COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 11.5.2020
COM(2020) 187 final
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
sull'attuazione della direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull'ordine di protezione europeo
1.Introduzione
1.1.Contesto
La direttiva 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo ("la direttiva") è la prima direttiva sul riconoscimento reciproco adottata a norma dell'articolo 82, paragrafo 1, lettere a) e d), TFUE in seguito all'entrata in applicazione del trattato di Lisbona.
La direttiva, proposta nel 2010 su iniziativa di 12 Stati membri (Belgio, Bulgaria, Estonia, Finlandia, Francia, Italia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia e Ungheria), è stata adottata il 13 dicembre 2011. Unitamente al regolamento (UE) n. 606/2013 relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile ("il regolamento") e alla direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato ("la direttiva sui diritti delle vittime"), la direttiva fa parte di un pacchetto di misure inteso a rafforzare i diritti e la protezione delle vittime di reato nell'UE. Più concretamente, la direttiva e il regolamento riguardano il riconoscimento degli ordini di protezione in materia penale e civile e mirano a rafforzare la protezione delle persone bisognose (vittime e potenziali vittime) che si recano o si trasferiscono in un altro Stato membro.
La direttiva è vincolante per tutti gli Stati membri a eccezione dell'Irlanda e della Danimarca.
Nel 2018 il Parlamento europeo ha pubblicato una relazione sull'attuazione della direttiva, basata su uno studio del 2017. Inoltre, il Parlamento europeo ha esaminato il funzionamento dell'ordine di protezione europeo nel contesto di uno studio generale sul diritto processuale penale nell'UE pubblicato nel 2018.
1.2.Finalità e principali elementi della direttiva
L'obiettivo della direttiva è di garantire che una persona destinataria di una misura di protezione in uno Stato membro possa continuare ad avvalersi di tale protezione anche quando si trasferisce o si reca in un altro Stato membro.
La direttiva stabilisce norme che consentono alle autorità competenti di garantire tale protezione costante in tutta l'Unione.
A norma della direttiva, le autorità competenti dello Stato membro di emissione devono emettere, sulla base di un ordine di protezione nazionale, uno strumento separato, vale a dire l'ordine di protezione europeo, e trasmetterlo alle autorità competenti dello Stato membro di esecuzione ai fini del riconoscimento e dell'esecuzione. L'autorità di esecuzione può adottare qualsiasi misura, prevista a norma della propria legislazione nazionale in un caso analogo, per assicurare una protezione costante alla persona protetta. Sulla base di tale strumento, l'autorità di esecuzione competente può continuare a proteggere la persona protetta all'interno del suo territorio.
La direttiva è applicabile alle misure di protezione nazionali volte a proteggere una persona da atti di rilevanza penale tali da metterne in pericolo la vita, l'integrità fisica, psichica o sessuale, la dignità o la libertà personale. Essa è applicabile ai tre tipi di misure di protezione nazionali più comuni:
·divieto di frequentare determinati luoghi in cui la persona protetta risiede, lavora, soggiorna o che frequenta regolarmente;
·divieto o regolamentazione dei contatti, in qualsiasi forma, con la persona protetta;
·divieto o regolamentazione dell'avvicinamento alla persona protetta entro un perimetro definito.
Nella pratica, la maggior parte delle misure di protezione viene applicata per proteggere le donne da casi di violenza nel contesto domestico o familiare, molestie, stalking o aggressioni sessuali. Il motivo è legato al fatto che le vittime di questi tipi di reati sono particolarmente esposte al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni.
1.3.Obiettivo e ambito di applicazione della relazione
La presente relazione valuta l'applicazione della direttiva, come richiesto dall'articolo 23 della stessa. La valutazione si basa su un'analisi delle misure nazionali di recepimento della direttiva che sono state notificate alla Commissione e delle ulteriori informazioni comunicate dagli Stati membri alla Commissione (rispettivamente a norma degli articoli 21 e 22 della direttiva).
La presente relazione si concentra sulle disposizioni che formano il nucleo della direttiva e che sono fondamentali ai fini del buon funzionamento dell'ordine di protezione europeo. Tra queste figurano: la designazione delle autorità competenti; la necessità di una misura di protezione esistente in base al diritto nazionale; l'emissione e il riconoscimento di un ordine di protezione europeo; le conseguenze di una violazione delle misure adottate sulla base di un ordine di protezione europeo; e l'obbligo di informare le parti circa i rispettivi diritti e le decisioni pertinenti.
La relazione riguarda tutti gli Stati membri vincolati dalla direttiva.
2.Valutazione generale
L'11 gennaio 2015, al termine del periodo di recepimento (articolo 21, paragrafo 1), 14 Stati membri non avevano comunicato alla Commissione le disposizioni necessarie: Belgio, Bulgaria, Cechia, Cipro, Grecia, Finlandia, Francia, Lettonia, Lituania, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia e Svezia.
Nel marzo 2015 la Commissione ha avviato, a norma dell'articolo 258 TFUE, procedure di infrazione nei confronti di tutti i suindicati Stati membri per non aver provveduto a comunicare le rispettive misure di recepimento. La Commissione ha trasmesso pareri motivati alla Grecia e alla Romania nel dicembre 2015 e al Belgio nel luglio 2016. Al 4 ottobre 2017 tutti gli Stati membri vincolati dalla direttiva avevano notificato alla Commissione le rispettive misure nazionali di recepimento. Dall'analisi prima facie delle misure notificate non sono emersi elementi mancanti. Le procedure di infrazione per recepimento incompleto sono state archiviate. Tuttavia, ciò non osta a che la Commissione possa avviare ulteriori procedure di infrazione per recepimento inadeguato della direttiva.
Tutti gli Stati membri hanno indicato alla Commissione le autorità giudiziarie o equivalenti che sono competenti a emettere ed eseguire gli ordini di protezione europei. Alcuni Stati membri non hanno trasmesso le informazioni pertinenti concernenti l'applicazione dello strumento richieste a norma dell'articolo 22 della direttiva.
Dall'analisi emerge che uno Stato membro non ha istituito le strutture necessarie per l'emissione e il riconoscimento degli ordini di protezione europei. La Commissione sta attualmente lavorando con tale Stato membro per risolvere la questione. Se necessario, la Commissione può adire le vie legali.
3.Punti specifici di valutazione
3.1.Autorità competenti (articoli 3 e 4)
A norma dell'articolo 3, gli Stati membri devono indicare alla Commissione quali autorità giudiziarie o equivalenti sono competenti a emettere e riconoscere gli ordini di protezione europei.
Nella maggior parte degli Stati membri le autorità competenti a emettere un ordine di protezione europeo sono i giudici, i pubblici ministeri o i giudici istruttori. In uno Stato membro sono state designate le autorità di polizia. In conformità dell'articolo 6, paragrafo 3, uno Stato membro in cui non è possibile emettere ordini di protezione europei in materia penale ha designato i giudici civili come autorità competenti a ricevere, nella veste di Stato di esecuzione, le richieste di emissione di un ordine di protezione europeo e a trasmetterle allo Stato di emissione.
Per quanto riguarda le autorità competenti per l'esecuzione, la grande maggioranza degli Stati membri ha designato le autorità giudiziarie geograficamente competenti. Uno Stato membro ha designato le autorità di polizia. Per i casi in cui la residenza della persona protetta non è nota, due Stati membri hanno inoltre designato gli organi giurisdizionali con sede nella rispettiva capitale.
L'articolo 4 prevede che gli Stati membri possano designare una o più autorità centrali affinché assistano le autorità competenti. Più della metà degli Stati membri ha designato un'autorità centrale (nella maggior parte dei casi si tratta del ministero della Giustizia).
La maggior parte delle informazioni concernenti le autorità competenti è stata raccolta attraverso il portale europeo della giustizia elettronica. Tuttavia, solo metà degli Stati membri ha risposto alla richiesta presentata tramite questo portale e un esiguo numero di Stati membri ha trasmesso le informazioni direttamente, attraverso un documento separato inviato alla banca dati delle misure nazionali di attuazione. In assenza di comunicazioni da parte dei rimanenti Stati membri, è stato necessario individuare ed estrarre le informazioni concernenti le autorità competenti dalle misure legislative nazionali notificate alla banca dati delle misure nazionali di attuazione. Le informazioni pervenute sono disponibili sul sito web della rete giudiziaria europea.
3.2.Regime linguistico (articolo 17)
L'autorità competente dello Stato di emissione deve tradurre l'ordine di protezione europeo nella/e lingua/e ufficiale/i dello Stato di esecuzione (articolo 17, paragrafo 1). Gli Stati membri possono dichiarare la volontà di accettare una traduzione in una o più altre lingue ufficiali dell'Unione (articolo 17, paragrafo 3).
Solo pochi Stati membri hanno comunicato alla Commissione di accettare lingue diverse dalla loro. Vari Stati membri accettano l'inglese. Un esiguo numero di Stati membri accetta di ricevere gli ordini di protezione europei in più lingue su base reciproca.
3.3.Emissione dell'ordine di protezione europeo (articoli 5 e 6)
A norma della direttiva, l'ordine di protezione europeo non viene emesso automaticamente su richiesta della persona protetta. L'autorità giudiziaria competente deve verificare il rispetto delle condizioni per l'emissione di un ordine di protezione europeo di cui all'articolo 5 e tenere conto della durata del soggiorno previsto e del grado di necessità della protezione.
In alcuni Stati membri le condizioni sono formalizzate nella legislazione. Ad esempio, uno Stato membro richiede che siano descritti i motivi per il trasferimento in un altro Stato membro. Un altro Stato membro richiede che la durata del soggiorno sia superiore ai tre mesi.
A norma della direttiva, la richiesta di emissione di un ordine di protezione europeo dovrebbe essere trattata con adeguata celerità, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso (considerando 13). A tale riguardo, è opportuno sottolineare che alcuni Stati membri hanno stabilito termini di 3, 10 o 15 giorni per decidere in merito a un ordine di protezione europeo. Uno Stato membro precisa che l'ordine di protezione europeo può essere emesso contestualmente all'imposizione della misura di protezione nazionale.
La direttiva stabilisce altresì che la persona protetta può presentare richiesta di emissione di un ordine di protezione europeo all'autorità competente dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione. Quest'ultimo è tenuto a trasferire quanto prima la richiesta all'autorità competente dello Stato di emissione (articolo 6, paragrafo 3). Un numero significativo di Stati membri ha reso possibile tale trasferimento di richieste.
Nondimeno, in alcuni Stati membri la Commissione non ha riscontrato disposizioni di questo tipo che permettano di trasferire le richieste.
3.3.1.Garanzie procedurali per la persona che determina il pericolo (articolo 6, paragrafo 4)
A norma della direttiva, prima di emettere un ordine di protezione europeo è dato diritto alla persona che determina il pericolo di essere ascoltata e di contestare la misura di protezione nazionale, se questi diritti non sono stati concessi a tale persona nel procedimento che ha portato all'adozione della misura di protezione nazionale (articolo 6, paragrafo 4).
Più della metà degli Stati membri ha recepito tale disposizione. Alcuni di essi prevedono condizioni che vanno oltre il requisito minimo di cui all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva. Ad esempio, in uno Stato membro la persona che determina il pericolo che non sia stata ascoltata nei procedimenti nell'ambito dei quali è stata adottata la misura di protezione nazionale è convocata a un'udienza entro 72 ore dalla presentazione della richiesta di emissione di un ordine di protezione europeo. In un altro Stato membro l'autorità di emissione deve verificare se la misura di protezione nazionale è stata adottata nell'ambito di una procedura in contraddittorio. In caso contrario, tale autorità notifica alla persona che determina il pericolo la decisione contenente la misura di protezione nazionale. Un altro Stato membro richiede che sia svolta un'udienza in presenza sia della persona protetta sia della persona che determina il pericolo, a meno che le due parti convengano su una procedura scritta.
3.3.2.Obblighi di informare la persona protetta (articolo 6, paragrafi 5 e 7)
A norma della direttiva, l'autorità competente che adotta una misura di protezione nazionale dovrebbe informare la persona protetta della possibilità di richiedere un ordine di protezione europeo, conformemente alle procedure di diritto nazionale (articolo 6, paragrafo 5).
Vari Stati membri hanno recepito tale obbligo imponendo espressamente alle autorità competenti di informare la persona protetta al momento dell'adozione della misura di protezione nazionale.
Inoltre, la direttiva stabilisce che se la richiesta di emissione di un ordine di protezione europeo è respinta, l'autorità competente dello Stato di emissione deve informare la persona protetta circa le possibilità di ricorso applicabili contro tale decisione previste dal diritto nazionale (articolo 6, paragrafo 7).
L'obbligo di informare la persona protetta è stato recepito dagli Stati membri in modi diversi. In molti Stati membri il diritto nazionale obbliga l'autorità che respinge la richiesta di emissione di un ordine di protezione europeo a informare la persona protetta circa le possibilità di ricorso applicabili. In un esiguo numero di Stati membri la decisione relativa al respingimento della richiesta di emissione di un ordine di protezione europeo è comunicata alla persona protetta, oppure tale persona è informata della decisione e dei relativi motivi. Nondimeno, nelle disposizioni di recepimento non è chiaramente indicato che la persona protetta è altresì informata delle possibilità di ricorso esistenti.
In alcuni Stati membri non è stata riscontrata alcuna disposizione che obblighi a informare la persona protetta circa le possibilità di ricorso.
3.4.Riconoscimento dell'ordine di protezione europeo (articoli 9, 10 e 15)
3.4.1.Procedimento di riconoscimento e adozione (articolo 9, paragrafi 1 e 2)
Lo Stato di esecuzione che riceve un ordine di protezione europeo deve riconoscerlo senza indugio e adottare una pertinente misura di protezione prevista dalla legislazione nazionale in un caso analogo (articolo 9, paragrafi 1 e 2). L'autorità competente dello Stato di esecuzione ha un margine discrezionale per quanto riguarda la definizione di tale misura.
Il suindicato meccanismo di adattamento è disponibile in quasi tutti gli Stati membri. Solo uno di essi non ha notificato alla Commissione le misure nazionali di recepimento del procedimento di emissione e riconoscimento degli ordini di protezione europei.
La legislazione nazionale di alcuni Stati membri prevede espressamente che la misura adottata non possa essere più rigida o più rigorosa di quella iniziale, che dovrebbe essere equivalente o più permissiva o che qualsiasi differenza andrebbe considerata a favore della persona che determina il pericolo.
La disposizione di recepimento di uno Stato membro prevede che l'autorità di esecuzione, se ritiene che la misura di protezione, come riportata nell'ordine di protezione europeo, non sia sufficiente e adeguata per garantire una protezione costante, possa richiedere l'istituzione di una giuria composta da tre giudici al fine di adeguare la misura o di imporre qualsiasi altra misura prevista dal diritto nazionale.
Quanto alla durata della nuova misura di protezione, la legislazione nazionale di uno Stato membro permette espressamente l'adozione di una misura di protezione nazionale di durata identica a quella della misura adottata nello Stato di emissione. In altri due Stati membri si richiede che la durata della nuova misura di protezione non superi un certo limite, pari a 180 giorni in uno di questi Stati e a un anno nell'altro.
3.4.2.Termine per il riconoscimento e priorità del riconoscimento (articolo 15)
La direttiva non stabilisce alcun termine obbligatorio per il riconoscimento di un ordine di protezione europeo o per l'adozione di una misura di protezione nazionale basata su un ordine di protezione europeo. Nondimeno, alcuni Stati membri hanno introdotto termini specifici per l'esecuzione di un ordine di protezione europeo che obbligano le autorità competenti di quello Stato a riconoscere un ordine di protezione europeo o ad adottare un'altra decisione in merito alla misura. A seconda dello Stato membro il termine è fissato a 2, 3, 10, 15, 7 + 10 o 28 giorni. Tali Stati membri hanno introdotto la possibilità di prorogare il termine nel caso in cui le rispettive autorità competenti abbiano bisogno di consultarsi con le autorità competenti dello Stato di emissione a causa di informazioni incomplete nell'ordine di protezione europeo (procedimento di cui all'articolo 9, paragrafo 4).
L'articolo 15 della direttiva prevede che il riconoscimento di un ordine di protezione europeo debba avvenire con la stessa priorità accordata a una misura di protezione nazionale in un caso analogo. Alcuni Stati membri hanno recepito la formulazione dell'articolo 15 in modo letterale. Vari Stati membri richiedono che la decisione relativa al riconoscimento sia adottata senza indugio, immediatamente o con urgenza.
3.4.3.Obbligo di informare la persona protetta, la persona che determina il pericolo e l'autorità competente dello Stato di emissione della misura adottata e delle conseguenze della violazione di tale misura (articolo 9, paragrafo 3)
A norma della direttiva, l'autorità competente dello Stato di esecuzione è tenuta a informare la persona protetta, la persona che determina il pericolo e l'autorità competente dello Stato di emissione di ogni misura adottata sulla base dell'ordine di protezione europeo. Essa deve inoltre informarli delle possibili conseguenze giuridiche (ossia delle sanzioni) di una violazione di tale misura previste dal diritto nazionale e conformemente all'articolo 11, paragrafo 2.
Il grado di recepimento di tale obbligo varia da uno Stato membro all'altro. La maggior parte degli Stati membri ha recepito l'obbligo di informare tutte e tre le parti delle misure adottate sulla base dell'ordine di protezione europeo. Vari Stati membri hanno limitato l'ambito di applicazione di tale obbligo prevedendo che l'informazione sia comunicata solo:
-allo Stato di emissione e alla persona che determina il pericolo;
-alla persona protetta e alla persona che determina il pericolo e, in alcuni Stati membri, anche alle autorità che si trovano in prossimità della persona protetta nello Stato di esecuzione, quale il pubblico ministero o la polizia;
-all'autorità competente dello Stato di emissione, auspicando che le autorità competenti di tale Stato trasmettano l'informazione in questione alla persona protetta.
In alcuni Stati membri non è stato possibile riscontrare disposizioni pertinenti al riguardo.
Inoltre, in taluni Stati membri non viene comunicata alcuna informazione circa le possibili conseguenze giuridiche di una violazione della misura di protezione adottata sulla base dell'ordine di protezione europeo. Uno Stato membro comunica tali informazioni solo alla persona che determina il pericolo, mentre un altro le comunica solo all'autorità competente dello Stato di emissione e alla persona che determina il pericolo.
3.4.4.Motivi di non riconoscimento (articolo 10, paragrafo 1)
La direttiva ammette nove motivi per il mancato riconoscimento di un ordine di protezione europeo (articolo 10, paragrafo 1). Le autorità di esecuzione possono far leva su tali motivi per rifiutarsi di riconoscere un ordine di protezione europeo. Vari Stati membri hanno recepito i motivi rendendoli facoltativi, mentre in uno Stato membro sono stati introdotti come obbligatori. Altri Stati membri hanno introdotto la maggior parte dei motivi di non riconoscimento come obbligatori, rendendone facoltativa solo una piccola parte. Due Stati membri hanno adottato entrambi gli approcci (obbligatorietà e facoltatività) in misura quasi uguale nel recepimento di tali motivi.
Altri Stati membri hanno recepito la maggior parte dei motivi di non riconoscimento (come facoltativi) senza tuttavia introdurne uno. Taluni Stati membri non hanno recepito alcuno dei motivi di non riconoscimento.
Un simile approccio all'attuazione può determinare discrepanze tra i diversi ordinamenti giuridici e può potenzialmente rendere più complessa l'applicazione pratica della direttiva.
In aggiunta a quelli di cui all'articolo 10 della direttiva, alcuni Stati membri hanno introdotto nella loro legislazione nazionale ulteriori motivi di non riconoscimento di un ordine di protezione europeo connessi con la possibile violazione dei diritti fondamentali della persona che determina il pericolo.
3.4.5.Obbligo di informare la persona protetta e lo Stato di emissione circa il non riconoscimento dell'ordine di protezione europeo (articolo 10, paragrafo 2)
A norma della direttiva, l'autorità competente dello Stato di esecuzione che si rifiuti di riconoscere un ordine di protezione europeo deve sottostare a una serie di obblighi d'informazione. L'autorità competente in questione deve informare senza indugio lo Stato di emissione e la persona protetta circa tale rifiuto e i relativi motivi. La quasi totalità degli Stati membri interessati ha recepito tale obbligo. Nondimeno, in alcuni Stati membri le disposizioni di attuazione obbligano le rispettive autorità competenti a informare solo lo Stato di emissione, non la persona protetta.
Ove opportuno, inoltre, l'autorità competente dello Stato di esecuzione è tenuta a informare la persona protetta circa la possibilità di chiedere l'adozione di una misura di protezione conformemente al diritto nazionale. Tale obbligo è stato recepito da alcuni Stati membri, ma non da molti altri.
La direttiva prevede anche che l'autorità competente dello Stato di esecuzione debba informare la persona protetta circa le possibilità di ricorso applicabili contro la decisione di non riconoscimento previste dal diritto nazionale. Vari Stati membri non hanno recepito tale obbligo.
3.5.Adozione di misure di protezione basate sull'ordine di protezione europeo, violazione delle misure e conseguenze di tale violazione e obbligo d'informazione connesso con la violazione (articoli 11 e 12)
3.5.1.Procedimento di adozione ed esecuzione delle misure di protezione (articolo 11, paragrafo 1)
A norma della direttiva, lo Stato di esecuzione deve essere competente ad adottare ed eseguire le misure di protezione all'interno del suo territorio in seguito al riconoscimento di un ordine di protezione europeo; alle decisioni in questione si applica la legislazione di tale Stato (articolo 11, paragrafo 1).
In tutti gli Stati membri tranne uno la disposizione di esecuzione rammenta che la legislazione nazionale si applica all'adozione e all'esecuzione delle misure di protezione. Uno Stato membro ha precisato che, una volta adottata una misura di protezione nazionale, è necessario svolgere un'udienza in presenza della persona che determina il pericolo. In un altro Stato membro tale udienza è richiesta a meno che sia la persona protetta sia la persona che determina il pericolo convengano su una procedura scritta. Altri Stati membri hanno stabilito che tali udienze debbano svolgersi solo nella misura del possibile. La disposizione di recepimento di uno Stato membro prevede espressamente che il riconoscimento di un ordine di protezione europeo e l'adozione di una misura di protezione adeguata siano effettuati senza dare ascolto alla persona che determina il pericolo.
La legislazione dello Stato di esecuzione deve altresì applicarsi ai ricorsi contro decisioni adottate in tale Stato in relazione all'ordine di protezione europeo (articolo 11, paragrafo 1). La direttiva non prevede alcun ricorso autonomo per la persona che determina il pericolo qualora essa desiderasse contestare la misura di protezione adottata nello Stato di esecuzione. A tale riguardo, la direttiva fa riferimento alle procedure nazionali eventualmente esistenti nella legislazione nazionale di tale Stato. È opportuno sottolineare che la direttiva non prevede l'obbligo di informare la persona che determina il pericolo delle possibilità di ricorso disponibili.
Un esiguo numero di Stati membri ha espressamente stabilito nelle disposizioni di recepimento che la persona che determina il pericolo ha il diritto di contestare il riconoscimento di un ordine di protezione europeo e/o l'adozione di una misura di protezione nazionale basata su tale ordine di protezione europeo. Le possibilità di ricorso disponibili variano da un reclamo (con o senza effetto sospensivo) nei confronti della stessa autorità che ha riconosciuto l'ordine di protezione europeo e ha adottato la misura di protezione nazionale a un appello a un'autorità di grado superiore basato sul diritto o su fatti oppure inteso a contestare l'ammissibilità.
3.5.2.Conseguenze in caso di violazione della misura di protezione (articolo 11, paragrafo 2)
In caso di violazione di una o più misure adottate dallo Stato di esecuzione in seguito al riconoscimento di un ordine di protezione europeo, la direttiva prevede sanzioni e altre conseguenze giuridiche (articolo 11, paragrafo 2).
La direttiva autorizza lo Stato di esecuzione a imporre sanzioni penali e adottare ogni altra misura in conseguenza della violazione, laddove tale violazione configuri un reato nella legislazione di tale Stato [articolo 11, paragrafo 2, lettera a)].
Tale Stato è altresì autorizzato ad adottare decisioni di natura non penale in relazione alla violazione [articolo 11, paragrafo 2, lettera b)] e a prendere altre misure urgenti e provvisorie per porre fine alla violazione in attesa, ove opportuno, di una successiva decisione dello Stato di emissione [articolo 11, paragrafo 2, lettera c)].
Vari Stati membri hanno recepito queste disposizioni in modo quasi letterale. Alcuni Stati membri hanno precisato nelle disposizioni di recepimento le conseguenze di una violazione della misura adottata dalle rispettive autorità competenti in virtù del riconoscimento di un ordine di protezione europeo. La legislazione nazionale di un esiguo numero di Stati membri prevede la reclusione e/o un'ammenda in caso di inadempimento dell'obbligo o dei divieti stabiliti dall'ordine di protezione europeo. Un paio di Stati membri prevede solo sanzioni pecuniarie. Altri Stati membri hanno fatto riferimento all'adozione di una misura "più rigorosa" o "più severa" o a una "misura di natura diversa dalla protezione o dall'assistenza" da parte dell'autorità giudiziaria competente.
Disposizioni nazionali di recepimento dell'articolo 11, paragrafo 2, della direttiva non sono state riscontrate in un esiguo numero di Stati membri.
3.5.3.Obbligo di informare l'autorità competente dello Stato di emissione in caso di violazione della misura di protezione (articolo 12)
A norma della direttiva, lo Stato di esecuzione è tenuto a notificare allo Stato di emissione o allo Stato di sorveglianza le violazioni della misura o delle misure adottate sulla base di un ordine di protezione europeo (articolo 12). Lo scopo di tale notifica è di permettere all'autorità competente dello Stato di emissione di decidere tempestivamente la risposta adeguata in relazione alla misura di protezione adottata in tale Stato alla persona che determina il pericolo (considerando 26).
Per facilitare la notifica la direttiva prevede un modulo standard, fornito nell'allegato II, e obbliga l'autorità competente dello Stato di esecuzione a farne uso (articolo 12). Il modulo dovrebbe contenere informazioni standard sui soggetti interessati nonché informazioni dettagliate sull'ordine di protezione europeo e sulle autorità competenti.
Uno Stato membro non ha recepito tale obbligo.
4.Raccolta dei dati
Al fine di agevolare la valutazione dell'applicazione, la direttiva stabilisce che gli Stati membri devono comunicare alla Commissione le informazioni pertinenti concernenti l'applicazione delle procedure nazionali relative agli ordini di protezione europei, comunicando almeno il numero di ordini di protezione europei richiesti, emessi e/o riconosciuti (articolo 22). Inoltre, si invitano gli Stati membri a comunicare altri tipi di dati, quali ad esempio i tipi di reati in questione (considerando 32).
Agli Stati membri sono stati trasmessi due questionari nei quali veniva loro chiesto di comunicare, rispettivamente entro il 1º settembre 2017 (per gli anni dal 2015 alla metà del 2017) e l'11 marzo 2019 (per gli anni dal 2015 al 2018), le informazioni di cui sopra.
Diciannove Stati membri hanno risposto al questionario trasmesso nel 2017 e/o a quello trasmesso nel 2019. Tre di questi 19 Stati membri hanno risposto solo al questionario del 2017. Gli altri 16 Stati membri hanno comunicato informazioni aggiornate nel 2019.
Dalle statistiche fornite dagli Stati membri ed elaborate con riferimento agli anni 2015-2018 emerge un totale di 37 ordini di protezione europei emessi. In base alle risposte ai questionari, la maggior parte di tali ordini di protezione europei è stata emessa da un unico Stato membro (27 su 37). Anche altri due Stati membri hanno indicato di aver emesso ordini di protezione europei. Dalle informazioni disponibili si evince che solo 15 ordini di protezione europei sono stati riconosciuti e hanno portato all'adozione di una o più misure di protezione nello Stato di esecuzione (quattro nel 2015, cinque nel 2016, tre nella prima metà del 2017 e tre nel periodo 2017-2018). Infine, dieci Stati membri hanno dichiarato di non aver né emesso né riconosciuto alcun ordine di protezione europeo.
Alcuni Stati membri dispongono di esempi di buone pratiche per quanto riguarda i sistemi di gestione dei casi, alcuni dei quali prevedono la registrazione degli ordini di protezione europei.
5.Conclusioni
Le disposizioni nazionali di attuazione ricevute da tutti i 26 Stati membri vincolati dalla direttiva paiono in generale soddisfacenti, soprattutto per quanto concerne il meccanismo di riconoscimento degli ordini di protezione europei. Le disposizioni di recepimento sono sufficienti per consentire l'emissione e il riconoscimento degli ordini di protezione europei in tutti gli Stati membri tranne uno.
Dall'analisi dell'applicazione pratica della direttiva emerge tuttavia che essa non ha ancora realizzato il suo pieno potenziale, come dimostrato dall'esiguo numero di ordini di protezione europei emessi ed eseguiti. In base alle informazioni a disposizione della Commissione, sono stati emessi soltanto 37 ordini di protezione europei e ne sono stati eseguiti solamente 15. Le autorità nazionali competenti per l'emissione degli ordini di protezione europei non sono pienamente consapevoli della possibilità di emettere tali ordini. Inoltre, le persone bisognose di protezione possono non essere pienamente consapevoli della possibilità di richiedere un ordine di protezione europeo.
In alcuni Stati membri si dovrebbe migliorare l'attuazione di alcune disposizioni della direttiva, quale l'obbligo d'informazione.
Taluni Stati membri non prevedono sanzioni in caso di violazione di una misura adottata in virtù del riconoscimento di un ordine di protezione europeo. Ciò può avere un effetto deterrente sulle potenziali richieste di questo tipo di protezione transfrontaliera.
La vasta gamma di misure di protezione disponibili negli Stati membri (a norma del diritto civile, amministrativo o penale) può essere un altro motivo per cui gli ordini di protezione europei rimangono sottoutilizzati.
La Commissione continuerà a valutare l'osservanza della direttiva da parte degli Stati membri e adotterà le misure opportune per garantirne la conformità alle disposizioni in tutta l'Unione europea. Ove necessario, la Commissione avvierà procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri non conformi alla direttiva.
Al contempo, la Commissione sta lavorando con gli Stati membri per superare le difficoltà connesse con l'attuazione della direttiva. In particolare la Commissione si sta adoperando per promuovere, soprattutto mediante sostegno finanziario, l'applicazione efficace degli ordini di protezione nazionali, sottolineando la necessità di formare gli operatori del settore sulla disponibilità degli ordini di protezione europei e sensibilizzando sulla questione.