ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 271

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

57° anno
19 agosto 2014


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

107a sessione plenaria del 25 e 26 giugno 2014

2014/C 271/01

Risoluzione del Comitato delle regioni — I vent’anni del Comitato delle regioni — Dare più potere agli enti locali e regionali nell’Unione europea

1

2014/C 271/02

Risoluzione del Comitato delle regioni — Proposte del comitato delle regioni per il nuovo mandato legislativo dell’unione europea

6

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

107a sessione plenaria del 25 e 26 giugno 2014

2014/C 271/03

Parere del Comitato delle regioni — Verso una politica urbana integrata per l’Unione europea

11

2014/C 271/04

Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto per la mobilità urbana

18

2014/C 271/05

Parere del Comitato delle regioni — Il settimo programma di azione in materia di ambiente e le città sostenibili

25

2014/C 271/06

Parere del Comitato delle regioni — Le future politiche dell’UE nel settore della giustizia e degli affari interni

30

2014/C 271/07

Parere del Comitato delle regioni — Una strategia europea per i senzatetto

36

2014/C 271/08

Parere del Comitato delle regioni — Strategia dell’UE per la regione adriatica e ionica (EUSAIR)

40

2014/C 271/09

Parere del Comitato delle regioni — Governance multilivello nella promozione della strategia dell’UE per la biodiversità 2020 e attuazione degli obiettivi internazionali di Aichi

45

2014/C 271/10

Parere del Comitato delle regioni — L’esecuzione del bilancio dell’UE

53

2014/C 271/11

Progetto di parere del Comitato delle regioni — Il progetto di bilancio dell’Unione europea per l’esercizio 2015

58

2014/C 271/12

Parere del Comitato delle regioni — Il quadro d’azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per conseguire la resilienza

61

2014/C 271/13

Parere del Comitato delle regioni — Risorse genetiche in agricoltura: dalla conservazione all’uso sostenibile

66

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

107a sessione plenaria del 25 e 26 giugno 2014

2014/C 271/14

Parere del Comitato delle regioni — Mobilità dei lavoratori e rafforzamento di EURES

70

2014/C 271/15

Parere del Comitato delle regioni — Riforme strutturali delle banche dell'UE e trasparenza del sistema bancario ombra

87

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

107a sessione plenaria del 25 e 26 giugno 2014

19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/1


Risoluzione del Comitato delle regioni

I vent’anni del Comitato delle regioni

Dare più potere agli enti locali e regionali nell’Unione europea

2014/C 271/01

IL COMITATO DELLE REGIONI,

visti il trattato sull’Unione europea e il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che gli hanno conferito nuove prerogative e responsabilità nel sistema politico europeo;

vista la sua dichiarazione di missione, in cui esso si definisce come assemblea politica dei rappresentanti regionali e locali, dotata di una duplice funzione di rappresentanza — democratica e territoriale — nel processo decisionale dell’Unione;

visto l’accordo di cooperazione siglato con il Parlamento europeo il 5 febbraio 2014, che formalizza la volontà comune di rafforzare la legittimità democratica dell’Unione;

visto il protocollo di cooperazione tra la Commissione europea e il Comitato delle regioni, firmato il 16 febbraio 2012, che conferma il coinvolgimento del Comitato delle regioni nell’attuazione del programma di lavoro annuale e nella programmazione legislativa della Commissione;

evidenzia il ruolo unico da esso svolto da 20 anni al servizio dell’Unione europea e per il rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, nonché per la difesa degli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale;

sottolinea l’impatto crescente da esso esercitato sull’elaborazione della legislazione europea attraverso il suo ruolo consultivo nonché la funzione politica da esso svolta nel processo legislativo dell’UE: il suo compito principale è garantire che l’esperienza e le conoscenze specifiche degli enti locali e regionali in materia di attuazione e applicazione del diritto europeo siano integrate in questo processo;

ha deciso di accompagnare la celebrazione del suo 20o anniversario con una riflessione sul futuro del suo ruolo politico e istituzionale nella governance dell’Unione europea e di condividere in tal modo la sua visione del processo di integrazione europea negli anni a venire;

a tal fine propone una tabella di marcia articolata intorno a tre obiettivi strategici per il rilancio della dinamica dell’Unione europea.

1.

Rafforzare l’adesione e la fiducia dei cittadini europei nell’Unione

1.1.

constata, alla luce dei risultati delle recenti elezioni europee, che occorre rafforzare il rapporto di fiducia tra l’Unione europea e i cittadini, facendo in modo che l’azione dell’Unione sia più vicina alle preoccupazioni di questi ultimi e apporti un reale valore aggiunto;

1.2.

richiama l’attenzione sul suo ruolo strategico, in quanto portavoce degli enti locali e regionali, ai fini del successo del progetto europeo, anche nell’ottica di un’«Europa delle regioni»; sottolinea di essere un indispensabile veicolo di espressione degli interessi e delle preoccupazioni del livello di governance più prossimo ai cittadini, consentendo di rispecchiare tali interessi nel processo di definizione delle politiche dell’Unione europea;

1.3.

ritiene, alla luce delle competenze stabilite giuridicamente a livello europeo e nazionale, che sia responsabilità collettiva delle istituzioni europee, degli Stati membri e degli enti locali e regionali migliorare l’adeguatezza della regolamentazione (la cosiddetta regulatory fitness) dell’Unione europea adottando procedure più trasparenti, riducendo gli oneri amministrativi e predisponendo meccanismi che consentano di analizzare l’impatto della sua azione sulla vita quotidiana dei cittadini.

1.4.

sottolinea, sulla scorta delle inchieste dell’Eurobarometro, la fiducia dei cittadini europei nei loro rappresentanti eletti locali e regionali, e la loro aspettativa che essi siano più coinvolti nella governance europea; ritiene pertanto essenziale rafforzare lo status di assemblea politica del CdR, valorizzando nel quadro europeo, ma anche in quello nazionale, regionale e locale, l’esercizio del mandato europeo, locale o regionale dei suoi membri;

1.5.

intende affermare la propria legittimità democratica e identità politica di istituzione europea, in quanto assemblea dei rappresentanti regionali e locali dell’UE, e accrescere la visibilità e l’impatto politico dei suoi pareri e delle posizioni da esso espresse; si impegna a rafforzare le sue attività politiche in collegamento con i partiti e i gruppi politici a tutti i livelli;

1.6.

si propone inoltre di sfruttare pienamente la sua specificità territoriale per moltiplicare la sua influenza sul processo decisionale e in tal modo coniugare i contributi delle sue delegazioni nazionali e reti di esperti territoriali nell’esecuzione dei propri compiti;

1.7.

fa appello agli Stati membri affinché, nella nomina dei membri, garantiscano una rappresentatività politica che rispecchi l’esito delle elezioni locali e regionali, nonché il rispetto dei principi di parità tra i sessi e di pari opportunità, e insiste sull’esigenza di accelerare le procedure di nomina;

1.8.

persegue l’obiettivo di promuovere la parità tra i sessi in tutti i suoi settori d’attività allo scopo di assicurare la legittimità democratica dell’Unione;

1.9.

ribadisce che l’Unione europea ha bisogno di un vero sistema di governance multilivello, che garantisca un’efficace cooperazione tra città, regioni e Stati membri; sottolinea che l’UE dovrebbe occuparsi dei settori in cui la sua azione è necessaria, astenendosi dall’introdurre nuove norme in settori in cui è più appropriato agire a livello locale, regionale o nazionale.

Il Comitato delle regioni contribuisce a incarnare l’Europa concreta

1.10.

intende sostenere pienamente i propri membri nello svolgere il ruolo di «ambasciatori» dell’Europa nelle regioni, nelle città e nei comuni e viceversa, nel rafforzare il loro legame con i cittadini europei;

1.11.

ritiene quindi indispensabile che negli uffici di informazione del Parlamento europeo e nelle rappresentanze della Commissione europea negli Stati membri venga predisposto un meccanismo di sostegno per le attività dei membri del Comitato delle regioni, che favorisca la loro interazione con i deputati europei nelle loro circoscrizioni; è disposto a fornire il proprio sostegno all’organizzazione di campagne di comunicazione decentrate sulle priorità d’azione dell’Unione europea e sull’impatto della sua legislazione a livello locale e regionale tenendo conto delle lingue ufficiali del territorio in questione;

1.12.

intende sostenere maggiormente i propri membri nei rispettivi enti territoriali, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione di dibattiti con i cittadini, nonché in occasione delle riunioni speciali dei consigli comunali e regionali dedicate ai temi di attualità europea e a eventuali proposte di iniziative dei cittadini europei;

1.13.

richiama l’attenzione sulle sue attività politiche, che costituiscono una piattaforma di dialogo sulla dimensione territoriale dell’Unione europea, compresi i vertici delle regioni e delle città, che offrono l’occasione di discutere il futuro dell’Europa e lo sviluppo degli enti territoriali in una prospettiva di più lungo periodo;

1.14.

intende rafforzare la sua strategia di comunicazione interistituzionale, invita a rivedere in profondità la strategia di comunicazione dell’Unione europea e propugna un nuovo modo di comunicare con i cittadini, improntato a un linguaggio chiaro e comprensibile; sottolinea il ruolo chiave dei mezzi di informazione locali e regionali e delle reti sociali nel riorientare la percezione dell’azione dell’Unione europea e nel promuovere le sue politiche e realizzazioni concrete.

2.

Perseguire un’integrazione europea fondata su un metodo comunitario rinnovato, che tenga pienamente conto della condivisione delle responsabilità da parte dei diversi livelli di governance

Il Comitato delle regioni come promotore di un nuovo modello di funzionamento dell’Unione europea

2.1.

considera la governance multilivello come uno dei principi su cui dovrebbe fondarsi un metodo comunitario rinnovato nel perseguire l’integrazione europea;

2.2.

intende adoperarsi per l’appropriazione dei principi della governance multilivello attraverso l’adesione alla Carta della governance multilivello in Europa, da esso adottata nell’aprile 2014;

2.3.

è favorevole a estendere le possibilità offerte dal codice di condotta sull’attuazione del principio di partenariato, già acquisito per la legislazione sulla politica di coesione, ad altri settori di intervento dell’UE.

Il Comitato delle regioni come difensore delle prerogative e delle competenze degli enti regionali e locali

2.4.

deplora l’impatto diretto della crisi sull’autonomia e sulla capacità d’azione degli enti locali e regionali; intende pertanto utilizzare le relazioni per paese elaborate dal Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa per seguire l’evoluzione del processo di decentramento e di regionalizzazione;

2.5.

vigilerà sul rispetto delle prerogative degli enti locali e regionali nei meccanismi di coordinamento a livello europeo; ritiene quindi essenziale che gli enti locali e regionali dispongano di risorse finanziarie che siano coerenti con il decentramento delle competenze;

2.6.

chiede maggiore considerazione per la dimensione locale e regionale della strategia per l’allargamento, della politica di vicinato e della politica di sviluppo dell’UE.

Il Comitato delle regioni come promotore dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità e della governance multilivello

2.7.

ribadisce la portata della sussidiarietà in quanto principio democratico fondamentale e strumento essenziale per migliorare la qualità delle norme dell’UE e aumentare il valore aggiunto dell’Unione, nonché ridurre gli oneri amministrativi; sottolinea l’importanza di dare maggior spazio al rispetto del principio di proporzionalità; richiama l’attenzione sul contributo del CdR al rispetto di questi principi tramite la sua strategia di monitoraggio e il suo strumento per la consultazione locale e regionale;

2.8.

sottolinea il carattere consequenziale del principio di partenariato e della governance multilivello;

2.9.

intende assumere le sue responsabilità nel dibattito sulla revisione delle competenze nell’UE; tale discussione deve condurre al rafforzamento del valore aggiunto dell’azione dell’UE, e non ridursi a un confronto tra «più» o «meno» Europa;

2.10.

intende consolidare l’impatto dei suoi pareri avvalendosi del meccanismo di consultazione della base territoriale e della concertazione con soggetti quali le regioni dotate di poteri legislativi e le associazioni rappresentative degli enti territoriali;

2.11.

si propone di rafforzare il suo coinvolgimento nell’intero ciclo legislativo, per poter, all’occorrenza, avvalersi della propria facoltà di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea;

2.12.

intende quindi instaurare una cooperazione più strutturata con il Parlamento europeo, con i parlamenti nazionali e, se del caso, con le seconde camere, che rappresentano la dimensione territoriale a livello nazionale, e con i parlamenti regionali, e sosterrà il ricorso alla procedura di allerta precoce da parte degli enti regionali.

Il Comitato delle regioni come parte attiva nell’analisi dell’impatto territoriale della legislazione europea

2.13.

si compiace dei progressi che consentono il suo coinvolgimento in una fase particolarmente precoce dell’elaborazione della legislazione; intende perciò dedicare particolare attenzione all’analisi di impatto territoriale e allo sviluppo di indicatori territoriali; ribadisce quindi l’esigenza di garantire il coinvolgimento degli enti locali e regionali nel meccanismo di cooperazione istituzionale per il miglioramento della legislazione;

2.14.

intende sviluppare ulteriormente le sue capacità e in particolare adoperarsi per accrescere la sua capacità di valutazione a sostegno della sua funzione consultiva, avvalendosi delle conoscenze specifiche degli enti locali e regionali e di quelle delle associazioni territoriali europee nelle consultazioni collegate ai suoi pareri, alle analisi di impatto territoriale e al rispetto della sussidiarietà e della proporzionalità;

2.15.

raccomanda il coinvolgimento degli enti locali e regionali nel Programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT), con l’obiettivo di migliorare la qualità della legislazione e di accrescerne l’accettazione da parte dei cittadini.

3.

Consolidare la rappresentanza istituzionale degli enti regionali e locali nel processo decisionale

3.1.

rivendica la sua legittimità, specificità e complementarità nell’architettura istituzionale dell’UE, e intende difendere la sua indipendenza politica e autonomia funzionale, affermando il suo ruolo di istituzione politica a sostegno della sua funzione consultiva, riservando un seguito più efficace ai suoi pareri e sviluppando ulteriormente i contatti e la cooperazione con il Parlamento europeo, la Commissione europea e il Consiglio;

3.2.

si concentrerà sul suo compito principale; focalizzando la sua attenzione e le sue risorse sul processo legislativo dell’UE esso rafforzerà il suo ruolo politico in quanto organo consultivo e potrà giustificare una sua eventuale futura richiesta che gli vengano conferite prerogative aggiuntive;

3.3.

prevede di attuare la sua strategia futura per tappe, avvalendosi nel breve periodo di tutte le potenzialità offerte dal trattato di Lisbona e, nel più lungo periodo, nel quadro di una riforma dei trattati.

Rafforzamento delle funzioni di definizione delle politiche nel quadro del trattato di Lisbona

3.4.

chiede che, conformemente al principio di cooperazione leale, le istituzioni che lo consultano siano tenute a rispettare le sue competenze istituzionali e debbano rendere note le ragioni per cui seguono, o non seguono, le principali raccomandazioni del CdR;

3.5.

si compiace dell’aumento delle consultazioni da parte del Parlamento europeo, e auspica che l’impatto positivo della cooperazione politica instaurata tramite l’accordo di cooperazione dia luogo a un sistema di reciprocità nella partecipazione dei relatori alle attività delle rispettive commissioni;

3.6.

richiama l’attenzione del legislatore europeo sull’esigenza di rafforzare sia qualitativamente che quantitativamente la cooperazione tra il Comitato delle regioni, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione; intende accrescere il proprio impatto sulle proposte legislative e rafforzare il coinvolgimento dei propri relatori nel corso dell’intero processo legislativo allo scopo di potenziare il monitoraggio delle proposte di modifica dei testi legislativi su cui si pronuncia;

3.7.

chiede uno status di osservatore nei negoziati del trilogo riguardanti i settori in cui la sua consultazione è obbligatoria;

3.8.

caldeggia l’organizzazione di sessioni interparlamentari in cui i suoi membri, i membri del Parlamento europeo e i membri dei parlamenti regionali possano discutere di questioni di attualità europea e dell’impatto della legislazione europea;

3.9.

intende partecipare in maniera più attiva al processo di elaborazione e di attuazione dei punti dei programmi delle presidenze che rivestono interesse per gli enti locali e regionali e interagire meglio con il Consiglio nel suo insieme e in particolare con i ministri regionali che partecipano alle riunioni di tale istituzione;

3.10.

sollecita il coinvolgimento dei rappresentanti degli enti locali e regionali, e se del caso di quelli delle regioni con poteri legislativi, nei gruppi di lavoro del Consiglio e della Commissione quando le politiche esaminate rivestono un forte interesse territoriale;

3.11.

si compiace dei rapporti che sono stati instaurati con la presidenza del Consiglio europeo, rapporti che occorrerà strutturare in modo da rendere permanente il valore aggiunto della consultazione territoriale, in particolare nel quadro della preparazione dei Consigli europei;

3.12.

è particolarmente soddisfatto dell’evoluzione della propria cooperazione con la Commissione europea, specie nella fase di consultazione prelegislativa, ribadisce tuttavia la richiesta di istituire, mediante un sistema di interrogazioni su questioni di attualità, una pratica sistematica di interrogazioni orali e scritte nei confronti dell’esecutivo europeo in relazione alle sue raccomandazioni politiche;

3.13.

ribadisce la necessità di coinvolgere il Comitato delle regioni in una fase quanto più possibile precoce nella programmazione annuale e pluriennale dell’UE, in maniera che il CdR sia in grado di contribuire alla definizione delle scelte strategiche e politiche per l’Europa; chiede inoltre di essere coinvolto a monte, sin dal prossimo mandato (2014-2019), nel processo di designazione del commissario per la Politica regionale;

3.14.

è favorevole al coinvolgimento degli enti locali e regionali nei meccanismi della governance economica e ritiene legittimo, da un lato, essere coinvolto nel dialogo economico tra la Commissione europea e il Parlamento europeo e, d’altro lato, che sia garantita la partecipazione dei suoi membri alla settimana parlamentare del Parlamento europeo a fianco dei deputati europei e nazionali;

3.15.

chiede che, in occasione dell’integrazione nel quadro giuridico dell’UE del trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria sia introdotta una clausola orizzontale che permetta la consultazione del Comitato delle regioni nei settori di competenza concorrente per le misure di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali e in quelli delle azioni di sostegno, di coordinamento e di completamento;

3.16.

ribadisce, nell’eventualità di una revisione dei trattati che modifichi l’assetto istituzionale, le seguenti richieste:

che gli sia conferito lo status di istituzione;

che gli sia dato il diritto di attivare la procedura di parere conforme per le proposte legislative riguardanti la coesione economica, sociale e territoriale;

3.17.

propone che alla sua attuale denominazione sia aggiunto il termine «europeo». La denominazione completa diventerebbe quindi «Comitato europeo delle regioni»;

3.18.

sottolinea che la convenzione che sarà convocata in vista della revisione dei trattati dovrebbe comprendere rappresentanti del Comitato delle regioni, allo scopo di garantire la massima legittimità democratica possibile;

3.19.

incarica il suo presidente di trasmettere la presente risoluzione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione europea e al presidente del Consiglio europeo.

Bruxelles, 25 giugno 2014.

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/6


Risoluzione del Comitato delle regioni

Proposte del comitato delle regioni per il nuovo mandato legislativo dell’unione europea

2014/C 271/02

A seguito delle elezioni al Parlamento europeo e in vista del nuovo mandato della Commissione europea, il COMITATO DELLE REGIONI (CdR) formula le proprie aspettative e proposte per il nuovo mandato legislativo dell’Unione europea.

1.

Le città e le regioni d’Europa in quanto partner fondamentali per rafforzare la fiducia nell’Unione europea

1.1.

Il CdR ritiene che i principali obiettivi dell’Unione europea nel corso del nuovo mandato legislativo debbano essere i seguenti: creare nuovi e migliori posti di lavoro, produrre una crescita sostenibile ed equilibrata a livello territoriale e promuovere i valori europei comuni per rafforzare la fiducia dei cittadini nel progetto europeo;

1.2.

sottolinea che gli enti locali e regionali sono non soltanto una fonte di legittimità democratica per l’UE, ma anche uno strumento su cui far leva per portare avanti gli obiettivi dell’Unione e comunicarli ai cittadini sul piano locale; ricorda che grazie alla governance multilivello tutti i livelli di governo cooperano nell’esercizio del potere e sottolinea che sussidiarietà e governance multilivello vanno di pari passo con una forte autonomia locale e regionale;

1.3.

ricorda che gli enti locali e regionali, che sono responsabili di due terzi degli investimenti pubblici diretti nell’UE, sono stati colpiti duramente dalla crisi economica e finanziaria, che ha portato ad una significativa riduzione della spesa pubblica, pari a più del 20 % negli ultimi tre anni, e ad un aumento delle disparità territoriali. Al tempo stesso, essi devono spesso far fronte ad un fabbisogno finanziario in aumento a seguito dell’elevata disoccupazione ed esclusione sociale.

2.

Investire nei comuni e nelle regioni d’Europa per creare nuovi posti di lavoro e garantire una maggiore crescita e sostenibilità

2.1.

propone che in occasione della revisione di medio termine del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, prevista alla fine del 2016, si esaminino le possibilità di modificare i massimali degli stanziamenti di pagamento all’interno dell’attuale dotazione finanziaria complessiva prevista nel QFP, tenuto conto dell’accumularsi degli impegni residui (RAL) e delle crescenti difficoltà dell’UE a rispettare i suoi obblighi giuridici; propone altresì di garantire che il bilancio sia in linea con l’evoluzione delle priorità strategiche dell’Unione;

2.2.

chiede alla Commissione di proporre misure per incrementare la capacità di assorbimento degli Stati membri, di rivedere la sua analisi sull’esclusione dei cofinanziamenti nazionali e regionali degli investimenti sostenuti dall’UE dal calcolo del disavanzo di bilancio, e di prendere in considerazione nel medio termine un sostegno più ambizioso per gli investimenti pubblici nell’UE;

2.3.

chiede di estendere la durata e il campo di applicazione dell’iniziativa Prestiti obbligazionari Europa 2020 a seguito della valutazione completa e indipendente prevista nel 2015 e sulla base dei risultati di quest’ultima;

2.4.

chiede alla Commissione di presentare una comunicazione sulla qualità della spesa pubblica che tra le altre cose trasponga nell’elaborazione delle future politiche dell’UE i principi dell’OCSE per l’efficienza degli investimenti pubblici;

2.5.

propone alla Commissione europea di presentare un Libro verde per promuovere le sinergie tra i bilanci UE, nazionali e subnazionali al fine di garantire un uso ottimale del bilancio dell’UE;

2.6.

chiede alla Commissione e alla Banca europea per gli investimenti di potenziare l’assistenza pratica fornita agli enti locali e regionali per rafforzare la loro competenza in materia di strumenti finanziari innovativi.

3.

Sottolineare maggiormente l’aspetto territoriale delle politiche UE e superare le disparità territoriali dell’Unione

3.1.

sollecita la Commissione, il Parlamento europeo e gli Stati membri ad aggiungere una dimensione territoriale alla strategia europea per la crescita e l’occupazione nel contesto della sua prevista revisione;

3.2.

chiede una strategia e un’azione a livello di Unione europea per la conservazione e la promozione della diversità delle culture, dei patrimoni e delle lingue in Europa; è fermamente convinto che a livello politico dovrebbe essere riservata maggiore attenzione alla capacità della cultura e del patrimonio di generare crescita sostenibile e posti di lavoro duraturi;

3.3.

chiede inoltre di assicurare un maggiore coinvolgimento del livello subnazionale nel nuovo coordinamento delle politiche economiche e finanziarie nell’ambito del semestre europeo;

3.4.

chiede alla Commissione di esaminare i risultati del coinvolgimento degli enti locali e regionali nella programmazione, nell’attuazione e nell’eventuale riprogrammazione degli accordi di partenariato e dei programmi operativi, come richiesto dal regolamento sui fondi strutturali e d’investimento europei e dal Codice di condotta europeo in materia di partenariato; chiede inoltre che vengano formulate appropriate raccomandazioni in caso di mancata osservanza di queste disposizioni da parte degli Stati membri;

3.5.

invita le istituzioni dell’Unione europea a tener conto in misura più adeguata della dimensione territoriale in ogni futura proposta volta ad approfondire l’Unione economica e monetaria e chiede alla Commissione e agli Stati membri di attribuire una particolare attenzione alle ricadute sul piano regionale e locale e al loro possibile impatto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche e sulla coesione territoriale, in particolare in vista dell’introduzione dello Strumento di convergenza e di competitività e di altre importanti riforme economiche e fiscali nell’UE;

3.6.

chiede che la valutazione d’impatto territoriale diventi obbligatoria nell’esecuzione delle valutazioni d’impatto della Commissione;

3.7.

invita la Commissione a presentare un Libro bianco sulla coesione territoriale per rafforzare il concetto di coesione economica, sociale e territoriale, in modo da far fronte alle crescenti disparità territoriali nell’UE e rilanciare il dibattito su una misurazione della qualità della vita che vada al di là del PIL; poiché persistono notevoli disparità economiche e sociali tra una regione e l’altra, è essenziale promuovere la politica di coesione economica, sociale e territoriale riservando particolare attenzione alle regioni meno sviluppate;

3.8.

chiede alla Commissione di promuovere uno sviluppo sostenibile sia a livello urbano sia nell’interazione tra zone urbane e rurali attraverso l’elaborazione di un Libro bianco sullo sviluppo urbano integrato;

3.9.

sottolinea la necessità di una visione territoriale per l’Unione europea e chiede pertanto che venga aggiornata la Prospettiva di sviluppo spaziale europeo;

3.10.

propone di porre l’accento sullo sviluppo di soluzioni transfrontaliere, di reti interregionali e di strategie macroregionali, anche estendendo l’uso dello strumento dei gruppi europei di cooperazione territoriale ad altre politiche dell’UE;

3.11.

chiede alla Commissione di intensificare gli sforzi per portare a termine la rete centrale TEN-T e i corridoi di tale rete, e di potenziare la partecipazione degli enti regionali e locali all’elaborazione dei piani di lavoro per i corridoi e di garantire un loro maggiore coinvolgimento nelle piattaforme di corridoio.

4.

Preparare l’Unione europea a nuove sfide politiche

Maggiore sostegno all’istruzione, alla formazione e alla cultura

4.1.

chiede alla Commissione di presentare una proposta per coordinare a livello europeo la modernizzazione delle professioni dell’insegnamento;

4.2.

invita la Commissione a proporre un quadro di qualità per l’istruzione e l’assistenza nella prima infanzia e un quadro europeo per il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche acquisite attraverso l’apprendimento informale e non formale;

4.3.

chiede alla Commissione di avanzare proposte concrete su come incrementare l’alfabetizzazione digitale dei cittadini di ogni età;

4.4.

si attende che la Commissione europea riconosca il ruolo degli enti locali e regionali nello sviluppo delle sue future politiche in materia di giustizia e affari interni; chiede in particolare che nella pianificazione delle sue attività siano incluse la dimensione locale e regionale della promozione del rispetto dei diritti umani e lo sviluppo di una politica europea globale in materia di migrazioni;

4.5.

sottolinea l’importanza dei regimi di garanzia per i giovani come meccanismo per contrastare gli elevati tassi di disoccupazione giovanile e offrire opportunità ai giovani europei. Chiede pertanto che il finanziamento di tale programma venga aumentato, e che venga offerto un maggiore sostegno agli enti locali e regionali nella preparazione, nello sviluppo e nell’attuazione di tali strumenti;

4.6.

suggerisce di integrare meglio la cultura e la creatività nella strategia Europa 2020 riveduta e nelle sue future iniziative faro.

Imprimere nuovo slancio all’integrazione nelle città e regioni d’Europa

4.7.

chiede alla Commissione di lavorare a stretto contatto con gli enti locali e regionali partecipando ai loro sforzi per l’integrazione degli immigrati, la quale costituisce un elemento importante per realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020 e rispondere alle sfide demografiche dell’UE;

4.8.

chiede che venga riconosciuto un posto prioritario ai cambiamenti demografici nella elaborazione della legislazione europea pertinente e nell’attuazione di tutti i programmi di finanziamento dell’UE per il periodo 2014-2020;

4.9.

ribadisce l’invito ad adottare una strategia europea per i senzatetto;

4.10.

chiede alla Commissione di intensificare gli sforzi per coordinare e monitorare in modo efficace le politiche per l’integrazione dei Rom a livello nazionale, regionale e locale; propone, in tale contesto, di rafforzare la cooperazione con l’Alleanza europea di città e regioni per l’inclusione dei Rom istituita dal Consiglio d’Europa.

Rafforzare la competitività e l’innovazione a livello locale e regionale

4.11.

chiede di elaborare un’iniziativa regionale per il controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT) al fine specifico di ridurre gli oneri amministrativi, soprattutto quelli a carico delle piccole e medie imprese; chiede inoltre di rafforzare il ruolo degli enti locali e regionali nella revisione dello Small Business Act;

4.12.

chiede alla Commissione di promuovere il ruolo delle strategie di specializzazione intelligente in Europa per combattere il divario tra le regioni dell’UE in materia di innovazione; raccomanda di elaborare un piano d’azione per l’iniziativa «Scala di eccellenza» che introduca misure pratiche e un monitoraggio permanente per collegare i programmi europei di ricerca (ad esempio Orizzonte 2020) e i fondi strutturali e d’investimento dell’UE;

4.13.

raccomanda l’adozione di misure per completare il mercato unico mediante la riduzione degli oneri che gravano sull’esercizio delle libere professioni e delle professioni regolamentate negli Stati membri, e auspica che la Commissione avvii tutte le proposte legislative annunciate nel Piano d’azione Imprenditorialità 2020 nella prima metà del nuovo mandato legislativo, al fine di accelerare l’attuazione di tale Piano e la creazione di posti di lavoro a livello locale e regionale;

4.14.

esorta a elaborare un Piano d’azione europeo sull’innovazione nel settore pubblico che metta l’accento in modo specifico sull’amministrazione locale e regionale;

4.15.

propone di rivedere il Libro bianco Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti, pubblicato nel 2011, prevedendo nell’ambito di questo riesame un dibattito sulla futura politica dei trasporti dell’Unione oltre il 2020.

Ripensare la strategia energetica dell’Unione europea basandosi su soluzioni locali e regionali per il cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile

4.16.

invita la Commissione a rivolgere una particolare attenzione al ruolo degli enti regionali e locali nella elaborazione di una politica energetica europea integrata; per ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili sono necessarie soluzioni energetiche decentrate e l’UE deve quindi garantire ai piccoli produttori di energia condizioni eque di concorrenza;

4.17.

invita la Commissione a presentare un Piano d’azione contro la povertà energetica che comprenda misure a livello europeo, nazionale, regionale e locale;

4.18.

chiede alle istituzioni dell’UE e agli Stati membri di considerare esplicitamente il ruolo degli enti locali e regionali nella realizzazione di obiettivi ambiziosi e vincolanti per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di CO2, la quota di energia da fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, e di sviluppare ulteriormente in questo settore il principio di un partenariato analogo a quello previsto dalla politica di coesione dell’UE; invita inoltre le istituzioni dell’UE e gli Stati membri ad ampliare la portata del Patto dei sindaci quale strumento europeo per l’integrazione degli enti locali e regionali nella politica dell’UE in materia di cambiamenti climatici e a dotare questa iniziativa di adeguate risorse al di là del 2020;

4.19.

chiede alla Commissione europea di perseguire, nella revisione e nello sviluppo di politiche in materia di aria, acqua e inquinamento acustico, un approccio orientato alla fonte, vale a dire di contrastare i problemi ambientali alla fonte, tenendo conto dell’esperienza degli enti locali e regionali, che devono spesso attuare politiche adeguate senza avere un’influenza diretta sull’origine del problema.

Imprimere nuovo slancio allo sviluppo rurale e alla politica agricola

4.20.

chiede alla Commissione europea di proporre un’adeguata strategia di sviluppo sostenibile delle zone rurali basata su un approccio territoriale integrato;

4.21.

chiede che le misure previste a titolo di «rete di sicurezza» nella rinnovata politica agricola comune (PAC) siano affiancate da altre misure più mirate per combattere la volatilità dei mercati;

4.22.

propone di realizzare una valutazione d’impatto per esaminare le conseguenze degli accordi commerciali attualmente in corso di negoziazione per il settore agricolo.

Proseguire la politica di allargamento dell’UE, rafforzare i partenariati con i paesi vicini dell’Unione e fare miglior uso dello strumento della cooperazione decentrata

4.23.

chiede alla Commissione di sostenere e promuovere il ruolo degli enti locali e regionali dei paesi dell’allargamento nella riforma della pubblica amministrazione e di attribuire una particolare attenzione alla situazione del decentramento nelle sue relazioni annuali sui progressi compiuti;

4.24.

sottolinea che l’UE deve agire con risolutezza a sostegno dei paesi del partenariato orientale, favorendo il rafforzamento della democrazia locale e regionale e il processo di decentramento e incoraggiando il ricorso ai programmi di cooperazione tra il partenariato orientale e gli enti locali e regionali dell’UE;

4.25.

chiede alla Commissione di avvalersi dello Strumento europeo di vicinato per rafforzare la coesione sociale e territoriale nei paesi partner del Mediterraneo e la cooperazione tra i loro enti locali e regionali;

4.26.

in tale contesto, invita la Commissione ad estendere il programma Strumento per l’amministrazione locale ai paesi vicini del sud e auspica l’elaborazione e l’attuazione di politiche sostenibili in materia di immigrazione nella regione mediterranea con la partecipazione di tutte le parti interessate, soprattutto i governi nazionali e gli enti regionali e locali;

4.27.

chiede che gli enti locali e regionali partecipino allo sviluppo di «partenariati per l’integrazione» con i paesi terzi e ad altre iniziative di prevenzione legate alla promozione della migrazione circolare;

4.28.

auspica un coinvolgimento degli enti locali e regionali nell’attuazione di un approccio territoriale allo sviluppo, che tenga conto della loro grande esperienza nella cooperazione decentrata allo sviluppo; chiede inoltre che gli enti regionali e locali contribuiscano all’Anno europeo dello sviluppo 2015 e che le strategie di sviluppo locali e regionali vengano sostenute;

4.29.

propone di proseguire i negoziati per un Partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) con gli Stati Uniti a condizione che siano rispettate la trasparenza e la partecipazione democratica e siano salvaguardate le norme sociali e ambientali; chiede che sia concesso al CdR lo status di parte interessata in questo processo.

Ristabilire il contatto con i cittadini

4.30.

invita la Commissione a presentare una proposta di modifica dell’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nel Parlamento europeo, al fine di rafforzare il riconoscimento della funzione democratica di tale istituzione, ad esempio attraverso la fissazione di una soglia comune a livello dell’UE per la rappresentanza in seno al Parlamento europeo, ed esorta la Commissione ad agevolare l’esercizio del diritto di voto europeo proponendo un registro europeo degli elettori;

4.31.

propone di rivedere la strategia Comunicare l’Europa in partenariato al fine di sostenere il ruolo svolto dagli enti locali e regionali nel fornire ai cittadini informazioni sull’Unione e le sue politiche; chiede alla Commissione di collaborare più strettamente con il CdR nell’attuazione di una vera e propria politica di comunicazione decentrata a livello locale e regionale, in particolare tramite le sue rappresentanze negli Stati membri.

5.

Un partenariato rafforzato con le istituzioni europee

5.1.

chiede di poter partecipare agli imminenti negoziati per un nuovo Accordo interistituzionale «Legiferare meglio»;

5.2.

propone una più stretta collaborazione con la Commissione europea nella fase prelegislativa sulla base dell’accordo di cooperazione, onde definire iniziative strategiche a lungo termine e promuovere, nelle politiche europee, soluzioni basate sulla governance multilivello;

5.3.

invita il Parlamento europeo a rafforzare, in base all’accordo siglato con il CdR nel 2014, la cooperazione nel corso del processo legislativo e durante il semestre europeo, nonché nella valutazione dell’impatto territoriale della legislazione dell’UE;

5.4.

chiede la parità di trattamento degli enti locali e regionali e delle loro associazioni in relazione alle modifiche dell’obbligo di registrazione nel registro per la trasparenza previsto dal nuovo Accordo interistituzionale su un Registro comune per la trasparenza;

5.5.

propone al Consiglio di rafforzare ulteriormente la cooperazione con il CdR nei settori di particolare interesse per gli enti locali e regionali.

Bruxelles, 26 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


PARERI

Comitato delle regioni

107a sessione plenaria del 25 e 26 giugno 2014

19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/11


Parere del Comitato delle regioni — Verso una politica urbana integrata per l’Unione europea

2014/C 271/03

Relatore

:

Bas Verkerk (NL/ALDE), sindaco di Delft Testo/i di riferimento

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Introduzione

1.

Le città sono importanti motori economici dell’Unione, spazi per eccellenza dello sviluppo individuale e comunitario, nonché organismi con un grande potenziale di efficienza ambientale. L’impegno delle città e delle regioni urbane è di notevole importanza per realizzare la strategia Europa 2020 e lo sviluppo economico, sociale e territoriale dell’UE (1).

2.

Il ruolo importante che le città svolgono nella società europea ha indotto gli Stati membri e la Commissione europea ad avviare delle iniziative volte a definire una politica urbana per l’UE. L’importanza delle città è riconosciuta anche a livello delle Nazioni Unite, nel cui ambito è attualmente in corso l’elaborazione della Nuova agenda urbana che sarà adottata in occasione della prossima conferenza Habitat III del 2016. La politica urbana per l’UE può fornire un contributo in questo senso.

3.

Nel trattato UE si trovano diversi riferimenti che, a complemento delle competenze primarie degli Stati membri, forniscono all’UE la base giuridica per sostenere la politica urbana nazionale, regionale e locale, come ad esempio i riferimenti alla coesione economica, sociale e territoriale (articolo 3), all’autonomia locale (articolo 4) e alla dimensione locale del principio di sussidiarietà (articolo 5). Al momento non esiste però una strategia urbana integrata rivolta al futuro a livello UE, nonostante l’appello lanciato dal Parlamento europeo nel 2011 a favore di un’agenda urbana europea (2), il processo intergovernativo della Carta di Lipsia e la dichiarazione di Toledo. La mancanza di una strategia generale in questo senso fa sì che vi sia scarsa coerenza a livello UE tra i diversi programmi di sostegno e le varie iniziative in materia, alcune delle quali non producono i risultati concreti auspicati.

4.

Alla luce delle esperienze precedenti, va altresì detto che non vi è alcuna garanzia che in futuro la dimensione urbana continui a godere della stessa attenzione di oggi tra le priorità dell’Europa (3). La Commissione ha pubblicato già nel 1997 una comunicazione in merito a una politica urbana per l’UE (4). Tuttavia, nonostante molteplici dichiarazioni e attività, due decenni più tardi tali priorità rimangono ancora da realizzare. L’UE deve fare in modo che le città e le regioni urbane possano sviluppare appieno le loro capacità e le loro potenzialità quali motori di crescita economica, occupazione e integrazione sociale. Ora è giunto però il momento di passare a una vera e propria agenda urbana europea. La Carta di Lipsia rappresenta una buona base in questo senso. Un’agenda urbana europea deve affrontare lo sviluppo urbano sostenibile da tutti i punti di vista: sociale, economico e ambientale.

5.

Il Comitato delle regioni esorta la Commissione a presentare, a complemento della prevista comunicazione che sarà pubblicata a seguito del forum urbano del 17 e 18 febbraio 2014, un libro bianco su una politica urbana integrata che consenta di ancorare strutturalmente la dimensione urbana in tutte le pertinenti politiche e regolamentazioni europee, in modo da evitare i doppioni e le incoerenze attuali. Durante l’elaborazione di tale Libro bianco, il Comitato, per parte sua, proseguirà il dibattito sulla strategia urbana dell’UE per fornire alla Commissione elementi concreti e per far sì che questo tema rimanga all’ordine del giorno a livello europeo. Il Comitato sottolinea l’importanza di un approccio sostenibile e globale in materia di aree urbane, basato sulle idee e i suggerimenti espressi dal Comitato nei pareri paralleli e complementari sull’Agenda urbana integrata, sui temi Il settimo programma di azione in materia di ambiente e le città sostenibili  (5) e Pacchetto per la mobilità urbana  (6).

6.

Una politica urbana a livello UE consentirà infatti di riconoscere l’importanza delle città nella realizzazione degli obiettivi europei e nel rafforzamento della competitività internazionale dell’UE. Al tempo stesso, l’elaborazione della politica urbana per l’UE non può trascurare le interazioni tra le città e le campagne, né il grande influsso che questa esercita sullo sviluppo territoriale in generale. Di conseguenza è fondamentale prevedere una forte sinergia tra tale politica urbana e l’Agenda territoriale dell’UE 2020.

La forza delle città e le loro sfide

7.

Con il passaggio da un’economia basata sui servizi a un’economia basata sulla conoscenza e con la crescente digitalizzazione della società, le città sono diventate i pilastri economici e i motori dell’occupazione dell’UE. L’innovazione e le nuove forme di attività economica trovano spesso origine nelle città. Queste ultime sono anche le fucine dell’arte, della cultura e della creatività, da cui esse stesse e i loro cittadini traggono identità. Le città costituiscono così un punto di forza importante per l’UE nella concorrenza internazionale con le altre parti del mondo.

8.

Attualmente il 68 % della popolazione dell’UE risiede in zone urbane (7). Se si fa eccezione per le due grandi metropoli rappresentate da Parigi e Londra, l’UE presenta una struttura policentrica, unica nel suo genere, formata da un insieme di città piccole, medie e grandi. Circa 200 milioni di persone vivono in città di meno di 1 00  000 abitanti, che spesso svolgono un’importante funzione regionale in termini di servizi e di strutture, nonché per il miglioramento della qualità della vita e dell’equilibrio territoriale. L’agenda urbana dell’UE non deve quindi limitarsi alle grandi città europee ma deve essere applicabile anche a quelle di piccole e medie dimensioni e alle zone urbane. In questo contesto, il Comitato si compiace che il futuro trio di presidenza dell’UE, Italia, Lettonia e Lussemburgo, attribuirà un’attenzione particolare alle città europee di piccole e medie dimensioni e al loro ruolo in un contesto comune di sviluppo territoriale.

9.

Per i suoi abitanti, la città col suo hinterland rurale rappresenta oggi qualcosa di più di un territorio amministrativo delimitato. Gli abitanti delle città e delle zone rurali si muovono a livello di agglomerati urbani più grandi e viaggiano verso aree lavorative e funzionali (urbane o rurali-urbane) in un «sistema urbano quotidiano» (daily urban system). Per facilitare la vita degli abitanti, le amministrazioni comunali formano delle reti con i comuni limitrofi allo scopo di organizzare in maniera adeguata la circolazione, i trasporti, l’assetto del territorio, gli spazi verdi e l’economia. La cooperazione tra le zone urbane e quelle rurali limitrofe è fondamentale. A questo riguardo, le zone periurbane e quelle rurali svolgono un ruolo importante poiché riforniscono le città vicine di derrate alimentari, energia, spazio, possibilità di ricreazione e natura, e offrono inoltre protezione da rischi quali incendi boschivi e inondazioni. Inoltre, è necessario tener conto che a volte questi sistemi urbani comprendono territori appartenenti a più di uno Stato membro. Occorre prestare un’attenzione particolare alla problematica specifica di queste zone urbane transfrontaliere.

10.

Gli agglomerati o regioni funzionali hanno bisogno di un’altra governance e di una visione a lungo termine per garantire una buona coesione e risultati concreti, come ad esempio un sistema di trasporto integrato (8). Queste prospettive a lungo termine, che in alcuni Stati membri sono già state elaborate congiuntamente dagli enti locali e regionali, costituiscono la base di un approccio integrato in funzione delle regioni, che garantisca la coesione territoriale della zona in questione e permetta di ottenere risultati concreti e misurabili. Nel periodo 2014-2020 in diversi Stati membri gli investimenti territoriali integrati consentiranno di utilizzare risorse di diversi assi prioritari o programmi, per cui svolgeranno una funzione di stimolo, rafforzando la coesione delle città e dei comuni limitrofi collegati da nessi funzionali, stabilendo sinergie e permettendo il finanziamento di progetti più ambiziosi, il che finirà per consentire di risolvere problemi comuni che travalicano le frontiere amministrative dei singoli enti locali e regionali. Il Comitato constata che, nel suo studio Città del futuro, la Commissione descrive questa evoluzione e riconosce che nelle sue politiche dovrebbe tenere maggiormente conto delle regioni funzionali a livello di agglomerati urbani e metropoli, considerando anche la dimensione transfrontaliera (9).

11.

Operando su scala di agglomerato (una dimensione che consente di contrarre prestiti), le città sfruttano insieme i vantaggi offerti da un contesto più ampio, quali una maggiore capacità di innovazione, una migliore convergenza tra istruzione e mercato del lavoro e una minore impronta ecologica, mentre possono ridurre gli svantaggi quali l’inquinamento ambientale, la scarsa accessibilità, l’esclusione sociale e la criminalità (10). Dovrebbe però essere chiaro che non sempre più grande equivale a migliore e che è altrettanto importante garantire che le comunità locali siano rappresentate attivamente nelle decisioni che si prendono a livello municipale, anche quando sono in discussione misure di collaborazione con gli enti contigui.

12.

Tuttavia, sono le zone urbane a trovarsi particolarmente confrontate con le sfide sociali. Numerose iniziative europee hanno quindi, intenzionalmente o meno, riverbero sulle politiche urbane. In questo quadro, il Comitato chiede un riepilogo più approfondito di tutte le iniziative della Commissione che presentano una dimensione urbana, sulla scorta del documento tematico che è servito da base per il forum urbano «CITIES — Città di domani: investire in Europa» del febbraio 2014 (11).

13.

Le città si fanno carico della responsabilità di cogliere le opportunità e di far fronte alle difficoltà connesse. In questo senso, le città europee possono fornire un contributo essenziale alla realizzazione della strategia Europa 2020. Le sfide sociali individuate in tale strategia fanno anche parte dell’agenda politica delle città e delle regioni, nella quale l’interesse del cittadino occupa una posizione centrale. Le città dell’UE si trovano attualmente a far fronte a una serie di sfide e di problemi. Mentre alcune città registrano una riduzione del numero di abitanti in seguito ai flussi di emigrazione e all’invecchiamento demografico, con conseguenti problemi a livello della dimensione delle loro strutture, in altre la popolazione è in crescita, il che fa aumentare la pressione sulle strutture esistenti e l’incidenza di altri problemi come la disoccupazione (giovanile), l’esclusione sociale, la povertà, la disponibilità di alloggi a prezzi sostenibili, la congestione del traffico e l’inquinamento ambientale. Un problema comune esacerbato dalla recessione è l’accresciuto divario fra la crescente domanda di servizi locali e l’andamento stagnante o in calo delle risorse finanziarie. La politica urbana deve tenere conto di tutti questi problemi e di tutte queste sfide.

14.

L’agenda urbana dell’UE deve essere orientata al superamento del modello urbano attuale, che è frammentato, segregato ed esclusivo, a favore di un altro modello, compatto, integrale e inclusivo. In questo nuovo modo di procedere occorre concentrarsi, attraverso un approccio globale, su una combinazione di persone e attività per promuovere sia la crescita economica che l’occupazione, prestando attenzione allo stesso tempo a mantenere un buon equilibrio tra gli aspetti economici, sociali e ambientali dello sviluppo urbano.

Le città nel ruolo di coordinamento e di piattaforma

15.

Il rapporto tra i poteri pubblici e la società sta cambiando in maniera radicale. In primo luogo, i cittadini diventano sempre più assertivi ed esigenti, e la digitalizzazione della società li rende più autonomi (nuova cittadinanza). In secondo luogo, questi stessi cittadini si assumono sempre di più la loro responsabilità sociale. Sempre più imprese propongono prodotti riutilizzabili a fine vita (cradle to cradle, ossia «dalla culla alla culla»), adottano misure contro lo spreco di materie prime e offrono un’opportunità alle persone svantaggiate per inserirsi sul mercato del lavoro. Le amministrazioni comunali tendono a intensificare sempre di più la cooperazione a diversi livelli nel quadro della quadrupla elica (sviluppata a partire dal modello a tripla elica, coinvolgendo, oltre a poteri pubblici, imprese e centri di conoscenza, anche la società civile organizzata) per far fronte alle sfide della società. In questo contesto, gli enti locali svolgono spesso un ruolo di coordinamento e offrono, in quanto primi utilizzatori o coordinatori, una piattaforma che consente ad altri partner di apportare soluzioni. Le città fungono così da luogo (laboratorio vivente) in cui si realizzano, insieme a dei partner, i progetti più adatti alle condizioni locali. Le città nelle quali hanno sede università e scuole superiori hanno un ruolo supplementare da svolgere che consiste nello stimolare l’imprenditorialità e nel collegare le possibilità tecnologiche ai problemi sociali. In questo modo, le aree urbane sono diventate i banchi di prova per eccellenza delle politiche europee.

16.

In quanto parti della società, le autorità pubbliche hanno una responsabilità nel mettere all’ordine del giorno le grandi questioni sociali come la crisi economica, i cambiamenti demografici e la sfida climatica. Le forme classiche di governance, di organizzazione e di economia non offrono più soluzioni a questi problemi. Di fronte alla portata delle sfide, ai tagli di bilancio e alla complessità delle questioni, i poteri pubblici non sono più in grado di fare fronte a tutto da soli.

17.

Nel quadro di una società sempre più partecipativa, le autorità locali cedono il passo, nelle loro decisioni, a iniziative condivise o coprodotte dalle comunità locali portate avanti a livello di città o di quartiere da cittadini, imprese e organizzazioni della società civile. All’organizzazione della città concorrono così anche altre parti oltre all’amministrazione comunale. In questa nuova società, la sfida è quella di far partecipare tutti i cittadini, soprattutto i giovani e gli immigrati, evitando che si crei un sistema diviso in due. Svolgere il ruolo di promozione dell’integrazione sociale e offrire ai propri abitanti gli strumenti per l’emancipazione sono due delle principali funzioni della città moderna.

18.

Le iniziative locali fanno sì che nelle città o nelle aree urbane vengano forniti sempre più servizi su misura. Il risultato è una diversità di approcci in tutta Europa. Le politiche e le regolamentazioni europee devono tener conto dei nuovi rapporti a livello locale e della diversità di approcci alle sfide sociali che ne derivano, e devono cercare di raccogliere queste buone pratiche emergenti, facilitandone la condivisione in tutta l’UE.

19.

Per realizzare gli obiettivi delle sue politiche, l’UE ha applicato finora regolamentazioni generali e scadenze uniformi. In futuro, la definizione delle politiche dell’UE dovrà tenere maggiormente conto della fattibilità delle sue iniziative a livello locale e (sub)regionale ed essere aperta ai contributi degli enti territoriali al momento di realizzare le valutazioni di impatto e di elaborare nuove politiche (dal basso verso l’alto). In considerazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, tutte le valutazioni di impatto delle nuove proposte dovrebbero contenere un esame critico delle conseguenze a livello urbano. Solo in questo modo sarà possibile valutare a monte e garantire l’applicabilità delle politiche e delle regolamentazioni europee a livello locale.

Verso una politica urbana più integrata per l’UE

20.

Per ancorare strutturalmente il dibattito sulla dimensione urbana a livello dell’UE, il Comitato propone di ripetere d’ora in poi ogni due anni il forum urbano che si è svolto il 17 e 18 febbraio 2014. Il Comitato invita inoltre la Commissione a nominare un responsabile per la politica urbana all’interno della sua organizzazione, che, insieme al gruppo interservizi per la politica urbana della Commissione, avrà il compito di valutare tutte le proposte e le iniziative sulla base della loro dimensione urbana e di consentire la realizzazione di un approccio strategico integrato. Tale gruppo dovrebbe inoltre agevolare l’apporto del contributo degli enti locali e urbani all’elaborazione delle nuove politiche europee riguardanti le aree urbane. Il Comitato potrebbe nominare all’interno della sua organizzazione un rappresentante per la politica urbana al fine di valutare le proposte sulla base della dimensione urbana.

21.

Il Comitato sostiene l’istituzione di un gruppo di lavoro degli Stati membri al fine di giungere a una visione comune delle città europee, da presentare nel 2016, nella quale sia riservata un’attenzione particolare al ruolo delle città nel quadro della strategia Europa 2020. Al riguardo, esorta gli Stati membri a cooperare strettamente con il Comitato e le associazioni di enti locali. Tale visione comune può costituire una base importante per l’ulteriore sviluppo dell’agenda urbana, a livello europeo ma anche a livello nazionale e regionale/locale.

22.

Il Comitato ribadisce il suo invito affinché la Commissione elabori un libro bianco su una politica urbana integrata (12) prima della presentazione della strategia che sostituirà la strategia Europa 2020 e del bilancio dell’UE dopo il 2020. L’obiettivo del Libro bianco deve essere quello di portare a un approccio più integrato tra le politiche e le regolamentazioni dell’UE che hanno un impatto sulle città e sulle aree urbane, e di coinvolgere maggiormente le città e gli enti locali e regionali nella definizione di tali politiche. Esso deve inoltre contenere delle raccomandazioni in merito agli elementi dei programmi dei fondi europei che potrebbero essere idonei a promuovere lo sviluppo delle città. A tal fine è fondamentale ridisegnare la governance. Il Libro bianco dovrà portare a un reale ancoraggio orizzontale della dimensione urbana nel processo decisionale dell’UE (integrazione della dimensione urbana) e non a una strategia o a un programma specifici dell’UE. Esso dovrà essere elaborato dalla nuova Commissione in stretta collaborazione con le città per sottolineare la necessità di una nuova governance in materia di politica urbana a livello UE.

23.

Il Libro bianco deve trattare i seguenti aspetti:

a)   Un nuovo metodo per un approccio più integrato nell’elaborazione delle politiche

24.

Il Comitato osserva che, per essere competitiva sul piano internazionale, l’Europa ha bisogno, in larga misura, di città vitali e dinamiche. Le politiche e le regolamentazioni dell’UE possono contribuire a creare le condizioni favorevoli per raggiungere questo obiettivo. L’attuazione di circa il 70 % delle politiche e delle regolamentazioni europee a livello locale e regionale richiede una coerenza generale. Il Comitato constata però che talvolta le norme UE producono l’effetto contrario. Un esempio a questo proposito il Comitato lo fornisce nel suo parere in merito alla revisione della politica dell’UE in materia di qualità dell’aria e di emissioni (13) nel quale sottolinea che, se si vogliono raggiungere i risultati auspicati dalla politica di miglioramento della qualità dell’aria, occorre armonizzare i livelli di ambizione delle diverse direttive UE sull’ambiente e sincronizzare i tempi della loro attuazione.

25.

Le lacune nella politica di riduzione delle emissioni alla fonte a livello unionale possono creare situazioni di estrema difficoltà. Di conseguenza, alcune città europee non vengono messe in grado di rispettare le norme auspicate e, per effetto della legislazione nazionale, rischiano di vedersi presentare dai loro rispettivi Stati membri il conto delle multe inflitte dall’UE per superamento delle norme europee. Il Comitato invita pertanto la Commissione a elaborare un metodo per un approccio più integrato al fine di giungere a una politica e a una legislazione coerenti, a partire da una valutazione d’impatto territoriale più solida e partecipativa che coinvolga gli enti locali e regionali, in modo che l’UE possa porre le città e le regioni urbane nelle giuste condizioni per attuare le politiche europee.

26.

Per giungere a un vero approccio integrato è auspicabile che il Libro bianco contenga una definizione chiara del concetto di sviluppo urbano sostenibile integrato e indichi gli obiettivi precisi che l’UE intende conseguire in questo campo. Tali obiettivi dovranno essere di tipo orizzontale e dovranno essere realizzati attraverso le diverse politiche settoriali.

27.

L’approccio integrato della politica urbana richiede che si tenga conto delle politiche di assetto del territorio, in quanto i territori urbani vanno oltre la scala municipale.

28.

In questo quadro, il Comitato insiste affinché lo strumento di valutazione d’impatto territoriale sia utilizzato come filo conduttore per giungere a un approccio più integrato tra le politiche al fine di promuovere la coesione territoriale (14). A tale riguardo il Comitato definisce la coesione territoriale come un concetto a tre dimensioni: sviluppo territoriale equilibrato, integrazione territoriale e governance territoriale. Il Comitato si rammarica che la Commissione europea limiti la valutazione d’impatto territoriale alla prima di queste dimensioni, lasciando fuori la seconda che è invece proprio quella che favorisce l’approccio integrato delle politiche e delle legislazioni. È importante osservare che la prossima revisione degli orientamenti della Commissione per la valutazione d’impatto offre un’occasione unica di inserire adeguatamente l’integrazione della dimensione urbana nei processi interni di formulazione delle politiche portate avanti dall’istituzione.

29.

Il Comitato ritiene inoltre che il Libro bianco su una politica urbana integrata dovrebbe affrontare anche il tema del risanamento delle aree urbane degradate, la riqualificazione e il rinnovamento degli spazi urbani e l’efficienza energetica nella costruzione di edifici.

30.

Un buon esempio di approccio maggiormente integrato a livello UE è quello del partenariato europeo per l’innovazione «Città e comunità intelligenti». Tale partenariato è stato istituito per individuare, attraverso iniziative che coinvolgono il settore pubblico e quello privato, innovazioni per le città che si situano all’incrocio tra la mobilità urbana, l’efficienza energetica e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Questo partenariato consente di tradurre la politica macroeconomica definita a livello UE nelle pratiche urbane. In questo contesto è tuttavia importante che le città dispongano di un margine di manovra per fissare le priorità e possano assumere un ruolo forte di regia in modo da poter svolgere pienamente il loro ruolo di coordinamento.

b)   Una dimensione urbana nei fondi europei

31.

Gli esempi positivi come il partenariato europeo per l’innovazione «Città e comunità intelligenti» sono in palese contrasto con il grado di coinvolgimento riservato alle città nella programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013. Per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020, alla dimensione urbana viene dedicata un’attenzione particolare nel quadro della politica di coesione attraverso una serie di iniziative specifiche (obbligo di riservare il 5 % della dotazione del FESR allo sviluppo urbano e creazione di una rete europea per lo sviluppo urbano e messa a disposizione di risorse per misure innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile). L’esigenza di una maggiore concentrazione può tuttavia far sì che una città non venga considerata dal punto di vista del suo sviluppo urbano complessivo. È necessario migliorare il coordinamento a livello della Commissione per promuovere una comprensione più approfondita della dimensione urbana all’interno delle politiche settoriali (ambiente, infrastrutture energetiche e mobilità) in tutti i servizi della Commissione europea.

32.

Il Comitato conferma il suo sostegno all’attenzione che la Commissione riserva allo sviluppo urbano integrato nella nuova politica di coesione (15). A questo riguardo si compiace inoltre del fatto che sia stato rafforzato il principio di partenariato nel nuovo pacchetto legislativo sulla politica di coesione e che sia stato pubblicato il codice di condotta europeo in materia di partenariato. Il Comitato delle regioni continuerà nondimeno a seguire con attenzione l’attuazione concreta delle proposte della Commissione nell’esecuzione dei nuovi programmi operativi del FESR e del FSE, in particolare per quanto riguarda il modo in cui le città sono coinvolte nella gestione e nella governance dei programmi.

33.

Il Comitato invita la Commissione a monitorare insieme al Comitato stesso e, se necessario, a promuovere il coinvolgimento delle città nei nuovi programmi dei fondi strutturali. Gli insegnamenti che ne scaturiranno potranno fornire indicazioni importanti per la definizione della politica di coesione dopo il 2020, nonché per altri programmi UE atti a favorire la realizzazione degli obiettivi europei a livello locale.

34.

Le città partecipano anche ad altri programmi di sostegno europei quali LIFE, Orizzonte 2020, Energia intelligente-Europa ecc., anche se tali programmi non sono tematicamente incentrati su questioni urbane e non presentano sinergie con i programmi dei fondi strutturali e d’investimento europei. Una maggiore concentrazione dell’attenzione sulle sinergie tra i programmi di sostegno europei produrrebbe effetti positivi nelle città.

c)   Una piattaforma per lo scambio di buone pratiche

35.

Con la creazione di reti di enti locali a livello europeo, la Commissione risponde all’esigenza di facilitare lo scambio di buone pratiche tra le città in merito a diversi temi. Anche il programma di cooperazione territoriale Urbact, varato dall’UE con lo scopo di promuovere lo sviluppo urbano sostenibile, soddisfa questa esigenza. Il programma Europa per i cittadini mira da parte sua a promuovere la creazione di reti tematiche tra comuni su argomenti di interesse comune quale importante strumento per agevolare lo scambio di buone pratiche. Oltre ai programmi co-finanziati dai fondi strutturali e ai programmi di finanziamento dell’UE, esistono altre iniziative intese a favorire lo scambio di conoscenze tra città (ad esempio, Civitas, Patto dei sindaci, Mayors ADAPT, città intelligenti e iniziative comunitarie, quadro di riferimento per le città sostenibili, ManagEnergy). Il Comitato constata che le iniziative per lo scambio di conoscenze e di esperienze sono in continuo aumento e si stanno sempre più diversificando. Per giungere a un approccio maggiormente integrato, il Comitato invita la Commissione a consolidare i diversi programmi e reti di sostegno europei, in modo da consentire agli enti locali di capirli meglio e di impegnarvisi in modo più efficiente di quanto non avvenga ora.

36.

Ai fini di una valutazione più adeguata delle città e delle aree urbane, invece di basarsi esclusivamente sull’indicatore rappresentato dal PIL, per lo scambio di conoscenze e l’analisi comparativa della politica urbana bisogna che siano disponibili dati sufficienti, se possibile a livello di regioni funzionali. In effetti, uno dei principali ostacoli all’elaborazione delle politiche dell’UE è che la suddivisione a livello di NUTS di Eurostat non riflette la realtà delle città e dei comuni. A tal fine occorre fornire a Eurostat dati più dettagliati a livello locale e sublocale ed è necessario proseguire la definizione di inchieste come l’audit urbano o stabilire criteri omogenei per la delimitazione delle aree metropolitane. È anche necessario disporre di strumenti concreti per misurare il progresso e l’impatto dell’agenda urbana integrata a livello dell’UE. In questo quadro, il Comitato invita la Commissione a mettere a punto un nuovo strumento di monitoraggio per lo sviluppo della strategia urbana dell’UE.

d)   Una nuova governance

37.

Occorre avviare una nuova governance che rafforzi il coinvolgimento delle città nell’intero ciclo di elaborazione delle politiche europee (ad esempio, attraverso il CdR, le reti di città come Eurocities o il Patto dei sindaci). Migliorando la partecipazione delle città e degli enti locali e regionali a tutte le fasi di tale ciclo, l’UE potrà rispondere meglio ai cambiamenti che attraversano i centri urbani. In questo modo si potranno valutare meglio le conseguenze che le iniziative politiche e le regolamentazioni possono avere sulle città e mitigare i rischi che le politiche dell’UE risultino incoerenti e non connesse con le realtà che operano sul campo. Inoltre, in virtù dell’articolo 5 del regolamento generale (UE) n. 1303/2013 recante disposizioni comuni sui fondi strutturali, il «sistema della governance a più livelli» deve caratterizzare l’intera durata della preparazione ed esecuzione dei programmi riguardanti la politica di coesione dell’UE.

38.

Il principio della governance multilivello è di grande importanza ma deve essere adeguato al nuovo rapporto che si sta instaurando tra i poteri pubblici e la società. Tale adeguamento deve andare di pari passo con un rafforzamento del ruolo delle città e degli enti locali e regionali nel processo di elaborazione delle politiche UE. In questo senso l’adesione dei comuni europei alla Carta della governance multilivello in Europa contribuirà al partenariato tra i diversi livelli di governo (locale, regionale, nazionale ed europeo) per l’elaborazione di politiche pubbliche efficaci, con l’applicazione di una serie di principi come la partecipazione, la cooperazione, la trasparenza, l’inclusione e la coerenza, che costituiscono condizioni essenziali per garantire il successo delle politiche nell’interesse dei cittadini.

39.

I servizi della Commissione devono coinvolgere i rappresentanti delle città e degli enti locali e regionali in maniera strutturale in questo processo (ad esempio, attraverso la partecipazione a gruppi di esperti), in modo da migliorare, sulla base di esperienze pratiche e di dati concreti, la sintonia attorno alla dimensione urbana nelle politiche europee. Ciò che sarà convenuto a questo riguardo potrà essere incluso nel nuovo accordo interistituzionale tra la nuova Commissione e il Comitato delle regioni.

Il Comitato e l’agenda urbana

40.

Il Comitato attribuisce notevole importanza alla dimensione urbana all’interno delle politiche europee e alla definizione di una strategia urbana dell’UE. In questo contesto, in quanto portavoce degli enti locali e regionali, si impegna a seguire da vicino l’elaborazione del Libro bianco e a portare avanti il dibattito sull’agenda urbana sia a livello interno che esterno. Il presente parere costituisce un primo contributo del Comitato nella prospettiva di un vero approccio integrato delle città dell’UE.

Bruxelles, 25 giugno 2014.

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Commissione europea, Città del futuro. Sfide, idee, anticipazioni, ottobre 2011.

(2)  Risoluzione del Parlamento europeo del 23 giugno 2011 sull’Agenda urbana europea e il suo futuro nel quadro della politica di coesione (2010/2158 (INI)].

(3)  Hans Verdonk, «Urban policies in Europe» (Politiche urbane in Europa), in: Leo van den Berg, Luis de Carvalho e Jan van der Meer, Cities as Engines of Sustainable Competitiveness: Looking Back at Two Decades of Urban Policies (Le città quali motori della competitività sostenibile: uno sguardo retrospettivo su due decenni di politiche urbane), Rotterdam, 2014.

(4)  COM(1997) 0197 final.

(5)  COR-2013-07987.

(6)  COR-2014-00090.

(7)  Eurostat: City Statistics — Urban Audit (Statistiche sulle città — Audit urbano), Lussemburgo, 2013.

(8)  CdR 2994/2013.

(9)  Commissione europea, Città del futuro. Sfide, idee, anticipazioni, ottobre 2011.

(10)  European Metropolitan Network Institute (EMI): A strategic knowlegde and research agenda on polycentric metropolitan areas (Conoscenze e programma di ricerca strategici sulle aree metropolitane policentriche), L’Aia, 2012.

(11)  Commissione europea: Issue paper for discussion in the forum «CITIES — Cities of tomorrow: Investing in Europe» (Documento tematico per i dibattiti del forum «CITIES — Città di domani: investire in Europa»), Bruxelles, 17 e 18 febbraio 2014. Per una panoramica dettagliata di tutti i programmi e le iniziative finanziati dall’UE nel settore della politica urbana consultare anche il sito web della DG REGIO: http://ec.europa.eu/regional_policy/urban/portal/index_en.cfm?smenu_mapping_id=10.

(12)  CdR RESOL-V-009.

(13)  CdR 329/2011 fin.

(14)  CdR 29/2013 fin.

(15)  CdR 5/2012 fin.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/18


Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto per la mobilità urbana

2014/C 271/04

Relatore

:

Albert Bore (UK/PSE), membro del consiglio comunale di Birmingham

Testi di riferimento

:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Insieme verso una mobilità urbana competitiva ed efficace sul piano delle risorse (COM(2013) 913 final)

A call to action on urban logistics [Un invito a intervenire sulla logistica urbana] — SWD(2013) 524 final

Targeted action on urban road user safety [Un’azione mirata per la sicurezza dell’utente della rete stradale urbana] — SWD(2013) 525 final

A call for smarter urban vehicle access regulations [Regimi più intelligenti di accesso regolamentato alle aree urbane] — SWD(2013) 526 final

Mobilising Intelligent Transport Systems for EU cities [Mobilitare i sistemi di trasporto intelligenti per le città dell’UE] — SWD(2013) 527 final

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

1.

I sistemi di trasporto urbano sostenibili producono una qualità di vita migliore per i cittadini europei e sono importanti per la competitività economica delle città e delle regioni, nonché dell’Unione europea nel suo insieme. Le città, in cui vive il 70 % della popolazione europea, sono importanti centri di attività economica, ed è qui che viene generato più dell’80 % del PIL dell’UE.

2.

La mobilità e il trasporto urbani sono di competenza degli enti locali e regionali, responsabili della progettazione e attuazione delle politiche di mobilità urbana e della fornitura di trasporti pubblici sul loro territorio. Le decisioni da adottare a livello locale spesso sono collegate a un quadro definito dalla politica nazionale e nell’ambito di una nuova agenda urbana dell’UE. Un’agenda per la mobilità urbana viene infatti vista da molti come una componente dell’agenda per le città intelligenti.

3.

Il Comitato delle regioni (CdR) ha già formulato alcune raccomandazioni politiche nei suoi precedenti pareri sulla mobilità urbana, in particolare il parere dedicato al Libro verde sui trasporti urbani  (1), i due pareri riguardanti il Piano d’azione sulla mobilità urbana  (2) e, infine, il parere sul Libro bianco Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti  (3). Tali raccomandazioni propugnavano politiche di mobilità urbana sostenibile sensibili alle dimensioni economica, ambientale e sociale.

4.

Nel pacchetto per la mobilità urbana vi è una comprensione perfetta del principio di sussidiarietà, con azioni mirate dove l’UE apporta un valore aggiunto, soprattutto quando si tratta di promuovere la cooperazione, condividere le migliori pratiche e fornire orientamenti. Si raccomanda inoltre agli Stati membri di introdurre misure per quanto riguarda la logistica urbana, la regolamentazione dell’accesso alle aree urbane, la diffusione di soluzioni che adottano sistemi di trasporto intelligenti (ITS) e la sicurezza stradale urbana.

5.

Il CdR sottolinea l’importanza di una politica globale dell’UE per le aree urbane che si fondi sulle idee e sui suggerimenti espressi nei pareri — elaborati dal CdR in parallelo o come complemento — sul tema della politica urbana integrata e sul Settimo programma di azione in materia di ambiente dedicato alle città sostenibili e alla mobilità urbana.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Piani di mobilità urbana sostenibile

6.

Sottolinea che per lo sviluppo urbano occorre adottare un approccio sostenibile ed olistico. I problemi di mobilità urbana non possono essere risolti ricorrendo soltanto a un approccio settoriale. Occorre prendere in considerazione soprattutto il legame tra la dimensione urbana della politica dei trasporti e la più ampia nozione di assetto del territorio, al fine non solo di migliorare i trasporti urbani e le infrastrutture, ma anche di contrastare l’espansione urbana incontrollata e di ripensare le relazioni tra la città e l’ambiente immediato (urbano e/o rurale) che la circonda; per ulteriori proposte in materia di sostenibilità il CdR rimanda al parere sul Settimo programma di azione in materia di ambiente e le città sostenibili  (4);

7.

ritiene necessario prevedere misure (campagne di sensibilizzazione, incentivi ecc.) a livello di Stati membri che rendano possibile un cambiamento nei comportamenti della popolazione a favore di un utilizzo di mezzi di trasporto che consumano meno energia;

8.

ritiene che i piani di mobilità urbana sostenibile debbano essere strettamente associati a politiche di utilizzo del suolo. Uno sviluppo frutto di una pianificazione carente e non coordinato in modo efficace con la rete dei trasporti produce un aumento della domanda di trasporto e un ricorso eccessivo al mezzo privato per molti degli spostamenti;

9.

ammette che i piani di mobilità urbana sostenibile costituiscono uno strumento strategico appropriato per sviluppare questo approccio integrato alla mobilità urbana, rivolto a ogni modo e forma di trasporto nell’intera area funzionale di una città o di un agglomerato urbano -vale a dire trasporto pubblico e privato, servizio taxi, trasporto passeggeri e merci, trasporto a motore e non, spostamenti e parcheggio — e che tutti questi elementi dovrebbero tenere conto degli aspetti legati al genere e alla mobilità della popolazione. L’elaborazione di piani di mobilità urbana sostenibile per tutte le città resta un’esigenza fondamentale per il CdR, e la progettazione e la realizzazione di tali piani sono di competenza delle città stesse;

10.

deplora l’assenza a tutt’oggi di una definizione di portata europea del concetto di «piano di mobilità urbana sostenibile», benché esso sia già stato realizzato in numerose città e si sia dimostrati un’eccellente base per una discussione e per attuare misure volte a migliorare la mobilità nelle aree urbane;

11.

plaude al fatto che la Commissione europea abbia coinvolto attivamente il CdR nel processo di valutazione dell’impatto del pacchetto per la mobilità urbana e in particolare che la DG MOVE abbia accolto alcune delle principali istanze formulate dal CdR riguardo all’elaborazione di una proposta non vincolante;

12.

mette in discussione il processo con cui la Commissione intende garantire l’effettivo raggiungimento degli obiettivi indicati nel quadro del Pacchetto per la mobilità urbana e l’effettiva attuazione delle misure in esso delineate, dato che nello spazio europeo esistono città e regioni in cui la definizione e esecuzione dei piani per le rispettive aree urbane ha raggiunto livelli diversi di maturità. Questo vale sia per la mobilità delle persone che per le misure riguardanti la logistica urbana, la regolamentazione e il controllo intelligente dell’accesso all’area urbana, l’introduzione di sistemi intelligenti di trasporto urbano, nonché il settore della sicurezza stradale nelle aree urbane;

13.

pone in rilievo il concetto di piano di mobilità urbana sostenibile, inteso come orientamento non vincolante, nonché la precisazione che esso può e dovrebbe essere adattato alle circostanze specifiche degli Stati membri e delle aree urbane;

14.

accoglie con favore l’impegno della Commissione europea a sostenere lo sviluppo e la promozione di tale concetto, e in particolare la proposta di istituire una piattaforma europea sui piani di mobilità urbana sostenibile e l’impegno a sostenere gli enti nazionali, regionali e locali nello sviluppo e nell’attuazione di questi piani — anche tramite strumenti di finanziamento. La Commissione dovrebbe assolutamente impegnarsi a coinvolgere i rappresentanti degli enti locali e regionali nella piattaforma europea;

15.

sollecita la Commissione a coinvolgere anche gli enti locali o i rappresentanti delle città nell’idea di costituire un gruppo di esperti degli Stati membri nel campo della mobilità e dei trasporti urbani, perché essi forniscano un contributo alla piattaforma europea proposta;

16.

chiede che i piani di mobilità urbana sostenibile siano promossi su scala nazionale, incoraggiando gli Stati membri a predisporre modifiche legislative che garantiscano la presenza delle condizioni quadro necessarie per consentire agli enti locali e regionali di definire e attuare con successo le strategie di mobilità urbana a livello locale;

17.

richiama l’attenzione sul fatto che le città sono centri nodali di traffico (hub) e che di solito costituiscono il punto di partenza e di arrivo in cui convergono diversi modi di trasporto. Per questo motivo esse devono essere considerate come una componente molto importante e imprescindibile di tutte le reti di trasporto ed è quindi necessario rivolgere un’adeguata attenzione alla mobilità urbana.

Regolamentazione dell’accesso dei veicoli alle aree urbane

18.

Ritiene che la regolamentazione dell’accesso alle aree urbane e i pedaggi stradali possano costituire strumenti efficaci per gestire le esigenze contrastanti di utilizzo dello spazio stradale a livello urbano e per affrontare problemi cruciali come la congestione stradale, l’inquinamento e l’espansione urbana incontrollata. Ciò è in linea con il principio «chi utilizza/inquina paga» e contribuisce al passaggio verso modi di trasporto più sostenibili;

19.

osserva che il principio di sussidiarietà richiederebbe una decisione, da parte degli enti locali, di applicare la regolamentazione dell’accesso alle aree urbane e i sistemi di pedaggio stradale. Tali sistemi vanno adattati alle circostanze e alle esigenze specifiche locali; non esiste, di conseguenza, una soluzione universale. Ciò può essere fatto solo a livello locale dagli enti locali e regionali;

20.

constata che negli ultimi anni in tutta l’UE è stata applicata un’ampia gamma di sistemi diversi, ma osserva anche che questa eterogeneità può a volte rendere più difficili gli spostamenti sul territorio europeo, soprattutto a causa della diffusa mancanza di informazioni su come conformarsi ai diversi sistemi locali;

21.

ricorda che la regolamentazione degli accessi alle aree urbane dovrebbe poggiare su norme chiare e più generali in termini di obiettivi, che si tratti di diminuzione del traffico, riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti o incentivazione all’utilizzo di altri modi di trasporto più sostenibili;

22.

di conseguenza, e in linea con il proprio parere del 2009 sul piano d’azione sulla mobilità urbana (5), ammette che in questo caso occorre un livello minimo di armonizzazione e di coerenza a livello dell’UE per quanto riguarda soprattutto la classificazione dei veicoli, la categoria di emissione EURO e la segnaletica, e ciò va realizzato nell’ambito di un partenariato tra gli organismi locali, nazionali e dell’UE;

23.

accoglie con favore la proposta della Commissione di favorire uno scambio con gli Stati membri e gli esperti sulla regolamentazione dell’accesso alle aree urbane, nonché di predisporre orientamenti non vincolanti che aiutino le città ad applicare efficacemente i sistemi per regolamentare tale accesso;

24.

ritiene che con gli ITS si rendano necessari standard tecnici comuni per garantire l’interoperabilità allo scopo di prevenire la creazione di nuove barriere tecniche alla libera circolazione nell’UE.

Sicurezza stradale nelle aree urbane

25.

Si rammarica che il numero di incidenti stradali mortali nell’UE -  26  000 decessi nel 2013 — si mantenga a livelli inaccettabili. Molto preoccupante è il fatto che gli utenti stradali maggiormente colpiti siano proprio quelli più vulnerabili, come ciclisti, pedoni e soprattutto anziani; il CdR è particolarmente preoccupato che il numero di ciclisti deceduti sia addirittura aumentato rispetto al 2010;

26.

evidenzia l’importanza della sicurezza stradale nel garantire modi di trasporto sostenibili, come la bicicletta e gli spostamenti a piedi, e il suo impatto positivo per l’agenda in materia di salute, in quanto incoraggia un numero maggiore di persone ad intraprendere «viaggi attivi». Questi aspetti dovrebbero costituire parte integrante dei piani di mobilità urbana sostenibile; a tal fine sarebbe opportuno fornire ulteriori orientamenti su come realizzare quanto sopra;

27.

esorta a promuovere altresì un’adeguata educazione stradale dei cittadini, visto che esiste una relazione diretta tra questa e gli incidenti stradali;

28.

ricorda di aver già sostenuto gli obiettivi in materia di sicurezza stradale stabiliti nel Libro bianco sui trasporti del 2011, vale a dire avvicinarsi al risultato di zero morti provocati dalla circolazione stradale entro il 2050 e puntare a dimezzare entro il 2020 il numero di vittime di incidenti stradali rispetto al 2010;

29.

riconosce che gli sforzi volti a migliorare la sicurezza tramite una specifica progettazione dei veicoli e il ricorso agli ITS — come i sistemi di assistenza alla guida (soprattutto le soluzioni da veicolo a infrastruttura e da veicolo a veicolo) — consentiranno di ridurre il numero degli incidenti, ma ritiene anche che gli enti locali e regionali dovrebbero fare di più per incoraggiare la progettazione di veicoli più sicuri, ad esempio tramite procedure di appalto;

30.

raccomanda che nelle soluzioni basate sugli ITS si analizzi anche come ottenere dei benefici in termini di ambiente, sicurezza stradale ed efficienza energetica promuovendo un cambiamento effettivo nelle abitudini dei conducenti;

31.

accoglie con favore la proposta della Commissione di affrontare il tema della sicurezza stradale urbana nel quadro del pacchetto per la mobilità urbana, e rileva che la Commissione si è impegnata a raccogliere e diffondere esempi di buone pratiche in materia di pianificazione della sicurezza stradale, nonché ad analizzare le misure da adottare per ridurre il numero di feriti gravi per incidenti stradali avvenuti in aree urbane. Tutto ciò non andrebbe limitato ai prossimi due anni, come suggerito, ma proseguire, ove opportuno, nel tempo;

32.

accoglie con favore la raccomandazione, rivolta dalla Commissione agli Stati membri, di assicurare un’adeguata raccolta dei dati sugli indicatori della sicurezza stradale con il massimo livello di dettaglio possibile, e incoraggia gli enti locali a utilizzare tali dati per analizzare la situazione e definire piani di sicurezza stradale a livello locale. È riconosciuto che l’impatto degli interventi di ingegneria è in fin dei conti limitato e che, utilizzando i dati relativi alla sicurezza stradale, è possibile individuare i gruppi della popolazione maggiormente esposti agli incidenti stradali. Ciò consentirà di realizzare campagne e programmi di comportamento in materia di sicurezza stradale più specifici e mirati;

33.

sottolinea che, in linea con i principi di sussidiarietà e di governance multilivello, agli enti locali e regionali incombe la responsabilità di elaborare politiche in materia di sicurezza stradale, nell’ambito di un mandato che si concentra sulla risoluzione di problemi locali, adattandole alle circostanze locali. I piani di mobilità urbana sostenibile potrebbero essere un efficace strumento per promuovere un approccio integrato nei confronti della sicurezza stradale a livello locale.

Logistica urbana

34.

sottolinea che non si può sottovalutare il ruolo del trasporto merci e della logistica. Benché la logistica urbana rappresenti una quota relativamente limitata del traffico urbano, essa occupa una parte considerevole dello spazio stradale urbano, ad esempio per le operazioni di carico e scarico, contribuendo così alla congestione del traffico e ad altri problemi. I veicoli per il trasporto merci nelle aree urbane contribuiscono inoltre in modo sproporzionato all’inquinamento atmosferico ed acustico, e sono spesso coinvolti in incidenti gravi con utenti della strada vulnerabili come pedoni e ciclisti. A questo proposito una ottimizzazione della logistica urbana avrebbe un impatto positivo sul sistema di trasporto urbano nel suo insieme;

35.

sottolinea l’elevato potenziale insito nell’introduzione di nuove tecnologie, come ad esempio quelle che impiegano carburanti alternativi. È riconosciuto che lo sviluppo e la tempestiva diffusione di veicoli puliti nelle città può avere benefici immediati in termini di riduzione della dipendenza dal petrolio, come anche benefici per la salute, grazie al miglioramento della qualità dell’aria e alla diminuzione del rumore. Il CdR ribadisce il proprio sostegno all’obiettivo, fissato dal Libro bianco sui trasporti del 2011, di realizzare nelle principali città un sistema di logistica urbana a zero emissioni di CO2 entro il 2030;

36.

osserva che, soprattutto per gli operatori di dimensioni minori, la sostenibilità economica dell’introduzione di veicoli più ecocompatibili nella flotta per la logistica urbana può richiedere meccanismi di incentivazione basati sui benefici associati alle esternalità. In quest’ottica andrebbero stabiliti obiettivi quantitativi per le flotte di veicoli pubblici e privati;

37.

accoglie con favore l’inserimento della logistica urbana nel pacchetto per la mobilità urbana, soprattutto perché questo aspetto viene notevolmente trascurato nella pianificazione dei trasporti urbani;

38.

accoglie con favore l’impegno espresso dalla Commissione ad attivarsi a favore della divulgazione e dell’adozione delle migliori pratiche nel campo della logistica urbana, e in particolare a predisporre documenti orientativi sui modi di migliorare l’efficienza della logistica urbana e di facilitare gli appalti per i veicoli più puliti e sicuri riesaminando l’ambito di applicazione del portale Clean Vehicle (www.cleanvehicle.eu);

39.

riconosce che mancano ancora dati e informazioni riguardo ai flussi di merci che aiutino gli enti locali a pianificare meglio i movimenti di merci nell’ambito della loro area di competenza. Collegati alle applicazioni ITS, i dati e le informazioni di cui sopra consentirebbero agli enti locali di comprendere più a fondo le esigenze logistiche dell’area urbana di competenza e contribuirebbero a migliorare l’efficienza degli spostamenti e ad individuare percorsi più appropriati per i veicoli, producendo così un abbassamento delle emissioni;

40.

accoglie la posizione della Commissione secondo cui la logistica urbana dovrebbe essere tenuta in dovuta considerazione negli approcci dei singoli Stati membri alla mobilità urbana e in particolare ai piani di mobilità urbana sostenibile.

Sistemi di trasporto urbano intelligenti

41.

riconosce ancora una volta il potenziale offerto dagli ITS in termini di ottimizzazione della mobilità urbana e di conseguimento di obiettivi politici come l’incremento della sicurezza e la riduzione della congestione stradale. Le tecnologie informatiche svolgono un ruolo decisivo nel sostenere nuovi modelli di mobilità basati sull’uso combinato di tutti i modi di trasporto [ad esempio informazioni in tempo reale sul traffico e sugli spostamenti multimodali, sistemi di biglietteria elettronica multimodale integrata, sistemi di condivisione dell’auto (car sharing) e delle biciclette (bike sharing)];

42.

si rammarica che le applicazioni ITS trovino un impiego ancora molto discontinuo per mancanza sia di interoperabilità che di cooperazione efficace. Il CdR accoglie la posizione della Commissione secondo cui gli ITS potranno realizzare appieno il loro potenziale solo quando saranno diffusi su vasta scala in tutta Europa. La coerenza e l’interoperabilità sono cruciali in quanto promuovono gli spostamenti transfrontalieri e la libera circolazione all’interno dell’UE. Ciò vale anche per le aree urbane, che costituiscono spesso nodi importanti della rete transeuropea dei trasporti;

43.

esorta a sostenere le iniziative degli enti locali rivolte ad adottare gli ITS. È infatti necessario accelerare l’introduzione di soluzioni tecniche e tecnologiche innovative che migliorino la mobilità, l’efficienza, la sicurezza e la qualità dei trasporti nelle aree urbane;

44.

ricorda che la Commissione si è già impegnata a favore dell’interoperabilità e coerenza degli ITS: in particolare essa ha introdotto un quadro giuridico tramite la direttiva 2010/40/UE (direttiva ITS) e istituito un gruppo di esperti sugli ITS urbani che ha già formulato orientamenti per la diffusione delle principali applicazioni ITS nelle aree urbane;

45.

in tale contesto, accoglie con favore l’impegno della Commissione a proseguire i suoi sforzi in materia, nonché la sua intenzione di integrare la normativa esistente sull’accesso ai dati relativi al traffico e agli spostamenti, di definire specifiche in materia di informazioni sul traffico in tempo reale e di servizi di informazione multimodali nel quadro della direttiva ITS, e infine di facilitare la diffusione nelle aree urbane di sistemi di comunicazione tra veicoli e tra veicoli e infrastruttura. Tuttavia, in tutti questi casi la protezione dei dati e la tutela della vita privata, che sono un requisito fondamentale perché tali sistemi siano ben accolti, vanno assicurate in modo incondizionato.

Cambiamenti climatici, qualità dell’aria e inquinamento acustico

46.

si rammarica che le questioni relative alla qualità dell’aria ambiente e al clima non siano state affrontate adeguatamente nella comunicazione. Man mano che crescerà l’impatto dei cambiamenti climatici, aumenterà il numero dei giorni in cui i sistemi di trasporto dovranno affrontare condizioni meteorologiche estreme. Se non si prenderanno misure per adattare i sistemi di trasporto a questi fenomeni, ci si possono attendere maggiori perturbazioni e costi sociali ed economici più elevati;

47.

sottolinea che, per svariate altre ragioni, la qualità dell’aria ambiente è fra le maggiori fonti di preoccupazione per molte delle città piccole e grandi d’Europa: la scarsa qualità dell’aria produce un costo umano superiore a quello degli incidenti stradali, ed è per questo la prima causa ambientale di morte prematura nell’UE. La qualità dell’aria incide anche sulla qualità della vita condizionata da problemi asmatici o respiratori. L’inquinamento atmosferico provoca la perdita di giornate lavorative ed elevati costi sanitari, e colpisce gruppi vulnerabili come i bambini, gli asmatici e gli anziani. Esso danneggia gli ecosistemi tramite il fenomeno dell’eutrofizzazione, una forma di inquinamento prodotta dall’eccessiva presenza di nitrati, e le piogge acide. I costi diretti dell’inquinamento atmosferico per la società, compresi i danni ai raccolti e agli edifici, ammontano a circa 23 miliardi di euro all’anno, mentre i costi esterni derivanti dal solo impatto sulla salute oscillano, secondo le stime, tra i 330 e i 940 miliardi di euro (3-9 % del PIL dell’UE);

48.

ritiene che la Commissione potrebbe avviare una procedura d’infrazione nei confronti di numerosi governi degli Stati membri che hanno infranto i limiti sanitari di NO2 stabiliti nell’UE, con la possibilità di sanzioni pecuniarie elevate che potrebbero a loro volta essere trasferite sugli enti locali e sugli organi pubblici che non abbiano adottato misure appropriate avvalendosi dei poteri di cui dispongono. A questo riguardo occorre tuttavia intervenire con cautela. È ormai evidente che il superamento dei valori limite a livello locale è spesso dovuto anche ai risultati deludenti della politica nazionale ed europea di riduzione delle emissioni alla fonte. È necessario adottare un approccio multilivello nel quale ciascun livello di governo (europeo, nazionale, regionale e locale) si assuma la propria responsabilità e adotti le misure che possono e devono essere prese al proprio livello;

49.

suggerisce che i diversi elementi dei piani di mobilità urbana sostenibile possono tutti contribuire a migliorare la qualità dell’aria. Le soluzioni ITS rendono più efficienti gli spostamenti. Una gestione migliore della logistica urbana riduce il rumore e la congestione del traffico, e migliora l’efficienza degli spostamenti; la regolamentazione dell’accesso alle aree urbane può da parte sua essere utilizzata per vietare l’uso di veicoli troppo inquinanti ed incoraggiare invece il ricorso a veicoli meno rumorosi e a bassissimo livello di emissioni; inoltre, grazie alle misure di sicurezza stradale si può incoraggiare una condotta migliore al volante, che dovrebbe contribuire a contenere le emissioni globali, riducendo altresì il numero di incidenti sulla rete stradale e la relativa congestione che spesso li accompagna. Numerosi programmi, come Civitas o Ecostars, rappresentano buoni esempi in proposito;

50.

ritiene che i provvedimenti contenuti nei piani di mobilità urbana sostenibile dovrebbero accrescere il numero delle persone che si spostano a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici di trasporto, non soltanto riducendo le emissioni di gas di scarico e sonore generate dal traffico stradale, ma anche aumentando l’accessibilità per tutti e favorendo le condizioni di parità nel sistema di trasporto, oltre a stimolare l’attività fisica e migliorare la salute della popolazione;

51.

ricorda che le attuali normative dell’UE in materia di qualità dell’aria, rumore e imposte sui veicoli sono in corso di revisione e insiste perché esse siano rese coerenti con lo spirito della comunicazione in esame;

52.

ritiene importante che le città sottoposte al rischio di inquinamento acustico si dotino di un piano di zonizzazione acustica, tramite il quale classificare il territorio in base ai massimi livelli di inquinamento acustico ammessi e nel quale individuare, soprattutto in prossimità di parchi, scuole, ospedali e residenze protette per anziani, zone urbane e suburbane a minimo impatto da rumore;

53.

chiede quindi che le preoccupazioni associate all’inquinamento atmosferico e acustico si trasformino in azioni da parte sia dell’UE sia degli Stati membri tramite i piani di mobilità urbana sostenibile.

Rafforzare il sostegno dell’UE

54.

accoglie con favore l’impegno della Commissione europea a rafforzare il sostegno dell’UE a favore della mobilità urbana sostenibile nei seguenti settori: cooperazione, condivisione di esperienze e migliori pratiche, ricerca e innovazione, sostegno finanziario e cooperazione internazionale;

55.

accoglie inoltre con particolare favore l’intenzione della Commissione di migliorare l’Osservatorio della mobilità urbana ELTIS già esistente integrandovi l’attuale portale dei piani di mobilità e facendone un centro organico di conoscenze. Esso permetterà di consolidare le informazioni sulla pianificazione dei trasporti urbani in tutta l’UE e si affiancherà alla prevista piattaforma europea per i piani di mobilità urbana sostenibile, offrendo agli enti locali e regionali gli strumenti necessari per applicare in modo efficace tali piani;

56.

appoggia la proposta di sviluppare un quadro di valutazione della mobilità urbana, prospettato per la prima volta nel Libro bianco sui trasporti del 2011, identificando indicatori armonizzati per analizzare e comparare i progressi compiuti nelle aree urbane all’interno dell’UE;

57.

sostiene tuttavia che qualunque quadro di valutazione andrebbe elaborato attentamente per garantire che non diventi un semplice sistema di classificazione. I quadri di valutazione della mobilità urbana devono essere specifici alle singole realtà urbane, in modo da stabilire uno scenario di riferimento di tipo temporale, e contenere alcuni indicatori fondamentali (ad esempio ripartizione modale, accessibilità, veicoli efficienti sotto il profilo dei consumi, qualità dell’aria e salute). Le successive richieste di finanziamenti UE devono essere correlate in modo specifico ai modi in cui il progetto o l’iniziativa migliorerà il punteggio di riferimento o comunque inciderà su di esso, e i quadri di valutazione andranno riveduti con cadenza annuale;

58.

punta il dito contro la notevole pressione esercitata sulle città dal numero crescente di autovetture. I servizi di car-sharing (condivisione di autovetture) introdotti in alcune città d’Europa possono ridurre notevolmente questo tipo di pressione. Finora, però, la loro diffusione è stata alquanto irregolare nei diversi paesi europei, anche se il progetto europeo Momo ha mostrato un notevole potenziale. La Commissione dovrebbe inserire in modo esplicito nelle proprie strategie i diversi «modelli di sharing» (come il bike-sharing, il car-sharing e il car-pooling);

59.

chiede con insistenza che il sostegno finanziario destinato alla mobilità urbana sostenibile tramite i fondi strutturali e di investimento europei (ESI) sia accompagnato da orientamenti della Commissione, destinati agli enti locali e regionali, su modi come tali fondi potrebbero essere impiegati in maniera più sistematica per finanziare pacchetti integrati di misure nel campo della mobilità urbana, anche ricorrendo ai nuovi strumenti come gli investimenti territoriali integrati (ITI). Saranno anche necessari orientamenti su come sviluppare i piani di mobilità per dimostrare che sono investimenti redditizi e sfruttare possibili sinergie con altre fonti di finanziamento dell’UE come Orizzonte 2020;

60.

accoglie con soddisfazione l’intenzione della Commissione di rivolgere maggiore attenzione alle città di piccole e medie dimensioni, che svolgono un ruolo fondamentale nel sistema urbano europeo generale. Inoltre queste città racchiudono un grande potenziale dovuto ai loro vantaggi sociali, ambientali e istituzionali, associati a dimensioni più ridotte. I problemi legati alla mobilità urbana non sono un fenomeno esclusivo delle grandi metropoli; le città di piccole e medie dimensioni incontrano poi maggiori difficoltà di finanziamento dei progetti volti a migliorare la mobilità urbana a causa del costo elevato di tali progetti e delle minori economie di scala;

61.

ritiene che esistano tutti i presupposti per un collegamento proficuo tra i piani di mobilità urbana sostenibile e le azioni intraprese dalle città europee nell’ambito del Patto dei sindaci. L’adesione volontaria delle città al Patto dei sindaci potrebbe essere un modello valido a cui ispirarsi per promuovere un impegno nei piani di mobilità;

62.

fa rilevare che in diverse città, specialmente nei nuovi Stati membri, i mutamenti economici e sociali hanno prodotto una trasformazione radicale della funzione di specifiche aree urbane, e quindi una trasformazione sostanziale dei flussi di trasporto. Questi cambiamenti spesso richiedono una ricostruzione completa e molto costosa delle infrastrutture di trasporto di ogni tipo. Per questo è essenziale che le città interessate affrontino, con il sostegno dei fondi ESI, prima di tutto la questione della ricostruzione delle infrastrutture di base, in modo da garantirne il funzionamento e l’efficacia. Il sostegno nel quadro dei fondi ESI non dovrebbe quindi essere limitato al collegamento alle reti TEN-T; tramite questi fondi dovrebbe infatti essere possibile finanziare anche le comunicazioni e le infrastrutture locali per i trasporti pubblici e alternativi, i quali, com’è dimostrato, contribuiscono alla mobilità urbana;

63.

è convinto che, se i piani di mobilità urbana sostenibile vengono prodotti seguendo gli orientamenti dell’UE, allora si può presumere che siano modellati in base alle esigenze di mobilità delle popolazioni locali, con il sostegno delle parti direttamente interessate a livello locale e l’adesione dei politici locali. I piani di mobilità urbana sostenibile possono far sì che le risorse finanziarie siano integrate in una pianificazione e programmazione di più ampio respiro che godano di un impegno politico a livello locale;

64.

è favorevole a che l’assegnazione di finanziamenti a titolo dei fondi di sviluppo regionale e di coesione sia coordinata con la presentazione, da parte di città e regioni, di un certificato di audit coerente e convalidato da esperti indipendenti, che attesti l’efficienza e la sostenibilità della mobilità urbana.

Bruxelles, 25 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Il segretario generale ad interim del Comitato delle regioni


(1)  CdR 236/2007 fin.

(2)  CdR 417/2008 fin; CdR 256/2009 fin.

(3)  CdR 101/2011 fin.

(4)  CdR 7987/2013.

(5)  CdR 256/2009 fin.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/25


Parere del Comitato delle regioni — Il settimo programma di azione in materia di ambiente e le città sostenibili

2014/C 271/05

Relatrice

Daiva Matonienė (LT/ECR) membro del consiglio comunale di Šiauliai

Testo di riferimento

Lettera di consultazione della Commissione europea del 27 novembre 2013

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.    Quadro di riferimento

1.

In vista di un’economia efficiente nell’uso delle risorse ed a basse emissioni di carbonio, che protegga e rafforzi il capitale naturale e tuteli la salute e il benessere dei cittadini, il 7o programma di azione per l’ambiente è inteso a raggiungere gli obiettivi in materia di ambiente e cambiamenti climatici già convenuti dall’Unione, a garantire la base giuridica della politica ambientale fino al 2020 e a definire una visione di lungo termine fino al 2050 per l’UE e i suoi Stati membri;

2.

la Commissione europea ha chiesto al Comitato delle regioni di elaborare un parere in merito alle misure raccomandate per realizzare l’obiettivo prioritario 8 del 7o programma d’azione per l’ambiente e ha posto quattro domande specifiche:

a.

in che modo l’Unione europea potrebbe incoraggiare le città ad attuare misure di pianificazione e di assetto del territorio corrispondenti ai principi dello sviluppo sostenibile?

b.

come migliorare la diffusione dell’informazione sugli esistenti strumenti di finanziamento dell’UE disponibili per incentivare lo sviluppo urbano sostenibile?

c.

in che modo l’UE potrebbe stimolare uno scambio più efficiente delle informazioni e delle conoscenze sulle migliori idee e misure in tema di città sostenibili nell’UE?

d.

come incentivare le città con 1 00  000 abitanti e oltre a partecipare al concorso che premia la capitale verde dell’Europa?

B.    Contesto

3.

Circa 350 milioni (il 70 %) degli abitanti dell’UE vivono in centri con più di 5  000 abitanti. Si prevede che, entro il 2020, l’80 % della popolazione dell’UE vivrà in zone urbane o periurbane. La qualità di vita e l’ambiente globale dipendono dallo stato dell’ambiente urbano. L’attività urbana è la principale fonte d’inquinamento dell’ambiente;

4.

molte città devono affrontare sfide ambientali di base simili, quali migliorare la qualità dell’aria, ridurre gli l’inquinamento acustico, la congestione del traffico e le emissioni di gas a effetto serra, evitare la perdita di biodiversità, la scarsità di risorse idriche, le alluvioni e i danni provocati dalle tempeste, preservare gli spazi verdi, risanare le aree inquinate e migliorare la gestione dei rifiuti e l’approvvigionamento energetico;

5.

Il CdR sottolinea i benefici tangibili dell’attuazione di politiche e misure sostenibili, tra cui un ambiente migliore, una salute pubblica migliore, una qualità di vita più alta, maggiore certezza regolamentare per l’industria e meno distorsioni sul mercato. Evidenzia inoltre che i costi della mancata attuazione della legislazione ambientale europea sono stimati grosso modo a 50 miliardi di euro all’anno sotto forma di costi sanitari e costi diretti per l’ambiente (1);

6.

mette l’accento sul fatto che le città sostenibili saranno definite dalla loro capacità di conseguire gli obiettivi di attenuazione dei cambiamenti climatici. Data la concentrazione della popolazione nelle zone urbane, osserva che le città dovranno svolgere un ruolo di punta nella riduzione dei gas a effetto serra per evitare che l’aumento della temperatura globale superi i 2 gradi C; osserva anche che le città sono nella posizione migliore per incoraggiare le modifiche dei comportamenti che devono accompagnare la radicale trasformazione delle infrastrutture energetiche e di trasporto. Riconosce inoltre che la capacità delle città di adattarsi agli inevitabili cambiamenti climatici e a condizioni metereologiche estreme determinerà anche la loro sostenibilità economica e sociale e pertanto la competitività dell’Unione europea;

7.

la valutazione e la pianificazione delle misure dell’Unione europea per lo sviluppo di città sostenibili esige di tener conto anche del contesto globale. Il 22 giugno 2012 in occasione della conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile è stata adottata la dichiarazione «Rio + 20», in cui si sottolinea l’importanza di un’economia verde inclusiva e degli obiettivi di sviluppo sostenibile dopo il 2015;

8.

in linea con la Dichiarazione di Rio+20, il CdR intende per città sostenibile una città che promuova una società sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale, una città che incida il minimo possibile sull’ambiente, promuova le nuove tecnologie, crei posti di lavoro, salvaguardi il patrimonio naturale e culturale e offra protezione sociale. Una città sostenibile è anche una città che dà alla comunità locale gli strumenti per partecipare al processo decisionale locale.

C.    Principi fondamentali

9.

La promozione di città sostenibili esige un approccio globale, che permetta di affrontare sia le questioni ambientali che quelle sociali ed economiche delle città, nonché la questione di come le città possano sviluppare la loro resilienza in caso di calamità. L’approccio alla città sostenibile non deve limitarsi alla tutela dell’ambiente. La sfida consisterà nell’assicurare che i criteri siano basati su livelli adeguati di informazioni provenienti dai diversi campi e pertinenti per tutti i diversi tipi di città dell’UE. Ciò è essenziale per garantire che i criteri siano di facile impiego per una città che voglia lavorare in direzione della sostenibilità e far sì che i cittadini assumano la titolarità di tale processo. Un approccio globale e sostenibile sarà un prerequisito per lo sviluppo urbano futuro. Per ulteriori proposte sulle politiche urbane e sulle politiche di resilienza, il Comitato rinvia al parere Verso una politica urbana integrata per l’Unione europea e al parere Il quadro d’azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per raggiungere la resilienza  (2);

10.

fare di una città una città sostenibile esige efficaci misure di tutela ambientale che devono essere incorporate in tutti i pertinenti settori politici e integrate con le politiche e le attività condotte in altri settori, in particolare quelle intese a creare posti di lavoro e crescita;

11.

poiché la pianificazione di città sostenibili e la pianificazione territoriale competono, in base al principio di sussidiarietà, agli Stati membri, tale principio dovrebbe essere mantenuto senza ambiguità e gli enti locali e regionali dovrebbero essere coinvolti nel processo di elaborazione di tali politiche fin dalle fasi iniziali, oltre che nella loro attuazione e applicazione sul terreno. L’Unione europea può adottare misure di sostegno e incoraggiare le città, le regioni e gli Stati membri a scambiare informazioni, condividere le buone pratiche e avviare un processo di apprendimento reciproco;

12.

osserva che, mentre le misure, le procedure e le priorità di finanziamento dell’UE sono principalmente destinate alle grandi città di oltre 1 00  000 abitanti, circa il 56 % delle città europee ha tra 5  000 e 1 00  000 abitanti. Sottolinea l’importanza dell’effetto di accumulazione della sostenibilità delle città di piccole e medie dimensioni e mette in risalto il fatto che le città minori presentano un notevole potenziale di concezione e realizzazione dei principi dello sviluppo urbano sostenibile;

13.

sottolinea la necessità di una discussione generale sulla direzione in cui devono muoversi le città sostenibili con la finalità di stabilire obiettivi comuni all’orizzonte del 2050.

D.   Misure proposte

I.   In che modo l’Unione europea potrebbe incoraggiare le città ad attuare misure di pianificazione e assetto del territorio corrispondenti ai principi dello sviluppo sostenibile?

a)   Governance multilivello e il meccanismo

14.

La pianificazione territoriale e l’attuazione della politica di sviluppo e delle misure di tutela dell’ambiente ed energetiche sono di competenza delle città. Pertanto le città costituiscono il livello di governo più idoneo per la realizzazione, nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi, delle iniziative di sostenibilità urbana;

15.

È necessario promuovere il principio della governance multilivello, dato che il successo dipende dal lavoro comune per lo sviluppo urbano sostenibile e da un approccio unico tra le città che hanno la responsabilità per lo sviluppo urbano e gli altri livelli (regionale, nazionale ed europeo) che contribuiscono al quadro generale per la sostenibilità;

16.

il Comitato delle regioni, quale istituzione dell’UE che rappresenta la voce delle regioni e delle città dell’UE e punto di contatto per molte reti locali, dovrebbe essere un elemento centrale in questo sistema di governance. Ciò garantirà che le normative dell’UE rispecchino meglio la situazione delle città e le loro esigenze Ciò permetterebbe anche alle città di assumere direttamente la titolarità (ownership) delle misure di sostenibilità urbana;

17.

Per avere città sostenibili si devono seguire contemporaneamente un approccio dal basso e un approccio dall’alto. Le iniziative delle città non sono sufficienti. È necessario un coordinamento comune a livello dell’UE, con il grado di flessibilità idoneo, che aiuti le città a definire la situazione esistente in base a criteri comuni di città sostenibile, a perseguire gli obiettivi di sostenibilità urbana attraverso la realizzazione di proprie misure. Bisogna anche garantire a tal fine l’accessibilità ai meccanismi di finanziamento dell’UE. I criteri raccomandati dall’UE che sarebbero basati sul «Quadro di riferimento per città sostenibili» (Reference Framework for Sustainable European Cities — RFSC) verrebbero usati per analizzare la sostenibilità di una città e i suoi punti forti e le sue debolezze. Tenuto conto di ciò, la città può intervenire definendo la direzione dello sviluppo e le misure più idonee a migliorare la situazione. Tali criteri potrebbero avere pesi diversi in funzione della loro priorità e della loro importanza;

18.

i livelli di governo locale, regionale e nazionale devono applicare un coordinamento orizzontale e verticale, inclusa la cooperazione intercomunale e transfrontaliera, che garantisca un approccio globale allo sviluppo urbano, al fine di evitare doppioni e investimenti isolati e non coordinati;

19.

Il CdR accoglie favorevolmente il nuovo strumento «Accordi di partenariato per l’attuazione» e chiede alla Commissione maggiore chiarezza e più orientamenti in relazione al coinvolgimento degli enti locali e regionali nello strumento.

20.

il CdR propone pertanto di definire a livello UE obiettivi comuni di sostenibilità urbana fino al 2050 basati su un catalogo di criteri raccomandati. Le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi dovrebbero già essere incluse nelle raccomandazioni specifiche per paese formulate dalla Commissione europea, nelle quali si definiscono gli orientamenti su come attuare gli obiettivi della strategia Europa 2020. Lo sviluppo degli obiettivi di lungo termine e i necessari criteri dovrebbero basarsi sulle iniziative già avviate in questo campo, in particolare la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili;

b)   Partecipazione della collettività e meccanismi supplementari di finanziamento

21.

Il CdR incoraggia gli enti locali e regionali a discutere i loro rispettivi concetti di città sostenibile con tutte le parti interessate pertinenti ai diversi livelli di governance. In tal senso le consultazioni pubbliche aperte ai cittadini sono uno strumento eccellente per rendere partecipi i cittadini delle strategie che devono essere definite. Una volta sviluppati i criteri di sostenibilità, dibattiti pubblici sulle prestazioni, misurate sulla base di tali criteri, potrebbero incoraggiare un numero maggiore di città a imboccare il sentiero della sostenibilità;

22.

chiede alla Commissione europea di cooperare con gli Stati membri in vista di un approccio comune alle misure destinate a stimolare lo sviluppo urbano sostenibile e per raccogliere informazioni su quali meccanismi di incentivazione di successo già esistano. Un approccio comune e procedure flessibili permetterebbero alle città di scegliere le misure di lungo periodo migliori nel campo dello sviluppo urbano sostenibile;

23.

Le città dovrebbero incentivare partenariati innovativi ed efficaci pubblico-privati perché i progetti corrispondenti al concetto di città sostenibile siano realizzati nel miglior modo possibile.

II.   Come migliorare la diffusione dell’informazione sugli strumenti di finanziamento dell’UE esistenti e accessibili destinati a incentivare lo sviluppo urbano sostenibile e in che modo l’UE potrebbe stimolare uno scambio più efficiente dell’informazione e delle conoscenze sulle migliori idee e misure in tema di città sostenibili esistenti nell’UE? (domande b) e c) della Commissione europea)?

24.

Devono essere usate le opzioni e le strutture di finanziamento esistenti, comprese quelle disponibili nel quadro del programma LIFE plus per sostenere progetti pilota. Il programma della BEI per finanziare misure di efficienza energetica è già stato usato con successo e dovrebbe essere studiata la possibilità di sviluppare programmi simili in altri settori rilevanti per la sostenibilità;

25.

Si dovrebbe promuovere il raggruppamento per progetto, un meccanismo a volte utilizzato nella pratica concreta che raggruppa diversi comuni che perseguono lo stesso obiettivo. Esso facilita il finanziamento di piccoli progetti che sono rilevanti per la regione;

26.

uno dei fattori essenziali dell’applicazione del concetto di città sostenibile è costituito dalla sensibilizzazione e dall’incentivazione dei cittadini. Le misure che promuovono il risparmio idrico, che favoriscono lo sviluppo dei servizi di riciclaggio e compostaggio, che incentivano l’uso dei trasporti pubblici e il risparmio energetico e altre misure analoghe non sono sufficienti per far partecipare la collettività in modo attivo e in misura maggiore alla creazione di città sostenibili. Il Comitato chiede alla Commissione europea di fornire consulenza alle città sulle possibilità di utilizzare misure di informazione di tipo visivo per informare quotidianamente gli abitanti sullo stato dell’ambiente in modo più adeguato (indici d’inquinamento atmosferico, congestione del traffico ecc.);

27.

il Comitato delle regioni apprezza il lavoro della Commissione europea volto a rendere disponibile un portale web come sportello unico e incoraggia i propri membri a fornire le informazioni pertinenti se necessario. Chiede agli Stati membri di garantire che l’informazione sui criteri, le misure e le iniziative di finanziamento raggiunga le città. Si raccomanda di elaborare piani di comunicazione pertinenti con la partecipazione delle istituzioni dell’UE, delle loro rappresentanze nei paesi dell’UE, delle associazioni degli enti locali e regionali e di tutte le altre parti interessate pertinenti;

28.

le piattaforme e le strutture esistenti, e le loro basi di dati e iniziative, devono essere integrate negli sforzi a livello UE per promuovere le città sostenibili e utilizzate per incoraggiare la cooperazione tra loro e tra le città e le regioni già partecipanti a reti come il Patto dei sindaci, il Quadro di riferimento per città sostenibili (RFSC), EnergyCities, Eurocities, ICLEI — Local Government for Sustainability, Alleanza mondiale contro i cambiamenti climatici;

29.

la Commissione europea dovrebbe rivedere e rafforzare la strategia di comunicazione nel contesto del nuovo quadro finanziario e incitare sia gli Stati membri sia le città a utilizzare la quota del 5 % delle risorse rese disponibili dal FESR per lo sviluppo urbano sostenibile;

30.

il Comitato delle regioni, mettendo a disposizione l’esperienza degli enti locali e regionali e collaborando con la Commissione europea e le parti interessate, continuerà a diffondere informazioni ed a promuovere le buone pratiche sulle città sostenibili e sulle opportunità di finanziamento disponibili;

31.

il CdR ribadisce il suo sostegno allo sviluppo di quadri strutturati per l’attuazione e l’informazione (SIIF) per tutte le normative ambientali fondamentali dell’UE e chiede alla CE di far partecipare gli enti locali e regionali ai SIIF;

32.

sottolinea che una mobilità urbana sostenibile ed ecocompatibile svolge un ruolo importante nella sostenibilità delle nostre città. Per altre proposte sulla sostenibilità e su trasporti urbani sostenibili, il CdR rinvia ai pareri sul pacchetto per la mobilità urbana (3);

33.

l’Unione dovrebbe promuovere ulteriormente e, ove appropriato, espandere le iniziative già esistenti a sostegno dell’innovazione e delle buone pratiche urbane nonché del collegamento in rete delle città e degli scambi, e incoraggiare le città a mettersi alla testa d’iniziative nel campo dello sviluppo urbano sostenibile A questo proposito il CdR richiama l’attenzione sulle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile da finanziare mediante il FESR negli anni dal 2014 al 2020. Tali azioni comprendono, tra l’altro, progetti pilota diretti a sperimentare nuove soluzioni per i problemi di rilievo europeo relativi allo sviluppo urbano sostenibile;

34.

il CdR raccomanda inoltre alla CE di sostenere ed ampliare i progetti proposti da reti locali e che sono stati coronati da successo come le valutazione inter pares e le attività di apprendimento reciproco, incluse le visite in loco, gemellaggi verdi, attività di guida e formazione tra partner, esercizi di osservazione in situazione di lavoro (work shadowing), revisioni e valutazioni e progetti di mobilità per gli esperti urbani;

35.

a livello nazionale e a quello regionale e locale si potrebbero istituire dei punti di contatto (inglese: focal points) per lo sviluppo urbano sostenibile. In tal modo grazie ad essi si faciliterebbe il coordinamento di misure specifiche, quali i programmi di scambio degli esperti. Le agenzie per l’energia e le amministrazioni delle regioni di sviluppo di livello NUTS II potrebbero svolgere tale ruolo di coordinamento. Esse dispongono già di un sistema consolidato di relazioni con i comuni che rientrano nel loro territorio di competenza e hanno esperienza anche in materia di coordinamento dei programmi europei.

III.   In che modo è possibile stimolare le città con 1 00  000 abitanti e oltre a partecipare al concorso per il premio Capitale verde dell’Europa?

36.

Il concorso per il premio Capitale verde europea ha ottenuto notevole successo e dovrebbe essere ulteriormente sviluppato. L’esempio della Capitale europea della cultura mostra che un premio con una base giuridica e finanziaria ha un potenziale ancora maggiore di stimolare le città a partecipare e di generare risultati nel lungo termine. Il CdR è favorevole a uno sviluppo del premio della Capitale verde in questa direzione;

37.

uno degli aspetti del premio Capitale verde dell’Europa che dovrebbe essere riconsiderato è il fatto che il criterio di selezione attuale preveda la partecipazione soltanto di città con almeno 1 00  000 abitanti. Il Comitato delle regioni suggerisce pertanto di considerare la possibilità di creare una seconda categoria per città che contano almeno 50  000 abitanti, dando così maggiori opportunità alle città europee minori. Sarebbe allora opportuno che i criteri di questa categoria fossero adattati alle risorse e alle esigenze delle città minori per permettere a un massimo di città candidate di partecipare al concorso;

38.

il Comitato delle regioni chiede di rafforzare ulteriormente la rete delle Capitali Verdi dell’Europa per permettere alle città che vincono il concorso di Capitale verde europea e a quelle che vi partecipano di far conoscere le loro città, di scambiarsi i risultati conseguiti e le idee tecnologiche attraverso una piattaforma ad hoc o integrandosi in una struttura esistente;

39.

il CdR promuove attivamente il premio Capitale verde dell’Europa e propone che il membro della Commissione europea responsabile per l’ambiente scriva una lettera non solo agli Stati membri invitandoli a sensibilizzare al premio le loro città e regioni, ma anche alle organizzazioni ambientali che cooperano strettamente con le città;

40.

si potrebbe studiare la possibilità che la Commissione indica un concorso per premiare il miglior «Ecodistretto europeo», con l’obiettivo di promuovere il risanamento di quartieri classificati poveri e vulnerabili e stimolare le comunità locali a coinvolgersi nella gestione dei loro distretti;

41.

in aggiunta alle iniziative della CE, andrebbero considerati a livello locale, regionale e nazionale altri riconoscimenti quali ad esempio un premio Bandiera verde, premi per la Conservazione della biodiversità, la Promozione di trasporti verdi ecc.

Bruxelles, 25 giugno 2014.

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramon Luis VALCARCEL SISO


(1)  Studio della Commissione, The cost of not implementing the environmental acquis, COWI 2011.

(2)  COR-2013-06902; COR-2014-02646.

(3)  CdR 2014-00090.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/30


Parere del Comitato delle regioni — Le future politiche dell’UE nel settore della giustizia e degli affari interni

2014/C 271/06

Relatrice

Lotta Håkansson Harju (SE/PSE), membro del consiglio comunale di Järfälla

Testi di riferimento

Un’Europa aperta e sicura: come realizzarla

COM(2014) 154 final

L’agenda giustizia dell’UE per il 2020: rafforzare la fiducia, la mobilità e la crescita nell’Unione

COM(2014) 144 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Raccomandazioni generali

1.

accoglie con soddisfazione l’auspicio espresso dalla Commissione di consolidare i progressi finora realizzati nel settore della giustizia e degli affari interni mediante una corretta attuazione e un seguito (monitoraggio) efficace; al tempo stesso sottolinea che un tale consolidamento può condurre a ulteriori misure legislative, che rispettino i principi di sussidiarietà e proporzionalità, intese a colmare le lacune esistenti e ad accrescere la flessibilità dell’UE per consentirle di affrontare nuove sfide globali;

2.

osserva che la Commissione si è impegnata a dare maggiore rilievo ai diritti fondamentali, e sottolinea che ciò deve trovare un riscontro concreto a tutti i livelli. In linea con la sua Carta dei diritti fondamentali, l’Unione europea deve proseguire e sviluppare la sua azione in questo campo per continuare ad essere uno spazio aperto e sicuro, basato sul comune rispetto dei diritti fondamentali;

3.

in questo contesto, accoglie con soddisfazione il fatto che la Commissione europea abbia elaborato un quadro giuridico che permette di fronteggiare le minacce sistemiche allo Stato di diritto negli Stati membri, dato che quest’ultimo, assieme al principio dell’uguaglianza di fronte alla legge, rappresenta una condizione sine qua non per l’applicazione e il rispetto dei diritti fondamentali nell’Unione europea (1);

4.

fa presente che la Carta riconosce tanto i diritti fondamentali applicabili a tutte le persone quanto i diritti specifici che si applicano ai cittadini dell’UE. Affinché questi diritti si traducano in realtà per tutte le persone, è indispensabile operare nel lungo periodo e a diversi livelli, con la partecipazione sostanziale, attiva e lungimirante degli enti locali e regionali;

5.

sottolinea che è a livello locale che si creano i presupposti di una società inclusiva che rispetti effettivamente i diritti fondamentali, e quindi anche di una società contraddistinta dall’uguaglianza, dalla diversità e dalla tutela dei più vulnerabili. Al tempo stesso è sempre a livello locale e regionale che vengono maggiormente percepite le sfide nel settore della giustizia e degli affari interni e che risultano più evidenti gli effetti di tali sfide per i singoli cittadini;

6.

appoggia la proposta della Commissione di adottare norme complementari che agevolino la vita dei cittadini e contribuiscano alla crescita, purché non siano superflue, siano efficaci e favoriscano l’armonizzazione e semplificazione dell’attuale quadro normativo quanto più possibile. Una migliore qualità redazionale degli atti legislativi contribuisce alla crescita economica, in quanto agevola i rapporti tra le imprese e la vita quotidiana dei cittadini;

7.

raccomanda alla Commissione di dedicarsi a proposte legislative specifiche e pragmatiche, che, specie in un momento in cui aumentano i problemi economici e sociali, producano benefici diretti per i cittadini e contribuiscano concretamente a risolvere le difficoltà cui questi devono spesso far fronte a causa della crisi economica. Queste difficoltà insorgono specialmente nelle regioni transfrontaliere meno sviluppate in cui le attività economiche e sociali dei cittadini presentano problemi maggiori;

8.

fa quindi notare che, per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali di tutti, è essenziale compiere sforzi comuni e decisi e condividere le responsabilità a tutti i livelli. L’impegno a favore dei diritti fondamentali va concepito come un processo continuo e di lunga durata. Un’intesa comune su come conseguire questo obiettivo va raggiunta a livello non solo locale, regionale e nazionale, ma anche europeo. Una mancanza di coordinamento tra i diversi livelli potrebbe andare a vantaggio dei movimenti estremisti e delle manifestazioni di razzismo e di xenofobia e frenare un’evoluzione positiva dell’UE nel suo insieme;

9.

richiama l’attenzione sul ruolo fondamentale degli enti locali e regionali nel quadro delle politiche nel settore della giustizia e degli affari interni. Ad essi incombe infatti la responsabilità cruciale di attuare la normativa esistente, tanto nazionale che europea, di sviluppare e sperimentare nuove soluzioni politiche, di sostenere i cittadini nell’esercizio dei diritti fondamentali e di raccogliere le informazioni ed esperienze necessarie a sviluppare ulteriormente questi settori. Gli enti locali e regionali possono quindi senz’altro contribuire allo sviluppo dei settori strategici, dalla pianificazione e dall’attuazione fino al monitoraggio e alla valutazione;

10.

osserva che gli enti locali e regionali sono partner indispensabili per l’elaborazione e l’attuazione delle politiche in materia di giustizia e affari interni. Invita pertanto la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio a riconoscere esplicitamente i comuni e le regioni in quanto partner a tutti gli effetti in questi ambiti e ad offrire loro la possibilità di farsi carico delle rispettive responsabilità;

11.

sottolinea che le politiche nell’ambito della giustizia e degli affari interni vanno coordinate con le altre politiche dell’UE. Richiama l’attenzione sulla necessità di rafforzare il coordinamento tra le questioni relative ai settori della giustizia e degli affari interni da un lato e la politica economica, sociale ed estera dell’UE dall’altro, con l’obiettivo di consolidare il rispetto dei diritti in tutti gli ambiti e di accrescere la coerenza tra di essi. Le politiche in materia di giustizia e affari interni devono essere coordinate con la politica economica e sociale perseguita dai fondi strutturali e d’investimento europei in particolare nelle regioni meno sviluppate, specie nel settore della formazione e dell’occupazione. Concorda con la Commissione nel ritenere che le politiche in materia di giustizia e affari interni vadano integrate nella politica estera globale dell’UE in maniera da rafforzare il dialogo e la collaborazione con i paesi terzi e da creare sinergie con le altre politiche dell’UE (2).

Rafforzare un’Europa dei diritti

12.

fa notare che le autorità a tutti i livelli devono essere attivamente impegnate nella protezione e nella promozione dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini. Data la loro vicinanza a questi ultimi, gli enti locali e regionali hanno maggiori responsabilità nel rafforzare la coscienza civile riguardo ai diritti fondamentali;

13.

sottolinea che tutte le persone godono dei diritti e delle libertà fondamentali indipendentemente da fattori come il sesso, la razza, il colore della pelle, l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, l’handicap, l’età o le tendenze sessuali, e che particolare attenzione dovrà sempre essere dedicata ai cosiddetti gruppi vulnerabili, come i bambini, gli immigrati clandestini e i richiedenti asilo, soprattutto ai fini della pianificazione, dell’attuazione, del controllo e della valutazione;

14.

fa presente che, per contrastare l’aumento dei movimenti estremisti, del razzismo e della xenofobia in numerosi Stati membri, è essenziale elaborare una comunicazione strategica sulla responsabilità dei diversi livelli in merito al rispetto, alla tutela, alla realizzazione e alla promozione dei diritti fondamentali, all’osservanza degli impegni internazionali comuni e, nel lungo periodo, ai benefici offerti dall’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati;

15.

osserva che le conoscenze riguardo all’applicazione pratica dei diritti fondamentali sono essenziali per creare uno spazio giudiziario europeo in cui vengano rispettati e promossi i diritti fondamentali, la diversità e la collaborazione. Accoglie quindi con soddisfazione la guida online messa a punto dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali al fine di aiutare i funzionari pubblici locali, regionali e statali a migliorare nel quotidiano le iniziative volte a tutelare e a promuovere i diritti fondamentali mediante la cooperazione multilivello (3). Il CdR chiede alla Commissione di destinare risorse aggiuntive allo sviluppo, all’aggiornamento e alla diffusione di strumenti pratici di questo genere a sostegno dei funzionari e degli amministratori pubblici dei diversi livelli di governo;

16.

alla luce del ruolo centrale svolto dagli enti locali e regionali, nonché delle loro notevoli esperienze e competenze specifiche, sottolinea la necessità di creare un forum per lo scambio di informazioni e buone pratiche tra i suddetti enti, i soggetti della società civile e altri livelli amministrativi (statale, europeo e internazionale). Il CdR esorta le istituzioni dell’UE a continuare ad agevolare tale processo grazie ad attività o programmi mirati;

17.

osserva che, nell’applicazione a livello locale e regionale della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, occorre tenere conto delle relazioni annuali sulla Carta, nelle quali figurano gli ambiti in cui gli enti locali e regionali potrebbero dover accrescere il proprio impegno e rafforzare la comunicazione tra i diversi livelli;

18.

sottolinea che i diritti fondamentali non riguardano esclusivamente il settore della giustizia e degli affari interni, bensì praticamente tutti gli ambiti di competenza delle diverse direzioni generali, e reputa che, per rafforzare l’impatto e l’orizzontalità di tali diritti, i commissari europei responsabili del predetto settore debbano coordinarsi, in materia di diritti fondamentali, con tutte le direzioni generali della Commissione europea;

19.

ritiene che lo scopo di tale coordinamento debba essere collegare tra loro le competenze delle direzioni generali in modo da evitare che si perseguano obiettivi confliggenti, monitorare l’applicazione dei diritti fondamentali, condurre analisi dei diritti e di genere, raccogliere dati, incoraggiare gli Stati membri a ratificare e applicare i principali strumenti in materia di diritti a livello internazionale e regionale, consultare le diverse parti interessate e accertarsi che vengano impiegate una terminologia corretta e una comunicazione appropriata. Il coordinamento dovrebbe essere sviluppato in stretta collaborazione con l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali;

20.

osserva che la collaborazione in materia di diritti fondamentali sarebbe notevolmente più semplice se i diritti sanciti dalla Carta fossero anche direttamente applicabili negli Stati membri;

21.

osserva che occorre rafforzare la consapevolezza in merito ai diritti specifici di cui i cittadini godono in altri Stati membri dell’UE. L’applicazione della direttiva sulla libera circolazione delle persone è determinante per garantire ai cittadini dell’UE e ai loro familiari il diritto di spostarsi liberamente da uno Stato membro all’altro e di stabilirsi in uno di essi;

22.

è dell’avviso che si debba sensibilizzare maggiormente il pubblico riguardo al diritto alla libera circolazione. Come più volte ribadito dalla Commissione europea, i cittadini dell’UE si trovano di fronte a una serie di problemi pratici e giuridici quando cercano di esercitare i diritti di cui godono nel proprio paese in un altro Stato membro dell’UE (4). Allo stesso tempo è necessario gestire meglio le sfide che la libera circolazione crea nei singoli comuni e/o nelle singole regioni. Anche in questo caso si potrebbe ricorrere ad attività o a programmi mirati.

Un’Europa solidale e basata sui diritti nelle questioni relative alla migrazione e all’asilo

23.

sottolinea che l’UE dovrebbe rafforzare l’applicazione delle politiche europee in materia di migrazione e asilo sulla base dei diritti fondamentali, della solidarietà, della fiducia reciproca e della responsabilità condivisa tra gli Stati membri e gli enti locali e regionali;

24.

sostiene che l’UE deve rimanere un rifugio sicuro per coloro che fuggono dalle persecuzioni o che hanno bisogno di protezione. Non bisogna mai permettere che la necessità di accogliere i migranti in maniera regolamentata e di proteggere l’integrità dei confini prevalga sul diritto di chiedere protezione internazionale. Il CdR ricorda pertanto che il controllo e la sorveglianza dei confini di terra e di mare non devono portare a trascurare l’obbligo fondamentale di salvare vite umane e di rispettare i diritti umani;

25.

ritiene che, per assicurare ai richiedenti asilo e ai rifugiati un’accoglienza sostenibile ed uniforme, è assolutamente essenziale costruire una sinergia e una fiducia adeguate tra i livelli locale, regionale, nazionale ed europeo riguardo alla ripartizione delle risorse e delle competenze. Attualmente tali sinergie sono carenti in alcuni ambiti cruciali, e questo non solo costituisce un grave ostacolo all’insediamento dei migranti ma rischia anche di incoraggiare i movimenti xenofobi. Ed essenzialmente la stessa esigenza di una cooperazione efficace si riscontra altresì quando si tratta di accogliere altre categorie di migranti;

26.

esorta tutti i livelli di governo nell’UE a condividere la responsabilità di accogliere e integrare i profughi, e invita a rafforzare la cooperazione interregionale, il coordinamento e la solidarietà attraverso la messa a punto di un meccanismo di ricollocazione dei rifugiati tra gli Stati membri, le regioni e gli enti locali che tenga conto dei vincoli strutturali, delle risorse disponibili e degli altri fattori pertinenti. La politica in materia di rifugiati e richiedenti asilo è di competenza dei singoli Stati nazionali, i quali sono anche finanziariamente responsabili dell’accoglienza di queste persone. Tuttavia, la ripartizione delle responsabilità relative all’accoglienza è disuguale tanto tra gli Stati membri quanto all’interno di ciascuno di essi, e molti enti locali e regionali assumono maggiori responsabilità rispetto ad altri offrendo accoglienza a un maggior numero di migranti. Il Comitato fa notare che l’Unione europea deve prestare attenzione alle particolari difficoltà cui sono poste di fronte le regioni europee che, in un dato momento, rappresentano la porta d’ingresso di questi migranti, cui devono offrire una serie di prestazioni e servizi che spesso vanno oltre le loro possibilità. Bisognerebbe pertanto introdurre uno strumento finanziario specifico destinato in via prioritaria alle regioni di accoglienza dei migranti e alle zone di transito;

27.

osserva con preoccupazione che negli Stati membri dell’UE la Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo e il Piano d’azione sui minori non accompagnati (2010-2014) non sempre vengono rispettati, quando si tratta di accogliere minori non accompagnati migranti, rifugiati e richiedenti asilo, e sottolinea l’importanza che gli enti locali e regionali si sostengano a vicenda per condividere la responsabilità di far rispettare dette disposizioni. Ricorda alla Commissione che il suddetto Piano d’azione termina nel 2014, e chiede pertanto che siano avviate le procedure necessarie per il suo rinnovo;

28.

osserva che finora non si è fatto ricorso all’articolo 80 del TFUE per introdurre misure a favore della solidarietà e di un’equa ripartizione delle responsabilità in materia di mobilità. L’impegno in materia di trasferimento e rientro è stato del tutto volontario e, in alcuni casi, sono stati gli enti locali a prendere l’iniziativa di metterlo in pratica;

29.

fa notare che l’ineguale ripartizione dei richiedenti asilo e dei rifugiati tra i vari paesi e le varie regioni, nonché all’interno di queste ultime, unitamente alla carenza di posti di lavoro e di alloggi, costituiscono delle sfide importanti per gli enti locali e regionali. Altrettanto vale per la mancanza di anticipazione e l’impossibilità di programmare per tempo l’accoglienza di tali persone. Le soluzioni provvisorie hanno spesso ripercussioni sociali negative, che incidono a loro volta sulle possibilità di trarre profitto dagli strumenti necessari ad avviare il processo di integrazione;

30.

ritiene pertanto che sia giunto il momento di chiarire meglio che cosa si intenda per responsabilità condivisa e solidarietà nel settore dell’asilo. È evidente che gli Stati, le regioni e i comuni hanno una visione assai diversa di ciò che, alla luce delle loro specifiche condizioni e aspirazioni, può essere considerato come una responsabilità o solidarietà equamente condivisa. Bisogna infatti tenere conto di un’ampia gamma di fattori, che vanno dal numero dei richiedenti asilo che arrivano direttamente nel paese interessato e dal numero delle domande d’asilo trattate fino alla situazione finanziaria, la carenza di alloggi, le capacità di prima accoglienza, la densità della popolazione ecc., oltre che delle prospettive a breve e a lungo termine;

31.

sottolinea la necessità che gli enti locali e regionali e gli Stati membri condividano buone prassi in materia di trattamento delle domande di asilo e delle pratiche dei rifugiati, politiche di integrazione e prevenzione dei flussi migratori irregolari. Fa notare che ciò permetterebbe di adottare un approccio dal basso nell’affrontare le disparità tra le condizioni di accoglienza che gli Stati membri e le regioni riservano a richiedenti asilo, rifugiati e migranti irregolari al loro arrivo, nonché le disparità in fatto di efficienza e celerità nel trattamento delle domande e delle pratiche. Osserva che i comuni di piccole dimensioni non dispongono delle risorse necessarie per far fronte ad afflussi massicci di immigranti; e, a questo proposito, sottolinea l’importanza della solidarietà tra i comuni e invita a potenziare l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) in modo da rafforzare e generalizzare in modo più efficiente ed efficace la cooperazione tra le autorità di frontiera nazionali e proteggere i migranti così come le frontiere esterne dell’UE;

32.

propone quindi, per stimolare la discussione sulla ripartizione delle competenze, di realizzare uno studio che chiarisca ciò che gli Stati membri, le regioni e i comuni intendono per responsabilità condivise e solidarietà nonché le conseguenze delle diverse definizioni nei diversi scenari. Lo studio dovrebbe chiarire anche come sia possibile realizzare all’interno dell’UE una più equa ripartizione dei richiedenti asilo e dei rifugiati fra i comuni, le regioni e gli Stati membri dell’UE;

33.

sottolinea inoltre l’importanza che l’UE riesca a sfruttare le importanti risorse offerte dai nuovi immigrati. Un efficace processo di integrazione, attraverso la gestione della diversità a livello locale e regionale, rappresenta infatti un motore della crescita, consente di aumentare le possibilità di apprendimento e di impresa, e contribuisce alla copertura di eventuali fabbisogni di manodopera nonché alla possibilità di finanziare il sistema previdenziale negli anni a venire. Affinché tale politica ottenga risultati positivi, è di cruciale importanza investire nell’istruzione e nell’occupazione degli immigrati, così da metterli in condizione di accedere sia al mercato del lavoro dell’UE che alla formazione alla diversità culturale e alla sua gestione, per ottenere un cambiamento di comportamenti nella popolazione nel suo insieme e un miglioramento dei rapporti sociali;

34.

sottolinea la necessità di adottare un approccio comune in tutta l’UE nell’affrontare il problema delle frodi e degli abusi;

35.

sottolinea che i modesti tassi di natalità che si registrano in numerosi Stati membri e il prossimo cambio generazionale determineranno un maggiore fabbisogno di cittadini in età lavorativa. Pertanto l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati non costituisce solamente una sfida ma offre anche enormi opportunità agli Stati membri dell’UE. L’UE deve semplicemente trovare delle risposte credibili alle sfide demografiche che l’Unione si trova ad affrontare;

36.

sottolinea l’insufficienza dei progressi finora compiuti nella produzione normativa sulla migrazione legale, per cui la disciplina dell’UE in materia risulta ancora piuttosto lacunosa. Il CdR si compiace pertanto della priorità riconosciuta all’approccio globale in materia di immigrazione. e condivide l’attenzione per la promozione di un partenariato equilibrato e autentico con i paesi di origine e di transito, con l’obiettivo di accogliere i migranti in maniera ordinata e rispettosa dei diritti;

37.

è dell’avviso che la criminalità organizzata debba essere combattuta anche a livello locale, mediante iniziative sociali ed educative: mostrando soprattutto agli abitanti delle aree dominate da tale criminalità che un diverso modello di sviluppo, basato sulla trasparenza, la partecipazione e la democrazia, è davvero possibile; fornendo sostegno educativo in particolare ai giovani che rischiano di venire coinvolti in organizzazioni illegali; confiscando i proventi del crimine organizzato e utilizzandoli per progetti sociali, con soggetti locali e della società civile. Collaborare a questo tipo di iniziative è una responsabilità cruciale delle pubbliche autorità europee, nazionali e regionali;

38.

condivide l’opinione della Commissione secondo cui una politica in materia di migrazione gestita in modo corretto deve comprendere misure intese a ridurre la migrazione irregolare (5). Nel contempo, reputa che non si debbano criminalizzare né questo tipo di migrazione né l’aiuto prestato ai migranti irregolari, e che occorra tenere gli occhi bene aperti sulle possibili vittime della tratta di esseri umani. Gli enti locali e regionali devono fare i conti con le situazioni concrete che si trovano a fronteggiare; e, per quanto concerne i diritti fondamentali, ciò deve comportare la prestazione di servizi ai migranti irregolari;

39.

ritiene necessario offrire ai rappresentanti degli enti locali e regionali la possibilità di sviluppare le strutture necessarie per procedere a uno scambio di competenze e alla condivisione di esperienze in materia di buone prassi nell’ambito dell’occupazione, dell’istruzione e della formazione e dell’inclusione sociale. Ciò al fine di rafforzare ulteriormente la visibilità della dimensione locale nella politica di integrazione. Un forum per lo scambio di competenze costituisce un elemento indispensabile per elaborare una politica di integrazione dinamica nell’UE, che garantisca un’adeguata tutela dei diritti degli immigrati. In prospettiva, un forum di questo genere dovrebbe contribuire a ridurre le disparità tra gli Stati membri anche nell’ambito dell’integrazione.

Un’Europa sicura

40.

ritiene che, nell’affrontare i fenomeni che mettono a grave rischio la sicurezza dei cittadini e violano i diritti fondamentali, come la criminalità organizzata e segnatamente la tratta di esseri umani, il traffico di stupefacenti o lo sfruttamento sessuale dei minori, la prevenzione sia altrettanto importante della repressione. Ricorda alla Commissione europea il ruolo essenziale dei soggetti locali e regionali nello sviluppo di strategie atte a prevenire il crimine e a garantire permanentemente il benessere delle sue vittime;

41.

è dell’avviso che gli enti locali e regionali debbano svolgere un ruolo primario nella lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera, data la sempre più stretta relazione tra i reati locali e la criminalità organizzata internazionale e considerato che tali enti sono le prime vittime delle organizzazioni criminali, che ne destabilizzano il tessuto sociale. È d’accordo con la Commissione sulla necessità di creare sistemi sicuri e affidabili affinché le persone e le imprese possano trarre il massimo profitto dal potenziale di Internet. Per questo motivo la cooperazione degli Stati membri con il Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica (EC3) di Europol deve essere estesa al livello regionale e locale, allo scopo di rafforzare la lotta contro la criminalità informatica sin dall’amministrazione più vicina al cittadino;

42.

fa notare che la corruzione è un problema particolarmente sentito dagli enti locali e regionali e dagli abitanti che vivono nei loro territori. Il CdR intende continuare a combattere questo fenomeno a tutti i livelli, in collaborazione con le istituzioni dell’UE, con il Consiglio d’Europa e con altre organizzazioni, e a battersi affinché siano protetti gli interessi finanziari dell’UE, ad esempio con l’istituzione di una Procura europea;

43.

sostiene la strategia dell’UE per l’eradicazione della tratta degli esseri umani. Gli enti locali e regionali possono dare un significativo contributo all’effettiva attuazione di questa strategia e, grazie ai loro forti legami con la realtà locale, possono riconoscere i segni rivelatori del fatto che una persona è vittima di tale tratta. Il CdR auspicato quindi da tempo che gli enti locali e regionali contribuiscano all’elaborazione di orientamenti per il riconoscimento delle vittime della tratta, la loro protezione e la garanzia del loro benessere permanente, specialmente quando si tratta di minori;

44.

sottolinea che i comuni e le regioni costituiscono dei partner importanti per il potenziamento delle capacità nei paesi d’origine. Occorre accrescere e sviluppare sensibilmente la cooperazione internazionale transfrontaliera tra i comuni che ospitano migranti o richiedenti asilo e i comuni di provenienza di queste persone. Il livello locale svolge un ruolo importante nella concezione e nell’esecuzione dei programmi di accoglienza e di rimpatrio.

Bruxelles, 25 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Un nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo Stato di diritto, COM(2014) 158 final, 11 marzo 2014.

(2)  Un’Europa aperta e sicura: come realizzarla (COM(2014) 154 final).

(3)  http://fra.europa.eu/en/joinedup/home.

(4)  L’agenda giustizia dell’UE per il 2020: rafforzare la fiducia, la mobilità e la crescita nell’Unione (COM(2014) 144 final).

(5)  COM(2014) 154 final, cit.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/36


Parere del Comitato delle regioni — Una strategia europea per i senzatetto

2014/C 271/07

Relatore

Gábor Bihary (HU/PSE), membro dell’assemblea generale di Budapest

Testo di riferimento

 

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

considera del tutto inaccettabile il fatto che sul territorio dei nostri enti locali e regionali, ancora nel 2014, continuino ad esserci persone che vivono in strada, coi rischi che questo comporta per la loro salute e la loro stessa vita. È indegno dell’UE che quasi tre milioni di persone che non hanno più una dimora vivano grazie ai sistemi di assistenza sociale oppure, in molti casi, ignorino l’esistenza di tali sistemi o non ne siano adeguatamente coperti;

2.

rileva che la mancanza di una fissa dimora costituisce la forma più estrema di povertà e di esclusione sociale (1), e che essa viola la dignità umana e i diritti umani, essendo l’alloggio un’esigenza umana fondamentale;

3.

ribadisce (2) in questo contesto la propria richiesta di definire un quadro d’azione europeo per gli alloggi sociali al fine di:

garantire la coerenza con i diritti fondamentali e tra le politiche dell’UE che hanno un impatto sugli alloggi;

garantire la coerenza con il trattato sull’UE, in base al quale le autorità pubbliche sono libere di definire l’organizzazione del settore dell’edilizia abitativa sociale, nonché le famiglie che possono beneficiare di tali alloggi;

promuovere la diversità sociale;

sostenere il ruolo economico anticiclico del settore dell’edilizia abitativa sociale, in particolare grazie alla riduzione della dipendenza energetica e al sostegno apportato ai posti di lavoro locali;

4.

riconosce che gli Stati membri dell’UE dispongono della rete di protezione sociale più sviluppata del mondo, e che tuttavia il problema dei senzatetto si è praticamente aggravato in ogni Stato membro, per ragioni riconducibili a diversi fattori, come l’impatto della crisi economica, le trasformazioni della società, la discriminazione contro le minoranze o la cattiva gestione delle questioni legate all’immigrazione. Inoltre alcuni Stati membri sono caratterizzati da scarsità di alloggi sociali o a buon mercato.

5.

sottolinea che gli investimenti intesi a limitare il problema dei senzatetto hanno un’elevata redditività, perché nel lungo periodo riducono in maniera durevole le spese sociali destinate al trattamento di tale problema;

6.

ritiene che si debbano adottare iniziative a livello di UE per far fronte alla sfida rappresentata dagli spostamenti dei cittadini europei indigenti e vulnerabili all’interno dell’Unione europea, al di là delle frontiere nazionali. La mobilità sociale ha contribuito all’internazionalizzazione del problema dei senzatetto che non può essere risolto a livello nazionale, regionale o locale, o riducendo la mobilita dei cittadini dell’UE;

7.

fa osservare che la lotta contro il problema dei senzatetto costituisce una competenza diretta degli Stati membri e in particolare degli enti locali e regionali, ma nel rispetto del principio di sussidiarietà è richiesto un rafforzamento del ruolo della Commissione europea nell’elaborazione delle politiche, nell’avvio di una cooperazione a livello europeo e nella diffusione delle buone pratiche. L’UE dovrebbe intensificare gli sforzi rivolti a integrare e a sostenere le iniziative degli Stati membri e degli enti locali, nello spirito della piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale (3);

8.

fa presente che ciascuno Stato membro dovrebbe avere una strategia per il problema dei senzatetto, possibilmente integrata da strategie regionali in cui siano chiaramente indicate le responsabilità in materia di raccolta di dati, monitoraggio e attuazione. Invita pertanto gli Stati membri a elaborare ampie strategie relative a tale problema, indicando i servizi nazionali incaricati di provvedere alla sua risoluzione, ma anche definendo obiettivi chiari e trasparenti per i quali impegnarsi nei confronti dell’UE e presentando modelli di valutazione che consentano di misurare chiaramente i risultati della strategia adottata da ciascuno Stato membro;

9.

sottolinea che tali ampie strategie devono anche definire il ruolo degli enti locali e regionali e della società civile, e chiarire, in uno spirito di buona gestione, la ripartizione dei compiti e l’assegnazione delle risorse tra i differenti livelli di governo;

10.

sottolinea il fatto che alcuni Stati membri hanno avuto difficoltà ad attuare le loro strategie per i senzatetto in quanto non dispongono, nella pratica, di una governance multilivello che funzioni;

11.

accoglie con favore le due risoluzioni del Parlamento europeo, la precedente e la più recente, su una strategia per i senzatetto (4), che esorta gli Stati membri ad avanzare verso l’obiettivo di risolvere il problema dei senzatetto entro il 2015;

12.

richiama l’attenzione sul fatto che le cause e l’entità del fenomeno dei senzatetto variano da uno Stato membro dell’UE all’altro, e persino tra le singole regioni, per cui è necessario coinvolgere gli enti locali e regionali nella definizione di una strategia per eradicare il problema. L’origine del fenomeno deve essere determinante nella scelta degli strumenti appropriati. Gli enti locali, che sono a diretto contatto con questo fenomeno, sono in una posizione propizia per raccogliere esperienze in quest’ambito;

13.

a tale proposito, si compiace del lavoro svolto dalla rete Habitact per i senzatetto, www.habitact.eu, che riunisce enti locali e regionali impegnati a promuovere, attraverso specifiche strategie integrate, l’innovazione sociale in relazione ai senzatetto;

14.

condivide l’invito rivolto dal Parlamento europeo alla Commissione, a istituire un gruppo di esperti ad alto livello incaricato di contribuire alla preparazione e allo sviluppo della strategia dell’UE per i senzatetto. Sottolinea l’importanza della partecipazione a tale gruppo di rappresentanti degli enti regionali e locali;

15.

prende atto della presentazione di un documento di lavoro dei servizi della Commissione (5) che fornisce orientamenti in materia, ma deplora la scarsa ambizione europea di tale documento. Infatti occorre una strategia europea che metta a disposizione degli enti locali e regionali, delle ONG e dei loro volontari un insieme di strumenti utilizzabili efficacemente nella pratica, e che consenta lo scambio e la diffusione di buone pratiche e l’adozione di misure di natura giuridica volte a prevenire la criminalizzazione della condizione di senzatetto e a reprimere severamente gli atti odiosi di ostilità, violenza o persecuzione nei loro confronti;

16.

sottolinea che la povertà e la condizione di senzatetto non sono crimini e che quindi la criminalizzazione dei senzatetto e l’applicazione di regolamenti locali antisociali e lesivi dei diritti umani, verificatesi in alcuni Stati membri, sono incompatibili con i principi della parità di trattamento e con la dignità umana;

17.

chiede un maggiore riconoscimento e un sostegno rafforzato a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per gli sforzi fatti dalle organizzazioni di difesa delle libertà e dei diritti civici in favore di tale gruppo di popolazione, già vulnerabile e poco in grado di far valere i propri diritti;

18.

auspica che in nessuno Stato membro si sia esposti a intimidazioni da parte della polizia — siano esse illegali oppure consentite da apposite modifiche legislative — per il solo fatto di essere dei senzatetto;

19.

sostiene le attività intraprese in favore dei senza tetto dalle organizzazioni della società civile attive negli Stati membri, dalle associazioni e dalle organizzazioni ombrello di livello europeo, come pure le loro azioni rivolte a sensibilizzare maggiormente i senzatetto in merito ai loro diritti, e i loro sforzi rivolti a favorire la nascita di una coscienza sociale e di una società aperte a tutti, in cui la maggioranza dei cittadini consideri i senzatetto con empatia e sia favorevole alle misure necessarie a eliminare il fenomeno, e in particolare all’impiego di fondi pubblici a tal fine;

20.

invita gli Stati membri e la presidenza dell’Unione a vigilare che i ministri competenti facciano regolarmente figurare la questione dei senzatetto all’ordine del giorno delle loro tavole rotonde. Sottolinea inoltre che occorrerebbe coinvolgere in tali incontri i rappresentanti degli enti territoriali, e chiede alla Commissione europea di sostenere detti incontri con un aiuto pratico e finanziario;

21.

sottolinea l’importanza di dare la priorità. nell’elaborazione della strategia europea per i senzatetto, all’approccio che colloca l’alloggio al centro dell’azione (Housing-led) o che individua nell’accesso all’alloggio la prima fase (Housing first). Chiede che venga dedicata specifica attenzione ai senzatetto transfrontalieri e al problema delle donne e dei minori senza fissa dimora;

22.

sottolinea che la questione dei senzatetto è connessa allo sviluppo regionale e agli strumenti di finanziamento dell’UE (ad esempio il FSE e il FESR) (6), nonché all’inclusione sociale e ai diritti umani, ed è strettamente legata all’obiettivo della strategia Europa 2020 di far uscire 20 milioni di persone dalla povertà (7);

23.

richiama l’attenzione degli Stati membri particolarmente toccati dal fenomeno dei senzatetto sulla possibilità di utilizzare, nell’elaborazione dei loro programmi operativi, i finanziamenti del Fondo di aiuti europei agli indigenti o di altri fondi, come per esempio il Fondo sociale europeo, al fine di migliorare la situazione dei senzatetto; invita tali Stati membri a favorire l’inserimento sociale dei senzatetto e la loro integrazione nel mercato del lavoro;

24.

sottolinea l’importanza di un’azione preventiva a livello locale e regionale, che consista nell’individuare precocemente le persone che rischiano di perdere l’alloggio e nell’offrire loro aiuti personalizzati affinché non lo perdano, nonché nell’offrire un aiuto immediato a coloro che si trovano già in tale situazione. Occorrono pertanto misure strutturali coordinate nei settori collegati al benessere, ad esempio alloggio, occupazione, istruzione, famiglia e politiche connesse;

25.

fa osservare che, se si vuole impedire il netto deterioramento della qualità di vita, e di conseguenza dello stato di salute, di coloro che si ritrovano solo da poco tempo senza fissa dimora, è indispensabile un approccio integrato, con una cooperazione più intensa tra i servizi sociali e quelli sanitari, specialmente nel caso delle persone che hanno già beneficato in passato di tali servizi;

26.

sottolinea che l’assistenza ai senzatetto deve cominciare dalla strada, dal momento che l’individuazione e il trattamento di ogni caso di infermità mentale o di abuso di sostanze non possono aspettare che venga risolto il problema degli alloggi;

27.

segnala che è importante prevedere un sostegno sufficiente, offrendo in particolare un alloggio, perché ciò può contribuire a prevenire la condizione di senzatetto;

28.

ribadisce che per realizzare efficacemente le loro iniziative i soggetti interessati dalla lotta al fenomeno dei senzatetto hanno bisogno di un finanziamento e di un sostegno adeguati sia da parte degli Stati membri che dell’UE, in modo da essere in grado di intervenire efficacemente per mobilitare i servizi occupazionali, realizzare delle formazioni per i senzatetto, o incoraggiarli a cercarsi un impiego e aiutarli a conservarlo;

29.

considera la formazione professionale, la riqualificazione, l’istruzione degli adulti, vale a dire l’apprendimento permanente, come mezzi particolarmente efficaci, anche se indiretti, per sottrarre i senzatetto alla loro condizione. Un buon investimento, dal punto di vista sia del singolo che della società, consiste in una formazione adeguatamente strutturata, in grado di condurre a un vero lavoro e di contribuire a far uscire definitivamente i senzatetto dalle loro condizioni di vita difficile. L’istruzione costituisce spesso un indispensabile requisito di base, ma ciò che è decisivo è motivare le persone ad agire con decisione e in una prospettiva a lungo termine, divenendo membri attivi della società. A tal fine è necessario che gli interessati collaborino e contribuiscano attivamente al miglioramento della loro situazione;

30.

sottolinea l’importanza di vigilare affinché gli alloggi di emergenza o provvisori gestiti da enti locali, associazioni di beneficenza, organizzazioni civili e religiose, siano di buona qualità, disponibili a livello locale o almeno regionale e adeguati alle esigenze dei beneficiari. Tuttavia è decisamente auspicabile adottare un approccio che collochi l’alloggio al centro dell’azione, ad esempio quello che individua nell’accesso all’alloggio la prima fase (Housing first);

31.

richiama l’attenzione sul fatto che, per i senzatetto e le persone con un reddito modesto, l’accesso garantito a una dimora stabile, disponibile localmente e dal costo sostenibile costituisce un elemento essenziale. Tuttavia ciò è realizzabile solo a condizione che vi sia un partenariato efficace tra tutte le parti in causa, in funzione della situazione locale;

32.

sostiene gli sforzi mirati di lotta contro il fenomeno della mancanza di una fissa dimora a livello dell’UE, nel quadro delle varie politiche settoriali europee pertinenti, e specificamente degli ambiti di intervento dell’economia, delle finanze, della sicurezza sociale, dello sviluppo regionale, della salute, dei diritti umani, della gioventù, della parità tra uomini e donne, dell’immigrazione e dell’integrazione;

33.

è favorevole all’integrazione del fenomeno della mancanza di una fissa dimora nel processo di attuazione della strategia Europa 2020, che potrà eventualmente prendere la forma di raccomandazioni specifiche per paese, a integrazione degli sforzi compiuti dagli Stati membri, specialmente nei paesi dove è urgente realizzare progressi in questo campo;

34.

invita la Commissione a andare al di là delle raccomandazioni specifiche per paese, incoraggiando gli Stati membri anche a proseguire i loro sforzi e a includere il problema della mancanza di una fissa dimora nei loro programmi regionali di riforma;

35.

ribadisce l’esigenza di raccogliere dati completi e comparabili sul fenomeno della mancanza di una fissa dimora, evitando ogni stigmatizzazione di coloro che vi sono coinvolti. Tali dati dovrebbero essere differenziati in base alle cause che hanno condotto alla condizione di senzatetto e all’intensità del fenomeno, oltre ad essere ripartiti almeno a livello di regione NUTS2. Lo scopo sarebbe quello di creare una banca dati che consenta di accrescere l’efficacia delle politiche di sviluppo e, infine, di eliminare completamente il problema;

36.

osserva che, dal momento che gli interventi eseguiti a livello regionale e locale hanno un ruolo decisivo nell’attenuare il problema dei senzatetto, l’UE dovrebbe valutare l’efficacia complessiva, considerando in quali circostanze, accanto al Fondo sociale europeo e al Fondo europeo di sviluppo regionale, altri strumenti di finanziamento (come il programma Progress, il programma per il cambiamento e l’innovazione sociale PSCI, il programma Jessica, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, Leader, e il programma Aiuti agli indigenti) potrebbero essere utilizzati nella risoluzione del problema dei senzatetto;

37.

al fine di migliorare la situazione dei senzatetto, invita gli Stati membri a utilizzare i pertinenti fondi europei e a creare un percorso tra l’inclusione sociale e l’inserimento professionale.

38.

è importante promuovere il volontariato per offrire servizi ai senzatetto, far partecipare i volontari alla soluzione dei problemi sociali suscitando una presa di coscienza collettiva circa i problemi delle persone senza fissa dimora, in definitiva, associandoli ai processi di inclusione sociale;

39.

è opportuno rafforzare i meccanismi di partecipazione adattati alle caratteristiche delle persone senza fissa dimora, permettendone il coinvolgimento effettivo, favorendo l’assunzione congiunta di decisioni tra tutti i soggetti coinvolti e, in definitiva, migliorando la qualità dell’attenzione rivolta ai senzatetto rendendoli protagonisti nel loro processo di inclusione sociale;

Bruxelles, 25 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 18/2010 fin.

(2)  CdR 71/2011 fin.

(3)  CdR 402/2010 fin.

(4)  P7_TA(2011)0383 e P7_TA(2014)0043.

(5)  SWD(2013) 42 final.

(6)  CdR 1999/2013 fin.

(7)  CdR 26/2013 fin.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/40


Parere del Comitato delle regioni — Strategia dell’UE per la regione adriatica e ionica (EUSAIR)

2014/C 271/08

Relatore

Gian Mario Spacca (IT/ALDE), presidente della regione Marche

Testi di riferimento

COM(2014) 357 final

SWD(2014) 190 final

SWD(2014) 191 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

esprime apprezzamento per le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2012 nelle quali si chiede alla Commissione di presentare una strategia dell’UE per la regione adriatico-ionica (EUSAIR) entro la fine del 2014. Tale decisione è stata raccomandata nel parere di iniziativa del CdR sul tema La cooperazione territoriale nel bacino del Mediterraneo attraverso la macroregione adriatico-ionica, adottato l’11 ottobre 2011 (1);

2.

condivide la definizione di strategia macroregionale quale quadro integrato, approvato dal Consiglio europeo, relativo a Stati membri e paesi terzi della stessa zona geografica, volto ad affrontare sfide comuni e a individuare soluzioni attraverso una cooperazione rafforzata per la coesione economica, sociale e territoriale (2).

L’integrazione europea e la dimensione esterna

3.

accoglie con favore la proposta della strategia EUSAIR che riguarderà quattro Stati membri dell’UE (Croazia, Grecia, Italia e Slovenia) e quattro paesi non membri (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Serbia), e che contribuirà in maniera significativa a integrare nell’UE i paesi candidati/candidati potenziali della regione. La componente di integrazione europea offre un valore aggiunto rilevante in questa strategia macroregionale (3);

4.

mette in evidenza gli aspetti di riconciliazione, sicurezza e stabilità nella regione adriatico-ionica attraverso la cooperazione con altri paesi terzi ai quali questa macroregione potrebbe essere estesa in futuro. A tale riguardo sottolinea il ruolo degli enti regionali e locali in quanto protagonisti nella promozione della democrazia, del decentramento, di una maggiore autonomia locale e regionale e del rafforzamento delle capacità;

5.

osserva che la strategia per la regione adriatico-ionica potrebbe segnare l’avvio di un approccio e di una strategia maggiormente integrati che interesseranno l’intero bacino del Mediterraneo, come sottolineato dal Parlamento europeo (4);

6.

rileva che anche l’Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) invita ad adottare un approccio macroregionale per l’intero bacino del Mediterraneo attraverso lo sviluppo di tre aree macroregionali integrate: Mediterraneo occidentale, Adriatico-Ionio e Mediterraneo orientale (5).

Governance multilivello

7.

approva le conclusioni del Consiglio Affari generali dell’ottobre 2013 sulla necessità di riesaminare i sistemi di governance delle macroregioni, e accoglie favorevolmente la relazione pubblicata dalla Commissione europea il 20 maggio 2014 nonché la comunicazione della Commissione europea concernente la Strategia dell’Unione europea per la Regione Adriatico Ionica del 17 giugno 2014. Condivide inoltre il punto di vista del Consiglio riguardo all’importanza della responsabilità e dell’appropriazione da parte dei paesi interessati, il che impone di rafforzare i pertinenti soggetti regionali e locali e richiede l’impegno chiaro e a lungo termine delle parti interessate (6); chiede inoltre un maggior coinvolgimento delle regioni e del Comitato delle regioni nella fase di coordinamento a supporto della Commissione europea, oltre che nella fase di implementazione. Concorda in proposito che il piano di azione preveda una struttura di governance basata su coordinatori per ogni pilastro provenienti dai ministeri competenti e sottolinea che questi possano provenire anche da governi regionali;

8.

sottolinea la necessità di una governance intelligente e coordinata, articolata in quattro livelli interconnessi: una forte classe politica capace di garantire decisioni chiare da parte dei paesi partecipanti (con l’aiuto della Commissione europea e il sostegno del Comitato delle regioni), un buon coordinamento, l’accordo sull’attuazione territoriale e un’appropriazione largamente condivisa;

9.

fa presente che la strategia EUSAIR richiede una leadership politica forte e che al riguardo l’Iniziativa adriatico-ionica (che riunisce gli otto ministri degli Affari esteri dei paesi interessati) può svolgere un importante ruolo di coordinamento. D’altro canto, la strategia EUSAIR ha bisogno di una piattaforma di governance multilivello, e gli enti regionali e locali possono fornire competenze di elevato livello per la realizzazione efficace di progetti nel quadro di un approccio macroregionale integrato;

10.

chiede che gli enti regionali e locali svolgano un ruolo più forte nella governance e nell’attuazione della strategia;

11.

rileva pertanto che il 30 gennaio 2013 il Comitato delle regioni ha creato al suo interno un gruppo interregionale adriatico-ionico con il compito di sostenere la Commissione europea nell’elaborazione della strategia per la regione adriatico-ionica entro la fine del 2014 e di promuovere un’identità comune per questa regione al fine di metterne in risalto tutte le potenzialità;

12.

osserva che il «mandato» conferito dal Consiglio europeo alla Commissione è il risultato di sforzi congiunti fatti dai paesi della regione e si basa su diverse iniziative, quali l’Iniziativa adriatico-ionica (IAI) lanciata dalla dichiarazione di Ancona nel 2000, e su altri fori e reti attivi nell’area adriatico-ionica, quali il Forum delle città dell’Adriatico e dello Ionio, il Forum delle camere di commercio dell’Adriatico e dello Ionio, la Rete UniAdrion (Rete delle Università dell’Adriatico e dello Ionio) e l’Euroregione adriatico-ionica;

13.

sottolinea che le esigenze a livello territoriale possono essere soddisfatte attraverso un approccio dal basso verso l’alto, basato sulla governance multilivello, al fine di far fronte ai problemi e alle sfide comuni della regione adriatico-ionica mediante soluzioni ampiamente condivise. Tale approccio è fondamentale per la buona riuscita di questa strategia dell’UE.

Sfide e compiti per la regione adriatico-ionica

14.

concorda sul fatto che l’obiettivo principale della strategia proposta è quello di promuovere la prosperità economica e sociale sostenibile, la crescita e la creazione di posti di lavoro nella regione in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020, migliorandone l’attrattiva, la competitività e la connettività e tutelando nel contempo l’ambiente e gli ecosistemi marini e costieri;

15.

accoglie favorevolmente l’adozione, da parte della Commissione, della strategia marittima per il Mare Adriatico e il Mar Ionio (7), che è stata integrata nella strategia EUSAIR;

16.

esprime apprezzamento per il campo di applicazione e il contenuto dei quattro pilastri della strategia EUSAIR, definiti in seguito a un’ampia consultazione delle parti interessate della regione, che riguardano in particolare i temi «crescita blu», «collegare la regione», «qualità dell’ambiente» e «turismo sostenibile». Si compiace per l’inserimento della comunicazione tra le questioni trasversali del «rafforzamento della capacità con attenzione alla comunicazione» e della «ricerca e sviluppo, innovazione e PMI»;

17.

invita la Commissione a elaborare un’analisi della situazione macroeconomica di fondo della strategia EUSAIR e la relativa valutazione d’impatto quale primo passo per rafforzare le capacità, agevolare l’attuazione della strategia e concretizzare i quattro pilastri/azioni prioritarie al fine di mettere meglio a fuoco gli obiettivi e di misurare i progressi compiuti nella loro realizzazione;

18.

chiede che sia rivolta maggiore attenzione alla coesione territoriale e sociale e alle questioni di rilievo che non possono essere affrontate efficacemente dai singoli paesi, quali la salute, l’invecchiamento attivo, le disparità di condizioni demografiche ed economiche tra i paesi della regione e al loro interno, nonché i problemi collegati alla sicurezza, al crimine organizzato, alla migrazione illegale, alla delocalizzazione delle imprese e alla disoccupazione giovanile. Queste questioni dovrebbero essere affrontate in tutti e quattro i pilastri al fine di raggiungere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in linea con le politiche e gli obiettivi della strategia Europa 2020 e di rafforzare la competitività e l’attrattiva della regione EUSAIR;

19.

propone di fare un bilancio delle esperienze acquisite nel quadro delle strategie del Mar Baltico e del Danubio e di organizzare un forum EUSAIR annuale per favorire il dialogo economico e sociale e creare un vasto senso di appropriazione della strategia per la regione adriatico-ionica attraverso l’effettivo coinvolgimento dei soggetti socioeconomici (sindacati, organizzazioni dei datori di lavoro, ONG, organizzazioni giovanili, organizzazioni della società civile ecc.).

Finanziamento

20.

esprime apprezzamento per la possibilità di integrare la strategia EUSAIR nella nuova generazione di documenti di pianificazione e programmazione per il periodo 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento dell’UE (ESIF) e dei fondi dello strumento di assistenza preadesione (IPA) (l’accordo di partenariato, i documenti di strategia dell’IPA e i programmi operativi), nonché in tutte le politiche e in tutti i programmi pertinenti dell’UE quali Orizzonte 2020, COSME ecc.;

21.

osserva che il regolamento recante disposizioni comuni sul FESR, il FSE, il FC, il FEASR e il FEAMP e disposizioni generali sui fondi della politica di coesione, il regolamento relativo all’obiettivo di cooperazione territoriale europea il regolamento sullo strumento di assistenza preadesione offrono reali opportunità alla strategia EUSAIR poiché impongono a tutti i fondi ESIF e IPA di tenere conto delle priorità macroregionali;

22.

sottolinea la necessità di un maggior coinvolgimento delle autorità regionali e locali nella identificazione di progetti prioritari per la Regione AI; accoglie favorevolmente l’inserimento della gestione del rischio di disastri naturali nei principi orizzontali ai quattro pilastri nella comunicazione EUSAIR della Commissione e richiede maggiore attenzione nel piano di azione progressivo su temi orizzontali quali la migrazione, il diritto alla salute e la formazione amministrativa attraverso un’Alta scuola di formazione adriatico-ionica;

23.

chiede il sostegno attivo da parte delle istituzioni finanziarie europee e internazionali, quali ad esempio la Banca europea per gli investimenti (BEI), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e la Banca mondiale, come nel caso del Quadro per gli investimenti nei Balcani occidentali;

24.

propone di creare un meccanismo di attuazione in collaborazione con la BEI e organismi finanziari internazionali che consenta di presentare «progetti finanziabili» (8);

25.

chiede che il cofinanziamento privato sia integrato con i finanziamenti disponibili;

26.

riconosce la «regola dei tre no»: no a nuove regolamentazioni, no a nuovi organi e no a nuovi fondi; e mette in risalto quella «dei tre sì» invocata in numerosi forum: sì alla complementarità dei finanziamenti, sì al coordinamento degli strumenti istituzionali e sì alla definizione di nuovi progetti;

27.

sottolinea che il sostegno finanziario a livello di UE per l’assistenza tecnica relativa a una strategia macroregionale ha già dimostrato di essere un elemento importante per la strategia del Mar Baltico, e il Comitato auspica che esso sia esteso anche a quella adriatico-ionica. Chiede che sia creata una linea di bilancio apposita per l’assistenza tecnica alla macroregione adriatico-ionica, sull’esempio delle linee create per la macroregione del Mar Baltico e per quella del Danubio nel 2014 per un importo di 2,5 milioni di EUR di stanziamenti d’impegno e di pagamento ciascuna.

Comunicazione

28.

auspica una maggiore attenzione alla comunicazione, in quanto elemento trasversale al fine di promuovere l’appropriazione della strategia macroregionale da parte dei cittadini e una governance più forte, come è stato sottolineato anche nel contributo del gruppo interregionale adriatico-ionico del CdR alla consultazione delle parti interessate del dicembre 2013, indirizzato alla Commissione europea;

29.

sottolinea l’importanza della comunicazione quale strumento di sensibilizzazione della società civile in merito a ciò che questa strategia rappresenta per i cittadini e al suo valore aggiunto nel consolidamento dell’identità della regione adriatico-ionica.

Rafforzamento delle capacità

30.

conviene sul fatto che il rafforzamento delle capacità rappresenta una questione pertinente al fine di garantire il successo della strategia EUSAIR, dato che la regione adriatico-ionica comprende una vasta area formata da Stati membri dell’UE, paesi candidati e candidati potenziali, con strutture amministrative differenti;

31.

rileva che sia gli Stati membri dell’UE che i paesi terzi devono rafforzare le competenze e le capacità per trovare soluzioni intelligenti, sostenibili e inclusive a problemi comuni nel campo della gestione delle risorse umane, delle relazioni internazionali ecc. Una misura in questo senso potrebbe essere quella di istituire una Scuola superiore di amministrazione adriatico-ionica sul modello dell’ENA francese (Ecole Nationale d’Administration), nella quale i funzionari pubblici della regione potrebbero sviluppare le competenze e le capacità necessarie per la governance multilivello, in modo da essere in grado di attuare procedure innovative nell’ambito della pubblica amministrazione;

32.

è anche del parere che la costruzione di una duratura area adriatico-ionica di dialogo pacifico e di efficace cooperazione non possa avvenire senza farvi partecipare, in modo sistematico, i giovani delle regioni interessate. Invita pertanto gli Stati membri e la Commissione europea a promuovere, facilitare e migliorare l’attuazione degli attuali programmi di mobilità dei giovani nel quadro della regione dell’EUSAIR;

33.

sottolinea che questioni politiche urgenti che riguardano da vicino la regione, come la migrazione, dovrebbero essere percepite come un fattore di integrazione e una fonte di occupazione, in grado di aiutare la regione adriatico-ionica e quella mediterranea nel loro insieme a far fronte alle sfide di rilievo;

34.

fa presente che la sicurezza è un’altra questione preoccupante che non può essere fronteggiata in modo isolato dai singoli paesi, e chiede alla Commissione europea di prevedere azioni specifiche volte ad affrontarla in tutti e quattro i pilastri della strategia;

35.

accoglie favorevolmente la comunicazione congiunta della Commissione europea e dell’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sul tema Per un settore marittimo globale aperto e sicuro: elementi di una strategia per la sicurezza marittima dell’Unione europea  (9), nella quale si sottolinea che esiste un’intrinseca interconnessione tra gli interessi dell’Europa nel settore marittimo e il benessere, la prosperità e la sicurezza dei suoi cittadini e delle sue comunità;

36.

rileva che il benessere dei cittadini è fondamentale per lo sviluppo armonioso della regione; sottolinea che i servizi sanitari e la ricerca devono essere coordinati al fine di garantire l’efficienza del settore della salute.

Crescita blu

37.

sottolinea la rilevanza dei temi «pesca e acquacoltura», «tecnologia blu» e «servizi marittimi e marini»;

38.

accoglie con favore la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere (10), ed esorta la Commissione europea a fare un bilancio di questa direttiva al momento di pianificare azioni specifiche nella regione adriatico-ionica;

39.

sottolinea che la governance multilivello da parte dei soggetti coinvolti nella crescita marina e marittima rappresenta un fattore fondamentale per la gestione efficiente dell’area adriatico-ionica attraverso regole e protocolli comuni per la pesca e la conservazione degli stock ittici, nonché attraverso sistemi e procedure di gestione standardizzati;

40.

rileva che l’ecoinnovazione, insieme all’ammodernamento della pesca e dell’acquacoltura come anche (in stretto collegamento con il secondo pilastro) dei trasporti marittimi e dei porti con le relative infrastrutture nell’entroterra e i poli di attività marittime sono essenziali per garantire lo sfruttamento razionale delle risorse marine e dei sistemi marittimi. Un marchio comune di qualità e tracciabilità dei prodotti ittici potrebbe costituire uno strumento importante per promuovere l’area.

Connettere la regione

41.

sottolinea la rilevanza dei temi «trasporti marittimi», «entroterra intermodale» e «reti energetiche», e mette in risalto l’importanza di migliorare le infrastrutture ICT immateriali. Il cloud adriatico-ionico rappresenta uno strumento per connettere le piattaforme esistenti al fine di standardizzare processi e protocolli condivisi, di rendere efficiente il trasporto intermodale di merci e di passeggeri e di facilitare i servizi, la protezione dell’ambiente e la sicurezza marittima;

42.

rileva che la regione adriatico-ionica deve migliorare l’accesso dell’Europa sudorientale al resto del mondo, inclusa l’area mediterranea, attraverso l’estensione del corridoio Baltico-Adriatico lungo la dorsale adriatica. I sistemi di trasporto intermodale in quest’area devono essere rafforzati al fine di migliorare il posizionamento della regione quale nodo di trasporto in un quadro internazionale.

Qualità dell’ambiente

43.

sottolinea la rilevanza dei temi «biodiversità marina», «inquinamento dei mari» e «habitat e biodiversità terrestri transnazionali»;

44.

rileva che la regione adriatico-ionica deve preservare gli habitat e gli ecosistemi e affrontare le sfide dei cambiamenti climatici attraverso una governance multilivello integrata che coinvolga tutte le parti interessate in un processo condiviso e integrato;

45.

rammenta che il Mediterraneo è un mare semichiuso, con il tasso di ricambio delle acque più basso del pianeta, per cui sono necessari un’elevata protezione del suo delicato ecosistema e progetti sperimentali avanzati;

46.

esprime apprezzamento per la Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici dell’aprile 2013 (11) che incoraggia a condividere le buone pratiche e a elaborare piani di azione macroregionali, quali esempi di approcci globali per una migliore valutazione dei rischi e delle vulnerabilità.

Turismo sostenibile

47.

sottolinea la rilevanza dei temi «prodotti e servizi turistici diversificati» e «gestione sostenibile del turismo», che sono emersi dalla consultazione delle parti interessate al convegno di Atene;

48.

rileva che l’attrattiva della regione è rappresentata soprattutto dal turismo in quanto uno dei principali settori di crescita e un importante fattore capace di innescare lo sviluppo economico della sua fascia marittima e dell’entroterra. Lo sviluppo di questo settore richiede una governance multilivello con il coinvolgimento delle autorità nazionali e degli enti locali e regionali come anche di tutti i soggetti a livello territoriale, che vanno dalle camere di commercio alle università;

49.

fa presente che, sulla base di un patrimonio naturale, culturale e storico condiviso, prodotti agroalimentari di elevata qualità, tradizioni di ospitalità professionale e paesaggi incantevoli da valorizzare utilizzando un marchio adriatico-ionico, il turismo può rappresentare un’importante leva per la crescita sostenibile, opportunità di occupazione giovanile e inclusione sociale dato che oggi «la metà dei posti di lavoro e del valore aggiunto del turismo costiero gravita sul Mediterraneo» (12).

Conclusioni

50.

sottolinea l’importanza di questa terza strategia macroregionale dell’UE basata sull’esperienza di quelle già esistenti, al fine di sviluppare una nuova cooperazione innovativa e intelligente come anche un approccio di governance multilivello sperimentale e innovativo di apprendimento tramite la pratica, cercando al tempo stesso di stabilire sinergie e di scambiare buone pratiche con altre strategie dell’UE;

51.

mette in risalto la rilevanza della strategia EUSAIR nel dare nuovo slancio per affrontare le questioni comuni della regione adriatico-ionica e promuovere la prosperità economica e sociale sostenibile con particolare accento sulla crescita e sull’occupazione, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020, migliorando l’attrattiva, la competitività e la connettività di questa regione, al fine di trasformarla in un nodo di rilievo;

52.

esorta la Commissione europea a svolgere un ruolo fondamentale nel quadro di una piattaforma innovativa di coordinamento e attuazione basata sulla governance multilivello in cui le decisioni sono condivise per garantire impegno politico e appropriazione da parte dei soggetti direttamente interessati a livello europeo, nazionale, regionale e locale, in conformità con il principio di sussidiarietà. Occorre coinvolgere il settore privato e la società civile per garantire un solido e vasto senso di appropriazione della strategia attraverso la comunicazione discendente e ascendente, l’assunzione di responsabilità e risultati trasparenti, ad esempio: un portale di dati aperti, un forum annuale del dialogo economico e sociale in merito alla strategia EUSAIR ecc.;

53.

evidenzia l’integrazione europea come uno degli elementi fondamentali della strategia EUSAIR comprendente quattro Stati membri dell’UE e quattro paesi non membri, e mette in risalto gli aspetti della riconciliazione, della sicurezza, della stabilità e della prosperità grazie a una più stretta cooperazione e al ruolo delle regioni di attori chiave per la promozione dell’autonomia regionale, il rafforzamento delle capacità, il decentramento e la democrazia.

Bruxelles, 26 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


(1)  CdR 168/2011 fin.

(2)  COM(2013) 468 final.

(3)  COM(2013) 468 final.

(4)  Risoluzione PE P7_TA(2012)0269.

(5)  Relazione CdR-ARLEM 2013/02318.

(6)  COM(2013) 468 final.

(7)  COM(2012) 713 final.

(8)  COM(2011) 381 final.

(9)  JOIN(2014) 9 final.

(10)  COM(2013) 133 final.

(11)  COM(2013) 216 final.

(12)  COM(2014) 86 final.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/45


Parere del Comitato delle regioni — Governance multilivello nella promozione della strategia dell’UE per la biodiversità 2020 e attuazione degli obiettivi internazionali di Aichi

2014/C 271/09

Relatrice

Kadri Tillemann (EE/PPE)

presidente del consiglio del comune rurale di Keila

Testo di riferimento

Lettera del vicepresidente della Commissione europea del 13 dicembre 2013

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.   Governance multilivello della biodiversità nell’attuazione della strategia dell’UE per la diversità all’orizzonte del 2020 e della decisione X/22 della Convenzione dell’ONU sulla biodiversità

1.

prende atto del fatto che nel marzo del 2011 i leader dell’UE si sono impegnati a perseguire l’obiettivo principale, previsto dalla strategia Europa 2020, di «arrestare la perdita di biodiversità e il degrado dei servizi ecosistemici nell’UE entro il 2020 e, nei limiti del fattibile, di ripristinarli, incrementando nel contempo il contributo dell’UE alla prevenzione della perdita di biodiversità a livello mondiale». La strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020, adottata dalla Commissione europea nel maggio 2011 (1) e approvata dal Consiglio (2), comprende sei obiettivi principali e 20 azioni, la cui finalità è aiutare l’UE a realizzare i suoi obiettivi in materia di biodiversità per il 2020;

2.

constata che la strategia dell’UE ha un mandato globale. Essa corrisponde agli obiettivi e agli impegni globali annunciati dall’UE nel 2010 alla 10a conferenza delle parti (COP 10) della convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD), e in particolare al piano strategico per la biodiversità 2011-2020 (decisione X/2), comprendente i 20 obiettivi di Aichi sulla biodiversità per il 2020 (3);

3.

ricorda che la perdita di biodiversità è un problema globale con gravi conseguenze ambientali, sanitarie e socioeconomiche che si ripercuotono sulla qualità della vita delle persone. Si tratta di un fenomeno che ha cause molteplici, tra le quali risalta l’azione dell’uomo;

4.

richiama l’attenzione sul fatto che agli enti locali e regionali (4) spetta un ruolo essenziale nell’attuazione sul campo degli obiettivi unionali e internazionali in materia di biodiversità, e quindi nell’assistenza ai governi nazionali per la prevenzione di ulteriori perdite di biodiversità. A causa del processo di decentramento in corso in numerosi Stati membri, le responsabilità che ricadono sugli enti locali e regionali ai fini dell’attuazione delle politiche connesse alla biodiversità stanno aumentando;

5.

sottolinea l’importanza di applicare i principi del Libro bianco del CdR sulla governance multilivello e della Carta della governance multilivello (GML) in Europa adottata dal CdR nell’aprile 2014 (5) nell’attuazione della strategia dell’UE per la biodiversità e degli obiettivi di Aichi. Per governance multilivello il Comitato delle regioni intende un’azione coordinata dell’Unione, degli Stati membri e degli enti locali e regionali fondata sul partenariato in tutte le fasi del ciclo politico dalla definizione all’attuazione delle politiche dell’UE. La governance della biodiversità e dei servizi ecosistemici presuppone strumenti e mandati politici coerenti a tutti i livelli di governo;

6.

invita la Commissione europea ad elaborare una valutazione degli Stati membri riguardo alla governance multilivello della biodiversità e a individuare il ruolo attivo dei governi regionali e locali nella suddetta governance. Tale documento deve individuare i settori in cui la biodiversità rischia di essere compromessa per l’assenza di un modello di governance strutturato tra gli Stati membri, i governi regionali e locali e i soggetti economici e sociali interessati, e formulare delle proposte su come gestire tali rischi;

7.

in quest’ottica si compiace del fatto che nella strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020 si affermi che «gli obiettivi comuni dell’UE e della convenzione ONU sulla diversità biologica devono essere perseguiti attraverso un’azione mista a livello sovranazionale, nazionale e regionale», come pure del fatto che la Commissione europea stia cercando di costruire dei partenariati efficaci e a lungo termine con altri «soggetti implicati nella pianificazione territoriale e nella gestione dello sfruttamento del suolo, mettendo in atto strategie per la biodiversità a tutti i livelli»;

8.

segnala l’importanza della decisione X/22 (6) della convenzione dell’ONU sulla biodiversità, che comprende un Piano d’azione sugli enti subnazionali, le città ed altri enti locali e la biodiversità (2011-2020), e della decisione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica XI/8 (A) (7). Il CdR considera la decisione X/22 particolarmente rilevante perché rappresenta la decisione più avanzata in materia di governance multilivello adottata nell’ambito di un accordo multilaterale sull’ambiente;

9.

ricorda che il parere del CdR elaborato in vista della 10a conferenza delle parti della convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (8) e la delegazione del CdR alla convenzione stessa hanno sostenuto con vigore l’adozione della decisione X/22; inoltre, nel memorandum d’intesa firmato con il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) nel 2012, il CdR si è impegnato a promuovere l’attuazione di questa decisione;

10.

invita gli Stati membri a mettere in pratica gli impegni, assunti nel quadro della decisione X/22, a migliorare i loro meccanismi di governance e i loro strumenti giuridici e volontari allo scopo di impegnarsi con gli enti locali e regionali e di sostenere le loro azioni nel campo della biodiversità locale e regionale, tenendo conto al tempo stesso delle finalità, degli obiettivi e dell’elenco indicativo di azioni previste nel quadro della decisione X/22, nonché degli obiettivi e delle azioni previste dalla strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020;

11.

accoglie con favore il riferimento fatto dal Consiglio, nelle sue conclusioni del 12 giugno 2014 relative alla COP 12 della CBD nell’ottobre 2014 (9), al ruolo svolto dagli enti locali e regionali per far progredire l’attuazione del piano strategico della CBD per il 2020 e per raggiungere gli obiettivi di Aichi in materia di biodiversità; invita il Consiglio, nelle sue future conclusioni sulla COP 12 della CBD, a rispecchiare l’approccio della governance multilivello riconoscendo in modo più marcato il ruolo degli enti locali e regionali in quanto soggetti pubblici distinti da altri soggetti coinvolti nel processo della convenzione;

12.

è interessato a condividere le proprie esperienze in materia di governance multilivello nel campo della biodiversità e di attuazione della decisione X/22 con enti locali e regionali di altre parti del mondo, e a tal fine nell’ottobre del 2014 intende accompagnare in veste di osservatore la delegazione dell’UE alla 12a conferenza delle parti della convenzione dell’ONU sulla diversità biologica, proseguendo il lavoro avviato con la partecipazione alla 10o conferenza delle parti e al relativo memorandum d’intesa con il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, per garantire una rappresentanza adeguata alla voce degli enti locali e regionali dell’UE.

B.    Il ruolo degli enti locali e regionali europei e il loro necessario sostegno da parte degli Stati membri nell’attuazione della strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020 e degli obiettivi di Aichi

13.

ricorda di aver fatto eseguire uno studio sul tema La governance multilivello del nostro capitale naturale (10), inteso a fungere da supporto per il presente parere e a offrire un’analisi della cooperazione tra Stati membri e rispettivi enti locali e regionali, dell’azione innovativa da parte degli enti locali regionali e delle attuali buone pratiche, nonché a fornire raccomandazioni pratiche più dettagliate ai fini di un miglioramento della governance multilivello;

14.

invita gli enti locali e regionali a dare il buon esempio e accoglie con grande favore le strategie, le azioni e gli approcci innovativi con i quali diversi di essi si sono impegnati a proteggere e gestire la loro biodiversità e gli ecosistemi in modo sostenibile; accoglie altresì con favore le iniziative positive che alcuni Stati membri hanno già intrapreso a sostegno dei rispettivi enti locali e regionali. Tutte queste azioni ispirano le seguenti raccomandazioni politiche.

Coinvolgimento nelle strategie e nella governance nazionali

15.

invita gli Stati membri a garantire o a intensificare il coinvolgimento degli enti locali e regionali nella elaborazione, revisione e attuazione delle strategie e dei piani d’azione nazionali in materia di biodiversità, coinvolgendo per esempio le associazioni nazionali di enti locali e regionali nelle commissioni nazionali e nei comitati nazionali di controllo in materia di biodiversità;

16.

esorta gli Stati membri a sviluppare ulteriormente, in cooperazione con le rispettive associazioni nazionali di enti locali e regionali, documenti di orientamento, iniziative volte a costituire capacità e servizi di consulenza pratica per le strategie, i piani di azione e le misure regionali e locali in materia di biodiversità;

17.

raccomanda vivamente agli enti regionali di sviluppare strategie e piani di azione regionali per la biodiversità, e invita le città e i comuni a elaborare strategie e piani d’azione locali per la biodiversità e a riconoscere le iniziative già avviate in questo campo. Tali documenti possono offrire sia un’ampia visione che un quadro pratico per la gestione sostenibile della biodiversità ai livelli subnazionali, tenendo conto degli obiettivi in materia di biodiversità definiti a livello nazionale, europeo e di Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità;

18.

invita gli Stati membri a sostenere, ad esempio in collaborazione con le associazioni nazionali degli enti locali e regionali, la creazione di legami tra tali enti per rafforzare la gestione della biodiversità, e a creare o sostenere finanziariamente sistemi nazionali di riconoscimenti/premi che promuovano le azioni a favore della biodiversità intraprese dagli enti locali e regionali;

19.

invita gli enti locali e regionali ad adottare un approccio globale alla biodiversità in tutti i loro dipartimenti amministrativi, e a sviluppare le capacità nell’ambito delle loro amministrazioni, avvalendosi al meglio dei progetti di rafforzamento delle capacità amministrative, dei pacchetti di formazione o degli orientamenti messi a disposizione degli enti regionali e locali a livello nazionale, europeo o internazionale; incoraggia inoltre i suddetti enti a rafforzare la loro collaborazione sulla biodiversità in seno alle loro associazioni, reti o piattaforme a livello nazionale, unionale e internazionale; tale collaborazione è infatti un mezzo importante per mettere in comune risorse ed esperienze utili ad affrontare le sfide comuni e per fornire una consulenza politica comune a uno Stato membro, all’UE e alla convenzione sulla diversità biologica;

20.

invita gli Stati membri a coordinarsi maggiormente con i rispettivi enti locali e regionali nella preparazione delle posizioni nazionali e delle attività di verifica inerenti al quadro comune di attuazione delle strategie dell’UE in materia di biodiversità, nonché nel contesto delle attività nazionali (di rendicontazione) correlate alla convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità;

21.

esorta gli Stati membri ad elaborare, insieme agli enti locali e regionali, indicatori compatibili per rendere confrontabili, negli ambiti d’intervento delle rispettive strategie per la biodiversità, le situazioni e gli sviluppi dei diversi livelli di attività.

Rafforzare l’attuazione della legislazione UE in materia di protezione della natura

22.

riafferma la necessità che gli Stati membri e gli enti regionali e locali cooperino in modo efficace e tempestivo al fine di portare a termine l’istituzione dei piani di gestione della rete Natura 2000 o gli strumenti equivalenti che stabiliscono le misure di conservazione e di ripristino necessarie a conseguire l’obiettivo 1 della strategia dell’UE per la biodiversità.

Mantenimento e ripristino degli ecosistemi e dei relativi servizi

23.

auspica una mobilitazione collettiva da parte degli Stati membri e degli enti locali e regionali per raggiungere il secondo obiettivo della strategia dell’UE per la biodiversità 2020, che punta a ripristinare, entro il 2020, almeno il 15 % degli ecosistemi degradati nonché ad arrestare la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi e a ripristinare questi ultimi non solo nei siti della rete Natura 2000, ma in tutto il territorio europeo;

24.

ribadisce l’invito (11) rivolto agli enti locali e regionali affinché nella pianificazione urbana e regionale, nel rilascio di licenze e nell’assistenza finanziaria in materia di infrastruttura edilizia, industriale, agricola, della pesca, della silvicoltura, ricreativa, del turismo energetica o dei trasporti applichino il principio secondo cui non si devono verificare perdite nette di biodiversità e di servizi ecosistemici, garantendo misure di compensazione o di bilanciamento per ogni residuo impatto negativo inevitabile sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici;

25.

ricorda che occorre privilegiare innanzitutto la prevenzione del degrado degli ecosistemi e il ripristino delle funzionalità degli ecosistemi degradati, poiché le misure di gestione delle conseguenze degli squilibri ecologici derivanti dalle attività umane sono sempre più costose, di più lunga attuazione e più incerte nei risultati;

26.

ribadisce l’importanza degli studi nazionali, regionali e locali in materia di economia degli ecosistemi e della biodiversità relativi al valore dei servizi ecosistemici e all’esigenza di applicare tale approccio ai progetti locali allo scopo di dimostrare i vantaggi socioeconomici, ad esempio, delle zone protette a livello nazionale, regionale e locale; sottolinea altresì la necessità di inserire il valore del capitale naturale nelle pratiche nazionali, regionali e locali di pianificazione, contabilizzazione, rendicontazione ed elaborazione dei bilanci a sostegno dell’azione 5 della strategia dell’UE per la biodiversità;

27.

ritiene che, se la valutazione economica dei servizi ecosistemici può essere utile nel quadro di determinate analisi costi-benefici al fine di prendere una decisione rispetto ad obiettivi contrastanti, non è tuttavia priva di difficoltà metodologiche ed etiche. Pertanto il CdR è favorevole a sistemi alternativi e flessibili per valutare i costi dell’erosione della biodiversità, tra cui quelli menzionati nel parere CdR 4577/2013 fin;

28.

ravvisa l’esigenza di fornire sostegno agli sforzi degli enti locali regionali volti migliorare le conoscenze in materia di biodiversità, di ecosistemi e di relativi servizi e la loro mappatura mediante sistemi di informazione geografica, con l’uso di scale adatte alla pianificazione locale e regionale e al monitoraggio dello stato degli ecosistemi, tenendo al tempo stesso conto di tale esigenza nella mappatura e nella valutazione degli ecosistemi e dei relativi servizi in Europa; è altresì necessario sostenere gli enti locali e regionali nella gestione dei dati ambientali territoriali in un modo conforme alla direttiva INSPIRE per facilitare lo scambio di dati e inoltre collegare le infrastrutture verdi a livello transfrontaliero;

29.

mette in risalto la necessità di lanciare portali di informazione online e aggiornati in materia di biodiversità, che servano da punto di riferimento essenziale per gli enti locali e regionali e i cittadini interessati, con revisione e manutenzione periodica, e accoglie con favore la costituzione dell’atlante digitale MAES in tutta l’UE;

30.

fa osservare che l’urbanizzazione rappresenta una sfida oltre che un’opportunità di mantenere e gestire i servizi ecosistemici. È chiaramente necessario considerare l’interconnessione tra fattori trainanti e impatti, come pure i flussi in entrata e in uscita, che collegano le città agli ecosistemi siti all’interno e all’esterno dei loro territori. Le regioni urbane dovrebbero essere invitate e aiutate ad assumere maggiori responsabilità nella promozione e nello sviluppo di metodi volti a integrare l’ambiente naturale con le esigenze e il benessere delle persone. Sottolinea inoltre l’importanza del paesaggio come espressione del rapporto tra l’uomo e l’ambiente e la responsabilità di cura del paesaggio, che avrà un notevole impatto sulla biodiversità. Ricorda l’importanza della Convenzione europea sul paesaggio del 2000 e l’opportunità di cercare di realizzare sinergie con la strategia per la biodiversità;

31.

richiama l’attenzione sulle prospettive economiche dello sviluppo di servizi ecosistemici — vivere entro i confini di ecosistemi sani e rafforzare il loro valore contribuirà naturalmente a sostenere gli aspetti più importanti di un’economia verde: progresso economico sostenibile; riduzione dell’inquinamento e uso efficiente delle risorse. Affinché sia possibile trarre vantaggio dalla gestione degli ecosistemi di un’economia verde, occorre che i relativi processi siano incorporati nel processo decisionale a tutti i livelli di governo (locale, regionale, nazionale e globale) per favorire la razionalizzazione dell’uso delle risorse;

32.

sottolinea il potenziale dell’infrastruttura «verde» in quanto strumento territoriale integrato e multifunzionale per l’attuazione dei principi di governance multilivello nella gestione e nella protezione della biodiversità e nel miglioramento dei servizi ecosistemici del territorio, cosa che contribuisce all’Agenda territoriale della strategia Europa 2020 per il rafforzamento della coesione e dell’identità territoriale.

Realizzare l’infrastruttura verde

33.

ribadisce l’invito (12) rivolto agli enti locali e regionali affinché predispongano, mantengano in uso e sorveglino l’infrastruttura verde rurale e urbana, in particolare nel quadro delle loro responsabilità in materia di pianificazione del territorio e dello spazio anche urbano, delle disposizioni sull’uso del suolo, delle autorizzazioni di pianificazione, delle norme, dei regolamenti e dei codici in campo edilizio;

34.

invita gli Stati membri a sostenere le iniziative locali e regionali di pianificazione e gestione dell’infrastruttura verde, contribuendo a tali iniziative con le necessarie risorse e con un orientamento e una guida chiari, compresa la designazione di reti nazionali ecologiche e di infrastruttura verde, e chiede che le disposizioni destinate agli enti locali e regionali della legislazione e delle politiche nazionali in materia di pianificazione del territorio tengano in considerazione la disponibilità di un’infrastruttura verde nei rispettivi sistemi di pianificazione dello spazio anche urbano e del territorio;

35.

sottolinea che per l’efficace realizzazione dell’infrastruttura verde è indispensabile che gli Stati membri e gli enti locali e regionali mantengano e intensifichino la collaborazione esistente e introducano nuovi regimi per la cooperazione transfrontaliera tra gli enti locali e regionali su scala macroregionale e paneuropea; è necessario inoltre che la cooperazione decentrata allo sviluppo rafforzi e sfrutti appieno gli sforzi comuni e integrati per la protezione e la gestione della biodiversità.

Coinvolgimento dell’opinione pubblica, delle parti interessate e dei partner

36.

richiama l’attenzione sul fatto che le comunità locali hanno spesso conoscenze, basate sull’esperienza tradizionale o personale, relative alla capacità delle risorse naturali di provvedere alle comunità e al loro sostentamento. Tale capacità può facilitare la manutenzione e il recupero di servizi ecosistemici, ove siano adeguatamente sostenuti ed efficacemente integrati nella concezione e pianificazione delle politiche in materia di biodiversità; esorta gli Stati membri a lanciare iniziative nazionali volte a sostenere partenariati autonomi tra comunità locali che contribuiscano al conseguimento degli obiettivi nazionali in materia di biodiversità;

37.

sottolinea il ruolo importante degli enti locali e regionali nella comunicazione, nell’educazione e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica (attività CEPA). L’opinione pubblica infatti conosce relativamente poco gli obiettivi della politica per la biodiversità. Tuttavia per i cittadini e per le parti interessate in generale è essenziale essere al corrente delle poste in gioco. Il CdR ravvisa nella promozione della scienza dei cittadini un metodo importante di coinvolgimento ed educazione della cittadinanza e un impiego efficace delle conoscenze locali; invita inoltre gli Stati membri ad assistere gli enti locali e regionali nelle loro attività CEPA, per esempio con un adeguato meccanismo nazionale per lo scambio di informazioni;

38.

segnala la necessità che gli enti locali e regionali proseguano e intensifichino ulteriormente i loro sforzi per sensibilizzare tutte le parti interessate e il pubblico sugli obiettivi in materia di biodiversità, e che a tal fine lancino o promuovano programmi di sensibilizzazione mirati;

39.

invita gli enti locali e regionali a sostenere e a formalizzare nuovi partenariati tra differenti parti interessate, comprendenti imprese private, società civile (incluse le ONG ambientali) e comunità della ricerca, e a creare cooperazioni locali e regionali con tali partner al fine di un impiego efficiente dei finanziamenti nazionali o unionali, ad esempio nel quadro del programma Orizzonte 2020, nonché a promuovere gli impegni volontari di settori chiave come l’agricoltura, il turismo e le associazioni o le imprese del settore degli sport all’aperto;

40.

segnala la necessità, per tutti i livelli di governance coinvolti, di garantire un coinvolgimento riuscito e a vasto raggio delle parti interessate nei processi di pianificazione e di attuazione della politica per la biodiversità, poiché da tale coinvolgimento deriverebbero con ogni probabilità risultati positivi sul piano sociale, come una migliore comprensione comune dei valori delle parti interessate, una maggiore fiducia e un progresso in termini di apprendimento; in tale contesto rientrano anche le procedure partecipative che hanno avuto buoni risultati, ad esempio per quanto riguarda la delimitazione delle aree protette.

Lotta alle specie esotiche invasive

41.

ritiene che il futuro regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni volte a prevenire e a gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive (13) aiuterà gli enti locali e regionali ad affrontare tale grave rischio per la biodiversità locale, per i servizi ecosistemici nonché per la salute umana e le economie. Nel contesto di un quadro giuridico dell’UE sulle specie esotiche invasive e rifacendosi alla legislazione e ai programmi nazionali nonché alle iniziative transfrontaliere, gli enti regionali e locali si trovano nella posizione migliore per intervenire efficacemente al fine di sorvegliare, eradicare tali specie, prevenirne la diffusione, contenerle e controllarle, e fornire sostegno e conoscenze locali allo scopo di trovare il necessario equilibrio tra gli interessi socioeconomici ed ambientali coinvolti, nonché per migliorare la comprensione generale del problema.

Integrare e finanziare la biodiversità

42.

osserva che la biodiversità è una questione intersettoriale. Ai fini di un’attuazione efficace delle politiche, occorre integrare la conservazione della biodiversità nei programmi di differenti settori della governance nazionale, regionale e locale (assetto del territorio, urbanistica, paesaggio, agricoltura, silvicoltura, pesca, energia, cambiamento climatico, sanità, trasporti, alloggi, uso del suolo e altro ancora), conformemente alle raccomandazioni contenute nella strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020 e negli obiettivi di Aichi della convenzione dell’ONU sulla biodiversità;

43.

osserva che è particolarmente importante che le autorità a tutti i livelli di governance riconoscano e affrontino la questione della biodiversità nell’agricoltura, dato il forte potenziale di biodiversità delle specie, delle razze, delle varietà e delle risorse genetiche di interesse agricolo, nonché dell’ecosistema agricolo in generale;

44.

conformemente ai requisiti della strategia dell’UE sulla biodiversità, invita gli enti locali e regionali e gli Stati membri a mirare meglio l’utilizzazione dei finanziamenti a carico del FEASR verso il mantenimento della biodiversità, compresa l’integrazione di obiettivi quantificati in materia di biodiversità nei programmi regionali di sviluppo rurale, la localizzazione coerente e l’assegnazione di fondi alle misure agroambientali. A tal fine sarebbe particolarmente utile promuovere iniziative di sviluppo locale realizzate dalla collettività e relative alla biodiversità (per esempio interventi degli agricoltori e dei silvicoltori miranti alla continuità delle caratteristiche del paesaggio e alla protezione delle risorse genetiche);

45.

invita gli Stati membri e gli enti locali e regionali a garantire l’uso ottimale delle opportunità di finanziamento offerte dal FESR, perché per la prima volta la biodiversità e gli ecosistemi sono inclusi tra gli obiettivi, il che rende disponibili ulteriori fonti di finanziamento per la creazione di infrastrutture verdi;

46.

sottolinea l’importanza del programma LIFE per i progetti degli enti locali e regionali in materia di biodiversità e di infrastrutture verdi, ed esorta i punti di contatto nazionali LIFE a collaborare strettamente con tali enti e con i punti di contatto regionali LIFE nella preparazione delle candidature LIFE; auspica altresì che la nuova categoria di finanziamento dei progetti integrati del programma LIFE rafforzi il sostegno ai progetti su scala regionale e mobiliti il sostegno da parte di altri finanziamenti dell’UE, nazionali e privati (14);

47.

invita gli enti locali e regionali a valutare, con il sostegno dei rispettivi Stati membri, mezzi innovativi di finanziamento, ad esempio fondazioni private/aziendali o di diritto pubblico, lotterie nazionali o regionali, partenariati pubblico-privati, progetti di ripristino dei pozzi del carbonio nella silvicoltura e nelle torbiere, incentivi fiscali, pagamenti destinati ai servizi ecosistemici, etichettatura/certificazione su base volontaria e partenariati tra imprese locali; le entrate ottenute mediante la concessione delle autorizzazioni di pianificazione territoriale e delle licenze edilizie dovrebbero essere assegnate direttamente alle iniziative locali e regionali connesse alla biodiversità;

48.

incoraggia gli enti locali a proseguire fattivamente, a tutti i livelli di finanziamento, lo smantellamento delle sovvenzioni e dei dispositivi fiscali dannosi per la biodiversità;

49.

sottolinea l’importanza del cofinanziamento nazionale dei progetti dell’UE per consentire agli enti locali e regionali di chiedere di partecipare a progetti per la biodiversità cofinanziati dall’UE, nell’ottica di migliorare la loro capacità di avvalersi delle opportunità di finanziare, nel quadro dei programmi operativi dei fondi dell’UE, soluzioni adeguate al sito in materia di biodiversità e di infrastruttura verde, e di investire nella necessaria creazione di capacità intersettoriali, nel cofinanziamento e nella creazione di reti; riconosce altresì l’importanza di programmi di finanziamento nazionali che assegnano alle azioni (pilota) degli enti locali e regionali fondi per contribuire al conseguimento degli obiettivi nazionali in materia di biodiversità.

C.

Elementi che il CdR raccomanda alla Commissione europea di considerare nella revisione intermedia della strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020

50.

ritiene che nella revisione intermedia la Commissione europea dovrebbe tenere conto di qualsiasi cambiamento che possa essere intervenuto tra l’avvio della strategia nel 2011 e la sua revisione intermedia nel 2015, in particolare il nuovo quadro finanziario, i fondi UE 2014-2020 e che numerose azioni previste nel quadro della strategia, debbano essere attuate prima della revisione intermedia. In tale contesto il CdR sostiene con forza il giudizio del Consiglio secondo cui la Commissione europea dovrebbe raccomandare azioni ulteriori (15) che contribuiscano ad accrescere l’efficacia della seconda fase dell’attuazione della strategia, per garantire che gli obiettivi primari della stessa siano attuati entro il 2020;

51.

concorda con il Parlamento europeo nel ritenere che una prova cruciale dell’impegno dell’UE verso l’attuazione degli obiettivi in materia di biodiversità sarà lo stanziamento definitivo dei fondi 2014-2020 dedicati a tale obiettivo. L’insuccesso della prima strategia dell’UE nel 2010 (16) è imputabile al fatto che la tutela della biodiversità non era stata sufficientemente integrata nelle altre politiche dell’UE. A tal fine è necessario un metodo per individuare nel bilancio dell’UE le spese relative alla biodiversità, al pari di quanto avviene per le spese relative al clima;

52.

sottolinea l’importanza del greening («ecologizzazione» o «inverdimento») come elemento centrale della politica agricola comune (PAC) per raggiungere gli obiettivi in materia di biodiversità. È indispensabile che il riesame intermedio della PAC intervenga in modo più chiaro per assicurare che il greening porti a un’autentica rivalutazione ecologica del paesaggio, in particolare nel senso di una maggiore biodiversità nelle zone rurali di tutta Europa;

53.

ritiene che l’infrastruttura verde abbia un grande potenziale in quanto strumento efficace per frenare la perdita di biodiversità e prevenire la frammentazione degli habitat, si attende quindi che la revisione della strategia indicherà elementi essenziali da considerare nel resoconto della Commissione europea sui progressi nel campo dell’infrastruttura digitale, previsto per la fine del 2017 e, in particolare, prevedrà per il 2018 una proposta legislativa dell’UE sulla rete transeuropea dell’infrastruttura verde, nel quadro del bilancio UE post 2020, riproponendo le sue precedenti raccomandazioni su tale argomento;

54.

ricorda la sua richiesta (17) alla Commissione europea di integrare nelle normative europee l’obiettivo di garantire «zero perdite nette» di biodiversità e di servizi ecosistemici, tenendo conto del lavoro realizzato dalla stessa Commissione europea per quanto concerne l’azione 7b) della strategia dell’UE 2020 sulla biodiversità;

55.

invita la Commissione europea a predisporre un impegno e un regime di premi dell’UE per i risultati in materia di biodiversità conseguiti da città e regioni, come pure una piattaforma di scambio destinata a dare agli enti locali e regionali europei un riconoscimento per i loro contributi riusciti e significativi all’attuazione della strategia dell’UE sulla biodiversità. Il CdR prende atto, in tale contesto, del nuovo premio Natura 2000, che è tuttavia rivolto a un’ampia gamma di parti interessate;

56.

chiede che il BISE (Sistema informativo europeo sulla biodiversità) venga utilizzato per aumentare la disponibilità di dati ad alta risoluzione più localizzati riguardanti i servizi ecosistemici e di altri dati di monitoraggio, includendo anche le informazioni raccolte dagli osservatori regionali della biodiversità e i dati aggregati basati sulle città (quali valutazioni delle città dell’UE ispirate, ad esempio, all’indice di Singapore sulla biodiversità urbana), al fine di promuovere una condivisione di dati e di informazioni fra le città e le regioni, nonché di orientamenti più differenziati su base regionale nell’ambito della politica dell’UE, e di facilitare la rendicontazione sui miglioramenti a livello regionale e locale in tutta Europa;

57.

segnala l’esigenza di proseguire efficacemente il dialogo e la cooperazione tra l’UE e importanti partner della cooperazione nei paesi candidati e potenziali candidati, al fine di aiutarli a sviluppare o ad adeguare le rispettive politiche per rispettare gli obiettivi in materia di biodiversità fino al 2020. Gli enti locali e regionali dell’UE potrebbero offrire il sostegno necessario agli enti locali e regionali di paesi terzi affinché siano in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’UE e globali in materia di biodiversità grazie alla condivisione delle loro conoscenze e delle loro migliori pratiche nonché attraverso i pertinenti comitati consultivi misti e i gruppi di lavoro del CdR, l’Assemblea regionale e locale euromediterranea e la Conferenza degli enti regionali e locali per il partenariato orientale. A tal proposito, il CdR invita la Commissione europea a promuovere la cooperazione decentrata allo sviluppo tra gli enti locali e regionali dell’UE e quelli dei paesi in via di sviluppo nel quadro del nuovo strumento UE per la biodiversità (B4Life);

58.

chiede che la strategia dell’UE riconosca e sostenga ulteriormente l’impegno degli enti locali come partner principali nell’ambito di BEST, che promuove la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità unica delle zone ultraperiferiche dell’UE e dei paesi e territori d’oltremare;

D.

Elementi che il CdR raccomanda alla Commissione europea di considerare nella futura relazione sulla decisione X/22 destinata alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità

59.

invita la Commissione europea a sottolineare il proprio forte impegno nei confronti della decisione X/22 e della sua attuazione in Europa;

60.

invita la Commissione europea a far presente che nell’UE è emerso un consenso in merito alla pressante esigenza che le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e gli enti locali e regionali adottino un approccio cooperativo multilivello e integrato nei confronti dell’attuazione degli obiettivi di Aichi in materia di biodiversità e dei relativi obiettivi della strategia dell’UE sulla biodiversità. Sebbene si siano già compiuti sostanziali progressi nell’attuazione di tali obiettivi ed esistano numerosi esempi di buone pratiche in diversi Stati membri, permane l’impressione che tale processo di cooperazione e di governance multilivello non sia ancora adeguatamente consolidato nell’intera UE e debba pertanto essere ulteriormente migliorato;

61.

invita la Commissione europea a riconoscere nel suo resoconto il coinvolgimento attivo di numerosi enti locali e regionali dell’UE nelle attività connesse alla biodiversità globale e nelle relative reti, compresi i comitati consultivi istituiti nell’ambito della decisione X/22, quali il comitato consultivo dei governi subnazionali e il comitato consultivo delle città nell’Alleanza mondiale per l’azione locale e subnazionale per la biodiversità;

62.

riconosce il contributo della Commissione europea alla decisione X/22, fornito attraverso il presente parere di prospettiva e la cooperazione in merito al relativo studio del CdR, nonché il coinvolgimento del CdR nel quadro comune di attuazione della strategia dell’UE, anche, ad esempio, attraverso il sostegno fornito nell’ambito dei programmi LIFE e Interreg, alla costrizione di capacità e alla condivisione di buone prassi, nonché le nuove opportunità nel contesto del nuovo processo biogeografico e nella sua piattaforma Natura 2000;

63.

invita la Commissione europea a menzionare nel resoconto sulla decisione X/22 lo specifico ruolo degli enti locali e regionali nell’azione esterna dell’UE, come una delle prime principali azioni che la Commissione stessa e l’UE intendono sottolineare ulteriormente in futuro, nell’ottica di valutare, in cooperazione con il CdR, modalità ulteriori per sostenere la cooperazione decentrata tra gli enti locali regionali dell’UE e quelli dei paesi in via di sviluppo e dei paesi limitrofi dell’UE in merito alla gestione sostenibile della biodiversità e degli ecosistemi, nel contesto dell’azione (g) della decisione X/22.

Bruxelles, 26 giugno 2014.

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


(1)  COM(2011) 244 final.

(2)  Conclusioni del Consiglio Ambiente del 21 giugno e del 19 dicembre 2011.

(3)  http://www.cbd.int/decision/cop/default.shtml?id=12268.

(4)  Nel presente parere l’espressione «enti locali e regionali» è utilizzata nell’accezione corrente nell’UE. Nel contesto delle Nazioni Unite e della Convenzione sulla biodiversità, dove il termine «regione» è riferito a contesti sovranazionali o alle regioni del mondo, la suddetta espressione va intesa nel senso di «enti locali e amministrazioni subnazionali».

(5)  CDR273-2011_FIN_AC, CdR 2014-01728-00-00-RES-TRA.

(6)  http://www.cbd.int/decision/cop/default.shtml?id=12288.

(7)  http://www.cbd.int/decision/cop/default.shtml?id=13169.

(8)  CdR 112/2010 fin

(9)  Conclusioni del Consiglio Ambiente http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_Data/docs/pressdata/en/envir/143185.pdf.

(10)  Studio condotto dalla Ecologic/ICLEI nel giugno 2014, http://cor.europa.eu/en/documentation/studies/Pages/studies-2014.aspx.

(11)  CDR4577-2013_00_00_TRA_AC.

(12)  CDR4577-2013_00_00_TRA_AC.

(13)  Proposta della Commissione europea, COM(2013) 620 final.

(14)  CdR 86/2012 fin.

(15)  Conclusioni del Consiglio ambiente del 19 dicembre 2011.

(16)  Risoluzione PE 2011/2307(INI).

(17)  CDR4577-2013_00_00_TRA_AC.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/53


Parere del Comitato delle regioni — L’esecuzione del bilancio dell’UE

2014/C 271/10

Relatore

Adam Struzik (PL/PPE), presidente della regione Masovia

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

richiama l’attenzione sul fatto che questa è la prima volta che elabora un parere sull’esecuzione del bilancio dell’Unione europea per presentare i punti di vista degli enti locali e regionali in merito sia alle attuali che alle prossime (2014-2020) prospettive finanziarie;

2.

informa che, per conferire maggiore qualità al presente parere, è stato effettuato un sondaggio tra gli enti locali e regionali (1); l’ampia partecipazione a tale consultazione è indice dell’interesse degli enti locali e regionali per il tema — l’esecuzione del bilancio dell’UE — e della loro volontà di cooperare per trovare soluzioni ai problemi e liberare il potenziale insito nell’approccio territoriale;

3.

sottolinea che il bilancio dell’UE è uno strumento di grande importanza per realizzare gli obiettivi dell’Unione europea — importanza da sottolineare soprattutto adesso, nel contesto di una crisi delle finanze pubbliche che ancora perdura in molti paesi e in considerazione della necessità di sostenere la competitività dell’economia europea, creare posti di lavoro e promuovere i valori comuni dell’Europa;

4.

fa notare che il bilancio dell’UE fornisce le risorse necessarie per conseguire gli obiettivi dell’Unione europea fissati nei Trattati e concordati ai massimi livelli politici (ossia tra il Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione), ma è al tempo stesso uno strumento essenziale per sostenere la realizzazione degli obiettivi delle politiche pubbliche perseguite a livello di Stati membri e le attività svolte dagli enti regionali e locali; a questo proposito, ritiene che un approccio maggiormente orientato ai risultati favorirà una migliore selezione degli obiettivi e degli strumenti, che rispecchi la diversità delle situazioni esistenti nei diversi territori dell’UE, e di conseguenza migliorerà l’efficacia e l’efficienza del bilancio UE;

5.

constata che gli enti locali e regionali partecipano all’esecuzione del bilancio dell’UE in quanto beneficiari diretti e in quanto gestori dei fondi europei, ma che, ciò nonostante, la responsabilità dell’esecuzione di tale bilancio a livello locale e regionale è condivisa con gli Stati membri, la Commissione europea e le altre istituzioni dell’UE;

6.

constata con soddisfazione che le disposizioni giuridiche relative al periodo di programmazione 2014-2020 rafforzano il ruolo della dimensione territoriale nell’attuazione delle politiche europee — e dunque rafforzano ulteriormente anche il ruolo degli enti regionali e locali nell’esecuzione del bilancio dell’UE;

7.

fa notare che il presente parere si concentra sui fondi europei di maggiore rilievo per gli enti locali e regionali, dunque soprattutto sui fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE): il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo di coesione, il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP); ma, d’altro canto, richiama l’attenzione anche sull’importanza di altri fondi, come ad esempio Orizzonte 2020, per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo stabiliti a livello europeo e nazionale ma anche regionale e locale;

Tasso di esecuzione del bilancio

8.

osserva che, se si tiene conto dell’attuale situazione sociale ed economica e del ritardo nell’adozione del quadro giuridico dei fondi europei per il periodo 2007-2013, nonché del fatto che molte delle politiche europee sono state create allo scopo di realizzare obiettivi strutturali a lungo termine anziché di promuovere effetti a breve sull’offerta, allora il tasso di esecuzione del bilancio UE dovrebbe essere considerato soddisfacente;

9.

rileva con preoccupazione che, benché sia in generale soddisfacente, il tasso di esecuzione del bilancio UE differisce notevolmente tra i diversi Stati membri e tra i singoli fondi;

10.

osserva che le differenze che si riscontrano tra i vari paesi riguardo al tasso di esecuzione del bilancio UE sono l’effetto di molti fattori — solo alcuni dei quali sono direttamente connessi all’esecuzione della spesa a livello di enti locali e regionali; e, tra i fattori che incidono su questo tasso di esecuzione, vanno annoverate:

l’efficacia del sistema di gestione dei singoli Stati membri,

le differenze nelle regole interne dei singoli fondi e nel rispettivo livello di complessità,

la qualità del quadro giuridico nazionale,

la disponibilità di mezzi finanziari per il cofinanziamento,

la capacità amministrativa,

l’efficienza dei sistemi di coordinamento, governance multilivello e partenariato;

11.

rileva che, secondo gli enti locali e regionali, il tasso di esecuzione del bilancio UE a livello europeo dipende soprattutto dagli Stati membri, mentre a incidere maggiormente sul tasso di attuazione dei progetti cofinanziati da tale bilancio è in primo luogo la capacità amministrativa degli enti locali e regionali e in secondo luogo la disponibilità di fondi (pubblici e nazionali) per il cofinanziamento e il livello di complessità delle regole che disciplinano i singoli fondi;

12.

in proposito, osserva che imputare il basso tasso di esecuzione dei progetti cofinanziati dal bilancio UE alla scarsa capacità amministrativa degli enti locali e regionali è giustificato solo in parte. Tali enti sono ben consapevoli del fatto che la loro capacità amministrativa è spesso insufficiente; tuttavia, sul tasso di esecuzione dei fondi europei a livello locale e regionale incidono anche questioni che rientrano nella competenza degli Stati membri e della Commissione europea;

13.

al riguardo, esorta gli Stati membri a cooperare maggiormente — e a coordinare meglio le rispettive attività — con gli enti regionali e locali nel predisporre i programmi operativi e le specifiche soluzioni applicative, in modo da garantire che i fondi europei siano impiegati nella maniera più rapida e migliore possibile ma anche con i minori oneri possibili per i beneficiari;

14.

esorta la Commissione europea e gli Stati membri ad adottare un approccio più attivo nei confronti delle nuove prospettive finanziarie, e in particolare ad attuare programmi di informazione e formazione per gli enti regionali e locali, con l’obiettivo di accrescere il tasso e la qualità dell’esecuzione del bilancio UE;

15.

fa notare che sul tasso di esecuzione di tale bilancio può incidere altresì l’indicazione, da parte della Commissione europea, dei migliori esempi (best practice) di progetti, in particolare nei campi in cui si richiede un approccio integrato che coinvolga più fondi, programmi e partner diversi — compresi i progetti realizzati nel quadro di nuovi strumenti quali gli «investimenti territoriali integrati» o lo «sviluppo locale di tipo partecipativo»;

16.

fa inoltre notare che, per accrescere il tasso di esecuzione dei progetti cofinanziati dall’UE a livello di enti locali e regionali, esistono anche altre possibilità:

si potrebbe dedicare un maggiore impegno a rendere più semplici le procedure per i beneficiari,

gli Stati membri potrebbero realizzare tempestivamente i presupposti necessari (le condizioni ex ante), che nella maggior parte dei casi esulano dalla sfera di competenza degli enti regionali e locali,

si potrebbe ampliare l’applicazione delle opzioni semplificate in materia di costi,

si potrebbero applicare i tassi massimi di cofinanziamento unionale,

si potrebbe semplificare l’accesso agli altri strumenti di finanziamento messi a disposizione dagli Stati membri, dai privati o dalla BEI,

la Commissione europea potrebbe considerare la possibilità di un’esenzione dall’obbligo di includere il cofinanziamento dei progetti europei nel calcolo del deficit del settore delle finanze pubbliche;

17.

è convinto che le nuove disposizioni relative ai fondi SIE avranno un impatto positivo sul tasso di esecuzione dei progetti cofinanziati dal bilancio UE a livello di enti regionali e locali, anche se, allo stato attuale dei preparativi per l’avvio delle prospettive finanziarie 2014-2020, non è possibile prevedere in che misura e in quali settori avrà luogo questo aumento;

18.

accoglie con favore la pubblicazione, da parte della Commissione europea, del Quadro finale di valutazione della semplificazione per il QFP 2014-2020 (2);

19.

riguardo poi al prossimo periodo di programmazione (post 2020), è necessario che il dialogo tra le istituzioni europee e gli Stati membri sia più efficace e di migliore qualità affinché i progetti di regolamento siano presentati, i negoziati condotti e le discussioni sulle proposte legislative concluse in tempo utile per consentire l’avvio dell’esecuzione del bilancio UE già all’inizio del 2021;

20.

osserva che non vi sono dati statistici completi sul contributo degli enti locali e regionali all’esecuzione del bilancio UE. Di conseguenza, esorta la Commissione europea e gli Stati membri a pubblicare regolarmente i dati relativi a questo aspetto (ad esempio nelle relazioni annuali sull’attuazione o nelle relazioni periodiche sulla coesione) e a effettuare valutazioni regolari al riguardo, che dovrebbero essere discusse anche con il Comitato delle regioni;

Livello di errori e altre questioni attinenti alla gestione

21.

fa notare che, secondo i dati forniti dalla Commissione europea e dalla Corte dei conti europea, i principali ambiti di errore sono i seguenti:

l’inammissibilità delle spese, e

l’inosservanza delle disposizioni in materia di appalti pubblici;

22.

osserva che il costo del controllo contabile sulle spese per la coesione può essere stimato in circa 860 milioni di EUR, pari allo 0,2 % del bilancio totale del FESR/Fondo di coesione e del FSE (3);

23.

rileva con soddisfazione che, secondo la Corte dei conti europea, dal 2009 le irregolarità nelle spese sostenute in relazione alla coesione nel periodo di programmazione 2007-2013 si attestano su un livello nettamente inferiore a quello osservato per il periodo di programmazione precedente (2000-2006) (4);

24.

rileva che il livello di errori presente nel bilancio UE non rispecchia gli abusi nell’impiego delle relative risorse (frodi), bensì la capacità delle categorie di beneficiari, come gli enti regionali e locali, di ottemperare alle regole stabilite e la qualità dei sistemi di coordinamento, controllo e gestione nazionali ed europei;

25.

in proposito, osserva che la riduzione della quantità di errori in questi due campi dipende dalla cooperazione tra gli enti regionali e locali, gli Stati membri, la Commissione europea e le altre istituzioni dell’UE, e invoca dunque una cooperazione più stretta non solo nella fase di attuazione dei programmi e progetti cofinanziati dall’UE ma anche in quella di preparazione delle disposizioni giuridiche e degli orientamenti. Sottolinea inoltre la necessità che i servizi della Commissione effettuino una valutazione della conformità dei sistemi nazionali in materia di ammissibilità e appalti pubblici al diritto europeo prima ancora che inizi l’esecuzione dei suddetti programmi e progetti e non solo nel corso della loro attuazione;

26.

rammenta che, se vengono rilevate irregolarità, vengono effettuate delle correzioni finanziarie, il che non incide solo sul tasso di esecuzione dei fondi europei ma ha ripercussioni negative anche sulla possibilità di raggiungere i risultati previsti;

27.

accoglie con soddisfazione il fatto che, nel nuovo periodo di programmazione, le regole sull’ammissibilità delle spese saranno applicate in maniera più flessibile. In tale contesto, vanno valutate con particolare favore le proposte, relative all’FSE, di un più ampio ricorso ai pagamenti forfettari e ai tassi fissi al posto del rimborso dei costi effettivi. Ciò dovrebbe avere un impatto positivo in termini di riduzione degli oneri amministrativi per i beneficiari, a condizione che la Commissione europea monitori attentamente la situazione, in modo da incoraggiare gli Stati membri ancora esitanti ad avvalersi dei meccanismi di semplificazione proposti;

28.

ritiene che, dato che i costi semplificati non trovano applicazione nei progetti realizzati nel quadro di appalti pubblici, la Commissione dovrebbe esaminare la possibilità di introdurre semplificazioni analoghe per i progetti finanziati da fondi diversi dall’FSE;

29.

riconosce i progressi compiuti in direzione dell’armonizzazione delle norme e delle procedure per tutti i fondi SIE; ma fa notare che fra gli enti regionali e locali sussiste molta incertezza riguardo agli effetti dei nuovi regolamenti in termini di più agevole attuazione dei progetti o di ampliamento delle possibilità di coordinamento tra i fondi SIE ed altri fondi esterni quali Orizzonte 2020. Ciò evidenzia la necessità che la Commissione europea, la Corte dei conti europea e gli Stati membri intraprendano un’azione di informazione e formazione, tra l’altro anche allo scopo di promuovere l’impiego dei modelli di costo semplificati (5);

30.

fa notare che effetti positivi sul livello di irregolarità dovrebbero essere prodotti dall’adozione, per tutti i fondi SIE, di principi fondamentali comuni, nonché consentendo agli Stati membri di elaborare regole proprie sull’ammissibilità delle spese, in base alle esigenze specifiche dei rispettivi territori;

31.

propone che, per quanto attiene ai sistemi di controllo, si presti maggiore attenzione a garantire il coordinamento tra i controlli effettuati dalle diverse istituzioni preposte alla gestione e all’audit: autorità nazionali e regionali, Commissione europea, Corte dei conti europea. Rammenta che i controlli devono assolvere la funzione loro propria: migliorare la qualità dell’attuazione dei progetti; e in proposito ricorda che, secondo gli enti regionali e locali, le correzioni finanziarie effettuate sono spesso sproporzionate rispetto all’entità delle irregolarità rilevate;

32.

manifesta preoccupazione per il fatto che, per mancanza di capacità amministrativa e di risorse, le autorità preposte al controllo tendono sempre più a esternalizzare tale attività, affidandola a società di revisione private (48 % dei casi), col risultato di far lievitare la spesa pubblica complessiva per i controlli e «perdere la presa» sulla programmazione dei progetti;

Liquidità del bilancio UE e questioni di programmazione finanziaria

33.

osserva che, anno dopo anno, diventa sempre più difficile assicurare al bilancio dell’UE un flusso stabile di contributi da parte degli Stati membri, a causa del numero, ogni anno maggiore, di crediti non riscossi che si registra alla fine dell’esercizio finanziario;

34.

fa notare che questo problema può ripercuotersi in misura significativa anche sull’attività degli enti regionali e locali, in quanto prolunga i tempi di attesa per ottenere il rimborso delle spese, destando così particolare inquietudine nei paesi più colpiti dalla crisi;

35.

osserva che le cause di questo aumento dei debiti insoluti a livello di bilancio UE sono:

le difficoltà incontrate dagli Stati membri nel programmare in dettaglio la spesa annuale, e la programmazione molto meccanica degli stanziamenti di pagamento da parte della Commissione europea,

le dispute tra gli Stati membri in merito ai rispettivi contributi al finanziamento della spesa nel bilancio annuale dell’UE;

36.

rileva con preoccupazione che tutto ciò rischia di far lievitare l’importo del RAL (6) — un problema, questo, che riguarda in particolar modo la politica di coesione e di sviluppo rurale. Supponendo che non vi siano grandi perdite nelle allocazioni degli Stati membri per effetto dell’applicazione della regola del disimpegno automatico, ciò può rendere necessario aumentare significativamente il bilancio UE per gli anni 2014 e 2015;

37.

osserva che, nel nuovo periodo di programmazione, l’estensione della regola del disimpegno automatico a N+3 anni potrebbe far crescere ulteriormente il livello del RAL — il che non dovrebbe, tuttavia, essere interpretato come un incentivo ad aumentare il numero degli stanziamenti annullati dalla Commissione, bensì come un imperativo a migliorare la qualità della programmazione finanziaria a tutti i livelli: locale, nazionale ed europeo;

38.

rileva che, per contribuire a migliorare la qualità della programmazione finanziaria a livello di enti locali e regionali, si potrebbe garantire maggiore chiarezza quanto alle modalità d’uso, da parte dei beneficiari, degli anticipi finanziari (messi a disposizione degli Stati membri dalla Commissione europea) e introdurre nei nuovi regolamenti sulla politica di coesione un termine massimo di 90 giorni per i pagamenti ai beneficiari;

Orientamento ai risultati

39.

rileva che i risultati ottenuti spendendo i fondi dell’UE sono sempre più visibili in un contesto locale e regionale che a livello di categorie macroeconomiche. Molto spesso, però, l’impatto del bilancio unionale sullo sviluppo di singoli paesi e regioni e in generale dell’Europa non può essere evidenziato adeguatamente poiché la qualità delle analisi è insoddisfacente e in quanto si concentra l’attenzione sul tasso di esecuzione anziché sul conseguimento degli obiettivi stabiliti;

40.

in proposito, accoglie con favore il fatto che, nelle prospettive finanziarie 2014-2020, tutti i fondi unionali, e in particolare i fondi SIE, saranno più orientati ai risultati. Secondo i partecipanti al sondaggio, ciò consentirà di impiegare i fondi unionali in maniera più efficace e aumenterà le possibilità di conseguire gli obiettivi dell’UE grazie a interventi mirati dal punto di vista tematico e territoriale;

41.

osserva che per realizzare questo maggiore orientamento ai risultati occorre assicurarsi che vi sia un collegamento logico tra gli obiettivi stabiliti, i valori degli indicatori, i quadri di riferimento e i sistemi di monitoraggio e di valutazione;

42.

avverte tuttavia che questo approccio più orientato ai risultati potrà dare i suoi frutti soltanto se il processo di definizione degli obiettivi, nonché degli indicatori e dei loro valori, a livello di programmi operativi sarà di alto livello qualitativo e tale da rispecchiare non solo gli obiettivi europei, ma anche quelli specifici delle diverse realtà territoriali;

43.

considerata l’importanza, ma anche la novità, di questo approccio maggiormente orientamento ai risultati, invita la Commissione europea a varare programmi di informazione e formazione sulla definizione degli obiettivi, nonché degli indicatori e dei loro valori, e sull’elaborazione dei quadri di riferimento; e fa notare che occorre migliorare ulteriormente i sistemi di monitoraggio e valutazione negli Stati membri, tenendo conto del ruolo e delle esigenze degli enti locali e regionali;

44.

pone l’accento sulla grande importanza, ai fini del successo del nuovo approccio più orientato ai risultati, della qualità dei negoziati sui programmi operativi, che dovrebbero essere considerati dalla Commissione e dagli Stati membri come un processo di apprendimento reciproco;

45.

ribadisce inoltre la sua preoccupazione che la «riserva di efficacia e di efficienza» — che è pari al 6 % del bilancio per la coesione per l’obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione» e alla stessa percentuale di quello per lo sviluppo rurale — non sia uno strumento appropriato per conseguire tali risultati;

Il coinvolgimento degli enti locali e regionali nei dibattiti strategici

46.

osserva che l’impiego dei fondi unionali può essere reso più efficiente ed efficace soltanto grazie alla partecipazione attiva di tutte le parti interessate — soprattutto di quelle cui incombe la responsabilità della maggior parte delle spese sostenute, e che recano quindi il maggiore contributo alla realizzazione degli obiettivi politici perseguiti dall’UE, ossia in particolare gli enti regionali e locali;

47.

dichiara, in linea con i risultati del sondaggio, la sua piena disponibilità a partecipare attivamente ai dibattiti più importanti condotti a livello europeo e a contribuire, in quanto interlocutore affidabile degli Stati membri e delle istituzioni europee, alla preparazione e all’esecuzione del bilancio dell’UE. In particolare ciò comporterà un maggiore coinvolgimento nel lavoro delle istituzioni europee — un impegno in cui rientra anche l’elaborazione di propri pareri (come il presente), analisi e relazioni in merito alle questioni più importanti per gli abitanti dell’Unione.

Bruxelles, 26 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


(1)  Risultati del sondaggio/consultazione online sull’esecuzione del bilancio dell’UE — Comitato delle regioni, unità E.2 — Rete di controllo della sussidiarietà/Piattaforma di monitoraggio Europa 2020/Patto dei sindaci/GECT. Team della Piattaforma di monitoraggio Europa 2020.

(2)  COM(2014) 114, del 3 marzo 2014.

(3)  Ibidem, pagg. 43 e 45.

(4)  Cfr. M. Weber, C. Latopoulou e J. Guevara López, The «COST of Control» of Auditing Cohesion Expenditure, EStIF 1/2014, pag. 39.

(5)  Cfr. la relazione annuale della Corte dei conti europea sull’esecuzione del bilancio per l’esercizio finanziario 2012 (http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52013TA1114(01)&from = EN).

(6)  RAL è l’acronimo di «reste à liquider», espressione francese che designa gli impegni che restano da liquidare (ossia gli impegni residui). La differenza tra il livello degli impegni e il livello dei relativi pagamenti in un dato anno rappresenta gli impegni residui aggiuntivi per l’anno stesso.


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/58


Progetto di parere del Comitato delle regioni — Il progetto di bilancio dell’Unione europea per l’esercizio 2015

2014/C 271/11

Relatrice

Agnès Durdu (LU/ALDE), consigliere comunale di Wincrange

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

sottolinea che il presente parere concerne la sezione III del bilancio dell’UE e non le spese amministrative di cui alla rubrica V;

2.

ricorda che questo è il suo secondo parere d’iniziativa sulla procedura annuale di bilancio dell’UE;

3.

insiste sul fatto che l’elaborazione del bilancio annuale dell’UE ha un impatto diretto sugli enti locali e regionali e sulle loro finanze pubbliche, e che assume carattere politico e strategico;

4.

si rammarica che il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020 sia stato adottato con sei mesi di ritardo rispetto al periodo precedente 2007-2013 e fa osservare che questo avrà delle conseguenze sull’assorbimento degli stanziamenti d’impegno e sul profilo dei pagamenti a medio termine;

5.

critica il fatto che la Commissione europea abbia adottato la sua proposta di bilancio annuale per il 2015 solo l’11 giugno, vale a dire con un ritardo di quasi due mesi rispetto a quanto avveniva prima del 2013. Questo rinvio limita infatti le possibilità per le diverse parti interessate, tra cui lo stesso Comitato delle regioni, di far conoscere le loro reazioni in tempo utile prima che il Consiglio adotti la sua posizione;

6.

deplora la mancanza di dati statistici che gli consentano di svolgere il proprio ruolo consultivo e di effettuare un’analisi comparativa tra gli Stati membri. Grazie a tali dati, il CdR sarebbe in grado di identificare meglio i punti di forza e i punti deboli della governance multilivello e di presentare proposte per utilizzare nel miglior modo possibile il bilancio dell’UE;

7.

in tale contesto, spera di ricevere dalla Commissione aggiornamenti periodici sullo stato di esecuzione del bilancio dell’UE;

8.

chiede inoltre nuovamente alla Commissione di fargli pervenire il più rapidamente possibile:

a.

dati consolidati sugli importi ricevuti dalle autorità pubbliche infrastatali;

b.

dati consolidati sugli importi rimasti da liquidare per linee di bilancio e per programmi;

c.

la ripartizione degli impegni residui non solo per paese ma anche per categoria di beneficiario (autorità nazionale o autorità pubblica infrastatale);

d.

gli importi raccolti dalle autorità nazionali e dalle autorità pubbliche infrastatali per il cofinanziamento dei progetti UE in gestione concorrente;

9.

sottolinea il gran numero di bilanci rettificativi elaborati negli ultimi anni i quali, a suo avviso, arrecano pregiudizio alla corretta gestione e alla trasparenza dei bilanci annuali;

10.

esorta la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio ad armonizzare le modalità di presentazione delle modifiche ai progetti di bilancio allo scopo di rendere la procedura più comprensibile e trasparente, facilitando così il processo di controllo democratico.

Importanza del bilancio 2015 nel contesto attuale

11.

ricorda il contesto di crisi che perdura nella maggior parte degli Stati membri dell’UE, nonostante alcuni segnali di ripresa economica, e i vincoli di bilancio ai quali devono sottostare le autorità nazionali e infrastatali; insiste sul fatto che il bilancio per l’esercizio 2015 può svolgere un ruolo molto importante al fine di consolidare la tendenza alla ripresa economica, realizzare gli investimenti necessari al futuro dell’Europa e attenuare l’impatto della crisi sui cittadini europei;

12.

sottolinea nuovamente il ruolo determinante degli enti locali e regionali nella ripresa economica e la coesione economica, sociale e territoriale in seno all’Unione, nella misura in cui essi sono responsabili di un terzo della spesa pubblica e di due terzi degli investimenti pubblici e in quanto partecipano in gran parte alla gestione e/o all’esecuzione del bilancio dell’UE; questo dimostra l’incidenza diretta che il bilancio europeo ha su quello degli enti regionali e locali e illustra gli effetti negativi che un riporto degli stanziamenti d’impegno potrebbe avere sull’economia reale;

13.

fa osservare che i progressi compiuti nella realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 sono stati deludenti e che il bilancio 2015 svolge un ruolo cruciale nel raggiungimento di detti obiettivi;

14.

sottolinea che i nuovi impegni realizzati nel 2014, primo anno dell’attuale QFP, saranno limitati e che il 2015, secondo anno dell’attuale QFP, sarà determinante per il successo dei nuovi programmi pluriennali 2014-2020. Ricorda tuttavia la necessità di prevedere un basso tasso di assorbimento degli impegni per il nuovo esercizio 2015, una situazione aggravata in particolare dalla regola «n+3», e chiede pertanto alla Commissione europea e agli Stati membri, con la partecipazione delle regioni, di approvare quanto prima tutti gli accordi di partenariato e i programmi operativi onde consentire una loro attuazione tempestiva;

15.

insiste sull’importanza di anticipare al massimo gli investimenti onde attenuare gli eventuali effetti negativi di una concentrazione alla fine del periodo e si rammarica che la Commissione europea, malgrado ciò, non preveda altre anticipazioni degli stanziamenti rispetto a quelli già previsti, come l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile, Orizzonte 2020, Erasmus + e COSME. L’anticipazione potrebbe riguardare soprattutto altri programmi a gestione centralizzata, come il Meccanismo per collegare l’Europa (in particolare le reti energetiche), dato che i programmi a gestione decentrata hanno bisogno di tempo per essere attuati e dunque non possono essere anticipati al 2014-2015;

16.

valuta la gravità del problema della disoccupazione giovanile e chiede alla Commissione europea di chiarire le modalità di esecuzione dei 6 miliardi di euro previsti per l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (che dovrebbero concentrarsi nel 2014 e 2015) e di illustrare il collegamento tra gli accordi di partenariato e i piani nazionali di attuazione della Garanzia per i giovani; formula inoltre riserve circa le capacità di assorbimento dei 6 miliardi nel 2014 e 2015 visto il ritardo nell’adozione dei programmi operativi e il numero limitato di Stati membri che hanno optato per l’anticipo delle spese al 1o settembre 2013; in tale contesto, insiste sulla necessità di fornire uno stato di avanzamento dell’esecuzione di detta iniziativa all’inizio del 2015; chiede alla Commissione europea di chiarire quali saranno le somme assegnate a questa sfida a lungo termine a partire dal 2016; infine, condivide il punto di vista del Parlamento europeo secondo cui si dovrebbero esaminare tutte le possibilità di finanziamento, compreso il margine globale del QFP per gli impegni, onde assicurare la continuità di questa linea di bilancio dopo il 2015;

17.

chiede la creazione di un’apposita linea di bilancio per garantire assistenza tecnica alla macroregione adriatico-ionica, sull’esempio delle linee create per la macroregione del Mar Baltico e per quella del Danubio nel 2014 per un importo di 2,5 milioni di EUR di stanziamenti d’impegno e di pagamento ciascuna.

Stanziamenti di pagamento sotto tensione

18.

deplora l’accumulo di pagamenti non eseguiti (un totale di 23,4 miliardi di euro solo per i tre fondi strutturali e di coesione alla fine del 2013) e si rammarica che tale fenomeno non abbia fatto che ampliarsi nel corso degli ultimi anni; a suo avviso è inaccettabile che la Commissione europea non possa onorare i suoi impegni e che i beneficiari non possano essere rimborsati per mancanza di stanziamenti di pagamento sufficienti; plaude alla proposta della Commissione di utilizzare tutti gli stanziamenti di pagamento previsti dal QFP per il 2015 ma esprime forte preoccupazione per l’insufficienza degli stanziamenti di pagamento e per i vincoli dei flussi di cassa, che non permetteranno verosimilmente alla Commissione di liquidare rapidamente tutte le richieste di pagamento, fatto che potrebbe causare problemi considerevoli nelle regioni;

19.

deplora che il massimale degli stanziamenti di pagamento impedisca all’UE di far fronte a situazioni di emergenza, come avviene ad esempio nel campo della politica umanitaria, dove i ritardi di pagamento incidono sul lavoro delle organizzazioni attive nel settore. Alla fine del 2013, la somma dovuta a tali organizzazioni per il mancato pagamento delle fatture ammontava a 160 milioni di EUR;

20.

esprime preoccupazione per il divario esistente tra l’ammontare degli stanziamenti d’impegno e di pagamento in un contesto di rapido aumento degli impegni residui, denuncia il disavanzo strutturale del bilancio dell’UE e chiede alla Commissione di definire un piano d’azione preciso per ristabilire l’equilibrio di bilancio per il rimanente periodo dell’esercizio 2014-2020; a tale proposito fa riferimento al proprio parere sull’esecuzione del bilancio dell’UE (relatore: STRUZIK);

21.

si rallegra del fatto che il progetto di bilancio 2015assegni grande importanza, come nel 2014, al pagamento degli impegni presi nel periodo 2007-2013 onde evitare l’accumularsi dei ritardi di pagamento e poter così onorare, a partire dal 2016, il maggior numero possibile di pagamenti per il periodo 2014-2020;

22.

propone che la priorità venga data anche al rimborso degli Stati membri che più degli altri hanno sofferto della crisi economica; si tratta dei paesi ai quali l’UE ha chiesto notevoli sforzi per ridurre il debito pubblico e gli squilibri di bilancio e che ora hanno maggiormente bisogno di un sostegno da parte dell’Europa per sostenere la crescita e venire in aiuto ai loro cittadini più vulnerabili;

23.

deplora che il progetto di bilancio dell’UE per l’esercizio 2015 non preveda il ricorso al margine per imprevisti, il quale potrebbe contribuire ad attenuare i problemi dei flussi di cassa e facilitare un rapido rimborso delle richieste di pagamento.

Le prospettive oltre il 2015

24.

chiede che il margine globale per la crescita e l’occupazione del 2014 e 2015 venga utilizzato a partire dal 2016 a favore della rubrica relativa alla politica di coesione;

25.

si compiace nel constatare che un gruppo di lavoro ad alto livello sulle risorse proprie dell’Unione europea è stato istituito, su mandato dei Presidenti della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea, al fine di apportare miglioramenti all’attuale sistema delle risorse di bilancio dell’UE, che ha mostrato i suoi limiti. È difatti essenziale riformare il sistema affinché il bilancio europeo dipenda in misura minore dai contributi diretti degli Stati membri aumentando le risorse proprie dell’UE, e facilitare in tal modo i negoziati sugli stanziamenti di pagamento;

26.

chiede nuovamente di venire consultato in merito ai bilanci dei prossimi anni;

27.

auspica di poter partecipare alle riunioni interistituzionali sulla situazione e le prospettive di esecuzione del bilancio durante l’esercizio in corso e quelli successivi, riunioni previste al punto 36 dell’allegato all’accordo interistituzionale sul QFP;

28.

chiede di rivedere il quadro giuridico che disciplina il termine di pagamento di 60 giorni affinché esso diventi vincolante per i programmi in gestione concorrente, e di applicare una sanzione pecuniaria alle autorità nazionali in caso di mancata osservanza di tale termine.

Bruxelles, 26 giugno 2014.

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/61


Parere del Comitato delle regioni — Il quadro d’azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per conseguire la resilienza

2014/C 271/12

Relatore

Harvey Siggs (UK/ECR), membro del consiglio della contea del Somerset

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il quadro d’azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per raggiungere la resilienza — COM(2014) 216 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione, dal momento che le catastrofi hanno importanti ripercussioni sul piano economico, sociale, ambientale e della sicurezza e rappresentano sfide di enormi proporzioni per gli enti locali e regionali;

2.

riconosce che le strategie di prevenzione e gestione dei rischi sono essenziali per assicurare, oltre alla protezione dei cittadini, la crescita economica e lo sviluppo sostenibile, e che un nuovo quadro internazionale per la riduzione dei rischi di catastrofi fornirà un notevole contributo per affrontare le sfide future, incluse quelle determinate dai cambiamenti climatici, riconoscendo inoltre il ruolo dell’Unione europea e dei suoi enti locali e regionali nell’attenuare tali cambiamenti e nell’adattarvisi, nonché nel realizzare infrastrutture resilienti;

3.

constata con preoccupazione che negli ultimi anni si registra un significativo aumento tanto della frequenza quanto dell’intensità delle catastrofi. Tra il 2002 e il 2012 le catastrofi naturali hanno causato ogni anno, in media, oltre 1 00  000 morti, e a livello mondiale si osserva una tendenza all’aumento delle perdite economiche dirette complessive, con una perdita economica media annua di oltre 100 miliardi di euro. Tutti i paesi sono vulnerabili alle catastrofi, ma sono quelli in via di sviluppo a subire le perdite maggiori in termini di vite umane, mentre i paesi industrializzati sostengono i costi economici più elevati. Nell’UE, nel decennio appena trascorso le catastrofi naturali hanno causato 80  000 morti e perdite economiche per 95 miliardi di euro;

4.

osserva che se oggi, dopo l’entrata in vigore del meccanismo unionale di protezione civile, l’UE svolge un ruolo più attivo in questo settore, l’esperienza dell’Unione è resa più complessa dall’ampio e diversificato spettro dei sistemi amministrativi e degli ordinamenti giuridici che gestiscono i vari meccanismi nazionali di protezione civile in tutta l’UE.

Comprendere le catastrofi — dati, obiettivi e indicatori

5.

riconosce che è possibile ridurre l’impatto delle catastrofi, di qualsiasi tipo, mediante la gestione dei relativi rischi e sviluppando la resilienza delle infrastrutture sia esistenti che future; tuttavia, i decisori politici sono confrontati a scelte difficili dal punto di vista del bilancio, ambientale, sociale e culturale su come garantire un livello di base di sicurezza e qualità di vita di fronte alla minaccia di catastrofi, che si tratti di pericoli naturali o di attacchi deliberati. Al tempo stesso, è necessario prestare un’attenzione particolare alle sfide emergenti;

6.

reputa che le aree costiere e marittime debbano affrontare maggiori difficoltà per quanto riguarda la riduzione del rischio di catastrofi. Esposte come sono all’innalzamento del livello dei mari, al riscaldamento degli oceani, a forti moti ondosi, a piogge prolungate o a violenti incendi, spesso queste zone sono meno facilmente accessibili e le operazioni di salvataggio possono risultarvi più complicate qui che altrove. Invita l’UE a riflettere sulla vulnerabilità di queste zone nel contesto della strategia europea a favore del turismo costiero e marittimo. Osserva del pari che anche le regioni con caratteristiche geografiche e demografiche problematiche devono affrontare maggiori difficoltà per quanto concerne le catastrofi, così come le zone montuose e quelle di particolare valore ambientale; queste aree possono inoltre essere più esposte al rischio di catastrofi naturali — ad esempio frane, incendi di foreste o siccità -, il che rende più difficile realizzarvi misure di prevenzione, preparazione e intervento;

7.

fa presente che in Europa le tragiche e fatali conseguenze delle catastrofi sono spesso aggravate da due importanti fattori: l’intrinseca fragilità del territorio e lo sviluppo inadeguato realizzato in passato;

8.

sollecita ad un rinnovato impegno a integrare le strategie di riduzione del rischio di catastrofi nei programmi settoriali e di sviluppo, onde garantire un approccio globale allo sviluppo della resilienza;

9.

riconosce che l’accesso a informazioni complete, attendibili e accurate è essenziale per comprendere le catastrofi e acquisire le conoscenze finalizzate all’adozione di piani di sviluppo della resilienza, nonché per attenuare l’impatto di future catastrofi e individuare argomenti convincenti a favore della realizzazione di investimenti finanziari. Se è vero che vengono raccolte relazioni sui rischi e i pericoli, occorre migliorare l’integrazione di questa documentazione sia a livello nazionale che tra i vari paesi;

10.

invita gli enti locali e regionali ad applicare pienamente una politica aperta in materia di dati e a consentire la mancata divulgazione di informazioni per motivi di difesa, di sicurezza o commerciali esclusivamente se tale riservatezza è legittima e assolutamente necessaria. Gli interessi commerciali non dovrebbero prevalere sulla sicurezza e il benessere dei cittadini;

11.

raccomanda di rafforzare la collaborazione e gli investimenti nei sistemi informatici, come pure il loro collegamento al di là delle frontiere, nonché di cooperare con il settore privato (che detiene informazioni rilevanti in materia di catastrofi), affinché i dati sulle catastrofi e la relativa gestione possano essere registrati, recuperati, analizzati e utilizzati per prepararsi agli effetti di future catastrofi e per attenuarli.

Responsabilità, trasparenza e governance - protocolli decisionali e attivazione di livelli successivi di intervento

12.

riconosce che gli enti locali e regionali sono responsabili sotto il profilo sia istituzionale che politico della protezione dei loro cittadini, e sono spesso il primo livello di governance a reagire alle emergenze fornendo servizi di base e assicurando un monitoraggio e una gestione delle catastrofi non appena queste si verificano. Gli enti territoriali costituiscono la prima linea nel campo della gestione delle catastrofi, in quanto sono responsabili della prevenzione, della reazione immediata agli eventi e delle operazioni di salvataggio, e hanno inoltre una conoscenza approfondita dei loro territori e delle loro comunità. Essi hanno bisogno di conoscenze, strumenti, capacità e risorse per essere in grado di assumersi le loro responsabilità in materia di protezione di vite umane e tutela della proprietà, dell’economia e dell’ambiente;

13.

osserva che spesso al livello locale e regionale viene demandata la responsabilità della protezione civile senza fondi sufficienti per far fronte alle esigenze in questo settore, e sollecita i governi degli Stati membri a dotare gli enti locali e regionali di finanziamenti adeguati ai compiti loro affidati;

14.

chiede la realizzazione di un ampio studio sul modo migliore per potenziare la capacità degli enti locali e per promuoverne la partecipazione ai processi decisionali in materia di resilienza e di riduzione del rischio di catastrofi;

15.

riconosce che la portata e l’impatto delle catastrofi possono essere locali, regionali, nazionali o internazionali, e raccomanda di adottare dei protocolli intesi a garantire un migliore coordinamento tra strategie e piani regionali e nazionali relativi al rischio di catastrofi, una più efficace integrazione dei decisori politici e responsabili della pianificazione a livello locale, e infine procedure concordate di attivazione di livelli successivi di intervento nel caso di catastrofi i cui effetti si ripercuotono su più di un territorio regionale; osserva che è possibile quantificare i fattori di rischio e sottolinea che la densità demografica incide sui rischi;

16.

richiama l’attenzione sulle minacce transfrontaliere e sulle catastrofi che colpiscono aree situate in due o più Stati membri, e chiede una più efficace cooperazione tra regioni limitrofe al fine di assicurare una condivisione delle azioni di prevenzione e il coordinamento delle attività di risposta alle catastrofi. Nelle zone frontaliere occorre creare sistemi informatici efficaci a livello locale e regionale, in grado di fornire informazioni attraverso i confini in tempo reale e di collegare gli organismi competenti per la gestione delle crisi.

Il ruolo degli enti locali e regionali di fronte alle catastrofi

17.

osserva che gli enti locali e regionali svolgono tre distinte funzioni in relazione alla gestione delle catastrofi:

prevenzione e preparazione;

coordinamento della risposta e comunicazione;

processo di ripristino.

A)   Prevenzione e preparazione

18.

difende l’idea che investire in una maggiore preparazione e una resilienza rafforzata, tenendo conto della probabilità che si verifichi una catastrofe, sia il metodo più efficiente, anche sotto il profilo dei costi, per ridurre impatto e costi della risposta alle catastrofi e del processo di ripristino dopo una catastrofe. Questo significa tra l’altro investire in infrastrutture resilienti, in grado cioè di resistere alle catastrofi, compresi edifici, reti di trasporto (strade, ferrovie, aeroporti), servizi (comunicazioni, approvvigionamento idrico ed energetico, reti fognarie) e infrastrutture sociali;

19.

rammenta che l’UE ha a disposizione un Fondo di solidarietà per l’assistenza in caso di catastrofi e si rallegra che le modifiche al regolamento che ha proposto siano state accolte nella versione finale. Oggi tale fondo consente, ad esempio, il ripristino delle infrastrutture danneggiate per riportarle ad uno stato che permetta loro di resistere meglio a catastrofi future, se non addirittura di ricollocarle altrove. Tuttavia, il Comitato invita a destinare al Fondo di solidarietà risorse finanziarie sufficienti nel bilancio dell’UE, ed esorta altresì gli Stati membri a sfruttare al meglio le opportunità di finanziare progetti nel campo della prevenzione e gestione dei rischi di catastrofi predisposti nell’ambito del quadro 2014-2020;

20.

è consapevole che cambiare impostazione, passando da un approccio incentrato sulla risposta e il ripristino ad un altro imperniato sulla prevenzione, la preparazione e la resilienza, richiede una nuova forma mentis e nuove modalità di assegnazione delle risorse finanziarie, poiché, invece di spesa destinata alla reazione alle catastrofi, occorrono investimenti iniziali pianificati. A lungo termine, un simile approccio, qualora si tenga conto della probabilità che si verifichi una catastrofe, si rivela più efficiente sotto il profilo dei costi e più vantaggioso;

21.

riconosce che è difficile quantificare, misurare e valutare la resilienza delle comunità (tranne nel caso in cui una catastrofe si sia effettivamente verificata), e che non è semplice difendere l’interesse economico di investimenti a favore della resilienza;

22.

è fermamente convinto che la vulnerabilità può essere notevolmente ridotta grazie all’applicazione dei codici per l’edilizia e con un’attenta pianificazione e un accurato monitoraggio dell’uso del suolo;

23.

invita la Commissione a condurre ricerche ed elaborare orientamenti su come gli enti locali e regionali possano meglio garantire che la pianificazione di tutti gli sviluppi (inclusi quelli nei settori dell’edilizia, dei trasporti e dei servizi) si fondi sul criterio basilare della resilienza, riconoscendo che spetta a questi enti il compito di vigilare sull’applicazione e il rispetto di norme di progettazione resiliente;

24.

riconosce che, sebbene nel lungo periodo la resilienza si riveli più efficace in termine di costi, qualora si tenga ragionevolmente conto della probabilità che si verifichi una catastrofe, per sviluppare la resilienza alle catastrofi possono essere necessari consistenti fondi iniziali. La costruzione di strutture più sicure richiede infatti modifiche di progettazione che di solito comportano una maggiorazione dei costi compresa tra il 10 e il 50 % (o persino più elevata se occorre collocare altrove le reti energetiche, di approvvigionamento idrico o di trasporto); sottolinea come agire fin da ora sia molto più efficiente sotto il profilo dei costi che non adattare e mettere in conformità in un secondo momento degli edifici poco sicuri. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di disastri (UNISDR), il rapporto costi-benefici è infatti di 1 a 4. Inoltre, nuovi sistemi dotati di resilienza richiedono nuove tecnologie e formazione, che spesso non sono disponibili in tempi rapidi nelle regioni meno sviluppate;

25.

chiede agli enti locali e regionali di valutare il grado di resilienza delle strutture esistenti, in particolare di quelle che ospitano servizi essenziali come gli ospedali e gli impianti di depurazione delle acque;

26.

chiede alla Commissione di realizzare uno studio sul metodo migliore per creare comunità resilienti, ossia preparate, attrezzate e capaci di provvedere alla propria sussistenza in caso di catastrofe;

27.

si compiace dell’accento posto sulla resilienza dalla Commissione, con la quale concorda sul fatto che la resilienza consente agli enti locali e regionali e alle autorità nazionali di prepararsi meglio alle catastrofi tramite una pianificazione in vista delle emergenze e una valutazione dei rischi (ad opera degli stessi enti locali e regionali, delle imprese e di altri gruppi) che si pongono l’obiettivo di contenere le perdite piuttosto che attendere il verificarsi di una calamità per poi doverne sostenere i costi;

28.

s’impegna a sostenere la campagna dell’ONU a favore di «Città resilienti» e lo strumento di autovalutazione che essa propone, grazie al quale le amministrazioni locali possono verificare il proprio grado di resilienza alla luce di una serie di 10 criteri di base;

29.

prende atto della dichiarazione stilata dall’UNISDR a Venezia nel 2012 sullo sviluppo della resilienza a livello locale in vista dell’elaborazione di strategie di tutela del patrimonio culturale e adattamento ai cambiamenti climatici (Venice Declaration on building resilience at the local level towards protected cultural heritage and climate change adaptation strategies), come pure della necessità di riflettere ai metodi per proteggere più efficacemente il patrimonio culturale dalle catastrofi;

30.

riconosce che le catastrofi continueranno a verificarsi e potrebbero anzi essere ancora più frequenti in futuro. Le relazioni adottate per consenso dal gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPPC) lasciano poco spazio al dubbio quanto alla necessità di pianificare e costruire delle infrastrutture in grado di rispondere alla realtà concreta dei cambiamenti climatici.

B)   Coordinamento della risposta e comunicazione

31.

osserva che quando si verifica una catastrofe spesso sia la comunicazione che la gestione dell’evento risultano inadeguate. La gestione di una catastrofe è un compito interdisciplinare che coinvolge un ampio spettro di organizzazioni. È quindi del tutto favorevole all’inserimento nel testo sul meccanismo unionale di protezione civile di disposizioni che prevedano un programma di formazione per i membri delle squadre di intervento, nonché seminari e progetti pilota destinati a formare dei dirigenti nel settore della protezione civile;

32.

invita gli enti locali e regionali ad offrire un riconoscimento al ruolo potenziale, spesso sottovalutato, del settore del volontariato e di quello delle comunità nel creare resilienza dopo una catastrofe, e a mettere in campo piani finalizzati a sviluppare e a sfruttare questa risorsa. Cittadini informati e consapevoli rappresentano una componente essenziale nello sviluppo della resilienza; il Comitato riconosce che la creazione di comunità resilienti è un processo che implica una significativa dimensione di genere;

33.

riconosce che gli enti locali e regionali hanno il dovere di tenere regolarmente informate le proprie comunità sui rischi, quelli potenziali così come quelli che si profilano concretamente all’orizzonte, e sono tenuti a programmare in anticipo con i pertinenti soggetti interessati le modalità di comunicazione relativamente a queste minacce senza suscitare timori o far sfumare eventuali opportunità economiche;

34.

è consapevole del ruolo sempre più importante che svolgono le tecnologie mobili, Internet e i media sociali nella comunicazione sulle catastrofi, e sollecita la realizzazione di nuovi studi sulle buone pratiche nell’utilizzo delle comunicazioni digitali in caso di catastrofe. Sempre più spesso, infatti, è la comunicazione digitale il mezzo impiegato dai singoli individui e dalle comunità per accedere a notizie e informazioni, e anzi in molti casi è la prima fonte d’informazione. Questi mezzi di comunicazione possono inoltre rivelarsi canali fondamentali per ricevere informazioni dalle vittime delle catastrofi e per coordinare le attività di risposta;

35.

conviene con la Commissione che le iniziative di sensibilizzazione sono essenziali per diffondere le informazioni presso le popolazioni locali. È importante coinvolgere tutte le componenti di una comunità, iniziare a farlo prima possibile e incoraggiare le comunità a pianificare l’autoassistenza, dato che spesso occorre parecchio tempo prima che gli aiuti esterni possano raggiungerle. Per questo è fondamentale anche introdurre programmi e piani specifici di preparazione alle emergenze negli istituti d’istruzione, in modo da sensibilizzare e rendere consapevole la popolazione fin dalla più tenera età, aumentandone il livello di resilienza;

36.

chiede agli enti locali e regionali di mettere a punto canali di comunicazione efficaci per raggiungere in tempo utile le persone più vulnerabili e di adottare dispositivi che consentano di metterle in sicurezza durante i fenomeni meteorologici estremi e altre catastrofi, e anche successivamente. Le società europee stanno invecchiando e la percentuale di popolazione a mobilità ridotta o con disabilità aumenta: spesso sono proprie queste le categorie più vulnerabili in caso di catastrofi e quelle tra cui si contano le prime vittime;

37.

chiede di realizzare investimenti in formazione ed esercitazioni in caso di catastrofi, attività che consentono di salvare delle vite e di ridurre disagi e disfunzioni. Formazioni e attività educative mirate per gli operatori responsabili della sicurezza dei cittadini, ad esempio per i leader delle comunità, gli operatori sociali e coloro che prestano assistenza medica, oltre che per i servizi di soccorso e di lotta agli incendi, possono ridurre il numero di morti durante e dopo una crisi.

C)   Processo di ripristino

38.

è consapevole che il processo di ripresa dopo una catastrofe può richiedere lunghi anni, e riconosce l’importante funzione che svolgono le assicurazioni nel garantire una ripresa tempestiva ed efficace. Sottolinea il ruolo positivo che possono ricoprire i partenariati pubblico-privato e invita a promuoverli. Le assicurazioni private possono contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche e svolgere un ruolo positivo nella gestione del rischio di catastrofi, aiutando a ridurne le ripercussioni sull’economia e favorendo il processo di ripristino. Polizze assicurative adeguatamente concepite possono inoltre disincentivare i comportamenti a rischio e promuovere una maggiore consapevolezza del rischio stesso. I partenariati pubblico-privato dovrebbero riguardare settori ben precisi e perseguire obiettivi concordati;

39.

esprime il timore che in determinate aree, in conseguenza di un incremento dei rischi, non sia più possibile stipulare un’assicurazione, o soltanto a prezzi inaccessibili. Questo a sua volta potrebbe contribuire ad accentuare la vulnerabilità e ad aggravare la fragilità sociale, lasciando le autorità pubbliche in una situazione di potenziale esposizione finanziaria elevata;

40.

raccomanda di considerare il processo di ripristino in seguito ad una catastrofe come un’occasione di integrare la futura resilienza nell’opera di ricostruzione di abitazioni e infrastrutture, specialmente nelle aree in cui si verificano periodicamente delle catastrofi naturali, ad esempio gli insediamenti urbani, piccoli e grandi, siti lungo il corso di fiumi. A livello di Stati membri servono iniziative che garantiscano la disponibilità di finanziamenti — anche attraverso partenariati — da destinare non soltanto al processo di ripristino, ma anche a misure di protezione da catastrofi future;

41.

rileva che il ruolo che spetta agli enti locali e regionali nel processo di ripristino è quello di gestire le aspettative, le delusioni e i problemi sanitari delle vittime o degli sfollati in seguito ad una catastrofe, e che per svolgere tale ruolo essi devono poter disporre costantemente di risorse.

Agenda internazionale

42.

esorta la Commissione a integrare risolutamente il concetto di costruzione della resilienza nelle sue politiche nel campo dello sviluppo e degli aiuti umanitari;

43.

insiste affinché il quadro d’azione di Hyogo per il periodo successivo al 2015 tenga in debito conto il collegamento tra rischi, resilienza e mobilità delle persone. Fa notare che spesso le catastrofi sono all’origine di flussi migratori, il che può determinare ripercussioni sistematiche negative sia sulle comunità di origine che su quelle di destinazione di queste popolazioni;

44.

è consapevole che nei paesi in via di sviluppo i quadri relativi alla pianificazione non sono ancora consolidati e che i fattori di crescita economica possono generare forti pressioni legate allo sviluppo. Gli enti governativi a tutti i livelli devono essere ben coscienti che lo sviluppo può aumentare i rischi di catastrofi, e che consentire lo sviluppo significa dover accettare anche in parallelo un incremento di tali rischi.

Sussidiarietà e proporzionalità

45.

plaude al rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità che traspare dal documento della Commissione. La protezione civile è un ambito nel quale l’Unione svolge azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri. Il rispetto del principio di proporzionalità è inoltre confermato dalla natura non vincolante della comunicazione e dai principi sanciti nel testo dalla Commissione.

Bruxelles, 26 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/66


Parere del Comitato delle regioni — Risorse genetiche in agricoltura: dalla conservazione all’uso sostenibile

2014/C 271/13

Relatore

Giuseppe Varacalli (IT/PSE), sindaco di Gerace (RC)

Testo di riferimento

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale europeo) sul tema Risorse genetiche in agricoltura — dalla conservazione all’uso sostenibile — COM(2013) 838 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

constata che la strategia europea sulla conservazione e sull’uso sostenibile delle risorse genetiche in agricoltura, contenuta nella relazione della Commissione europea trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale europeo, deriva dagli impegni assunti dall’UE per arrestare la progressiva perdita di biodiversità nel suo territorio entro il 2020;

2.

evidenzia che la suddetta strategia trae origine, in particolare, da quanto a suo tempo definito con la Convenzione sulla diversità biologica adottata a Rio de Janeiro del 1992, cui hanno fatto seguito, nel tempo, significativi accordi internazionali attuativi, tra cui soprattutto il Protocollo di Cartagena (2000), il trattato internazionale FAO sulle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura (2004) e, più di recente, il Protocollo di Nagoya sull’accesso e la condivisione dei benefici derivanti dall’uso della biodiversità (2010);

3.

considera che l’intervento dell’Unione si incentra su due fondamentali direttrici operative: da un lato la politica di sviluppo rurale, con numerose ed articolate misure agro-ambientali ed un’efficace attività del partenariato europeo, e dall’altro la politica di ricerca e di innovazione, ora con il nuovo programma quadro Orizzonte 2020, volto alla specificazione e all’affinamento delle conoscenze nel campo della diversità genetica in agricoltura; ritiene che tale intervento dovrebbe basarsi anche sulla regolamentazione relativa ai prodotti vegetali e animali, nonché sulla stessa politica agricola, al fine di garantire la diversità del patrimonio genetico utilizzato dall’insieme degli agricoltori;

4.

ritiene che la progressiva riduzione della biodiversità, per varie e convergenti motivazioni, interessi, in modo particolare, le comunità locali e le istituzioni che le rappresentano, considerato l’oggettivo influsso che la perdita di biodiversità produce sui loro territori;

5.

rammenta infatti, sul punto, che le istituzioni regionali e locali esercitano competenze importanti in materia di gestione della biodiversità nel loro territorio: si pensi, ad esempio, al complessivo settore del rilascio delle autorizzazioni per l’utilizzo di risorse naturali, nonché alle prerogative istituzionali delle stesse autorità per la gestione dei siti Natura 2000, i quali costituiscono uno dei cardini dell’azione dell’Unione europea sulla biodiversità, oppure ancora alle competenze in tema di cofinanziamento dei programmi di sviluppo rurale e alla cooperazione transfrontaliera, che va potenziata per rafforzare la gestione e lo scambio di informazioni, dato che molte risorse genetiche possono essere condivise nelle aree transfrontaliere;

6.

considera, quindi, che vada sempre più concretamente perseguito un organico interessamento istituzionale degli enti regionali e locali nei programmi finalizzati alla conservazione e all’uso sostenibile delle risorse genetiche in agricoltura, proficuamente collegato alla disponibilità di efficaci strumenti giuridici di intervento, nonché a sufficienti risorse finanziarie per un effettivo intervento in materia;

7.

prende atto, con riguardo specifico alle risorse finanziarie, che la Commissione, nella parte conclusiva della sua relazione (pag. 9), evidenzia che «da qui al 2020 le risorse genetiche potranno beneficiare di maggiori risorse finanziarie e di una più ampia gamma di possibilità di finanziamento previste dalla politica dello sviluppo rurale e dal programma Orizzonte 2020, come pure da altre politiche dell’Unione», e rimarca la necessità che tali indicazioni siano oggettivamente verificabili in termini di effettiva e concreta disponibilità di maggiori risorse, da rendere disponibili al più presto, tenuto anche in debito conto che la maggior parte dei fondi dell’Unione destinati alla conservazione della diversità genetica in agricoltura riguarderà il settore della ricerca;

8.

sottolinea, rispetto alle prospettive di attività contenute nella suddetta relazione, l’importanza del quadro giuridico ed istituzionale nel quale si colloca e si articola la materia delle risorse genetiche, costituito essenzialmente, in sede europea, oltre che dai già citati canali delle politiche di sviluppo rurale e del quadro europeo per la ricerca e l’innovazione, anche dalla regolamentazione relativa ai prodotti animali e vegetali e, più in generale, dalla politica agricola;

9.

richiama, con riguardo alle politiche di sviluppo rurale, le considerazioni svolte nel suo recente parere sul tema Lo sviluppo sostenibile delle zone rurali, del 9 ottobre 2013, con particolare riguardo alle evidenziate potenzialità delle zone rurali anche in termini di biodiversità;

10.

ribadisce che le iniziative sull’argomento si collocano, come prima cennato, all’interno di uno specifico contesto mondiale, di cui costituisce elemento cardine il citato trattato internazionale FAO sulle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura. Tale trattato, cui l’Unione europea ha dato formale adesione, si pone come momento di coordinamento e promozione delle iniziative in tema di gestione delle risorse genetiche vegetali, e in base ad esso la conservazione della diversità genetica diventa vincolo giuridico per gli Stati aderenti;

11.

rileva che l’Unione europea ha dedicato, nel tempo, ampio spazio alla problematica della conservazione della diversità genetica in agricoltura, da ultimo con la decisione del 2010 dei capi di Stato dell’Unione di fermare il processo di perdita di biodiversità in ambito UE entro il 2020, con correlata assunzione di adeguati impegni, poi organicamente trasfusi nella strategia europea sulla biodiversità adottata nel 2011, ma osserva anche che questo orientamento non ha ancora dato i suoi frutti;

12.

manifesta preoccupazione perché la programmazione dell’UE consolidatasi nel tempo non ha comunque impedito, come peraltro riconosciuto nella relazione, una continua «perdita di biodiversità in agricoltura», per cui può ritenersi condivisibile l’opzione della Commissione a favore dell’approccio di conservazione come uno degli elementi qualificanti delle misure in materia di conservazione ed uso sostenibile delle risorse genetiche;

13.

ritiene comunque che detta metodologia, da sviluppare e diversificare ulteriormente, non abbia prodotto effetti adeguati sul piano dell’utilizzo delle medesime risorse, essendosi invece registrato un coinvolgimento oggettivamente scarso degli utilizzatori finali, ragion per cui occorre perseguire l’obiettivo di colmare l’ampio divario ancora esistente tra i risultati dell’attività di ricerca e un effettivo uso sostenibile delle risorse genetiche;

14.

si compiace che la relazione, insistendo specificamente sull’argomento, focalizzi l’attenzione sulla necessità di invertire la rotta nel rapporto tra ricerca e utilizzo, nel senso che le attività scientifiche devono dipendere dalle concrete necessità degli agricoltori, necessari e imprescindibili sia in quanto destinatari delle soluzioni offerte dalla ricerca che per garantire la sicurezza alimentare dei cittadini e la produzione di principi attivi interessanti per l’industria farmaceutica e quella chimica;

15.

fa notare che, alla fine del 2013, è stato creato un gruppo di osservazione dedicato alle risorse genetiche. Purtroppo le informazioni sulle attività di questo gruppo sono disponibili soltanto in inglese, il che ne limiterà la diffusione agli utilizzatori finali. Sarebbe quindi particolarmente importante che la Commissione impegnasse delle risorse per diffondere le informazioni operative su più larga scala;

16.

approva, inoltre, il fatto che la Commissione abbia posto l’accento sull’approccio di governance multilivello necessario per una strategia globale e olistica che sia in grado di trovare il giusto equilibrio tra la dimensione della politica di ricerca e innovazione e quella della politica di sviluppo rurale;

17.

considera altrettanto necessario, come peraltro indicato nella relazione, che la rilevante disponibilità di banche dati e collezioni esistenti diventi meglio accessibile, in modo da aumentarne l’effettivo utilizzo, essendo noto che in molti casi la scarsa conoscenza va a detrimento della potenziale fruibilità;

18.

considera inoltre necessario che l’effetto conservativo vada di pari passo con un sistematico approccio integrato, sì da consentire stabili relazioni operative tra coloro che partecipano, a vario titolo, al processo; ciò a partire da un necessario riferimento, a livello di aziende agricole, a razze e colture tradizionali e locali, nonché cercando di favorire un utilizzo consistente di tali razze e colture da parte degli agricoltori, grazie a un pacchetto di misure convergenti intese a ripristinare e aumentare la biodiversità nelle aziende agricole;

19.

giudica positivamente, in quest’ottica, la previsione, contenuta nella relazione, di istituire «reti a livello di Unione per valorizzare tale materiale», meccanismo di integrazione che deve prevedere un’effettiva partecipazione dal basso, compreso il livello istituzionale regionale e locale;

20.

condivide e fa propria la necessità di un forte impegno delle autorità regionali e locali, tenuto conto che la relazione specificamente chiama, tra gli altri, i responsabili politici e le amministrazioni ad «adoperarsi per sviluppare il quadro giuridico e istituzionale in maniera coerente» per il raggiungimento del risultato atteso;

21.

ritiene utile l’ulteriore precisazione della Commissione in merito a una «profonda revisione della legislazione» volta a rafforzare concretamente i meccanismi di conservazione delle risorse, anche attraverso la cooperazione dei diversi settori interessati, agevolando così l’accesso ai mercati delle varietà tradizionali nonché l’impiego reale, da parte degli agricoltori, di materiale genetico naturalmente più diversificato rispetto alla situazione attuale, esigenza di cui la proposta di regolamento dovrebbe tenere conto in misura molto maggiore;

22.

condivide il principio del processo decisionale integrato, auspicando che le autorità regionali e locali possano esserne protagoniste, ponendosi a difesa delle innumerevoli specificità che i loro territori presentano e delle caratteristiche genetiche degli organismi vegetali e animali ad essi legati, specificità e caratteristiche che meritano di essere tutelate, ed offrendo il proprio contributo ad integrazione dell’attività dei principali soggetti più direttamente coinvolti (scienziati, agricoltori, selezionatori, consumatori), le cui distinte peculiarità vengono adeguatamente sintetizzate nella relazione;

23.

è necessario sensibilizzare la società al valore delle risorse genetiche e all’importanza della loro conservazione, del loro studio e del loro uso sostenibile, incentivando al tempo stesso programmi di formazione per tecnici e agricoltori, nonché meccanismi di coordinamento, monitoraggio e valutazione per la protezione della biodiversità nel settore agricolo;

24.

valuta in modo particolarmente positivo, quindi, il forte accento posto sui meccanismi del partenariato europeo per l’innovazione «Produttività e sostenibilità dell’agricoltura» (con il parallelo coinvolgimento del comitato per le risorse genetiche, istituito dal regolamento del Consiglio n. 870/2004), quale mezzo di concreto rafforzamento dell’integrazione tra l’attività di ricerca e le forme di utilizzo delle risorse, anche al dichiarato fine di adattamento al contesto e alle esigenze locali;

25.

suggerisce, inoltre, nella medesima direzione dell’effettivo scambio di conoscenze tra tutti i soggetti coinvolti, di incentivare anche, all’interno delle singole comunità locali e tra comunità locali diverse, forme di c.d. co-working, quale sistema virtuoso che consenta a esperienze diverse di confrontarsi e contaminarsi in modo naturale tra loro;

26.

propone di introdurre un logo, elaborato e finanziato dalla Commissione, per i prodotti derivanti dalle risorse genetiche a rischio e/o conservate e sviluppate. I requisiti per l’impiego di tale logo dovrebbero essere volti a incoraggiare e rafforzare i produttori e altri attori locali/regionali;

27.

esterna perplessità, peraltro evidenziate apertamente nella relazione, riguardo alla carenza di effetti della ponderosa attività scientifica sviluppatasi nel tempo sugli agricoltori-utilizzatori; e fa inoltre notare che la relazione del gruppo di esperti indipendenti sul programma UE di azioni in materia di conservazione, caratterizzazione, raccolta e utilizzazione delle risorse genetiche in agricoltura, disciplinato dal citato regolamento del Consiglio n. 870/2004, indica che i beneficiari erano sostanzialmente istituti di ricerca — da cui l’esigenza di incoraggiare maggiormente, nel nuovo programma, la partecipazione degli utilizzatori finali, soprattutto al fine di realizzare gli obiettivi del programma, con particolare riguardo a una concreta ed effettiva utilizzazione sul campo dei risultati dello stesso, anche attraverso un’adeguata incentivazione degli inviti a presentare progetti;

28.

prende atto che la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla riproduzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale (COM(2013) 262 final), fortemente connessa alle problematiche esaminate nel presente parere, è stata respinta dal Parlamento europeo l’11 marzo 2014;

29.

assume, quindi, adeguato impegno a seguire con attenzione gli sviluppi della vicenda, con l’assoluta priorità che la proposta di regolamento sia riveduta; e intanto segnala, riguardo ai contenuti della stessa, una diffusa e rilevante esigenza di sostenere i produttori e gli utilizzatori piccoli e medi di varietà antiche, rare, tradizionali o «di nicchia», le quali rappresentano una parte importante della diversità genetica delle specie vegetali coltivate. Si tratta di varietà i cui produttori non sono adeguatamente tutelati dalla previsione di condizioni procedurali onerose di riconoscimento ed il cui impiego nelle condizioni locali appropriate non è sufficientemente sostenuto, considerato l’oggettivo e diretto interesse degli enti regionali e locali affinché l’attività di tali operatori, che meglio può garantire la biodiversità e viene svolta entro ambiti territoriali limitati, non incontri eccessive difficoltà operative;

30.

chiede che la nuova proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione e alla distribuzione sul mercato di materiali riproduttivi vegetali permetta una certificazione delle sementi biologiche in base a criteri appropriati per la produzione biologica, che consentano di sviluppare le piante in funzione dell’ambiente e dell’evoluzione dei ceppi e delle popolazioni;

31.

ritiene anche, in linea con i pareri adottati in precedenza, che in materia di risorse genetiche sia particolarmente importante definire con chiarezza la propria posizione riguardo all’ammissione e all’importazione degli OGM, le quali vanno consentite soltanto in via eccezionale, con particolare e specifico riguardo alla compatibilità con la strategia di conservazione delle risorse genetiche stesse;

32.

insiste quindi, sul punto, per una rigorosa applicazione del principio di precauzione in relazione all’ammissione e all’introduzione di organismi geneticamente modificati, con la parallela esigenza di adottare, a ogni livello istituzionale, concrete misure in materia di coesistenza, finalizzate a un’adeguata protezione di tutte le zone agricole e, nello specifico, di quelle più sensibili sul piano ecologico, in particolare eseguendo una puntuale valutazione dei rischi per la biodiversità.

Bruxelles, 26 giugno 2014.

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

107a sessione plenaria del 25 e 26 giugno 2014

19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/70


Parere del Comitato delle regioni — Mobilità dei lavoratori e rafforzamento di EURES

2014/C 271/14

Relatore

Jose Ramón Bauza Diaz (ES/PPE), presidente della regione delle Isole Baleari

Testo di riferimento

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad una rete europea di servizi per l'impiego, all'accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e ad una maggiore integrazione dei mercati del lavoro

COM(2014) 6 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Aspetti generali

1.

sottolinea il ruolo importante che, nella pratica dei mercati del lavoro, svolgono o dovrebbero svolgere gli ambiti territoriali più ridotti delle strutture statali. In quest'ottica, nel parere Il ruolo delle autorità locali e regionali nel promuovere la crescita e rafforzare la creazione di posti di lavoro (2013/C 62/14), il CdR si è pronunciato sulla frequenza con cui gli enti locali e regionali sono responsabili di applicare, fra le altre, la politica dell'occupazione;

2.

constata con soddisfazione che, per una grande maggioranza di cittadini dell'UE, il diritto alla libera circolazione è uno dei risultati principali raggiunti dall'Unione europea, e considera fondamentale salvaguardare tale diritto e agevolare il suo esercizio potenziando la libera circolazione dei lavoratori;

3.

accoglie favorevolmente la proposta della Commissione, in cui vede uno strumento atto a migliorare l'accesso dei lavoratori ai servizi di sostegno alla mobilità del lavoro all'interno dell'UE, nonché ad agevolare l'esercizio del diritto di tutti i cittadini alla libera circolazione, indipendentemente dal luogo in cui vivono, e a contribuire alla riduzione delle differenze tra i livelli d'occupazione degli Stati membri;

4.

mette in rilievo che il ristabilimento della rete EURES nella sua versione migliorata rappresenta un passo importante degli sforzi realizzati dall'Unione a sostegno degli Stati membri e delle loro regioni per quanto riguarda la lotta contro la disoccupazione;

5.

sostiene la decisione della Commissione di trasformare la rete europea per l'occupazione in uno strumento orientato al risultato di far coincidere l'offerta e la domanda di lavoro (1);

6.

richiama l'attenzione sulla necessità di farvi rientrare l'accesso ai servizi di EURES in tutta l'UE, da parte sia dei datori di lavoro che delle persone in cerca d'impiego. Per questo, il CdR sottolinea l'importanza di far conoscere ai cittadini i vantaggi della rete, affinché possano sfruttarne appieno il potenziale. Sarà necessario organizzare sessioni informative, campagne nei mezzi di comunicazione e seminari per far conoscere ai cittadini europei le possibilità offerte dalla rete EURES;

7.

sottolinea che gli uffici nazionali di coordinamento del servizio EURES devono impegnarsi a realizzare una stretta cooperazione con gli enti locali e regionali, che svolgono un ruolo chiave nella promozione della mobilità del lavoro;

8.

ritiene che i problemi specifici che devono affrontare i lavoratori frontalieri (sicurezza sociale, regime fiscale e assicurazione) giustifichino l'esistenza dei partenariati transfrontalieri EURES, ai quali spetta un ruolo consultivo fondamentale nelle regioni di confine (2); esprime pertanto preoccupazione riguardo al rischio che le proposte della Commissione portino a una duplice messa sotto tutela di tali partenariati transfrontalieri EURES: da un lato a livello finanziario, assegnando agli uffici nazionali di coordinamento i mezzi impegnati a titolo del programma dell'UE per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) per i partenariati transfrontalieri EURES; dall'altro instaurando, all'articolo 8 del progetto di regolamento in esame, una procedura di autorizzazione nazionale per tali partenariati transfrontalieri EURES, il che sarebbe in contrasto con il disposto dell'articolo 21, lettera a), del regolamento 1296/2013, dell'11 dicembre 2013, relativo a un programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI), che attribuisce ai servizi territorialmente responsabili per le regioni frontaliere la responsabilità di proporre l'istituzione e le attività dei partenariati transfrontalieri EURES;

9.

ribadisce l'importanza di garantire che l'ampliamento della rete EURES in un sistema paneuropeo di sostegno al collocamento e alle assunzioni si realizzi in modo tale che la rete mantenga le sue funzioni di consulenza, e sia così salvaguardata in via prioritaria l'assistenza fornita dai consiglieri di EURES circa le questioni pratiche riguardanti il lavoro e la sicurezza sociale all'estero (3).

La mobilità dei lavoratori

10.

ribadisce che è necessario introdurre misure per promuovere un mercato del lavoro europeo, consentendo ai cittadini e ai lavoratori dell'UE di muoversi più agevolmente attraverso le frontiere grazie all'istituzione di sistemi di equivalenza delle competenze professionali, all'eliminazione degli ostacoli fiscali e all'esportazione delle prestazioni di disoccupazione, nonché rendendo trasferibili i diritti pensionistici (4);

11.

segnala che, nel contesto socioeconomico attuale e affinché sia possibile realizzare gli obiettivi occupazionali della strategia Europa 2020, questa proposta di modernizzazione di EURES rappresenta un contributo concreto agli sforzi in corso per trovare soluzioni innovative finalizzate ad aumentare il livello di occupazione;

12.

mette in risalto i benefici della mobilità del lavoro in quanto meccanismo di adeguamento nel contesto economico attuale, e sottolinea l'importanza di una rete come EURES, che contribuisce a ridurre l'incidenza delle pratiche di concorrenza sleale basate sull'assunzione di lavoratori migranti dell'UE;

13.

evidenzia al riguardo che il Bollettino europeo delle offerte di lavoro mostra come, nonostante l'elevato tasso di disoccupazione in Europa, nel primo trimestre del 2013 sono stati 2 milioni i posti di lavoro rimasti scoperti. Uno studio recente della Commissione, inoltre, mostra che i cittadini migranti dell'UE che rimangono inattivi costituiscono una percentuale molto piccola della popolazione complessiva di ciascuno Stato membro e rappresentano fra lo 0,7 % e l'1 % della popolazione totale dell'UE;

14.

segnala che, sebbene nel passato l'UE si sia concentrata sulla creazione di un quadro giuridico per il mercato unico che garantisca il diritto alla libera circolazione di tutti i cittadini dell'UE, la possibilità reale che i cittadini esercitino tale diritto è stata spesso trascurata, lasciando agli Stati membri un ampio margine di interpretazione rispetto alla normativa vigente, che negli attuali tempi di crisi viene utilizzato in modo altamente restrittivo;

15.

pertanto, esorta la Commissione a presentare misure destinate a promuovere e agevolare la libera circolazione delle persone all'interno dell'UE e ad elaborare norme chiare e pratiche relative al coordinamento dei regimi di sicurezza sociale in seno all'Unione, rendendo così pienamente effettivi i diritti dei cittadini.

Le riforme della rete EURES

Aspetti tecnico-giuridici della proposta di regolamento

16.

ritiene che la proposta di regolamento dovrebbe chiarire la situazione nella rete EURES dei paesi che non fanno parte dell'Unione europea ma aderiscono allo Spazio economico europeo, come la Svizzera;

17.

è dell'avviso che un chiarimento tecnico della proposta di regolamento sia garanzia di una sua applicazione più efficace da parte degli Stati membri e delle loro regioni, dei membri di EURES e in particolare dei suoi partner, garantendo anche un miglior coordinamento fra loro;

18.

al riguardo, chiede alla Commissione di considerare l'opportunità di spiegare nella proposta se gli uffici nazionali di coordinamento rimangano o no integrati nelle strutture statali dei servizi pubblici dell'occupazione, se l'attribuzione a tali servizi del compito di prestare i servizi di sostegno sia una prerogativa degli Stati membri o se, al contrario, la partecipazione di tali servizi rimanga obbligatoria in tutti i paesi;

19.

suggerisce alla Commissione di dare visibilità agli uffici nazionali di coordinamento in quanto organi statali che gestiscono la politica di EURES nei rispettivi territori, attribuendo loro chiaramente tutte le funzioni che i capi III, IV e V della proposta mettono nelle mani degli Stati membri;

20.

segnala che sarebbe opportuno chiarire anche termini come «partenariato appropriato», «funzionari responsabili» o «piano d'azione individuale», nonché il ruolo dei partner di EURES nell'accesso alla piattaforma informatica comune e se, in questo senso, tali partner applichino i principi guida della piattaforma o eventualmente gli obblighi da questi derivati;

21.

esorta la Commissione a chiarire se i sistemi e i procedimenti per lo scambio di offerte e domande di lavoro e di altre informazioni attribuiti all'ufficio europeo di coordinamento e l'obbligo per gli Stati di stabilire procedure per raccogliere e produrre dati sulle attività svolte su scala nazionale in conformità di alcune categorie di indicatori comuni richiedano o meno, da parte della Commissione, l'adozione mediante atti di esecuzione di norme e formati tecnici o modelli e procedure che diano loro uniformità;

22.

invita la Commissione a stabilire chiaramente chi sia responsabile dell'aggiornamento costante delle informazioni. Questo vale in particolare per i paesi in cui le parti sociali concludono contratti collettivi che si applicano al mercato del lavoro in numerosi ambiti contrattuali;

23.

considera particolarmente rilevante il fatto che la proposta di regolamento determini criteri per la composizione degli uffici nazionali di coordinamento e per il Comitato EURES tali da garantire il coordinamento di tali organismi con le regioni di tutti gli Stati membri dell'Unione;

24.

incoraggia la Commissione a seguire in special modo la situazione particolare dei lavoratori a rischio di esclusione dal mercato del lavoro, compresi quelli senza qualifiche o scarsamente qualificati, mediante riferimenti espliciti nei loro confronti inseriti nel testo della proposta, in modo da realizzare uno degli obiettivi dell'articolo 5;

25.

suggerisce pertanto alla Commissione di insistere affinché la mobilità sia informata al principio di non discriminazione, con riferimenti espliciti in tal senso nel testo della proposta, e di prevedere meccanismi per garantirne l'efficacia.

Aspetti di una politica del diritto

26.

esorta la Commissione a coinvolgere tutti gli Stati membri e le loro regioni nello sforzo di coordinare e migliorare la rete EURES, con l'obiettivo di rafforzare la struttura esistente e di non ridurla a una serie di procedimenti burocratici;

27.

ritiene che la nuova struttura della rete EURES comporti la necessità di un sistema di finanziamento di cui occorre chiarire le fonti, dal momento che l'FSE è un fondo strutturale regionalizzato, a differenza dei fondi PSCI;

28.

ritiene inoltre che in tale sistema di finanziamento si debba chiarire la situazione particolare relativa all'assegnazione di fondi a servizi privati dell'occupazione aventi fini di lucro che partecipano alla rete in qualità di partner di EURES;

29.

incoraggia la Commissione a promuovere un'ampia campagna di comunicazione sul servizio EURES migliorato, dato che, nella sua configurazione attuale, tale servizio è in larga misura sconosciuto a molte persone in cerca di impiego e a molte imprese che offrono lavoro;

30.

osserva che spesso il livello locale e regionale è quello più vicino alla maggioranza delle persone in cerca di impiego e ai datori di lavoro, che il mercato del lavoro è prevalentemente locale (5) e che, in genere, presenta gravi problemi propri su scala regionale o locale, come il carattere stagionale dell'attività produttiva e, di conseguenza, anche della manodopera;

31.

per questo risulta importante che vi siano rappresentanti locali e regionali chiaramente identificati che instaurino un dialogo strutturato e uno scambio regolare di informazioni con gli uffici nazionali di coordinamento, al fine di garantire che gli uffici stessi possano trarre vantaggio, su scala nazionale, dalle conoscenze ed esperienze a livello locale e regionale e che, allo stesso tempo, i servizi locali e regionali dell'occupazione possano essere a conoscenza dei servizi di EURES disponibili a livello nazionale ed europeo;

32.

sottolinea che l'elemento fondamentale per il successo delle funzioni consultive dei consiglieri EURES risiede in una conoscenza esatta da parte di questi ultimi delle necessità d'impiego specifiche delle regioni e delle città dell'UE, motivo per cui risulta desiderabile che gli uffici nazionali di coordinamento tendano a collocare i consiglieri EURES negli ambiti territoriali più ridotti delle strutture statali;

33.

sostiene l'utilizzo di EURES per garantire l'accesso alle informazioni sui periodi di tirocinio disponibili, raccomanda che questo strumento diventi anche un sistema per dare un feedback consentendo agli apprendisti di valutare la propria esperienza di tirocinio (6), e auspica che si introducano nuove misure atte ad incentivare un'offerta aperta e trasparente nel settore dei tirocini;

34.

ritiene che la riforma dei servizi di EURES dovrebbe servire a fornire un sostegno attivo ai giovani, adeguandone i servizi e i programmi per renderli più accessibili e istituendo in scuole, istituti e università sistemi personalizzati di consulenza e orientamento per dare assistenza agli studenti, agli apprendisti e, in generale, ai giovani, in modo da renderli più consapevoli delle loro aspirazioni, capacità e opportunità di lavoro;

35.

accoglie con soddisfazione la proposta di migliorare EURES, in particolare mediante l'introduzione di un servizio Match and Map che fornisce una visione geografica chiara delle offerte, e considera che, al momento di pubblicare un'offerta, si dovrebbe identificare chiaramente il lavoro proposto in conformità del QEQ (Quadro europeo delle Qualifiche) e dell'ESCO (classificazione multilingue europea di abilità/competenze, qualifiche e occupazioni), nonché informazioni sugli elementi essenziali dell'assunzione (contratto a tempo determinato o indeterminato, orario di lavoro, retribuzione e luogo esatto della prestazione di servizio). Al riguardo, il Comitato richiama l'attenzione sul ruolo nazionale e regionale che possono svolgere i programmi delle agenzie del lavoro e suggerisce che siano integrati meglio con Enterprise Europe Network (EEN), le regioni e le camere di commercio (che dispongono di solidi rapporti con il mondo imprenditoriale e ne conoscono bene necessità e problemi) (7);

36.

chiede agli Stati membri di collegare i propri sistemi nazionali di qualificazione al QEQ e di farne conoscere l'esistenza a tutti i cittadini promuovendone l'uso nelle certificazioni ufficiali;

37.

di conseguenza, chiede che nel portale EURES si promuova l'utilizzo del sistema CV Europass, del QEQ e dell'ESCO, al fine di integrare questi strumenti, facendo tutto il possibile affinché il suddetto portale consenta di effettuare un abbinamento automatico tra le offerte e le domande di lavoro e i CV, con traduzioni in tutte le lingue dell'UE e descrizioni chiare delle abilità, competenze, occupazioni e qualifiche acquisite a livello nazionale. A questo proposito è indispensabile sottolineare che in nessun caso un sistema automatizzato può sostituire il necessario colloquio personale o il sostegno nel suddetto abbinamento, poiché le competenze e le abilità, come pure le loro descrizioni, per via delle differenze linguistiche non sempre possono essere tradotte parola per parola da una lingua all'altra;

38.

segnala i benefici che una maggiore mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE apporta alle imprese e, in particolare, alle PMI, il cui profilo è prevalentemente nazionale, e chiede quindi a EURES di fornire servizi concreti tenendo conto delle caratteristiche specifiche delle piccole e medie imprese, il che potrebbe richiedere una maggiore assistenza, nonostante spesso queste imprese non possano pagare oneri aggiuntivi o farsi carico degli oneri amministrativi dovuti all'assunzione dei lavoratori mobili;

39.

attira l'attenzione sul fatto che la mancanza di conoscenze linguistiche costituisce attualmente il principale scoglio alla mobilità dei lavoratori nell'UE, per cui fa presente la necessità di rimuovere gli ostacoli linguistici esistenti all'interno dell'Unione promuovendo il lavoro di traduzione di tutte le informazioni pubblicate sul portale EURES in tutte le lingue dell'UE, e chiede che la rete EURES stessa si faccia carico di fornire informazioni di base sui corsi di lingue accessibili ai lavoratori, nonché informazioni pratiche su come muoversi nel paese ospitante;

40.

considera che la libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione europea trarrà beneficio da un miglioramento dell'informazione su questioni specifiche connesse con la mobilità, come le modifiche o gli adattamenti cui sono sottoposte le prestazioni sociali nei casi di mobilità geografica o professionale nell'UE, le informazioni sul livello di diritti acquisiti, le conseguenze della mobilità o le possibili alternative.

Sussidiarietà e proporzionalità

41.

ritiene che la proposta di regolamento rientri nel quadro stabilito dai principi di sussidiarietà (il suo obiettivo, ossia definire un quadro comune per la cooperazione fra gli Stati membri allo scopo di raccogliere le offerte di impiego e renderle effettive, facilitando il raggiungimento di un equilibrio tra l'offerta e la domanda sul mercato del lavoro, non può essere realizzato in modo sufficiente dagli Stati membri per cui, dati le dimensioni e gli effetti dell'azione, tale obiettivo può essere meglio raggiunto su scala europea) e di proporzionalità (il regolamento non va oltre quanto necessario per raggiungere l'obiettivo in parola);

42.

ciononostante, avverte che la rete EURES ha un'origine strettamente europea e nella pratica dovrà tendere a trasformarsi in un vero servizio pubblico europeo dell'impiego;

43.

pertanto incoraggia la Commissione, nel quadro tracciato dai principi di sussidiarietà e di proporzionalità, a rafforzare la dimensione europea della rete EURES, in particolare analizzando la possibilità di attribuire all'ufficio europeo di coordinamento la funzione di autorizzare i partner di EURES e, se del caso, sostituendo la possibilità prevista nella proposta che gli Stati membri stabiliscano obblighi per i partner della rete con l'istituzione di obblighi veri e propri a carico di questi ultimi;

44.

ritiene inoltre che il successo della rete EURES nelle regioni ultraperiferiche e insulari dell'UE, che fanno registrare tassi di disoccupazione elevati, in particolare tra i giovani, esiga che le autorità europee e nazionali tengano in debito conto i vincoli specifici cui sono soggette tali regioni, ossia svantaggi permanenti, strutturali e geografici, che ostacolano in particolare la mobilità dei lavoratori.

Raccomandazioni conclusive

45.

raccomanda e chiede alla Commissione europea di proporre nuovi strumenti per sostenere l'integrazione dei lavoratori mobili attraverso il ricorso ai fondi strutturali;

46.

ritiene che il successo della rete EURES richieda da parte degli Stati membri la promozione di un collegamento con gli interessi specifici delle regioni e/o delle città dell'UE e raccomanda pertanto che il regolamento stabilisca che la cooperazione fra i partner di EURES si sviluppi nella pratica tenendo conto delle particolarità che differenziano fra loro regioni e città dell'Unione europea;

47.

raccomanda che si tenga conto in modo particolare del fatto che il livello locale e regionale è quello più vicino ai cittadini e, pertanto, alle persone in cerca di impiego e ai datori di lavoro, per cui il mercato del lavoro si può considerare come prevalentemente regionale.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Considerando 19

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La responsabilità giuridica di assicurare la qualità intrinseca e tecnica delle informazioni rese disponibili sulla piattaforma informatica comune, in particolare dei dati relativi alle offerte di lavoro, spetta agli organismi che comunicano tali informazioni, conformemente alla legislazione e/o alle norme adottate dagli Stati membri. La Commissione dovrà facilitare la cooperazione per far sì che eventuali frodi o abusi relativi allo scambio di informazioni a livello europeo possano essere individuati rapidamente.

La responsabilità giuridica di assicurare la qualità intrinseca e tecnica delle informazioni rese disponibili sulla piattaforma informatica comune, in particolare dei dati relativi alle offerte di lavoro, spetta agli organismi che comunicano tali informazioni, conformemente alla legislazione e/o alle norme adottate dagli Stati membri. La Commissione dovrà facilitare la cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti, compresi gli stessi cittadini, per far sì che eventuali frodi o abusi relativi allo scambio di informazioni a livello europeo possano essere individuati rapidamente, e autorizzare meccanismi e mezzi accessibili per la denuncia.

Motivazione

È essenziale che le informazioni relative alle offerte di lavoro che sono pubblicate siano attendibili e di qualità, per proteggere i lavoratori dalle frodi e dagli abusi. A tal fine la Commissione deve impegnarsi e coinvolgere gli Stati membri mediante l'introduzione di meccanismi di cooperazione, di individuazione e di denuncia.

Emendamento 2

Articolo 1 — Oggetto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Il presente regolamento mira ad agevolare l'esercizio della libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione, conformemente all'articolo 45 del TFUE, tramite l'istituzione di un quadro comune di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione.

1.   Il presente regolamento mira ad agevolare l'esercizio della libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione, conformemente all'articolo 45 del TFUE, tramite l'istituzione di un quadro comune di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione che consenta alla rete europea di servizi per l'impiego denominata EURES di diventare uno strumento efficace per facilitare la mobilità dei lavoratori all'interno dell'Unione.

2.   Ai fini del primo paragrafo, il presente regolamento stabilisce gli obiettivi, i principi e le norme relativamente:

2.   Ai fini del primo paragrafo, il presente regolamento stabilisce gli obiettivi, i principi e le norme relativamente:

a)

alla cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione per quanto riguarda la condivisione dei dati sulle offerte di lavoro, sulle domande di lavoro e sui CV, nonché sul conseguente collocamento dei lavoratori;

a)

alla cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione per quanto riguarda la condivisione dei dati sulle offerte di lavoro, sulle domande di lavoro e sui CV, nonché sul conseguente collocamento dei lavoratori;

b)

alle misure adottate dagli Stati membri, individualmente o congiuntamente, per facilitare il raggiungimento di un equilibrio tra l'offerta e la domanda sul mercato del lavoro dell'Unione, al fine di promuovere un elevato livello di occupazione;

b)

alle misure adottate dagli Stati membri, individualmente o congiuntamente, per facilitare il raggiungimento di un equilibrio tra l'offerta e la domanda sul mercato del lavoro dell'Unione, al fine di promuovere un elevato livello di occupazione;

c)

al funzionamento di una rete europea di servizi per l'impiego che colleghi Stati membri e Commissione;

c)

alla stessa organizzazione e al funzionamento di una della rete EURES europea di servizi per l'impiego che colleghi Stati membri e Commissione;

d)

ai connessi servizi di sostegno alla mobilità destinati ai lavoratori e ai datori di lavoro.

d)

ai connessi servizi di sostegno alla mobilità destinati ai lavoratori e ai datori di lavoro.

Motivazione

È fondamentale sottolineare che l'obiettivo del futuro regolamento è quello di rafforzare e potenziare l'uso della rete dei servizi europei dell'occupazione EURES, nei termini della decisione della Commissione 2003/8/CE del 23 dicembre 2002 e della decisione di esecuzione 2012/733/UE del 26 novembre 2012, che sarà abrogata con l'entrata in vigore della proposta di regolamento in esame. La proposta stessa adotta implicitamente questo presupposto, ad esempio, all'articolo 10, paragrafo 3, che prevede che i servizi pubblici per l'impiego già costituiti come partner di EURES quando il regolamento entrerà in vigore siano esenti dall'applicazione dell'articolo 8 per un periodo di cinque anni. D'altro canto, molte delle disposizioni della Carta EURES adottata dall'Ufficio europeo di coordinamento EURES (2010/C 311/05, GU 16.11.2010), non inclusa tra le disposizioni abrogate dall'articolo 35, potranno essere considerate in vigore dopo l'adozione della proposta in esame. Infine, la nuova formulazione del punto 1.2, lettera d), è intesa a renderlo più comprensibile.

Emendamento 3

Articolo 2 — Definizioni

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)

«servizi pubblici per l'impiego»: organismi degli Stati membri che fanno capo a ministeri, enti pubblici o società di diritto pubblico e il cui compito è attuare politiche attive del mercato del lavoro ed erogare servizi per l'impiego nell'interesse pubblico;

b)

«servizi per l'impiego»: qualsiasi persona fisica o giuridica legittimamente operante in uno Stato membro, che offra servizi che consentono ai richiedenti lavoro di trovare un impiego e ai datori di lavoro di assumere personale;

Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)

«servizi pubblici per l'impiego»: organismi degli Stati membri che fanno capo a ministeri, enti pubblici o società di diritto pubblico e il cui compito è attuare politiche attive del mercato del lavoro ed erogare servizi per l'impiego nell'interesse pubblico;

b)

«servizi per l'impiego»: qualsiasi persona fisica o giuridica legittimamente operante in uno Stato membro, di natura sia pubblica che privata e, in quest'ultimo caso, con o senza fini di lucro, che offra servizi che consentono ai richiedenti lavoro di trovare un impiego e ai datori di lavoro di assumere personale;

c)

«offerta di lavoro»: qualsiasi offerta di impiego, anche sotto forma di apprendistato e tirocinio considerati alla stregua di un'attività lavorativa;

d)

«messa in contatto e compensazione»: lo scambio di informazioni e il trattamento delle offerte di lavoro, delle domande di lavoro e dei CV;

e)

«piattaforma informatica comune»: l'infrastruttura informatica e le relative piattaforme istituite a livello europeo ai fini della messa in contatto e della compensazione;

f)

«collocamento» ad opera dei servizi per l'impiego di un lavoratore presso un datore di lavoro o «assunzione» di un lavoratore per conto di un datore di lavoro: la prestazione di servizi di intermediazione tra l'offerta e la domanda finalizzata a coprire un posto di lavoro disponibile;

g)

«lavoratore frontaliero»: qualsiasi persona che eserciti un'attività subordinata in uno Stato membro e che risieda in un altro Stato membro, nel quale rientra in linea di massima ogni giorno o almeno una volta la settimana.

c)

«offerta di lavoro»: qualsiasi offerta di impiego, anche sotto forma di apprendistato e tirocinio considerati alla stregua di un'attività lavorativa;

d)

«messa in contatto e compensazione»: lo scambio di informazioni e il trattamento delle offerte di lavoro, delle domande di lavoro e dei CV;

e)

«piattaforma informatica comune»: l'infrastruttura informatica e le relative piattaforme istituite a livello europeo ai fini della messa in contatto e della compensazione;

f)

«collocamento» ad opera dei servizi per l'impiego di un lavoratore presso un datore di lavoro o «assunzione» di un lavoratore per conto di un datore di lavoro: la prestazione di servizi di intermediazione tra l'offerta e la domanda finalizzata a coprire un posto di lavoro disponibile;

g)

«lavoratore frontaliero»: qualsiasi persona che eserciti un'attività subordinata in uno Stato membro e che risieda in un altro Stato membro, nel quale rientra in linea di massima ogni giorno o almeno una volta la settimana.

Motivazione

La chiarezza normativa e la certezza del diritto rendono necessario prescindere da elementi impliciti nella norma volta a definire cosa sono i «servizi per l'impiego» negli Stati membri. L'obiettivo è sottolineare in modo esplicito le diverse forme che questi servizi possono assumere, nonché la possibilità di un fine di lucro. Tutto ciò è coerente sia con la giurisprudenza europea (8) sia con la concezione della Commissione stessa circa i servizi per l'impiego in quanto servizi di interesse generale (9). Questa redazione riflette l'idea per cui qualsiasi politica pubblica orientata alla piena occupazione dovrebbe incoraggiare la collaborazione tra pubblico e privato a tutti i livelli territoriali, aprendo agli operatori privati i servizi di informazione, orientamento e intermediazione per l'occupazione.

Emendamento 4

Capo II.

(Istituzione della rete EURES) e articolo 3 (istituzione)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

CAPO II.

ISTITUZIONE DELLA RETE EURES

Articolo 3

Istituzione

Il presente regolamento istituisce una rete europea di servizi per l'impiego («la rete EURES»).

CAPO II.

ORGANIZZAZIONE ISTITUZIONE DELLA RETE EURES

Articolo 3

Istituzione

Il presente regolamento istituisce una rete europea di servizi per l'impiego («la rete EURES»).

Motivazione

Come spiegato nell'emendamento 2, la rete EURES non è stabilita con la proposta di regolamento in esame, che invece ne rinnova l'organizzazione e la dinamica. Il titolo del Capo II va adattato al suo obiettivo reale, ossia l'organizzazione della rete EURES, e l'articolo 3 può essere soppresso.

Emendamento 5

Articolo 4 — Composizione, funzioni e responsabilità congiunte

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   La rete EURES comprende le seguenti entità:

a)

la Commissione europea, incaricata di assistere la rete EURES nello svolgimento delle sue attività tramite l'«ufficio europeo di coordinamento»;

b)

i membri di EURES, ossia gli organismi designati dagli Stati membri, responsabili dell'applicazione del presente regolamento nel rispettivo Stato membro, vale a dire gli «uffici di coordinamento nazionali»;

1.   La rete EURES comprende le seguenti entità:

a)

la Commissione europea, incaricata di assistere la rete EURES nello svolgimento delle sue attività tramite l'«ufficio europeo di coordinamento»;

b)

i membri di EURES, ossia gli organismi designati dagli Stati membri, responsabili dell'applicazione del presente regolamento nel rispettivo Stato membro, vale a dire gli «uffici di coordinamento nazionali»;

c)

i partner di EURES, ossia gli organismi autorizzati dagli Stati membri a fornire sostegno tramite la messa in contatto e la compensazione a livello nazionale, regionale e/o locale e/o servizi di sostegno ai lavoratori e ai datori di lavoro.

c)

i partner di EURES, ossia gli organismi autorizzati dagli Stati membri a fornire sostegno tramite la messa in contatto e la compensazione a livello nazionale, regionale e/o locale e/o servizi di sostegno ai lavoratori e ai datori di lavoro, nonché i partenariati transfrontalieri di EURES.

2.   Secondo i rispettivi ruoli e responsabilità, tutti gli organismi partecipanti alla rete EURES incentivano attivamente, in stretta collaborazione, le opportunità offerte dalla mobilità lavorativa nell'Unione e si adoperano per migliorare modi e mezzi che consentano ai lavoratori e ai datori di lavoro di cogliere tali opportunità a livello locale, regionale, nazionale ed europeo.

2.   Secondo i rispettivi ruoli e responsabilità, tutti gli organismi partecipanti alla rete EURES incentivano attivamente, in stretta collaborazione, le opportunità offerte dalla mobilità lavorativa nell'Unione e si adoperano per migliorare modi e mezzi che consentano ai lavoratori e ai datori di lavoro di cogliere tali opportunità a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, nazionale e, in modo particolare, regionale e/o locale.

Motivazione

Al paragrafo 1, lettera c), i partenariati transfrontalieri EURES non dovrebbero essere oggetto di una procedura di autorizzazione per Stato membro e dovrebbero quindi essere indicati come entità separate.

D'altro canto, la nuova redazione dell'articolo 4, paragrafo 2, è intesa a sottolineare il ruolo importante che, nella pratica dei mercati del lavoro, svolgono o dovrebbero svolgere gli ambiti territoriali più ridotti delle strutture statali. In quest'ottica, nel parere Il ruolo delle autorità locali e regionali nel promuovere la crescita e rafforzare la creazione di posti di lavoro (2013/C 62/14), il CdR si è pronunciato sulla frequenza con cui gli enti locali e regionali sono responsabili di applicare, fra le altre, la politica dell'occupazione.

Emendamento 6

Articolo 6 — Responsabilità dell'ufficio europeo di coordinamento

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 6.

Responsabilità dell'ufficio europeo di coordinamento

Articolo 6

Responsabilità Funzioni dell'ufficio europeo di coordinamento

1.   L'ufficio europeo di coordinamento si impegna in particolare:

1.   L'ufficio europeo di coordinamento si impegna in particolare:

a)

a definire un quadro coerente e a fornire un appoggio orizzontale alla rete EURES tramite:

a)

a definire un quadro coerente organizzare e a fornire un appoggio orizzontale alla rete EURES tramite:

i)

la gestione e lo sviluppo di un portale europeo della mobilità lavorativa («portale EURES») e dei servizi informatici connessi, compresi i sistemi e le procedure per lo scambio di offerte di lavoro, di domande di lavoro, di CV, di documenti giustificativi quali i passaporti delle competenze, e di altre informazioni, in collaborazione con altri servizi o reti di informazione e di consulenza e iniziative pertinenti dell'Unione;

i)

la gestione e lo sviluppo di un del portale europeo della mobilità lavorativa (ossia il«portale EURES») e dei servizi informatici connessi, compresi i sistemi e le procedure per lo scambio di offerte di lavoro, di domande di lavoro, di CV, di documenti giustificativi quali i passaporti delle competenze, e di altre informazioni, in collaborazione con altri servizi o reti di informazione e di consulenza e iniziative pertinenti dell'Unione;

ii)

attività di informazione e comunicazione;

ii)

attività di informazione e comunicazione;

iii)

un programma comune di formazione del personale di EURES;

iii)

un programma comune di formazione del personale di EURES;

iv)

la messa in rete, lo scambio delle migliori pratiche e l'apprendimento reciproco all'interno della rete EURES;

iv)

la messa in rete, lo scambio delle migliori pratiche e l'apprendimento reciproco all'interno della rete EURES;

b)

ad effettuare un'analisi della mobilità geografica e professionale;

b)

ad effettuare un'analisi della mobilità geografica e professionale, al fine di rispecchiare le singolarità regionali e/o locali;

c)

a sviluppare un quadro adeguato per la cooperazione e la messa in contatto e la compensazione all'interno dell'Unione in tema di apprendistati e tirocini, in conformità al presente regolamento;

c)

a sviluppare un quadro adeguato per la cooperazione e la messa in contatto e la compensazione all'interno dell'Unione in tema di apprendistati e tirocini, in conformità al presente regolamento;

d)

a monitorare e valutare le attività di EURES e i suoi risultati in termini di occupazione, in collaborazione con i membri di EURES.

d)

a monitorare e valutare le attività di EURES e i suoi risultati in termini di occupazione, in collaborazione con i membri di EURES, tenendo conto in particolare della sua dimensione regionale o locale e, se del caso, formulare le proposte di miglioramento considerate opportune.

2.   I suoi programmi di lavoro pluriennali sono elaborati di concerto con il gruppo di coordinamento EURES di cui all'articolo 11.

2.   I suoi programmi di lavoro pluriennali dell'ufficio europeo di coordinamento sono elaborati adottati di concerto con il gruppo di coordinamento EURES di cui all'articolo 11.

Motivazione

Il termine «funzioni» è più chiaro e conferisce al testo maggiore certezza giuridica. Le modifiche al paragrafo 1, lettera a), sono intese a migliorarne la redazione dal punto di vista tecnico, sottolineando che il portale EURES è già operativo. Il ruolo di monitoraggio e di valutazione dei risultati di EURES in materia di occupazione sarà tanto più efficace quanto maggiori e migliori saranno le informazioni che fornirà circa i livelli territoriali più ridotti delle strutture statali. È altresì necessario puntare a rendere più completa l'attività dell'ufficio presentando proposte di miglioramento. Infine, è auspicabile chiarire l'obbligo di elaborare programmi di lavoro pluriennali nel testo del regolamento. La formulazione originale del paragrafo 2 non chiarisce l'origine dell'obbligo per l'ufficio, che si può far risalire implicitamente agli orientamenti EURES — punto 2.4.1 della Carta EURES.

Emendamento 7

Articolo 7 — Responsabilità degli uffici di coordinamento nazionali

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 7.

Responsabilità degli uffici di coordinamento nazionali

Articolo 7

Funzioni Responsabilità degli uffici di coordinamento nazionali

1.   Ogni ufficio di coordinamento nazionale ha il compito:

1.   Ogni ufficio di coordinamento nazionale ha il compito si incarica, in particolare:

a)

di cooperare con la Commissione e gli altri Stati membri in ordine alla messa in contatto e alla compensazione, nel quadro stabilito al capo III;

b)

di organizzare le attività di EURES nello Stato membro interessato, anche fornendo servizi di sostegno conformemente al capo IV;

a)

di cooperare con la Commissione e gli altri Stati membri in ordine alla messa in contatto e alla compensazione, nel quadro stabilito al capo III;

b)

di organizzare le attività di EURES nello Stato membro interessato, anche compresa la prestazione di fornendo servizi di sostegno che dedichino un'attenzione particolare alla dimensione regionale e/o locale, conformemente al capo IV;

c)

di coordinare le azioni dello Stato membro interessato a livello nazionale e con gli altri Stati membri conformemente al capo V.

c)

di coordinare le azioni dello Stato membro interessato a livello nazionale e con gli altri Stati membri conformemente al capo V.

2.   L'ufficio di coordinamento nazionale organizza inoltre l'attuazione a livello nazionale delle attività di sostegno orizzontali dell'ufficio europeo di coordinamento di cui all'articolo 6, ove necessario in stretta collaborazione con questo e con altri uffici di coordinamento nazionali. Tali attività di sostegno orizzontale sono in particolare le seguenti:

2.   L'ufficio di coordinamento nazionale organizza inoltre l'attuazione a livello nazionale delle attività di sostegno orizzontali dell'ufficio europeo di coordinamento di cui all'articolo 6, ove necessario in stretta collaborazione con questo e con altri uffici di coordinamento nazionali. Tali attività di sostegno orizzontale sono in particolare le seguenti A tale scopo, ogni ufficio nazionale deve, in particolare:

a)

ai fini della pubblicazione, anche sul portale EURES, la raccolta e la convalida delle informazioni sui partner di EURES presenti sul territorio nazionale, sulle loro attività e sulla gamma di servizi di sostegno proposti ai lavoratori e ai datori di lavoro;

a)

ai fini della pubblicazione, anche sul portale EURES, la raccolta e la convalida delle raccogliere e convalidare le informazioni sui partner di EURES presenti sul territorio nazionale, sulle loro attività e sulla gamma di servizi di sostegno proposti ai lavoratori e ai datori di lavoro;

b)

le attività propedeutiche alla formazione connesse con le attività di EURES, nonché la selezione del personale partecipante al programma comune di formazione e ad attività di apprendimento reciproco;

b)

le realizzare attività propedeutiche alla formazione connesse con le attività di EURES, nonché la selezione del e selezionare il personale partecipante al programma comune di formazione e ad attività di apprendimento reciproco;

c)

la raccolta e l'analisi dei dati previsti agli articoli 28 e 29.

c)

elaborare un programma di lavoro annuale, in conformità con l'articolo 28, nonché raccogliere e analizzare i la raccolta e l'analisi dei dati previsti agli articoli 28 e all'articolo 29.

3.   Ai fini della pubblicazione, anche sul portale EURES, nell'interesse dei lavoratori e dei datori di lavoro, l'ufficio di coordinamento nazionale convalida, aggiorna regolarmente e diffonde in tempo utile le informazioni e gli orientamenti disponibili a livello nazionale in merito:

3.   Ai fini della pubblicazione, anche sul portale EURES, nell'interesse dei lavoratori e dei datori di lavoro, l'ufficio di coordinamento nazionale convalida, aggiorna regolarmente e diffonde in tempo utile le informazioni e gli orientamenti disponibili a livello nazionale in merito:

a)

alle condizioni di vita e di lavoro;

b)

alle procedure amministrative in materia di occupazione;

c)

alle norme applicabili ai lavoratori;

d)

agli apprendistati e ai tirocini;

e)

se del caso, alla situazione dei lavoratori frontalieri in particolare nelle regioni transfrontaliere.

a)

alle condizioni di vita e di lavoro;

b)

alle procedure amministrative in materia di occupazione;

c)

alle norme applicabili ai lavoratori;

d)

agli apprendistati e ai tirocini;

e)

se del caso, alla situazione dei lavoratori frontalieri in particolare nelle regioni transfrontaliere.

Ove necessario, l'ufficio di coordinamento nazionale può convalidare e diffondere le informazioni in collaborazione con altri servizi e reti di informazione e consulenza e con organismi appropriati su scala nazionale, compresi quelli di cui all'articolo 5 della direttiva 2013/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori.

Ove necessario, l'ufficio di coordinamento nazionale può convalidare e diffondere le informazioni in collaborazione con altri servizi e reti di informazione e consulenza e con organismi appropriati su scala nazionale, compresi quelli di cui all'articolo 5 della direttiva 2013/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori.

4.   L'ufficio di coordinamento nazionale sostiene in generale gli organismi partecipanti alla rete EURES e presenti sul suo territorio nella collaborazione con i loro omologhi negli altri Stati membri. Ciò vale in particolare nel caso di reclami in relazione ad offerte di lavoro e ad assunzioni di personale nel quadro di EURES, nonché nella cooperazione con le autorità pubbliche, quali ad esempio gli ispettorati del lavoro.

4.   L'ufficio di coordinamento nazionale sostiene in generale gli organismi partecipanti alla rete EURES e presenti sul suo territorio nella collaborazione con i loro omologhi negli altri Stati membri. Ciò vale in particolare nel caso di reclami in relazione ad offerte di lavoro e ad assunzioni di personale nel quadro di EURES, nonché nella cooperazione con le autorità pubbliche, quali ad esempio gli ispettorati del lavoro.

5.   L'ufficio di coordinamento nazionale incoraggia la collaborazione con le parti interessate, quali i servizi di orientamento professionale, le università, le camere di commercio e le organizzazioni che partecipano a programmi di apprendistato e di tirocinio.

5.   L'ufficio di coordinamento nazionale incoraggia la collaborazione con le parti interessate, quali i servizi di orientamento professionale, le università, le camere di commercio e le organizzazioni che partecipano a programmi di apprendistato e di tirocinio.

6.   Ciascuno Stato membro provvede a che il proprio ufficio di coordinamento nazionale disponga del personale e delle altre risorse necessarie per l'espletamento dei suoi compiti, quali definiti dal presente regolamento.

6.   Ciascuno Stato membro provvede a che il proprio ufficio di coordinamento nazionale disponga del personale e delle altre risorse necessarie per l'espletamento dei suoi compiti, quali definiti dal presente regolamento, e rappresenti adeguatamente gli interessi regionali e/o locali nei rispettivi territori.

7.   L'ufficio di coordinamento nazionale è diretto da un coordinatore nazionale che è membro del gruppo di coordinamento di cui all'articolo 11.

7.   L'ufficio di coordinamento nazionale è diretto da un coordinatore nazionale che è membro del gruppo di coordinamento di cui all'articolo 11.

Motivazione

La modifica del titolo dell'articolo e del paragrafo 1, primo comma, è in linea con l'emendamento precedente. Il nuovo testo del paragrafo 1, lettera b), vuol essere un miglioramento tecnico: l'ufficio nazionale non fornisce direttamente servizi di sostegno ma organizza la loro prestazione. Esso tuttavia serve anche a rafforzare la dimensione regionale dei servizi di sostegno forniti dai partner di EURES. La stessa volontà di miglioramento tecnico è all'origine delle modifiche proposte per il paragrafo 2 e per il paragrafo 3, primo comma. La nuova formulazione dell'articolo 7, paragrafo 6, infine, risponde al già citato obiettivo di garantire che tutte queste questioni connesse alla mobilità del lavoro siano trattate al livello più vicino possibile.

Emendamento 8

Articolo 8 — Autorizzazione dei partner di EURES

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Ciascuno Stato membro istituisce un sistema in base al quale autorizza i partner di EURES a partecipare alla rete EURES, monitora le loro attività e ne verifica la conformità alla legislazione nazionale e a quella dell'Unione nell'applicazione del presente regolamento. Tale sistema è trasparente, proporzionato e conforme ai principi della parità di trattamento degli organismi candidati e del rispetto della legge.

1.   Ciascuno Stato membro istituisce un sistema in base al quale autorizza i partner di EURES a partecipare alla rete EURES, monitora le loro attività e ne verifica la conformità alla legislazione nazionale e a quella dell'Unione nell'applicazione del presente regolamento. Tale sistema è trasparente, proporzionato e conforme ai principi della parità di trattamento degli organismi candidati e del rispetto della legge.

I partenariati transfrontalieri EURES proposti dai servizi territorialmente responsabili per le regioni frontaliere sono esenti da tale procedura di autorizzazione nazionale e, una volta stabiliti, sono considerati come partner di diritto di EURES.

2.   Gli Stati membri informano l'ufficio europeo di coordinamento in merito ai sistemi nazionali istituiti e ai partner di EURES autorizzati a partecipare alla rete EURES.

2.   Gli Stati membri informano l'ufficio europeo di coordinamento in merito ai sistemi nazionali istituiti e ai partner di EURES autorizzati a partecipare alla rete EURES.

3.   I servizi per l'impiego operanti legittimamente in uno Stato membro possono chiedere in tale Stato membro di partecipare alla rete EURES in quanto partner di EURES, fermi restando il rispetto delle condizioni di cui al presente regolamento e il sistema istituito dallo Stato membro in questione.

3.   I servizi per l'impiego operanti legittimamente in uno Stato membro possono chiedere in tale Stato membro di partecipare alla rete EURES in quanto partner di EURES, fermi restando il rispetto delle condizioni di cui al presente regolamento e il sistema istituito dallo Stato membro in questione.

4.   I partner di EURES sono autorizzati a partecipare alla rete EURES conformemente ai criteri minimi comuni definiti nell'allegato.

4.   I partner di EURES sono autorizzati a partecipare alla rete EURES conformemente ai criteri minimi comuni definiti nell'allegato.

5.   I criteri minimi comuni lasciano impregiudicata l'applicazione da parte di uno Stato membro dei criteri o dei requisiti supplementari da esso ritenuti necessari ai fini di una corretta applicazione delle norme che regolano le attività dei servizi per l'impiego e della gestione efficace delle politiche del mercato del lavoro sul suo territorio nazionale. Per garantire la trasparenza, tali criteri e requisiti sono parte integrante del sistema di cui al paragrafo 1.

5.   I criteri minimi comuni lasciano impregiudicata l'applicazione da parte di uno Stato membro dei criteri o dei requisiti supplementari da esso ritenuti necessari ai fini di una corretta applicazione delle norme che regolano le attività dei servizi per l'impiego e della gestione efficace delle politiche del mercato del lavoro sul suo territorio nazionale. Per garantire la trasparenza, tali criteri e requisiti sono parte integrante del sistema di cui al paragrafo 1.

6.   I partner di EURES possono associarsi con altri partner di EURES o altri organismi per conformarsi ai criteri figuranti nell'allegato. In questi casi, il mantenimento di un partenariato appropriato è un'ulteriore condizione per poter partecipare alla rete EURES.

6.   I partner di EURES possono associarsi con altri partner di EURES o altri organismi per conformarsi ai criteri figuranti nell'allegato. In questi casi, il mantenimento di un partenariato appropriato e, in particolare, orientato a risolvere i problemi specifici delle regioni e località dell'Unione, è un'ulteriore condizione per poter partecipare alla rete EURES.

7.   Al fine di modificare l'allegato, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente alla procedura di cui all'articolo 33.

7.   Al fine di modificare l'allegato, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente alla procedura di cui all'articolo 33.

8.   La Commissione può, mediante atti di esecuzione, adottare un modello per la descrizione del sistema nazionale e procedure per condividere informazioni sui sistemi nazionali tra gli Stati membri. La Commissione adotta tali atti di esecuzione conformemente alla procedura consultiva di cui all'articolo 34, paragrafo 2.

8.   La Commissione può, mediante atti di esecuzione, adottare un modello per la descrizione del sistema nazionale e procedure per condividere informazioni sui sistemi nazionali tra gli Stati membri. La Commissione adotta tali atti di esecuzione conformemente alla procedura consultiva di cui all'articolo 34, paragrafo 2.

Motivazione

L'emendamento al paragrafo 1 è inteso a preservare l'efficacia delle disposizioni sui partenariati transfrontalieri EURES sulla base in particolare dell'articolo 21, lettera a), del regolamento 1296/2013 dell'11 dicembre 2013, relativo a un programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI).

Per quanto riguarda il paragrafo 6, la cooperazione tra i partner di EURES o tra questi e altre organizzazioni per adeguarsi ai requisiti di cui all'allegato della proposta di regolamento è una misura che può contribuire a rafforzare l'efficacia delle azioni dei partner di EURES, ed è appunto in tale ottica che il regolamento dovrebbe stabilire che tale cooperazione si svolga nella pratica tenendo conto delle particolarità che differenziano le regioni e/o le città dell'UE.

Emendamento 9

Articolo 11 — Gruppo di coordinamento

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Il gruppo di coordinamento è composto dai rappresentanti dell'ufficio europeo di coordinamento e degli uffici di coordinamento nazionali.

1.   Il gruppo di coordinamento è composto dai rappresentanti dell'ufficio europeo di coordinamento e degli uffici di coordinamento nazionali.

2.   Il gruppo di coordinamento sostiene l'attuazione del presente regolamento attraverso lo scambio di informazioni e l'elaborazione di orientamenti. In particolare, contribuisce all'elaborazione dei progetti di norme tecniche e di formati di cui all'articolo 14, paragrafo 8, e all'articolo 16, paragrafo 5.

2.   Il gruppo di coordinamento sostiene l'attuazione del presente regolamento attraverso lo scambio di informazioni e l'elaborazione di orientamenti. In particolare, contribuisce all'elaborazione dei progetti di norme tecniche e di formati di cui all'articolo 14, paragrafo 8, e all'articolo 16, paragrafo 5.

3.   L'ufficio europeo di coordinamento organizza i lavori del gruppo di coordinamento e presiede le riunioni.

Esso invita i rappresentanti delle parti sociali a livello dell'Unione a partecipare alle riunioni.

3.   L'ufficio europeo di coordinamento organizza i lavori del gruppo di coordinamento e presiede le riunioni.

Esso invita i rappresentanti delle parti sociali a livello dell'Unione a partecipare alle riunioni, in particolare in considerazione del dettato dell'articolo 28, paragrafo 4.

Motivazione

L'emendamento è finalizzato a un miglioramento sistematico della coesione normativa del regolamento proposto. Il diritto delle parti sociali al livello dell'UE di essere invitate a partecipare alle riunioni del gruppo di coordinamento EURES ha, tra le sue finalità precipue, quella di consentire la loro consultazione in merito ai progetti di programmi di lavoro che ciascun ufficio di coordinamento nazionale deve elaborare ogni anno.

Emendamento 10

Articolo 18 — Principi

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Gli Stati membri provvedono a che i lavoratori e i datori di lavoro possano fruire dei servizi di sostegno a livello nazionale.

1.   Gli Stati membri provvedono a che i lavoratori e i datori di lavoro possano fruire dei servizi di sostegno a livello nazionale.

2.   Essi incoraggiano lo sviluppo di un approccio coordinato di tali servizi a livello nazionale.

2.   Essi incoraggiano lo sviluppo di un approccio coordinato di tali servizi a livello nazionale, al fine di rispondere alle esigenze specifiche delle aree regionali o locali.

3.   Tramite l'intermediazione dei partner di EURES, gli Stati membri provvedono a che i servizi di sostegno di cui agli articoli da 20 a 23 siano prestati:

3.   Tramite l'intermediazione dei partner di EURES, gli Stati membri provvedono a che i servizi di sostegno di cui agli articoli da 20 a 23 siano prestati:

a)

direttamente dai loro servizi pubblici per l'impiego, conformemente all'articolo 10;

b)

da organismi che operano sotto la responsabilità dei loro servizi pubblici per l'impiego, sulla base della delega o dell'esternalizzazione o in virtù di accordi specifici conclusi con tali servizi pubblici per l'impiego o con altre entità per i servizi forniti da tali organismi;

c)

da uno o più partner di EURES, o

d)

associando le opzioni di cui alle lettere a), b) e c).

a)

direttamente dai loro servizi pubblici per l'impiego, conformemente all'articolo 10;

b)

da organismi che operano sotto la responsabilità dei loro servizi pubblici per l'impiego, sulla base della delega o dell'esternalizzazione o in virtù di accordi specifici conclusi con tali servizi pubblici per l'impiego o con altre entità per i servizi forniti da tali organismi;

c)

da uno o più partner di EURES, o

d)

associando le opzioni di cui alle lettere a), b) e c).

4.   In ciascuno Stato membro i servizi di sostegno di cui agli articoli da 20 a 23 sono erogati quantomeno dagli organismi di cui al paragrafo 3, lettere a) o b).

4.   In ciascuno Stato membro i servizi di sostegno di cui agli articoli da 20 a 23 sono erogati quantomeno dagli organismi di cui al paragrafo 3, lettere a) o b).

5.   I servizi di sostegno ai lavoratori di cui agli articoli 20, 22 e 23 e l'aiuto all'iscrizione al portale EURES di cui all'articolo 17, paragrafo 1, sono gratuiti.

5.   I servizi di sostegno ai lavoratori di cui agli articoli 20, 22 e 23 e l'aiuto all'iscrizione al portale EURES di cui all'articolo 17, paragrafo 1, sono gratuiti.

6.   I servizi di sostegno ai datori di lavoro di cui agli articoli 21 e 22 e l'aiuto all'iscrizione al portale EURES di cui all'articolo 17, paragrafo 2, possono essere a pagamento. In ogni caso, la tariffa percepita per i servizi EURES corrisponde a quella applicabile a servizi comparabili erogati dagli organismi interessati.

6.   I servizi di sostegno ai datori di lavoro di cui agli articoli 21 e 22 e l'aiuto all'iscrizione al portale EURES di cui all'articolo 17, paragrafo 2, possono essere a pagamento. In ogni caso, la tariffa percepita per i servizi EURES corrisponde a quella applicabile a servizi comparabili erogati dagli organismi interessati.

7.   I partner di EURES interessati utilizzano i propri canali di informazione per indicare chiaramente ai lavoratori e ai datori di lavoro la gamma dei servizi di sostegno che essi offrono, nonché le modalità e le condizioni di accesso a tali servizi. Tali informazioni sono pubblicate sul portale EURES.

7.   I partner di EURES interessati utilizzano i propri canali di informazione per indicare chiaramente ai lavoratori e ai datori di lavoro la gamma dei servizi di sostegno che essi offrono, nonché le modalità e le condizioni di accesso a tali servizi. Tali informazioni sono pubblicate sul portale EURES.

Motivazione

Il successo della rete EURES presuppone che gli Stati membri incoraggino il suo collegamento con gli interessi specifici delle regioni e delle città dell'Unione europea.

Emendamento 11

Articolo 25 — Scambio di informazioni sui flussi e sui modelli di mobilità

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La Commissione e gli Stati membri monitorano i flussi e i modelli della mobilità lavorativa nell'Unione sulla base delle statistiche di Eurostat e dei dati nazionali disponibili.

La Commissione e gli Stati membri monitorano i flussi e i modelli della mobilità lavorativa nell'Unione sulla base delle statistiche di Eurostat e dei dati nazionali e regionali disponibili.

Motivazione

I risultati del controllo della Commissione e degli Stati membri sui flussi e sui modelli della mobilità del lavoro saranno tanto più rispondenti alla realtà quanto più saranno in grado di tenere adeguatamente conto delle diverse connotazioni delle regioni appartenenti all'Unione europea.

Emendamento 12

Articolo 26 — Scambio di informazioni tra Stati membri

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Ciascuno Stato membro raccoglie e analizza, in particolare, informazioni in merito:

1.   Ciascuno Stato membro raccoglie e analizza, in particolare, informazioni in merito:

a)

alle carenze e alle eccedenze di manodopera sui mercati del lavoro nazionali e settoriali e alla misura in cui la mobilità lavorativa può contribuire a rimediarvi;

b)

alle attività di EURES a livello nazionale;

c)

alla posizione della rete EURES sul mercato per l'insieme dei servizi di assunzione a livello nazionale.

a)

alle carenze e alle eccedenze di manodopera sui mercati del lavoro nazionali e settoriali e alla misura in cui la mobilità lavorativa può contribuire a rimediarvi;

b)

alle attività di EURES a livello nazionale;

c)

alla posizione della rete EURES sul mercato per l'insieme dei servizi di assunzione a livello nazionale.

2.   Gli uffici nazionali di coordinamento sono incaricati di condividere le informazioni nell'ambito della rete EURES e di contribuire all'analisi congiunta.

2.   Gli uffici nazionali di coordinamento sono incaricati di condividere le informazioni nell'ambito della rete EURES e di contribuire all'analisi congiunta.

3.   Sulla scorta delle informazioni scambiate e dell'analisi congiunta, gli Stati membri elaborano politiche di mobilità come elementi essenziali delle loro politiche a favore dell'occupazione. Tali politiche di mobilità costituiscono il quadro sulla base del quale gli Stati membri effettuano la programmazione di cui all'articolo 28.

3.   Sulla scorta delle informazioni scambiate e dell'analisi congiunta, gli Stati membri elaborano si adoperano per elaborare politiche di mobilità come elementi essenziali delle loro politiche a favore dell'occupazione. Tali politiche di mobilità costituiscono il quadro sulla base del quale gli Stati membri effettuano la programmazione di cui all'articolo 28.

4.   L'ufficio europeo di coordinamento stabilisce procedure e fissa modalità pratiche per facilitare lo scambio di informazioni tra gli uffici di coordinamento nazionali e l'elaborazione dell'analisi congiunta.

4.   L'ufficio europeo di coordinamento stabilisce procedure e fissa modalità pratiche per facilitare lo scambio di informazioni tra gli uffici di coordinamento nazionali e l'elaborazione dell'analisi congiunta.

Motivazione

Nel Titolo IX della parte terza del TFUE, e in particolare agli articoli 147, paragrafo 1, e 149, secondo comma, si conferma che in materia di politica dell'occupazione le competenze normative, pur essendo per loro natura condivise tra l'UE e gli Stati membri, sono tuttora esercitate da questi ultimi. Obbligare gli Stati membri a mettere a punto politiche per la mobilità va oltre la semplice formulazione di orientamenti da parte del legislatore europeo (articolo 148, paragrafo 2, del TFUE), o l'adozione di misure di incentivazione volte a sostenere l'azione degli Stati membri nel settore dell'occupazione (articolo 149 del TFUE). Tale obbligo deve essere sostituito da una raccomandazione agli Stati membri affinché adottino provvedimenti al riguardo.

Emendamento 13

ALLEGATO

Criteri comuni in merito all'autorizzazione a organizzazioni ad agire in qualità di partner di EURES

1. PRESTAZIONE DI SERVIZI

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Esistenza di meccanismi e di procedure idonei a consentire di verificare e di assicurare il pieno rispetto delle norme e delle prescrizioni giuridiche applicabili in materia di lavoro, compresa la normativa vigente in tema di protezione dei dati nonché le prescrizioni e le norme circa la qualità dei dati sulle offerte di lavoro

1.

Esistenza di meccanismi e di procedure idonei a consentire di verificare e di assicurare il pieno rispetto delle norme e delle prescrizioni giuridiche applicabili in materia di lavoro, compresa compresi i principi di non discriminazione, con particolare riferimento alle persone che sono escluse dal mercato del lavoro, la normativa vigente in tema di protezione dei dati nonché le prescrizioni e le norme circa la qualità dei dati sulle offerte di lavoro

Motivazione

Garantire il rispetto dei principi UE di non discriminazione (articoli 10, 19 e 45 del TFUE) e dei diritti dei gruppi di cui all'art. 5 della proposta di regolamento.

Bruxelles, 25 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CDR789-2013_00_00_TRA_AC.

(2)  COR-2013-06863-00-00-AC-TRA.

(3)  COR-2013-06863-00-00-AC-TRA.

(4)  CDR1186-2012_00_00_TRA_AC.

(5)  CDR5278-2013_00_00_TRA_AC.

(6)  COR-2014-00111-00-00-PAC-TRA.

(7)  CDR1186-2012_00_00_TRA_AC.

(8)  La Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che l'attività di intermediazione di lavoro ha natura economica e che il suo monopolio da parte dei servizi pubblici costituisce violazione del diritto UE quando si possa dimostrare che tali servizi svolgono il loro ruolo in modo insoddisfacente (sentenza dell'11 dicembre 1997, causa C-55/96) e che «i servizi pubblici per l'impiego non sono in grado di soddisfare la domanda del mercato per tutti i tipi di attività» (sentenza dell'8 giugno 2000, causa C-258-98).

(9)  Cfr. la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni che accompagna la comunicazione «Un mercato unico per l'Europa del XXI secolo» — I servizi di interesse generale, compresi i servizi sociali di interesse generale: un nuovo impegno europeo (Bruxelles, 20.11.2007, COM(2007) 725 final), in cui si afferma che «nel corso degli anni, la domanda di servizi di interesse generale e le modalità secondo le quali sono prestati sono cambiate notevolmente. I servizi che tradizionalmente lo Stato prestava direttamente sono stati sempre più esternalizzati dalle autorità nazionali, regionali e locali e adesso sono spesso prestati dal settore privato (sia a fini di lucro che non)».


19.8.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 271/87


Parere del Comitato delle regioni — Riforme strutturali delle banche dell'UE e trasparenza del sistema bancario ombra

2014/C 271/15

Relatore

:

Henk Kool (NL/PSE), assessore comunale dell'Aia

Testi di riferimento

:

Proposte di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio

sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE

COM(2014) 43 final

sulla segnalazione e la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli

COM(2014) 40 final

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

sottolinea che gli enti locali e regionali cooperano strettamente con gli istituti bancari per finanziare i loro progetti a medio e lungo termine. Dato che essi sono responsabili di due terzi degli investimenti pubblici nel territorio dell'UE e che, solo nel 2011, tale importo è stato di 179 miliardi di euro, pari all'1,4 % del PIL dell'UE, ossia più del bilancio complessivo dell'Unione (1 %), è evidente che la capacità di tenuta delle banche è di capitale interesse per gli enti locali e regionali, e che la riforma in corso della regolamentazione bancaria avrà un forte impatto su di essi;

2.

mette in risalto che, dal punto di vista politico e delle scienze economiche, vi è un ampio sostegno all'idea che la vigilanza sulle banche e il controllo delle riforme sarebbero più efficaci se attuati a livello europeo piuttosto che a livello nazionale;

3.

accoglie con favore i regolamenti proposti dalla Commissione in merito alle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE e in merito alla segnalazione e alla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli; sottolinea l'importanza cruciale di evitare che si creino oneri regolamentari e amministrativi;

4.

si rammarica tuttavia del fatto che la portata e l'ambizione delle proposte formulate dal gruppo di esperti ad alto livello nominato dalla Commissione nel febbraio 2012 risultino notevolmente ridimensionate. Osserva altresì che le proposte avranno scarso impatto sulle banche alle quali sono destinate, considerando, in particolare, che la Francia, la Germania e il Regno Unito hanno già adottato riforme nazionali di natura analoga (1).

Sussidiarietà e proporzionalità

5.

rileva che le due proposte di regolamento presentate dalla Commissione mirano ad armonizzare alcune norme volte a potenziare il quadro regolamentare relativo agli istituti bancari e finanziari. A causa degli estesi collegamenti tra gli enti interessati e il rischio sistemico che essi potrebbero rappresentare, tali regolamenti possono essere attuati soltanto a livello di Unione europea. Il Comitato delle regioni (CdR) ritiene pertanto che la base giuridica utilizzata (articolo 114 del TFUE) sia corretta e che la legislazione proposta rispetti il principio di sussidiarietà.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

II.A.    Raccomandazioni comuni

Ruolo delle banche nel finanziamento dello sviluppo locale

6.

ribadisce l'importanza del credito per finanziare gli investimenti pubblici da parte degli enti locali e regionali nei progetti di interesse generale quali le infrastrutture, la ricerca e l'istruzione. Osserva che questi investimenti rappresentano una quota consistente della spesa pubblica e sono di vitale importanza per la crescita e il benessere dei cittadini;

7.

sottolinea la specificità dei prestiti contratti dagli enti locali e regionali: questi ultimi non sono in alcun modo assimilabili a clienti privati o commerciali, e la natura, gli importi e la durata di tali prestiti richiedono, pertanto, specifiche competenze mirate da parte delle banche;

8.

riconosce il ruolo fondamentale delle banche locali e regionali e di quelle specializzate nel credito agli enti locali e regionali per lo sviluppo e il finanziamento delle regioni e dei comuni. Esse offrono un'assistenza fondamentale per lo sviluppo economico locale sostenendo le PMI, le associazioni e l'economia sociale;

9.

invita gli Stati membri e la Commissione europea a tutelare e rafforzare il modello imprenditoriale locale delle società mutue, delle cooperative e degli enti di risparmio, in particolare le banche di piccole dimensioni, che svolgono un ruolo fondamentale nell'economia reale grazie alla loro presenza capillare ed equilibrata nelle comunità locali e regionali;

10.

disapprova l'espansione sproporzionata e incontrollata di alcune banche locali e regionali, la cui acquisizione di attività tossiche ha gravemente compromesso le economie dei loro territori di origine.

Conseguenze della stretta creditizia sullo sviluppo locale

11.

osserva una contrazione dell'offerta di prestiti bancari agli enti locali e regionali; tale contrazione si esprime non solo con una riduzione dei volumi e con margini più elevati, ma anche con una preoccupante diminuzione della durata dei prestiti. Ciò potrebbe essere dovuto a un circolo vizioso in cui le banche universali riducono il loro coinvolgimento nell'economia reale e sono invece più propense a impegnarsi in attività di negoziazione e in quelle del sistema bancario ombra;

12.

esprime preoccupazione per il significativo differenziale tra il tasso d'interesse applicato dalla BCE (0,25 % dal novembre 2013) e quelli che le banche offrono agli enti locali e regionali, considerato che tale differenziale non si basa su una valutazione obiettiva della situazione finanziaria dell'ente territoriale in questione e che il rischio di insolvenza rimane piuttosto basso;

13.

ritiene che questo inasprimento delle condizioni eserciti notevole pressione sui bilanci degli enti locali e regionali, rendendo sempre più difficile per questi ultimi realizzare il pareggio di bilancio, raggiungere una buona capacità di assorbimento e finanziare progetti a lungo termine che contribuiscano a creare crescita e occupazione;

14.

invita pertanto la Commissione a presentare, in un momento successivo, una proposta legislativa volta a introdurre misure efficaci per far fronte alla stretta creditizia che pesa sulle PMI e sugli enti locali e regionali.

Strumenti finanziari emessi dagli enti locali e regionali

15.

richiama l'attenzione sul fatto che alcuni enti locali e regionali ricorrono all'emissione di strumenti finanziari, quali le obbligazioni, per finanziare le loro attività e le loro politiche;

16.

deplora il fatto che talune banche hanno incoraggiato gli enti locali e regionali ad acquistare prodotti finanziari tossici e complessi in proporzioni eccessive, pur conoscendo pienamente i rischi che ciò implicava. Sottolinea che, a causa della mancanza di adeguate competenze, la maggior parte degli enti locali e regionali non dispone delle necessarie conoscenze tecniche per comprendere pienamente la natura di tali prodotti, e si rammarica pertanto che l'onere derivante dal fallimento di queste attività ricada completamente sugli enti locali e regionali e sui loro contribuenti;

17.

esorta gli Stati membri e la Commissione europea a incoraggiare le banche ad adottare un approccio globale, onesto e responsabile nei confronti degli enti locali e regionali quando forniscono consulenza sui rischi ai quali tali enti si espongono. Chiede inoltre che siano messi a punto strumenti finanziari semplici e trasparenti per gli enti locali e regionali, i cui termini e le cui condizioni devono essere definiti in modo chiaro al momento di firmare il contratto. Chiede altresì che tali strumenti offrano tassi leggibili per migliorare la trasparenza del processo decisionale democratico degli enti locali e regionali.

II.B.    Misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE

18.

approva l'obiettivo di rafforzare la stabilità e la resilienza delle banche, vietando la negoziazione per conto proprio e consentendo di separare le attività di negoziazione rischiose;

19.

condivide gli obiettivi, come enunciato all'articolo 1, di prevenire il rischio sistemico, lo stress finanziario e il fallimento di organismi grandi, complessi e interconnessi del sistema finanziario;

20.

invita la Commissione a esaminare la fattibilità di estendere l'applicazione di regole analoghe alle banche di ogni dimensione, tenendo conto dell'onere amministrativo e dei costi, poiché tali iniziative potrebbero rendere più sicure potenzialmente anche le banche di minori dimensioni;

21.

Appoggia la proposta della Commissione di vietare le negoziazioni per conto proprio di strumenti finanziari e di materie prime, ossia quelle che una banca effettua all'unico scopo di realizzare un profitto, in considerazione del fatto che la direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (COM(2011) 656) — la cosiddetta direttiva MIFID II — non ha trattato specificamente la negoziazione per conto proprio. L'emissione di detti strumenti deve essere rigorosamente riservata agli operatori in grado di dimostrare che tali prodotti saranno utilizzati per coprire i loro rischi commerciali o industriali. Altrimenti vi sarebbe sia un rischio di confusione di ruoli tra le attività di consulenza e quelle di investimento delle banche, con la conseguenza di rafforzare la speculazione e far aumentare la volatilità dei prezzi, sia rischi sistemici per il sistema bancario;

22.

nutre preoccupazioni riguardo alle attività di negoziazione ad alta frequenza, che potrebbero dare luogo a gravi rischi per il sistema bancario, e chiede agli Stati membri e alla Commissione di adottare misure efficaci per regolamentare questo settore.

Separazione delle attività di negoziazione

23.

ribadisce che l'ambito di applicazione della proposta di regolamento risulta considerevolmente ridotto dato che gli Stati membri hanno già adottato o stanno valutando di adottare disposizioni nazionali di tipo analogo e che il testo è notevolmente meno esigente rispetto alle raccomandazioni formulate dal gruppo Liikanen;

24.

sottolinea l'importanza di garantire l'uniformità a livello UE di un settore altamente integrato come quello in oggetto, al fine di contenere al minimo gli oneri e i costi di adempimento, garantire parità di condizioni, evitare distorsioni della concorrenza e assicurare il funzionamento del mercato interno in questo settore;

25.

accoglie con favore la precisazione della Commissione secondo cui tali norme saranno soggette a riesame dopo il recepimento, e chiede che sia svolta un'indagine approfondita sulle potenziali ripercussioni negative, in particolare per quanto concerne il finanziamento dell'economia reale nelle città e nelle regioni dell'UE;

26.

si chiede se il fatto che la decisione sulla separazione di determinate attività di negoziazione sia basata su un esame ristretto fornirà sufficienti strumenti giuridici per realizzare le finalità generali perseguite dal regolamento e se queste non sarebbero state invece raggiunte in maniera più efficace attraverso un esame più ampio esteso a tutti gli obiettivi;

27.

si interroga sull'efficacia dell'approccio adottato, estremamente complesso, che potrebbe, da un lato, rendere difficile e costoso valutare e monitorare l'applicazione delle norme e, dall'altro, consentire deroghe al regolamento e opportunità per effettuare l'arbitraggio regolamentare;

28.

deplora la riduzione del campo di applicazione della proposta di regolamento, soprattutto l'esclusione della negoziazione di derivati dal processo decisionale. Si nutrono, infatti, timori che un'eccessiva negoziazione speculativa dia luogo a mercati sovradimensionati e generi distorsioni sia sul mercato finanziario che nell'economia reale. Tali distorsioni potrebbero provocare un'alterazione dei prezzi sui mercati dei derivati delle materie prime agricole, dell'energia e dei metalli, che sono di vitale importanza per l'economia locale e regionale;

29.

esorta la Commissione a escludere il possesso di titoli a lungo termine (cosiddetto buy and hold) dalla definizione di cui all'articolo 5, par. 4 del regolamento sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE, in quanto questo tipo di investimenti fa parte delle attività fondamentali delle banche.

Principio di simmetria

30.

invita la Commissione a includere il principio di simmetria nei meccanismi di risoluzione bancaria. Alle autorità di risoluzione delle crisi sarebbe così riconosciuta la possibilità di far sostenere le perdite ai creditori, allo stesso modo in cui essi avrebbero beneficiato di eventuali guadagni. Tale principio dovrebbe essere applicato indistintamente a tutti i tipi di creditori.

II.C    Segnalazione e trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli

31.

approva il regolamento sulla segnalazione e sulla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli e considera queste misure complementari alle riforme strutturali del settore bancario che sono fondamentali per colmare un vuoto giuridico che è già stato individuato;

32.

riconosce che la regolamentazione è necessaria, dati gli stretti legami che intercorrono tra banche tradizionali e sistema bancario ombra e considerato il fatto che quest'ultimo svolge, senza un adeguato controllo, le stesse funzioni economiche delle banche, ossia: intermediazione creditizia, trasferimento del rischio di credito, trasformazione della liquidità e delle scadenze;

33.

esorta la BCE, la Commissione, il Parlamento e gli Stati membri a proseguire e intensificare i loro sforzi volti a garantire l'ottenimento di informazioni sufficienti e complete sul sistema bancario ombra. L'informazione è il fattore fondamentale che dovrebbe consentire alle autorità pubbliche una sufficiente capacità di reazione nel regolamentare il sistema, nonostante il ritmo frenetico di evoluzione e i tentativi di eludere la legge.

Registrazione e supervisione dei repertori di dati sulle negoziazioni

34.

accoglie con favore l'idea di introdurre l'obbligo di segnalare tutte le operazioni a una banca dati comune, e ritiene che ciò contribuirà a migliorare il monitoraggio dei rischi e delle esposizioni collegati alle operazioni di finanziamento tramite titoli. Si rallegra del fatto che tali misure contribuiranno anche a migliorare la trasparenza per gli investitori, fornendo loro strumenti utili a prendere decisioni di investimento sulla base di una maggiore consapevolezza delle caratteristiche delle operazioni di finanziamento tramite titoli.

Trasparenza del reimpegno

35.

è favorevole a definire condizioni minime che consentiranno di migliorare la trasparenza del reimpegno garantendo che i clienti diano il loro consenso e prendano le decisioni con piena cognizione di causa in merito ai rischi che ne potrebbero derivare.

III.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

III.A.    Misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE — COM(2014) 43 final

Emendamento 1

Nuovo considerando dopo il considerando 21

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

L'emissione e la vendita di strumenti finanziari collegati alle negoziazioni in materie prime deve essere rigorosamente riservata ai consumatori e ai produttori in grado di dimostrare che tali prodotti saranno utilizzati per coprire i loro rischi commerciali o industriali.

Emendamento 2

Nuovo considerando dopo il considerando 24

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Le attività di negoziazione ad alta frequenza destano particolare preoccupazione, poiché sembra che possano evaporare all'istante e che alcune imprese che svolgono attività di negoziazione valutino con eccessiva leggerezza i rischi incorsi emettendo in modo costante e pronto nuovi algoritmi di negoziazione inaccurati. La mancanza di rigore da parte di alcuni soggetti che contano su altri operatori per compensare le loro negoziazioni erronee o i loro algoritmi incontrollabili dimostra che la gestione del rischio è essenziale per proteggere le banche dagli aggiustamenti negativi dei loro prodotti e impone quindi alle autorità pubbliche di adottare opportune misure. Gli Stati membri o le autorità competenti dovrebbero decidere di imporre ulteriori misure regolamentari per controllare questo mercato.

Motivazione

Evidente.

Emendamento 3

Considerando 27

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

I gruppi costituiti da società mutue e cooperative, enti di risparmio ed enti analoghi hanno un particolare struttura proprietaria ed economica. Imporre alcune delle norme relative alla separazione potrebbe richiedere l'introduzione di cambiamenti di ampia portata della struttura organizzativa di tali entità, i cui costi potrebbero essere sproporzionati rispetto ai benefici. Nella misura in cui tali gruppi rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento, l'autorità competente può pertanto decidere di consentire agli enti creditizi di base che soddisfano i requisiti di cui all'articolo 49, paragrafo 3, lettera a) o b), del regolamento (UE) n. 575/2013 di detenere strumenti di capitale o diritti di voto in un'entità dedicata alla negoziazione nel caso in cui l'autorità competente ritiene che la detenzione di tali strumenti di capitale o diritti di voto sia indispensabile per il funzionamento del gruppo e che l'ente creditizio di base abbia preso misure sufficienti per attenuare adeguatamente i relativi rischi.

I gruppi il cui modello imprenditoriale è costituiti o per sua natura da società mutue e cooperative, o enti di risparmio ed enti analoghi hanno una particolare struttura proprietaria ed economica. Imporre alcune delle norme relative alla separazione potrebbe richiedere l'introduzione di cambiamenti di ampia portata della struttura organizzativa di tali entità, i cui costi potrebbero essere sproporzionati rispetto ai benefici. Nella misura in cui tali gruppi rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento, l'autorità competente può pertanto decidere di consentire agli enti creditizi di base che soddisfano i requisiti di cui all'articolo 49, paragrafo 3, lettera a) o b), del regolamento (UE) n. 575/2013 di detenere strumenti di capitale o diritti di voto in un'entità dedicata alla negoziazione nel caso in cui l'autorità competente ritiene che la detenzione di tali strumenti di capitale o diritti di voto sia indispensabile per il funzionamento del gruppo e che l'ente creditizio di base abbia preso misure sufficienti per attenuare adeguatamente i relativi rischi.

Motivazione

È importante assicurare che tali enti non si nascondano dietro il loro statuto per esercitare attività analoghe a quelle delle loro controparti che sono inefficaci nell'economia reale, compromettendo quindi gli obiettivi del regolamento proposto.

Emendamento 4

Considerando 29

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Indipendentemente dalla separazione, l'ente creditizio di base dovrebbe avere la facoltà di gestire il proprio rischio. Alcune attività di negoziazione dovrebbero pertanto essere autorizzate nella misura in cui siano mirate alla gestione prudente del capitale, della liquidità e dei finanziamenti (funding) dell'ente creditizio di base e non sollevino preoccupazioni per la sua stabilità finanziaria. Nella stessa ottica, gli enti creditizi di base dovrebbero essere in grado di fornire ai loro clienti alcuni servizi di gestione del rischio indispensabili. Tuttavia, ciò dovrebbe avvenire senza esporre l'ente creditizio di base a inutili rischi e senza mettere a repentaglio la sua stabilità finanziaria. Le attività di copertura ammissibili ai fini della gestione prudente del proprio rischio e della prestazione di servizi di gestione del rischio ai clienti possono, ma non necessariamente devono, essere contabilizzate secondo le norme sulla contabilizzazione delle operazioni di copertura degli International Financial Reporting Standard.

Indipendentemente dalla separazione, l'ente creditizio di base dovrebbe avere la facoltà di gestire il proprio rischio. Alcune attività di negoziazione dovrebbero pertanto essere autorizzate nella misura in cui siano mirate alla gestione prudente del capitale, della liquidità e dei finanziamenti (funding) dell'ente creditizio di base e non sollevino preoccupazioni per la sua stabilità finanziaria. Nella stessa ottica, gli enti creditizi di base dovrebbero essere in grado di fornire ai loro clienti alcuni servizi di gestione del rischio indispensabili. Tuttavia, ciò dovrebbe avvenire senza esporre l'ente creditizio di base a inutili rischi e senza mettere a repentaglio la sua stabilità finanziaria. Inoltre, in applicazione del principio di simmetria, alle autorità di risoluzione delle crisi è data facoltà di far sostenere le perdite ai creditori di ogni tipo, allo stesso modo in cui essi avrebbero beneficiato di eventuali guadagni. Le attività di copertura ammissibili ai fini della gestione prudente del proprio rischio e della prestazione di servizi di gestione del rischio ai clienti possono, ma non necessariamente devono, essere contabilizzate secondo le norme sulla contabilizzazione delle operazioni di copertura degli International Financial Reporting Standard.

Motivazione

Evidente.

Emendamento 5

Articolo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Il presente regolamento stabilisce norme riguardanti:

(a)

il divieto della negoziazione per conto proprio;

(b)

la separazione di talune attività di negoziazione.

Il presente regolamento stabilisce norme riguardanti:

(a)

il divieto della negoziazione per conto proprio;

(b)

il divieto di speculazioni sulle materie prime;

(b) (c)

la separazione di talune attività di negoziazione.

Emendamento 6

Articolo 5, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

«negoziazione per conto proprio»: impiego di capitali propri o presi a prestito per assumere posizioni in qualsiasi tipo di operazione per acquistare, vendere o altrimenti acquisire o cedere qualsiasi strumento finanziario o merce all'unico scopo di realizzare un profitto per conto proprio e senza alcuna connessione con l'attività effettiva o prevista per conto del cliente, o la copertura del rischio dell'entità dovuto all'attività effettiva o prevista per conto del cliente, tramite l'utilizzo di desk, unità, divisioni o singoli trader adibiti specificamente all'assunzione di tali posizioni e alla realizzazione di profitti, incluso mediante piattaforme di negoziazione per conto proprio dedicate basate sul web;

«negoziazione per conto proprio»: impiego di capitali propri o presi a prestito per assumere posizioni in qualsiasi tipo di operazione per acquistare, vendere o altrimenti acquisire o cedere qualsiasi strumento finanziario o merce all'unico scopo di realizzare un profitto nel breve termine per conto proprio e senza alcuna connessione con l'attività effettiva o prevista per conto del cliente, o la copertura del rischio dell'entità dovuto all'attività effettiva o prevista per conto del cliente, tramite l'utilizzo di desk, unità, divisioni o singoli trader adibiti specificamente all'assunzione di tali posizioni e alla realizzazione di profitti, incluso mediante piattaforme di negoziazione per conto proprio dedicate basate sul web;

Motivazione

Il possesso di titoli a lungo termine (il cosiddetto buy and hold) fa parte delle attività fondamentali delle banche e dovrebbe quindi essere escluso dalla definizione data.

Emendamento 7

Articolo 5, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

«speculazione sulle materie prime»: utilizzo da parte delle banche, per proprio conto, della negoziazione di contratti a termine all'unico scopo di realizzare un profitto; ciò esclude le attività dirette o indirette tra produttori e consumatori che sono in grado di dimostrare che tali prodotti saranno utilizzati per coprire i rischi commerciali o industriali;

Emendamento 8

Articolo 6, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Le entità di cui all'articolo 3 non possono:

1.   Le entità di cui all'articolo 3 non possono:

(a)

svolgere attività di negoziazione per conto proprio;

(a)

svolgere attività di negoziazione per conto proprio;

(b)

con capitale proprio o preso a prestito e all'unico scopo di realizzare un profitto per conto proprio:

(b)

speculare sulle materie prime agricole;

(b) (c)

con capitale proprio o preso a prestito e all'unico scopo di realizzare un profitto per conto proprio:

i)

acquisire o detenere quote o azioni di FIA quali definiti all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/61/UE;

ii)

investire in strumenti derivati, certificati, indici o qualsiasi altro strumento finanziario il cui rendimento è collegato ad azioni o quote di FIA;

iii)

detenere quote o azioni di un'entità che svolge attività di negoziazione per conto proprio o acquisisce quote o azioni di FIA.

i)

acquisire o detenere quote o azioni di FIA quali definiti all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/61/UE;

ii)

investire in strumenti derivati, certificati, indici o qualsiasi altro strumento finanziario il cui rendimento è collegato ad azioni o quote di FIA;

iii)

detenere quote o azioni di un'entità che svolge attività di negoziazione per conto proprio o acquisisce quote o azioni di FIA.

Emendamento 9

Articolo 6, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

2.   Il divieto di cui al paragrafo 1, lettera a), non si applica:

2.   Il divieto di cui al paragrafo 1, lettera a), non si applica:

(a)

agli strumenti finanziari emessi da amministrazioni centrali di Stati membri o da entità di cui all'articolo 117, paragrafo 2, e all'articolo 118 del regolamento (UE) n. 575/2013;

(a)

agli strumenti finanziari emessi da amministrazioni centrali di Stati membri, a quelli emessi da amministrazioni regionali di Stati membri, alle cui esposizioni è attribuito un fattore di ponderazione del rischio pari allo 0 % conformemente all'articolo 115 del regolamento (UE) n. 575/2013, o a quelli emessi da entità di cui all'articolo 117, paragrafo 2, e all'articolo 118 del regolamento (UE) n. 575/2013;

(b)

se un'entità di cui all'articolo 3 soddisfa tutte le condizioni seguenti:

(b)

se un'entità di cui all'articolo 3 soddisfa tutte le condizioni seguenti:

i)

utilizza il proprio capitale nel quadro dei suoi processi di gestione delle disponibilità liquide;

ii)

detiene, acquista, vende o acquisisce o cede in altro modo esclusivamente disponibilità liquide o attività equivalenti. Le attività equivalenti alle disponibilità liquide devono essere investimenti altamente liquidi detenuti nella valuta di base del capitale proprio, prontamente convertibili in una quantità nota di denaro, soggetti a un rischio non significativo di variazione di valore, di durata non superiore a 397 giorni e con un rendimento non superiore al tasso di rendimento di un titolo di Stato di tre mesi di qualità elevata.

i)

utilizza il proprio capitale nel quadro dei suoi processi di gestione delle disponibilità liquide;

ii)

detiene, acquista, vende o acquisisce o cede in altro modo esclusivamente disponibilità liquide o attività equivalenti. Le attività equivalenti alle disponibilità liquide devono essere investimenti altamente liquidi detenuti nella valuta di base del capitale proprio, prontamente convertibili in una quantità nota di denaro, soggetti a un rischio non significativo di variazione di valore, di durata non superiore a 397 giorni e con un rendimento non superiore al tasso di rendimento di un titolo di Stato di tre mesi di qualità elevata.

Motivazione

Non vi è alcuna ragione obiettiva per trattare gli strumenti finanziari emessi dalle amministrazioni centrali degli Stati membri in modo diverso da quelli emessi dalle amministrazioni regionali, alle cui esposizioni è attribuito un fattore di ponderazione del rischio pari allo 0 % conformemente all'articolo 115 del regolamento (UE) n. 575/2013.

Emendamento 10

Articolo 6, nuovo paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

4.   Le limitazioni di cui al paragrafo 1, lettera b), non si applicano neppure agli operatori del mercato in grado di dimostrare che le loro negoziazioni di prodotti agricoli non trasformati saranno utilizzate per coprire i rischi commerciali o industriali;

Emendamento 11

Articolo 6, paragrafo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

6.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 36 per esentare dal divieto di cui al paragrafo 1, lettera a):

(a)

gli strumenti finanziari diversi da quelli di cui al paragrafo 2, lettera a), emessi da amministrazioni di paesi terzi che applicano disposizioni prudenziali e regolamentari almeno equivalenti a quelle vigenti nell'Unione alle esposizioni verso le quali è attribuito un fattore di ponderazione del rischio dello 0 % a norma dell'articolo 115 del regolamento (UE) n. 575/2013;

(b)

gli strumenti finanziari emessi dalle amministrazioni regionali degli Stati membri alle esposizioni verso le quali è attribuito un fattore di ponderazione del rischio dello 0 % a norma dell'articolo 115 del regolamento (UE) n. 575/2013.

6.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 36 per esentare dal divieto di cui al paragrafo 1, lettera a):

(a)

gli strumenti finanziari diversi da quelli di cui al paragrafo 2, lettera a), emessi da amministrazioni di paesi terzi che applicano disposizioni prudenziali e regolamentari almeno equivalenti a quelle vigenti nell'Unione alle esposizioni verso le quali è attribuito un fattore di ponderazione del rischio dello 0 % a norma dell'articolo 115 del regolamento (UE) n. 575/2013;.

(b)

gli strumenti finanziari emessi dalle amministrazioni regionali degli Stati membri alle esposizioni verso le quali è attribuito un fattore di ponderazione del rischio dello 0 % a norma dell'articolo 115 del regolamento (UE) n. 575/2013.

Motivazione

Non vi è alcuna ragione obiettiva per trattare gli strumenti finanziari emessi dalle amministrazioni centrali degli Stati membri in modo diverso da quelli emessi dalle amministrazioni regionali, alle cui esposizioni è attribuito un fattore di ponderazione del rischio pari allo 0 % conformemente all'articolo 115 del regolamento (UE) n. 575/2013.

III.B.    Segnalazione e trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli – COM(2014) 40 final

Emendamento 1

Nuovo considerando dopo il considerando 12

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Inoltre, poiché le attività collegate a operazioni di finanziamento tramite titoli potrebbero essere indirettamente vendute alle PMI, a enti locali e regionali e a privati cittadini mediante strumenti finanziari, è indispensabile che le banche e le entità del sistema bancario ombra adottino un approccio globale, onesto e responsabile nei confronti di tali soggetti, informandoli sui rischi connessi.

Motivazione

Visto il complesso meccanismo di partecipazione, le PMI, gli enti locali e regionali e i privati cittadini potrebbero essere indirettamente coinvolti in questo tipo di strumenti. Le banche e gli operatori che potrebbero svolgere lo stesso ruolo delle banche hanno il compito fondamentale di fornire un'adeguata informazione.

Bruxelles, 26 giugno 2014

Il presidente del Comitato delle regioni

Michel LEBRUN


(1)  Questi tre paesi contano 16 delle 30 maggiori banche dell'UE classificate in base al totale delle attività (il regolamento in oggetto riguarda circa 30 banche).