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Document 62017CC0297

Conclusioni dell’avvocato generale M. Wathelet, presentate il 25 luglio 2018.
Bashar Ibrahim e a. contro Bundesrepublik Deutschland e Bundesrepublik Deutschland contro Taus Magamadov.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesverwaltungsgericht.
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 33, paragrafo 2, lettera a) – Rigetto da parte delle autorità di uno Stato membro di una domanda di asilo in quanto inammissibile per la precedente concessione di una protezione sussidiaria in un altro Stato membro – Articolo 52 – Ambito di applicazione ratione temporis di tale direttiva – Articoli 4 e 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Carenze sistemiche nella procedura di asilo in tale altro Stato membro – Rigetto sistematico delle domande d’asilo – Rischio effettivo e acclarato di subire un trattamento inumano o degradante – Condizioni di vita dei beneficiari di una protezione sussidiaria in quest’ultimo Stato.
Cause riunite C-297/17, C-318/17, C-319/17 e C-438/17.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:617

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 25 luglio 2018 ( 1 )

Cause riunite C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17

Bashar Ibrahim (C‑297/17),

Mahmud Ibrahim (C‑318/17),

Fadwa Ibrahim (C‑318/17),

Bushra Ibrahim (C‑318/17),

Mohammad Ibrahim, legalmente rappresentato da Fadwa e Mahmud Ibrahim (C‑318/17),

Ahmad Ibrahim, legalmente rappresentato da Fadwa e Mahmud Ibrahim (C‑318/17),

Nisreen Sharqawi (C‑319/17),

Yazan Fattayrji, legalmente rappresentato da Nisreen Sharqawi (C‑319/17),

Hosam Fattayrji, legalmente rappresentato da Nisreen Sharqawi (C‑319/17)

contro

Bundesrepublik Deutschland

e

Bundesrepublik Deutschland

contro

Taus Magamadov (C‑438/17)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2013/32/UE – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale – Articolo 52 – Ambito di applicazione ratione temporis di tale direttiva – Articolo 33, paragrafo 2, lettera a) – Rigetto di una domanda di asilo in quanto inammissibile per il motivo della precedente concessione di una protezione sussidiaria in un altro Stato membro – Articoli 4 e 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Carenze sistemiche nella procedura di asilo nell’altro Stato membro – Direttiva 2011/95/UE – Articoli 20 e seguenti – Condizioni di vita dei beneficiari di una protezione sussidiaria in quest’ultimo Stato – Rischio reale e acclarato di trattamento inumano o degradante»

1. 

Le domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 vertono sull’interpretazione da un lato, degli articoli 33, paragrafo 2, lettera a), e 52, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale ( 2 ) nonché dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e, d’altro lato, degli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta ( 3 ).

2. 

Tali domande sono state presentate nell’ambito di tre controversie che vedono opposti, da un lato, il sig. Bashar Ibrahim (causa C‑297/17), il sig. Mahmud Ibrahim, la sig.ra Fadwa Ibrahim, il sig. Bushra Ibrahim, i figli minori Mohammad e Ahmad Ibrahim (causa C‑318/17), nonché la sig.ra Nisreen Sharqawi e i suoi figli minori Yazan e Hosam Fattayrji (causa C‑319/17), richiedenti asilo palestinesi apolidi che hanno risieduto in Siria e, dall’altro, la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), riguardo alle decisioni adottate dal Bundesamt für Migration und Flüchtlinge (Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati, Germania; in prosieguo: l’«Ufficio») che negano loro il riconoscimento del diritto di asilo per il motivo che provenivano da un paese terzo sicuro.

3. 

La domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑438/17 verte sull’interpretazione degli articoli 33, paragrafo 2, lettera a), e 52, paragrafo 1, della direttiva 2013/32.

4. 

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Repubblica federale di Germania e il sig. Taus Magamadov, richiedente asilo di cittadinanza russa asseritamente ceceno, che ha risieduto in Polonia, riguardo a una decisione adottata dall’Ufficio che gli nega il riconoscimento del diritto di asilo per il motivo che proveniva da un paese terzo sicuro.

I. Contesto normativo

A.   Diritto internazionale

1. Convenzione di Ginevra

5.

L’articolo 21 della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 ( 4 ), entrata in vigore il 22 aprile 1954, come integrata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967, (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»), rubricato «Alloggio», così recita:

«In materia di alloggi, gli Stati Contraenti concedono, per quanto siffatto problema sia disciplinato da leggi e ordinanze o sia sottoposto al controllo delle autorità pubbliche, ai rifugiati che risiedono regolarmente sul loro territorio il trattamento più favorevole possibile e in ogni caso un trattamento non meno favorevole di quello concesso, nelle stesse circostanze, agli stranieri in generale».

2. Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

6.

Sotto la rubrica «Proibizione della tortura», l’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), così recita:

«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

B.   Diritto dell’Unione

1. La Carta

7.

Ai sensi dell’articolo 1 della Carta, rubricato «Dignità umana»:

«La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».

8.

L’articolo 4 della Carta, rubricato «Proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti», enuncia quanto segue:

«Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

L’articolo 18 della Carta, rubricato «Diritto di asilo», così recita:

«Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea».

9.

L’articolo 51 della Carta, rubricato «Ambito di applicazione», al suo paragrafo 1, così dispone:

«Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati».

10.

L’articolo 52 della Carta, rubricato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», al suo paragrafo 3, enuncia quanto segue:

«Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa».

2. Direttiva 2013/32

11.

L’articolo 33 della direttiva 2013/32, rubricato «Domande inammissibili», così dispone:

«1.   Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento (UE) n. 604/2013, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, qualora la domanda sia giudicata inammissibile a norma del presente articolo.

2.   Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

a)

un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale;

(…)».

12.

L’articolo 40 di tale direttiva, rubricato «Domande reiterate», prevede quanto segue:

«(…)

2.   (…) una domanda di protezione internazionale reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

3.   Se l’esame preliminare di cui al paragrafo 2, permette di concludere che sono emersi o sono stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, la domanda è sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda reiterata sia sottoposta a ulteriore esame anche per altre ragioni.

4.   Gli Stati membri possono stabilire che la domanda sia sottoposta a ulteriore esame solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, in particolare esercitando il suo diritto a un ricorso effettivo a norma dell’articolo 46.

(…)».

13.

L’articolo 51, paragrafo 1, di detta direttiva enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 30, all’articolo 31, paragrafi 1, 2 e da 6 a 9, agli articoli da 32 a 46, agli articoli 49 e 50 e all’allegato I entro il 20 luglio 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni».

14.

Ai sensi dell’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32:

«Gli Stati membri applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di cui all’articolo 51, paragrafo 1, alle domande di protezione internazionale presentate e alle procedure di revoca della protezione internazionale avviate dopo il 20 luglio 2015 o ad una data precedente. Alle domande presentate prima del 20 luglio 2015 e alle procedure di revoca dello status di rifugiato avviate prima di tale data si applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate ai sensi della direttiva 2005/85/CE [del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato ( 5 )]».

C.   Diritto tedesco

15.

L’articolo 29 dell’Asylgesetz (legge relativa al diritto di asilo), del 2 settembre 2008, come modificata dall’Integrationsgesetz (legge sull’integrazione), del 31 luglio 2016 (BGBl. I, S., pag. 1939) (in prosieguo: l’«AsylG»), dispone quanto segue:

«(1)   Una domanda di asilo è inammissibile quando

1.

un altro Stato è competente per l’esame della domanda di asilo

a)

ai sensi del regolamento [Dublino III ( 6 )] o

b)

ai sensi di altre norme dell’Unione europea o di un accordo internazionale

2.

un altro Stato membro dell’Unione europea ha già concesso allo straniero la protezione internazionale di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 2, (…)».

16.

L’articolo 77, paragrafo 1, dell’AsylG prevede quanto segue:

«Nelle controversie disciplinate dalla presente legge, il tribunale si basa sulla situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell’ultima udienza; se la decisione non è preceduta da un’udienza, il momento rilevante è quello della pronuncia della decisione (…)».

II. Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

A.   Cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17

17.

Il sig. Bashar Ibrahim, ricorrente nella causa C‑297/17 ( 7 ), è il figlio del sig. Mahmud Ibrahim e della sig.ra Fadwa Ibrahim nonché il fratello degli altri tre ricorrenti ( 8 ), che, al pari dei loro genitori, sono i ricorrenti nella causa C‑318/17.

18.

I ricorrenti nei procedimenti principali nell’ambito di tali cause hanno lasciato la Siria nel corso del 2012 per arrivare in Bulgaria dove, con decisioni del 26 febbraio e del 7 maggio 2013, è stata loro concessa una protezione sussidiaria. Nel novembre del 2013 essi hanno proseguito il proprio viaggio attraverso la Romania, l’Ungheria e l’Austria per arrivare in Germania dove, il 29 novembre 2013, hanno presentato una nuova domanda di asilo.

19.

Il 22 gennaio 2014 l’Ufficio ha trasmesso all’amministrazione nazionale bulgara richieste di ripresa in carico degli interessati. Tale amministrazione le ha respinte con lettere del 28 gennaio e del 10 febbraio 2014 per il motivo che la protezione sussidiaria già concessa ai ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/17 e C‑318/17 in Bulgaria rendeva inapplicabile nel caso di specie il regime di ripresa in carico di cui al regolamento Dublino III. Inoltre, l’autorità bulgara competente sarebbe la polizia di frontiera locale.

20.

Con decisioni del 27 febbraio e del 19 marzo 2014, l’Ufficio ha negato il riconoscimento del diritto di asilo ai ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/17 e C‑318/17, senza procedere a un esame nel merito delle loro domande, per il motivo che erano arrivati da un paese terzo sicuro e ha disposto il loro accompagnamento alla frontiera bulgara.

21.

Con sentenze emesse rispettivamente il 20 maggio e il 22 luglio 2014, il Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Germania) ha respinto i ricorsi proposti avverso tali decisioni.

22.

Con sentenze del 18 febbraio 2016, l’Oberverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo superiore del Land, Germania) ha annullato gli ordini di accompagnamento alla frontiera bulgara ma ha respinto le domande quanto al resto. Secondo tale giudice, il diritto all’asilo in Germania è stato correttamente negato ai ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/17 e C‑318/17 dal momento che questi ultimi sono ivi arrivati provenendo da un paese terzo sicuro. Gli ordini di accompagnamento alla frontiera bulgara sarebbero tuttavia illegittimi in quanto non sarebbe stato dimostrato che la Repubblica di Bulgaria fosse ancora disposta a prendere in carico i ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/17 e C‑318/17.

23.

Detti ricorrenti hanno proposto un ricorso per cassazione (Revision), dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), avverso tali decisioni di parziale rigetto delle loro domande. Essi sostengono, in particolare, che il regime istituito dal regolamento Dublino III rimane applicabile successivamente alla concessione di una protezione sussidiaria. Invece, l’Ufficio ritiene che le domande di asilo siano ormai inammissibili ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, punto 2, dell’AsylG, il cui contenuto corrisponde a quello dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32.

24.

Ciò premesso, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la disposizione transitoria di cui all’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32 osti all’applicazione di una disciplina nazionale, ai sensi della quale, in attuazione della più ampia facoltà rispetto alla disciplina precedente di cui all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, una domanda di protezione internazionale è inammissibile, qualora il richiedente benefici di protezione sussidiaria in un altro Stato membro, laddove, in assenza di una norma transitoria di diritto interno, la disciplina nazionale debba essere applicata anche alle domande presentate anteriormente al 20 luglio 2015.

Se la disposizione transitoria di cui all’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32 consenta agli Stati membri, in particolare, un’attuazione retroattiva della più ampia facoltà prevista dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, con conseguente pari inammissibilità delle domande di asilo presentate anteriormente alla trasposizione di detta facoltà nell’ordinamento nazionale ma non ancora decise in via definitiva al momento della trasposizione stessa.

2)

Se l’articolo 33 della direttiva 2013/32 riconosca agli Stati membri il diritto di scegliere se respingere, in quanto inammissibile, una domanda di asilo o per difetto di competenza internazionale (regolamento Dublino) o in base all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32.

3)

In caso di risposta affermativa alla seconda questione: se il diritto dell’Unione precluda ad uno Stato membro di respingere, in quanto inammissibile, una domanda di protezione internazionale qualora un altro Stato membro abbia concesso protezione internazionale in attuazione della facoltà prevista dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, nel caso in cui

a)

il richiedente intenda ottenere un’estensione del beneficio della protezione sussidiaria ottenuto in un altro Stato membro (riconoscimento dello status di rifugiato) e la procedura di asilo nell’altro Stato membro fosse e continui ad essere pregiudicata da carenze sistemiche, ovvero

b)

il meccanismo della protezione internazionale, segnatamente le condizioni di vita dei beneficiari della protezione sussidiaria, nell’altro Stato membro che abbia già concesso protezione sussidiaria al richiedente

violi l’articolo 4 della [Carta] e l’articolo 3 della CEDU o

non soddisfi i requisiti degli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95, senza peraltro violare l’articolo 4 della [Carta] ovvero l’articolo 3 della CEDU.

4)

In caso di risposta positiva alla terza questione sub b): se ciò valga anche nel caso in cui ai beneficiari della protezione sussidiaria non siano prestati affatto mezzi di sussistenza oppure in una misura molto contenuta rispetto agli altri Stati membri, senza che questi siano peraltro trattati diversamente dagli stessi cittadini di detto Stato membro.

5)

In caso di risposta negativa alla seconda questione:

a)

se il regolamento Dublino III trovi applicazione in una procedura volta alla concessione della protezione internazionale nel caso in cui la domanda di asilo sia stata presentata anteriormente al 1o gennaio 2014, ma la richiesta di ripresa in carico sia stata presentata solo successivamente al 1o gennaio 2014 e il richiedente abbia già beneficiato in precedenza (nel febbraio del 2013) di protezione sussidiaria nello Stato membro richiesto.

b)

Se possa desumersi dai regolamenti Dublino un trasferimento di competenza – implicito – allo Stato membro che chieda la ripresa in carico di un richiedente nel caso in cui lo Stato membro richiesto competente abbia respinto la richiesta di ripresa in carico tempestivamente presentata in base alle disposizioni Dublino e abbia invece fatto rinvio ad un accordo intergovernativo di riammissione».

B.   Causa C‑438/17

25.

Nel 2007 il sig. Magamadov ha presentato una domanda di asilo in Polonia dove, con decisione del 13 ottobre 2008, gli è stata concessa la protezione sussidiaria. Nel giugno del 2012, con sua moglie e suo figlio, ha fatto rientro in Germania dove, il 19 giugno 2012, ha presentato una domanda di asilo.

26.

Il 13 febbraio 2013 l’Ufficio ha trasmesso una richiesta di ripresa in carico alle autorità polacche, le quali, il 18 febbraio 2013, hanno dichiarato di essere disposte a riprendere in carico il sig. Magamadov e la sua famiglia.

27.

Con decisione del 13 marzo 2013, l’Ufficio ha ritenuto, senza un esame nel merito, che le domande di asilo del sig. Magamadov e della sua famiglia fossero inammissibili per il fatto che la Repubblica di Polonia era lo Stato membro competente per l’esame di tali domande e ha disposto il loro trasferimento in Polonia. Poiché il trasferimento non è avvenuto entro il termine assegnato a causa di problemi di salute incontrati dalla moglie del sig. Magamadov, l’Ufficio, con decisione del 24 settembre 2013, ha revocato la propria decisione del 13 marzo 2013, per il motivo che la Repubblica federale di Germania era divenuta lo Stato membro competente a causa della scadenza di detto termine.

28.

Con decisione del 23 giugno 2014, l’Ufficio ha negato al ricorrente la protezione internazionale e il diritto di asilo, sulla base del rilievo che era arrivato dalla Polonia e ha disposto il suo accompagnamento in tale Stato membro.

29.

Con sentenza del 19 maggio 2015, il Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Germania) ha respinto il ricorso proposto avverso tale decisione.

30.

Con sentenza del 21 aprile 2016, l’Oberverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo superiore del Land) ha annullato la decisione dell’Ufficio del 23 giugno 2014.

31.

L’Oberverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo superiore del Land) ha considerato che la regola prevista all’articolo 16 bis, paragrafo 2, prima frase, del Grundgesetz (Costituzione tedesca) secondo la quale il diritto di asilo non dev’essere concesso a un cittadino straniero venuto da un paese sicuro non fosse applicabile nel procedimento principale in ragione della deroga prevista all’articolo 26 bis, paragrafo 1, terza frase, punto 2, dell’AsylG, secondo cui la regola del paese terzo sicuro non si applica allorché, come nel caso di specie, la Repubblica federale di Germania è divenuta lo Stato membro competente ai sensi del diritto dell’Unione. Poiché la domanda di asilo di cui trattasi nel procedimento principale è stata presentata prima del 20 luglio 2015, sarebbe applicabile la direttiva 2005/85. Orbene, l’articolo 25, paragrafo 2, di tale direttiva consentirebbe il rigetto di una domanda di asilo in assenza di un esame nel merito soltanto qualora un altro Stato membro abbia riconosciuto la qualifica di rifugiato alla persona interessata.

32.

La Repubblica federale di Germania ha proposto un ricorso per cassazione (Revision) avverso tale sentenza dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania). Essa sostiene in particolare che la domanda di asilo di cui trattasi nel procedimento principale è inammissibile ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, punto 2, dell’AsylG, il cui contenuto corrisponde a quello dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, dal momento che al ricorrente è stata concessa una protezione internazionale in Polonia.

33.

Il sig. Magamadov afferma che la sua domanda di asilo presentata il 19 giugno 2012 non è inammissibile, in quanto la Repubblica di Polonia non gli ha concesso lo status di rifugiato ma una mera protezione sussidiaria.

34.

Il giudice del rinvio rileva che la decisione del 23 giugno 2014 dell’Ufficio è stata adottata prima dell’entrata in vigore della direttiva 2013/32 e che ai fatti oggetto del procedimento principale si applica il regolamento Dublino II e non il regolamento Dublino III.

35.

Ciò premesso, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la disposizione transitoria di cui all’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32 osti all’applicazione di una disciplina nazionale ai sensi della quale, in attuazione della più ampia facoltà rispetto alla disciplina precedente di cui all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32/UE, una domanda di protezione internazionale è inammissibile qualora il richiedente benefici di protezione sussidiaria in un altro Stato membro, laddove, in assenza di una norma transitoria di diritto interno, la disciplina nazionale debba essere applicata anche alle domande presentate anteriormente al 20 luglio 2015.

Se quanto sopra si applichi in ogni caso qualora, ai sensi dell’articolo 49 del regolamento [Dublino III], la domanda di asilo rientri ancora in toto nella sfera di applicazione del regolamento [Dublino II].

2)

Se la disposizione transitoria di cui all’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32 consenta agli Stati membri, in particolare, un’attuazione retroattiva della più ampia facoltà prevista dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, con conseguente pari inammissibilità delle domande di asilo presentate anteriormente all’entrata in vigore della direttiva 2013/32 e alla trasposizione di detta facoltà nell’ordinamento nazionale ma non ancora decise in via definitiva al momento della trasposizione stessa».

III. Procedimento dinanzi alla Corte

36.

Con decisione del presidente della Corte del 9 giugno 2017, le cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza; le questioni pregiudiziali nell’ambito delle tre cause sono identiche.

37.

Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di sottoporre dette cause a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura. Il 14 luglio 2017 il presidente della Corte ha deciso di non accogliere tale domanda.

38.

Il giudice del rinvio ha del pari chiesto alla Corte di sottoporre la causa C‑438/17 a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105, paragrafo l, del suo regolamento di procedura. Il 19 settembre 2017 il presidente della Corte ha deciso di non accogliere tale domanda.

39.

Con decisione della Corte del 30 gennaio 2018, le cause C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento nonché della sentenza.

40.

Sono state depositate osservazioni scritte dai ricorrenti nei procedimenti principali, dai governi tedesco, francese e polacco nonché dalla Commissione europea nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17.

41.

Osservazioni scritte sono state depositate dai governi tedesco, polacco e ungherese, nonché dalla Commissione europea nella causa C‑438/17.

42.

All’udienza comune, tenutasi l’8 maggio 2018, nella causa C‑163/17 e nelle cause riunite C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, i ricorrenti nei procedimenti principali in tali cause, l’Ufficio, i governi tedesco, belga, italiano, dei Paesi Bassi e del Regno Unito nonché la Commissione hanno formulato osservazioni orali.

IV. Analisi

A.   Sulla prima questione pregiudiziale nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 e sulle due questioni nella causa C‑438/17

43.

La prima questione pregiudiziale nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 e le due questioni pregiudiziali nella causa C‑438/17 vertono sull’interpretazione della disposizione transitoria della direttiva 2013/32, ossia il suo articolo 52, primo comma. Esse mirano a stabilire, in sostanza, quale delle due direttive 2013/32 o 2005/85 sia applicabile alla domanda di asilo del 29 novembre 2013 dei ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 e alla domanda di asilo del 19 giugno 2012 del ricorrente nel procedimento principale nella causa C‑438/17 ( 9 ).

44.

Secondo il giudice del rinvio, ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, punto 2, dell’AsylG, che recepisce l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, una domanda di asilo sarà inammissibile qualora un altro Stato membro dell’Unione abbia già concesso allo straniero una protezione internazionale. Esso aggiunge che l’articolo 77, paragrafo 1, dell’AsylG «impone di per se stesso di applicare l’articolo 29, paragrafo 1, punto 2, dell’AsylG alle domande presentate prima della sua entrata in vigore purché non siano state ancora oggetto di una decisione non impugnabile. (…) L’affidamento degli interessati nella persistenza del precedente regime giuridico è meno importante, a giudizio di codesta Sezione, dell’obiettivo perseguito dal nuovo regime consistente nell’evitare una migrazione secondaria dopo il conseguimento di una protezione conformemente all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32» (v. punto 20 della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑297/17).

45.

Va rilevato che ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, gli Stati membri possono giudicare inammissibile una domanda di protezione internazionale, ossia una domanda volta a conseguire lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria qualora un altro Stato membro abbia concesso la protezione internazionale ( 10 ).

46.

Invece, conformemente all’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85 ( 11 ), gli Stati membri potevano giudicare irricevibile una domanda di protezione internazionale qualora un altro Stato membro avesse concesso lo status di rifugiato. Di conseguenza, ai sensi di tale disposizione, una domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato non poteva essere considerata irricevibile se lo status di protezione sussidiaria fosse stato concesso da un altro Stato membro ( 12 ).

47.

Ne deriva che vi è una distinzione chiara e netta tra la portata delle due disposizioni in parola, in quanto gli Stati membri dispongono di poteri più ampi al fine di dichiarare inammissibile una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 che ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85 ( 13 ). Di conseguenza, per quanto attiene all’ammissibilità delle domande di protezione internazionale, è importante sapere quale delle due direttive sia applicabile nei procedimenti principali.

48.

A tal proposito, l’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32 stabilisce che gli Stati membri applicano le disposizioni nazionali che recepiscono in particolare l’articolo 33 di detta direttiva alle domande di protezione internazionale presentate e alle procedure di revoca della protezione internazionale avviate dopo il 20 luglio 2015 ( 14 o ad una data precedente».

49.

Dai lavori preparatori della direttiva 2013/32 risulta che l’espressione «o ad una data precedente», che non compariva nel testo della proposta della Commissione (COM (2009) 554), è stata aggiunta nella parte finale dell’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32 dal Consiglio in prima lettura ( 15 ).

50.

Tale inclusione è all’origine delle domande di pronuncia pregiudiziale in esame. Si deve constatare che la citata disposizione è un classico esempio di scorretta redazione legislativa o di indecisione all’origine di vari ricorsi giurisdizionali che comporta così considerevoli sprechi di risorse tanto a livello nazionale quanto a livello europeo, senza contare le prove imposte, non foss’altro che in termini di tempo, ai singoli coinvolti che peraltro devono già far fronte ad altre difficoltà.

51.

Infatti, in assenza di tale espressione, l’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32 sarebbe perfettamente chiaro e il 20 luglio 2015 sarebbe la sola data rilevante per decidere quale direttiva sia applicabile. Inoltre, a cosa serve conservare l’espressione «dopo il 20 luglio 2015», se ciò vale a indicare anche le domande presentate prima di tale data?

52.

Per rispondere all’interrogativo se la data del 20 luglio 2015 rimanga rilevante al fine di determinare l’applicazione ratione temporis della direttiva 2013/32, ritengo, conformemente alle osservazioni del governo polacco e della Commissione, che l’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32 debba essere letto nel suo insieme.

53.

Ai sensi dell’articolo 52, primo comma, seconda frase, della direttiva 2013/32, alle domande presentate prima del 20 luglio 2015 nonché alle procedure di revoca dello status di rifugiato avviate prima di tale data si applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate ai sensi della direttiva 2005/85.

54.

Da tale disposizione perfettamente chiara e cogente, discende che le domande di asilo dei ricorrenti nei procedimenti principali, che sono state tutte presentate prima del 20 luglio 2015, sono disciplinate dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate ai sensi della direttiva 2005/85 ( 16 ). Se si dovesse interpretare l’espressione «o ad una data precedente» nella parte finale dell’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32 nel senso che lascia agli Stati membri la possibilità di applicare le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva 2013/32 alle domande presentate anteriormente al 20 luglio 2015, una siffatta interpretazione sarebbe diametralmente in contrasto con l’articolo 52, primo comma, seconda frase, della direttiva 2013/32 deformandone il chiaro significato.

55.

Orbene, non vedo perché dovremmo «sacrificare» il chiaro significato dell’articolo 52, primo comma, seconda frase, della direttiva 2013/32 per attribuire un senso all’espressione «o ad una data precedente» che ha introdotto un’ambiguità, se non addirittura una contraddizione, nella prima frase del medesimo comma. Poiché riguardo al punto in discussione la direttiva 2013/32 è più restrittiva rispetto alla direttiva 2005/85, l’argomento della Commissione secondo il quale l’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32 consente un’applicazione retroattiva delle disposizioni di detta direttiva che sarebbero più favorevoli al richiedente asilo ( 17 ) non deve neppure essere preso in esame.

56.

Di conseguenza, la sola interpretazione logica dell’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32 è che alle domande presentate dopo il 20 luglio 2015 nonché alle procedure di revoca dello status di rifugiato avviate dopo tale data si applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate per il recepimento della direttiva 2013/32.

57.

Con la sua prima questione nella causa C‑438/17, il giudice del rinvio si chiede, altresì, se la circostanza che la domanda di asilo del ricorrente nel procedimento principale nell’ambito di tale causa depositata nel giugno del 2012 rientri ancora in toto nella sfera di applicazione del regolamento Dublino II ( 18 ) sia rilevante ai fini dell’interpretazione dell’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32. Infatti, il giudice del rinvio ritiene che l’applicabilità del regolamento Dublino II nel caso di specie possa ostare all’applicazione retroattiva della norma nazionale ( 19 ) adottata in attuazione della più ampia facoltà conferita dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva ( 20 ).

58.

Poiché dalla mia risposta al paragrafo 54 delle presenti conclusioni risulta che l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 non trova applicazione prima della data del 20 luglio 2015, data in cui il regolamento Dublino III era già in vigore, non si pone la questione se il regolamento Dublino II osti all’applicazione retroattiva della norma nazionale adottata in attuazione della più ampia facoltà conferita dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva.

59.

Con la sua seconda questione nella causa C‑438/17, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32 consenta un’attuazione retroattiva della più ampia facoltà prevista dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, con riguardo a domande di asilo non ancora decise al momento di tale attuazione e già presentate anteriormente all’entrata in vigore della direttiva 2013/32 ( 21 ).

60.

Dato che dalla mia risposta al paragrafo 54 delle presenti conclusioni risulta che l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 non si applica prima della data del 20 luglio 2015, non si pone neppure la questione se l’articolo 52, primo comma, prima frase, della direttiva 2013/32 consenta di attuare retroattivamente la più ampia facoltà prevista dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, con riguardo a domande di asilo non ancora decise al momento di tale attuazione e già presentate prima dell’entrata in vigore di detta direttiva.

61.

Alla luce delle precedenti considerazioni, ritengo che l’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32 osti all’applicazione alle domande di protezione internazionale presentate prima del 20 luglio 2015 di una normativa nazionale che recepisca l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 e crei un motivo di inammissibilità, qualora il richiedente si sia visto riconoscere una protezione sussidiaria in un altro Stato membro. La circostanza che la domanda di asilo rientri ancora pienamente nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II conformemente all’articolo 49 del regolamento Dublino III o che la domanda di asilo sia stata presentata prima dell’entrata in vigore della direttiva 2013/32 e prima del suo recepimento nel diritto interno è inconferente.

62.

Si deve rilevare che la mia risposta alla prima questione pregiudiziale nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 e alle due questioni nella causa C‑438/17 priva di oggetto le altre questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17. Dunque le esaminerò soltanto nell’ipotesi in cui la Corte non adotti la risposta proposta per la prima questione.

B.   Sulla seconda questione nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17

63.

Con la questione pregiudiziale in esame, che verte specificamente sull’interpretazione dell’articolo 33 della direttiva 2013/32, il giudice del rinvio si chiede se gli Stati membri dispongano del diritto di scegliere di non esaminare una domanda di asilo ai sensi del regolamento Dublino II e del regolamento Dublino III, per il motivo che tali regolamenti individuano un altro Stato membro come competente per l’esame della domanda di protezione internazionale ( 22 ), oppure di respingerla in quanto inammissibile ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, punto a), della direttiva 2013/32 ( 23 ).

64.

Ritengo che risulti chiaramente dalla stessa formulazione dell’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e in particolare dall’espressione «[o]ltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento [Dublino III]» che uno Stato membro ha diritto di scegliere di non esaminare una domanda di asilo, dato che un altro Stato membro è competente, oppure di respingerla in quanto inammissibile ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32.

65.

A tal proposito, ritengo, conformemente alle osservazioni della Commissione ( 24 ), che l’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 non stabilisca alcuna priorità o gerarchia tra le norme sull’individuazione dello Stato membro competente e i motivi di inammissibilità previsti all’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32. Ne consegue che uno Stato membro non è tenuto a valutare in via prioritaria se sia competente o meno per l’esame della domanda di protezione internazionale e può respingere tale domanda per uno dei motivi di inammissibilità previsti all’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32. In assenza di una qualsiasi priorità o gerarchia fra le norme di cui trattasi, tale libera scelta si impone anche per ragioni di economia procedurale.

C.   Sulle questioni terza e quarta nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17

66.

Con la sua terza questione nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 osti a che uno Stato membro respinga in quanto inammissibile una domanda di asilo presentatagli da un richiedente al quale sia già stata concessa da un altro Stato membro la protezione sussidiaria, da un lato, nel caso in cui la procedura di asilo in quest’altro Stato membro fosse e continui ad essere pregiudicata da carenze sistemiche e, d’altro lato, nel caso in cui le condizioni di vita dei beneficiari di una protezione sussidiaria nell’altro Stato membro violino l’articolo 4 della Carta e l’articolo 3 della CEDU o non soddisfino le condizioni di cui agli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95, senza tuttavia arrivare a violare l’articolo 4 della Carta.

67.

Con la sua quarta questione nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17, il giudice del rinvio si chiede se il diritto dell’Unione osti all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale nel caso in cui ai beneficiari della protezione internazionale non siano prestati affatto mezzi di sussistenza ovvero siano loro prestati in una misura molto contenuta rispetto a quelli previsti in altri Stati membri, senza che essi siano peraltro trattati diversamente, sotto questo aspetto, dai cittadini dello Stato membro interessato e senza che si arrivi a violare l’articolo 4 della Carta.

68.

Si deve osservare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcuna informazione né sulla procedura di concessione della protezione internazionale in Bulgaria né sulle condizioni di vita dei beneficiari di protezione internazionale in tale Stato membro.

69.

Esaminerò la seconda parte della terza questione nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 unitamente alla quarta questione e successivamente la prima parte della terza questione.

1. Sulla seconda parte della terza questione e sulla quarta questione

70.

Con la questione pregiudiziale in esame, il giudice del rinvio si chiede se «il diritto dell’Unione imponga l’esame della domanda reiterata di una persona cui sia stata riconosciuta la protezione sussidiaria in un altro Stato membro, contrariamente a quanto previsto dalla norma nazionale di attuazione dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, nel caso in cui le condizioni di vita dei beneficiari di protezione sussidiaria in detto Stato siano in contrasto con l’articolo 3 (…) della CEDU [e l’articolo 4 della Carta] oppure non soddisfino i requisiti di cui agli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95 essendo al di sotto di tale soglia».

a) Osservazioni preliminari sull’articolo 4 della Carta

71.

Conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, le norme di diritto derivato dell’Unione devono essere interpretate e applicate nel rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta. Il divieto di pene o di trattamenti inumani o degradanti, di cui all’articolo 4 della Carta, è, al riguardo, di importanza fondamentale, poiché ha carattere assoluto in quanto è strettamente connesso al rispetto della dignità umana, di cui all’articolo 1 della stessa Carta ( 25 ).

72.

Il sistema europeo comune di asilo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati partecipanti, siano essi Stati membri o paesi terzi, rispetti i diritti fondamentali, compresi i diritti che trovano fondamento nella Convenzione di Ginevra e nel Protocollo del 1967, nonché nella CEDU, e che gli Stati membri possano fidarsi reciprocamente a tale riguardo. In tali circostanze la Corte ha dichiarato che si doveva presumere che il trattamento riservato ai richiedenti asilo in ciascuno Stato membro fosse conforme a quanto prescritto dalla Carta, dalla Convenzione di Ginevra e dalla CEDU ( 26 ).

73.

Nonostante tale presunzione di conformità, la Corte ha altresì dichiarato che non si può escludere che il sistema europeo comune di asilo incontri, in pratica, gravi difficoltà di funzionamento in un determinato Stato membro, cosicché sussisterebbe un rischio serio che un richiedente asilo sia, in caso di trasferimento verso detto Stato membro, trattato in modo incompatibile con i suoi diritti fondamentali ( 27 ).

74.

Al punto 99 della sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), la Corte precisa chiaramente «che un’applicazione del regolamento [Dublino III] sulla base di una presunzione assoluta che i diritti fondamentali del richiedente asilo saranno rispettati nello Stato membro di regola competente a conoscere della sua domanda è incompatibile con l’obbligo degli Stati membri di interpretare e di applicare il regolamento [Dublino III] in conformità ai diritti fondamentali». Si tratta di conseguenza di una presunzione relativa di conformità.

75.

La Corte ha inoltre osservato, ai punti da 86 a 94 e 106 nella sua sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), che il trasferimento di richiedenti asilo nel contesto del sistema di Dublino poteva, in talune circostanze, essere incompatibile con il divieto previsto all’articolo 4 della Carta. Essa ha quindi dichiarato che un richiedente asilo correva un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi di tale articolo, in caso di trasferimento verso uno Stato membro nel quale fosse possibile temere seriamente che sussistessero carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo. Di conseguenza, conformemente al divieto previsto in detto articolo, nel contesto del sistema di Dublino, gli Stati membri sono tenuti a non effettuare trasferimenti verso uno Stato membro quando non possono ignorare l’esistenza, all’interno di quest’ultimo, di siffatte carenze ( 28 ).

76.

La sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), è intervenuta in una situazione analoga a quella considerata nella sentenza della Corte EDU del 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia ( 29 ), relativa all’articolo 3 della CEDU, ossia il trasferimento da parte delle autorità belghe di un richiedente asilo verso la Grecia che era lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda ( 30 ). Al punto 88 della sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), la Corte ha rilevato che la Corte EDU aveva dichiarato, in particolare, che il Regno del Belgio aveva violato l’articolo 3 della CEDU esponendo il richiedente asilo, da un lato, ai rischi risultanti dalle carenze della procedura di asilo in Grecia, atteso che le autorità belghe sapevano o dovevano sapere che non vi era alcuna garanzia che la sua domanda di asilo sarebbe stata esaminata seriamente dalle autorità greche, e, dall’altro lato, e con piena cognizione di causa, a condizioni detentive ed esistenziali costitutive di trattamenti degradanti ( 31 ).

77.

Se è vero che la giurisprudenza risultante dalla sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), relativa all’esistenza nello Stato membro richiesto di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti è stata codificata nel 2013 all’articolo 3, paragrafo 2, seconda comma, del regolamento Dublino III, la Corte ha tuttavia dichiarato che non se ne può concludere che qualunque violazione di un diritto fondamentale da parte dello Stato membro competente si riverberi sugli obblighi degli altri Stati membri di rispettare le disposizioni del regolamento Dublino III ( 32 ). Infatti, non sarebbe compatibile con gli obiettivi e con il sistema del regolamento Dublino III che la minima violazione delle norme che disciplinano il sistema comune di asilo sia sufficiente per impedire qualunque trasferimento di un richiedente asilo verso lo Stato membro di regola competente ( 33 ).

78.

Per quanto attiene ai rischi associati al trasferimento propriamente detto di un richiedente protezione internazionale, al punto 65 della sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127), la Corte ha dichiarato che deve essere operato soltanto in condizioni che escludono che tale trasferimento comporti un rischio reale che l’interessato subisca trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta. A tal proposito, la Corte ha preso in considerazione lo stato di salute particolarmente grave dell’interessato ( 34 ) che poteva renderne impossibile il trasferimento verso un altro Stato membro, pur in assenza di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro competente.

79.

Infatti, al punto 91 della sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127), la Corte ha esplicitamente respinto l’argomento della Commissione secondo il quale dall’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento Dublino III si evincerebbe che solo l’esistenza di carenze sistemiche nello Stato membro competente potrebbe incidere sull’obbligo di trasferimento di un richiedente asilo verso lo Stato membro competente ( 35 ).

80.

A tal proposito, la Corte ha posto l’accento sul carattere generale dell’articolo 4 della Carta, che vieta i trattamenti inumani o degradanti in ogni loro forma, e sul fatto che sarebbe manifestamente incompatibile con il carattere assoluto di tale divieto che gli Stati membri possano ignorare un rischio reale e acclarato di trattamenti inumani o degradanti che incombano su un richiedente asilo adducendo quale pretesto che esso non risulterebbe da una carenza sistemica dello Stato membro competente ( 36 ).

81.

Il punto 95 della sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127), precisa che l’impossibilità di procedere al trasferimento nelle circostanze della causa «rispetta pienamente il principio della fiducia reciproca dal momento che, lungi dall’incidere sull’esistenza di una presunzione di rispetto dei diritti fondamentali in ogni Stato membro, essa garantisce che le situazioni eccezionali considerate nella presente sentenza siano debitamente prese in considerazione dagli Stati membri. Del resto, se uno Stato membro procedesse al trasferimento di un richiedente asilo in situazioni siffatte, il trattamento inumano e degradante che ne risulterebbe non sarebbe imputabile, direttamente o indirettamente, alle autorità dello Stato membro competente, ma solo al primo Stato membro» ( 37 ).

82.

Tale approccio prudente, che pone l’accento sulla salvaguardia dei principi fondamentali e dei diritti dell’uomo, rispecchia anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Infatti, al punto 126 della sua sentenza del 4 novembre 2014, Tarakhel c. Svizzera, CE:ECHR:2014:1104JUD002921712, la Corte europea dei diritti dell’uomo ricorda che «la doglianza di una persona secondo cui il suo trasferimento verso uno Stato terzo l’esporrebbe a trattamenti vietati dall’articolo 3 della [CEDU] deve imperativamente essere oggetto di un attento controllo da parte di un’autorità nazionale».

83.

Contrariamente alle circostanze presenti nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), e del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127), che avevano ad oggetto, nel primo caso, le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti e, nel secondo caso, il trasferimento in quanto tale di un richiedente protezione internazionale, le cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 hanno ad oggetto la presa in considerazione della situazione che potrebbe verificarsi dopo la concessione della protezione internazionale nello Stato membro competente.

84.

Inoltre, le questioni pregiudiziali in esame vertono non già sul regolamento Dublino III bensì sul motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32.

85.

Tali circostanze inedite non sono ancora state esaminate dalla Corte.

b) Applicazione dell’articolo 4 della Carta

86.

L’articolo 51, paragrafo 1, della Carta prevede che le sue disposizioni si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

87.

A mio avviso, il rispetto dell’articolo 4 della Carta, relativo alla proibizione dei trattamenti inumani o degradanti, che ha carattere assoluto, s’impone agli Stati membri allorché applicano il motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 ( 38 ).

88.

Conformemente al principio di reciproca fiducia, si deve presumere che il trattamento riservato ai beneficiari di protezione internazionale in ciascuno Stato membro sia conforme a quanto prescritto dalla Carta, dalla Convenzione di Ginevra e dalla CEDU ( 39 ). Tale presunzione di conformità è rafforzata se lo Stato membro recepisce de iure ( 40 )ma altresì de facto le disposizioni del capo VII, intitolato «Contenuto della protezione internazionale», della direttiva 2011/95 che prevede un livello di tutela sociale del beneficiario interessato che è equivalente, se non addirittura superiore a quello previsto dalla Convenzione di Ginevra.

89.

Tuttavia, come ho già spiegato al paragrafo 73 delle presenti conclusioni, tale presunzione di conformità, in particolare all’articolo 4 della Carta, non è assoluta.

90.

Considero che risulta per analogia dai punti 253 e 254 della sentenza della Corte EDU del 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia (CE:ECHR:2011:0121JUD003069609), e dal punto 80 della sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), che uno Stato membro violerebbe l’articolo 4 della Carta se alcuni beneficiari della protezione internazionale, totalmente dipendenti dagli aiuti pubblici, si dovessero confrontare con l’indifferenza delle autorità in modo da trovarsi in una situazione di privazione o di mancanza talmente grave da essere incompatibile con la dignità umana.

91.

In altre parole, per ritenere che vi siano motivi seri e comprovati per credere che i beneficiari di protezione internazionale corrano un rischio effettivo di essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta, in ragione delle loro condizioni di vita nello Stato membro competente a norma del regolamento Dublino III, essi devono versare in una situazione particolarmente grave ( 41 ) che risulti da carenze sistemiche nei loro confronti in tale Stato membro.

92.

In una siffatta situazione del tutto eccezionale, uno Stato membro non può applicare il motivo di inammissibilità previsto dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale e deve esaminare la domanda di protezione internazionale presentatagli.

93.

Alla luce delle precedenti considerazioni e, in particolare, del carattere assoluto della proibizione di trattamenti inumani o degradanti, prevista all’articolo 4 della Carta, considero che il diritto dell’Unione osti all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale qualora le condizioni di vita dei beneficiari di una protezione sussidiaria concessa da un altro Stato membro siano in contrasto con l’articolo 4 della Carta.

c) Applicazione degli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95

94.

Il capo VII della direttiva 2011/95 sul contenuto della protezione internazionale prevede in particolare disposizioni relative all’accesso dei beneficiari di protezione internazionale all’occupazione ( 42 ), all’istruzione ( 43 ), all’assistenza sociale ( 44 ) e all’assistenza sanitaria ( 45 ) che impongono un trattamento identico a quello riservato ai cittadini dello Stato membro.

95.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2011/95, i beneficiari devono avere accesso a un alloggio secondo modalità equivalenti a quelle previste per altri cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nei loro territori ( 46 ).

96.

Ne deriva che le disposizioni del capo VII della direttiva 2011/95 non prevedono un livello o una soglia minima di benefici sociali che debbano essere concessi ai beneficiari della protezione internazionale, oltre al trattamento nazionale o eccezionalmente a un trattamento equivalente a quello previsto per altri cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nel territorio di uno Stato membro ( 47 ).

97.

In assenza di una vera politica sulla protezione internazionale all’interno dell’Unione, finanziata con il suo bilancio, che garantisca condizioni di vita minime e uniformi ai beneficiari di tale protezione, le disposizioni del capo VII della direttiva 2011/95 rispecchiano il principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5, paragrafo 3, TUE nella misura in cui prendono chiaramente in considerazione l’esistenza di differenti livelli di benefici sociali negli Stati membri.

98.

Per quanto concerne le situazioni in cui è dedotta una violazione degli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95, senza tuttavia arrivare a una violazione dell’articolo 4 della Carta, considero, come il governo francese, che imporre alle autorità competenti in materia di asilo di valutare il livello e le condizioni di accesso della protezione internazionale sarebbe contrario al principio di reciproca fiducia sotteso al sistema europeo comune di asilo, ivi incluse le disposizioni dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 ( 48 ).

99.

Inoltre, il diritto dell’Unione non osta all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale, nel caso in cui ai beneficiari della protezione internazionale non siano prestati affatto mezzi di sussistenza ovvero siano loro prestati in una misura molto contenuta rispetto a quelli previsti in altri Stati membri, senza che essi siano peraltro trattati diversamente, sotto questo aspetto, dai cittadini dello Stato membro interessato e senza che tuttavia si arrivi a violare l’articolo 4 della Carta. Il considerando 41 della direttiva 2011/95 prevede che «[a]ffinché i beneficiari di protezione internazionale possano far valere effettivamente i diritti e i benefici sanciti dalla presente direttiva, è necessario tenere conto delle loro particolari esigenze e degli specifici problemi di integrazione cui devono far fronte. Tale considerazione di norma non dovrebbe tradursi in un trattamento più favorevole di quello concesso dagli Stati membri ai propri cittadini, ferma restando la facoltà degli stessi di introdurre o mantenere norme più favorevoli» ( 49 ).

100.

Altrimenti, gli Stati membri che rispettano effettivamente i propri obblighi derivanti dalla direttiva 2011/95 in ordine al contenuto della protezione internazionale o che concedono benefici sociali relativamente generosi sarebbero penalizzati.

101.

Alla luce delle precedenti considerazioni, ritengo che il diritto dell’Unione non osti all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale nel caso in cui lo Stato membro che ha già concesso al richiedente una protezione sussidiaria non soddisfi le condizioni di cui agli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95 ( 50 ), senza che tuttavia si arrivi a violare l’articolo 4 della Carta, o nel caso in cui ai beneficiari della protezione internazionale non siano prestati affatto mezzi di sussistenza ovvero siano loro prestati in una misura molto contenuta rispetto a quelli previsti in altri Stati membri, senza che essi siano peraltro trattati diversamente, sotto questo aspetto, dai cittadini dello Stato membro interessato.

2. Sulla prima parte della terza questione

102.

Il giudice del rinvio si chiede «se, e a quali condizioni, il combinato disposto dell’articolo 18 della Carta e dell’articolo 78 TFUE possa imporre che uno Stato membro esamini una domanda di protezione internazionale a dispetto di una norma interna di attuazione dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 qualora il richiedente abbia già ottenuto il riconoscimento in un altro Stato membro dello status di protezione sussidiaria, ma non della qualità di rifugiato» in ragione delle carenze nella procedura di asilo in quest’ultimo Stato membro.

103.

Nella propria domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio allude alle carenze nella procedura di asilo in Bulgaria, che concede la «protezione sussidiaria, nega il riconoscimento, qualitativamente migliore, dello status di rifugiato in maniera (prevedibile) (…) o (…) non esamina ulteriormente domande reiterate nonostante elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di rifugiato [conformemente all’articolo 40, paragrafo 3, della direttiva 2013/32]» (punto 32 della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑297/17).

a) Osservazioni delle parti

104.

Il governo tedesco considera che nella misura in cui «sussista un obbligo di esaminare le carenze sistemiche nella procedura di asilo di un altro Stato membro, esso dovrebbe perlomeno essere menzionato nella direttiva 2013/32. [Detto governo rileva che] tuttavia ciò non avviene e [che, al contrario,] la decisione di uno Stato membro che si pronuncia sulla concessione di una protezione internazionale è rivestita di una certa autorità» (punto 62 delle sue osservazioni). Secondo tale governo, soltanto il legislatore dell’Unione può sancire un siffatto obbligo nel diritto positivo e l’inadempimento di detto obbligo imposto dal diritto dell’Unione può essere constatato soltanto in esito ad un procedimento per inadempimento nei confronti di tale Stato.

105.

Il governo francese considera che soltanto nell’ipotesi in cui risulti che la protezione internazionale già concessa da un altro Stato membro non è effettiva, ossia se nello Stato membro che gli ha concesso una protezione l’interessato rischia di essere esposto a persecuzioni o danni gravi ( 51 ) ai sensi della direttiva 2011/95, lo Stato membro investito della nuova domanda dovrà verificare se al richiedente non possa essere attribuito lo status di rifugiato prima di esaminare la sua idoneità ad ottenere la protezione sussidiaria.

106.

Secondo il governo polacco, l’articolo 33 della direttiva 2013/32 prevede che il richiedente che beneficia di una protezione internazionale in un altro Stato membro sia ivi adeguatamente protetto, cosicché gli altri Stati membri possano considerare la sua domanda inammissibile e respingerla senza esaminarla nel merito. Esso ritiene che la circostanza che un’autorità nazionale competente constati che un richiedente beneficia di una protezione internazionale in un altro Stato membro debba consentirle, in linea di principio, di non esaminare la domanda nel merito. Il governo polacco aggiunge che soltanto in circostanze del tutto eccezionali l’autorità nazionale competente è tenuta ad avviare un procedimento volto ad esaminare la domanda nel merito. Secondo tale governo, spetta all’autorità nazionale competente o al giudice nazionale stabilire se un caso concreto di carenze sistemiche nelle procedure di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in un dato Stato membro integri una violazione dell’articolo 4 della Carta, la quale giustificherebbe un obbligo di esaminare nel merito una domanda di estensione della protezione internazionale.

107.

La Commissione ritiene che le carenze nelle procedure di asilo dell’altro Stato membro possano essere ignorate nel corso dell’analisi del primo Stato membro (ossia, nel caso di specie, la Repubblica federale di Germania). Essa considera che successivamente alla concessione della protezione sussidiaria nello Stato B e al rigetto della domanda di estensione in quanto inammissibile nello Stato A, il procedimento di asilo sia giunto a conclusione. Secondo la Commissione, l’interessato deve pertanto essere trattato conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ( 52 ). Essa ritiene che il soggiorno dell’interessato nello Stato membro A sia irregolare, ma che egli benefici nello Stato membro B di un permesso di soggiorno in qualità di beneficiario di una protezione sussidiaria.

b) Analisi

108.

La questione pregiudiziale in esame riguarda l’ammissibilità di una domanda di «estensione» della protezione sussidiaria concessa da uno Stato membro mediante il riconoscimento dello status di rifugiato in un altro Stato membro. Occorre ricordare che conformemente all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, gli Stati membri possono ( 53 ) giudicare inammissibile una domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato qualora lo status di protezione sussidiaria sia stato concesso da un altro membro.

109.

A tal proposito, oltre al fatto che i requisiti per essere considerato rifugiato (capo III della direttiva 2011/95) sono nettamente differenti dai requisiti per la protezione sussidiaria (capo V della direttiva 2011/95), lo status di protezione sussidiaria è, in linea di principio ( 54 ), inferiore allo status di rifugiato in particolare per quanto attiene al diritto di soggiorno ( 55 ) e all’assistenza sociale ( 56 ). Tale distinzione tra i due status di protezione internazionale è rafforzata dalla stessa formulazione dell’articolo 78 TFUE ( 57 ).

110.

Rilevo che, alla luce di tale distinzione tra i due status, l’articolo 46, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva 2013/32 prevede che il richiedente protezione internazionale dispone, nello Stato membro competente, di un diritto a un ricorso effettivo, dinanzi a un giudice di tale Stato membro, che gli consenta di contestare le decisioni di ritenere infondata una domanda di concessione dello status di rifugiato e/o dello status di protezione sussidiaria ( 58 ).

111.

Infatti, l’articolo 46, paragrafo 2, seconda comma, della direttiva 2013/32 prevede che «qualora lo status di protezione sussidiaria concessa da uno Stato membro offra gli stessi diritti e gli stessi vantaggi che il diritto dell’Unione e quello nazionale riconoscono allo status di rifugiato, detto Stato membro può ritenere inammissibile un’impugnazione di una decisione di ritenere inammissibile una domanda in relazione allo status di rifugiato a motivo di un insufficiente interesse del richiedente alla continuazione del procedimento» ( 59 ).

112.

Ne consegue che lo status di rifugiato è intercambiabile con lo status di protezione sussidiaria soltanto in via eccezionale.

113.

Il sistema europeo comune di asilo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati che vi partecipano, a prescindere che siano Stati membri o Stati terzi, rispettino i diritti fondamentali, incluso il diritto di asilo sancito all’articolo 18 della Carta e che gli Stati membri possano accordarsi una reciproca fiducia a tal proposito ( 60 ).

114.

A mio avviso, l’adozione da parte del legislatore dell’Unione di disposizioni quali l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 è fondata sul citato principio di reciproca fiducia. Tale disposizione mira ad evitare lo spreco di risorse e «la saturazione del sistema con l’obbligo, per le autorità nazionali, di trattare domande multiple introdotte da uno stesso richiedente (…) [e] di evitare il forum shopping; tutto ciò con l’obiettivo principale di accelerare il trattamento delle domande nell’interesse tanto dei richiedenti asilo quanto degli Stati partecipanti» ( 61 ).

115.

Nelle particolari circostanze delle presenti cause, la reciproca fiducia implica che gli Stati membri possono legittimamente presumere che gli altri Stati membri trattino le domande di protezione internazionale conformemente al diritto dell’Unione e alle norme della Convenzione di Ginevra e concedano lo status di rifugiato oppure lo status di protezione sussidiaria, qualora gli specifici requisiti relativi a tali status lo richiedano alla luce dei criteri comuni previsti dalla direttiva 2011/95. Di conseguenza, gli Stati membri possono legittimamente presumere che gli altri Stati membri concedano lo status (superiore) di rifugiato e non lo status (inferiore) di protezione sussidiaria qualora le circostanze lo meritino e l’esigano e viceversa.

116.

Ho tuttavia già osservato che la presunzione era relativa. Infatti, si deve sottolineare che il diritto di asilo è un diritto fondamentale garantito dall’articolo 18 della Carta «nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea». Ne deriva che, nonostante l’obbligo di reciproca fiducia tra gli Stati membri, l’interessato deve avere la possibilità di dimostrare che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo consistenti in particolare nella prassi diffusa di concedere ingiustamente lo status di protezione sussidiaria anziché lo status di rifugiato. Infatti, l’esistenza di carenze sistemiche nella procedura di asilo non può essere limitata al fatto che l’interessato rischi di essere esposto a persecuzioni o a danni gravi, come asserisce il governo francese ( 62 ).

117.

La verifica della sussistenza o meno di carenze sistemiche nella procedura di asilo nello Stato membro competente si basa unicamente su una valutazione in concreto dei fatti e delle circostanze. A tal proposito, il giudice del rinvio deve prendere in considerazione tutte le prove prodotte dall’interessato su tutti i fatti rilevanti riguardo a presunte carenze sistemiche nella procedura di asilo.

118.

Violazioni isolate non sono in nessun caso sufficienti per porre in discussione il sistema europeo comune di asilo ( 63 ), in particolare, l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 e obbligare così gli Stati membri a giudicare inammissibile una domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato, anche se lo status di protezione sussidiaria è stato concesso da un altro Stato membro.

119.

Inoltre, dato che conformemente all’articolo 46, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva 2013/32, il richiedente protezione internazionale dispone, nello Stato membro competente, di un diritto a un ricorso effettivo, dinanzi a un giudice di tale Stato membro che gli consenta di contestare in particolare le decisioni di ritenere una domanda infondata in relazione allo status di rifugiato, si deve altresì dimostrare che tale diritto a un ricorso effettivo sia inesistente o inficiato da carenze sistemiche.

120.

Alla luce delle precedenti considerazioni, ritengo che il diritto dell’Unione e, in particolare, l’articolo 18 della Carta ostino all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale, nel caso in cui il richiedente con una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in uno Stato membro chieda l’estensione della protezione sussidiaria concessagli in un altro Stato membro e la procedura di asilo in quest’ultimo Stato membro fosse e continui ad essere pregiudicata da carenze sistemiche.

D.   Sulla quinta questione nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17

121.

La quinta questione nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 è sollevata soltanto nell’ipotesi in cui la seconda questione richieda una risposta negativa ( 64 ). Con tale questione, che si articola in due sottoquestioni, il giudice del rinvio si chiede se, da un lato, le circostanze di cui ai procedimenti principali rientrino ratione temporis nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II o del regolamento Dublino III e se, d’altro lato, il regolamento Dublino II e/o il regolamento Dublino III trovino applicazione qualora una protezione sussidiaria sia già stata concessa al richiedente in un altro Stato membro.

122.

Dato che, sulla base della mia risposta alla seconda questione, uno Stato membro non è tenuto a valutare in via prioritaria se sia competente o meno per l’esame della domanda di protezione internazionale e può respingere tale domanda per uno dei motivi di inammissibilità previsti all’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32, la quinta questione è divenuta priva di oggetto.

V. Conclusione

123.

Alla luce dell’insieme delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania) nel modo seguente:

1)

L’articolo 52, primo comma, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, osta all’applicazione alle domande di protezione internazionale presentate prima del 20 luglio 2015 di una normativa nazionale di recepimento dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 che crea un motivo di inammissibilità qualora il richiedente si sia visto riconoscere una protezione sussidiaria in un altro Stato membro. La circostanza che la domanda di asilo rientri ancora pienamente nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II conformemente all’articolo 49 del regolamento Dublino III o che la domanda di asilo sia stata presentata prima dell’entrata in vigore della direttiva 2013/32 e prima del suo recepimento nel diritto interno è inconferente.

2)

L’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 non stabilisce alcuna priorità o gerarchia tra le norme sull’individuazione dello Stato membro competente e i motivi di inammissibilità previsti all’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32. Ne consegue che uno Stato membro non è tenuto a valutare in via prioritaria se sia competente o meno per l’esame della domanda di protezione internazionale e può respingere tale domanda per uno dei motivi di inammissibilità previsti all’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32. In assenza di una qualsiasi priorità o gerarchia fra le norme di cui trattasi, tale libera scelta si impone anche per ragioni di economia procedurale.

3)

Il diritto dell’Unione osta all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale qualora le condizioni di vita dei beneficiari di una protezione sussidiaria concessa da un altro Stato membro siano in contrasto con l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

4)

Il diritto dell’Unione non osta all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale nel caso in cui lo Stato membro che ha già concesso al richiedente una protezione sussidiaria non soddisfi le condizioni di cui agli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, senza che tuttavia si arrivi a violare l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali, o nel caso in cui ai beneficiari della protezione internazionale non siano prestati affatto mezzi di sussistenza ovvero siano loro prestati in una misura molto contenuta rispetto a quelli previsti in altri Stati membri, senza che essi siano peraltro trattati diversamente, sotto questo aspetto, dai cittadini dello Stato membro interessato.

5)

Il diritto dell’Unione e, in particolare, l’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali ostano all’applicazione da parte di uno Stato membro del motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 a una domanda di protezione internazionale, nel caso in cui il richiedente con una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in uno Stato membro chieda l’estensione della protezione sussidiaria concessagli in un altro Stato membro e la procedura di asilo in quest’ultimo Stato membro fosse e continui ad essere pregiudicata da carenze sistemiche.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2013, L 180, pag. 60.

( 3 ) GU 2011, L 337, pag. 9.

( 4 ) Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 50, n. 2545 (1954).

( 5 ) GU 2005, L 326, pag. 13.

( 6 ) Il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31). V., inoltre, regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento Dublino II»).

( 7 ) Le circostanze di fatto nella causa C‑319/17 sono, in sostanza, analoghe a quelle nelle quali si colloca la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑297/17. Inoltre, la motivazione e le questioni pregiudiziali sono identiche a quelle della domanda di pronuncia pregiudiziale C‑297/17.

( 8 ) Ossia Bushra, Mohammad e Ahmad Ibrahim.

( 9 ) Il giudice del rinvio osserva che «[n]ell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, il legislatore dell’Unione ha infatti esteso la facoltà già prevista dall’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85 di respingere una domanda di asilo per irricevibilità, consentendo attualmente agli Stati membri di considerare una domanda di asilo inammissibile allorché un altro Stato membro ha concesso una protezione sussidiaria» (v. punto 15 della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑297/17). All’udienza comune dell’8 maggio 2018, il governo del Regno Unito ha contestato l’interpretazione del giudice del rinvio dell’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85. Esso ha sostenuto in particolare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2005/85, qualora uno Stato membro utilizzi un procedimento comune per le domande di asilo e le domande di protezione sussidiaria, deve applicare tale direttiva nel corso dell’intero procedimento. Ciò premesso, il governo del Regno Unito ha sostenuto che l’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85 dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro può giudicare una domanda di asilo irricevibile allorché un altro Stato membro ha concesso una protezione sussidiaria. Non condivido tale interpretazione. Oltre al fatto che l’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85 fa espressamente riferimento allo status di rifugiato, ritengo che il governo del Regno Unito confonda la procedura di concessione dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria negli Stati membri con lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria.

( 10 ) Ai sensi del punto 43 della sentenza del 17 marzo 2016, Mirza (C‑695/15 PPU, EU:C:2016:188), l’articolo 33 della direttiva 2013/32 è «diretto a temperare l’obbligo dello Stato membro competente di esaminare una domanda di protezione internazionale definendo i casi nei quali una siffatta domanda è giudicata inammissibile». Il motivo di inammissibilità enunciato all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, consente agli Stati membri di respingere, senza un esame nel merito, domande di protezione internazionale.

( 11 ) La direttiva 2005/85 è stata abrogata con effetto dal 21 luglio 2015 dall’articolo 53 della direttiva 2013/32.

( 12 ) Il giudice del rinvio osserva che se è vero che l’articolo 29, paragrafo 1, punto 2, dell’AsylG soddisfa le condizioni imposte all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, «esso non è compatibile» in ordine a tale aspetto con l’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85. Ai sensi di quest’ultima disposizione «[g]li Stati membri possono giudicare una domanda di asilo irricevibile (…) se (…) un altro Stato membro ha concesso lo status di rifugiato».

( 13 ) Il governo polacco sostiene che risulta espressamente dal raffronto tra le due disposizioni, ossia l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 e l’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85, che la direttiva 2013/32 ha ampliato l’ambito dei poteri di cui dispone uno Stato membro al fine di giudicare una domanda inammissibile. Esso rileva che attualmente una domanda può essere dichiarata inammissibile non soltanto qualora al richiedente sia stato concesso lo status di rifugiato in un altro Stato membro, ma anche qualora ivi benefici di una protezione sussidiaria. Invece, secondo il medesimo governo, in forza della direttiva 2005/85, una domanda poteva essere considerata irricevibile soltanto qualora al richiedente fosse stato concesso lo status di rifugiato in un altro Stato membro.

( 14 ) Va osservato che, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, l’articolo 33 di detta direttiva doveva essere recepito entro il 20 luglio 2015. Inoltre, conformemente all’articolo 53 della medesima direttiva, la direttiva 2005/85 è stata abrogata con effetto dal 21 luglio 2015. Nei procedimenti principali, la protezione sussidiaria è stata concessa e le domande volte ad ottenere lo status di rifugiato sono state presentate prima del 20 luglio 2015.

( 15 ) V. articolo 52 della posizione (UE) n. 7/2013 del Consiglio in prima lettura, in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione), adottata dal Consiglio il 6 giugno 2013 (C 179 E, pag. 27).

( 16 ) Data la natura cogente dell’articolo 52, primo comma, seconda frase, della direttiva 2013/32, le disposizioni nazionali quali l’articolo 77, paragrafo 1, dell’AsylG non possono determinare la portata ratione temporis dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 e dell’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85.

( 17 ) La Commissione ritiene che le disposizioni della direttiva 2013/32 e le misure nazionali per il suo recepimento potrebbero essere applicate a domande presentate prima del 20 luglio 2015 soltanto qualora siano più favorevoli al richiedente asilo rispetto a quelle della direttiva 2005/85 e siano dunque perciò conformi al principio del trattamento più favorevole previsto all’articolo 5 della direttiva 2005/85. Secondo la Commissione è dunque unicamente in tali ipotesi che l’espressione «o ad una data precedente» potrebbe avere un significato pratico. All’udienza dell’8 maggio 2018 l’avvocato del sig. Magamadov (C‑438/17) ha dichiarato che l’espressione «o ad una data precedente» faceva riferimento al recepimento precoce della direttiva 2013/32.

( 18 ) Il regolamento Dublino III è entrato in vigore il 1o gennaio 2014.

( 19 ) Ossia l’articolo 29, paragrafo 1, punto 2, dell’AsylG.

( 20 ) Secondo il giudice del rinvio, la «Repubblica federale di Germania potrebbe infatti allora, ai sensi delle norme di Dublino, essere (divenire) competente a livello internazionale ad esaminare nel merito e pronunciarsi su una (ulteriore) domanda di asilo volta ad ottenere una protezione (estesa) in qualità di rifugiato, domanda che non dovrebbe esaminare nel merito e su cui non dovrebbe pronunciarsi secondo la disposizione che recepisce retroattivamente l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32/UE. I termini dell’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE, che prendono in considerazione unicamente il regolamento Dublino III, potrebbero confermare che la disposizione non può in ogni caso trovare applicazione in ipotesi che rientrino ancora integralmente nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II» (Punto 16 della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑438/17).

( 21 ) Il giudice del rinvio ha posto tale questione in considerazione del fatto che, contrariamente alle domande di asilo nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17, che sono state presentate il 29 novembre 2013, la domanda di asilo del sig. Magamadov del 19 giugno 2012 è stata presentata prima dell’entrata in vigore della direttiva 2013/32. Conformemente all’articolo 54 della direttiva 2013/32, detta direttiva «entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea». La direttiva 2013/32 è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 29 giugno 2013.

( 22 ) Rilevo che, al punto 42 dell’ordinanza del 5 aprile 2017, Ahmed (C‑36/17, EU:C:2017:273), la Corte ha dichiarato che «le disposizioni e i principi del regolamento [Dublino III] che disciplinano, direttamente o indirettamente, i termini per la presentazione di una richiesta di ripresa in carico non sono applicabili in una situazione (…) nella quale un cittadino di un paese terzo abbia presentato una domanda di protezione internazionale in uno Stato membro dopo che gli era stato concesso il beneficio della protezione sussidiaria da parte di un altro Stato membro». Tuttavia, in tale ordinanza la Corte non ha dichiarato se gli Stati membri dispongano del diritto di scegliere di non esaminare una domanda di asilo ai sensi del regolamento Dublino III oppure di respingerla in quanto inammissibile ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32.

( 23 ) Secondo la Commissione, la questione «si spiega con il fatto che il diritto tedesco, all’articolo 29, paragrafo 1, punto 1 a), dell’AsylG prevede un motivo di inammissibilità quando un altro Stato membro è competente, in forza delle disposizioni del regolamento [Dublino III], per l’esame della domanda di asilo» (punto 22 delle osservazioni della Commissione, il corsivo è mio).

( 24 ) I ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 considerano che il regolamento Dublino non sia applicabile qualora, come nel caso di specie, lo Stato membro competente, ai sensi del regolamento Dublino II, abbia rifiutato di prendere in carico l’interessato. Il governo tedesco ritiene che il regolamento Dublino III non sia più applicabile qualora ai rifugiati sia stata già concessa la protezione internazionale. Esso ritiene che l’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 stabilisca una distinzione tra le due ipotesi nelle quali una domanda di asilo non è esaminata nel merito: da un lato, l’inammissibilità ai sensi delle disposizioni del regolamento Dublino III e, d’altro lato, l’inammissibilità sulla base di motivi enunciati all’articolo 33, paragrafo 2, di tale direttiva. Secondo detto governo, pertanto, non sussiste una concorrenza tra le normative né una facoltà di scelta.

( 25 ) V. sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 59 e giurisprudenza ivi citata). Secondo la Corte, il divieto di trattamenti inumani o degradanti previsto dall’articolo 4 della Carta corrisponde a quello previsto dall’articolo 3 della CEDU e, in tal misura, il suo senso e la sua portata sono, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, gli stessi che conferisce detta convenzione (sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 67). Inoltre, dall’articolo 15, paragrafo 2, della CEDU risulta che non è possibile alcuna deroga all’articolo 3 della CEDU e la Corte ha confermato che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 3 della CEDU doveva essere presa in considerazione per interpretare l’articolo 4 della Carta (sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 68).

( 26 ) V., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 78 a 80).

( 27 ) V. sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 81).

( 28 ) V., altresì, in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

( 29 ) CE:ECHR:2011:0121JUD003069609.

( 30 ) Si deve osservare che, in sede di esame delle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale in Grecia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha preso in considerazione gli obblighi gravanti sulle autorità greche in forza della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU 2003, L 31, pag. 18), che stabilisce norme per l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (Corte EDU, 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia, CE:ECHR:2011:0121JUD003069609, punto 263).

( 31 ) Nella sua sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che una situazione di estrema indigenza materiale poteva sollevare un problema con riferimento all’articolo 3 della CEDU. Essa ha poi constatato che la situazione nella quale si era trovato il ricorrente interessato era particolarmente grave. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha rilevato che «[il ricorrente aveva spiegato] di aver vissuto per mesi nella più totale indigenza e di non aver potuto far fronte a nessuno dei suoi più elementari bisogni: nutrirsi, lavarsi e avere un alloggio. A ciò si aggiungeva l’angoscia permanente di essere attaccato e derubato nonché l’assenza totale di prospettive di miglioramento della sua situazione» (Corte EDU, 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia, CE:ECHR:2011:0121JUD003069609, § da 252 a 254). Al paragrafo 263 di tale sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo dichiara che le autorità greche «non hanno tenuto in debito conto la vulnerabilità del ricorrente come richiedente asilo e devono essere considerate responsabili, in ragione della loro passività, delle condizioni nelle quali si è trovato per mesi, vivendo in strada, senza risorse, senza accesso a sanitari, non disponendo di alcun mezzo per sovvenire ai propri bisogni essenziali. La Corte ritiene che il ricorrente sia stato vittima di un trattamento umiliante che testimonia una mancanza di rispetto per la sua dignità e che tale situazione abbia, indubbiamente, suscitato in lui sentimenti di paura, di angoscia o di inferiorità tali da condurre alla disperazione. Essa considera che siffatte condizioni di vita, unitamente alla prolungata incertezza nella quale è rimasto e alla totale assenza di prospettive di miglioramento della sua situazione, hanno raggiunto la soglia di gravità richiesta dall’articolo 3 della [CEDU]».

( 32 ) V. sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 82).

( 33 ) Sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 84).

( 34 ) In tale causa, la Corte ha dichiarato che non vi erano serie ragioni per credere nell’esistenza di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro competente. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che non può escludersi che il trasferimento propriamente detto di un richiedente asilo il cui stato di salute sia particolarmente grave possa, di per sé, comportare, per l’interessato, un rischio reale di trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, e questo indipendentemente dalla qualità dell’accoglienza e delle cure disponibili nello Stato membro competente per l’esame della sua domanda. La Corte ha considerato che in circostanze nelle quali il trasferimento di un richiedente asilo che presenti un disturbo mentale o fisico particolarmente grave comporterebbe il rischio concreto e acclarato di un deterioramento significativo e irrimediabile del suo stato di salute, tale trasferimento costituirebbe un trattamento inumano e degradante ai sensi di detto articolo. La Corte ha aggiunto che spetta alle autorità dello Stato membro che deve procedere al trasferimento e, eventualmente, ai suoi giudici, eliminare qualsivoglia dubbio serio relativo all’impatto del trasferimento sullo stato di salute dell’interessato adottando le precauzioni necessarie affinché il suo trasferimento si svolga in condizioni che consentano di tutelare in modo adeguato e sufficiente lo stato di salute di tale persona. Nell’ipotesi in cui, tenuto conto della particolare gravità del disturbo del richiedente asilo interessato, l’adozione di dette precauzioni non sia sufficiente a garantire che il suo trasferimento non comporti il rischio reale di un aggravamento significativo e irrimediabile del suo stato di salute, spetta alle autorità dello Stato membro interessato sospendere l’esecuzione del trasferimento dell’interessato, e questo finché il suo stato gli renda possibile un trasferimento siffatto (sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punti 71, 7396).

( 35 ) Rilevo che nella sua sentenza del 4 novembre 2014, Tarakhel c. Svizzera, CE:ECHR:2014:1104JUD002921712, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che, al fine di verificare se il trasferimento di un richiedente protezione internazionale in applicazione del sistema di Dublino costituisse un trattamento inumano o degradante, occorreva valutare se, alla luce della situazione generale del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro competente e della particolare situazione dei ricorrenti, sussistessero motivi seri e comprovati di credere che in caso di trasferimento in Italia i ricorrenti avrebbero rischiato di subire trattamenti contrari all’articolo 3 della CEDU. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che, all’epoca dei fatti, la situazione dell’Italia non era in alcun modo comparabile alla situazione della Grecia all’epoca della sentenza della Corte EDU, del 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia, CE:ECHR:2011:0121JUD003069609 e che l’approccio in tale causa non poteva essere lo stesso che ha dato luogo alla sentenza della Corte EDU, del 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia, CE:ECHR:2011:0121JUD003069609. Tuttavia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che, se i ricorrenti (una coppia con sei figli minori che beneficiavano di una protezione speciale in considerazione delle loro particolari esigenze e della loro estrema vulnerabilità) avessero dovuto essere trasferiti in Italia senza che le autorità svizzere avessero precedentemente ottenuto dalle autorità italiane una garanzia individuale relativa, da un lato, a una presa in carico adeguata all’età dei minori e, d’altro lato, alla salvaguardia dell’unità familiare, vi sarebbe stata una violazione dell’articolo 3 della CEDU.

( 36 ) V. sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 93).

( 37 ) Il corsivo è mio.

( 38 ) V., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 64 a 69).

( 39 ) Sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 78 a 80).

( 40 ) Infatti, conformemente all’articolo 288 TFUE, lo Stato membro è vincolato per quanto riguarda il risultato da raggiungere.

( 41 ) V. Corte EDU, 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia, CE:ECHR:2011:0121JUD003069609, § 254.

( 42 ) V. articolo 26 della direttiva 2011/95. V., altresì, articoli da 17 a 19 della Convenzione di Ginevra.

( 43 ) V. articolo 27 della direttiva 2011/95 e articolo 22 della Convenzione di Ginevra.

( 44 ) V. articolo 29 della direttiva 2011/95. Conformemente all’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva 2011/95 «[i]n deroga alla regola generale di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono limitare l’assistenza sociale concessa ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria alle prestazioni essenziali, che in tal caso sono offerte allo stesso livello e alle stesse condizioni di ammissibilità previste per i cittadini dello Stato membro in questione». V., altresì, articoli 23 e 24 della Convenzione di Ginevra.

( 45 ) V. articolo 30 della direttiva 2011/95. V., inoltre, articolo 24 della Convenzione di Ginevra.

( 46 ) V., altresì, articolo 21 della Convenzione di Ginevra.

( 47 ) Nel caso dell’accesso all’alloggio.

( 48 ) Va osservato che il giudice del rinvio non fornisce alcuna informazione sulla circostanza che beneficiari di protezione internazionale in Bulgaria siano discriminati rispetto ai cittadini nazionali, in particolare per quanto attiene alle prestazioni di assistenza sociale.

( 49 ) Il corsivo è mio.

( 50 ) Occorre sottolineare che violazioni degli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95 possono dar luogo a ricorsi per inadempimento contro lo Stato membro coinvolto in forza dell’articolo 258 TFUE. Inoltre, gli interessati possono far valere i diritti che derivano loro dagli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95 dinanzi alle autorità giurisdizionali e amministrative nazionali.

( 51 ) V. articolo 15 della direttiva 2011/95.

( 52 ) GU 2008, L 348, pag. 98.

( 53 ) Si tratta di una facoltà.

( 54 ) Infatti, l’articolo 3 della direttiva 2011/95, rubricato «Disposizioni più favorevoli», prevede che «[g]li Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della presente direttiva».

( 55 ) V. articolo 24 della direttiva 2011/95.

( 56 ) V. articolo 29 della direttiva 2011/95.

( 57 ) L’articolo 78, paragrafo 1, TFUE stabilisce che «[l]’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti». Il corsivo è mio. Inoltre, si deve osservare che l’articolo 78, paragrafo 2, TFUE prevede che «[a]i fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa: a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l’Unione; b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell’asilo europeo, necessitano di protezione internazionale». Il corsivo è mio.

( 58 ) Al punto 51 della sentenza del 17 dicembre 2015, Tall (C‑239/14, EU:C:2015:824), la Corte ha dichiarato che «le caratteristiche del ricorso previsto dall’articolo [46 della direttiva 2013/32] devono essere determinate conformemente all’articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva e ai sensi del quale ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo».

( 59 ) Il corsivo è mio.

( 60 ) V., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 78).

( 61 ) V. sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 79).

( 62 ) Occorre inoltre sottolineare che il diritto di asilo non si limita al rispetto del principio di non respingimento come testimoniano i diritti riconosciuti dagli articoli 20 e seguenti della direttiva 2011/95.

( 63 ) V., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti 8284).

( 64 ) I ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/17, C‑318/17 e C‑319/17 considerano che «dall’articolo 49, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, risulta che quest’ultimo è applicabile soltanto alle domande di protezione internazionale presentate dopo il 1o gennaio 2014. Posto che la riserva è volta a far sì che il regolamento Dublino III si applichi a tutte le richieste di ripresa in carico trasmesse dopo il 1o gennaio 2014, a prescindere dal momento in cui la domanda è stata presentata, ciò non vuol dire (…) che il regolamento Dublino III s’imponga allora nel suo insieme, il che sarebbe contrario alla chiara disposizione dell’articolo 49, paragrafo 2, né che se il regolamento Dublino II s’impone ancora per il resto i termini per presentare una richiesta di ripresa in carico debbano essere rispettati. Il regolamento Dublino II non prevedeva alcun termine in proposito». Il governo tedesco ritiene che, considerate le sue risposte alle altre questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, non occorra rispondere alla quinta questione. La Commissione ritiene che «dato che la quinta questione pregiudiziale, alla luce [delle sue risposte] alle questioni prima e seconda, diviene doppiamente priva di oggetto, la Commissione consideri che è assai improbabile che la Corte debba esaminarla». I governi francese e polacco non hanno presentato osservazioni sulla questione pregiudiziale in esame.

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