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Document 62019CJ0743
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 14 July 2022.#European Parliament v Council of the European Union.#Action for annulment – Law governing the institutions – Bodies, offices and agencies of the European Union – European Labour Authority (ELA) – Competence to determine the location of the seat – Article 341 TFEU – Scope – Decision adopted by the Representatives of the Governments of the Member States in the margins of a Council meeting – Jurisdiction of the Court under Article 263 TFEU – Author and legal nature of the act – Absence of binding effects in the EU legal order.#Case C-743/19.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 14 luglio 2022.
Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso di annullamento – Diritto istituzionale – Organi ed organismi dell’Unione europea – Autorità europea del lavoro (ELA) – Competenza in materia di fissazione della sede – Articolo 341 TFUE – Ambito di applicazione – Decisione adottata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri a margine di una riunione del Consiglio – Competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE – Autore e natura giuridica dell’atto – Assenza di effetti vincolanti nell’ordinamento giuridico dell’Unione.
Causa C-743/19.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 14 luglio 2022.
Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso di annullamento – Diritto istituzionale – Organi ed organismi dell’Unione europea – Autorità europea del lavoro (ELA) – Competenza in materia di fissazione della sede – Articolo 341 TFUE – Ambito di applicazione – Decisione adottata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri a margine di una riunione del Consiglio – Competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE – Autore e natura giuridica dell’atto – Assenza di effetti vincolanti nell’ordinamento giuridico dell’Unione.
Causa C-743/19.
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:569
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
14 luglio 2022 ( *1 )
«Ricorso di annullamento – Diritto istituzionale – Organi ed organismi dell’Unione europea – Autorità europea del lavoro (ELA) – Competenza in materia di fissazione della sede – Articolo 341 TFUE – Ambito di applicazione – Decisione adottata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri a margine di una riunione del Consiglio – Competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE – Autore e natura giuridica dell’atto – Assenza di effetti vincolanti nell’ordinamento giuridico dell’Unione»
Nella causa C‑743/19,
avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 9 ottobre 2019,
Parlamento europeo, rappresentato da I. Anagnostopoulou, C. Biz e L. Visaggio, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer, J. Bauerschmidt ed E. Rebasti, in qualità di agenti,
convenuto,
sostenuto da:
Regno del Belgio, rappresentato da J.‑C. Halleux, M. Jacobs, C. Pochet e L. Van den Broeck, in qualità di agenti;
Repubblica ceca, rappresentata da L. Březinová, D. Czechová, K. Najmanová, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;
Regno di Danimarca, rappresentato da M. Jespersen, V. Pasternak Jørgensen, J. Nymann‑Lindegren e M. Søndahl Wolff, in qualità di agenti;
Irlanda, rappresentata da M. Browne, G. Hodge, A. Joyce e J. Quaney, in qualità di agenti, assistiti da D. Fennelly, BL;
Repubblica ellenica, rappresentata da K. Boskovits ed E.‑M. Mamouna, in qualità di agenti;
Regno di Spagna, rappresentato da S. Centeno Huerta e A. Gavela Llopis, in qualità di agenti;
Repubblica francese, rappresentata da A. Daly, A.‑L. Desjonquères, E. Leclerc e T. Stehelin, in qualità di agenti;
Granducato di Lussemburgo, rappresentato da A. Germeaux, C. Schiltz e T. Uri, in qualità di agenti;
Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti;
Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M.K. Bulterman, J.M. Hoogveld e J. Langer, in qualità di agenti;
Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente;
Repubblica slovacca, rappresentata da E.V. Drugda e B. Ricziová, in qualità di agenti;
Repubblica di Finlandia, rappresentata da M. Pere, in qualità di agente,
intervenienti,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, S. Rodin, I. Jarukaitis, N. Jääskinen e J. Passer, presidenti di sezione, J.‑C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, A. Kumin e N. Wahl (relatore), giudice,
avvocato generale: M. Bobek
cancelliere: R. Şereş, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 giugno 2021,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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1 |
Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede l’annullamento della decisione (UE) 2019/1199 adottata di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, il 13 giugno 2019, sull’ubicazione della sede dell’Autorità europea del lavoro (GU 2019, L 189, pag. 68; in prosieguo: la «decisione impugnata»). |
Contesto giuridico
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2 |
Il 12 dicembre 1992, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato di comune accordo, sulla base dell’articolo 216 del Trattato CEE, dell’articolo 77 del Trattato CECA e dell’articolo 189 del Trattato CEEA, la decisione relativa alla fissazione delle sedi delle istituzioni e di taluni organismi e servizi delle Comunità europee (GU 1992, C 341, pag. 1; in prosieguo: la «decisione di Edimburgo»). |
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3 |
L’articolo 1 della decisione di Edimburgo fissava le rispettive sedi del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione europea, della Corte di giustizia dell’Unione europea, del Comitato economico e sociale europeo, della Corte dei conti europea e della Banca europea per gli investimenti. |
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4 |
L’articolo 2 di detta decisione è così formulato: «La sede di altri organismi e servizi istituiti o da istituire sarà decisa di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri in occasione di un prossimo Consiglio europeo, tenendo conto dei vantaggi rappresentati dalle suddette disposizioni per gli Stati membri interessati e accordando priorità se del caso a quegli Stati membri che attualmente non ospitano istituzioni comunitarie». |
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5 |
L’articolo 341 TFUE stabilisce che «[l]a sede delle istituzioni dell’Unione è fissata d’intesa comune dai governi degli Stati membri». |
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6 |
Ai sensi del Protocollo n. 6 sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea (in prosieguo: il «Protocollo n. 6»), allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA, è previsto quanto segue: «I rappresentanti dei governi degli Stati membri, Visto l’articolo 341 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, Ricordando e confermando la decisione dell’8 aprile 1965 e fatte salve le decisioni concernenti la sede di future istituzioni, organi, organismi e servizi, hanno convenuto le disposizioni seguenti (…): Articolo unico
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Fatti all’origine della controversia
Regolamento (UE) 2019/1149
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7 |
Il 13 marzo 2018, la Commissione ha adottato la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Autorità europea del lavoro [COM(2018) 131 final]. L’articolo 4 di tale proposta era formulato soltanto in questi termini: «L’Autorità ha sede a [x]». |
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8 |
A seguito di negoziati interistituzionali che si sono svolti nel corso dei mesi di gennaio e febbraio 2019, i rappresentanti del Parlamento e del Consiglio hanno constatato che non disponevano degli elementi necessari per fissare la sede dell’Autorità europea del lavoro (ELA) ed hanno convenuto di rimandare tale scelta ad una data successiva. Si è così deciso, da un lato, di eliminare l’articolo 4 della proposta di regolamento menzionata al punto precedente e, dall’altro, di indicare le ragioni di tale posizione in una dichiarazione comune, cui si sarebbe associata la Commissione, e che sarebbe stata allegata al regolamento una volta che questo fosse stato adottato. |
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9 |
Il 20 giugno 2019 è stato adottato il regolamento (UE) 2019/1149 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Autorità europea del lavoro, che modifica i regolamenti (CE) n. 883/2004, (UE) n. 492/2011, e (UE) 2016/589 e che abroga la decisione (UE) 2016/344 (GU 2019, L 186, pag. 21). Tale regolamento, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’11 luglio 2019, non conteneva alcuna disposizione relativa alla fissazione della sede dell’ELA. |
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10 |
La dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2019, L 188, pag. 131), adottata in concomitanza con il regolamento 2019/1149 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 12 luglio 2019, enunciava quanto segue: «Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione osservano che il processo di selezione del luogo in cui avrà sede l’[ELA] non è concluso al momento dell’adozione del suo regolamento istitutivo. Rammentando l’impegno per una cooperazione leale e trasparente e rammentando i trattati, le tre istituzioni riconoscono l’importanza dello scambio di informazioni sin dalle prime fasi del processo di selezione della sede dell’[ELA]. Tale scambio immediato di informazioni renderebbe più facile l’esercizio dei diritti delle tre istituzioni ai sensi dei trattati attraverso le relative procedure. Il Parlamento europeo e il Consiglio prendono nota dell’intenzione della Commissione di adottare tutte le misure appropriate affinché il regolamento istitutivo preveda una disposizione sulla sede dell’[ELA] e al fine di garantire che l’[ELA] operi autonomamente in linea con tale regolamento». |
Decisione impugnata
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11 |
Il 13 marzo 2019, a margine di una riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno approvato di comune accordo la procedura e i criteri finalizzati a permettere di decidere della sede dell’ELA. |
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12 |
Le regole di selezione adottate precisavano che la decisione recante designazione della sede dell’ELA sarebbe stata fondata su criteri analoghi a quelli enunciati nell’Orientamento comune allegato alla Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del 19 luglio 2012, sulle agenzie decentrate (in prosieguo: la «dichiarazione congiunta del 2012»). Tali criteri riguardavano, in primo luogo, la distribuzione geografica, in secondo luogo, la data in cui l’agenzia in questione poteva essere insediata in loco dopo l’entrata in vigore del suo atto istitutivo, in terzo luogo, l’accessibilità al sito della sede, in quarto luogo, l’esistenza di strutture scolastiche adeguate per i figli dei membri del personale delle agenzie, e, in quinto luogo, un accesso adeguato al mercato del lavoro, alla sicurezza sociale e alle cure mediche per figli e coniugi dei membri del personale. |
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13 |
Le regole della procedura di selezione prevedevano anche che qualsiasi offerta concernente l’accoglimento di tale entità avrebbe dovuto essere indirizzata al segretario generale del Consiglio, con copia al segretario generale della Commissione, e che essa sarebbe stata pubblicata sul sito Internet del Consiglio; che la Commissione avrebbe proceduto ad un esame generale di tutte le offerte e avrebbe precisato in quale misura ciascuna offerta rispondeva ai criteri stabiliti; che il segretario generale del Consiglio avrebbe poi trasmesso tale valutazione agli Stati membri e l’avrebbe resa pubblica; e che si sarebbe poi tenuta a margine di una riunione del Coreper una discussione politica tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri. Queste stesse regole precisavano che la procedura di voto avrebbe avuto luogo successivamente a margine di una sessione del Consiglio «Occupazione, politica sociale, salute e consumatori» (EPSCO) a Lussemburgo; che detta procedura sarebbe stata composta da tornate di voto successive senza sorteggio, fino a che un’offerta non avesse riscosso la maggioranza dei voti; e che la decisione finale, che avrebbe tenuto conto del risultato della procedura di voto, sarebbe stata adottata di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri in occasione della medesima sessione. |
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14 |
Il 5 giugno 2019, sulla base della valutazione realizzata dalla Commissione delle quattro offerte presentate, vale a dire Sofia (Bulgaria), Nicosia (Cipro), Riga (Lettonia) e Bratislava (Slovacchia), i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno avuto uno scambio di opinioni su tali offerte a margine di una riunione del Coreper. |
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15 |
Il 13 giugno 2019, a margine di una riunione del Consiglio e all’esito di un voto inteso a far emergere il grado di consenso intorno ai quattro Stati membri che avevano proposto di accogliere l’ELA, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato la decisione impugnata, che è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 15 luglio 2019. |
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16 |
L’articolo 1 di tale decisione è formulato come segue: «L’[ELA] ha sede a Bratislava». |
Conclusioni delle parti
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17 |
Il Parlamento chiede che la Corte voglia:
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18 |
Il Consiglio chiede che la Corte voglia:
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Procedimento dinanzi alla Corte
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19 |
Con decisione del presidente della Corte in data 7 gennaio 2020, la Repubblica slovacca è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. |
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20 |
Con decisione del presidente della Corte in data 3 febbraio 2020, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna e il Regno dei Paesi Bassi sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. |
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21 |
Con decisione del presidente della Corte in data 4 febbraio 2020, il Regno del Belgio, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, l’Irlanda, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, l’Ungheria, la Repubblica di Polonia e la Repubblica di Finlandia sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. |
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22 |
Il 20 novembre 2020, il Parlamento europeo ha, a norma dell’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, chiesto che la Corte si riunisca in grande sezione nella presente causa. |
Sulla competenza della Corte
Argomentazione delle parti
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23 |
Il Consiglio, al quale si associano tutti i governi degli Stati membri intervenienti, sostiene che il ricorso del Parlamento è manifestamente irricevibile. |
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24 |
Anzitutto, la decisione impugnata sarebbe imputabile non al Consiglio bensì agli Stati membri. Orbene, come confermato dalla giurisprudenza, questi ultimi sarebbero privi di legittimazione passiva. Inoltre, tale decisione sarebbe stata presa sul fondamento dell’articolo 341 TFUE, il quale si applicherebbe non soltanto alla fissazione della sede delle istituzioni dell’Unione elencate all’articolo 13 TUE, ma anche alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, sicché detta decisione sarebbe sottratta al controllo della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE. Infine, il Consiglio asserisce che l’adozione di questa medesima decisione da parte degli Stati membri non costituisce assolutamente un ostacolo ad un efficace controllo giurisdizionale. Ad ogni modo, la necessità di garantire tale controllo non può, a suo avviso, condurre alla creazione di mezzi di ricorso ulteriori rispetto a quelli previsti dai Trattati. |
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25 |
Il Parlamento ritiene che il carattere impugnabile, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, della decisione impugnata e, dunque, la ricevibilità del ricorso siano assodati. |
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26 |
Secondo il Parlamento, tale decisione è con tutta evidenza un atto giuridicamente vincolante dell’Unione. Anzitutto, occorrerebbe fare riferimento alla denominazione formale di «decisione», la quale designa, in virtù dell’articolo 288, quarto comma, TFUE, un atto obbligatorio in tutti i suoi elementi. Poi, la decisione summenzionata sarebbe un atto che è stato adottato in virtù dell’articolo 341 TFUE, vale a dire di una disposizione dei Trattati che prevede l’adozione di atti vincolanti, e che mira a stabilire dove debba essere situato il luogo della sede delle agenzie dell’Unione. Infine, questa stessa decisione sarebbe stata pubblicata nella serie L della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, che è riservata agli atti normativi. |
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27 |
Quanto all’autore effettivo della decisione impugnata, il Parlamento ritiene che, malgrado il riferimento effettuato nel titolo di quest’ultima al «comune accordo [dei] rappresentanti dei governi degli Stati membri», tale autore sarebbe il Consiglio. |
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28 |
A sostegno di tale tesi, il Parlamento fa valere, in primo luogo, che i documenti relativi alla procedura di selezione e il progetto all’origine della decisione impugnata recano l’intestazione «Consiglio dell’Unione europea», il che lascia pensare che quest’ultimo ne abbia assunto la paternità. In secondo luogo, il processo che ha preceduto l’adozione di tale decisione si sarebbe svolto avvalendosi delle strutture amministrative nonché degli organi preparatori del Consiglio, e prima di tutto del Coreper contemplato dall’articolo 240, paragrafo 1, TFUE. In terzo luogo, il coinvolgimento di un ministro rumeno in tale processo decisionale dimostrerebbe che la presidenza del Consiglio prevista dall’articolo 16, paragrafo 9, TUE avrebbe agito in tale veste nel caso di specie. In quarto luogo, dal momento che l’articolo 297, paragrafo 2, primo comma, TFUE prevede che alcuni atti non legislativi debbano essere firmati dal presidente dell’istituzione che li ha adottati, il fatto che il ministro rumeno abbia firmato la decisione impugnata dimostrerebbe che costui ha agito nell’ambito delle sue funzioni di presidente in carica del Consiglio. |
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29 |
A questo proposito, il Parlamento ricorda che, ai sensi della giurisprudenza, la qualificazione formale di un atto in quanto decisione degli Stati membri non basta perché esso esuli dal sindacato di legittimità della Corte. Perché ciò accada, sarebbe inoltre necessario accertare che l’atto in parola, considerati il suo contenuto e il complesso delle circostanze in cui è stato adottato, non costituisca in effetti una decisione del Consiglio (sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione, C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 14). Orbene, non potrebbe effettuarsi tale constatazione senza procedere all’esame del contenuto dell’atto e dei suoi effetti giuridici. Ciò sarebbe tanto più vero per il fatto che, nel caso di specie, la decisione impugnata invade la competenza conferita al legislatore dell’Unione dagli articoli 46 e 48 TFUE. |
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30 |
In subordine, quand’anche si dovesse ritenere che la decisione impugnata è ascrivibile agli Stati membri e non al Consiglio, il presente ricorso rimarrebbe comunque ricevibile. Infatti, si tratterebbe comunque di un atto dell’Unione, destinato a spiegare effetti giuridici nei confronti di terzi in due ambiti ricadenti nelle competenze dell’Unione, ossia la libera circolazione dei lavoratori e il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri. Sarebbe dunque palese che la fissazione dell’ubicazione della sede dell’ELA attraverso la decisione impugnata incide direttamente su una materia già disciplinata dal legislatore dell’Unione con la creazione di detta Autorità e contribuisce a creare una situazione giuridica opponibile ai terzi. |
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31 |
Il Parlamento sottolinea che negare l’impugnabilità della decisione impugnata ai sensi dell’articolo 263 TFUE significherebbe sottrarre a ogni sindacato giurisdizionale un atto giuridicamente vincolante dell’Unione adottato sul fondamento di una disposizione dei Trattati. Non vi sarebbe, infatti, alcun modo di accertare se la competenza reclamata dagli Stati membri in virtù dell’articolo 341 TFUE sussista effettivamente per quanto riguarda la fissazione dell’ubicazione della sede di organismi dell’Unione come l’ELA, o se invece, come sostiene il Parlamento, attraverso l’uso dell’articolo 341 TFUE gli Stati membri abbiano invaso un ambito attribuito al legislatore dell’Unione dagli articoli 46 e 48 TFUE. |
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32 |
Il Parlamento sostiene che, sebbene gli atti degli Stati membri non siano esplicitamente annoverati fra quelli elencati all’articolo 263, primo comma, TFUE, la Corte deve dichiararsi competente per verificare il rispetto delle attribuzioni conferite alle istituzioni dai Trattati, nel senso indicato dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE. Sottrarre la decisione impugnata al sindacato della Corte per il solo motivo che si tratta di un atto degli Stati membri significherebbe negare la possibilità per la Corte di accertare se le attribuzioni del legislatore dell’Unione siano state rispettate e, se del caso, di metter fine alla violazione delle suddette competenze annullando tale decisione. |
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33 |
Una soluzione siffatta sarebbe inoltre in contrasto con i principi dello Stato di diritto, secondo i quali né gli Stati membri né le istituzioni dell’Unione sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti ai Trattati (sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, EU:C:1986:166, punto 23). A questo proposito, il Parlamento ritiene che detti principi costituiscano il fondamento della competenza generale che l’articolo 19 TUE conferisce alla Corte per assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati (sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 70). |
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34 |
Nella sua replica, il Parlamento osserva che la giurisprudenza invocata dal Consiglio si riferisce ad atti adottati dagli Stati membri al di fuori del quadro definito dai Trattati. Orbene, secondo il Parlamento, la decisione impugnata sarebbe un atto giuridico dell’Unione, adottato sulla base di una competenza conferita dai Trattati, ossia quella risultante dall’articolo 341 TFUE. Infatti, la principale questione giuridica sollevata con il presente ricorso consisterebbe per l’appunto nell’appurare se tale competenza possa essere esercitata per stabilire la sede dell’ELA. |
Giudizio della Corte
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35 |
L’Unione europea è un’Unione di diritto dotata, dal Trattato FUE, di un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedure destinato ad affidare alla Corte il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni (v., in tal senso, sentenze del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, EU:C:1986:166, punto 23; del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 281, nonché del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata). |
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36 |
Per quanto riguarda il ricorso di annullamento previsto dall’articolo 263 TFUE, esso è esperibile avverso tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione, indipendentemente dalla loro natura o dalla loro forma, che mirino a produrre effetti giuridici obbligatori (v., in tal senso, sentenze del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio, 22/70, EU:C:1971:32, punto 42, nonché del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata). |
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37 |
Ciò premesso, nel quadro del ricorso di annullamento previsto dall’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione è competente unicamente a controllare la legittimità degli atti imputabili alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione. Ne consegue, segnatamente, che gli atti adottati dai rappresentanti dei governi degli Stati membri che agiscono non in qualità di membri del Consiglio o del Consiglio europeo, bensì in qualità di rappresentanti dei loro rispettivi governi e che esercitano in tal modo collettivamente le competenze degli Stati membri, non sono soggetti al controllo di legittimità esercitato dal giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione, C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 12, nonché ordinanza del 16 giugno 2021, Sharpston/Consiglio e Rappresentanti dei governi degli Stati membri, C‑685/20 P, EU:C:2021:485, punto 46). |
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38 |
Tuttavia, non è sufficiente che la decisione costituente l’oggetto di un ricorso venga formalmente presentata come una decisione degli Stati membri perché tale atto sfugga al controllo di legittimità istituito dall’articolo 263 TFUE. È necessario anche che l’atto suddetto, alla luce del suo contenuto e dell’insieme delle circostanze nelle quali è stato adottato, non costituisca in realtà una decisione del Consiglio (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione, C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 14). |
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39 |
Nel caso di specie, la decisione impugnata deve essere esaminata alla luce del contesto giuridico applicabile alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione. Orbene, a questo proposito, le parti controvertono sulla questione se l’articolo 341 TFUE, a termini del quale la sede delle «istituzioni» viene fissata «d’intesa comune dai governi degli Stati membri», possa essere utilmente invocato come fondamento delle decisioni relative alla determinazione della sede di detti organi e organismi. |
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40 |
Infatti, da un lato, il Consiglio e gli Stati membri intervenuti a suo sostegno fanno valere che l’articolo summenzionato deve essere interpretato in maniera ampia, nel senso che esso ricomprende per estensione gli organi e gli organismi di cui sopra, sicché la competenza relativa alla fissazione della sede di un siffatto organo od organismo incombe soltanto ai rappresentanti dei governi degli Stati membri deliberanti di comune accordo. Ne conseguirebbe che la decisione impugnata, in quanto atto promanante dagli Stati membri e non dal Consiglio, si sottrae al controllo di legittimità della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE. |
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41 |
Dall’altro lato, il Parlamento ritiene che la decisione di fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione non rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 341 TFUE, ma ricada nelle competenze del legislatore dell’Unione. Esso ne deduce che la decisione impugnata è necessariamente imputabile al Consiglio e non può, di conseguenza, sfuggire al controllo di legittimità esercitato dalla Corte. In ogni caso, anche qualora si dovesse ritenere che tale decisione è ascrivibile agli Stati membri, il presente ricorso dovrebbe essere dichiarato ricevibile in quanto diretto contro l’«effettivo autore» di tale decisione. |
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42 |
Occorre dunque, in prima battuta, stabilire se la decisione relativa alla designazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione debba essere adottata dagli Stati membri, in virtù della regola enunciata all’articolo 341 TFUE, oppure se l’adozione di detta decisione spetti al legislatore dell’Unione, in virtù della base giuridica sostanziale applicabile al settore nel quale l’organo o l’organismo in questione è chiamato a intervenire. |
Sulla competenza in materia di fissazione del luogo della sede degli organi e degli organismi dell’Unione
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43 |
Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, nell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, occorre tener conto non soltanto dei termini in cui essa è formulata e degli obiettivi che essa persegue, ma anche del suo contesto. Anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può offrire elementi pertinenti per la sua interpretazione (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata). |
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44 |
Occorre dunque esaminare, sulla base di tali metodi interpretativi, se l’articolo 341 TFUE si applichi alle decisioni relative alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione. |
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45 |
In primo luogo, per quanto riguarda i termini letterali dell’articolo 341 TFUE, essi fanno riferimento soltanto alle «istituzioni dell’Unione». Orbene, in conformità dell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, la nozione di «istituzioni» rinvia ad un elenco preciso di entità che non include gli organi e gli organismi dell’Unione, e segnatamente le agenzie di quest’ultima. |
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46 |
In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto nel quale l’articolo 341 TFUE si inscrive, occorre sottolineare, anzitutto, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 94 delle sue conclusioni, che un certo numero di disposizioni dei Trattati sono state modificate dal Trattato di Lisbona al fine di includervi un riferimento espresso agli «organi e organismi dell’Unione», ciò che ha come effetto di operare esplicitamente una distinzione tra, da un lato, le istituzioni dell’Unione espressamente contemplate dall’articolo 13, paragrafo 1, TUE e, dall’altro, gli organi e gli organismi dell’Unione. Dunque, mentre talune disposizioni del Trattato FUE contemplano unicamente le istituzioni dell’Unione, altre disposizioni di tale trattato, come gli articoli 15, 16, 123, 124, 127, 130, 228, 263, 265, 267, 282, 298 e 325 si riferiscono, in senso più ampio, alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione. È questo il caso in particolare, relativamente alla competenza della Corte, degli articoli 263, 265 e 267 TFUE. |
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47 |
Orbene, è giocoforza constatare che il tenore letterale dell’articolo 341 TFUE, il quale contempla soltanto le «istituzioni», corrisponde a quello delle disposizioni che hanno preceduto tale articolo, vale a dire l’articolo 216 del Trattato CEE (divenuto articolo 216 del Trattato CE, a sua volta divenuto articolo 289 CE). |
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48 |
La circostanza, evidenziata dal Consiglio, che le disposizioni della Parte settima del Trattato FUE, intitolata «Disposizioni generali e finali», nella quale si colloca l’articolo 341 TFUE, menzionino le «istituzioni» non può dunque essere interpretata – a dispetto del fatto che, come risulta dal punto 46 della presente sentenza, il Trattato UE opera una distinzione netta tra, da un lato, le istituzioni dell’Unione e, dall’altro, gli organi e gli organismi di quest’ultima – come una manifestazione dell’intenzione degli autori dei Trattati di conferire alla nozione di «istituzioni» un’accezione estensiva, nel senso che quest’ultima includerebbe non soltanto le entità elencate nell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche gli organi e gli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati, o in virtù di questi ultimi, e destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione. Ciò vale a maggior ragione per il fatto che il Trattato UE e il Trattato FUE costituiscono un fondamento costituzionale unitario per l’Unione in virtù dell’articolo 1, terzo comma, TUE e dell’articolo 1, paragrafo 2, TFUE, sicché la definizione della nozione di «istituzioni» contenuta all’articolo 13, paragrafo 1, TUE e la distinzione tra tali istituzioni, da un lato, e gli organi e gli organismi dell’Unione, dall’altro, devono valere in maniera trasversale e uniforme in entrambi i Trattati. |
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49 |
Non può essere decisiva neppure l’interpretazione in senso ampio data dalla Corte alla nozione di «istituzioni», ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, il quale enuncia che, «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni». |
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50 |
Infatti, se la Corte ha statuito che la nozione di «istituzioni», ai sensi dell’ultima disposizione sopra citata, include non soltanto le istituzioni dell’Unione elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche l’insieme degli organi e degli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati o in virtù di questi ultimi, e destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata), essa si è esplicitamente fondata, per elaborare tale giurisprudenza, sul fatto, da un lato, che gli organi e gli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati o in virtù di questi ultimi sono destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione e, dall’altro, che sarebbe contrario all’intenzione degli autori dei Trattati che l’Unione, allorché agisce per il tramite di un organo o di un organismo, possa sottrarsi alle conseguenze delle disposizioni dei Trattati che disciplinano la responsabilità extracontrattuale dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 1992, SGEEM e Etroy/BEI, C‑370/89, EU:C:1992:482, punti da 13 a 16). |
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51 |
Così, l’interpretazione ampia data dalla Corte alla nozione di «istituzioni», ai fini dell’applicazione dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, risponde all’esigenza, giustificata dai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri contemplati espressamente da detta disposizione, di evitare che l’Unione possa sottrarsi all’applicazione del regime di responsabilità extracontrattuale di cui all’articolo 268 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE, e al controllo giurisdizionale della Corte che ne deriva, qualora essa agisca per il tramite di un organo o di un organismo dell’Unione distinto dalle istituzioni elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE (v., per analogia, sentenza del 2 dicembre 1992, SGEEM e Etroy/BEI, C‑370/89, EU:C:1992:482, punti 14 e 16). Tale soluzione si impone con tanta più forza per il fatto che, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 100 delle sue conclusioni, la nozione di «agenti» contemplata dall’articolo 340, secondo comma, TFUE include da un punto di vista funzionale la totalità del personale che lavora per l’Unione, sia esso impiegato presso le istituzioni oppure presso gli organi e gli organismi di quest’ultima. |
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52 |
Di conseguenza, l’interpretazione data alla nozione di «istituzioni» ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, il quale disciplina l’estensione della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, non può essere utilmente invocata al fine di definire per analogia l’ambito di applicazione dell’articolo 341 TFUE, relativo all’estensione delle competenze riservate agli Stati membri in virtù dei Trattati. |
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53 |
Il Consiglio non può neppure invocare utilmente la nozione di «istituzioni» contenuta all’articolo 342 TFUE, a tenore del quale «[i]l regime linguistico delle istituzioni dell’Unione è fissato, senza pregiudizio delle disposizioni previste dallo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, dal Consiglio, che delibera all’unanimità mediante regolamenti». Infatti, come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni, la nozione di «istituzioni», ai sensi dell’articolo sopra citato, non deve necessariamente essere interpretata come includente gli organi e gli organismi dell’Unione, nella misura in cui il regime linguistico di un organo o di un organismo dell’Unione può essere differente da quello in vigore nelle istituzioni di quest’ultima. |
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54 |
Quanto al Protocollo n. 6, se invero, come sottolineato dal Consiglio, esso fissa non soltanto la sede delle istituzioni dell’Unione, ma anche quella di alcuni organi ed organismi dell’Unione, tra cui Europol, e fa riferimento all’articolo 341 TFUE, detto protocollo non prevede per questo che le sedi degli organi e degli organismi dell’Unione debbano essere determinate collettivamente dagli Stati membri in virtù del principio enunciato da tale articolo. A questo proposito, occorre far osservare che tali organi ed organismi dell’Unione hanno come caratteristica comune il fatto di essere stati creati dagli Stati membri, mentre ciò non vale nel caso di un’agenzia dell’Unione come l’ELA, che è stata creata, sulla base dei Trattati istitutivi, dal legislatore dell’Unione. Pertanto, non si può desumere dal protocollo sopra citato una volontà degli Stati membri di applicare, direttamente o per analogia, il principio enunciato in detto articolo alla fissazione della sede della totalità degli organi e degli organismi dell’Unione. |
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55 |
Come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 112 delle sue conclusioni, l’adozione di un protocollo specifico testimonia, al contrario, che gli Stati membri hanno ritenuto che la loro decisione collettiva in merito alla fissazione della sede di alcuni organi ed organismi dell’Unione tassativamente elencati dovesse essere specificamente iscritta nel diritto primario al fine di produrre effetti giuridici nel diritto dell’Unione. |
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56 |
Quanto al rinvio esplicito, nel Protocollo n. 6, all’articolo 341 TFUE, esso si spiega con il fatto che tale protocollo contempla, al primo posto, le istituzioni menzionate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE. |
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57 |
Inoltre, è pur vero che, come risulta dall’articolo 2 della decisione di Edimburgo, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno espresso l’intenzione di riservarsi le decisioni relative alle sedi degli organi e degli organismi dell’Unione nello stesso modo in cui essi sono espressamente e chiaramente abilitati dall’articolo 341 TFUE a stabilire la sede delle istituzioni dell’Unione. Inoltre, in occasione della conferenza intergovernativa che ha portato all’adozione del Trattato di Amsterdam, il testo della decisione di Edimburgo è stato ripreso quale protocollo allegato ai Trattati UE, CE, CECA e CEEA, diventato oggi il Protocollo n. 6, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA. |
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Nondimeno, da un lato, l’articolo unico di quest’ultimo protocollo designa la sede – in termini paragonabili a quelli dell’articolo 1 della decisione di Edimburgo – soltanto di istituzioni, organi od organismi dell’Unione creati dagli Stati membri. Dall’altro lato, sebbene la Corte abbia riconosciuto un valore giuridico vincolante a detta decisione nella sentenza del 1o ottobre 1997, Francia/Parlamento (C‑345/95, EU:C:1997:450), cui essa ha fatto riferimento in sentenze successive [v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2012, Francia/Parlamento, C‑237/11 e C‑238/11, EU:C:2012:796, punti da 36 a 42, e del 2 ottobre 2018, Francia/Parlamento (Esercizio del potere di bilancio), C‑73/17, EU:C:2018:787, punto 33], l’articolo 2 di detta decisione non può portare ad adottare un’interpretazione dell’articolo 341 TFUE che si porrebbe in contrasto con il chiaro tenore letterale di quest’ultimo. |
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59 |
Il Consiglio fa valere altresì, quale elemento del contesto, la prassi istituzionale antecedente relativa alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, e sostiene che tale prassi beneficia di un «riconoscimento istituzionale» in virtù della dichiarazione congiunta del 2012 e dell’orientamento comune ad essa allegato. |
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Tuttavia, risulta dagli elementi di informazione che sono stati portati alla conoscenza della Corte nell’ambito della presente controversia che la prassi fatta valere è lungi dall’essere generalizzata. Infatti, le procedure seguite in vista della designazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione o sono state condotte dai soli Stati membri, o hanno coinvolto, in gradi variabili e su fondamenti diversi, le istituzioni dell’Unione nella loro qualità o meno di soggetti del procedimento legislativo. |
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Nondimeno, anche supponendo che sia possibile, come sostiene il Consiglio, identificare una prassi antecedente consolidata e coerente, in virtù della quale le sedi degli organi e degli organismi dell’Unione sarebbero state sistematicamente designate sulla base di una scelta politica operata dai soli rappresentanti dei governi degli Stati membri, l’interpretazione dell’articolo 341 TFUE che il Consiglio caldeggia sulla base della prassi suddetta non può beneficiare di alcun «riconoscimento istituzionale» in virtù della dichiarazione congiunta del 2012 e dell’orientamento comune ad essa allegato. Infatti, tale dichiarazione non riveste – come sottolineato dal suo quinto capoverso – alcun carattere giuridicamente vincolante e non comporta, del resto, alcun riconoscimento di una qualsivoglia riserva di competenza degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione. |
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62 |
Ad ogni modo, una prassi siffatta, che si porrebbe in contrasto con le norme del Trattato FUE e, in particolare, con l’articolo 341 TFUE, estendendo, malgrado il suo chiaro tenore letterale, l’ambito di applicazione di tale articolo alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, non può creare un precedente vincolante per le istituzioni (v., in tal senso, sentenza del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio, C‑133/06, EU:C:2008:257, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata). |
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63 |
In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo dell’articolo 341 TFUE, esso consiste nel preservare i poteri decisionali degli Stati membri nella determinazione della sede delle sole istituzioni dell’Unione. Contrariamente alla posizione difesa dal Consiglio all’udienza, un’interpretazione di detto articolo nel senso che esso non si applica agli organi e agli organismi dell’Unione non può avere come effetto di privarlo di qualsiasi effetto utile, come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 138 delle sue conclusioni. Se è pur vero che la sede delle istituzioni dell’Unione è già stabilita dal diritto primario – più precisamente dal Protocollo n. 6 –, l’articolo 341 TFUE continua nondimeno a presentare una sua rilevanza per qualsiasi eventuale decisione futura che modifichi la sede di un’istituzione esistente o che fissi la sede di una nuova istituzione. |
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In tale contesto, occorre ricordare che, a differenza delle istituzioni dell’Unione, la cui creazione e le cui funzioni sono, in ragione della loro importanza costituzionale, previste dai Trattati stessi, gli organi e gli organismi dell’Unione, come l’ELA, la cui finalità è la realizzazione degli obiettivi di una determinata politica dell’Unione, non sono, di norma, creati dai Trattati. Date tali circostanze, la loro creazione, non traendo origine dal diritto primario, deve risultare da un atto di diritto derivato adottato sul fondamento delle disposizioni sostanziali che attuano la politica dell’Unione nella quale l’organo o l’organismo in questione interviene e in conformità delle procedure previste da tali disposizioni. |
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65 |
In assenza di ulteriori precisazioni nei Trattati a questo proposito, spetta, allo stesso modo, al legislatore dell’Unione, conformemente alle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, fissare la sede di un organo o di un organismo dell’Unione che lo stesso legislatore ha istituito mediante un atto di diritto derivato adottato sul fondamento di dette disposizioni, analogamente alla competenza che esso detiene, in virtù di queste stesse disposizioni, per definire le competenze, l’organizzazione e le modalità di funzionamento di tale organo od organismo. |
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66 |
La decisione relativa alla fissazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, come un’agenzia dell’Unione, è dunque, contrariamente a quanto asserisce il Consiglio, consustanziale alla decisione relativa alla sua creazione. |
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Invero, la fissazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione può tener conto di considerazioni di ordine politico, come la necessità, nell’insediamento degli organi o degli organismi dell’Unione, di garantire un certo equilibrio geografico o di favorire gli Stati membri che non ospitano ancora la sede di un organo o di un organismo dell’Unione. |
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68 |
Tuttavia, il carattere politico della decisione che stabilisce il luogo della sede di un siffatto organo od organismo dell’Unione non è di per sé idoneo a giustificare che tale decisione sia sottratta alla competenza del legislatore dell’Unione, il quale è, infatti regolarmente chiamato ad operare scelte politiche nell’esercizio delle competenze dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2016, Germania/Parlamento e Consiglio, C‑113/14, EU:C:2016:635, punto 55). |
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69 |
Peraltro, una simile decisione deve principalmente permettere di garantire la realizzazione dei compiti affidati all’organo o all’organismo dell’Unione di cui trattasi in vista della realizzazione degli obiettivi di una determinata politica. |
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Non può essere accolta neppure la tesi secondo cui il fatto di legare la designazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione alla base sostanziale sulla quale si fonda la creazione di quest’ultimo può portare, a seconda della pertinente base giuridica, a sottoporre tale designazione ad un voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, e non ad una decisione presa di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, facendo al tempo stesso della suddetta designazione un elemento di compromesso nel quadro del dibattito legislativo. |
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71 |
Infatti, come si è ricordato al punto 68 della presente sentenza, il fatto che la decisione di designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione possa presentare una dimensione politica importante, in quanto essa deve rispondere segnatamente a considerazioni relative all’equilibrio geografico, non impedisce che tale decisione possa essere adottata dal legislatore dell’Unione in conformità delle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, tenendo presente che tale dimensione politica può costituire, sotto questo aspetto, un elemento di cui il legislatore dell’Unione può tener conto nell’esercizio del suo potere discrezionale. Occorre inoltre sottolineare che, poiché il processo legislativo dell’Unione è guidato, in virtù del combinato disposto dell’articolo 1, secondo comma, e dell’articolo 10, paragrafo 3, TUE, dal principio di trasparenza nei confronti dei cittadini, il ricorso a tale processo è idoneo a rafforzare il sostrato democratico di una decisione relativa alla designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, come l’ELA. |
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Inoltre, e più fondamentalmente, il fatto che una decisione, come quella relativa alla designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, presenti aspetti politicamente sensibili non può condurre a modificare le competenze conferite dai Trattati alle istituzioni dell’Unione, né a far sì che l’esercizio di tali competenze venga sottratto alle procedure legislative previste dai Trattati. La determinazione della portata di una disposizione dei Trattati disciplinante una competenza sostanziale dell’Unione non può infatti dipendere da considerazioni attinenti al carattere politicamente sensibile della materia di cui trattasi o all’esigenza di assicurare l’efficacia di un’azione. |
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Risulta dall’insieme delle suesposte considerazioni, e segnatamente dal tenore letterale dell’articolo 341 TFUE, che tale disposizione non può essere interpretata nel senso che essa disciplina la designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione come l’ELA. |
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Date tali circostanze, la competenza a decidere della fissazione del luogo della sede di quest’ultima agenzia spetta non agli Stati membri, bensì al legislatore dell’Unione, al quale incombe agire a questo scopo in conformità delle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, nel caso di specie gli articoli 46 e 48 TFUE, i quali prevedono il ricorso alla procedura legislativa ordinaria. |
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È alla luce di tale conclusione che occorre pronunciarsi, in seconda battuta, sulla competenza della Corte a decidere sui presenti ricorsi. |
Sull’autore della decisione impugnata e sulla competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE
– Sull’autore della decisione impugnata
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Occorre, in primo luogo, verificare se la decisione impugnata, che è stata adottata a margine di una riunione del Consiglio dalla conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, sia imputabile a questi ultimi. |
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Per quanto riguarda il contenuto della decisione impugnata, discende dal tenore letterale di quest’ultima che essa costituisce un atto dei capi di Stato o di governo dei 27 Stati membri adottato a margine di una riunione del Consiglio all’esito di una procedura intergovernativa. Ciò è testimoniato dal riferimento esplicito, nel titolo e all’inizio del preambolo di tale decisione, ai «rappresentanti dei governi degli Stati membri». |
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A questo proposito, occorre rilevare che la decisione impugnata è stata adottata sul fondamento esplicito dell’articolo 341 TFUE, avendo gli autori di tale decisione ritenuto che la menzione riferita alle «istituzioni», contenuta in tale articolo, dovesse essere interpretata in maniera estensiva, vale a dire come comprendente non soltanto le istituzioni specificamente elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche gli organi e gli organismi dell’Unione. |
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Inoltre, occorre constatare che i lavori preparatori della decisione impugnata sono stati svolti in occasione di riunioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri che si sono tenute a margine delle riunioni del Coreper del 13 marzo 2019 e del 5 giugno 2019. |
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Quanto alle circostanze che hanno accompagnato l’adozione della decisione impugnata, né il fatto che la procedura di selezione condotta a livello intergovernativo in vista della designazione del luogo della sede dell’ELA si sia svolta nei locali del Consiglio e con l’assistenza dei servizi del segretariato generale del Consiglio, né il fatto che le offerte depositate nell’ambito di tale procedura di selezione siano state valutate dalla Commissione, né la circostanza che la decisione impugnata sia stata firmata dal rappresentante dello Stato membro che ricopriva, alla data di adozione di tale decisione, la presidenza di turno del Consiglio in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 9, TUE – nel caso di specie, il Ministro della Giustizia rumeno –, sono idonei a invalidare la conclusione secondo cui la decisione di cui sopra è imputabile agli Stati membri, e non al Consiglio. |
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Infatti, da un lato, l’adozione di un atto nei locali o con l’assistenza di un’istituzione dell’Unione non conferisce di per sé una competenza alla Corte a valutare la legittimità di tale atto (v., per analogia, sentenza del 22 marzo 1990, Le Pen, C‑201/89, EU:C:1990:133 punti 11 e 16). Dall’altro lato, la partecipazione di istituzioni dell’Unione all’elaborazione di una decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri adottata a margine di una riunione del Consiglio non può determinare la natura giuridica e l’autore dell’atto che ne deriva. |
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82 |
Dunque, la decisione impugnata non può, né per il suo contenuto né per le circostanze nelle quali è stata adottata, essere qualificata come atto del Consiglio. Tale decisione costituisce al contrario un atto adottato collettivamente e di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri. |
– Sulla competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE
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83 |
In secondo luogo, occorre ricordare che il solo criterio pertinente adottato dalla Corte per escludere la competenza dei giudici dell’Unione a conoscere di un ricorso giurisdizionale diretto contro atti adottati dai rappresentanti dei governi degli Stati membri è quello relativo all’autore di tali atti, indipendentemente dai loro effetti giuridici obbligatori (ordinanza del 16 giugno 2021, Sharpston/Consiglio e Rappresentanti dei governi degli Stati membri, C‑685/20 P, EU:C:2021:485, punto 47). |
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84 |
L’argomentazione del Parlamento, secondo cui occorrerebbe nel caso di specie adottare un’accezione estesa degli autori degli atti ai quali l’articolo 263 TFUE si riferisce, vale a dire le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, al fine di ritenere che la decisione impugnata sia stata adottata da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione ai sensi tale articolo, o, quantomeno, al fine di assimilare il presente ricorso a un ricorso proposto contro una decisione del Consiglio, non può dunque essere accolta senza disattendere il chiaro tenore letterale dell’articolo summenzionato (v., in tal senso, ordinanza del 16 giugno 2021, Sharpston/Consiglio e Rappresentanti dei governi degli Stati membri, C‑685/20 P, EU:C:2021:485, punto 48). |
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Una simile interpretazione si porrebbe in contrasto anche con la volontà degli autori dei Trattati – rispecchiata dall’articolo 263 TFUE, il cui ambito di applicazione è limitato ai soli atti di diritto dell’Unione adottati dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione – di sottrarre gli atti degli Stati membri al controllo dei giudici dell’Unione. |
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Estendere la nozione di atti impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE agli atti adottati, anche di comune accordo, dagli Stati membri porterebbe, in definitiva, ad ammettere un controllo diretto del giudice dell’Unione sugli atti degli Stati membri e, dunque, ad aggirare i rimedi giuridici specificamente previsti in caso di inadempimento degli obblighi ad essi incombenti in virtù dei Trattati. |
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Tali rimedi giuridici si basano infatti su una presa in considerazione dei rispettivi ruoli delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, da un lato, e degli Stati membri, dall’altro, nell’ordinamento giuridico dell’Unione. A questo proposito, occorre ricordare che, conformemente al principio enunciato all’articolo 13, paragrafo 2, TUE, ciascuna istituzione, e così la Corte, agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai Trattati, secondo le procedure, le condizioni e le finalità da questi previste. |
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88 |
Nel caso di specie, se la decisione impugnata viene considerata come un atto adottato dai soli Stati membri, sottratto quindi al controllo di legittimità previsto dall’articolo 263 TFUE, essa non può per questo essere equiparata ad una decisione adottata a norma dell’articolo 341 TFUE, dato che, come risulta dalle considerazioni esposte ai punti da 43 a 73 della presente sentenza, tale articolo deve essere interpretato nel senso che contempla esclusivamente la determinazione della sede delle istituzioni menzionate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, e non la determinazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione. |
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89 |
Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 166 delle sue conclusioni, una decisione, come la decisione impugnata, che sia stata adottata dagli Stati membri in un settore in cui i Trattati non prevedono l’azione di questi ultimi è priva di qualsiasi effetto giuridico vincolante nel diritto dell’Unione. La circostanza che una o più istituzioni dell’Unione abbiano svolto un certo ruolo nell’ambito della procedura che ha portato all’adozione di tale decisione non modifica la natura di quest’ultima, la quale non rientra nell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 54). |
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In tale contesto, incombe al legislatore dell’Unione, per ragioni sia di certezza del diritto che di tutela giurisdizionale effettiva, adottare, conformemente alle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, un atto dell’Unione che convalidi o, al contrario, si discosti dalla decisione politica adottata dagli Stati membri, con la precisazione che soltanto questo atto del legislatore dell’Unione è idoneo a produrre effetti giuridici vincolanti nell’ambito del diritto dell’Unione e che, in un contesto quale quello di cui al caso di specie, tale atto deve necessariamente precedere qualsiasi misura di attuazione concreta dell’installazione della sede dell’agenzia in questione. |
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91 |
Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che la decisione impugnata costituisce non già un atto del Consiglio, bensì un atto di natura politica privo di effetti giuridici vincolanti adottato dagli Stati membri collettivamente, sicché essa non può essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE. |
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92 |
Di conseguenza, occorre respingere il presente ricorso in quanto diretto contro un atto del quale la Corte non è competente a controllare la legittimità sulla base dell’articolo 263 TFUE. |
Sulle spese
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93 |
A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
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94 |
Conformemente all’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate tra le parti. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte. |
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95 |
Nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che le circostanze che hanno accompagnato l’adozione della decisione impugnata sono contraddistinte da una prassi e da interpretazioni divergenti in ordine alla questione della competenza decisionale in materia di fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, appare giustificato decidere che ciascuna delle parti principali, ossia il Parlamento e il Consiglio, sopporterà le proprie spese. |
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96 |
In applicazione dell’articolo 140, paragrafo 1, di detto regolamento, il Regno del Belgio, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Polonia, la Repubblica slovacca e la Repubblica di Finlandia sopporteranno ciascuno le proprie spese. |
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Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce: |
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Lenaerts Arabadjiev Jürimäe Lycourgos Regan Rodin Jarukaitis Jääskinen Passer Bonichot Safjan Biltgen Xuereb Kumin Wahl Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 luglio 2022. Il cancelliere A. Calot Escobar Il presidente K. Lenaerts |
( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.