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Document 62014TJ0796

Sentenza del Tribunale (Ottava Sezione) del 15 settembre 2016.
Philip Morris Ltd contro Commissione europea.
Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti elaborati nell’ambito dei lavori preparatori della direttiva sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale – Eccezione relativa alla tutela del processo decisionale – Interesse pubblico prevalente.
Causa T-796/14.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2016:483

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

15 settembre 2016 ( *1 )

«Accesso ai documenti — Regolamento (CE) n. 1049/2001 — Documenti elaborati nell’ambito dei lavori preparatori della direttiva sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati — Diniego di accesso — Eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale — Eccezione relativa alla tutela del processo decisionale — Interesse pubblico prevalente»

Nella causa T‑796/14,

Philip Morris Ltd, con sede in Richmond (Regno Unito), rappresentata da K. Nordlander e M. Abenhaïm, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Baquero Cruz e F. Clotuche-Duvieusart, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda, presentata ai sensi dell’articolo 263 TFUE, di annullamento della decisione Ares (2014) 3142109 della Commissione, del 24 settembre 2014, che nega alla ricorrente l’accesso integrale ai documenti richiesti, ad eccezione dei dati personali modificati ivi contenuti,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da D. Gratsias, presidente, M. Kancheva e C. Wetter (relatore), giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 gennaio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

Con lettera del 22 gennaio 2014, la ricorrente, Philip Morris Ltd, ha presentato al Segretariato generale della Commissione europea un certo numero di domande di accesso a documenti in base al regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43).

2

Tutte queste domande riguardavano il procedimento legislativo sfociato nell’adozione della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU 2014, L 127, pag. 1; in prosieguo: la «DPT»).

3

Con e‑mail del 21 febbraio 2014, la direzione generale (DG) «Salute e protezione dei consumatori» della Commissione ha informato la ricorrente che essa non era in condizione di rispondere nei termini previsti dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, visto il volume dei documenti in questione, e ha proposto di trovare una soluzione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

4

Con lettera del 10 marzo 2014, la ricorrente ha accettato la proposta della DG «Salute e protezione dei consumatori» di ripartire i documenti richiesti in diversi lotti. Ha respinto tuttavia tale proposta se essa avesse significato che di conseguenza non avrebbe ricevuto risposta per tutti i documenti richiesti entro il 25 aprile 2014.

5

Con lettera del 21 marzo 2014, il capo dell’unità D4 «Sostanze di origine umana e lotta contro il tabagismo» della DG «Salute e protezione dei consumatori» ha indicato che il termine proposto dalla ricorrente non era ragionevole, precisando che un’istituzione aveva la possibilità di procedere al bilanciamento tra, da una parte, l’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti e, dall’altra parte, la mole di lavoro che ne derivava, al fine di preservare, in casi particolari, l’interesse ad una corretta amministrazione. Essa ha anche precisato che sarebbe ritornata su tale questione il prima possibile per definire le tappe successive e i termini applicabili.

6

Con lettera del 2 aprile 2014, il direttore della DG «Salute e protezione dei consumatori» ha risposto ad alcune domande di accesso e ha informato la ricorrente che essa avrebbe trattato le domande relative agli altri documenti identificati in diversi lotti.

7

Con lettera del 23 aprile 2014, la ricorrente ha ricordato alla Commissione che, in mancanza di un accordo equo, quest’ultima era vincolata ai termini previsti dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, precisando che si era riservata il diritto di agire in giudizio nel caso in cui le sue domande fossero ancora pendenti il 1o maggio 2014. Essa ha parimenti chiesto di modificare leggermente l’ordine di priorità dei lotti, modifica che, per gran parte, è stata accettata dalla Commissione.

8

Con la sua risposta iniziale del 15 maggio 2014, la DG «Salute e protezione dei consumatori», per quanto riguarda i documenti del lotto n. 1 (39 documenti in totale), del lotto n. 3 (24 documenti in totale) e del lotto n. 5 (5 documenti in totale), ha accordato un accesso integrale alla maggior parte di detti documenti (previa rimozione dei dati personali). Essa ha indicato che l’esame dei documenti dei lotti nn. 2 e 4, nonché di una parte dei documenti del lotto n. 3, era ancora in corso. Per 13 documenti del lotto n. 1 o del lotto n. 3, la Commissione ha concesso un accesso parziale. Il diniego di accesso integrale era fondato sulla tutela del processo decisionale (prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001), della consulenza legale (prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001), delle relazioni internazionali (prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001), degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica (prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001), nonché della vita privata e l’integrità dell’individuo (prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001).

9

Con lettera del 6 giugno 2014, la ricorrente ha presentato una domanda di conferma alla Commissione, volta ad ottenere l’accesso integrale ai 13 documenti per i quali la Commissione aveva accordato soltanto un accesso parziale.

10

Il 1o giugno 2014, il Segretariato generale della Commissione ha prorogato il termine per la risposta di quindici giorni lavorativi, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

11

Il 23 luglio 2014, è stata inviata alla ricorrente una seconda risposta interlocutoria.

12

Il 24 settembre 2014, la Commissione ha adottato la decisione Ares (2014) 3142109 in risposta alla domanda di conferma (in prosieguo: la «decisione impugnata»), che negava l’accesso integrale a 6 dei 13 documenti oggetto della domanda di conferma.

13

Tale diniego era motivato dalla necessità di tutelare:

per quanto concerne i documenti n. 1 e nn. da 3 a 7, la vita privata e l’integrità dell’individuo (articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001);

per quanto concerne il documento n. 1, la consulenza legale (articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001);

per quanto concerne i documenti nn. da 3 a 7, le procedure giurisdizionali (articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001);

per quanto concerne i documenti n. 1 e nn. da 3 a 7, il processo decisionale (articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001);

in subordine, per quanto concerne i documenti n. 1 e nn. da 3 a 7, il processo decisionale (articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001).

14

Inoltre, la Commissione ha ritenuto che non sussistesse nemmeno un interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, in fine, del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 4, paragrafo 3, primo e secondo comma, in fine, del medesimo regolamento, che giustificasse comunque la divulgazione dei documenti.

15

Infine, applicando l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione ha concesso un accesso integrale ai documenti n. 2 e nn. da 8 a 13, e un accesso parziale più ampio per quanto riguarda i documenti nn. 1 e 3. Essa ha considerato che un accesso parziale supplementare ai documenti restanti (documenti n. 1 e nn. da 3 a 7) non era possibile, in quanto le parti occultate in tali documenti erano riconducibili, come già spiegato, alle eccezioni invocate.

Procedimento e conclusioni delle parti

16

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 dicembre 2014, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

17

Il 16 marzo 2015 la Commissione ha depositato il controricorso.

18

Ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso che un secondo scambio di memorie non era necessario.

19

Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

20

Con ordinanza dell’11 novembre 2015, il Tribunale ha ordinato alla Commissione di produrre una copia dei documenti richiesti, in base all’articolo 91, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, e ha indicato che, ai sensi dell’articolo 104 di detto regolamento, tali documenti non sarebbero stati comunicati alla ricorrente. La Commissione ha ottemperato a tale ordinanza nel termine impartito.

21

Con decisione del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale del 16 dicembre 2015, le cause T‑796/14, T‑800/14 e T‑18/15 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

22

Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti loro posti dal Tribunale all’udienza del 21 gennaio 2016.

23

La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso ricevibile;

annullare la decisione impugnata per diniego di accesso integrale ai documenti n. 1 e nn. da 3 a 7, elencati nel ricorso, ad eccezione dei dati relativi alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo;

condannare la Commissione alle spese.

24

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

25

A sostegno del ricorso, la ricorrente presenta tre motivi di ricorso vertenti, il primo, su un difetto di motivazione, il secondo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e, il terzo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del citato regolamento.

Sul primo motivo di ricorso, relativo ad un difetto di motivazione della decisione impugnata

26

La ricorrente imputa alla Commissione di non aver motivato il suo diniego di accesso parziale. Innanzitutto, la Commissione avrebbe infatti presentato argomenti generici per giustificare il suo diniego, senza precisare per ciascun diniego i motivi e le circostanze fattuali pertinenti. In seguito, circa la questione della sussistenza di un interesse pubblico prevalente, invece di procedere al bilanciamento delle esigenze motivo per motivo, la Commissione avrebbe effettuato un’unica valutazione per tutti i diversi motivi e documenti. Per questa ragione, la decisione impugnata dovrebbe essere annullata. Inoltre, nell’applicare l’eccezione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, la decisione impugnata non spiegherebbe se la giustificazione invocata per ogni occultamento riguardava una «consulenza legale» o una «procedura giurisdizionale». Infine, il principio di parità delle armi non sarebbe rilevante nel contesto di un accesso a documenti relativi ad un procedimento legislativo.

27

La Commissione contesta la fondatezza di tali argomenti.

28

Occorre subito osservare che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione è una forma prescritta ad substantiam che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legalità sostanziale dell’atto controverso (sentenze del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, EU:C:2001:178, punto 35, e del 26 ottobre 2011, Dufour/BCE, T‑436/09, EU:T:2011:634, punto 52).

29

Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dell’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui al menzionato articolo occorre tener conto non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63; del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punto 55; del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 80, e del 19 novembre 2014, Ntouvas/ECDC, T‑223/12, non pubblicata, EU:T:2014:975, punto 20).

30

Nel caso di una domanda di accesso a documenti, qualsiasi decisione di un’istituzione basata sulle eccezioni elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 deve essere motivata. Se un’istituzione decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve in primo luogo fornire spiegazioni su come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che essa invoca e, in secondo luogo, nei casi indicati ai paragrafi 2 e 3 di tale articolo, verificare se sussista un interesse pubblico prevalente che giustifichi comunque la divulgazione del documento in parola (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 4849; dell’11 marzo 2009, Borax Europe/Commissione, T‑121/05, non pubblicata, EU:T:2009:64, punto 37, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 96).

31

Spetta quindi all’istituzione che ha negato l’accesso a un documento fornire una motivazione che consenta di comprendere e verificare, da un lato, se il documento richiesto rientri effettivamente nell’ambito dell’eccezione invocata e, dall’altro, se l’esigenza di tutela relativa a tale eccezione sia reale (sentenze del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, EU:T:2005:143, punto 61, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 99).

32

Nel caso di specie, risulta dalla motivazione della decisione impugnata che la Commissione ha fondato il diniego di accesso integrale, per quanto rileva nella presente controversia, sulle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino (tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale) e dall’articolo 4, paragrafo 3, primo e secondo comma (tutela del processo decisionale) del regolamento n. 1049/2001.

33

Risulta parimenti che, in combinato disposto con la decisione iniziale, i documenti controversi, per i quali è stato concesso soltanto un accesso parziale, sono i seguenti:

documento n. 1: «Nota per il fascicolo – Riunione dell’unità C6 con il LS e il SG», del 6 maggio 2011, contenente il verbale di una riunione tra i rappresentati della DG «Salute e protezione dei consumatori» e il servizio giuridico della Commissione;

documento n. 3: verbale della riunione del gruppo direttivo sulla valutazione d’impatto della revisione della direttiva relativa ai prodotti del tabacco, organizzata il 19 luglio 2012;

documento n. 4: e‑mail di un funzionario della DG «Imprese e industria» del 13 marzo 2012, concernente certe questioni dibattute internamente durante il processo di elaborazione della direttiva relativa ai prodotti del tabacco;

documento n. 5: e‑mail di un funzionario della DG «Mercato interno e servizi» dell’11 maggio 2011, indirizzata a diverse direzioni generali relativamente alla quarta riunione del gruppo direttivo sulla valutazione d’impatto;

documento n. 6: e‑mail di un funzionario della DG «Mercato interno e servizi» del 20 marzo 2012, indirizzata a diverse direzioni generali;

documento n. 7: e‑mail di un funzionario della DG «Mercato interno e servizi» del 20 luglio 2012, indirizzata ad altri funzionari della stessa DG che riporta il verbale di una riunione organizzata il 19 luglio 2012 tra diversi servizi della Commissione.

34

Da un parte, la Commissione ha ritenuto che la divulgazione del documento n. 1, contenente un parere del servizio giuridico, avrebbe arrecato pregiudizio alla consulenza legale tutelata dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, eccezione volta a proteggere l’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi. La divulgazione renderebbe di pubblico dominio pareri interni su questioni molto sensibili che sono divenute oggetto di un contenzioso. Per quanto riguarda i documenti nn. da 3 a 7, redatti per uso interno nell’ambito di deliberazioni e consultazioni preliminari relative all’adozione di proposte legislative e contenenti osservazioni di diversi servizi della Commissione relative all’imballaggio e all’etichettatura dei prodotti del tabacco e alle modalità di vendita dei prodotti del tabacco, essa ha ritenuto che la loro divulgazione avrebbe arrecato pregiudizio alle procedure giurisdizionali anch’esse tutelate dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

35

Tanto nell’ambito della tutela della consulenza legale quanto nell’ambito della tutela delle procedure giurisdizionali, la Commissione ha ritenuto che una divulgazione integrale dei documenti richiesti avrebbe potuto incidere negativamente sulla possibilità che essa aveva di difendere efficacemente la validità della DPT. Essa ha indicato che tale rischio di pregiudizio all’interesse tutelato non era ipotetico, ma reale e tangibile e ha menzionato a tal riguardo:

il ricorso introdotto dalla Polonia dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea contro il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea [causa sfociata nella sentenza del 4 maggio 2016, Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, EU:C:2016:323)];

il fatto che l’adozione della DPT era stata fortemente contestata dall’industria del tabacco e, pertanto, che questioni pregiudiziali vertenti sulla legittimità di tale direttiva e misure degli Stati membri erano attese in un futuro prossimo, come ai tempi della prima direttiva sui prodotti del tabacco;

il fatto che, nel frattempo, la ricorrente stessa aveva annunciato l’introduzione di una causa dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Alta Corte d’Inghilterra e del Galles per questioni di diritto amministrativo, Regno Unito) avverso la DPT, il che implicherebbe, con ogni probabilità, che la Corte di giustizia dell’Unione europea sia chiamata a pronunciarsi sulla controversia attraverso un rinvio pregiudiziale;

le diverse cause pendenti dinanzi all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (tale motivo è stato invocato unicamente rispetto all’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali per i documenti nn. da 3 a 7).

36

Inoltre, la Commissione ha ritenuto che la divulgazione dei documenti n. 1 e nn. da 3 a 7 avrebbe arrecato pregiudizio anche alla tutela del processo decisionale prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Poiché la direttiva sui prodotti del tabacco è oggetto di un ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, la Commissione non escluderebbe, nel caso di annullamento della DPT, che il processo decisionale legislativo relativo a tale dossier debba essere rilanciato e che un tale processo legislativo eventuale venga gravemente danneggiato dalla divulgazione integrale dei documenti contenenti riflessioni su tale argomento. In tale contesto, la Commissione ha ritenuto nella decisione impugnata che la divulgazione delle parti occultate dei documenti in questione avrebbe arrecato pregiudizio al processo decisionale ai sensi dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 e che, fintanto che il procedimento giurisdizionale rimarrà pendente, il processo decisionale non potrà essere considerato come definitivamente concluso. In subordine, la Commissione ha ritenuto che i documenti fossero coperti anche dall’eccezione prevista al secondo comma dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

37

D’altra parte, la Commissione ha escluso l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. Pur riconoscendo l’importanza della trasparenza per consentire la partecipazione dei cittadini al processo democratico e la presunzione di trasparenza per quanto riguarda i documenti relativi ad un procedimento legislativo, la Commissione ha comunque ritenuto che la tutela delle sue riflessioni interne, del principio di parità delle armi e del suo processo decisionale avesse maggiore importanza. Inoltre, essa ha considerato che l’interesse invocato dalla ricorrente era di natura privata e non pubblica.

38

Va osservato che emerge dalla motivazione della decisione impugnata che, conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 29 e 30, la Commissione ha indicato, in maniera sufficientemente chiara e comprensibile, le ragioni per cui essa riteneva, da un lato, che l’accesso ai documenti richiesti avrebbe arrecato un pregiudizio concreto ed effettivo all’interesse tutelato dalle eccezioni dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 invocate e, dall’altro, che non esistesse un interesse pubblico prevalente che giustificasse comunque la loro divulgazione.

39

Occorre aggiungere poi che, come risulta dalle memorie della ricorrente, la motivazione della decisione impugnata le ha permesso di comprendere le ragioni del diniego di accesso e di preparare il suo ricorso. Inoltre, tale motivazione è altresì sufficiente per consentire al Tribunale di esercitare il suo sindacato.

40

Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la decisione impugnata è sufficientemente motivata. La questione della fondatezza delle eccezioni invocate per i documenti richiesti deve essere oggetto di una valutazione nell’ambito del secondo e del terzo motivo di ricorso.

41

Pertanto, il primo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

42

Con il secondo motivo di ricorso, in primo luogo, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver dimostrato caso per caso in che modo la divulgazione avrebbe pregiudicato concretamente ed effettivamente la tutela della consulenza legale o delle procedure giurisdizionali. In secondo luogo, essa ritiene che l’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali non sia applicabile.

43

Per quanto riguarda le giustificazioni relative alla consulenza legale, la ricorrente ritiene che le istituzioni dovrebbero ‑ come regola generale ‑ rivelare i pareri dei loro servizi giuridici sul procedimento legislativo e che la Commissione non abbia fornito alcuna spiegazione che dimostri perché, nel caso di specie, una divulgazione integrale dei documenti in questione avrebbe arrecato pregiudizio concretamente ed effettivamente alla protezione della consulenza legale. Orbene, riferimenti astratti alla capacità del servizio giuridico di difendere la legittimità della DPT non sarebbero pertinenti né per l’eccezione che tutela la consulenza legale né per l’eccezione che tutela le «procedure giurisdizionali». Infine, la Commissione non avrebbe effettuato una valutazione dettagliata e specifica per determinare se vi fosse un interesse pubblico prevalente tale da giustificare la divulgazione di ciascuno dei documenti in questione.

44

Per quanto riguarda l’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali, la ricorrente ritiene che essa non sia applicabile. I documenti in questione sono stati elaborati unicamente nell’ambito di consultazioni e deliberazioni preliminari in vista dell’adozione della proposta legislativa di cui si tratta e nessuno di tali documenti è stato creato nell’ambito di una procedura giurisdizionale, conclusa o futura.

45

Quanto al riferimento fatto dalla Commissione al procedimento dell’OMC, la ricorrente sottolinea che l’obbligo di interpretare le eccezioni in senso restrittivo esclude necessariamente tale procedimento, poiché il meccanismo di risoluzione delle controversie dell’OMC non è una «giurisdizione». Inoltre, il procedimento dell’OMC troverebbe il suo fondamento in un quadro giuridico totalmente diverso e i documenti richiesti non potrebbero essere rilevanti per un caso dell’OMC.

46

La Commissione contesta la fondatezza di tali argomenti.

47

La Commissione ritiene, per quanto riguarda la tutela della consulenza legale, di aver fornito ragioni sufficienti per spiegare che il documento n. 1 meritava tutela.

48

Per quanto riguarda l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, la Commissione sostiene che tale eccezione non può che essere interpretata nel senso che essa copre, prima e dopo l’avvio del procedimento giudiziario, non soltanto i documenti depositati nel fascicolo e i documenti redatti unicamente ai fini di un procedimento giurisdizionale specifico, ma anche altri documenti interni strettamente «affini» o «rilevanti» ai fini dei procedimenti giurisdizionali futuri o pendenti, dato che la divulgazione di tali documenti infrangerebbe il principio di parità delle armi e nuocerebbe al sereno e corretto svolgimento della procedura giurisdizionale.

49

Va ricordato che, conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento espresso dall’articolo 1, secondo comma, TUE di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di una «unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa», in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni si ricollega al carattere democratico di queste ultime (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 34; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 68, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 72).

50

A tal fine, il regolamento n. 1049/2001, come indicato nel suo considerando 4 e nel suo articolo 1, mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 33; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 69, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 73).

51

Indubbiamente, tale diritto è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su motivi di interesse pubblico o privato. Più specificamente, e in conformità con il suo considerando 11, il regolamento n. 1049/2001 prevede, al suo articolo 4, un regime di eccezioni che consentono alle istituzioni di negare l’accesso a un documento nel caso in cui la divulgazione di quest’ultimo arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati da tale articolo (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 62; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti 7071; e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 74 e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 29).

52

Nondimeno, dato che tali eccezioni derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 63; del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 36; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 73, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75).

53

Tuttavia, il solo fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima (sentenze del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 51, e del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 69).

54

Da un lato, infatti, qualora l’istituzione interessata decida di negare l’accesso a un documento che le è stato chiesto di comunicare, deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che essa invoca. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v., sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata).

55

Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, deve procedere al bilanciamento tra l’interesse specifico da tutelare impedendo la divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale all’accessibilità di tale documento, tenendo conto dei vantaggi che derivano, come rileva il considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da una maggiore trasparenza, consistenti in una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e in una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 45; del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 32, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 53).

56

Inoltre, la Corte ha altresì statuito che tali considerazioni presentano, con ogni evidenza, una rilevanza del tutto particolare allorché il Consiglio agisce in veste di legislatore, come risulta dal considerando 6 del regolamento n. 1049/2001, a mente del quale proprio in tale ipotesi deve essere autorizzato un accesso più ampio ai documenti. La trasparenza, al riguardo, contribuisce a rafforzare la democrazia permettendo ai cittadini di controllare tutte le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo. Infatti, la possibilità per i cittadini, di conoscere il fondamento delle azioni legislative è condizione per l’esercizio effettivo, da parte di questi ultimi, dei loro diritti democratici (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 46, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 33). Per quanto tale giurisprudenza riguardi una domanda di accesso a documenti del Consiglio, essa è pertinente anche per i documenti della Commissione predisposti nell’ambito di un procedimento legislativo.

Sulla tutela della consulenza legale

57

La ricorrente critica in sostanza le giustificazioni vaghe invocate dalla Commissione, giustificazioni che, a suo parere, sono ad ogni modo già state respinte dalla giurisprudenza.

58

Con riferimento all’eccezione riguardante la consulenza legale prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, risulta dalla giurisprudenza che l’esame che l’istituzione interessata deve effettuare quando le viene richiesta la divulgazione di un documento deve necessariamente svolgersi in tre fasi, corrispondenti ai tre criteri previsti da tale disposizione (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 37, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 95).

59

L’istituzione deve quindi, in una prima fase, assicurarsi che il documento di cui è chiesta la divulgazione configuri effettivamente una consulenza legale. In una seconda fase, deve esaminare se la divulgazione delle parti del documento in parola individuate come concernenti la consulenza legale comprometta la tutela di cui tale consulenza deve beneficiare, nel senso che detta divulgazione arrecherebbe pregiudizio all’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi. Il rischio di pregiudizio a tale interesse, per poter essere invocato, deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico. In una terza e ultima fase, se l’istituzione ritiene che la divulgazione di un documento arrecherebbe pregiudizio alla tutela della consulenza legale quale sopra definita, è suo dovere verificare che non esista un interesse pubblico prevalente che giustifichi tale divulgazione, nonostante il pregiudizio che ne deriverebbe alla sua facoltà di chiedere una consulenza legale e di ricevere pareri franchi, obiettivi e completi (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti da 38 a 44, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 96).

60

La Corte ha anche statuito che, qualora la divulgazione della consulenza legale del servizio giuridico di un’istituzione resa nell’ambito di procedimenti legislativi potesse pregiudicare l’interesse alla tutela dell’indipendenza di detto servizio giuridico, tale rischio dovrebbe essere bilanciato con gli interessi pubblici prevalenti soggiacenti al regolamento n. 1049/2001. Costituisce un siffatto interesse pubblico prevalente il fatto che la divulgazione dei documenti contenenti il parere del servizio giuridico di un’istituzione su questioni giuridiche sorte nel corso del dibattito su iniziative legislative possa aumentare la trasparenza e l’apertura del procedimento legislativo e rafforzare il diritto democratico dei cittadini europei di controllare le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo, come indicato, in particolare, nei considerando 2 e 6 di detto regolamento (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 67).

61

Risulta dalle considerazioni innanzi esposte che il regolamento n. 1049/2001 impone, in linea di principio, un obbligo di divulgare i pareri del servizio giuridico di un’istituzione relativi ad un procedimento legislativo (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 68).

62

Tale constatazione non impedisce tuttavia che la divulgazione di un parere giuridico specifico, reso nell’ambito di un procedimento legislativo, ma avente contenuto particolarmente sensibile o portata particolarmente estesa che travalichi l’ambito del procedimento legislativo di cui trattasi, venga negata richiamandosi alla tutela della consulenza legale. In tali circostanze, l’istituzione interessata dovrebbe motivare il rifiuto in modo circostanziato (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 69).

63

Nel caso di specie, il Tribunale ha potuto constatare, in seguito alla presentazione dei documenti nell’ambito della misura istruttoria adottata con l’ordinanza del Tribunale dell’11 novembre 2015, che il documento n. 1 è un parere del servizio giuridico della Commissione.

64

Nonostante risulti dalla sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374), che in linea di principio un parere giuridico debba essere divulgato, tale sentenza non esclude la possibilità di non divulgare un parere giuridico in casi particolari.

65

Inoltre, è pur vero che la Corte ha respinto l’argomento secondo cui la divulgazione di un parere giuridico potrebbe arrecare pregiudizio alla capacità dell’istituzione di difendere successivamente la validità di un atto legislativo dinanzi a un giudice come argomento talmente generico da non poter giustificare un’eccezione alla trasparenza prevista dal regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 65).

66

Tuttavia, a differenza della causa che ha dato luogo alla sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374), va rilevato che, nel caso di specie, quando è stata adottata la decisione impugnata, il 24 settembre 2014, dinanzi ai giudici del Regno Unito era pendente un ricorso introdotto a fine giugno dalla ricorrente per contestare la DPT, il quale implicava una forte probabilità di rinvio pregiudiziale, viste le questioni giuridiche controverse legate alla DPT e la genesi legislativa della DPT (v., punto 91 infra).

67

Giustamente quindi la Commissione ha ritenuto che un rinvio pregiudiziale sarebbe stato prevedibile in un futuro prossimo. Inoltre, la Repubblica di Polonia aveva introdotto, il 22 luglio 2014, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea un ricorso contestando la validità di un certo numero di disposizioni della DPT che violerebbero, a suo parere, l’articolo 114 TFUE, il principio di proporzionalità nonché il principio di sussidiarietà.

68

Pertanto, non è privo di fondamento l’argomento della Commissione vertente sul pregiudizio alla sua capacità di difendere la sua posizione in sede di procedure giurisdizionali e al principio di parità delle armi.

69

Risulta, infatti, dalle parti divulgate del documento n. 1 che il servizio giuridico riteneva che, per determinate scelte politiche, alcune delle quali erano state occultate, contenute nel progetto di valutazione d’impatto e legate ai prodotti del tabacco, l’Unione europea non avesse la competenza per legiferare o che tale scelta politica non fosse proporzionata alla luce dell’articolo 114 TFUE.

70

Orbene, la divulgazione delle parti occultate nel documento n. 1 potrebbe compromettere la tutela della consulenza legale, vale a dire la tutela dell’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi nonché la posizione del servizio giuridico della Commissione nella sua difesa della validità della DPT dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, su un piano di parità con le altre parti, poiché rivelerebbe l’opinione del suo servizio giuridico su questioni delicate e controverse prima ancora di aver avuto l’occasione di presentare tale posizione nel corso del procedimento giurisdizionale, mentre nessun obbligo simile è imposto all’altra parte.

71

Infine, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la Commissione non avrebbe effettuato una valutazione dettagliata e specifica per determinare se un interesse pubblico prevalente avrebbe potuto giustificare la divulgazione dei documenti in questione, occorre constatare che risulta dalla decisione impugnata che la Commissione ha fornito i motivi basati sul suo diritto alla difesa per giustificare il fatto di subordinare l’interesse pubblico alla trasparenza ai motivi sottesi all’eccezione che essa aveva sollevato. Essa ha anche spiegato che l’interesse della ricorrente a ottenere il più ampio accesso possibile ai documenti non era un interesse pubblico, ma chiaramente un interesse privato. Di conseguenza, non si può ritenere che la Commissione non abbia effettuato una valutazione concreta o che essa non abbia enunciato i motivi a fondamento della sua decisione.

72

Pertanto, la censura relativa alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, inteso a tutelare la consulenza legale, deve essere respinta.

Sulla tutela delle procedure giurisdizionali

73

Come menzionato al precedente punto 44, la ricorrente contesta l’applicabilità dell’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali per i documenti nn. da 3 a 7. Inoltre, la Commissione non avrebbe spiegato perché la divulgazione avrebbe pregiudicato concretamente ed effettivamente la tutela delle procedure giurisdizionali.

74

Va ricordato che tra le eccezioni tassativamente elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 si trova quella relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali.

75

Dalla giurisprudenza risulta che l’espressione «procedure giurisdizionali» deve essere interpretata nel senso che la protezione dell’interesse pubblico osta alla divulgazione del contenuto dei documenti redatti ai soli fini di un procedimento giudiziario particolare (v. sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punti 8889 e la giurisprudenza ivi citata; e del 3 ottobre 2012, Jurašinović/Consiglio, T‑63/10, EU:T:2012:516, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata).

76

Parimenti, è stato statuito che, per «documenti redatti ai soli fini di un procedimento giudiziario particolare», occorreva intendere le memorie o gli atti depositati, i documenti interni riguardanti l’istruzione della causa in corso, le comunicazioni relative alla causa scambiate tra la DG interessata e il servizio giuridico o uno studio legale, avendo questa delimitazione dell’ambito di applicazione dell’eccezione nella suddetta causa lo scopo di garantire, da un lato, la protezione del lavoro interno della Commissione e, dall’altro, la riservatezza e la salvaguardia del principio del segreto professionale degli avvocati (sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 90).

77

Inoltre, è stata riconosciuta l’esistenza di una presunzione generale per le memorie relative ad un procedimento giurisdizionale prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, fino a quando il procedimento stesso è pendente (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 94).

78

In tale contesto, la Corte ha considerato che le memorie depositate dinanzi ad essa nell’ambito di un procedimento giurisdizionale presentano caratteristiche del tutto peculiari, in quanto partecipano, per loro stessa natura, all’attività giurisdizionale della Corte ben più che all’attività amministrativa della Commissione, attività quest’ultima che non richiede, peraltro, la stessa ampiezza d’accesso ai documenti dell’attività legislativa di un’istituzione dell’Unione.

79

In effetti, secondo detta giurisprudenza, tali memorie sono redatte esclusivamente ai fini di detto procedimento giurisdizionale e ne costituiscono l’elemento essenziale. È mediante l’atto introduttivo di causa che il ricorrente delimita la controversia ed è in particolare nell’ambito della fase scritta di tale procedimento che le parti forniscono al giudice dell’Unione gli elementi su cui quest’ultimo è chiamato a pronunciare la propria decisione giurisdizionale (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 78).

80

La Corte ha anche considerato che l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali implicava che fossero garantite l’osservanza del principio di parità delle armi nonché la buona amministrazione della giustizia. In effetti, l’accesso di una parte ai documenti potrebbe falsare l’equilibrio indispensabile tra le parti processuali, equilibrio che si pone alla base del principio di parità delle armi, poiché soltanto l’istituzione interessata da una domanda d’accesso ad alcuni documenti, e non invece tutte le parti del procedimento, sarebbe soggetta all’obbligo di divulgazione (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti da 85 a 87).

81

La Corte ha considerato, altresì, che la presunzione che osta alla divulgazione delle memorie si giustifica alla luce dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dei regolamenti di procedura delle giurisdizioni dell’Unione (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti da 96 a 99).

82

Infine, la Corte ha statuito che la presunzione generale precedentemente evocata è applicabile unicamente a uno specifico procedimento giurisdizionale pendente. Mentre si può presumere che la divulgazione delle memorie depositate nell’ambito di un procedimento giurisdizionale pendente arrechi pregiudizio alla tutela del procedimento stesso, in quanto le memorie rappresentano il fondamento dell’esercizio dell’attività giurisdizionale, la Corte ha statuito che ciò non può dirsi qualora il procedimento in questione sia stato definito con una decisione giurisdizionale (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 130).

83

Una volta concluso il procedimento giurisdizionale, non deve più presumersi che la divulgazione delle memorie depositate nell’ambito di detto procedimento possa arrecare pregiudizio alla tutela di tale procedimento. La Corte non ha escluso che la divulgazione di memorie riguardanti un procedimento giurisdizionale concluso, ma collegato a un altro procedimento ancora pendente possa dar luogo a un rischio di pregiudizio per quest’ultimo procedimento, segnatamente nel caso in cui le parti del medesimo non siano le stesse del procedimento conclusosi. Tuttavia, un rischio di tal genere dipende da vari fattori, tra cui, segnatamente, il grado di somiglianza tra gli argomenti dedotti nei due procedimenti. Infatti, se le memorie della Commissione si ripetono solo parzialmente, una divulgazione parziale potrebbe essere sufficiente ad evitare qualsiasi rischio di compromettere il procedimento pendente. Orbene, in tali circostanze, solo un esame concreto delle memorie con riferimento alle quali si chiede l’accesso può consentire alla Commissione di stabilire se la loro divulgazione possa essere negata in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti da 132 a 135).

84

Nel caso di specie, è pacifico che i documenti nn. da 3 a 7 sono stati redatti nel corso degli anni precedenti l’avvio di qualsiasi procedimento giurisdizionale. Come risulta chiaramente dalla decisione impugnata, infatti, detti documenti sono stati redatti nell’ambito delle consultazioni e delle deliberazioni preliminari in vista dell’adozione della proposta legislativa di cui si tratta. Pertanto, non potrebbero, già solo per questo motivo, essere considerati come redatti ai soli fini di un procedimento giurisdizionale particolare (v, in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2012, Jurašinović/Consiglio, T‑63/10, EU:T:2012:516, punto 76).

85

Ciò posto, la Commissione chiede, nell’ambito dell’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, un’interpretazione che copra anche documenti che non sono redatti ai soli fini di un procedimento giurisdizionale, in sostanza, invocando il principio di parità delle armi e il suo diritto alla difesa, che possono subire un pregiudizio a causa di un’interpretazione restrittiva di tale eccezione. Secondo la Commissione, infatti, se la divulgazione dei documenti legati a un procedimento giurisdizionale può compromettere la sua posizione nel processo, lo stesso vale per un documento che riveli al pubblico la sua posizione su questioni che possono essere oggetto di una controversia futura non ancora avviata, ma ragionevolmente prevedibile.

86

Va ricordato che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 52, le eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo.

87

Analogamente, occorre ricordare che la causa sfociata nella sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541), tratta soprattutto di documenti specifici, vale a dire le memorie, nonché della questione di sapere in quale caso una presunzione generale sia applicabile e in quale caso un esame concreto debba essere effettuato per quanto riguarda le memorie.

88

Tuttavia, non risulta dalla giurisprudenza precedentemente citata che altri documenti siano esclusi, se del caso, dall’ambito di applicazione dell’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali. Risulta, infatti, da tale giurisprudenza, che il principio di parità delle armi nonché la buona amministrazione della giustizia sono alla base di tale eccezione (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 85). Orbene, la necessità di assicurare la parità delle armi dinanzi al giudice giustifica la tutela non soltanto dei documenti redatti ai soli fini di una specifica controversia, come le memorie, ma anche dei documenti la cui divulgazione potrebbe compromettere, nell’ambito di una specifica controversia, la parità in questione, che è un corollario della nozione stessa di equo processo. Tuttavia, affinché tale eccezione sia applicabile, occorre che i documenti richiesti, nel momento in cui viene presa la decisione di diniego d’accesso a detti documenti, siano collegati in modo pertinente con un procedimento pendente dinanzi al giudice dell’Unione, per il quale l’istituzione interessata invoca l’eccezione, e che la loro divulgazione, seppure detti documenti non siano stati redatti nell’ambito di un procedimento giurisdizionale pendente, arrechi pregiudizio al principio di parità delle armi e potenzialmente alla capacità dell’istituzione interessata di difendersi nel corso di detto procedimento. In altri termini, occorre che i documenti divulghino la posizione dell’istituzione interessata su questioni controverse sollevate nell’ambito del procedimento giurisdizionale indicato.

89

Le summenzionate considerazioni possono trovare applicazione anche ai procedimenti pendenti dinanzi a un giudice nazionale al momento dell’adozione della decisione di diniego d’accesso ai documenti richiesti, a condizione che tali procedimenti sollevino una questione interpretativa o di validità di un atto di diritto dell’Unione di modo che, tenuto conto del contesto della causa, appaia particolarmente plausibile un rinvio pregiudiziale.

90

In questi due casi, anche se detti documenti non sono stati elaborati nell’ambito di un procedimento giurisdizionale particolare, l’integrità del procedimento giurisdizionale di cui trattasi e la parità delle armi tra le parti potrebbero essere seriamente compromesse se vi fossero parti che beneficiano di un accesso privilegiato a informazioni interne dell’altra parte strettamente collegate agli aspetti giuridici di una causa pendente o potenziale, ma imminente.

91

È risaputo, a tal riguardo, che la proposta legislativa in materia di prodotti del tabacco è una delle proposte dell’Unione più discusse tra quelle adottate recentemente. Alla stregua della prima direttiva sui prodotti del tabacco, oggetto di dibattiti giuridici accesi, era prevedibile quindi che anche la DPT sarebbe stata oggetto di simili dibattiti giuridici.

92

Consta infatti che, come già precedentemente rilevato, al momento dell’adozione della decisione impugnata, un ricorso avverso la DPT e introdotto dalla ricorrente a fine giugno 2014 era pendente dinanzi ai giudici del Regno Unito. Nel luglio 2014, anche la Repubblica di Polonia aveva introdotto dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea un ricorso contestando la validità di un certo numero di disposizioni della DPT che violerebbero l’articolo 114 TFUE, il principio di proporzionalità nonché il principio di sussidiarietà.

93

La Commissione ha potuto quindi giustamente ritenere, vista la genesi legislativa della DPT, che un rinvio pregiudiziale fosse fortemente probabile in un futuro prossimo e che, pertanto, la divulgazione dei documenti in oggetto avrebbe potuto arrecare pregiudizio al principio di parità delle armi nel procedimento giurisdizionale atteso.

94

Occorre, dunque, esaminare se i documenti nn. da 3 a 7 siano «rilevanti» ai fini dei due procedimenti giurisdizionali citati precedentemente e, pertanto, se la divulgazione di tali documenti avrebbe potuto arrecare pregiudizio al principio di parità delle armi, argomento principale invocato dalla Commissione per giustificare il diniego di divulgazione integrale di detti documenti.

95

Va rilevato che la Commissione ha concesso un accesso integrale o parziale molto esteso alla maggior parte dei documenti richiesti. Parimenti, occorre rilevare che, vista la brevità delle parti occultate in alcuni documenti, non era possibile che la Commissione fornisse spiegazioni più dettagliate circa il loro contenuto senza rivelarlo.

96

Peraltro, va constatato che, in seguito alla produzione di documenti nell’ambito della misura istruttoria disposta con l’ordinanza dell’11 novembre 2015, le parti occultate dei documenti nn. da 3 a 7 riguardavano questioni relative all’imballaggio e all’etichettatura nonché agli accordi di vendita dei prodotti del tabacco, questioni suscettibili di essere collegate alla competenza legislativa dell’Unione, alla base giuridica scelta e alla proporzionalità della misura proposta. Inoltre, occorre constatare che si tratta di posizioni prese dai funzionari delle diverse direzioni generali della Commissione relativamente alla legalità delle diverse scelte prospettate.

97

Il principio di parità delle armi, infatti, richiede che l’istituzione da cui promana l’atto controverso sia in grado di difendere dinanzi al giudice, in modo efficace, la legalità del suo operato. Orbene, tale possibilità sarebbe seriamente compromessa se l’istituzione in questione fosse obbligata a difendersi non soltanto contro i motivi e gli argomenti sollevati dalla parte ricorrente o, come nel caso di specie, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale futuro, ma anche dalle posizioni prese al suo interno sulla legalità delle diverse scelte prospettate nel corso dell’elaborazione dell’atto di cui si tratta. In particolare, contrariamente a quanto accade nel caso di documenti che contengono gli elementi costitutivi del substrato fattuale dell’esercizio della competenza della Commissione, la cui divulgazione si può rivelare necessaria per soddisfare gli obiettivi enunciati al precedente punto 30, la divulgazione dei documenti contenenti questo tipo di posizioni, di fatto, ha come risultato quello di costringere l’istituzione interessata a difendersi contro le valutazioni espresse dal proprio personale che alla fine non sono state adottate. Tale circostanza potrebbe infrangere l’equilibrio tra le parti processuali, in quanto la parte ricorrente non potrebbe essere obbligata a divulgare valutazioni interne di questo tipo (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 87).

98

Pertanto, la divulgazione di tali documenti al pubblico, mentre c’è un procedimento giurisdizionale in corso relativo all’interpretazione e alla legalità dell’atto in questione, potrebbe compromettere la posizione difensiva della Commissione nonché il principio di parità delle armi, poiché essa comunicherebbe già le posizioni interne di natura giuridica provenienti dai suoi servizi su questioni controverse mentre un obbligo simile non sarebbe imposto all’altra parte.

99

Alla luce di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo. Inoltre, dato che la Commissione si è basata su più eccezioni e che l’invocazione dell’eccezione relativa alla tutela della consulenza legale era giustificata per il documento n. 1 e quella relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali era giustificata per i documenti nn. da 3 a 7, non è necessario esaminare la fondatezza del terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, vertente sull’eccezione relativa alla tutela del processo decisionale, il quale, in ogni caso, non può che essere respinto.

100

Pertanto, il ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

101

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, essa va condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La Philip Morris Ltd è condannata alle spese.

 

Gratsias

Kancheva

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2016.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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