EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62015CC0541

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 24 novembre 2016.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:902

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 24 novembre 2016 ( 1 )

Causa C‑541/15

Mircea Florian Freitag

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Amtsgericht Wuppertal (Tribunale distrettuale di Wuppertal, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale — Cittadinanza dell’Unione europea — Diritti di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri — Articoli 18 e 21 TFUE — Persona in possesso della cittadinanza di due Stati membri (Romania e Repubblica federale di Germania) abitualmente residente in Germania — Modifica del nome ottenuta in Romania, su richiesta della persona interessata e in mancanza di una modifica dello status rilevante di diritto di famiglia — Diniego del riconoscimento della modifica del nome da parte dello stato civile tedesco — Conformità al diritto dell’Unione»

Introduzione

1.

La Corte è nuovamente chiamata a pronunciarsi su una questione riguardante la cittadinanza dell’Unione europea in connessione con il cognome. Il rinvio pregiudiziale in esame si colloca nel contesto normativo degli articoli 18 e 21 TFUE. Più precisamente, con la questione sollevata dall’Amtsgericht Wuppertal (Tribunale distrettuale di Wuppertal, Germania) la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla questione se un cittadino tedesco, che possieda parimenti la cittadinanza rumena, possa vedersi negato il riconoscimento di un cambio di nome compiuto legalmente dalle competenti autorità rumene.

2.

La disposizione oggetto del procedimento principale, vale a dire l’articolo 48 dell’Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch (legge introduttiva al codice civile), del 21 settembre 1994 ( 2 ), nel testo applicabile ai fatti controversi (in prosieguo: l’«EGBGB»), relativa alla scelta di un nome acquisito in un altro Stato membro, è stata recentemente adottata dal legislatore tedesco. Tale articolo è stato introdotto a seguito della sentenza Grunkin e Paul ( 3 ), in cui la Corte ha dichiarato che l’articolo 21 TFUE «osta a che le autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio – che, al pari dei genitori, possiede solo la cittadinanza del primo Stato membro – è nato e risiede sin dalla nascita» ( 4 ).

3.

Tuttavia, l’articolo 48 dell’EGBGB non sembra soddisfare pienamente le condizioni poste dalla Corte. Infatti, il suo ambito di applicazione risulta limitato in ragione del fatto che, da un lato, la facoltà di scegliere e di registrare un cognome in Germania esiste solo quando il nome è disciplinato dal diritto tedesco e, dall’altra, il nome dev’essere stato acquisito durante un periodo di residenza abituale in un altro Stato membro. Per una serie di fattispecie la nuova disposizione non riesce quindi ad offrire soluzione.

4.

Il governo tedesco ha peraltro fatto valere l’esistenza, nel diritto pubblico, di disposizioni che autorizzerebbero il ricorrente nel procedimento principale a presentare una domanda di modifica del nome ad altra amministrazione. La questione sollevata dalla presente domanda di pronuncia pregiudiziale è diretta quindi a stabilire se la normativa tedesca, considerata nel suo complesso, vale a dire tenendo conto delle due procedure di diritto tedesche volte a permettere a un cittadino tedesco di ottenere il cambiamento del proprio nome con un nome legalmente acquisito in un altro Stato membro, sia conforme agli articoli 18 e 21 TFUE.

Contesto normativo

5.

In Germania, l’articolo 5 dell’EGBGB, dal titolo «Status personale», dispone, al suo paragrafo 1, primo e secondo periodo, quanto segue:

«Quando è fatto rinvio al diritto dello Stato di cui una persona ha la cittadinanza e quest’ultima ne possiede più d’una, trova applicazione il diritto dello Stato con cui tale persona ha il legame più stretto, in particolare alla luce della sua residenza abituale o del suo percorso di vita. Se tale persona possiede parimenti la cittadinanza tedesca, tale status giuridico prevale.»

6.

Il successivo articolo 10, intitolato «Nome», al paragrafo 1 così recita:

«Il nome di una persona è disciplinato dalla legge dello Stato di cui detta persona è cittadina».

7.

L’articolo 48 della legge medesima, intitolato «Scelta di un nome acquisito in un altro Stato membro dell’Unione», così dispone:

«Qualora il nome di una persona sia soggetto al diritto tedesco, la persona stessa può scegliere, mediante dichiarazione resa dinanzi all’ufficio dello stato civile, il nome acquisito durante un soggiorno abituale in un altro Stato membro dell’Unione e ivi trascritto nei registri dello stato civile, a condizione che ciò non sia palesemente incompatibile con principi fondamentali del diritto tedesco. La scelta del nome ha effetto retroattivo dal momento della trascrizione nei registri dello stato civile dell’altro Stato membro, salvo che la persona dichiari espressamente che tale scelta debba produrre effetti solo ex nunc. La dichiarazione dev’essere resa per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (…)» ( 5 ).

8.

Come osservato dal governo tedesco nelle proprie osservazioni scritte, in Germania, a condizione che il diritto al nome non sia disciplinato dal diritto civile, la modifica del nome è disciplinata dal diritto pubblico, più precisamente dalla procedura, a carattere eccezionale, di modifica del cognome prevista dal Gesetz über die Änderung von Familiennamen und Vornamen (NamÄndG) (legge in materia di modifiche di cognomi e nomi) del 5 gennaio 1938 (RGBl. 1938 I, pag. 9), come modificata, da ultimo, dall’articolo 54 della legge del 17 dicembre 2008 (BGBl. 2008 I, pag. 2586) (in prosieguo: la «legge sulla modifica del nome»).

9.

In forza dell’articolo 1 della legge sulla modifica del nome, il cognome di un cittadino tedesco domiciliato o abitualmente residente in Germania può essere cambiato su sua richiesta. La domanda di modifica del cognome dev’essere presentata, a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, della legge de qua, all’amministrazione di grado inferiore nella circoscrizione in cui il richiedente risieda o soggiorni (in prosieguo: l’«amministrazione competente»).

10.

A norma dell’articolo 3, paragrafo 1, della legge sulla modifica del nome, un cognome può essere modificato solo ove un motivo importante («ein wichtiger Grund») lo giustifichi. Le circostanze di specie rilevanti ai fini della decisione devono essere esaminate d’ufficio in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, della legge medesima. A tal riguardo, devono essere intese, oltre alle persone direttamente interessate, le autorità locali di polizia competenti e le persone i cui diritti siano interessati dalla richiesta modifica del nome.

11.

In linea di principio, un motivo idoneo a giustificare un cambiamento del nome può essere qualificato come importante quando l’interesse personale del richiedente prevale sui principi che disciplinano la titolarità del nome, tra cui rientrano l’interesse pubblico al mantenimento del nome attuale; meritano tutela peraltro anche gli interessi di terzi.

12.

L’Allgemeine Verwaltungsvorschrift zum Gesetz über die Änderung von Familiennamen und Vornamen (regolamento amministrativo generale sulla legge in materia di modifica del cognome e del nome; in prosieguo: il «NamÄndVwV»), dell’11 agosto 1980, come modificato, da ultimo, dal regolamento amministrativo dell’11 febbraio 2014 (BAnz. AT, del 18 febbraio 2014, B2) (in prosieguo: il «regolamento sulla legge sulla modifica del nome»), è stato adottato ai fini dell’attuazione della legge sulla modifica del nome.

13.

A norma del punto 27, paragrafo 1, del regolamento de quo, «[i]l nome delle persone è disciplinato in dettaglio e – in linea di principio – in maniera esaustiva dalle disposizioni applicabili di diritto civile. La modifica del nome, che rientra nell’ambito del diritto amministrativo pubblico, è diretta a eliminare gli effetti dannosi in un determinato caso. Essa ha carattere eccezionale. (…)».

14.

Nei punti 33 e seguenti di detto stesso regolamento sono indicati, quali criteri di valutazione del motivo importante per una modifica del cognome, le fattispecie più frequenti nella pratica.

15.

Il punto 49 del regolamento medesimo dispone, in merito all’«eliminazione dell’ambiguità del nome portato», quanto segue:

«Quando un cittadino tedesco, che possiede parimenti la cittadinanza di un altro Stato, porta, in base al diritto di detto altro Stato, un cognome diverso da quello che è tenuto a portare in forza del diritto sul territorio di applicazione della legge, tale ambiguità nella titolarità del nome può essere eliminata cambiando il cognome che dev’essere portato sul territorio di applicazione della legge con il cognome che dev’essere portato in base al diritto dell’altro Stato. Di contro, in caso di rinuncia all’altro cognome, occorre rimettere l’interessato dinanzi alle autorità dell’altro Stato di cui egli possiede la cittadinanza».

16.

L’amministrazione competente in forza della normativa del Land, ove reputi infondata la domanda, nega la modifica del nome. Contro tale decisione di diniego è possibile agire in via amministrativa.

17.

Se l’amministrazione competente in forza della normativa del Land accoglie la domanda di modifica del cognome, essa fa in modo, in particolare, che tale modifica porti a un aggiornamento o ne sia dato atto nel registro delle nascite.

Fatti, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

18.

Il sig. Mircea Florian Freitag è nato il 25 aprile 1986 in Romania con il cognome Pavel. È figlio della sig.ra Angela Freitag e del sig. Vica Pavel, cittadini rumeni.

19.

Successivamente al divorzio dei genitori del ricorrente nel procedimento principale, la madre, la sig.ra Angela Freitag, si coniugava con un cittadino tedesco, il sig. Freitag. Il 21 maggio 1997 quest’ultimo adottava il ricorrente nel procedimento principale, che acquisiva in tal modo anche la cittadinanza tedesca e che, da allora, porta il cognome Freitag.

20.

Con decisione del consiglio distrettuale di Brașov (Romania) del 9 luglio 2013, il cognome del ricorrente nel procedimento principale tornava ad essere Pavel, su richiesta di quest’ultimo. Nel corso della procedura di modifica del nome in Romania, il ricorrente nel procedimento principale aveva residenza abituale in Germania.

21.

Il ricorrente nel procedimento principale si rivolgeva quindi, presentando il proprio nuovo passaporto rumeno emesso con il cognome Pavel, all’Ufficio dello stato civile di Wuppertal, chiedendo che la modifica del cognome fosse riconosciuta anche nell’ordinamento giuridico tedesco e trascritta nel registro delle nascite nella parte che lo riguarda.

22.

Nutrendo dubbi in merito alla possibilità di iscrivere un ulteriore atto nel registro delle nascite, l’Ufficio di stato civile di Wuppertal e l’amministrazione di grado inferiore di controllo dello stato civile sottoponevano la questione alla valutazione dell’Amtsgericht Wuppertal (tribunale distrettuale di Wuppertal).

23.

Secondo il giudice del rinvio, non è possibile dirimere la controversia sulla base della pertinente disposizione di legge tedesca, vale a dire l’articolo 48 dell’EGBGB, posto che detta disposizione subordina il diritto di scegliere un nome acquisito in un altro Stato membro dell’Unione alla condizione che il nome stesso sia stato acquisito durante un periodo di residenza abituale in detto altro Stato membro, condizione che nel caso di specie non ricorre. Durante la procedura di modifica del nome in Romania, infatti, il sig. Freitag risiedeva abitualmente in Germania.

24.

Il giudice del rinvio precisa che non è neppure possibile applicare l’articolo 48 dell’EGBGB per analogia. Dai lavori preparatori della legge emergerebbe che il legislatore intendeva, segnatamente, dare attuazione alle indicazioni derivanti dalla sentenza Grunkin e Paul ( 6 ), consapevole del fatto che la disposizione in questione non comprendeva tutte le fattispecie ipotizzabili di «uso difforme del cognome».

25.

Il giudice del rinvio si chiede, quindi, se gli articoli 18 e 21 TFUE obblighino a riconoscere la modifica del nome effettuata in un altro Stato membro quando l’interessato non abbia residenza abituale in detto altro Stato membro ma presenti con il medesimo un diverso legame per effetto della propria doppia cittadinanza.

26.

Ciò premesso, l’Amtsgericht Wuppertal (tribunale distrettuale di Wuppertal) decideva, con ordinanza del 24 settembre 2015, pervenuta nella cancelleria della Corte il 16 ottobre 2015, di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che le autorità di uno Stato membro siano tenute a riconoscere la modifica del cognome di un cittadino di tale Stato qualora questi sia, al contempo, cittadino di un altro Stato membro e in tale Stato abbia (ri-)acquisito, a seguito di una modifica del cognome non legata a una variazione dello stato di famiglia, il proprio cognome originario ricevuto alla nascita, benché l’acquisizione di tale cognome non sia avvenuta quando il cittadino aveva la residenza abituale nell’altro Stato membro e sia avvenuta dietro sua richiesta».

27.

Hanno presentato osservazioni scritte la Repubblica federale di Germania, la Repubblica portoghese e la Commissione europea.

28.

All’udienza del 15 settembre 2016 sono comparse la Repubblica federale di Germania, la Romania e la Commissione.

Analisi

29.

Con la questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se gli articoli 18 e 21 TFUE impediscano alle autorità competenti di uno Stato membro di negare il riconoscimento di una modifica del nome effettuata in un altro Stato membro, quando la persona interessata, pur non essendo abitualmente residente in detto altro Stato membro durante lo svolgimento della procedura di modifica del nome, vi sia tuttavia legata per effetto della propria doppia cittadinanza.

30.

Occorre, anzitutto, ricordare che, nell’ambito della procedura di cooperazione fra i giudici nazionali e la Corte, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni sottopostele ( 7 ).

31.

Nella specie, laddove la Corte intendesse condividere le mie conclusioni nel senso che la fattispecie del sig. Freitag ricada nell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione, occorrerà – visto che il diritto tedesco prevede, a seconda della situazione della persona interessata, due diverse procedure per la modifica del nome – riformulare la questione sollevata dal giudice del rinvio.

32.

Ciò detto, ritengo che occorra interpretare la questione pregiudiziale in esame come diretta essenzialmente a stabilire se gli articoli 18 e 21 TFUE impediscano alle autorità di uno Stato membro di negare il riconoscimento di una modifica del nome sulla base di una disposizione di diritto nazionale che preveda il diritto di scegliere un nome ottenuto in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione di essere stato acquisito durante un periodo di residenza abituale nello Stato membro medesimo e quando altre disposizioni del diritto nazionale autorizzino il richiedente a presentare domanda di modifica del nome a una diversa autorità.

33.

Al fine di rispondere a tale questione, illustrerò anzitutto il contesto nel quale si colloca la controversia principale, esponendo alcune considerazioni in merito alle due procedure esistenti nell’ordinamento tedesco volte a consentire a un cittadino tedesco di ottenere la modifica del suo nome a vantaggio di un nome legalmente acquisito in un altro Stato membro. Affronterò poi la questione se la fattispecie del sig. Freitag ricada nell’ambito di applicazione ratione materiae del diritto dell’Unione. Infine, dopo aver richiamato la giurisprudenza pertinente, proporrò alla Corte talune indicazioni utili da fornire al giudice del rinvio affinché questi possa stabilire se il diritto dell’Unione osti alla normativa tedesca controversa nel procedimento principale, valutazione la cui effettuazione spetta al giudice medesimo.

Sulle procedure previste dall’ordinamento tedesco volte a consentire ad un cittadino tedesco di ottenere la modifica del nome sostituendovi il nome legittimamente acquisito in un altro Stato membro

34.

Occorre anzitutto osservare che, secondo il giudice del rinvio, la disposizione del diritto tedesco determinante ai fini della controversia principale è l’articolo 48 dell’EGBGB.

35.

A tal riguardo, il governo tedesco, pur riconoscendo che, nel procedimento principale, la dichiarazione effettuata dal sig. Freitag presso l’Ufficio dello stato civile ai sensi dell’articolo 48 dell’EGBGB non gli consente di ottenere l’auspicata modifica del nome, sostiene che l’ordinamento tedesco prevede, tuttavia, due procedure distinte per ottenere la modifica del nome, ossia la procedura di diritto privato oggetto del procedimento principale relativa alla scelta di un nome acquisito in un altro Stato membro a norma dell’articolo 48 dell’EGBGB e quella di diritto pubblico prevista dalla legge sulla modifica del nome.

La procedura relativa alla scelta del nome acquisito in un altro Stato membro a norma dell’articolo 48 dell’EGBGB

36.

Dalla motivazione del progetto di legge del governo federale concernente una legge di adeguamento delle disposizioni del diritto internazionale privato al regolamento (UE) n. 1259/2010 e recante modifica di altre disposizioni del diritto internazionale privato (in prosieguo: la «motivazione dell’articolo 48 dell’EGBGB») risulta che l’adozione della disposizione medesima costituisce espressione della volontà del governo tedesco di adeguarsi alla sentenza Grunkin e Paul ( 8 ), sottolineando la preoccupazione di salvaguardare la coerenza del sistema tedesco, fondato sul collegamento del nome alla cittadinanza del titolare ( 9 ).

37.

Infatti, secondo la dottrina tedesca, per dare attuazione all’obbligo derivante dalla sentenza Grunkin e Paul ( 10 ), «la discussione in Germania verteva essenzialmente su tre opzioni che si collocavano, rispettivamente, sul piano del diritto e della prassi amministrativi, su quello del diritto civile materiale ( 11 ) e su quello del conflitto di leggi» ( 12 ). Il legislatore tedesco ha infine adottato l’articolo 48 dell’EGBGB, che costituisce una disposizione di diritto civile materiale ma integra un elemento di estraneità, ossia il soggiorno abituale in un altro Stato membro dell’Unione ( 13 ).

38.

Dalle osservazioni scritte del governo tedesco risulta che, alla luce della motivazione dell’articolo 48 dell’EGBGB, il legislatore tedesco intendeva prevedere, nella normativa tedesca posta a disciplina dei nomi delle persone, un fondamento normativo che consentisse di registrare un nome acquisito in un altro Stato membro dell’Unione ed ivi iscritto nel registro dello stato civile. L’articolo de quo consentirebbe così alla persona interessata di decidere, mediante dichiarazione da rendere dinanzi all’ufficiale di stato civile, di portare il nome acquisito in un altro Stato membro invece di quello stabilito in base alle disposizioni di diritto tedesco poste a disciplina del nome delle persone. Tuttavia, detto articolo sarebbe destinato a trovare applicazione solo quando la modifica del nome sia stata ottenuta durante un soggiorno abituale in un altro Stato membro.

39.

Di conseguenza, il suo obiettivo non sarebbe quello di risolvere in maniera esaustiva il problema delle modifiche del nome ( 14 ). Oltre al caso di specie, vale a dire a quello di un cittadino tedesco che possieda anche la cittadinanza di un altro Stato membro senza peraltro mai soggiornarvi, non rientrano nell’ambito di applicazione della suddetta disposizione le fattispecie che non sono soggette al diritto tedesco ma al diritto di un altro Stato membro ( 15 ). È quanto avviene, ad esempio, nel caso di un cittadino francese stabilito in Germania, che abbia cambiato nome durante un periodo di residenza abituale in Spagna e che cerchi di far riconoscere la modifica del nome in Germania.

La procedura di diritto pubblico di richiesta di modifica del nome

40.

Il governo tedesco spiega, nelle proprie osservazioni scritte, che, quale normativa di diritto pubblico, la legge sulla modifica del nome si applica ai cittadini tedeschi quando il diritto del nome non sia disciplinato dal diritto civile, come avverrebbe nel caso del sig. Freitag, tenuto conto del fatto che, anche se l’articolo 48 dell’EGBGB gli è applicabile, esso non soddisfa la condizione della residenza abituale in un altro Stato membro richiesta dalla disposizione medesima. Di conseguenza, il governo de quo ha affermato che la procedura di modifica del nome, la cui richiesta dev’essere depositata presso l’amministrazione del Land competente in forza di legge, potrebbe eventualmente consentire al sig. Freitag di ottenere il diritto di portare il nome ottenuto in forza del diritto rumeno.

41.

Secondo il governo tedesco, non era quindi necessario, rispetto alla suddetta procedura di modifica del nome, introdurre disposizioni complementari all’articolo 48 dell’EGBGB dirette a risolvere l’ambiguità nella titolarità del nome delle persone che possiedano sia la cittadinanza tedesca sia quella di un altro Stato membro. Infatti, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, della legge sulla modifica del nome, un cognome può essere modificato soltanto laddove ciò risulti giustificato da un motivo importante. L’eliminazione di una situazione ambigua nella titolarità del nome costituirebbe, secondo detto governo, un «motivo importante» ai sensi dell’articolo 3 della legge sulla modifica del nome, letto in combinato disposto con il punto 49 del regolamento relativo alla legge de qua.

42.

Mi sembra tuttavia importante sottolineare che dalla formulazione delle disposizioni applicabili in forza della legge sulla modifica del nome, in particolare dal punto 27, paragrafo 1, del regolamento relativo alla legge sulla modifica del nome, emerge che la procedura di diritto pubblico di cui trattasi ha carattere rigorosamente eccezionale. Tale disposizione prevede, essenzialmente, che la normativa tedesca relativa al cognome e al nome sia, in linea di principio, interamente disciplinata dalle disposizioni del diritto privato tedesco ad essa relative e che la procedura amministrativa di modifica del nome costituisca un’«eccezione» ( 16 ). Tornerò più avanti su tale aspetto ( 17 ).

43.

Occorre ora esaminare la situazione del sig. Freitag alla luce del diritto dell’Unione.

Sull’ambito di applicazione del diritto dell’Unione

44.

In limine, occorre esaminare se la fattispecie del sig. Freitag ricada nella sfera di applicazione ratione materiae del diritto dell’Unione e, in particolare, delle disposizioni che disciplinano l’esercizio, da parte di un cittadino dell’Unione, del proprio diritto alla libera circolazione e del proprio diritto di non subire discriminazioni.

45.

A tal riguardo, tutte le parti che hanno presentato osservazioni scritte e orali sono concordi nel ritenere che la situazione del ricorrente nel procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

46.

Rilevo, anzitutto, che l’articolo 20 TFUE conferisce a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro lo status di cittadino dell’Unione ( 18 ). Nel caso di specie, il sig. Freitag possiede la cittadinanza di due Stati membri e beneficia, quindi, dello status di cittadino dell’Unione.

47.

Come la Corte ha avuto modo più volte di affermare, lo status di cittadino dell’Unione è destinato a essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri e consente a chi tra di essi si trovi nella medesima situazione di ottenere, nell’ambito di applicazione ratione materiae del TFUE, indipendentemente dalla propria cittadinanza e fatte salve le eccezioni espressamente previste a tal riguardo, il medesimo trattamento giuridico ( 19 ).

48.

La Corte ha altresì rammentato che l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, in particolare quelle rientranti nella libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri quale conferita dall’articolo 21 TFUE, figura tra le fattispecie ricomprese nell’ambito di applicazione ratione materiae del diritto dell’Unione ( 20 ).

49.

A questo riguardo, da una giurisprudenza ben consolidata risulta che, benché, allo stato attuale del diritto dell’Unione, le norme che disciplinano la trascrizione negli atti dello stato civile del cognome e del nome di una persona rientrino nella competenza degli Stati membri, questi ultimi, nell’esercizio di tale competenza, devono comunque rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato relative alla libertà riconosciuta a ciascun cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri ( 21 ).

50.

Nella controversia principale, rilevo che il sig. Freitag possiede la cittadinanza rumena e soggiorna nel territorio della Repubblica federale di Germania. Di conseguenza, non vi sono dubbi, a mio avviso, che la fattispecie del sig. Freitag sia collegata al diritto dell’Unione. Un simile collegamento esiste, secondo costante giurisprudenza, «nel caso di persone (…) che sono cittadini di uno Stato membro i quali soggiornano legalmente sul territorio di un altro Stato membro» ( 22 ).

51.

Inoltre, come affermato dalla Corte nella propria giurisprudenza, il fatto che il sig. Freitag possieda parimenti la cittadinanza tedesca non osta a tale collegamento con il diritto dell’Unione. La Corte ha, infatti, dichiarato che «lo Stato membro non è legittimato a limitare gli effetti dell’attribuzione della cittadinanza di un altro Stato membro, pretendendo un requisito ulteriore per il riconoscimento di tale cittadinanza ai fini dell’esercizio delle libertà fondamentali previste dal Trattato» ( 23 ).

52.

Ne consegue che, a mio avviso, la fattispecie del sig. Freitag rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

53.

Occorre tuttavia accertare se il diniego delle autorità tedesche di accogliere la domanda del sig. Freitag, diretta a ottenere che la modifica del proprio nome sia riconosciuta dal diritto tedesco e iscritta nel registro delle nascite, implichi una restrizione alla propria libertà di circolazione sancita dall’articolo 21 TFUE.

54.

Questa è la questione che mi accingo ora ad esaminare, richiamando, in limine, la giurisprudenza pertinente della Corte.

Sull’obbligo di riconoscere in uno Stato membro il cognome ottenuto in un altro Stato membro

La giurisprudenza pertinente della Corte ad oggi

55.

Meritano attenzione una serie di controversie vertenti sulla cittadinanza europea collegata al cognome.

56.

Per quanto attiene alla causa che ha dato luogo alla sentenza Garcia Avello ( 24 ), ricordo che la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul rigetto da parte delle autorità amministrative belghe di una domanda di modifica del nome presentata dai figli residenti in Belgio aventi la doppia cittadinanza belga e spagnola che desideravano sostituire il loro nome con un altro «secondo l’uso invalso in diritto spagnolo» ( 25 ). La Corte ha ritenuto, in linea con l’avvocato generale Jacobs ( 26 ), che «è pacifico che una simile situazione di diversità di cognomi è tale da generare per gli interessati seri inconvenienti di ordine tanto professionale quanto privato, derivanti, in particolare, dalle difficoltà di fruire, in uno Stato membro di cui hanno la cittadinanza, degli effetti giuridici di atti o di documenti redatti con il cognome riconosciuto nell’altro Stato membro del quale possiedono la cittadinanza» ( 27 ).

57.

Nell’esaminare poi i motivi invocati dai governi belga, danese e olandese per giustificare la prassi delle autorità amministrative belghe, la Corte ha ritenuto che il diniego opposto dalle suddette autorità era sproporzionato e ha stabilito che «[g]li articoli [18 e 21 TFUE] devono essere interpretati nel senso che ostano al fatto che (…) l’amministrazione di uno Stato membro respinga una domanda di cambiamento del cognome per figli minorenni residenti in questo Stato e in possesso della doppia cittadinanza, dello stesso Stato e di un altro Stato membro, allorché la domanda è volta a far sì che i detti figli possano portare il cognome di cui sarebbero titolari in forza del diritto e della tradizione del secondo Stato membro» ( 28 ).

58.

Tale approccio è stato poi confermato nella sentenza Grunkin e Paul ( 29 ), in cui la Corte era chiamata a pronunciarsi sul diniego delle autorità tedesche di riconoscere il cognome di un figlio come determinato e registrato in Danimarca ( 30 ) dove il figlio, cittadino tedesco, era nato e risiedeva dalla nascita. Il motivo di tale diniego era fondato sul fatto che, ai sensi dell’articolo 10 dell’EGBGB, il cognome di una persona è disciplinato dalla legge dello Stato di cui essa possiede la cittadinanza e il diritto tedesco non consentiva a un figlio di portare un doppio cognome composto da quello del padre e da quello della madre ( 31 ).

59.

Sempre nella stessa sentenza la Corte ha poi ritenuto che l’esistenza di «seri inconvenienti» fosse legata alla diversità dei cognomi degli interessati e ha dichiarato che l’articolo 21 TFUE «osta a che le autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio – che, al pari dei genitori, possiede solo la cittadinanza del primo Stato membro – è nato e risiede sin dalla nascita» ( 32 ).

60.

È interessante osservare che la Corte ha poi applicato il medesimo ragionamento rispetto all’esistenza di una restrizione alla libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze Sayn‑Wittgenstein ( 33 ) e Bogendorff von Wolffersdorff ( 34 ), ammettendo tuttavia che una siffatta restrizione poteva essere giustificata da motivi legati all’ordine pubblico degli Stati membri ( 35 ).

61.

Alla luce della giurisprudenza richiamata supra, desidero ora affrontare la questione relativa all’esistenza di una restrizione alla libera circolazione in forza dell’articolo 21 TFUE ( 36 ).

Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione: l’articolo 21 TFUE

62.

Osservo, in limine, che il nome di una persona è un elemento costitutivo della sua identità e della sua vita privata, la cui tutela è garantita dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ( 37 ).

63.

Secondo costante giurisprudenza, una normativa nazionale che svantaggia taluni cittadini di uno Stato membro per il fatto che essi hanno esercitato la loro libertà di circolare e soggiornare in un altro Stato membro, rappresenta una restrizione delle libertà riconosciute dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE a tutti i cittadini dell’Unione ( 38 ). La Corte ha altresì dichiarato che, per una persona che abbia esercitato il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio di un altro Stato membro, il fatto di essere obbligata a portare, nello Stato membro di cui sia cittadina, un cognome differente da quello già attribuito e registrato nello Stato membro di nascita e di residenza è idoneo ad ostacolare l’esercizio [di tale] diritto ( 39 ).

64.

Infatti, come risulta dalla giurisprudenza richiamata supra al paragrafo 56, la «diversità di cognomi è tale da generare per gli interessati seri inconvenienti». Infatti, il fatto di portare due nomi diversi, ossia i nomi Pavel e Freitag, può causare al ricorrente nel procedimento principale talune difficoltà, in particolare, «di ordine amministrativo, professionale e privato» ( 40 ). Esiste indubbiamente un rischio concreto per un cittadino in possesso della cittadinanza di due Stati membri, come nel caso del sig. Freitag, di dover dissipare dubbi in merito alla propria identità e all’autenticità dei documenti che egli presenti o alla veridicità dei dati in essi contenuti, il che, come affermato dalla Corte, «costituisce una circostanza idonea ad ostacolare l’esercizio del diritto conferito dall’articolo 21 TFUE» ( 41 ).

65.

Di conseguenza, il rigetto da parte delle autorità tedesche competenti della domanda di modifica del nome del sig. Freitag diretta a ottenere il riconoscimento del nome Pavel, come stabilito e registrato in Romania, Stato membro di cui parimenti possiede la cittadinanza, unicamente sulla base dell’articolo 48 dell’EGBGB, che prevede il diritto di scegliere un nome acquisito in un altro Stato membro a condizione che ciò sia avvenuto durante un periodo di residenza abituale in detto Stato membro, potrebbe integrare una restrizione alle libertà riconosciute dall’articolo 21 TFUE.

66.

Il governo tedesco riconosce, a questo proposito, che la disposizione del diritto tedesco de qua non è diretta a risolvere in maniera esaustiva il problema della modifica del nome ( 42 ), pur sottolineando a che, posto che il diritto tedesco prevede altri fondamenti normativi per procedere alla modifica del nome su richiesta dell’interessato, vale a dire le disposizioni pertinenti della legge sulla modifica del nome ( 43 ), la disciplina in esame non implica ostacoli alla libera circolazione delle persone che potrebbe scaturire da un’ambiguità nel nome portato.

67.

Esaminerò in prosieguo la questione della rilevanza di tale facoltà.

Sulla rilevanza della facoltà di modificare il nome in base alla legge sulla modifica del nome

68.

Il governo tedesco afferma che, secondo la giurisprudenza della Corte ( 44 ), l’elemento decisivo ai fini dell’obbligo di «riconoscimento» è la conformità al diritto dell’Unione della decisione nelle rispettive procedure nazionali. Di conseguenza, in una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, dall’articolo 21 TFUE non deriverebbe alcun obbligo di riconoscere formalmente e automaticamente nel diritto tedesco il cognome portato dal sig. Freitag in forza del diritto rumeno senza passare per la procedura prevista dal diritto tedesco, ossia quella prevista dalla legge sulla modifica del nome ( 45 ). Detto governo osserva inoltre che spetta al diritto nazionale stabilire la procedura in base alla quale le modifiche del nome possono essere operate e individuare l’autorità competente a tal fine ( 46 ).

69.

Condivido la posizione del governo tedesco, secondo cui occorre analizzare le due procedure previste dal diritto tedesco alla luce dell’articolo 21 TFUE. Infatti, il procedimento principale si caratterizza per il fatto che, da una parte, l’articolo 48 dell’EGBGB ha un ambito di applicazione limitato e, dall’altra, che esistono nella disciplina tedesca ulteriori disposizioni che autorizzano una persona come il ricorrente nel procedimento principale a presentare una domanda di modifica del nome a un’altra autorità nazionale.

70.

Ciò detto, come correttamente osservato dalla Commissione, resta irrilevante, in linea di principio, dal punto di vista del diritto dell’Unione, quale sia la disposizione o la procedura amministrativa interna in forza della quale il ricorrente possa far valere i propri diritti relativi al nome. Ritengo tuttavia, in linea con la Commissione, che, affinché la disciplina tedesca, considerata nel suo complesso, sia conforme al diritto dell’Unione, la procedura di modifica del nome prevista nella legge sulla modifica del nome non deve rendere impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione dei diritti conferiti dall’articolo 21 TFUE.

71.

Così, in assenza di una disciplina dell’Unione in materia di modifica del cognome, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro disciplinare le modalità previste dal diritto nazionale e destinate a garantire la tutela dei diritti che derivano ai singoli dal diritto dell’Unione, fermo restando che dette modalità non possono essere né meno favorevoli di quelle relative alle azioni per far valere diritti fondati sull’ordinamento nazionale (principio di equivalenza), né tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile, in pratica, l’esercizio dei diritti garantiti dall’ordinamento dell’Unione (principio di effettività) ( 47 ).

72.

La questione che si pone è quindi la seguente: la possibilità di presentare domanda di modifica del nome in base al punto 1 della legge sulla modifica del nome dev’essere considerata compatibile con il principio di effettività?

73.

Nutro dubbi in proposito.

74.

Come rilevato supra al paragrafo 42, dal tenore letterale del punto 27, paragrafo 1, del regolamento relativo alla legge sulla modifica del nome risulta che la procedura di modifica del nome, che rientra nell’ambito del diritto amministrativo pubblico, riveste carattere eccezionale. L’articolo 3, paragrafo 1, della legge sulla modifica del nome dispone che la modifica è possibile soltanto se giustificata da un motivo importante. Così, benché il governo tedesco sottolinei che l’eliminazione di un’ambiguità nella titolarità del nome costituirebbe un motivo importante ai sensi della disposizione in parola, dal punto 31 del regolamento relativo alla legge sulla modifica del nome risulta che detto motivo importante, se riconosciuto, non accorda alcun diritto alla modifica del nome in quanto l’autorità competente dispone sempre del potere discrezionale di rigettarla.

75.

Tuttavia, all’udienza, il governo tedesco ha affermato che il fatto che le autorità tedesche competenti beneficino, per effetto delle disposizioni di cui trattasi, del potere discrezionale di negare la modifica del nome richiesta non rimette in discussione l’esercizio dei diritti del richiedente ai sensi degli articoli 18 e 21 TFUE. Infatti, secondo il diritto amministrativo tedesco, un’autorità pubblica deve sempre rispettare il proprio obbligo di diligenza nell’esercizio del proprio potere discrezionale e non deve disconoscere i limiti di legge che le sono fissati, in particolare dal diritto dell’Unione. Ogni amministrazione nazionale deve sempre, nel diligente esercizio del proprio potere discrezionale, tener conto del diritto dell’Unione. Di conseguenza, nel caso in cui l’amministrazione neghi la modifica del nome contrariamente a quanto imposto degli articoli 18 e 21 TFUE, essa può essere sottoposta a sindacato anche di merito in Germania. Così, l’interpretazione della nozione di «motivo importante» nell’ambito della legge sulla modifica del nome dev’essere compiuta, a detta del governo medesimo, nel rispetto degli articoli 18 e 21 TFUE.

76.

In tale contesto, se, come sostenuto dal governo tedesco, il potere discrezionale delle autorità competenti tedesche è ridotto a zero per effetto degli articoli 18 e 21 TFUE e, quindi, la procedura amministrativa prevista dalla legge sulla modifica del nome non rende impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione dei diritti conferiti dagli articoli in parola, il principio di effettività dovrebbe ritenersi soddisfatto, aspetto questo che spetta al giudice del rinvio verificare.

77.

Propongo quindi di rispondere al giudice del rinvio nel senso che l’articolo 21 TFUE non impedisce alle autorità di uno Stato membro di negare il riconoscimento della modifica del nome in base ad una disposizione di diritto nazionale che preveda il diritto di scegliere un nome ottenuto in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che questo sia stato acquisito durante un periodo di residenza abituale in detto altro Stato membro, se, da una parte, altre disposizioni del diritto nazionale consentano al richiedente di presentare richiesta di modifica del nome ad una diversa autorità e, dall’altra, le disposizioni medesime non rendano impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione dei diritti riconosciuti dall’articolo 21 TFUE.

Conclusione

78.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dall’Amtsgericht Wuppertal (tribunale distrettuale di Wuppertal, Germania) come segue:

L’articolo 21 TFUE non impedisce alle autorità di uno Stato membro di negare il riconoscimento della modifica del nome in base ad una disposizione di diritto nazionale che preveda il diritto di scegliere un nome ottenuto in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che questo sia stato acquisito durante un periodo di residenza abituale in detto altro Stato membro, se, da una parte, altre disposizioni del diritto nazionale consentano al richiedente di presentare richiesta di modifica del nome ad una diversa autorità e, dall’altra, le disposizioni medesime non rendano impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione dei diritti riconosciuti dall’articolo 21 TFUE.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) BGBl. 1994 I, pag. 2494, e rettifica BGBl. 1997 I, pag. 1061.

( 3 ) Sentenza del 14 ottobre 2008 (C‑353/06, EU:C:2008:559).

( 4 ) Sentenza del 14 ottobre 2008, Grunkin e Paul (C‑353/06, EU:C:2008:559, punto 39).

( 5 ) L’articolo 48 dell’EGBGB risulta dall’adozione del Gesetz zur Anpassung der Vorschriften des Internationalen Privatrechts an die Verordnung (EU) Nr. 1259/2010 und zur Änderung anderer Vorschriften des Internationalen Privatrechts [legge di adeguamento delle disposizioni di diritto internazionale privato al regolamento (UE) n. 1259/2010 e di modifica di altre disposizioni di diritto internazionale privato] del 23 gennaio 2013 (BGBl. 2013 I, pag. 101), entrata in vigore il 29 gennaio 2013.

( 6 ) Sentenza del 14 ottobre 2008 (C‑353/06, EU:C:2008:559).

( 7 ) V., in particolare, sentenza del 19 settembre 2013, Betriu Montull (C‑5/12, EU:C:2013:571, punto 40).

( 8 ) Sentenza del 14 ottobre 2008 (C‑353/06, EU:C:2008:559).

( 9 ) Il governo tedesco sottolinea nelle proprie osservazioni che l’articolo 48 dell’EGBGB è applicabile in forza dell’articolo 10, paragrafo 1, dell’EGBGB, letto in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, dell’EGBGB, quando, da una parte, la persona interessata possiede parimenti la cittadinanza tedesca e, dall’altra, essa ha il suo legame più stretto con la Repubblica federale di Germania per effetto della propria residenza abituale in detto Stato membro. V. paragrafo 5 supra. Inoltre, dagli atti di cui dispone la Corte risulta che l’articolo 10, paragrafi 2 e 3, dell’EGBGB consente di optare per il diritto tedesco per la determinazione del nome, in particolare quando l’interessato risiede abitualmente sul territorio della Repubblica federale di Germania.

( 10 ) Sentenza del 14 ottobre 2008 (C‑353/06, EU:C:2008:559).

( 11 ) In effetti, la prima opzione, «la meno invasiva, rispetto al diritto interno, consisteva nel consentire una modifica del nome nell’ambito della procedura amministrativa prevista dalla [legge sulla modifica del nome]», mentre la seconda opzione «prevedeva l’introduzione di una disposizione di diritto materiale che permetteva di raggiungere il risultato imposto». V. Kohler, C., «Towards the Recognition of Civil Status in the European Union», Yearbook of Private International Law, Vol. 15, 2013/2014, Sellier European Law Publishers, pagg. da 13 a 30, in particolare pag. 21.

( 12 ) La terza opzione «consisteva nel modificare la norma di conflitto relativa al nome, vale a dire l’articolo 10 dell’EGBGB, nel senso di consentire ai genitori del figlio interessato di indicare come legge applicabile alla determinazione del nome del figlio la legge dello Stato di residenza abituale di uno dei genitori. Per giungere a tale risultato sarebbe stato sufficiente “bilateralizzare” la disposizione di cui al paragrafo 3, punto 2, della disposizione che, nella sua formulazione attuale, permette di indicare il diritto tedesco se uno dei genitori ha la sua residenza abituale in Germania» (v. Kohler, C., loc. cit., pag. 22). Tuttavia, come emerge dalla motivazione relativa all’articolo 48 dell’EGBGB, il legislatore tedesco non ha previsto di ampliare le possibilità di scelta del diritto disciplinante il nome già previste, posto che la possibilità di «bilateralizzare» la scelta della legge tedesca in caso di residenza abituale in Germania del titolare è stata formalmente respinta.

( 13 ) La disposizione di cui trattasi «è stata inserita non nel capo “Diritto internazionale privato” [dell’EGBGB], bensì nel capo seguente dal titolo “Adeguamento”, dove va ad aggiungersi all’articolo 47 dell’EGBGB, che riguarda la modifica del nome di una persona acquisito in forza di una legge straniera ma ora disciplinato dal diritto tedesco». L’obiettivo dell’articolo 47 dell’EGBGB è «di permettere di adattare alla lingua o alle tradizioni tedesche, se l’interessato lo richiede, il contenuto o la forma grammaticale di un nome formulato in lingua straniera o in base a un diritto o a una tradizione stranieri». V. Kohler, C., loc. cit., pag. 22.

( 14 ) V. paragrafo 66 infra.

( 15 ) La dottrina sottolinea che «è pur vero che le possibilità offerte dall’articolo 10, paragrafo 3, dell’EGBGB di scegliere la legge applicabile al nome del figlio permette di prevenire simili situazioni in molti casi. Nessuna soluzione sussiste peraltro quando il figlio non possieda la cittadinanza tedesca e il nome acquisito nello Stato membro di residenza sia diverso da quello previsto dalla legge nazionale. Di conseguenza, fermandosi a metà strada, la reazione del legislatore tedesco non arriva a rispettare la giurisprudenza della Corte di giustizia in un numero non trascurabile di casi (…)». V. Kohler, C., loc. cit., pag. 22.

( 16 ) Si veda, al riguardo, anche la nota informativa delle missioni diplomatiche e consolari tedesche in Francia relativa alla procedura amministrativa di modifica del nome.

( 17 ) V., a tal riguardo, paragrafi 8 e 13 supra.

( 18 ) Sentenze dell’11 luglio 2002, D’Hoop (C‑224/98, EU:C:2002:432, punto 27); del 12 maggio 2011, Runevič‑Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 59), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 28).

( 19 ) Sentenze del 20 settembre 2001, Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 31); del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punti 6061), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punti 2930).

( 20 ) Sentenze del 20 settembre 2001, Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 33); del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 62), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 31).

( 21 ) Sentenze del 2 ottobre 2003, Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 25); del 14 ottobre 2008, Grunkin e Paul (C‑353/06, EU:C:2008:559, punto 16); del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punti 3839); del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 63), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 32).

( 22 ) Sentenza del 2 ottobre 2003, Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 27).

( 23 ) Sentenze del 7 luglio 1992, Micheletti e a. (C‑369/90, EU:C:1992:295, punto 10), e del 2 ottobre 2003, Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 28).

( 24 ) Sentenza del 2 ottobre 2003 (C‑148/02, EU:C:2003:539).

( 25 ) Sentenza del 2 ottobre 2003, Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 15). All’epoca dei fatti «il cognome dei figli di una coppia coniugata [era] composto dal primo cognome del padre seguito da quello della madre».

( 26 ) V. paragrafo 56 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:311).

( 27 ) Sentenza del 2 ottobre 2003, Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 36).

( 28 ) Sentenza del 2 ottobre 2003, Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 45).

( 29 ) Sentenza del 14 ottobre 2008 (C‑353/06, EU:C:2008:559).

( 30 ) Il figlio aveva ricevuto, in virtù del diritto danese, il doppio nome «Grunkin-Paul» composto dai nomi del padre e della madre, che era stato ugualmente iscritto nel suo atto di nascita danese.

( 31 ) Sentenza del 14 ottobre 2008, Grunkin e Paul (C‑353/06, EU:C:2008:559, punto 7).

( 32 ) Sentenza del 14 ottobre 2008, Grunkin e Paul (C‑353/06, EU:C:2008:559, punto 39). Di contro, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 12 maggio 2011, Runevič‑Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291), la Corte ha fissato dei limiti alla nozione di «seri inconvenienti» stabilendo che «il diniego delle autorità competenti di uno Stato membro, in forza della normativa nazionale applicabile, di modificare il certificato di matrimonio di un cittadino dell’Unione che possieda la cittadinanza di un altro Stato membro affinché i nomi del cittadino di cui trattasi siano registrati in detto certificato con segni diacritici, quali riportati negli atti di stato civile rilasciati dal suo Stato membro di origine e in una forma che rispetti le regole di grafia della lingua ufficiale nazionale di quest’ultimo Stato, non costituisce, in una situazione come quella oggetto della causa principale, una restrizione alle libertà riconosciute dall’articolo 21 TFUE a ogni cittadino dell’Unione» (punto 82).

( 33 ) Sentenza del 22 dicembre 2010 (C‑208/09, EU:C:2010:806). La sentenza di cui trattasi verteva sul rifiuto di riconoscere il cognome di una cittadina austriaca come determinato in Germania, suo Stato membro di residenza, all’atto della sua adozione da parte di un cittadino tedesco che comprendeva un titolo nobiliare non ammesso in Austria in forza del suo diritto costituzionale.

( 34 ) Sentenza del 2 giugno 2016 (C‑438/14, EU:C:2016:401). La causa riguardava il diniego delle autorità tedesche di riconoscere il nome di un cittadino munito della doppia cittadinanza, tedesca e britannica, che aveva acquisito nel Regno Unito un nome da questi liberamente scelto e contenente vari predicati nobiliari che non erano ammessi dal diritto tedesco.

( 35 ) Occorre osservare che la normativa tedesca oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401), si distingueva dalle disposizioni di diritto austriaco esaminate nell’ambito della causa che ha dato luogo alla sentenza del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806), nel senso che esse non prevedevano un rigoroso divieto di utilizzo e trasmissione dei titoli nobiliari, potendo essi essere portati come parte integrante del nome. La Corte ha tuttavia ritenuto che, anche nel primo caso, si dovesse riconoscere che, considerata nel contesto della scelta costituzionale tedesca, la normativa tedesca, in quanto elemento dell’identità nazionale di uno Stato membro di cui all’articolo 4, paragrafo 2, TUE, poteva rilevare quale elemento di giustificazione di una restrizione al diritto di libera circolazione delle persone riconosciuto dal diritto dell’Unione (sentenza del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff,C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 64).

( 36 ) Ricordo che, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, considerato che l’articolo 21 TFUE comporta non soltanto il diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, ma parimenti il divieto di qualsivoglia discriminazione basata sulla nazionalità, è alla luce di tale sola disposizione che occorre esaminare la situazione del ricorrente nel procedimento principale. V., per analogia, sentenze del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 65), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 34).

( 37 ) V. sentenze del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punto 52 e giurisprudenza citata); del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 66), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 35).

( 38 ) Sentenze del 14 ottobre 2008, Grunkin e Paul (C‑353/06, EU:C:2008:559, punto 21); del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punto 53); del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 68), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 36).

( 39 ) Sentenze del 14 ottobre 2008, Grunkin e Paul (C‑353/06, EU:C:2008:559, punto 22), e del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punto 54).

( 40 ) V., in tal senso, sentenze del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 76), e del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 38).

( 41 ) V. sentenza del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punto 70). V. altresì sentenza del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 40).

( 42 ) V., inoltre, supra, paragrafo 39. A tal riguardo, occorre osservare che, secondo la dottrina tedesca, l’articolo 48 dell’EGBGB costituisce una «risposta minimalista» del legislatore tedesco alle esigenze derivanti dalla giurisprudenza della Corte. Dai lavori preparatori della disposizione di cui trattasi emergerebbe che, nella sua presa di posizione, il Bundesrat (Consiglio federale, Germania) aveva sottolineato il proprio disaccordo con la proposta del governo federale rilevando che la giurisprudenza della Corte richiedeva una reazione a livello non di diritto materiale, ma di diritto internazionale privato. Infatti, l’interesse ad evitare situazioni «difformi» e di giungere a una disciplina correttamente attuabile dalle autorità di stato civile dovrebbe portare a ricercare la soluzione nel contesto dell’articolo 10 dell’EGBGB. Non solo, il Bundesrat redigerebbe un elenco delle questioni lasciate aperte dalla soluzione proposta dal governo federale. V., a tal proposito, Kohler, C., «La reconnaissance de situations juridiques dans l’Union européenne: le cas du nom patronymique», La reconnaissance des situations en droit international privé, sotto la direzione di Paul Lagarde, Atti del convegno internazionale dell’Aja del 18 gennaio 2013, Éditions Pedone, 2013, pag. 75.

( 43 ) A questo proposito, il sig. Freitag è stato invitato alla Corte a indicare se avesse presentato domanda di modifica del nome ai sensi delle legge sulla modifica del nome e, se del caso, quale ne fosse stato l’esito. Il sig. Freitag ha risposto alla domanda in senso negativo spiegando che, in occasione di un incontro presso l’Ufficio di stato civile di Wuppertal, gli era stato fatto presente che il ricorso alla procedura di modifica del nome non era possibile nel suo avendo egli ottenuto il nome Freitag sulla base di una decisione giurisdizionale rumena [v. sentenza civile n. 458/s del tribunale distrettuale di Brașov del 21 maggio 1997]. Una decisione amministrativa non potrebbe quindi annullare una decisione giurisdizionale. All’udienza il governo tedesco ha espresso i propri dubbi in merito alla pertinenza delle informazioni ricevute dal sig. Freitag. Secondo tale governo, il fatto che il nome portato in un altro Stato membro tragga origine da una dichiarazione in base al diritto di famiglia, da una procedura amministrativa, da una decisione giurisdizionale o da un provvedimento dello Stato non rileva ai fini dell’accoglimento di una domanda ai sensi della legge sulla modifica del nome.

( 44 ) La dottrina ricorda che il termine «riconoscimento», quale risultante dalla giurisprudenza della Corte, non dev’essere inteso nel senso che indichi, ad esempio, il riconoscimento delle decisioni giurisdizionali. Il termine in parola si riferisce invece al «procedimento mediante il quale lo Stato membro ospitante accetta il cognome come esistente in un altro Stato membro [d’origine] e rinuncia a prendere posizione esso stesso sulla sua regolarità. L’oggetto del riconoscimento è quindi la situazione giuridica riferita, in uno Stato membro, al nome di una persona». V. Kohler, C., loc. cit., pag. 71. V., a tal riguardo, anche Mayer, P., «La reconnaissance: notions et méthodes», La reconnaissance des situations en droit international privé, op. cit., pagg. da 27 a 33.

( 45 ) V., in proposito, paragrafo 41 supra.

( 46 ) Ricordo, a questo proposito che, a norma dell’articolo 48 dell’EGBGB «(…) [l]a scelta del nome ha effetto retroattivo dal momento della trascrizione nei registri dello stato civile dell’altro Stato membro, salvo che la persona dichiari espressamente che tale scelta debba produrre effetti solo per il futuro. La dichiarazione dev’essere resa per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (…)». Di contro, come confermato dal governo tedesco in udienza, la procedura di cambiamento del nome prevista nella legge sulla modifica del nome non ha carattere retroattivo, il che, come parimenti ricordato dalla Commissione all’udienza, non viola il diritto dell’Unione, non imponendo un obbligo di retroattività.

( 47 ) V., in particolare, per analogia, sentenza del 12 settembre 2006, Eman e Sevinger (C‑300/04, EU:C:2006:545, punto 67).

Top