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Document 62016CJ0488

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 6 settembre 2018.
Bundesverband Souvenir - Geschenke - Ehrenpreise eV contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio denominativo NEUSCHWANSTEIN – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c) – Impedimenti assoluti alla registrazione – Carattere descrittivo – Indicazione dell’origine geografica – Carattere distintivo – Articolo 52, paragrafo 1, lettera b) – Malafede.
Causa C-488/16 P.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:673

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

6 settembre 2018 ( *1 )

«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio denominativo NEUSCHWANSTEIN – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c) – Impedimenti assoluti alla registrazione – Carattere descrittivo – Indicazione dell’origine geografica – Carattere distintivo – Articolo 52, paragrafo 1, lettera b) – Malafede»

Nel procedimento C‑488/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione proposta il 13 settembre 2016, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea,

Bundesverband Souvenir – Geschenke – Ehrenpreise eV, con sede in Veitsbronn (Germania), rappresentata da B. Bittner, Rechtsanwalt,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da D. Botis, A. Schifko e D. Walicka, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado,

Freistaat Bayern, rappresentato da M. Müller, Rechtsanwalt,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J.L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, E. Levits, A. Borg Barthet (relatore), M. Berger e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: R. Șereș, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 novembre 2017,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Bundesverband Souvenir – Geschenke – Ehrenpreise eV chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 luglio 2016, Bundesverband Souvenir – Geschenke – Ehrenpreise/EUIPO – Freistaat Bayern (NEUSCHWANSTEIN) (T‑167/15, non pubblicata;, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2016:391), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso volto all’annullamento della decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 22 gennaio 2015 (procedimento R 28/2014-5), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la ricorrente e il Freistaat Bayern (Baviera, Germania) (in prosieguo: la «decisione contestata»).

Contesto normativo

2

L’articolo 7, intitolato «Impedimenti assoluti alla registrazione», del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio [dell’Unione europea] (GU 2009, L 78, pag. 1), al paragrafo 1, lettere b) e c), prevede quanto segue:

«Sono esclusi dalla registrazione:

(…)

b)

i marchi privi di carattere distintivo;

c)

i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

(…)».

3

L’articolo 52, intitolato «Motivi di nullità assoluta», di tale regolamento così dispone al suo paragrafo 1:

«Su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione il marchio [dell’Unione europea] è dichiarato nullo, allorché:

a)

è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7;

b)

al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente ha agito in malafede».

Fatti:

4

Il 22 luglio 2011, la Baviera ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea presso l’EUIPO, in forza del regolamento n. 207/2009.

5

Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo NEUSCHWANSTEIN (in prosieguo: il «marchio controverso»).

6

I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 3, 8, da 14 a 16, 18, 21, 25, 28, 30, da 32 a 36, 38 e 44 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

classe 3: «Cosmetici e preparati per la toeletta non medicati (…) profumeria, olii essenziali»;

classe 8: «Articoli di coltelleria, forchette e cucchiai [in metalli preziosi]»;

classe 14: «Gioielleria, bigiotteria, pietre preziose e semipreziose; orologeria e strumenti cronometrici»;

classe 15: «Strumenti musicali; carillon; strumenti musicali elettrici o elettronici»;

classe 16: «Carta da lettere e bloc-notes; matite e inchiostro»;

classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, ombrelli; bagagli e borse per il trasporto; fodere per abiti; valigie; portadocumenti; portaoggetti da bagno (vuoto); borsetta da toeletta»;

classe 21: «Vetreria, porcellana e maiolica non incluse in altre classi, teiere non in metalli preziosi»;

classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; giarrettiere da uomo; cinture; bretelle»;

classe 28: «Giochi, giocattoli; giochi di società»;

classe 30: «Caffé; thé; cacao; zucchero; miele; pasticceria; dolci; biscotti; caramelle; gelati; confetteria; spezie»;

classe 32: «Bevande analcoliche; birre»;

classe 33: «Bevande alcooliche (escluse le birre)»;

classe 34: «Fiammiferi, portasigarette, posacenere, articoli per fumatori in metalli non preziosi, sigarette, tabacco»;

classe 35: «Services di agenzia pubblicitaria»;

classe 36: «Assicurazioni; affari finanziari; affari monetari; affari immobiliari»;

classe 38: «Servizi di telecomunicazione e comunicazione»;

classe 44: «Cure d’igiene e di bellezza per l’uomo».

7

La domanda di registrazione del marchio controverso è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 166/2011, del 2 settembre 2011, e il marchio controverso è stato registrato il 12 dicembre 2011 con il numero 10144392.

8

Il 10 febbraio 2012, la ricorrente ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità, a norma dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), dello stesso regolamento, contro il marchio controverso per tutti i prodotti e i servizi contemplati al precedente punto 6.

9

Il 21 ottobre 2013 la divisione di annullamento dell’EUIPO ha respinto tale domanda di dichiarazione di nullità, concludendo che il marchio controverso non era composto né da indicazioni che possono servire per designare la provenienza geografica, né da altre caratteristiche inerenti ai prodotti e ai servizi interessati, e che non vi era stata pertanto violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009. Inoltre, essa ha ritenuto che, poiché il marchio in questione era distintivo per i prodotti e i servizi interessati, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento non fosse stato violato. Infine, secondo la divisione di annullamento, la ricorrente non aveva dimostrato che la domanda di registrazione del marchio contestato fosse stata presentata in malafede e, pertanto, non vi era stata violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento.

10

Il 20 dicembre 2013 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, contro la decisione della divisione di annullamento.

11

Con la decisione contestata la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha confermato la decisione della divisione di annullamento e ha respinto il ricorso.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

12

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 aprile 2015, la ricorrente ha proposto ricorso volto all’annullamento della decisione contestata.

13

A sostegno di tale ricorso, essa ha dedotto tre motivi, vertenti sulla violazione, rispettivamente, dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di detto regolamento e dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b) dello stesso.

14

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto i tre motivi dedotti dalla ricorrente e ha conseguentemente respinto il ricorso nel suo insieme.

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

15

Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la registrazione del marchio controverso, e

condannare l’EUIPO alle spese.

16

L’EUIPO e la Baviera chiedono che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la ricorrente alle spese.

Sull’impugnazione

17

A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, rispettivamente, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento e sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

18

Con il primo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 dichiarando che il marchio controverso non era descrittivo dei prodotti e dei servizi interessati. Tale motivo, in sostanza, è suddiviso in quattro parti.

19

Con la prima parte, la ricorrente contesta talune valutazioni che il Tribunale ha effettuato ai punti 22, 26 e 27 della sentenza impugnata.

20

In tal senso, in primo luogo, il Tribunale avrebbe considerato a torto, al punto 22 della sentenza impugnata, che, per taluni prodotti appartenenti alla classe 14, il grado di attenzione del pubblico rilevante sia più elevato. Secondo la ricorrente, anche se tale classe di prodotti contempla, in parte, prodotti costosi, non si deve tuttavia generalmente ritenere che il grado d’attenzione sia per essi più elevato, poiché alcuni articoli di bigiotteria e orologi possono essere ugualmente proposti a prezzi assai ragionevoli.

21

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe constatato, parimenti a torto, al punto 26 della sentenza impugnata, che il nome «Neuschwanstein», che significa letteralmente «nuova roccia del cigno», costituisce un nome immaginifico e originale, non idoneo tuttavia a permettere al pubblico rilevante di istituire un nesso con le categorie di prodotti e di servizi interessate. Secondo la ricorrente, tale constatazione implica un’analisi del nome «Neuschwanstein» che il pubblico rilevante in realtà non compie.

22

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che il punto 27 della sentenza impugnata contiene una contraddizione in quanto il Tribunale ammette, da un lato, che il castello di Neuschwanstein è geograficamente localizzabile, mentre afferma, dall’altro, che esso non può essere considerato quale luogo geografico.

23

In quarto e ultimo luogo, la ricorrente considera che l’affermazione del Tribunale, contenuta al punto 27 della sentenza impugnata, secondo cui il castello di Neuschwanstein sarebbe anzitutto un luogo museale, è inesatta. Infatti, anzitutto, il Tribunale si contraddirebbe indicando, allo stesso punto, che tale castello è noto per la sua singolarità architetturale, che non sarebbe adatta a un museo. Inoltre, il pubblico rilevante percepirebbe tale castello come un edificio che trarrebbe la sua particolarità anche dalla sua situazione geografica e non come un museo. Infine, l’importanza di un museo si valuterebbe in funzione degli oggetti che vi sono esposti. Orbene, il pubblico visiterebbe tale castello per ammirare non gli oggetti che vi sono esposti ma la sua singolare architettura.

24

Con la seconda parte del primo motivo, la ricorrente lamenta che il Tribunale ha ignorato l’interesse generale sotteso all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 nonché la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230) quando ha dichiarato, al punto 27 della sentenza impugnata, che, poiché il castello di Neuschwanstein non è, in quanto tale, un luogo di produzione di beni o di fornitura di servizi, il marchio controverso non può essere indicativo della provenienza geografica dei prodotti e dei servizi che esso contraddistingue.

25

Infatti, dalla sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 et C‑109/97, EU:C:1999:230) risulterebbe che, con riferimento ai nomi geografici, esiste un interesse generale a preservare la loro disponibilità, a causa, in particolare, della loro capacità di influire sulle preferenze dei consumatori, ad esempio ricollegando i prodotti ad un luogo che può suscitare sentimenti positivi. Secondo la ricorrente, tali sentimenti positivi possono essere suscitati, in particolare, da ricordi di vacanze, di modo che il pubblico pertinente istituirà un nesso tra i prodotti e servizi di cui trattasi e il luogo turistico costituito dal castello di Neuschwanstein e non tra tali prodotti e servizi e un’impresa determinata.

26

La Corte avrebbe parimenti statuito, al punto 37 della sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230), che il nesso tra un prodotto e un luogo geografico non dipende necessariamente dalla fabbricazione di tale prodotto nel luogo in parola. Nel caso degli articoli di souvenir, il luogo di commercializzazione sarebbe determinante per il pubblico rilevante poiché articoli siffatti vengono commercializzati quasi esclusivamente nei dintorni immediati del sito turistico interessato. Il luogo di commercializzazione dovrebbe pertanto essere anche considerato come indicazione di origine geografica.

27

A ciò si aggiunge che il Tribunale, basandosi, al punto 29 della sentenza impugnata, esclusivamente sulla commercializzazione di tali prodotti e servizi da parte dell’amministrazione del castello stessa, ignorerebbe l’interesse generale che consiste nel garantire la disponibilità del nome di un sito turistico noto a livello mondiale per articoli di souvenir.

28

L’EUIPO e la Baviera ritengono, in via principale, che il primo motivo debba essere dichiarato irricevibile. In ogni caso, essi sostengono che il Tribunale abbia svolto una corretta applicazione della giurisprudenza rilevante e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009.

Giudizio della Corte

29

Riguardo alla prima parte del primo motivo, va ricordato che, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, e dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione deve limitarsi ai motivi di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti rilevanti, nonché a vagliare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso del loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., segnatamente, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto 49 e giurisprudenza citata).

30

Orbene, costituiscono valutazioni in fatto di tal genere le constatazioni che il Tribunale ha svolto ai punti 22, 26 e 27 della sentenza impugnata e secondo le quali il pubblico pertinente manifesta un livello di attenzione più elevato per i prodotti e i servizi che rientrano nelle classi 14 e 36, il nome «Neuschwanstein» è un nome immaginario e originale, il castello che porta tale nome non può essere considerato luogo geografico e detto castello è anzitutto un luogo museale.

31

È giocoforza constatare che, con gli argomenti che essa propone a sostegno della prima parte, la ricorrente si limita a contestare tali valutazioni in fatto compiute dal Tribunale e tenta, in realtà, di ottenere dalla Corte una loro nuova valutazione, senza tuttavia asserire che sussista al riguardo un qualsiasi snaturamento delle stesse.

32

Di conseguenza, la prima parte del primo motivo dev’essere dichiarata irricevibile.

33

Con la seconda parte del primo motivo, la ricorrente lamenta, in sostanza, che il Tribunale ha ignorato l’interesse generale sotteso all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 nonché la sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230) quando ha dichiarato, al punto 27 della sentenza impugnata, che, poiché il castello di Neuschwanstein non è, in quanto tale, un luogo di produzione di beni o di fornitura di servizi, il marchio controverso non può essere indicativo della provenienza geografica dei prodotti e dei servizi che esso contraddistingue.

34

Pertanto, con la seconda parte del primo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale di non aver qualificato la denominazione «Neuschwanstein» come indicazione di origine geografica dei prodotti e dei servizi protetti dal marchio controverso, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, sicché tale parte solleva una questione di diritto ricevibile nell’ambito di un’impugnazione.

35

Preliminarmente, va ricordato che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 osta alla registrazione dei marchi dell’Unione europea composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare l’origine geografica del prodotto o della prestazione del servizio per i quali si chiede tale registrazione.

36

Secondo costante giurisprudenza, tale disposizione persegue uno scopo di interesse generale, che esige che i segni o le indicazioni descrittive delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti, anche come marchi collettivi o all’interno di marchi complessi o grafici. Tale disposizione non consente, quindi, che segni o indicazioni di tal genere siano riservati a una sola impresa in ragione della loro registrazione come marchio (sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 25, e del 10 luglio 2014, BSH/UAMI, C‑126/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2065, punto 19 e giurisprudenza citata).

37

Per quanto riguarda, più particolarmente, i segni o le indicazioni atti a designare la provenienza geografica delle categorie di prodotti per le quali si chiede la registrazione del marchio, in particolare i nomi geografici, la Corte ha dichiarato che vi è un interesse generale a preservarne la disponibilità, segnatamente per la loro capacità non solo di rivelare eventualmente la qualità e altre proprietà delle categorie di prodotti interessate bensì anche di influenzare diversamente le preferenze dei consumatori, ad esempio associando i prodotti a un luogo che può suscitare sentimenti positivi (sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 26).

38

La Corte ha sottolineato al riguardo che la registrazione di un segno può essere negata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, soltanto se il nome geografico per il quale si chiede la registrazione di marchio designa un luogo che presenta, al momento della domanda, nell’apprezzamento degli ambienti interessati, un nesso con la categoria di prodotti interessata o se è ragionevole prevedere che in futuro un tale nesso possa essere istituito (v., in tal senso, sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 31, e del 12 febbraio 2004, Koninklijke KPN Nederland, C‑363/99, EU:C:2004:86, punto 56).

39

Si deve tuttavia rilevare che, in via di principio, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 non osta alla registrazione di nomi geografici ignoti negli ambienti interessati o, quantomeno, sconosciuti in quanto designazione di un luogo geografico, né dei nomi per i quali, date le caratteristiche del luogo designato, non appare verosimile che gli ambienti interessati possano ritenere che la categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi provenga da tale luogo (v., in tal senso, sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 33).

40

Nella fattispecie, il Tribunale ha dichiarato sostanzialmente, al punto 27 della sentenza impugnata, che il castello di Neuschwanstein è anzitutto un luogo museale, la cui funzione primaria non è la fabbricazione o la commercializzazione di articoli di souvenir o la prestazione di servizi, bensì la conservazione del patrimonio ambientale, e che tale castello non è noto per gli articoli di souvenir che vende o per i servizi che offre. Il Tribunale ne desume che, dato che il castello suddetto non è di per sé un luogo di produzione di beni o di fornitura di servizi, il marchio controverso non può essere indicativo dell’origine geografica dei prodotti e dei servizi da esso contemplati. Pertanto, spetta alla Corte verificare se, come sostenuto dalla ricorrente, tale valutazione derivi dal travisamento dell’interesse generale sotteso all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009.

41

In primo luogo, va esaminato l’argomento presentato dalla ricorrente secondo cui la denominazione «Neuschwanstein» sarebbe descrittiva ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, in quanto il ricordo al quale tale denominazione rinvia rivelerebbe una qualità o una caratteristica essenziale dei prodotti e dei servizi protetti dal marchio controverso tale da permettere al pubblico rilevante di istituire un nesso tra tali prodotti e servizi e il castello di Neuschwanstein.

42

Al riguardo, si deve sottolineare che, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, nessuna delle classi ai sensi dell’accordo di Nizza riguarda «articoli di souvenir». Di conseguenza, il Tribunale ha giustamente considerato che, come risulta dai punti 22 e 27 della sentenza impugnata, i prodotti protetti dal marchio controverso sono prodotti di consumo corrente e che i servizi interessati sono prestazioni della vita quotidiana che consentono la gestione e lo sfruttamento economico del castello.

43

Inoltre, dal fascicolo non risulta che tali prodotti e servizi destinati ad un uso quotidiano siano dotati di caratteristiche particolari o qualità specifiche per le quali il castello di Neuschwanstein sarebbe tradizionalmente noto e per le quali sarebbe verosimile che il pubblico pertinente possa immaginare che provengano da tale luogo oppure che essi vi vengano fabbricati o forniti.

44

In particolare, riguardo ai prodotti protetti dal marchio controverso, va sottolineato che la circostanza che essi siano venduti come articoli di souvenir non è rilevante nella valutazione del carattere descrittivo della denominazione «Neuschwanstein». Infatti, la funzione di souvenir attribuita a un prodotto non costituisce una caratteristica oggettiva e intrinseca alla natura del prodotto, dato che tale funzione ricade nel libero arbitrio dell’acquirente ed è orientata unicamente secondo le intenzioni di quest’ultimo.

45

Nei limiti in cui la denominazione «Neuschwanstein» designa il castello che porta questo nome, va considerato che la sola apposizione di tale denominazione, in particolare sui prodotti interessati, consente al pubblico rilevante di considerare tali prodotti, di consumo corrente, anche come articoli di souvenir. Il fatto che essi costituiscano souvenir con la sola apposizione di tale denominazione non costituisce in sé una caratteristica essenziale descrittiva di tali prodotti.

46

Pertanto, non è ragionevole prevedere che, agli occhi del pubblico rilevante, il ricordo cui la denominazione «Neuschwanstein» rinvia riveli una qualità o una caratteristica essenziale dei prodotti e dei servizi protetti dal marchio controverso.

47

In secondo luogo, si deve esaminare l’argomento della ricorrente secondo cui la denominazione «Neuschwanstein» sarebbe descrittiva della origine geografica dei prodotti e dei servizi contemplati dal marchio controverso in quanto il luogo di commercializzazione di tali prodotti e servizi dovrebbe essere considerato elemento di collegamento degli stessi al castello di Neuschwanstein.

48

Al riguardo, va ricordato che, nella sua sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 36), la Corte ha dichiarato che, se l’indicazione di provenienza geografica di un prodotto è certamente, di solito, l’indicazione del luogo in cui il prodotto è stato fabbricato o potrebbe esserlo, non si può escludere che il nesso tra la categoria di prodotti e il luogo geografico dipenda da altri elementi di connessione, ad esempio dal fatto che il prodotto sia stato ideato e disegnato in tale luogo.

49

Ne consegue che la Corte non ha limitato gli elementi di connessione al luogo di fabbricazione dei prodotti interessati. Tuttavia, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 41 delle sue conclusioni, ciò non implica necessariamente che il luogo di commercializzazione possa servire da elemento di collegamento tra i prodotti e i servizi contemplati dal marchio controverso e il luogo interessato, e ciò anche per gli articoli venduti come souvenir.

50

Infatti, la sola circostanza che tali prodotti e servizi siano offerti in un luogo determinato non può costituire un’indicazione descrittiva della loro origine geografica, nei limiti in cui il luogo di vendita di tali prodotti e servizi non può, di per sé, designare proprietà, qualità o peculiarità proprie, connesse alla loro origine geografica, come, ad esempio, artigianato, tradizione o clima che caratterizzano un luogo determinato, come osservato sostanzialmente dall’avvocato generale al paragrafo 42 delle sue conclusioni.

51

Nella specie, come il Tribunale ha considerato ai punti 27 e 29 della sentenza impugnata, il castello di Neuschwanstein non è noto per gli articoli di souvenir che vende o per i servizi che offre, ma per la sua singolarità architetturale. Dal fascicolo non risulta d’altra parte che il marchio controverso sia utilizzato per commercializzare articoli specifici di souvenir e proporre servizi particolari per i quali esso sarebbe tradizionalmente noto.

52

Peraltro, come risulta dal punto 41 della sentenza impugnata, non tutti i servizi protetti dal marchio controverso sono direttamente offerti sul sito del castello di Neuschwanstein. Con riferimento ai prodotti interessati, come la ricorrente stessa ammette nella sua impugnazione, non è escluso che essi siano venduti al di fuori dei dintorni di tale castello.

53

In tal contesto, non è ragionevole prevedere che, agli occhi del pubblico pertinente, il luogo di commercializzazione in quanto tale, cui rinvia la denominazione «Neuschwanstein», costituisca la descrizione di una qualità o di una caratteristica essenziale dei prodotti e dei servizi protetti dal marchio controverso.

54

Pertanto, il Tribunale ha dichiarato, senza commettere errori di diritto, al punto 27 della sentenza impugnata, che, considerato che il castello di Neuschwanstein non è di per sé luogo di produzione di beni o di fornitura di servizi, il marchio controverso non poteva essere indicativo dell’origine geografica dei prodotti e dei servizi da esso protetti.

55

Ne consegue che la seconda parte del primo motivo dev’essere dichiarata infondata e che il primo motivo deve, pertanto, essere integralmente respinto.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

56

Il secondo motivo consta di due parti. Con la prima parte, la ricorrente sostiene anzitutto, sostanzialmente, che il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 limitandosi, per valutare il carattere distintivo del marchio controverso, ad affermare, ai punti 41 e 42 della sentenza impugnata, che la sola apposizione della denominazione «Neuschwanstein» sui prodotti e i servizi interessati permette di distinguerli da quelli venduti o forniti in altri spazi commerciali o turistici. Secondo la ricorrente, tale constatazione non consente di trarre conclusioni in merito al carattere distintivo del marchio controverso. Infatti, un articolo recante l’iscrizione «Monaco» si distinguerebbe necessariamente da un articolo recante la denominazione «Amburgo» in quanto i consumatori potrebbero supporre che il primo articolo sia stato fabbricato a Monaco e il secondo ad Amburgo.

57

Poi, al punto 41 della sentenza impugnata, il Tribunale svolgerebbe una petizione di principio quando afferma che il segno «NEUSCHWANSTEIN» designa non soltanto il castello di Neuschwanstein nella sua qualità di luogo museale, ma anche il marchio controverso stesso. In tal modo, il Tribunale avrebbe anticipato la decisione sulla questione se detto segno potesse o meno costituire un marchio dell’Unione europea.

58

Infine, la ricorrente sostiene che l’affermazione del Tribunale, contenuta nel punto 42 della sentenza impugnata, secondo cui il marchio contestato permette, mediante il suo utilizzo, la commercializzazione di prodotti o la fornitura di servizi dei quali la Baviera potrebbe controllare la qualità, costituisce non un indice del carattere distintivo del segno «NEUSCHWANSTEIN», bensì una conseguenza della registrazione di quest’ultimo come marchio.

59

Con la seconda parte del secondo motivo, la ricorrente afferma che il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto, almeno indicativamente, dell’ordinanza del Bundesgerichtshof (Corte di giustizia federale, Germania) dell’8 marzo 2012, che ha annullato la registrazione come marchio nazionale del segno «NEUSCHWANSTEIN».

60

L’EUIPO e la Baviera ritengono che la prima parte del secondo motivo sia irricevibile e che la seconda parte del secondo motivo debba essere respinta in quanto infondata.

Giudizio della Corte

61

Riguardo alla prima parte del secondo motivo, si deve osservare che, sebbene la redazione del ricorso di impugnazione manchi di chiarezza al riguardo, dagli argomenti della ricorrente si può dedurre che essa consiste sostanzialmente nell’affermazione secondo la quale il Tribunale ha motivato in misura insufficiente la sua valutazione relativa al carattere distintivo del marchio controverso.

62

La ricorrente, contestando al Tribunale di aver motivato in misura insufficiente la constatazione secondo cui il marchio controverso è dotato di carattere distintivo, solleva una questione di diritto che può, di per sé, essere dedotta in sede di impugnazione (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 63 e giurisprudenza citata).

63

In base ad una giurisprudenza consolidata della Corte, l’obbligo di motivazione che incombe al Tribunale deve far risultare in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata ed alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale (sentenza del 24 gennaio 2013, 3F/Commissione, C‑646/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:36, punto 63 e giurisprudenza citata).

64

Occorre osservare, al riguardo, che il Tribunale, dopo aver ricordato la giurisprudenza pertinente per valutare il carattere distintivo del marchio controverso ai punti da 36 a 39 della sentenza impugnata, ha considerato, al punto 41 di quest’ultima, che i prodotti e i servizi interessati sono destinati al consumo corrente, senza che si debba distinguere tra quelli che potrebbero rientrare in una categoria di articoli di souvenir tipici e i servizi della vita quotidiana, che si distinguono dai prodotti di souvenir e da altri servizi relativi a un’attività turistica mediante la loro sola denominazione, nei limiti in cui tale denominazione designa soltanto il castello nella sua qualità di luogo museale, ma anche il marchio controverso stesso. Il Tribunale ha aggiunto che i prodotti interessati non sono fabbricati sul sito stesso del castello, ma vi sono soltanto posti in vendita e che, sebbene alcuni dei servizi fossero destinati alla gestione del castello, essi non sono, nel loro insieme, offerti sul sito.

65

Al punto 42 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’elemento denominativo che costituiva il marchio controverso, che è identico al nome del castello, è un nome di fantasia senza riferimento descrittivo ai prodotti e ai servizi commercializzati o offerti. Infatti, secondo il Tribunale, dato che il termine «Neuschwanstein» era traducibile con «nuova roccia del cigno», la sola apposizione del marchio controverso sugli articoli venduti e sui servizi offerti permette di distinguere tali prodotti e servizi da quelli, del pari di consumo corrente, venduti o forniti in altri spazi commerciali o turistici. Il Tribunale ha aggiunto che il marchio controverso permette, con il suo utilizzo, di commercializzare prodotti e fornire servizi di cui la Baviera può, direttamente o indirettamente, controllare la qualità nell’ambito di contratti di licenza.

66

Al punto 43 della sentenza impugnata, il Tribunale, peraltro, ha considerato, segnatamente, che il marchio controverso consente al pubblico rilevante, mediante le caratteristiche della sua denominazione, non soltanto di riferirsi ad una visita al castello, ma anche di distinguere l’origine commerciale dei prodotti e dei servizi di cui trattasi, in modo da porlo in condizione di concludere che l’insieme dei prodotti e dei servizi che il marchio controverso designa sono stati fabbricati, commercializzati o forniti sotto il controllo della Baviera, cui può essere attribuita la responsabilità della loro qualità.

67

Dai punti da 41 a 43 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale, per valutare il carattere distintivo del marchio controverso, ha esaminato i prodotti e i servizi da esso protetti e ha valutato l’elemento denominativo che costituisce tale marchio, il quale è, a suo avviso, un nome di fantasia privo di relazione descrittiva con i prodotti e servizi di cui trattasi.

68

Al riguardo, va osservato che la constatazione del Tribunale secondo cui il marchio controverso non è descrittivo dell’origine geografica di detti prodotti e servizi non esclude il suo carattere distintivo, ma costituisce per contro una condizione necessaria alla possibilità di registrare un marchio che non è privo di carattere distintivo. È precisamente a causa dell’assenza di carattere descrittivo del marchio controverso che è possibile per un’entità come la Baviera chiedere la registrazione come marchio dell’Unione del nome del luogo museale di cui essa è proprietaria, in quanto il regolamento n. 207/2009, in linea di principio, non vi si oppone. L’argomentazione del Tribunale non può pertanto essere considerata, al riguardo, come consistente in una petizione di principio, come l’avvocato generale ha indicato ai paragrafi 55 e 56 delle sue conclusioni.

69

In base agli argomenti suesposti, va concluso che il Tribunale, al termine della sua valutazione del carattere distintivo del marchio controverso, effettuata alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 36 della sentenza impugnata, secondo cui il carattere distintivo di un marchio comporta che tale marchio permette di identificare i prodotti e i servizi, per i quali la registrazione è stata richiesta, come provenienti da una impresa determinata, ha sufficientemente motivato l’esistenza di tale carattere distintivo statuendo che la sola apposizione di tale marchio sui prodotti e servizi interessati consente al pubblico rilevante di distinguerli da quelli venduti o forniti in altri spazi commerciali o turistici.

70

Per contro, nei limiti in cui costituisce un motivo ad abundantiam l’affermazione del Tribunale, che compare al punto 42 della sentenza impugnata, secondo cui il marchio controverso permette, con il suo utilizzo, di commercializzare prodotti e fornire servizi di cui la Baviera può controllare la qualità, va considerato che l’argomento della ricorrente diretto contro tale motivo è inoperante (sentenza del 1o febbraio 2018, Kühne + Nagel International e a./Commissione, C‑261/16 P, non pubblicata, EU:C:2018:56, punto 69, nonché ordinanza del 14 gennaio 2016, Royal County of Berkshire Polo Club/UAMI, C‑278/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:20, punto 43 e giurisprudenza citata).

71

Ne consegue che la prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto in parte infondata e in parte inoperante.

72

Riguardo alla seconda parte del secondo motivo, va ricordato che, secondo costante giurisprudenza, le decisioni che le commissioni di ricorso si risolvono ad adottare in forza del regolamento n. 207/2009, con riferimento alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale, di modo che la legittimità delle decisioni di queste stesse commissioni di ricorso deve essere valutata unicamente alla luce di detto regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione (sentenza del 19 gennaio 2012, UAMI/Nike International, C‑53/11 P, EU:C:2012:27, punto 57 e giurisprudenza citata). Peraltro, come risulta dal punto 44 della sentenza impugnata, il regime comunitario dei marchi rappresenta un sistema autonomo, costituito da un insieme di norme e che persegue obiettivi ad esso specifici, la cui applicazione resta indipendente da qualsiasi sistema nazionale (sentenza del 12 dicembre 2013, Rivella International/UAMI, C‑445/12 P, EU:C:2013:826, punto 48 e giurisprudenza citata).

73

Ne deriva che il Tribunale non era tenuto a prendere in considerazione l’ordinanza del Bundesgerichtshof (Corte di giustizia federale) dell’8 marzo 2012. Pertanto, la seconda parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

74

Il secondo motivo deve pertanto essere integralmente respinto.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

75

Il terzo motivo verte sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e si articola in due parti. Con la prima parte, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, dichiarando, al punto 55 della sentenza impugnata, che dai documenti del fascicolo non risulta che il marchio controverso sia stato utilizzato, fin da prima della data della sua registrazione, per commercializzare articoli di souvenir specifici e proporre servizi particolari. Infatti, da una parte, essa avrebbe presentato numerosi esempi di souvenir recanti l’iscrizione «Neuschwanstein» in allegato al ricorso di primo grado. D’altra parte, la Baviera, come titolare del castello, è presente in loco e dovrebbe avere conoscenza della commercializzazione di articoli di souvenir che recano tale denominazione.

76

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto considerando, al punto 57 della sentenza impugnata, che la diffida inviata il 12 giugno 2008, dalla Baviera, alla società N. non evidenziava l’intento scorretto di tale Stato di registrare il marchio controverso per impedire ai terzi di utilizzare il segno «NEUSCHWANSTEIN». La ricorrente cita, al riguardo, una dichiarazione del portavoce della Baviera che dimostrerebbe tale intento.

77

Con la seconda parte del terzo motivo, la ricorrente afferma che il Tribunale ha, a torto, al punto 58 della sentenza impugnata, escluso la malafede della Baviera, nei limiti in cui essa perseguiva l’obiettivo legittimo di conservazione e di preservazione del luogo museale. Essa ritiene che la sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361), alla quale il Tribunale fa riferimento, non permetta di concludere che un obiettivo legittimo escluda la malafede. Per valutare quest’ultima, ci si dovrebbe basare sui mezzi posti in essere a questo scopo.

78

L’EUIPO e la Baviera sostengono che il terzo motivo sia irricevibile e, comunque, infondato.

Giudizio della Corte

79

Con riferimento alla prima parte del terzo motivo, va osservato che, al punto 55 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato, segnatamente, che la ricorrente non aveva fornito elementi di prova che consentissero di dimostrare le circostanze oggettive nelle quali la Baviera sarebbe venuta a conoscenza dell’esistenza della commercializzazione, da parte della ricorrente o di altri terzi, di alcuni dei prodotti e dei servizi interessati. Al punto 57 di tale sentenza, il Tribunale ha esaminato la diffida inviata, il 12 giugno 2008, dalla Baviera alla società N. e ha osservato, al riguardo, che la domanda di registrazione del marchio nazionale denominativo NEUSCHWANSTEIN, depositata da tale società, risaliva al 15 gennaio 2008. Orbene, il Tribunale ha rilevato che la Baviera aveva depositato, da una parte, una domanda di registrazione del marchio nazionale denominativo NEUSCHWANSTEIN il 28 gennaio 2005 presso il Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi), che ne aveva effettuato la registrazione il 4 ottobre 2005, e, dall’altra, una domanda di registrazione del marchio figurativo dell’Unione europea l’11 luglio 2003 presso l’EUIPO, che ne aveva effettuato la registrazione il 14 settembre 2006. Il Tribunale ne ha pertanto tratto la conclusione che era la società N. ad avere la previa conoscenza del marchio della Baviera e non il contrario e, quindi, che tale Stato non dimostrava malafede.

80

Orbene, è giocoforza constatare che, con gli argomenti presentati a sostegno della prima parte del terzo motivo, la ricorrente tenta in realtà di porre in dubbio le valutazioni degli elementi di prova che il Tribunale ha effettuato ai punti 55 e 57 della sentenza impugnata, senza tuttavia invocare un qualsiasi loro snaturamento.

81

In tal contesto, in conformità alla giurisprudenza richiamata al punto 29 della presente sentenza, la prima parte del terzo motivo dev’essere dichiarata irricevibile.

82

Riguardo alla seconda parte del terzo motivo, va constatato che gli argomenti della ricorrente sono basati su un’errata lettura della sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361).

83

Infatti, in tale sentenza, cui si riferisce il Tribunale al punto 58 della sentenza impugnata, la Corte ha in sostanza dichiarato che, con riferimento all’intento del richiedente, al momento del deposito della domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, anche nell’ipotesi in cui quest’ultimo effettui la domanda di registrazione di un segno al solo scopo di porsi in concorrenza sleale con un concorrente che utilizza un segno simile, non si può escludere che il richiedente persegua, con la registrazione di tale segno, un obiettivo legittimo. La Corte ha precisato che ciò può verificarsi, in particolare, qualora il richiedente sappia, al momento del deposito della domanda di registrazione, che un terzo, attore recente sul mercato, tenta di approfittare di tale segno copiandone la presentazione, con il risultato che ciò induce il richiedente a far registrare il segno medesimo per impedire l’utilizzo della sua presentazione (sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punti da 47 a 49). Pertanto, da tale sentenza non risulta che la valutazione della malafede debba basarsi necessariamente sui mezzi posti in essere per raggiungere tale obiettivo.

84

Ne consegue che la seconda parte del terzo motivo deve essere respinta in quanto infondata e che, di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto.

85

Tenuto conto di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso dev’essere integralmente respinto.

Sulle spese

86

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e la Baviera ne hanno fatto domanda, la Bundesverband Souvenir – Geschenke – Ehrenpreise, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Bundesverband Souvenir – Geschenke – Ehrenpreise eV è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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