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Document 62019CC0335

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 4 giugno 2020.
E. Sp. z o.o. Sp. k. contro Minister Finansów.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny.
Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 90 – Riduzione della base imponibile dell’IVA – Mancato pagamento totale o parziale del prezzo – Condizioni imposte da una normativa nazionale ai fini dell’esercizio del diritto alla riduzione – Condizione secondo cui il debitore non deve essere sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione – Condizione secondo cui creditore e debitore devono essere entrambi soggetti passivi dell’IVA.
Causa C-335/19.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:424

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 4 giugno 2020 ( 1 )

Causa C‑335/19

E. Sp. z o.o. Sp. k.

contro

Minister Finansów

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Normativa tributaria – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/EG – Articoli 90 e 185 – Riduzione della base imponibile – Mancato pagamento totale o parziale del prezzo – Necessità che il destinatario non sia sottoposto a una procedura di insolvenza o di liquidazione – Corrispondente rettifica della detrazione a monte inizialmente operata – Momento della rettifica»

I. Introduzione

1.

Ci si chiede a quali condizioni un soggetto passivo possa rettificare il proprio debito d’imposta, in caso di inadempimento della controparte contrattuale. Tale è, in ultima analisi, la questione sulla quale la Corte è stata chiamata più volte a pronunciarsi ( 2 ). Essa solleva un problema fondamentale del sistema delle imposte indirette, in particolare nell’ipotesi in cui siano interessate due imprese. Alla rettifica del debito d’imposta del prestatore corrisponde, infatti, la rettifica di una detrazione già effettuata da parte del destinatario della prestazione. Tale ultimo meccanismo viene peraltro meno, di norma, qualora il destinatario sia sottoposto a una procedura di insolvenza ovvero i suoi beni siano già stati liquidati. In tal caso, lo Stato resta a mani vuote.

2.

Il legislatore polacco esclude tale rischio di perdita del gettito fiscale, consentendo la rettifica del debito d’imposta del prestatore solo nel caso in cui il destinatario, al momento della rettifica, non si trovi ancora soggetto a procedura di insolvenza o di liquidazione. Ne discende che il prestatore assume il rischio di essere debitore di un’imposta che non ha potuto neppure incassare. La Corte è tenuta a decidere se ciò sia compatibile con la sua funzione di «collettore d’imposta per conto dello Stato» ( 3 ).

3.

Tuttavia, è possibile tener conto anche in altro modo del legittimo interesse della Polonia e dell’Unione ad evitare la mancata riscossione dell’IVA. La Corte dovrebbe pertanto cogliere l’occasione offerta dalla presente domanda di pronuncia pregiudiziale per pronunciarsi anche sul momento della rettifica della detrazione dell’imposta a monte da parte del destinatario, nel caso in cui quest’ultimo non abbia ancora provveduto al versamento del corrispettivo per la prestazione e quindi non sia affatto gravato dall’IVA.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

4.

Il contesto di diritto dell’Unione è determinato dagli articoli 73, 90, 184, 185 e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») ( 4 ).

5.

L’articolo 73 della direttiva IVA determina la base imponibile:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

6.

L’articolo 90 della direttiva medesima disciplina la modifica successiva della base imponibile e le conseguenze di ordine giuridico per il prestatore:

«1.   In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2.   In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».

7.

I successivi articoli 184 e 185 riguardano la rettifica della detrazione dell’imposta a monte da parte del destinatario in caso di modifiche successive. L’articolo 184 così dispone:

«La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».

8.

L’articolo 185 prevede quanto segue:

«1.   La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

2.   In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.

In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».

9.

Il successivo articolo 273 contempla talune facoltà a disposizione degli Stati membri ai fini della lotta all’evasione fiscale ecc.:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».

B.   Diritto polacco

10.

Tali norme dell’Unione sono state trasposte nell’ordinamento polacco con la legge dell’11 marzo 2004 in materia d’imposta sui beni e servizi (Ustawa o podatku od towarów i usług, Dz. U. 2011, n. 177, pos. 1054 e successive modifiche; in prosieguo: la «legge sull’IVA»).

11.

L’articolo 89 bis della legge sull’IVA così recita:

«1.   Il soggetto passivo può rettificare la base imponibile nonché l’imposta a valle dovuta per la cessione di beni o la prestazione di servizi effettuata nel territorio nazionale in riferimento ai crediti la cui inesigibilità sia stata dimostrata in modo plausibile. La rettifica si applica anche alla base imponibile nonché all’importo dell’imposta relativi alla quota del credito la cui inesigibilità sia stata dimostrata in modo plausibile.

1 bis.   L’inesigibilità del credito è considerata dimostrata in modo plausibile qualora il credito non sia stato rimborsato o sia stato ceduto in qualsiasi forma entro 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nel contratto o nella fattura.

2.   La disposizione del paragrafo 1 si applica allorché siano rispettate le seguenti condizioni:

1)

la cessione di beni o la prestazione di servizi è effettuata a favore di un soggetto passivo di cui all’articolo 15, paragrafo 1, registrato come soggetto passivo dell’IVA in attività, non sottoposto a una procedura di insolvenza o di liquidazione;

(...)

3)

il giorno precedente la data di presentazione della dichiarazione dei redditi di effettuazione della rettifica di cui al paragrafo 1:

a)

il creditore e il debitore siano registrati come soggetti passivi dell’IVA in attività;

b)

il debitore non sia sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione;

(...)

5)

non siano trascorsi 2 anni dall’emissione della fattura che documenti il credito, calcolati dalla fine dell’anno di fatturazione.

3.   La rettifica di cui al paragrafo 1 possa essere effettuata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo in cui l’inesigibilità del credito sia considerata dimostrata in modo plausibile, a condizione che alla data della presentazione da parte del creditore della dichiarazione relativa a detto periodo il credito non sia stato rimborsato o ceduto in qualsiasi forma.

4.   Qualora, successivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi recante la rettifica di cui al paragrafo 1, il credito sia stato rimborsato o ceduto in qualsiasi forma, il creditore è tenuto ad aumentare la base imponibile nonché l’importo dell’imposta dovuta nella dichiarazione relativa al periodo in cui il credito sia stato rimborsato o ceduto. In caso di pagamento parziale del credito la base imponibile e l’importo dell’imposta dovuta sono maggiorati dell’importo della quota pagata.

5.   Il creditore, unitamente alla dichiarazione dei redditi recante la rettifica di cui al paragrafo 1, è tenuto a comunicare detta rettifica alla competente direzione dell’amministrazione finanziaria, con l’indicazione dell’importo della rettifica nonché dei dati del debitore.

(...)

7.   I paragrafi da 1 a 5 non si applicano allorché tra il creditore e il debitore esista un legame di cui all’articolo 32, paragrafi da 2 a 4.

8.   Il Ministro delle finanze pubbliche determina, con decreto, il modello della comunicazione di cui al paragrafo 5, (…)».

12.

L’articolo 89 ter della medesima legge prevede quanto segue:

«1.   Nel caso di mancato pagamento del debito risultante da fattura che documenti la cessione di beni o la prestazione di servizi sul territorio nazionale, entro 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento determinato nel contratto o nella fattura, il debitore è tenuto a rettificare l’importo detratto dell’imposta risultante dalla fattura medesima nella dichiarazione relativa al periodo nel corso del quale siano decorsi 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nel contratto o nella fattura.

1 bis.   Il paragrafo 1 non si applica allorché il debitore abbia rimborsato il credito al più tardi l’ultimo giorno del periodo d’imposta nel corso del quale siano decorsi 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento del credito stesso.

(...)

2.   Nel caso di pagamento parziale del debito entro 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nel contratto o nella fattura, la rettifica si applica all’imposta a monte relativa alla parte del debito non pagata. Il paragrafo 1 bis si applica mutatis mutandis.

(...)

4.   Nel caso di pagamento del debito successivamente alla rettifica di cui al paragrafo 1, il soggetto passivo ha il diritto di aumentare l’imposta a monte nella dichiarazione relativa al periodo in cui il credito sia stato rimborsato, in misura dell’importo dell’imposta di cui al paragrafo 1. Nel caso di pagamento parziale del debito, l’imposta a monte può essere aumentata dell’importo della quota versata.

(...)

6.   Qualora venga accertato che il soggetto passivo abbia violato l’obbligo di cui al paragrafo 1, la direzione dell’amministrazione finanziaria o l’ispettorato tributario procede alla fissazione di una maggiorazione d’imposta pari al 30% dell’importo dell’imposta risultante dalle fatture non pagate, la quale non sia stata rettificata ai sensi del paragrafo 1. Nei confronti delle persone fisiche ritenute responsabili di un’infrazione fiscale o di un reato fiscale per lo stesso fatto non è imposto alcuna maggiorazione d’imposta».

III. Fatti e procedimento pregiudiziale

13.

La controversia alla base della domanda di pronuncia pregiudiziale trae origine da una domanda di parere individuale presentata dalla E. sp. Z o.o. (la ricorrente nel procedimento principale, in prosieguo: la «ricorrente») al Minister Finansów (Ministro delle Finanze, Polonia).

14.

La ricorrente è registrata come soggetto passivo dell’IVA in attività e presta servizi di consulenza tributaria a titolo oneroso, inter alia, a favore di operatori economici terzi. Nei confronti di uno di questi ultimi, essa emetteva una fattura con l’indicazione dell’IVA relativa ai suddetti servizi prestati e imponibili nel territorio nazionale. Il cliente era registrato come soggetto passivo dell’IVA in attività al momento della prestazione del servizio e non era sottoposto a una procedura di insolvenza o di liquidazione. Alla data di deposito della domanda di parere individuale, la ricorrente non aveva ricevuto il corrispettivo indicato in fattura. Non sono trascorsi più di due anni dall’emissione della fattura. Tuttavia, il termine di pagamento concesso è stato superato di oltre 150 giorni.

15.

Al momento della presentazione della domanda di parere individuale, il debitore era ancora registrato come soggetto passivo dell’IVA in attività, sebbene fosse sottoposto a una procedura di liquidazione. Nella domanda di parere individuale, la ricorrente chiedeva se, in detta fattispecie, fosse consentito procedere alla rettifica della base imponibile e quindi dell’imposta dovuta per la prestazione di servizi nel territorio nazionale.

16.

Con decisione del 12 gennaio 2015, il Ministro delle Finanze escludeva tale possibilità, in quanto, ai sensi dell’articolo 89 bis, paragrafo 2, punto 3, della legge sull’IVA, il fatto che il debitore fosse sottoposto a una procedura di liquidazione precluderebbe la rettifica della base imponibile e, quindi, dell’imposta dovuta. Dato che la disciplina risultante dall’articolo 90 della direttiva IVA sarebbe di natura facoltativa per gli Stati membri, l’articolo 89 bis della legge sull’IVA non violerebbe il menzionato articolo 90.

17.

Avverso tale decisione la ricorrente proponeva ricorso dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Szczecinie (Tribunale amministrativo del Voivodato di Stettino, Polonia) e, successivamente, ricorso per cassazione avverso la sentenza di rigetto. Il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte le due seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

1)

Se le disposizioni della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU del 2006, L 347, pag. 1), segnatamente l’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva, alla luce dei principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, consentano di introdurre nel diritto nazionale limiti alla possibilità di ridurre la base imponibile nel caso di mancato pagamento parziale o totale a causa di un determinato status fiscale del debitore e del creditore.

2)

In particolare, se il diritto dell’Unione osti all’adozione nel diritto nazionale di una norma che consente di beneficiare dello «sgravio per i crediti inesigibili» a condizione che alla data di prestazione del servizio/effettuazione della cessione di beni nonché il giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale ai fini della fruizione di tale sgravio:

il debitore non è sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione;

il creditore e il debitore sono registrati come soggetti passivi dell’IVA.

18.

Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente, la Polonia e la Commissione europea.

IV. Valutazione giuridica

A.   Sulle questioni pregiudiziali

19.

Con tali due questioni, alle quali può rispondersi congiuntamente, conformemente a quanto ritenuto dalla Commissione, il giudice del rinvio chiede come debba essere interpretato l’articolo 90 della direttiva IVA. In particolare, chiede se tale disposizione osti ad una norma come quella di cui all’articolo 89 bis della legge sull’IVA. Quest’ultima esclude la rettifica della base imponibile in caso di insolvenza o di mancata registrazione del destinatario, nonostante il mancato pagamento del corrispettivo pattuito.

20.

Tuttavia, nella parte in cui le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono sul fatto che il debitore (ossia il destinatario) non sia più registrato come soggetto passivo in attività al momento della rettifica, esse presentano un carattere ipotetico e sono quindi irricevibili ( 5 ). Alla luce dei fatti esposti alla Corte, il debitore della ricorrente, tanto al momento della prestazione del servizio quanto al momento della presentazione della domanda, era registrato come soggetto passivo in attività. Le questioni sono ricevibili solo nella parte riguardante l’ipotesi che il destinatario sia già sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione.

21.

La risposta a tali questioni dipende in modo decisivo dalla ratio dell’articolo 90 della direttiva IVA (al riguardo, v. sub B), il quale circoscrive le facoltà degli Stati membri di limitare la rettifica della base imponibile. Sebbene in una sola sentenza la Corte abbia affermato che l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA consente agli Stati membri di determinare, in caso di mancato pagamento del prezzo d’acquisto, «se siffatta riduzione non sia ammessa in tale situazione» ( 6 ), tale decisione è stata ulteriormente sviluppata da successive sentenze ( 7 ) (al riguardo, v. sub C). Pertanto, gli Stati membri devono sempre giustificare le limitazioni della rettifica della base imponibile compiuta dal soggetto passivo che eroga la prestazione (al riguardo, v. sub D).

22.

In sostanza, tuttavia, per il giudice del rinvio rileva essenzialmente, ad un esame più attento, la questione se ed in qual modo il legislatore nazionale possa prevenire, senza violare il diritto dell’Unione, un rischio sistemico di perdita del gettito dell’IVA in caso di mancato pagamento e di successiva insolvenza del destinatario. Verrà quindi esaminato anche l’articolo 185 della direttiva IVA (al riguardo, v. sub E).

B.   Lo scopo della rettifica della base imponibile

23.

La premessa dovrebbe essere pacifica: l’IVA è effettivamente dovuta dall’impresa che eroga la prestazione. Sussiste tuttavia una consolidata giurisprudenza della Corte secondo la quale l’IVA è un’imposta indiretta sui consumi che dev’essere sopportata dal consumatore finale ( 8 ). L’impresa soggetto passivo agisce al riguardo unicamente come «collettore d’imposta per conto dello Stato e nell’interesse dell’erario» ( 9 ). Il debito d’imposta dell’impresa che eroga la prestazione possiede dunque una funzione meramente tecnica derivante esclusivamente dal metodo di riscossione indiretta dell’IVA.

24.

In termini sostanziali, quale imposta generale sui consumi, l’IVA non è intesa a tassare l’impresa che eroga la prestazione, bensì la capacità del consumatore, la quale si manifesta nel suo impiego di patrimonio per ottenere un beneficio consumabile ( 10 ). Ciò emerge chiaramente, in particolare, dalle disposizioni di cui all’articolo 73 della direttiva IVA. Ai sensi di quest’ultima disposizione, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo «versato o da versare» al fornitore o al prestatore (vale a dire al soggetto che eroga la prestazione).

25.

Coerentemente con tale premesse, la Corte ( 11 ) ha espressamente dichiarato, a più riprese, che «la base imponibile dell’IVA che deve essere riscossa dalle autorità fiscali non può essere superiore al corrispettivo effettivamente pagato dal consumatore finale e sul quale è stata calcolata l’IVA dovuta in definitiva da tale consumatore».

26.

Pertanto, in caso di inadempimento del destinatario, l’impresa che eroga la prestazione non è neanche sostanzialmente debitrice dell’IVA. Il fatto generatore dell’IVA fa difetto: l’imprenditore non ha operato, in definitiva, alcuna cessione o altra prestazione a titolo oneroso nel senso di cui all’articolo 2 della direttiva IVA.

27.

I timori del giudice del rinvio che il consumo finale non venga tassato in caso di rettifica della base imponibile a seguito di mancato pagamento del prezzo sono dunque infondati. In assenza di corrispettivo non sussiste – al di là delle finzioni di cui agli articoli 16 e 26 della direttiva IVA – neanche un «consumo finale» da tassare, perché il destinatario non vi ha destinato alcuna risorsa patrimoniale.

28.

Occorre distinguere la tecnica impositiva dal menzionato fatto generatore sostanziale. Ai sensi dell’articolo 63 della direttiva IVA, l’imposta diviene esigibile già nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi. Non è decisivo che il destinatario abbia anche versato il corrispettivo (cosiddetto principio della tassazione nominale). Tale tecnica di esigibilità dell’imposta si basa chiaramente sulla presunzione secondo la quale, di solito, a seguito di una cessione o di un’altra prestazione il corrispettivo pattuito viene versato in tempi brevi.

29.

Orbene, se il diritto sostanziale tassa unicamente il corrispettivo effettivamente versato dal destinatario per merci o servizi, mentre la tecnica impositiva fa riferimento al corrispettivo pattuito, i due sistemi devono, prima o poi, essere conciliati. Ciò viene garantito dall’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, il quale prevede la corrispondente rettifica del debito d’imposta iniziale dell’impresa che eroga la prestazione.

30.

Di conseguenza, per giurisprudenza costante della Corte, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente percepito. Da tale principio risulta come corollario che l’amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo ( 12 ).

31.

L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA costituisce dunque il necessario contrappeso della tecnica impositiva sancita all’articolo 63 della direttiva medesima (cosiddetto principio della tassazione nominale) ( 13 ). Esso obbliga lo Stato membro a procedere a una corrispondente riduzione della base imponibile ( 14 ).

C.   Carenza di potere degli Stati membri di escludere una riduzione della base imponibile nel caso di mancato pagamento

32.

Ciò detto, la Corte ha coerentemente dichiarato, già nella sentenza Goldsmiths, che una deroga a tale principio fondamentale risultante dall’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA dev’essere giustificata, affinché i provvedimenti adottati dagli Stati membri sulla base dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA non compromettano l’obiettivo dell’armonizzazione fiscale ( 15 ).

33.

In ogni caso, nella sentenza Almos Agrárkülkereskedelmi – richiamata dal giudice del rinvio e segnatamente dalla Polonia –, la Corte ha affermato che i soggetti d’imposta non possono far valere, sulla base dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, un diritto alla riduzione della loro base imponibile dell’IVA in caso di mancato pagamento del prezzo, qualora lo Stato membro interessato abbia inteso applicare la deroga prevista al paragrafo 2 del medesimo articolo 90 ( 16 ). In tale sentenza, la Settima Sezione ha inoltre affermato che la direttiva IVA «ha inteso lasciare a ciascuno Stato membro la scelta di determinare se la situazione di mancato pagamento del prezzo di acquisto (…) attribuisca diritto alla riduzione della base imponibile nell’importo dovuto alle condizioni che esso stabilisce, o se siffatta riduzione non sia ammessa in tale situazione» ( 17 ).

34.

Tuttavia, come la Corte ha dichiarato, in particolare, nella sentenza Di Maura ( 18 ) e nelle sentenze successive ( 19 ), la decisione menzionata supra non dev’essere interpretata nel senso di ammettere la possibilità per gli Stati membri di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile dell’IVA.

35.

È ben vero che l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA consente agli Stati membri di derogare all’articolo 90, paragrafo 1, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo. Tuttavia, dal materiale legislativo relativo alla precedente disposizione, dal contenuto identico, risulta chiaro che tale potere era previsto solo al fine di scongiurare abusi ( 20 ). D’altro canto, come la Corte ha già avuto modo di statuire ( 21 ), tale facoltà di deroga in caso di non pagamento totale o parziale si fonda unicamente sull’assunto che, in presenza di determinate circostanze e in considerazione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il non pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio.

36.

Ne consegue che l’esercizio di tale facoltà di deroga dev’essere giustificato, affinché i provvedimenti adottati dagli Stati membri ai fini della sua attuazione non compromettano l’obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla direttiva IVA ( 22 ) e inoltre che detta facoltà non può consentire agli Stati membri di escludere del tutto la riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento ( 23 ).

37.

Consentire agli Stati membri di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile dell’IVA risulterebbe altresì contrario al principio di neutralità dell’IVA. Da quest’ultimo deriva, in particolare, che, nella sua qualità di collettore d’imposta per conto dello Stato, l’imprenditore dev’essere sgravato interamente dall’onere dell’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta soggette a IVA ( 24 ). Occorre aggiungere a tale contesto, come ho già sottolineato nelle mie conclusioni presentate nella causa Di Maura ( 25 ), i diritti fondamentali del soggetto passivo che eroga la prestazione. Essi possono essere incisi solo in un modo proporzionato (articolo 52, paragrafo 1, seconda frase, della Carta) ( 26 ).

38.

La giurisprudenza della Corte prevede al riguardo una certa varietà di risposte alla questione se ed in qual modo possano essere giustificate le limitazioni della rettifica della base imponibile ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA. La Corte distingue, infatti, tra aspetti sostanziali (relativi alle deroghe ( 27 ) di cui al paragrafo 2 di detto articolo) e aspetti formali (relativi alle condizioni ( 28 ) di cui al paragrafo 1 di detto articolo). Tuttavia, sia le deroghe sia le condizioni stabilite dagli Stati membri devono essere proporzionate ( 29 ).

39.

Pertanto, una deroga sostanziale nel caso di mancato pagamento del prezzo deve necessariamente riferirsi all’incertezza in merito al fatto che «il non pagamento del corrispettivo [può] (…) essere solamente provvisorio» ( 30 ).

40.

D’altro canto, sotto il profilo formale, possono essere stabilite condizioni più generali al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare le evasioni. A tal proposito, la Corte ha già avuto modo di dichiarare, ad esempio, che la conferma di ricezione di una fattura rettificata ( 31 ) rimessa dal destinatario ovvero la comunicazione al destinatario dell’intenzione di rettificare la base imponibile ( 32 ) possono essere, in linea di principio, eventuali condizioni ai fini di una riduzione del proprio debito d’imposta.

D.   Sulla giustificazione della limitazione della rettifica della base imponibile

41.

Nel caso di specie, il legislatore polacco ha subordinato la rettifica della base imponibile (e quindi anche del debito d’imposta) dell’impresa che eroga la prestazione alla condizione che il destinatario, sia al momento della prestazione del servizio sia il giorno precedente la presentazione della dichiarazione dei redditi rettificata, sia ancora un soggetto passivo registrato e non sia sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione.

42.

Ciò non costituisce evidentemente una condizione meramente formale e generale ai fini della rettifica della base imponibile da parte del soggetto passivo che eroga la prestazione. Da un lato, quest’ultimo non ha alcuna influenza su tale elemento, per cui non può essere considerata quale mera formalità. D’altro canto, detto requisito preclude di per sé una rettifica della base imponibile laddove le cessioni di beni o le prestazioni di servizi vengano effettuate ad un’impresa che, sebbene ancora in attività, sia sottoposta a una procedura di insolvenza o di liquidazione.

43.

Tuttavia, la direttiva IVA si basa sull’onere fiscale gravante sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi. Pertanto, anche il suo articolo 90 presuppone, quale principio fondamentale (al riguardo v. supra, paragrafo 30), la possibilità di rettificare la base imponibile di tali cessioni e prestazioni, nel caso in cui il corrispettivo non venga versato in tutto o in parte. L’esclusione di detta possibilità per tali cessioni di beni e prestazioni di servizi non è quindi – a differenza di quanto sostenuto dalla Polonia – una condizione meramente formale, ma una deroga sostanziale.

44.

Per essere ammissibile, tale deroga sostanziale materiale nel caso di mancato pagamento del prezzo dovrebbe quindi riferirsi all’incertezza in merito al fatto che «il non pagamento del corrispettivo [può] (…) essere solamente provvisorio» ( 33 ). Tuttavia, tale non è il caso.

45.

Analogamente a quanto già affermato dalla Corte nella causa A-PACK CZ s.r.o. ( 34 ) e giustamente sottolineato dalla Commissione, il fatto che il destinatario sia sottoposto a procedura di insolvenza rappresenta piuttosto un elemento cha avvalora la definitività del suo inadempimento. Lo stesso vale nel caso in cui il destinatario sia sottoposto a procedura di liquidazione. Una limitazione della rettifica della base imponibile nei casi in cui sia pressoché certo che il corrispettivo pattuito non verrà versato definitivamente non è quindi né possibile né proporzionata.

46.

Ciò è tanto più vero in quanto, secondo il diritto polacco, condizione fondamentale per la rettifica della base imponibile è il periodo di 150 giorni di perdurante inadempimento. In tale contesto non è necessario accertare se l’anticipo dell’IVA per oltre 5 mesi possa essere considerato in ogni caso proporzionato. Infatti, in un caso nel quale il corrispettivo non sia stato versato per 150 giorni e il destinatario sia già sottoposto a una procedura di liquidazione, non vi è più incertezza quanto al carattere definitivo del mancato pagamento.

47.

Tuttavia, anche i provvedimenti che gli Stati membri possono adottare, in forza dell’articolo 273 della direttiva IVA, per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e prevenire l’evasione non devono eccedere quanto necessario a conseguire siffatti obiettivi e non devono compromettere la neutralità dell’IVA ( 35 ). Come già stabilito dalla Corte, una responsabilità oggettiva del soggetto passivo a partire da una determinata data di riferimento (nel caso di specie, l’apertura di una procedura di insolvenza o di liquidazione) eccederebbe quanto necessario per garantire i diritti dell’erario ( 36 ). Tuttavia, si configurerebbe un’ipotesi di responsabilità oggettiva laddove il soggetto passivo che eroga la prestazione non potesse rettificare il proprio debito d’imposta nonostante il mancato pagamento del prezzo.

48.

Inoltre, non è chiaro in qual modo la limitazione della rettifica del debito d’imposta a decorrere dal verificarsi di un determinato evento al di fuori del controllo dell’impresa erogatrice della prestazione possa essere idonea alla repressione degli abusi in materia di IVA.

49.

In conclusione, l’articolo 90 della direttiva IVA non consente quindi agli Stati membri di escludere la rettifica del debito d’imposta del soggetto passivo che eroga la prestazione per il fatto che, al momento della prestazione o della rettifica, il destinatario sia già sottoposto a una procedura di insolvenza o di liquidazione.

E.   Sulla prevenzione del rischio di perdita del gettito fiscale

50.

In sostanza, la preoccupazione principale del legislatore polacco – come sottolinea il giudice del rinvio – è quella di prevenire il rischio di perdita del gettito fiscale per ridotta solvibilità del destinatario. Nel presente procedimento, la Polonia incentra quindi la propria tesi, in sostanza, sul funzionamento del sistema dell’IVA e sulla protezione degli interessi finanziari della Polonia e dell’Unione.

51.

È comune a molti paesi il problema dell’individuazione del soggetto che debba assumere il rischio di insolvenza del destinatario in ordine all’IVA, se sia cioè lo Stato o il prestatore. Nel caso in cui il destinatario sia, infatti, a sua volta soggetto passivo, la modifica della base imponibile per il prestatore comporta di fatto una rettifica dell’imposta a monte per il destinatario ai sensi dell’articolo 185 della direttiva IVA. Quest’ultimo è tenuto inoltre a rettificare la detrazione dell’imposta a monte effettuata in modo errato – corrispondente al debito d’imposta rettificato del prestatore. Lo Stato vanta dunque un credito d’imposta nei confronti del destinatario.

52.

Tuttavia, tale meccanismo viene meno qualora il destinatario si trovi soggetto a procedura di insolvenza o di liquidazione. Di norma, non sono più disponibili risorse finanziarie sufficienti per rimborsare allo Stato l’importo della detrazione già fatta valere. Secondo il giudice del rinvio, la rettifica del debito d’imposta effettuata dal prestatore addirittura «incide in modo inaccettabile sullo svolgimento della procedura fallimentare». In tal modo, il creditore fallimentare sarebbe soddisfatto a spese dell’erario e verrebbe sostituito dallo Stato. Ciò riduce il rischio di una perdita di entrate fiscali per lo Stato membro, per quanto l’argomentazione sia in gran parte inconferente. Anche il prestatore non sarà soddisfatto. Il suo credito non sarà recuperato allo stesso modo di quello degli altri creditori. Solo lo Stato subentra in qualità di creditore con riguardo al diritto di rettifica dell’imposta a monte, il quale è tuttavia per lo più inutile.

53.

In definitiva, tale rischio di perdita di gettito fiscale, ossia la compromissione degli interessi finanziari dell’Unione e della Polonia, deriva peraltro esclusivamente da un’interpretazione tratta dal tenore letterale dell’articolo 167 della direttiva IVA. Secondo la sua formulazione, detto articolo subordina il diritto a detrazione del destinatario esclusivamente al sorgere del debito d’imposta del prestatore. Pertanto, al destinatario viene riconosciuto il diritto alla detrazione dell’imposta già prima del pagamento (la cosiddetta detrazione immediata) ( 37 ).

54.

È necessario applicare una siffatta detrazione immediata al fine di minimizzare il rischio di perdita da parte dello Stato e quindi tener conto dell’interesse degli Stati membri e dell’Unione alla riscossione effettiva dell’IVA. Gli Stati membri sono, infatti, liberi di rettificare in tempi brevi la detrazione in caso di mancato pagamento del corrispettivo, invece di rivalersi sul destinatario in qualità di «garante dell’insolvenza».

55.

La disciplina di cui all’articolo 167 della direttiva IVA si basa peraltro sull’assunto che il destinatario di una cessione di beni o di una prestazione di servizi effettui il pagamento in tempi brevi, in modo che anche l’imposta a monte gravi immediatamente su di lui. Vi è pertanto la presunzione di un tempestivo addebito dell’IVA. Il tenore letterale non chiarisce invece se lo sgravio conseguito tramite la detrazione debba aver luogo per anni anche in assenza dell’onere dell’IVA.

56.

Tale ultima ipotesi sarebbe in contrasto anche con lo scopo della detrazione, la quale consente di dedurre solo gli importi pagati dal soggetto passivo ai propri fornitori a titolo dell’IVA sull’operazione corrispondente ( 38 ). Prima che tale pagamento venga effettuato, non si configura alcun onere ( 39 ), e il «rimborso» dell’imposta a monte che non è stata ancora pagata costituisce solo una sorta di sovvenzione ( 40 ).

57.

Inoltre, il diritto a detrazione esercitabile per diversi anni fino alla rettifica del debito d’imposta da parte dell’impresa erogatrice del servizio sarebbe suscettibile di abuso da parte del destinatario. Ciò sarebbe contrario alla ratio dell’articolo 273 della direttiva IVA, che consente agli Stati membri di stabilire obblighi al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta. Tale illimitato diritto a detrazione in assenza dell’onere dell’IVA è in contrasto, in particolare, con la valutazione compiuta nell’ambito dell’articolo 325 TFUE, secondo cui gli Stati membri devono tutelare gli interessi finanziari dell’Unione.

58.

In particolare, l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede una rettifica della detrazione dell’imposta a monte, inter alia, quando sono mutati gli elementi relativi alla detrazione a seguito della presentazione della dichiarazione dei redditi. Nel caso di mancato pagamento, gli Stati membri possono addirittura esigere la rettifica (paragrafo 2). Tale possibilità è indipendente dal fatto che il prestatore abbia già rettificato il proprio debito d’imposta. Pertanto, ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, seconda frase, della direttiva IVA, gli Stati membri possono prevedere che il destinatario, il quale non abbia pagato il corrispettivo e pertanto non sia gravato dall’IVA, sia tenuto, in forza dell’articolo 185 della direttiva menzionata, a rettificare al più presto la detrazione da lui posta in essere.

59.

La scadenza di un periodo d’imposta è pertanto un periodo ragionevole per verificare la presunzione posta alla base della detrazione immediata dell’imposta a monte, cioè che il destinatario pagherà nell’immediato futuro. Al momento della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo (di solito, un mese dopo), sarà chiaro se la detrazione (in assenza di oneri) sia stata operata in modo sostanzialmente scorretto fino a quel momento. Così si riduce il rischio sistemico di perdite delle entrate fiscali per il periodo d’imposta in questione.

60.

A tal riguardo, il creditore d’imposta (nel caso di specie, la Polonia) non deve attendere che il destinatario sia sottoposto a una procedura di insolvenza o di liquidazione, ma può già agire preventivamente per evitare di compromettere il gettito fiscale.

61.

Ove il destinatario versi successivamente il corrispettivo al soggetto passivo che eroga la prestazione, si riscontra un’ulteriore modifica degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione. Pertanto, viene effettuata una nuova rettifica ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA. In tal modo si garantisce che il destinatario sia esentato dall’onere dell’IVA non appena tale imposta diventi un fattore di costo per il medesimo. Ciò corrisponde esattamente al principio di neutralità dell’IVA, come sviluppato e interpretato dalla Corte ( 41 ).

62.

La soluzione al problema sollevato dal giudice del rinvio, consistente nel mancato pagamento del corrispettivo tra due soggetti passivi, non va dunque cercata in una limitazione della rettifica del debito d’imposta del soggetto passivo erogatore della prestazione, bensì in una più rapida rettifica della detrazione in assenza dell’onere dell’imposta a monte presso il destinatario.

V. Conclusione

63.

Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) come segue:

L’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, non consente agli Stati membri di escludere la rettifica del debito d’imposta del soggetto passivo erogatore della prestazione per il fatto che, al momento della prestazione o della rettifica, il destinatario sia già sottoposto a una procedura di insolvenza o di liquidazione. Tuttavia, l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva medesima consente agli Stati membri di esigere, in caso di pagamento incompleto, una rettifica della detrazione già nel periodo d’imposta successivo.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) V., al riguardo, già sentenze del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C‑242/18, EU:C:2019:558), dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377), del 6 dicembre 2018, Tratave (C‑672/17, EU:C:2018:989), del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887), del 2 luglio 2015, NLB Leasing (C‑209/14, EU:C:2015:440), del 3 settembre 2014, GMAC UK (C‑589/12, EU:C:2014:2131), del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C‑337/13, EU:C:2014:328), del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C‑588/10, EU:C:2012:40), e del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C‑330/95, EU:C:1997:339).

( 3 ) V. al riguardo, e multis, sentenze del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 23), del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt (C‑271/06, EU:C:2008:105, punto 21), e del 20 ottobre 1993, Balocchi (C‑10/92, EU:C:1993:846, punto 25).

( 4 ) GU 2006, L 347, pag. 1.

( 5 ) V. su tale effetto giuridico, e multis: sentenza del 14 febbraio 2019, Vetsch Int. Transporte (C‑531/17, EU:C:2019:114, punto 45).

( 6 ) Sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 25).

( 7 ) In particolare con sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punti 20 e segg.), del 22 febbraio 2018, T – 2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punti 35 e segg.), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punti 20 e segg.).

( 8 ) Sentenze del 7 novembre 2013, Tulică e Plavoşin (C‑249/12 e C‑250/12, EU:C:2013:722, punto 34), e del 24 ottobre 1996, Elida Gibbs (C‑317/94, EU:C:1996:400, punto 19), nonché ordinanza del 9 dicembre 2011, Connoisseur Belgium (C‑69/11, non pubblicata, EU:C:2011:825, punto 21).

( 9 ) Sentenze del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt (C‑271/06, EU:C:2008:105, punto 21), e del 20 ottobre 1993, Balocchi (C‑10/92, EU:C:1993:846, punto 25).

( 10 ) V., a titolo esemplificativo: sentenze del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 62), dell’11 ottobre 2007, KÖGÁZ e a. (C‑283/06 e C‑312/06, EU:C:2007:598, punto 37: «è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti»), e del 18 dicembre 1997, Landboden-Agrardienste (C‑384/95, EU:C:1997:627, punti 2023).

( 11 ) Sentenza del 24 ottobre 1996, Elida Gibbs (C‑317/94, EU:C:1996:400, punto 19), così, analogamente, le sentenze del 16 gennaio 2003, Yorkshire Co-operatives (C‑398/99, EU:C:2003:20, punto 19), e del 15 ottobre 2002, Commissione/Germania (C‑427/98, EU:C:2002:581, punto 30), del pari le conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa MyTravel (C‑291/03, EU:C:2005:283, paragrafo 69).

( 12 ) Sentenze del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C‑242/18, EU:C:2019:558, punto 37), dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 17), del 6 dicembre 2018, Tratave (C‑672/17, EU:C:2018:989, punto 29), del 20 dicembre 2017, Boehringer Ingelheim Pharma (C‑462/16, EU:C:2017:1006, punto 32), del 2 luglio 2015, NLB Leasing (C‑209/14, EU:C:2015:440, punto 35), del 3 settembre 2014, GMAC UK (C‑589/12, EU:C:2014:2131, punto 37), del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C‑588/10, EU:C:2012:40, punto 27), e del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C‑330/95, EU:C:1997:339, punto 15).

( 13 ) La stessa funzione è assicurata dagli articoli 184 e 185 della direttiva IVA, i quali costituiscono il contrappeso della detrazione IVA eseguita – conformemente al principio della tassazione nominale – ai sensi degli articoli 168 e 178 della direttiva IVA e correggono una detrazione dell’IVA iniziale eccessivamente elevata. In particolare l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA consente di assicurare che la detrazione dell’IVA venga alla fine adeguata all’onere effettivo dell’IVA. Il destinatario della prestazione, il quale, in assenza di pagamento del corrispettivo, non viene gravato dell’IVA, non deve neanche essere alleggerito di un onere (fittizio) attraverso una detrazione dell’IVA.

( 14 ) In tal senso, espressamente, anche sentenze del 3 settembre 2014, GMAC UK (C‑589/12, EU:C:2014:2131, punto 31), e del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C‑588/10, EU:C:2012:40, punto 26).

( 15 ) Sentenza del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C‑330/95, EU:C:1997:339, punto 18).

( 16 ) Sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 23).

( 17 ) Sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 25).

( 18 ) Sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punti 20 e segg., in particolare punto 23).

( 19 ) Sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punti 20 e segg.), e del 22 febbraio 2018, T – 2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punti 35 e segg.).

( 20 ) V. la relazione illustrativa sull’articolo 12 (Base imponibile) a pag. 15 nella proposta della Commissione del 20 giugno 1973, COM(73) 950 def.

( 21 ) Sentenze del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C‑242/18, EU:C:2019:558, punti 54 e segg.), dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 19), del 22 febbraio 2018, T‑2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punto 37), del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 17), e del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C‑330/95, EU:C:1997:339, punto 18).

( 22 ) V. sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 20), del 22 febbraio 2018, T‑2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punto 38), del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 18), e del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C‑330/95, EU:C:1997:339, punto 18).

( 23 ) Sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 20), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 2021).

( 24 ) Sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 20), e del 23 novembre 2017 (Di Maura, C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 23).

( 25 ) Mie conclusioni nella causa Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:440, paragrafi 45 e segg.).

( 26 ) L’anticipo dell’IVA incide sulla libertà professionale, la libertà d’impresa e il diritto fondamentale di proprietà (articoli 15, 16 e 17 della Carta). Si pone inoltre la questione di una disparità di trattamento ai sensi dell’articolo 20 della Carta verso imprese nei confronti delle quali l’imposta diventa esigibile, ai sensi dell’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA, solo al momento dell’incasso del corrispettivo (cosiddetta tassazione effettiva).

( 27 ) Sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 21), del 22 febbraio 2018, T – 2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punti 37 e segg.), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 22).

( 28 ) Sentenze del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C‑242/18, EU:C:2019:558, punti 38 e seg.), del 6 dicembre 2018, Tratave (C‑672/17, EU:C:2018:989, punti 32 e segg.), e del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C‑588/10, EU:C:2012:40, punti 23 e segg.).

( 29 ) V. sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 26), del 6 dicembre 2018, Tratave (C‑672/17, EU:C:2018:989, punto 33), del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 25), e del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C‑588/10, EU:C:2012:40, punto 28).

( 30 ) In tal senso, espressamente, sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 23); analogamente, sentenze del 22 febbraio 2018, T – 2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punto 40), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 22).

( 31 ) Sentenza del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C‑588/10, EU:C:2012:40, punto 25) – purché sia possibile senza costi sproporzionati.

( 32 ) Sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave (C‑672/17, EU:C:2018:989, punti 35 e seg.). La questione della comunicazione a posteriori di un’informazione omessa non è stata peraltro oggetto di esame.

( 33 ) In tal senso, espressamente, sentenze dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 23), v. pure sentenze del 22 febbraio 2018, T – 2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punto 40), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 22).

( 34 ) Sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 24).

( 35 ) V. e multis sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) Sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik (C‑285/11, EU:C:2012:774, punto 42), e del 21 giugno 2012, Mahagében (C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punto 48).

( 37 ) Tale interpretazione corrisponde alla giurisprudenza della Corte – v., e multis, sentenza del 28 luglio 2011, Commissione/Ungheria (C‑274/10, EU:C:2011:530, punto 48).

( 38 ) Ad esempio, sentenza del 22 febbraio 2018, T – 2 (C‑396/16, EU:C:2018:109, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata). V. pure sentenza del 29 aprile 2004, Terra Baubedarf-Handel (C‑152/02, EU:C:2004:268, punto 35 alla fine). La Corte utilizza nell’ultima sentenza l’espressione «abgeführt hat» (ha versato). Dato che essa si riferisce al destinatario, il quale non versa l’IVA in questione al Finanzamt (ufficio delle imposte), bensì al prestatore, si intende evidentemente quest’ultimo. Nella versione francese figura anche l’espressione «avoir été acquittée», che può essere tradotta anche liberamente in maniera corretta come «è stata versata». Al punto 36 – ove la traduzione è altresì corretta – ciò diventa particolarmente evidente.

( 39 ) V. pure le conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Volkswagen (C‑533/16, EU:C:2017:823, paragrafo 64): la detrazione dell’imposta a monte «non è scindibile dal pagamento dell’imposta: se il soggetto passivo non ha pagato l’IVA (…) non sussiste alcun fondamento, normativo ed economico, per esercitare il diritto a detrazione». V. anche le mie conclusioni nella causa Biosafe – Indústria de Reciclagens (C‑8/17, EU:C:2017:927, paragrafo 44).

( 40 ) In tal senso, chiaramente, H. Stadie in Rau/Dürrwächter, UStG, paragrafo 15, nota 87 – aggiornamento: maggio 2019.

( 41 ) Sentenze del 13 marzo 2014, Malburg (C‑204/13, EU:C:2014:147, punto 41), e del 3 marzo 2005, Fini H (C‑32/03, EU:C:2005:128, punto 25, nonché la giurisprudenza ivi citata).

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