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Document 62015CJ0648

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 12 settembre 2017.
Repubblica d'Austria contro Repubblica federale di Germania.
Articolo 273 TFUE – Controversia tra Stati membri sottoposta alla Corte in virtù di un compromesso – Fiscalità – Convenzione bilaterale diretta a evitare la doppia imposizione – Tassazione degli interessi derivanti da valori mobiliari – Nozione di “crediti con partecipazione agli utili”.
Causa C-648/15.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:664

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

12 settembre 2017 ( *1 )

«Articolo 273 TFUE – Controversia tra Stati membri sottoposta alla Corte in virtù di un compromesso – Fiscalità – Convenzione bilaterale diretta a evitare la doppia imposizione – Tassazione degli interessi derivanti da valori mobiliari – Nozione di “crediti con partecipazione agli utili”»

Nella causa C‑648/15,

avente ad oggetto un ricorso ai sensi dell’articolo 273 TFUE, proposto il 3 dicembre 2015,

Repubblica d’Austria, rappresentata da C. Pesendorfer, F. Koppensteiner e H. Jirousek, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata da T. Henze e J. Möller, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, T. von Danwitz e J.L. da Cruz Vilaça, presidenti di sezione, J. Malenovský, E. Levits, J.-C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev, C. Toader, C.G. Fernlund, C. Vajda, S. Rodin, F. Biltgen e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 dicembre 2016,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 aprile 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, la Repubblica d’Austria chiede alla Corte di pronunciarsi sulla controversia che la contrappone alla Repubblica federale di Germania in merito all’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 2, dell’Abkommen zwischen der Republik Österreich und der Bundesrepublik Deutschland zur Vermeidung der Doppelbesteuerung auf dem Gebiet der Steuern vom Einkommen und vom Vermögen (convenzione tra la Repubblica d’Austria e la Repubblica federale di Germania per la prevenzione della doppia imposizione in materia di imposta sui redditi e sul patrimonio), del 24 agosto 2000 (BGBl. III, 182/2002; in prosieguo: la «convenzione austro-tedesca»), nella parte in cui concerne la tassazione degli interessi derivanti da valori mobiliari (Genussscheine) emessi da una società con sede nel territorio della Repubblica federale di Germania e detenuti da una società con sede nel territorio della Repubblica d’Austria.

Contesto normativo

La convenzione di Vienna

2

L’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations Unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «convenzione di Vienna») così recita:

«Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo».

La convenzione austro-tedesca

3

L’articolo 3, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca così dispone:

«Ai fini dell’applicazione della [convenzione austro-tedesca] in un dato momento da parte di uno Stato contraente, qualsiasi espressione non definita nella convenzione ha, salvo che il contesto imponga diversamente, il significato che le attribuisce in quel dato momento il diritto di detto Stato relativo ai tributi ai quali si applica la convenzione, prevalendo il significato attribuito dal diritto tributario applicato in tale Stato su quello attribuito alla medesima espressione da altre branche del diritto del medesimo Stato».

4

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, di tale convenzione, i redditi sotto forma di interessi sono assoggettati a imposta nello Stato di residenza o di stabilimento del loro beneficiario. Il suddetto trattamento differisce da quello previsto all’articolo 10 della medesima convenzione per i redditi derivanti da dividendi, che sono in linea di principio assoggettati a imposta nello Stato da cui provengono.

5

L’articolo 11, paragrafo 2, della suddetta convenzione così dispone:

«I redditi derivanti da diritti o da crediti con partecipazione agli utili, ivi compresi i redditi percepiti da un socio tacito in forza della sua partecipazione come socio tacito (stiller Gesellchafter)o i redditi derivanti da prestiti partecipativi e da strumenti obbligazionari partecipativi, possono però essere assoggettati a imposta anche nello Stato contraente da cui provengono, secondo la normativa di detto Stato».

6

Al fine di evitare la doppia imposizione di siffatti redditi, i due Stati contraenti hanno optato per il sistema detto «dell’imputazione», definito all’articolo 23 della convenzione austro-tedesca, ai sensi del quale spetta allo Stato di residenza o di stabilimento del beneficiario degli interessi imputare, sull’importo dell’imposta da riscuotere sui redditi di tale beneficiario, un importo corrispondente all’imposta già prelevata dallo Stato della fonte.

7

L’articolo 25, paragrafo 1, della convenzione austro-tedesca prevede che chiunque si ritenga leso da una tassazione non conforme a tale convenzione può avviare una procedura di conciliazione tra le autorità competenti degli Stati contraenti.

8

A termini dell’articolo 25, paragrafo 5, della medesima convenzione:

«In caso di difficoltà o dubbi in merito all’interpretazione o all’applicazione della presente convenzione che non possano essere superati nell’ambito della procedura di conciliazione tra le autorità competenti organizzata in conformità dei precedenti paragrafi del presente articolo ed entro un termine di tre anni a partire dall’apertura della suddetta procedura, gli Stati contraenti sono tenuti, su istanza del soggetto di cui all’articolo 1, a sottoporre la controversia alla Corte di giustizia [dell’Unione europea] nell’ambito di una procedura arbitrale ai sensi dell’articolo [273 TFUE]».

9

L’articolo 30 della convenzione austro-tedesca precisa che il suo protocollo costituisce parte integrante della stessa.

10

Ai sensi del punto 16 del suddetto protocollo, le disposizioni della convenzione austro‑tedesca redatte conformemente al modello di convenzione fiscale in materia di reddito e patrimonio elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), hanno, di norma, lo stesso significato di quelle che figurano nelle note esplicative relative agli articoli di tale modello di convenzione. Il medesimo punto indica altresì che dette note esplicative costituiscono uno strumento di interpretazione della convenzione austro-tedesca ai sensi della convenzione di Vienna.

Fatti all’origine della controversia

11

Tra il 1996 e il 1998, la Bank Austria AG, società con sede nel territorio della Repubblica d’Austria ed ivi illimitatamente soggetta a imposta, ha acquistato titoli dalla Westdeutsche Landesbank Girozentrale Düsseldorf und Münster, divenuta successivamente Landesbank NRW, con sede nel territorio della Repubblica federale di Germania.

12

In base alle affermazioni della Repubblica d’Austria, non contestate dalla Repubblica federale di Germania, le condizioni di emissione dei suddetti titoli possono essere riassunte nei seguenti termini:

i titoli danno diritto a un versamento annuale, in una percentuale fissa del loro valore nominale;

se il versamento annuale può comportare una perdita contabile, il suo importo è proporzionalmente ridotto;

per tutta la loro durata, i titoli danno però diritto al pagamento di arretrati negli anni successivi, purché tale regolarizzazione non comporti una perdita contabile;

la liquidazione degli interessi e il pagamento degli arretrati hanno priorità rispetto alla costituzione di riserve e ai versamenti a favore dei garanti;

l’importo capitale messo a disposizione dell’emittente quale corrispettivo per i titoli è rimborsato al valore nominale di questi ultimi;

se il bilancio evidenzia una perdita, l’importo del rimborso spettante è tuttavia proporzionalmente ridotto. Anche in questo caso, la differenza rispetto al valore nominale del titolo è recuperata nel corso degli anni successivi, a condizione che ciò non comporti una perdita contabile;

i titoli non danno diritto a partecipare alla ripartizione dei proventi della liquidazione della società emittente, e

l’emittente ha diritto di recesso se i titoli non danno più luogo a deducibilità fiscale.

13

Pur essendo pacifica la qualificazione dei redditi derivanti dai titoli controversi come interessi ai sensi dell’articolo 11 della convenzione austro‑tedesca, e non come dividendi ai sensi dell’articolo 10 di quest’ultima, la Repubblica d’Austria e la Repubblica federale di Germania controvertono sulla questione se siffatti interessi rientrino nell’articolo 11, paragrafo 1, o nell’articolo 11, paragrafo 2, di tale convenzione. Più in particolare, la Repubblica d’Austria ritiene che i titoli controversi non comportino partecipazione agli utili ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della medesima convenzione, mentre la Repubblica federale di Germania sostiene il contrario.

14

Il suddetto contrasto nella qualificazione giuridica degli interessi percepiti dalla Bank Austria ha indotto entrambi gli Stati a rivendicare l’esclusiva potestà impositiva su tali interessi, con conseguente doppia imposizione a carico della suddetta società per gli esercizi fiscali compresi tra il 2003 e il 2009.

15

Conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, della convenzione austro‑tedesca, la Bank Austria ha chiesto l’apertura di una procedura di conciliazione dinanzi alle autorità austriache. Tale procedura è stata avviata dalla Repubblica d’Austria, ma si è conclusa infruttuosamente alla fine del 2011.

16

La Bank Austria ha pertanto chiesto alla Repubblica d’Austria di sottoporre la controversia alla Corte in forza dell’articolo 25, paragrafo 5, della convenzione austro‑tedesca.

Conclusioni delle parti

17

La Repubblica d’Austria chiede che la Corte voglia:

dichiarare che i titoli controversi non devono essere qualificati come crediti con partecipazione agli utili, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro‑tedesca, e che spetta quindi alla Repubblica d’Austria – in quanto Stato di residenza del beneficiario effettivo – l’esclusiva potestà impositiva sui relativi interessi;

dichiarare che la Repubblica federale di Germania deve pertanto astenersi dall’assoggettare a imposizione detti interessi e rimborsare l’imposta già riscossa a tale titolo, e

condannare la Repubblica federale di Germania alle spese.

18

La Repubblica federale di Germania chiede che la Corte voglia:

dichiarare che i titoli controversi devono essere qualificati come crediti con partecipazione agli utili, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro‑tedesca, e che spetta quindi alla Repubblica federale di Germania, in quanto Stato della fonte di detti redditi, l’esclusiva potestà impositiva sui relativi interessi;

dichiarare che la Repubblica d’Austria deve pertanto evitare la doppia imposizione di detti interessi e rimborsare l’imposta già riscossa a tale titolo, e

condannare la Repubblica d’Austria alle spese.

Sulla domanda di risoluzione della controversia

Sulla competenza della Corte

19

La Corte è adita sulla base dell’articolo 273 TFUE, ai sensi del quale essa può «conoscere di qualsiasi controversia tra Stati membri in connessione con l’oggetto dei trattati, quando tale controversia le venga sottoposta in virtù di un compromesso».

20

La suddetta disposizione subordina la competenza della Corte, da un lato, alla sussistenza di una controversia tra Stati membri, il che è fuor di dubbio nel caso di specie.

21

Infatti, la Repubblica d’Austria e la Repubblica federale di Germania rivendicano entrambe l’esclusiva potestà impositiva sui redditi relativi a esercizi fiscali nel corso dei quali i suddetti Stati erano membri dell’Unione europea. Tale duplice rivendicazione ha determinato, a carico del contribuente, una doppia imposizione contraria agli obiettivi della convenzione austro-tedesca, mediante la quale gli Stati contraenti hanno proprio inteso prevenire la doppia imposizione. Poiché la procedura di conciliazione prevista da detta convenzione è rimasta infruttuosa, non può che essere constatata la sussistenza di una controversia tra Stati membri ai sensi dell’articolo 273 TFUE.

22

La competenza della Corte è subordinata, dall’altro lato, alla connessione della controversia ad essa sottoposta con l’oggetto dei trattati.

23

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, dal confronto tra le diverse versioni linguistiche dell’articolo 273 TFUE si evince che il termine «connessione» dev’essere inteso come collegamento, e non come rapporto di identità.

24

La suddetta interpretazione è suffragata dal confronto con la possibilità, prevista all’articolo 259 TFUE, che uno Stato membro proponga ricorso per inadempimento nei confronti di un altro Stato membro quando reputi che quest’ultimo abbia mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati.

25

Il requisito della connessione stabilito all’articolo 273 TFUE è quindi soddisfatto allorché è accertato che la controversia sottoposta alla Corte presenta un collegamento oggettivamente individuabile con l’oggetto dei trattati.

26

È quanto avviene manifestamente nel caso di specie, tenuto conto del fatto che l’attenuazione delle doppie imposizioni incide positivamente sul funzionamento del mercato interno che l’Unione ha come obiettivo di instaurare in conformità dell’articolo 3, paragrafo 3, TUE e dell’articolo 26 TFUE. Infatti, come osservato in sostanza dalla Commissione europea nella sua comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, dell’11 novembre 2011, intitolata «La doppia imposizione nel mercato unico» [COM(2011) 712 definitivo], la conclusione tra due Stati membri di una convenzione per la prevenzione della doppia imposizione ha come obiettivo ed effetto l’eliminazione o l’attenuazione di talune conseguenze dell’esercizio non coordinato della loro potestà impositiva, il quale è di per sé idoneo a limitare, scoraggiare o disincentivare l’uso delle libertà di circolazione previste dal Trattato FUE.

27

Infine, la Corte è competente a conoscere di un ricorso ai sensi dell’articolo 273 TFUE solo se esso è proposto alla Corte in virtù di un compromesso.

28

È vero che la domanda in esame è stata proposta non in virtù di una clausola compromissoria appositamente adottata al fine di risolvere la controversia di cui trattasi, bensì in applicazione di una clausola generale della convenzione austro-tedesca, ossia l’articolo 25, paragrafo 5, di quest’ultima, anteriore alla nascita di tale controversia, clausola in forza della quale gli Stati contraenti si sono impegnati a sottoporre alla Corte qualsiasi difficoltà che possa sorgere in merito all’interpretazione o all’applicazione di detta convenzione e che non possa essere superata nell’ambito di una composizione amichevole.

29

Ciò premesso, nulla osta, tenuto conto dell’obiettivo perseguito dall’articolo 273 TFUE, consistente nel fornire agli Stati membri uno strumento per risolvere le controversie sorte tra di loro in connessione con l’oggetto dei trattati nell’ambito dell’ordinamento giurisdizionale dell’Unione, a che un accordo sul rinvio alla Corte sia stipulato tra le parti preliminarmente alla nascita di un’eventuale controversia, per fattispecie determinate mediante una clausola come l’articolo 25, paragrafo 5, della convenzione austro-tedesca (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 172).

30

Ne consegue che la Corte è competente a conoscere della presente controversia.

Nel merito

31

La controversia verte sulla questione se la nozione di «crediti con partecipazione agli utili» utilizzata all’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca debba essere interpretata nel senso che include titoli come quelli controversi nel caso di specie.

32

A tal riguardo occorre rilevare che questi ultimi possono essere intesi come obbligazioni di tipo particolare. Dalle loro condizioni di emissione si evince infatti che essi sono remunerati tramite interessi a tasso fisso applicati al loro valore nominale. Tuttavia, la loro peculiarità risiede, in sostanza, nel fatto che il versamento degli interessi viene ridotto, o anche sospeso, se a causa di tale versamento la società emittente chiude l’esercizio contabile in perdita, per poi essere oggetto di una regolarizzazione degli arretrati qualora essa torni a generare profitti, purché tale regolarizzazione non comporti perdite.

33

Al fine di risolvere la controversia è opportuno esaminare, pertanto, se si possa ritenere che la modalità di remunerazione di tali titoli corrisponda a una «partecipazione agli utili» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca, nozione non definita in quest’ultima.

34

In proposito, la Repubblica federale di Germania si basa sull’interpretazione adottata dal suo diritto interno, in particolare da una sentenza del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), del 26 agosto 2010, ai sensi della quale la remunerazione dei titoli controversi comporterebbe partecipazione agli utili.

35

È vero che l’articolo 3, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca stabilisce un criterio di interpretazione ai sensi del quale a un’espressione che non è definita in tale convenzione va attribuito il significato che le è attribuito dal diritto tributario dello Stato che la applica.

36

Ciononostante, il suddetto criterio di interpretazione da parte di un unico Stato in un dato momento non può essere considerato come un criterio destinato a risolvere le controversie interpretative tra i due Stati contraenti.

37

Peraltro, una diversa lettura priverebbe di utilità le disposizioni dell’articolo 25, paragrafo 5, della suddetta convenzione, in quanto la procedura di conciliazione e la clausola attributiva di competenza alla Corte previste in tale convenzione non avrebbero alcun significato se gli Stati contraenti avessero voluto che detta convenzione fosse interpretata unicamente con riferimento ai diritti nazionali, anche allorché questi ultimi, come nel caso di specie, hanno una portata diametralmente opposta.

38

Pertanto, è opportuno interpretare la nozione di «crediti con partecipazione agli utili» di cui alla convenzione austro-tedesca secondo i metodi propri del diritto internazionale.

39

A tal riguardo, si deve ricordare che dalle disposizioni della convenzione di Vienna, della quale sono parti contraenti tanto la Repubblica d’Austria quanto la Repubblica federale di Germania, risulta che un trattato dev’essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai suoi termini nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo, tenendo conto di qualsiasi regola pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti di tale trattato (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punto 43).

40

Per quanto riguarda, anzitutto, il senso ordinario da attribuire ai termini «partecipazione agli utili», tanto il linguaggio corrente quanto i principi contabili più comunemente riconosciuti rimandano ad un’accezione che implica, di norma, la vocazione a ottenere una quota dei risultati positivi della gestione annuale di un’impresa. Così avviene generalmente nel caso di un azionista ma anche, segnatamente, di un dipendente il cui contratto di lavoro preveda un premio rappresentativo di una quota degli utili realizzati dal datore di lavoro.

41

Inoltre, l’espressione «partecipazione agli utili» è ordinariamente associata alla variabilità e all’imprevedibilità inerente al risultato annuale di qualsiasi attività economica rischiosa. La partecipazione agli utili di un esercizio contabile implica altresì, di norma, il diritto di ricevere un importo indeterminato all’inizio dell’esercizio, che può variare di esercizio in esercizio, e che può essere peraltro pari a zero.

42

L’espressione «crediti con partecipazione agli utili» fa quindi riferimento a prodotti finanziari la cui remunerazione varia, almeno parzialmente, in funzione dell’importo degli utili annui generati dal debitore.

43

Siffatta interpretazione è confermata da un’analisi contestuale e dall’analisi dello scopo delle clausole in cui figura la nozione di «crediti con partecipazione agli utili» al fulcro della controversia in esame.

44

Per quanto riguarda, poi, il contesto, si deve osservare che tale nozione è inserita nell’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca prima di un’elencazione esemplificativa di detta nozione, nella quale figurano tre tipi di strumenti finanziari la cui caratteristica comune, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 94 a 97 delle sue conclusioni, è che la loro remunerazione è destinata a variare in funzione degli utili annui dell’emittente.

45

È quanto vale per gli «strumenti obbligazionari partecipativi», che sono definiti di norma come obbligazioni che danno diritto, oltre all’interesse fisso da esse offerto, a una quota degli utili generati dall’emittente.

46

Analogamente, i «prestiti partecipativi» sono caratterizzati in via di principio da un interesse di base, fisso o variabile, integrato da un interesse collegato all’importo degli utili generati dal debitore.

47

Per quanto riguarda il «socio tacito» (stiller Gesallschafter), in qualsiasi forma, esso è per definizione destinato a partecipare agli utili della società di cui possiede alcune quote, come ha fatto peraltro valere la Repubblica d’Austria, senza essere contraddetta.

48

Per quanto concerne, infine, lo scopo delle clausole in cui è inserita l’espressione «crediti con partecipazione agli utili», è opportuno rilevare che l’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca si presenta come una deroga al principio della ripartizione tra gli Stati contraenti della loro competenza fiscale, sancito all’articolo 11, paragrafo 1, di detta convenzione, ai sensi del quale gli interessi sono assoggettati a imposizione, in via di principio, solo nello Stato di stabilimento o di residenza del loro beneficiario. La suddetta disposizione derogatoria consente che gli interessi generati da un credito con partecipazione agli utili siano «anche» assoggettati a imposizione dallo Stato della fonte. Spetta, quindi, allo Stato di stabilimento o di residenza del beneficiario di tali interessi eliminare la doppia imposizione imputando sulle altre imposte dovute dal titolare del credito l’imposta già riscossa alla fonte.

49

Tenuto conto di tale impianto sistematico e dello scopo della convenzione austro-tedesca, che consiste nell’evitare, per quanto possibile, la doppia imposizione giuridica nelle situazioni transfrontaliere tra i due Stati contraenti, il criterio che consente di derogare alla pattuita ripartizione delle competenze fiscali, ossia l’esistenza di una partecipazione agli utili, deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva, come quella di cui ai punti da 40 a 42 della presente sentenza.

50

Infatti, un’interpretazione ampia dell’espressione «partecipazione agli utili» di cui all’articolo 11, paragrafo 2, di tale convenzione potrebbe limitare la portata dell’articolo 11, paragrafo 1, di quest’ultima, articolo che, effettuando una ripartizione rigorosa della competenza a tassare gli interessi, è volto ad evitare qualsiasi doppia imposizione, mentre l’applicazione di detto articolo 11, paragrafo 2, determina una doppia imposizione, i cui effetti pregiudizievoli per il buon funzionamento del mercato interno sono solo attenuati dal criterio di imputazione previsto all’articolo 23, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b), della medesima convenzione.

51

Nel caso di specie, è pacifico che i titoli controversi sono remunerati ogni anno sulla base di un tasso fisso applicato al loro valore nominale, a sua volta fisso, e che questi due dati sono predeterminati al momento della sottoscrizione.

52

È vero che la remunerazione di detti titoli ha peraltro la peculiarità di venir ridotta o interrotta se l’esercizio contabile della società emittente è chiuso in perdita a causa di tale remunerazione, per poi essere oggetto di regolarizzazione durante i successivi esercizi contabili chiusi con utili, purché il pagamento degli arretrati non determini perdite, arretrati che si aggiungono allora alla liquidazione degli interessi normalmente dovuti a titolo di detti successivi esercizi contabili.

53

Tuttavia, la suddetta peculiarità implica solo che la liquidazione annuale degli interessi sia subordinata alla realizzazione di un utile contabile sufficiente per il medesimo esercizio, e non che i titoli controversi diano diritto, oltre agli interessi annui, a una quota di tale utile.

54

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, la nozione di «crediti con partecipazione agli utili» utilizzata all’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca deve essere interpretata nel senso che non include titoli come quelli controversi nel caso di specie.

55

Per quanto concerne le domande della Repubblica d’Austria e della Repubblica federale di Germania con cui ciascuna di esse chiede alla controparte di cessare di esercitare la potestà impositiva sui redditi dei titoli controversi, la risposta data dalla Corte alla questione interpretativa dell’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione austro-tedesca è sufficiente a soddisfarle.

56

Quanto alle domande della Repubblica d’Austria e della Repubblica federale di Germania con cui ciascuna di esse chiede alla controparte il rimborso delle imposte erroneamente riscosse, tali domande in ogni caso non devono essere accolte.

57

Infatti, la Corte non possiede elementi tali da consentirle di prendere posizione in proposito, in particolare per quanto concerne le possibili interferenze con procedimenti eventualmente pendenti dinanzi ai giudici dell’uno o dell’altro Stato.

58

Spetta pertanto alla Repubblica d’Austria e alla Repubblica federale di Germania trarre le conseguenze della presente sentenza, collaborando lealmente a tal fine.

Sulle spese

59

A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

60

Poiché la Repubblica federale di Germania è rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Repubblica d’Austria.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

La nozione di «crediti con partecipazione agli utili» utilizzata all’articolo 11, paragrafo 2, dell’Abkommen zwischen der Republik Österreich und der Bundesrepublik Deutschland zur Vermeidung der Doppelbesteuerung auf dem Gebiet der Steuern vom Einkommen und vom Vermögen (convenzione tra la Repubblica d’Austria e la Repubblica federale di Germania per la prevenzione della doppia imposizione in materia di imposta sul reddito e sul patrimonio), del 24 agosto 2000, deve essere interpretata nel senso che non include titoli come quelli controversi nel caso di specie.

 

2)

La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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