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Document 62014CC0560

Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 3 maggio 2016.
M contro Minister for Justice and Equality Ireland and the Attorney General.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Irlanda).
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato – Domanda di protezione sussidiaria – Regolarità del procedimento nazionale di esame di una domanda di protezione sussidiaria presentata in seguito al rigetto di una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato – Diritto di essere ascoltato – Portata – Diritto ad un colloquio orale – Diritto di chiamare testimoni e di esaminarli in contraddittorio.
Causa C-560/14.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:320

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 3 maggio 2016 ( 1 )

Causa C‑560/14

M

contro

Minister for Justice and Equality Ireland and the Attorney General

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Irlanda)]

«Rinvio pregiudiziale — Spazio di libertà, sicurezza e giustizia — Direttiva 2004/83/CE — Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria — Protezione sussidiaria — Regolarità della procedura nazionale seguita nell’esame di una domanda di protezione sussidiaria a seguito del rigetto di una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato — Diritto di essere ascoltato — Portata — Necessità di un’audizione orale — Diritto di indicare testimoni e di esaminarli in contraddittorio»

1. 

La presente causa offre alla Corte l’opportunità di precisare ulteriormente la portata del diritto di essere ascoltato nel diritto dell’Unione ( 2 ), con particolare riferimento al procedimento per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi della direttiva 2004/83 ( 3 ).

2. 

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dalla Supreme Court irlandese è sorta nell’ambito del giudizio di appello di cui essa è investita contro la sentenza che la High Court ha reso a seguito della pronuncia da parte della Corte della sentenza nella causa M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744). La questione pregiudiziale della Supreme Court si inquadra nel contesto del sistema irlandese per il riconoscimento della protezione internazionale vigente al momento dei fatti di causa, il quale ha già dato adito a diverse questioni pregiudiziali sollevate dinanzi alla Corte ( 4 ). La particolarità della normativa irlandese, oramai riformata a due riprese ( 5 ), risiedeva nella scelta di costituire un sistema «biforcato», caratterizzato dall’esistenza di due procedimenti specifici e distinti per il trattamento, da un lato, delle domande di asilo e, dall’altro, delle domande per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

3. 

Nella sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744) la Corte ha messo in rilievo l’importanza che, in un sistema di tal genere, il diritto di essere ascoltato ( 6 ), alla luce del carattere fondamentale da esso rivestito, sia pienamente garantito nell’ambito di ciascuno dei due procedimenti. Risulta, tuttavia, dagli atti della presente causa che la sentenza M.M. è stata oggetto d’interpretazioni divergenti tra le parti per ciò che riguarda la portata esatta che la Corte avrebbe riconosciuto a tale diritto. Più in particolare, le parti dissentono sulla questione se risulti o meno da detta sentenza che, affinché in un sistema di tal genere il diritto di essere ascoltato sia pienamente garantito nel procedimento per il riconoscimento della protezione sussidiaria, sia necessario o meno che al richiedente venga accordata, dinanzi all’amministrazione che deciderà sulla sua domanda, un’audizione orale in cui possano venire chiamati testimoni, allorché un’audizione orale ha già avuto luogo nell’ambito del procedimento antecedente riguardante la sua domanda d’asilo. Questa è, in sostanza, la questione cui è chiamata a rispondere la Corte nella presente causa.

I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

4.

Conformemente al suo articolo 1, la direttiva 2004/83 mira a stabilire norme minime relative, da un lato, ai requisiti che devono soddisfare i cittadini di paesi terzi o gli apolidi per poter beneficiare di una protezione internazionale e, dall’altro, al contenuto della protezione riconosciuta.

5.

Conformemente all’articolo 2, lettera e), della direttiva 2004/83, una persona è ammissibile al riconoscimento della protezione sussidiaria qualora sussistano fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine in causa, essa correrebbe un rischio effettivo di subire un danno grave quale definito all’articolo 15 della stessa direttiva. Ai termini di quest’ultimo articolo sono considerati come danni gravi la condanna a morte o l’esecuzione [lettera a)], ovvero la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante a suo danno [lettera b)] o, ancora, la minaccia grave alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale [lettera c)].

6.

L’articolo 4 della direttiva 2004/83, incluso nel capo II di quest’ultima, a sua volta rubricato «[v]alutazione delle domande di protezione internazionale» fornisce indicazioni su come deve essere svolto l’esame dei fatti e delle circostanze sottesi a tali domande. In particolare, esso prevede, alla seconda frase del suo paragrafo 1, che lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda di protezione internazionale. Risulta inoltre dal paragrafo 3 di tale articolo che l’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione di tutta una serie di elementi ivi indicati, tra cui, in particolare ai termini della lettera c) di tale paragrafo, la situazione individuale e personale del richiedente al fine di valutare se, in base alle sue circostanze personali, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave.

7.

La direttiva 2005/85 ( 7 ) stabilisce norme minime per le procedure di esame delle domande per il riconoscimento dello status di rifugiato. L’articolo 3, di tale direttiva determina l’ambito di applicazione della stessa e dispone, al suo paragrafo 1, che essa si applica a tutte le domande di asilo. Tuttavia, ai termini del paragrafo 3 dello stesso articolo, «[q]ualora gli Stati membri utilizzino o avviino un procedimento in cui le domande di asilo sono esaminate sia quali domande a norma della convenzione di Ginevra sia quali domande concernenti altri tipi di protezione internazionale a seconda delle circostanze definite dall’articolo 15 della direttiva 2004/83/CE, essi applicano la presente direttiva nel corso dell’intero procedimento». Il paragrafo 4, dello stesso articolo, dispone che «[g]li Stati membri possono inoltre decidere di applicare la presente direttiva nei procedimenti di esame di domande intese ad ottenere qualsiasi forma di protezione internazionale».

8.

L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2005/85, rubricato «colloquio personale» dispone che «[p]rima che l’autorità accertante decida, è data facoltà al richiedente asilo di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di asilo con una persona competente, a norma della legislazione nazionale, a svolgere tale colloquio». Tuttavia, ai sensi dei paragrafi 2 e 3, dello stesso articolo tale colloquio personale può essere omesso in una serie di casi ivi indicati ( 8 ).

B – Diritto nazionale

9.

Come osservato precedentemente, in Irlanda, nel vigore della normativa applicabile ai fatti di specie, la domanda di asilo e quella per il riconoscimento della protezione sussidiaria facevano oggetto di procedimenti specifici e distinti che si svolgevano uno dopo l’altro.

10.

Il procedimento per il riconoscimento della protezione sussidiaria era disciplinato dall’European Communities (Eligibility for Protection) Regulations 2006, adottato dal Minister for Justice, Equality and Law Reform (in prosieguo: il «Minister») il 9 ottobre 2006, e avente ad oggetto, in particolare, la trasposizione della direttiva 2004/83.

11.

Tale regolamento non comportava alcuna disposizione che prevedesse che il richiedente della protezione sussidiaria dovesse essere ascoltato in un colloquio personale nell’ambito dell’istruzione della sua domanda. La disciplina del procedimento per il trattamento delle domande di protezione sussidiaria ha, nel frattempo, fatto oggetto di due riforme ( 9 ) le quali non sono però rilevanti, rationae temporis, nella presente causa.

II – Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

12.

Lo svolgimento dei procedimenti riguardanti le domande di asilo e di protezione sussidiaria del sig. M dinanzi alle autorità irlandesi è esposto nel dettaglio ai punti da 39 a 46 della sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), cui viene fatto espressamente rinvio. Per quanto necessario ai fini della presente causa, mi limito a ricordare che il sig. M, cittadino ruandese di etnia Tutsi, è inizialmente entrato in Irlanda nel 2006 munito di un visto per studenti e che, alla scadenza di tale visto, nel 2008, ha presentato una domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato. Nell’ambito del procedimento concernente tale domanda, il sig. M è stato ascoltato nel corso di un colloquio personale avvenuto dinanzi all’Office of the Refugee Application Commissioner. Il sig. M ha proposto appello contro la decisione negativa di tale ultimo organo dinanzi al Refugee Appeal Tribunal, il quale, a seguito di una procedura avvenuta esclusivamente per iscritto, ha definitivamente respinto la domanda d’asilo del sig. M considerando poco credibili le sue affermazioni relative ai rischi di persecuzione che egli avrebbe corso se fosse tornato in Ruanda.

13.

Nel dicembre 2008, il sig. M ha presentato dinanzi al Minister una domanda diretta ad ottenere la protezione sussidiaria, la quale è anch’essa stata respinta. Nella sua decisione negativa, adottata senza che fosse accordata alcuna audizione orale al sig. M riguardo alla sua domanda di protezione sussidiaria, il Minister ha concluso che quest’ultimo non aveva dimostrato l’esistenza di motivi sostanziali per credere che egli, in caso di ritorno in Ruanda, avrebbe corso il rischio di subire un grave danno nel senso indicato dall’articolo 15 della direttiva 2004/83. Risulta dagli atti che per giustificare tale decisione, il Minister si sarebbe prevalentemente limitato a fare riferimento ai motivi precedentemente invocati per respingere la domanda di asilo del sig. M.

14.

Il sig. M ha impugnato la decisione del Minister dinanzi alla High Court, la quale, nell’ambito del giudizio relativo a tale ricorso, ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale. Tale questione era diretta a chiedere alla Corte, in sostanza, se, in un caso quale quello del sig. M, in cui una persona richieda il riconoscimento della protezione sussidiaria a seguito del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, l’obbligo di cooperazione, stabilito all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83, esiga che le autorità di uno Stato membro, qualora intendano adottare una decisione negativa, forniscano al richiedente, prima dell’adozione di tale decisione, i risultati della loro valutazione in modo da consentirgli di esprimersi in merito agli aspetti della decisione proposta che fanno presagire un esito negativo.

15.

Nella sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), dopo aver risposto in senso negativo alla questione pregiudiziale postale dalla High Court ( 10 ), la Corte, ai punti 75 e seguenti, ha specificamente messo in risalto l’esigenza che siano rispettati nell’ambito di ciascuno dei due procedimenti ‐ ossia quello d’asilo e quello relativo alla protezione sussidiaria – i diritti fondamentali del richiedente e, più in particolare, il suo diritto di essere ascoltato, nel senso che egli deve poter esprimere utilmente le proprie osservazioni prima dell’adozione di qualsiasi decisione che neghi il beneficio della protezione richiesta. Più in particolare, al punto 95, secondo trattino, di tale sentenza, la Corte ha affermato che, in un sistema biforcato quale quello irlandese, «la circostanza che l’interessato sia già stato validamente sentito durante l’istruzione della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non implica che si possa eludere tale formalità nell’ambito della procedura relativa alla domanda di protezione sussidiaria».

16.

A seguito della pronuncia della sentenza della Corte, il 23 gennaio 2013, la High Court ha reso la propria sentenza ( 11 ). Essa ha considerato che, contrariamente a quanto sostenuto dal sig. M, la Corte nella sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744) non avesse inteso affermare che, in un sistema «biforcato» quale quello irlandese, il diritto dell’Unione riconosce, in via generale, al richiedente un diritto ad un’audizione orale personale nell’ambito del procedimento concernente la domanda di protezione sussidiaria, anche se in numerosi casi un tale diritto potrebbe esistere. La High Court ha cionondimeno annullato la decisione del Minister considerando che, nella fattispecie, esso non avesse rispettato il diritto di essere ascoltato del sig. M nel procedimento concernente la domanda di protezione sussidiaria. La High Court ha in effetti constatato, da un lato, che il Minister si era basato completamente sulle constatazioni negative, effettuate nell’ambito dell’analisi della domanda d’asilo, riguardo alla credibilità delle affermazioni del sig. M relative al danno che egli avrebbe subito se fosse tornato in Ruanda e, dall’altro, che esso non aveva effettuato alcuna valutazione distinta ed indipendente delle affermazioni fatte dal sig. M a sostegno della sua domanda ( 12 ).

17.

Il Minister, l’Irlanda e l’Attorney General hanno impugnato la sentenza della High Court dinanzi al giudice del rinvio, facendo valere che tale giudice avrebbe interpretato erroneamente la sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744). Il sig. M, da parte sua, ha proposto un ricorso incidentale in cui fa valere che, contrariamente a quanto considerato dalla High Court, risulterebbe dalla succitata sentenza della Corte che egli dispone di un diritto ad un colloquio personale nel procedimento concernente la sua domanda di protezione sussidiaria.

18.

Il giudice del rinvio rileva la necessità di un chiarimento circa la corretta applicazione delle indicazioni fornite dalla Corte ai punti 85 e seguenti della sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744) in un caso, come quello di specie, in cui esistono procedimenti separati per l’esame delle domande di asilo e di protezione sussidiaria.

19.

Alla luce di ciò, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento principale e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il “diritto di essere ascoltato”, nel diritto dell’Unione europea, esiga che, ad un richiedente che presenta domanda di protezione sussidiaria ai sensi della direttiva 2004/83/CE, venga accordata un’audizione orale concernente tale domanda, incluso il diritto di chiamare testimoni o di esaminarli in contraddittorio, nel caso in cui tale domanda venga presentata in uno Stato membro in cui sono previsti due procedimenti distinti, uno successivo all’altro, per l’esame rispettivamente delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato e per le domande di protezione sussidiaria».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

20.

L’ordinanza di rinvio è pervenuta in cancelleria il 5 dicembre 2014. Hanno depositato osservazioni il sig. M, i governi irlandese, francese e ceco, nonché la Commissione europea. All’udienza, tenutasi il 18 febbraio 2016, sono intervenuti il sig. M, il governo irlandese e la Commissione.

IV – Analisi giuridica

21.

Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nel diritto dell’Unione, il diritto di essere ascoltato in qualsiasi procedimento debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui una domanda diretta al riconoscimento dello status della protezione sussidiaria venga presentata in uno Stato membro che prevede due procedimenti distinti, uno susseguente all’altro, rispettivamente per l’esame delle domande di asilo e di protezione sussidiaria, tale diritto esiga necessariamente che al richiedente sia accordata un’audizione orale, in cui egli abbia diritto di chiamare testimoni e di esaminarli in contraddittorio, nel procedimento concernente la sua domanda di protezione sussidiaria.

22.

Come già rilevato, il presente rinvio pregiudiziale si iscrive nel solco della sentenza della Corte nella causa M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), la cui interpretazione è decisiva per la soluzione del litigio pendente dinanzi al giudice del rinvio. Le parti in tale giudizio, nonché gli intervenienti nella presente procedura, sostengono posizioni opposte riguardo al modo in cui tale sentenza dovrebbe essere interpretata.

23.

Da un lato, il sig. M sostiene che nella citata sentenza la Corte avrebbe riconosciuto la necessità che al richiedente la protezione sussidiaria venga accordata un’audizione orale affinché, in una fattispecie quale quella del procedimento principale, possa ritenersi rispettato il suo diritto di essere ascoltato. Anche la Commissione ritiene che, in un caso di questo genere, il rispetto del diritto di essere ascoltato esiga la tenuta di un’audizione orale. Dall’altro lato, il governo irlandese, la cui posizione è supportata dai governi francesi e ceco, sostiene la posizione opposta e ritiene che, in un caso di tal genere, affinché il diritto di essere ascoltato sia rispettato, sia sufficiente che il richiedente abbia avuto la possibilità di esprimersi esaustivamente, anche se semplicemente per iscritto, riguardo a tutte le ragioni che stanno a fondamento della sua domanda di protezione sussidiaria.

24.

Nella misura in cui, proprio come nella causa M.M., anche il presente rinvio pregiudiziale solleva, in generale, la questione della portata del diritto di essere ascoltato nel diritto dell’Unione in una situazione particolare quale quella oggetto del procedimento principale ( 13 ), ritengo utile, al fine di rispondere alla questione pregiudiziale, ripercorrere brevemente i principi delineati dalla Corte nella sua giurisprudenza recente concernente tale diritto.

A – Principi giurisprudenziali riguardo al diritto di essere ascoltato nel diritto dell’Unione

25.

Secondo costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione di cui il diritto di essere ascoltato in qualsiasi procedimento costituisce parte integrante ( 14 ).

26.

Il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio è oramai previsto espressamente dal paragrafo 2, lettera a), dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto espressione particolare del diritto ad una buona amministrazione ( 15 ).

27.

Come ho avuto modo di ricordare ancora di recente ( 16 ), la questione dell’applicabilità dell’articolo 41 della Carta agli Stati membri quando questi attuano il diritto dell’Unione ( 17 ) resta soggetta a controversia in giurisprudenza. Secondo una prima corrente giurisprudenziale, alla quale io aderisco ( 18 ), tale articolo costituisce una disposizione di applicazione generale che si applica non solo alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione, ma anche agli Stati membri qualora essi adottino misure in attuazione del diritto dell’Unione ( 19 ). Un’altra corrente giurisprudenziale si fonda sul tenore letterale della disposizione la quale si rivolge in modo esplicito unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione, e non agli Stati membri. Secondo tale corrente, discenderebbe da ciò che il diritto di essere ascoltato di un soggetto che è parte in un procedimento dinanzi all’amministrazione di uno Stato membro in cui questa attua il diritto dell’Unione non trova il suo fondamento nell’articolo 41 della Carta, ma nel principio generale di diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa ( 20 ).

28.

Nella presente causa, tuttavia, questa questione, pur rivestendo una certa importanza in relazione all’esatta definizione della base giuridica su cui si fonda il diritto di essere ascoltato del sig. M, è in realtà, come rilevato dalla Commissione all’udienza, priva di incidenza pratica in quanto la necessità del rispetto di tale diritto dinanzi alle autorità irlandesi è fuori di dubbio, indipendentemente dal fatto che esso si fondi sull’articolo 41 della Carta o sul principio generale del diritto dell’Unione.

29.

Quanto al contenuto del diritto di essere ascoltato, risulta dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi ( 21 ). Detto diritto implica anche che l’amministrazione competente presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando sufficientemente la sua decisione ( 22 ).

30.

È stato osservato che il diritto di essere ascoltato svolge una duplice funzione: da un lato, quella di consentire l’istruzione della pratica e l’accertamento dei fatti il più precisamente e correttamente possibile e, dall’altro, quella di assicurare una protezione effettiva dell’interessato. Esso mira, in particolare, a garantire che qualsiasi decisione che abbia un effetto sfavorevole nei confronti di una persona sia adottata con piena cognizione di causa ( 23 ) e ha, segnatamente, l’obiettivo di permettere all’autorità competente di correggere un errore o alla persona interessata di far valere elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro ( 24 ).

31.

Ogniqualvolta le amministrazioni degli Stati membri adottano provvedimenti che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, incombe loro l’obbligo di rispettare i diritti della difesa, e dunque anche il diritto di essere ascoltato, dei destinatari di decisioni che incidono in modo rilevante sui loro interessi, e ciò anche qualora la normativa applicabile non preveda espressamente siffatta formalità ( 25 ).

32.

Risulta dalla giurisprudenza che, quando il diritto dell’Unione non fissa le condizioni alle quali deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa nel quadro di un particolare procedimento, la determinazione di tali condizioni rientra nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) ( 26 ). Tali esigenze di equivalenza e di effettività sono espressione dell’obbligo generale per gli Stati membri di garantire il rispetto dei diritti della difesa spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, segnatamente per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali ( 27 ).

33.

Tuttavia, i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti ( 28 ).

34.

Inoltre, l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa deve essere valutata in funzione delle circostanze di ciascun caso di specie e, segnatamente, della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame ( 29 ). Più specificamente, la Corte ha rilevato in modo esplicito che le modalità secondo cui l’interessato deve poter esercitare il suo diritto di esser ascoltato prima dell’adozione di una decisione che lo riguardi devono essere valutate alla luce dell’obiettivo della normativa in causa ( 30 ).

35.

Risulta dalle considerazioni che precedono che è nel contesto generale della giurisprudenza della Corte relativa al rispetto dei diritti della difesa, quale delineata ai paragrafi precedenti, nonché del sistema e degli obiettivi della normativa dell’Unione in causa, che gli Stati membri, nei limiti della loro autonomia procedurale, devono fissare le condizioni e le modalità per garantire il rispetto del diritto di essere ascoltato dei destinatari di decisioni che incidono in modo rilevante sui loro interessi ( 31 ), e ciò sempre nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività menzionati al precedente paragrafo 32.

B – Sulla portata del diritto di essere ascoltato nell’ambito del procedimento concernente la concessione dello status della protezione sussidiaria

36.

Nel caso pendente dinanzi al giudice del rinvio, il diritto dell’Unione non stabilisce regole precise che determinino le condizioni e le modalità affinché sia garantito, nel procedimento amministrativo, il rispetto del diritto di essere ascoltato di un cittadino di un paese terzo che presenti una domanda di protezione sussidiaria.

37.

Più in particolare, in un contesto normativo quale quello pertinente dinanzi al giudice del rinvio, dette condizioni e modalità non sono stabilite né dalla direttiva 2004/83, la quale non contempla norme procedurali applicabili all’esame di una domanda di protezione internazionale ( 32 ), né dalla direttiva 2005/85, la quale, ai sensi del suo articolo 3, non è applicabile alle domande di protezione sussidiaria, salvo il caso in cui uno Stato membro istituisca una procedura unica per il trattamento delle due domande di protezione internazionale (asilo e protezione sussidiaria) ( 33 ), ciò che, come si è visto, non era il caso della normativa in vigore in Irlanda al momento dei fatti di causa ( 34 ).

38.

Consegue dalla constatazione della non applicabilità della direttiva 2005/85 che la questione dell’eventuale esistenza di un diritto ad un’audizione orale nel procedimento concernente la domanda di protezione sussidiaria del sig. M non potrà in ogni caso essere analizzata sul fondamento dell’articolo 12 della direttiva 2005/85. Tale disposizione non può essere applicata al caso di specie, nemmeno in via analogica. Come giustamente evidenziato dall’Irlanda, una sua applicazione, anche in via indiretta, avrebbe, infatti, come conseguenza, da un lato, di rendere in sostanza inefficace la scelta del legislatore di uno Stato membro che ha optato, nel vigore della direttiva 2005/85, per l’assoggettamento delle domande di asilo e di protezione sussidiaria a regimi procedurali distinti e, dall’altro, di rendere prive di effetto utile le disposizioni dell’articolo 3, paragrafi 3 e 4, della stessa direttiva, imponendo, in sostanza, l’applicazione di tale atto normativo anche ai casi in cui esso non è applicabile.

39.

In mancanza di norme specifiche fissate dal diritto dell’Unione, risulta dalla giurisprudenza menzionata al precedente paragrafo 32 che gli Stati membri restano competenti, conformemente al principio dell’autonomia procedurale, per disciplinare le condizioni e le modalità procedurali relative al rispetto del diritto di essere ascoltato nel procedimento concernente l’esame di una domanda di protezione sussidiaria, garantendo nel contempo il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi di equivalenza e di effettività ( 35 ).

40.

Più in particolare, consegue all’esigenza di garantire la piena effettività delle disposizioni del diritto dell’Unione relative alla protezione sussidiaria che le norme procedurali nazionali devono disciplinare lo svolgimento del procedimento relativo alle domande volte al riconoscimento di tale protezione in modo tale da garantire ai richiedenti un accesso effettivo ai diritti loro conferiti dalla direttiva 2004/83 ( 36 ). Per ciò che riguarda specificamente il caso di specie, ciò implica che le norme nazionali devono prevedere condizioni e modalità procedurali per l’esercizio del diritto di essere ascoltato nel procedimento tali da garantire agli interessati un accesso effettivo ai diritti derivanti dallo status della protezione sussidiaria.

41.

A tale riguardo, risulta dalla giurisprudenza menzionata ai paragrafi 34 e 35 delle presenti conclusioni che la portata del diritto di essere ascoltato, nonché le condizioni e le modalità procedurali necessarie per il suo rispetto, devono essere valutate tenendo conto della natura e degli obiettivi del procedimento in causa, ossia, nella presente fattispecie, di quello volto a riconoscere lo status della protezione sussidiaria, quale previsto dalla direttiva 2004/83.

42.

Orbene, la normativa relativa alla protezione sussidiaria quale prevista dalla direttiva 2004/83 ha esplicitamente lo scopo di offrire uno «status appropriato» alle persone che, pur senza soddisfare le condizioni per essere considerate rifugiati, necessitino nondimeno di protezione internazionale ( 37 ). La protezione sussidiaria si configura quindi come una forma di protezione complementare e supplementare rispetto a quella prevista per i rifugiati ( 38 ), che viene riconosciuta se sono soddisfatti requisiti diversi rispetto a quelli previsti per il riconoscimento del diritto di asilo e che attribuisce diritti aventi natura diversa rispetto a quelli attribuiti dallo status di rifugiato ( 39 ).

43.

Alla luce di tale obiettivo, il procedimento finalizzato alla valutazione della domanda di protezione sussidiaria si caratterizza per il fatto che la situazione individuale specifica del richiedente gioca un ruolo essenziale al fine della valutazione della domanda, ciò che si riflette del resto nelle disposizioni della direttiva 2004/83.

44.

In effetti, da un lato, per ciò che riguarda le tipologie di danno grave previste all’articolo 15 della direttiva 2004/83, il rischio di esistenza delle quali giustifica il riconoscimento della protezione sussidiaria ( 40 ), come risulta dalla giurisprudenza, esse presuppongono tutte la presa in considerazione della situazione individuale specifica del richiedente. Infatti, come precisato dalla Corte, le disposizioni delle lettere a) e b) di tale articolo riguardano situazioni in cui il richiedente della protezione sussidiaria è esposto in modo specifico al rischio di un danno di un tipo particolare. Quanto alla disposizione di cui alla lettera c) dello stesso articolo, benché essa riguardi il rischio di un danno più generale la Corte ha tuttavia evidenziato che, anche in tale ultimo caso, la situazione individuale specifica del richiedente può giocare un ruolo fondamentale nella decisione finale. La Corte ha, infatti, indicato che, tanto più il richiedente è eventualmente in grado di dimostrare di essere colpito in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale, tanto meno elevato sarà il grado di violenza indiscriminata richiesto affinché egli possa beneficiare della protezione sussidiaria ( 41 ).

45.

Dall’altro lato, risulta del resto esplicitamente dal disposto dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/83 che, nell’esame della domanda di protezione internazionale, e pertanto anche in quella relativa alla protezione sussidiaria, deve essere valutata la situazione individuale e personale del richiedente al fine di valutare se, in base alle sue circostanze personali, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come danno grave.

46.

Inoltre, è stato giustamente rilevato che il procedimento volto al riconoscimento dello status della protezione sussidiaria, proprio come quello per il riconoscimento dello status di rifugiato, è caratterizzato da una situazione umana e materiale difficile e concerne la preservazione di diritti essenziali della persona interessata, per la quale la decisione che sarà pronunciata riveste un’importanza vitale. Tale procedimento si contraddistingue quindi per la posizione assolutamente centrale della persona dell’interessato, il quale non solo avvia tale procedimento, ma è anche l’unico a poter esporre, in concreto, la sua storia personale che può portare al riconoscimento di tale status, nonché il contesto in cui questa si è svolta ( 42 ).

47.

È del resto proprio in ragione della particolarità degli obiettivi e della natura del procedimento per il riconoscimento della protezione sussidiaria e dei suoi aspetti di differenziazione rispetto al procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato che la Corte, nella sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744) ha messo fortemente in risalto il carattere fondamentale rivestito dal diritto dell’interessato di essere ascoltato nell’ambito di tale procedimento, nonché l’esigenza che detto diritto sia pienamente garantito in tale procedimento, e ciò anche in un sistema biforcato quale quello in causa nel procedimento principale ( 43 ).

48.

Risulta dalle considerazioni che precedono che, alla luce della particolare natura e degli obiettivi del procedimento diretto a verificare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status della protezione sussidiaria, l’effettività dell’accesso ai diritti conferiti da tale status presuppone che l’interessato sia messo in condizione di esercitare in modo particolarmente effettivo il diritto di essere ascoltato in tale procedimento. In effetti, è solo se il richiedente ha la possibilità effettiva di presentare utilmente ed efficacemente la propria storia personale e il contesto in cui essa si svolge, esponendo all’amministrazione competente in modo completo e appropriato tutti i fatti e gli elementi a sostegno della sua domanda che egli potrà disporre di un accesso effettivo ai diritti conferiti da tale status quale previsto dalla direttiva 2004/83.

49.

A tale riguardo, rilevo anche che l’esigenza di garantire in modo particolare l’effettività dell’esercizio del diritto di essere ascoltato, cui mi sono appena riferito, vale allo stesso modo per il procedimento concernente il riconoscimento dello status della protezione sussidiaria come per quello relativo allo status di rifugiato. In effetti, pur essendo, come rilevato, diversi i requisiti che devono essere soddisfatti per il riconoscimento dei due status, entrambi i procedimenti presentano le caratteristiche evidenziate ai precedenti paragrafi da 43 a 46, ossia la centralità della persona del richiedente e l’importanza vitale dei suoi interessi in gioco, nonché l’importanza per l’adozione della decisione finale della situazione individuale specifica del richiedente. Ciò trova del resto conferma nel fatto che il succitato disposto dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/83 si applica ad entrambi gli status.

50.

Peraltro, risulta dalla circostanza che i due status sono riconosciuti sul fondamento di criteri diversi, nonché dall’esigenza derivante dal citato articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/83 che la situazione individuale e personale del richiedente sia valutata specificamente e distintamente in relazione ai due diversi criteri (ossia, da un lato, il rischio di persecuzione o, dall’altro, il rischio di danno grave), che nei due procedimenti il diritto di essere ascoltato costituisce una garanzia procedurale che si riferisce a elementi diversi.

C – Sulla questione della necessità di un’audizione orale del richiedente la protezione sussidiaria per il rispetto del diritto di essere ascoltato in un sistema «biforcato» di riconoscimento della protezione internazionale

51.

Si pone a questo punto la questione, fondamentale nel procedimento principale, se la citata esigenza di garanzia dell’effettività del diritto di essere ascoltato nel procedimento concernente il riconoscimento della protezione sussidiaria possa essere soddisfatta esclusivamente mediante un’audizione personale dell’interessato, o se invece, come fatto valere dal governo irlandese, in un sistema biforcato per il riconoscimento della protezione internazionale, possa essere sufficiente a tal fine la possibilità di presentare osservazioni per iscritto allorché tale audizione abbia già avuto luogo nel procedimento antecedente concernente il riconoscimento dello status di rifugiato.

52.

A tale riguardo, rilevo anzitutto che, contrariamente a ciò che sembra considerare il sig. M, non risulta dalla sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744) che la Corte abbia giudicato che, nel procedimento volto al riconoscimento della protezione sussidiaria, sia assolutamente sempre necessaria un’audizione orale dell’interessato.

53.

In particolare, tale interpretazione non emerge dall’affermazione fatta dalla Corte all’ultima frase del punto 95, secondo trattino, di tale sentenza, ripresa letteralmente al paragrafo 15 delle presenti conclusioni. Tale affermazione deve essere inquadrata nel contesto della sentenza. In particolare, essa costituisce, a mio avviso, una risposta all’argomento presentato dinanzi alla Corte e descritto da questa al punto 90 della stessa sentenza secondo cui, in un sistema «biforcato», nel caso in cui l’audizione dell’interessato abbia già avuto luogo nell’ambito dell’istruzione della domanda di asilo, «non sarebbe necessario procedere a sentire nuovamente quest’ultimo ai fini dell’esame della domanda di protezione sussidiaria, poiché tale formalità costituirebbe in un certo qual modo una duplicazione dell’opportunità di cui lo straniero ha già beneficiato in un contesto ampiamente equiparabile».

54.

Alla luce di ciò, nonché del punto 91 della stessa sentenza, ritengo che la Corte abbia inteso affermare che, in un sistema «biforcato», il fatto che un’audizione orale dell’interessato abbia già avuto luogo nel procedimento relativo alla domanda d’asilo non implica, ossia non ha per conseguenza (aggiungerei, necessaria), che l’audizione personale non debba aver luogo nel procedimento relativo alla protezione sussidiaria, in quanto il diritto di essere ascoltato deve comunque essere pienamente garantito anche in quest’ultimo procedimento.

55.

La sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744) va pertanto a mio avviso letta non tanto nel senso di una affermazione della necessità assoluta di un’audizione orale nel procedimento concernente il riconoscimento della protezione sussidiaria, ma piuttosto come un richiamo forte all’esigenza che il diritto di essere ascoltato sia pienamente rispettato in tale procedimento anche in un sistema «biforcato». Un’interpretazione di tal genere è del resto conforme alla disciplina prevista in materia di asilo, in cui sono possibili eccezioni alla facoltà di tenere un’audizione personale ( 44 ).

56.

Se tali considerazioni non militano a favore del riconoscimento di un diritto assoluto ad un’audizione personale in tutti i casi nel procedimento relativo alla protezione sussidiaria, l’esigenza di garanzia particolare di effettività del diritto di essere ascoltato in tale tipo di procedimento, in relazione alla sua particolare natura e ai suoi obiettivi, mi porta a ritenere che, contrariamente a quanto sostiene l’Irlanda, l’audizione personale del richiedente dovrebbe comunque costituire la regola e non l’eccezione e che essa possa quindi essere omessa solo in casi eccezionali, e ciò anche in un sistema «biforcato».

57.

A tale riguardo, conformemente a quanto rilevato al precedente paragrafo 30, la funzione del diritto di essere ascoltato nell’ambito del procedimento volto al riconoscimento della protezione sussidiaria è quella di permettere all’amministrazione competente di far prendere posizione all’interessato sui fatti che stanno a fondamento della sua domanda in modo tale da assicurare, da un lato, una sua protezione effettiva e, dall’altro, l’adozione di una decisione da parte di tale amministrazione con piena cognizione di causa.

58.

Orbene, l’audizione personale costituisce l’espressione massima del diritto di essere ascoltato. Per il richiedente, essa costituisce l’unica occasione per esporre personalmente la sua storia e per conferire direttamente con il soggetto più qualificato a tener conto della sua situazione personale ( 45 ). In tale occasione egli può presentare eventuali nuovi elementi a sostegno della sua domanda che non aveva inserito nella sua argomentazione, nonché, e soprattutto, fornire di persona chiarimenti su dubbi eventualmente sorti o su eventuali elementi percepiti come contraddittori.

59.

Per l’autorità nazionale competente, tale audizione costituisce l’occasione per esaminare in modo concreto elementi, anche di tipo soggettivo, e quindi difficilmente rilevabili per iscritto, che potevano non assumere rilievo per la concessione dello status di rifugiato e che, invece, possono assumerlo per la concessione dello status della protezione sussidiaria.

60.

In un procedimento quale quello relativo al riconoscimento della protezione sussidiaria, in cui la persona dell’interessato gioca un ruolo centrale e in cui è spesso impossibile fornire prove documentali, l’audizione personale costituisce un momento che riveste un’importanza fondamentale al riguardo, anche per valutare la personalità dell’individuo e l’attendibilità degli elementi invocati nella sua domanda.

61.

Ritengo che le considerazioni che precedono valgano anche in una situazione in cui in un sistema biforcato, quale quello in vigore in Irlanda al momento dei fatti di causa, la domanda di riconoscimento dello status della protezione sussidiaria si fondi su un quadro fattuale analogo a quello su cui si fondava la domanda di asilo che è stata respinta.

62.

In effetti, come rilevato dalla Corte nella sentenza M.M., se uno Stato membro ha scelto di istituire due procedure distinte e successive per l’esame della domanda di asilo e della domanda di protezione sussidiaria, il diritto dell’interessato di essere ascoltato deve essere pienamente garantito nell’ambito di ciascuna di tali due procedure ( 46 ).

63.

Risulta da ciò che il fatto che il diritto di essere ascoltato sia stato pienamente rispettato nell’ambito del procedimento antecedente riguardante la domanda di asilo non implica che l’esigenza particolare di garanzia dell’esercizio effettivo di tale diritto, menzionata al precedente paragrafo 48, sia ridotta nel procedimento distinto successivo, riguardante il riconoscimento della protezione sussidiaria. Inoltre, come rilevato al precedente paragrafo 50, il diritto di essere ascoltato nei due procedimenti si relaziona a criteri diversi e costituisce pertanto una garanzia procedurale che copre contesti distinti ( 47 ).

64.

Ne consegue che, in un tale sistema biforcato – la cui adozione è il risultato di una libera scelta dello Stato membro in questione – le constatazioni cui è giunta l’amministrazione nel primo procedimento non possono essere automaticamente trasposte nel secondo procedimento. Non è, infatti, possibile «trasferire» il rispetto del diritto di essere ascoltato da un procedimento ad un altro. In un contesto come quello della protezione internazionale, alla luce del carattere fondamentale rivestito dal diritto di essere ascoltato, tali considerazioni valgono ancor di più per le constatazioni negative sulla credibilità che sono suscettibili di avere un impatto decisivo sulla decisione finale.

65.

A tale riguardo rileva ancora osservare che, benché il diritto dell’Unione non preveda specifiche disposizioni relative alle modalità di valutazione della credibilità di un richiedente la protezione internazionale, di modo che spetta al sistema giuridico interno di ogni Stato membro determinare le condizioni procedurali per la valutazione di tale credibilità ( 48 ), l’autonomia procedurale degli Stati membri è assoggettata al limite del principio di effettività, consistente come visto nella necessità di garantire l’accesso effettivo ai diritti conferiti dalla normativa relativa alla protezione sussidiaria la quale a sua volta presuppone un esercizio particolarmente effettivo del diritto di essere ascoltato ( 49 ).

66.

Un’interpretazione del diritto di essere ascoltato volta a riconoscere il ruolo fondamentale dell’audizione orale nell’ambito del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale è, del resto, in linea con le recenti scelte del legislatore dell’Unione in materia, il quale, da un lato, nella direttiva 2013/32 ha ridotto drasticamente le ipotesi in cui è possibile omettere il colloquio personale nel quadro del procedimento, oramai unico, concernente le domande di protezione internazionale ( 50 ) e, dall’altro, nel regolamento n. 604/2013 (Dublino III) ( 51 ), ha introdotto l’obbligo per gli Stati membri di condurre un colloquio personale nell’ambito del procedimento di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale.

67.

Per ciò che riguarda, infine, la questione relativa ad un eventuale diritto a chiamare testimoni e ad esaminarli in contraddittorio nel quadro del procedimento, osservo che non risulta dalla configurazione del diritto di essere ascoltato quale risultante dalla giurisprudenza menzionata ai paragrafi 29 e seguenti delle presenti conclusioni che esso includerebbe necessariamente un tale diritto. Ciò non toglie peraltro che uno Stato membro, nell’ambito della sua facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in materia ( 52 ), possa prevedere il diritto a chiamare testimoni e ad esaminarli in contraddittorio nell’ambito del procedimento.

V – Conclusioni

68.

Per le ragioni suesposte, suggerisco dunque alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dalla Supreme Court:

Nel caso in cui una domanda diretta al riconoscimento dello status della protezione sussidiaria ai sensi della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, venga presentata in uno Stato membro che prevede due procedimenti distinti, uno susseguente all’altro, rispettivamente per l’esame delle domande di asilo e di protezione sussidiaria, il diritto di essere ascoltato in qualsiasi procedimento quale esistente nel diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che tale diritto esige, in principio, un’audizione personale del richiedente la quale può essere omessa solo in casi eccezionali. In tale contesto, il diritto di essere ascoltato in qualsiasi procedimento non include, invece, un diritto a chiamare testimoni e ad esaminarli in contraddittorio.


( 1 ) Lingua originale: l’italiano.

( 2 ) La Corte ha recentemente avuto modo di occuparsi a diverse riprese di questioni concernenti il diritto di essere ascoltato nel procedimento. Oltre alla sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), nel solco della quale si iscrive il presente rinvio pregiudiziale, si vedano, inter alia, le sentenze del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533), del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041), del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431). Da ultimo, in materia di diritto di essere ascoltato, si veda anche la sentenza del 17 marzo 2016, Bensada Benallal (C‑161/15, EU:C:2016:175).

( 3 ) Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004 L 304, pag. 12). La direttiva 2004/83 è stata abrogata dalla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011 L 337, pag. 9).

( 4 ) La Corte ha già avuto modo di occuparsi di tale procedimento in tre cause, specificamente nelle sentenze del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), del 31 gennaio 2013, HID e BA (C‑175/11, EU:C:2013:45) e dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302). Detto procedimento è inoltre in questione nella causa pendente C‑429/15, Danqua.

( 5 ) V. infra nota 9.

( 6 ) Non sembra esserci univocità nella traduzione in italiano della nozione francese di «droit d’être entendu», («right to be heard», in inglese, «Recht auf Anhörung», in tedesco, «Derecho a ser oído», in spagnolo). Nella versione italiana della giurisprudenza della Corte, viene utilizzato a volte il termine «diritto al contraddittorio» (v., a titolo di esempio, la sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744,punti 82, 85 o 87), altre volte viene utilizzato il termine «diritto di essere sentiti» (v., ad esempio, le sentenze del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punti 27, 28 o 32), o del 17 marzo 2016, Bensada Benallal (C‑161/15, EU:C:2016:175, punti 21 o 35), e altre volte ancora il termine «diritto di essere ascoltato» [v., ad esempio, sentenza dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punti 1, 28 o 30); tale termine corrisponde a quello utilizzato all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e corrisponde letteralmente ai suindicati termini nelle versioni francese, inglese, tedesca e spagnola]. Il diritto in questione, riconducibile ai brocardi latini «audi alteram partem» o «audiatur et altera pars», è un diritto procedurale espressione del più generale diritto della difesa che, in diritto dell’Unione, ha il contenuto indicato al paragrafo 29 delle presenti conclusioni. Da un punto di vista linguistico, il termine «diritto al contraddittorio» è di uso più comune nel linguaggio giuridico nazionale italiano, soprattutto in relazione a procedure aventi natura giurisdizionale. Letteralmente esso mette in risalto l’elemento della contraddittorietà, nel senso della necessità, affinché tale diritto sia rispettato, che l’interessato disponga della possibilità di rispondere ad eventuali argomenti contrari o sfavorevoli avanzati nel corso del procedimento. I termini «diritto di essere sentito» e «diritto di essere ascoltato» mettono invece l’accento maggiormente sulla necessità di poter esprimere il proprio punto di vista nel corso del procedimento. Il riferimento all’essere «sentiti» o «ascoltati» sembra peraltro in qualche modo sottintendere un elemento di oralità. Orbene, alla luce della constatazione che esso è il termine usato nel diritto primario e che esso corrisponde maggiormente, dal punto di vista letterale, alle altre versioni linguistiche, nelle presenti conclusioni utilizzerò per indicare il diritto in questione il termine «diritto di essere ascoltato».

( 7 ) Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU 2005 L 326, pag. 13). Tale direttiva è stata abrogata dalla direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013 L 180, pag. 60). Quest’ultima direttiva ha stabilito procedure comuni per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale (lo status di rifugiato e la protezione data alle persone non rifugiate ma che sarebbero in serio pericolo se ritornassero nel loro paese d’origine). Come indica il suo considerando 58, l’Irlanda non è vincolata ad essa a norma degli articoli 1, 2 e 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia allegato al TUE e al TFUE.

( 8 ) Più specificamente, ai termini del paragrafo 2, di tale articolo si può omettere il colloquio personale se l’autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva basandosi sulle prove acquisite [lettera a)]; oppure se l’autorità competente ha già avuto un incontro con il richiedente, al fine di assisterlo nella compilazione della domanda e nella trasmissione delle informazioni essenziali attinenti alla stessa [lettera b)]; oppure se l’autorità accertante, in base a un esame completo delle informazioni fornite dal richiedente, reputa la domanda infondata nei casi in cui si applicano le circostanze di cui all’articolo 23, paragrafo 4, lettere a), c), g), h) e j) [lettera c)]. Ai sensi del paragrafo 3 dello stesso articolo, si può parimenti soprassedere al colloquio personale quando non è ragionevolmente fattibile, in particolare quando l’autorità competente reputa che il richiedente asilo sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale a causa di circostanze persistenti che sfuggono al suo controllo.

( 9 ) La prima riforma, adottata nel 2013, ha mantenuto il sistema «biforcato», ma ha previsto la necessità di un colloquio personale del richiedente anche nella procedura di esame della domanda di protezione sussidiaria [v. European Union (Subsidiary Protection) Regulations 2013, S.I.426 del 2013]. Risulta dalle affermazioni del governo irlandese all’udienza che la seconda riforma, adottata nel 2015, ha abolito il sistema «biforcato» e ha introdotto un sistema unico per il trattamento delle due domande.

( 10 ) In particolare, la Corte ha dichiarato che, in un sistema biforcato quale quello irlandese, il suddetto obbligo di cooperazione non deve essere interpretato nel senso che l’autorità nazionale competente debba, prima dell’adozione della sua decisione, informare il richiedente dell’esito negativo che prevede di riservare alla sua domanda nonché comunicargli gli argomenti sui quali essa intende basare il rigetto in modo da consentirgli di far valere il suo punto di vista in proposito. V. punti 74 e 95, primo trattino, della sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744).

( 11 ) Sentenza della High Court del 23 gennaio, M.M. v Minister for Justice & Anor, causa 2011 8 JR, [2013] IEHC 9.

( 12 ) Ibid. punto 46. Più in particolare, al punto 47 di tale sentenza, la High Court ha considerato che, affinché il diritto di essere ascoltato possa essere considerato come effettivo nel senso inteso dalla Corte nella sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), è necessario che nel procedimento in questione: (i) il richiedente sia invitato a esporre le proprie osservazioni su qualsiasi constatazione sfavorevole relativa alla sua credibilità effettuata nel giudizio riguardante la sua domanda d’asilo; (ii) al richiedente sia accordata una possibilità totalmente nuova di rivisitare tutte le questioni riguardanti la sua domanda di protezione sussidiaria; e (iii) venga effettuata una valutazione totalmente nuova della credibilità del richiedente, in cui il mero fatto che il Refugee Appeals Tribunal abbia statuito negativamente su tale questione non è di per se stesso sufficiente né direttamente rilevante ai fini di tale nuova valutazione della credibilità.

( 13 ) V. sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 73).

( 14 ) Sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé (C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 36), del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 8182 e giurisprudenza citata) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 30 e giurisprudenza citata).

( 15 ) Sentenza dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 31 e giurisprudenza citata).

( 16 ) V. il paragrafo 28 delle mie conclusioni nella causa Bensada Benallal (C‑161/15, EU:C:2016:3).

( 17 ) Ossia quando le misure nazionali che essi adottano entrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punti da 18 a 21).

( 18 ) V. il paragrafo 32 delle conclusioni da me rese nella causa Bensada Benallal (C‑161/15, EU:C:2016:3).

( 19 ) V. sentenze del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 84) e dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punti 4950). V. parimenti, implicitamente, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 29), che si è limitata ad escludere l’applicabilità rationae temporis dell’articolo 41, paragrafo 2, della Carta alla fattispecie all’origine del procedimento principale. Tale posizione è stata sostenuta a diverse riprese da parte di avvocati generali. Oltre alle mie citate conclusioni nella causa Bensada Benallal (C‑161/15, EU:C:2016:3) e a quelle rese nella causa CO Sociedad de Gestion y Participación e a. (C‑18/14, EU:C:2015:95, nota 48), occorre citare la presa di posizione dell’avvocato generale Wathelet nella causa G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:553, paragrafi da 49 a 53), nonché le sue conclusioni nelle cause Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2031, paragrafo 56) e Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2032, paragrafi da 46 a 48).

( 20 ) Tale corrente giurisprudenziale è riconducibile a diverse sentenze recenti. Si vedano le sentenze del 21 dicembre 2011, Cicala (C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 28), del 17 luglio 2014, Y S e Minister voor Immigratie, Integratie en Asiel (C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 67), del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 44) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punti 3233).

( 21 ) Sentenze del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 87 e giurisprudenza citata) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 36).

( 22 ) Sentenze del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 88) e del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 48).

( 23 ) V. le conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:253, paragrafi 3536), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2032, paragrafo 58). Al riguardo si veda anche il punto 59 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431).

( 24 ) V. sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé (C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 49), del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 38) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 37).

( 25 ) Sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punti 4950 e giurisprudenza citata) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punti 3940).

( 26 ) V., in tal senso, sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 51 e giurisprudenza citata) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 41). V. anche sentenza del 17 marzo 2016, Bensada Benallal (C‑161/15, EU:C:2016:175, punto 24 e giurisprudenza citata).

( 27 ) V., in tal senso, sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 52 e giurisprudenza citata) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 42).

( 28 ) V. sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 53) e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 43 e giurisprudenza citata).

( 29 ) V. sentenze del 18 luglio 2013, Commissione/Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 102 e giurisprudenza ivi citata), nonché del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 34) e del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 54).

( 30 ) V., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 45).

( 31 ) V., in tal senso, sentenze del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 37) e del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 55).

( 32 ) V. sentenze del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 7273) e del 2 dicembre 2014, A e a. (C‑148/13 – C‑150/13, EU:C:2014:2406, punto 47).

( 33 ) V. sentenze del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 79) e dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punti da 38 a 40).

( 34 ) A tale riguardo occorre rilevare che, in virtù della nuova direttiva 2013/32, la quale non è applicabile al caso di specie (v. nota 7 supra), la previsione di una procedura unica non è più soltanto una facoltà, com’era nella vigenza della direttiva 2005/85, ma costituisce oggi un obbligo. V. al riguardo considerando 11 e l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 e conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa N. (C‑604/12, EU:C:2013:714, paragrafi 5556).

( 35 ) In tal senso, si veda anche la sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 41). Per ciò che riguarda il limite all’autonomia procedurale degli Stati membri derivante dal principio di equivalenza, il sig. M ha fatto valere che tale principio esigerebbe un regime procedurale in uno Stato membro analogo per il trattamento delle domande di asilo e di protezione sussidiaria (v. al riguardo la causa C‑429/15, Danqua, tuttora pendente dinanzi alla Corte). Il principio di equivalenza potrebbe essere eventualmente invocato per sostenere che esso vieta a uno Stato membro di stabilire modalità procedurali meno favorevoli per le domande di protezione internazionale fondate sul diritto dell’Unione rispetto a quelle fondate sul diritto interno (v., in tal senso, sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 51 e giurisprudenza citata, e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 41). Tuttavia, è giocoforza constatare che sia la protezione derivante dallo status di rifugiato sia quella derivante dallo status della protezione sussidiaria derivano dall’applicazione della direttiva 2004/83 (la quale a sua volta, per il primo di tali status, si fonda sulla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati e, per il secondo di tali status, si ispira ad altri strumenti internazionali relativi ai diritti dell’uomo; v., al riguardo, mie conclusioni nella causa Diakite, C‑285/12, EU:C:2014:39, paragrafo 63). Orbene, risulta dalla giurisprudenza che il principio di equivalenza non è rilevante in situazioni che riguardano domande fondate entrambe sul diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 34), e del 28 gennaio 2015, ÖBB Personenverkehr (C‑417/13, EU:C:2015:38, punto 74). Il presente rinvio pregiudiziale concerne pertanto a mio avviso la questione non tanto del rispetto del principio di equivalenza, quanto piuttosto del principio di effettività.

( 36 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 42).

( 37 ) V. punto 14 delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, nonché considerando 5 della direttiva 2004/83. Al riguardo, si vedano anche i paragrafi 58 e seguenti delle mie conclusioni nella causa Diakite (C‑285/12, EU:C:2013:500).

( 38 ) V. considerando 24 della direttiva 2004/83 e sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punti da 30 a 32). Per ciò che riguarda la direttiva 2011/95, si vedano i considerando 6 e 33 di tale direttiva, nonché la sentenza del 1o marzo 2016, Kreis Warendorf e Osso (C‑443/14 e C‑444/14, EU:C:2016:127, punto 31).

( 39 ) V. sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744 punto 92). A tale ultimo riguardo occorre peraltro rilevare che, come risulta dai suoi considerando 8, 9 e 39, nella nuova direttiva 2011/95 il legislatore dell’Unione, modificando l’approccio inizialmente adottato nella direttive 2004/83, ha voluto, in risposta all’invito del programma di Stoccolma, istituire uno status uniforme a favore dell’insieme dei beneficiari di protezione internazionale, e che esso ha, di conseguenza, scelto di concedere ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria gli stessi diritti e gli stessi benefici di cui godono i rifugiati, fatte salve le deroghe necessarie e oggettivamente giustificate; v. sentenza del 1o marzo 2016, Kreis Warendorf e Osso (C‑443/14 e C‑444/14, EU:C:2016:127, punto 32).

( 40 ) Vedi articolo 2, lettera e), della direttiva 2004/83 e sentenze del 17 febbraio 2009, Elgafaji (C‑465/07, EU:C:2009:94, punto 31), del 30 gennaio 2014, Diakite (C‑285/12, EU:C:2014:39, punto 18) e del 18 dicembre 2014, M’Bodj (C‑542/13, EU:C:2014:2452, punto 30).

( 41 ) V. sentenze del 17 febbraio 2009, Elgafaji (C‑465/07, EU:C:2009:94, punti 32, 3339). V. anche sentenza del 30 gennaio 2014, Diakite (C‑285/12, EU:C:2014:39, punto 31).

( 42 ) Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:253, paragrafo 43) e nella causa N. (C‑604/12, EU:C:2013:714, paragrafo 49).

( 43 ) Sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 9192).

( 44 ) A tale riguardo, benché, come rilevato ai paragrafi 37 e 38 delle presenti conclusioni, la normativa procedurale dell’Unione vigente al momento dei fatti di causa in materia di asilo (ossia la direttiva 2005/85) non sia applicabile, neanche per analogia, al caso di specie, è stato tuttavia rilevato al paragrafo 48 che il regime concernente il trattamento delle domande d’asilo condivide con quello della protezione sussidiaria l’esigenza di garanzia particolare dell’effettività del diritto di essere ascoltato nel corso del procedimento.

( 45 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:253, paragrafo 83). Sulla funzione del colloquio personale si veda altresì il paragrafo 68 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nelle cause riunite A e a. (da C‑148/13 a C‑150/13, EU:C:2014:2111).

( 46 ) Sentenza del 22 novembre 2012, M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 91). Il corsivo è mio.

( 47 ) È questo l’elemento fondamentale che distingue la presente causa da quella decisa dalla Corte nella sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336), in cui la Corte ha negato che il diritto di essere ascoltato esigesse la necessità di un’audizione orale per l’adozione di una decisione di rimpatrio nell’ambito della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008 L 348, pag. 98). La Corte ha, in effetti, considerato che la decisione di rimpatrio costituisse la logica e necessaria prosecuzione della decisione di constatazione dell’irregolarità del soggiorno, prima dell’adozione della quale l’interessata era stata ascoltata, e che, in altre parole, tale decisione dovesse seguire automaticamente al diniego di un permesso di soggiorno, senza che fosse necessario fornire motivazioni distinte (v. punto 72 della sentenza).

( 48 ) Sulla valutazione della credibilità nel contesto della protezione internazionale si vedano le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nelle cause riunite A e a. (da C‑148/13 a C‑150/13, EU:C:2014:2111, paragrafi 50 e segg.).

( 49 ) V. precedenti paragrafi da 40 a 48.

( 50 ) Ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2013/32, il colloquio personale sul merito della domanda può essere oramai omesso solo in due casi: se l’autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva riguardo allo status di rifugiato basandosi sulle prove acquisite o se l’autorità accertante reputa che il richiedente asilo sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale a causa di circostanze persistenti che sfuggono al suo controllo.

( 51 ) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013 L 180, pag. 31).

( 52 ) V. articolo 3 della direttiva 2004/83 – su cui si vedano sentenze del 9 novembre 2010, B (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 114) e del 18 dicembre 2014, M’Bodj (C‑542/13, EU:C:2014:2452, punto 42) – e articolo 5 della direttiva 2005/85. Sull’assenza di esame in contraddittorio di testimoni nel quadro di un procedimento amministrativo, per quanto in un settore del diritto dell’Unione completamente diverso, si veda il punto 200 della sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6).

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