EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62021CC0395

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 22 settembre 2022.


ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:715

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 22 settembre 2022 ( 1 )

Causa C‑395/21

D.V.

contro

M.A.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania)]

Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausola contrattuale che determina l’ammontare del compenso per servizi legali in base ad una tariffa oraria

I. Introduzione

1.

La domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa si colloca nell’ambito di un procedimento per il pagamento di un compenso da corrispondere ad una persona che esercita la professione di avvocato per la prestazione di servizi legali in favore di un consumatore.

2.

Nutrendo dubbi sul fatto se le clausole dei contratti in questione, relative al compenso per i servizi legali, possano essere considerate clausole abusive ai sensi della direttiva 93/13/CEE ( 2 ), il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte di giustizia sei questioni pregiudiziali sull’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva. Su richiesta della Corte, le presenti conclusioni si limitano ad analizzare la quinta e la sesta questione pregiudiziale.

3.

La quinta e la sesta questione pregiudiziale sono state formulate per il caso in cui la Corte di giustizia dovesse rispondere alle prime quattro questioni dichiarando che le clausole dei contratti in questione, relative al compenso per i servizi legali, debbano essere considerate abusive. Il giudice del rinvio ritiene che i contratti in questione non possano rimanere in vigore dopo l’eliminazione di tali clausole. La quinta e la sesta questione riguardano le conseguenze che, fatta salva la direttiva 93/13, possono essere tratte dall’accertamento del carattere abusivo di tali condizioni in una situazione in cui i servizi legali siano già stati prestati.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

4.

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

5.

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva prevede:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

B.   Diritto lituano

6.

Le disposizioni della direttiva 93/13 sono state recepite nel codice civile lituano. Da tali disposizioni emerge che, nel caso in cui una clausola contrattuale venga dichiarata abusiva da un giudice, tale clausola è considerata nulla dal momento della conclusione del contratto, ma le restanti clausole del contratto rimangono vincolanti per le parti a condizione che sia possibile l’ulteriore esecuzione del contratto stesso.

7.

L’articolo 50, paragrafo 3, della Advokatūros įstatymas (legge relativa alla professione di avvocato) del 18 marzo 2004 (Žin. 2004, n. 50-1632) prevede:

«Nel determinare l’ammontare del compenso dovuto all’avvocato per la prestazione di servizi legali, si deve tenere conto della complessità della causa, delle qualifiche e dell’esperienza professionale dell’avvocato, della situazione finanziaria del cliente e di altre circostanze rilevanti».

8.

Raccomandazioni sull’importo massimo del compenso per l’assistenza fornita dall’avvocato (advokatas) o dal praticante avvocato da liquidare nelle cause civili sono state approvate con ordinanza n. 1R-85 del Ministro della giustizia della Repubblica di Lituania del 2 aprile 2004 e con delibera del Consiglio dell’Ordine forense lituano del 26 marzo 2004 (nella versione in vigore dal 20 marzo 2015). Tali raccomandazioni si applicano alla liquidazione delle spese ai sensi delle disposizioni del codice di procedura civile.

III. Fatti nel procedimento principale

9.

Il convenuto nel procedimento principale (in prosieguo: il «convenuto») ha stipulato con l’attrice nel medesimo procedimento cinque contratti di prestazione di servizi legali. Tali contratti riguardavano la rappresentanza del convenuto nel procedimento principale (i) in una causa civile di accertamento del regime di comunione su alcuni elementi patrimoniali, (ii) in una causa relativa alla determinazione della residenza dei figli minori, il diritto di visita agli stessi e l’ammontare degli alimenti, (iii) in occasione dell’avvio delle indagini da parte della stazione di polizia e da parte della Procura e (iv) durante le indagini davanti a tali organi nonché (v) nella causa di divorzio.

10.

Tali contratti prevedevano che l’avvocato si impegnava a fornire consulenza orale e/o scritta, a redigere bozze di atti giuridici e a sottoscriverli, ad effettuare il controllo giuridico sugli atti e a rappresentare il cliente dinanzi a diverse autorità, compiendo gli atti connessi.

11.

Al contempo i contratti prevedevano che il compenso dell’avvocato era di EUR 100 per ogni ora di consulenza fornita al cliente o di prestazione di servizi legali. Una parte di tale compenso era dovuta immediatamente dopo la presentazione, da parte dell’avvocato, della fattura per servizi legali, tenendo conto delle ore dedicate alla consulenza o alla prestazione di servizi legali.

12.

Inoltre, in base ai termini dei singoli contratti, il convenuto nella causa principale doveva pagare determinate somme a titolo di acconto. Per tale ragione il convenuto ha pagato la somma di EUR 5600.

13.

L’attrice nel procedimento principale (in prosieguo: l’«attrice») ha fornito tali servizi nel periodo da aprile a dicembre 2018 e da gennaio a marzo 2019.

14.

Il 21 e il 26 marzo 2019 l’attrice ha emesso fatture per i servizi legali forniti in favore del convenuto.

15.

Il 10 aprile 2019, l’attrice nel procedimento principale ha adito il giudice di primo grado chiedendo la condanna del convenuto al pagamento in suo favore della somma di EUR 9900 a titolo di servizi legali forniti, di EUR 194,30 a titolo di rimborso delle spese sostenute, oltre agli interessi e alle spese processuali.

16.

Il giudice di primo grado ha constatato che l’attrice nel procedimento principale ha fornito servizi per i quali le spetterebbe un compenso dell’ammontare di EUR 12900. Tale giudice ha dichiarato al contempo che le clausole contrattuali relative al compenso per i servizi legali forniti erano abusive e ha ridotto l’ammontare del compenso della metà, alla somma di EUR 6450.

17.

Tenendo conto del fatto che il convenuto aveva già versato in favore dell’attrice la somma di EUR 5600, il giudice di primo grado ha riconosciuto in favore di quest’ultima la somma di EUR 850, oltre a EUR 194,30 a titolo di spese sostenute e ha deciso anche sugli interessi e sulle spese del procedimento.

18.

L’attrice ha impugnato tale decisione del giudice di primo grado, che è stata confermata con decisione dal giudice di secondo grado, avverso la quale l’attrice ha proposto ricorso in cassazione davanti al giudice del rinvio.

19.

Secondo il giudice del rinvio due clausole contenute nei contratti in questione sono fondamentali ai fini del decidere la controversia tra le parti: (i) la clausola contrattuale relativa alla determinazione del costo dei servizi effettivamente forniti sulla base di una tariffa oraria e (ii) la clausola contrattuale relativa alla determinazione dei termini di pagamento per i servizi legali. Se nel contratto è stata indicata la tariffa oraria, ma non è stata affrontata più dettagliatamente la portata e la durata in concreto dei servizi legali e il previsto importo dei compensi definitivi, il consumatore potrebbe non essere stato in grado di valutare la portata dei servizi necessari e il loro costo finale.

20.

Sebbene il giudice del rinvio sembri, in alcuni passaggi della domanda di pronuncia pregiudiziale, riferirsi separatamente alla clausola contrattuale relativa alla tariffa oraria e a quella relativa alle modalità di pagamento dei servizi legali, nel contesto delle presenti conclusioni non le tratterò separatamente, ma le indicherò come la clausola contrattuale relativa al compenso.

21.

La quinta e la sesta questione pregiudiziale riguardano infatti le conseguenze che, nel rispetto della direttiva 93/13, possono essere tratte dalla dichiarazione del carattere abusivo di tale clausola contrattuale. A tal proposito, il giudice del rinvio ritiene che in assenza di tale clausola i contratti in questione non possano continuare a rimanere in vigore e debbano pertanto essere dichiarati nulli.

22.

Secondo il giudice del rinvio una conseguenza che viene imposta alla luce della giurisprudenza inerente alla direttiva 93/13 è il ripristino di una situazione in cui la clausola contrattuale riguardante il compenso dovrebbe essere trattata come se non fosse mai stata vincolante nei confronti del consumatore. Ciò significherebbe che il giudice nazionale potrebbe rigettare la domanda di pagamento in favore dell’avvocato del compenso a titolo dei servizi legali forniti.

23.

Tuttavia, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, se trarre una tale conseguenza dall’accertamento del carattere abusivo delle clausole dei contratti in questione non sia contrario al principio dell’onerosità dei contratti di prestazione di servizi. In secondo luogo, mentre, secondo il giudice del rinvio, tale conseguenza costituisce una sanzione adeguata nei confronti di un professionista che utilizza clausole abusive, si può però sollevare il dubbio che una tale sanzione, nell’ipotesi in cui l’avvocato non ricevesse alcun compenso per i servizi prestati, non comporti un arricchimento ingiustificato del consumatore, generando un risultato palesemente ingiusto.

24.

D’altro canto, considerando la possibilità di liquidare in favore dell’avvocato un compenso di un determinato importo, il giudice del rinvio si chiede se la giurisprudenza nazionale secondo la quale l’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale relativa al corrispettivo contrattuale consente al giudice di ridurre il prezzo per i servizi forniti o di liquidare il prezzo di costo di tali servizi o il prezzo di mercato più basso possibile, non elimini l’effetto deterrente e in quanto tale non sia in contrasto con l’obiettivo a lungo termine di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

IV. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia e questioni pregiudiziali

25.

In tali circostanze, con decisione del 23 giugno 2021, depositata davanti alla Corte di giustizia il 28 giugno 2021, il Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte sei questioni pregiudiziali. Su richiesta della Corte le presenti conclusioni si riferiscono alla quinta e alla sesta questione pregiudiziale, dal seguente tenore:

«5.

Se il fatto che, quando la clausola contrattuale relativa ai costi è stata dichiarata abusiva, il contratto di servizi legali non sia vincolante, come indicato all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, implichi la necessità di ripristinare la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza della clausola di cui è stato accertato il carattere abusivo. Se il ripristino di tale situazione implichi che il consumatore non ha l’obbligo di pagare i servizi già forniti.

6.

Se, qualora la natura di un contratto di prestazione di servizi a titolo oneroso renda impossibile il ripristino della situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di una clausola dichiarata abusiva (i servizi sono stati già forniti), la fissazione di un compenso per i servizi forniti dall’avvocato sia contraria all’obiettivo dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13. In caso di risposta negativa a tale questione, se l’equilibrio reale mediante il quale si ristabilisce la parità delle parti del contratto si possa ottenere:

(i)

allorché l’avvocato sia pagato per i servizi prestati alla tariffa oraria indicata nel contratto;

(ii)

allorché all’avvocato sia pagato il corrispettivo minimo per i servizi legali (ad esempio, quello indicato in un atto normativo nazionale, in particolare raccomandazioni sull’importo massimo del compenso per l’assistenza fornita da un avvocato);

(iii)

allorché all’avvocato sia pagato un importo ragionevole per i suoi servizi determinato dal giudice, tenuto conto della complessità della causa, delle qualifiche e dell’esperienza dell’avvocato, della situazione finanziaria del cliente e di altre circostanze pertinenti.»

26.

Hanno depositato osservazioni scritte l’attrice, i governi lituano e tedesco, nonché la Commissione europea. L’udienza pubblica non si è tenuta.

V. Analisi

27.

Con la quinta e la sesta questione pregiudiziale, che devono essere trattate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede alla Corte di chiarire, in sostanza, se gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, debbano essere interpretati nel senso che, in una situazione in cui un contratto di prestazione di servizi legali concluso da un consumatore con un professionista non può continuare a rimanere in vigore a seguito dell’eliminazione di una clausola abusiva relativa al compenso per la prestazione di servizi legali e tali servizi siano già stati prestati, tali disposizioni non impediscano al giudice nazionale di rigettare integralmente la domanda di condanna al pagamento proposta da tale professionista nei confronti del consumatore, invece che riconoscere a tale professionista un compenso di un certo importo per la prestazione di servizi legali.

28.

A questo punto è necessario precisare che i giudici di primo e secondo grado nel procedimento principale hanno ridotto della metà il compenso per i servizi legali prestati ( 3 ). Sebbene il giudice del rinvio esamini un ricorso per cassazione proposto contro la decisione del giudice di secondo grado, la quinta e la sesta questione pregiudiziale non si limitano alla domanda se la direttiva 93/13 osti a una tale riduzione del compenso.

29.

È vero che il giudice del rinvio afferma, nella motivazione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, di dubitare della compatibilità con la direttiva della giurisprudenza dei giudici nazionali che ammette, oltre alla liquidazione del prezzo di costo di tali servizi o del prezzo di mercato più basso possibile, la possibilità di ridurre il compenso per i servizi prestati ( 4 ).

30.

La quinta questione pregiudiziale, invece, mira unicamente a chiarire se, alla luce della direttiva 93/13, l’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale che comporti la caducazione dell’intero contratto possa portare a una situazione in cui il professionista non riceve alcun compenso per i servizi legali prestati.

31.

Per contro, nel testo della sesta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio espone tre possibilità che riguardano la determinazione dell’importo di tale compenso in base a: (i) contratti controversi o (ii) costo minimo per i servizi legali, determinato in base a un atto normativo nazionale ( 5 ) o (iii) circostanze che permettono di determinare un compenso di importo «ragionevole». Il giudice del rinvio non chiarisce tuttavia se le alternative prese in considerazione debbano permettere di mantenere in vigore i contratti controversi e di modificarne il contenuto o di decidere in merito al compenso per i servizi legali sulla base di altre disposizioni di diritto lituano relative a prestazioni fornite senza un fondamento giuridico.

32.

La domanda pregiudiziale non contiene informazioni sulla portata del controllo che il giudice del rinvio effettua nel decidere un ricorso in cassazione. In ogni caso, la quinta e la sesta questione pregiudiziale riguardano la stessa questione sollevata dinanzi a tale giudice. Si tratta delle conseguenze derivanti dall’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale che comporta la nullità del contratto. Propongo, quindi, di esaminare tali questioni congiuntamente.

33.

Prima di iniziare l’analisi delle questioni pregiudiziali esporrò le posizioni presentate dagli interessati nelle loro osservazioni scritte. Successivamente esaminerò la giurisprudenza della Corte sulle conseguenze dell’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale e la rilevanza di tale giurisprudenza nel caso di specie. Su tale base formulerò una proposta di risposta alle questioni sollevate.

A.   Posizioni degli interessati

34.

L’attrice ritiene che le clausole dei contratti controversi relative al compenso per la prestazione di servizi legali riguardino l’«oggetto principale del contratto» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 che siano state espresse in modo chiaro e comprensibile e che, in quanto tali, non possano essere valutate sotto il profilo dell’abusività.

35.

Per questa ragione l’attrice nel procedimento principale affronta la quinta e la sesta questione pregiudiziale solo in subordine. Essa ritiene che, poiché i servizi legali sono già stati forniti sulla base dei contratti controversi, sia impossibile, in considerazione della natura di un contratto di prestazione di servizi a titolo oneroso, ripristinare la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato se tale clausola non fosse stata inserita nei contratti controversi. Un’interpretazione contraria, che consentisse al giudice nazionale di riqualificare il rapporto giuridico tra le parti e di trasformarlo in un contratto di prestazione di servizi a titolo gratuito, comprometterebbe l’essenza dei contratti controversi. Allo stesso tempo, l’attrice sembra sostenere che una riduzione dell’importo del compenso, così come operata dal giudice di primo grado nel procedimento principale, non indebolisca l’effetto deterrente imposto dalla direttiva 93/13.

36.

La posizione del governo tedesco, che ugualmente affronta la sesta questione pregiudiziale solo in subordine, si mantiene sulla stessa linea. Secondo tale governo, una clausola contrattuale abusiva che riguarda il compenso per la prestazione di servizi legali può essere sostituita da una disposizione suppletiva relativa al compenso per la prestazione di tali servizi.

37.

Il governo lituano ritiene invece che nel caso in cui i servizi legali siano stati prestati da un avvocato in adempimento di un contratto le cui clausole sono state dichiarate abusive, il giudice nazionale dovrebbe liquidare all’avvocato un compenso tenendo conto delle circostanze del caso, della complessità della causa, della competenza e dell’esperienza dell’avvocato, della situazione finanziaria del cliente e di altre circostanze rilevanti, tenendo conto dell’obiettivo di prevenire l’uso delle clausole abusive.

38.

La Commissione è di parere diverso. Essa ritiene che le clausole contrattuali relative al compenso che sono state dichiarate abusive non possano produrre effetti giuridici. Richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo la quale un giudice nazionale può impedire la caducazione di un contratto sostituendo una clausola contrattuale abusiva con una disposizione suppletiva in modo da evitare che il consumatore sia esposto a «conseguenze particolarmente dannose», la Commissione ritiene che nel caso in esame non sia necessario ricorrere alla soluzione sviluppata in tale giurisprudenza. Secondo la Commissione, non c’è motivo di ritenere che la nullità dei contratti controversi possa avere tali «conseguenze» per il consumatore.

B.   Giurisprudenza sulle conseguenze derivanti dall’eliminazione di una clausola contrattuale abusiva nell’ipotesi in cui il contratto possa restare in vigore senza tale clausola

39.

Dalla giurisprudenza consolidata risulta che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 osta a che il giudice nazionale, in una situazione in cui il contratto può continuare a rimanere vincolante dopo l’eliminazione di una clausola contrattuale abusiva, possa rivedere il contenuto di detta clausola invece di escluderne semplicemente l’applicazione in sede di valutazione dei diritti e degli obblighi delle parti di un contratto concluso con un consumatore ( 6 ). Inoltre, di regola, il giudice nazionale non può applicare in luogo di una clausola contrattuale abusiva, una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva che regoli i diritti e gli obblighi delle parti alle quali si riferisce tale clausola.

40.

Ciò è confermato dalla sentenza Dexia Nederland ( 7 ), nella quale la Corte di giustizia ha chiarito che la direttiva 93/13 osta alla pretesa di un professionista, dopo l’accertamento del carattere abusivo di una clausola che prevede il pagamento di un indennizzo in favore del professionista in caso di inadempimento del consumatore ai suoi obblighi contrattuali, di ottenere l’indennizzo legale previsto da una disposizione del diritto nazionale di natura suppletiva che sarebbe stata applicabile in mancanza della suddetta clausola.

41.

L’obbligo del giudice nazionale di escludere una clausola contrattuale abusiva che impone il pagamento di somme che si rivelano indebite comporta, in linea di principio, un corrispondente effetto restitutorio inerente a tali somme.

42.

La giurisprudenza della Corte che affronta la questione delle pretese restitutorie riguarda principalmente le pretese che un consumatore propone nei confronti di un professionista. Ciò si spiega con la formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che impone agli Stati membri di garantire che le clausole abusive «non siano vincolanti per il consumatore» ma non che non siano vincolanti anche per il professionista. La Corte sottolinea che l’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale deve condurre, almeno in linea di principio, al ripristino della situazione di fatto e di diritto in cui il consumatore si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola (articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13) ( 8 ). L’obiettivo non è tanto quello di realizzare un’equivalenza tra le prestazioni del consumatore e del professionista, quanto quello di garantire che l’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale non sia meramente simbolico mentre il consumatore continua a sopportare le conseguenze dell’inserimento nel contratto di una clausola che formula i diritti e gli obblighi delle parti a svantaggio degli interessi del consumatore stesso. La Corte aggiunge, inoltre, che l’assenza di un effetto restitutorio è in grado di compromettere l’effetto deterrente attraverso il quale la direttiva mira a garantire che i professionisti non utilizzino clausole contrattuali abusive (articolo 6, paragrafo 1, della direttiva in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva) ( 9 ).

43.

È vero che nella sentenza Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria ( 10 ) la Corte ha deciso che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che, in caso di nullità di una clausola contrattuale abusiva che pone il pagamento della totalità delle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca a carico del consumatore, il giudice nazionale rifiuti la restituzione al consumatore degli importi pagati in applicazione di detta clausola, a meno che le disposizioni del diritto nazionale che sarebbero applicabili in mancanza della clausola in questione impongano al consumatore il pagamento della totalità o di una parte di tali spese.

44.

Sebbene tale sentenza susciti alcuni dubbi interpretativi nella scienza del diritto ( 11 ), al fine di assicurare la coerenza con la giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13 appare che essa debba essere intesa come inerente alle pretese restitutorie e non alla sostituzione di una clausola contrattuale con una disposizione suppletiva o ad una modifica del contenuto del contratto. Sembra che tali pretese restitutorie si riferissero alle spese sostenute, in definitiva, non a beneficio di un professionista che era parte del contratto (anche se indirettamente i fondi per finanziare tali spese potevano essere trasferiti a tale professionista), ma a beneficio di terzi.

45.

È quindi possibile leggere tale sentenza come relativa a una clausola contrattuale in forza della quale il consumatore era obbligato a sostenere l’intero costo della costituzione e della cancellazione dell’ipoteca. Poiché tale clausola non produceva alcun effetto nei confronti del consumatore nell’ambito del suo rapporto con il professionista, nell’esaminare le pretese restitutorie potevano essere rilevanti le norme nazionali che prevedono che il consumatore debba sostenere le spese a vantaggio di terzi. In una situazione del genere, l’accoglimento della pretesa restitutoria del consumatore richiederebbe in sostanza, in contrasto con la giurisprudenza, o la sostituzione della clausola contrattuale con una disposizione suppletiva o la modifica del contenuto della clausola controversa in modo da stabilire che il professionista sia tenuto a liberare il consumatore dal debito su di esso gravante ai sensi di tali disposizioni nazionali.

46.

Indipendentemente da come debba essere intesa la sentenza Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria ( 12 ), non si possono trarne conclusioni che vadano oltre il caso in esame. Si trattava lì dell’applicazione di una disposizione nazionale che non riguardava i diritti e gli obblighi reciproci del professionista e del consumatore, ma gli obblighi di quest’ultimo nei confronti di terzi. Ancora più importante, tale sentenza riguardava una situazione in cui il contratto poteva rimanere in vigore dopo l’eliminazione della clausola contrattuale abusiva, mentre nel caso di specie la possibilità di ulteriore vigenza dei contratti controversi senza la clausola contrattuale relativa al compenso appare dubbia.

C.   Giurisprudenza relativa alle situazioni in cui, alla luce del diritto nazionale, il contratto non può continuare a rimanere in vigore

47.

Esaminiamo la giurisprudenza riguardante le conseguenze dell’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale in una situazione in cui, alla luce del diritto nazionale, il contratto non può continuare a rimanere in vigore senza tale clausola. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che, in assenza della clausola relativa al compenso, non è possibile proseguire l’esecuzione dei contratti controversi, il che comporta la loro nullità. La valutazione definitiva di tale questione è lasciata al giudice nazionale ( 13 ).

48.

Dalla giurisprudenza della Corte emerge la conclusione che nell’ipotesi in cui un giudice nazionale ritenga che, in applicazione delle disposizioni del diritto nazionale, non sia possibile il mantenimento di un contratto senza le clausole abusive in esso contenute, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta, in via di principio, a che esso venga dichiarato invalido ( 14 ).

49.

Tuttavia, possono ostare alla dichiarazione di nullità del contratto le conseguenze che la nullità avrebbe per il consumatore.

50.

Ai sensi della sentenza Kásler ( 15 ), che ha dato origine a una linea giurisprudenziale sviluppata e precisata in successive pronunce pregiudiziali, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta alla possibilità data a un giudice nazionale di sostituire una clausola contrattuale abusiva con una disposizione di diritto nazionale di carattere suppletivo o applicabile se le parti del contratto in questione prestino il consenso. La possibilità di tale sostituzione è stata limitata dalla giurisprudenza ai casi in cui, a seguito dell’annullamento del contratto, il consumatore potrebbe essere esposto a «conseguenze particolarmente dannose» ( 16 ).

51.

Le clausole contrattuali abusive possono essere sostituite da disposizioni che riflettano l’equilibrio che il legislatore nazionale ha cercato di stabilire tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di un determinato contratto nel caso in cui le parti non si sono discostate da una regola standard prevista dal legislatore nazionale per i contratti in questione. Le clausole contrattuali abusive non possono, invece, essere sostituite unicamente sulla base di disposizioni nazionali di carattere generale, che non sono state oggetto di una valutazione specifica del legislatore al fine di stabilire un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti e che prevedono l’integrazione degli effetti espressi in un atto giuridico mediante, segnatamente, gli effetti risultanti dal principio di equità o dagli usi ( 17 ).

52.

In una delle ordinanze, la Corte sembra ammettere la possibilità di proteggere il consumatore da «conseguenze particolarmente dannose» definendo - sulla base di una decisione giudiziaria - le circostanze in cui il professionista può invocare i diritti derivanti da clausole contrattuali abusive in un modo che si discosta dalle circostanze descritte nel contratto ( 18 ).

53.

Al fine di garantire la coerenza tra tale ordinanza e la linea giurisprudenziale in esame, ritengo che essa debba essere interpretata nel senso che, in ogni caso, si tratterebbe di determinare tali circostanze in modo tale da soddisfare i requisiti previsti per la sostituzione delle clausole contrattuali abusive con disposizioni suppletive e, soprattutto, che tale intervento del giudice non pregiudichi l’efficacia della direttiva 93/13 e la realizzazione degli obiettivi da essa perseguiti.

54.

In tale spirito sembra mantenersi anche la valutazione contenuta nella sentenza Banca B. ( 19 ), nella quale la Corte ha chiarito che la direttiva 93/13 non mira a raccomandare soluzioni uniformi per quanto concerne le conseguenze da trarre dalla dichiarazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale.

55.

Da un lato, il giudice deve garantire che possa essere ripristinata l’uguaglianza tra le parti contraenti che l’applicazione di una clausola abusiva nei confronti del consumatore abbia messo a repentaglio. Dall’altro, occorre assicurarsi che il professionista sia dissuaso dall’inserire siffatte clausole nei contratti che propone ai consumatori ( 20 ).

56.

Di regola gli obiettivi previsti dalla direttiva possono essere conseguiti, «a seconda dei casi e del quadro giuridico nazionale», con la mera disapplicazione nei confronti del consumatore della clausola abusiva di cui si tratta o, qualora il contratto non possa sussistere senza tale clausola, sostituendo quest’ultima con disposizioni di diritto nazionale di natura suppletiva. Tuttavia, tali conseguenze della dichiarazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale non hanno carattere esaustivo ( 21 ).

57.

Pertanto, nella sentenza in esame la Corte ha chiarito che in assenza di disposizioni di natura suppletiva con le quali si possa evitare la caducazione del contratto contenente clausole abusive e quando l’invalidità del contratto esporrebbe tale consumatore a «conseguenze particolarmente dannose» è ammissibile l’ingerenza del giudice nazionale (il giudice può adottare «tutte le misure necessarie per tutelare il consumatore dalle conseguenze particolarmente dannose che l’annullamento del contratto potrebbe provocare»), tuttavia l’esercizio di tale competenza da parte del giudice non può andare al di là di quanto è strettamente necessario per ripristinare l’equilibrio contrattuale tra le parti contraenti e quindi per tutelare il consumatore dalle conseguenze particolarmente dannose che l’invalidità di un determinato contratto potrebbe provocare, senza compromettere gli obiettivi previsti dalla direttiva 93/13 ( 22 ). Rimane esclusa la possibilità di modificare liberamente o senza alcuna limitazione il contenuto delle clausole contrattuali abusive.

D.   Conseguenze derivanti dall’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale riguardante il compenso per le prestazioni di servizi legali

58.

La linea giurisprudenziale iniziata con la sentenza Kásler si è formata sullo sfondo di casi in cui - in considerazione della natura pecuniaria di transazioni tra le parti contraenti e della possibilità di far valere le pretese restitutorie – sembrava, in linea di principio, possibile ripristinare lo stato che sarebbe esistito se il contratto non fosse stato concluso ( 23 ). Se tale situazione si verificasse, avrebbe «conseguenze particolarmente dannose» per il consumatore proprio a causa delle pretese restitutorie e, soprattutto, a causa dell’esigibilità immediata del credito del professionista alla restituzione dell’importo del capitale concesso al consumatore.

59.

La protezione garantita ai consumatori dalla direttiva 93/13 non si spinge così lontano da imporre agli Stati membri di eliminare tutti gli effetti, senza eccezioni, di un negozio giuridico che contiene una clausola contrattuale abusiva, come se tutte le clausole del contratto in questione fossero abusive ( 24 ). Ciò emerge dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, che collega la sanzione prevista da tale disposizione all’abusività di una clausola contrattuale e non dell’intero contratto in cui tale clausola è inserita.

60.

La risposta alla domanda sugli effetti della caducazione del contratto nei confronti delle parti e, in particolare, se e come si debba ripristinare la situazione in cui si troverebbero se il contratto non fosse stato concluso è lasciata, almeno in linea di principio, al diritto nazionale.

61.

In linea di principio, spetta al diritto nazionale decidere se una volta eliminata una clausola contrattuale abusiva ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva, il contratto non possa più rimanere in vigore. È sempre il diritto nazionale a decidere sulle conseguenze che la nullità del contratto comporta, anche se le conseguenze derivanti dalla sua nullità non devono pregiudicare l’efficacia delle disposizioni della direttiva e contrastare con gli obiettivi da essa perseguiti.

62.

Dalla sentenza Lombard Pénzügyi és Lízing ( 25 ) emerge che, anche quando il giudice nazionale accerti che non sia possibile rimettere le parti nella situazione in cui si sarebbero trovate se tale contratto non fosse stato concluso, e anche se ciò sia imposto dal diritto nazionale, l’ingerenza del giudice nei diritti e negli obblighi delle parti non lo esonera dall’obbligo di garantire che il consumatore si trovi in definitiva nella situazione in cui si sarebbe trovato se la clausola abusiva non fosse mai esistita.

63.

Così come spetta in definitiva al giudice nazionale stabilire se la dichiarazione di nullità di contratti contenenti clausole ritenute abusive esponga il consumatore a «conseguenze particolarmente dannose» ( 26 ), così al medesimo giudice spetta la valutazione se sia possibile ripristinare la situazione in cui le parti del contratto si sarebbero trovate se il contratto non fosse stato mai concluso ( 27 ).

64.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale sembra emergere il suggerimento che, in considerazione della natura dei contratti di prestazione di servizi legali controversi e del fatto che tali servizi sono stati forniti, nella causa nel procedimento principale non sia possibile, secondo il giudice del rinvio, ripristinare la situazione in cui si sarebbe trovato il consumatore se le clausole abusive non fossero state inserite in tali contratti.

65.

Se tale suggerimento deve essere inteso nel senso che il consumatore non può, per così dire, «restituire» i servizi che gli sono stati forniti, si pone la questione se il diritto nazionale ammetta tale stato di cose e non conferisca, in ragione della caducazione del contratto, alcun diritto alla parte che ha fornito tali servizi.

66.

Se alla questione così posta il diritto nazionale risponde in senso affermativo, la direttiva 93/13 non impone una sorta di «salvataggio» del contratto dalla caducazione in modo tale da garantire al professionista, che ha inserito nel contratto le clausole abusive, la possibilità di ottenere un compenso con il pretesto, per così dire, di cercare di garantire la parità di diritti e di obblighi tra le parti del contratto o di ripristinare la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza della clausola contrattuale abusiva.

67.

In primo luogo, le conseguenze che il diritto nazionale associa alla nullità di un contratto non devono pregiudicare l’efficacia delle disposizioni della direttiva 93/13 e non devono essere in contrasto con gli obiettivi perseguiti da tale direttiva ( 28 ). Il suo obiettivo è la tutela dei consumatori. La direttiva non impone un determinato livello di protezione al professionista nel caso in cui l’intero contratto venga meno a causa dell’utilizzo, da parte dello stesso, di clausole contrattuali abusive.

68.

In secondo luogo, come ho già detto al paragrafo 42 delle presenti conclusioni, il ripristino della posizione giuridica e fattuale del consumatore è volto a garantire che l’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale non abbia un carattere simbolico, a danno del consumatore stesso.

69.

In terzo luogo, un’interpretazione contraria della direttiva 93/13 porterebbe a una situazione in cui i contratti che contengono clausole contrattuali abusive verrebbero sistematicamente «integrati» dai giudici nazionali, il che sarebbe in contrasto con l’obiettivo deterrente perseguito dalla direttiva. È proprio per questo motivo che la linea giurisprudenziale iniziata con la sentenza Kásler limita la possibilità di applicare disposizioni suppletive in luogo delle clausole contrattuali abusive alle situazioni in cui la caducazione del contratto potrebbe portare a «conseguenze particolarmente dannose» per il consumatore.

70.

Tuttavia, il semplice fatto che un consumatore non possa, per così dire, «restituire» i servizi legali già forniti non significa necessariamente che il diritto nazionale non attribuisca alcun effetto alla prestazione di tali servizi sulla base di un contratto che si è rivelato nullo. La domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcuna informazione sul punto. Tuttavia, se la legge lituana consente questo tipo di soluzione ( 29 ), spetta al giudice del rinvio valutare se la dichiarazione di nullità del contratto comporti «conseguenze particolarmente dannose». Occorre pertanto fare alcune osservazioni che consentiranno al giudice del rinvio di escludere di trovarsi di fronte a una situazione del genere.

71.

La necessità di proteggere gli interessi del consumatore da possibili «conseguenze dannose» deve essere valutata alla luce delle circostanze esistenti o prevedibili al momento dell’insorgere della controversia nel cui contesto viene eccepito il carattere abusivo delle clausole contrattuali ( 30 ). Ciò che rileva è come si presenterà la situazione del consumatore in base al diritto sostanziale nel contesto stragiudiziale e giudiziale, nonché quale sarà la sua situazione procedurale in altri procedimenti ( 31 ).

72.

La rimozione degli effetti di un negozio giuridico nell’esecuzione del quale un avvocato ha agito in nome e per conto del suo cliente può portare a una situazione in cui la questione della prestazione di tali servizi debba essere considerata nel contesto di altri istituti giuridici che – nel caso concreto e alla luce del quadro giuridico nazionale - possono prevedere un diritto alla ricompensa per tali servizi. Possono entrare in gioco istituti giuridici come la prestazione indebita o la gestione di affari altrui (negotiorum gestio). Le soluzioni adottate dalla legislazione nazionale a questo proposito possono presentarsi diversamente. Tali soluzioni possono consistere nel rimborso delle spese sostenute o nel pagamento di un importo corrispondente al prezzo di mercato per la fornitura di tali servizi.

73.

Per stabilire che la dichiarazione di nullità di un contratto di mutuo abbia «conseguenze particolarmente dannose» di regola è sufficiente il fatto che la nullità renda immediatamente esigibile il diritto del professionista al rimborso del capitale erogato al consumatore. Al contrario, nel caso della dichiarazione di nullità di un contratto di prestazione di servizi legali già la stessa determinazione delle somme dovute tra le parti può richiedere una serie di operazioni volte a stabilire l’entità dei servizi prestati e a stimarne il valore.

74.

Allo stesso tempo, è difficile ipotizzare che tali operazioni possano essere compiute dal consumatore autonomamente. La dichiarazione di nullità di un contratto di prestazione di servizi legali già eseguito può porre il consumatore in una situazione di incertezza giuridica. Ciò è tanto più importante in quanto il carattere abusivo della clausola contenuta nei contratti controversi nella causa principale è legato al fatto che il consumatore non era in grado di valutare il costo finale dei servizi legali. Pertanto, se il diritto nazionale consente il pagamento dei servizi legali resi in base a un contratto che si è rivelato nullo, l’eliminazione della clausola contrattuale relativa al compenso e la dichiarazione di nullità del contratto pongono il consumatore in una situazione simile a quella alla quale la direttiva 93/13 mira a rimediare.

75.

Pertanto, se nel caso concreto e alla luce del quadro giuridico nazionale, sia ammessa qualsiasi forma di ricompensa per i servizi legali forniti nell’ambito di un contratto che si è rivelato nullo, si deve essere inclini a concludere che la dichiarazione di nullità del contratto comporta «conseguenze particolarmente dannose» per il consumatore.

76.

Ad integrazione di tali osservazioni, occorre sottolineare che i servizi legali possono consistere in atti compiuti in nome e per conto di un consumatore nei procedimenti dinanzi alle autorità giudiziarie e dinanzi ad altre autorità pubbliche. Un contratto di prestazione di servizi legali può costituire la base per conferire all’avvocato il mandato a rappresentare il cliente in tali procedimenti e ad agire per suo conto. Ciò solleva la questione se l’invalidità di tale contratto abbia o meno qualche effetto sulla validità e sull’efficacia degli atti compiuti. La risposta a tale domanda viene fornita dal diritto nazionale. Nel caso in cui sorgano dubbi sulla validità o sull’efficacia di tali atti, il giudice nazionale dovrebbe riconoscere che la dichiarazione di nullità del contratto comporti «conseguenze particolarmente dannose» per il consumatore.

77.

Se, alla luce delle considerazioni sopra esposte, il giudice del rinvio accerti che la dichiarazione di nullità del contratto può comportare «conseguenze particolarmente dannose», potrà adottare misure volte a proteggere il consumatore da tali conseguenze.

78.

Possono entrare in gioco o l’applicazione di una disposizione che sia stata oggetto di un’analisi specifica da parte del legislatore al fine di determinare l’equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti ( 32 ) o un intervento sul contenuto del contratto che non vada oltre a quanto sia strettamente necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla direttiva ( 33 ).

79.

Il testo della sesta domanda indica che un modo possibile, in base al diritto lituano, per liquidare i servizi legali già forniti sia quello di determinare il compenso per la loro prestazione al prezzo minimo di tali servizi (tariffa minima), stabilito da un atto normativo nazionale.

80.

Sono dell’opinione che la direttiva 93/13 non precluda la possibilità di liquidare i servizi legali in questo modo per evitare la caducazione del contratto che comporti «conseguenze particolarmente dannose» per il consumatore.

81.

In primo luogo, si tratta di una modalità di liquidazione dei servizi legali che il legislatore considera soddisfacente dal punto di vista dell’equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti nell’ambito dei procedimenti disciplinati dal codice di procedura civile.

82.

In secondo luogo, il metodo di liquidazione dei servizi legali forniti attraverso le tariffe minime stabilite in un atto normativo nazionale consente al consumatore di decidere se avvalersi della tutela garantitagli dalla direttiva 93/13 in piena consapevolezza delle conseguenze economiche che tale decisione comporta. Ciò è importante in quanto il consumatore può anche scegliere di non avvalersi della protezione offertagli da tale direttiva ( 34 ). Tuttavia, il giudice nazionale deve informarlo delle conseguenze giuridiche che la dichiarazione di nullità del contratto può comportare, esponendolo eventualmente a pretese restitutorie ( 35 ).

83.

Nel testo della sesta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio sembra inoltre partire dal presupposto che un metodo di liquidazione dei servizi praticabile ai sensi del diritto lituano sia anche quello della determinazione di un compenso «ragionevole», tenendo conto della complessità del caso, delle qualifiche e dell’esperienza dell’avvocato, della situazione finanziaria del cliente e di altre circostanze rilevanti. Sebbene il giudice del rinvio non lo indichi esplicitamente, le circostanze che dovrebbero consentire di determinare un importo «ragionevole» del compenso corrispondono, in realtà, a quelle elencate in una disposizione del diritto lituano relativa alle linee guida che devono essere prese in considerazione quando le parti di un contratto di prestazione di servizi legali determinano il compenso ( 36 ).

84.

Se il diritto nazionale prevede come il metodo di liquidazione dei servizi legali forniti la determinazione del compenso sulla base di tariffe minime e se in tal modo è possibile tutelare il consumatore dalle «conseguenze particolarmente dannose» derivanti dalla caducazione del contratto, la direttiva 93/13 osta alla possibilità che un giudice nazionale utilizzi il sopra esposto metodo di liquidazione dei servizi legali consistente nell’imporre al consumatore l’obbligo di pagare un compenso «ragionevole».

85.

Dalla giurisprudenza emerge ( 37 ) che l’ingerenza del giudice nazionale nel contenuto del contratto non può andare oltre quanto strettamente necessario per ristabilire l’equilibrio contrattuale tra le parti e, al contempo, per proteggere il consumatore da conseguenze particolarmente dannose che potrebbero derivare dalla dichiarazione di nullità del contratto in questione, senza pregiudicare gli obiettivi perseguiti da tale direttiva. Poiché tale equilibrio viene ristabilito già con la determinazione del compenso applicando le tariffe minime ( 38 ), un’ingerenza più ampia sembra andare oltre quanto strettamente necessario.

86.

Qualsiasi conseguenza che il giudice nazionale tragga dalla dichiarazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale dovrebbe garantire il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 93/13 ( 39 ). Anche quando si tratta di proteggere il consumatore da «conseguenze particolarmente dannose» derivanti dalla caducazione del contratto, il giudice nazionale deve, quindi, valutare se tali conseguenze non dissuadano il consumatore dall’avvalersi della tutela offertagli dalla direttiva e se ciò porti a una situazione in cui la constatazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale non produrrà un effetto deterrente sui professionisti Sembra che ci troveremmo di fronte a tale situazione se l’effetto dell’utilizzo da parte del professionista di una clausola contrattuale abusiva per definire l’oggetto principale del contratto di prestazione di servizi legali fosse quello di riconoscergli ogni volta un compenso «ragionevole».

VI. Conclusione

87.

In base alle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla quinta e sesta questione pregiudiziale formulata dal Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania) nei seguenti termini:

Gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che, nella situazione in cui un contratto di prestazione di servizi legali concluso da un consumatore con un professionista non possa continuare a rimanere in vigore dopo l’eliminazione dal suo contenuto di una clausola abusiva relativa al compenso per i servizi legali e tali servizi siano stati già forniti, tali disposizioni non ostano a che il giudice nazionale respinga integralmente la domanda giudiziale proposta da tale professionista per ottenere la condanna del consumatore al pagamento in suo favore del compenso a titolo di prestazione di servizi legali, se il quadro normativo nazionale non prevede alcuna liquidazione del compenso per i servizi legali resi sulla base del contratto rivelatosi nullo.

Se la dichiarazione di nullità di un contratto di prestazione di servizi legali comporta conseguenze particolarmente dannose per il consumatore, gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non ostano a che il giudice nazionale eviti la caducazione di tale contratto e disponga in favore del professionista il pagamento di un compenso per i servizi legali già resi, dell’ammontare corrispondente al prezzo minimo di tali servizi (tariffe minime), determinato da un atto normativo nazionale.


( 1 ) Lingua originale: il polacco

( 2 ) Direttiva del Consiglio del 5 aprile 1993 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

( 3 ) V. paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

( 4 ) V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni.

( 5 ) Il giudice del rinvio sembra riferirsi all’atto normativo indicato al paragrafo 8 delle presenti conclusioni.

( 6 ) V. sentenza del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punti 6571).

( 7 ) Sentenza del 27 gennaio 2021, Dexia Nederland (C‑229/19 e C‑289/19, EU:C:2021:68, punto 67).

( 8 ) V. sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15 e C‑307/15, EU:C:2016:980, punto 61).

( 9 ) V. sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15 e C‑307/15, EU:C:2016:980, punto 63).

( 10 ) Sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 55).

( 11 ) V.M. Combet, Les clauses abusives dans les contrats bancaires et financiers (2e partie), Revue internationale des services financiers, vol. 3, 2021, pag. 64; Ł. Węgrzynowski, Skutekrestytucyjnyz dyrektywy93/13/EWGa zasadyrozliczeństron w związku z nieważnościąumowyzawierającejniedozwolonepostanowieniaumowne, Przegląd Prawa Handlowego, vol. 5, 2022, pag. 54

( 12 ) Sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 55).

( 13 ) V. sentenza del 5 giugno 2019, GT (C‑38/17, EU:C:2019:461, punto 43).

( 14 ) V. sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 43).

( 15 ) Sentenza del 30 aprile 2014, C‑26/13, in prosieguo: la «sentenza Kásler, EU:C:2014:282, punto 80.

( 16 ) È vero che, alla luce della risposta data dalla Corte nella sentenza Kásler, la possibilità di sostituire una clausola abusiva con una disposizione suppletiva non sembra dipendere dall’esistenza di «conseguenze particolarmente dannose». In effetti, la posizione dei governi lituano e tedesco sembra basarsi su tale lettura della sentenza. Dalle sentenze successive alla pubblicazione di tale sentenza risulta invece che solo quando la dichiarazione della nullità di una clausola abusiva obbliga il giudice a dichiarare nullo il contratto nella sua interezza, esponendo così il consumatore a «conseguenze particolarmente dannose», la direttiva 93/13 non osta alla sostituzione da parte del giudice nazionale della clausola contrattuale con una disposizione suppletiva. V. sentenze del 14 marzo 2019, Dunai (C‑118/17, EU:C:2019:207, punto 54), del 7 novembre 2019, Kanyeba e a., (da C‑349/18 a C‑351/18, EU:C:2019:936, punti 7074) del 18 novembre 2021, A S.A. (C‑212/20, EU:C:2021:934, punto 72).

( 17 ) V. sentenze del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819, punti 60-62) e del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 35).

( 18 ) V. ordinanza del 24 novembre 2019, Topaz (C‑211/17, non pubblicata, EU:C:2019:906, punto 78).

( 19 ) Sentenza del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 39).

( 20 ) Sentenza del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 38).

( 21 ) Sentenza del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punti 3940).

( 22 ) Sentenza del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punti 41, 4344).

( 23 ) È vero, tuttavia, che anche nel contesto dei contratti di mutuo può sorgere la questione se la direttiva 93/13 osti a richieste che vadano oltre il rimborso del valore nominale delle somme che le parti del contratto si sono trasferite reciprocamente dopo la sua conclusione. Un chiarimento sul punto è stato chiesto alla Corte nella causa C‑520/21, Banca M.

( 24 ) Salvo che uno Stato membro non decida di farlo avvalendosi della facoltà di cui all’articolo 8 della direttiva 93/13.

( 25 ) Sentenza del 31 marzo 2022, Lombard Pénzügyi és Lízing (C‑472/20, EU:C:2022:242, punti 5758). In tale sentenza la Corte ha stabilito che gli interessi del consumatore potrebbero essere salvaguardati mediante, in particolare, un rimborso a suo favore delle somme indebitamente percepite dal finanziatore sulla base della clausola giudicata abusiva, avvenendo siffatto rimborso a titolo di arricchimento senza causa. Occorre sottolineare che il diritto ungherese, applicabile al contratto in questione, prevedeva che «in caso di nullità del contratto bisogna ripristinare lo stato sussistente prima della sua conclusione», e se ciò non sia possibile «il giudice può stabilire che il contratto rimanga in vigore fino all’emissione della sentenza».

( 26 ) V. sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 61).

( 27 ) V. sentenza del 31 marzo 2022, Lombard Pénzügyi és Lízing (C‑472/20, EU:C:2022:242, punto 57).

( 28 ) V. paragrafo 61 delle presenti conclusioni.

( 29 ) Anche se la valutazione definitiva di tale aspetto deve essere lasciata ai giudici nazionali, dall’articolo 1.80 del Lietuvos Respublikos Civilinis kodeksas (codice civile della Repubblica di Lituania) nella versione di cui alla legge n. VIII‑1864 del 18 luglio 2000 sembra emergere che, nel caso della nullità del contratto, le parti debbano restituirsi quanto hanno ricevuto in base al contratto (ripetizione) e, se ciò risultasse impossibile, le parti debbano ricompensarsi reciprocamente in denaro quanto hanno ricevuto salvo che il diritto non preveda conseguenze diverse derivanti dalla nullità del contratto. In ogni caso, nulla indica, invece, che il diritto lituano preveda che, nel caso della nullità di un contratto, debba essere ripristinato lo stato esistente prima della sua conclusione o, se ciò non sia possibile, che il contratto debba essere mantenuto in vigore. Ciò distingue il quadro giuridico della causa principale da quello su cui si basa la sentenza del 31 marzo 2022, Lombard Pénzügyi és Lízing (C‑472/20, EU:C:2022:242). V. paragrafo 25 delle presenti conclusioni.

( 30 ) V. sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 50).

( 31 ) V. sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 61).

( 32 ) V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

( 33 ) V. paragrafi da 53 a 57 delle presenti conclusioni.

( 34 ) V. sentenze del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 55), del 29 aprile 2021, Bank BPH (C‑19/20, EU:C:2021:341, punto 94) e del 2 settembre 2021, OTP Jelzálogbank e a. (C‑932/19, EU:C:2021:673, punto 48).

( 35 ) V. sentenza del 29 aprile 2021, Bank BPH (C‑19/20, EU:C:2021:341, punti 9899).

( 36 ) V. paragrafo 7 delle presenti conclusioni.

( 37 ) V. paragrafi da 53 a 57 delle presenti conclusioni.

( 38 ) V. paragrafo 81 delle presenti conclusioni.

( 39 ) V. paragrafi 56 e 57 delle presenti conclusioni.

Top