un impegno esplicito a prendere in considerazione il ripristino dei collegamenti in Bielorussia, nonché dei collegamenti tra la Bielorussia e gli Stati membri dell’UE, se il paese si evolverà verso la democrazia, mentre non viene assunto alcun impegno analogo nei confronti della Russia. Il CESE ritiene che occorra evitare impegni di questo tipo per il futuro.

1.13.

Il CESE prende atto del fatto che l’eliminazione dei collegamenti con la Russia sembra aver posto problemi ad alcuni Stati membri, dal momento che alcuni di questi collegamenti rimangono importanti per la connettività negli Stati membri interessati. Il CESE raccomanda di prestare la dovuta attenzione alla possibile rilevanza interna di tali collegamenti al livello dell’UE.

1.14.

Il CESE concorda sul fatto che è ovviamente necessario affrontare anche la questione dei diversi scartamenti ferroviari nell’UE e in Ucraina, anche se i cambiamenti a tale riguardo potrebbero richiedere un certo tempo per essere messi in atto ed è quindi improbabile che forniscano soluzioni a problemi di efficienza immediati e urgenti.

1.15.

Il CESE suggerisce che il requisito della migrazione verso lo scartamento standard da 1 435 mm dell’UE sia limitato ai corridoi di trasporto europei, al fine di garantire una migrazione coerente e ben coordinata, dato che l’obbligo per gli Stati membri di elaborare piani di migrazione è limitato a tali corridoi.

1.16.

Il CESE avverte che la proposta di costruire qualsiasi nuova infrastruttura ferroviaria sulla rete TEN-T centrale o globale con lo scartamento standard UE da 1 435 mm potrebbe creare problemi di coerenza interna estremamente complessi negli Stati membri con scartamenti diversi.

2.   Osservazioni generali — Contesto

2.1.   Collegamenti con l’Ucraina e la Moldova ed eliminazione/declassamento dei collegamenti con la Russia e la Bielorussia

2.1.1.

La proposta di modifica, di seguito «la proposta modificata» alla precedente proposta TEN-T del dicembre 2021 (3) è stata presentata il 27 luglio 2022 in risposta alla guerra russa contro l’Ucraina e ai suoi effetti sulle catene di approvvigionamento, che hanno evidenziato l’importanza dei collegamenti TEN-T con i paesi partner vicini.

2.1.2.

L’articolo 9 della proposta della Commissione di dicembre (la proposta TEN-T) prevede la cooperazione con i paesi terzi per collegare la TEN-T alle loro infrastrutture e per rafforzare la crescita economica sostenibile e la competitività. Tra i punti evidenziati figurano l’estensione della politica TEN-T ai paesi terzi, le procedure di controllo delle frontiere e la sorveglianza che consentono flussi di traffico senza soluzione di continuità, il completamento dei collegamenti infrastrutturali pertinenti, l’interoperabilità, l’agevolazione del trasporto per vie navigabili e lo sviluppo di sistemi TIC. Le mappe associate specificano lo stato della rete centrale e della rete globale conformemente ai criteri del regolamento TEN-T (4).

2.1.3.

Sono stabiliti criteri specifici per i corridoi di trasporto europei, distinti da quelli applicabili alla rete centrale e alla rete globale. I corridoi sono le parti più importanti della TEN-T dal punto di vista strategico (articolo 7 della proposta TEN-T), con priorità generali specifiche, distinte dalla rete centrale e dalla rete globale (articoli 12 e 13), e norme di attuazione specifiche (capo V, articoli da 50 a 54).

2.1.4.

La comunicazione della Commissione sui corridoi di solidarietà UE-Ucraina (5) individua una serie di sfide infrastrutturali che l’UE e i paesi vicini devono affrontare per sostenere l’economia e la ripresa dell’Ucraina e per risolvere le questioni relative agli approvvigionamenti e alla connettività tra l’UE, l’Ucraina e i mercati mondiali. Propone di valutare l’estensione dei corridoi di trasporto europei all’Ucraina e alla Moldova per salvaguardare le importazioni e le esportazioni, ivi comprese le esportazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina. Nel maggio 2022 è stata firmata un’intesa ad alto livello sulle mappe indicative della TEN-T in Ucraina.

2.1.5.

Il 14 luglio 2022 la Commissione ha adottato un regolamento delegato con mappe indicative per la rete TEN-T in Ucraina e Moldova, al fine di estendere le norme TEN-T ai paesi vicini per consentire connessioni senza soluzione di continuità. Tali mappe fanno ora parte della proposta modificata, che comprende anche mappe che estendono diversi corridoi TEN-T all’Ucraina e alla Moldova.

2.1.6.

La proposta modificata elimina inoltre i collegamenti indicativi TEN-T in Russia e Bielorussia.

2.1.7.

Inoltre, i collegamenti che connettono la rete degli Stati membri ai collegamenti indicativi TEN-T in Russia e Bielorussia sono stati declassati in modo da far parte della rete globale.

2.2.   Lo scartamento dei binari

2.2.1.

La comunicazione sui corridoi di solidarietà per l’Ucraina individua inoltre strozzature dovute alla divergenza tra lo scartamento ferroviario ucraino (1 520 mm) e quello dell’UE (1 435 mm), il che causa un problema dovuto all’attuale insufficiente capacità di trasbordo.

2.2.2.

La proposta modificata è tesa ad armonizzare lo scartamento ferroviario della rete centrale e della rete globale dell’UE al fine di raggiungere uno scartamento comune di 1 435 mm. Le nuove infrastrutture ferroviarie devono essere costruite con tale scartamento e, entro due anni dall’entrata in vigore del regolamento, gli Stati membri con uno scartamento diverso, in tutto o in parte, elaboreranno un piano per la migrazione delle linee ferroviarie esistenti sui corridoi di trasporto europei verso lo scartamento di 1 435 mm. Tali piani sono coordinati con gli Stati membri confinanti interessati.

2.2.3.

I piani di migrazione individuano le linee ferroviarie che non migreranno e includono un’analisi costi-benefici che giustifichi tale decisione, ivi compreso l’impatto sull’interoperabilità.

2.2.4.

Le priorità per la pianificazione delle infrastrutture e degli investimenti in relazione ai piani di migrazione dovrebbero far parte del primo piano di lavoro dei coordinatori europei per i corridoi di trasporto europei che includono linee ferroviarie per il trasporto merci con uno scartamento che non è conforme allo standard europeo.

2.2.5.

L’Irlanda è esentata dall’obbligo di armonizzare lo scartamento (articoli 15 e 16 della proposta TEN-T).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Nel suo parere sulla proposta TEN-T, il CESE ha accolto con favore la maggiore attenzione rivolta ai collegamenti con i paesi vicini, compresi i paesi partner e i paesi in via di adesione.

3.2.

La proposta TEN-T è stata pubblicata nel dicembre 2021; successivamente, nel febbraio 2022, è iniziato l’attacco russo contro l’Ucraina. Il CESE concorda con la valutazione contenuta nella proposta modificata, secondo cui l’invasione dell’Ucraina ha ridefinito il panorama geopolitico, ha messo in luce la vulnerabilità dell’UE a eventi dirompenti imprevisti al di là dei suoi confini e ha sottolineato che il mercato interno e la rete di trasporti dell’UE non possono essere considerati isolatamente nella definizione della politica dell’Unione.

3.3.

Questa situazione ha giustamente richiamato l’attenzione sull’urgente necessità di assistere l’Ucraina, tra l’altro migliorando la connettività dei trasporti con l’UE al fine di mantenere e migliorare la mobilità e i flussi di merci tra le due parti. In particolare, è emersa l’urgente necessità di contribuire al trasporto dei cereali dall’Ucraina a causa dell’indisponibilità dei porti del Mar Nero, sottoposti a blocco dalla Russia.

3.4.

La necessità di adottare misure per garantire una mobilità e flussi di trasporto adeguati tra l’UE e l’Ucraina è stata sollevata per la prima volta nella summenzionata comunicazione sui corridoi di solidarietà UE-Ucraina, e da allora è stata affrontata attraverso una serie di misure, tra cui la promozione di un adeguato sviluppo delle infrastrutture attraverso l’estensione indicativa dei collegamenti TEN-T verso l’Ucraina, conformemente alle disposizioni della proposta TEN-T in materia di cooperazione con i paesi terzi.

3.5.

Il CESE concorda sul fatto che la rapida istituzione di itinerari logistici alternativi che utilizzano tutti i modi di trasporto per collegare l’UE all’Ucraina è fondamentale per l’economia e la ripresa economica del paese e per stabilizzare i mercati alimentari mondiali e la sicurezza alimentare.

3.6.

Il CESE prende inoltre atto della necessità di migliorare con urgenza la capacità dei pertinenti terminali e valichi di frontiera, ad esempio nei punti a doppio scartamento, come sottolineato nella comunicazione sui corridoi di solidarietà.

3.7.

Il CESE sostiene inoltre il piano d’azione presentato nella comunicazione sui corridoi di solidarietà per migliorare i collegamenti transfrontalieri (strada-strada, ferrovia-strada e ferrovia-ferrovia) tra l’UE e l’Ucraina, ivi compresi nuovi punti di attraversamento delle frontiere, e per valutare l’estensione dei corridoi della rete centrale TEN-T in Ucraina al fine di offrire una maggiore connettività attraverso lo sviluppo di linee ferroviarie con scartamento standard dell’UE verso l’Ucraina e la Moldova e di migliorare la connettività e la navigabilità sul corridoio Reno-Danubio per garantire un traffico più efficiente.

3.8.

Il CESE prende inoltre atto con soddisfazione del fatto che il piano d’azione prevede anche «inviti a presentare proposte nel quadro del meccanismo per collegare l’Europa», che consentiranno di concentrare il sostegno in particolare su progetti volti a migliorare l’interoperabilità e la connettività della rete di trasporti dell’UE con l’Ucraina.

3.9.

Il CESE sostiene pertanto pienamente l’estensione della TEN-T all’Ucraina e alla Moldova, attraverso le mappe indicative incluse nell’allegato IV della proposta modificata; si tratta di un suggerimento tempestivo che nel tempo potrebbe apportare un valore aggiunto, in particolare migliorando le opportunità di creare flussi di trasporto fluidi e senza soluzione di continuità tra l’Ucraina e l’UE.

3.10.

Il CESE prende atto del fatto che le mappe indicative dell’infrastruttura TEN-T ucraina di cui all’allegato IV della proposta modificata classificano i collegamenti, i terminali, i porti e gli aeroporti come appartenenti alla rete centrale o globale, conformemente all’articolo 9, paragrafo 2, della proposta TEN-T.

3.11.

Anche i collegamenti indicativi all’interno dell’Ucraina fanno parte dei corridoi di trasporto europei che estendono all’Ucraina il corridoio Mare del Nord-Baltico, il corridoio scandinavo-mediterraneo, il corridoio Baltico-Adriatico, il corridoio Reno-Danubio e il corridoio Baltico — Mar Nero mediante le mappe incluse nell’allegato III della proposta modificata.

3.12.

Il CESE sostiene pienamente il forte messaggio politico inviato inserendo i collegamenti in Ucraina tra le principali priorità della TEN-T, vale a dire i corridoi di trasporto europei, con il loro solido sistema di attuazione sotto forma di coordinatori, piani di lavoro, vari gruppi di lavoro e, nel quadro della proposta TEN-T, l’obbligo di conferire valore giuridico ai piani di lavoro mediante un atto di esecuzione.

3.13.

Il CESE si rammarica tuttavia del fatto che né le disposizioni generali sulla cooperazione con i paesi terzi, né quelle relative all’attuazione dello strumento dei corridoi di trasporto europei e delle priorità orizzontali sembrano fornire una base giuridica per estendere ai paesi terzi l’applicazione delle priorità dei corridoi o del loro sistema di attuazione, ivi compresi i coordinatori, la governance, il piano di lavoro del coordinatore europeo o l’atto di esecuzione. Solo l’articolo 52, paragrafo 3, lettera f), sulla governance dei corridoi consente la creazione di gruppi di lavoro sulla cooperazione con i paesi terzi, ma ciò non sembra modificare il campo di applicazione delle disposizioni sui corridoi transeuropei.

3.14.

Il CESE chiede pertanto un sistema di attuazione robusto e credibile per i collegamenti che devono essere considerati un’estensione dei corridoi di trasporto europei, eventualmente rafforzando e moltiplicando i gruppi di lavoro sulla cooperazione con i paesi terzi.

3.15.

Tenuto conto dell’attuale contesto politico, appare inoltre opportuno, e in linea con le sanzioni imposte, eliminare i collegamenti indicativi TEN-T in Russia e Bielorussia.

3.16.

Il CESE constata tuttavia con sorpresa che la proposta modificata contiene un impegno esplicito a prendere in considerazione il ripristino dei collegamenti in Bielorussia e tra la Bielorussia e gli Stati membri dell’UE, se il paese si evolverà verso la democrazia in linea con un piano dell’UE a tal fine, mentre non sono indicate prospettive analoghe per quanto riguarda la Russia. Anche se potrebbe non esserci un piano specifico dell’UE per quanto riguarda la democrazia in Russia, è difficile comprendere le ragioni di questo approccio differenziato. Il CESE raccomanda pertanto di evitare di assumere impegni di questo tipo per il futuro.

3.17.

Il CESE prende atto del fatto che l’eliminazione dei collegamenti con la Russia sembra aver posto problemi ad alcuni Stati membri. Ad esempio, il ministro finlandese dei Trasporti ha criticato il carattere generale di tali misure, poiché alcuni di questi collegamenti rimangono importanti per la connettività negli Stati membri interessati. Il CESE raccomanda di prestare la dovuta attenzione alla possibile rilevanza interna di tali collegamenti al livello dell’UE.

3.18.

Il CESE concorda sul fatto che è ovviamente necessario affrontare anche la questione dei diversi scartamenti ferroviari nell’UE e in Ucraina, anche se i cambiamenti a tale riguardo potrebbero richiedere un certo tempo per essere messi in atto ed è quindi improbabile che forniscano soluzioni a problemi di efficienza immediati e urgenti.

3.19.

Il CESE prende atto del fatto che, attraverso le proposte di modifica degli articoli 15 e 16 e il nuovo articolo 16 bis, l’obbligo di passare a uno scartamento ferroviario di 1 435 mm è stato ampliato ed è stata ridotta la possibilità di mantenere altri scartamenti. Dato che l’attuazione della migrazione verso lo scartamento di 1 435 mm si concentra sui corridoi di trasporto europei — poiché i piani di migrazione che devono essere elaborati da tutti gli Stati membri sono limitati a tali corridoi — un obbligo generale di costruire tutte le nuove linee con detto scartamento appare incompatibile con l’orientamento principale dell’articolo 16 bis, che è quello di garantire la coerenza e la continuità del trasporto ferroviario sui corridoi transeuropei.

3.20.

Il CESE suggerisce pertanto che il requisito della migrazione sia limitato ai corridoi di trasporto europei, al fine di garantire una migrazione coerente e ben coordinata.

3.21.

Il CESE è sorpreso dall’obbligo generale di cui all’articolo 16 bis, paragrafo 1, proposto, secondo cui qualsiasi nuova infrastruttura ferroviaria dovrebbe essere costruita con lo scartamento nominale standard europeo di 1 435 mm, a quanto pare indipendentemente dalla configurazione della rete circostante, poiché tale obbligo rischierebbe di creare una coerenza interna estremamente complessa e problemi di strozzature negli Stati membri con scartamenti diversi.

3.22.

È opportuno notare che la riduzione delle possibilità di esenzione per scartamenti divergenti ha destato preoccupazione, ad esempio in Finlandia, dove è stata messa in discussione la proporzionalità della proposta a tale riguardo.

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 290 del 29.7.2022, pag. 120.

(2)  COM(2021) 812 final.

(3)  [COM(2022) 384 final].

(4)  Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).

(5)  [COM(2022) 217 final].


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/195


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce disposizioni specifiche per i programmi di cooperazione per il periodo 2014-2020 sostenuti dallo strumento europeo di vicinato e nel quadro dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea, a seguito di perturbazioni nell’attuazione dei programmi

[COM(2022) 362 final — 2022/0227 (COD)]

(2023/C 75/29)

Relatore generale:

Andris GOBIŅŠ

Consultazione

Parlamento europeo, 27.9.2022

Consiglio dell’Unione europea, 17.8.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sessione plenaria

27.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

117/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene l’approccio della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio teso a fare tutto il necessario per approvare quanto prima il regolamento previsto e ne sollecita l’entrata in vigore al più tardi all’inizio di novembre 2022.

1.2.

Poiché, data la necessità di una rapida approvazione, è probabile che in una prima fase il regolamento possa essere adottato senza modifiche, il CESE propone di prendere in considerazione, in una seconda fase, una revisione che includa i miglioramenti proposti di seguito. Le modifiche proposte dovrebbero inoltre contribuire al dibattito e alla preparazione delle modifiche ai regolamenti e ai programmi di follow-up.

1.3.

Il CESE accoglie con favore la rapida azione delle istituzioni dell’UE e l’indispensabile flessibilità dimostrata nel quadro della gestione dei progetti immediatamente dopo la guerra non provocata e ingiustificata della Russia contro l’Ucraina. Un’azione rapida è stata l’unico modo per rimanere coerenti con i valori e i principi dell’UE.

1.4.

Il CESE sostiene l’obiettivo di rendere possibile una certa flessibilità nel modificare la finalità dei progetti in corso al fine di riflettere sulle esigenze emergenti, dando la necessaria flessibilità alle autorità di gestione e garantendo loro la certezza giuridica che i progetti sono gestiti e portati avanti secondo le norme e che non vi saranno eccessive limitazioni per quanto riguarda l’audit. Si tratta di un aspetto di particolare importanza in quanto il regolamento sarà applicato retroattivamente a partire dal momento in cui è stata scatenata una guerra aperta.

1.5.

Il CESE ricorda le nuove realtà emerse negli ultimi mesi della guerra contro l’Ucraina. In considerazione dello status di paese candidato all’UE dell’Ucraina e della crescente necessità di ricostruzione e preparazione all’inverno in Ucraina, dovrebbe essere concessa una maggiore flessibilità nelle attività ammissibili e una definizione più ampia delle attività di cooperazione transfrontaliera/regionale per i progetti in corso e previsti, come stabilito nelle proposte di modifica del regolamento (cfr. i suggerimenti in appresso).

1.6.

Considerando la sospensione dei finanziamenti agli enti della Federazione russa e della Bielorussia e la relativa sospensione della cooperazione transfrontaliera con gli stessi paesi, il CESE sostiene l’idea di fare tutto il possibile per trasferire alla cooperazione con l’Ucraina i fondi inizialmente destinati a questi programmi di cooperazione.

1.7.

Poiché la società civile è in prima linea nella ricostruzione dell’Ucraina e nella preparazione del paese all’adesione all’UE, occorre prestare particolare attenzione all’assegnazione di fondi al lavoro delle organizzazioni della società civile, compresa la riassegnazione dei fondi.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE sostiene gli obiettivi della proposta e accoglie con favore l’intenzione di fornire un approccio flessibile nei programmi di cooperazione nell’ambito dello strumento europeo di vicinato (European Neighbourhood Instrument — ENI) per tenere conto delle esigenze che emergono a seguito dell’aggressione militare non provocata e ingiustificata della Russia nei confronti dell’Ucraina e del conseguente impatto sull’Unione europea (UE), e in particolare su diverse sue regioni orientali, nonché del protrarsi dell’impatto della pandemia di COVID-19 sull’UE.

2.2.

Il CESE riconosce gli enormi sforzi compiuti dai governi nazionali, dagli enti locali e dalla società civile degli Stati membri limitrofi dell’UE, della Moldova e dell’Ucraina per accogliere gli sfollati ucraini che fuggono in massa dall’invasione russa e accoglie con favore il sostegno a un uso «su misura» dei programmi di cooperazione transfrontaliera per coprire le rispettive esigenze di assistenza umanitaria.

2.3.

Il CESE riconosce le particolari sfide cui devono far fronte le autorità ucraine a tutti i livelli, che devono gestire contemporaneamente la necessità di garantire la difesa militare del paese e quella di sostenere l’economia, dal momento che l’Ucraina è alle prese con un gran numero di vittime, la distruzione di abitazioni e infrastrutture, lo sfollamento di una quota significativa della popolazione, l’interruzione della produzione e dei trasporti, una pressione senza precedenti sul bilancio e molti altri problemi causati dall’aggressione russa. I programmi di cooperazione transfrontaliera con l’Ucraina dovrebbero contribuire a ridurre tale onere, offrendo ai beneficiari l’opportunità di rispondere alle necessità causate dalla guerra.

2.4.

Il CESE accoglie con favore la recente concessione all’Ucraina e alla Moldova dello status di paese candidato all’adesione, e sottolinea la necessità che l’UE fornisca un ampio sostegno a tali paesi nelle riforme per l’integrazione nell’Unione, che essi attuano pur sopportando il peso della guerra su vasta scala in corso in Ucraina. Ove opportuno, i programmi di cooperazione transfrontaliera dovrebbero razionalizzare gli obiettivi rafforzati di integrazione nell’UE dell’Ucraina e della Moldova inserendoli nelle attività del programma, anche attraverso il trasferimento delle pertinenti esperienze di riforma dei paesi vicini dell’UE. Ciò dovrebbe includere i preparativi a livello locale e regionale e un ruolo forte per le organizzazioni della società civile, ivi comprese le parti sociali.

2.5.

Considerando la sospensione dei finanziamenti agli enti della Federazione russa e della Bielorussia e la relativa sospensione della cooperazione transfrontaliera con gli stessi paesi, il CESE sostiene l’idea di fare tutto il possibile per trasferire alla cooperazione con l’Ucraina i fondi inizialmente destinati a questi programmi di cooperazione. A causa della grande importanza simbolica e dell’aumento delle esigenze, è opportuno investire tempo e competenze nella ricerca e nella preparazione del terreno sul piano giuridico. I forti vincoli emotivi e basati sui valori possono essere visti come un modo di «fare vicinato» con l’Ucraina ed essere interpretati come una soluzione adatta agli obiettivi del programma nell’attuale situazione di eccezionalità.

2.6.

Il CESE sottolinea lo straordinario onere finanziario che grava sulle comunità limitrofe che accolgono numerosi sfollati ucraini e accoglie pertanto con favore l’intenzione di eliminare l’obbligo di cofinanziamento nazionale per cinque programmi transfrontalieri ENI con la Repubblica di Moldova e l’Ucraina.

2.7.

Il CESE sottolinea che l’aggressione russa e il conseguente afflusso di sfollati hanno dimostrato ancora una volta il ruolo chiave della società civile e hanno stimolato in modo significativo l’attivismo della società civile sia in Ucraina che nei paesi limitrofi dell’UE, con centinaia di iniziative di volontariato a livello nazionale ma anche locale volte a fornire cibo e alloggi e a garantire altre esigenze umanitarie e che, pertanto, il sostegno alle attività della società civile dovrebbe essere concentrato in particolare sui programmi transfrontalieri. L’importanza della società civile organizzata prevarrà anche durante la ricostruzione dell’Ucraina e delle sue regioni e i preparativi per l’adesione all’UE.

2.8.

Alla luce della crisi energetica in corso, il CESE ricorda la necessità di accelerare la transizione verso l’energia verde e di rafforzare ulteriormente l’efficienza energetica. I programmi di cooperazione transfrontaliera dovrebbero offrire ai beneficiari l’opportunità di mitigare le imminenti difficoltà della stagione invernale, consentendo loro nel contempo di continuare a seguire il percorso di sostenibilità.

2.9.

Il CESE si rammarica che durante la messa a punto delle modifiche proposte non si siano svolte consultazioni delle parti interessate. Se attuate correttamente, esse non comportano perdite di tempo, ma nella maggior parte dei casi migliorano la qualità delle decisioni adottate.

2.10.

Il ricorso alle migliori pratiche del codice di condotta europeo sul partenariato può contribuire al successo dei progetti attuati nell’ambito del regolamento modificato.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

Il CESE sottolinea che l’UE sta realizzando un’ampia azione volta a sostenere gli sfollati ucraini, ad esempio attraverso CARE, FAST-CARE, modifiche della politica di coesione ecc. Occorre ridurre i rischi di doppio finanziamento. La specificità dello strumento europeo di vicinato dovrebbe essere conforme al suo obiettivo principale, ossia la cooperazione tra l’UE e i partner orientali. In previsione di interruzioni più lunghe dei programmi che coinvolgono la Russia e la Bielorussia, nonché della necessità e dell’interesse crescenti per la cooperazione in Ucraina e in Moldova, dovrebbero essere preparate tanto la modifica della base giuridica quanto la cooperazione con questi Stati, intervenendo ad esempio sull’articolo 9, ma anche sugli articoli 5, 6 e 8.

3.2.

Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che, oltre all’arrivo di sfollati, l’invasione russa in Ucraina ha avuto un altro impatto profondo sulla cooperazione tra l’UE, l’Ucraina e i paesi a essa vicini. A causa del blocco navale russo dei porti marittimi ucraini e dell’interruzione delle rotte di trasporto nell’Ucraina orientale, buona parte dei flussi commerciali ucraini, ivi compresi i cereali, è stata riorientata attraverso le frontiere del paese con l’UE, creando così una notevole pressione sulle infrastrutture transfrontaliere. Considerando che le esportazioni ucraine di cereali e di altri prodotti sono di fondamentale importanza per prevenire una crisi alimentare mondiale, i programmi transfrontalieri dovrebbero affrontare i problemi logistici emergenti per garantire la massima capacità in termini di flusso di merci, anche attraverso il miglioramento della gestione transfrontaliera, la costruzione di strutture di stoccaggio in prossimità delle frontiere e altre misure pertinenti. Questi progetti potrebbero richiedere una maggiore flessibilità temporale rispetto a quanto attualmente previsto all’articolo 6, paragrafo 2.

3.3.

I costi più elevati basati sugli straordinari tassi di inflazione causati dalla guerra russa dovrebbero essere ammissibili in tutti i progetti, non solo quelli menzionati all’articolo 6, paragrafo 3.

3.4.

Date le circostanze eccezionali, il CESE sostiene la proposta di agevolare la gestione dei programmi transfrontalieri, ivi comprese le modifiche delle loro attività. Sottolinea tuttavia la necessità di garanzie contro il possibile uso improprio dei fondi, e suggerisce di rafforzare il coinvolgimento della società civile (comprese le parti sociali) nel processo decisionale e nel monitoraggio delle attività transfrontaliere dei programmi. Questi aspetti potrebbero essere sottolineati all’articolo 7 e/o all’articolo 15.

3.5.

La sospensione unilaterale di cui all’articolo 10, paragrafo 2, dovrebbe essere accompagnata da una motivazione che faccia riferimento al suddetto regolamento.

3.6.

Come indicato ai punti 1.7 e 2.5, il CESE propone di consentire l’integrazione di nuovi partner della società civile (comprese le possibilità di riassegnazione) e dell’Ucraina, nei casi in cui erano previsti partner attualmente sospesi. L’articolo 10, paragrafo 3, dovrebbe essere modificato di conseguenza. Inoltre, gli appartenenti alla diaspora filodemocratica bielorussa o russa potrebbero essere considerati partner in casi eccezionali.

3.7.

Devono essere prese in considerazione misure supplementari per prevenire le frodi o gestire le irregolarità che possano emergere nel processo di attuazione. La società civile e le parti sociali dovrebbero svolgere un ruolo rafforzato anche in relazione a tali processi e nei comitati di sorveglianza. (Articolo 14, paragrafo 3).

Bruxelles, 27 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/198


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la direttiva 89/629/CEE

[COM(2022) 465 final — 2022/0282 (COD)]

(2023/C 75/30)

Consultazione

Parlamento europeo, 3.10.2022

Consiglio dell’Unione europea, 26.9.2022

Commissione europea, 16.9.2022

Base giuridica

Articolo 100, paragrafo 2, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Assemblea plenaria

26.10.2022

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

169/0/03

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/199


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce norme sull’introduzione di un’agevolazione per ridurre la distorsione a favore del debito rispetto al capitale e sulla limitazione della deducibilità degli interessi ai fini dell’imposta sul reddito delle società

[COM(2022) 216 final — 2022/0154 (CNS)]

(2023/C 75/31)

Relatore:

Petru Sorin DANDEA

Correlatore:

Krister ANDERSSON

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 8.6.2022

Base giuridica

Articolo 115 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

6.10.2022

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

187/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La proposta della Commissione sull’agevolazione per ridurre la distorsione a favore del debito rispetto al capitale (Debt-Equity Bias Reduction Allowance — DEBRA) intende ridurre tale distorsione dovuta a motivi fiscali per le imprese dell’UE mettendo in campo delle norme sulla deducibilità degli interessi nozionali sugli aumenti di capitale e introducendo limitazioni specifiche alla deducibilità fiscale degli oneri finanziari netti.

1.2.

A tal fine la Commissione ha elaborato norme mirate riguardanti sia un’agevolazione sul capitale che una limitazione sulla deduzione degli interessi. Le imprese finanziarie sono escluse dalle misure, in quanto sono soggette a requisiti regolamentari in materia di capitale che impediscono la sottocapitalizzazione.

1.3.

L’agevolazione sul capitale così come è concepita dalla Commissione viene calcolata come il prodotto della base dell’agevolazione per il tasso d’interesse nozionale (Allowance Base x Notional Interest Rate). La base dell’agevolazione è data dalla differenza tra il capitale alla fine del periodo d’imposta considerato e il capitale alla fine del periodo d’imposta precedente, in altri termini, dalla variazione annua del capitale. Per quanto riguarda il debito, una restrizione proporzionale limiterà la deducibilità degli interessi all’85 % degli oneri finanziari netti (ossia, gli interessi versati meno gli interessi percepiti).

1.4.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia gli obiettivi perseguiti dalla Commissione, nella misura in cui sono volti ad affrontare una questione di rilievo e che viene dibattuta da tempo in materia di tassazione delle società, cioè la distorsione a favore del debito rispetto al capitale per motivi fiscali. La struttura e il contenuto effettivi della proposta sono però fondamentali per conseguire efficacemente tali obiettivi.

1.5.

A tale riguardo, secondo il CESE la decisione della Commissione di favorire il capitale rispetto al debito non solo concedendo un’agevolazione sugli aumenti di capitale realizzati dalle imprese nel corso del tempo, ma anche riducendo del 15 % la deducibilità dei debiti contratti dalle imprese, potrebbe danneggiare le imprese europee, in particolare le PMI.

1.6.

Il CESE teme che la proposta della Commissione possa rendere le PMI e le microimprese, che sono la spina dorsale dell’economia europea, finanziariamente più deboli. Queste imprese non accedono facilmente ai mercati dei capitali e, pertanto, limitare la deducibilità dell’onere per interessi potrebbe ostacolare gli investimenti, la crescita e la creazione di posti di lavoro in tutta l’Europa.

1.7.

Il CESE ritiene che, nel caso delle piccole imprese e delle microimprese, l’incentivo a favore del capitale debba soprattutto, se non esclusivamente, prendere la forma di agevolazioni fiscali sul capitale, senza penalizzare la deducibilità degli interessi sul debito.

1.8.

Il CESE ritiene che il premio di rischio che la Commissione fissa all’1 % o all’1,5 % nella proposta in esame sia non solo scollegato dalla realtà del mercato, ma anche insufficiente a compensare la perdita di deducibilità degli oneri per interessi. Nel 2021 il premio di rischio era superiore al 5 % in tutti gli Stati membri e rimane attualmente su questi livelli.

1.9.

Il CESE teme che le imprese europee possano ritrovarsi in una situazione di svantaggio concorrenziale rispetto alle imprese di altri grandi blocchi commerciali, se non si concede loro di dedurre gli oneri che hanno legittimamente assunto sotto forma di interessi passivi allo scopo di realizzare un’attività d’impresa.

1.10.

Il CESE osserva che l’esclusione della deducibilità degli oneri per interessi per le imprese europee fornirebbe a tali imprese incentivi a ricorrere a contratti di leasing piuttosto che investire direttamente in macchinari e attrezzature. Inoltre, le operazioni di finanziamento infragruppo all’interno di grandi gruppi di società con funzioni di tesoreria centralizzate diventerebbero più difficili e verrebbero compromesse, rendendo il finanziamento degli investimenti più costoso, il che porterebbe a una riduzione degli investimenti.

1.11.

Al fine di offrire un contributo costruttivo e di esprimere compiutamente le proprie preoccupazioni, il CESE suggerisce pertanto alla Commissione di riesaminare in maniera approfondita la sua proposta, anche prevedendo che soprattutto le PMI e le microimprese siano esentate, in tutto o in parte, dalle limitazioni sulla deducibilità degli interessi passivi.

2.   Proposta della Commissione

2.1.

La proposta della Commissione relativa a una direttiva su una DEBRA (1) intende ridurre la distorsione a favore del debito, rispetto al capitale, dovuta a motivi fiscali per le imprese dell’UE stabilendo delle norme sulla deducibilità degli interessi nozionali sugli aumenti di capitale e introducendo limitazioni specifiche alla deducibilità fiscale degli oneri finanziari netti.

2.2.

La proposta è conforme alla comunicazione della Commissione sul tema «Tassazione delle imprese per il XXI secolo» (2), che individua nella distorsione a favore del debito imputabile a norme fiscali una questione di rilievo che le istituzioni europee devono affrontare al fine di conseguire un sistema fiscale equo ed efficiente.

2.3.

Nella suddetta comunicazione la Commissione sottolinea che attualmente un’impresa può «dedurre gli interessi connessi a un finanziamento tramite debito, ma non i costi relativi a un finanziamento tramite capitale proprio, come il pagamento di dividendi, incentivandola quindi a finanziare gli investimenti tramite debito invece che tramite capitale proprio. Ciò può contribuire a un accumulo eccessivo di debiti, con possibili ricadute negative per l’UE nel suo complesso, qualora alcuni paesi dovessero far fronte a forti ondate di insolvenza. Il debito penalizza anche il finanziamento dell’innovazione tramite capitale proprio».

2.4.

La proposta della Commissione fa seguito a una richiesta specifica del Parlamento europeo affinché venisse affrontata la distorsione a favore del debito rispetto al capitale, garantendo nel contempo l’introduzione di disposizioni antielusione efficaci per evitare che qualsiasi agevolazione sul capitale sia utilizzata come un nuovo strumento per l’erosione della base imponibile (3).

2.5.

La proposta della Commissione è stata inoltre preceduta da un’ampia consultazione cui hanno partecipato tutta una serie di portatori di interesse (esponenti del mondo accademico, autorità pubbliche, ONG, organizzazioni di categoria e imprese). Dalla consultazione è emerso che la stragrande maggioranza delle parti interessate è convinta della necessità di un’iniziativa volta a ridurre la distorsione a favore del debito rispetto al capitale.

2.6.

La Commissione ha inoltre collaborato con i sei Stati membri che hanno già attuato norme sulla distorsione a favore del debito rispetto al capitale, allo scopo di assicurarsi una consulenza specifica sul funzionamento di tali norme sulla base della loro esperienza (4).

2.7.

Nell’elaborare la proposta in esame, la Commissione ha preso in considerazione cinque possibili alternative di intervento normativo: i) la prima possibilità sarebbe di introdurre un’agevolazione sul capitale delle imprese a tempo indeterminato; ii) la seconda possibilità prevederebbe l’introduzione di un’agevolazione analoga, ma solo per il nuovo capitale e per 10 anni; iii) la terza prevederebbe un’agevolazione sul capitale societario, escludendo l’attuale deducibilità dei pagamenti di interessi; iv) la quarta escluderebbe del tutto la deducibilità degli interessi passivi; v) la quinta possibilità prevederebbe un’agevolazione per gli interessi nozionali sul nuovo capitale per 10 anni, associata a una limitazione parziale della deducibilità fiscale del debito per tutte le imprese.

2.8.

La quinta opzione di intervento normativo è emersa come quella preferibile e, pertanto, la proposta della Commissione contiene apposite norme mirate riguardanti sia un’agevolazione sul capitale che una limitazione alla deducibilità degli interessi sul debito. Le imprese finanziarie sono esplicitamente escluse dalle misure proposte, in quanto sono già soggette a requisiti regolamentari in materia di capitale che impediscono la sottocapitalizzazione.

2.9.

Più precisamente, l’agevolazione sul capitale così come è concepita nella proposta della Commissione viene calcolata come il prodotto della base dell’agevolazione per il tasso d’interesse nozionale (Allowance Base x Notional Interest Rate). Dal canto suo, la base dell’agevolazione è pari alla differenza tra il capitale alla fine del periodo d’imposta considerato e il capitale alla fine del periodo d’imposta precedente, ossia l’aumento annuo del capitale.

2.10.

Qualora la base dell’agevolazione di un contribuente che già beneficia di un’agevolazione sul capitale sia negativa in un dato periodo d’imposta (diminuzione del capitale), un importo proporzionale diventerà imponibile per 10 periodi d’imposta consecutivi e fino all’aumento totale del capitale netto per il quale è stata ottenuta l’agevolazione, a meno che il contribuente possa fornire la prova che ciò sia riconducibile a perdite subite durante il periodo d’imposta o a un obbligo giuridico.

2.11.

La proposta stabilisce norme specifiche sui pertinenti interessi nozionali da applicare e, tenuto conto delle difficoltà nell’accesso ai finanziamenti, prevede l’applicazione di un tasso d’interesse nozionale più alto per le PMI, senza possibilità di deroga da parte degli Stati membri. Allo scopo di evitare abusi, la deducibilità dell’agevolazione viene già limitata, attraverso il progetto contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (Base Erosion and Profit Shifting o BEPS) e l’attuazione delle relative misure a livello dell’UE tramite la direttiva anti-elusione (5), a un massimo del 30 % dell’EBITDA (6) del contribuente per ciascun periodo d’imposta. Viene inoltre proposto di coordinare le due limitazioni.

2.12.

Per quanto riguarda il debito, una restrizione proporzionale limiterà la deducibilità degli interessi all’85 % degli oneri finanziari netti (ossia, gli interessi versati meno gli interessi percepiti). Secondo la Commissione, questo approccio consente di affrontare la distorsione a favore del debito rispetto al capitale intervenendo contemporaneamente sul lato del capitale e su quello del debito. Non sono tuttavia inclusi aumenti di capitale dovuti a operazioni intersocietarie o a rivalutazioni delle attività.

2.13.

La base giuridica della proposta è l’articolo 115 del TFUE sulle misure di ravvicinamento che prendono la forma di direttive, e la Commissione ritiene che la proposta di direttiva in esame sia conforme ai principi di proporzionalità e sussidiarietà. Il termine per il recepimento è fissato per l’inizio del 2024, mentre gli Stati membri che hanno già introdotto norme sulla distorsione a favore del debito rispetto al capitale saranno autorizzati a mantenere le agevolazioni attualmente vigenti per il resto della loro durata ai sensi del diritto nazionale, ma tale periodo non può comunque essere superiore a 10 anni.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE appoggia gli obiettivi perseguiti dalla Commissione con la proposta in esame, in quanto sono volti ad affrontare una questione di rilievo e che viene dibattuta da tempo in materia di tassazione delle società, cioè la distorsione a favore del debito rispetto al capitale per motivi fiscali. Il CESE ritiene che le imprese europee, qualunque sia la loro dimensione, possano trarre grande beneficio da norme adeguate e ben concepite in questa materia, con l’effetto quindi di accrescere la competitività nel mercato interno.

3.2.

Il CESE rimanda al proprio parere sul tema Il ruolo delle imposte sulle società nella governance delle imprese (7) in cui non solo ha raccomandato di trovare una soluzione alla distorsione a favore del debito rispetto al capitale, ma ha anche evidenziato i rischi connessi a un rapporto d’indebitamento eccessivo, sottolineando che «la distorsione a favore del debito rispetto al capitale proprio nei regimi di tassazione delle società ha un impatto sui costi socioeconomici nonché sulla leva finanziaria e sulla governance delle imprese» (8).

Il CESE ha inoltre sottolineato l’apporto che una soluzione alla distorsione a favore del debito potrebbe dare per l’ambizioso programma della Commissione di rendere l’economia europea più sostenibile e più digitalizzata (9), e ha osservato che «un’eccessiva dipendenza dal finanziamento tramite debito può compromettere il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla Commissione, poiché le imprese diventano vulnerabili sotto il profilo finanziario e la possibilità di intraprendere nuovi e rischiosi progetti di investimento verde ne risente negativamente». Le norme da applicare devono tuttavia tenere conto in maniera adeguata della questione riguardante l’agevolazione per ridurre la distorsione a favore del debito rispetto al capitale. In particolare, secondo il Comitato le proposte avanzate dalla Commissione danneggerebbero le PMI — e in particolare le microimprese — rendendole finanziariamente più deboli.

3.3.

Limitando la deducibilità degli oneri per interessi si ostacolano gli investimenti, la crescita e la creazione di posti di lavoro. Questi effetti negativi sono anche più probabili nell’attuale situazione economica, in cui i tassi di interesse sono in aumento.

3.4.

Secondo il CESE un’azione a livello dell’UE è preferibile rispetto a varie iniziative non coordinate degli Stati membri. Tuttavia, poiché sei Stati membri applicano già norme nazionali sulle agevolazioni al finanziamento con capitale proprio, è opportuno osservare che la combinazione di un’agevolazione sul capitale e di una limitazione alla deducibilità degli oneri per interessi non produrrà un effetto armonizzato completo sui costi di investimento in tutta l’UE, anche in caso di approvazione della direttiva in esame.

3.5.

Il CESE apprezza l’ampia e dettagliata consultazione avviata dalla Commissione in merito alla proposta di introdurre una DEBRA, che ha offerto a numerosi portatori di interessi (associazioni di imprese, aziende, autorità pubbliche ed esponenti del mondo accademico) l’opportunità di esprimere la loro posizione su una questione cruciale per la tassazione delle imprese e la governance societaria nell’UE.

3.6.

Il CESE apprezza altresì la consultazione mirata che la Commissione ha condotto presso i sei Stati membri che hanno già approvato norme in relazione alla distorsione a favore del debito rispetto al capitale, in quanto essa consente all’autorità di regolamentazione europea di tenere conto dell’esperienza già acquisita in materia dai legislatori e dalle autorità fiscali di quegli Stati.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Secondo il CESE, la decisione della Commissione di favorire il capitale rispetto al debito non solo concedendo un’agevolazione sugli aumenti di capitale realizzati dalle imprese nel corso del tempo, ma anche riducendo del 15 % la deducibilità dei debiti contratti dalle imprese, danneggerà le imprese europee e in particolare le PMI e le microimprese. Per tali imprese, infatti, l’incentivo a favore del capitale dovrebbe soprattutto, se non esclusivamente, prendere la forma di agevolazioni fiscali sul capitale, senza penalizzare la deducibilità degli interessi sul debito.

4.2.

Il CESE ritiene rischioso limitare la deducibilità degli interessi sul debito — soprattutto per le PMI e le microimprese — nell’attuale scenario economico, caratterizzato dall’influenza doppiamente sfavorevole dovuta alla combinazione di un’inflazione sostenuta e dell’aumento dei tassi di interesse deciso dalle banche centrali per tenere sotto controllo l’inflazione. Inoltre, durante la pandemia il livello di indebitamento è aumentato in molte imprese. Una limitazione della deducibilità fiscale degli interessi passivi potrebbe quindi rendere più difficile la gestione dei debiti contratti dalle piccole imprese e dalle microimprese.

4.3.

Il CESE osserva che il principio di proporzionalità, così come sviluppato dalla Corte di giustizia dell’UE, richiederebbe alle istituzioni europee di elaborare norme idonee a conseguire gli obiettivi normativi perseguiti imponendo il minor sacrificio possibile ai destinatari di tali norme. A questo proposito, il CESE sottolinea che una riduzione sostanziale della deducibilità degli interessi legati a finanziamenti tramite indebitamento potrebbe generare conseguenze indesiderate per le PMI, e in particolare per le microimprese, come una minore sostenibilità dei debiti sottoscritti dalle imprese, licenziamenti e una perdita complessiva di stabilità finanziaria in tutto il mercato interno.

4.4.

Il CESE osserva che l’esclusione della deducibilità degli oneri per interessi fornirebbe alle imprese incentivi a ricorrere a contratti di leasing piuttosto che investire autonomamente in macchinari e attrezzature. Non si tratta di un incentivo adeguato da introdurre, almeno non senza un’analisi approfondita.

4.5.

Molte imprese prevedono operazioni di finanziamento infragruppo e funzioni di tesoreria centralizzate per finanziare gli investimenti in modo efficiente sotto il profilo dei costi. Le norme proposte imporrebbero sostanzialmente a ciascuna società del gruppo di finanziare i propri investimenti. In tal modo aumenterebbero i costi di finanziamento e l’infelice conseguenza sarebbe quindi quella di una riduzione degli investimenti. Il CESE ritiene che questo aspetto debba essere affrontato, in modo che gli investimenti possano continuare ad essere finanziati in modo efficiente.

4.6.

Il CESE raccomanda di limitare i costi di conformità a carico delle imprese europee che sono interessate a beneficiare della nuova agevolazione sul capitale assicurando la certezza del diritto e la prevedibilità delle nuove norme a un livello sufficiente per evitare incertezze e problemi interpretativi, che potrebbero portare al prolungarsi delle trattative o persino a contenziosi tra le autorità fiscali e le imprese.

4.7.

Alla luce delle argomentazioni di cui sopra e al fine di fornire un contributo costruttivo, il CESE suggerisce pertanto un riesame approfondito della proposta della Commissione, anche prevedendo che le PMI e le microimprese siano esentate — in tutto o almeno in parte — dalle norme relative alla DEBRA.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce norme sull’introduzione di un’agevolazione per ridurre la distorsione a favore del debito rispetto al capitale e sulla limitazione della deducibilità degli interessi ai fini dell’imposta sul reddito delle società, COM(2022) 216 final.

(2)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, «Tassazione delle imprese per il XXI secolo», COM(2021) 251 final.

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 15 febbraio 2022 sull'impatto delle riforme fiscali nazionali sull'economia dell'UE [2021/2074(INI)] (GU C 342 del 6.9.2022, pag. 14).

(4)  Gli Stati membri che dispongono di norme che prevedono un’agevolazione sugli aumenti di capitale possono differire l’applicazione delle disposizioni della direttiva in esame per la durata dei diritti già stabiliti dalle norme nazionali (clausola di mantenimento dei diritti acquisiti). I contribuenti che, al [1o gennaio 2024], beneficiano di un’agevolazione sul capitale ai sensi del diritto nazionale (in Belgio, a Cipro, in Italia, Malta, Polonia e Portogallo) potranno continuare a beneficiare di tale agevolazione a norma del diritto nazionale per un periodo massimo di 10 anni.

(5)  Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (GU L 193 del 19.7.2016, pag. 1).

(6)  Con l’acronimo EBITDA (earnings before interest, tax, depreciation and amortisation) si intendono gli utili al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento.

(7)  OJ C 152 del 6.4.2022, pag. 13.

(8)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 13, punti da 4.1 a 4.7.

(9)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 13.


28.2.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/204


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante abrogazione del regolamento (CEE) n. 1108/70 del Consiglio che istituisce una contabilità delle spese per le infrastrutture dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile e del regolamento (CE) n. 851/2006 della Commissione che fissa il contenuto delle diverse voci degli schemi per la contabilità dell’allegato I del regolamento (CEE) n. 1108/70

[COM(2022) 381 final]

(2023/C 75/32)

Consultazione

Parlamento europeo, 12.9.2022

Consiglio dell’Unione europea, 12.8.2022

Base giuridica

Articoli 91 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sessione plenaria

26.10.2022

Sessione plenaria n.

573

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

170/0/0

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto.

Bruxelles, 26 ottobre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG