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Document 62017CC0012

Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 20 marzo 2018.
Tribunalul Botoşani et Ministerul Justiţiei contro Maria Dicu.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Cluj.
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Diritto alle ferie annuali retribuite – Direttiva 2010/18/UE – Accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale – Congedo parentale non considerato come periodo di lavoro effettivo.
Causa C-12/17.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:195

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 20 marzo 2018 ( 1 )

Causa C‑12/17

Ministerul Justiţiei,

Curtea de Apel Suceava e

Tribunalul Botoşani

contro

Maria Dicu e

Consiliul Superior al Magistraturii

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Diritto alle ferie annuali retribuite – Durata – Nozione di periodo di “lavoro effettivo” – Diritto al congedo parentale – Mancata presa in considerazione della durata del periodo di congedo parentale per determinare il diritto alle ferie annuali retribuite»

Introduzione

1.

Il punto centrale del presente rinvio pregiudiziale consiste nel determinare se il diritto dell’Unione, e in particolare l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro ( 2 ) – secondo cui «[g]li Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali» –, imponga agli Stati membri di equiparare il tempo dedicato da un lavoratore al proprio congedo parentale a un periodo di lavoro effettivo che fa sorgere il diritto alle ferie annuali retribuite.

2.

I fatti della controversia principale sono i seguenti.

3.

La sig.ra Maria Dicu, appellata nel procedimento principale, è un magistrato. Ella ha usufruito di un congedo di maternità dal 1o ottobre 2014 al 3 febbraio 2015. Dal 4 febbraio 2015 al 16 settembre 2015 ha beneficiato di un cosiddetto «congedo parentale per figli a carico fino a due anni di età». Tale congedo è disciplinato dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’ordonanţa de urgenţă a Guvernului nr. 111/2010 privind concediul şi indemnizaţia lunară pentru creşterea copiilor (decreto legge n. 111/2010 relativo al congedo parentale e all’indennità mensile per figlio a carico), il quale prevede, in sostanza, che le persone le quali, nei due anni antecedenti alla data di nascita del proprio figlio, hanno percepito per almeno 12 mesi redditi da lavoro dipendente o equiparati, possono beneficiare di un congedo parentale per figlio a carico minore di due anni d’età e di un’indennità mensile.

4.

Al ritorno dal congedo parentale, l’appellata nel procedimento principale ha chiesto al tribunale presso il quale presta servizio, il Tribunalul Botoşani (Tribunale superiore di Botoşani, Romania) di poter beneficiare, a decorrere dal 17 settembre 2015, di ferie annuali retribuite per l’anno 2015 ( 3 ); detta richiesta è stata accolta. Ella ha ottenuto in un primo tempo 30 giorni di ferie annuali retribuite fino al 17 ottobre 2015 e, successivamente, ha chiesto di poter beneficiare dei cinque giorni di ferie residui durante il mese di dicembre dello stesso anno, richiesta che è stata respinta, poiché il tribunale presso cui presta servizio ha ritenuto che il congedo del quale aveva goduto non fosse equiparabile a un periodo di lavoro effettivo che dà diritto alle ferie annuali retribuite. In tale occasione, il Tribunalul Botoşani (Tribunale superiore di Botoşani) le ha inoltre comunicato che sette giorni sarebbero stati considerati come concessi anticipatamente a titolo di ferie per l’anno 2016.

5.

La sig.ra Dicu ha impugnato la decisione in parola dinanzi al Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj, Romania), che ne ha accolto il ricorso il 17 maggio 2016 ritenendo che il congedo parentale di cui ella aveva beneficiato dovesse essere considerato un periodo di servizio prestato, al pari dei periodi di temporanea incapacità lavorativa o del congedo di maternità, e perseguisse una finalità diversa da quella delle ferie annuali.

6.

Il Tribunalul Botoşani (Tribunale superiore di Botoşani) e il Ministerul Justiţiei (Ministero della Giustizia, Romania) hanno interposto appello contro detta decisione dinanzi al giudice del rinvio. Essi fanno valere che il legislatore nazionale ha escluso, con piena cognizione di causa, il congedo parentale per figli fino a due anni di età dall’ambito di applicazione dell’articolo 145, paragrafi da 4 a 6, del codice del lavoro rumeno, dal quale risulta che solo i periodi di temporanea incapacità lavorativa e quelli di congedo di maternità, di congedo per maternità a rischio e di congedo per malattia dei figli sono considerati come periodi di lavoro effettivo al fine di determinare la durata delle ferie annuali. Essi affermano che il congedo parentale per figli fino a due anni di età sarebbe diverso dai suddetti periodi in quanto dipenderebbe esclusivamente dalla volontà del lavoratore interessato.

7.

L’appellata nel procedimento principale sostiene dinanzi al giudice del rinvio che, secondo una giurisprudenza nazionale, le funzioni svolte dalle donne nella cura dei figli rappresenterebbero un lavoro che, qualora non fosse svolto dalle madri stesse, verrebbe prestato da balie retribuite, il che deporrebbe a favore dell’equiparazione del tempo dedicato al congedo per un figlio in tenera età a tempo di lavoro effettivo. Il congedo parentale per figli fino a due anni di età costituirebbe, peraltro, un rischio del contratto di lavoro individuale che potrebbe sopravvenire per ragioni oggettive inerenti all’interesse superiore del figlio, mentre le ferie annuali tutelerebbero l’interesse personale e soggettivo del lavoratore. Pertanto, il congedo parentale per figli fino a due anni di età non potrebbe essere considerato un congedo volontario.

8.

Il giudice del rinvio osserva che il Consiliul Superior al Magistraturii (Consiglio superiore della magistratura, Romania), anch’esso appellato nel procedimento principale, ha affermato che, a suo avviso, alla luce della giurisprudenza della Corte ( 4 ), un congedo garantito dal diritto dell’Unione non potrebbe pregiudicare un altro congedo parimenti garantito dal diritto dell’Unione quale il diritto al congedo parentale sancito dalla direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE (in prosieguo: l’«accordo quadro riveduto») ( 5 ). Orbene, il diritto alle ferie annuali retribuite è garantito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88. La particolare importanza, nel diritto dell’Unione, del diritto alle ferie annuali retribuite dovrebbe indurre a prendere in considerazione il periodo di congedo parentale ai fini della determinazione del diritto stesso, tanto più che i due congedi di cui trattasi perseguirebbero finalità diverse (il riposo del lavoratore in un caso, la cura di un figlio nell’altro) e che i beneficiari della protezione accordata attraverso la concessione di tali congedi sarebbero diversi (il lavoratore nel caso delle ferie annuali, il figlio nel caso del congedo parentale).

9.

Il giudice del rinvio, dal canto suo, rileva che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 fa riferimento alle legislazioni e prassi nazionali al fine di definire le condizioni per ottenere le ferie annuali retribuite. Sebbene il legislatore rumeno abbia modificato la legge, a seguito delle sentenze Schultz‑Hoff e a. ( 6 ) e Dominguez ( 7 ), per considerare in un’accezione più ampia i cosiddetti periodi di «lavoro effettivo», detto giudice ha tuttavia dubbi quanto alla possibilità di includere nei periodi in parola il congedo parentale, al quale, secondo il concorde parere delle parti nel procedimento principale, è equiparato il congedo di cui ha beneficiato la sig.ra Dicu. Ad avviso del giudice del rinvio, infatti, le ferie annuali retribuite sarebbero uno degli obblighi assunti dal datore di lavoro in cambio della prestazione di lavoro del lavoratore; orbene, quando si trova in congedo parentale, il lavoratore non fornirebbe la prestazione da cui trae origine il diritto alle ferie annuali retribuite. Inoltre, la direttiva 2010/18 prevede che gli Stati membri possano accordare un congedo parentale della durata massima di otto anni e sembrerebbe eccessivo che il datore di lavoro sia tenuto a concedere ferie annuali retribuite per un periodo così lungo in cui il lavoratore si è dedicato alla cura del proprio figlio. La tutela offerta al lavoratore durante il suo congedo parentale dovrebbe essere responsabilità piuttosto dello Stato, nell’ambito delle misure di promozione della coesione familiare, e non del datore di lavoro. Il ragionamento della Corte nelle sentenze Schultz‑Hoff e a. ( 8 ) e Dominguez ( 9 ) non sarebbe trasponibile al caso in cui il lavoratore si trovi in congedo parentale. Il giudice del rinvio rileva inoltre che, ai sensi della direttiva 2010/18, la definizione del regime contrattuale durante il congedo parentale è lasciata alla discrezionalità degli Stati membri. Orbene, l’articolo 51, lettera a), del codice del lavoro rumeno ( 10 ) prevede la sospensione del contratto di lavoro durante il congedo parentale per un figlio in tenera età. Detto giudice osserva altresì che lo scopo delle ferie annuali è diverso da quello del congedo parentale. Infine, esso respinge la censura relativa a un trattamento discriminatorio, sotto il profilo della determinazione delle ferie annuali retribuite, cui sarebbe soggetto un lavoratore che si trovi in situazione di congedo parentale rispetto a un lavoratore che non abbia beneficiato di tale congedo, in quanto le due situazioni non sarebbero comparabili.

10.

È in siffatto contesto che la Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e, con decisione di rinvio pervenuta nella cancelleria della Corte il 10 gennaio 2017, ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE vada interpretato nel senso che osta ad una disposizione della normativa nazionale che, nel determinare la durata delle ferie del lavoratore, non considera il periodo di congedo parentale per un figlio fino ai due anni di età come periodo di lavoro effettivo».

11.

Nella presente causa sono state presentate osservazioni scritte da parte del Consiliul Superior al Magistraturii (Consiglio superiore della magistratura), dei governi rumeno, tedesco, estone, spagnolo, italiano e polacco, nonché della Commissione europea.

12.

All’udienza tenutasi dinanzi alla Corte il 15 gennaio 2018 i governi rumeno, tedesco e spagnolo nonché la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali.

Analisi

13.

Per stabilire se il diritto dell’Unione imponga agli Stati membri di prendere in considerazione il periodo che il lavoratore ha trascorso in congedo parentale ai fini del calcolo delle sue ferie annuali retribuite, occorrerà anzitutto rammentare i requisiti posti tanto dalla direttiva 2003/88 quanto dalla giurisprudenza della Corte relativa a tali ferie annuali e, successivamente, esaminare le eventuali prescrizioni pertinenti dell’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale.

La portata del diritto alle ferie annuali retribuite

14.

L’articolo 7 della direttiva 2003/88 sancisce il diritto alle ferie annuali retribuite, garantendo a ogni lavoratore un periodo minimo di ferie pari a quattro settimane. Solo in via eccezionale il periodo minimo di ferie annuali retribuite può essere sostituito da un’indennità finanziaria, vale a dire solo in caso di fine del rapporto di lavoro ( 11 ).

15.

Il posto particolare che il diritto alle ferie annuali retribuite occupa nel diritto dell’Unione è confermato tanto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 12 ) (in prosieguo: la «Carta»), la quale, con il suo articolo 31, gli ha conferito lo status di diritto fondamentale ( 13 ), quanto dalla giurisprudenza della Corte.

16.

La Corte ha infatti ripetutamente dichiarato che «il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva [2003/88]» ( 14 ).

17.

Lo scopo perseguito dal diritto alle ferie annuali spiega la particolare importanza che gli viene attribuita dalla Corte, poiché si tratta di «consentire al lavoratore di riposarsi e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione» ( 15 ). Si tratta al riguardo di una finalità essenziale per la salute e la sicurezza del lavoratore, come ricordato dal considerando 4 della direttiva 2003/88 ( 16 ). Tale nesso tra il riposo effettivo del lavoratore e la tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute è stato posto in risalto anche dalla giurisprudenza della Corte ( 17 ). In altri termini, un periodo di lavoro effettivo deve far sorgere il diritto a un periodo di riposo altrettanto effettivo.

18.

La finalità specifica cui mira il diritto alle ferie annuali retribuite spiega, a mio parere, perché la Corte abbia dichiarato che, «per i lavoratori in congedo per malattia debitamente prescritto, il diritto alle ferie annuali retribuite, che scaturisce per ogni lavoratore dalla stessa direttiva 2003/88 (…), non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento stabilito da detto Stato» ( 18 ). Si trattava, tuttavia, in quel caso di un lavoratore impossibilitato, a causa di malattia, a fruire di ferie annuali retribuite cumulative al termine di un periodo in cui aveva effettivamente lavorato. Così, ai punti 44 e 45 della sentenza Schultz‑Hoff e a. ( 19 ), la Corte ha anzitutto constatato «che un lavoratore il quale (…) si trovi in congedo per malattia per l’intera durata del periodo di riferimento e oltre il periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, non ha periodi di tempo in cui fruire delle ferie annuali retribuite» ( 20 ) e ha poi precisato che «ammettere che, nelle circostanze specifiche di inabilità al lavoro descritte (…), le disposizioni nazionali pertinenti (…) possano prevedere l’estinzione del diritto del lavoratore alle ferie annuali retribuite, garantito dall’[articolo] 7, [paragrafo] 1, della direttiva 2003/88, senza che il lavoratore abbia avuto la possibilità effettiva di esercitare tale diritto, significherebbe accettare che queste disposizioni violino il diritto sociale direttamente conferito dal detto [articolo] 7 ad ogni lavoratore» ( 21 ).

19.

Il diritto alle ferie annuali retribuite persegue l’obiettivo autonomo di consentire al lavoratore, dopo essere stato effettivamente attivo, di riposarsi. È quindi in considerazione della finalità propria di ciascuno dei congedi che la Corte ha ricordato, nella sentenza Merino Gómez ( 22 ), che «un congedo garantito dal diritto comunitario non può pregiudicare il diritto di fruire di un altro congedo pure garantito dal diritto comunitario» ( 23 ). Si trattava di una situazione in cui le date di un congedo di maternità coincidevano con quelle delle ferie annuali retribuite come da contratto collettivo. Atteso che il congedo di maternità è volto alla protezione della condizione biologica della donna durante e dopo la gravidanza nonché alla protezione delle particolari relazioni tra la donna e il bambino durante il periodo successivo alla gravidanza e al parto ( 24 ), in caso di coincidenza tra i periodi, i dettami dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non possono considerarsi rispettati ( 25 ). Pertanto, non si poteva ritenere che la lavoratrice in parola avesse beneficiato delle ferie annuali retribuite per il motivo che era stata collocata in congedo di maternità, poiché si presumeva che quest’ultimo non le avesse consentito di riprendersi dal lavoro effettivo prestato.

20.

Sebbene dalle due sentenze sopra richiamate ( 26 ) emerga che un periodo di un tipo di congedo non può sostituirsi ad un altro periodo di un diverso tipo di congedo – in altri termini, non si ritiene che il lavoratore collocato in congedo di maternità o in congedo per malattia abbia, per quest’unico motivo, effettivamente goduto delle ferie annuali retribuite, giacché i tre congedi in parola perseguono finalità distinte –, occorre precisare che nelle due cause citate la Corte non si è pronunciata sul punto se anche il periodo trascorso da un lavoratore/una lavoratrice in congedo per malattia o in congedo di maternità debba essere computato ai fini del calcolo delle ferie annuali retribuite stesse.

21.

Nella sentenza Dominguez ( 27 ) la Corte sembra avere abbandonato il nesso che si presumeva consustanziale tra la prestazione di lavoro effettivo, da un lato, e il diritto alle ferie annuali retribuite, dall’altro. La lavoratrice interessata chiedeva di usufruire di giorni di ferie annuali retribuite a titolo del periodo – superiore a un anno – per il quale le era stato prescritto di astenersi dal lavoro e che a suo parere doveva essere assimilato a un periodo di lavoro effettivo. È quindi in siffatto contesto specifico che la Corte ha ricordato che «la direttiva 2003/88 non pone alcuna distinzione tra i lavoratori assenti dal lavoro a titolo di congedo per malattia, durante il periodo di riferimento, e quelli che hanno effettivamente lavorato nel corso di tale periodo (…); ne consegue che, per i lavoratori in congedo per malattia debitamente prescritto, il diritto alle ferie annuali retribuite, che scaturisce per ogni lavoratore da tale direttiva, non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento stabilito da detto Stato» ( 28 ). Pertanto, «non dev’essere leso il diritto di alcun lavoratore – indipendentemente dal fatto che si trovi in congedo di malattia durante tale periodo di riferimento per infortunio sopravvenuto sul posto di lavoro o altrove, o per malattia di qualunque natura o origine – alle ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane» ( 29 ).

22.

Tuttavia, stante la differenza fondamentale tra la situazione di un lavoratore in congedo per malattia e quella di un lavoratore in congedo parentale, derivante in particolare dalla circostanza che nella seconda ipotesi non si tratta più di un’inabilità al lavoro comprovata e indipendente dalla volontà di detto lavoratore, tale soluzione non può, a mio avviso, essere estesa al caso di un lavoratore in congedo parentale.

Il silenzio dell’accordo quadro riveduto

23.

Al pari del diritto alle ferie annuali retribuite, il diritto al congedo parentale è stato inserito nell’articolo 33, paragrafo 2, della Carta. La Corte lo ha distinto dal congedo di maternità in quanto è concesso ai genitori affinché essi possano avere cura del loro bambino ( 30 ). Pertanto, nell’ambito del congedo parentale, l’obiettivo non è più tutelare la condizione biologica della donna ricordata nelle presenti conclusioni, bensì aiutare i genitori che lavorano a conciliare le responsabilità professionali e familiari ( 31 ) consentendo loro di interrompere la loro attività professionale con la garanzia che ritorneranno al loro posto di lavoro o ad un lavoro equivalente ( 32 ).

24.

Il congedo parentale appare quindi sotto ogni aspetto come un congedo specifico, disciplinato da una propria normativa, vale a dire la direttiva 2010/18. Occorre dunque interrogarsi sull’esistenza di eventuali interazioni tra le ferie annuali retribuite e il congedo parentale. A tale proposito, è d’uopo constatare che la direttiva 2010/18, e più precisamente l’accordo quadro riveduto, non menzionano affatto un eventuale diritto alle ferie annuali retribuite che dovrebbe essere riconosciuto e sussistente durante il periodo in cui il lavoratore si trova in congedo parentale. Si deve inoltre rammentare che il primo comma del preambolo dell’accordo quadro riveduto ricorda che quest’ultimo costituisce un impegno delle parti sociali, rappresentate dalle organizzazioni di categoria a carattere generale, a porre in atto, con prescrizioni minime ( 33 ) relative al congedo parentale, misure volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità familiari e professionali e a promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne ( 34 ).

25.

L’accordo quadro riveduto sancisce un diritto individuale al congedo parentale attribuito a qualunque lavoratore, uomo o donna, per la nascita o l’adozione di un figlio, affinché possa averne cura fino a una determinata età ( 35 ). La durata minima del congedo parentale fissata dall’accordo quadro riveduto è di quattro mesi ( 36 ). Le condizioni di accesso e le modalità di applicazione del congedo parentale sono ancora definite in ampia misura dai diritti nazionali ( 37 ). Il lavoratore in congedo parentale beneficia di una protezione dei suoi diritti in materia di occupazione e di non discriminazione: il diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o ad un lavoro equivalente al termine del congedo parentale ( 38 ), il mantenimento dei suoi diritti acquisiti o in via di acquisizione alla data di inizio del congedo parentale ( 39 ) o la protezione contro un trattamento meno favorevole o il licenziamento causati dall’esercizio del congedo parentale ( 40 ). Per contro, saranno gli Stati membri e, eventualmente, le parti sociali, a definire il regime del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro per il periodo del congedo parentale ( 41 ) nonché le questioni di previdenza sociale ( 42 ) e «[t]utte le questioni relative al reddito connesse [all’accordo quadro riveduto]» ( 43 ).

26.

In questa fase del ragionamento, occorre ricordare che la decisione di cui al procedimento principale di non tenere conto, ai fini della determinazione delle ferie annuali retribuite spettanti alla sig.ra Dicu per l’anno 2015, del periodo durante il quale ella era in congedo parentale si fonda sull’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del codice del lavoro rumeno, che prevede la sospensione del contratto di lavoro durante il congedo parentale. Stante tale sospensione, quest’ultimo non è assimilato ad un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione della durata delle ferie annuali retribuite, come risulta dall’articolo 145, paragrafi da 4 a 6, di detto codice ( 44 ). Orbene, siffatta sospensione risulta conforme alle prescrizioni dell’accordo quadro riveduto.

27.

Inoltre, proprio in conseguenza di tale sospensione, non appare sussistere alcuna tensione tra la situazione di cui al procedimento principale e l’articolo 7 della direttiva 2003/88. Poiché il rapporto di lavoro, secondo il diritto nazionale e in piena conformità con il diritto dell’Unione, è considerato sospeso per motivi non connessi alla malattia della lavoratrice interessata ( 45 ), la situazione della sig.ra Dicu sotto il profilo del diritto alle ferie annuali retribuite mi sembra comparabile a quella di un lavoratore a tempo provvisoriamente ridotto. Orbene, in riferimento a quest’ultimo, la Corte ha dichiarato che, «[p]ur dovendo (…) escludersi che il diritto di un lavoratore alle ferie minime annuali retribuite, garantito dal diritto dell’Unione, possa essere diminuito in una situazione in cui il lavoratore non ha potuto adempiere il suo obbligo di lavorare a causa di una malattia che lo ha colpito durante il periodo di riferimento» ( 46 ), la giurisprudenza secondo cui l’articolo 7 della direttiva 2003/88 osta a disposizioni nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che sia stato in congedo malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite ( 47 ), «non può applicarsi mutatis mutandis alla situazione di un lavoratore a tempo ridotto» ( 48 ). La Corte ha poi affermato chiaramente che «la situazione di un lavoratore inabile al lavoro per malattia, da un lato, e quella di un lavoratore a tempo ridotto, dall’altro, sono del tutto diverse» ( 49 ).

28.

Il contesto in cui la Corte ha svolto simili considerazioni è, dal suo canto, perfettamente comparabile a quello del presente rinvio pregiudiziale, in quanto la riduzione dell’orario di lavoro dei lavoratori interessati risultava da un piano sociale che stabiliva «la sospensione, in funzione [di detta riduzione], degli obblighi di prestazione reciproci del datore di lavoro e del lavoratore dipendente» ( 50 ). In tali circostanze, la Corte ha riconosciuto che il diritto alle ferie annuali retribuite può essere determinato in applicazione del principio del pro rata temporis ( 51 ). Tenuto conto, difatti, della libertà riconosciuta agli Stati membri di definire il regime contrattuale tra il lavoratore in congedo parentale e il suo datore di lavoro nonché l’assenza di ingerenza del diritto dell’Unione nella delicata questione della retribuzione del congedo parentale, è giocoforza constatare che la mancata presa in considerazione di quest’ultimo per il calcolo delle ferie annuali retribuite non è altro che la conseguenza della sospensione degli obblighi reciproci che avevano vincolato fino a quel momento la sig.ra Dicu e il suo datore di lavoro ( 52 ). Il fatto che detta sospensione comporti una riduzione pro rata temporis del diritto alle ferie annuali retribuite di quest’ultima non appare censurabile allo stato attuale del diritto dell’Unione. Pertanto, in tali circostanze, l’affermazione ripetuta della Corte secondo la quale un congedo garantito dal diritto dell’Unione non può pregiudicare un altro congedo pure garantito dal suddetto diritto ( 53 ) non risulta – del pari – contraddetta precisamente perché il diritto dell’Unione non garantisce un diritto alle ferie annuali retribuite in un periodo in cui gli obblighi reciproci del lavoratore e del datore di lavoro sono sospesi e che non viene considerato un periodo di lavoro effettivo. L’interpretazione che propongo quindi alla Corte di adottare garantisce tanto l’integrità delle ferie annuali retribuite, quanto quella del congedo parentale.

29.

Spetterebbe in definitiva unicamente agli Stati membri decidere, eventualmente, di andare oltre il minimo richiesto dall’accordo quadro riveduto equiparando, se così stabilissero, il periodo di congedo parentale a un periodo di lavoro effettivo ai fini del calcolo delle ferie annuali retribuite.

30.

Infine, è mia intenzione oppormi a qualsiasi tentazione di interpretare l’accordo quadro riveduto nel senso che, letto alla luce delle disposizioni che sanciscono il diritto alle ferie annuali retribuite, esso comporterebbe l’obbligo per gli Stati membri di prendere in considerazione, per determinare il diritto alle ferie annuali retribuite dei lavoratori interessati, solo la durata minima del congedo parentale garantita dalla clausola 2, paragrafo 2, di detto accordo, ossia quattro mesi. Oltre al fatto che il fondamento giuridico di una siffatta interpretazione mi apparirebbe del tutto incerto, anche perché non trova alcun riscontro nella giurisprudenza della Corte relativa all’accordo quadro riveduto, in un altro contesto ( 54 ) ho già espressamente messo in guardia la Corte sui rischi che si correrebbero qualora si considerasse tale durata minima di quattro mesi come il nucleo essenziale della protezione conferita dal diritto dell’Unione ai lavoratori in congedo parentale. Mutatis mutandis, tale avvertimento è pertinente anche per quanto riguarda la risposta da fornire al giudice del rinvio nel presente procedimento.

31.

Di conseguenza, occorre concludere che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che esclude dal calcolo per la determinazione della durata delle ferie annuali retribuite di una lavoratrice il periodo in cui la stessa si trovava in congedo parentale per un figlio in tenera età, senza equiparare tale periodo ad un periodo di lavoro effettivo.

Conclusione

32.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sottoposta dalla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania):

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che esclude dal calcolo per la determinazione della durata delle ferie annuali retribuite di una lavoratrice il periodo in cui la stessa si trovava in congedo parentale per un figlio in tenera età, senza equiparare tale periodo ad un periodo di lavoro effettivo.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2003, L 299, pag. 9.

( 3 ) Le ferie annuali retribuite cui un magistrato, quale la sig.ra Dicu, ha diritto ammontano a 35 giorni all’anno, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, della decisione del Consiglio superiore della magistratura n. 325/2005 che approva il regolamento sui congedi dei giudici e dei procuratori.

( 4 ) A tale proposito il giudice del rinvio richiama la sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 26).

( 5 ) GU 2010, L 68, pag. 13.

( 6 ) Sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18).

( 7 ) Sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33).

( 8 ) Sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18).

( 9 ) Sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33).

( 10 ) Tale disposizione è così formulata: «Il contratto individuale di lavoro può essere sospeso su iniziativa del lavoratore nei seguenti casi: a) congedo parentale per figlio minore di due anni di età (…)». L’articolo 49, paragrafo 2, del codice del lavoro rumeno definisce come segue gli effetti della sospensione del contratto: «[d]alla sospensione del contratto individuale di lavoro deriva la sospensione della prestazione lavorativa da parte del lavoratore e della remunerazione da parte del datore di lavoro».

( 11 ) V. articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88.

( 12 ) GU 2007, C 303, pag. 1.

( 13 ) Ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, «[o]gni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite».

( 14 ) Sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 16 e giurisprudenza citata).

( 15 ) Sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 25).

( 16 ) Detto considerando enuncia che «[i]l miglioramento della sicurezza, dell’igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico».

( 17 ) V. sentenze del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punti 2330 e giurisprudenza citata). V. altresì sentenza del 10 settembre 2009, Vicente Pereda (C‑277/08, EU:C:2009:542, punto 20).

( 18 ) V. sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 41). Il corsivo è mio.

( 19 ) Sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18).

( 20 ) Il corsivo è mio.

( 21 ) Il corsivo è mio.

( 22 ) Sentenza del 18 marzo 2004, Merino Gómez (C‑342/01, EU:C:2004:160).

( 23 ) V. sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 26 e giurisprudenza citata).

( 24 ) V. sentenza del 18 marzo 2004, Merino Gómez (C‑342/01, EU:C:2004:160, punto 32 e giurisprudenza citata). V. altresì sentenze del 14 aprile 2005, Commissione/Lussemburgo (C‑519/03, EU:C:2005:234, punto 32), e del 20 settembre 2007, Kiiski (C‑116/06, EU:C:2007:536, punto 46).

( 25 ) V. sentenza del 18 marzo 2004, Merino Gómez (C‑342/01, EU:C:2004:160, punto 33).

( 26 ) Ossia sentenze del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18) e del 18 marzo 2004, Merino Gómez (C‑342/01, EU:C:2004:160).

( 27 ) Sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33).

( 28 ) Sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 20).

( 29 ) Sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 30).

( 30 ) V. sentenze del 14 aprile 2005, Commissione/Lussemburgo (C‑519/03, EU:C:2005:234, punto 32); del 20 settembre 2007, Kiiski (C‑116/06, EU:C:2007:536, punto 35); del 16 luglio 2015, Maïstrellis (C‑222/14, EU:C:2015:473, punto 31), e del 16 giugno 2016, Rodríguez Sánchez (C‑351/14, EU:C:2016:447). V. anche clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro riveduto.

( 31 ) V. sentenza del 16 luglio 2015, Maïstrellis (C‑222/14, EU:C:2015:473, punto 38). Peraltro, la distinzione tra il congedo di maternità e il congedo parentale risulta espressamente dal punto 15 delle osservazioni generali dell’accordo quadro riveduto [v. anche sentenza del 16 giugno 2016, Rodríguez Sánchez (C‑351/14, EU:C:2016:447, punto 43)].

( 32 ) V. sentenza del 13 febbraio 2014, TSN e YTN (C‑512/11 e C‑513/11, EU:C:2014:73, punto 39). Sull’applicabilità dell’accordo quadro riveduto ai lavoratori con status di dipendenti pubblici, v. sentenza del 7 settembre 2017, H. (C‑174/16, EU:C:2017:637, punto 34 e giurisprudenza citata).

( 33 ) V. anche clausola 1 dell’accordo quadro riveduto.

( 34 ) V. altresì sentenze del 13 febbraio 2014, TSN e YTN (C‑512/11 e C‑513/11, EU:C:2014:73, punto 38), e del 7 settembre 2017, H. (C‑174/16, EU:C:2017:637, punto 29).

( 35 ) V. clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro riveduto.

( 36 ) V. clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro riveduto.

( 37 ) V. clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro riveduto.

( 38 ) V. clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto.

( 39 ) V. clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro riveduto. Risulta dagli atti che i diritti acquisiti, in materia di ferie annuali retribuite, dalla sig.ra Dicu al momento della sua collocazione in congedo parentale non sono stati rimessi in discussione al termine dello stesso.

( 40 ) V. clausola 5, punto 4, dell’accordo quadro riveduto.

( 41 ) V. clausola 5, punto 3, dell’accordo quadro riveduto.

( 42 ) V. clausola 5, punto 5, primo comma, dell’accordo quadro riveduto.

( 43 ) V. clausola 5, punto 5, secondo comma, dell’accordo quadro riveduto.

( 44 ) Sugli effetti della sospensione del contratto di lavoro durante il congedo parentale quali definiti dal diritto rumeno, v. nota a piè di pagina 10 delle presenti conclusioni.

( 45 ) Conformemente a quanto ricordato dalla Corte, la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro del 24 giugno 1970, n. 132, relativa ai congedi annuali pagati, prevede espressamente che le assenze malattia saranno calcolate nel periodo di servizio [v. sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 38)], ma non dice cosa accada nel caso del congedo parentale.

( 46 ) Sentenza dell’8 novembre 2012, Heimann e Toltschin (C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punto 26).

( 47 ) V. sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz‑Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 62).

( 48 ) Sentenza dell’8 novembre 2012, Heimann e Toltschin (C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punto 26).

( 49 ) Sentenza dell’8 novembre 2012, Heimann e Toltschin (C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punto 27).

( 50 ) Sentenza dell’8 novembre 2012, Heimann e Toltschin (C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punto 28). Il corsivo è mio. V. anche punto 32 di detta sentenza.

( 51 ) La Corte ha anzitutto riqualificato i lavoratori interessati come «lavoratori a tempo parziale» [v. sentenza dell’8 novembre 2012, Heimann e Toltschin (C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punto 32)] e ha poi applicato loro la propria giurisprudenza in materia [su tale giurisprudenza v. sentenza del 22 aprile 2010, Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols (C‑486/08, EU:C:2010:215, punti 3334) e, per quanto riguarda la sua applicazione ai lavoratori interessati, sentenza dell’8 novembre 2012, Heimann e Toltschin (C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punti da 33 a 35)].

( 52 ) Per completezza, ricordo che la sospensione del contratto e, pertanto, delle prestazioni reciproche non pregiudica la continuità del rapporto di lavoro, vale a dire che il lavoratore in congedo parentale mantiene la qualità di lavoratore [v. sentenza del 20 settembre 2007, Kiiski (C‑116/06, EU:C:2007:536, punto 32)].

( 53 ) V. la giurisprudenza ricordata al paragrafo 19 delle presenti conclusioni.

( 54 ) V. paragrafo 20 delle mie conclusioni nella causa H. (C‑174/16, EU:C:2017:306).

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