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Document 62019CC0703

    Conclusioni dell’avvocato generale J. Richard de la Tour, presentate il 12 novembre 2020.
    J.K. contro Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Katowicach.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny.
    Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 98, paragrafo 2 – Facoltà per gli Stati membri di applicare una o due aliquote IVA ridotte a talune cessioni di beni e prestazioni di servizi – Qualificazione di un’attività commerciale come “prestazione di servizi” – Allegato III, punto 12 bis – Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 – Articolo 6 – Nozione di “servizi di ristorazione e catering” – Pasti pronti per il consumo immediato in loco nei locali del venditore o in un’area di ristorazione – Pasti pronti per il consumo immediato da asporto.
    Causa C-703/19.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:921

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JEAN RICHARD DE LA TOUR

    presentate il 12 novembre 2020 ( 1 )

    Causa C‑703/19

    J.K.

    contro

    Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Katowicach,

    con l’intervento di

    Rzecznik Małych i Średnich Przedsiębiorców

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)]

    «Domanda di pronuncia pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 98 – Facoltà degli Stati membri di applicare una o due aliquote IVA ridotte a talune cessioni di beni e prestazioni di servizi – Classificazione di un’attività commerciale come “cessione di beni” o “prestazione di servizi” – Allegato III, punti 1 e 12 bis – Nozioni di “prodotti alimentari” e di “servizi di ristorazione e di catering” – Pasti pronti per il consumo immediato in loco nei locali del venditore o in un’area di ristorazione – Pasti pronti per il consumo immediato da asporto»

    I. Introduzione

    1.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( 2 ), in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto ( 3 ).

    2.

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia avente ad oggetto l’assoggettamento ad imposta ad aliquota ridotta di operazioni di fornitura di alimenti secondo vari metodi di vendita in locali di ristorazione rapida, organizzati in base ad un contratto di franchising.

    3.

    Tali circostanze condurranno la Corte ad interpretare per la prima volta la definizione della nozione di «servizi di ristorazione e di catering» adottata dal legislatore dell’Unione, nel contesto particolare della facoltà conferita agli Stati membri di applicare due aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) a talune categorie di beni o servizi.

    4.

    La mia analisi mi condurrà a ricordare a quali condizioni tale facoltà può essere esercitata ai sensi della giurisprudenza della Corte e a suggerire che venga adottato un criterio generale per distinguere la nozione di «prodotti alimentari» da quella di «servizi di ristorazione e di catering» ai fini dell’assoggettamento ad imposta ad aliquote ridotte della fornitura di piatti pronti per il consumo accompagnati da servizi di supporto allorché essi sono caratterizzati dalla varietà della loro natura e del loro grado di importanza che non consente un facile raffronto con le circostanze che hanno precedentemente giustificato il rinvio alla Corte.

    II. Contesto normativo

    A.   Il diritto dell’Unione

    1. La direttiva IVA

    5.

    Nel titolo VIII della direttiva IVA, intitolato «Aliquote», al capo 2, intitolato «Struttura e livello delle aliquote», la sezione 1, dedicata all’«[a]liquota normale», contiene l’articolo 96, che dispone quanto segue:

    «Gli Stati membri applicano un’aliquota IVA normale fissata da ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi» ( 4 ).

    6.

    L’articolo 98 della direttiva IVA ( 5 ), contenuto nella sezione 2 di tale capo 2, intitolata «Aliquote ridotte», dispone quanto segue ( 6 ):

    «1.   Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte.

    2.   Le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell’allegato III.

    Le aliquote ridotte non si applicano ai servizi forniti per via elettronica.

    3.   Quando applicano le aliquote ridotte previste al paragrafo 1 alle categorie relative a beni, gli Stati membri possono far ricorso alla nomenclatura combinata [ ( 7 )] per delimitare con precisione la categoria in questione».

    7.

    L’articolo 99 della direttiva IVA dispone quanto segue:

    «1.   Le aliquote ridotte sono fissate ad una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5%.

    2.   Ogni aliquota ridotta è fissata in misura tale che l’ammontare dell’IVA risultante dall’applicazione di questa aliquota consente normalmente di detrarre la totalità dell’imposta per la quale è accordato il diritto a detrazione a norma degli articoli da 167 a 171 e degli articoli da 173 a 177».

    8.

    L’allegato III della direttiva IVA è intitolato «Elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate alle aliquote ridotte di cui all’articolo 98». Il punto 1 dello stesso menziona, segnatamente, i prodotti alimentari (incluse le bevande, ad esclusione tuttavia delle bevande alcoliche) destinati al consumo umano. Al punto 12 bis di tale allegato, inserito dalla direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5 maggio 2009, recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto ( 8 ), si fa riferimento ai servizi di ristorazione e di catering. La fornitura di bevande (alcoliche e/o analcoliche) può essere esclusa.

    2. Il regolamento di esecuzione n. 282/2011

    9.

    Ai sensi del considerando 10 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, «[o]ccorre definire chiaramente i servizi di ristorazione e di catering, la distinzione fra i due servizi e il trattamento appropriato dei medesimi».

    10.

    L’articolo 6 di tale regolamento di esecuzione dispone quanto segue:

    «1.   I servizi di ristorazione e di catering consistono nella fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, destinati al consumo umano, accompagnata da servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato. La fornitura di cibi o bevande o di entrambi costituisce solo una componente dell’insieme in cui i servizi prevalgono. Nel caso della ristorazione tali servizi sono prestati nei locali del prestatore, mentre nel caso del catering i servizi sono prestati in locali diversi da quelli del prestatore.

    2.   La fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, compreso o meno il trasporto ma senza altri servizi di supporto, non è considerata un servizio di ristorazione o di catering ai sensi del paragrafo 1».

    B.   Il diritto polacco

    11.

    L’articolo 5a dell’ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi) ( 9 ), dell’11 marzo 2004, nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale ( 10 ), dispone quanto segue:

    «I beni o servizi che sono oggetto delle operazioni di cui all’articolo 5, menzionati nelle classificazioni elaborate sulla base delle disposizioni relative alle statistiche ufficiali, sono identificati con l’ausilio di tali classificazioni, allorquando le disposizioni giuridiche o i regolamenti di esecuzione prevedono simboli statistici per tali beni o servizi».

    12.

    L’articolo 3, paragrafo 1, del rozporządzenie Rady Ministrów w sprawie Polskiej Klasyfikacji Wyrobów i Usług (regolamento del Consiglio dei ministri sulla classificazione polacca dei prodotti e dei servizi) ( 11 ), del 4 settembre 2015, dispone quanto segue:

    «Ai fini:

    1)

    dell’imposizione IVA,

    (...)

    fino al 31 dicembre 2017, la classificazione polacca dei beni e dei servizi introdotta dal rozporządzenie Rady Ministrow w sprawie Polskiej Klasyfikacji Wyrobów i Usług [regolamento del Consiglio dei ministri sulla classificazione polacca dei beni e dei servizi ( 12 )] (PKWiU), del 29 ottobre 2008, è applicabile».

    13.

    Ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della legge sull’IVA, l’aliquota IVA normale è pari al 22%. L’articolo 41, paragrafo 2a, di tale legge dispone quanto segue:

    «L’aliquota applicabile ai beni elencati nell’allegato 10 della presente legge è pari al 5%».

    14.

    Nell’allegato 10 della legge sull’IVA, la posizione 28 è intitolata «Piatti pronti per il consumo, ad esclusione dei prodotti con un contenuto di alcol superiore all’1,2%».

    15.

    L’articolo 3, paragrafo 1, punto 1, del rozporządzenie Ministra Finansów w sprawie towarów i usług dla których obniża się stawkę podatku od towarów i usług oraz warunków stosowania stawek obniżonych (regolamento del Ministro delle Finanze relativo ai beni e servizi soggetti a una riduzione dell’aliquota IVA e alle condizioni di applicazione delle aliquote ridotte) ( 13 ), del 23 dicembre 2013, dispone quanto segue:

    «L’aliquota IVA di cui all’articolo 41, paragrafo 1, della legge [sull’IVA] è ridotta all’8% per:

    1)

    i beni e i servizi elencati nell’allegato del presente regolamento».

    16.

    Il punto III, posizione 7, dell’allegato di tale regolamento dispone quanto segue:

    «Servizi di ristorazione e di vendita di bevande (PKWiU ex [ ( 14 )] 56) [ ( 15 )], ad esclusione della vendita di:

    1)

    bevande alcoliche con un contenuto di alcol superiore all’1,2%,

    2)

    bevande alcoliche costituite da una miscela di birra e di bevande analcoliche con un contenuto di alcol superiore allo 0,5%,

    3)

    bevande per la cui preparazione viene utilizzato un infuso di caffè o tè, indipendentemente dalla percentuale (...) nella bevanda preparata,

    4)

    bevande analcoliche gasate,

    5)

    acque minerali,

    6)

    altri prodotti non lavorati assoggettati all’aliquota di cui all’articolo 41, paragrafo 1, della legge [sull’IVA]».

    17.

    La sezione 56.1 della PKWiU, intitolata «servizi di ristorazione e di catering mobile», comprende segnatamente le sottosezioni 56.10.11 («servizi completi di ristorazione a tavola»), 56.10.13 («servizi di ristorazione self-service») e 56.10.19 («altri servizi di ristorazione»).

    18.

    Il giudice del rinvio ritiene che la PKWiU vada interpretata con riferimento al rozporządzenie Rady Ministrów w sprawie Polskiej Klasyfikacji Działalności (regolamento del Consiglio dei ministri sulla classificazione polacca delle attività) ( 16 ), del 24 dicembre 2007 e, in particolare, alla sezione 56 dello stesso e alle sottosezioni che essa comprende. Tale sezione comprende le attività di prestazione di servizi connesse con la fornitura di pasti destinati alla consumazione immediata nei ristoranti, compresi i ristoranti self-service e i ristoranti che propongono piatti da asporto, con o senza posti a sedere. Ciò che rileva, a tale riguardo, non è il tipo di struttura che serve i pasti, ma il fatto che questi ultimi siano destinati alla consumazione immediata. La sottosezione 56.10.A, intitolata «Ristoranti e altri punti di ristorazione permanenti», comprende i servizi di ristorazione forniti a clienti seduti al tavolo, o a clienti che scelgono i propri piatti da un menu affisso, non rilevando il fatto che i clienti li consumino in loco, li portino via o se li facciano consegnare. Tale sottosezione comprende le attività dei ristoranti, dei bar, dei locali di ristorazione rapida o da asporto, delle gelaterie, delle pizzerie, dei ristoranti o bar gestiti su mezzi di trasporto e gestiti da entità distinte.

    19.

    Il giudice del rinvio precisa che tale metodo di regolamentazione del campo di applicazione dei «servizi di ristorazione» nella PKWiU ha influito sul settore rientrante nella categoria «Piatti pronti per il consumo, con esclusione dei prodotti contenenti oltre l’1,2% di alcol» (ex 10.85.1). Il riferimento alla PKD riduce tale categoria alla sottosezione 10.85.Z della PKD, che concerne la «[p]roduzione di pasti e di piatti pronti per il consumo». Tale sottosezione comprende la produzione di pasti e di piatti pronti per il consumo (vale a dire preparati, conditi e cotti), congelati o conservati, composti da almeno due ingredienti diversi (ad eccezione delle spezie, ecc.), che sono di norma confezionati ed etichettati per la rivendita. Detta sottosezione non comprende la preparazione di pasti destinati a un consumo immediato, classificata nelle sottosezioni corrispondenti della sezione 56 della PKD.

    III. I fatti di cui al procedimento principale e le questioni pregiudiziali

    20.

    Secondo le osservazioni scritte presentate alla Corte, il ricorrente nel procedimento principale è affiliato a una catena di locali per la ristorazione rapida (o fast-food), ossia la McDonald’s Polska sp. z o.o. Esso esercita un’attività di vendita di pasti e piatti pronti per il consumo, come panini, crocchette di patate, insalate, patatine fritte, broccoli, gelati, frullati, succhi di frutta, ecc. Tali prodotti sono serviti su un vassoio con cui il cliente riceve salviette usa e getta e, per alcuni prodotti, posate o una cannuccia. I pasti e i piatti vengono preparati in loco utilizzando prodotti semilavorati. Possono essere serviti caldi o freddi e possono essere consumati in loco o portati via dal compratore.

    21.

    Durante la sua attività economica, il ricorrente applica diversi metodi di vendita:

    vendita di prodotti ai clienti all’interno del ristorante («in-store»),

    vendita, dall’esterno del ristorante, di prodotti destinati al consumo al di fuori del ristorante a consumatori in auto o a piedi («drive-in» o «walk-through»), e

    vendita di prodotti a clienti all’interno di centri commerciali in aree designate, ossia in aree di ristorazione («food court»).

    22.

    Nel settembre 2016 l’Urząd kontroli skarbowej (amministrazione tributaria, Polonia) ha eseguito un controllo delle dichiarazioni IVA del ricorrente, nonché della liquidazione e del pagamento di tale imposta per il periodo compreso tra il 1o gennaio e il 30 giugno 2016.

    23.

    A seguito di tale controllo, l’amministrazione tributaria ha ritenuto che tutte le attività del ricorrente dovessero essere classificate come «servizi di ristorazione e di vendita di bevande» soggette all’aliquota IVA dell’8%, e non come cessioni di «piatti pronti per il consumo», alle quali si applica l’aliquota IVA del 5%, come aveva dichiarato il ricorrente. Il motivo è che i beni venduti non rientrano nella categoria 10.85.1. della PKWiU, che non include servizi. Secondo tale amministrazione, il pasto stesso, il fatto che sia preparato per il consumo in loco e la possibilità di consumarlo immediatamente sono elementi essenziali per ritenere che si tratti di un servizio di ristorazione e non di una fornitura di piatti pronti per il consumo.

    24.

    Con decisione del 21 aprile 2017, l’amministrazione tributaria ha rettificato l’importo dell’IVA dovuta dal ricorrente per il periodo in esame.

    25.

    Con sentenza del 1o marzo 2018, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Gliwicach (tribunale amministrativo del voivodato di Gliwice, Polonia) ha respinto il ricorso presentato dal ricorrente avverso la decisione dell’amministrazione finanziaria, sulla base degli stessi motivi e avendo preso in considerazione la qualificazione dell’operazione imponibile da parte del cliente.

    26.

    Il giudice del rinvio Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), dinanzi al quale il ricorrente ha impugnato tale decisione, solleva dubbi, alla luce dei requisiti del diritto dell’Unione, per quanto concerne il recepimento da parte del legislatore polacco dell’articolo 98 della direttiva IVA, compreso l’allegato III della stessa, in ragione del rinvio effettuato non alla nomenclatura combinata, ma alla PKWiU, che è una classificazione delle attività a fini statistici che definisce la portata della nozione di «servizi di ristorazione» in funzione dell’attività di entità specifiche, e non, come nel caso dell’IVA, sulla base dell’oggetto dell’imposta. Pertanto, l’espressione «servizi di ristorazione e di vendita di bevande» utilizzata per designare il codice PKWiU ex 56, ha una portata più ampia rispetto ai «servizi di ristorazione» di cui alla direttiva IVA. Conseguentemente, essa inciderebbe sull’ambito di applicazione della categoria di beni intitolata «Piatti pronti per il consumo». Inoltre, tale nozione dovrebbe essere interpretata conformemente alla giurisprudenza della Corte.

    27.

    Il giudice del rinvio ritiene altresì che la circostanza che il ricorrente contesti la pertinenza delle classificazioni statistiche al fine di stabilire l’aliquota IVA applicabile alla vendita di piatti pronti per il consumo conduca ad attribuire un’importanza decisiva al fatto di classificare tali servizi nell’ambito dei «servizi di ristorazione» o di non includerveli. Tale giudice ritiene che siano determinanti le diverse condizioni in cui vengono serviti i piatti venduti. Dal punto di vista del cliente medio, la vendita per il consumo in loco in un’infrastruttura adattata a tal fine, senza servizi specializzati e con una personalizzazione limitata dell’ordine dei piatti dovrebbe essere distinta dalla vendita di prodotti alimentari a clienti che si recano in un luogo appropriato al di fuori del punto vendita con il loro veicolo («drive-in») o a piedi («walk-through»), così come dalla vendita in un’area di ristorazione («food court»). In tali casi, per il cliente, la possibilità di utilizzare l’infrastruttura offerta dal ricorrente non costituirebbe un elemento essenziale della prestazione fornita dal ricorrente.

    28.

    Inoltre, il giudice del rinvio solleva la questione, alla luce della giurisprudenza della Corte, della pertinenza del criterio basato sul metodo di preparazione dei piatti, che distingue i piatti destinati al consumo in loco da quelli che non possono essere consumati direttamente. Esso sottolinea, a tale riguardo, che ciascuno dei sistemi di vendita dei piatti pronti per il consumo attuato dal ricorrente presenta elementi attinenti, al contempo, alla cessione di beni e alla prestazione di servizi. Tuttavia, questa seconda qualificazione dipende dalla portata dell’infrastruttura offerta al cliente e dalla scelta del cliente di fruirne.

    29.

    Pertanto, la Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se nell’ambito della nozione di “servizio di ristorazione”, alla quale si applica un’aliquota dell’IVA ridotta [articolo 98, paragrafo 2, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, della direttiva IVA], in combinato disposto con l’articolo 6 del regolamento [di esecuzione n. 282/2011,] rientri la vendita di piatti pronti per il consumo che avviene alle condizioni di cui alla controversia pendente davanti al giudice del rinvio, ossia nell’ipotesi in cui:

    un venditore mette a disposizione degli acquirenti un’infrastruttura che rende possibile il consumo in loco del pasto acquistato (spazio separato destinato alla consumazione, accesso alla toilette);

    manca un servizio specializzato fornito da camerieri;

    non c’è servizio in senso stretto;

    il processo di ordinazione è semplificato e parzialmente automatizzato;

    il cliente ha possibilità limitate di personalizzare l’ordinazione.

    2)

    Se, ai fini della soluzione della prima questione, sia rilevante il metodo di preparazione dei piatti che consiste, segnatamente, nel sottoporre a trattamento termico alcuni prodotti semilavorati e nel confezionare piatti pronti a partire da prodotti semilavorati.

    3)

    Se, ai fini della soluzione della prima questione, sia sufficiente che il cliente abbia la possibilità di fruire eventualmente dell’infrastruttura messa a disposizione o se sia necessario stabilire che, dal punto di vista del consumatore medio, detto elemento costituisce una parte essenziale della prestazione».

    30.

    Il ricorrente, il Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Katowicach (direttore dell’amministrazione finanziaria di Katowice, Polonia), il Rzecznik Małych i Średnich przedsiębiorców (mediatore per le piccole e medie imprese, Polonia), il governo polacco e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. La Corte ha deciso di statuire sulla causa senza udienza di discussione.

    IV. Analisi

    A.   Osservazioni preliminari

    31.

    Dalla formulazione delle questioni pregiudiziali, che ritengo debbano essere esaminate congiuntamente, emerge che il giudice del rinvio chiede alla Corte se le varie attività di vendita di piatti pronti per il consumo immediato, come quelle di cui al procedimento principale, presso luoghi di ristorazione rapida, possano essere definite «servizi di ristorazione» ai quali può essere applicata un’aliquota IVA ridotta ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di detta direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011.

    32.

    Tuttavia, dalla motivazione della decisione di rinvio emerge chiaramente che la stessa è in parte giustificata da dubbi sul recepimento nel diritto polacco del diritto dell’Unione applicabile. Alcune osservazioni scritte presentate alla Corte sono state elaborate con riferimento a tale aspetto.

    33.

    Pertanto, mi sembra opportuno ricordare l’oggetto della controversia nell’ambito del quale la Corte è adita e il suo contesto. Tale oggetto è la qualificazione di operazioni di fornitura di pasti o come «servizi di ristorazione» o come cessioni di «piatti pronti per il consumo», ai quali sono applicabili due aliquote IVA ridotte diverse, vale a dire l’8% per i primi, dal momento che il prodotto può essere consumato immediatamente, e il 5% per le seconde, se il prodotto non soddisfa tale condizione. Tale distinzione è fatta con riferimento a una classificazione statistica nazionale delle attività economiche di cui il giudice del rinvio evidenzia il carattere determinante e le differenze rispetto alla nomenclatura combinata.

    34.

    È vero che detto giudice si interroga preliminarmente sull’opportunità di tale metodo scelto dal legislatore polacco per dare attuazione alla facoltà di fissare una o due aliquote IVA ridotte offerta dall’articolo 98 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III di quest’ultima. Tuttavia, il rinvio alla Corte non riguarda la compatibilità della legislazione polacca con il diritto dell’Unione in materia di IVA, e in particolare con l’allegato III, punti 1 e 12 bis, di detta direttiva, di cui essa avrebbe superato i limiti ( 17 ). In altri termini, il rinvio alla Corte non ha ad oggetto la scelta di applicare un’aliquota IVA ridotta a beni o servizi non elencati nell’allegato III, il che determinerebbe la necessità di applicare l’aliquota normale dell’IVA.

    35.

    Cionondimeno, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che, in ragione della diversità delle operazioni di ristorazione rapida oggetto del procedimento principale, il giudice del rinvio esprime dubbi riguardo all’applicazione selettiva di due aliquote ridotte fissate dal legislatore polacco per assoggettare ad imposta la vendita di alimenti, tenendo conto della definizione di «servizi di ristorazione e di catering» utilizzata sia dal legislatore dell’Unione sia dalla Corte. A tale riguardo, va sottolineato che detta domanda è in linea con i precedenti che hanno dato luogo alle sentenze del 2 maggio 1996, nella causa Faaborg-Gelting Linien ( 18 ), e del 10 marzo 2011, nella causa Bog e a. ( 19 ), rese in materia di assoggettamento ad IVA per la fornitura di pasti o di cibi con o senza servizi di supporto.

    36.

    Tuttavia, nel caso di specie, l’analisi della portata di tali decisioni risulta delicata. Invero, va sottolineato, da una parte, che il quadro legislativo in cui la Corte si è pronunciata si è evoluto ( 20 ) e, dall’altra, che le operazioni di ristorazione rapida oggetto del procedimento principale presentano caratteristiche che, a seconda delle condizioni di vendita degli alimenti e della scelta del cliente, possono essere quelle di una cessione di beni o di una prestazione di servizi. Pertanto, a mio avviso, il procedimento principale rivela difficoltà senza precedenti per giungere a distinguere la nozione di «prodotti alimentari» da quella di «servizi di ristorazione».

    37.

    In tali circostanze, dal momento che la qualificazione delle operazioni di fornitura di cibi imponibili ad aliquote ridotte, conformemente all’allegato III della direttiva IVA, è un presupposto indispensabile per la verifica dell’applicabilità di aliquote diverse dell’IVA a una categoria di tale allegato, è compito della Corte definire i criteri per effettuare tale valutazione che spetta al giudice nazionale.

    38.

    Suggerisco pertanto alla Corte di considerare che ciò che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, è se l’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA e l’allegato III, punti 1 e 12 bis, di quest’ultima, letti in combinato disposto con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, debbano essere interpretati nel senso che le diverse attività di fornitura di piatti pronti per il consumo immediato in locali di ristorazione rapida rientrano nella nozione di «servizi di ristorazione e di catering» o in quella di «prodotti alimentari», ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta.

    39.

    In considerazione del contesto di tale domanda che ho appena evidenziato, l’esame della stessa giustifica il richiamo dei principi applicabili all’assoggettamento ad imposta ad aliquota ridotta delle operazioni soggette all’IVA, in generale, e ai «servizi di ristorazione e di catering», in particolare, prima di esporre gli elementi utili all’interpretazione che potrebbe esserne data ai fini della loro applicazione alle operazioni in questione.

    B.   L’assoggettamento ad imposta ad aliquota ridotta delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi

    40.

    Ai sensi dell’articolo 96 della direttiva IVA, ciascuno Stato membro fissa e applica un’aliquota IVA normale che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi.

    41.

    In deroga a detto principio, l’articolo 98 di tale direttiva prevede la possibilità di applicare una o due aliquote IVA ridotte. A tal fine, l’allegato III della citata direttiva elenca in maniera esaustiva le categorie di cessioni di beni e di prestazioni di servizi che possono essere assoggettate alle aliquote ridotte ( 21 ).

    42.

    La finalità di tale allegato è rendere meno onerosi, e quindi maggiormente accessibili al consumatore finale, sul quale grava in definitiva l’IVA, taluni beni ritenuti particolarmente necessari ( 22 ). Per quanto riguarda i prodotti alimentari, la Corte li ha considerati beni essenziali ( 23 ).

    43.

    Quanto al contenuto specifico dell’allegato III della direttiva IVA, la Corte ha dichiarato che occorre riconoscere un ampio margine discrezionale al legislatore dell’Unione, poiché quando adotta una misura di carattere fiscale esso è chiamato a operare scelte di natura politica, economica e sociale, nonché a stabilire un ordine di priorità tra interessi divergenti o a effettuare valutazioni complesse ( 24 ).

    44.

    La Corte ha precisato che, nell’ambito di tale ampio margine discrezionale di cui dispone il legislatore dell’Unione in sede di adozione di una misura fiscale, quest’ultimo ha inteso, nel redigere l’allegato III della direttiva IVA, che i beni essenziali nonché i beni e i servizi corrispondenti a scopi sociali o culturali, purché non presentassero alcun rischio o presentassero pochi rischi di distorsione della concorrenza, potessero essere assoggettati ad un’aliquota IVA ridotta ( 25 ).

    45.

    Pertanto, l’allegato III della direttiva IVA prevede che gli Stati membri possano applicare una o più aliquote IVA ridotte alle seguenti categorie: «1) [p]rodotti alimentari (...)» e «12 bis) servizi di ristorazione e catering (...)».

    46.

    La Corte ha ricordato che l’applicazione da parte degli Stati membri di una o due aliquote IVA ridotte non è obbligatoria e costituisce una deroga al principio secondo il quale si applica l’aliquota normale. Di conseguenza, secondo la sua costante giurisprudenza, le disposizioni applicabili in materia devono essere interpretate restrittivamente ( 26 ) e conformemente al senso abituale delle espressioni di cui trattasi ( 27 ).

    47.

    Inoltre, ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 3, della direttiva IVA, per l’applicazione di aliquote ridotte alle categorie di beni elencate nell’allegato III di detta direttiva, gli Stati membri «possono far ricorso alla nomenclatura combinata per delimitare con precisione la categoria in questione».

    48.

    A tale riguardo, la Corte ha affermato che il ricorso a tale nomenclatura combinata non è che uno dei vari modi di delimitare con precisione la categoria in questione ( 28 ).

    49.

    A quanto mi risulta, la Corte non è mai stata interpellata in ordine alle condizioni nelle quali gli Stati membri possono esercitare il diritto di applicare aliquote IVA ridotte secondo la categoria di cui all’allegato H della sesta direttiva o all’allegato III della direttiva IVA. Più in generale, ad eccezione della sentenza del 3 maggio 2001, Commissione/Francia ( 29 ), le precedenti sentenze della Corte riguardano l’applicazione di una sola aliquota ridotta dell’IVA e hanno ad oggetto la limitazione dell’applicazione di quest’ultima a taluni beni ( 30 ) o servizi ( 31 ) in un’unica categoria.

    50.

    Tenuto conto delle circostanze del procedimento principale, mi sembra opportuno evidenziare che l’articolo 98 della direttiva IVA non contiene alcuna restrizione in ordine alla determinazione delle aliquote IVA ridotte e alle relative modalità di applicazione in funzione delle categorie di beni o di servizi di cui all’allegato III di tale direttiva ( 32 ). Pertanto, ciascuna di tali categorie, o persino una parte di esse, può essere soggetta a due aliquote IVA diverse, ridotte o meno, a seconda degli obiettivi perseguiti dagli Stati membri ( 33 ). In altri termini, una stessa aliquota IVA ridotta può essere applicata alla cessione di un bene e a una prestazione di servizi ( 34 ).

    51.

    A tal riguardo, occorre sottolineare che l’armonizzazione delle norme applicabili in materia di IVA da parte del legislatore dell’Unione, mediante un numero molto elevato di testi, tra i quali occorre ricordare la sesta direttiva che è stata sostituita e codificata dalla direttiva IVA, ha costantemente conferito agli Stati membri la libertà di applicare tali norme e in particolare quelle relative alla scelta delle aliquote fissate in funzione del bene o del servizio interessato.

    52.

    Cionondimeno, tale facoltà offerta agli Stati membri di applicare diverse aliquote IVA a beni o servizi non può dispensare gli Stati membri dal rispettare alcuni principi comuni. Da un lato, conformemente al diritto dell’Unione applicabile in materia di IVA, le operazioni imponibili devono essere distinte in funzione del loro oggetto ( 35 ).

    53.

    Dall’altro, ai sensi di una giurisprudenza costante della Corte, gli Stati membri devono rispettare il principio di neutralità fiscale allorché scelgono di applicare l’aliquota IVA ridotta a taluna delle 24 categorie di beni o servizi contenuti nell’allegato III della direttiva IVA ( 36 ) e, se del caso, limitarne l’applicazione in modo selettivo a una parte dei beni o servizi di ciascuna di tali categorie ( 37 ), il che conferisce, peraltro, pieno significato all’obbligo, richiamato al precedente paragrafo delle presenti conclusioni, di distinguere i beni dai servizi.

    54.

    Tale principio osta a che, dal punto di vista dell’IVA, beni o prestazioni di servizi simili, che si trovano in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in modo diverso ( 38 ).

    55.

    Trattandosi di un principio intrinseco al sistema comune dell’IVA ( 39 ), ritengo che tale giurisprudenza possa essere trasposta alle legislazioni nazionali che hanno fissato due aliquote ridotte dell’IVA su beni o servizi.

    56.

    Pertanto, fatte salve tali riserve, spetta agli Stati membri determinare con maggiore precisione tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi incluse nelle categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA quelle alle quali si applicano l’aliquota o le aliquote IVA ridotte ( 40 ).

    57.

    Inoltre, l’applicazione selettiva dell’aliquota IVA ridotta deve potersi giustificare in ragione di elementi concreti e specifici della categoria dell’allegato III di cui trattasi ( 41 ).

    58.

    Dal richiamo al complesso di tali principi discende, da un lato, che la Corte procede a una verifica della normativa nazionale quando viene interrogata sul rispetto dell’ambito di applicazione di una delle categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA o quando viene invocato un pregiudizio al principio di neutralità fiscale e il giudice del rinvio ha fornito alla Corte elementi di valutazione relativi agli obiettivi perseguiti dal legislatore nazionale nella scelta dell’aliquota o delle aliquote IVA ridotte.

    59.

    Pertanto, spetta al giudice nazionale accertare che la scelta del legislatore nazionale di applicare un’aliquota IVA ridotta – come ad esempio nel caso di specie – alla fornitura di cibi o a servizi di ristorazione, riguardi operazioni che rientrano nell’ambito di applicazione di tale allegato III, precisamente del punto 1 o del punto 12 bis, e che il diverso trattamento, dal punto di vista dell’IVA, di beni o servizi che rientrerebbero nella stessa categoria, sia stato effettuato conformemente al principio di neutralità fiscale.

    60.

    D’altro canto, se tali condizioni sono rispettate, il fatto che le disposizioni nazionali classifichino, senza fare riferimento alla nomenclatura combinata ( 42 ), beni e servizi assoggettati ad imposta alla stessa aliquota IVA ridotta in un’unica categoria, senza operare alcuna distinzione formale tra quelli che rientrano in un punto di cui all’allegato III della direttiva IVA come beni e quelli che vi rientrano come servizi ( 43 ) sfugge a qualsiasi controllo della Corte. Analogamente, è irrilevante che il legislatore nazionale abbia scelto di utilizzare termini simili a quelli di un punto dell’allegato III della direttiva IVA per designare una categoria della classificazione nazionale, pur designando al contempo un campo di applicazione più ampio ( 44 ), sempre che i beni e i servizi ivi indicati siano assoggettabili ad imposta in base all’aliquota IVA ridotta conformemente all’articolo 98 della direttiva IVA, e il principio di neutralità fiscale sia rispettato. Diverso sarebbe il caso se il legislatore nazionale avesse inteso riferirsi nella sua classificazione di riferimento unicamente, ad esempio, ai servizi di cui all’allegato III, punto 12 bis, di tale direttiva, senza rispettare le condizioni di applicazione dell’aliquota IVA ridotta scelta.

    61.

    Di conseguenza, per quanto riguarda il procedimento principale, la questione della qualificazione delle operazioni di cui trattasi ha senso unicamente se deve condurre al loro assoggettamento ad imposta a un’altra aliquota IVA ridotta in tutto o in parte, alla luce del principio di neutralità fiscale, il che porterebbe il giudice del rinvio a interrogarsi sulla scelta del legislatore polacco di assoggettare ad imposta pari al 5% la categoria dei «piatti pronti per il consumo», definita come comprendente qualsiasi attività di fabbricazione di piatti pronti per il consumo che non sono destinati a un consumo immediato, in contrasto con la definizione delle attività connesse alla ristorazione.

    62.

    Dal momento che il legislatore dell’Unione ha precisato il criterio che consente di qualificare operazioni di servizi di ristorazione o di catering, e che la giurisprudenza della Corte aveva precedentemente interpretato la nozione di «prodotti alimentari» in un contesto normativo diverso, occorre precisare gli elementi utili a un’applicazione uniforme di tali nozioni.

    C.   L’assoggettamento dei «servizi di ristorazione e catering» ad imposta ad aliquota ridotta

    63.

    Dal 1o giugno 2009, data di entrata in vigore della direttiva 2009/47 ( 45 ), figura, all’allegato III della direttiva IVA, il punto 12 bis, in forza del quale, per quanto riguarda i «servizi di ristorazione e catering», gli Stati membri hanno la facoltà di derogare al principio di assoggettamento ad imposta dei beni e dei servizi all’aliquota normale.

    64.

    Ai sensi del considerando 2 della direttiva 2009/47, l’obiettivo perseguito è promuovere la creazione di occupazione e combattere l’economia sommersa.

    65.

    All’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, applicabile, ai sensi dell’articolo 65 dello stesso, a decorrere dal 1o luglio 2011, il legislatore dell’Unione ha enunciato, al fine di garantire l’applicazione uniforme del sistema dell’IVA ( 46 ), gli elementi che caratterizzano i servizi di ristorazione e di catering e quelli che li distinguono tra loro. Al paragrafo 2 di tale articolo viene precisato ciò che non consente di qualificare l’operazione come servizio di ristorazione o di catering.

    66.

    Pertanto, per quanto riguarda, in particolare, la fornitura di cibi pronti per il consumo immediato, oggetto della controversia nel procedimento principale, l’esame del testo delle prime due frasi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 e di quello del paragrafo 2 dello stesso articolo induce, a mio avviso, a ritenere che i servizi di ristorazione e di catering non siano caratterizzati dalla modalità di preparazione degli alimenti, ma dall’attuazione di servizi di supporto che accompagnano la fornitura di tali alimenti. Inoltre, tali servizi di supporto devono essere sufficienti e predominanti al fine di garantire il consumo immediato degli alimenti preparati.

    67.

    Altrimenti se ne dovrebbe dedurre, a mio avviso, che la fornitura di cibi è considerata una cessione di beni, in particolare di «prodotti alimentari» ( 47 ).

    68.

    Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, terza frase, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, solo il luogo in cui avvengono i servizi che accompagnano la fornitura di cibi consente di distinguere tra servizi di ristorazione e servizi di catering.

    69.

    Questo richiamo dovrebbe essere di per sé sufficiente per consentire alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali così come sono state sollevate. Tuttavia, le circostanze di fatto di cui al procedimento principale, che hanno suscitato i dubbi del giudice del rinvio, l’evoluzione delle analisi da parte delle autorità polacche in ordine all’aliquota IVA applicabile alle operazioni in questione e la concordanza delle osservazioni scritte presentate alla Corte solo in caso di vendite al di fuori dei locali di ristorazione rapida dimostrano la necessità di precisare il significato di tali definizioni ( 48 ).

    70.

    Di conseguenza, occorre interpretare, conformemente alla giurisprudenza della Corte citata al paragrafo 46 delle presenti conclusioni, la nozione di «servizi di ristorazione» ai sensi dell’allegato III, punto 12 bis, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, in modo restrittivo, e non estendere l’ambito di applicazione di tale disposizione alle prestazioni che non sono intrinsecamente connesse a tale nozione.

    71.

    Per quanto riguarda la formulazione di detto allegato III, punto 12 bis, è possibile chiarire, in primo luogo, che l’espressione «servizi di ristorazione», che può, nel linguaggio comune, designare sia un luogo sia un servizio, e l’espressione «servizi di catering» sono conformi al testo dell’articolo 55 della direttiva IVA, invariato dal 1o gennaio 2010, data di entrata in vigore di tale disposizione introdotta dalla direttiva 2008/8. Detto articolo definisce il luogo di imposizione di tali servizi come il luogo in cui sono prestati fisicamente, che è di norma il luogo di stabilimento del prestatore, senza distinguere tra i servizi.

    72.

    In secondo luogo, ritengo che tale distinzione tra il servizio di ristorazione e quello di catering per quanto riguarda le aliquote IVA ridotte, che, ribadisco, è stata introdotta nell’allegato III della direttiva IVA dalla direttiva 2009/47 e definita dal regolamento di esecuzione n. 282/2011, debba essere ravvicinata all’unica definizione precedente di tali nozioni derivante dalla giurisprudenza della Corte.

    73.

    A tale riguardo, un raffronto tra le scelte redazionali del legislatore dell’Unione può essere effettuato cronologicamente solo con la motivazione della sentenza Faaborg-Gelting Linien pronunciata il 2 maggio 1996. Infatti, la sentenza Bog e a., che ne ha precisato la portata, è stata pronunciata il 10 marzo 2011, prima dell’adozione del regolamento di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011.

    74.

    Al punto 14 della sentenza Faaborg-Gelting Linien, la Corte ha dichiarato che «l’operazione di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi. Essa dev’essere pertanto considerata come prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 6, n. 1, della sesta direttiva. Diverso è il caso di un’operazione avente ad oggetto alimenti “da asportare”, non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato ( 49 )».

    75.

    Osservo, anzitutto, che nella sentenza Faaborg-Gelting Linien viene utilizzato solo il termine «ristorazione». Infatti, l’oggetto della controversia è definito come l’assoggettamento all’IVA delle «operazioni di ristorazione» effettuate a bordo di traghetti. Tuttavia, le circostanze che le caratterizzano ( 50 ) sono quelle che di norma corrispondono a quelle di servizi offerti in un ristorante.

    76.

    Inoltre, il fatto che tali operazioni avvenissero su una nave potrebbe consentire di comprendere ciò che giustifica la distinzione tra prestazioni fornite dal prestatore nei propri locali e al di fuori di questi, in un luogo di ristorazione ( 51 ).

    77.

    Infine, l’esame delle differenze è maggiormente significativo. Il legislatore dell’Unione, all’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, ha respinto i criteri fondati sulla preparazione di alimenti («preparati o non preparati») o sul trasporto di alimenti («compreso o meno il trasporto») e non ha adottato il criterio del «consumo in loco» ( 52 ).

    78.

    Il legislatore dell’Unione ha così posto fine ai dubbi sulla portata della sentenza Faaborg-Gelting Linien, in particolare quanto al carattere preponderante degli elementi collegati alla preparazione dei piatti e alla loro cessione, il quale, a differenza del criterio dell’importanza qualitativa degli elementi di prestazione di servizi di ristorazione, poteva comportare problemi di delimitazione insolubili in ragione della molteplicità e delle complessità dei piatti e della loro presentazione ( 53 ).

    79.

    A tal riguardo, possono essere osservate decisioni convergenti del legislatore dell’Unione, nel regolamento di esecuzione n. 282/2011, e della Corte, nella sentenza Bog e a., al fine di stabilire criteri precisi che distinguano le cessioni di beni dalle prestazioni di servizi in caso di operazioni di vendita di piatti pronti per il consumo immediato.

    80.

    In tali circostanze, e tenuto conto dell’ampia portata della sentenza Bog e a., derivante dalla diversità delle circostanze di fatto delle cause che hanno dato origine a tale decisione, sebbene la direttiva 2009/47 non fosse applicabile rationae temporis ( 54 ), ritengo che l’articolo 6 del regolamento n. 282/2011 debba essere letto alla luce di tale sentenza.

    81.

    Infatti, nella sentenza Bog e a., la Corte si è pronunciata riguardo a quattro diverse situazioni di vendita di piatti pronti per il consumo. Si trattava di vendita, in particolare, di salsicce e patatine fritte in alcuni chioschi-bar mobili nei mercati ( 55 ), di vendita di popcorn e di «tortilla chips» («nachos») in foyer di cinema ( 56 ), di vendita di carne grigliata e di patatine fritte in alcuni chioschi-bar ( 57 ) e di pasti preparati da una rosticceria ( 58 ).

    82.

    Pur se il criterio dell’esistenza di «servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato» poteva essere dedotto dal punto 14 della sentenza Faaborg-Gelting Linien, nella sentenza Bog e a., ai punti 70 e 71, la Corte ha dichiarato che la fornitura di cibi in stand, veicoli o cinema, accompagnati da infrastrutture rudimentali che presuppongono solo un intervento trascurabile da parte dell’uomo, dovrebbero essere caratterizzati come cessioni di beni. La Corte ha interpretato tale nozione nel senso che in essa rientrano anche le vivande e i pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato ( 59 ).

    83.

    Invece, i servizi forniti da un operatore di catering, a meno che non si tratti di forniture di piatti standardizzati, costituiscono prestazioni di servizi, poiché la preparazione dei pasti, la composizione dei menu e l’eventuale fornitura di stoviglie, di coperti e di mobilio sono gli elementi predominanti del servizio ( 60 ).

    84.

    Tuttavia, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, «[l]a fornitura di cibi (...) senza altri servizi di supporto (...) non è considerata un servizio di ristorazione o di catering» ( 61 ), mentre tale servizio è definito, al paragrafo 1 di tale articolo, come consistente nella «fornitura di cibi (...), accompagnata da servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato (...)[, che] costituisce solo una componente dell’insieme in cui i servizi prevalgono» ( 62 ).

    85.

    In tali circostanze, ci si chiede quali conclusioni si possano trarre dai chiarimenti forniti nelle sentenze Faaborg-Gelting Linien e Bog e a. con riguardo ai diversi livelli di servizi di supporto rilevati dalla Corte allorché le operazioni imponibili avvengono in condizioni diverse da quelle precedentemente esaminate da quest’ultima. Occorre ricordare che, nel caso di specie, le questioni pregiudiziali vertono sulla qualificazione di operazioni di ristorazione rapida la cui particolarità risiede nel fatto che, a seconda della scelta del cliente, esse possono presentare le caratteristiche di un servizio di ristorazione o di catering, o ancora della vendita da asporto, e che, in ogni caso, il luogo di vendita non è organizzato in modo rudimentale, ma in uno spazio permanente dedicato specificamente al consumo immediato dei prodotti venduti.

    86.

    A mio avviso, in primo luogo, da un esame congiunto delle sentenze Faaborg-Gelting Linien e Bog e a., alla luce delle quali suggerisco alla Corte di leggere l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011 ( 63 ), risulta chiaramente che la vendita di cibi da asporto deve essere qualificata come cessione di beni. Tale interpretazione può essere rapportata ai lavori del comitato IVA ( 64 ).

    87.

    In secondo luogo, lo stesso vale per i luoghi nei quali la facoltà di consumare in loco non può essere un elemento di servizio preponderante, dal punto di vista del consumatore, in ragione dei servizi minimi proposti dal prestatore (confezionamento, fornitura di posate, spazio ridotto) che sono forniti da un numero di persone limitato (di norma il venditore o i venditori).

    88.

    In terzo luogo, se ne deve altresì dedurre che la qualificazione delle operazioni di ristorazione richiede un esame preciso, e che non è sufficiente la mera constatazione quantitativa dell’esistenza di strutture che favoriscono il consumo in loco.

    89.

    Tuttavia, questi diversi elementi non consentono di rispondere con precisione ai quesiti del giudice del rinvio riguardo ai livelli di servizi richiesti per escludere dalla qualificazione come cessione di beni le diverse vendite di cui trattasi («in-store», «drive-in», «walk-through», «food court») ( 65 ).

    90.

    Tale constatazione giustifica, a mio avviso, di far sì che la risposta della Corte possa essere facilmente adattata ad altri tipi di vendita di piatti pronti in diversi luoghi di consumo rapido, come quelli installati in negozi, musei, impianti sportivi, stazioni di servizio, mercati, nelle vicinanze di distributori automatici di vivande, e quelli che possano svilupparsi ulteriormente, come si è potuto constatare durante l’attuale crisi sanitaria. A tal riguardo, mi riferisco ai casi in cui ristoratori hanno venduto pasti a clienti che non potevano restare in loco per consumarli, sotto forma di piatti pronti per il consumo, in confezioni simili a piatti, e che potevano essere conservati diversi giorni o riscaldati immediatamente.

    91.

    A mio avviso, dalla definizione dei servizi di ristorazione e catering di cui all’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, letta alla luce della giurisprudenza della Corte, risulta che il ricorso a personale incaricato di garantire servizi che permettano il consumo immediato degli alimenti forniti in locali creati a tal fine è un criterio determinante al fine di precisare ciò che rientra nell’espressione «servizi di supporto sufficienti». In concreto, ritengo che, nella maggior parte dei casi, la circostanza che gli alimenti siano forniti in un luogo sotto il controllo del soggetto passivo, in cui sono organizzate e utilizzate risorse materiali e umane per garantire al consumatore il comfort (ad esempio, con tavoli e sedie) e la sicurezza (in particolare, la pulizia delle strutture), consenta di distinguere la prestazione di servizi dalla cessione di beni.

    92.

    Tuttavia, siffatto criterio deve essere combinato con la scelta del consumatore di fruire dei servizi di supporto alla fornitura di cibi che sarà presunta secondo le modalità di vendita del pasto consumabile immediatamente, vale a dire all’interno o all’esterno dei locali del prestatore. In quest’ultimo caso, la sola messa a disposizione dell’infrastruttura materiale e umana che fornisce servizi è, a mio avviso, insufficiente a qualificare l’operazione come prestazione di servizi. In altri termini, si deve considerare che nessun altro servizio di supporto accompagna la fornitura di cibi.

    93.

    Ribadisco che una distinzione siffatta può non avere alcuna incidenza sulla scelta dell’aliquota IVA ridotta applicabile da parte dello Stato membro. Pertanto, in tale fattispecie, se sono applicabili due aliquote IVA ridotte, nulla osta, a mio avviso, alla luce dei principi ricordati ai paragrafi 50 e 59 delle presenti conclusioni, a che sia applicata la stessa aliquota IVA qualora siano rispettati i criteri di qualificazione dell’operazione alla luce dell’allegato III della direttiva IVA.

    94.

    In altri termini, mi sembra economicamente giustificato che la vendita di piatti pronti per il consumo che non sono consumati in loco possa essere assoggettata ad imposta in modo diverso, in quanto cessione di beni, a seconda che abbia luogo in un negozio di alimentari o che consista, invece, nella messa a disposizione del cliente di tali piatti su sua richiesta, in vista di un consumo immediato o meno. A mio avviso tali servizi non sono oggettivamente simili, in quanto non rispondono alle stesse esigenze dei consumatori e coinvolgono gradi di intervento diversi da parte dell’uomo. In ogni caso, tale valutazione della similitudine dei beni o dei servizi in questione spetta al giudice nazionale ( 66 ).

    95.

    Di conseguenza, la Corte potrebbe rispondere al giudice del rinvio dichiarando che:

    L’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «servizi di ristorazione e catering» comprende la fornitura di cibi in un luogo, posto sotto il controllo del soggetto passivo, in cui risorse materiali e umane sono organizzate e allestite per garantire al consumatore la qualità di servizi sufficienti ad assicurargli il comfort e la sicurezza in vista del consumo immediato di tali cibi in loco.

    L’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, punto 1, di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che la nozione di «prodotti alimentari» comprende la fornitura di cibi, in vista del loro al consumo immediato, al di fuori del luogo messo a disposizione dal soggetto passivo con servizi di supporto sufficienti che permettano il consumo di tali alimenti in loco.

    96.

    Tale risposta potrebbe essere utilmente completata, tenuto conto della diversità delle circostanze del procedimento principale, da precisazioni riguardo alla previa qualificazione delle operazioni di vendita, affinché il giudice nazionale possa decidere se, dal punto di vista del consumatore medio, possa essere applicata un’aliquota dell’8% alla vendita di piatti pronti per il consumo, in considerazione del solo criterio del loro consumo immediato, benché sia applicabile un’aliquota del 5% alla fornitura di piatti pronti per il consumo.

    D.   La qualificazione delle operazioni di vendita in questione

    97.

    Nell’ambito della sua attività economica, il ricorrente nel procedimento principale applica diversi metodi di vendita, che ho ricordato al paragrafo 21 delle presenti conclusioni.

    98.

    Condivido il parere espresso dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte secondo cui, poiché i servizi di supporto alla vendita dei piatti e dei pasti sono diversi a seconda dei sistemi di vendita applicati dal soggetto passivo, occorre esaminare tali sistemi di vendita separatamente.

    1. Vendite nei locali di ristorazione rapida

    99.

    Per quanto riguarda le vendite effettuate dal ricorrente nei locali di ristorazione rapida («in-store»), il giudice del rinvio ha ricordato le caratteristiche dei prodotti venduti ( 67 ) e quelle dei servizi resi, rilevati dall’amministrazione finanziaria. I servizi di supporto sono i seguenti:

    «– i clienti possono utilizzare una sala attrezzata con sedie, tavoli e un bagno contiguo (toilette);

    – il servizio alla clientela consiste in una serie di operazioni che vanno dalla preparazione del pasto alla sua distribuzione, effettuate da dipendenti designati, che sono spesso gli unici a poterle effettuare per preservare il gusto originale e caratteristico del prodotto;

    – i clienti beneficiano di un accesso gratuito a Internet;

    – il ricorrente mette a disposizione dei suoi clienti quotidiani o periodici;

    – i locali sono climatizzati in estate e riscaldati in inverno;

    – al fine di rendere il soggiorno del cliente più piacevole, viene diffusa musica nell’ambiente;

    – oltre alle attività legate alla vendita di pasti, il ricorrente fornisce un servizio di manutenzione consistente nella pulizia, pulizia di tavoli e sedie, smaltimento rifiuti, lavaggio dei pavimenti e distribuzione occasionale di piccoli omaggi;

    – i locali sono immersi nel verde, sono presenti parchi giochi per i bambini e il cliente ha la possibilità di lasciare il proprio veicolo nel parcheggio previsto a tale scopo».

    100.

    Tali caratteristiche mi inducono a ritenere, per motivi di coerenza con la giurisprudenza della Corte ( 68 ), e al pari della Commissione, che la prestazione così offerta dal soggetto passivo possa essere qualificata come prestazione di servizi di ristorazione, ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011. Una operazione siffatta non si limita, infatti, alla fornitura di pasti preparati, ma è accompagnata da servizi che rivestono un carattere predominante per il consumatore, pur se la prestazione al momento dell’ordinazione delle vivande e del loro servizio è semplificata, se non addirittura standardizzata, al fine di soddisfare il requisito di rapidità ricercato dal cliente.

    101.

    Se il consumatore sceglie di asportare il piatto preparato e di non consumarlo in loco, tale operazione dovrebbe essere qualificata come cessione di beni, in quanto in tal caso l’infrastruttura offerta dal soggetto passivo non è determinante ( 69 ).

    102.

    In un caso siffatto, come precisato dalla Commissione, ritengo che incomba al soggetto passivo conservare gli elementi che giustificano l’applicazione selettiva dell’aliquota IVA ( 70 ).

    2. Vendite al di fuori dei locali di ristorazione rapida

    103.

    Per quanto riguarda le vendite di prodotti a partire da banconi esterni al ristorante a consumatori in auto o a piedi («drive-in» e «walk-through»), esse sono caratterizzate dalla scelta del cliente di non recarsi all’interno dell’infrastruttura messa a sua disposizione dal ricorrente del procedimento principale. Appare pertanto logico ritenere che, dal punto di vista del consumatore medio, di norma, non siano predominanti tutti i servizi di supporto forniti all’interno del locale, nel quale egli non si trova al momento dell’acquisto del piatto preparato, circostanza di cui si tiene conto al momento della consegna del pasto preparato (nessun piatto, consegna in un sacchetto da asporto).

    104.

    Di conseguenza, mi sembrano soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 282/2011.

    105.

    Per i motivi di merito esposti ai paragrafi 91 e 92 delle presenti conclusioni, la semplice facoltà di poter comunque fruire dell’infrastruttura messa a disposizione dal responsabile del locale di ristorazione rapida non è, a mio avviso, atta a contraddire tale analisi. Nel caso di specie, tale conclusione mi sembra sia corroborata dal raffronto con le circostanze esaminate dalla Corte nella causa Bog e a. ( 71 ).

    106.

    Infatti, la caratteristica comune tra le vendite in camion, cinema e stand di ristorazione, per le quali i servizi sono molto limitati in ragione dell’organizzazione dei luoghi destinati al consumo immediato, è la scelta del consumatore di fruire di un servizio rapido e limitato in un luogo destinato a rispondere a tale aspettativa.

    107.

    Di conseguenza ne deduco, al pari della Commissione, che le vendite effettuate dal soggetto passivo nell’ambito dei sistemi «drive-in» e «walk-through» devono essere considerate cessioni di prodotti alimentari.

    3. Le vendite all’interno di centri commerciali nelle aree di ristorazione

    108.

    Per quanto riguarda le vendite in aree di ristorazione attrezzate nei centri commerciali («food court»), il giudice del rinvio chiarisce che si tratta di un sistema di vendita di piatti da consumare in loco in zone speciali designate a tal fine e situate all’interno di tali centri. In dette aree di ristorazione vi sono diversi stand di esercizi diversi, che vendono prodotti alimentari. Ciascun esercizio dispone di una parte dello spazio di vendita e di pagamento, di una parte delle cucine e talvolta di un’area di magazzino. Esiste una zona comune destinata al consumo dei pasti da parte dei clienti di tutti i fornitori che vendono i loro prodotti alimentari nell’area di ristorazione («food court»). In tale spazio sono situati tavoli e sedie che non sono in alcun modo separati o assegnati all’uno o all’altro di tali esercizi. Il cliente che si presenta presso uno di questi stand acquista un pasto preparato, fornito in una confezione usa e getta, che può asportare o consumare nello spazio destinato al consumo, il quale, malgrado la presenza di tavoli e sedie, non è una sala ristorante e non dispone neppure dell’infrastruttura di un ristorante (vale a dire una cucina separata, stoviglie, posate, tovagliato, lavastoviglie, camerieri professionali, cuochi ecc.) né di un guardaroba. I bagni appartengono al centro commerciale. Inoltre, l’area può essere utilizzata anche come luogo di attesa e di incontro. La prenotazione del tavolo non è possibile.

    109.

    Dal momento che il giudice del rinvio ritiene che la possibilità offerta al cliente di utilizzare l’infrastruttura proposta non sembri costituire, dal punto di vista del cliente medio, un elemento significativo della prestazione, a differenza delle vendite in un ristorante, se ne deve dedurre che tale operazione deve essere qualificata come cessione di prodotti alimentari al pari delle vendite all’esterno del locale di ristorazione rapida.

    110.

    Tuttavia, condivido il parere della Commissione secondo cui talune caratteristiche del sistema di vendita nelle aree di ristorazione («food court») descritte dal giudice del rinvio potrebbero giustificare qualificazioni diverse.

    111.

    Prendo, infatti, in considerazione la circostanza che la vendita di piatti pronti per il consumo avviene in uno spazio dedicato al consumo in loco, certamente non posto sotto la responsabilità esclusiva del ricorrente nel procedimento principale, ma nel quale la sua insegna è visibile ( 72 ), e che quest’ultimo sembra offrire prestazioni equivalenti a quelle che il consumatore medio può trovare all’interno del locale di ristorazione rapida della stessa ditta. In un caso siffatto, è ipotizzabile che la messa a disposizione dell’area di ristorazione accompagnata dal servizio adeguato conduca a dover qualificare l’operazione come prestazione di servizi, anche quando il luogo di ristorazione rapida è condiviso con altri esercizi. A tal riguardo, occorre sottolineare che, secondo la formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, la nozione di «servizi di catering» comprende in generale qualsiasi servizio di questo tipo prestato in locali diversi da quelli del prestatore.

    112.

    A mio avviso, la situazione potrebbe essere diversa se nei centri commerciali venissero installati banconi di vendita con un’organizzazione identica a quella del sistema di «walk-through» e se il cliente potesse consumare il prodotto acquistato in un locale posto sotto la responsabilità di tali centri in cui sono messi a disposizione del cliente unicamente tavoli e sedie, indipendentemente dalla finalità dell’acquisto (consumo in loco o luogo di attesa).

    113.

    Di conseguenza, ritengo che la vendita di piatti pronti per il consumo in un’infrastruttura permanente dedicata al consumo in loco dei pasti, condivisa o meno con altri fornitori di piatti pronti per il consumo, messa a disposizione dei clienti dal soggetto passivo, costituisca un servizio di ristorazione, anche quando il servizio fornito dal personale sia limitato alla gestione dell’utilizzo dello spazio di ristorazione e delle infrastrutture da parte dei clienti.

    114.

    Da tutti questi elementi risulta che si possa rispondere al giudice del rinvio nel segue seguente:

    la vendita di piatti – preparati secondo modalità come quelle di cui trattasi nel procedimento principale – in luoghi di ristorazione rapida nei quali il soggetto passivo mette a disposizione del cliente un’infrastruttura che consente il consumo dei pasti in loco che è da esso organizzata o condivisa con altri fornitori di piatti pronti per il consumo, costituisce un servizio di ristorazione, e

    la vendita di piatti – preparati come quelli di cui trattasi nel procedimento principale – in luoghi di ristorazione rapida, che il cliente decide di asportare e di non consumare in loco nell’infrastruttura messa a disposizione dal soggetto passivo a tal fine, non costituisce un servizio di ristorazione, bensì una cessione di prodotti alimentari che può essere assoggettata ad imposta a un’aliquota IVA ridotta. Quest’ultima può essere identica a quella applicabile al servizio di ristorazione, a condizione di non minare il principio di neutralità fiscale.

    V. Conclusione

    115.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dalla Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) nel modo seguente:

    1)

    L’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «servizi di ristorazione e di catering» comprende la fornitura di cibi in un luogo, posto sotto il controllo del soggetto passivo, in cui risorse materiali e umane sono organizzate e allestite per garantire al consumatore la qualità di servizi sufficienti per assicurargli il comfort e la sicurezza in vista del consumo immediato di tali cibi in loco.

    Di conseguenza, costituisce un servizio di ristorazione la vendita di piatti – preparati secondo modalità come quelle di cui trattasi nel procedimento principale – in luoghi di ristorazione rapida nei quali il soggetto passivo mette a disposizione del cliente un’infrastruttura per il consumo di pasti in loco da esso organizzata o condivisa con altri fornitori di piatti pronti per il consumo.

    2)

    L’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’allegato III, punto 1, di detta direttiva, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «prodotti alimentari» comprende la fornitura di cibi, in vista del loro consumo immediato, al di fuori del luogo messo a disposizione dal soggetto passivo con servizi di supporto sufficienti che permettano il consumo di tali alimenti in loco.

    Di conseguenza, la vendita di piatti – preparati secondo modalità come quelle di cui trattasi nel procedimento principale – in luoghi di ristorazione rapida, che il cliente decide di asportare e di non consumare in loco nell’infrastruttura messa a disposizione dal soggetto passivo a tal fine, non costituisce un servizio di ristorazione, bensì una cessione di prodotti alimentari, che può essere assoggettata ad un’aliquota ridotta dell’imposta sul valore aggiunto. Quest’ultima può essere identica a quella applicabile al servizio di ristorazione, a condizione di non minare il principio di neutralità fiscale.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA».

    ( 3 ) GU 2011, L 77, pag. 1.

    ( 4 ) Il principio dell’unicità dell’aliquota normale era sancito dall’articolo 12, paragrafo 3, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

    ( 5 ) Come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi (GU 2008, L 44, pag. 11, articolo 2, punto 2), applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2010.

    ( 6 ) Le disposizioni dell’articolo 98 della direttiva IVA derivano da quelle di cui alla direttiva 92/77/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, che completa il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva 77/388/CEE (ravvicinamento delle aliquote dell’IVA) (GU 1992, L 316, pag. 1), in particolare l’articolo 1, paragrafo 1, che sostituisce l’articolo 12, paragrafo 3, della sesta direttiva con nuove disposizioni in materia di aliquote ridotte. L’articolo 12, paragrafo 3, lettera a), della sesta direttiva è stato modificato dall’articolo 1, punto 7, della direttiva 92/111/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, che modifica la direttiva 77/388/CEE in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione (GU 1992, L 384, pag. 47). Pertanto, la giurisprudenza della Corte relativa a tale articolo 12, paragrafo 3, lettera a), può essere presa come riferimento ai fini dell’interpretazione dell’articolo 98 della direttiva IVA.

    ( 7 ) La nomenclatura combinata è stata istituita dal regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 256, pag. 1). Essa viene aggiornata annualmente e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (serie «L») sotto forma di regolamento di esecuzione della Commissione europea.

    ( 8 ) GU 2009, L 116 pag. 18.

    ( 9 ) Dz. U. del 2004, n. 54, posizione 535.

    ( 10 ) Dz. U. del 2011, n. 177, posizione 1054; in prosieguo: la «legge sull’IVA».

    ( 11 ) Dz. U. del 2015, posizione 1676; in prosieguo: la «PKWiU».

    ( 12 ) Dz. U. del 2008, n. 207, posizione 1293.

    ( 13 ) Dz. U. del 2013, posizione 1719.

    ( 14 ) Ai sensi dell’articolo 2, punto 30, della legge sull’IVA, il termine «ex» si riferisce a una categoria di beni o servizi della PKWiU o a solo una parte dei beni o servizi della categoria corrispondente.

    ( 15 ) L’espressione utilizzata nella domanda di pronuncia pregiudiziale è «Usługi związane z wyżywieniem (PKWiU ex 56)». Nelle osservazioni scritte della Commissione, essa è tradotta come «servizi di supporto alla fornitura di pasti». Va notato che l’espressione «servizi di ristorazione e di vendita di bevande» corrisponde a quella utilizzata dal codice 56 dell’allegato del regolamento (UE) n. 1209/2014 della Commissione, del 29 ottobre 2014, recante modifica del regolamento (CE) n. 451/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce una nuova classificazione statistica dei prodotti associata alle attività (CPA) e abroga il regolamento (CEE) n. 3696/93 del Consiglio (GU 2014, L 336, pag. 1).

    ( 16 ) Dz. U. del 2007, n. 251, posizione 1885; in prosieguo: la «PKD».

    ( 17 ) V., a titolo di raffronto, sentenza del 9 novembre 2017, AZ (C‑499/16, EU:C:2017:846).

    ( 18 ) C‑231/94; in prosieguo: la «sentenza Faaborg-Gelting Linien, EU:C:1996:184.

    ( 19 ) C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09; in prosieguo; la «sentenza Bog e a., EU:C:2011:135.

    ( 20 ) A differenza delle cause che hanno dato luogo alle sentenze Faaborg-Gelting Linien e Bog e a., al caso di specie sono applicabili la direttiva IVA, entrata in vigore il 1o gennaio 2007 (v. articolo 413 di tale direttiva), nonché la sua modifica intervenuta il 1o giugno 2009 (v. articolo 3 della direttiva 2009/47), che ha concesso agli Stati membri la facoltà di applicare un’aliquota IVA ridotta ai «servizi di ristorazione e di catering».

    ( 21 ) V. sentenza del 19 dicembre 2019, Segler-Vereinigung Cuxhaven (C‑715/18, EU:C:2019:1138, punto 22, e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 22 ) V. sentenza del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium (C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 23 ) V. sentenza del 3 marzo 2011, Commissione/Paesi Bassi (C‑41/09, EU:C:2011:108, punto 53).

    ( 24 ) V. sentenze del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium (C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata), e del 19 dicembre 2019, Segler-Vereinigung Cuxhaven (C‑715/18, EU:C:2019:1138, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, è interessante notare che l’elenco di cui all’allegato III della direttiva IVA ha l’effetto di consentire agli Stati membri di assoggettare ad imposta a un’aliquota ridotta o di esentare circa il 65% della spesa per consumi delle famiglie, secondo il documento di lavoro dei servizi della Commissione, Valutazione d’impatto, che accompagna la proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote dell’imposta sul valore aggiunto [SWD (2018) 7 final] (punto 1.2), disponibile solo in inglese.

    ( 25 ) V. sentenza del 19 dicembre 2019, Segler-Vereinigung Cuxhaven (C‑715/18, EU:C:2019:1138, punti 3132 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 26 ) V. sentenze del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium (C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata), e del 19 dicembre 2019, Segler-Vereinigung Cuxhaven (C‑715/18, EU:C:2019:1138, punto 25).

    ( 27 ) V. sentenza del 19 dicembre 2019, Segler-Vereinigung Cuxhaven (C‑715/18, EU:C:2019:1138, punto 25).

    ( 28 ) V. sentenza del 9 novembre 2017, AZ (C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 25).

    ( 29 ) C‑481/98, EU:C:2001:237. V. punto 33 di tale sentenza.

    ( 30 ) V., in particolare, sentenza del 9 novembre 2017, AZ (C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 36).

    ( 31 ) V., in particolare, sentenze del 27 febbraio 2014, Pro Med Logistik e Pongratz (C‑454/12 e C‑455/12, EU:C:2014:111, punto 60), nonché del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium (C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 37).

    ( 32 ) Si può altresì osservare che dall’impiego, all’articolo 98, paragrafo 3, di tale direttiva, dell’espressione «[q]uando applicano le aliquote ridotte» e non, ad esempio, dell’espressione «una delle aliquote ridotte» emerge che i beni possono essere assoggettati a un’imposta comprendente due aliquote ridotte diverse. Inoltre, rispetto a tale formulazione, si può altresì ricavare un argomento dall’assenza di disposizioni speciali relative alle prestazioni di servizi o che escludano l’applicazione di due aliquote diverse per le prestazioni di servizi o che giustifichino un trattamento diverso. V., nello stesso senso, sentenza dell’8 maggio 2003, Commissione/Francia (C‑384/01, EU:C:2003:264, punto 27).

    ( 33 ) Ritengo altresì che una siffatta interpretazione sia corroborata dalla finalità del regime delle aliquote IVA ridotte adottato dal legislatore dell’Unione. V., a tale riguardo, paragrafi 43 e 44 delle presenti conclusioni. Si potrebbe anche ricavare un argomento dalla qualificazione, da parte della Corte, dei prodotti alimentari come beni essenziali. V., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2020, Staatssecretaris van Financiën (Aliquota IVA ridotta per afrodisiaci) (C‑331/19, EU:C:2020:786, punti 25, 2635). Pertanto, la scelta, tra due aliquote IVA ridotte, di quella meno elevata potrebbe essere giustificata per taluni prodotti alimentari senza alcun servizio di supporto.

    Inoltre, per quanto riguarda i servizi, mi sembra che l’articolo 101 della direttiva IVA debba essere citato come prova dell’importanza attribuita dal legislatore dell’Unione ai servizi, compresi quelli della ristorazione, in ragione dell’impatto delle aliquote IVA ridotte sulla creazione di occupazione, sulla crescita economica e sul buon funzionamento del mercato interno.

    ( 34 ) V., a tale riguardo, a titolo illustrativo delle aliquote IVA ridotte applicate negli Stati membri, relazione della Commissione intitolata «VAT rates applied in the Member States of the European Union, Situation at 1st January 2020» [Taxud.c.1(2020)], tabella II, disponibile al seguente indirizzo Internet: https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/resources/documents/taxation/vat/how_vat_works/rates/vat_rates_en.pdf (pagg. 4 e 5), in lingua inglese.

    ( 35 ) V. articoli 14 e 24 della direttiva IVA, che definiscono rispettivamente la «cessione di beni» e la «prestazione di servizi».

    ( 36 ) V. sentenza del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium (C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 37 ) V., in particolare, sentenze del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium (C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata), nonché del 19 dicembre 2019, Segler-Vereinigung Cuxhaven (C‑715/18, EU:C:2019:1138, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 38 ) V. giurisprudenza citata alla nota a piè di pagina precedente. V. altresì, per quanto riguarda i diversi significati dell’espressione «principio di neutralità fiscale» in materia di IVA, conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa Golfclub Schloss Igling (C‑488/18, EU:C:2019:942, paragrafi 5556, nonché note a piè di pagina 21 e 22).

    ( 39 ) V., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, AZ (C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 23).

    ( 40 ) V. sentenza del 9 novembre 2017, AZ (C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 41 ) V., in particolare, sentenza del 9 novembre 2017, AZ (C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 42 ) V. paragrafo 48 delle presenti conclusioni.

    ( 43 ) Vorrei sottolineare che, nel caso di specie, secondo il giudice del rinvio, il legislatore polacco ha fissato un’aliquota ridotta del 5% applicabile segnatamente ai «[p]asti e piatti pronti per il consumo» e un’altra aliquota ridotta dell’8% applicabile in particolare ai «[s]ervizi di ristorazione», e che l’aliquota IVA è determinata facendo riferimento a una classificazione statistica dei beni e dei servizi (PKWiU), collegata alla classificazione dei tipi di attività commerciali (PKD) che, in particolare per le aliquote ridotte, comprende la categoria 10.85.1 della PKWiU, «[p]iatti pronti per il consumo» e il gruppo 56.1 della PKWiU, «servizi di ristorazione e di catering mobile», che comprende «servizi completi di ristorazione al tavolo», «servizi di ristorazione self-service», «altri servizi di catering». V. paragrafi da 13 a 19 delle presenti conclusioni.

    ( 44 ) Nel caso di specie, osservo che, secondo il giudice del rinvio, la sezione di riferimento comprende le attività di servizi connesse alla fornitura di pasti destinati ad un consumo immediato (v. paragrafi 18 e 19 delle presenti conclusioni), senza condizioni relative all’esistenza di servizi di supporto.

    ( 45 ) Il legislatore dell’Unione è intervenuto prima che fosse pronunciata la sentenza Bog e a., interpretando la categoria 1 dell’allegato H della sesta direttiva (v. punto 8 di tale sentenza), divenuto l’allegato III della direttiva IVA, che faceva riferimento, ai fini dell’imposizione fiscale a un’aliquota dell’IVA ridotta, ai prodotti alimentari, segnatamente agli ingredienti destinati alla preparazione di tali prodotti alimentari e ai prodotti utilizzati per integrarli o sostituirli, senza distinzione delle modalità di vendita degli stessi. La Corte ha dichiarato che, in sostanza, in caso di fornitura di beni, i pasti e piatti pronti per il consumo immediato rientrano in tale categoria dell’allegato H della sesta direttiva e possono beneficiare dell’aliquota IVA ridotta.

    ( 46 ) V. considerando 4 di tale regolamento di esecuzione.

    ( 47 ) V., per quanto riguarda i motivi di tale analisi, i paragrafi 80 e 86 delle presenti conclusioni.

    ( 48 ) V. altresì, in tal senso, la relazione della Commissione al Consiglio sul luogo di imposizione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, compresi i servizi di ristorazione, forniti ai passeggeri a bordo di imbarcazioni, aerei, treni o autobus, redatta conformemente all’articolo 37, paragrafo 3, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto [COM (2012) 605 final] (pagg. 7 e 10), che menziona la necessità di un chiarimento alla luce della giurisprudenza della Corte.

    ( 49 ) Il corsivo è mio.

    ( 50 ) V. sentenza Faaborg-Gelting Linien (punto 13).

    ( 51 ) V. sentenza Faaborg-Gelting Linien (punto 15).

    ( 52 ) V. sentenza Faaborg-Gelting Linien (punto 14).

    ( 53 ) V. sentenza Bog e a. (punti 19, 21, 36 e 43).

    ( 54 ) V. sentenza Bog e a. (punto 8).

    ( 55 ) Causa Bog (causa C‑497/09), v. sentenza Bog e a. (punto 13).

    ( 56 ) Causa CinemaxX (già Flebbe Filmtheater) (C‑499/09), v. sentenza Bog e a. (punto 26).

    ( 57 ) Causa Lohmeyer (C‑501/09), v. sentenza Bog e a. (punto 32).

    ( 58 ) Causa Fleischerei Nier (C‑502/09), v. sentenza Bog e a. (punto 38).

    ( 59 ) V. sentenza Bog e a. (punto 88).

    ( 60 ) V. sentenza Bog e a. (punti 77, 79 e 80).

    ( 61 ) Il corsivo è mio.

    ( 62 ) Il corsivo è mio.

    ( 63 ) V. paragrafo 80 delle presenti conclusioni.

    ( 64 ) V. orientamenti derivanti dalla 86a riunione del comitato IVA del 18 e 19 marzo [taxud.d.1(2009)357988], disponibile al seguente indirizzo Internet: https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/guidelines-vat-committee-meetings_fr.pdf (pagg. 117 e 118). In essi si precisa, da un lato, che non sono considerati né servizi di ristorazione né servizi di catering le seguenti operazioni:

    – la semplice fornitura di alimenti preparati o meno (ad esempio, alimenti da asporto di ristoranti, supermercati o stabilimenti simili);

    – le operazioni consistenti semplicemente nella preparazione e nel trasporto di alimenti;

    – in generale, le operazioni consistenti nella preparazione, nel trasporto e nella consegna di alimenti e/o bevande senza altri servizi di supporto.

    Dall’altro, secondo tale comitato, in tali casi, la fornitura di alimenti e/o di bevande, senza servizi che li accompagnano, è una cessione di beni il cui luogo è determinato sulla base degli articoli da 31 a 37 della direttiva IVA. Gli Stati membri possono applicare un’aliquota ridotta alla fornitura di prodotti alimentari (comprese le bevande, ad esclusione, tuttavia, delle bevande alcoliche), conformemente alla categoria 1 dell’allegato III della direttiva IVA.

    ( 65 ) V. paragrafo 21 delle presenti conclusioni.

    ( 66 ) V., in particolare, sentenza del 27 giugno 2019, Belgisch Syndicaat van Chiropraxie e a. (C‑597/17, EU:C:2019:544, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 67 ) V. paragrafo 20 delle presenti conclusioni.

    ( 68 ) V. paragrafi 74 e 82 delle presenti conclusioni.

    ( 69 ) V., in tal senso, sentenza Bog e a. (punto 64).

    ( 70 ) V., a tal riguardo, principi generali ricordati al punto 31 della sentenza del 21 novembre 2018, Fontana (C‑648/16, EU:C:2018:932).

    ( 71 ) V. paragrafo 81 delle presenti conclusioni.

    ( 72 ) In concreto, tale situazione può essere distinta da quella dei luoghi di ristorazione organizzati in mercati comprendenti unicamente tavoli e sedie senza spazi riservati ad uno o l’altro dei venditori.

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