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Document 62020CC0389

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 30 settembre 2021.
CJ contro Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS).
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de lo Contencioso-Administrativo nº 2 de Vigo.
Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Divieto di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso – Collaboratori domestici – Tutela contro la disoccupazione – Esclusione – Particolare svantaggio per i lavoratori di sesso femminile – Obiettivi legittimi di politica sociale – Proporzionalità.
Causa C-389/20.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:777

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 30 settembre 2021 ( 1 )

Causa C‑389/20

CJ

contro

Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de lo Contencioso‑Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Divieto di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso – Collaboratori domestici – Tutela contro il rischio di disoccupazione – Esclusione – Particolare svantaggio per le lavoratrici – Obiettivi legittimi di politica sociale – Proporzionalità»

I. Introduzione

1.

Come la Corte ha già dichiarato, «il diritto di non essere discriminato in ragione del proprio sesso costituisce uno dei diritti fondamentali della persona umana, di cui la Corte deve garantire l’osservanza» ( 2 ).

2.

Con il presente rinvio pregiudiziale, lo Juzgado de lo Contencioso‑Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo, Spagna) sottopone alla Corte questioni aventi ad oggetto, in particolare, l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE ( 3 ), nel contesto di una disposizione nazionale in forza della quale le prestazioni di disoccupazione sono escluse dalle prestazioni concesse da un regime legale di sicurezza sociale a una categoria di lavoratori nel suo complesso. Nel caso di specie, le questioni del giudice del rinvio sono incentrate sull’attività dei collaboratori domestici, una categoria formata nella stragrande maggioranza dei casi da persone di sesso femminile.

3.

Esiste, nel caso di specie, una discriminazione indiretta, vietata dalla direttiva 79/7? È a tale questione che cercherò di rispondere nelle presenti conclusioni.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

1.   Direttiva 79/7

4.

Il secondo considerando della direttiva 79/7 enuncia quanto segue:

«[C]onsiderando che occorre attuare il principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale in primo luogo nei regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi di malattia, d’invalidità, di vecchiaia, d’infortunio sul lavoro, di malattia professionale e di disoccupazione, nonché nelle disposizioni relative all’assistenza sociale nella misura in cui sono destinate a completare detti regimi o a supplirvi».

5.

L’articolo 1 di tale direttiva prevede quanto segue:

«Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all’articolo 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale, denominato qui appresso “principio della parità di trattamento”».

6.

L’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«La presente direttiva si applica:

a)

ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:

(...)

disoccupazione;

(...)».

7.

L’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva così dispone:

«Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:

il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,

l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,

(...)».

2.   Direttiva 2006/54/CE

8.

L’articolo 1 della direttiva 2006/54/CE ( 4 ), intitolato «Scopo», prevede quanto segue:

«Lo scopo della presente direttiva è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

a)

l’accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale;

b)

le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione;

c)

i regimi professionali di sicurezza sociale.

(...)».

9.

L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1 così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

f)

regimi professionali di sicurezza sociale: regimi non regolati dalla direttiva [79/7] aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l’affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa».

B. Diritto spagnolo

1.   LGSS

10.

L’articolo 251 della Ley General de la Seguridad Social (legge generale in materia di sicurezza sociale), nella versione consolidata approvata dal Real Decreto Legislativo 8/2015 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General de la Seguridad Social (regio decreto legislativo 8/2015, recante approvazione del testo rifuso della legge generale in materia di sicurezza sociale), del 30 ottobre 2015 ( 5 ) (in prosieguo: la «LGSS»), intitolato «Tutela conferita», così dispone:

«I lavoratori rientranti nel regime speciale applicabile ai collaboratori domestici hanno diritto alle prestazioni di sicurezza sociale secondo le modalità e le condizioni stabilite nel presente regime generale di sicurezza sociale, con le seguenti particolarità:

(...)

d)

La tutela concessa dal regime speciale applicabile ai collaboratori domestici non comprende la tutela contro la disoccupazione».

11.

L’articolo 264 della LGSS, intitolato «Persone tutelate», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Sono coperti dalla tutela contro la disoccupazione, a condizione che essi prevedano di versare contributi a tale titolo:

a)

i lavoratori subordinati soggetti al regime generale di sicurezza sociale;

b)

i lavoratori subordinati soggetti ai regimi speciali di sicurezza sociale che coprono tale rischio, con le particolarità fissate mediante regolamento;

(...)».

2.   Regio decreto 625/1985

12.

L’articolo 19 del Real Decreto 625/1985, por el que se desarrolla la Ley 31/1984, de 2 de agosto, de Protección por Desempleo (regio decreto 625/1985, recante attuazione della legge 31/1984, del 2 agosto 1984, relativa alla tutela contro la disoccupazione), del 2 aprile 1985 ( 6 ), intitolato «Contributo», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Sono tenuti a versare contributi per il rischio di disoccupazione tutte le imprese e tutti i lavoratori soggetti al regime generale e ai regimi speciali di sicurezza sociale che offrono una protezione contro tale rischio. La base contributiva per il rischio di disoccupazione è la stessa prevista per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali».

III. Fatti, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

13.

CJ è una collaboratrice domestica e lavora per un datore di lavoro, persona fisica. Dal gennaio 2011 è iscritta al regime speciale di sicurezza sociale applicabile ai collaboratori domestici (in prosieguo: il «regime speciale applicabile ai collaboratori domestici»).

14.

L’8 novembre 2019 CJ ha chiesto alla Tesorería General de la Seguridad Social (Tesoreria generale della sicurezza sociale; in prosieguo: la «TGSS») di versare i contributi a titolo di tutela contro il rischio di disoccupazione al fine di acquisire il diritto alle prestazioni. Tale domanda era accompagnata dal consenso scritto del suo datore di lavoro a versare il contributo richiesto.

15.

Con decisione del 13 novembre 2019, la TGSS ha respinto tale domanda con la motivazione che, poiché CJ era iscritta al regime speciale applicabile ai collaboratori domestici, la possibilità di versare contributi a tale regime al fine di ottenere tutela contro il rischio di disoccupazione era espressamente esclusa dall’articolo 251, lettera d), della LGSS. Tale decisione è stata confermata dalla TGSS con decisione del 19 dicembre 2019, adottata a seguito di un ricorso gerarchico proposto da CJ.

16.

Il 5 giugno 2020 CJ ha proposto ricorso avverso la seconda decisione della TGSS dinanzi allo Juzgado de lo Contencioso‑Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo), facendo valere, in sostanza, che tale disposizione nazionale (in prosieguo: la «disposizione di cui trattasi nel procedimento principale») pone i collaboratori domestici in una situazione di disagio sociale quando il loro rapporto di lavoro cessa per motivi che non sono ad essi imputabili. Tale situazione si tradurrebbe nell’impossibilità di accedere non solo alla prestazione di disoccupazione, ma anche agli altri aiuti sociali subordinati all’estinzione del diritto a tale prestazione.

17.

In tali circostanze, lo Juzgado de lo Contencioso‑Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo), con decisione del 29 luglio 2020, pervenuta alla cancelleria della Corte il 14 agosto 2020, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 79/7], che sancisce la parità di trattamento e vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, in relazione all’obbligo di versare i contributi previdenziali, e l’articolo 5, lettera b), della [direttiva 2006/54], che prevede un identico divieto di discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, quanto all’ambito di applicazione dei regimi sociali e alle condizioni di accesso agli stessi, nonché all’obbligo di versare i contributi e al calcolo dei medesimi, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale quale l’articolo 251, lettera d), della LGSS, ai sensi del quale “[l]a tutela concessa dal regime speciale applicabile ai collaboratori domestici non comprende la tutela contro la disoccupazione”.

2)

In caso di risposta affermativa alla questione precedente, se si debba ritenere che la menzionata disposizione legislativa costituisca un esempio di discriminazione vietata ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettere e) e/o k), della direttiva 2006/54, in quanto le destinatarie quasi esclusive della disposizione in questione, ossia l’articolo 251, lettera d), della LGSS, sono donne».

18.

Hanno presentato osservazioni scritte la TGSS, il governo spagnolo nonché la Commissione europea. Sono state presentate osservazioni orali a nome di CJ, della TGSS, del governo spagnolo nonché della Commissione all’udienza che si è tenuta il 30 giugno 2021.

IV. Analisi

A. Sulla ricevibilità

19.

Nelle loro osservazioni scritte, la TGSS e il governo spagnolo rimettono in discussione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale e delle questioni in essa contenute.

20.

Anzitutto, la TGSS sostiene che la controversia di cui al procedimento principale è artificiosa, nel senso che CJ avrebbe adito il giudice del rinvio sulla base di motivi pretestuosi. Infatti, la controversia verterebbe non già su un presunto diritto a versare contributi, bensì sul riconoscimento del diritto previdenziale alle prestazioni di disoccupazione.

21.

Inoltre, la TGSS e il governo spagnolo sostengono che tale riconoscimento rientra nella competenza dei giudici del lavoro e che, di conseguenza, il giudice del rinvio, in quanto giudice amministrativo, non è competente a conoscere di tale controversia. Pertanto, secondo tale governo, non esisterebbe alcun nesso tra la risposta da fornire alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale e la soluzione della controversia nel procedimento principale.

22.

La TGSS sostiene altresì che, nel caso in cui il procedimento principale riguardasse effettivamente il riconoscimento del diritto di versare contributi, l’interpretazione della direttiva 79/7 non sarebbe necessaria per consentire al giudice del rinvio di pronunciarsi su tale domanda. Infatti, la questione della portata della tutela conferita dal regime speciale applicabile ai collaboratori domestici sarebbe distinta da quella del finanziamento di tale regime.

23.

Infine, senza sollevare espressamente eccezioni di irricevibilità, il governo spagnolo afferma che la direttiva 79/7 non è applicabile al procedimento principale. Inoltre, esso afferma che le questioni pregiudiziali devono essere dichiarate irricevibili in quanto vertenti sulla direttiva 2006/54. Senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, la Commissione rileva, anch’essa, che quest’ultima direttiva non è applicabile nel caso di specie.

24.

Ritengo che, ad eccezione di quello relativo alla direttiva 2006/54, tali argomenti debbano essere respinti.

25.

In primo luogo, per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale la controversia di cui al procedimento principale sarebbe artificiosa e le questioni pregiudiziali ipotetiche, occorre ricordare che le questioni pregiudiziali vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza ( 7 ).

26.

Il giudice del rinvio dichiara che tale controversia verte sul riconoscimento, ai collaboratori domestici, del diritto previdenziale alle prestazioni di disoccupazione. Infatti, con il suo ricorso, CJ contesta il rigetto, da parte della TGSS, di una domanda di versamento di contributi per coprire il rischio di disoccupazione non già quale esercizio di un presunto diritto a versare contributi, bensì al fine di acquisire il diritto alle prestazioni di disoccupazione. Dalla decisione di rinvio risulta che tale rigetto è basato su una decisione di politica legislativa consistente nel negare ai collaboratori domestici la possibilità di accedere alle prestazioni sociali di disoccupazione ( 8 ). Pertanto, secondo il giudice del rinvio, dal momento che l’articolo 251, lettera d), della LGSS, che attua tale decisione di politica legislativa, si applica a una categoria di lavoratori rientranti nel regime speciale applicabile ai collaboratori domestici, composta quasi esclusivamente da donne, tale disposizione, per quanto riguarda l’ambito di applicazione di un regime legale di sicurezza sociale, può costituire una discriminazione indiretta fondata sul sesso, vietata dalla direttiva 79/7.

27.

Poiché la decisione di rinvio contiene ampie precisazioni sulla pertinenza delle questioni sollevate, la Corte non può, a mio avviso, respingere la domanda di pronuncia pregiudiziale sulla base del rilievo che risulta in modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale ( 9 ).

28.

In secondo luogo, l’affermazione secondo cui il giudice del rinvio non sarebbe competente, in forza delle norme di diritto nazionale, a conoscere di tale controversia, in quanto essa verte sul riconoscimento del diritto previdenziale alle prestazioni di disoccupazione e rientra, pertanto, nella competenza dei giudici del lavoro, non può essere sufficiente a comportare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, poiché non spetta alla Corte rimettere in discussione la valutazione, da parte del giudice del rinvio, delle norme nazionali di organizzazione giudiziaria e di procedura ( 10 ). Infatti, essa deve attenersi al provvedimento di rinvio emesso da un giudice di uno Stato membro, fintantoché questo provvedimento non sia stato revocato a seguito dell’esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale ( 11 ). A tal proposito, ricordo che, per quanto riguarda l’interpretazione delle disposizioni di diritto nazionale, la Corte è tenuta, in linea di principio, a basarsi sulle qualificazioni risultanti dalla decisione di rinvio, poiché, secondo giurisprudenza costante, la Corte non è competente ad interpretare il diritto interno di uno Stato membro ( 12 ).

29.

In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui le questioni pregiudiziali non sarebbero ricevibili, fondato sulla presunta non applicabilità al procedimento principale delle direttive 79/7 e 2006/54, si deve constatare che, poiché, come precisato dal giudice del rinvio, tale controversia verte sull’esistenza di una presunta discriminazione indiretta fondata sul sesso, la direttiva 79/7 è applicabile al procedimento principale. Infatti, tale discriminazione riguarda l’ambito di applicazione del regime legale spagnolo di sicurezza sociale che garantisce, in particolare, una tutela contro il rischio di disoccupazione.

30.

Per contro, la direttiva 2006/54 non è applicabile nel caso di specie. Infatti, dall’articolo 1 di tale direttiva risulta che il suo scopo è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, e che la stessa contiene disposizioni intese ad attuare tale principio per quanto riguarda, in particolare, le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione. Non possono essere inclusi nelle nozioni di«condizioni di lavoro» e di «retribuzione» i regimi o le prestazioni previdenziali, come la prestazione di disoccupazione, direttamente disciplinati dalla legge al di fuori di qualsiasi concertazione nell’ambito dell’impresa o della categoria professionale interessata e obbligatori per categorie generali di lavoratori ( 13 ). Inoltre, dal combinato disposto dell’articolo 1, secondo comma, lettera c), e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), di detta direttiva risulta che quest’ultima si applica non già ai regimi legali, bensì ai regimi professionali di sicurezza sociale.

31.

Alla luce di tali osservazioni, ritengo che la seconda questione pregiudiziale debba essere respinta in quanto irricevibile. Propongo tuttavia alla Corte di considerare ricevibile la presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

B. Nel merito

1.   La riformulazione della prima questione pregiudiziale

32.

Per le ragioni esposte al paragrafo 30 delle presenti conclusioni, propongo alla Corte di rispondere solo alla prima questione pregiudiziale, pur riformulandola.

33.

La Corte viene infatti essenzialmente interpellata sulla questione se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione nazionale che esclude le prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni che un regime legale di sicurezza sociale concede ai collaboratori domestici, qualora si constati che tali lavoratori sono quasi esclusivamente donne.

34.

Al fine di proporre una risposta utile a tale questione, esaminerò, in primo luogo, se la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7 (sezione 2). Nei limiti in cui risulti che le prestazioni di disoccupazione rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, esaminerò, in secondo luogo, se l’esclusione di tali prestazioni da quelle concesse dal regime speciale applicabile ai collaboratori domestici prevista dall’articolo 251, lettera d), della LGSS costituisca, come suggerito dal giudice del rinvio, una discriminazione indiretta fondata sul sesso, vietata da tale direttiva (sezione 3).

2.   La disposizione di cui trattasi nel procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7?

35.

Tenuto conto delle considerazioni formulate nell’ambito dell’analisi della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, sarò breve riguardo a tale questione.

36.

In primo luogo, rilevo che, con il suo ricorso, CJ contesta il rigetto, da parte della TGSS, della sua domanda di versare contributi per coprire il rischio di disoccupazione al fine di acquisire il diritto alle prestazioni di disoccupazione. In secondo luogo, tengo a sottolineare che tali prestazioni rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 79/7, in quanto si inseriscono in un regime legale di tutela contro uno dei rischi elencati all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva ( 14 ).

37.

Pertanto, ritengo che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 79/7.

3.   L’esclusione delle prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni concesse dal regime speciale di sicurezza sociale applicabile ai collaboratori domestici, prevista dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale, costituisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso ai sensi della direttiva 79/7?

38.

Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla compatibilità dell’articolo 251, lettera d), della LGSS con il diritto dell’Unione. Infatti, la categoria di lavoratori che rientrano nel regime speciale applicabile ai collaboratori domestici sarebbe costituita quasi esclusivamente da persone di sesso femminile. Pertanto, tale disposizione costituirebbe una discriminazione indiretta fondata sul sesso in quanto negherebbe alle donne che rientrano in tale categoria la possibilità di accedere alla prestazione sociale di disoccupazione, impedendo loro di versare contributi per coprire tale rischio.

39.

Le parti nel procedimento principale e gli interessati non concordano sulla sussistenza di tale discriminazione indiretta nei confronti dei collaboratori domestici. Il governo spagnolo sostiene che la disparità di trattamento consistente nell’escludere dal regime speciale applicabile ai collaboratori domestici la tutela contro il rischio di disoccupazione non costituisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso. La TGSS non nega l’esistenza di tale discriminazione, ma la considera giustificata e sostiene che la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale è proporzionata ( 15 ). Quanto alla Commissione, essa afferma che tale disposizione costituisce manifestamente una discriminazione indiretta e nutre dubbi sia su talune ragioni della giustificazione sia sulla proporzionalità.

40.

Al fine di stabilire se la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale costituisca una discriminazione indiretta fondata sul sesso ai sensi della direttiva 79/7, esaminerò, anzitutto, la questione se tale disposizione introduca una disparità di trattamento effettivamente fondata sul sesso. Esaminerò poi se una siffatta disparità possa essere oggettivamente giustificata alla luce delle disposizioni della direttiva 79/7 e, infine, eventualmente, se essa sia proporzionata.

a)   La disposizione di cui trattasi nel procedimento principale introduce una disparità di trattamento fondata sul sesso?

41.

Ricordo, anzitutto, che la Corte ha più volte dichiarato che, nell’esercizio della loro competenza ad organizzare i propri sistemi previdenziali e a determinare, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, le condizioni per la concessione delle prestazioni in materia previdenziale, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione ( 16 ).

42.

Conformemente all’articolo 1 della direttiva 79/7, lo scopo di quest’ultima è la graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all’articolo 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale ( 17 ). L’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva precisa che «[i]l principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso (...), specificamente per quanto riguarda (...) il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi».

43.

Ne consegue che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, che attua il principio di non discriminazione fondato sul sesso in materia di sicurezza sociale, deve essere rispettato dagli Stati membri quando esercitano la loro competenza in materia di sicurezza sociale e, in particolare, di prestazioni di disoccupazione.

1) Sull’argomento del governo spagnolo relativo alla non comparabilità delle situazioni

44.

Ricordo anzitutto che, secondo costante giurisprudenza della Corte, una discriminazione consiste nell’applicazione di norme diverse a situazioni comparabili oppure nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse ( 18 ). A tal riguardo, occorre precisare che, ai fini degli obiettivi del diritto sociale dell’Unione, la nozione di «discriminazione indiretta» è soprattutto collegata al diverso trattamento di situazioni comparabili ( 19 ).

45.

Il governo spagnolo ritiene, basandosi sulla sentenza MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro) ( 20 ), che la situazione dei collaboratori domestici non sia paragonabile a quella degli altri lavoratori soggetti al regime generale e, di conseguenza, che non vi sia alcuna discriminazione indiretta fondata sul sesso.

46.

Tale argomento non mi convince. Non solo si deve constatare che le due situazioni di cui trattasi sono comparabili sotto il profilo del diritto alle prestazioni di disoccupazione, ma il governo spagnolo, facendo riferimento a tale sentenza, sembra confondere le nozioni di «discriminazione diretta» e di «discriminazione indiretta» ( 21 ).

47.

Tengo a ricordare che dalla decisione di rinvio risulta che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale costituirebbe non già una discriminazione diretta, bensì una discriminazione indiretta fondata sul sesso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7. Contrariamente alla causa che ha dato luogo alla sentenza MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro) ( 22 ), dalla presente decisione di rinvio risulta che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale è formulata in modo neutro. Infatti, tale disposizione si applica indistintamente ai collaboratori domestici di entrambi i sessi e, pertanto, non costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso che potrebbe essere rimessa in discussione dalla non comparabilità della situazione dei collaboratori domestici con quella di altri lavoratori ( 23 ).

48.

Di conseguenza, occorre respingere l’argomento del governo spagnolo.

2) Sull’esistenza di un particolare svantaggio per le persone di un sesso rispetto a persone dell’altro sesso

49.

Il governo spagnolo sostiene che la differenza di trattamento istituita dalla clausola di esclusione non comporta un pregiudizio per i lavoratori interessati ( 24 ).

50.

Tuttavia, occorre ricordare, come ritenuto da una parte della dottrina, che l’esistenza di un pregiudizio non è una condizione di sussistenza della discriminazione indiretta. Pertanto, anche se un pregiudizio può essere spesso l’indizio di una discriminazione, la nozione di «discriminazione» non implica, in quanto tale, l’esistenza di tale pregiudizio ( 25 ). Si tratta quindi di stabilire se una determinata misura nazionale possa avere un «effetto pregiudizievole o disparato» su persone appartenenti ad una categoria rispetto all’effetto che essa produce sulle persone appartenenti ad un’altra categoria ( 26 ).

51.

Ciò precisato, ritengo che il governo spagnolo abbia voluto affermare che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale non crea un particolare svantaggio per i collaboratori domestici.

52.

Non concordo su tale argomento. Ritengo, al contrario, che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale crei un particolare svantaggio per i collaboratori domestici, come sosterrò nelle considerazioni che seguono.

53.

In primo luogo, rilevo che la direttiva 79/7 non definisce la nozione di «discriminazione indiretta» ( 27 ). Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta che tale nozione deve, nel contesto di tale direttiva, essere intesa allo stesso modo che nel contesto della direttiva 2006/54. Quest’ultima definisce, all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), la nozione di «discriminazione indiretta fondata sul sesso» come «la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso» ( 28 ). Secondo la Corte, l’esistenza di un siffatto particolare svantaggio potrebbe essere dimostrata, segnatamente, se fosse provato che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso ( 29 ).

54.

A tal riguardo, ricordo che la questione se l’uso di un criterio formalmente neutro costituisca una discriminazione indiretta dipende dalle circostanze di fatto del caso di specie ( 30 ). Pertanto, spetta al giudice del rinvio verificare, tenuto conto di tali circostanze, se la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale possa essere qualificata come «misura indirettamente discriminatoria» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7.

55.

In tale contesto, i dati statistici svolgono un ruolo fondamentale nella constatazione dell’esistenza di uno svantaggio di fatto per le persone di un sesso rispetto alle persone dell’altro sesso. Tuttavia, spetta al giudice nazionale valutare l’affidabilità di tali dati e se essi possano essere presi in considerazione ( 31 ). Se quest’ultimo ritiene che la clausola di esclusione prevista dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale riguardi una percentuale più elevata di donne che di uomini, detta clausola costituirebbe una disparità di trattamento contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7.

56.

In secondo luogo, nel caso di specie, non sembra emergere né dalla decisione di rinvio né dalle informazioni presentate in udienza che manchino i dati statistici. Anche se la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non opera alcuna distinzione tra le persone appartenenti ai due sessi, le statistiche fornite dal giudice del rinvio indicano tuttavia che, nella categoria dei collaboratori domestici, le donne sono svantaggiate in modo preponderante. Detto giudice rileva che tali dati non sono stati affatto contestati dalla TGSS e che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale sfavorisce i collaboratori domestici ( 32 ).

57.

Per valutare tali dati, ricordo che da una giurisprudenza costante della Corte risulta, da un lato, che spetta al giudice nazionale prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento, nel caso di specie l’articolo 251, lettera d), della LGSS e, dall’altro, che il miglior metodo di comparazione consiste nel comparare le proporzioni rispettive dei lavoratori che sono e che non sono colpiti dall’asserita disparità di trattamento nell’ambito della mano d’opera femminile rientrante nel campo di applicazione di tale normativa e le medesime proporzioni nell’ambito della mano d’opera maschile ivi rientrante ( 33 ).

58.

Se si applica tale metodo nella presente causa, da un lato, occorre prendere in considerazione non solo gli iscritti al regime speciale di sicurezza sociale applicabile ai collaboratori domestici, ma anche l’insieme dei lavoratori soggetti al regime generale di sicurezza sociale spagnolo, compresi quelli rientranti nei sistemi speciali, in seno al quale tali iscritti sono integrati, in quanto la normativa di cui trattasi nel procedimento principale contribuisce a definire l’ambito di applicazione ratione personae delle prestazioni applicabili a tutti gli iscritti al regime generale, vale a dire le prestazioni di disoccupazione ( 34 ).

59.

A tal riguardo, dall’articolo 264, paragrafo 1, della LGSS risulta che tutti i lavoratori subordinati soggetti al regime generale di sicurezza sociale hanno diritto, in linea di principio, alle prestazioni di disoccupazione. Infatti, in risposta a un quesito posto dalla Corte in udienza, la TGSS ha spiegato che, alla data del 31 maggio 2021, in Spagna, rientravano in tale regime generale 15872720 lavoratori subordinati. All’interno di tale categoria, la proporzione di uomini e donne era più o meno simile, vale a dire, rispettivamente, il 51,04% e il 48,96% ( 35 ), e 14259814 lavoratori versavano contributi per disoccupazione mentre 1612906 non versavano contributi a tale titolo.

60.

D’altro lato, la TGSS ha precisato in udienza che, per quanto riguarda il regime speciale applicabile ai collaboratori domestici, nel quale rientravano, alla stessa data, 384175 lavoratori subordinati, la proporzione di uomini e donne differisce notevolmente. Più precisamente, il giudice del rinvio rileva che le donne rappresentano quasi il 100% dei lavoratori che rientrano in tale regime. A tal riguardo, la TGSS ha altresì dichiarato in udienza, riguardo ai dati relativi alla stessa data, che la categoria dei collaboratori domestici era rappresentata da 17171 uomini e 366991 donne. Da tali dati risulta che, alla data considerata, tale categoria era composta al 95,53% da donne.

61.

Le statistiche presentate dinanzi al giudice del rinvio e confermate dalla TGSS in udienza evidenziano che la clausola di esclusione di cui trattasi nel procedimento principale colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore i collaboratori domestici di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile.

62.

Ritengo quindi che se il giudice del rinvio, sulla base dei dati statistici che ho appena esaminato ed eventualmente di altri elementi pertinenti, giungesse alla conclusione che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale pone in una situazione di particolare svantaggio i collaboratori domestici di sesso femminile, si dovrebbe ritenere che tale disposizione sia contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, a meno che non sia giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso ( 36 ).

63.

Pertanto, occorre ora analizzare la questione se la disparità di trattamento istituita dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale a scapito dei collaboratori domestici di sesso femminile possa essere oggettivamente giustificata alla luce dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 ( 37 ).

b)   La disparità di trattamento istituita dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale può essere oggettivamente giustificata alla luce delle disposizioni della direttiva 79/7?

64.

Nelle loro osservazioni scritte, la TGSS e il governo spagnolo fanno valere, in particolare, che la disparità di trattamento nei confronti dei collaboratori domestici è giustificata da obiettivi concernenti le caratteristiche specifiche di tale categoria di lavoratori e lo status dei loro datori di lavoro, nonché da obiettivi di tutela dei lavoratori, di salvaguardia del livello occupazionale in tale settore e di lotta contro il lavoro illegale e la frode.

65.

Si pone quindi la questione se tali motivazioni siano oggettive ed estranee a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso. Secondo la Corte, tale ipotesi ricorre in particolare se gli strumenti scelti rispondono a uno scopo legittimo di politica sociale, sono idonei a conseguire l’obiettivo perseguito dalla disciplina in esame e sono necessari a tal fine ( 38 ). Inoltre, siffatti strumenti possono essere considerati idonei a garantire l’obiettivo indicato solo se soddisfano realmente l’intento di raggiungerlo e se sono attuati in maniera coerente e sistematica ( 39 ).

1) Sul controllo della legittimità dello scopo di politica sociale al quale risponde la clausola di esclusione prevista dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale

66.

In primo luogo, ricordo che gli obiettivi di politica sociale sono generalmente considerati dalla Corte come obiettivi legittimi di interesse generale. La tutela contro il rischio di disoccupazione costituisce parte integrante della politica sociale rientrante nella competenza degli Stati membri.

67.

Segnatamente, nel contesto della parità di trattamento in materia di occupazione e impiego, la Corte ha già dichiarato che la promozione dell’assunzione costituisce incontestabilmente una finalità legittima di politica sociale ( 40 ). In particolare, per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, la Corte ha ammesso quale motivo oggettivo di giustificazione, tenuto conto dell’accesso al regime obbligatorio di assicurazione contro la disoccupazione, la lotta contro l’aumento del lavoro illegale e i tentativi di elusione ( 41 ).

68.

In tale contesto, la Corte ha talvolta ammesso che gli Stati membri dispongono «di un potere discrezionale ragionevole» per quanto riguarda la natura dei provvedimenti di protezione sociale e le modalità concrete della loro realizzazione ( 42 ), mentre, nelle sue decisioni più recenti, essa ha dichiarato che detti Stati dispongono «di un’ampia discrezionalità» ( 43 ). In particolare, nell’ambito delle discriminazioni indirette fondate sul sesso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, la Corte ha dichiarato che, nello scegliere i provvedimenti atti a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e occupazionale, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità ( 44 ).

69.

Occorre rilevare che tale giurisprudenza della Corte è stata oggetto di critiche da parte della dottrina, che le contesta tale cambiamento di approccio ( 45 ). Ciò precisato, sottolineo che, indipendentemente dal fatto che l’accento sia posto sul carattere «ragionevole» o «ampio» del potere discrezionale degli Stati membri nella scelta dei provvedimenti atti a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale, la Corte ha tuttavia dichiarato che tale potere discrezionale non può risolversi nello svuotare di contenuto l’attuazione di un principio fondamentale del diritto dell’Unione come quello della parità di trattamento ( 46 ).

70.

In tale contesto, ricordo che, affinché una disparità di trattamento non costituisca una discriminazione indiretta, essa deve essere giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso ( 47 ). È vero, come ho già precisato ( 48 ), che, secondo la Corte, tale ipotesi ricorre in particolare se gli strumenti scelti rispondono ad uno scopo legittimo di politica sociale dello Stato membro la cui normativa è in discussione, sono idonei a conseguire l’obiettivo perseguito da tale normativa e sono necessari a tal fine ( 49 ). Pertanto, da un lato, spetta allo Stato membro dimostrare che la normativa di cui trattasi risponde a un obiettivo legittimo e che quest’ultimo è estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, e, dall’altro, spetta al giudice del rinvio stabilire se, ed entro quali limiti, la disposizione di legge di cui trattasi sia giustificata da tale fattore oggettivo, mentre la Corte è competente a fornire indicazioni, ricavate dagli atti del procedimento principale nonché dalle osservazioni scritte e orali sottopostele, idonee a consentire al giudice nazionale di pronunciarsi ( 50 ).

71.

Per quanto riguarda l’individuazione degli obiettivi perseguiti dal regime speciale applicabile ai collaboratori domestici, non si può contestare il fatto che le motivazioni addotte dal governo spagnolo e dalla TGSS, relative alla promozione dell’assunzione e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, nonché alla tutela dei lavoratori, alla lotta contro il lavoro illegale e alla frode sociale, costituiscano obiettivi legittimi di politica sociale. Tuttavia, occorre ricordare che, nell’ambito di una discriminazione indiretta, la giustificazione oggettiva non può consistere unicamente nell’elencare una serie di obiettivi di politica sociale che sembrano, prima facie, legittimi: tali obiettivi devono essere estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso ( 51 ). A tal riguardo, la Corte ha più volte dichiarato che semplici affermazioni generiche non sono sufficienti affinché risulti che l’obiettivo perseguito da una norma nazionale sia estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso ( 52 ). Pertanto, occorre altresì verificare l’oggettiva estraneità a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso delle motivazioni di politica sociale asserite dal governo spagnolo e dalla TGSS.

2) Sulla verifica dell’oggettiva estraneità a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso delle motivazioni addotte

72.

Per quanto riguarda l’obiettivo di giustificazione vertente sulle caratteristiche del settore di attività dei collaboratori domestici e sulla salvaguardia del livello occupazionale, nelle sue osservazioni scritte il governo spagnolo sostiene, da un lato, che il settore di attività dei collaboratori domestici è tradizionalmente sensibile all’onere che potrebbe derivare dagli obblighi amministrativi e dai costi previdenziali del lavoro per i datori di lavoro (capi famiglia) e per i lavoratori e, dall’altro, che si tratta di un settore che ha storicamente un elevato tasso di occupazione. Ciò giustificherebbe l’esclusione della copertura di un rischio come quello di disoccupazione, che avrebbe un minor impatto per tale categoria di lavoratori.

73.

La TGSS ha invocato come possibile giustificazione della limitazione della tutela conferita dalla sicurezza sociale nei confronti dei collaboratori domestici il diverso status dei loro datori di lavoro, che non sarebbero imprenditori che gestiscono un’unità di produzione classica, bensì capi famiglia di nuclei familiari ( 53 ). Inoltre, la TGSS sottolinea, nelle sue osservazioni scritte, che, poiché l’attività di tali lavoratori richiede poche qualifiche ed è quindi generalmente retribuita al salario minimo, potrebbe essere «più conveniente» per tali lavoratori accedere alla tutela contro il rischio di disoccupazione che continuare a fornire i loro servizi, oppure alternare periodi di lavoro effettivo e periodi di riposo percependo l’assicurazione contro la disoccupazione, con l’effetto di incoraggiare la frode.

74.

Per quanto riguarda l’obiettivo di giustificazione vertente sulla lotta contro il lavoro illegale e la frode, il governo spagnolo sostiene, nelle sue osservazioni scritte, che l’esclusione del regime speciale applicabile ai collaboratori domestici dalla tutela contro il rischio di disoccupazione è giustificata dall’obiettivo legittimo di evitare oneri e costi sociali che aggraverebbero il problema del lavoro illegale e, quindi, la vulnerabilità di tali lavoratori. Inoltre, le specificità del rapporto di lavoro dei collaboratori domestici creerebbero ulteriori difficoltà al momento della verifica di talune condizioni essenziali per l’accesso alla prestazione di disoccupazione, quali il carattere involontario della cessazione dal lavoro o la difficoltà di procedere a controlli e ispezioni per verificare l’esistenza di situazioni di incompatibilità o di frode, a causa dell’inviolabilità del domicilio dei datori di lavoro, luogo di lavoro di tali lavoratori.

75.

In tale contesto, il governo spagnolo e la TGSS dichiarano che l’eventuale inclusione, in tale regime speciale, della tutela contro il rischio di disoccupazione comporterebbe necessariamente un aumento dei contributi, il che potrebbe implicare un aumento del lavoro illegale, senza iscrizione né versamento di contributi previdenziali, con l’effetto di una minore tutela dei lavoratori cui si applica detto regime.

76.

Come ho già precisato al paragrafo 67 delle presenti conclusioni, tali obiettivi di politica sociale, che esaminerò congiuntamente, costituiscono, in linea di principio, obiettivi legittimi ( 54 ). Ammetto tuttavia di nutrire dubbi riguardo al carattere non discriminatorio di tali obiettivi, per le seguenti ragioni.

77.

In primo luogo, è sufficiente rilevare che i sistemi di sicurezza sociale sono spesso basati su un modello di famiglia nel quale la persona di sesso maschile, cui è attribuita d’ufficio la qualità di capo famiglia, è considerata come quella che esercita un’attività lavorativa e sopporta tutti gli oneri collegati alla sua famiglia ( 55 ). Per tale ragione, occorre esaminare, al momento della verifica della «giustificazione oggettiva», se taluni obiettivi di politica sociale invocati per giustificare la disparità di trattamento delle persone di sesso femminile siano radicati in ruoli stereotipati o in stereotipi di genere che possono essere all’origine di discriminazioni indirette o sistematiche ( 56 ). Tale modello, nel quale persistono stereotipi riguardo al ruolo degli uomini e delle donne nella società ( 57 ), non corrisponde più alla realtà della società in Europa. Infatti, le donne integrano attualmente il mercato del lavoro a tutti i livelli, la posizione delle madri e dei padri tende ad essere comparabile per quanto riguarda la genitorialità e l’educazione dei figli ( 58 ), oppure vi sono nuove forme di struttura familiare, in particolare le famiglie monoparentali, che non rispondono più al modello classico di famiglia.

78.

In secondo luogo, come sostenuto dalla dottrina, una concezione di parità tra le persone dei due sessi che rafforza il modello tradizionale della specializzazione dei ruoli maschile e femminile ha come effetto, da un lato, di ignorare la segregazione professionale e la situazione sfavorevole delle persone di sesso femminile nel mercato del lavoro, «autorizzando il mantenimento delle disparità tra i lavoratori tipici e atipici nei sistemi di sicurezza sociale» ( 59 ). D’altro lato, «le persone che non adottano il modello tradizionale di attività professionale, e in particolare i lavoratori “atipici”, sono quindi concepiti come economicamente dipendenti da un lavoratore “tipico”» ( 60 ). Siffatta concezione di parità legittima il mantenimento e lo sviluppo di forme multiple di «familiarizzazione dei diritti» ( 61 ).

79.

In tale contesto, si può ammettere che gli obiettivi esaminati siano estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso?

80.

Sono portato ad escluderlo.

81.

In primo luogo, le motivazioni basate sulle caratteristiche dei collaboratori domestici (lavoratori poco qualificati e retribuiti al salario minimo) o sulle caratteristiche dei loro datori di lavoro (capo famiglia) sembrano basate piuttosto su stereotipi di genere e, pertanto, difficilmente estranee a una discriminazione fondata sul sesso ( 62 ). La TGSS afferma che, se i collaboratori domestici fossero tutelati contro il rischio di disoccupazione, sarebbe «più conveniente» per tali lavoratori «alternare periodi di lavoro effettivo e periodi di riposo percependo l’assicurazione contro la disoccupazione, con l’effetto di incoraggiare la frode». Se tale effetto fosse accertato alla luce di tali caratteristiche, in tal caso, a rigor di logica, tutti i lavoratori poco qualificati e retribuiti al salario minimo del mercato del lavoro, rientranti in altri settori, dovrebbero essere anch’essi esclusi dalla prestazione di disoccupazione. Tuttavia non è così ( 63 ). Pertanto, non esiste, a mio avviso, alcuna relazione tra i motivi di giustificazione invocati dalla TGSS e l’esclusione dei collaboratori domestici dalle prestazioni di disoccupazione, prevista dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale.

82.

In secondo luogo, il governo spagnolo giustifica tale esclusione con l’obiettivo di salvaguardia del livello occupazionale della categoria di attività dei collaboratori domestici, facendo riferimento, da un lato, alla minore incidenza che avrebbe la disoccupazione su tale categoria di lavoratori, costituita per la maggior parte da persone di sesso femminile, e, dall’altro, al fatto che, a suo avviso, l’eventuale inclusione della tutela contro la disoccupazione nel regime speciale applicabile ai collaboratori domestici comporterebbe necessariamente un aumento dei contributi e, quindi, l’aumento del lavoro illegale. Orbene, tale esclusione porta, a mio avviso, a rafforzare la concezione sociale tradizionale dei ruoli consentendo, inoltre, non solo di sfruttare la posizione strutturalmente più debole delle persone che integrano il settore dei collaboratori domestici, ma anche di sottostimare il valore del lavoro dei lavoratori di tale settore ( 64 ), che dovrebbe, al contrario, essere riconosciuto e valorizzato dalla società.

83.

Alla luce di tali considerazioni, ritengo che gli obiettivi invocati dal governo spagnolo e dalla TGSS, relativi alla salvaguardia del livello occupazionale nel settore dei lavoratori domestici e alle caratteristiche di tale settore o alla lotta contro il lavoro illegale, non possano essere estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso e, pertanto, non possano giustificare una discriminazione a danno di persone di sesso femminile.

84.

Nel caso in cui la Corte ritenesse tuttavia che la clausola di esclusione prevista dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale risponda a obiettivi legittimi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, esaminerò la questione se tale clausola sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale e se sia necessaria a tal fine ( 65 ).

c)   La disposizione di cui trattasi nel procedimento principale è proporzionata?

1) Sull’idoneità e sulla necessità

85.

Come rilevato dalla Corte, non appare irragionevole alle autorità nazionali di uno Stato membro reputare che una misura concreta possa essere adeguata e necessaria per conseguire gli obiettivi asseriti a fini di tutela sociale dei lavoratori ( 66 ). Tuttavia, una misura come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che esclude una determinata categoria di lavoratori, nel caso di specie i collaboratori domestici, dalle prestazioni di disoccupazione, può essere considerata adeguata e necessaria?

86.

Ricordo che dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che semplici affermazioni generiche riguardanti l’idoneità di una determinata misura a salvaguardare l’occupazione e a lottare contro il lavoro illegale non possono essere sufficienti a dimostrare che l’obiettivo perseguito dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale è estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso né a fornire elementi sulla scorta dei quali poter ragionevolmente ritenere che gli strumenti prescelti fossero atti alla realizzazione di tale obiettivo ( 67 ).

87.

Si pone pertanto la questione se la clausola di esclusione di cui trattasi nel procedimento principale possa essere considerata una misura idonea a garantire tali obiettivi di politica sociale ( 68 ). A tal fine, detta clausola deve soddisfare realmente l’intento di raggiungere tale obiettivo e deve essere attuata in maniera coerente e sistematica ( 69 ).

88.

Da un lato, nutro dubbi quanto alla capacità della clausola di cui trattasi di perseguire gli obiettivi legittimi invocati, per le ragioni esposte ai paragrafi da 77 a 82 delle presenti conclusioni.

89.

D’altro lato, per quanto riguarda il requisito relativo all’attuazione coerente e sistematica di tali clausola, ritengo che il giudice del rinvio possa verificare i seguenti aspetti.

90.

In primo luogo, occorre rilevare che dalle osservazioni orali di CJ risulta che l’unica categoria di lavoratori esclusa dalla tutela contro il rischio di disoccupazione sarebbe quella dei collaboratori domestici.

91.

A tal riguardo, la TGSS ha affermato in udienza che sono altresì escluse dalla tutela contro il rischio di disoccupazione le persone che rientrano in altre categorie di attività, all’interno delle quali la proporzione delle persone dell’uno e dell’altro sesso è simile, come i partecipanti ai programmi di formazione e i parlamentari. Essa ha altresì sottolineato che le persone appartenenti a talune categorie che non versano contributi per la disoccupazione, come i gestori e/o gli amministratori di società commerciali, professionali o assimilate, nonché i ministri di culto, sono, in maggioranza, uomini. Per ovvie ragioni, gli esempi forniti non sono pertinenti ( 70 ).

92.

In secondo luogo, dalle osservazioni del governo spagnolo risulta che il regime speciale applicabile ai collaboratori domestici copre i rischi professionali relativi agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali. Pertanto, occorre verificare se il rischio di frode o la difficoltà di procedere a controlli siano effettivamente più rilevanti per le prestazioni di disoccupazione, escluse per i collaboratori domestici, che per le altre prestazioni riconosciute a tali lavoratori ( 71 ).

93.

In terzo luogo, condivido il parere della Commissione secondo il quale occorre esaminare la severità della misura scelta per lottare contro il lavoro illegale e la frode. Infatti, osservo che l’esclusione assoluta di una categoria di lavoratori, come i collaboratori domestici, dalla tutela contro il rischio di disoccupazione, in quanto misura di «tutela sociale», non sembra andare a beneficio di tali lavoratori. Non riesco quindi a immaginare come una clausola di esclusione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che intende lottare contro il lavoro illegale, ma che sembra aggravare la situazione di disagio sociale di tale categoria di lavoratori, possa essere considerata coerente. Diverso sarebbe il caso di una misura di lotta contro il lavoro illegale finalizzata a controllare l’ottenimento fraudolento delle prestazioni di disoccupazione, che sarebbe coerente con l’obiettivo di tutela sociale dei collaboratori domestici e non penalizzerebbe questi ultimi ( 72 ).

94.

In quarto luogo, per quanto riguarda, in particolare, il nesso stabilito dalla TGSS tra l’aumento dei contributi e il lavoro illegale ( 73 ), dalle sue osservazioni scritte risulta che l’istituzione del regime speciale applicabile ai collaboratori domestici e incorporato nel regime generale nel 2012 ( 74 ) aveva portato, al contrario, a un notevole aumento delle iscrizioni di tali lavoratori ( 75 ), facendo emergere il lavoro illegale precedente ( 76 ). Pertanto, non si può ravvisare l’esistenza di un nesso di causalità tra l’aumento dei contributi e il lavoro illegale.

95.

In quinto luogo, si pone la questione se il fatto che il luogo di lavoro sia il domicilio del datore di lavoro giustifichi la scelta della misura di esclusione di cui trattasi. Sarebbe quindi pertinente verificare quanto rilevi l’influenza del luogo di lavoro su tale scelta. Infatti, come può il fatto che la prestazione del servizio avvenga presso il domicilio del datore di lavoro portare ad escludere le prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni concesse ai collaboratori domestici, mentre non porta ad escludere altre prestazioni sociali di cui beneficiano tali lavoratori, come quella relativa agli infortuni sul lavoro o alla malattia?

96.

In tale ottica, per quanto riguarda l’aspetto sistematico, il giudice del rinvio potrebbe anche verificare se, tenuto conto delle prestazioni di disoccupazione, il luogo di lavoro abbia la stessa influenza sulla situazione di altri lavoratori il cui luogo di lavoro è sempre il domicilio del datore di lavoro (giardinieri, autisti privati, ecc.) o il proprio domicilio (lavoratori autonomi) rispetto alla situazione dei collaboratori domestici ( 77 ). A tal riguardo, si pone anche la questione di stabilire quali siano i requisiti relativi all’ispezione di un domicilio e di un’impresa ( 78 ).

97.

Infine, in sesto e ultimo luogo, potrebbe essere rilevante accertare se esistano altre prestazioni sociali riconosciute ai collaboratori domestici che possano compensare la mancanza di tutela contro il rischio di disoccupazione ( 79 ). Su tale punto, CJ ha fatto valere in udienza, in risposta ad un quesito posto dalla Corte, che non solo non esiste un’altra prestazione che possa compensare la mancanza di tutela contro tale rischio, ma anche che l’esclusione di tale tutela porta a privare i collaboratori domestici del beneficio di altre prestazioni, come quella per invalidità permanente ( 80 ).

98.

A tal riguardo, il governo spagnolo e la TGSS sostengono che un’indennità straordinaria per mancanza di attività è stata recentemente istituita ( 81 ) a favore degli iscritti al regime speciale applicabile ai collaboratori domestici la cui attività, a causa della crisi sanitaria provocata dalla pandemia di COVID‑19, sarebbe stata ridotta o sarebbe cessata. Tuttavia, occorre rilevare che tale indennità straordinaria è temporanea. Nelle sue osservazioni scritte la stessa TGSS afferma che detta indennità «rimarrebbe in vigore per un mese (a decorrere dalla data di acquisizione del diritto), durata che potrebbe essere prorogata per periodi di un mese con l’adozione di un regio decreto legge».

99.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale non risulti idonea a garantire gli obiettivi di lotta contro il lavoro illegale e la frode nonché di salvaguardia dell’occupazione, in quanto tale disposizione non sembra né soddisfare realmente l’intento di raggiungere tali obiettivi né essere attuata in maniera coerente e sistematica ( 82 ).

100.

Di conseguenza, ritengo che la clausola di esclusione prevista dalla disposizione di cui trattasi nel procedimento principale, vietando in modo assoluto l’accesso alla prestazione di disoccupazione a tutti i collaboratori domestici, eccede quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti.

2) Conclusione intermedia

101.

Ritengo che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale contenga una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, in quanto non è giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

4.   Ulteriori osservazioni

102.

Per concludere la mia analisi, desidero rilevare i due seguenti elementi.

103.

Da un lato, dalle osservazioni scritte della Commissione nonché dalle osservazioni orali di CJ risulta che il regio decreto 1620/2011, del 14 novembre 2011, dispone, nella sua seconda disposizione aggiuntiva, che il Ministero del Lavoro costituirà un gruppo di esperti per elaborare, entro il 31 dicembre 2012, una relazione riguardante, in particolare, «[l]a fattibilità di un regime di tutela contro la disoccupazione, adeguato alle particolarità dell’attività del servizio domestico, che garantisca i principi di contribuzione, di solidarietà e di sostenibilità finanziaria». Tanto la Commissione quanto CJ hanno sottolineato che, ad oggi, tale disposizione non sembra essere stata applicata.

104.

D’altro lato, l’articolo 14 della Convenzione n. 189 dell’Organizzazione internazionale del lavoro sulle lavoratrici e i lavoratori domestici, approvata il 16 giugno 2011, stabilisce che «[o]gni Membro deve adottare misure appropriate, in conformità alla legislazione nazionale e tenendo debito conto delle caratteristiche particolari del lavoro domestico, per assicurare che i lavoratori domestici godano di condizioni non meno favorevoli di quelle applicabili all’insieme dei lavoratori in materia di sicurezza sociale (...)». La Commissione rileva che, sebbene il Regno di Spagna non abbia ancora ratificato tale convenzione, esso è tuttavia membro dell’Organizzazione internazionale del lavoro ( 83 ).

V. Conclusione

105.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dallo Juzgado de lo Contencioso‑Administrativo n. 2 de Vigo (Tribunale amministrativo n. 2 di Vigo, Spagna) nel seguente modo:

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale che esclude le prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni che un regime legale di sicurezza sociale concede ai collaboratori domestici, qualora si constati che tali lavoratori sono quasi esclusivamente donne.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Sentenza del 30 aprile 1996, P./S. (C‑13/94, EU:C:1996:170, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

( 3 ) Direttiva del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24).

( 4 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23).

( 5 ) BOE n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291, e rettifica in BOE n. 36, dell’11 febbraio 2016, pag. 10898.

( 6 ) BOE n. 109, del 7 maggio 1985, pag. 12699, e rettifica in BOE n. 134, del 5 giugno 1985, pag. 16992.

( 7 ) V., in particolare, sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25), e del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27).

( 8 ) Dalla decisione di rinvio risulta che la TGSS ha concluso, nella sua decisione del 13 novembre 2019, che «attualmente non è possibile versare i contributi al regime della previdenza sociale per la tutela contro la disoccupazione per tale categoria di lavoratori/lavoratrici». Il corsivo è mio.

( 9 ) V., in tal senso, in particolare, sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25), e del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27).

( 10 ) V. sentenza del 30 settembre 2020, CPAS de Liège (C‑233/19, EU:C:2020:757, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

( 12 ) V., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 2015, Târşia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 13), e del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary (C‑189/18, EU:C:2019:861, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

( 13 ) V., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, Elbal Moreno (C‑385/11, EU:C:2012:746, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) Ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 79/7, quest’ultima si applica alla popolazione attiva, di conseguenza una collaboratrice domestica come CJ rientra nell’ambito di applicazione ratione personae di tale direttiva.

( 15 ) Poiché il governo spagnolo ha sostenuto che non sussiste discriminazione indiretta, è solo in subordine che esso ha difeso tale posizione riguardante la giustificazione della disparità di trattamento e la proporzionalità della disposizione di cui trattasi nel procedimento principale.

( 16 ) Relativamente alla direttiva 79/7, v., in particolare, sentenza del 9 novembre 2017, Espadas Recio (C‑98/15, EU:C:2017:833, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

( 17 ) Dalla giurisprudenza risulta che la direttiva 79/7 è solo l’espressione, nella materia considerata, del principio di uguaglianza, che è uno dei principi fondamentali del diritto. V., per analogia, sentenza del 30 aprile 1996, P./S. (C‑13/94, EU:C:1996:170, punto 18). V., altresì, Lenaerts, K., «L’égalité de traitement en droit communautaire. Un principe unique aux apparences multiples», Cahiers de droit européen, 1991, pagg. da 3 a 41.

( 18 ) V., in particolare, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 30); del 30 marzo 2004, Alabaster (C‑147/02, EU:C:2004:192, punto 45); del 16 luglio 2009, Gómez‑Limón Sánchez‑Camacho (C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 56), e dell’8 maggio 2019, Praxair MRC (C‑486/18, EU:C:2019:379, punto 73).

( 19 ) Tobler, C., Limites et potentiel du concept de discrimination indirecte, Direzione generale Occupazione, affari sociali e pari opportunità (Commissione europea), 2009, pagg. da 1 a 85, in particolare pag. 24.

( 20 ) Sentenza del 26 giugno 2018 (C‑451/16, EU:C:2018:492, punto 42).

( 21 ) La nozione di «discriminazione diretta» è definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/54 come la «situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga». Nella sua giurisprudenza la Corte ha dichiarato che occorre intendere tale nozione allo stesso modo nell’ambito della direttiva 79/7. A tal riguardo, essa ha precisato che, nel caso in cui un siffatto trattamento meno favorevole sia fondato sul sesso e possa costituire una discriminazione diretta ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, occorre ancora verificare se le due situazioni esaminate siano comparabili. V., in particolare, sentenza del 26 giugno 2018, MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro) (C‑451/16, EU:C:2018:492, punti 34, 3839). Ne consegue che, nel caso in cui le situazioni esaminate non siano comparabili, la disparità di trattamento non costituisce una discriminazione diretta. Inoltre, occorre distinguere le nozioni di «discriminazione diretta» e di «discriminazione indiretta» sul piano della giustificazione. Infatti, mentre la prima nozione può essere giustificata solo sulla base dei motivi specifici espressamente previsti dalla legge, la seconda può esserlo per motivi oggettivi. Pertanto, la questione se una discriminazione possa essere oggettivamente giustificata si pone unicamente nell’ambito dell’esame delle discriminazioni indirette.

( 22 ) V. sentenza del 26 giugno 2018 (C‑451/16, EU:C:2018:492, punto 48): «Va pertanto constatato che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale riserva un trattamento meno favorevole, direttamente fondato sul sesso, alla persona che ha cambiato sesso dopo essersi sposata che alla persona che ha conservato il proprio sesso di nascita ed è sposata, sebbene tali persone si trovino in situazioni comparabili». Il corsivo è mio.

( 23 ) V., in particolare, nell’ambito della parità di retribuzione tra i lavoratori di sesso maschile e i lavoratori di sesso femminile, sentenza dell’11 maggio 1999, Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse (C‑309/97, EU:C:1999:241, punto 21).

( 24 ) Secondo il governo spagnolo, siffatto approccio deriva dalle sentenze del 14 aprile 2015, Cachaldora Fernández (C‑527/13, EU:C:2015:215, punti 3133), e del 9 novembre 2017, Espadas Recio (C‑98/15, EU:C:2017:833, punto 41).

( 25 ) Geulette, A., «De la discrimination indirecte telle qu’appréhendée par la Cour de justice des communautés européennes au regard du règlement 1408/71/CEE et de la directive 79/7/CEE», Revue belge de sécurité sociale, 2o trimestre 2003, pagg. da 541 a 582, in particolare pag. 554 e dottrina citata. A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che «il concetto di discriminazione non implica, per definizione, che un danno diretto sia stato causato: esso invece presuppone anzitutto che un trattamento diverso sia stato riservato a casi comparabili». Tuttavia, «l’applicazione di diverso trattamento è in taluni casi atto a provocare dei danni, i quali possono considerarsi come la conseguenza rivelatrice di una discriminazione». V. sentenza del 10 maggio 1960, Barbara e a./Alta Autorità (da 3/58 a 18/58, 25/58 e 26/58, EU:C:1960:18, pag. 404).

( 26 ) Sull’influenza della dottrina americana relativa all’«impatto disparato» nell’ambito delle discriminazioni indirette nel diritto sociale dell’Unione v., in particolare, Tobler, C., Indirect Discrimination. A Case Study into the Development of the Legal Concept of Indirect Discrimination under EC Law, Intersentia, Antwerpen‑Oxford, 2005, pagg. da 91 a 96. V., a tal riguardo, sentenza del 31 marzo1981, Jenkins (96/80, EU:C:1981:80, pag. 925, considerando 13) nonché conclusioni dell’avvocato generale Warner nella causa Jenkins (96/80, non pubblicate, EU:C:1981:21, pagg. 936 e 937).

( 27 ) La Corte fa riferimento per la prima volta alla discriminazione indiretta (fondata sulla nazionalità) nella sentenza del 12 febbraio 1974, Sotgiu (152/73, EU:C:1974:13, punto 11), riguardante il regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU 1968, L 257, pag. 2): «Il principio della parità di trattamento (...) vieta non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma altresì qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato». Il corsivo è mio. Per una giurisprudenza recente nel settore della libera circolazione dei lavoratori, nella quale la Corte utilizza tale nozione, v., in particolare, sentenza del 2 aprile 2020, PF e a. (C‑830/18, EU:C:2020:275, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) Sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 37 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 24). Il corsivo è mio. Osservo che tale sentenza segna un’evoluzione della definizione di tale nozione rispetto alla giurisprudenza precedente, secondo la quale «vi è discriminazione indiretta ai sensi di tale disposizione quando l’applicazione di un provvedimento nazionale, pur formulato in termini neutri, sfavorisca di fatto un numero molto più alto di donne che di uomini». Il corsivo è mio. V., in particolare, sentenze del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 56); del 22 novembre 2012, Elbal Moreno (C‑385/11, EU:C:2012:746, punto 29); del 14 aprile 2015, Cachaldora Fernández (C‑527/13, EU:C:2015:215, punto 28), e del 9 novembre 2017, Espadas Recio (C‑98/15, EU:C:2017:833, punto 38). Come sottolineato dalla dottrina, si tratta di esaminare più in senso qualitativo quali siano gli effetti potenziali sfavorevoli di una misura su persone che rientrano in un determinato criterio rispetto ad altre persone. Tale nuova definizione consente di trattare anche le discriminazioni indirette collegate a criteri per i quali mancherebbero i dati quantitativi. V., a tal riguardo, Miné, M., «Les concepts de discrimination directe et indirecte», ERA Forum, vol. 4, 2003, pagg. da 30 a 44, in particolare pagg. 38 e 39; Tridimas, T., The General Principles of EU Law, Oxford University Press, 2005, pagg. da 67 a 72, e Vielle, P., e Wuiame, N., Évaluation de la mise en œuvre de la directive 79/7/CEE relative à l’égalité de traitement entre les hommes et les femmes en matière de sécurité sociale, 1999, pagg. da 1 a 49, in particolare pag. 21.

( 29 ) V. sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 38 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 25).

( 30 ) V., in particolare, Tobler, C., Indirect Discrimination. A Case Study into the Development of the Legal Concept of Indirect Discrimination under EC Law, op.cit., pag. 58.

( 31 ) V. sentenza del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). Occorre rilevare che la discriminazione indiretta può essere accertata con qualsiasi mezzo, e non soltanto sulla base di dati statistici. V., a tal riguardo, sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 46). V., altresì, sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch‑Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 56).

( 32 ) La TGSS precisa, nelle sue osservazioni scritte, che «[n]on vi è alcun dubbio che i lavoratori iscritti al regime speciale dei collaboratori domestici sono, per la maggior parte, donne e che la loro esclusione dalla tutela contro la disoccupazione potrebbe costituire una discriminazione indiretta rispetto ai lavoratori di sesso maschile».

( 33 ) V., in particolare, sentenze del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente) (C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 52 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 26). V., altresì, in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punti 3945).

( 34 ) V., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 28).

( 35 ) Per dati statistici relativi al primo trimestre 2017, v. sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 42).

( 36 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 47).

( 37 ) V., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 37 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 24).

( 38 ) V. sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). V., altresì, sentenze del 13 maggio 1986, Bilka‑Kaufhaus (170/84, EU:C:1986:204, punto 36); del 13 luglio 1989, Rinner‑Kühn (171/88, EU:C:1989:328, punto 14); del 24 febbraio 1994, Roks e a. (C‑343/92, EU:C:1994:71, punto 34), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 48).

( 39 ) V. sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

( 40 ) Sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa (C‑411/05, EU:C:2007:604, punto 65), e del 2 aprile 2020, Comune di Gesturi (C‑670/18, EU:C:2020:272, punto 37). V., altresì, sentenza dell’11 settembre 2003, Steinicke (C‑77/02, EU:C:2003:458, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

( 41 ) V. sentenza del 14 dicembre 1995, Megner e Scheffel (C‑444/93, EU:C:1995:442, punti 27, 2832). Nell’ambito dell’accesso all’assicurazione obbligatoria contro la vecchiaia e l’invalidità, v. sentenza del 14 dicembre 1995, Nolte (C‑317/93, EU:C:1995:438, punti 31, 3236). Inoltre, nel contesto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, la Corte ha dichiarato che obiettivi quali la tutela sociale dei lavoratori e l’agevolazione dei controlli amministrativi ad essa relativi [sentenza del 16 aprile 2013, Las (C‑202/11, EU:C:2013:239, punto 28)], nonché la lotta contro la frode, in particolare sociale, e la prevenzione degli abusi sono obiettivi che figurano tra i «motivi imperativi di interesse generale» atti a giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali riconosciute dal Trattato [sentenza del 13 novembre 2018, Čepelnik (C‑33/17, EU:C:2018:896, punto 44)]. Tuttavia, tengo a ricordare che le nozioni di «motivi imperativi di interesse generale» nel contesto delle libertà fondamentali e di «motivi oggettivi di giustificazione» nell’ambito delle discriminazioni indirette non sono equivalenti.

( 42 ) V., in particolare, sentenze del 12 luglio 1984, Hofmann (184/83, EU:C:1984:273, punto 27) (sui provvedimenti sociali adottati al fine di garantire la protezione della donna per quel che riguarda la gravidanza e la maternità); del 7 maggio 1991, Commissione/Belgio (C‑229/89, EU:C:1991:187, punto 22) (sull’obiettivo sociale di garantire un reddito minimo sostitutivo), e del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 91) (sull’assegnazione di un reddito pari al minimo sociale quale parte integrante della politica sociale).

( 43 ) V., in particolare, sentenze del 14 dicembre 1995, Nolte (C‑317/93, EU:C:1995:438, punto 33); del 14 dicembre 1995, Megner e Scheffel (C‑444/93, EU:C:1995:442, punto 29); del 1o febbraio 1996, Posthuma‑van Damme e Oztürk (C‑280/94, EU:C:1996:27, punto 26); del 9 febbraio 1999, Seymour‑Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 74), e del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 73).

( 44 ) Sentenza del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

( 45 ) La dottrina ha altresì criticato l’indebolimento della verifica, strutturata in tre fasi, della giustificazione il cui carattere oggettivo esige che i mezzi prescelti, in primo luogo, rispondano ad un’esigenza effettiva (realtà), in secondo luogo, siano idonei a raggiungere l’obiettivo (adeguatezza) e, in terzo luogo, siano necessari a tal fine (proporzionalità). Secondo la dottrina, la Corte effettuerebbe tale verifica in maniera più rigorosa e sistematica nei settori della discriminazione indiretta fondata sulla nazionalità che in quello delle materie soggette, in particolare, alla direttiva 79/7. V., in particolare, Barnard, C. e Hepple, B., «Indirect Discrimination: Interpreting Seymour‑Smith», Cambridge Law Journal, 58(2), 1999, pagg. da 399 a 412, in particolare pagg. da 409 a 412: «The real problem is that while the Court of Justice is capable of pronouncing on questions of formal equality, it lacks access to the statistical and social science advice which is needed to assess arguments about disparate impact and objective justification». [«Il vero problema è che, mentre la Corte di giustizia è in grado di pronunciarsi su questioni di parità formale, essa non ha accesso alle consulenze statistiche e in materia di scienze sociali necessarie per valutare gli argomenti relativi all’impatto disparato e alla giustificazione oggettiva»]; Bell, M. e Waddington, L., «More Equal than Others: Distinguishing European Union Equality Directives», Common Market Law Review, vol. 38, 2001, pagg. da 587 a 611, in particolare pag. 593, nonché Vielle, P., e Wuiame, N., op. cit., pagg. 22. Sull’importanza dell’applicazione rigorosa di tale test nell’ambito delle discriminazioni fondate sul sesso, v. Mulder, J., Indirect sex discrimination in employment. Theoretical analysis and reflections on the CJEU case law and national application of the concept of indirect sex discrimination, European Network of Legal experts in gender equality and non‑discrimination, Commissione europea, Bruxelles, 2020, pag. 130.

( 46 ) Sentenze del 9 febbraio 1999, Seymour‑Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 71); del 20 marzo 2003, Kutz‑Bauer (C‑187/00, EU:C:2003:168, punto 57), nonché dell’11 settembre 2003, Steinicke (C‑77/02, EU:C:2003:458, punto 63). V., altresì, sentenza del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale (C‑176/12, EU:C:2014:2, punto 27).

( 47 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 47).

( 48 ) V. paragrafo 65 delle presenti conclusioni.

( 49 ) V. sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 54 e giurisprudenza ivi citata). V., altresì, sentenze del 13 maggio 1986, Bilka‑Kaufhaus (170/84, EU:C:1986:204, punto 36); del 13 luglio 1989, Rinner‑Kühn (171/88, EU:C:1989:328, punto 14); del 24 febbraio 1994, Roks e a. (C‑343/92, EU:C:1994:71, punto 34), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 48).

( 50 ) Sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punti 5556, nonché giurisprudenza ivi citata).

( 51 ) È alla luce di tale fase concernente l’esame della determinazione dell’esistenza di una discriminazione indiretta, vale a dire quella delle verifiche relative alle giustificazioni oggettive, che la dottrina ha espresso riserve sul controllo effettuato dalla Corte. A suo avviso, tale controllo sembra lassista in tutti i casi in cui si sostiene che la prestazione di cui trattasi è giustificata da obiettivi legittimi di politica sociale. V., in particolare, Pennings, F., European Social Security Law, Intersentia, Antwerp, Oxford e Portland, 2010, pagg. da 322 a 327.

( 52 ) Sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 59 e giurisprudenza ivi citata). A tal riguardo, la dottrina sottolinea che il fatto che sia stato invocato un obiettivo legittimo non implica necessariamente che la tutela contro la discriminazione indiretta prevista dalla direttiva 79/7 sia limitata. V. Tobler, C., Limites et potentiel du concept de discrimination indirecte, op. cit., pag. 39: «[è] questo il motivo per cui non sorprende che la Corte di giustizia sia censurata per aver accettato taluni obiettivi come legittimi».

( 53 ) Inoltre, la TGSS avrebbe sottolineato che tali lavoratori possono beneficiare della prestazione di disoccupazione in quanto, oltre al fatto che la loro cessazione dal lavoro non è volontaria, essi hanno versato contributi al regime generale di sicurezza sociale nei sei anni precedenti alla loro iscrizione al regime speciale applicabile ai collaboratori domestici. Tuttavia, ciò sembra escludere dalla prestazione di disoccupazione i lavoratori che hanno sempre lavorato come collaboratori domestici.

( 54 ) L’esame congiunto di tali obiettivi mi sembra pertinente in quanto essi si sovrappongono e sono strettamente connessi gli uni agli altri.

( 55 ) V., in particolare, Geulette, A., op. cit., pag. 555.

( 56 ) V., in particolare, Tobler, C., Indirect Discrimination. A Case Study into the Development of the Legal Concept of Indirect Discrimination under EC Law, op. cit., pagg. 61 e segg., nonché dottrina citata: «The term “structural discrimination” refers to a type of discrimination with a much more complex nature. Structural discrimination arises from deeply rooted views, opinions and value judgments relied on in a given society or from societal, cultural, economic patterns and structures» [«Il termine “discriminazione strutturale” fa riferimento a un tipo di discriminazione di natura molto più complessa. La discriminazione strutturale deriva da punti di vista, opinioni e giudizi di valore profondamente radicati in una determinata società o da modelli e strutture sociali, culturali ed economiche»]. V., altresì, nell’ambito della discriminazione razziale, la definizione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR): «Discrimination can exist explicitly, through institutions, norms and values. (...) Structural discrimination primarily relates to the ways in which common behaviour and equal legislation and norms for everybody can affect, and obscure, discriminatory intent», disponibile al seguente indirizzo: https://www.ohchr.org/Documents/Issues/Racism/IWG/Session8/MirjanaNajcevska.doc.

( 57 ) Su tale aspetto, v., in particolare, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, Piano d’azione dell’UE per il 2017‑2019. Affrontare il problema del divario retributivo di genere, COM(2017) 678 final.

( 58 ) Come ha ricordato l’avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nella causa Syndicat CFTC (C‑463/19, EU:C:2020:550, paragrafo 52 e giurisprudenza ivi citata), nonché nella causa Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:696, paragrafi 3738), in particolare con riferimento alle sentenze del 25 ottobre 1988, Commissione/Francia (312/86, EU:C:1988:485, punto 14); del 29 novembre 2001, Griesmar (C‑366/99, EU:C:2001:648, punto 56); del 26 marzo 2009, Commissione/Grecia (C‑559/07, EU:C:2009:198, punto 69), e del 16 luglio 2015, Maïstrellis (C‑222/14, EU:C:2015:473, punto 47).

( 59 ) Vielle, P., e Wuiame, N., op. cit., pag. 24. V., a tal riguardo, Vogel‑Polsky, E., «Genre et droit: les enjeux de la parité», Cahiers du GEDISST (Groupe d’étude sur la division sociale et sexuelle du travail), n. 17, 1996, «Principes et enjeux de la parité», pagg. da 11 a 31: «La segregazione professionale (...) delle donne nell’economia e nel mondo del lavoro ha origine nella totalità dei rapporti sociali di genere [o] nel radicamento degli stereotipi veicolati dalla cultura, dall’educazione, dal sistema scolastico, dalla famiglia, dai media (...)».

( 60 ) Vielle, P., e Wuiame, N., op. cit., pag. 24.

( 61 ) Ibid., pag. 24. Per un’analisi esaustiva del graduale sviluppo della parità tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile nel loro ruolo di genitori da parte del legislatore dell’Unione europea, v. conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Syndicat CFTC (C‑463/19, EU:C:2020:550, paragrafi 53 e segg.).

( 62 ) A tal riguardo, dalle osservazioni della Commissione risulta che, per spiegare le attuali differenze relative alla tutela dei diversi tipi di lavoratori e, in particolare, dei collaboratori domestici, la dottrina spagnola ha fatto riferimento, in particolare, alla circostanza che tale categoria è costituita per la maggior parte da donne e che queste ultime sono tradizionalmente coperte dalla previdenza sociale grazie ai loro vincoli familiari. V., in particolare, Otxoa Crespo, I., La Seguridad Social del empleo doméstico: evolución y perspectivas, Universidad del País Vasco – Euskal Herriko Unibertsitatea, 2012, pagg. 304 e 305. Disponibile al seguente indirizzo: https://addi.ehu.es/bitstream/handle/10810/11601/9082-090-2-OtxoaTH.pdf?sequence= 6&isAllowed=y.

( 63 ) Il governo spagnolo ha dichiarato, in risposta ad un quesito posto dalla Corte in udienza, che gli autisti privati sono integrati nel regime generale di sicurezza sociale e versano contributi per le prestazioni di disoccupazione.

( 64 ) Decent Work for Domestic Workers/Travail décent pour les travailleurs domestiques (Lavoro dignitoso per i lavoratori domestici), Relazione IV(1), Conferenza Internazionale del Lavoro, Ginevra, 99a Sessione, 2010, pagg. da 1 a 134. Sulla segregazione professionale, v. Rodríguez Escanciano, S., «Condiciones de trabajo y discriminación salarial por razón de sexo», Derecho Social de la Unión Europea. Aplicación por el Tribunal de Justicia, Casas Baamonde, M. E., e Gil Alburquerque, R. (a cura di), Francis Lefebvre, 2019, pagg. da 269 a 307, in particolare pagg. 280 e segg.

( 65 ) Sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 53).

( 66 ) V,, segnatamente, in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa (C‑411/05, EU:C:2007:604, punto 72).

( 67 ) V., in tal senso, sentenze del 9 febbraio 1999, Seymour‑Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 76); del 20 marzo 2003, Kutz‑Bauer (C‑187/00, EU:C:2003:168, punto 58); dell’11 settembre 2003, Steinicke (C‑77/02, EU:C:2003:458, punto 64), nonché del 5 marzo 2009, Age Concern England (C‑388/07, EU:C:2009:128, punto 51).

( 68 ) V. giurisprudenza richiamata al paragrafo 65 delle presenti conclusioni.

( 69 ) V., in particolare, sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

( 70 ) V., a tal riguardo, paragrafo 81 delle presenti conclusioni.

( 71 ) Dalle osservazioni orali del governo spagnolo risulta che tale regime coprirebbe anche i rischi relativi alla gravidanza e all’allattamento, alla maternità e alla paternità, nonché il rischio di decesso e di reversibilità.

( 72 ) La Commissione menziona, a titolo di esempio, l’assegno‑servizio esistente in Francia e in Belgio, le riduzioni o le esenzioni totali o parziali dei contributi per taluni datori di lavoro, nonché le agevolazioni o le deduzioni fiscali.

( 73 ) V. paragrafo 75 delle presenti conclusioni.

( 74 ) Real Decreto 1620/2011 por el que se regula la relación laboral de carácter especial del servicio del hogar familiar (regio decreto 1620/2011 che disciplina il rapporto di lavoro di carattere speciale costituito dal servizio domestico), del 14 novembre 2011 (BOE n. 277, del 17 novembre 2011, pag. 119046).

( 75 ) A tal riguardo, CJ ha dichiarato in udienza che il numero di iscrizioni alla previdenza sociale di tali lavoratori era aumentato da 296949 a 414453 lavoratori nel 2012.

( 76 ) Nelle sue osservazioni scritte la TGSS ha tuttavia precisato che il numero degli iscritti è poi diminuito tra il 2012 e il 2019.

( 77 ) Come ho precisato nella nota 63 delle presenti conclusioni, il governo spagnolo ha dichiarato, in risposta a un quesito posto dalla Corte in udienza, che gli autisti privati versano contributi per le prestazioni di disoccupazione.

( 78 ) Nelle sue osservazioni scritte la Commissione rinvia ad un’interrogazione parlamentare rivolta alla Commissione (P‑128/2020) da deputati spagnoli presso il Parlamento europeo, in cui si affermava, per quanto riguarda la possibilità di ispezionare i domicili per individuare la frode, che «il Tribunal Supremo [Corte suprema (Spagna)] prevede le stesse condizioni (indizi di frode, principi di necessità e di proporzionalità) per ispezionare un’impresa o un domicilio». Disponibile al seguente indirizzo: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/P-9-2020-000128_EN.html.

( 79 ) A tal riguardo, la TGSS ha spiegato in udienza che l’indennità di invalidità temporanea è più vantaggiosa in quanto è versata a partire non dal quindicesimo giorno, ma dal nono giorno.

( 80 ) Il giudice del rinvio dichiara che, quando il rapporto di lavoro dei collaboratori domestici cessa per ragioni ad essi non imputabili, l’impossibilità di accedere alla prestazione di disoccupazione implica altresì l’impossibilità di accedere ad altri aiuti sociali subordinati all’estinzione del diritto a tale prestazione. V., a tal riguardo, paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

( 81 ) Articolo 30 del Real Decreto‑ley 11/2020 por el que se adoptan medidas urgentes complementarias en el ámbito social y económico para hacer frente al COVID‑19 (regio decreto legge 11/2020 recante adozione di misure urgenti supplementari in ambito sociale ed economico per far fronte alla pandemia di COVID‑19), del 31 marzo 2020 (BOE n. 91, del 1o aprile 2020).

( 82 ) V., in particolare, sentenza del 17 luglio 2014, Leone (C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

( 83 ) Su tale punto, il governo spagnolo ha dichiarato in udienza che le pratiche necessarie per la ratifica di tale convenzione erano state avviate e avrebbero potuto condurre al riconoscimento dei collaboratori domestici per quanto riguarda la tutela contro la disoccupazione.

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