EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62016CC0111

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 30 marzo 2017.
Procedimento penale a carico di Giorgio Fidenato e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Udine.
Rinvio pregiudiziale – Agricoltura – Alimenti e mangimi geneticamente modificati – Misure di emergenza – Misura nazionale diretta a vietare la coltivazione del mais geneticamente modificato MON 810 – Mantenimento o rinnovo della misura – Regolamento (CE) n. 1829/2003 – Articolo 34 – Regolamento (CE) n. 178/2002 – Articoli 53 e 54 – Presupposti d’applicazione – Principio di precauzione.
Causa C-111/16.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:248

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 30 marzo 2017 ( 1 )

Causa C‑111/16

Giorgio Fidenato e altri

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Udine (Italia)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Agricoltura – Alimenti e mangimi geneticamente modificati – Divieto di coltivazione di mais geneticamente modificato MON 810 – Misure di emergenza adottate dagli Stati membri – Condizioni sostanziali – Principio di precauzione»

I. Introduzione

1.

Il sig. Fidenato e altri (in prosieguo: i «ricorrenti») sono stati perseguiti per aver coltivato mais geneticamente modificato MON 810 in violazione di un decreto che ne vieta la coltivazione sul territorio italiano. Il decreto in parola è stato adottato come misura d’emergenza ai sensi dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati ( 2 ).

2.

Nell’ambito del procedimento penale a carico dei ricorrenti, il Tribunale di Udine (Italia) sottoponeva alla Corte una serie di questioni. Una delle questioni sollevate dal giudice del rinvio riguarda il rapporto tra l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 e il principio di precauzione. L’elenco delle condizioni per l’adozione di misure d’emergenza contenuto nell’articolo 34 è esaustivo oppure l’articolo in parola potrebbe essere integrato o ampliato attraverso un’applicazione parallela o addirittura indipendente del principio di precauzione?

3.

La Corte ha già fornito indicazioni sull’interpretazione dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 nella sentenza Monsanto ( 3 ). Il rapporto tra il principio di precauzione e il suddetto articolo, che non è stato oggetto dell’esame della Corte nella sentenza Monsanto, è il tema sul quale si concentrano le presenti conclusioni.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

1.  Regolamento n. 1829/2003

4.

Il considerando 3 del regolamento (CE) n. 1829/2003, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, così recita: «Al fine di proteggere la salute umana e animale, gli alimenti e i mangimi che contengono organismi geneticamente modificati o sono costituiti o prodotti a partire da tali organismi (…) dovrebbero essere sottoposti a una valutazione della sicurezza tramite una procedura comunitaria prima di essere immessi sul mercato comunitario».

5.

L’articolo 1 definisce l’obiettivo del regolamento:

«Conformemente ai principi generali stabiliti dal regolamento (CE) n. 178/2002, il presente regolamento si propone i seguenti obiettivi:

a)

fornire la base per garantire un elevato livello di tutela della vita e della salute umana, della salute e del benessere degli animali, dell’ambiente e degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti e mangimi geneticamente modificati, garantendo nel contempo l’efficace funzionamento del mercato interno;

b)

istituire procedure comunitarie per l’autorizzazione e vigilanza degli alimenti e mangimi geneticamente modificati;

(…)».

6.

A norma dell’articolo 34, recante il titolo «Misure d’emergenza»:

«Quando sia manifesto che prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente ovvero qualora, alla luce di un parere dell’Autorità formulato ai sensi degli articoli 10 e 22, sorga la necessità di sospendere o modificare urgentemente un’autorizzazione, sono adottate misure conformemente alle procedure previste agli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002».

2.  Regolamento n. 178/2002

7.

Il considerando 20 del regolamento (CE) n. 178/2002, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare ( 4 ), enuncia quanto segue: «Per garantire la tutela della salute nella Comunità ci si è avvalsi del principio di precauzione, creando ostacoli alla libera circolazione degli alimenti e dei mangimi. È pertanto necessario adottare una base uniforme in tutta la Comunità per l’uso di tale principio».

8.

Il considerando 21 così recita: «Nei casi specifici in cui vi è un rischio per la vita o per la salute, ma permane una situazione di incertezza sul piano scientifico, il principio di precauzione costituisce un meccanismo per determinare misure di gestione del rischio o altri interventi volti a garantire il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità».

9.

L’articolo 4, paragrafo 2, stabilisce che «[i] principi enunciati negli articoli da 5 a 10 costituiscono un quadro generale di natura orizzontale al quale conformarsi nell’adozione di misure». Segue immediatamente la sezione 1 del capo II del regolamento, rubricata «Principi generali della legislazione alimentare», con gli articoli 6 e 7.

10.

L’articolo 6 verte sull’analisi del rischio:

«1.   Ai fini del conseguimento dell’obiettivo generale di un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, la legislazione alimentare si basa sull’analisi del rischio, tranne quando ciò non sia confacente alle circostanze o alla natura del provvedimento.

2.   La valutazione del rischio si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente.

3.   La gestione del rischio tiene conto dei risultati della valutazione del rischio, e in particolare dei pareri dell’Autorità di cui all’articolo 22 [EFSA], nonché di altri aspetti, se pertinenti, e del principio di precauzione laddove sussistano le condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, allo scopo di raggiungere gli obiettivi generali in materia di legislazione alimentare di cui all’articolo 5».

11.

L’articolo 7 reca il titolo «Principio di precauzione». Esso stabilisce quanto segue:

«1.   Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio.

2.   Le misure adottate sulla base del paragrafo 1 sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure sono riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente».

12.

Gli articoli 53 e 54 disciplinano le misure urgenti per alimenti e mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo.

13.

Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1:

«Quando sia manifesto che alimenti o mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente che non possa essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dallo Stato membro o dagli Stati membri interessati, la Commissione, agendo di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, secondo la procedura di cui all’articolo 58, paragrafo 2, adotta immediatamente, in funzione della gravità della situazione, una o alcune delle seguenti misure (…)».

14.

A norma dell’articolo 54:

«1.   Qualora uno Stato membro informi ufficialmente la Commissione circa la necessità di adottare misure urgenti e qualora la Commissione non abbia agito in conformità delle disposizioni dell’articolo 53, lo Stato membro può adottare misure cautelari provvisorie. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione.

2.   Entro dieci giorni lavorativi, la Commissione sottopone la questione al comitato istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, secondo la procedura di cui all’articolo 58, paragrafo 2, ai fini della proroga, modificazione od abrogazione delle misure cautelari provvisorie nazionali.

3.   Lo Stato membro può lasciare in vigore le proprie misure cautelari provvisorie fino all’adozione delle misure comunitarie».

15.

L’articolo 58, paragrafo 1, ha il seguente tenore:

«La Commissione è assistita da un comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, in prosieguo “il comitato”, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. Il comitato è articolato in sezioni destinate a trattare tutte le questioni pertinenti».

B. Diritto italiano

16.

Il decreto del 12 luglio 2013 ( 5 ) ha vietato la coltivazione nel territorio nazionale di varietà di mais MON 810 provenienti da sementi geneticamente modificate, fino all’adozione di misure comunitarie di cui all’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento di cui sopra e comunque non oltre diciotto mesi dalla data del presente provvedimento. Il divieto è stato ulteriormente prorogato dal decreto del 22 gennaio 2015 ( 6 ).

17.

L’articolo 4, paragrafo 8, del decreto legge del 24 giugno 2014 ( 7 ) dispone quanto segue:

«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque viola i divieti di coltivazione introdotti con atti adottati, anche in via cautelare, ai sensi degli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, è punito con la multa da EUR 25000 a EUR 50000. L’autore del delitto di cui al presente comma è tenuto altresì a rimuovere, a propria cura e spese, secondo le prescrizioni del competente organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, le coltivazioni di sementi vietate ed alla realizzazione delle misure di riparazione primaria e compensativa nei termini e con le modalità definiti dalla regione competente per territorio».

III. Controversia di cui al procedimento principale e questioni pregiudiziali

18.

Con decisione del 22 aprile 1998 ( 8 ), la Commissione europea autorizzava l’immissione in commercio di mais geneticamente modificato MON 810. In tale decisione la Commissione richiamava il parere emesso il 10 febbraio 1998 dal comitato scientifico, il quale affermava che non vi erano motivi per ritenere che l’immissione in commercio del suddetto prodotto avrebbe avuto effetti pregiudizievoli per la salute umana o per l’ambiente.

19.

Con lettera dell’11 aprile 2013, il governo italiano chiedeva alla Commissione di adottare misure urgenti a norma dell’articolo 53 del regolamento n. 178/2002, al fine di vietare la coltivazione di mais geneticamente modificato MON 810. A fondamento della sua richiesta, il governo italiano presentava studi scientifici realizzati dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (in prosieguo: il «CRA») e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (in prosieguo: l’«ISPRA»).

20.

Il 17 maggio 2013 la Commissione rispondeva al governo italiano affermando che, sulla base della propria valutazione preliminare, non era stata accertata alcuna necessità urgente di adottare misure in forza degli articoli 53 e 54 del regolamento n. 178/2002.

21.

Tuttavia, per procedere a un’analisi più approfondita delle prove scientifiche fornite dall’Italia, la Commissione indicava anche che avrebbe chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (in prosieguo: l’«EFSA») di valutare tali prove prodotte dall’Italia. Il 29 maggio 2013 la Commissione chiedeva all’EFSA di valutare i suddetti elementi di prova.

22.

Il 24 settembre 2013 l’EFSA emetteva il parere scientifico n. 3371, nel quale concludeva che «[n]ella documentazione fornita dall’Italia a supporto delle correnti misure di emergenza sul mais MON 810, il gruppo di lavoro sugli OGM dell’EFSA non identificava alcuna nuova evidenza basata sulla scienza a supporto delle notificate misure di emergenza e che invalidassero le sue antecedenti conclusioni sulla sicurezza del MON 810 (EFSA, 2009, 2011 a, b, 2012 a, b, c, d). Pertanto, il gruppo di lavoro sugli OGM dell’EFSA considera che le sue precedenti conclusioni sulla valutazione del rischio relativa al mais MON 810, cosi come le sue precedenti raccomandazioni sulla riduzione del rischio e sul piano di monitoraggio, rimangono valide e applicabili (…)».

23.

Nel frattempo, anche se la Commissione aveva dichiarato che non era emersa alcuna necessità urgente di adottare misure di emergenza, il governo italiano aveva adottato, sulla base dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003, in combinato disposto con l’articolo 54 del regolamento n. 178/2002, il decreto del 12 luglio 2013 che vieta la coltivazione di varietà di mais geneticamente modificato MON 810.

24.

A seguito dell’adozione della misura italiana, la Commissione non ha riunito il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali a norma degli articoli 54, paragrafo 2, e 58, paragrafo 1, del regolamento n. 178/2002. La Commissione ha lasciato l’autorizzazione del MON 810 invariata.

25.

Il sig. Fidenato e altri venivano processati dinanzi al Tribunale di Udine (Italia) per aver coltivato mais geneticamente modificato MON 810 in violazione del succitato decreto. A carico dei ricorrenti veniva emesso un decreto penale di condanna per violazione dell’articolo 4, paragrafo 8, del decreto legge n. 91/2014.

26.

Il sig. Fidenato e altri presentavano opposizione avverso il decreto penale di condanna, sostenendo l’illegittimità del decreto in quanto emesso in violazione dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 e degli articoli 53 e 54 del regolamento n. 178/2002.

27.

Con ordinanza del 10 dicembre 2015, il Tribunale di Udine (Italia) ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«a)

se, ai sensi del 1o comma dell’[articolo 54] del [regolamento] n. 178/2002, la Commissione è obbligata[,] qualora venga sollecitata da uno Stato membro, anche se valuta che non sussistano, per determinati alimenti o mangimi, motivi di rischio grave e manifesto per la salute umana, animale e dell’ambiente, ad adottare delle misure di emergenza ai sensi dell’[articolo] 53 del [regolamento] n. 178/2002;

b)

se, qualora la Commissione comunichi allo Stato membro sollecitante la sua valutazione contraria alle richieste dello stesso, valutazione che concettualmente inibisce la necessità di adottare misure di emergenza e per tale motivo non adotta le misure di emergenza ai sensi dell’[articolo] 34 del [regolamento] n. 1829/2003 richieste dallo stesso Stato membro, lo Stato membro sollecitante è autorizzato, ai sensi dell’[articolo] 53 del regolamento n.°178/2002, ad adottare misure di emergenza provvisorie;

c)

se considerazioni legate al principio di precauzione che esulino da parametri di rischio grave e manifesto per la salute dell’uomo, animale o per l’ambiente nell’utilizzo di un alimento o mangime, possano giustificare l’adozione di misure di emergenza provvisorie da parte di uno Stato membro ai sensi dell’[articolo] 34 del [regolamento] CE n.°1829/2003;

d)

se è chiaro e manifesto che la Commissione europea ha valutato che non esistono le condizioni sostanziali per adottare misure di emergenza per un alimento o un mangime, confermate poi in seguito da Opinione scientifica dell’EFSA, e tali valutazioni sono state trasmesse allo Stato membro sollecitante in forma scritta, lo Stato membro può continuare a mantenere vigenti le sue misure provvisorie di emergenza e/o rinnovare la vigenza di tali misure di emergenza provvisorie, qualora sia esaurito il periodo provvisorio per cui erano state poste».

28.

I governi greco e italiano e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Il sig. Fidenato, il governo italiano e la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 9 febbraio 2017.

IV. Analisi

29.

In linea con quanto richiesto dalla Corte, le presenti conclusioni si concentrano sulla terza questione sollevata dal giudice nazionale. Con detta questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se, sulla base del principio di precauzione, sia possibile adottare misure d’emergenza per rischi non espressamente previsti dall’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003. In altri termini, il giudice nazionale s’interroga in merito al rapporto tra il principio di precauzione e le misure d’emergenza ai sensi dell’articolo 34: il principio di precauzione potrebbe modificare o ampliare le condizioni attinenti a un rischio grave e manifesto come previste dall’articolo 34?

30.

Risponderei a tale questione, sinteticamente, con un «no». La risposta più dettagliata fornita nelle presenti conclusioni è così strutturata: descriverò in primo luogo il principio di precauzione in termini generali e come sancito dall’articolo 7 del regolamento n. 178/2002 (Sezione 1). Analizzerò in secondo luogo l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 (Sezione 2). In terzo luogo, esaminerò il rapporto tra l’articolo 34 e il principio di precauzione e spiegherò perché, a mio avviso, quest’ultimo possa soltanto orientare l’interpretazione del primo senza estenderne l’ambito di applicazione (Sezione 3). Concluderò esaminando i potenziali effetti della direttiva 2015/412 ( 9 ) (Sezione 4).

1.  Il principio di precauzione

31.

Il principio di precauzione riflette la virtù della prudenza in una società sempre più spesso descritta come «società del rischio» ( 10 ). Una società di questo tipo è caratterizzata da rischi non chiaramente identificati derivanti dalle nuove tecnologie e, più in generale, da un progresso scientifico rapido. In questo tipo di società, le autorità pubbliche potrebbero voler fare affidamento su una «regola di condotta in caso di incertezza sulla presenza di pericoli» ( 11 ) che potrebbe tradursi anche in un obbligo di astenersi dall’agire in capo alle imprese responsabili. Il principio di precauzione sembra esprimere tale regola.

32.

Il principio di precauzione giustifica le azioni preventive al fine di scongiurare rischi che non sono stati ancora pienamente identificati o compresi in ragione di una situazione di incertezza sul piano scientifico. Definito in maniera tanto ampia, il principio in parola potrebbe essere interpretato nel senso di ricomprendere una vasta gamma di rischi per svariati interessi che spaziano dall’ambiente, alla salute, alla sicurezza pubblica, alla giustizia sociale e forse persino alla morale. Tuttavia, qualora dovesse imporsi questa percezione così ampia, la difficoltà consisterebbe poi nel determinare il punto in cui tracciare il limite, in modo tale che il principio di precauzione non diventi una sorta di incantesimo universale con l’effetto di bloccare l’innovazione. Per definizione, l’innovazione implica un elemento di novità rispetto alle conoscenze preesistenti.

33.

Nel diritto dell’Unione, il principio di precauzione sembra tuttavia essere interpretato in maniera più restrittiva ( 12 ).

34.

Nel diritto primario, il principio di precauzione può essere rinvenuto nell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE. Quest’ultima disposizione trova tuttavia applicazione soltanto nell’ambito della politica dell’Unione in materia ambientale. Nel diritto derivato, sono prese in considerazione anche altre politiche come, segnatamente, quella sanitaria. Con riferimento agli organismi geneticamente modificati (OGM) in particolare, la direttiva 2001/18 ( 13 ) e il regolamento n. 1829/2003 stabiliscono un quadro giuridico completo per la loro autorizzazione. Il regolamento n. 1829/2003 non menziona nel proprio testo il principio di precauzione. La direttiva 2001/18 invece lo richiama più volte, senza però definirlo esplicitamente ( 14 ).

35.

Nel settore della legislazione alimentare il principio di precauzione è definito (a livello legislativo) nell’articolo 7 del regolamento n. 178/2002. Si potrebbe considerare che tale definizione contiene quattro elementi: il tipo di interesse tutelato (i), il livello di (in)certezza presente (ii), il carattere proporzionato della misura (iii), e il carattere provvisorio della misura adottata sulla base della valutazione del rischio.

36.

In primo luogo, l’articolo 7 del regolamento n. 178/2002 specifica soltanto un interesse che può far scattare l’applicazione del principio di precauzione: la salute. Nessun altro interesse può pertanto giustificare l’adozione di misure in forza dell’articolo 7. Tale ambito d’applicazione restrittivo può essere inteso come logicamente collegato all’obiettivo generale del regolamento n. 178/2002, che consiste nel garantire un livello elevato di tutela della vita e della salute umana ( 15 ).

37.

In secondo luogo, per quanto attiene al grado di incertezza richiesto per adottare misure sulla base del principio di precauzione, il rischio non può essere validamente motivato con un approccio puramente ipotetico, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente ( 16 ). Come dichiarato dalla Corte, «un’applicazione corretta del principio di precauzione presuppone, in primo luogo, l’individuazione delle conseguenze potenzialmente negative per la salute delle sostanze o degli alimenti interessati e, in secondo luogo, una valutazione complessiva del rischio per la salute basata sui dati scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale» ( 17 ).

38.

Inoltre, «ove risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive» ( 18 ).

39.

L’adozione di misure sulla base dell’articolo 7 del regolamento n. 178/2002 è quindi subordinata all’effettuazione di una valutazione di tutte le informazioni disponibili in quel momento, come previsto dall’articolo 6 del regolamento in parola ( 19 ). Tale valutazione deve aver rivelato incertezze scientifiche quanto ai possibili effetti dannosi per la salute di un alimento ( 20 ).

40.

In terzo luogo, una misura adottata sulla base del principio di precauzione, come previsto dall’articolo 7, deve essere proporzionata ( 21 ). In linea con quanto dichiarato dalla Corte, una siffatta misura deve «prevedere le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nell’Unione, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti ritenuti legittimi in funzione delle circostanze di cui trattasi» ( 22 ). Occorre trovare un equilibrio tra il livello elevato di tutela della salute e il funzionamento efficace del mercato interno.

41.

Infine, la misura di gestione del rischio deve essere provvisoria. Tale carattere è intrinseco al principio di precauzione posto che l’incertezza è inscindibile dalla nozione di precauzione ( 23 ). Venuta meno la situazione di incertezza scientifica, il principio di precauzione non può più giustificare le misure preventive salvo che emergano eventualmente nuove informazioni in merito all’esistenza di un rischio.

42.

Dai suddetti quattro diversi elementi consegue che, ove risulti che una valutazione del rischio, che è stata il più possibile completa, non poteva escludere l’esistenza di un rischio per la salute, è possibile adottare una misura di gestione del rischio che sia proporzionata e provvisoria, nonostante il fatto che il livello delle conoscenze scientifiche non permetta ancora di giungere a una conclusione certa in merito alla probabilità di effetti nocivi.

2.  Articolo 34 del regolamento n. 1829/2003

43.

A norma dell’articolo 34, «[q]uando sia manifesto che prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente (…) sono adottate misure conformemente alle procedure previste agli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002».

44.

L’adozione di misure di emergenza in forza dell’articolo 34 è soggetta a varie condizioni sostanziali e procedurali.

45.

In primo luogo, gli interessi che possono essere perseguiti attraverso l’adozione di misure ai sensi dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 non sono limitati alla salute (umana). Essi comprendono anche la salute animale e l’ambiente. Anche in questo caso, l’inclusione della protezione della salute animale e dell’ambiente corrisponde logicamente all’obiettivo generale del regolamento ( 24 ).

46.

In secondo luogo, il grado di certezza rispetto alla concretizzazione del presunto rischio è relativamente elevato: deve essere «manifesto» che il prodotto di cui trattasi «[può] comportare un grave rischio». Nella sentenza Monsanto, la Corte ha dichiarato che «le espressioni “[in modo] manifesto” e “grave rischio” devono essere intese come atte a riferirsi a un serio rischio che ponga a repentaglio in modo manifesto la salute umana, la salute degli animali o l’ambiente. Questo rischio deve essere constatato sulla base di nuovi elementi fondati su dati scientifici attendibili» ( 25 ). La Corte ha proseguito concludendo che «ai fini dell’adozione di misure urgenti, l’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 impone agli Stati membri di dimostrare, oltre all’urgenza, l’esistenza di una situazione in grado di comportare un rischio che ponga a repentaglio in modo manifesto la salute umana, la salute degli animali o l’ambiente» ( 26 ).

47.

In terzo luogo, facendo riferimento agli articoli 53 e 54 del regolamento n. 178/2002, l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 pone anche una serie di condizioni procedurali per la sua applicazione. Esse non sono tuttavia importanti ai fini della risposta alla terza questione sollevata dal giudice del rinvio, che riguarda il grado di (in)certezza richiesto e gli interessi protetti. È tuttavia chiaro che le misure che possono essere adottate dagli Stati membri o dalla Commissione sono, per loro stessa natura, misure provvisorie e limitate nel tempo.

48.

Dall’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003, letto in combinato disposto con gli articoli 53 e 54 del regolamento n. 178/2002, discende pertanto che gli Stati membri possono adottare misure cautelari provvisorie quando da nuove informazioni scientifiche risulta manifestamente che un prodotto che è già stato autorizzato presenta un rischio significativo che mette chiaramente in pericolo la salute umana, la salute animale o l’ambiente.

3.  Rapporto tra l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 e il principio di precauzione

49.

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se misure d’emergenza possano essere adottate anche sulla base di rischi non espressamente previsti dall’articolo 34. Tale questione si riferisce essenzialmente alle prime due condizioni individuate nelle sezioni precedenti, vale a dire la natura degli interessi protetti e il grado di (in)certezza richiesto per adottare tali misure. Come emerge dalle due sezioni precedenti, l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 e il principio di precauzione, come rappresentato nell’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, differiscono in questi due aspetti.

50.

Nelle sue osservazioni presentate alla Corte, la Commissione non ritiene che il principio di precauzione possa ampliare l’ambito di applicazione dell’articolo 34. La Commissione sostiene che le misure provvisorie devono essere giustificate sulla base di un rischio grave e manifesto per la salute e l’ambiente, come risulta dall’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003. Una siffatta misura provvisoria è legittima se giustificata dall’urgenza e anche da una valutazione del rischio che sia la più completa possibile, che dimostri l’esistenza di un rischio grave ed evidente idoneo a porre a repentaglio in modo manifesto la salute e l’ambiente. Tale rischio dovrebbe essere constatato sulla base di dati scientifici attendibili che dimostrino che tale misura è necessaria in assenza dell’adozione a livello dell’Unione di un provvedimento ai sensi dell’articolo 53 del regolamento n. 178/2002.

51.

Il governo italiano concorda che le misure provvisorie ai sensi dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 devono basarsi sull’esistenza di rischi per la salute umana, animale o per l’ambiente. Ma ciò non esclude che, in forza del principio di precauzione, possano adottarsi dagli Stati membri misure di emergenza ai sensi dell’articolo 54 del regolamento n. 178/2002, anche nei casi in cui la Commissione non ha ravvisato siffatti rischi.

52.

Il governo greco afferma che l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 autorizza gli Stati membri ad adottare misure di emergenza per ragioni connesse al principio di precauzione, ma che non soddisfano necessariamente i criteri del rischio grave e manifesto per la salute o l’ambiente. L’analisi del rischio può tener conto anche della natura dei prodotti, dell’incertezza scientifica quanto agli effetti di detti prodotti sulla salute umana e animale o sull’ambiente, dei particolari metodi di produzione o coltivazione adottati dagli Stati membri, delle condizioni geografiche, naturali e climatiche, e di ogni altro parametro che possa incidere sul grado di pericolosità del prodotto.

53.

A mio avviso, gli Stati membri possono adottare misure di emergenza provvisorie se, e solo se, sono soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 34. Sebbene il principio di precauzione, come enunciato all’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, possa essere invocato come strumento interpretativo nel contesto di un prodotto oggetto del regolamento n. 1829/2003, esso non può, a mio parere, essere impiegato per ampliare (o di fatto riscrivere) il testo dell’articolo 34.

54.

Nelle sezioni seguenti spiegherò perché il principio di precauzione, come sancito dall’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, sia rilevante ai fini dell’interpretazione dell’articolo 34 (a), prima di dimostrare che, nel caso di specie, il suo ruolo resta in effetti interpretativo (b).

a)  Il principio di precauzione quale principio generale della legislazione alimentare

55.

In termini generali, il principio di precauzione sancito dall’articolo 7 del regolamento n. 178/2002 può fornire indicazioni ai fini dell’interpretazione dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003. Lo stesso principio potrebbe anche potenzialmente essere invocato in caso di incertezza interpretativa relativamente ad altre disposizioni del regolamento n. 1829/2003. Ciò discende dal rapporto sistematico tra i due regolamenti, espressamente confermato anche dall’articolo 1 del regolamento n. 1829/2003.

56.

A livello sistematico, come indicano i loro stessi titoli, il regolamento n. 178/2002 stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare. Il regolamento n. 1829/2003 disciplina il settore specifico degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati. Così, salvo ove espressamente escluso, il primo è potenzialmente applicabile a tutti i settori attinenti all’alimento, vale a dire a «qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani» ( 27 ). La definizione in parola comprende logicamente anche gli alimenti contenenti OGM, costituiti da OGM o ottenuti a partire da OGM, gli alimenti geneticamente modificati, che sono un sottogruppo specifico della categoria più generale di «alimenti» ( 28 ).

57.

All’interno della struttura della normativa generale applicabile all’intero settore della legislazione alimentare, con i suoi «principi generali della legislazione alimentare» (sezione 1 del capo II del regolamento 178/2002), l’applicazione generale del principio di precauzione equivale a un’«applicabilità generale al quadrato». Inoltre, viene espressamente evidenziato il suo carattere orizzontale, dato che esso è trasversale all’intero settore.

58.

Inoltre, al di là delle considerazioni generali di carattere sistematico, l’applicabilità dei «principi generali della legislazione alimentare» è confermata espressamente anche dall’articolo 1 del regolamento n. 1829/2003. Tale disposizione indica chiaramente che l’obiettivo del suddetto regolamento deve essere interpretato conformemente ai principi generali stabiliti dal regolamento n. 178/2002. È lecito presumere che i «principi generali della legislazione alimentare» possano essere inclusi nel novero dei principi generali del regolamento n. 178/2002.

59.

Di conseguenza, i principi generali della legislazione alimentare, elencati nella sezione 1 del capo II del regolamento n. 178/2002 e che comprendono il principio di precauzione, sono applicabili agli alimenti geneticamente modificati.

b)  Il valore interpretativo del principio di precauzione

60.

Il fatto, tuttavia, che il principio di precauzione, come sancito dall’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, si applichi in maniera orizzontale o intersettoriale a tutta la legislazione alimentare non significa certamente che gli Stati membri possono agire direttamente sulla sua base, a prescindere da condizioni o procedure chiaramente ed esplicitamente previste dal diritto derivato pertinente.

61.

L’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 può essere visto come una concreta espressione del principio di precauzione nello specifico contesto degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati nell’ambito di una situazione di urgenza.

62.

La Corte ha già dichiarato, con riferimento alla clausola di salvaguardia contenuta nell’articolo 12 del regolamento n. 258/97 sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari ( 29 ), che la «clausola di salvaguardia dev’essere intesa nel senso che rappresenta una specifica applicazione del principio di precauzione (…) [cosicché] i presupposti applicativi di tale clausola devono essere interpretati tenendo debitamente conto di tale principio» ( 30 ).

63.

L’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003, nel contesto di detto regolamento, è simile sotto il profilo funzionale all’articolo 12 del regolamento n. 258/97. L’articolo 34 può inoltre essere comparato anche a un’altra clausola di salvaguardia prevista nel settore specifico degli OGM, vale a dire quella contenuta nella direttiva 2001/18 ( 31 ). Nonostante le lievi differenze nella formulazione, l’articolo 23 della direttiva 2001/18 e l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 sono comparabili, in quanto entrambi autorizzano gli Stati membri ad adottare misure restrittive quando informazioni nuove o conoscenze scientifiche supplementari indicano che un OGM presenta un rischio per la salute umana o per l’ambiente ( 32 ).

64.

Il fatto che l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 costituisca l’espressione concreta del principio di precauzione nello specifico contesto da esso disciplinato non priva l’articolo 7 del regolamento n. 178/2002 del suo valore interpretativo. Infatti, come statuito dalla Corte nella sentenza Monsanto, le condizioni previste all’articolo 34 «devono essere interpretate tenendo in considerazione la formulazione di tale disposizione, ma altresì le finalità del regolamento n. 1829/2003 nonché il principio di precauzione, allo scopo di garantire un elevato livello di tutela della vita e della salute umana, assicurando al contempo la libera circolazione di alimenti e di mangimi sicuri e sani, che costituisce un aspetto essenziale del mercato interno» ( 33 ).

65.

Il principio di precauzione è quindi rilevante ai fini dell’interpretazione dell’articolo 34. Tuttavia, a mio parere, tale ruolo è circoscritto alla risoluzione di potenziali incertezze o indeterminatezze interpretative. L’interpretazione non può tuttavia estendersi al punto di voler riformulare condizioni fissate in maniera chiara.

66.

Non condivido pertanto l’argomento del governo italiano secondo cui, essenzialmente, l’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, in quanto espressione del principio di precauzione nell’ambito della legislazione alimentare, potrebbe essere impiegato per allentare le condizioni fissate dall’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003.

67.

Occorre anzitutto sottolineare che un allentamento delle condizioni avrebbe un carattere in un certo qual modo selettivo. Per quanto attiene all’interesse protetto, osservo che l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 menziona sia la salute degli animali sia l’ambiente quali valori sulla base dei quali è possibile adottare misure d’emergenza. Per contro, l’articolo 7 del regolamento n. 178/2002 fa riferimento unicamente alla salute (pubblica, vale a dire umana). In termini di natura degli interessi protetti, l’articolo 34 ha quindi, in effetti, una portata più ampia. Pertanto, ove si condividesse l’argomento addotto dal governo italiano, un certo numero di obiettivi possibilmente perseguiti con le misure d’emergenza relative alla salute degli animali e alla tutela dell’ambiente potrebbero divenire potenzialmente illegittimi.

68.

Non credo che il governo italiano voglia seguire questa direzione. Ritengo che l’argomento principale del governo italiano si riferisca piuttosto al grado di (in)certezza richiesto per adottare misure di emergenza. Infatti, la soglia fissata dall’articolo 7 (ossia, la possibilità di effetti dannosi viene individuata, ma permane una situazione d’incertezza sul piano scientifico) è nettamente più bassa di quella dell’articolo 34 (è manifesto che il prodotto può comportare un rischio grave). L’articolo 7 del regolamento n. 178/2002 potrebbe quindi essere invocato per ridurre di fatto il grado di incertezza richiesto per adottare misure di emergenza.

69.

A mio avviso, ciò non è possibile per almeno tre ragioni, oltre a quelle di carattere sistematico già sviluppate. Si tratta della legalità, dell’uniformità e del contesto procedurale diverso in cui le due disposizioni operano.

70.

In primo luogo, l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 ha fissato le condizioni che devono essere soddisfatte per adottare misure d’emergenza. Il principio di legalità esige che le autorità pubbliche agiscano, a livello sia dell’Unione sia degli Stati membri in sede di attuazione del diritto dell’Unione, esclusivamente nei limiti di quanto stabilito, senza che siano autorizzate a modificare tali condizioni. Il principio di legalità assume ancora maggior rilievo quando, sulla base di un’interpretazione forse generosa delle disposizioni del diritto dell’Unione, gli Stati membri iniziano a infliggere sanzioni penali.

71.

In secondo luogo, l’articolo 34 è una disposizione di un regolamento. Esso deve pertanto essere interpretato in maniera uniforme, a prescindere dall’autore della misura d’emergenza, dalle circostanze o dallo Stato membro interessato. Il suddetto requisito di uniformità deriva non soltanto dalla natura stessa di un regolamento, ma anche dal particolare obiettivo del regolamento n. 1829/2003.

72.

In termini generali, un regolamento non accorda un margine discrezionale più ampio di quello che deriva dall’interpretazione autorizzata delle sue disposizioni nei limiti del suo testo. Allo stato attuale, le condizioni di un rischio manifesto e grave sono chiaramente fissate. Possono di certo sussistere dubbi in merito alla loro applicazione in un caso concreto, come accade rispetto a qualsiasi nozione giuridica indeterminata. Ciò è tuttavia ben diverso dal modificare del tutto dette disposizioni.

73.

Per quanto attiene, nello specifico, al regolamento n. 1829/2003, è evidente che la sua applicazione uniforme è di grande importanza per soddisfare l’obiettivo da esso perseguito: fornire la base per garantire un elevato livello di tutela della vita e della salute umana, della salute e del benessere degli animali, dell’ambiente e degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti e mangimi geneticamente modificati ( 34 ).

74.

Infine, la differenza testuale rispetto al grado di (in)certezza richiesto perché trovi applicazione l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003, da una parte, e l’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, dall’altra, è pienamente giustificata dalla differenza nell’attuazione procedurale e sistematica di queste due disposizioni.

75.

Come già indicato supra, ai paragrafi da 55 a 59 delle presenti conclusioni, l’articolo 7 si applica in maniera generale all’intero settore della legislazione alimentare, nonché ai prodotti che non sono mai stati assoggettati a una procedura di autorizzazione. Tale circostanza si traduce in un grado medio di (in)certezza richiesto per giustificare l’adozione di misure provvisorie: sono state esaminate tutte le informazioni scientifiche attualmente disponibili, ma persistono incertezze.

76.

Di contro, i prodotti cui si applica l’articolo 34 sono già «prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso». La procedura di autorizzazione è l’aspetto centrale del regolamento n. 1829/2003 ( 35 ). Come dichiarato dalla Corte, «il principio di precauzione va (…) tenuto presente nell’ambito di una siffatta procedura di decisione» ( 36 ). Nessun OGM destinato ad essere impiegato per alimenti o mangimi, e nessun alimento o mangime contenente OGM, costituito da OGM o prodotto a partire da OGM è autorizzato senza che il richiedente l’autorizzazione abbia dimostrato, in modo adeguato e sufficiente, che esso non ha effetti nocivi sulla salute umana, la salute degli animali o l’ambiente ( 37 ). I prodotti cui si riferisce l’articolo 34 sono quindi già stati oggetto di una valutazione scientifica completa con il coinvolgimento dell’EFSA, prima di essere immessi in commercio ( 38 ).

77.

Di conseguenza, l’articolo 34 e la soglia più elevata rispetto al grado di (in)certezza ivi contenuta devono essere letti in relazione e a fronte della procedura di autorizzazione obbligatoria prevista per gli OGM. Posto che una valutazione scientifica completa ha già avuto luogo, l’articolo 34 può essere applicato solo se è manifesto che sussiste un rischio grave. Per adottare misure di emergenza sulla base dell’articolo 34 deve pertanto essere soddisfatto un livello di prova superiore riferito, di norma, a rischi nuovi che non sono stati precedentemente esaminati o valutati nel contesto dalla procedura di autorizzazione. È anche alquanto chiaro che l’articolo 34 non dovrebbe essere utilizzato in modo da aggirare l’autorizzazione o disattendere la valutazione scientifica che è stata realizzata in tale fase.

78.

In sintesi, l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 rappresenta un’espressione specifica del principio di precauzione nel particolare contesto degli OGM e con riferimento alle misure d’emergenza in tale medesimo contesto. Tale duplice specificità giustifica le differenze nella sua formulazione, in particolare rispetto al grado di (in)certezza scientifica richiesta. Sebbene il principio di precauzione, come sancito dall’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, rimanga un principio generale della legislazione alimentare che si applica anche al sottosettore degli alimenti geneticamente modificati, tale principio non modifica le condizioni chiaramente fissate dall’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003.

4.  Considerazioni finali sulla direttiva 2015/412

79.

Nelle sue osservazioni scritte il governo italiano ha ricordato che gli Stati membri possono, a norma della direttiva 2015/412, che modifica la direttiva 2001/18, vietare o limitare la coltivazione di OMG per motivi diversi da quelli sanitari e ambientali. Esso afferma che la Commissione, ai sensi di detta direttiva e su richiesta degli Stati membri, ha vietato con una decisione del 3 marzo 2016 la coltivazione di mais geneticamente modificato MON 810 nel territorio di 19 Stati membri, compresa l’Italia.

80.

Il governo italiano sottolinea che, benché l’effetto del divieto adottato dalla Commissione e di quello del decreto nazionale del 12 luglio 2013 sia, a tutti i fini pratici, identico (il divieto di coltivazione del MON 810), le basi giuridiche di questi due divieti sono completamente diverse.

81.

Concordo con questa tesi.

82.

È evidente che la direttiva 2015/412 ha modificato considerevolmente l’intero quadro normativo di riferimento per gli OGM nell’Unione. Ciò non significa tuttavia che essa modifichi anche l’ambito di applicazione dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 ai fini della presente causa, e ciò, in particolare, per due ragioni.

83.

In primo luogo, la direttiva 2015/412 non è manifestamente applicabile ratione temporis alla presente causa. Essa è entrata in vigore soltanto nell’aprile 2015. Il divieto italiano risale a luglio 2013. L’azione per la quale sono stati condannati il sig. Fidenato e altri, la coltura del MON 810, è stata posta in essere, a quanto risulta, nel 2014.

84.

In secondo luogo, è vero che la direttiva 2015/412 ha previsto una serie di motivi – quali l’assetto territoriale urbano, la destinazione dei suoli, gli obiettivi di politica agricola o gli impatti socio-economici – per il cui conseguimento gli Stati membri possono adottare misure restrittive. Tuttavia, tali motivi sono chiaramente limitati al contesto procedurale della direttiva in parola. Essi non possono essere invocati, vuoi sulla base di tale direttiva, vuoi in nome di una nozione omnicomprensiva del principio di precauzione, per giustificare l’effettivo superamento della formulazione dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003. Un tale approccio contrasterebbe con il tenore letterale chiaro della suddetta disposizione e con il principio di legalità sopra descritto.

85.

Pertanto, la direttiva 2015/412 non è pertinente ai fini dell’interpretazione dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 nel contesto della presente causa.

V. Conclusione

86.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di giustizia di rispondere alla terza questione posta dal Tribunale di Udine (Italia) come segue:

L’articolo 34 del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, interpretato alla luce del principio di precauzione, autorizza gli Stati membri ad adottare misure di emergenza se, e solo se, essi sono in grado di dimostrare, oltre all’urgenza, l’esistenza di una situazione che possa comportare un rischio manifesto e grave per la salute umana, la salute degli animali o l’ambiente. Il principio di precauzione non modifica tuttavia i criteri elencati nell’articolo 34 di tale regolamento.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU 2003, L 268, pag. 1).

( 3 ) Sentenza dell’8 settembre 2011, Monsanto e a. (da C‑58/10 a C‑68/10, EU:C:2011:553).

( 4 ) Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1).

( 5 ) Decreto del 12 luglio 2013. Adozione delle misure d’urgenza ai sensi dell’art. 54 del regolamento (CE) n. 178/2002 concernente la coltivazione di varietà di mais geneticamente modificato MON 810 (GURI n. 187 del 10 agosto 2013).

( 6 ) Decreto del 22 gennaio 2015 (GURI n. 33 del 10 febbraio 2015).

( 7 ) Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea. Decreto legge convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n.°116 (GURI n. 192 del 20 agosto 2014, Supplemento Ordinario n. 72).

( 8 ) Decisione della Commissione, del 22 aprile 1998, concernente l’immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea MON 810) a norma della direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU 1998, L 131, pag. 32).

( 9 ) Direttiva (UE) 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (GU 2015, L 68, pag. 1).

( 10 ) V. Beck, U., Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne, Suhrkamp, 1986.

( 11 ) Conclusioni dell’avvocato generale Alber nella causa Monsanto Agricoltura Italia e a. (C‑236/01, EU:C:2003:155, paragrafo 108).

( 12 ) V., per una panoramica generale, la comunicazione della Commissione sul principio di precauzione [COM (2000) 1 definitivo]. Per una presentazione dell’interpretazione giurisdizionale del principio, v. José Luís da Cruz Vilaça, «The Precautionary Principle in EC Law», EU Law and Integration: Twenty Years of Judicial Application of EU Law, Hart Publishing, 2014, pagg. da 321 a 354.

( 13 ) Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU 2001, L 106, pag. 1).

( 14 ) Il considerando 8 della direttiva 2001/18 indica, ad esempio, che «[n]ell’elaborazione della presente direttiva è stato tenuto conto del principio precauzionale e di esso va tenuto conto nell’attuazione della stessa». L’articolo 1 ha il seguente tenore: «Nel rispetto del principio precauzionale, la presente direttiva mira al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute umana e dell’ambiente (…)». Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 1, dispone che «[g]li Stati membri, nel rispetto del principio precauzionale, provvedono affinché siano adottate tutte le misure atte ad evitare effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente (…)».

( 15 ) V. considerando 2 del regolamento n. 178/2002.

( 16 ) Sentenza dell’8 settembre 2011, Monsanto e a. (da C‑58/10 a C‑68/10, EU:C:2011:553, punto 77).

( 17 ) V. sentenze del 9 settembre 2003, Monsanto Agricoltura Italia e a. (C‑236/01, EU:C:2003:431, punto 113); del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia (C‑333/08, EU:C:2010:44, punto 92), e del 19 gennaio 2017, Queisser Pharma (C‑282/15, EU:C:2017:26, punto 56).

( 18 ) V. sentenze del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia (C‑333/08, EU:C:2010:44, punto 93); del 17 dicembre 2015, Neptune Distribution (C‑157/14, EU:C:2015:823, punti 8182); del 9 giugno 2016, Pesce e a. (C‑78/16 e C‑79/16, EU:C:2016:428, punto 47), e del 19 gennaio 2017, Queisser Pharma (C‑282/15, EU:C:2017:26, punto 57).

( 19 ) Sul necessario collegamento tra l’articolo 7 e l’articolo 6 del regolamento n. 178/2002, v. le mie conclusioni nella causa Queisser Pharma (C‑282/15, EU:C:2016:589, paragrafi da 48 a 51)

( 20 ) V. sentenza del 19 gennaio 2017, Queisser Pharma (C‑282/15, EU:C:2017:26, punto 57). V. anche le mie conclusioni relative a detta causa (C‑282/15, EU:C:2016:589, paragrafo 50).

( 21 ) V. sentenze del 17 ottobre 2013, Schaible (C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 29), e del 9 giugno 2016, Pesce e a. (C‑78/16 e C‑79/16, EU:C:2016:428, punto 48).

( 22 ) Sentenza del 19 gennaio 2017, Queisser Pharma (C‑282/15, EU:C:2017:26, punto 59).

( 23 ) Come dichiarato dalla Corte nelle sentenze del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia (C‑333/08, EU:C:2010:44, punto 91), e del 19 gennaio 2017, Queisser Pharma (C‑282/15, EU:C:2017:26, punto 60).

( 24 ) V. articolo 1, lettera a), del regolamento n. 1829/2003.

( 25 ) Sentenza dell’8 settembre 2011, Monsanto e a. (da C‑58/10 a C‑68/10, EU:C:2011:553, punto 76). Il corsivo è mio.

( 26 ) Ibid. punto 81. Il corsivo è mio.

( 27 ) Articolo 2 del regolamento n. 178/2002.

( 28 ) Per completezza, è chiaro che lo stesso ragionamento non si estende all’altro settore disciplinato dal regolamento n. 1829/2003, vale a dire i mangimi geneticamente modificati. Anche i mangimi sono tuttavia espressamente esclusi dall’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento n. 178/2002.

( 29 ) Regolamento (CE) n. 258/97 sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari (GU 1997, L 43, pag. 1).

( 30 ) V. sentenza del 9 settembre 2003, Monsanto Agricoltura Italia e a. (C‑236/01, EU:C:2003:431, punto 110).

( 31 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Monsanto e a. (da C‑58/10 a C‑68/10, EU:C:2011:170, paragrafi da 59 a 66).

( 32 ) Tale conclusione risulta implicitamente dalla risposta data dalla Corte alla terza questione nella sentenza dell’8 settembre 2011, Monsanto e a. (da C‑58/10 a C‑68/10, EU:C:2011:553, punti da 75 a 81).

( 33 ) Sentenza dell’8 settembre 2011, Monsanto e a. (da C‑58/10 a C‑68/10, EU:C:2011:553). Il corsivo è mio.

( 34 ) V. articolo 1 del regolamento n. 1829/2003.

( 35 ) V. articolo 1, lettera b), del regolamento n. 1829/2003.

( 36 ) V. sentenza del 26 maggio 2005, Codacons (C‑132/03; EU:C:2005:310; punto 63).

( 37 ) Articoli 4, paragrafo 1, e 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1829/2003.

( 38 ) V. considerando 9, articoli 6 e 18 del regolamento n. 1829/2003. V. anche, in base alla direttiva 2001/18, la valutazione del rischio ambientale che deve essere compiuta nell’ambito della procedura di autorizzazione (v. articoli 4, paragrafo 2, e 6, e allegato II di tale direttiva).

Top