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Document 62022CJ0399

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 4 ottobre 2024.
Confédération paysanne contro Ministre de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire e Ministre de l'Économie, des Finances et de la Souveraineté industrielle et numérique.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d'État.
Rinvio pregiudiziale – Politica commerciale comune – Accordi internazionali – Accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra – Modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo – Regolamento (UE) n. 1169/2011 – Articolo 9 – Articolo 26, paragrafo 2 – Regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 – Articolo 3, paragrafi 1 e 2 – Articolo 5, paragrafi 1 e 2 – Articolo 8 – Articolo 15, paragrafi 1 e 4 – Allegato I – Allegato IV – Regolamento (UE) n. 1308/2013 – Articolo 76 – Fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori – Indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza di un alimento – Ortofrutticoli raccolti nel Sahara occidentale – Richiesta indirizzata a uno Stato membro di vietare unilateralmente le importazioni di tali prodotti nel suo territorio – Indicazione obbligatoria del Sahara occidentale come luogo di provenienza dei pomodori e dei meloni raccolti in tale territorio.
Causa C-399/22.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:839

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

4 ottobre 2024 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica commerciale comune – Accordi internazionali – Accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra – Modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo – Regolamento (UE) n. 1169/2011 – Articolo 9 – Articolo 26, paragrafo 2 – Regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 – Articolo 3, paragrafi 1 e 2 – Articolo 5, paragrafi 1 e 2 – Articolo 8 – Articolo 15, paragrafi 1 e 4 – Allegato I – Allegato IV – Regolamento (UE) n. 1308/2013 – Articolo 76 – Fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori – Indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza di un alimento – Ortofrutticoli raccolti nel Sahara occidentale – Richiesta indirizzata a uno Stato membro di vietare unilateralmente le importazioni di tali prodotti nel suo territorio – Indicazione obbligatoria del Sahara occidentale come luogo di provenienza dei pomodori e dei meloni raccolti in tale territorio»

Nella causa C‑399/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 9 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 15 giugno 2022, nel procedimento

Confédération paysanne

contro

Ministre de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire,

Ministre de l’Économie, des Finances et de la Souveraineté industrielle et numérique,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, C. Lycourgos, E. Regan, Z. Csehi e O. Spineanu‑Matei, presidenti di sezione, S. Rodin, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen (relatore), M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 ottobre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

per la Confédération paysanne, da G. Devers, avocat;

per il governo francese, da G. Bain, J.‑L. Carré, B. Herbaut, T. Stéhelin e B. Travard, in qualità di agenti;

per il Consiglio dell’Unione europea, da F. Naert e V. Piessevaux, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da A. Bouquet, D. Calleja Crespo, F. Clotuche‑Duvieusart e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza del 24 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU 2011, L 304, pag. 18), in particolare i suoi articoli 9 e 26, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 671), in particolare il suo articolo 76, del regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 della Commissione, del 7 giugno 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 nei settori degli ortofrutticoli freschi e degli ortofrutticoli trasformati (GU 2011, L 157, pag. 1), come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 594/2013 della Commissione, del 21 giugno 2013 (GU 2013, L 170, pag. 43) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione n. 543/2011»), del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale dell’Unione»), e della decisione (UE) 2019/217 del Consiglio, del 28 gennaio 2019, relativa alla conclusione dell’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2019, L 34, pag. 1), nonché sulla validità di tale decisione alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, e dell’articolo 21 TUE nonché dell’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco il 26 giugno 1945.

2

La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Confédération paysanne, un sindacato degli agricoltori francese, e, dall’altro, il ministre de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire (Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francia) nonché il ministre de l’Économie, des Finances et de la Souveraineté industrielle et numérique (Ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità industriale e digitale, Francia) in merito alla legittimità di una decisione implicita di rigetto opposta da questi ultimi alla richiesta della Confédération paysanne di adozione di un decreto che vieti l’importazione di pomodori ciliegia e di meloni «charentais» raccolti nel territorio del Sahara occidentale (in prosieguo: i «prodotti di cui trattasi nel procedimento principale»).

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Regolamento di esecuzione n. 543/2011

3

I considerando 4, 8, 12 e 16 del regolamento di esecuzione n. 543/2011 enunciano quanto segue:

«(4)

A norma dell’articolo 113, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento (CE) n. 1234/2007 [del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU 2007, L 299, pag. 1),], la Commissione [europea] può stabilire norme di commercializzazione rispettivamente per i prodotti ortofrutticoli freschi e per i prodotti ortofrutticoli trasformati. A norma dell’articolo 113 bis, paragrafo 1, del citato regolamento, i prodotti ortofrutticoli destinati alla vendita al consumatore come prodotti freschi possono essere commercializzati solo se di qualità sana, leale e mercantile e se è indicato il paese di origine. Per armonizzare l’applicazione di tale disposizione, è opportuno precisarla in dettaglio e fissare una norma di commercializzazione generale per tutti gli ortofrutticoli freschi.

(...)

(8)

Le indicazioni esterne previste dalle norme di commercializzazione devono figurare sull’imballaggio e/o sull’etichetta in modo ben visibile. Al fine di evitare frodi e di non indurre in errore il consumatore, le indicazioni prescritte dalle norme devono essere disponibili per il consumatore prima dell’acquisto, in particolare nel caso delle vendite a distanza, per le quali l’esperienza ha evidenziato rischi di frode e di elusione della tutela del consumatore prevista dalle norme.

(...)

(12)

Ciascuno Stato membro deve designare gli organismi di controllo responsabili dell’esecuzione dei controlli di conformità in ciascuna fase della commercializzazione. È opportuno incaricare uno di questi organismi del coordinamento e dei contatti tra tutti gli altri organismi designati.

(...)

(16)

Le importazioni di prodotti ortofrutticoli in provenienza dai paesi terzi devono essere conformi alle norme di commercializzazione o a norme per lo meno equivalenti. Pertanto, prima dell’introduzione di tali prodotti nel territorio doganale dell’Unione [europea], deve essere eseguito un controllo di conformità, tranne nel caso di partite di piccole dimensioni per le quali i servizi di controllo ritengano che il rischio di non conformità sia minimo. Per certi paesi terzi che offrono garanzie soddisfacenti di conformità alle norme, le operazioni di controllo prima dell’esportazione possono essere eseguite dagli organismi di controllo degli stessi paesi terzi. Quando ci si avvalga di tale facoltà, è opportuno che gli Stati membri verifichino periodicamente l’efficacia e la qualità dei controlli eseguiti dagli organismi di controllo dei paesi terzi prima dell’esportazione.

4

Sotto il titolo «Norme di commercializzazione; detentori», l’articolo 3 di tale regolamento di esecuzione enuncia:

«1.   I requisiti di cui all’articolo 113 bis, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 costituiscono la norma di commercializzazione generale. La norma di commercializzazione generale è descritta dettagliatamente nella parte A dell’allegato I del presente regolamento.

Gli ortofrutticoli cui non si applica una norma di commercializzazione specifica devono essere conformi alla norma di commercializzazione generale. (...)

2.   Le norme di commercializzazione specifiche di cui all’articolo 113, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1234/2007 figurano nella parte B dell’allegato I del presente regolamento con riguardo ai seguenti prodotti:

(...)

j) pomodori.

(...)».

5

L’articolo 5 di detto regolamento di esecuzione, intitolato «Indicazioni esterne», così dispone, ai suoi paragrafi 1 e 2:

«1.   Le indicazioni previste dal presente capo sono riportate a caratteri leggibili e visibili su uno dei lati dell’imballaggio, mediante stampatura diretta indelebile o mediante etichetta integrata nell’imballaggio o fissata ad esso.

2.   Per le merci spedite alla rinfusa, caricate direttamente su un mezzo di trasporto, le indicazioni di cui al paragrafo 1 sono riportate su un documento che accompagna la merce o su una scheda collocata in modo visibile all’interno del mezzo di trasporto».

6

Il titolo II del regolamento di esecuzione n. 543/2011 comprende un capo II, intitolato «Controlli della conformità alle norme di commercializzazione», che include l’articolo 8 di tale regolamento di esecuzione, intitolato «Ambito di applicazione», che è così formulato:

«Il presente capo stabilisce le norme relative ai controlli di conformità, ossia i controlli effettuati sugli ortofrutticoli in tutte le fasi di commercializzazione al fine di verificare che essi siano conformi alle norme di commercializzazione e alle altre disposizioni di cui al presente titolo e agli articoli 113 e 113 bis del regolamento (CE) n. 1234/2007».

7

L’articolo 15 del regolamento di esecuzione n. 543/2011, intitolato «Riconoscimento dei controlli di conformità effettuati dai paesi terzi prima dell’importazione nell’Unione», ai suoi paragrafi 1 e 4 così prevede:

«1.   A richiesta di un paese terzo, secondo la procedura di cui all’articolo 195, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007, la Commissione può riconoscere i controlli di conformità alle norme di commercializzazione effettuati da tale paese prima dell’importazione nell’Unione.

(...)

4.   L’elenco dei paesi terzi i cui controlli di conformità sono stati riconosciuti ai sensi del presente articolo e l’elenco dei relativi prodotti figurano nell’allegato IV.

(...)»

8

Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 3, primo, quarto e quinto comma, di tale regolamento di esecuzione:

«In caso di non conformità alle norme, l’organismo di controllo rilascia un attestato di non conformità per l’operatore o il suo rappresentante. Le merci oggetto di un attestato di non conformità non possono essere spostate senza l’autorizzazione dell’organismo di controllo che l’ha rilasciato. Tale autorizzazione può essere subordinata al rispetto di condizioni stabilite dall’organismo di controllo.

(...)

Se la merce non può essere resa conforme, né essere destinata all’alimentazione animale, alla trasformazione industriale o a qualsiasi altro uso non alimentare, l’organismo di controllo può, se necessario, chiedere agli operatori di prendere misure adeguate allo scopo di garantire che i prodotti considerati non siano commercializzati.

Gli operatori comunicano le informazioni che gli Stati membri giudicano necessarie ai fini dell’applicazione del presente paragrafo».

9

L’articolo 18, paragrafo 2, di detto regolamento di esecuzione enuncia:

«Lo Stato membro nel cui territorio sia stata respinta l’immissione in libera pratica di una partita di merci provenienti da un paese terzo a causa della non conformità alle norme di commercializzazione ne informa immediatamente la Commissione, gli Stati membri eventualmente interessati e il paese terzo interessato incluso nell’elenco di cui all’allegato IV».

10

L’allegato I del regolamento di esecuzione n. 543/2011, relativo alle norme di commercializzazione di cui all’articolo 3 di tale regolamento di esecuzione, menziona come norma di commercializzazione generale, al punto 4 della sua parte A, l’indicazione dell’origine del prodotto, e più in particolare il nome completo del paese di origine dei prodotti. La norma di commercializzazione applicabile ai pomodori, contenuta nella parte 10 della parte B dell’allegato I di detto regolamento di esecuzione, prevede che ciascun imballaggio deve recare, in caratteri raggruppati su uno stesso lato, leggibili, indelebili e visibili dall’esterno, le indicazioni relative al paese di origine ed eventualmente alla zona di produzione.

11

Il Marocco figura nell’allegato IV del regolamento di esecuzione n. 543/2011 tra i paesi terzi i cui controlli di conformità sono stati approvati a norma dell’articolo 15 per gli «ortofrutticoli freschi».

Regolamento n. 1169/2011

12

L’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento n. 1169/2011 così recita:

«Il presente regolamento si applica fatti salvi i requisiti di etichettatura stabiliti da specifiche disposizioni dell’Unione per particolari alimenti».

13

L’articolo 9 di tale regolamento, intitolato «Elenco delle indicazioni obbligatorie», al suo paragrafo 1, lettera i), così prevede:

«Conformemente agli articoli da 10 a 35 e fatte salve le eccezioni previste nel presente capo, sono obbligatorie le seguenti indicazioni:

(...)

i) il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto all’articolo 26».

14

L’articolo 26 di detto regolamento, intitolato «Paese d’origine o luogo di provenienza», al suo paragrafo 2, lettera a), dispone quanto segue:

«L’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria:

a)

nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza».

Codice doganale dell’Unione

15

L’articolo 59 del codice doganale dell’Unione prevede:

«Gli articoli 60 e 61 stabiliscono le norme per la determinazione dell’origine non preferenziale delle merci ai fini dell’applicazione:

(...)

c) delle altre misure dell’Unione relative all’origine delle merci».

16

L’articolo 60 di tale codice, intitolato «Acquisizione dell’origine», è così formulato:

«1.   Le merci interamente ottenute in un unico paese o territorio sono considerate originarie di tale paese o territorio.

2.   Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione».

17

L’articolo 134 di detto codice, intitolato «Vigilanza doganale», al suo paragrafo 1 così prevede:

«Le merci introdotte nel territorio doganale dell’Unione sono soggette, dal momento della loro introduzione, a vigilanza doganale e possono subire controlli doganali. Se del caso, esse sono soggette a tali divieti e restrizioni, giustificati, tra l’altro, da motivi di moralità pubblica, ordine pubblico, pubblica sicurezza, tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o preservazione dei vegetali, tutela dell’ambiente, protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, e tutela della proprietà industriale o commerciale, compresi i controlli sui precursori di droghe, sulle merci che violano taluni diritti di proprietà intellettuale e sui contanti, nonché all’applicazione di misure di conservazione e gestione delle risorse ittiche e di misure di politica commerciale.

Esse restano soggette a tale vigilanza per tutto il tempo necessario a determinare la loro posizione doganale e non possono essere rimosse senza l’autorizzazione delle autorità doganali.

Fatto salvo l’articolo 254, le merci unionali non sono più soggette a vigilanza doganale una volta determinata la loro posizione doganale.

Le merci non unionali rimangono sotto vigilanza doganale finché non cambiano posizione doganale o non sono uscite dal territorio doganale dell’Unione o non vengono distrutte».

Regolamento n. 1308/2013

18

L’articolo 74 del regolamento n. 1308/2013, intitolato «Principio generale», recita:

«I prodotti per i quali sono state stabilite norme di commercializzazione per settore o per prodotto conformemente alla presente sezione possono essere commercializzati nell’Unione solo se sono conformi a tali norme».

19

L’articolo 75 di tale regolamento così prevede:

«1.   Le norme di commercializzazione possono essere applicate a uno o più dei settori e prodotti seguenti:

(...)

b) ortofrutticoli;

(...)

3.   Fatto salvo l’articolo 26 del regolamento [n. 1169/2011], le norme di commercializzazione di cui al paragrafo 1 possono riguardare uno o più dei seguenti elementi, determinati sulla base del settore o del prodotto e sulla base delle caratteristiche di ciascun settore, la necessità di regolamentare l’immissione sul mercato e le condizioni di cui al paragrafo 5 del presente articolo:

(...)

j)

il luogo di produzione e/o di origine, esclusi carni di pollame e grassi da spalmare;

(...)».

20

L’articolo 76 del regolamento n. 1308/2013, intitolato «Requisiti supplementari per la commercializzazione di prodotti del settore degli ortofrutticoli», dispone quanto segue:

«1.   Inoltre, ove inerente alle norme di commercializzazione applicabili di cui all’articolo 75, i prodotti del settore degli ortofrutticoli destinati alla vendita al consumatore come prodotti freschi possono essere commercializzati soltanto se rispondono a criteri di qualità sanitaria, di equità e di commerciabilità e se è indicato il paese di origine.

2.   Le norme di commercializzazione di cui al paragrafo 1, ed eventuali norme di commercializzazione applicabili al settore degli ortofrutticoli stabilite conformemente alla presente sottosezione, si applicano a tutte le fasi della commercializzazione, compresi l’importazione e l’esportazione, e possono riguardare qualità, classificazione, peso, dimensioni, imballaggio, condizionamento, magazzinaggio, trasporto, presentazione e commercializzazione.

3.   Il detentore di prodotti del settore degli ortofrutticoli per i quali sono state stabilite norme di commercializzazione non espone, mette in vendita, consegna o commercializza in alcun modo tali prodotti all’interno dell’Unione se non in conformità a dette norme ed è responsabile di tale conformità.

(...)».

21

La parte III di tale regolamento, intitolata «Scambi con i paesi terzi», comprende un articolo 194 intitolato «Misure di salvaguardia», che prevede quanto segue:

«1.   La Commissione può adottare misure di salvaguardia avverso le importazioni nell’Unione, fatto salvo il paragrafo 3 del presente articolo, conformemente al regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio[, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU 2009, L 84, pag. 1)] e al regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio[, del 7 luglio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi (GU 2009, L 185, pag. 1)].

2.   Salvo disposizione contraria contenuta in qualsiasi altro atto del Parlamento europeo e del Consiglio [dell’Unione europea] e in qualsiasi altro atto del Consiglio, le misure di salvaguardia avverso le importazioni nell’Unione previste in accordi internazionali conclusi in conformità al TFUE sono adottate dalla Commissione in conformità al paragrafo 3 del presente articolo.

3.   La Commissione può adottare atti di esecuzione che stabiliscano le misure di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa. (...)

Ove riceva una richiesta da uno Stato membro, la Commissione decide al riguardo, mediante atti di esecuzione, entro cinque giorni lavorativi dalla data di ricezione della richiesta. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 229, paragrafo 2.

Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili, secondo la procedura di cui all’articolo 229, paragrafo 3.

Le misure adottate sono comunicate immediatamente agli Stati membri e si applicano con effetto immediato.

4.   La Commissione può adottare atti di esecuzione che revochino o modifichino le misure unionali di salvaguardia adottate in virtù del paragrafo 3 del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 229, paragrafo 2.

Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili, secondo la procedura di cui all’articolo 229, paragrafo 3».

Regolamento (UE) 2015/478

22

L’articolo 1 del regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU 2015, L 83, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento di base sulle misure di salvaguardia»), così dispone:

«1.   Il presente regolamento si applica alle importazioni di prodotti originari di paesi terzi, ad eccezione:

a)

dei prodotti tessili soggetti alle norme specifiche sull’importazione a norma del regolamento (CE) n. 517/94 [del Consiglio, del 7 marzo 1994, che concerne il regime comune applicabile alle importazioni di prodotti tessili da taluni paesi terzi, non contemplato da accordi bilaterali, da protocolli o da altre disposizioni né da altro regime comunitario specifico in materia di importazioni (GU 1994, L 67, pag. 1)];

b)

dei prodotti originari di alcuni paesi terzi elencati nel regolamento [n. 625/2009].

2.   L’importazione nell’Unione dei prodotti di cui al paragrafo 1 è libera, vale a dire non è sottoposta ad alcuna restrizione quantitativa, fatte salve le misure di salvaguardia che possono essere adottate ai sensi del capo V».

23

L’articolo 15 del regolamento di base sulle misure di salvaguardia prevede quanto segue:

«1.   Se un prodotto è importato nell’Unione in quantitativi talmente maggiori e/o in condizioni tali da arrecare o da minacciare di arrecare un pregiudizio grave ai produttori dell’Unione, per la salvaguardia degli interessi dell’Unione la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro oppure di propria iniziativa:

a)

abbreviare il periodo durante il quale sono utilizzabili i documenti di vigilanza di cui all’articolo 11 rilasciati dopo l’entrata in vigore di questa misura;

b)

modificare il regime d’importazione del prodotto in questione subordinandone l’immissione in libera pratica alla presentazione di un’autorizzazione d’importazione che dovrà essere rilasciata secondo modalità ed entro limiti definiti dalla Commissione.

Le misure di cui alle lettere a) e b) sono di immediata applicazione.

2.   Per quanto riguarda i membri dell’[Organizzazione mondiale del commercio (OMC)], le misure di cui al paragrafo 1 sono adottate solo quando ricorrono le due condizioni indicate nel primo comma del paragrafo stesso.

(...)

5.   Le misure di cui al presente articolo si applicano a ogni prodotto immesso in libera pratica dopo la loro entrata in vigore. Esse possono essere limitate, conformemente all’articolo 17, a una o più regioni dell’Unione.

Tuttavia, tali misure non ostano all’immissione in libera pratica dei prodotti già avviati verso l’Unione, sempre che non sia possibile mutarne la destinazione e che i prodotti la cui immissione in libera pratica è subordinata, a norma degli articoli 10 e 11, alla presentazione di un documento di vigilanza ne siano effettivamente corredati.

6.   Qualora l’intervento della Commissione sia stato richiesto da uno Stato membro, la Commissione, che delibera secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 3, paragrafo 3, o, in casi di urgenza, conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, si pronuncia entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data alla quale ha ricevuto la richiesta».

24

L’articolo 24, paragrafo 2, lettera a), del medesimo regolamento prevede:

«Fatte salve le altre disposizioni dell’Unione, il presente regolamento non osta all’adozione o all’applicazione, da parte degli Stati membri, di:

a)

divieti, restrizioni quantitative o misure di vigilanza giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico e archeologico o di tutela della proprietà industriale e commerciale».

Decisione 2019/217

25

L’articolo 1 della decisione 2019/217 dispone che l’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2019, L 34, pag. 4; in prosieguo: l’«accordo in forma di scambio di lettere»), è approvato a nome dell’Unione.

26

L’accordo in forma di scambio di lettere enuncia quanto segue:

«L’[Unione] e il Regno del Marocco hanno convenuto di inserire la seguente dichiarazione congiunta dopo il protocollo n. 4 dell’[accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, firmato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 (GU 2000, L 70, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo di associazione»)]:

“Dichiarazione comune concernente l’applicazione dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’[accordo di associazione]

1. I prodotti originari del Sahara occidentale che sono soggetti al controllo delle autorità doganali del Regno del Marocco beneficiano delle stesse preferenze commerciali concesse dall’[Unione] ai prodotti contemplati dall’accordo di associazione.

2. Il protocollo n. 4 si applica, mutatis mutandis, ai fini della definizione del carattere originario dei prodotti di cui al paragrafo 1, anche per quanto riguarda le prove dell’origine.

3. Le autorità doganali degli Stati membri dell’[Unione] e del Regno del Marocco sono responsabili dell’applicazione del protocollo n. 4 a tali prodotti”».

Diritto francese

27

Ai sensi dell’articolo 23 bis del codice doganale francese:

«Fatta salva l’applicazione degli accordi internazionali, le importazioni di alimenti, materiali e prodotti di ogni genere e origine, che non rispettano gli obblighi legislativi o regolamentari imposti in termini di commercializzazione o di vendita agli alimenti, ai materiali o a prodotti simili nazionali possono essere vietate o regolamentate tramite decreti congiunti del Ministro dell’Economia e delle Finanze, del Ministro responsabile delle Risorse e del Ministro dell’Agricoltura responsabile del controllo delle frodi».

Controversia di cui al procedimento principale e questioni pregiudiziali

28

Il 2 ottobre 2020 la Confédération paysanne ha proposto al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), giudice del rinvio, un ricorso diretto, da un lato, all’annullamento della decisione del Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare nonché del Ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità industriale e digitale con cui questi hanno implicitamente respinto la sua richiesta di emanare un decreto che vieti l’importazione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale ai sensi dell’articolo 23 bis del codice doganale francese e, dall’altro, a ingiungere a tali Ministri di emanare detto decreto. Essa sostiene, in sostanza, che il territorio del Sahara occidentale non fa parte del territorio del Regno del Marocco e che, di conseguenza, l’etichettatura che indica che i prodotti di cui trattasi nel procedimento principale sono originari del Marocco viola le disposizioni del diritto dell’Unione relative alla fornitura ai consumatori di informazioni sull’origine dei prodotti ortofrutticoli messi in vendita.

29

Il giudice del rinvio ricorda, in primo luogo, che dalla normativa pertinente del diritto dell’Unione risulta che l’obbligo di indicare il paese o il territorio di origine di un prodotto deve essere rispettato, in linea di principio, sin dalla fase d’importazione di tale prodotto. Esso rileva, inoltre, che tale normativa non conferisce espressamente agli Stati membri la competenza ad adottare misure che vietino l’importazione di prodotti non conformi a tale obbligo. Tuttavia, a suo avviso, una siffatta misura potrebbe essere giustificata in particolare nel caso in cui l’inosservanza di detta normativa sia così «massiccia» da rendere difficile l’espletamento di controlli una volta distribuiti i prodotti interessati nel territorio dell’Unione.

30

Di conseguenza, tale giudice si chiede se la stessa normativa possa essere interpretata nel senso che consente ad uno Stato membro di adottare una misura nazionale che vieti le importazioni da un paese terzo di prodotti la cui etichettatura non indichi correttamente il paese o il territorio da cui provengono, quando tale pratica sia «massiccia» e renda difficile il controllo di tali prodotti una volta che si trovano nel territorio dell’Unione.

31

In secondo luogo, il giudice del rinvio ricorda che, nelle sentenze del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), e del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK (C‑266/16, EU:C:2018:118), la Corte ha dichiarato che dal principio di autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei Trattati deriva che il territorio del Sahara occidentale non può essere considerato come facente parte del territorio del Regno del Marocco, ai sensi dell’accordo di associazione nonché degli accordi ad esso subordinati. Esso rileva tuttavia che, successivamente a tali sentenze, il Regno del Marocco e l’Unione hanno concluso l’accordo in forma di scambio di lettere, che è stato approvato con la decisione 2019/217. Tale accordo estende ai prodotti originari del Sahara occidentale il beneficio delle preferenze tariffarie concesse ai prodotti di origine marocchina esportati nell’Unione.

32

Tale giudice aggiunge che, sebbene la decisione 2019/217 sia stata annullata dalla sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 settembre 2021, Front Polisario/Consiglio (T‑279/19, EU:T:2021:639), i suoi effetti sono stati tuttavia mantenuti fino alla pronuncia della sentenza della Corte che statuisce sull’impugnazione proposta dalla Commissione contro detta sentenza. Di conseguenza, esso indica che, qualora uno Stato membro potesse essere autorizzato ad adottare una misura nazionale che vieti le importazioni di prodotti la cui etichettatura non indichi correttamente il paese o il territorio di provenienza, si porrebbe la questione, da un lato, se l’accordo in forma di scambio di lettere debba essere interpretato nel senso che i prodotti di cui trattasi nel procedimento principale hanno come paese di origine il Regno del Marocco e, dall’altro, se le autorità marocchine siano competenti a rilasciare i certificati di conformità previsti dal regolamento di esecuzione n. 543/2011.

33

In terzo luogo, il giudice del rinvio ritiene che, in caso di risposta affermativa a tale questione, occorra anche interrogarsi sulla questione se la decisione 2019/217 sia conforme all’articolo 3, paragrafo 5, e all’articolo 21 TUE, nonché al principio consuetudinario di autodeterminazione richiamato, in particolare, all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite.

34

Infine, in quarto luogo, il giudice del rinvio si chiede se, tenuto conto delle valutazioni riguardanti la situazione del territorio del Sahara occidentale esposte nelle sentenze del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), e del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK (C‑266/16, EU:C:2018:118), la normativa pertinente del diritto dell’Unione debba essere interpretata nel senso che, sia nella fase di importazione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale che in quella della loro vendita al consumatore, l’etichettatura di detti prodotti può indicare il Regno del Marocco come paese d’origine o se debba indicare unicamente il territorio del Sahara occidentale.

35

In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le disposizioni del regolamento n. 1169/2011, del regolamento n. 1308/2013, del [regolamento di esecuzione n. 543/2011] e del [codice doganale dell’Unione] debbano essere interpretate nel senso che consentono a uno Stato membro di adottare una misura nazionale che vieti le importazioni provenienti da un determinato paese di prodotti ortofrutticoli non conformi all’articolo 26 del regolamento n. 1169/2011 e all’articolo 76 del regolamento n. 1308/2013 in quanto non indicano il paese o il territorio di cui sono effettivamente originari, in particolare quando tale inosservanza è massiccia e non può essere facilmente controllata una volta che i prodotti sono entrati nel territorio dell’Unione.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’accordo in forma di scambio di lettere, approvato con [la] decisione [2019/217], debba essere interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione degli articoli 9 e 26 del [regolamento n. 1669/2011] e dell’articolo 76 del [regolamento n. 1308/2013], da un lato, i prodotti ortofrutticoli raccolti nel territorio del Sahara occidentale hanno come paese di origine il Marocco e, dall’altro, le autorità marocchine sono competenti a rilasciare i certificati di conformità previsti dal [regolamento di esecuzione n. 543/2011] ai prodotti ortofrutticoli raccolti in tale territorio.

3)

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se la decisione [2019/217] sia conforme agli articoli 3, paragrafo 5, e 21 [TUE], [nonché] al principio consuetudinario di autodeterminazione richiamato, in particolare, all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite.

4)

Se gli articoli 9 e 26 del [regolamento n. 1669/2011] e l’articolo 76 del [regolamento n. 1308/2013] debbano essere interpretati nel senso che, sia nella fase di importazione che in quella di vendita al consumatore, l’imballaggio dei prodotti ortofrutticoli raccolti nel territorio del Sahara occidentale non può indicare il Marocco come paese di origine, ma deve indicare il territorio del Sahara occidentale».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

36

La decisione 2019/217 è stata annullata dalla sentenza del Tribunale del 29 settembre 2021, Front Polisario/Consiglio (T‑279/19, EU:T:2021:639).

37

Con sentenza odierna, Commissione e Consiglio/Front Polisario (C‑779/21 P e C‑799/21 P), la Corte ha respinto le impugnazioni proposte contro tale sentenza del Tribunale.

38

Come risulta dalla sentenza odierna, Commissione e Consiglio/Front Polisario (C‑779/21 P e C‑799/21 P), gli effetti di tale decisione sono mantenuti fino al 4 ottobre 2025. Ne consegue che i protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo di associazione, come modificati dall’accordo in forma di scambio di lettere, possono continuare a disciplinare, fino a tale data, le importazioni nell’Unione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale.

39

Di conseguenza, le importazioni di tali prodotti non sono state e non sono ancora, in tale fase, interessate dalla constatazione dell’invalidità della decisione 2019/217. Resta quindi necessario stabilire, in risposta alla prima e alla quarta questione, quale indicazione di origine debba accompagnare tali prodotti e quale tipo di misura di salvaguardia possa essere adottata da uno Stato membro qualora si accertasse che detti prodotti sono sistematicamente accompagnati da un’indicazione di origine errata.

Sulla prima questione

40

Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella formulazione della sua questione. Infatti, la circostanza che un giudice nazionale abbia, sul piano formale, elaborato una questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o no riferimento nell’enunciazione dei suoi quesiti. Spetta, al riguardo, alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia [sentenza del 22 dicembre 2022, Ministre de la Transition écologique e Premier ministre (Responsabilità dello Stato per l’inquinamento atmosferico), C‑61/21, EU:C:2022:1015, punto 34 nonché giurisprudenza citata].

41

Nel caso di specie, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che la Confédération paysanne ha chiesto, in sostanza, al Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare nonché al Ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità industriale e digitale di adottare un decreto che vieti l’importazione, dal territorio del Sahara occidentale, dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto l’indicazione del paese di origine che figurava sull’etichetta di tali prodotti era errata. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se il diritto dell’Unione e, più in particolare, il regolamento n. 1169/2011, il regolamento n. 1308/2013, il regolamento di esecuzione n. 543/2011 nonché il codice doganale dell’Unione autorizzino l’adozione di una tale misura da parte di uno Stato membro.

42

Come ha sottolineato l’avvocata generale al paragrafo 21 delle sue conclusioni, l’importazione delle merci nell’Unione rientra nell’ambito delle relazioni commerciali che questa intrattiene con i paesi terzi o le organizzazioni internazionali, che sono disciplinate dalla politica commerciale comune, ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 207 TFUE.

43

Da tale disposizione, e in particolare dalla seconda frase di tale paragrafo 1, a tenore della quale la politica commerciale comune rientra nel quadro dell’«azione esterna dell’Unione», risulta infatti che tale politica riguarda gli scambi commerciali con gli Stati terzi (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi‑Aventis Deutschland, C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 50, nonché del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio, C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 56).

44

Orbene, poiché la prima questione sollevata dal giudice del rinvio verte sull’importazione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale in uno Stato membro e non sulle loro condizioni di vendita, essa deve essere esaminata alla luce degli atti di diritto dell’Unione che disciplinano la politica commerciale comune, o delle disposizioni relative a strumenti di politica commerciale contenute in altri atti di diritto dell’Unione.

45

Ciò premesso, occorre considerare che, con tale questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte se l’articolo 207 TFUE, il regolamento di base sulle misure di salvaguardia e il regolamento n. 1308/2013 debbano essere interpretati nel senso che consentono a uno Stato membro di adottare unilateralmente una misura che vieti l’importazione di prodotti agricoli la cui etichettatura sia sistematicamente non conforme alla normativa dell’Unione in materia di indicazione del paese o del territorio di origine.

46

A tale riguardo, va ricordato, da un lato, che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE conferisce all’Unione una competenza esclusiva nel settore della politica commerciale comune. Ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, tale politica è fondata su principi uniformi ed è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione.

47

Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, TFUE, quando i Trattati attribuiscono all’Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, solo l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in un tale settore solo se vi sono autorizzati dall’Unione oppure per dare attuazione agli atti dell’Unione.

48

Ne consegue che gli Stati membri non possono adottare unilateralmente una misura che vieti l’importazione di una categoria di prodotti originari di un territorio o di un paese terzo, ove detta importazione sia peraltro consentita e disciplinata da un accordo commerciale concluso dall’Unione, a meno che non vi siano espressamente autorizzati dal diritto dell’Unione.

49

A tal proposito, occorre rilevare che l’articolo 1 del regolamento di base sulle misure di salvaguardia prevede, in sostanza, che, ad eccezione dei prodotti tessili e dei prodotti provenienti da taluni paesi terzi, tra i quali non figurano né il Regno del Marocco né il Sahara occidentale, l’importazione nell’Unione di prodotti originari dei paesi terzi è libera, e non è quindi sottoposta ad alcuna restrizione quantitativa, aggiungendo al contempo che sono fatte salve le misure di salvaguardia che possono essere adottate ai sensi del capo V di tale regolamento. Dall’articolo 15, paragrafo 1, di detto regolamento risulta che, in caso vi sia la minaccia di arrecare un pregiudizio grave ai produttori dell’Unione, la Commissione può adottare misure di salvaguardia su richiesta di uno Stato membro oppure di propria iniziativa.

50

Inoltre, l’articolo 194 del regolamento n. 1308/2013, che figura nella parte III di tale regolamento dedicata agli scambi con i paesi terzi, introduce un regime di salvaguardia simile a quello derivante dall’articolo 15 del regolamento di base sulle misure di salvaguardia, in quanto si basa anch’esso su misure adottate dalla Commissione avverso le importazioni nell’Unione di prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1308/2013.

51

Di conseguenza, le disposizioni relative alle misure di salvaguardia che possono essere adottate a norma dei due regolamenti menzionati ai punti 49 e 50 della presente sentenza non consentono a uno Stato membro di adottare unilateralmente una misura che vieti talune importazioni di prodotti nell’Unione.

52

Invero, l’articolo 24, paragrafo 2, lettera a), del regolamento di base sulle misure di salvaguardia prevede che tale regolamento non osta all’adozione o all’applicazione da parte degli Stati membri di «divieti, restrizioni quantitative o misure di vigilanza giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico e archeologico nazionale o di tutela della proprietà industriale e commerciale». Come ha rilevato, in sostanza, l’avvocata generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, tale disposizione consente, per ragioni comparabili a quelle previste dall’articolo 36 TFUE per quanto riguarda l’aspetto interno del mercato unico (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 30 maggio 2002, Expo Casa Manta, C‑296/00, EU:C:2002:316, punto 34), di interferire con la libertà delle importazioni nell’Unione prevista dall’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento di base sulle misure di salvaguardia.

53

Tuttavia, come risulta dalla stessa formulazione dell’articolo 24, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento, tale disposizione lascia impregiudicate altre disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione. In un caso come quello di cui al procedimento principale, che riguarda l’importazione di prodotti agricoli, tra tali altre disposizioni pertinenti vi è, in particolare, l’articolo 194 del regolamento n. 1308/2013, che, come rilevato al punto 50 della presente sentenza, riserva alla Commissione la competenza ad adottare misure di salvaguardia avverso le importazioni nell’Unione di prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1308/2013. L’articolo 24, paragrafo 2, lettera a), del regolamento di base sulle misure di salvaguardia non può quindi essere inteso nel senso che conferisce agli Stati membri il potere di adottare, unilateralmente, misure di salvaguardia avverso l’importazione di prodotti agricoli.

54

Inoltre, la misura generale di divieto di importazione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale, la cui adozione da parte della Repubblica francese è richiesta, nel caso di specie, dalla Confédération paysanne, mira, secondo quest’ultima, a garantire il rispetto delle disposizioni del diritto dell’Unione relative alla fornitura ai consumatori di informazioni sull’origine dei prodotti ortofrutticoli messi in vendita. Tuttavia, nell’ipotesi di una violazione generalizzata di dette disposizioni da parte degli esportatori, spetterebbe eventualmente alla Commissione, e non a uno Stato membro, intervenire nel quadro stabilito dai meccanismi di cooperazione previsti dall’accordo di associazione.

55

Alla luce di tutte le ragioni sopra esposte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 207 TFUE, il regolamento di base sulle misure di salvaguardia e il regolamento n. 1308/2013 devono essere interpretati nel senso che non consentono a uno Stato membro di adottare unilateralmente una misura che vieti l’importazione di prodotti agricoli la cui etichettatura sia sistematicamente non conforme alla normativa dell’Unione in materia di indicazione del paese o del territorio di origine.

Sulla seconda e sulla terza questione

56

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che il giudice del rinvio solleva la seconda e la terza questione solo nell’ipotesi in cui la Corte ritenga di dover rispondere in senso affermativo alla prima questione.

57

Orbene, come concluso al punto 55 della presente sentenza, tale prima questione richiede una risposta negativa.

58

Non è quindi necessario rispondere né alla seconda né alla terza questione.

Sulla quarta questione

Sulla ricevibilità

59

Il governo francese e la Commissione ritengono, in sostanza, che, se dalla risposta alla prima questione derivasse che l’adozione di una misura come quella richiesta dalla ricorrente nel procedimento principale non può essere compatibile con il diritto dell’Unione, la questione dell’effettiva conformità dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale alla normativa dell’Unione in materia di indicazione della provenienza dei prodotti alimentari non sarebbe rilevante ai fini della soluzione della controversia di cui è investito il giudice del rinvio.

60

A tal proposito, occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire [sentenza del 21 marzo 2023, Mercedes‑Benz Group (Responsabilità dei produttori di veicoli muniti di impianti di manipolazione), C‑100/21, EU:C:2023:229, punto 52 e giurisprudenza citata].

61

Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 21 marzo 2023, Mercedes‑Benz Group (Responsabilità dei produttori di veicoli muniti di impianti di manipolazione), C‑100/21, EU:C:2023:229, punto 53 e giurisprudenza citata).

62

Nel caso di specie, mentre la prima questione verte solo sull’importazione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale, la quarta questione riguarda, invece, sia la fase d’importazione di detti prodotti sia quella della loro vendita ai consumatori. Nelle sue osservazioni scritte, la Confédération paysanne evidenzia peraltro più volte la necessità di indicare correttamente l’origine dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale ai fini della loro commercializzazione.

63

Pertanto, il giudice del rinvio indica che la risposta ai motivi dedotti nel ricorso di cui al procedimento principale implica che si stabilisca se, sia nella fase d’importazione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale sia in quella della loro commercializzazione, l’imballaggio di detti prodotti debba indicare il territorio del Sahara occidentale e non quello del Regno del Marocco come paese d’origine.

64

Da quanto precede risulta che la quarta questione riguarda l’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione che sono in relazione con l’oggetto della controversia principale. In tale contesto, detta questione dev’essere considerata rilevante, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 60 della presente sentenza.

65

Ne consegue che la quarta questione è ricevibile.

Nel merito

66

In sostanza, dalla giurisprudenza richiamata al punto 40 della presente sentenza risulta che, al fine di fornire una risposta utile che consenta al giudice del rinvio di dirimere la controversia di cui è investito, spetta alla Corte, ove necessario, riformulare le questioni ad essa sottoposte e, se del caso, prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nell’enunciazione del suo quesito.

67

Nel caso di specie, la quarta questione riguarda l’interpretazione degli articoli 9 e 26 del regolamento n. 1169/2011 nonché dell’articolo 76 del regolamento n. 1308/2013, che stabiliscono, in particolare, obblighi relativi all’indicazione della provenienza dei prodotti alimentari interessati.

68

A tal proposito, dalla decisione di rinvio risulta che i prodotti di cui trattasi nel procedimento principale sono ortofrutticoli. Orbene, da un lato, dall’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento n. 1169/2011 risulta che tale regolamento si applica fatti salvi i requisiti di etichettatura stabiliti da specifiche disposizioni dell’Unione per particolari alimenti, il che è confermato, in sostanza, dall’articolo 26, paragrafo 1, di detto regolamento. Dall’altro lato, l’articolo 75, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1308/2013, letto in combinato disposto con l’articolo 75, paragrafo 3, lettera j), dello stesso, indica che le norme di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli possono riguardare il loro luogo d’origine, mentre l’articolo 76 di tale regolamento precisa che gli ortofrutticoli freschi destinati al consumatore finale possono essere commercializzati solo se è indicato il paese di origine; tali norme si applicano a tutte le fasi della commercializzazione, comprese l’importazione e l’esportazione.

69

Allo stesso tempo, l’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 543/2011 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 1234/2007, che è stato abrogato dal regolamento n. 1308/2013. Il considerando 4 di tale regolamento di esecuzione enuncia che i prodotti ortofrutticoli destinati alla vendita al consumatore come prodotti freschi possono essere commercializzati solo se è indicato il loro paese di origine. In particolare, i meloni «charentais» sono soggetti alle norme di commercializzazione generali di cui all’allegato I, parte A, di detto regolamento di esecuzione, mentre i pomodori ciliegia sono soggetti alle norme di commercializzazione specifiche di cui all’allegato I, parte B, parte 10, del medesimo regolamento di esecuzione, ed entrambi i tipi di norme di commercializzazione comprendono, inoltre, requisiti relativi all’indicazione della provenienza dei prodotti cui si riferiscono. Da quanto precede risulta quindi che, poiché il regolamento n. 1308/2013 e il regolamento di esecuzione n. 543/2011 stabiliscono requisiti specifici in materia di indicazione della provenienza dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale, il regolamento n. 1169/2011 non è rilevante per rispondere alla quarta questione.

70

Ciò premesso, si deve ritenere che, con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 76 del regolamento n. 1308/2013, letto in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 543/2011, debba essere interpretato nel senso che, nelle fasi d’importazione e di vendita al consumatore, l’etichettatura dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale deve indicare come loro paese d’origine il Sahara occidentale, senza poter menzionare il Regno del Marocco.

71

In primo luogo, come risulta dai punti 68 e 69 della presente sentenza, le norme di commercializzazione rilevanti per i prodotti di cui trattasi nel procedimento principale prevedono l’obbligo di indicare, in ogni fase della commercializzazione, comprese l’importazione e l’esportazione, il loro paese d’origine.

72

Il considerando 8 del regolamento di esecuzione n. 543/2011, alla luce del quale devono essere letti i requisiti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento di esecuzione, enuncia, in sostanza, che le indicazioni previste dalle norme di commercializzazione devono figurare sull’imballaggio e/o sull’etichetta dei prodotti interessati in modo ben visibile, in particolare al fine di evitare che i consumatori siano indotti in errore.

73

Da quanto precede consegue che l’indicazione del paese d’origine che deve necessariamente figurare sui prodotti come quelli di cui trattasi nel procedimento principale non dev’essere ingannevole (v., per analogia, sentenza del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot, C‑363/18, EU:C:2019:954, punto 25).

74

In secondo luogo, occorre osservare che la Corte ha già dichiarato, in relazione al regolamento n. 1308/2013, che anche la nozione di «paese di origine» di cui all’articolo 76 di tale regolamento deve essere definita con riferimento al codice doganale dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 4 settembre 2019, Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs Frankfurt am Main, C‑686/17, EU:C:2019:659, punto 46).

75

Infatti, ai sensi dell’articolo 59, lettera c), di tale codice, le norme di cui agli articoli 60 e 61 dello stesso sulla determinazione dell’origine non preferenziale delle merci si applicano ad altre misure dell’Unione relative all’origine delle merci, quali l’articolo 76 del regolamento n. 1308/2013 e l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 543/2011.

76

Ne consegue che la nozione di «paese di origine», che figura sia al punto 4 della parte A dell’allegato I del regolamento di esecuzione n. 543/2011, per quanto riguarda in particolare i meloni «charentais», sia nella sezione VI della parte 10 della parte B del medesimo allegato, riguardante in particolare i pomodori ciliegia, deve essere definita con riferimento al codice doganale dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 4 settembre 2019, Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs Frankfurt am Main, C‑686/17, EU:C:2019:659, punto 50).

77

A tal proposito, ai sensi dell’articolo 60 del codice doganale dell’Unione, sono considerate originarie di un «paese» o «territorio» le merci che sono state interamente ottenute in tale paese o territorio, oppure se hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale in detto paese o territorio.

78

Di conseguenza, il paese d’origine dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale è il paese o il territorio in cui sono stati raccolti.

79

In primo luogo, per quanto riguarda il termine «paese», occorre rilevare, da un lato, che esso è utilizzato più volte dal Trattato UE e dal Trattato FUE quale sinonimo del termine «Stato». Occorre pertanto, al fine di fornire un’interpretazione coerente del diritto dell’Unione, conferire il medesimo significato a tale termine nel codice doganale dell’Unione, nel regolamento n. 1308/2013 nonché nel regolamento di esecuzione n. 543/2011 (v., per analogia, sentenza del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot, C‑363/18, EU:C:2019:954, punto 28).

80

Inoltre, per quanto riguarda la nozione di «Stato», essa deve essere intesa nel senso che designa un’entità sovrana che esercita, all’interno dei suoi confini geografici, la pienezza delle competenze riconosciute dal diritto internazionale (sentenza del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot, C‑363/18, EU:C:2019:954, punto 29 nonché giurisprudenza citata).

81

Infine, per quanto riguarda il termine «territorio», dall’alternativa stessa contenuta nell’articolo 60 del codice doganale dell’Unione risulta che tale termine designa entità diverse dai «paesi» e, di conseguenza, diverse dagli «Stati» (sentenza del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot, C‑363/18, EU:C:2019:954, punto 30).

82

Come già rilevato dalla Corte, tali entità comprendono, in particolare, spazi geografici che, pur trovandosi sotto la giurisdizione o sotto la responsabilità internazionale di uno Stato, dispongono tuttavia, sotto il profilo del diritto internazionale, di uno statuto proprio e distinto da quello di tale Stato (v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punti da 62 a 64, e del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot, C‑363/18, EU:C:2019:954, punto 31 nonché giurisprudenza citata).

83

Da quanto precede risulta che, alla luce dell’articolo 60 del codice doganale dell’Unione, l’obbligo di indicare il paese d’origine dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale – che deriva, da un lato, dalle norme di commercializzazione generali previste nella parte A dell’allegato I del regolamento di esecuzione n. 543/2011, nonché dalle norme di commercializzazione specifiche contenute nella parte 10 della parte B di tale allegato, e, dall’altro, dall’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013 – si applica non solo ai prodotti originari di «paesi», come intesi ai punti 79 e 80 della presente sentenza, ma anche a quelli originari di «territori», quali indicati ai punti 81 e 82 della presente sentenza.

84

In terzo luogo, nella presente causa, dalla decisione di rinvio risulta che i prodotti di cui trattasi nel procedimento principale sono stati raccolti nel territorio del Sahara occidentale.

85

Orbene, il territorio del Sahara occidentale costituisce un territorio distinto da quello del Regno del Marocco (sentenze del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario, C‑104/16 P, EU:C:2016:973, punto 92, e del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punto 62).

86

Inoltre, l’allegato 1 del regolamento di esecuzione (UE) 2020/1470 della Commissione, del 12 ottobre 2020, relativo alla nomenclatura dei paesi e territori per le statistiche europee sugli scambi internazionali di beni e alla disaggregazione geografica per le altre statistiche sulle imprese (GU 2020, L 334, pag. 2), applicabile al settore della legislazione doganale dell’Unione, prevede codici e testi distinti per il Sahara occidentale e per il Regno del Marocco.

87

In tali circostanze, il territorio del Sahara occidentale deve essere considerato un territorio doganale, ai sensi dell’articolo 60 del codice doganale dell’Unione e, di conseguenza, del regolamento n. 1308/2013 nonché del regolamento di esecuzione n. 543/2011. Pertanto, l’indicazione del paese d’origine che deve figurare sui prodotti di cui trattasi nel procedimento principale può designare unicamente il Sahara occidentale in quanto tale, poiché detti prodotti sono raccolti in tale territorio.

88

Qualsiasi altra indicazione sarebbe ingannevole ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 73 della presente sentenza. Essa potrebbe, infatti, indurre in errore i consumatori circa la vera origine dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto potrebbe far pensare che questi ultimi provengano da un luogo diverso dal territorio in cui sono stati raccolti (v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot, C‑363/18, EU:C:2019:954, punto 51).

89

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 76 del regolamento n. 1308/2013, letto in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 543/2011, deve essere interpretato nel senso che, nelle fasi di importazione e di vendita al consumatore, l’etichettatura dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale deve indicare come loro paese di origine unicamente il Sahara occidentale.

Sulle spese

90

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 207 TFUE, il regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni, e il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio,

devono essere interpretati nel senso che:

non consentono a uno Stato membro di adottare unilateralmente una misura che vieti l’importazione di prodotti agricoli la cui etichettatura sia sistematicamente non conforme alla normativa dell’Unione in materia di indicazione del paese o del territorio di origine.

 

2)

L’articolo 76 del regolamento n. 1308/2013, letto in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 della Commissione, del 7 giugno 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 nei settori degli ortofrutticoli freschi e degli ortofrutticoli trasformati, come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 594/2013 della Commissione, del 21 giugno 2013,

deve essere interpretato nel senso che:

nelle fasi di importazione e di vendita al consumatore, l’etichettatura dei meloni «charentais» e dei pomodori ciliegia raccolti nel territorio del Sahara occidentale deve indicare come loro paese di origine unicamente il Sahara occidentale.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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