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Document 62020CC0589

Conclusioni dell’avvocato generale N. Emiliou, presentate il 20 gennaio 2022.


Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:47

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 20 gennaio 2022 ( 1 )

Causa C‑589/20

JR

contro

Austrian Airlines AG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landesgericht Korneuburg (Tribunale del Land, Korneuburg, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Trasporto aereo – Convenzione di Montreal – Articolo 17, paragrafo 1 – Responsabilità dei vettori aerei per la morte o le lesioni personali subite dai passeggeri – Requisiti di un “[incidente]” causale che ha avuto luogo “nel corso di una qualsiasi delle operazioni di (...) sbarco” – Passeggero che cade sulla scala d’imbarco durante lo sbarco – Articolo 20 – Eccezione del concorso di colpa – Passeggero che omette di sorreggersi al corrimano»

I. Introduzione

1.

La causa in questione riguarda il rischio quotidiano di inciampare, scivolare e farsi male. Esso solleva, più precisamente, la questione se, ed eventualmente in che misura, i vettori aerei siano responsabili quando questi eventi spiacevoli accadono a passeggeri a bordo degli aeromobili o sulle strutture utilizzate per l’imbarco o lo sbarco.

2.

Al riguardo, il Landesgericht Korneuburg (Tribunale del Land, Korneuburg, Austria) ha sottoposto alla Corte di giustizia due questioni sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, e dell’articolo 20 della Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale ( 2 ) (in prosieguo: la «Convenzione di Montreal»). Dette questioni sono state sollevate nell’ambito di una domanda di risarcimento danni presentata da JR, una passeggera di un volo internazionale, nei confronti della Austrian Airlines AG, vettore che ha venduto e operato tale volo, per le lesioni subite quando, durante lo sbarco, è caduta, senza apparente motivo, sulla scala d’imbarco.

3.

La prima questione è se una tale caduta costituisca un «evento[incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, che comporta la responsabilità del vettore aereo ai sensi di detta disposizione. La seconda questione verte sull’ipotesi che il non essersi sorretta al corrimano fissato alla scala d’imbarco, in tale contesto, costituisca un concorso di colpa da parte della passeggera, esonerando il vettore dalla propria responsabilità ai sensi dell’articolo 20 di tale convenzione. Nelle presenti conclusioni, spiegherò perché entrambe le questioni richiedono, a mio avviso, una risposta modulata in base al singolo caso.

II. Contesto normativo

A.   Convenzione di Montreal

4.

Il terzo considerando della Convenzione di Montreal afferma che gli Stati aderenti «riconosc[ono] l’importanza di tutelare gli interessi degli utenti del trasporto aereo internazionale e la necessità di garantire un equo risarcimento secondo il principio di riparazione».

5.

Il quinto considerando della stessa convenzione afferma che «l’azione collettiva degli Stati intesa all’ulteriore armonizzazione e codificazione di alcune norme che regolano il trasporto aereo internazionale per mezzo di una nuova convenzione rappresent[a] il mezzo più idoneo a realizzare il giusto equilibrio degli interessi».

6.

L’articolo 17 della Convenzione di Montreal, intitolato «Morte e lesione dei passeggeri – Danni ai bagagli», prevede, al paragrafo 1, che «[i]l vettore è responsabile del danno derivante dalla morte o dalla lesione personale subita dal passeggero per il fatto stesso che l’evento[incidente] che ha causato la morte o la lesione si è prodotto a bordo dell’aeromobile o nel corso di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco».

7.

Ai sensi dell’articolo 20 della suddetta convenzione, intitolato «Esonero», «[i]l vettore, qualora dimostri che la persona che chiede il risarcimento o il suo avente causa ha provocato il danno o vi ha contributo per negligenza, atto illecito o omissione, è esonerato in tutto o in parte dalle proprie responsabilità nei confronti dell’istante, nella misura in cui la negligenza o l’atto illecito o l’omissione ha provocato il danno o vi ha contribuito. (...) Questo articolo si applica a tutte le norme in tema di responsabilità contenute nella presente convenzione, compreso l’articolo 21, paragrafo 1».

8.

L’articolo 21 della Convenzione di Montreal, intitolato «Risarcimento in caso di morte o lesione del passeggero», recita come segue:

«1.   Per i danni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, che non eccedano i 100000 diritti speciali di prelievo per passeggero, il vettore non può escludere né limitare la propria responsabilità.

2.   Il vettore non risponde dei danni di cui all’articolo 17, paragrafo 1 che eccedano i 100000 diritti speciali di prelievo per passeggero qualora dimostri che:

a)

il danno non è dovuto a negligenza, atto illecito o omissione propria o dei propri dipendenti o incaricati oppure che

b)

il danno è dovuto esclusivamente a negligenza, atto illecito o omissione di terzi».

B.   Diritto dell’Unione

9.

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio, sulla responsabilità del vettore aereo con riferimento al trasporto aereo dei passeggeri e dei loro bagagli ( 3 ), come modificato dal regolamento (CE) n. 889/2002 ( 4 ) (in prosieguo: il «regolamento n. 2027/97»), stabilisce che «[l]a responsabilità di un vettore aereo comunitario in relazione ai passeggeri e ai loro bagagli è disciplinata dalle pertinenti disposizioni della convenzione di Montreal».

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

10.

Il 30 maggio 2019, JR, suo marito e il loro figlio di due anni viaggiavano da Salonicco (Grecia) a Vienna (Austria) su un volo operato dalla Austrian Airlines, in virtù di un contratto di trasporto aereo concluso con tale compagnia.

11.

Dopo l’atterraggio all’aeroporto internazionale di Vienna, l’aeromobile stazionava in una posizione di sbarco esterna. Due scale d’imbarco non provviste di copertura, con un corrimano su ciascun lato, venivano collocate in corrispondenza delle due uscite dell’aeromobile, anteriore e posteriore, per consentire lo sbarco dei passeggeri. JR e la sua famiglia lasciavano passare altri passeggeri prima di utilizzare la scala dell’uscita anteriore. Il marito di JR iniziava a scendere la scala per primo, tenendo in ciascuna mano un trolley. Nell’ultimo terzo della scaletta egli quasi cadeva, riuscendo però a mantenersi in piedi. JR seguiva, reggendo la propria borsa con la mano destra e tenendo il figlio sul braccio sinistro. Essa cadeva nello stesso punto in cui il marito era quasi caduto, urtando il bordo della scala. La signora subiva una frattura dell’avambraccio sinistro e un ematoma al fondoschiena.

12.

JR intentava un’azione contro la Austrian Airlines dinanzi al Bezirksgericht Schwechat (Tribunale circoscrizionale, Schwechat, Austria), chiedendo un risarcimento di EUR 4675,00 più interessi e spese. In sostanza, essa sosteneva che, secondo il diritto austriaco, il vettore era responsabile delle lesioni da lei subite in quanto aveva violato il proprio obbligo contrattuale di garantire la sicurezza dei passeggeri ( 5 ). A tal proposito, JR ha affermato che, quando i passeggeri devono sbarcare all’esterno, è prassi normale che il vettore fornisca scale d’imbarco provviste di copertura e assicuri che esse non siano unte o sdrucciolevoli. Nel caso di specie, malgrado la pioggia, la Austrian Airlines aveva utilizzato scale non provviste di copertura, aumentando così il rischio che qualcuno potesse scivolare sulle scale bagnate. Inoltre, il gradino su cui JR è scivolata era, secondo lei, unto e/o sporco di grasso. Infatti, le scale erano così sdrucciolevoli che suo marito era quasi caduto nello stesso punto in cui lei è effettivamente caduta, nonostante il fatto che, dopo aver visto il marito sul punto di cadere, avesse prestato particolare attenzione, prendendo il figlio in braccio per evitare che scivolasse e scendendo con molta prudenza.

13.

Nella sua risposta, la Austrian Airlines sostiene, in primo luogo, di non aver violato l’obbligo di sicurezza a essa incombente. L’uso di scale d’imbarco provviste di una superficie di calpestio perforata/scanalata per ridurre il rischio di scivolamento avrebbe garantito che i passeggeri potessero sbarcare senza rischi. Inoltre, le scale in questione erano in perfette condizioni tecniche e non erano bagnate, unte o sporche di grasso, e quindi non erano sdrucciolevoli. In secondo luogo, e in ogni caso, ci si poteva ragionevolmente aspettare che JR si sorreggesse al corrimano, soprattutto perché aveva appena assistito alla quasi caduta del marito. Inoltre, non si può escludere che la sua caduta sia avvenuta proprio perché teneva in braccio il figlio. In terzo luogo, JR ha rinunciato a ulteriori cure in un ospedale vicino immediatamente dopo l’incidente, nonostante le istruzioni e i consigli medici che le erano stati dati, ma ha invece proseguito il viaggio per Linz (Austria), dove non ha chiesto un trattamento fino alla tarda serata del 30 maggio 2019. Pertanto, non si può escludere che le sue lesioni siano state aggravate dal ritardo delle cure.

14.

Con sentenza del 15 marzo 2020, il Bezirksgericht Schwechat (Tribunale circoscrizionale, Schwechat, Austria) respingeva il ricorso in toto. Oltre ai fatti riassunti supra al paragrafo 11, detto giudice ha altresì accertato che circa 60 passeggeri avevano utilizzato le scale d’imbarco per sbarcare prima di JR, senza che alcuno di essi fosse scivolato o si fosse lamentato perché erano sdrucciolevoli. I gradini erano realizzati in lamiera scanalata, che garantisce una particolare proprietà antiscivolo. Tali scale sono in uso costante all’aeroporto internazionale di Vienna, dove non sono disponibili scale provviste di copertura. Inoltre, tali attrezzature sono certificate e le scale d’imbarco in questione erano in buone condizioni e non presentavano segni di difetti o danni. Il giorno in questione, anche se i gradini erano effettivamente umidi perché aveva piovuto prima, non potevano essere considerati bagnati dato che al momento dello sbarco dei passeggeri non pioveva. Essi non presentavano nemmeno tracce di olio o di grasso, né erano visibilmente sporchi. Solo sugli ultimi tre gradini sono state rinvenute alcune macchie isolate di consistenza ignota, ma non è stato possibile accertare che tali macchie fossero sdrucciolevoli, né tantomeno è stata accertata la presenza di gomma da masticare rimasta attaccata ai gradini. Infine, JR aveva visto il marito sul punto di cadere e poi era caduta lei stessa nello stesso punto. A parte il fatto che nessuno dei due aveva utilizzato il corrimano, non è stato possibile stabilire il motivo della caduta della ricorrente.

15.

Alla luce di questi fatti e secondo il diritto austriaco, il giudice di primo grado ha stabilito che l’Austrian Airlines non aveva violato il suo obbligo di sicurezza. Un vettore aereo è tenuto ad adottare solo le misure che si possono ragionevolmente attendere da quest’ultimo. A questo proposito, l’uso di scale d’imbarco con superfici antiscivolo era sufficiente a garantire che i passeggeri potessero sbarcare dall’aereo senza rischi. In ogni caso, ogni passeggero dovrebbe guardare dove sta andando. JR, pur avendo appena assistito alla quasi caduta del marito, non ha adottato alcuna precauzione per evitare la propria caduta. Sarebbe stato ragionevole che si fermasse e poi usasse il corrimano prima di continuare la discesa. JR avrebbe anche potuto chiedere l’aiuto del marito. La mancata utilizzazione del corrimano, in presenza di un rischio conosciuto, significherebbe che la sua caduta è avvenuta prevalentemente per colpa sua.

16.

JR ha presentato appello avverso tale sentenza dinanzi al Landesgericht Korneuburg (Tribunale del Land, Korneuburg). Tale giudice rileva che la responsabilità della Austrian Airlines deve essere valutata alla luce non già del diritto austriaco, bensì delle condizioni enunciate nella Convenzione di Montreal. A questo proposito, dubita che una caduta come quella capitata a JR sia qualificabile come «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, di tale convenzione, come definito nella sentenza Niki Luftfahrt ( 6 ). In ogni caso, si chiede se la negligenza della passeggera – che ha omesso di sorreggersi al corrimano – esoneri il vettore da qualsiasi responsabilità ai sensi dell’articolo 20 della convenzione.

17.

In tale contesto, il Landesgericht Korneuburg (Tribunale del Land, Korneuburg) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 17, paragrafo 1, della [Convenzione di Montreal] debba essere interpretato nel senso che la nozione di “evento[incidente]” ai sensi della disposizione medesima ricomprenda la fattispecie in cui un passeggero, al momento dello sbarco, cada – senza apparente motivo – sull’ultimo terzo della scaletta mobile, riportando lesioni personali, ove tali lesioni non siano state causate da un oggetto utilizzato per il servizio ai passeggeri ai sensi della sentenza [Niki Luftfahrt], e la scaletta non presenti alcun difetto strutturale, né sia, in particolare, sdrucciolevole.

2)

Se l’articolo 20 della [Convenzione di Montreal] debba essere interpretato nel senso che l’eventuale responsabilità del vettore aereo resti completamente esclusa, qualora ricorrano circostanze come quelle descritte [nella questione] 1 e il passeggero non si sia sorretto al corrimano della scaletta al momento della caduta».

18.

La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 15 settembre 2020, è pervenuta alla Corte il 10 novembre 2020. JR, la Austrian Airlines, il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte alla Corte. Non vi è stata udienza nella presente causa.

IV. Analisi

19.

La Convenzione di Montreal è un trattato che stabilisce norme uniformi in materia di trasporto aereo internazionale. Essa definisce in particolare gli obblighi dei vettori aerei nei confronti dei passeggeri con i quali hanno concluso un contratto di trasporto. Poiché tale convenzione è stata conclusa, tra l’altro, dall’Unione europea ( 7 ), essa è parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione dalla data in cui è entrata in vigore per quanto riguarda l’Unione, ossia il 28 giugno 2004. Di conseguenza, a partire da tale data, la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla sua interpretazione ( 8 ).

20.

Come osserva correttamente il giudice del rinvio ( 9 ), la Convenzione di Montreal è applicabile al procedimento principale. JR, infatti, ha concluso un contratto di trasporto con la Austrian Airlines e tale contratto riguardava un «volo internazionale», nell’accezione dell’articolo 1 della Convenzione, in quanto il luogo di partenza e il luogo di destinazione di tale volo sono situati nei territori di due Stati contraenti, ossia la Repubblica ellenica e la Repubblica d’Austria ( 10 ).

21.

Il capo III della Convenzione di Montreal contiene varie disposizioni relative alla responsabilità dei vettori aerei. In particolare, l’articolo 17, paragrafo 1, riguarda la loro responsabilità in caso di «morte o (...) lesione personale» dei passeggeri. Nella fattispecie, non è contestato che la frattura e l’ematoma subiti da JR ( 11 )in qualità di passeggera e per i quali essa chiede il risarcimento alla Austrian Airlines costituiscano «lesioni personali».

22.

Pertanto, la pretesa risarcitoria di JR rientra perfettamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Inoltre, in tal caso, detta disposizione si applica in via esclusiva. Infatti, ai sensi dell’articolo 29 della convenzione, qualunque sia il titolo o i titoli invocati dal ricorrente a sostegno della sua pretesa – normativa nazionale sulla responsabilità civile, responsabilità contrattuale, e così via – questa deve soddisfare le condizioni e i limiti di responsabilità previsti da detta convenzione, pena il rigetto. In altre parole, «se un rimedio per il danno non è disponibile ai sensi della Convenzione, non lo è affatto» ( 12 ). Pertanto, benché la pretesa di JR sia fondata sul regime austriaco della responsabilità civile, l’esito dipende, in definitiva, non dal contenuto di tali norme, bensì dalla corretta interpretazione della convenzione ( 13 ).

23.

A questo proposito, l’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal prevede che il passeggero leso possa agire nei confronti del vettore aereo «per il fatto stesso che l’evento[incidente] che ha causato (...) la lesione si è prodotto a bordo dell’aeromobile o nel corso di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco».

24.

Quando tali requisiti sono soddisfatti, le eccezioni disponibili a difesa del vettore sono piuttosto limitate e variano a seconda dell’importo dei danni da riconoscere al ricorrente. Se il valore della pretesa risarcitoria non supera i 100000 diritti speciali di prelievo (DSP) ( 14 ), l’articolo 21, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal stabilisce che il vettore aereo «non può escludere né limitare la propria responsabilità». Se la pretesa è superiore a tale soglia, il vettore può, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della Convenzione, limitare ( 15 ) la propria responsabilità dimostrando, in sostanza, che la lesione subita dal passeggero non è dovuta alla propria colpa/negligenza. È pacifico che la richiesta di JR non è superiore a DSP 100000, per cui la Austrian Airlines non potrebbe, in ogni caso, avvalersi di questa particolare possibilità di difesa.

25.

Tuttavia, nonostante quanto lascia intendere la formulazione alquanto generica dell’articolo 21, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, in tale ipotesi permane a disposizione del vettore un altro mezzo di difesa. Esso può infatti escludere o limitare la propria responsabilità – soltanto – fornendo la prova di un concorso di colpa del ricorrente, in forza dell’articolo 20 della convenzione. Infatti, tale disposizione si applica a tutti i casi di danni previsti da tale trattato, ivi compresa la «lesione personale» di un passeggero, anche qualora il valore della domanda non sia superiore a DSP 100000 ( 16 ).

26.

In tale contesto, le questioni sottoposte alla Corte vertono sulle condizioni della pretesa risarcitoria (articolo 17, paragrafo 1) e sui mezzi di difesa contro la stessa (articolo 20). La prima questione riguarda la corretta interpretazione della nozione di «evento [incidente]» ai sensi della prima disposizione. La seconda questione riguarda il tema del concorso di colpa contenuto nella seconda. L’articolo 17, paragrafo 1, è già stato interpretato dalla Corte, in particolare nella sentenza Niki Luftfahrt, mentre l’articolo 20 non lo è stato. Nel complesso, una risposta alle questioni sollevate non può essere dedotta in modo concludente dalla giurisprudenza esistente, sebbene dalla stessa si possano ricavare alcuni insegnamenti generali.

27.

In primo luogo, le nozioni contenute nella Convenzione di Montreal, quali «evento [incidente]» e «negligenza», devono essere oggetto di un’interpretazione uniforme e autonoma, conformemente alle regole interpretative del diritto internazionale generale che s’impongono all’Unione europea ( 17 ).

28.

A questo proposito, in secondo luogo, tali nozioni devono essere interpretate seguendo le regole del diritto internazionale consuetudinario, come codificate nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 ( 18 ). Le disposizioni pertinenti della Convenzione di Montreal devono quindi essere interpretate in buona fede, secondo il senso comune da attribuire ai suoi termini nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo ( 19 ) – il che comprende «tutelare gli interessi degli utenti del trasporto aereo internazionale» mantenendo il «giusto equilibrio» tra questi ultimi interessi e quelli dei vettori aerei ( 20 ).

29.

Aggiungo, come terzo punto, che, poiché la Corte è solo una degli organi giurisdizionali competenti a interpretare la Convenzione di Montreal, e poiché l’applicazione uniforme di tale convenzione in tutti gli Stati parte è un ideale da perseguire, è opportuno che la Corte, quando si pronuncia su nozioni quali «evento [incidente]» e «negligenza», prenda in considerazione e si ispiri alle decisioni emesse dai giudici di tali Stati parte ( 21 ).

30.

Nelle sezioni seguenti affronterò le questioni sollevate alla luce di queste considerazioni generali. Prima, tuttavia, farò un’ultima osservazione, relativa ai fatti del caso di specie. Dalla decisione di rinvio risulta che, mentre alcuni dei suddetti fatti sono pacifici, le parti del procedimento principale contestano altre circostanze, vale a dire se le scale d’imbarco in questione fossero bagnate, unte o oleose e, quindi, sdrucciolevoli, e se ciò sia stato la causa della caduta di JR. Sono anche in disaccordo sul fatto che JR sia stata negligente per non essersi sorretta al corrimano ( 22 ). Tuttavia, i giudici nazionali hanno già accertato e valutato tutti questi fatti. Essi hanno constatato che le scale non erano né sdrucciolevoli né difettose in alcun modo, che pertanto era impossibile stabilire il motivo della caduta, e che JR è stata effettivamente negligente ( 23 ). La Corte è tenuta a pronunciarsi sull’interpretazione richiesta sulla base di queste constatazioni ( 24 ). Farò lo stesso nelle presenti conclusioni.

A.   Sulle cadute e sugli «eventi [incidenti]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal (prima questione)

31.

Dalla formulazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal derivano due requisiti cumulativi. Affinché il vettore aereo sia responsabile, la «lesione personale» subita dal passeggero deve (i) essere stata causata da un «evento [incidente]» (ii) che si è prodotto «a bordo dell’aeromobile» o «nel corso di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco».

32.

Nel caso di specie non si tratta del secondo requisito. Il giudice del rinvio lo ritiene soddisfatto e non ha quindi sottoposto alcuna domanda in merito. La Austrian Airlines contesta tuttavia questo punto dinanzi alla Corte. Sostiene, in sostanza, che le nozioni di «imbarco» e «sbarco» di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della convenzione debbano essere limitate al processo di superamento della soglia dell’aeromobile nel punto di imbarco o di sbarco, vale a dire l’ingresso o l’uscita dall’aeromobile, il passaggio dalle o sulle scale di imbarco o dalla o sulla passerella telescopica. Quindi, quando JR è caduta nel terzo inferiore della scala, aveva già terminato lo «sbarco». Al fine di fornire al giudice nazionale una risposta utile, affronterò brevemente questo argomento.

33.

La Convenzione di Montreal non offre alcuna definizione delle nozioni di «imbarco» o «sbarco» contenute nell’articolo 17, paragrafo 1. Ciò detto, seguendo le regole di interpretazione riportate al paragrafo 28 supra, non vedo perché esse debbano essere interpretate nel modo restrittivo suggerito dalla Austrian Airlines. In primo luogo, il senso comunemente attribuito al termine «imbarco» si riferisce, in senso lato, all’atto di far salire i passeggeri (o le merci, ecc.) su un aeromobile (o una nave, ecc.) prima di un viaggio, laddove per «sbarco» si intende il contrario. In secondo luogo, l’espressione «una qualsiasi delle operazioni» utilizzata nell’articolo 17, paragrafo 1 ( 25 ), riflette l’intenzione degli estensori della convenzione di coprire, con tali nozioni, un’ampia gamma di situazioni, che chiaramente non si limitano al semplice atto di entrare o uscire dall’aeromobile, o all’atto di salire sulle scale d’imbarco o scendervi. In terzo luogo, su quest’ultimo punto, si può affermare che nel contesto dei moderni viaggi aerei, l’«imbarco» e lo «sbarco» sono procedure complesse, che spesso coinvolgono più varchi, corridoi, navette e scale prima che una persona raggiunga il suo posto o, viceversa, metta infine piede in un determinato paese. In quarto luogo, anche l’oggetto e le finalità della Convenzione di Montreal richiedono una visione ampia. Al contrario, se fosse corretta l’interpretazione della Austrian Airlines, l’effetto utile dell’articolo 17, paragrafo 1, sarebbe alquanto limitato. Di conseguenza, i giudici nazionali hanno inteso tali nozioni come sufficientemente ampie da ricomprendere – nell’interesse dei passeggeri – eventi che hanno luogo sulla pista, nei bus navetta che li trasportano agli aeromobili o ai terminal dell’aeroporto, o anche all’interno di «aree sterili» di detti terminal, a condizione che – nell’interesse dei vettori aerei – i passeggeri si trovino sotto il controllo del personale del vettore quando questi si verificano ( 26 ). In sintesi, la nozione di «sbarco» nell’accezione dell’articolo 17, paragrafo 1, comprende ovviamente, ma non solo, la discesa dalle scale di imbarco dopo l’atterraggio.

34.

La questione spinosa riguarda il primo requisito. In sostanza, con la sua prima questione, il giudice del rinvio si chiede se la nozione di «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal ricomprenda una situazione in cui un passeggero cade sulla scala d’imbarco durante lo sbarco, anche se la ragione della sua caduta non può essere accertata e, in particolare, essa non è dovuta a «un oggetto utilizzato per il servizio ai passeggeri» o a un difetto o alla scivolosità della scala.

35.

Ricordo che la Convenzione di Montreal non definisce la nozione di «evento [incidente]» contenuta nell’articolo 17, paragrafo 1. I giudici nazionali utilizzano, a questo proposito, una definizione enunciata più di 30 anni fa riguardo all’articolo 17 della Convenzione di Varsavia. Nella sua decisione fondamentale nella causa Air France c. Saks ( 27 ), la Corte Suprema degli Stati Uniti ha interpretato tale nozione come comprendente «un evento o un avvenimento inatteso o insolito che è esterno al passeggero». Nella sentenza Niki Luftfahrt, la Corte ha fornito la propria definizione. Essa ha statuito che, secondo il senso comunemente attribuito al termine, un «incidente» è un «evento involontario dannoso imprevisto» ( 28 ). La sola differenza sostanziale tra queste due definizioni risiede nel criterio di «esternalità», introdotto nella prima ma apparentemente assente nella seconda, punto sul quale tornerò più avanti ( 29 ).

36.

Risulta altresì dalla maggioranza delle decisioni nazionali e dalla sentenza Niki Luftfahrt che, poiché il vettore è responsabile della lesione subita da un passeggero ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, «per il fatto stesso» che esso sia stato causato da un «[incidente]» che si è prodotto a bordo dell’aeromobile o nel corso delle operazioni di imbarco o di sbarco, nessuna condizione supplementare di responsabilità deve essere «forzata» in tale nozione – altrimenti risulterebbe distorta la semplice logica di detta disposizione.

37.

In particolare, in primo luogo, come la Corte ha espressamente affermato in tale sentenza, la responsabilità del vettore ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal non dipende dal fatto che il danno subito dal passeggero sia dovuto alla concretizzazione di un rischio inerente al trasporto aereo. Sebbene alcuni giudici nazionali abbiano assunto una posizione opposta, la Corte ha giustamente osservato che leggere una siffatta condizione nella nozione di «[incidente]» non sarebbe conforme né al senso comune di tale nozione né agli obiettivi perseguiti dalla convenzione ( 30 ). Pertanto, l’argomento sollevato dalla Austrian Airlines secondo cui la caduta sulle scalette è – innegabilmente – un rischio della vita quotidiana è irrilevante per rispondere alla questione posta dal giudice del rinvio.

38.

In secondo luogo, la questione se le lesioni della passeggera siano state causate o meno da «un oggetto utilizzato per il servizio ai passeggeri», come menzionato dal giudice del rinvio nella sua prima questione, è anch’essa irrilevante a mio avviso, anche se, secondo quanto afferma detto giudice, esiste una certa ambiguità su tale punto. Del resto, la Corte ha precisato nella sentenza Niki Luftfahrt che la nozione di «[incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, «ricomprende tutte le situazioni che si producono a bordo di un aeromobile nelle quali un oggetto impiegato per il servizio ai passeggeri abbia prodotto lesioni personali ad un passeggero» ( 31 ).

39.

Tuttavia, dubito fortemente che la Corte abbia voluto, con questa affermazione, restringere tale nozione con una nuova condizione, estranea alla formulazione dell’articolo 17, paragrafo 1, avendone appena respinta un’altra nella stessa sentenza ( 32 ). A mio parere, questa affermazione è piuttosto intesa come una descrizione astratta delle circostanze presenti in quella causa – che riguardava una tazza monouso di caffè caldo, servita dal personale del vettore, che si è rovesciata da un tavolino e ha provocato scottature a un passeggero. Molti eventi che si verificano a bordo degli aerei o durante le operazioni di imbarco o sbarco possono rientrare nella definizione di «[incidente]», come indicata al paragrafo 35 supra, anche se non riguardano «oggetti utilizzati per il servizio ai passeggeri», e viceversa. Nella fattispecie, quindi, il punto non è se la caduta di JR fosse dovuta a un siffatto «oggetto» ( 33 ).

40.

In terzo luogo, contrariamente a quanto sembra suggerire la Austrian Airlines, la responsabilità del vettore ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal non può dipendere da una sua colpa/negligenza. Mentre questa può essere una condizione di responsabilità nelle norme nazionali sulla responsabilità civile e nelle norme sui contratti, la formulazione di questa disposizione non fa riferimento ad alcun elemento del genere. Di nuovo, ciò che rileva è se un «[incidente]» si sia prodotto in determinate situazioni, e questo concetto è oggettivo. Il fatto che, nel caso in questione, la Austrian Airlines abbia adottato una ragionevole diligenza per prevenire la lesione subita da JR ( 34 ) è quindi irrilevante quando si tratta di decidere se detta lesione sia stata causata da un siffatto evento ( 35 ).

41.

Una valutazione dell’intero regime di responsabilità previsto dalla Convenzione di Montreal in caso di «lesioni personali» subite da un passeggero conferma tale interpretazione. Ricordo che la colpa/negligenza del vettore, o piuttosto l’assenza di essa, può avere un ruolo a livello di difesa, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, di detta convenzione. Il vettore può talvolta limitare la propria responsabilità dimostrando che, pur essendosi verificato un «incidente», esso non è responsabile della lesione ( 36 ). Pertanto, la colpa/negligenza non può essere una componente di tale nozione.

42.

In breve, la «questione reale» a cui rispondere è limitata, e può essere ridotta a quanto segue: se la lesione subita dal passeggero sia stata causata da un evento che corrisponde alla definizione oggettiva di «incidente», quale enunciata al paragrafo 35 supra.

43.

Secondo JR e il governo tedesco, nonché secondo la Commissione, nel caso di specie tale questione dovrebbe ricevere una risposta affermativa. Seguendo la definizione della Corte, essi sostengono che una caduta come quella di JR è palesemente un evento «dannoso» e «involontario». Inoltre, anche se esiste sempre un rischio di caduta sulle scale d’imbarco, e le persone infatti occasionalmente cadono, quando ciò accade è comunque considerato come «imprevisto» ( 37 ).

44.

Per contro, secondo la Austrian Airlines, occorre rispondere in senso negativo a tale questione. Essa sostiene, in sostanza, che nel caso di specie non vi è stato alcun «incidente», dal momento che nulla di «inatteso», «insolito» o «imprevisto» ha provocato la caduta della ricorrente. I passeggeri scendono abitualmente le scale d’imbarco al termine del volo. Inoltre, tenuto conto dei fatti del procedimento principale, non vi era nulla di straordinario, come un dislivello imprevisto tra il pavimento dell’aeromobile e le scale, né un difetto o una sostanza che le avrebbe rese sdrucciolevoli. Al riguardo, il giudice del rinvio sembra concordare.

45.

Queste opinioni opposte riflettono i diversi approcci adottati dai giudici nazionali in circostanze analoghe.

46.

Alcune decisioni nazionali seguono infatti la logica sostenuta da JR, dal governo tedesco e dalla Commissione. Ai sensi di tali decisioni, la caduta di un passeggero si qualifica generalmente come «[incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal ( 38 ).

47.

Altre decisioni nazionali – che, in base alle mie conoscenze, rappresentano la stragrande maggioranza – seguono la logica suggerita dalla Austrian Airlines. Secondo tali decisioni, non viene riconosciuto un «incidente» ogni volta che un passeggero cade e si ferisce. La questione cruciale è perché il passeggero sia caduto. Un «incidente» sembra verificarsi quando la caduta è provocata da qualche fattore inatteso o insolito, esterno al passeggero. Ad esempio, sono stati riconosciuti «incidenti» i casi in cui i passeggeri sono scivolati e caduti sulle scale d’imbarco a causa della presenza di neve/ghiaccio o acqua sui gradini ( 39 ), del loro movimento improvviso ( 40 ) o di un dislivello imprevisto tra il pavimento dell’aeromobile e la passerella telescopica ( 41 ). Sono stati altresì considerati vittime di «incidenti» i passeggeri caduti a bordo di un aeromobile perché scivolati su una macchia di sapone sul pavimento ( 42 ) della toilette o perché un altro passeggero ha improvvisamente pestato loro i piedi ( 43 ). Per contro, quando un passeggero è caduto senza apparente motivo ( 44 ), o quando la caduta era dovuta unicamente al suo stato di salute pregresso ( 45 ), la domanda è stata respinta.

48.

A mio parere, la logica sottesa a questo secondo approccio è quella corretta, per una serie di motivi.

49.

In primo luogo, anche se, nel linguaggio quotidiano, il termine «incidente» è spesso confuso con quello di «lesione», lo stesso non può dirsi per la Convenzione di Montreal. L’articolo 17, paragrafo 1, distingue tra «lesione personale» subita dal passeggero e l’«evento [incidente]» che lo ha causato. Quindi, occorre separare la causa dall’effetto. Tendo a considerare che l’atto della caduta non è una causa, ma l’effetto di qualcos’altro: è la reazione di una persona a un fattore scatenante.

50.

Pertanto, quando ci si chiede se si sia verificato un «incidente», non si può esaminare la caduta isolatamente senza considerare ciò che l’ha provocata. Ricordo che, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, il ricorrente deve dimostrare che un «evento [incidente]» ha causato la sua lesione. «Sono caduto» è una spiegazione troppo debole a questo riguardo.

51.

In secondo luogo, su quest’ultimo punto, molte ragioni possono portare una persona a cadere involontariamente e a ferirsi. Esse possono essere «interne» alla persona – come lo svenimento a causa del suo stato di salute – o «esterne» alla stessa – come l’interazione imprevista con una superficie sdrucciolevole.

52.

A questo proposito, mi sembra abbastanza ovvio che quando un passeggero cade a bordo dell’aeromobile, o durante le operazioni di imbarco o di sbarco, per motivi puramente «interni» alla persona, tale passeggero non può avanzare una pretesa risarcitoria nei confronti del vettore aereo ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal ( 46 ). Ad esempio, sebbene un ictus sia certamente – per usare la formulazione della Corte – un «evento involontario dannoso e imprevisto», non può ragionevolmente essere qualificato come «evento [incidente]» ai sensi di tale disposizione. Lo stesso ragionamento vale per un passeggero che sviene a causa del suo pregresso stato di salute, cade a terra e si ferisce di conseguenza.

53.

In effetti, c’è una ragione per cui, come ho ricordato al paragrafo 35 supra, i giudici nazionali hanno costantemente letto un criterio di «esternalità» nella nozione di «incidente». Sebbene basata sul senso comunemente attribuito al termine, tale nozione rimane un concetto autonomo, utilizzato in un trattato per raggiungere uno scopo particolare – tra cui, ricordo, «tutelare gli interessi degli utenti del trasporto aereo internazionale» realizzando il «giusto equilibrio degli interessi» ( 47 ). Essa deve quindi essere interpretata alla luce di questa finalità. A tale proposito, i giudici nazionali hanno giustamente considerato che gli estensori della Convenzione di Montreal non hanno inteso rendere i vettori aerei responsabili dei problemi di salute pregressi dei loro passeggeri che si manifestano casualmente a bordo dell’aeromobile o durante le operazioni di imbarco o di sbarco ( 48 ). Ciò posto, mentre il criterio di «esternalità» è apparentemente assente dalla definizione fornita dalla Corte nella sentenza Niki Luftfahrt, dubito seriamente che essa abbia inteso escluderlo ( 49 ).

54.

Pertanto, solo se la caduta di un passeggero è provocata da qualche fattore «esterno», si deve ritenere che egli sia stato vittima di un «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Tuttavia, poiché qualsiasi lesione è il prodotto di una catena di cause, è sufficiente che qualche anello della catena costituisca tale fattore ( 50 ).

55.

In terzo luogo, ricordo che, per essere qualificato come «incidente», un evento deve essere «inatteso» o «insolito» o, per usare il sinonimo impiegato dalla Corte, «imprevisto». A questo proposito, è ben consolidato nella giurisprudenza nazionale che non si configura un «incidente» nei casi in cui una lesione risulti dalla reazione particolare, personale o peculiare del passeggero al funzionamento abituale, normale e previsto dell’aeromobile o delle strutture previste per l’imbarco e lo sbarco ( 51 ). Mi sembra che la Corte, nella sentenza Altenrhein Luftfahrt ( 52 ), abbia avallato questo approccio. La Corte ha stabilito che un passeggero che aveva subito una grave lesione alla schiena, a seguito di un cosiddetto «atterraggio duro», non è stato vittima di un «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, poiché tale atterraggio rientrava nell’ambito del normale funzionamento dell’aeromobile e non poteva quindi essere considerato «imprevedibile» ( 53 ).

56.

Di conseguenza, perché sorga la responsabilità del vettore, la caduta di un passeggero deve derivare da qualcosa di diverso dalla sua reazione al normale funzionamento dell’aereo o delle strutture sopra menzionate. Infatti, se un passeggero cade perché la normale pressione all’interno della cabina dell’aereo gli provoca le vertigini, non vedo perché questo debba essere trattato diversamente dalla lesione alla schiena nella sentenza Altenrhein Luftfahrt. Il fatto che il passeggero nel primo scenario sia crollato a terra, mentre il passeggero nell’altro scenario è rimasto seduto, dovrebbe essere a mio avviso irrilevante.

57.

Naturalmente, se qualcosa è «imprevisto» o, al contrario, usuale, normale e atteso, dipende da quale o quali sono i punti di vista adottati. A questo proposito, i giudici nazionali tendono ad adottare il punto di vista della parte lesa ( 54 ). Tuttavia, nella sentenza Altenrhein Luftfahrt, la Corte si è rifiutata di farlo, in quanto ciò poteva portare al «risultato paradossale» che lo stesso evento fosse qualificato come «imprevisto» e, quindi, come «incidente» per alcuni passeggeri, ma non per altri. La Corte non ha adottato nemmeno il punto di vista del vettore, optando invece per una prospettiva più obiettiva e ha statuito che l’«atterraggio duro» in questione in quel caso era usuale, normale e previsto in quanto non eccedeva le limitazioni previste dai requisiti essenziali in materia di esercizio dell’aeromobile in questione ( 55 ).

58.

Concordo che sia necessario un certo grado di obiettività. Adottare il punto di vista soggettivo dell’una o dell’altra parte interessata non sempre porta a un risultato equilibrato ( 56 ). Tuttavia, gli standard industriali, compresi i requisiti essenziali relativi all’esercizio dell’aeromobile o alle strutture utilizzate per l’imbarco o lo sbarco, pur essendo talvolta rilevanti, non dovrebbero essere un fattore decisivo. Ad esempio, se un passeggero cade e si ferisce a bordo dell’aeromobile a causa di una turbolenza aerea improvvisa, si dovrebbe, a mio avviso, concludere che la lesione è stata causata da un evento «imprevisto» e quindi da un «incidente», indipendentemente dal fatto che tale turbolenza abbia superato i limiti stabiliti da questi requisiti essenziali.

59.

A mio avviso, il carattere «inatteso», «insolito» o «imprevisto» dell’evento che ha causato la lesione dovrebbe piuttosto essere valutato dal punto di vista di uno spettatore disinteressato, ossia un ipotetico passeggero con una certa esperienza precedente, e con un’esperienza che sia buona/positiva in materia di viaggi aerei ( 57 ). Un tale spettatore non si aspetterebbe certo di trovare una sostanza o un corpo estraneo – acqua, neve, olio, una buccia di banana, e così via – sul pavimento di una cabina o sulle scale d’imbarco.

60.

In breve, un «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1 della Convenzione di Montreal si verifica quando la caduta di un passeggero è provocata – almeno in parte – da qualche fattore «esterno» a tale persona. Inoltre, tale fattore deve essere «inatteso» o «insolito» (o, in altri termini, «imprevisto»), dal punto di vista di uno spettatore disinteressato. Ciò si verifica in particolare quando la caduta implica la presenza di qualche sostanza o oggetto che non fa parte del normale esercizio dell’aeromobile o delle strutture previste per l’imbarco e lo sbarco.

61.

Pertanto, a mio avviso, quando un passeggero scivola e cade su una macchia di grasso sul pavimento della cabina, su scale di imbarco rese infide dalla neve, o in seguito ad altre circostanze simili, la lesione risultante è causata da un «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Per contro, quando un passeggero cade, come è accaduto a JR nelle circostanze di cui al procedimento principale, su scale d’imbarco che non sono sdrucciolevoli, difettose o in qualsiasi altro modo insolitamente pericolose, e quando non è nemmeno accertato che la caduta sia stata provocata da un altro fattore «inatteso» o «insolito» (o «imprevisto») – un’improvvisa fessura tra l’aeromobile e le scale, e così via – allora non si verifica un «incidente». Tale caduta non costituisce altro che la reazione particolare, personale o peculiare – e inspiegabile – del passeggero alla funzione abituale, normale e prevista di dette scale ( 58 ).

62.

A mio avviso, qualsiasi altra interpretazione sarebbe contraria alla finalità della Convenzione di Montreal ( 59 ). In particolare, se la nozione di «evento [incidente]» di cui all’articolo 17, paragrafo 1, dovesse essere intesa, come suggerito da JR, dal governo tedesco, nonché dalla Commissione, come comprendente qualsiasi caduta dannosa e involontaria del passeggero, a prescindere dal fattore scatenante, allora la portata di tale disposizione sarebbe irragionevolmente estesa a detrimento dei vettori aerei ( 60 ).

63.

Una siffatta interpretazione, infatti, renderebbe i vettori aerei responsabili di incidenti che derivano da ragioni che spaziano da problemi di salute pregressi a pura goffaggine dei passeggeri interessati. Sotto questo profilo, sarebbe quasi equivalente a renderli responsabili di ogni danno verificatosi a bordo dei loro aeromobili o durante le operazioni di imbarco o sbarco, anche se gli estensori della Convenzione di Montreal hanno precisamente utilizzato, nella versione inglese dell’articolo 17, paragrafo 1, il termine «accident» piuttosto che il termine «event», al fine di restringere la categoria di pretese risarcitorie che potrebbero essere fatte valere dai passeggeri in caso di «lesione personale» ( 61 ). Tali occorrenze sarebbero difficili da prevedere e impossibili da prevenire. Ciò potrebbe quindi imporre ai vettori aerei un onere risarcitorio molto pesante, che sarebbe difficile da determinare e sarebbe chiaramente incompatibile con l’attento equilibrio di interessi stabilito da tale convenzione ( 62 ).

64.

È vero che, come ricordano JR e la Commissione, l’articolo 20 della Convenzione di Montreal concede ai vettori aerei una possibilità di difesa in caso di concorso di colpa. Tale disposizione potrebbe effettivamente esonerarli in alcune circostanze, qualora una caduta implichi la negligenza del ricorrente. Ciò detto, sarebbe di scarso aiuto nei molti casi in cui tale negligenza non può essere accertata – ad esempio, quando un passeggero cade in mezzo alla pista senza apparente motivo, o quando la caduta è dovuta unicamente al suo stato di salute pregresso ( 63 ).

65.

Al contrario, l’interpretazione fornita nelle presenti conclusioni, a mio avviso, non impone un siffatto onere ai vettori aerei ( 64 ), mentre consente ai passeggeri di essere risarciti «agevolmente e rapidamente», come richiesto dalla Corte nella sentenza Niki Luftfahrt ( 65 ). La nozione di «incidente» rimane ampia e l’onere che grava sul ricorrente ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, è leggero. Egli deve semplicemente dimostrare – con successo – che c’è stato un qualche fattore «inatteso» o «insolito», a lui esterno, che ha causato o contribuito alla sua caduta, come la presenza di neve sui gradini delle scale d’imbarco: niente di meno, ma anche niente di più. Il ricorrente non ha bisogno di dimostrare perché è successo qualcosa di inatteso o insolito – perché vi era neve sui gradini, o altro ( 66 ). In particolare, non è necessario che egli provi, come discende dal precedente paragrafo 40, che quanto accaduto è imputabile a colpa/negligenza del vettore – può anche derivare dal comportamento di un terzo o da una causa di forza maggiore.

66.

Alla luce di quanto precede, la risposta alla prima questione dovrebbe essere, a mio avviso, che la nozione di «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal ricomprende la fattispecie in cui un passeggero cade sulla scala d’imbarco al momento dello sbarco, purché la caduta sia stata provocata da un fattore inatteso o insolito, esterno al passeggero.

B.   Sull’eccezione del concorso di colpa prevista dall’articolo 20 della Convenzione di Montreal (seconda questione)

67.

Se si sia verificato un «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal è una cosa. Se tale «evento [incidente]» sia risarcibile è un’altra. Anche se in linea di principio è così, ricordo che l’articolo 20 di detta convenzione concede una possibilità di difesa al vettore, sotto forma di un’eccezione di concorso di colpa.

68.

In tale contesto, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in applicazione di tale disposizione, il fatto che un passeggero, caduto sulla scala d’imbarco durante lo sbarco, non si sia sorretto al corrimano debba, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, esonerare il vettore aereo dalla propria responsabilità e, in caso affermativo, in quale misura.

69.

Naturalmente, la Corte non dovrà rispondere alla seconda questione se risponderà alla prima come suggerito nelle presenti conclusioni. Infatti, il giudice del rinvio dovrebbe respingere la pretesa di JR – in quanto non sarebbe accertato che la sua lesione sia stata causata da un «incidente» – senza dover affrontare la questione del concorso di colpa. Tratterò quindi tale aspetto solo in via subordinata.

70.

In senso lato, l’articolo 20 della Convenzione di Montreal funziona, a seconda delle circostanze, come una difesa parziale o totale contro, in particolare, una richiesta di risarcimento per «lesione personale» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1. Esso permette infatti al vettore di esonerarsi in parte o addirittura del tutto dalla responsabilità derivante da quest’ultima disposizione: il giudice applicherà cioè una deduzione parziale o totale all’ammontare del risarcimento che altrimenti sarebbe concesso al ricorrente.

71.

Per quanto attiene, più specificamente, alle condizioni di esonero, l’articolo 20 è incentrato sulla situazione in cui «la persona che chiede il risarcimento (...) ha provocato il danno o vi ha contributo per negligenza, atto illecito o omissione» ( 67 ). Quindi il comportamento del passeggero, sia esso un «atto» o una «omissione», non solo deve essere parte della catena di cause che hanno portato alla sua lesione, ma deve anche comportare un elemento di «negligenza» o un altro tipo di comportamento «illecito». L’onere della prova al riguardo incombe sul vettore ( 68 ).

72.

Le suddette nozioni di «atto illecito o omissione» e di «negligenza» non sono definite nella Convenzione di Montreal. Ricordo comunque che a esse va attribuito un significato uniforme e autonomo, secondo le regole d’interpretazione esposte al paragrafo 28 supra. Parimenti, i principi generali derivanti dalle leggi degli Stati parte e dal diritto dell’Unione ( 69 ) forniscono indicazioni pertinenti.

73.

Nel senso comunemente attribuito a tali termini, «illecito» è di solito un sinonimo ampio di ingiusto, illegale, dannoso o biasimevole ( 70 ), mentre «negligenza» indica più precisamente l’incapacità di prestare la necessaria diligenza e attenzione a qualcuno o qualcosa di cui si è responsabili. Mi concentrerò su questa seconda nozione nella parte restante delle presenti conclusioni, poiché l’espressione «atto illecito o omissione» di cui all’articolo 20 della Convenzione di Montreal si riferisce molto probabilmente a qualche comportamento intenzionale del ricorrente, in altre parole, un’ipotesi non configurabile nel presente caso.

74.

Nell’ambito dell’articolo 20, come rilevano giustamente il governo tedesco e la Commissione, il punto non è se il ricorrente abbia omesso di prestare la necessaria diligenza e attenzione al vettore aereo, ma se abbia omesso di farlo in relazione alla propria sicurezza ( 71 ). In generale, una persona agisce in modo negligente se non esercita una «ragionevole diligenza» in una determinata situazione. In breve, il vettore deve dimostrare che il ricorrente non ha esercitato una «ragionevole diligenza» relativamente alla sua sicurezza nelle specifiche circostanze e, per questo motivo, ha causato la sua lesione o vi ha contribuito. Ciò che è «ragionevole» è valutato oggettivamente, confrontando il comportamento effettivo della persona interessata con quello che avrebbe tenuto una persona – ipotetica – ragionevolmente diligente in una situazione identica ( 72 ).

75.

Due motivi di potenziale concorso di colpa sono stati invocati dalla Austrian Airlines nel procedimento principale: in primo luogo, il fatto che JR non si sia sorretta al corrimano della scala d’imbarco per minimizzare il rischio di caduta, sebbene avesse appena assistito alla quasi caduta del marito; in secondo luogo, il fatto che abbia scelto di non farsi curare in un vicino ospedale subito dopo l’incidente, ma abbia invece viaggiato verso casa prima di farlo, il che potrebbe aver aggravato le lesioni – in altre parole, ha omesso di «mitigare il danno» ( 73 ). Entrambi i motivi sono, a mio avviso, pertinenti ai sensi dell’articolo 20 della Convenzione di Montreal. Ciò detto, il giudice del rinvio non si chiede se tali circostanze siano effettivamente equivalenti a negligenza da parte della passeggera. In realtà, è convinto che lo siano, almeno per quanto riguarda il mancato sostegno al corrimano. Come ho spiegato al paragrafo 30 supra, non è mio compito rimettere in discussione questa constatazione. Farò tuttavia due osservazioni correlate.

76.

In primo luogo, come si evince già dal precedente paragrafo 74, se un passeggero abbia agito con negligenza in una determinata situazione è una questione puramente fattuale. Per esempio, il fatto che un passeggero, caduto sulla scala d’imbarco durante lo sbarco, abbia omesso di sostenersi al corrimano può talvolta, ma non sempre, essere qualificato come concorso di colpa da parte sua ( 74 ). La questione se una persona ragionevolmente diligente lo avrebbe fatto nella stessa situazione dipende da tutte le circostanze contestuali, come il numero di passeggeri sulle scale, se stesse piovendo o meno, se la persona presentava un rischio maggiore di cadere perché stanca dopo un lungo volo o perché portava una valigia pesante o un bambino capriccioso in braccio, e così via. Allo stesso modo, il fatto che un passeggero scelga di non ricevere cure mediche immediatamente dopo una caduta può talvolta costituire mancata mitigazione del danno da parte sua. Tuttavia, questo dipende da varie circostanze, come la misura dell’apparente gravità del danno in quel dato momento, se il personale del vettore abbia informato o indirizzato la persona ferita ai servizi medici disponibili, o ancora se il medico di fiducia del passeggero sia raggiungibile o meno.

77.

Questo mi conduce al secondo punto. A volte la Corte si fa carico di rispondere a questioni ritagliate su fatti molto dettagliati e specifici. La giurisprudenza relativa alla nozione di «circostanze eccezionali» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 261/2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato ( 75 ), è un primo esempio di tale tendenza. In effetti, nella suddetta giurisprudenza la Corte si pronuncia spesso sulla possibilità di qualificare tali fatti come «circostanze eccezionali» ( 76 ). Invito rispettosamente la Corte ad astenersi dal farlo nel caso dell’articolo 20 della Convenzione di Montreal; in caso contrario, potrebbe ritrovarsi investita da un flusso di domande di pronuncia pregiudiziale aventi ad oggetto la richiesta di valutare una moltitudine di scenari di fatto specifici. Essa dovrebbe invece limitarsi a fissare criteri di valutazione astratti e generali per l’applicazione di tale disposizione, e lasciare che siano i giudici nazionali a decidere.

78.

Passando ora alle conseguenze giuridiche che dovrebbero derivare da una constatazione di concorso di colpa, l’articolo 20 della Convenzione di Montreal stabilisce che il vettore è ( 77 )«esonerato in tutto o in parte dalle proprie responsabilità (...) nella misura in cui la negligenza o l’atto illecito o l’omissione [da parte del ricorrente] ha provocato il danno o vi ha contribuito».

79.

Il giudice del rinvio si chiede come questa logica debba essere applicata nel procedimento principale. Dato che, da un lato, a suo avviso, JR è stata negligente per non essersi sorretta al corrimano e che, dall’altro, la Austrian Airlines non lo è stata ( 78 ), per quale ragione il vettore non dovrebbe essere esonerato completamente dalla responsabilità per l’«evento [incidente]» che la ricorrente ha subito ( 79 )? Ciò equivale a chiedersi come si debba decidere il grado di esonero – totale o parziale e, in quest’ultimo caso, di che entità – di cui il vettore deve beneficiare in un determinato caso in cui sia stato accertato il concorso di colpa.

80.

Si tratta di una questione delicata. Infatti, l’eccezione del concorso di colpa è solitamente riscontrabile nei regimi di responsabilità tradizionali, che sono basati sulla colpa. Quando tanto al danneggiante quanto al danneggiato è imputabile una colpa che ha contribuito al pregiudizio subito da quest’ultimo, la responsabilità viene ripartita tra le due parti, in base alla loro rispettiva quota di responsabilità, e il risarcimento del danno viene calcolato di conseguenza ( 80 ). Tuttavia, nell’ambito di una pretesa risarcitoria per «lesione personale» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, atteso che, a differenza della negligenza del ricorrente, la colpa/negligenza del vettore è irrilevante ( 81 ), come si può dunque procedere a una tale ripartizione di responsabilità?

81.

Nessuna risposta veramente soddisfacente a questo dilemma può essere trovata nella teoria giuridica. Sul piano pratico, tuttavia, una soluzione consiste, a mio avviso, nel valutare in quale misura la lesione del passeggero sia stata causata (i) dal relativo «[incidente]» e (ii) dalla propria negligenza. Si tratta di un esercizio di causalità comparativa, che deve essere parimenti svolto dai giudici nazionali ( 82 ). In definitiva, l’eccezione del concorso di colpa è una questione di equità. Non sarebbe equo che un vettore fosse interamente responsabile della lesione subita da un passeggero solo perché un «incidente» fa parte della catena di cause che lo hanno determinato, laddove il passeggero ha parimenti contribuito alla sua lesione. Questa possibilità di difesa contribuisce, in quanto tale, a garantire l’«equilibrio degli interessi» perseguito dagli estensori della Convenzione di Montreal.

82.

Ad esempio, quando un passeggero cade sulla scala d’imbarco durante lo sbarco a causa (i) del fatto che è scivolato su una chiazza di neve imprevista sui gradini e (ii) del fatto che non si è sorretto al corrimano – se è considerato negligente in quelle circostanze – allora la parte di responsabilità del ricorrente dovrebbe, per equità, assolvere il vettore da una parte della responsabilità che l’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal gli impone altrimenti per l’«evento [incidente]». In tale contesto, il fatto che il passeggero non si sia sorretto al corrimano dovrebbe probabilmente essere trattato come il mancato allacciamento della cintura di sicurezza da parte di una persona coinvolta in un incidente automobilistico causato da terzi: si tratta di un concorso nel danno che giustifica una riduzione parziale del risarcimento accordato. D’altro canto, l’esonero totale del vettore dovrebbe essere limitato ai casi di negligenza grave da parte del ricorrente ( 83 ).

83.

Tenuto conto di quanto precede, la risposta alla seconda questione dovrebbe essere, a mio avviso, che l’articolo 20 della Convenzione di Montreal si applica, nel contesto di una pretesa ai sensi dell’articolo 17 di tale convenzione, qualora il ricorrente non abbia esercitato una ragionevole diligenza per la sua sicurezza e, per questo motivo, abbia causato la propria lesione o vi abbia contribuito. Ciò dev’essere valutato dai giudici nazionali, alla luce di tutte le circostanze. Il grado di esonero del vettore dipende dalla misura in cui la lesione è stata causata (i) dall’«[incidente]» di cui trattasi e (ii) dalla negligenza del ricorrente. L’esonero totale è limitato ai casi di negligenza grave da parte del ricorrente.

V. Conclusione

84.

Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Landesgericht Korneuburg (Tribunale del Land, Korneuburg, Austria) nel modo seguente:

1)

L’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, conclusa a Montreal il 28 maggio 1999, firmata dalla Comunità europea il 9 dicembre 1999 e approvata a nome di quest’ultima con decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «evento [incidente]», ai sensi di tale disposizione, ricomprende la fattispecie in cui un passeggero cade sulla scala d’imbarco al momento dello sbarco, purché la caduta sia stata provocata da un fattore inatteso o insolito, esterno al passeggero.

2)

L’articolo 20 della Convenzione dev’essere interpretato nel senso che si applica, nel contesto di una pretesa ai sensi dell’articolo 17 di tale convenzione, qualora il ricorrente non abbia esercitato una ragionevole diligenza per la sua sicurezza e, per questo motivo, abbia causato la propria lesione o vi abbia contribuito. Ciò dev’essere valutato dai giudici nazionali, alla luce di tutte le circostanze. Il grado di esonero del vettore dipende dalla misura in cui la lesione è stata causata (i) dall’«[incidente]» di cui trattasi e (ii) dalla negligenza del ricorrente. L’esonero totale è limitato ai casi di negligenza grave da parte del ricorrente.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) La suddetta convenzione, conclusa a Montreal il 28 maggio 1999, è stata firmata dalla Comunità europea il 9 dicembre 1999 e approvata per conto di questa con decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001 (GU 2001, L 194, pag. 38).

( 3 ) Regolamento del Consiglio del 9 ottobre 1997 (GU 1997, L 285, pag. 1).

( 4 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 maggio 2002 (GU 2002, L 140, pag. 2).

( 5 ) Dalla decisione di rinvio risulta che, ai sensi dell’articolo 1295, paragrafo 1, dell’Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch (codice civile generale), la responsabilità civile può derivare, in particolare, dalla violazione di un obbligo contrattuale. È altresì evidente che, secondo il diritto austriaco, la conclusione di un contratto di trasporto aereo comporta, da parte del vettore, un obbligo accessorio di garantire la sicurezza dei passeggeri, in particolare al momento dell’imbarco e dello sbarco.

( 6 ) Sentenza del 19 dicembre 2019 (C‑532/18, EU:C:2019:1127) (in prosieguo: la «sentenza Niki Luftfahrt»).

( 7 ) Vedi nota 2.

( 8 ) V., in particolare, sentenza Niki Luftfahrt (punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) V. paragrafo 16.

( 10 ) V. paragrafo 10. Inoltre, poiché l’Austrian Airlines è, a quanto risulta, un «vettore aereo comunitario» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2027/97 – vale a dire «[un] vettore aereo munito di valida licenza d’esercizio rilasciata da uno Stato membro in conformità del disposto del [regolamento (CEE) n. 2407/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (GU 1992, L 240, pag. 1)]» –, si applica anche il primo regolamento. Tuttavia, per quanto attiene alla responsabilità dei «vettori aerei comunitari» con riferimento a lesioni subite dai passeggeri, l’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento rinvia alle pertinenti disposizioni della Convenzione di Montreal.

( 11 ) V. paragrafo 11.

( 12 ) House of Lords (Regno Unito), 8 dicembre 2005, Deep Vein Thrombosis and Air Travel Group Litigation, Re, [2005] UKHL 72 (in prosieguo: la «sentenza Deep Vein Thrombosis and Air Travel Group Litigation, Re»), Lord Scott, punto 3.

( 13 ) Un fatto che le parti del procedimento principale, in un primo tempo, e lo stesso giudice di primo grado sembrano aver trascurato (v. paragrafi da 12 a 15).

( 14 ) Il DSP è un’attività di riserva internazionale, definita e gestita dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), il cui valore è basato su un paniere di valute nazionali e fluttua quotidianamente (v. https://www.imf.org/en/About/Factsheets/Sheets/2016/08/01/14/51/Special-Drawing-Right-SDR).

( 15 ) Se una pretesa risarcitoria è superiore a DSP 100000 e il vettore dimostra che non ha colpa, esso rimane responsabile dei danni subiti fino a tale somma.

( 16 ) Ciò è chiarito dall’ultima frase dell’articolo 20, che afferma che esso si applica a «tutte le norme in tema di responsabilità contenute nella presente convenzione, compreso l’articolo 21, paragrafo 1». Nonostante ciò, sussiste una certa ambiguità su questo punto per quanto riguarda i «vettori aerei comunitari». Infatti, l’«avvertenza» contenuta nell’allegato del regolamento n. 2027/97 indica che «[p]er danni fino a 100000 DSP (...) il vettore aereo non può contestare le richieste di risarcimento (...)» (il corsivo è mio). Comunque, a mio avviso, si tratta semplicemente di un caso di formulazione imperfetta. In primo luogo, ribadisco che, per quanto riguarda la responsabilità di un «vettore aereo comunitario» nei confronti dei passeggeri, l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2027/97 fa riferimento alle disposizioni della Convenzione di Montreal (v. nota 10 supra). Le condizioni della responsabilità (compresi i mezzi di difesa di cui dispongono i vettori) sono, in linea di principio, quelle previste da detta convenzione. In secondo luogo, è chiaro che il legislatore dell’Unione, nel modificare il regolamento n. 2027/97 con l’adozione del regolamento n. 889/2002, ha inteso limitare la possibilità per i «vettori aerei comunitari» di avvalersi dell’articolo 21, paragrafo 2, di tale convenzione (v. allegato del regolamento n. 2027/97, letto in combinato disposto con il considerando 11 del regolamento n. 889/2002). Tuttavia, nulla lascia intendere che il legislatore abbia voluto anche vietare loro di sollevare l’eccezione prevista dall’articolo 20 di tale convenzione. Al contrario, il considerando 9 del regolamento n. 2027/97 non è stato né soppresso né modificato dal regolamento n. 889/2002 e, pertanto, continua ad affermare in termini generali che «i vettori aerei comunitari possono essere esonerati dalla loro responsabilità qualora sia accertato che la negligenza del passeggero interessato ha contribuito al danno».

( 17 ) V., in particolare, sentenza Niki Luftfahrt (punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

( 18 ) United Nations Treaty Series, vol. 1155, pag. 331 (in prosieguo: la «Convenzione di Vienna»).

( 19 ) V. articolo 31 della Convenzione di Vienna e sentenza Niki Luftfahrt (punto 31).

( 20 ) V. terzo e quinto considerando della Convenzione di Montreal, nonché sentenza Niki Luftfahrt (punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

( 21 ) V., per analogia, sentenza del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Insegnamento superiore) (C‑66/18, EU:C:2020:792, punto 92). Inoltre, la Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929, che ha preceduto la Convenzione di Montreal, conteneva disposizioni (articoli 17 e 21) che, nonostante alcune differenze (v. nota 77 infra), erano equivalenti all’articolo 17, paragrafo 1, e all’articolo 20 della Convenzione di Montreal. Pertanto, le nozioni di «evento [incidente]» e «negligenza» ai sensi di queste ultime disposizioni possono essere interpretate alla luce delle decisioni nazionali relative alle prime, e viceversa (v. conclusioni presentate dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Niki Luftfahrt, C‑532/18, EU:C:2019:788, paragrafi 26, 2743). Mi riferirò quindi indistintamente alle decisioni relative all’una o all’altra convenzione.

( 22 ) Cfr. paragrafi 12 e 13.

( 23 ) V. paragrafo 14.

( 24 ) Infatti, nei procedimenti pregiudiziali di cui all’articolo 267 TFUE, spetta unicamente ai giudici nazionali definire il quadro fattuale delle controversie su cui sono chiamati a pronunciarsi (v., ad esempio, sentenza del 7 agosto 2018, Prenninger e a., C‑329/17, EU:C:2018:640, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

( 25 ) Non vi è un equivalente di questi termini nella versione tedesca della Conovenzione di Montreal («beim Ein- oder Aussteigen ereignet hat»). Sebbene ciò sia deprecabile, a mio parere è irrilevante. Infatti soltanto le sei versioni linguistiche in cui tale convenzione è stata redatta (osssia inglese, arabo, cinese, spagnolo, francese e russo) sono considerate «autentiche» e dovrebbero essere prese in considerazione (v. conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Niki Luftfahrt, C‑532/18, EU:C:2019:788, paragrafo 36). Queste versioni «autentiche» sembrano essere coerenti sotto questo aspetto. V., in particolare, le versioni spagnola («cualquiera de la operaciones») e francese («toutes opérations»).

( 26 ) V., per ulteriori dettagli, Naveau, J., Godfroid, M., Frühling, P., Précis de droit aérien, 2a edizione, Bruylant, Bruxelles, 2006, pag. 333; Schmid, R., «Article 17», in Montreal Convention, Kluwer, Paesi Bassi, 2006, §§ da 50 a 86; e Chapman, M., Prager, S., Harding, J., Saggerson on Travel Law and Litigation, 5a edizione, Wildy, Simmonds & Hill Publishing, Londra, 2013, pagg. da 499 a 502.

( 27 ) U.S. Supreme Court, 4 marzo 1985, 470 U.S. 392 (1985) («Air France c. Saks»).

( 28 ) Sentenza Niki Luftfahrt (punto 35).

( 29 ) V. infra, paragrafi 52 e 53.

( 30 ) V. sentenza Niki Luftfahrt (punto 41).

( 31 ) Sentenza Niki Luftfahrt (punto 43 e dispositivo).

( 32 ) V. paragrafo 37.

( 33 ) L’interpretazione opposta porterebbe a una ingiustificata differenza di trattamento di situazioni simili. Se un passeggero dovesse involontariamente arrecare danno a un altro passeggero rovesciando una bevanda calda, la caratterizzazione di tale evento come «incidente» non dovrebbe dipendere dal fatto che si tratti di una tazza monouso fornita dal vettore aereo o di una riutilizzabile portata dal passeggero.

( 34 ) V. paragrafo 15.

( 35 ) V. sentenza Air France c. Saks: «Il requisito dell’“incidente” (...) comporta un’indagine sulla natura dell’evento che ha causato la lesione piuttosto che sulla diligenza adottata dalla compagnia aerea per evitare la stessa».

( 36 ) V. paragrafo 24.

( 37 ) E ciò anche se, nella fattispecie, JR era stata allertata dal fatto che il marito era quasi caduto. La questione se JR avrebbe dovuto essere più prudente dopo aver assistito a quell’incidente dovrebbe essere presa in considerazione solo nella fase di esame del concorso di colpa ai sensi dell’articolo 20 della Convenzione di Montreal.

( 38 ) V., ad esempio, Cour d’appel de Nouméa (Corte d’appello di Nouméa, Francia), 21 gennaio 2014, 13/00203.

( 39 ) V. United States Court of Appeals, Ninth Circuit, 19 aprile 1993, Gezzi c. British Airways Plc, 991 F.2d 603 (9th Cir. 1993), e High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), 31 luglio 2019, Carmelo Labbadia c. Alitalia (Società Aerea Italiana S.p.A), [2019] EWHC 2103 (Admin).

( 40 ) V. Court of Appeal, New South Wales (Australia), 20 agosto 2009, Air Link Pty Ltd c. Paterson, [2009] NSWCA.

( 41 ) V. Wandsworth County Court (Regno Unito), 20 ottobre 2007, Singhal c. British Airways Plc, [2007] 10 WLUK 552.

( 42 ) V. United States District Court, C.D. California, 20 marzo 2006, Sharma c. Virgin Atlantic Airways, 31 Avi 17, 539 (CD Cal, 2006).

( 43 ) V. United States District Court, N.D. California, 26 agosto 2003, Kwon c. Singapore Airlines, 356 F.Supp.2d 1041 (N.D. Cal. 2003).

( 44 ) V., in particolare, United States District Court, S.D. Florida, Miami Division, 4 settembre 2008, Ugaz c. American Airlines, Inc., 576 F.Supp.2d 1354; Court of Appeal (England & Wales) (Civil division) (Regno Unito), 18 dicembre 2008, Beverley Anne Barclay c. British Airways Plc, [2008] EWCA Civ 1419 («Beverley Anne Barclay c. British Airways Plc»), e Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), 15 gennaio 2014, 11-27.962.

( 45 ) V. Court of Appeal (England & Wales) (Civil division) (Regno Unito), 16 aprile 1997, Chaudhari c. British Airways Plc, [1997] 4 WLUK 221.

( 46 ) V. Deep Vein Thrombosis and Air Travel Group Litigation, Re, Lord Mance, § 56.

( 47 ) V. paragrafo 28.

( 48 ) V. Naveau, J., Godfroid, M., Frühling, P., op. cit., pag. 331.

( 49 ) Forse la Corte non lo ha menzionato perché non ha ritenuto necessario farlo in quel caso. O forse un’altra spiegazione di questa omissione può essere trovata al punto 38 della sentenza Niki Luftfahrt. La Corte ha ivi rilevato che durante i negoziati della Convenzione di Montreal, si è deciso di eliminare l’ultima frase dell’articolo 17, paragrafo 1, nella sua versione iniziale, che prevedeva che il vettore non fosse responsabile «nel caso in cui il decesso o le lesioni risultassero dallo stato di salute del passeggero». A questo proposito, da una dichiarazione presentata dalle delegazioni norvegese e svedese risulta che esse desideravano eliminare tale frase, poiché mantenerla avrebbe sbilanciato gli interessi in gioco a scapito del passeggero (v. doc. DCW n. 11 del 4/5/99). Tuttavia, mi sembra che una dichiarazione di due delegazioni non sia affatto sufficiente a giustificare la tesi secondo cui gli estensori della convenzione avrebbero avuto l’intenzione, eliminando tale frase, di imputare ai vettori aerei la responsabilità di situazioni «interne» che gravano sui loro passeggeri, e in particolare la manifestazione dei loro problemi di salute personali, in assenza di qualsiasi «incidente» esterno che li provocasse o aggravasse. Nel resto di detti lavori preparatori non vi è nulla che deponga in tal senso.

( 50 ) V., in tal senso, sentenza Air France c. Saks. Insieme a un fattore esterno che ha innescato la sua caduta, anche lo stato di salute della passeggera potrebbe aver causato o contribuito alla sua lesione – era particolarmente instabile a causa delle sue condizioni di salute, e così via. L’evento dovrebbe essere qualificato come «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, indipendentemente da questo fatto. Un passeggero potrebbe altresì aver contribuito alla sua caduta per negligenza – per esempio, calzando sandali infradito. Ma questa è una questione che riguarda l’articolo 20 (v. la mia analisi della seconda questione).

( 51 ) V. sentenze Air France c. Saks, e Beverley Anne Barclay c. British Airways Plc, § 36.

( 52 ) Sentenza del 12 maggio 2021 (C‑70/20, EU:C:2021:379) (in prosieguo: la «sentenza Altenrhein Luftfahrt»)

( 53 ) V., in tal senso, ibidem, punti da 37 a 40.

( 54 ) V. Deep Vein Thrombosis and Air Travel Group Litigation, Re, Lord Scott, § 14.

( 55 ) Ibidem, punti 35 e da 37 a 40.

( 56 ) Adottare il punto di vista della parte lesa potrebbe essere irragionevolmente pregiudizievole per i vettori aerei, per la ragione indicata dalla Corte nella sentenza Altenrhein Luftfahrt (punto 35). L’adozione del punto di vista del vettore sarebbe, per contro, irragionevolmente dannosa per i passeggeri. Infatti, eventi come il rovesciamento di una bevanda bollente su un passeggero, o lo scivolamento di un passeggero su una macchia di grasso potrebbero essere considerati «usuali», «attesi» o «prevedibili», poiché i vettori aerei sono abituati a che, a bordo dei loro aeromobili, si gettino rifiuti in terra e si versino accidentalmente liquidi.

( 57 ) V., per un’opinione simile, Supreme Court of Victoria (Court of Appeal) (Australia), Qantas C. Povey, [2003] VSCA 227, giudice Ormiston, §§ 200-203.

( 58 ) V., dello stesso avviso, Chapman, M., Prager, S., Harding, J., op. cit., pagg. 495 e 496. V, per la stessa soluzione su fatti quasi identici, Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), 8 ottobre 2014, 13-24.346.

( 59 ) V. paragrafo 28.

( 60 ) V., per analogia, sentenza Altenrhein Luftfahrt (punto 36).

( 61 ) V. sentenza Niki Luftfahrt (punto 37). In tal senso, sebbene la Corte abbia utilizzato l’espressione «responsabilità oggettiva» per descrivere l’articolo 17, paragrafo 1 (v. punto 36 di detta sentenza), la suddetta espressione non è, a mio avviso, appropriata. È vero che il ricorrente non deve provare la colpa/negligenza del vettore per giustificare la sua pretesa (vedi paragrafo 40). Tuttavia, la responsabilità derivante dall’articolo 17, paragrafo 1, non si basa sul rischio generato dall’attività del vettore aereo. Essa presuppone invece un elemento di colpa da parte del vettore quando un «incidente» si verifica a bordo o nel corso delle operazioni di imbarco o sbarco. Si considera che il vettore abbia errato nell’organizzazione del viaggio o nell’assistenza fornita ai passeggeri durante lo stesso. Se la teoria della responsabilità fosse «rischio» e non «colpa», i vettori aerei non avrebbero alcuna possibilità di limitare la loro responsabilità dimostrando l’assenza di colpa/negligenza da parte loro (v. articolo 21, paragrafo 2), e il concorso di colpa del passeggero (v. articolo 20) sarebbe irrilevante (v. Giemulla, E., «Article 20 – Exoneration», in Montreal Convention, Kluwer, Paesi Bassi, 2006, §§ 2 e 3).

( 62 ) V., di avviso analogo, Beverley Anne Barclay c. British Airways Plc, §§ da 32 a 34.

( 63 ) A meno che il vettore possa provare che il passeggero è stato negligente per quanto riguarda il suo stato di salute, o che volare in quello stato equivale a negligenza, cosa che probabilmente nella maggior parte dei casi sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, da dimostrare.

( 64 ) Allo stesso tempo, questa interpretazione incentiva i vettori aerei – nell’interesse dei passeggeri – a contrastare tutti i fattori esterni che potrebbero far scivolare o inciampare in modo pericoloso a bordo dei loro aeromobili o sulle strutture collegate.

( 65 ) V. punto 40 di detta sentenza.

( 66 ) V. Court of Appeal, New South Wales (Australia), 20 agosto 2009, Air Link Pty Ltd c. Paterson, [2009] NSWCA, § 121.

( 67 ) O il suo dante causa. Poiché, nel caso di cui trattasi, la pretesa risarcitoria è stata presentata dal passeggero che ha subìto la lesione personale, mi limiterò a parlare di negligenza del ricorrente/passeggero.

( 68 ) Per contro, le norme in materia di prova rientrano nel diritto nazionale del giudice adito (o «lex fori»), fatti salvi i principi di effettività e di equivalenza (v., per analogia, sentenza del 9 luglio 2020, Vueling Airlines, C‑86/19, EU:C:2020:538, punti da 38 a 40).

( 69 ) Il concorso di colpa è infatti una caratteristica comune della disciplina della responsabilità civile e del diritto dei contratti degli Stati contraenti. V., per gli Stati membri dell’Unione europea, Von Bar, C. e a. (a cura di), Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR); prepared by the Study Group on a European Civil Code and the Research Group on EC Private Law (Acquis Group), Sellier, European Law Publishers, Munich, 2008, volume IV, book VI («Non contractual liability arising out of damage caused to another»), pagg. da 3636 a 3656. Inoltre, tale nozione è riconosciuta nel diritto dell’Unione. V., ad esempio, in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Unione, sentenza del 19 maggio 1992, Mulder e a./Consiglio e Commissione (C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:1992:217, punto 33). V. altresì regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario (GU 2007, L 315, pag. 14), allegato I, titolo IV, capo 1, articolo 26, paragrafo 2, lettera b).

( 70 ) Come osserva il governo tedesco, il comportamento del ricorrente non deve necessariamente violare una qualche norma giuridica. La formulazione dell’articolo 20 è più ampia.

( 71 ) V., per analogia, American Restatement of Torts, Second, § 463b.

( 72 ) Lo standard oggettivo della persona ragionevolmente diligente è una caratteristica ricorrente nella legislazione degli Stati parte. Si vedano, ad esempio, nel diritto francese e italiano, le espressioni piuttosto antiquate «bon père de famille» e «buon padre di famiglia» e, nel Common law, l’espressione «reasonable man» (uomo ragionevole). Vedi anche, per un esempio nel diritto dell’Unione, l’espressione «operatore economico diligente» (sentenza del 12 luglio 2011, L’Oréal e a. (C‑324/09, EU:C:2011:474, punti 120122).

( 73 ) V. supra, paragrafi da 13 a 15.

( 74 ) V. High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), 31 luglio 2019, Carmelo Labbadia c. Alitalia (Società Aerea Italiana S.p.A), [2019] EWHC 2103 (Admin), §§ 43 e 44.

( 75 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 febbraio 2004 che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (GU 2004, L 46, pag. 1). Ricordo che, ai sensi di questa disposizione, un vettore aereo non è tenuto a versare l’importo di EUR 600 di detta compensazione pecuniaria previsto dall’articolo 7 del regolamento in caso di cancellazione di un volo, se dimostra che la cancellazione è dovuta a «circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso».

( 76 ) Attraversando così la sottile linea che separa l’interpretazione del diritto dell’Unione (per la quale la Corte è competente nell’ambito del procedimento pregiudiziale) dalla sua applicazione (per la quale essa non lo è). A questo proposito, condivido le opinioni espresse dall’avvocato generale Bobek nelle conclusioni presentate nella causa Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:291, paragrafi da 139 a 149).

( 77 ) Per contro, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, della Convenzione di Varsavia, il giudice può esonerare il vettore ove sia constatato il concorso di colpa, nella misura in cui lo preveda la lex fori.

( 78 ) V. paragrafi 15 e 40.

( 79 ) Questo ragionamento presuppone, ovviamente, che la caduta di JR non costituisca effettivamente un «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal.

( 80 ) V., per esempio, Law Reform (Contributory Negligence) Act 1945 (c. 28), § 1.

( 81 ) V. paragrafi 24 e 40.

( 82 ) V, in tal senso, United States District Court, S.D. New York, 7 luglio 1992, Eichler c. Lufthansa German Airlines, 794 F.Supp. 127 (S.D.N.Y. 1992), §§ da 3 a 5. Non si tratta quindi di confrontare, come ha fatto il giudice del rinvio, il rispettivo comportamento del passeggero e del vettore.

( 83 ) Per esempio, se il passeggero, mentre scendeva dalla scala d’imbarco, indossava sandali infradito, portava due valigie pesanti e guardava in aria, finendo così per scivolare su un punto bagnato altrimenti facilmente evitabile. Ciò posto, ribadisco che, a mio avviso, quando il ricorrente cade senza apparente motivo, come nel caso in questione, non si verifica un «evento [incidente]» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Se la Corte dovesse adottare un approccio diverso, seguirei la logica proposta dal giudice del rinvio e dal governo tedesco. Se la sola negligenza del ricorrente spiega la caduta, allora il vettore dovrebbe essere completamente esonerato dalla responsabilità derivante da detto «[incidente]».

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