EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62019CJ0596

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 16 marzo 2021.
Commissione europea contro Ungheria.
Impugnazione – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Aiuti di Stato – Imposta ungherese sul fatturato connesso alla pubblicità – Elementi di determinazione del sistema di riferimento – Progressività delle aliquote – Dispositivo transitorio di deducibilità parziale delle perdite riportate – Esistenza di un vantaggio a carattere selettivo – Onere della prova.
Causa C-596/19 P.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:202

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

16 marzo 2021 ( *1 )

«Impugnazione – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Aiuti di Stato – Imposta ungherese sul fatturato connesso alla pubblicità – Elementi di determinazione del sistema di riferimento – Progressività delle aliquote – Dispositivo transitorio di deducibilità parziale delle perdite riportate – Esistenza di un vantaggio a carattere selettivo – Onere della prova»

Nella causa C‑596/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 6 agosto 2019,

Commissione europea, rappresentata da V. Bottka, P.‑J. Loewenthal e K. Herrmann, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti,

ricorrente in primo grado,

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev, E. Regan, A. Kumin e N. Wahl, presidenti di sezione, M. Safjan, D. Šváby, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe, C. Lycourgos, P.G. Xuereb e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: R. Şereş, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o settembre 2020,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 ottobre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 27 giugno 2019, Ungheria/Commissione (T‑20/17; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2019:448), con cui quest’ultimo ha annullato la decisione (UE) 2017/329 della Commissione, del 4 novembre 2016, relativa alla misura SA.39235 (2015/C) (ex 2015/NN) relativa alla tassazione del fatturato pubblicitario alla quale l’Ungheria ha dato esecuzione (GU 2017, L 49, pag. 36; in prosieguo: la «decisione controversa»).

Fatti all’origine della controversia

2

I fatti all’origine della controversia sono stati esposti dal Tribunale ai punti da 1 a 32 della sentenza impugnata. Essi possono essere riassunti come segue.

3

L’11 giugno 2014 l’Ungheria ha adottato la legge n. XXII del 2014, relativa all’imposta sulla pubblicità (in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sulla pubblicità»). Entrata in vigore il 15 agosto 2014, tale legge ha istituito una nuova imposta speciale, a scaglionamento progressivo, sul fatturato connesso alla diffusione di annunci pubblicitari in Ungheria (in prosieguo: la «misura fiscale di cui trattasi»). In sede di esame della legge relativa all’imposta sulla pubblicità da parte della Commissione nell’ambito del controllo degli aiuti di Stato, le autorità ungheresi hanno indicato che tale imposta era finalizzata a promuovere il principio della condivisione pubblica degli oneri.

4

In forza di tale legge, chiunque pubblichi annunci pubblicitari è soggetto alla misura fiscale di cui trattasi. Sono quindi soggetti passivi di quest’ultima gli operatori economici che pubblicano annunci pubblicitari, quali gli organi di stampa scritta, i media audiovisivi o i servizi di affissioni pubblicitarie, ma non gli inserzionisti, vale a dire chi commissiona gli annunci pubblicitari, né le agenzie pubblicitarie, che sono intermediarie tra gli inserzionisti e i mezzi di diffusione pubblicitaria. La base imponibile della misura fiscale di cui trattasi è il fatturato netto di un esercizio annuale generato dalla diffusione pubblicitaria. Essa è riscossa in aggiunta alle imposte esistenti che gravano sulle imprese, in particolare all’imposta sulle società. Il suo ambito di applicazione territoriale è l’Ungheria.

5

La scala delle aliquote della misura fiscale in questione è state definita come segue:

0% per la quota di fatturato al di sotto di 0,5 miliardi di fiorini ungheresi (HUF) (circa EUR 1400000);

1% per la quota di fatturato compresa tra HUF 0,5 miliardi e HUF 5 miliardi (circa EUR 14 milioni);

10% per la quota di fatturato compresa tra HUF 5 miliardi e HUF 10 miliardi (circa EUR 28 milioni);

20% per la quota di fatturato compresa tra HUF 10 miliardi e HUF 15 miliardi (circa EUR 42 milioni);

30% per la quota di fatturato compresa tra HUF 15 miliardi e HUF 20 miliardi (circa EUR 56 milioni), e

40% per la quota di fatturato superiore a quest’ultimo importo; dal 1o gennaio 2015 tale aliquota è stata portata al 50%.

6

La legge relativa all’imposta sulla pubblicità prevedeva anche che i soggetti passivi il cui utile al lordo delle imposte nell’esercizio 2013 fosse nullo o negativo potessero dedurre dalla loro base imponibile del 2014 il 50% delle perdite riportate dagli esercizi precedenti (in prosieguo: il «meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate»).

7

Con decisione del 12 marzo 2015 la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, ritenendo che il carattere progressivo della misura fiscale di cui trattasi e il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate comportassero aiuti di Stato. In tale decisione, la Commissione ha considerato che la progressività delle aliquote introduceva una distinzione tra le imprese che beneficiavano di fatturati pubblicitari elevati, vale a dire le imprese di grandi dimensioni, e le imprese con fatturati pubblicitari di minore entità, vale a dire le imprese di piccole dimensioni. Secondo tale istituzione, la misura fiscale di cui trattasi introduceva un vantaggio selettivo a favore di queste ultime. La Commissione ha anche ritenuto che il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate comportasse un vantaggio selettivo costitutivo di un aiuto di Stato.

8

Con la stessa decisione la Commissione ha ingiunto alle autorità ungheresi di sospendere la misura fiscale di cui trattasi sulla base dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1).

9

Successivamente, l’Ungheria ha modificato tale misura mediante la legge n. LXII del 2015, adottata il 4 giugno 2015 (in prosieguo: la «legge del 2015»). La scala progressiva della misura fiscale di cui trattasi, formata da sei scaglioni di aliquote da 0% a 50%, è stata sostituita con la seguente scala, formata da due aliquote d’imposta:

0% applicabile alla quota di fatturato inferiore a HUF 100 milioni (circa EUR 280000); e

5,3% applicabile alla quota di fatturato superiore a tale importo.

10

Il 4 novembre 2016 la Commissione ha chiuso il procedimento d’indagine formale adottando la decisione controversa.

11

All’articolo 1 di tale decisione, la Commissione ha concluso che il carattere progressivo della misura fiscale di cui trattasi, anche nella versione risultante dalla legge del 2015, nonché il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate, costituivano un aiuto di Stato. Secondo la Commissione, tale aiuto era stato istituito in modo illegittimo, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, ed era inoltre incompatibile con il mercato interno alla luce dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Ai sensi dell’articolo 4 della decisione controversa, la Commissione ha ordinato all’Ungheria di recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno.

12

A tale titolo, le autorità ungheresi dovevano recuperare presso le imprese che avevano registrato un fatturato pubblicitario nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge relativa all’imposta sulla pubblicità e quella dell’abolizione della misura fiscale di cui trattasi, o quella della sua sostituzione con un sistema pienamente compatibile con il diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato, le somme corrispondenti alla differenza tra, da un lato, l’importo dell’imposta che tali imprese avrebbero dovuto pagare in applicazione del sistema di riferimento consistente in un sistema fiscale ad aliquota unica fissata al 5,3%, salvo scelta di un altro valore da parte delle autorità ungheresi, e, dall’altro, l’importo dell’imposta che le suddette imprese avevano già versato o erano tenute a pagare. Nel caso in cui la differenza tra questi due importi fosse stata positiva, la somma corrispondente avrebbe dovuto essere recuperata, maggiorata degli interessi calcolati a decorrere dalla data di scadenza dell’imposta.

13

Tuttavia, la Commissione ha precisato che non sarebbe stato necessario alcun recupero qualora l’Ungheria abolisse la misura fiscale di cui trattasi con effetto retroattivo alla data della sua entrata in vigore. In seguito, per esempio dal 2017, l’Ungheria avrebbe potuto introdurre un sistema impositivo non progressivo, che non operasse distinzioni tra gli operatori economici soggetti all’imposta.

14

In sostanza, la Commissione ha ritenuto che la misura fiscale di cui trattasi dovesse essere qualificata come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, per i seguenti motivi.

15

Per quanto riguarda l’imputabilità della misura fiscale di cui trattasi allo Stato e il suo finanziamento mediante risorse statali, la Commissione ha rilevato che l’Ungheria, a causa dell’adozione della legge relativa all’imposta sulla pubblicità, aveva rinunciato a risorse che avrebbe dovuto incassare dalle imprese il cui fatturato pubblicitario è poco elevato, vale a dire le imprese di piccole dimensioni, se fossero state soggette alla stessa obbligazione tributaria delle imprese il cui fatturato pubblicitario è più elevato, vale a dire le imprese più grandi.

16

Per quanto riguarda l’esistenza di un vantaggio, la Commissione ha ricordato che le misure che alleggeriscono gli oneri normalmente sostenuti dalle imprese conferiscono un vantaggio, al pari delle prestazioni positive. Nel caso di specie, la tassazione a un’aliquota considerevolmente inferiore avrebbe alleggerito gli oneri gravanti sulle imprese con un livello poco elevato di fatturato rispetto agli oneri gravanti sulle imprese con un fatturato più elevato, conferendo così un vantaggio alle imprese più piccole rispetto alle imprese di maggiori dimensioni.

17

La Commissione ha aggiunto che anche il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate costituiva un vantaggio, in quanto equivaleva a ridurre l’onere fiscale delle imprese che disponevano di perdite riportate che non avevano realizzato utili nel 2013 rispetto a quello gravante sulle altre imprese, che non potevano beneficiare di tale meccanismo.

18

A titolo dell’esame della selettività della misura fiscale di cui trattasi la Commissione ha spiegato, anzitutto, che il sistema di riferimento sulla cui base occorreva ragionare corrispondeva a quello di un’imposta speciale sul fatturato derivante dalla diffusione di annunci pubblicitari. Tuttavia, secondo la Commissione, la struttura progressiva delle aliquote dell’imposta sul fatturato pubblicitario non poteva far parte di tale sistema di riferimento. Infatti, affinché quest’ultimo non possa essere considerato esso stesso costitutivo di un aiuto di Stato, la Commissione ha precisato che doveva soddisfare due condizioni, vale a dire, da un lato, essere fondato su un’aliquota unica per tutto il fatturato pubblicitario e, dall’altro, non contenere elementi idonei a concedere un vantaggio selettivo a determinate imprese.

19

La Commissione ha poi ritenuto che, nel caso di specie, la progressività della tassazione, comportando l’applicazione alle imprese non solo di differenti aliquote d’imposta marginali, ma anche di aliquote d’imposta medie differenti, costituisse una deroga al sistema di riferimento costituito da un’imposta sulla pubblicità ad aliquota unica a cui sarebbero soggetti tutti gli operatori economici che diffondono annunci pubblicitari in Ungheria.

20

Inoltre, tale istituzione ha ritenuto che il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate, riservato alle imprese che non avevano realizzato utili nel corso del 2013, costituisse anch’esso una deroga al sistema di riferimento, caratterizzato da un’imposizione basata sul fatturato. In tale contesto, secondo la Commissione, i costi gravanti sulle imprese non potrebbero essere dedotti dalla base imponibile, contrariamente a quanto avviene in materia di imposizione sugli utili. Tale meccanismo introdurrebbe pertanto una distinzione arbitraria tra due gruppi di imprese che si trovano invece in una situazione giuridica e fattuale comparabile, vale a dire, da un lato, le imprese che avevano perdite riportate dei precedenti esercizi e non hanno realizzato utili nell’esercizio 2013 e, dall’altro, le imprese che hanno realizzato utili in quest’ultimo esercizio. La possibilità di dedurre parzialmente le perdite esistenti al momento dell’adozione della legge relativa all’imposta sulla pubblicità sarebbe necessariamente selettiva, in quanto favorirebbe le imprese che presentano perdite riportate rilevanti, in particolare a causa del loro accumulo nel corso degli anni precedenti.

21

Infine, la Commissione ha considerato che la legge relativa all’imposta sulla pubblicità, come modificata dalla legge del 2015, istituiva un’imposta fondata sugli stessi principi e avente le stesse caratteristiche della sua versione iniziale. Essa ne ha tratto la conclusione che l’imposizione risultante da tale legge così modificata presentava caratteristiche identiche a quelle che avevano inizialmente portato all’individuazione di aiuti di Stato.

22

Il 16 maggio 2017 l’Ungheria ha adottato la legge n. XLVII del 2017, recante modifica della legge relativa all’imposta sulla pubblicità. In sostanza, tale legge ha soppresso con effetto retroattivo la misura fiscale di cui trattasi.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

23

Il 16 gennaio 2017 l’Ungheria ha proposto ricorso avverso la decisione controversa. Con atto separato, depositato lo stesso giorno, essa ha presentato una domanda di sospensione dell’esecuzione, che è stata respinta con l’ordinanza del presidente del Tribunale, del 23 marzo 2017, Ungheria/Commissione (T‑20/17 R, non pubblicata, EU:T:2017:203).

24

Con decisione del 30 maggio 2017 il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento della Repubblica di Polonia a sostegno delle conclusioni dell’Ungheria.

25

A sostegno del suo ricorso l’Ungheria deduceva tre motivi, vertenti, in primo luogo, sul fatto che la misura fiscale di cui trattasi è stata erroneamente qualificata come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in secondo luogo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione e, in terzo luogo, sull’esistenza di uno sviamento di potere.

26

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il primo di tali motivi, statuendo che la Commissione aveva erroneamente ritenuto che la misura fiscale di cui trattasi e il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate costituissero vantaggi selettivi. Per tale ragione esso ha annullato la decisione controversa, senza pronunciarsi sugli altri motivi del ricorso.

Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

27

Con la sua impugnazione, la Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

statuire definitivamente sulla controversia, respingendo i motivi secondo e terzo dedotti dall’Ungheria contro la decisione controversa, e condannare l’Ungheria alle spese, e

in subordine, rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca sui motivi sui quali non si è ancora pronunciato.

28

L’Ungheria, sostenuta nelle sue conclusioni dalla Repubblica di Polonia, chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione in quanto infondata, e

condannare la Commissione alle spese.

Sull’impugnazione

29

A sostegno della propria impugnazione la Commissione deduce due motivi.

Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto il Tribunale ha statuito che il carattere progressivo della misura fiscale di cui trattasi non comportava un vantaggio selettivo

30

Con il suo primo motivo la Commissione sostiene che, statuendo che il carattere progressivo della misura fiscale di cui trattasi non comportava un vantaggio selettivo a favore delle imprese che realizzano un fatturato poco elevato legato alla diffusione di annunci pubblicitari, il Tribunale ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Secondo tale istituzione, il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione di ciascuna delle tre fasi dell’analisi della selettività di tale misura. Al riguardo, la Commissione ritiene anzitutto che il Tribunale abbia erroneamente considerato che la progressività dell’imposta faceva parte del sistema di riferimento alla luce del quale occorreva valutare la selettività della misura fiscale di cui trattasi. Essa fa poi valere che il Tribunale non poteva esaminare la comparabilità delle imprese assoggettate a detta misura alla luce di un obiettivo diverso dall’obiettivo fiscale di quest’ultima. Infine, la Commissione sostiene che, nell’ambito dell’analisi della giustificazione della stessa misura, il Tribunale ha erroneamente tenuto conto di un obiettivo, vale a dire l’obiettivo di ridistribuzione, che non è intrinsecamente legato a detta misura.

31

L’Ungheria e la Repubblica di Polonia contestano tale argomento.

32

In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, gli interventi degli Stati membri nei settori che non sono stati oggetto di armonizzazione nel diritto dell’Unione non sono esclusi dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al controllo degli aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 81). Gli Stati membri devono quindi astenersi dall’adottare qualsiasi misura fiscale che possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.

33

A tale riguardo, da una costante giurisprudenza della Corte risulta anche che la qualificazione di una misura nazionale come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, richiede che siano soddisfatti tutti i requisiti seguenti. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o attraverso risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v., segnatamente, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

34

Per quanto concerne il requisito relativo alla selettività del vantaggio, inerente alla qualificazione di una misura come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, che costituisce l’unico oggetto della contestazione della Commissione nell’ambito del primo motivo della presente impugnazione, da una giurisprudenza altrettanto costante della Corte risulta che tale requisito impone di stabilire se, nell’ambito di un determinato regime giuridico, la misura nazionale in discussione sia idonea a favorire «talune imprese o talune produzioni» rispetto ad altre che si trovano, alla luce dell’obiettivo perseguito da detto regime, in situazioni di fatto e di diritto paragonabili e che sono quindi oggetto di un trattamento differenziato qualificabile, in sostanza, come discriminatorio (sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei, C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

35

Peraltro, quando la misura di cui trattasi è considerata un regime di aiuti e non un aiuto individuale, spetta alla Commissione dimostrare che tale misura, benché preveda un vantaggio di portata generale, ne attribuisca il beneficio esclusivo a talune imprese o a taluni settori di attività (v. in tal senso, segnatamente, sentenza del 30 giugno 2016, Belgio/Commissione, C‑270/15 P, EU:C:2016:489, punto 49).

36

Con riguardo in particolare alle misure nazionali che attribuiscono un vantaggio fiscale, occorre ricordare che una misura di tal genere che, pur non implicando un trasferimento di risorse statali, collochi i beneficiari in una situazione più favorevole rispetto agli altri contribuenti è idonea a recare un vantaggio selettivo ai beneficiari e di costituire pertanto un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. È quindi considerato un aiuto di Stato, in particolare, un intervento che alleggerisca gli oneri gravanti di regola sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere una sovvenzione in senso stretto, presenta la stessa natura e produce identici effetti (v., in tal senso, sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, EU:C:1994:100, punti 1314, nonché del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 7172). Per contro, non costituisce un simile aiuto ai sensi di tale disposizione un vantaggio fiscale risultante da una misura generale applicabile senza distinzione a tutti gli operatori economici (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei, C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

37

In tale contesto, ai fini della qualifica di una misura fiscale nazionale come «selettiva», la Commissione deve individuare, in un primo tempo, il sistema di riferimento, ossia il regime fiscale «normale» applicabile nello Stato membro interessato, e dimostrare, in un secondo tempo, che la misura fiscale di cui trattasi deroga a tale sistema di riferimento, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da tale sistema, in una situazione fattuale e giuridica comparabile (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei, C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

38

La nozione di «aiuto di Stato» non riguarda tuttavia le misure che stabiliscono una differenziazione tra imprese che si trovano, in relazione all’obiettivo perseguito dal regime giuridico in questione, in una situazione fattuale e giuridica comparabile, e pertanto a priori selettive, qualora lo Stato membro interessato possa dimostrare che tale differenziazione è giustificata allorché risulta dalla natura o dalla struttura del sistema fiscale in cui tali misure si inseriscono (v. in tal senso, segnatamente, sentenze del 29 aprile 2004, Paesi Bassi/Commissione, C‑159/01, EU:C:2004:246, punti 4243; del 29 marzo 2012, 3M Italia, C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 40, nonché del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei, C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 44).

39

È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, nel caso di specie, il Tribunale abbia violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, quale interpretato dalla Corte, statuendo sostanzialmente che la Commissione non aveva dimostrato che il carattere progressivo della misura fiscale di cui trattasi aveva come conseguenza l’attribuzione di un vantaggio selettivo a «talune imprese o [a] talune produzioni».

40

Con la prima parte del suo motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto addebitandole di aver valutato l’eventuale esistenza di un vantaggio selettivo alla luce di un sistema di riferimento erroneo e considerando che le aliquote d’imposta progressive adottate dal legislatore ungherese costituivano parte integrante di tale sistema di riferimento.

41

Secondo la Commissione, il vantaggio selettivo determinato dalla misura fiscale di cui trattasi risiederebbe non nell’esistenza di un’esenzione a titolo della frazione del fatturato al di sotto di un determinato importo, poiché tutte le imprese interessate beneficiano di tale esenzione per la parte del loro fatturato che non supera la soglia corrispondente allo scaglione esente, bensì nella differenza di aliquota media d’imposta risultante dalla progressività delle aliquote. Tale differenza favorirebbe le imprese che realizzano un fatturato poco elevato alleggerendo, in modo ingiustificato, l’onere fiscale che sarebbe loro imposto rispetto a quello gravante sulle altre imprese nell’ambito del sistema di riferimento, sistema consistente, secondo la Commissione, in un’imposta sul fatturato ad aliquota unica del 5,3%. Pertanto, l’imposizione ad aliquota progressiva non differirebbe dalla situazione in cui un gruppo di soggetti passivi è tassato a una determinata aliquota e un altro gruppo di soggetti passivi a un’altra aliquota, il che equivarrebbe a un trattamento differenziato di imprese comparabili.

42

Pertanto, si pone anzitutto la questione di stabilire se, come sostiene la Commissione, la progressività delle aliquote prevista dalla misura fiscale di cui trattasi dovesse essere esclusa dal sistema di riferimento alla luce del quale occorreva valutare se l’esistenza di un vantaggio selettivo potesse essere dimostrata o se, come dichiarato dal Tribunale ai punti da 78 a 83 della sentenza impugnata, essa ne faccia invece parte integrante.

43

In materia di libertà fondamentali del mercato interno, la Corte ha statuito che, allo stato attuale dell’armonizzazione del diritto fiscale dell’Unione, gli Stati membri sono liberi di istituire il sistema impositivo che ritengono più idoneo, di modo che l’applicazione di un’imposizione progressiva rientra nel potere discrezionale di ciascuno Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország, C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 49, e Tesco-Global Áruházak, C‑323/18, EU:C:2020:140, punto 69 e giurisprudenza ivi citata). Tale affermazione vale anche in materia di aiuti di Stato (v. in tal senso, segnatamente, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED, C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

44

Ne consegue che, al di fuori dei settori in cui il diritto tributario dell’Unione è oggetto di armonizzazione, la determinazione delle caratteristiche costitutive di ogni imposta rientra nel potere discrezionale degli Stati membri, nel rispetto della loro autonomia fiscale, dovendo tale potere, in ogni caso, essere esercitato nel rispetto del diritto dell’Unione. Ciò vale, in particolare, per la scelta dell’aliquota dell’imposta, che può essere proporzionale o progressiva, ma anche per la determinazione della sua base imponibile e del suo fatto generatore.

45

Tali caratteristiche costitutive definiscono quindi, in linea di principio, il sistema di riferimento o il regime fiscale «normale», a partire dal quale occorre, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 31 della presente sentenza, analizzare il requisito relativo alla selettività.

46

A tale riguardo, occorre precisare che il diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato non osta, in linea di principio, a che gli Stati membri decidano di optare per aliquote d’imposta progressive, destinate a tener conto della capacità contributiva dei soggetti passivi. Il fatto che il ricorso a un’imposizione progressiva sia, in pratica, più comune in materia di imposizione delle persone fisiche non implica che sia loro vietato ricorrervi per tener conto anche della capacità contributiva delle persone giuridiche, in particolare delle imprese.

47

Il diritto dell’Unione non osta quindi a che un’imposizione progressiva sia basata sul fatturato, anche nel caso in cui essa non sia destinata a compensare gli effetti negativi che potrebbero derivare dall’attività imponibile. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, l’importo del fatturato costituisce, in generale, sia un criterio di distinzione neutro sia un indicatore pertinente della capacità contributiva dei soggetti passivi (v., in tal senso, sentenze del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország, C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 50, e Tesco-Global Áruházak, C‑323/18, EU:C:2020:140, punto 70). Non risulta da alcuna norma né da alcun principio del diritto dell’Unione, anche in materia di aiuti di Stato, che l’applicazione di aliquote progressive sia riservata alle sole imposte sugli utili. Peraltro, al pari del fatturato, l’utile è esso stesso solo un indicatore relativo della capacità contributiva. La circostanza che esso costituisca, come ritiene la Commissione, un indicatore più pertinente o più preciso del fatturato è irrilevante in materia di aiuti di Stato, dal momento che il diritto dell’Unione in tale settore riguarda soltanto l’eliminazione dei vantaggi selettivi di cui potrebbero beneficiare talune imprese a scapito di altre che si trovino in una situazione comparabile. Lo stesso vale per l’esistenza di un’eventuale situazione di doppia imposizione economica, connessa al cumulo di un’imposta sul fatturato e di un’imposta sugli utili.

48

Da quanto precede risulta che le caratteristiche costitutive dell’imposta, di cui fanno parte le aliquote d’imposta progressive, costituiscono, in linea di principio, il sistema di riferimento o il regime fiscale «normale» ai fini dell’analisi del requisito di selettività. Ciò premesso, non è escluso che tali caratteristiche possano, in taluni casi, rivelare un elemento manifestamente discriminatorio, circostanza che spetta tuttavia alla Commissione dimostrare.

49

La sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732), non rimette in discussione le suesposte considerazioni. Al contrario, come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 40 a 45 delle sue conclusioni, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza il sistema fiscale era stato configurato secondo parametri manifestamente discriminatori, destinati a eludere il diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato. Era ciò che rivelava, in tale causa, la scelta di criteri di imposizione che favorivano talune società offshore, che appariva incoerente alla luce dell’obiettivo di creare un’imposizione generale, gravante sull’insieme delle imprese, palesato dal legislatore interessato.

50

Nel caso di specie, come risulta dai punti da 3 a 6 e 9 della presente sentenza, il legislatore ungherese, con la legge relativa all’imposta sulla pubblicità, ha istituito la misura fiscale di cui trattasi, consistente in un’imposta speciale, a scaglionamento progressivo, basata sulle entrate connesse alla diffusione di annunci pubblicitari in Ungheria, applicabile a tutte le imprese. La scala di tale imposta, che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, ha natura di imposta diretta, è stata modificata dalla legge del 2015, ma le sue caratteristiche sono rimaste immutate. La Commissione non ha dimostrato che tali caratteristiche, adottate dal legislatore ungherese avvalendosi del potere discrezionale di cui dispone nell’ambito della sua autonomia fiscale, fossero state concepite in modo manifestamente discriminatorio, al fine di eludere i requisiti del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato. In tali circostanze, la progressività delle aliquote della misura fiscale di cui trattasi doveva essere considerata inerente al sistema di riferimento o al regime fiscale «normale» alla luce del quale doveva essere valutata l’esistenza, nel caso di specie, di un vantaggio selettivo.

51

Pertanto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto nello statuire, ai punti da 78 a 83 della sentenza impugnata, che, ritenendo che la scala progressiva della misura fiscale di cui trattasi non facesse parte del sistema di riferimento alla luce del quale doveva essere valutato il carattere selettivo di tale misura, la Commissione si era erroneamente basata su un sistema di riferimento incompleto e fittizio. Ne risulta che la prima parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

52

Dal momento che un errore commesso nella determinazione del sistema di riferimento inficia necessariamente l’intera analisi del requisito relativo alla selettività [v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2018, Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione, C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punto 107], non occorre pronunciarsi sulla seconda e sulla terza parte del primo motivo.

53

Da quanto precede risulta che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in toto in quanto infondato.

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto il Tribunale ha statuito che il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate non comportava un vantaggio selettivo

54

Con il suo secondo motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere che il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate, consentendo alle imprese il cui utile al lordo delle imposte dell’esercizio 2013 fosse nullo o negativo, di dedurre il 50% delle loro perdite riportate dalla base imponibile della misura fiscale di cui trattasi per il 2014, non avesse il carattere di un vantaggio selettivo. Così facendo avrebbe disatteso la portata della sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 97).

55

L’Ungheria e la Repubblica di Polonia contestano tale argomento.

56

Al riguardo occorre ricordare che, in linea di principio, come risulta dal punto 36 della presente sentenza, un vantaggio fiscale risultante da una misura generale, che si applica senza distinzione a tutti gli operatori economici, non ha il carattere di un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

57

Come esposto ai punti da 34 a 38 della presente sentenza, per dimostrare il carattere selettivo della misura di cui trattasi, occorre verificare, alla luce del regime fiscale identificato come costituente il sistema di riferimento o il regime fiscale «normale», se tale misura introduca tra operatori che, alla luce dell’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale di cui trattasi, si trovano in una situazione fattuale e giuridica comparabile una differenziazione non giustificata dalla natura e dalla struttura di tale normativa.

58

Ne risulta, in particolare, che il fatto che solo i contribuenti che soddisfano i requisiti per l’applicazione di una misura possano beneficiare di quest’ultima non vale, di per sé, a conferire a tale misura carattere selettivo (v. in tal senso, segnatamente, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 59). Il carattere selettivo di una misura non può neppure essere dedotto dal solo fatto che essa presenta un carattere transitorio, poiché la scelta di limitarne l’applicazione nel tempo, al fine di garantire una transizione progressiva tra una vecchia e una nuova normativa fiscale, rientra nel potere discrezionale degli Stati membri ricordato al punto 44 della presente sentenza.

59

Nel caso di specie, istituendo il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate, il legislatore ungherese ha inteso ridurre l’onere fiscale gravante sulle imprese economicamente più deboli per il primo anno del loro assoggettamento alla misura fiscale di cui trattasi, tanto più che quest’ultima era stata introdotta nel corso dell’anno. Essendo stato concepito, anzitutto, come transitorio, non si può ritenere che tale meccanismo faccia parte del sistema di riferimento o del regime fiscale «normale» alla luce del quale deve essere effettuata l’analisi del suo carattere selettivo, quand’anche si avvicini a una norma relativa alla base imponibile.

60

Occorre quindi esaminare se il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate introduca una disparità di trattamento tra operatori che si trovano, rispetto all’obiettivo perseguito dalla legge relativa all’imposta sulla pubblicità, in una situazione fattuale e giuridica comparabile.

61

Su tale punto, detto meccanismo introduce una distinzione tra, da un lato, le imprese che dispongono di perdite riportate a titolo degli esercizi precedenti, purché non abbiano realizzato utili a titolo dell’esercizio 2013, e, dall’altro, quelle che hanno realizzato utili a titolo di quest’ultimo esercizio, ove solo le prime possono far valere la deducibilità di tali perdite riportate per il calcolo della base imponibile della misura fiscale di cui trattasi a titolo del 2014.

62

Alla luce dell’obiettivo di ridistribuzione perseguito dal legislatore ungherese adottando la legge relativa all’imposta sulla pubblicità, dimostrato dalla progressività della misura fiscale di cui trattasi, queste due categorie di imprese non si trovano in una situazione fattuale e giuridica comparabile. Infatti, la scelta di una base imponibile espressa in funzione del fatturato non rende incoerente, rispetto a tale obiettivo, l’emanazione di una misura transitoria che tenga conto dell’utile, dato che quest’ultimo costituisce anch’esso, come del resto sostenuto anche dalla Commissione in un’altra parte del suo argomento, un indicatore al tempo stesso neutro e pertinente, ancorché relativo, della capacità contributiva delle imprese.

63

Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 109 delle sue conclusioni e come statuito dal Tribunale al punto 122 della sentenza impugnata, il criterio relativo all’assenza di utili a titolo dell’esercizio 2013 riveste, al riguardo, un carattere oggettivo, dal momento che le imprese interessate hanno, da tale punto di vista, una capacità contributiva inferiore rispetto alle altre alla data di entrata in vigore della legge relativa all’imposta sulla pubblicità, nel corso del 2014.

64

Il legislatore ungherese poteva quindi, senza violare il diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato, combinare, per il primo anno di applicazione di tale legge, la misura della capacità contributiva risultante dall’importo del fatturato con un dispositivo che consentisse di tener conto delle perdite riportate dalle imprese che non avevano realizzato utili a titolo dell’esercizio 2013.

65

La circostanza che le imprese che potevano beneficiare del meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate fossero già identificabili alla data in cui la misura fiscale di cui trattasi è stata istituita non è, di per sé, idonea a rimettere in discussione tale conclusione.

66

Del resto, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui il Tribunale, ai punti da 119 a 122 della sentenza impugnata, avrebbe disatteso la portata della sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732), statuendo che le autorità ungheresi, con l’adozione del meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate, hanno introdotto una differenziazione fondata su un criterio oggettivo e aleatorio che non comporta alcuna selettività.

67

Occorre ricordare, a tale riguardo, che, ai punti da 77 a 83 di quest’ultima sentenza, la Corte ha dichiarato, in particolare, che misure fiscali che istituivano una condizione relativa alla presa in considerazione degli utili realizzati da un soggetto passivo non potevano, per questo solo fatto, essere considerate selettive, in quanto simili utili sono la conseguenza del fatto aleatorio che l’operatore in questione ricavi poco o, al contrario, molto nel corso del periodo impositivo. Orbene, come sostanzialmente statuito dal Tribunale al punto 120 della sentenza impugnata, sebbene tale ragionamento sia stato seguito nel contesto di una causa in cui la base imponibile delle misure fiscali di cui trattasi era fondata su criteri diversi dagli utili, quali il numero di dipendenti e l’occupazione di locali professionali, esso si applica anche quando il vantaggio fiscale di cui trattasi è, come nel caso di specie, fondato su una riduzione della base imponibile che si rifà al fatturato, tenendo conto dell’assenza di utili nel corso di un determinato esercizio nonché dell’esistenza di perdite riportate e, a tale titolo, si inserisce nell’obiettivo stesso di ridistribuzione perseguito dalla normativa fiscale di cui fa parte tale vantaggio, articolata sulla capacità contributiva delle imprese assoggettate.

68

Ne consegue, come correttamente statuito dal Tribunale ai punti da 117 a 123 della sentenza impugnata, che la Commissione ha erroneamente ritenuto che il meccanismo di deducibilità parziale delle perdite riportate istituisse un vantaggio selettivo, costitutivo di un aiuto di Stato, a favore delle imprese il cui utile al lordo delle imposte dell’esercizio 2013 era nullo o negativo e che disponevano di perdite riportate. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non si può al riguardo addebitare al Tribunale di aver statuito ultra petita. Il secondo motivo di impugnazione deve quindi essere respinto in quanto infondato.

69

Poiché i due motivi dedotti dalla Commissione a sostegno della sua impugnazione devono essere respinti, quest’ultima deve essere respinta in toto.

Sulle spese

70

Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’Ungheria.

71

L’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura prevede che, qualora una parte interveniente in primo grado che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione partecipi alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte, quest’ultima può decidere che le spese sostenute da detta parte interveniente restino a suo carico. Nel caso di specie, la Repubblica di Polonia, interveniente in primo grado, ha partecipato, senza aver proposto l’impugnazione, alle fasi scritta e orale del procedimento dinanzi alla Corte. Poiché la Repubblica di Polonia è intervenuta a sostegno delle conclusioni dell’Ungheria e ha chiesto la condanna della Commissione alle spese, occorre condannare quest’ultima alle spese sostenute dalla Repubblica di Polonia [v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2018, Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione, C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punti 113114].

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Commissione europea è condannata alle spese, comprese quelle sostenute dalla Repubblica di Polonia.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.

Top