EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62014TJ0463

Sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 27 aprile 2016.
Österreichische Post AG contro Commissione europea.
Direttiva 2004/17/CE – Procedure di appalto nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali – Decisione di esecuzione che esonera taluni servizi del settore postale in Austria dall’applicazione della direttiva 2004/17 – Articolo 30 della direttiva 2004/17 – Obbligo di motivazione – Manifesto errore di valutazione.
Causa T-463/14.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2016:243

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

27 aprile 2016 ( *1 )

«Direttiva 2004/17/CE — Procedure di appalto nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali — Decisione di esecuzione che esonera taluni servizi del settore postale in Austria dall’applicazione della direttiva 2004/17 — Articolo 30 della direttiva 2004/17 — Obbligo di motivazione — Manifesto errore di valutazione»

Nella causa T‑463/14,

Österreichische Post AG, con sede in Vienna (Austria), rappresentata da H. Schatzmann, J. Bleckmann e M. Oder, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Tokár e C. Vollrath, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale della decisione di esecuzione 2014/184/UE della Commissione del 2 aprile 2014, che esonera taluni servizi del settore postale in Austria dall’applicazione della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 101, pag. 4), nella parte in cui tale direttiva deve continuare a trovare applicazione all’aggiudicazione di appalti relativi a taluni servizi postali in Austria,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da A. Dittrich (relatore), presidente, J. Schwarcz e V. Tomljenović, giudici,

cancelliere: S. Bukšek Tomac, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 ottobre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

La ricorrente, la Österreichische Post AG, è una società per azioni di diritto austriaco detenuta al 52,80% dalla Österreichische Industrieholding AG la quale, a sua volta, è detenuta al 100% dalla Repubblica d’Austria. Essa fornisce servizi postali completi, nonché i servizi e le prestazioni di servizi ad essi connessi, segnatamente nel territorio dell’Austria e, in forza della legge austriaca, è stata designata come operatore di servizio universale in Austria.

2

Con lettera del 30 settembre 2013, la ricorrente ha trasmesso alla Commissione europea una domanda ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 5, della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134, pag. 1), accompagnandola con diverse relazioni peritali. Tale domanda riguardava taluni servizi postali, nonché altri servizi prestati dalla ricorrente nel territorio austriaco. Essa chiedeva alla Commissione di dichiarare che, poiché i servizi di cui trattasi forniti in Austria erano direttamente esposti alla concorrenza, su mercati liberamente accessibili, gli appalti destinati a consentire la prestazione di tali servizi non erano assoggettati alle procedure di aggiudicazione nel settore dei servizi postali previste dalla direttiva 2004/17.

3

I servizi interessati dalla domanda della ricorrente erano i seguenti:

servizi postali per lettere indirizzate tra imprese (in prosieguo: «B2B») e tra imprese e clientela privata (in prosieguo: «B2C») a livello nazionale (servizi «interni» e «in arrivo»);

servizi postali per lettere indirizzate tra clienti privati (in prosieguo: «C2C») e tra clientela privata e imprese (in prosieguo: «C2B») a livello nazionale (servizi «interni» e «in arrivo»);

servizi postali per lettere indirizzate all’estero («in partenza») B2B e B2C (in prosieguo: «B2X») nonché C2B e C2C (in prosieguo: «C2X»);

servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale;

servizi postali per corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo a livello nazionale e internazionale;

servizi postali per quotidiani, con e senza indirizzo;

servizi di gestione della corrispondenza;

servizi a valore aggiunto connessi a dispositivi elettronici tramite i quali sono integralmente erogati;

filatelia – francobolli speciali;

servizi finanziari.

4

Con lettere del 18 ottobre e del 5 dicembre 2013, la Commissione ha informato la Repubblica d’Austria di tale domanda, invitando le autorità austriache a comunicarle tutti i fatti rilevanti. Le autorità austriache hanno risposto con lettera del 17 dicembre 2013.

5

Il 20 novembre 2013, tramite l’avviso relativo a una domanda ai sensi dell’articolo 30 della direttiva 2004/17 – Proroga del termine (GU 2013, C 339, pag. 8), la Commissione ha prorogato fino al 2 aprile 2014 il termine per statuire sulla domanda della ricorrente.

6

Dopo taluni scambi di corrispondenza e lo svolgimento di diverse riunioni fra i servizi della Commissione e la ricorrente, la Commissione, il 2 aprile 2014, ha adottato la decisione di esecuzione 2014/184/UE, che esonera taluni servizi del settore postale in Austria dall’applicazione della direttiva 2004/17 (GU L 101, pag. 4; in prosieguo: la «decisione impugnata»), indirizzata alla Repubblica d’Austria. Con tale decisione, essa ha accolto parzialmente la domanda della ricorrente.

7

L’articolo 1 della decisione impugnata dispone che la direttiva 2004/17 non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l’esecuzione in Austria dei seguenti servizi:

servizi di gestione documentale della corrispondenza;

servizi a valore aggiunto connessi a dispositivi elettronici tramite i quali sono integralmente erogati;

servizi di filatelia;

servizi di pagamento offerti a proprio nome.

8

Per quanto riguarda gli altri servizi interessati dalla domanda della ricorrente e menzionati al punto 3 supra, la Commissione ha rilevato, al punto 102 della decisione impugnata, che la condizione dell’esposizione diretta alla concorrenza fissata dall’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 non era rispettata nel territorio austriaco. Tali servizi continuavano pertanto ad essere disciplinati dalla direttiva 2004/17.

Procedimento e conclusioni delle parti

9

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 giugno 2014, la ricorrente ha proposto il presente ricorso, diretto ad ottenere l’annullamento parziale della decisione impugnata.

10

Con lettera registrata presso la cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, la ricorrente ha chiesto il trattamento riservato nei confronti del pubblico di tutti i documenti trasmessi al Tribunale che avessero contenuto segreti aziendali.

11

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

12

Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato, da un lato, la ricorrente a specificare i dati che, a suo avviso, costituivano segreti aziendali e, dall’altro, la Commissione a produrre un documento. Le parti hanno dato seguito a tali richieste nel termine impartito.

13

Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 29 ottobre 2015.

14

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare parzialmente la decisione impugnata, nei limiti in cui, contrariamente alla sua domanda, la direttiva 2004/17 dovrebbe continuare a trovare applicazione all’aggiudicazione di appalti per servizi postali non menzionati all’articolo 1 di tale decisione, ossia:

i servizi postali per lettere indirizzate B2B e B2C a livello nazionale (servizi «interni» e «in arrivo»);

i servizi postali per lettere indirizzate C2C e C2B a livello nazionale (servizi «interni» e «in arrivo»);

i servizi postali per lettere indirizzate all’estero («in partenza») B2X e C2X;

i servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale;

i servizi postali per corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo, a livello nazionale e internazionale;

i servizi postali per quotidiani, con e senza indirizzo;

in subordine, qualora il Tribunale dovesse ritenere irricevibile o impossibile un annullamento parziale della decisione impugnata, annullare interamente la decisione impugnata;

condannare la Commissione alle spese.

15

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

16

A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sette motivi. Essa fa valere, in sostanza, che la Commissione ha applicato in maniera erronea la direttiva 2004/17, in quanto essa non avrebbe concluso che le condizioni previste all’articolo 30, paragrafo 1, di tale direttiva erano soddisfatte. Secondo la ricorrente, dal momento che i servizi postali in questione erano direttamente esposti alla concorrenza, su mercati liberamente accessibili, la Commissione è incorsa in errore ritenendo che gli appalti destinati a consentire la prestazione di tali servizi continuassero ad essere disciplinati dalla direttiva 2004/17.

17

Il primo motivo è relativo all’erronea applicazione dei criteri e dei metodi di delimitazione del mercato previsti dalla direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione concernente il metodo scelto dalla Commissione. I motivi dal secondo al sesto sono relativi all’erronea applicazione della direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione. Tali motivi riguardano la questione se la ricorrente fosse direttamente esposta alla concorrenza sul mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello nazionale (secondo motivo); sul mercato dei servizi postali per lettere indirizzate C2X a livello nazionale (terzo motivo); sul mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X e C2X a livello internazionale (quarto motivo); sul mercato dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale (quinto motivo), e sul mercato dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo, a livello sia nazionale sia internazionale (sesto motivo). Il settimo motivo attiene ad un difetto di motivazione e ad una violazione dell’obbligo di motivazione in relazione al mercato dei servizi postali di consegna ordinaria di quotidiani con e senza indirizzo.

Sul primo motivo, relativo all’erronea applicazione dei criteri e dei metodi di delimitazione del mercato previsti dalla direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione concernente il metodo scelto dalla Commissione

18

La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato, da un lato, il suo obbligo di motivazione quanto al metodo scelto e, dall’altro, la direttiva 2004/17, applicando criteri e metodi erronei per concludere che i servizi postali in questione non erano direttamente esposti alla concorrenza.

19

In primo luogo, nell’ambito del suo argomento secondo cui la Commissione ha violato il proprio obbligo di motivazione, la ricorrente osserva che la Commissione si è limitata ad affermare, al punto 7 della decisione impugnata, che i criteri e la metodologia usati per valutare l’esposizione diretta alla concorrenza a norma dell’articolo 30 della direttiva 2004/17 non erano necessariamente identici a quelli usati per la valutazione a norma degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE o del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 24, pag. 1). Tuttavia, la Commissione non avrebbe illustrato i motivi alla base della sua scelta di criteri e metodi diversi da quelli che devono essere utilizzati per effettuare una valutazione in forza degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, né in cosa consistessero i criteri e i metodi sui quali essa si è basata per adottare la decisione impugnata.

20

Si deve rammentare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc., EU:C:1998:154, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata).

21

È pur vero che, al punto 7 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che tale decisione faceva salva l’applicazione delle regole della concorrenza e che, in particolare, i criteri e la metodologia usati per valutare l’esposizione diretta alla concorrenza a norma dell’articolo 30 della direttiva 2004/17 non erano necessariamente identici a quelli usati per la valutazione a norma degli articoli 101 TFUE o 102 TFUE o del regolamento n. 139/2004.

22

Tuttavia, occorre rilevare che, al punto 8 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che lo scopo di tale decisione era quello di stabilire se i servizi oggetto della domanda della ricorrente fossero esposti a un livello di concorrenza sui mercati liberamente accessibili ai sensi dell’articolo 30 della direttiva 2004/17 tale da garantire che, anche in mancanza della disciplina creata dalle norme dettagliate sugli appalti fissate da tale direttiva, gli appalti per l’esercizio delle attività interessate sarebbero stati aggiudicati secondo procedure trasparenti e non discriminatorie, sulla base di criteri che permettessero agli acquirenti di individuare la soluzione nel complesso più vantaggiosa sul piano economico. Richiamando così la direttiva 2004/17, la Commissione ha illustrato in maniera sufficiente, nella decisione impugnata, le ragioni per cui, a suo avviso, i criteri e la metodologia usati nel diritto della concorrenza dell’Unione europea non potevano essere semplicemente ripresi ai fini dell’applicazione di tale direttiva.

23

Per quanto attiene ai criteri e ai metodi applicati, si deve rilevare che la Commissione ha fatto riferimento, segnatamente al punto 3 della decisione impugnata, all’articolo 30 della direttiva 2004/17. Il paragrafo 2 di tale disposizione stabilisce che, per determinare se un’attività è direttamente esposta alla concorrenza, si ricorre a criteri conformi alle disposizioni del trattato FUE in materia di concorrenza, come le caratteristiche dei beni o servizi interessati, l’esistenza di beni o servizi alternativi, i prezzi e la presenza, effettiva o potenziale, di più fornitori dei beni o servizi in questione. A tal riguardo, occorre parimenti rilevare che tali criteri sono oggetto della decisione 2005/15/CE della Commissione del 7 gennaio 2005, relativa alle modalità d’applicazione della procedura di cui all’articolo 30 della direttiva 2004/17 (GU L 7, pag. 7).

24

Con tali considerazioni, la Commissione ha motivato in maniera sufficiente il metodo scelto. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente relativo ad un’asserita violazione dell’obbligo di motivazione deve essere respinto.

25

In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha violato la direttiva 2004/17 in quanto non avrebbe applicato i criteri e i metodi previsti dal Trattato FUE in materia di concorrenza. Secondo la ricorrente, l’approccio della Commissione era in contraddizione sia con l’articolo 30 della direttiva sia con la decisione 2005/15 e con la comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione sulla definizione del mercato»). Gli studi, gli accertamenti e i test concernenti la delimitazione del mercato rilevante effettuati dalla ricorrente avrebbero il loro fondamento sia in tale comunicazione sia nella decisione 2005/15, e costituirebbero nella giurisprudenza e nella dottrina, nonché nella prassi abituale della Commissione, metodi riconosciuti di determinazione della sostituibilità dei prodotti e, dunque, della delimitazione del mercato del prodotto rilevante. Cionondimeno, la Commissione non avrebbe applicato i criteri e i metodi utilizzati dalla ricorrente. Essa non avrebbe neanche valutato a sufficienza gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente e non avrebbe apportato la prova contraria, in conformità al documento della Commissione intitolato «Migliori pratiche relative alla comunicazione di prove economiche e di raccolta di dati in cause concernenti l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE e in cause di concentrazione».

26

È già stato rilevato (v. punto 21 supra) che, secondo il punto 7 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che i criteri e la metodologia usati per valutare l’esposizione diretta alla concorrenza a norma dell’articolo 30 della direttiva 2004/17 non fossero necessariamente identici a quelli usati per la valutazione a norma degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE o del regolamento n. 139/2004.

27

Tale approccio non è inficiato da un errore di diritto.

28

Infatti, in primo luogo, è ben vero che, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2004/17, per determinare se un’attività è direttamente esposta alla concorrenza, si ricorre a criteri conformi alle disposizioni del trattato FUE in materia di concorrenza. Tuttavia, il testo di tale disposizione non esige che tali criteri siano esattamente quelli delle disposizioni in materia di concorrenza dell’Unione. Inoltre, come affermato dalla Commissione, la direttiva 2004/17 non fa parte del diritto della concorrenza dell’Unione. Essa ha come base giuridica l’articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 CE e 95 CE. L’obiettivo principale delle norme dell’Unione in materia di appalti pubblici consiste nella libera circolazione dei servizi e nell’apertura ad una concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri (v., in tal senso, sentenza dell’11 gennaio 2005, Stadt Halle e RPL Lochau, C‑26/03, Racc., EU:C:2005:5, punto 44), come si evince segnatamente dai considerando 2, 3 e 9 della direttiva 2004/17. A tal riguardo, occorre ricordare che la direttiva 2004/17 è intesa ad aprire alla concorrenza dell’Unione i mercati ai quali essa si applica, favorendo la più ampia manifestazione d’interesse possibile tra gli operatori economici degli Stati membri (v. sentenza del 23 aprile 2009, Commissione/Belgio, C‑287/07, EU:C:2009:245, punto 103 e la giurisprudenza ivi citata). Al punto 8 della decisione impugnata, la Commissione ha giustamente richiamato l’obiettivo di cui alla direttiva 2004/17 al fine di determinare il livello di concorrenza effettiva da conseguire per stabilire, in virtù dell’articolo 30 di tale direttiva, se la prestazione di un’attività sia direttamente esposta alla concorrenza. Inoltre, né gli articoli 101 TFUE e 102 TFUE né il regolamento n. 139/2004 fanno riferimento alla nozione di attività «direttamente esposta alla concorrenza» figurante all’articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2004/17.

29

In secondo luogo, per quanto riguarda la decisione 2005/15, occorre rammentare che, secondo il punto 2 di tale decisione, l’esame delle condizioni di cui all’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 va effettuato esclusivamente ai sensi di tale direttiva e non deve influire sull’applicazione delle norme di concorrenza. Inoltre, si evince dal considerando 40 di tale direttiva che il suo articolo 30 dovrebbe offrire certezza del diritto agli enti interessati e un adeguato procedimento di formazione delle decisioni, assicurando in tempi brevi un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione in materia. Tali considerazioni confermano che, nell’ambito dell’esame di una domanda effettuata ai sensi dell’articolo 30 della direttiva 2004/17, la Commissione non è tenuta ad applicare i criteri e i metodi previsti dal Trattato FUE in materia di concorrenza lasciandoli del tutto invariati.

30

Nella misura in cui la ricorrente fa valere che, all’allegato I, sezione 3, della decisione 2005/15, la Commissione ha confermato l’applicazione dei criteri delle disposizioni in materia di concorrenza, si deve rilevare che la prima frase dell’allegato I, sezione 3, della decisione 2005/15, relativa alla delimitazione del mercato interessato, è effettivamente identica alla definizione del mercato rilevante del prodotto figurante al punto 7 della comunicazione sulla definizione del mercato, riguardante il diritto dell’Unione in materia di concorrenza. Tuttavia, da un lato, la decisione 2005/15 non menziona tale comunicazione. Dall’altro, in forza dell’articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2004/17, i criteri per determinare se un’attività sia direttamente esposta alla concorrenza devono essere conformi alle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza. Inoltre, non è contestato dalla Commissione che i riferimenti al diritto dell’Unione in materia di concorrenza svolgano un ruolo essenziale nell’ambito della procedura prevista all’articolo 30 della direttiva 2004/17, come emerge, in particolare, dal punto 17 della decisione impugnata, nel quale la Commissione ha espressamente fatto riferimento alla normativa dell’Unione sulla concorrenza nell’ambito della sua analisi della sostituibilità dei servizi.

31

Inoltre, per quanto attiene alla comunicazione sulla definizione del mercato e al documento della Commissione intitolato «Migliori pratiche relative alla comunicazione di prove economiche e di raccolta di dati in cause concernenti l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE e in cause di concentrazione», si deve rilevare che essi si riferiscono esclusivamente al diritto dell’Unione in materia di concorrenza. Non emerge affatto da tali documenti che la Commissione sia tenuta ad applicare i criteri e la metodologia menzionati nei medesimi nell’ambito di una procedura relativa al diritto degli appalti pubblici.

32

A ciò si aggiunge che la ricorrente fa valere che la prassi decisionale della Commissione ha fatto sorgere nei suoi confronti un legittimo affidamento in una delimitazione del mercato secondo i metodi del diritto della concorrenza o secondo la comunicazione sulla definizione del mercato. Essa richiama, a tal riguardo, la decisione 2007/169/CE della Commissione, del 16 marzo 2007, relativa all’applicazione dell’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 a taluni servizi di messaggeria e pacchi in Danimarca (GU L 78, pag. 28), la decisione di esecuzione 2011/875/UE della Commissione, del 16 dicembre 2011, che esonera taluni servizi finanziari del settore postale in Ungheria dall’applicazione della direttiva 2004/17 (GU L 343, pag. 77), e la decisione di esecuzione 2014/299/UE della Commissione, del 22 maggio 2014, che esonera taluni servizi del settore postale in Ungheria dall’applicazione della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17 (GU L 156, pag. 10).

33

Tale argomento non può essere accolto. Infatti, da un lato, occorre rilevare che il punto 6 della decisione 2007/169, al pari del punto 10 della decisione 2011/875 e del punto 6 della decisione di esecuzione 2014/299, sottolinea che la valutazione secondo la quale i servizi in questione erano direttamente esposti alla concorrenza è stata fatta unicamente ai fini della direttiva 2004/17 e non pregiudicava l’applicazione delle regole di concorrenza. Inoltre, la decisione di esecuzione 2014/299 non aveva come base giuridica la direttiva 2004/17, bensì la direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17 (GU L 94, pag. 243). Dall’altro, occorre rilevare che Commissione afferma di avere applicato correttamente, nella decisione impugnata, il metodo relativo alla delimitazione del mercato quale previsto nella comunicazione sulla definizione del mercato. A tal riguardo, risulta dal punto 17 della decisione impugnata che, al fine di analizzare la sostituibilità dei servizi in questione, la Commissione ha fatto riferimento ai criteri figuranti nella prima frase dell’allegato I, sezione 3, della decisione 2005/15, la quale corrisponde alla definizione del mercato del prodotto figurante al punto 7 della comunicazione sulla definizione del mercato. Nella misura in cui la ricorrente fa valere che la Commissione non ha applicato tale comunicazione, il suo argomento è dunque inconferente.

34

Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto.

35

Nella misura in cui la ricorrente fa valere in maniera generale, nell’ambito del presente motivo, che la Commissione ha erroneamente respinto gli studi, gli accertamenti e i test concernenti la delimitazione del mercato rilevante da essa effettuati in conformità alla comunicazione sulla definizione del mercato, si deve rilevare che tale argomento non riguarda l’approccio globale relativo ai criteri e al metodo applicati dalla Commissione, bensì l’esame, effettuato da quest’ultima, della questione se i diversi servizi postali in questione fossero direttamente esposti alla concorrenza. Tale argomento verrà pertanto esaminato nell’ambito dei motivi dal secondo al settimo, concernenti le constatazioni della Commissione relative all’esposizione diretta alla concorrenza di tali servizi postali.

Sul secondo motivo, relativo all’erronea applicazione della direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione concernente l’esposizione diretta alla concorrenza sul mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello nazionale

36

La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 30 della direttiva 2004/17 e ha inficiato la sua decisione di un difetto di motivazione in quanto avrebbe dichiarato, ai punti da 14 a 33 della decisione impugnata, che i servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello nazionale non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria. Secondo la ricorrente, la Commissione ha commesso un errore nel delimitare il mercato rilevante. Più precisamente, la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto che la distribuzione elettronica e la distribuzione postale non appartenessero allo stesso mercato B2X nazionale.

37

Si evince dai punti da 14 a 33 della decisione impugnata che la Commissione ha concluso che i servizi postali per le lettere indirizzate B2X a livello nazionale non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria e che, di conseguenza, l’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 non si applicava agli appalti finalizzati allo svolgimento di tali attività in Austria. Per pervenire a tale conclusione, la Commissione ha rilevato, ai punti da 14 a 30 della decisione impugnata, che, poiché l’affermazione della ricorrente secondo la quale la distribuzione elettronica e quella postale appartenevano al medesimo mercato rilevante non poteva essere accolta, il mercato del prodotto poteva essere considerato quello dei servizi postali per lettere indirizzate B2X. Successivamente, essa ha constatato, ai punti 31 e 32 della decisione impugnata, che la ricorrente deteneva una posizione molto forte in questo mercato, con una quota stimata al [riservato] ( 1 )%; che il mercato postale era stato pienamente liberalizzato a decorrere dal gennaio 2011, e che tale liberalizzazione aveva comportato che i concorrenti acquisissero soltanto una quota di mercato stimata in termini aggregati in appena il [riservato]% persino nel segmento più competitivo, ossia i servizi per lettere indirizzate B2X.

38

In via preliminare, occorre ricordare che risulta da una giurisprudenza costante che la definizione del mercato rilevante, implicando valutazioni economiche complesse da parte della Commissione, può essere soggetta solo ad un controllo limitato da parte del giudice dell’Unione (v., per analogia, sentenze del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, Racc., EU:T:2007:289, punto 482; del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, Racc., EU:T:2010:517, punto 66, e del 24 maggio 2012, MasterCard e a./Commissione, T‑111/08, Racc., EU:T:2012:260, punto 169).

39

Tuttavia, il giudice dell’Unione non può astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica. Al riguardo, incombe al medesimo verificare se la valutazione della Commissione si basi su elementi di prova esatti, attendibili e coerenti che costituiscono l’insieme dei dati rilevanti da prendere in considerazione per valutare una situazione complessa e che siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (v., per analogia, sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, Racc., EU:C:2011:815, punto 54; Microsoft/Commissione, punto 38 supra, EU:T:2007:289, punto 482, e del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, Racc., EU:T:2009:317, punto 47).

40

A tal riguardo, occorre rilevare che la direttiva 2004/17 si applica, in via generale, alle attività relative alla fornitura di servizi postali, in conformità al suo articolo 6. La procedura prevista all’articolo 30 della direttiva 2004/17 consente di derogare a tale regola constatando, su domanda di uno Stato membro o di un ente aggiudicatore ai sensi dei paragrafi 4 e 5 di tale articolo, che un determinato appalto destinato a permettere la prestazione di un’attività di cui agli articoli da 3 a 7 di tale direttiva non è soggetto a quest’ultima. Se, come nella specie, un ente aggiudicatore ha chiesto alla Commissione di accertare l’applicabilità dell’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 ad una determinata attività, incombe allo Stato membro interessato, in conformità al paragrafo 5, secondo comma, di tale articolo, informare la Commissione di tutti i fatti rilevanti e in particolare di ogni legge, regolamento o disposizione amministrativa o accordo che riguardi la conformità con le condizioni di cui all’articolo 30, paragrafo 1, di tale direttiva, ove necessario unitamente alla posizione assunta da un’amministrazione nazionale indipendente competente nell’attività di cui trattasi. In conformità all’articolo 30, paragrafo 6, primo comma, di detta direttiva, per prendere una decisione ai sensi di tale articolo, la Commissione dispone di un periodo di tre mesi a decorrere dal primo giorno lavorativo successivo alla data in cui essa riceve la notifica della domanda, e tale termine può essere prorogato soltanto una volta di tre mesi al massimo in casi debitamente giustificati. Risulta dall’articolo 30, paragrafo 5, quarto comma, della direttiva 2004/17, che se, scaduto il termine di cui al paragrafo 6 di tale articolo, la Commissione non ha adottato una decisione sull’applicabilità del paragrafo 1 dello stesso articolo ad una determinata attività, tale paragrafo 1 è ritenuto applicabile.

41

Risulta da tale procedura che l’onere della prova del soddisfacimento delle condizioni previste all’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 incombe al richiedente e allo Stato membro interessato, mentre la Commissione dispone, nella specie, soltanto di poteri limitati rispetto agli ampi poteri di indagine che le sono conferiti nell’ambito dell’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione da parte del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), e dal regolamento n. 139/2004. Inoltre, la Commissione è tenuta ad adottare una decisione definitiva entro il termine di cui all’articolo 30, paragrafo 6, di tale direttiva qualora essa ritenga che le condizioni previste al paragrafo 1 di tale articolo non siano soddisfatte.

42

Il presente motivo consta di quattro parti. La prima è relativa al fatto che la Commissione non avrebbe esaminato in maniera sufficiente l’argomentazione della ricorrente e avrebbe violato il suo obbligo di motivazione. Le parti dalla seconda alla quarta riguardano taluni presunti errori di valutazione commessi dalla Commissione nella decisione impugnata. La seconda parte è relativa ad una valutazione erronea, figurante ai punti 18 e 19 della decisione impugnata, degli asseriti ostacoli alla sostituibilità della fatturazione elettronica e della fatturazione postale, nonché della situazione del mercato. Con la terza parte, la ricorrente fa valere che, ai punti 20 e 21 della decisione impugnata, la Commissione, da un lato, ha interpretato erroneamente il test del monopolista ipotetico (in prosieguo: il «test-MH») effettuato dalla ricorrente e i dati relativi all’evoluzione di quantità e prezzi risultanti dall’analisi di shock forniti dalla ricorrente e, dall’altro, ha violato il suo obbligo di motivazione. Infine, la quarta parte attiene ad un difetto di motivazione relativo alla constatazione, figurante al punto 24 della decisione impugnata, secondo la quale la ricorrente potrebbe trasferire gli aumenti dei costi alla clientela.

43

Al fine di supportare la sua argomentazione e spiegare, in primo luogo, lo studio della società di consulenza E., intitolato «Austrian communications market» (Mercato austriaco delle comunicazioni), datato settembre 2013 (in prosieguo: lo studio «ACM»), allegato alla domanda della ricorrente relativa all’applicazione dell’articolo 30 della direttiva 2004/17; in secondo luogo, l’analisi di shock da essa effettuata e, in terzo luogo, le analisi di regressione effettuate dalla Commissione, la ricorrente chiede l’audizione, in qualità di testimone, dell’autore dello studio ACM e dell’analisi di shock.

44

A tal riguardo, occorre rammentare che, nell’ambito di un ricorso di annullamento, compete unicamente al giudice dell’Unione verificare se l’atto impugnato sia viziato da uno dei motivi di illegittimità previsti all’articolo 263 TFUE, senza potere sostituire la propria valutazione dei fatti, sotto il profilo scientifico e tecnico, a quella delle autorità dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2000, DSG/Commissione, T‑234/95, Racc., EU:T:2000:174, punti 146168 e la giurisprudenza ivi citata). Occorre parimenti rammentare che, in virtù dell’articolo 92, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Tribunale dispone i mezzi istruttori che ritiene opportuni. Secondo una giurisprudenza costante, il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v. sentenza del 7 ottobre 2004, Mag Instrument/UAMI, C‑136/02 P, Racc., EU:C:2004:592, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata). È dunque compito del Tribunale valutare la pertinenza della domanda rispetto all’oggetto della controversia e alla necessità di procedere all’audizione dei testimoni citati (ordinanza del 27 aprile 2006, L/Commissione, C‑230/05 P, Racc.FP, EU:C:2006:270, punto 47). Poiché i punti che dovrebbero essere chiariti dall’audizione del testimone riguardano le diverse parti del presente motivo, occorrerà valutare la necessità dell’audizione dell’autore dello studio ACM e dell’analisi di shock dopo avere esaminato gli argomenti fatti valere dalla ricorrente nell’ambito di tali parti.

Sulla prima parte, relativa ad un esame insufficiente dell’argomentazione della ricorrente e ad una violazione dell’obbligo di motivazione

45

La ricorrente fa valere che la Commissione non ha esaminato in maniera sufficiente gli studi e le relazioni peritali da essa prodotti né le tendenze generali e la definizione del mercato che ne conseguirebbe, ossia il fatto che le modalità di distribuzione postale e elettronica appartengono al medesimo mercato rilevante. Così facendo, la Commissione avrebbe parimenti violato il proprio obbligo di motivazione. La Commissione si sarebbe limitata a constatare, al punto 15 della decisione impugnata, che l’affermazione secondo cui le modalità di consegna, postale ed elettronica, appartenevano al medesimo mercato rilevante non era in linea con le valutazioni effettuate nelle sue decisioni precedenti. Più precisamente, la ricorrente sottolinea che il fatto che la modalità di consegna della posta commerciale sia tecnologicamente neutra è stato preso in considerazione dal legislatore dell’Unione e, successivamente, anche dal legislatore austriaco, in particolare nel settore della fatturazione elettronica, in quanto le fatture trasmesse elettronicamente sarebbero assimilate alle fatture trasmesse per posta. In un’indagine effettuata nel 2008, periti della Commissione avrebbero essi stessi constatato che il 57% delle imprese interrogate inviava fatture elettroniche. La stragrande maggioranza di tali fatture elettroniche verrebbe inviata come documento allegato in formato PDF ad un messaggio di posta elettronica. Inoltre, diversi studi avrebbero dimostrato che esisteva una stretta correlazione fra il forte sviluppo di Internet a banda larga e la sostituzione degli invii elettronici agli invii postali. La forte densità del collegamento a Internet a banda larga in Austria consentirebbe pertanto, anche sul piano tecnico, la sostituibilità della posta elettronica agli invii postali, segnatamente per la parte più importante della corrispondenza relativa a transazioni, ossia le fatture. Tale sostituzione verrebbe parimenti dimostrata dall’interazione fra la diminuzione degli invii postali e l’aumento delle comunicazioni elettroniche a livello mondiale e in Austria, nonché dalle indagini e dal test-MH effettuati dalla ricorrente. Diversi studi perverrebbero al medesimo risultato.

46

In primo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione dell’obbligo di motivazione, occorre ricordare, oltre ai requisiti relativi alla motivazione menzionati al punto 20 supra, che, se è pur vero che la Commissione non è tenuta a discutere tutti i punti di fatto e di diritto, nonché le considerazioni che l’hanno indotta ad adottare una decisione sulla definizione del mercato rilevate, essa è tuttavia tenuta, ai sensi dell’articolo 296 TFUE, a menzionare quantomeno i fatti e le considerazioni che rivestono importanza essenziale nell’economia della sua decisione (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 1998, European Night Services e a./Commissione, T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, Racc., EU:T:1998:198, punto 95 e la giurisprudenza ivi citata). L’autore di un atto non è tenuto a prendere posizione su elementi che sono chiaramente secondari o ad anticipare potenziali obiezioni (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2005, Germania e Danimarca/Commissione, C‑465/02 e C‑466/02, Racc., EU:C:2005:636, punto 106 e la giurisprudenza ivi citata).

47

Nella specie, la linea argomentativa della ricorrente non dimostra che la Commissione ha violato il proprio obbligo di motivazione. Infatti, se è vero che, al punto 15 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che l’affermazione della ricorrente secondo la quale la modalità di consegna della posta commerciale era tecnologicamente neutra, nel senso che le modalità di consegna elettronica e postale appartenevano al medesimo mercato, non era in linea con le valutazioni da essa effettuate nelle sue decisioni precedenti, ciò non toglie che essa ha effettuato ulteriori constatazioni ai punti da 17 a 26 della decisione impugnata.

48

Infatti, al punto 17 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che, secondo la normativa dell’Unione sulla concorrenza, la sostituibilità doveva essere valutata, inter alia, sulla base delle caratteristiche del prodotto, dei prezzi e della destinazione d’uso. Al punto 18 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato, in sostanza, che le caratteristiche e la destinazione d’uso delle fatture su supporto cartaceo ed elettroniche presentavano differenze significative, in quanto, da un lato, per essere in grado di inviare o ricevere una fattura elettronica, avrebbero potuto essere necessarie alcune infrastrutture aggiuntive e, dall’altro, l’uso della fatturazione elettronica avrebbe potuto essere associato a una gamma di servizi a valore aggiunto e ad altri vantaggi. A tal riguardo, essa ha indicato, al punto 19 della decisione impugnata, che potevano riscontrarsi altre situazioni in cui le fatture elettroniche erano divenute obbligatorie de jure e de facto, e che, in tali casi, la sostituibilità non era pertinente in quanto i mittenti non avevano la possibilità di optare per la distribuzione postale. Ai punti da 20 a 22 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato, nel contestare i risultati del test-MH effettuato dalla ricorrente e la fornitura, da parte di quest’ultima, di grafici dell’evoluzione di quantità e prezzi, che non sussistevano prove solide e conclusive del fatto che la distribuzione elettronica fosse perfettamente sostituibile alla distribuzione postale. Secondo il punto 23 della decisione impugnata, i clienti, sia imprese sia privati, che non possono o non intendono passare alle comunicazioni elettroniche, avrebbero continuato a costituire un segmento di mercato ben definito, che sarebbe stato servito esclusivamente dalla ricorrente, la quale avrebbe occupato una posizione praticamente di monopolio su tale mercato. Al punto 24 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che la ricorrente avrebbe potuto trasferire gli aumenti dei costi alla clientela che, data la preferenza intrinseca per la distribuzione postale, non avrebbe avuto altra scelta che sottostare al rincaro. Secondo il punto 26 della decisione impugnata, sebbene uno degli effetti principali dell’uso crescente dei mezzi di comunicazione elettronica fosse la riduzione del volume complessivo del mercato delle lettere, non si poteva concludere che la comunicazione elettronica fosse entrata in concorrenza diretta nel mercato della distribuzione postale.

49

Contrariamente a quanto allegato dalla ricorrente, la Commissione non si è dunque limitata a constatare che l’affermazione che le modalità di consegna elettronica e postale appartenevano al medesimo mercato rilevante non era in linea con le valutazioni da essa effettuate nella sue decisioni precedenti. Per contro, la decisione impugnata illustra in maniera sufficiente le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto che il mercato del prodotto rilevante fosse unicamente il mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X. Non si può concludere che tale motivazione non consente agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo.

50

Inoltre, si deve rilevare che il grado di precisione della motivazione di una decisione dev’essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenza del 14 febbraio 1990, Delacre e a./Commissione, C‑350/88, Racc., EU:C:1990:71, punto 16 e la giurisprudenza ivi citata). Nella specie, risulta dal punto 16 della decisione impugnata che, tenendo in debita considerazione la situazione giuridica e fattuale in Austria, le autorità austriache sono state invitate a esprimere il proprio parere sulla sostituzione della distribuzione elettronica alla distribuzione postale e, più precisamente, sulla definizione del mercato del prodotto, ma non avrebbero potuto produrre informazioni aggiuntive a sostegno delle affermazioni della ricorrente. Inoltre, la Commissione disponeva unicamente di poteri limitati e di un termine breve per adottare una decisione definitiva (v. punti 40 e 41 supra).

51

In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione non ha esaminato in maniera sufficiente la sua argomentazione né gli studi o le relazioni peritali da essa prodotti al fine di definire il mercato rilevante.

52

A tal riguardo, in primo luogo, la ricorrente afferma che la Commissione non ha preso in considerazione il fatto che, sul piano regolamentare, le fatture postali ed elettroniche erano assimilate. Secondo la ricorrente, il fatto che la modalità di consegna della corrispondenza commerciale sia tecnologicamente neutra è stato preso in considerazione dal legislatore europeo e, successivamente, anche dal legislatore austriaco, in particolare nel settore della fatturazione elettronica, attraverso l’assimilazione delle fatture trasmesse elettronicamente alle fatture trasmesse per posta.

53

È vero che la direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione (GU L 189, pag. 1), ha introdotto talune regole secondo le quali, come risulta dal considerando 8 della direttiva 2010/45, concernente gli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA), le fatture cartacee e quelle elettroniche devono ricevere lo stesso trattamento.

54

Tuttavia, tale fatto non dimostra che la Commissione abbia commesso un manifesto errore di valutazione nel non ritenere che le modalità di distribuzione postale ed elettronica fossero sostituibili. Infatti, la ricorrente non contesta, come si evince dal punto 19 della decisione impugnata, che, a decorrere dal gennaio 2014, la fatturazione elettronica fosse diventata obbligatoria de jure a livello federale in Austria nelle relazioni tra imprese e amministrazione pubblica. In tal caso, la sostituibilità non era dunque pertinente, come correttamente rilevato dalla Commissione al punto 19 della decisione impugnata. Inoltre, sotto il profilo regolamentare, ai servizi postali e non ai servizi elettronici viene riconosciuto il carattere di servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 14 TFUE, come risulta dal considerando 3 della direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU L 52, pag. 3). Per quanto attiene, a tal riguardo, all’argomento della ricorrente secondo cui le diverse possibilità di consegna di lettere vengono discusse in maniera esaustiva nella direttiva 2008/6, occorre rilevare che la ricorrente si limita a richiamare i considerando 14, 15, 19 e 22 di tale direttiva, i quali menzionano tuttavia in modo estremamente generale le modalità di consegna elettronica. Inoltre, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (GU 1998, L 15, pag. 14), è l’offerta di servizi postali che riveste la qualità di servizio universale. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non può pertanto concludersi che, in generale, le fatture postali ed elettroniche sono assimilate sul piano regolamentare.

55

In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione non ha tenuto sufficientemente conto del fatto che la sostituibilità della corrispondenza elettronica agli invii postali, la quale sarebbe assicurata in Austria, sul piano tecnico, dalla forte densità del collegamento a Internet a banda larga, era dimostrata da dati e tendenze macroeconomiche secondo cui esisteva un’interazione fra la diminuzione degli invii postali e l’aumento delle comunicazioni elettroniche. Secondo la ricorrente, si evince dal punto 2.3.2 dello studio ACM che il [riservato]% delle imprese di comunicazione invia fatture elettroniche, e che il [riservato]% di tali imprese riceve fatture elettroniche. Il mutamento delle condizioni di mercato alla luce del passaggio all’elettronica genererebbe una concorrenza sufficiente alla quale la ricorrente sarebbe esposta.

56

A tal riguardo, da un canto, occorre rilevare che l’allegato I, sezione 3, della decisione 2005/15 contiene le regole previste per definire il mercato interessato. Secondo tali regole, il mercato interessato comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, a motivo delle loro caratteristiche, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati. Inoltre, l’allegato I, sezione 3, della decisione 2005/15, contiene un elenco non esaustivo di fattori in genere considerati importanti per definire il mercato rilevante del prodotto, i quali devono essere presi in considerazione nell’analisi. Tali fattori sono il grado di somiglianza fisica tra i prodotti e/o servizi in questione, qualsiasi differenza nell’utilizzazione finale fatta dei prodotti, gli scarti di prezzo tra due prodotti, il costo derivante dal passaggio da un prodotto a un altro, ove si tratti di due prodotti potenzialmente in concorrenza, le preferenze consolidate o radicate dei consumatori per un tipo o una categoria di prodotto, e le classificazioni dei prodotti (nomenclature delle associazioni professionali, ecc.).

57

Dall’altro, secondo la giurisprudenza, la nozione di mercato rilevante implica che vi possa essere concorrenza effettiva tra i prodotti che ne fanno parte, il che presuppone un sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso fra tutti i prodotti che fanno parte dello stesso mercato (v., per analogia, sentenze del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, Racc., EU:C:1979:36, punto 28, e del 30 gennaio 2007, France Télécom/Commissione, T‑340/03, Racc., EU:T:2007:22, punto 80). L’intercambiabilità o la sostituibilità non si valutano solo in considerazione delle caratteristiche oggettive dei prodotti e dei servizi di cui trattasi, ma occorre anche prendere in considerazione le condizioni della concorrenza e la struttura della domanda e dell’offerta sul mercato (v., per analogia, sentenza CEAHR/Commissione, punto 38 supra, EU:T:2010:517, punto 67 e la giurisprudenza ivi citata).

58

Anche ammesso che esista, come sostenuto dalla ricorrente, un’interazione fra la diminuzione degli invii postali, da un lato, e l’aumento delle comunicazioni elettroniche e una forte densità del collegamento a Internet a banda larga in Austria, dall’altro, tali fatti non dimostrano affatto che, alla luce dei criteri previsti dalla decisione 2005/15 e dalla giurisprudenza citata al punto 57 supra, la Commissione abbia commesso un manifesto errore di valutazione non ritenendo che i servizi elettronici fossero sostituibili ai servizi postali in questione. Infatti, si evince dal punto 17 della decisione impugnata che la Commissione ha valutato la sostituibilità, secondo la normativa dell’Unione sulla concorrenza, in particolare sulla base delle caratteristiche del prodotto, dei prezzi e della destinazione d’uso. Al punto 18 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato, in risposta all’affermazione della ricorrente secondo la quale la penetrazione di Internet e della banda larga era molto elevata in Austria, che le caratteristiche e la destinazione d’uso delle fatture su supporto cartaceo ed elettroniche presentavano differenze significative. Tali constatazioni non vengono rimesse in discussione dall’eventuale esistenza di un’interazione fra la diminuzione degli invii postali, da un lato, e l’aumento delle comunicazioni elettroniche e di una forte densità del collegamento a Internet a banda larga, dall’altro.

59

Quanto all’argomento secondo il quale emerge dal punto 2.3.2 dello studio ACM che il [riservato]% delle imprese di comunicazione invia fatture elettroniche, e che il [riservato]% di tali imprese riceve fatture elettroniche, è giocoforza constatare che, secondo il punto 1.2 di tale studio, il [riservato]% soltanto di tutti gli operatori interrogati ha considerato la posta elettronica un sostituto delle lettere, mentre il [riservato]% ha visto le lettere e i messaggi di posta elettronica come sostituti e come integratori, e che il [riservato]% ha ravvisato nella posta elettronica un’integrazione alle lettere e non un sostituto. Tale argomento non è pertanto in grado di dimostrare l’esistenza di un manifesto errore di valutazione della Commissione relativo alla definizione del mercato rilevante. Inoltre, nella misura in cui la ricorrente fa valere che la Commissione non ha fatto alcuna distinzione fra i diversi tipi di fatture, si deve rilevare, da un lato, che, al punto 18 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato diverse modalità di fatturazione elettronica e, dall’altro, che la ricorrente non ha dimostrato di avere effettuato essa stessa, nel corso del procedimento amministrativo, una siffatta distinzione al fine di dimostrare la sostituibilità della distribuzione elettronica alla distribuzione postale. La presentazione della ripartizione della corrispondenza in Austria, che risulta in allegato alla sua domanda, richiamata dalla ricorrente, non è al riguardo sufficiente.

60

Inoltre, nella misura in cui la ricorrente osserva che la Commissione non ha tenuto sufficientemente conto dei risultati del test‑MH che essa ha fatto effettuare, si deve rilevare che la Commissione ha esaminato tali risultati al punto 20 della decisione impugnata, e che li ha respinti considerando che, sebbene questi risultati presupponessero che la posta cartacea e quella elettronica appartenessero al medesimo mercato, alcuni aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine mettevano in dubbio la validità dei risultati. La fondatezza di tale rigetto verrà esaminata nel prosieguo, nell’ambito della terza parte del presente motivo, attinente ad un’interpretazione asseritamente erronea del test-MH e dei dati relativi all’evoluzione di quantità e prezzi risultanti dall’analisi di shock, nonché ad una violazione dell’obbligo di motivazione.

61

A ciò si aggiunge che la ricorrente fa valere che gli studi commissionati dalla Commissione stessa giungono alla conclusione di una sostituibilità delle due modalità di distribuzione, postale ed elettronica. A suo avviso, lo studio della società WIK-Consult, intitolato «Main developments in the postal sector (2010-2013)» [Sviluppi principali nel settore postale (2010-2013)] dell’agosto 2013 (in prosieguo: lo «studio WIK 2013»), espone espressamente che esiste una sostituzione della distribuzione elettronica alla distribuzione postale fisica e che, pertanto, una concorrenza esiste. Lo studio della Nikali, intitolato «The substitution of letter mail in targeted communication» (La sostituzione della spedizione postale nella comunicazione con destinatario) e lo studio della Copenhagen Economics, intitolato «Main developments in the postal sector (2008-2010)» [Sviluppi principali nel settore postale (2008-2010)], perverrebbero a risultati simili.

62

A tal riguardo, da un lato, si deve rilevare che, non avendo prodotto tali studi dinanzi al Tribunale, la ricorrente non può dimostrare che la Commissione ha commesso un manifesto errore di valutazione relativo alla definizione del mercato rilevante. Il rinvio, nelle note nn. 34 e 39 dell’atto introduttivo del ricorso, a siti Internet relativi agli studi della Nikali e della Copenhagen Economics non può supplire alla mancata produzione di tali documenti invocati a sostegno del ricorso, in conformità all’articolo 43, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991. Dall’altro, nella misura in cui una parte dello studio WIK 2013 è stata prodotta dalla Commissione, occorre constatare che tale studio ravvisa nella possibilità di distribuzione elettronica un motivo di una eventuale diminuzione della domanda sui mercati postali. Tuttavia, tale studio constata parimenti, per quanto attiene alla concorrenza sul mercato della spedizione postale, che l’intensità della concorrenza resta debole e che i prestatori tradizionali conservano una posizione dominante. Su tale base, non può pertanto concludersi che la Commissione ha erroneamente constatato l’assenza di esposizione diretta alla concorrenza dei servizi postali in questione.

63

Va poi detto che nella misura in cui, a tal riguardo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha seguito una decisione dell’autorità garante della concorrenza francese, nella quale la voce tramite protocollo Internet (VoIP) sarebbe stata reputata sostituibile alla telefonia fissa e dunque appartenente allo stesso mercato, si deve rilevare che essa non ha fornito alcun elemento che consenta di dimostrare che tale decisione era equiparabile al caso di specie. Inoltre, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale, in una circolare informativa in materia di concorrenza datata maggio 2014, la Commissione avrebbe confermato che il passaggio all’elettronica aveva effetti diretti sul settore postale, è sufficiente rilevare che in tale circolare viene indicato espressamente che essa non vincola la Commissione. Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto che, all’interno della Commissione, l’unità competente anteriormente denominata «Servizi postali» sia stata rinominata «Servizi online e servizi postali» non consente affatto di dimostrare che la Commissione abbia commesso un manifesto errore di valutazione relativo alla definizione del mercato rilevante. Il fatto che un’unità all’interno della Commissione sia denominata «Servizi online e servizi postali» non costituisce un elemento di analisi del mercato rilevante idoneo a dimostrare che tali servizi sono direttamente concorrenti.

64

Infine, nell’ambito dell’argomento secondo cui la Commissione non ha tenuto conto del fatto che l’adeguamento del servizio universale alle condizioni reali del mercato era oggetto di discussioni, la ricorrente richiama un documento di riflessione dell’autorità di regolamentazione tedesca datato novembre 2014 e un documento di riflessione dell’European regulators group for postal services (gruppo europeo di regolatori dei servizi postali, EGRP) datato settembre 2014. A tal riguardo, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, la legittimità di un atto impugnato dev’essere valutata sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenze del 28 marzo 2000, T. Port/Commissione, T‑251/97, Racc., EU:T:2000:89, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata, e del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, T‑271/03, Racc., EU:T:2008:101, punto 244 e la giurisprudenza ivi citata). Nella specie, occorreva pertanto, in linea di principio, fondarsi sul contesto regolamentare quale risultava dagli atti rilevanti al momento dell’adozione della decisione impugnata. Poiché i documenti di riflessione in questione sono posteriori all’adozione della decisione impugnata da parte della Commissione, il 2 aprile 2014, non si può concludere che la Commissione, non tenendo conto dei medesimi, abbia commesso un manifesto errore di valutazione relativo alla definizione del mercato rilevante. Inoltre, la ricorrente non ha dimostrato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, nell’Unione o in Austria esistevano progetti di modifiche future del contesto regolamentare in questione.

65

Inoltre, nella misura in cui la ricorrente sottolinea a tal riguardo che, secondo il considerando 40 della direttiva 2004/17, occorreva prendere in considerazione gli effetti di una apertura alla concorrenza, attuale o futura, si deve rilevare che, in forza dell’articolo 30, paragrafo 1, di tale direttiva, gli appalti interessati non sono soggetti a tale direttiva se, nello Stato membro in cui è fornita la prestazione, questa è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili. L’esame dell’esposizione diretta alla concorrenza deve pertanto essere effettuato sulla base degli elementi disponibili al momento dell’adozione della decisione che definisce la procedura prevista dall’articolo 30 della direttiva 2004/17; la presentazione in futuro di una nuova domanda in conformità a tale procedura non è esclusa.

66

La prima parte va pertanto respinta.

Sulla seconda parte, relativa ad una valutazione erronea degli asseriti ostacoli alla sostituibilità della fatturazione elettronica e della fatturazione postale, nonché della situazione del mercato

67

La ricorrente, richiamando lo studio ACM, fa valere che la Commissione ha commesso degli errori in quanto avrebbe constatato, ai punti 18 e 19 della decisione impugnata, taluni ostacoli alla sostituibilità della fatturazione elettronica e della fatturazione postale, e che la sua valutazione della situazione del mercato è errata.

68

Occorre rilevare che, al punto 18 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato, in sostanza, che le caratteristiche e la destinazione d’uso delle fatture su supporto cartaceo ed elettroniche presentavano differenze significative, in quanto, da un lato, per essere in grado di inviare o ricevere, ad esempio, una fattura elettronica che permetta il trattamento automatizzato, potrebbero essere necessarie alcune infrastrutture aggiuntive, in particolare nel caso delle fatture elettroniche B2B. Tali infrastrutture potrebbero comportare il ricorso a un prestatore di servizi esterno oppure a un’applicazione interna particolare, l’impiego della firma elettronica, ecc. Dall’altro, l’uso della fatturazione elettronica potrebbe essere associato a una gamma di servizi a valore aggiunto e ad altri vantaggi che consentano, ad esempio, il trattamento automatizzato e il finanziamento del pagamento tramite terzi. Al punto 19 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che, a decorrere dal gennaio 2014, la fatturazione elettronica era diventata obbligatoria de jure a livello federale nelle relazioni tra imprese e amministrazione pubblica e che, in questo caso, la sostituibilità non era pertinente, in quanto i mittenti non avevano la possibilità di optare per la distribuzione postale. Inoltre, avrebbero potuto riscontrarsi altre situazioni analoghe in cui le fatture elettroniche sarebbero divenute obbligatorie de facto in seguito alla richiesta di un cliente o fornitore importante.

69

In primo luogo, quanto alle constatazioni della Commissione figuranti al punto 18 della decisione impugnata, la ricorrente fa valere che la Commissione non ha tenuto conto del fatto che la stragrande maggioranza delle fatture inviate elettronicamente sarebbero messaggi di posta elettronica con un documento allegato in formato PDF, che non presenterebbero alcuna caratteristica e destinazione d’uso che va al di là di quelli di una fattura inviata per posta in forma cartacea.

70

A tal riguardo, occorre constatare che si evince dal punto 2.3.2 dello studio ACM, al quale la Commissione fa riferimento nella nota n. 14 della decisione impugnata, inserita al punto 18 di tale decisione, che esistono diversi modelli di fatturazione elettronica che si distinguono a seconda del loro livello di automatizzazione. Secondo tale studio, esistono, da un lato, processi semiautomatizzati a mezzo Internet, i quali utilizzano fatture PDF, portali Internet o un prestatore di servizi e, dall’altro, una fatturazione elettronica automatizzata dall’inizio alla fine, quale processo, dell’ordine di pagamento totalmente integrato. Emerge da tale studio che, se il processo semiautomatizzato a mezzo Internet che si serve di fatture PDF è il formato di comunicazione preferito nei rapporti B2C, una parte significativa delle imprese che si avvalgono della fatturazione elettronica ha già parimenti utilizzato portali Internet, e che ci si serve di prestatori di servizi, in particolare, per la fatturazione elettronica B2B a livello europeo. A tal riguardo, lo studio ACM precisa che esistono prestatori di servizi che garantiscono l’originalità di un documento utilizzando una firma elettronica. Inoltre, secondo lo studio ACM, al fine di ricevere ed inviare fatture elettroniche, talune imprese fanno uso delle soluzioni di un prestatore di servizi esterno oppure di un’applicazione interna particolare, programmata per le medesime.

71

Alla luce di tali constatazioni figuranti nello studio ACM, trasmesso dalla ricorrente alla Commissione, non si può concludere che la Commissione ha constatato erroneamente, al punto 18 della decisione impugnata, che, per essere in grado di inviare o ricevere una fattura elettronica, potevano essere necessarie alcune infrastrutture aggiuntive, e che l’uso della fatturazione elettronica potrebbe essere associato a una gamma di servizi a valore aggiunto e ad altri vantaggi.

72

In secondo luogo, per quanto attiene alle constatazioni della Commissione figuranti al punto 19 della decisione impugnata, la ricorrente fa valere che la quota di mercato delle fatture inviate a livello federale nelle relazioni tra imprese e amministrazione pubblica rappresenta unicamente il [riservato]% e che essa può pertanto essere ignorata nella valutazione della delimitazione del mercato rilevante. Inoltre, non sarebbe né opportuno né conforme alle precedenti decisioni della Commissione tenere conto di situazioni in cui le fatture elettroniche sarebbero divenute obbligatorie de facto. Ancora, la Commissione non avrebbe indicato in alcun modo quale sia la quota di mercato interessata né gli effetti che ciò avrebbe sulla delimitazione del mercato rilevante.

73

A tal riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che, anche se le fatture inviate a livello federale nelle relazioni tra imprese e amministrazione pubblica possono essere considerate trascurabili a causa della loro quantità esigua, ciò non toglie che la Commissione poteva ritenere, senza incorrere in un errore al riguardo, che esistesse una siffatta fatturazione, in relazione alla quale la questione della sostituibilità non si poneva.

74

In secondo luogo, nella misura in cui la Commissione ha ritenuto che esistessero altre situazioni analoghe in cui le fatture elettroniche erano divenute obbligatorie de facto in seguito alla richiesta di un cliente o fornitore importante, occorre rilevare che, nella nota 15 della decisione impugnata, inserita al punto 19 di tale decisione, essa ha richiamato il punto 2.3.2 dello studio ACM. Risulta da tale studio che la scelta delle imprese relativa alla modalità di fatturazione dipende, segnatamente, dalla comunicazione fra imprese, dall’esperienza attraverso la rete di fornitori o dalla domanda dei clienti. Secondo lo studio ACM, le ragioni economiche sottese all’utilizzazione della fatturazione elettronica dipendono principalmente da forze di mercato esterne, ossia da una richiesta di un cliente o fornitore importante o da un’iniziativa governativa che la rende obbligatoria.

75

Alla luce di tale rinvio allo studio ACM, la situazione de facto alla quale la Commissione ha fatto riferimento emerge in maniera sufficiente dalla decisione impugnata. Per quanto riguarda la quota di mercato interessata da tale situazione, occorre ricordare che, alla luce dei limitati poteri di indagine della Commissione nell’ambito della procedura di cui all’articolo 30 della direttiva 2004/17 e del fatto che l’onere della prova incombe alla ricorrente (v. punti 40 e 41 supra), non si può pretendere dalla Commissione che essa vada al di là degli accertamenti effettuati dalla ricorrente nella domanda. A tal riguardo, occorre parimenti rilevare che risulta dal punto 16 della decisione impugnata che le autorità austriache non hanno potuto produrre informazioni aggiuntive a sostegno delle affermazioni della richiedente (v. punto 50 supra). Per quanto attiene agli effetti di tale situazione de facto sulla delimitazione del mercato rilevante, emerge dal punto 30 della decisione impugnata, secondo il quale la Commissione ha definito il mercato del prodotto, in particolare, sulla base delle informazioni menzionate al punto 19 di tale decisione, che tale aspetto costituisce un elemento che è stato preso in considerazione dalla Commissione al fine di definire il mercato rilevante. Inoltre, nulla consente di ritenere che i criteri previsti per definire il mercato rilevante (v. punti 56 e 57 supra) escludano la considerazione di una situazione de facto. Infine, nella misura in cui la ricorrente fa valere che tale considerazione non è conforme alle precedenti decisioni della Commissione, a parte il fatto che la ricorrente non fornisce alcuna indicazione in ordine alle decisioni della Commissione idonee a supportare il suo argomento, essa non fa valere alcun argomento in grado di dimostrare che la Commissione era vincolata, nella specie, alla propria prassi decisionale. Tale argomento non può pertanto essere accolto.

76

Di conseguenza, la seconda parte dev’essere respinta.

Sulla terza parte, concernente un’interpretazione erronea del test-MH e dei dati relativi all’evoluzione di quantità e prezzi risultanti dall’analisi di shock, nonché una violazione dell’obbligo di motivazione

77

Tale parte consta di due censure. La prima riguarda la valutazione del test-MH che la ricorrente ha fatto effettuare a sostegno della propria domanda. La seconda censura è relativa ad un’interpretazione erronea dei dati relativi all’evoluzione di quantità e prezzi risultanti dall’analisi di shock forniti dalla ricorrente.

– Sulla prima censura, relativa ad un’interpretazione erronea del test‑MH e ad una violazione dell’obbligo di motivazione

78

La ricorrente fa valere che, al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione, da un lato, ha interpretato in maniera erronea il test‑MH che essa ha fatto effettuare in relazione al mercato delle lettere indirizzate B2X a livello nazionale e che dimostrerebbe che la distribuzione postale e la distribuzione elettronica appartengono al medesimo mercato e, dall’altro, ha violato il suo obbligo di motivazione.

79

Risulta dal fascicolo che l’indagine che includeva il test-MH, facente parte dello studio ACM, è stata effettuata presso 451 imprese e che essa conteneva due diversi tipi di domande. Da un lato, tramite una serie di domande dirette, le imprese sono state interrogate sulla loro prassi in materia di trattamento della posta commerciale. La questione centrale era se tali imprese avrebbero inviato le loro lettere in via elettronica qualora il prezzo di affrancatura di una lettera fosse passato da 62 a 65,1 centesimi. Le imprese dovevano scegliere fra sette risposte diverse, ossia assenza di cambiamento, cambiamento totale o cambiamento concernente il 10, 20, 30, 50 oppure 75% della totalità delle lettere. Dall’altro, venivano poste talune domande indirette, le quali non vertevano direttamente sulla reazione ad aumenti di prezzo. Le imprese dovevano indicare, fra due servizi diversi definiti da una serie di caratteristiche, quello che avrebbero scelto.

80

La Commissione, al punto 20 della decisione impugnata, ha affermato quanto segue:

«Il richiedente ha condotto un [test-MH] utilizzando i dati raccolti da un’indagine presso 451 imprese austriache. L’indagine comprendeva una serie di domande indirette volte a far emergere le preferenze per la corrispondenza cartacea ed elettronica utilizzando tecniche di analisi congiunta. Stando ai risultati, un aumento del 5% dei costi di spedizione postale ridurrebbe la domanda di invio delle lettere del [riservato]%. Sebbene questi risultati presuppongano che la posta cartacea e quella elettronica appartengano al medesimo mercato, alcuni aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine mettono in dubbio la validità dei risultati. Ad esempio, l’insieme di caratteristiche scelto per definire i prodotti potrebbe indurre una certa distorsione a favore dei mezzi di comunicazione elettronica. Le ipotesi controverse non sembrano essere impiegate nella letteratura economica rilevante che applica la tecnica di analisi congiunta e non è possibile misurarne l’impatto sul calo stimato del [riservato]%».

81

In primo luogo, la ricorrente afferma che la Commissione, non avendo illustrato la ragione per cui, a suo avviso, avrebbe avuto luogo una certa distorsione a favore dei mezzi di comunicazione elettronica né in cosa consistessero le ipotesi controverse nella letteratura economica, ha violato il proprio obbligo di motivazione.

82

A tal riguardo, quanto ai motivi figuranti nella decisione impugnata, sulla base dei quali la Commissione ha constatato una certa distorsione a favore dei mezzi di comunicazione elettronica, occorre rilevare che la Commissione ha affermato, al punto 20 della decisione impugnata, che, ad esempio, è il modo in cui era stato scelto l’insieme delle caratteristiche per definire i prodotti che l’aveva indotta ad effettuare una siffatta constatazione. Per quanto riguarda le ipotesi controverse, si evince dal punto 20 della decisione impugnata che si trattava delle ipotesi menzionate nell’indagine in questione e non delle ipotesi controverse nella letteratura economica.

83

È vero che la mancata specificazione, nella decisione impugnata, delle critiche della Commissione quanto ai risultati del test-MH può risultare deplorevole. Tuttavia, alla luce del contesto in cui la decisione impugnata è stata adottata, caratterizzato, segnatamente, da un determinato termine per l’adozione di una decisione definitiva (v. punto 40 supra), la Commissione non è venuta meno, nella specie, al proprio obbligo di motivare in maniera sufficiente la decisione impugnata, in conformità ai requisiti della giurisprudenza illustrati ai punti 20 e 46 supra. Sarebbe a tal riguardo eccessivo pretendere una descrizione dettagliata delle critiche relative a ciascuna caratteristica scelta nell’indagine in questione o relative a ciascuna ipotesi controversa menzionata nella medesima, tanto più che la ricorrente è stata significativamente coinvolta nel procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc., EU:C:2008:392, punti 179 et 180 e la giurisprudenza ivi citata). Infatti, emerge dal fascicolo che, dopo aver prodotto, il 2 dicembre 2013, i questionari sui quali si fondava l’indagine di cui trattasi, il 6 marzo 2014 ha avuto luogo una riunione fra il perito assunto dalla ricorrente responsabile di tale indagine e i servizi della Commissione. Il giorno dopo, la Commissione ha poi inviato il progetto di decisione a tale perito e lo ha discusso con il medesimo in una riunione svoltasi il 28 marzo 2014. Il progetto di decisione esaminato nella riunione del 28 marzo 2014, prodotto dalla Commissione a seguito delle misure di organizzazione del procedimento ordinate dal Tribunale (v. punto 12 supra), conteneva già il testo del punto 20 della decisione impugnata.

84

Inoltre, occorre rilevare che sia le critiche formulate dalla Commissione in relazione alla scelta delle caratteristiche per definire i prodotti, sia quelle concernenti le ipotesi controverse, riguardano la parte dell’indagine in questione relativa alle domande indirette. Il fatto che la ricorrente abbia affermato, nell’atto introduttivo del ricorso, che la Commissione, al punto 20 della decisione impugnata, ha analizzato unicamente le domande indirette e non le domande dirette, è un indizio supplementare che consente di constatare che la ricorrente era a conoscenza del ragionamento della Commissione.

85

In secondo luogo, la ricorrente addebita alla Commissione un’interpretazione erronea del test-MH e l’omessa presentazione di relazioni peritali o di indagini idonee a confutare le proprie. Secondo la ricorrente, benché il test-MH includa domande dirette e indirette, la Commissione non ha analizzato le domande dirette poste ai clienti, le quali avrebbero svolto un ruolo importante. Richiamando la prassi della Commissione, nonché la comunicazione sulla definizione del mercato, la ricorrente afferma che la Commissione utilizza abitualmente gli studi di marketing messi a disposizione dalle imprese interessate quale prova della delimitazione del mercato, mentre nella specie non avrebbe proceduto in tal senso. I risultati dell’indagine presso i clienti relativi ad una domanda diretta dimostrerebbero che il [riservato]% delle imprese interrogate sostituirebbe totalmente o parzialmente, in caso di aumento minimo dei prezzi, i propri invii di lettere per posta con un invio elettronico, e che il [riservato]% delle imprese interrogate continuerebbe ad effettuare invii postali. Tali risultati corrisponderebbero a quelli di un altro studio effettuato nel 2012, concernente l’Austria. Inoltre, secondo i dati della ricorrente, anche se i prezzi fossero rimasti immutati, il [riservato]% delle imprese interrogate aveva intenzione di inviare, in futuro, le proprie fatture elettronicamente. La Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che una siffatta disposizione nel senso di sostituire i servizi postali con servizi elettronici in caso di aumento del prezzo delle affrancature sarebbe esistita parimenti nel Regno Unito e in Germania, come risulterebbe dai dati raccolti dall’autorità di regolamentazione della posta nel Regno Unito e dalla studio della società WIK-Consult, intitolato «Nachfrage nach Postdienstleistungen von Geschäftskunden» (Domanda di servizi postali da parte di clienti professionisti) del 2009 (in prosieguo: lo «studio WIK 2009»). Quanto agli addebiti della Commissione concernenti le domande indirette, la ricorrente fa valere che tali domande sono state poste, utilizzando una tecnica di indagine riconosciuta, al fine di approfondire l’analisi della situazione. In conformità alla comunicazione sulla definizione del mercato, tutti i prodotti considerati intercambiabili dal consumatore sarebbero stati inclusi nell’accertamento presso i clienti e non vi sarebbe pertanto stata una distorsione a favore dei mezzi di comunicazione elettronica.

86

In via preliminare, occorre ricordare (v. punti da 38 a 41 supra) che, da un lato, per definire il mercato rilevante, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale, il quale può essere soggetto solo ad un controllo limitato da parte del giudice dell’Unione, e che, dall’altro, l’onere della prova per definire il mercato rilevante incombe alla ricorrente.

87

In primo luogo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione non contesta il fatto che un test-MH possa servire per esaminare la sostituibilità dei prodotti o dei servizi. Infatti, la Commissione ha affermato di avere applicato il metodo relativo alla delimitazione del mercato come previsto nella comunicazione sulla definizione del mercato (v. punto 33 supra). È pacifico che il test-MH faccia parte, in linea di principio, dei metodi previsti da tale comunicazione. Secondo il punto 15 di detta comunicazione, una delle tecniche per procedere alla determinazione della gamma di prodotti che vengono considerati come intercambiabili dal consumatore è un esercizio teorico, che consiste nel postulare una piccola variazione non transitoria dei prezzi relativi e nel valutare le presumibili reazioni dei clienti a tale variazione. Risulta dal punto 17 di tale comunicazione che l’interrogativo al quale occorreva dare risposta era se i clienti delle parti sarebbero passati a prodotti sostitutivi prontamente disponibili o si sarebbero rivolti a fornitori siti in un’altra zona, in risposta ad un ipotetico piccolo incremento, dell’ordine del 5-10%, ma di carattere permanente, del prezzo dei prodotti stessi nell’area considerata. Se il tasso di sostituzione è sufficiente a rendere non redditizio l’incremento del prezzo a causa della diminuzione di vendite che ne conseguirebbe, si aggiungono al mercato considerato altri prodotti ed altre aree. In conformità ai punti da 39 a 41 di detta comunicazione, test quantitativi che impiegano varie tecniche econometriche e statistiche (ad esempio la stima delle elasticità della domanda di un prodotto, inchieste per conoscere il punto di vista dei clienti e dei concorrenti o studi di mercato presentati dalle parti) possono essere elementi pertinenti per la valutazione della sostituibilità di due prodotti dal punto di vista della domanda.

88

A tal riguardo, occorre ricordare che risulta dalla nota 7 della decisione 2005/15 che, nella definizione di mercato interessato, la Commissione prende in considerazione unicamente i prodotti facilmente sostituibili a quelli considerati. I prodotti facilmente sostituibili sono quelli verso i quali i consumatori si orienterebbero a seguito di un aumento, modesto ma significativo, del prezzo del prodotto considerato, ad esempio del 5%. Secondo tale nota, ciò consente alla Commissione di valutare la situazione della concorrenza nel contesto di un mercato interessato costituito da tutti i prodotti verso i quali i consumatori dei prodotti considerati si orienterebbero facilmente. Sempre secondo detta nota, peraltro, ciò non significa che la Commissione trascuri di tener conto delle limitazioni, sul comportamento concorrenziale degli enti interessati, derivanti dall’esistenza di prodotti di sostituzione imperfetti, ossia quelli verso i quali un consumatore non si orienterebbe a seguito di un aumento, modesto ma significativo, del prezzo del prodotto considerato, ad esempio del 5%. Tali effetti verrebbero presi in considerazione una volta definito il mercato e determinate le quote dello stesso.

89

In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione non ha presentato relazioni peritali o indagini in grado di confutare le proprie, è sufficiente ricordare che l’onere di dimostrare che le condizioni previste all’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 sono soddisfatte incombe al richiedente e allo Stato membro interessato (v. punto 41 supra). Non incombeva pertanto alla Commissione effettuare studi autonomi.

90

Inoltre, per quanto attiene all’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione non avrebbe analizzato le domande dirette dell’indagine, anch’esso deve essere respinto. Il fatto che, al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione abbia affermato che l’indagine in questione comprendeva una serie di domande indirette, e che si sia limitata a menzionare espressamente, a titolo di esempio, critiche relative all’elaborazione delle domande indirette dell’indagine, non può implicare che essa non abbia analizzato le domande dirette della medesima. Infatti, da un lato, il termine «includeva» non esclude che, oltre alle domande indirette, altre domande abbiano parimenti fatto parte dell’indagine in questione, considerato che la Commissione aveva peraltro espressamente chiesto al perito incaricato dalla ricorrente di realizzare tale indagine i questionari relativi a quest’ultima, contenenti domande dirette e indirette. Dall’altro, poiché il testo del punto 20 della decisione impugnata contiene talune critiche in relazione ad alcuni aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine in quanto tale, non si può concludere che tali critiche riguardino unicamente la parte relativa alle domande indirette dell’indagine.

91

Occorre poi aggiungere che la ricorrente fa valere che la Commissione ha valutato in maniera erronea i risultati ottenuti grazie alla domanda diretta centrale posta nell’ambito dell’indagine in questione, con la quale le imprese interrogate sono state invitate ad indicare se esse avrebbero inviato le loro lettere per via elettronica qualora il prezzo di affrancatura di una lettera fosse passato da 62 a 65,1 centesimi.

92

Come è già stato constatato (v. punto 79 supra), in risposta a tale domanda, le imprese dovevano scegliere fra sette risposte diverse, ossia assenza di cambiamento, cambiamento totale o cambiamento concernente il 10, 20, 30, 50 o 75% della totalità delle lettere. Al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione si è limitata ad affermare, a tal riguardo, che, sebbene i risultati dell’indagine in questione presupponessero che la posta cartacea e quella elettronica appartenessero al medesimo mercato, alcuni aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine mettevano in dubbio la validità dei risultati. Nel suo controricorso, la Commissione ha precisato che il fatto che le imprese interrogate, qualora avessero inteso passare dalla distribuzione postale alla distribuzione elettronica, avrebbero dovuto indicare una percentuale minima del 10% del volume della loro corrispondenza, poteva comportare una sovrastima della portata della propensione ad operare una conversione in caso di aumento di prezzo. Inoltre, la Commissione ha aggiunto, nel suo controricorso, che il complesso dell’indagine presentava una distorsione significativa quanto alle dimensioni delle imprese interrogate rispetto alla ripartizione delle dimensioni delle imprese nell’economia austriaca in funzione delle dimensioni.

93

Da un lato, in risposta alla critica della Commissione quanto al fatto che la scelta di una percentuale minima del 10% del volume della corrispondenza poteva sfociare in una sovrastima, la ricorrente ribatte che la scelta della percentuale nell’indagine dipendeva dal volume dell’invio, e che quest’ultimo dipendeva dalle condizioni del mercato. Secondo la ricorrente, i clienti che scelgono l’invio elettronico delle lettere non inviano elettronicamente solo una lettera, bensì una determinata percentuale del loro volume d’invio. Inoltre, emergerebbe dai risultati dello studio ACM che il [riservato]% delle imprese interrogate invia mensilmente da 100 a 1000 lettere, fatture incluse. Pertanto, il 5% di tale volume di invio corrisponderebbe soltanto ad un totale da 5 a 50 lettere al mese. Un volume di invio del 10% corrisponderebbe dunque ad un totale da 10 a 100 lettere almeno e rappresenterebbe meglio le condizioni del mercato. Inoltre, sulla base dei risultati di altri studi di test-MH effettuati nel Regno Unito e in Germania, sarebbe risultato che, in caso di aumento dei prezzi, potevano essere osservate massicce migrazioni. Secondo la ricorrente, la scelta di una soglia del 10% era pertanto già una stima prudente. La ricorrente afferma che, se essa avesse consentito la scelta di una soglia del 5% per la riconversione minima, la tendenza ad orientarsi verso la distribuzione elettronica sarebbe stata persino più significativa. Infine, l’analisi dei risultati dell’indagine non sarebbe stata effettuata in correlazione con il volume degli invii, bensì con il numero di imprese interrogate. In correlazione con il volume degli invii, la diminuzione in caso di aumento ipotetico del 5% sarebbe stata persino più significativa.

94

Tale argomento non dimostra, tuttavia, l’erroneità della valutazione della Commissione, figurante al punto 20 della decisione impugnata, secondo la quale alcuni aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine mettono in dubbio la validità dei risultati.

95

Infatti, come affermato dalla Commissione, il rinvio al numero di lettere inviate dalle imprese interrogate non supporta l’affermazione della ricorrente secondo la quale una percentuale minima del 10% avrebbe rispecchiato meglio la realtà del mercato, tanto più che risulta dal punto 3.4.1 dello studio ACM che il [riservato]% delle imprese interrogate inviava 1000 lettere o più al mese, ossia il [riservato]% da 1000 a 2499 lettere, il [riservato]% da 2500 a 4999 lettere, il [riservato]% da 5000 a 9999 lettere e il [riservato]% più di 10000 lettere. Per quanto riguarda i risultati degli studi effettuati nel Regno Unito e in Germania, come affermato dalla Commissione, oltre al fatto che essi non riguardano il mercato austriaco e che, pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non sono pertinenti ai fini della definizione del mercato rilevante, si evince dal punto 3.4.1 dello studio ACM che tali studi vertevano sulla questione se le imprese di cui trattasi fossero più o meno inclini, in caso di un aumento di prezzo, a passare all’invio elettronico, e non avevano pertanto ad oggetto la questione della portata di un siffatto cambiamento. Inoltre, per quanto riguarda lo studio effettuato in Germania, ossia lo studio WIK 2009, da esso emerge che il risultato dell’indagine effettuata nell’ambito di tale studio è stato interpretato nel senso che le imprese, in caso di aumento dei prezzi delle lettere, tendono a cambiare prestatore piuttosto che ad incrementare il ricorso all’invio elettronico.

96

Nella misura in cui la ricorrente fa valere che, se avesse consentito di scegliere una soglia del 5% per la riconversione minima, la tendenza ad orientarsi verso la distribuzione elettronica sarebbe stata persino più significativa, si deve constatare che tale argomento non è stato corroborato in alcun modo e deve pertanto essere respinto in quanto infondato. Inoltre, occorre rilevare che, anche ammesso che l’argomento in questione sia accolto, il livello che tale tendenza avrebbe potuto raggiungere non emerge in alcun modo dal fascicolo. Lo stesso vale per l’argomento della ricorrente secondo il quale la diminuzione della distribuzione postale sarebbe stata ancora più significativa se l’analisi dei risultati dell’indagine fosse stata effettuata in correlazione con il volume degli invii.

97

D’altra parte, in risposta alla critica della Commissione quanto al fatto che, a suo avviso, il complesso dell’indagine presentava una distorsione significativa relativa alle dimensioni delle imprese interrogate rispetto alla ripartizione delle imprese nell’economica austriaca in funzione delle dimensioni, la ricorrente ribatte che le imprese interrogate erano rappresentative delle condizioni reali del mercato e dei volumi di invio sul mercato della distribuzione di lettere. Essa sottolinea che risulta dallo studio ACM che sono soprattutto le grandi imprese a procedere ad invii di corrispondenza, mentre le imprese più piccole effettuano volumi di invio inferiori. Secondo la ricorrente, se l’indagine fosse stata condotta tenendo conto della ripartizione delle imprese nell’economia a seconda delle dimensioni, ciò avrebbe comportato una distorsione più significativa della realtà del mercato. Nel suo archivio dei clienti professionisti, la ricorrente avrebbe 5641 clienti, 160 dei quali invierebbero annualmente un numero di lettere corrispondente al [riservato]% del loro volume totale di invio. Alla luce delle condizioni reali del mercato, sarebbe corretto interrogare le imprese che generano un volume di invio idoneo, e non quelle che non rivestono alcuna importanza sul mercato. In totale, 57 dei 160 clienti professionisti chiave della ricorrente avrebbero preso parte all’indagine; ciò corrisponde ad un volume stimato del [riservato]% del volume di invio del totale dei suoi clienti professionisti. Inoltre, la ricorrente avrebbe incluso nell’indagine le piccole imprese, le quali spediscono meno di 100 invii al mese e realizzerebbero soltanto una quota del [riservato]% del volume di invio, pari all’8,4% in quanto la sua banca dati non comprenderebbe i mittenti che depositano personalmente le loro lettere in un ufficio postale. L’indagine costituirebbe pertanto una rappresentazione completa delle condizioni del mercato. Inoltre, la ricorrente fa valere che è possibile che le grandi imprese siano più inclini ad orientarsi verso l’invio elettronico. A suo avviso, tuttavia, anche qualora soltanto un numero esiguo dei suoi clienti professionisti più importanti si orientasse verso l’invio elettronico, ciò sarebbe idoneo a generare costi di infrastruttura della rete che si ripercuoterebbero potenzialmente sul resto dei mittenti, i quali potrebbero essere indotti ad orientarsi anch’essi verso la distribuzione elettronica.

98

Tale argomento non dimostra che la valutazione della Commissione figurante al punto 20 della decisione impugnata, secondo la quale alcuni aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine mettono in dubbio la validità dei risultati, sia errata.

99

Infatti, dal momento che la ricorrente deteneva una quota di mercato pari a circa il [riservato]% sul mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X nazionale – circostanza pacifica – è giocoforza constatare che quasi tutte le imprese austriache erano clienti della ricorrente. Come affermato dalla Commissione, dal momento che la ricorrente ritiene essa stessa plausibile il fatto che le imprese di una certa dimensione siano più inclini al passaggio all’elettronica, il fatto che l’indagine si concentri sulle grandi imprese comporta il rischio che essa non rifletta in maniera adeguata i desideri delle piccole e medie imprese clienti. Per quanto attiene, a tal riguardo, all’affermazione della ricorrente secondo la quale, anche qualora solo un numero esiguo dei suoi grossi clienti professionisti si orienti verso l’invio elettronico, ciò potrebbe generare costi di infrastruttura della rete che si ripercuotono potenzialmente sul resto dei mittenti, essa deve essere respinta in quanto non dimostrata. Infatti, la ricorrente stessa afferma che i suoi prezzi sono rigorosamente regolati e che, di conseguenza, un aumento dei prezzi è possibile solo con l’autorizzazione dell’autorità di regolamentazione.

100

Inoltre, come affermato dalla Commissione, anche ammesso che il volume di invio della corrispondenza delle imprese interrogate sia il criterio corretto, non risulta che l’indagine effettuata presso le imprese interrogate abbia tenuto conto dei rapporti dimensionali. Infatti, emerge dalle statistiche austriache prodotte dalla Commissione che nel 2011 vi erano, in Austria, circa 311000 imprese. Come è già stato rilevato (v. punto 99 supra), quasi tutte queste imprese erano clienti della ricorrente. Alla luce di quanto precede, la ricorrente non può affermare, senza fornire alcuna spiegazione al riguardo, che la considerazione dei 5641 clienti iscritti nel suo archivio garantiva una scelta rappresentativa delle imprese interrogate rispetto al volume di invio della corrispondenza. Al contrario, la scelta delle sole imprese iscritte nell’archivio dei clienti professionisti della ricorrente è idonea a conferire più peso alle imprese che hanno un volume di invio di corrispondenza considerevole, in quanto è lecito ritenere che le imprese caratterizzate da un volume esiguo di invio di corrispondenza siano meno interessate ad essere inserite in detto archivio. Inoltre, mentre dal punto 3.4.1 dello studio ACM si evince che il [riservato]% delle imprese interrogate aveva un volume di corrispondenza superiore a 10000 invii al mese, la ricorrente ha indicato, nella sua replica, che solo il [riservato]% di questi 5641 clienti aveva un siffatto volume. D’altro canto, le grandi imprese, fra le 451 imprese interrogate nell’indagine, sono state significativamente favorite anche in quanto, secondo la ricorrente, 57 delle 160 grandi imprese del suo archivio clienti hanno partecipato all’indagine e pertanto, sulle 5481 restanti imprese, solo 394 hanno partecipato. Come affermato dalla Commissione, la ricorrente non ha neanche dimostrato che le piccole imprese, le quali inviano meno di 100 lettere al mese, sono state sovrarappresentate nell’indagine, contrariamente a quanto da essa sostenuto. Infatti, mentre, secondo la ricorrente, il [riservato]% dei 5461 clienti del suo archivio erano piccole imprese, nell’indagine in questione tale segmento rappresentava soltanto il [riservato]% delle imprese interrogate.

101

Nella misura in cui la ricorrente fa valere, a tal riguardo, che i risultati del test-MH corrispondevano a quelli di un altro studio effettuato nel 2012, concernente l’Austria, alla luce della mancata dimostrazione di tale fatto, data la mancata produzione di detto studio, tale argomento deve essere respinto in quanto infondato.

102

Va poi rilevato che la ricorrente fa valere che si evince dall’indagine condotta che il [riservato]% dei suoi clienti prevedeva in futuro, anche qualora i prezzi fossero rimasti invariati, di sostituire la distribuzione postale delle proprie lettere con una distribuzione elettronica. Tale argomento deve essere respinto. Infatti, occorre rilevare che un siffatto risultato, del resto estremamente generico, era inficiato dagli stessi vizi tecnici inficianti i risultati ottenuti in risposta alla domanda diretta centrale relativa al test-MH.

103

Infine, la ricorrente fa valere che le domande indirette sono state poste, utilizzando una tecnica di indagine riconosciuta, al fine di approfondire l’analisi della situazione. In conformità alla comunicazione sulla definizione del mercato, tutti i prodotti considerati intercambiabili dal consumatore sarebbero stati inclusi nell’indagine presso i clienti e non ci sarebbe stata, pertanto, una distorsione a favore dei mezzi di comunicazione elettronica.

104

Come è già stato rilevato (v. punto 79 supra), si evince dal fascicolo che l’indagine contenente il test-MH includeva parimenti domande indirette. Tramite tali domande, le quali non vertevano direttamente sulla loro reazione a fronte di aumenti di prezzo, le imprese dovevano indicare, fra due diversi servizi definiti da una serie di caratteristiche, quello che avrebbero scelto. Al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato a tal riguardo che, sebbene i risultati dell’indagine in questione presupponessero che la posta cartacea e quella elettronica appartenessero al medesimo mercato, alcuni aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine mettevano in dubbio la validità dei risultati. A suo avviso, ad esempio, l’insieme delle caratteristiche per definire i prodotti è stato scelto in modo tale da poter indurre una certa distorsione a favore dei mezzi di comunicazione elettronica. Nel suo controricorso, la Commissione ha precisato che le domande indirette poste ai clienti erano organizzate sotto forma di «pacchetti» che contenevano, oltre alla scelta fra la distribuzione elettronica e la distribuzione postale, aspetti soggettivi che esigevano una valutazione, ad esempio, relativa alla tutela dell’ambiente, ai requisiti di legge o alla sicurezza. Tale modo di porre le domande comporterebbe il rischio di costringere in realtà l’impresa interrogata ad esprimere una determinata preferenza. Inoltre, sarebbe evidente che tutta una serie di questi elementi di valutazione era formulata in modo tale da privilegiare la distribuzione elettronica.

105

La ricorrente contesta tali addebiti e fa valere che numerosi studi menzionati al punto 2.3.2 dello studio ACM dimostrano che, accanto al prezzo, i mittenti tengono conto, per prendere la loro decisione, di altre preferenze. Sulla base dei risultati di tali studi, considerazioni legate all’ambiente, alla sicurezza e ai requisiti di legge costituirebbero preferenze empiricamente dimostrate. Sarebbe conforme al metodo abituale e scientificamente riconosciuto integrare tali preferenze nell’indagine. Secondo la ricorrente, le diverse preferenze del mittente sono state prese in considerazione in maniera equilibrata nell’indagine.

106

Tale argomentazione non dimostra che la valutazione della Commissione relativa agli aspetti tecnici nell’impostazione dell’indagine sia errata. Non risulta che la Commissione abbia commesso errori nel considerare che l’organizzazione delle domande indirette sotto forma di «pacchetti» contenenti, oltre alla scelta fra la distribuzione elettronica e la distribuzione postale, aspetti soggettivi che esigevano una valutazione, fosse idonea a falsare i risultati dell’indagine. Infatti, come affermato dalla Commissione, la considerazione di siffatti aspetti soggettivi ha potuto impedire alle imprese interrogate di esprimere la loro reale preferenza per la distribuzione elettronica o la distribuzione postale. Se è vero che altri studi menzionati al punto 2.3.2 dello studio ACM hanno indicato, fra gli aspetti a favore di una distribuzione elettronica, anche altre preferenze delle imprese, ciò non toglie che non risulta dallo studio ACM che tali diverse preferenze siano già state impiegate nello stesso modo nella letteratura economica pertinente che applica la tecnica di analisi congiunta, come rilevato dalla Commissione al punto 20 della decisione impugnata. Inoltre, limitandosi ad affermare che tali diverse preferenze sono state prese in considerazione in maniera equilibrata nello studio ACM, la ricorrente non ha affatto dimostrato che ciò fosse effettivamente avvenuto.

107

La prima censura dev’essere pertanto respinta.

– Sulla seconda censura, relativa ad un’interpretazione erronea dei dati relativi all’evoluzione di quantità e prezzi risultanti dall’analisi di shock

108

La ricorrente fa valere che la Commissione ha erroneamente constatato, al punto 21 della decisione impugnata, che i dati relativi all’evoluzione di quantità e prezzi risultanti dall’analisi di shock forniti dalla ricorrente non consentivano di confermare che la corrispondenza elettronica fosse perfettamente sostituibile alla corrispondenza con distribuzione postale. L’analisi di shock costituirebbe l’analisi del calo della domanda a seguito dello «shock» consistente nell’aumento dei prezzi da parte della ricorrente, intervenuto nel maggio del 2011 e autorizzato dal regolatore. Secondo la ricorrente, l’elasticità della domanda fino al [riservato]% in caso di aumento dei prezzi del 5% risultante dal test-MH restava dello stesso ordine dell’elasticità causata dall’aumento dei prezzi intervenuto nel maggio del 2011, pari al [riservato]% oppure al [riservato]%, a seconda della prestazione di servizi scelta.

109

La Commissione, al punto 21 della decisione impugnata, ha affermato quanto segue:

«Il richiedente ha anche fornito grafici dell’evoluzione di quantità e prezzi che indicano una sensibilità delle quantità ai prezzi di gran lunga inferiore rispetto a quella segnalata nell’analisi dell’indagine. Al fine di chiarire questa apparente contraddizione è stato chiesto al richiedente di fornire i dati reali utilizzati per produrre i grafici e di quantificare la sensibilità della domanda. Questa, stando ai calcoli del richiedente basati sui dati reali, si collocava in un intervallo tra il [riservato]% e il [riservato]%, a seconda della tecnica impiegata. Nondimeno, il richiedente non è ricorso all’analisi econometrica convenzionale per produrre tali risultati. I risultati preliminari di un’analisi distinta, condotta dai servizi della Commissione impiegando il medesimo insieme di dati e tecniche econometriche convenzionali per la stima della domanda secondo la letteratura economica, suggeriscono che la sensibilità delle quantità alle variazioni di prezzo potrebbe non superare il 3,1%».

110

Alla nota inserita nella quarta frase del punto 21 della decisione impugnata, viene indicato quanto segue:

«Nell’analisi della domanda, il prezzo è considerato di solito una variabile endogena. Per essere considerata una stima dell’elasticità priva di distorsioni, tale caratteristica deve essere corretta per l’associata sensibilità delle quantità ai prezzi. Il richiedente non ha effettuato questo tipo di correzione dell’endogeneità e non ha giustificato in maniera adeguata l’esogeneità dei prezzi, nell’ipotesi non motivata che i prezzi fossero esogeni».

111

Più precisamente, la ricorrente fa valere che la Commissione utilizza parimenti analisi di shock come prova di delimitazione dei mercati. Secondo la ricorrente, non sussisterebbe un’apparente contraddizione per quanto attiene ai risultati dell’indagine condotta nell’ambito dello studio ACM. Nell’analisi di shock, essa avrebbe operato una distinzione, per motivi di ordine pratico e per considerazioni tecniche legate all’imposta sulla cifra d’affari, fra le lettere standardizzate depositate presso una grande filiale, le quali ricadrebbero nell’obbligo di servizio universale, e quelle depositate direttamente presso un centro di smistamento, le quali non ricadrebbero nell’obbligo di servizio universale, ma sarebbero assoggettate ad IVA. Per il maggio del 2011, essa avrebbe calcolato un’elasticità della domanda del [riservato]% per un aumento dei prezzi dell’1% per quanto riguarda le lettere standardizzate non assoggettate all’obbligo di servizio universale e del [riservato]% per quanto riguarda quelle assoggettate all’obbligo di servizio universale. Un aumento di prezzo del 5% assunto nell’ambito di un test-MH comporterebbe una diminuzione della domanda di lettere standard rispettivamente del [riservato]% e del [riservato]%. Il risultato del test-MH, il quale avrebbe dimostrato un’elasticità della domanda del [riservato]%, sarebbe pertanto concludente. Secondo la ricorrente, l’analisi di shock è stata confermata da due controlli di verosimiglianza, ossia un’analisi econometrica semplice e un’analisi econometrica complementare. Infine, la ricorrente fa valere che le analisi econometriche effettuate dalla Commissione sulla base dei dati da essa forniti non sarebbero né idonee né sufficienti per confutare il carattere affidabile e comprensibile delle sue analisi. Mentre il risultato della prima analisi della Commissione si collocherebbe nello stesso ordine di grandezza delle elasticità della domanda misurate dalla ricorrente, ossia il [riservato]%, la seconda analisi sarebbe errata a causa dell’impiego di variabili slegate fra loro e di dati di frequenze diverse.

112

Tale linea argomentativa non dimostra che la valutazione della Commissione sia viziata da un errore manifesto.

113

Infatti, in primo luogo, quanto all’argomento secondo il quale la Commissione utilizza parimenti analisi di shock come prova di delimitazione dei mercati, occorre rilevare che la Commissione non ha contestato l’utilità di una siffatta analisi per definire il mercato rilevante. La Commissione ha affermato di aver applicato il metodo relativo alla delimitazione del mercato quale previsto nella comunicazione sulla definizione del mercato (v. punto 33 supra). Secondo il punto 38 di tale comunicazione, uno degli elementi che la Commissione ritiene pertinenti quando si tratta di decidere se due prodotti siano sostituibili dal punto di vista della domanda costituisce la prova di una sostituzione nel recente passato. Secondo tale punto, in taluni casi è possibile analizzare dati relativi a fenomeni o shock recentemente prodottisi sul mercato che offrono esempi di effettiva sostituzione tra due prodotti. Detto punto indica che informazioni del genere, se disponibili, saranno normalmente decisive per la definizione del mercato. Sempre secondo il punto 38 della comunicazione sulla definizione del mercato, se in passato si sono verificate variazioni dei prezzi relativi (a parità delle altre condizioni), le variazioni della domanda che ne sono conseguite saranno determinanti per decidere se vi sia sostituibilità.

114

In secondo luogo, quanto all’argomento secondo il quale la Commissione ha erroneamente constatato l’esistenza di un’apparente contraddizione fra i risultati dell’indagine condotta dalla ricorrente e quelli dell’analisi di shock effettuata da quest’ultima, in quanto i grafici dell’evoluzione di quantità e prezzi utilizzati nell’ambito dell’analisi di shock indicavano una sensibilità delle quantità ai prezzi di gran lunga inferiore rispetto a quella segnalata nell’analisi dell’indagine in questione, anch’esso deve essere respinto.

115

Infatti, come affermato dalla Commissione, emerge dai grafici che le ha fornito la ricorrente che la domanda aveva iniziato a diminuire nell’aprile del 2011, ossia prima dell’aumento dei prezzi da parte della ricorrente nel maggio del 2011. Se è vero che la domanda ha continuato a diminuire nel maggio del 2011, ciò non toglie che non può escludersi che i motivi eccezionali che avevano comportato una diminuzione a partire dal mese di aprile, ossia, secondo la ricorrente, delle discrepanze fra taluni dei suoi clienti rilevanti, abbiano parimenti contribuito in una certa maniera alla diminuzione del maggio del 2011, cosicché la Commissione ha giustamente potuto ritenere che la sensibilità delle quantità ai prezzi fosse di gran lunga inferiore rispetto a quella segnalata nell’analisi dell’indagine di cui trattasi.

116

Per contro, nella misura in cui la Commissione fa valere che la ricorrente avrebbe dovuto prendere in considerazione il solo mese di maggio del 2011 e non il periodo che va dall’aprile al giugno del 2011, in quanto l’aumento dei prezzi analizzato sarebbe entrato in vigore il 1o maggio 2011, il suo argomento non può essere accolto. Infatti, anche se risulta dal materiale pubblicitario della ricorrente, datato febbraio 2011 e prodotto dalla Commissione, che l’aumento dei prezzi verificatosi il 1o maggio 2011 era stato portato a conoscenza del pubblico con largo anticipo, occorre rilevare che tale fatto non può rimettere in discussione l’affermazione della ricorrente secondo la quale i suoi clienti reagiscono in maniera diversa agli aumenti di prezzo.

117

In terzo luogo, la ricorrente fa valere di avere proceduto, al fine di avvalorare i risultati dell’analisi di shock, a due controlli di verosimiglianza, ossia ad un’analisi econometrica semplice e ad un’analisi econometrica complementare. A suo avviso, l’analisi econometrica semplice dei dati sotto forma di un’analisi di regressione corroborava le elasticità della domanda calcolate secondo la formula standard. In tale analisi, gli effetti stagionali che potevano essere osservati nel settore postale sarebbero stati controllati da una variabile dummy. Da tale analisi risulterebbe un’elasticità del [riservato]% in presenza di un aumento di prezzo del 5%. Il risultato dell’analisi econometrica complementare sarebbe un’elasticità del [riservato]% in presenza di un aumento di prezzo del 5%. A titolo integrativo, la ricorrente avrebbe presentato alla Commissione una valutazione della dottrina standard relativa alle elasticità della domanda nel settore postale, la quale confermerebbe parimenti le elasticità misurate dalla ricorrente in presenza di un aumento di prezzo dell’1%. Secondo la ricorrente, la Commissione si è limitata a criticare l’analisi econometrica complementare, sulla base del rilievo che essa non costituirebbe un’analisi econometrica standard. In tale analisi, la ricorrente avrebbe proceduto ad un’analisi di regressione utilizzando il volume delle lettere quale variabile dipendente spiegata e il prezzo delle lettere quale variabile indipendente esplicativa. In un caso del genere, sussisterebbe endogeneità, in quanto la variabile esplicativa inciderebbe sulla variabile spiegata. Tuttavia, contrariamente a quanto supposto dalla Commissione, negli studi scientifici del settore postale, il problema noto dell’endogeneità sarebbe accettato. L’ipotesi consisterebbe nell’esogeneità dei prezzi delle lettere, circostanza che sarebbe confermata dalle analisi prodotte dalla ricorrente. L’analisi econometrica complementare sarebbe confermata dal fatto che essa sfocia nei medesimi risultati delle altre analisi della ricorrente, fra cui l’analisi econometrica semplice, la quale, secondo la ricorrente, non era viziata dal problema di endogeneità in quanto non integrava il prezzo quale variabile esplicativa. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, non sarebbe pertanto necessario ricorrere ad un’analisi econometrica standard.

118

In primo luogo, per quanto attiene all’argomento secondo il quale la Commissione ha criticato unicamente l’analisi econometrica complementare, adducendo che essa non costituirebbe un’analisi econometrica standard, e non l’analisi econometrica semplice, si deve rilevare che non risulta dal punto 21 della decisione impugnata che la critica formulata dalla Commissione, relativa all’assenza di un’analisi econometrica standard, riguardava unicamente l’analisi econometrica complementare effettuata dalla ricorrente. Infatti, constatando, in detto punto, che, nonostante il fatto che la sensibilità della domanda calcolata dalla ricorrente tramite dati reali si collocasse in un intervallo tra il [riservato]% e il [riservato]%, a seconda della tecnica impiegata, la ricorrente non aveva tuttavia utilizzato l’analisi econometrica standard per produrre tali risultati, la Commissione non ha affatto distinto l’analisi econometrica semplice dall’analisi econometrica complementare effettuata dalla ricorrente. Piuttosto, si evince dalla nota inserita alla quarta frase del punto 21 della decisione impugnata (v. punto 110 supra) che la Commissione ha respinto le due analisi econometriche della ricorrente adducendo che quest’ultima aveva omesso di prendere in considerazione la questione dell’endogeneità dei prezzi e non aveva dimostrato in maniera sufficiente che i prezzi erano esogeni.

119

In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale l’analisi econometrica semplice non era viziata dal problema di endogeneità dei prezzi, in quanto essa non avrebbe incluso il prezzo quale variabile esplicativa, e sarebbe pertanto stata, in ogni caso, un’analisi variabile, occorre constatare, come affermato dalla Commissione, che, tramite tale analisi, la ricorrente tentava di dimostrare la sensibilità della domanda ai prezzi o la reazione in termini di quantità allo shock dovuto all’aumento dei prezzi dal 1o maggio 2011. Infatti, emerge da tale analisi che, secondo quest’ultima, la modellizzazione della domanda di corrispondenza postale tramite l’econometria consentiva di quantificare la diminuzione della domanda dovuta all’aumento del prezzo isolando tale effetto dagli altri fattori. Tale analisi conteneva parimenti un risultato relativo al crollo del volume a causa dell’aumento del prezzo. Come indicato dalla ricorrente in udienza, i dati presi in considerazione nell’ambito dell’analisi econometrica semplice si riferivano esattamente al periodo interessato dall’aumento di prezzo effettuato il 1o maggio 2011. L’analisi econometrica semplice della ricorrente doveva, pertanto, contenere il fattore «prezzo».

120

Inoltre, nella misura in cui la ricorrente fa valere che, negli studi scientifici del settore postale, il problema noto di endogeneità è accettato, e che l’ipotesi è l’esogeneità dei prezzi delle lettere, essa si limita a richiamare uno studio asseritamente idoneo a corroborare la sua tesi, senza tuttavia produrlo. A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione ha prodotto lo studio in questione, dedicato all’elasticità dei prezzi sul mercato postale negli Stati Uniti. Come affermato dalla medesima, dato il contesto regolamentare totalmente differente, i risultati di tale studio non possono essere utili per il mercato austriaco. Inoltre, si evince da tale studio che, anche per il mercato postale americano, l’ipotesi dell’esogeneità dei prezzi è considerata errata.

121

Del pari, la ricorrente, ove afferma di avere presentato alla Commissione una valutazione della dottrina standard relativa alle elasticità della domanda nel settore postale – la quale confermerebbe anche le elasticità misurate dalla medesima in presenza di un aumento di prezzo dell’1%, limitandosi a fare riferimento ad un elenco di studi scientifici, senza tuttavia produrli – non ha affatto dimostrato che la Commissione è incorsa in errore nel respingere le sue analisi econometriche. Inoltre, occorre rilevare che nessuno di questi studi scientifici riguarda il mercato austriaco.

122

La ricorrente fa parimenti valere che i risultati delle sue analisi di regressione possono essere valutati tramite due criteri di qualità. Il primo sarebbe il test t. Secondo la ricorrente, se il risultato del test t, ossia il valore p (probabilità), è inferiore allo 0,05 o al 5%, la variabile è considerata statisticamente significativa. Nella specie, tutti i valori p delle due analisi della ricorrente sarebbero inferiori allo 0,05. Il secondo criterio di qualità sarebbe il coefficiente di determinazione R2. Quest’ultimo indicherebbe la percentuale di fluttuazione nella variabile spiegata che potrebbe essere chiarita dall’equazione di regressione, e dunque dalle variabili esplicative. Più R2 sarebbe vicino al valore 1, più il potere esplicativo del fattore di influenza esaminato sarebbe rilevante. Quanto maggiore è la forza esplicativa del fattore di influenza, tanto migliore sarebbe la regressione. Secondo la ricorrente, i valori superiori allo 0,2 sarebbero accettabili, i valori superiori allo 0,4 rappresenterebbero buone stime, e i valori superiori allo 0,5 sarebbero indici di una valutazione estremamente buona della regressione. La ricorrente indica che, nella specie, le sue due analisi raggiungono valori eccellenti, ossia l’analisi econometrica semplice il valore dello 0,92 e l’analisi econometrica complementare il valore dello 0,88.

123

A tal riguardo, occorre rilevare che, in risposta ad un quesito posto dal Tribunale in udienza, la ricorrente ha indicato che i valori p e le soglie R2 non erano in grado di risolvere il problema di endogeneità. Né il test t né il coefficiente R2 danno indicazioni sul nesso causale fra i diversi fattori utilizzati nelle analisi di regressione e il calo quantitativo, il quale costituisce appunto la questione centrale di un’analisi dell’elasticità della domanda.

124

In quarto luogo, la ricorrente fa valere che i risultati delle due analisi econometriche realizzate dalla Commissione tramite i dati da essa forniti sono erronei. Secondo la ricorrente, la Commissione non ha indicato le ragioni per cui essa ha utilizzato le variabili scelte. Inoltre, tali analisi di regressione riguarderebbero unicamente il periodo fino al 2012, e la Commissione avrebbe utilizzato periodi di osservazione e frequenze diversi; ciò non corrisponderebbe a nessuna analisi econometrica standard. Per quanto riguarda la prima analisi di regressione della Commissione, la ricorrente afferma che il prezzo delle lettere offre una spiegazione del loro volume, come nella sua analisi econometrica complementare. La prima analisi di regressione dimostrerebbe parimenti che il volume delle lettere diminuiva del 10,15%, un risultato comparabile a quelli prodotti dalla ricorrente. Quanto alla seconda analisi di regressione della Commissione, quest’ultima avrebbe proceduto ad una stima in variabili strumentali. Essa avrebbe sostituito sia la variabile «spese di affrancatura» sia la variabile «linee fisse a banda larga/linee di abbonati e diffusione» con le due variabili «modifica del prodotto interno lordo (PIL)» e «prezzo dell’elettricità per i clienti industriali». Secondo la ricorrente, per poter costituire uno strumento, la variabile «spese di affrancatura» deve presentare un nesso, sotto il profilo statistico, con la variabile «prezzo dell’elettricità per i clienti industriali»; ciò non avverrebbe tuttavia nella specie. Tale assenza di nesso a lungo termine sarebbe stata confermata da test standard di cointegrazione.

125

Tale argomento non dimostra che la constatazione della Commissione figurante al punto 22 della decisione impugnata, secondo la quale non sussistono prove solide e conclusive del fatto che la corrispondenza elettronica sia perfettamente sostituibile alla corrispondenza con distribuzione postale, è errata. Occorre ricordare, infatti, che l’onere della prova del soddisfacimento delle condizioni previste all’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 incombe al richiedente e allo Stato membro interessato, mentre la Commissione dispone unicamente di poteri limitati (v. punto 41 supra). Ne consegue che, nella specie, la Commissione non era obbligata ad effettuare analisi autonome.

126

In ogni caso, si deve rilevare che risulta espressamente dall’ultima frase del punto 21 della decisione impugnata (v. punto 109 supra) che l’analisi effettuata dai servizi della Commissione ha dato luogo unicamente a risultati preliminari. Nella sua lettera del 4 aprile 2014 alla ricorrente, la Commissione ha indicato a tal riguardo che la sua analisi non doveva essere considerata un’analisi definitiva del mercato postale in Austria, e che metodi più sofisticati o dati migliori avrebbero potuto fornire risultati diversi. Ne consegue che le constatazioni relative all’analisi effettuata dai servizi della Commissione, figuranti nell’ultima frase del punto 21 della decisione impugnata, costituiscono motivi complementari rispetto a quelli illustrati nel resto di tale punto. Di conseguenza, anche ammesso che tale analisi sia errata, ciò non può necessariamente significare che la decisione impugnata sia inficiata da un manifesto errore di valutazione.

127

Nella misura in cui la ricorrente ha fatto valere, in udienza, che la Commissione ha violato il suo diritto di essere sentita, poiché non le avrebbe concesso l’accesso ai suoi dati e calcoli econometrici prima dell’adozione della decisione impugnata, occorre rilevare che tale argomento è irricevibile, in quanto, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, corrispondente all’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento, il che non avviene nella specie. In ogni caso, un siffatto argomento è parimenti infondato, in quanto risulta da una lettera del perito designato dalla ricorrente indirizzata alla Commissione, datata 1o aprile 2014, che quest’ultima, anche se non aveva concesso l’accesso a tutti i suoi dati, aveva cionondimeno dato la possibilità a tale perito di discutere della sua analisi econometrica.

128

La seconda censura e, di conseguenza, la terza parte, devono essere respinte.

Sulla quarta parte, relativa ad un difetto di motivazione concernente la possibilità di trasferire gli aumenti dei costi alla clientela

129

La ricorrente fa valere che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione relativo all’accertamento figurante al suo punto 24, secondo il quale essa potrebbe trasferire gli aumenti dei costi alla clientela. A suo avviso, i suoi prezzi sono rigorosamente regolati, ed essa ha prodotto documenti esaustivi che dimostrano che, in caso di aumento dei prezzi, i suoi clienti si orienterebbero verso una distribuzione alternativa. Alla luce della dinamica del mercato, la conclusione della Commissione secondo la quale essa avrebbe una posizione dominante, sarebbe priva di fondamento, e non sarebbe neanche sufficientemente motivata. Inoltre, secondo un’inchiesta di soddisfazione del 2013, il [riservato]% dei suoi clienti rilevanti interrogati avrebbe menzionato la sostituzione con mezzi elettronici quale motivo della diminuzione del loro volume di corrispondenza distribuito dalla ricorrente. Secondo la ricorrente, la Commissione non avrebbe dimostrato che, contrariamente ai risultati da essa presentati, la riduzione globale della dimensione del mercato della corrispondenza non presentava alcun rapporto con l’incremento della sostituzione con mezzi elettronici. A suo avviso, benché la Commissione miri a rafforzare le comunicazioni e gli invii non cartacei al posto degli invii postali, essa nega qualsivoglia correlazione fra il crollo degli invii di lettere postali e l’aumento degli invii elettronici.

130

Occorre rilevare che, al punto 24 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato quanto segue:

«Österreichische Post potrebbe trasferire gli aumenti dei costi alla clientela che, data la preferenza intrinseca per la distribuzione postale, non avrebbe altra scelta che sottostare al rincaro. Per lo stesso motivo, la posizione chiaramente dominante di Österreichische Post non garantisce che eventuali riduzioni dei costi siano trasferite alla clientela».

131

Nella nota inserita nella prima frase del punto 24 della decisione impugnata, la Commissione ha segnalato che nel maggio 2011, in seguito all’approvazione da parte delle autorità nazionali competenti di una richiesta della ricorrente, era stato introdotto un aumento delle tariffe.

132

Al riguardo, occorre ricordare che l’obbligo di motivazione costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenza del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, Racc., EU:C:2001:178, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata). Risulta dall’argomento della ricorrente che quest’ultima fa valere in sostanza, nell’ambito della presente parte, da un lato, una violazione di una formalità sostanziale e, dall’altro, l’assenza di fondatezza della motivazione.

133

In primo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione dell’obbligo di motivazione, occorre rilevare che le constatazioni della Commissione figuranti al punto 24 della decisione impugnata soddisfano i requisiti relativi all’obbligo di motivazione, quali enunciati ai punti 20 e 46 supra. Infatti, da un lato, quanto alla constatazione secondo la quale la ricorrente potrebbe trasferire gli aumenti dei costi alla clientela che, data la sua preferenza intrinseca per la distribuzione postale, non avrebbe altra scelta che sottostare al rincaro, si evince dalla nota inserita alla prima frase del punto 24 della decisione impugnata, la quale richiama l’aumento dei prezzi intervenuto nel maggio del 2011 su richiesta della ricorrente, che la Commissione riteneva che un siffatto trasferimento fosse possibile anche tenendo conto del fatto che un aumento dei prezzi doveva essere approvato dalle autorità nazionali competenti. Dall’altro, per quanto attiene alla motivazione della constatazione secondo la quale la ricorrente detiene una posizione dominante sul mercato austriaco, occorre rilevare che, al punto 23 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato, richiamando una lettera della ricorrente datata 2 dicembre 2013, secondo la quale quest’ultima aveva stimato al [riservato]% la sua quota sul mercato della posta commerciale nazionale, che la ricorrente deteneva la stragrande maggioranza del mercato della posta cartacea.

134

In secondo luogo, per quanto attiene all’argomentazione della ricorrente che rimette in discussione la fondatezza delle constatazioni figuranti al punto 24 della decisione impugnata, neanch’essa può essere accolta. Infatti, anzitutto, quanto all’argomento secondo il quale la ricorrente avrebbe prodotto documenti esaustivi che dimostravano che, in caso di aumento dei prezzi, i suoi clienti si sarebbero orientati verso una distribuzione alternativa, è giocoforza constatare, da un lato, che la ricorrente non fa riferimento ad alcun elemento di prova preciso a sostegno della sua affermazione e, dall’altro, che il suo argomento relativo al test-MH e alla presentazione dei grafici dell’evoluzione di quantità e prezzi è già stato respinto nell’ambito dell’esame della terza parte del presente motivo. In secondo luogo, quanto all’argomento secondo il quale, alla luce della dinamica del mercato, la conclusione della Commissione secondo la quale la ricorrente deteneva una posizione dominante era erronea, si evince dall’esame della seconda parte del presente motivo che la Commissione non è incorsa in un errore nel constatare, ai punti 18 e 19 della decisione impugnata, taluni ostacoli alla sostituibilità della fatturazione economica e della fatturazione postale, nonché la situazione del mercato. Inoltre, per quanto concerne l’affermazione secondo la quale, sulla base di un’inchiesta di soddisfazione del 2013, il [riservato]% dei clienti rilevanti della ricorrente interrogati aveva menzionato la sostituzione con mezzi elettronici quale motivo della diminuzione del loro volume di corrispondenza distribuita dalla ricorrente, si deve rilevare che, limitandosi a menzionare il risultato di tale inchiesta di soddisfazione, la ricorrente non perviene affatto a dimostrare che la Commissione, concludendo che la corrispondenza elettronica non era perfettamente sostituibile alla corrispondenza con distribuzione postale, abbia commesso un manifesto errore di valutazione. A ciò si aggiunge che, nella misura in cui la ricorrente fa valere che la Commissione non ha presentato alcuna prova, è già stato ricordato che l’onere della prova concernente il soddisfacimento delle condizioni previste all’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 incombe al richiedente e allo Stato membro interessato, mentre la Commissione dispone unicamente di poteri limitati (v. punto 41 supra). Infine, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la Commissione non ha affatto negato l’esistenza di una correlazione fra la diminuzione degli invii di lettere postali e l’aumento degli invii elettronici. Infatti, la Commissione ha indicato, al punto 26 della decisione impugnata, che sebbene uno degli effetti principali dell’uso crescente dei mezzi di comunicazione elettronica fosse la riduzione del volume complessivo del mercato delle lettere, essa non poteva concludere che la comunicazione elettronica fosse entrata in concorrenza diretta nel mercato della distribuzione postale.

135

Ne consegue che la quarta parte del presente motivo, al pari di quest’ultimo nel suo insieme, devono essere respinti.

136

Per quanto attiene alla richiesta di sentire, in qualità di testimone, l’autore dello studio ACM e dell’analisi di shock (v. punto 43 supra), alla luce di quanto precede, sulla base dei documenti del fascicolo e in ragione delle risposte ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, il Tribunale si ritiene sufficientemente informato e pertanto in grado di comprendere tutte le relative questioni economiche al fine di decidere se la valutazione della Commissione fosse viziata da un errore manifesto. Di conseguenza, tale domanda non deve essere accolta nella parte concernente il presente motivo.

Sul terzo motivo, relativo all’erronea applicazione della direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione concernente l’esposizione diretta alla concorrenza sul mercato dei servizi postali per lettere indirizzate C2X a livello nazionale

137

La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 30 della direttiva 2004/17 ed è incorsa in un difetto di motivazione in quanto avrebbe constatato, ai punti da 34 a 42 della decisione impugnata, che i servizi postali per lettere indirizzate C2X a livello nazionale non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria. Secondo la ricorrente, la Commissione ha commesso un errore nel delimitare il mercato rilevante. Più precisamente, la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto che la distribuzione elettronica e la distribuzione postale non appartenessero al medesimo mercato C2X nazionale. A tal riguardo, la ricorrente fa valere che la Commissione, da un lato, ha preso in considerazione cifre inesatte relative all’utilizzazione di Internet in Austria e, dall’altro, non ha tenuto conto né degli studi prodotti dalla ricorrente, né dell’evoluzione costante, né dell’onnipresente passaggio all’elettronica. Al fine di avvalorare la propria argomentazione e spiegare lo studio ACM e le sue lettere alla Commissione dell’8 novembre e del 2 dicembre 2013, la ricorrente chiede l’audizione, in qualità di testimone, del suo perito, il quale è segnatamente l’autore dello studio ACM.

138

In via preliminare, occorre ricordare che l’obbligo di motivazione costituisce una formalità sostanziale da tenere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente, quest’ultima, alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. punto 132 supra). Emerge dall’argomentazione della ricorrente che, in sostanza, quest’ultima non fa valere una violazione dell’obbligo di motivazione quale violazione di una formalità sostanziale. Piuttosto, la ricorrente desidera rimettere in discussione la fondatezza della motivazione della decisione impugnata, nella misura in cui la Commissione avrebbe preso in considerazione cifre errate e non avrebbe tenuto conto di tutti i dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare la situazione in Austria (v. parimenti punto 39 supra).

139

Si evince dai punti da 34 a 42 della decisione impugnata, che la Commissione ha concluso che i servizi postali per lettere indirizzate C2X a livello nazionale non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria e che, di conseguenza, l’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 non si applicava agli appalti finalizzati allo svolgimento di tali attività in Austria. Per pervenire a tale conclusione, la Commissione ha rilevato, ai punti 39 e 40 della decisione impugnata, che il mercato del prodotto poteva essere considerato quello dei servizi postali per le lettere indirizzate C2X, in relazione al quale la quota di mercato della ricorrente era pari a circa il [riservato]%. Secondo il punto 38 della decisione impugnata, la distribuzione elettronica e quella postale delle lettere indirizzate C2X non appartengono al medesimo mercato. A tal riguardo, la Commissione ha affermato, al punto 36 di tale decisione, che, secondo lo studio WIK 2013, quasi il 30% della popolazione in Austria non aveva mai utilizzato Internet, circa il 55% della popolazione non si avvaleva di servizi bancari online e il 75% non compilava moduli amministrativi online. Secondo il punto 37 della decisione impugnata, la ricorrente non ha prodotto alcuna prova empirica aggiuntiva per sostenere le proprie affermazioni e dimostrare la sostituibilità.

140

In primo luogo, la ricorrente fa valere che le cifre menzionate al punto 36 della decisione impugnata, tratte dallo studio WIK 2013, concernenti l’utilizzazione di Internet in Austria, sono inesatte e prive di rilevanza in relazione alla delimitazione del mercato rilevante. A suo avviso, un rilevamento dell’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (Eurostat) conferma che, nel 2012, soltanto il 17% della popolazione austriaca ha dichiarato di non avere ancora utilizzato Internet. Inoltre, sarebbe opportuno prendere come riferimento i nuclei familiari, dei quali più dell’80% avrebbe avuto accesso ad Internet nel 2013, stando ai dati di Eurostat. Fra il 2002 e 2012, la percentuale dei nuclei familiari aventi un accesso ad Internet in Austria sarebbe passato dal 34 al 79% e la percentuale dei nuclei familiari aventi un accesso ad Internet a banda larga sarebbe passato dal 10 al 77% fra il 2003 e il 2012. Inoltre, nel 2013, il 75% degli austriaci avrebbe utilizzato Internet per inviare messaggi di posta elettronica, fra i quali gli utenti nella fascia di età da 25 a 64 anni avrebbero rappresentato la stragrande maggioranza. Secondo la ricorrente, per quanto attiene alla delimitazione del mercato rilevante, solo l’utilizzazione della funzione di posta elettronica riveste importanza, in quanto, ad esempio, tale funzione consentirebbe parimenti di inviare fatture come documenti allegati in formato PDF. La ricorrente aggiunge che tali sviluppi sono altresì conformi alla vita reale, in quanto, da un lato, la comunicazione fra i consumatori verrebbe effettuata tramite messaggi di posta elettronica, messaggi brevi (SMS) e altri servizi simili e, dall’altro, le lettere postali verrebbero scritte solo in casi eccezionali. Infine, secondo la ricorrente, è significativo, per la delimitazione del mercato, che la disponibilità di Internet per le imprese in Austria si collocava quasi al 100% nel 2012.

141

Tale argomento non dimostra che la valutazione della Commissione è viziata da un errore manifesto in quanto essa avrebbe fondato la sua valutazione su elementi di prova inesatti.

142

Infatti, in primo luogo, occorre ricordare che l’onere della prova relativa al soddisfacimento delle condizioni previste all’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 incombe al richiedente e allo Stato membro interessato, mentre la Commissione dispone nella specie, rispetto agli ampi poteri di indagine conferiti nell’ambito di applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione dal regolamento n. 1/2003 e dal regolamento n. 139/2004, soltanto di poteri limitati (v. punto 41 supra). Inoltre, la legittimità di una decisione della Commissione presa in forza dell’articolo 30 della direttiva 2004/17 deve essere valutata alla luce delle informazioni di cui poteva disporre la Commissione quando l’ha adottata (v., per analogia, sentenze del 15 aprile 2008, Nuova Agricast, C‑390/06, Racc., EU:C:2008:224, punto 54; del 12 ottobre 2011, Dimos Peramatos/Commissione, T‑312/07, EU:T:2011:587, punto 95, e del 15 luglio 2014, Italia/Commissione, T‑463/07, EU:T:2014:665, punto 108).

143

Nella specie, occorre rilevare che, come risulta dal punto 35 della decisione impugnata, a seguito dell’invito della Commissione a esprimere il loro parere sulla definizione del mercato del prodotto, in conformità all’articolo 30, paragrafo 5, secondo comma, della direttiva 2004/17, le autorità austriache non hanno potuto produrre informazioni aggiuntive a sostegno delle affermazioni della ricorrente.

144

In secondo luogo, per quanto attiene all’argomento secondo il quale le cifre ricavate dallo studio WIK 2013, relative all’utilizzazione di Internet in Austria, sono inesatte e irrilevanti, si deve rilevare che la ricorrente non rimette in discussione i dati risultanti dallo studio WIK 2013 in generale. In particolare, essa non afferma che tale studio poggia su dati errati. Al contrario, durante il procedimento amministrativo, è stata la ricorrente a presentare tale studio. Inoltre, a sostegno del proprio argomento relativo all’esposizione diretta alla concorrenza sui mercati B2X e C2X, la ricorrente ha fatto riferimento a tale studio per dimostrare che, a suo avviso, la diminuzione degli invii postali doveva essere imputata, in particolare, al passaggio all’elettronica. Del resto, occorre rilevare che lo studio WIK 2009, ossia lo studio precedente lo studio WIK 2013, proveniente dalla stessa società di consulenza, è stato citato a più riprese nello studio ACM della ricorrente.

145

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non è erroneo, nell’ambito della presente delimitazione del mercato rilevante, fare riferimento al fatto che circa il 55% della popolazione non si avvale dei servizi bancari online e che il 75% della popolazione non compila moduli amministrativi online. Come affermato dalla Commissione, tali cifre sono pertinenti ai fini della definizione del mercato rilevante, in quanto riguardano segmenti essenziali del mercato C2X, il quale comprende invii fra privati e invii fra privati e professionisti. A tal riguardo, occorre parimenti rilevare che l’argomento della ricorrente secondo il quale solo l’utilizzazione della funzione di posta elettronica è rilevante, in quanto, ad esempio, tale funzione consentirebbe parimenti di inviare fatture come documenti allegati in formato PDF, non può essere accolto in relazione al mercato C2X. Infatti, la ricorrente non ha affatto dimostrato che gli invii di fatture da parte di privati non erano trascurabili in tale mercato.

146

Quindi, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la comunicazione fra i consumatori avviene tramite messaggi di posta elettronica, SMS e altri servizi simili, e secondo il quale le lettere postali continuano ad essere scritte solo in casi eccezionali, occorre rilevare che tale argomento non è stato supportato da elementi di prova. Per quanto attiene, a tal riguardo, ad un documento dell’autorità di regolamentazione tedesca datato novembre 2014, è giocoforza rilevare che esso, poiché è stato prodotto nella fase della replica, senza alcuna motivazione concernente il ritardo, deve essere dichiarato irricevibile in forza dell’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991. Inoltre, è già stato ricordato che la legittimità di un atto impugnato dev’essere valutata sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato (v. punto 64 supra). D’altro canto, la ricorrente non afferma neanche che il documento dell’autorità di regolamentazione tedesca si riferisce alla situazione in Austria. Infine, come affermato dalla Commissione, risulta dal punto 5.2.2.2 della domanda della ricorrente che quest’ultima ha spedito, nel 2012, circa [riservato] lettere di privati.

147

Infine, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale è significativo, per la delimitazione del mercato, il fatto che la disponibilità di Internet per le imprese in Austria si collocava quasi al 100% nel 2012, anche ammesso che esso sia dimostrato, si deve ricordare che, nel mercato C2X, è particolarmente importante che i privati dispongano di Internet per poter inviare le loro comunicazioni elettroniche.

148

D’altro canto, la ricorrente fa valere che la Commissione non ha tenuto conto né degli studi da essa prodotti né dello sviluppo costante, né dell’onnipresente passaggio all’elettronica. Essa rimanda, a tal riguardo, alla sua esposizione generale dell’evoluzione del mercato B2X contenuta nel ricorso, allo studio WIK 2013, allo studio ACM, al punto 5 della sua lettera dell’8 novembre 2013 alla Commissione e ai punti 3 e 4 della sua lettera alla Commissione del 2 dicembre 2013. A suo avviso, la Commissione ha valutato in maniera erronea unicamente lo studio WIK 2013 da essa prodotto.

149

Neanche tale argomento dimostra che la valutazione della Commissione è viziata da un errore manifesto in quanto essa non avrebbe fondato la propria valutazione su tutti i dati rilevanti che devono essere presi in considerazione.

150

Infatti, in primo luogo, nella misura in cui la ricorrente fa riferimento al suo argomento relativo alla delimitazione del mercato B2X, occorre rilevare, da un lato, che la Commissione ne ha tenuto conto nell’ambito del suo esame del mercato B2X, come si evince dai punti da 14 a 33 della decisione impugnata, e che è stato constatato, nell’ambito dell’esame del secondo motivo, che la Commissione non aveva commesso un manifesto errore di valutazione a tal riguardo. Nell’ambito del presente motivo, la ricorrente non ha aggiunto alcun elemento supplementare. Dall’altro, occorre rilevare, come affermato dalla Commissione, che la ricorrente non ha affatto dimostrato che le indagini svolte presso talune imprese e gli studi relativi alla struttura della domanda delle imprese si applicavano parimenti alla struttura della domanda dei privati, e che essi costituivano dunque dati rilevanti che dovevano essere presi in considerazione dalla Commissione in occasione dell’esame della definizione del mercato C2X.

151

In secondo luogo, quanto al rinvio globale allo studio WIK 2013, allo studio ACM, al punto 5 della lettera della ricorrente alla Commissione dell’8 novembre 2013 e ai punti 3 e 4 della sua lettera alla Commissione del 2 dicembre 2013, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo una costante giurisprudenza, pur se il contenuto del ricorso può essere suffragato e completato, su punti specifici, mediante il rinvio ad estratti della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono figurare nel ricorso, in quanto non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenze del 9 marzo 2015, Deutsche Börse/Commissione, T‑175/12, EU:T:2015:148, punto 354 e la giurisprudenza ivi citata, e del 25 marzo 2015, Slovenská pošta/Commissione, T‑556/08, EU:T:2015:189, punto 434 e la giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, tale rinvio deve essere respinto in quanto irricevibile.

152

Il terzo motivo deve quindi essere respinto.

153

Quanto alla domanda di audizione, in qualità di testimone, del perito della ricorrente (v. punto 137 supra), alla luce di quanto precede, sulla base dei documenti del fascicolo e in ragione delle risposte ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, il Tribunale si ritiene sufficientemente informato e pertanto in grado di comprendere tutte le questioni economiche pertinenti al fine di decidere se la valutazione della Commissione fosse viziata da un errore manifesto. Di conseguenza, tale domanda non deve essere accolta nella parte concernente il presente motivo.

Sul quarto motivo, relativo all ’ erronea applicazione della direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione concernente l’esposizione diretta alla concorrenza sul mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X e C2X a livello internazionale

154

La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 30 della direttiva 2004/17 e ha inficiato la sua decisione di un difetto di motivazione nel dichiarare, ai punti da 43 a 50 della decisione impugnata, che i servizi postali per lettere indirizzate B2X e C2X a livello internazionale non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria. Secondo la ricorrente, la Commissione, delimitando il mercato rilevante per ragioni identiche a quelle illustrate in relazione ai mercati B2X e C2X nazionali, ha commesso un errore. Inoltre, la ricorrente fa valere che, in ogni caso, la sua quota sul mercato degli invii postali di cui trattasi era già inferiore al [riservato]% e che, a causa di una forte concorrenza, essa è diminuita in maniera continuativa fra il 2010 e il 2012, circostanza della quale la Commissione non avrebbe tenuto conto. Secondo la ricorrente, la Commissione ha respinto la sua domanda ritenendo erroneamente e senza fornire spiegazioni sufficienti che una separazione del mercato rilevante nelle subcategorie B2X internazionale e C2X internazionale fosse necessaria. In ogni caso, essa avrebbe fornito alla Commissione stime delle rispettive quote di mercato dei mercati B2X internazionale e C2X internazionale. La Commissione non avrebbe chiarito per quale ragione, a suo avviso, tali stime non erano verosimili. Quantomeno, seguendo la propria linea argomentativa, la Commissione avrebbe dovuto esonerare il mercato B2X internazionale dall’applicazione della direttiva 2004/17. Al fine di corroborare la propria argomentazione e spiegare lo studio ACM e la sua lettera alla Commissione del 2 dicembre 2013, la ricorrente chiede l’audizione, in qualità di testimone, del proprio perito, il quale è, segnatamente, l’autore dello studio ACM.

155

Si evince dai punti da 43 a 50 della decisione impugnata che la Commissione ha concluso che l’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 non si applicava agli appalti finalizzati all’espletamento dei servizi postali per lettere indirizzate B2X e C2X a livello internazionale in Austria. Secondo il punto 43 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto l’affermazione della ricorrente, secondo la quale la modalità di consegna della posta transfrontaliera era tecnologicamente neutrale, e secondo la quale i servizi di distribuzione elettronica e postale appartenevano al medesimo mercato, essenzialmente per ragioni identiche a quelle elencate in relazione ai servizi postali per lettere indirizzate B2X e C2X a livello nazionale. Al punto 46 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che, nell’ambito della spedizione transfrontaliera di lettere, la concorrenza era molto diversa per i privati cittadini e per le imprese; che i privati cittadini non avevano di fatto altra scelta che inviare la posta internazionale tramite il proprio prestatore nazionale del servizio universale, e che i volumi inviati dai privati erano generalmente troppo bassi per incentivare l’ingresso di nuovi operatori nel mercato. Secondo il punto 47 della decisione impugnata, le condizioni concorrenziali dipendevano anche dalle dimensioni e dal numero di abitanti di ciascuna città, in ragione del fatto che i prestatori di servizi transfrontalieri non mantenevano una rete di accesso nazionale ma, in genere, raccoglievano la posta direttamente presso i locali del cliente. Ai punti 48 e 49 di tale decisione, la Commissione ha osservato che, nella sua prassi antecedente, si distingueva tra i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate B2X e i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate C2X, e che non sussisteva alcuna prova che la situazione fosse diversa in Austria. Di conseguenza, secondo la Commissione, dovevano essere presi in considerazione due mercati di prodotti distinti, ossia quello dei servizi postali transfrontalieri per lettere indirizzate in partenza B2X e quello dei servizi postali transfrontalieri per lettere indirizzate in partenza C2X. Secondo il punto 50 della decisione impugnata, la ricorrente non è riuscita a fornire informazioni dettagliate sulle quote di mercato detenute su ciascun mercato rilevante, né su quelle detenute dai principali concorrenti. La Commissione ne ha desunto, nello stesso punto, che, in assenza di informazioni sul grado di concorrenza in ciascuno di questi mercati, non era possibile concludere che fossero soddisfatte le condizioni per la concessione di un’esenzione ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17/CE ai servizi postali transfrontalieri per lettere indirizzate in partenza B2X e ai servizi postali transfrontalieri per lettere indirizzate in partenza C2X in Austria.

156

In primo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione ha commesso un errore nel delimitare il mercato rilevante per ragioni identiche a quelle illustrate in relazione ai mercati B2X e C2X nazionali, è sufficiente rilevare che tali ragioni sono già state respinte nell’ambito dell’esame del secondo e del terzo motivo, attinenti proprio ai mercati B2X e C2X nazionali.

157

In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha respinto la sua domanda ritenendo, erroneamente e senza fornire spiegazioni sufficienti al riguardo, che una separazione del mercato rilevante nelle subcategorie B2X internazionale e C2X internazionale fosse necessaria.

158

Anzitutto, per quanto attiene all’asserita violazione dell’obbligo di motivazione, occorre rilevare che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Commissione non si è limitata a rinviare globalmente, al punto 48 della decisione impugnata, alla sua prassi anteriore. Infatti, da un lato, si evince dalla nota inserita in detto punto, che richiama la nota n. 6 della decisione impugnata, che la Commissione ha rinviato ad una specifica causa anteriore. Dall’altro, essa ha indicato, ai punti 46, 47 e 49 di tale decisione, le ragioni per cui, a suo avviso, doveva essere effettuata una distinzione tra i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate B2X e i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate C2X. A suo avviso, la concorrenza era molto diversa e occorreva tenere conto del fatto che le condizioni concorrenziali dipendevano anche dalle dimensioni o dal numero di abitanti di ciascuna città. Non sussisteva alcuna prova, secondo la Commissione, che la situazione fosse stata diversa in Austria. Una siffatta motivazione, alla luce dei requisiti menzionati ai punti 20 e 46 supra, è sufficiente per consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo.

159

In secondo luogo, per quanto attiene all’argomento secondo il quale la Commissione ha erroneamente ritenuto che una separazione del mercato rilevante nelle subcategorie B2X internazionale e C2X internazionale fosse necessaria, la ricorrente si limita ad affermare, in sostanza, che i dati concernenti le quote di mercato separate in tali subcategorie non possono essere forniti. Orbene, un siffatto argomento non consente di concludere che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione nell’operare una distinzione tra i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate B2X e i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate C2X. Infatti, da un lato, tale argomento non rimette affatto in discussione le ragioni fornite dalla Commissione ai punti da 46 a 49 della decisione impugnata a favore di una siffatta distinzione (v. punto 155 supra). A tal riguardo, occorre rilevare che lo studio WIK 2013, presentato alla Commissione dalla ricorrente, confermava le constatazioni della Commissione figuranti al punto 46 della decisione impugnata. Dall’altro, mentre la ricorrente, nella sua domanda, ha operato una distinzione fra i mercati B2X e C2X a livello nazionale, la stessa non ha fornito alcuna ragione per la quale non avrebbe dovuto fare lo stesso nel caso dei mercati B2X e C2X a livello internazionale, né nella sua domanda né nella sua lettera del 14 gennaio 2014 alla Commissione, nella quale essa respingeva proprio una siffatta distinzione, come affermato dalla Commissione.

160

Inoltre, la ricorrente fa valere di avere fornito alla Commissione stime delle quote di mercato rispettive dei mercati relativi alle lettere indirizzate B2X e C2X internazionali al punto 2.1 della sua lettera del 2 dicembre 2013, e che la Commissione non ha chiarito per quale ragione, a suo avviso, le sue stime non erano verosimili. Tale argomento non può essere accolto. Infatti, come si evince dal punto 2.1.3 di tale lettera, la ricorrente si è limitata a formulare stime unicamente per un mercato globale B2X e C2X internazionale, senza tuttavia distinguere tra i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate B2X e i servizi postali transfrontalieri per il mercato delle lettere indirizzate C2X. Nella misura in cui la ricorrente fa valere di avere comunicato, al punto 5 della sua lettera dell’8 novembre 2013, le stime richieste dalla Commissione, occorre rilevare che tale punto contiene la percentuale della corrispondenza C2X sul volume generale delle lettere della ricorrente, la quale non consente di trarre alcuna conclusione in merito alla quota di mercato della ricorrente sul mercato della corrispondenza C2X a livello internazionale. Pertanto, la Commissione poteva, legittimamente e senza incorrere in una violazione del suo obbligo di motivazione, dichiarare, al punto 50 della decisione impugnata, che la ricorrente non era riuscita a fornire informazioni dettagliate sulle quote di mercato detenute su ciascun mercato rilevante, né su quelle detenute dai principali concorrenti.

161

In quarto luogo, la ricorrente afferma che, seguendo la propria argomentazione, la Commissione avrebbe quantomeno dovuto esonerare il mercato B2X internazionale dall’applicazione della direttiva 2004/17. Secondo la ricorrente, alla luce del fatto che, secondo il punto 46 della decisione impugnata, i suoi servizi non erano sostituibili nel mercato C2X internazionale, ne risultava che la sua quota di mercato nel mercato B2X internazionale doveva collocarsi considerevolmente al di sotto del [riservato]%, il che corrisponderebbe parimenti alla constatazione della Commissione, figurante al punto 47 della decisione impugnata, secondo la quale i concorrenti della ricorrente si trovavano principalmente nei settori urbani.

162

Tale argomento merita di essere accolto. Infatti, da un lato, la Commissione non ha contestato che la quota di mercato della ricorrente nel mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X e C2X a livello internazionale era inferiore al [riservato]%, come emerge dal punto 5.2.2.2 della domanda della ricorrente. Dall’altro, come affermato dalla ricorrente, risulta dal punto 46 della decisione impugnata che i suoi servizi in questione non erano sostituibili nel mercato C2X internazionale, in quanto, secondo la Commissione, in generale i privati non hanno alternative, di fatto, rispetto all’invio della posta internazionale tramite il proprio prestatore nazionale del servizio universale. Ne consegue che la quota di mercato della ricorrente nel mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello internazionale doveva collocarsi ampiamente al di sotto del [riservato]%, circostanza della quale la Commissione non ha tenuto conto quando ha ritenuto che tali servizi postali non fossero direttamente esposti alla concorrenza. Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione, non esonerando i servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello internazionale dall’applicazione della direttiva 2004/17, ha commesso un manifesto errore di valutazione.

163

Di conseguenza, il quarto motivo deve essere accolto nella parte concernente i servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello internazionale. Esso deve essere respinto nella parte concernente i servizi postali per lettere indirizzate C2X a livello internazionale.

164

Per quanto attiene alla domanda di audizione, in qualità di testimone, del perito della ricorrente (v. punto 154 supra), alla luce di quanto precede, sulla base dei documenti del fascicolo e in ragione delle risposte ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, il Tribunale si ritiene sufficientemente informato e pertanto in grado di comprendere tutte le questioni economiche pertinenti al fine di decidere se la valutazione della Commissione fosse viziata da un errore manifesto. Di conseguenza, tale domanda non deve essere accolta nella parte concernente il presente motivo.

Sul quinto motivo, relativo all’erronea applicazione della direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione concernente l’esposizione diretta alla concorrenza sul mercato dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale

165

La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 30 della direttiva 2004/17 ed è incorsa in un difetto di motivazione in quanto avrebbe constatato, ai punti da 51 a 56 della decisione impugnata, che i servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria. Secondo la ricorrente, a seguito della completa liberalizzazione dei servizi postali, una distinzione fra lettere con indirizzo B2X nazionale e pubblicità indirizzata non era più giustificata. Di conseguenza, la Commissione, delimitando il mercato rilevante per ragioni identiche a quelle illustrate in relazione al mercato B2X nazionale, avrebbe commesso un errore. Inoltre, numerosi studi avrebbero dimostrato che il mercato dei servizi postali di pubblicità indirizzata era significativamente diminuito a causa del passaggio all’elettronica. Tuttavia, nella decisione impugnata, la Commissione non avrebbe preso in considerazione gli argomenti e gli studi presentati dalla ricorrente, ma si sarebbe limitata a rimandare a proprie decisioni anteriori, le quali riguarderebbero un altro mercato geografico e non terrebbero conto della dinamica dell’evoluzione del mercato della comunicazione.

166

Risulta dai punti da 51 a 56 della decisione impugnata che la Commissione ha concluso che i servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria e che, di conseguenza, l’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 non si applicava agli appalti finalizzati allo svolgimento di tali attività in Austria. Per pervenire a tale conclusione, la Commissione ha rilevato, al punto 51 della decisione impugnata, che la corrispondenza pubblicitaria indirizzata era definita come corrispondenza costituita esclusivamente da pubblicità o materiale promozionale contenente uno stesso messaggio. Secondo tale punto, questo tipo di corrispondenza pubblicitaria poteva essere indirizzata a imprese oppure a privati cittadini e doveva riportare nome e indirizzo del cliente, di cui era necessario il consenso alla ricezione del materiale. Al punto 52 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto l’affermazione della ricorrente secondo la quale il mercato della corrispondenza pubblicitaria indirizzata poteva essere ricompreso nel mercato dei servizi postali B2X relativi alle lettere indirizzate, in quanto, a suo avviso, la ricorrente non aveva fornito alcuna prova empirica al riguardo e tale affermazione non era in linea con la sua decisione 2007/564/CE del 6 agosto 2007, che esonera taluni servizi del settore postale in Finlandia, escluse le Isole Åland, dall’applicazione della direttiva 2004/17 (GU L 215, pag. 21). Essa ha pertanto constatato, ai punti 53 e 54 della decisione impugnata, che il mercato del prodotto poteva essere considerato quello dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata, nel quale la ricorrente aveva una quota di mercato del [riservato]%.

167

Occorre rilevare che, anche ammesso che, come affermato dalla ricorrente, le lettere con indirizzo B2X nazionale e la corrispondenza pubblicitaria indirizzata appartengano al medesimo mercato, l’argomento della ricorrente non è in grado di rimettere in discussione la fondatezza delle considerazioni della Commissione. Infatti, poiché la Commissione poteva giustamente rilevare che il mercato del prodotto rilevante dei servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello nazionale era il mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X, nel quale la ricorrente deteneva una quota di mercato stimata al [riservato]% (v. il secondo motivo), e poiché è pacifico che la quota di mercato della ricorrente nel mercato dei servizi postali di corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale era parimenti del [riservato]%, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione nel ritenere che la ricorrente non fosse direttamente esposta alla concorrenza in Austria su tale mercato.

168

In ogni caso, l’argomento della ricorrente non dimostra che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione constatando, al punto 53 della decisione impugnata, che il mercato del prodotto poteva essere considerato quello dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata. Infatti, a sostegno del proprio argomento secondo il quale, a seguito della completa liberalizzazione dei servizi postali, una distinzione fra lettere con indirizzo B2X nazionale e pubblicità indirizzata non era più giustificata, la ricorrente richiama, segnatamente, il considerando 17 della direttiva 2008/6, secondo il quale la pubblicità diretta per corrispondenza, consistente unicamente in materiale pubblicitario o di marketing e contenente lo stesso messaggio ad eccezione del nome, dell’indirizzo e del numero di identificazione del destinatario, può essere considerata come invio di corrispondenza. A tal riguardo, occorre rilevare, come affermato dalla Commissione, che il fatto che la direttiva 2008/6 consideri, sotto il profilo regolamentare, la corrispondenza pubblicitaria indirizzata come invio di corrispondenza, non pregiudica la definizione corretta del mercato rilevante nell’ambito dell’esame dell’articolo 30 della direttiva 2004/17. Inoltre, come affermato dalla Commissione, neanche secondo lo studio WIK 2013, prodotto dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, le lettere con indirizzo B2X nazionale e la corrispondenza pubblicitaria indirizzata appartengono al medesimo mercato. Del resto, occorre rilevare che anche lo studio ACM considera la corrispondenza pubblicitaria indirizzata un prodotto specifico, e che si evince da tale studio che la tariffazione della ricorrente è diversa per la corrispondenza pubblicitaria indirizzata e per la corrispondenza B2X.

169

Inoltre, la ricorrente fa valere che numerosi studi hanno dimostrato che il mercato dei servizi postali di pubblicità indirizzata era considerevolmente diminuito a causa del passaggio all’elettronica. Tuttavia, nella decisione impugnata, la Commissione non avrebbe preso in considerazione gli argomenti e gli studi presentati dalla ricorrente nella sua domanda, limitandosi a rimandare a proprie decisioni anteriori, le quali riguarderebbero un altro mercato geografico e non terrebbero conto della dinamica dell’evoluzione del mercato della comunicazione.

170

A tal riguardo, occorre rilevare che, nella misura in cui la ricorrente, a sostegno della propria affermazione, secondo la quale la Commissione non avrebbe preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti per esaminare la questione dell’esistenza di una sostituzione della distribuzione elettronica alla distribuzione postale in relazione ai servizi di corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale, si limita a rimandare agli argomenti e agli studi presentati nella sua domanda, è già stato ricordato che il mero rinvio agli allegati non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono figurare nel ricorso, in quanto non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (v. punto 151 supra). Di conseguenza, tale rinvio deve essere respinto in quanto irricevibile.

171

In ogni caso, è pacifico che la quota di mercato della ricorrente in relazione alla corrispondenza pubblicitaria indirizzata in Austria era pari al [riservato]%, circostanza che risulta dal punto 54 della decisione impugnata, il quale rinvia alla lettera della ricorrente del 2 dicembre 2013. Alla luce di una siffatta percentuale e del fatto che la Commissione ha constatato, al punto 55 della decisione impugnata, che la liberalizzazione del mercato dei servizi postali per le lettere pubblicitarie indirizzate a decorrere dal gennaio 2011 aveva avuto come risultato, al momento dell’adozione della decisione impugnata, che i concorrenti acquisissero una quota di mercato stimata in termini aggregati in appena il [riservato]%, essa poteva concludere, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, nel senso dell’assenza di esposizione diretta alla concorrenza in Austria dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata a livello nazionale e internazionale. Infatti, limitandosi a rinviare, in termini generali, alla diminuzione del mercato dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria indirizzata, la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un elemento pertinente che avrebbe dovuto essere preso in considerazione dalla Commissione per valutare la situazione del mercato rilevante alla luce delle quote di mercato menzionate supra.

172

Infine, quanto all’argomento secondo il quale la Commissione si sarebbe limitata a rinviare a proprie decisioni anteriori, le quali riguarderebbero un altro mercato geografico e non terrebbero conto della dinamica dell’evoluzione del mercato della comunicazione, anch’esso deve essere respinto. Infatti, al punto 52 della decisione impugnata, oltre a richiamare la propria decisione 2007/564, la Commissione ha parimenti rilevato che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova empirica a sostegno della sua affermazione secondo la quale il mercato della corrispondenza pubblicitaria indirizzata poteva essere ricompreso nel mercato dei servizi postali B2X relativi alle lettere indirizzate.

173

Il quinto motivo dev’essere, pertanto, respinto.

Sul sesto motivo, relativo all’erronea applicazione della direttiva 2004/17 e ad un difetto di motivazione concernente l’esposizione diretta alla concorrenza sul mercato dei servizi postali per corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo, a livello sia nazionale sia internazionale

174

La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 30 della direttiva 2004/17 ed è incorsa in un difetto di motivazione in quanto avrebbe constatato, ai punti da 57 a 64 della decisione impugnata, che i servizi postali per corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo, a livello sia nazionale sia internazionale, non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria. Secondo la ricorrente, se la Commissione avesse tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti, sarebbe pervenuta alla conclusione che la ricorrente deteneva, nel 2012, una quota di mercato stimata al [riservato]% soltanto sul mercato delle pubblicità senza indirizzo. Nella replica, la ricorrente chiede l’audizione, in qualità di testimone, del suo perito.

175

Si evince dai punti da 57 a 64 della decisione impugnata, che la Commissione ha concluso nel senso che i servizi postali per corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo, a livello sia nazionale sia internazionale, non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria, e che, di conseguenza, l’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 non si applicava agli appalti finalizzati allo svolgimento di tali attività in Austria. Per pervenire a tale conclusione, la Commissione ha constatato, al punto 57 della decisione impugnata, che la corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo era caratterizzata dall’assenza di un indirizzo di destinazione specifico, e che si trattava di corrispondenza pubblicitaria non richiesta, che soddisfaceva taluni criteri quali peso, formato, contenuti e presentazione uniformi per la distribuzione a un gruppo di destinatari. Al punto 58 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che, secondo la definizione della ricorrente, il mercato del prodotto per la pubblicità senza indirizzo comprendeva la pubblicità tramite altri mezzi di comunicazione, ad esempio su quotidiani e settimanali regionali. Secondo la Commissione, tale ragionamento della ricorrente traeva origine dal fatto che, nel 2009, il giudice austriaco competente nella repressione delle intese illecite aveva accettato che sia la pubblicità diretta sia la pubblicità senza indirizzo potessero essere considerate appartenenti al medesimo mercato dei giornali a distribuzione gratuita. Tuttavia, tale giudice avrebbe riconosciuto la sostituibilità solo per i clienti rilevanti e avrebbe operato varie distinzioni rispetto al mercato geografico in esame. Al punto 59 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che la ricorrente aveva esteso tale conclusione a tutti i quotidiani e aveva desunto che la distribuzione di pubblicità gratuita senza indirizzo fosse in concorrenza con la pubblicità in tutti i giornali. La ricorrente avrebbe parimenti condotto un test‑MH i cui risultati sarebbero stati debitamente esaminati dalla Commissione. Secondo la Commissione, l’interpretazione ampia, da parte della ricorrente, della pronuncia del giudice austriaco in questione non era tuttavia in linea con la sua prassi, secondo la quale tipologie diverse di mezzi di comunicazione erano complementari, e non intercambiabili tra loro. Secondo il punto 60 della decisione impugnata, su invito della Commissione ad esprimere il loro parere riguardo alla definizione proposta per il mercato della pubblicità senza indirizzo, tenendo in debita considerazione la pronuncia del giudice in questione e la situazione giuridica e fattuale in Austria, le autorità austriache non avrebbero potuto produrre informazioni aggiuntive a sostegno delle affermazioni della ricorrente. Al punto 61 della decisione impugnata, la Commissione ha pertanto rilevato che le informazioni a sua disposizione non erano sufficienti per avvalorare la definizione di mercato proposta dalla ricorrente. Secondo i punti 62 e 63 della decisione impugnata, il mercato del prodotto in esame è stato definito come quello dei servizi postali per lettere pubblicitarie senza indirizzo, nel quale la ricorrente disponeva di una quota di mercato del [riservato]%.

176

In via preliminare, occorre ricordare (v. punti da 38 a 41 supra), da un lato, che, ai fini della definizione del mercato rilevante, la Commissione disponeva di un ampio potere discrezionale, il quale può essere soggetto solo ad un controllo limitato da parte del giudice dell’Unione, e, dall’altro, che l’onere della prova per definire il mercato rilevante incombe alla ricorrente. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Commissione non era pertanto obbligata ad effettuare analisi autonome, come è già stato rilevato (v. punto 125 supra). Inoltre, è stato parimenti constatato (v. punti 56 e 57 supra) che un mercato del prodotto rilevante comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati.

177

In primo luogo, la ricorrente fa valere, richiamando lo studio della società di consulenza E., intitolato «Austrian print advertising market» (Mercato austriaco della pubblicità stampata), datato settembre 2013 (in prosieguo: lo studio «APAM»), allegato alla sua domanda relativa all’applicazione dell’articolo 30 della direttiva 2004/17, che la Commissione non ha tenuto conto del fatto che sia gli invii pubblicitari senza indirizzo e la pubblicità diretta per corrispondenza, sia gli annunci nei giornali gratuiti hanno, agli occhi dei richiedenti, le stesse caratteristiche e la stessa destinazione, e che, pertanto, il mercato rilevante comprendeva sia gli invii pubblicitari senza indirizzo e la pubblicità diretta per corrispondenza, sia gli annunci nei giornali gratuiti. Secondo la ricorrente, dal punto di vista della domanda, la pubblicità diretta per corrispondenza e gli annunci nei giornali gratuiti sono sostituibili quale forma di pubblicità, in quanto sia il prezzo di tale forma di pubblicità, sia l’accessibilità a potenziali clienti sarebbero sostanzialmente gli stessi. Quanto all’accessibilità, la ricorrente ritiene di avere dimostrato che, oltre ai due più importanti giornali pubblicati in Austria, esisteva dal 2009 una cooperazione fra i settimanali gratuiti in Austria che, insieme, coprivano la maggior parte del territorio austriaco. Secondo la ricorrente, la pubblicità attraverso giornali gratuiti poteva pertanto avere già una vasta portata. Per quanto attiene al prezzo, la ricorrente afferma che i prezzi di un migliaio di contatti per le forme di pubblicità in questione si collocavano in una forcella che andava da EUR [riservato] per gli annunci nei supplementi dei quotidiani a EUR [riservato] per gli invii pubblicitari senza indirizzo e la pubblicità diretta per corrispondenza. La differenza di prezzo fra pubblicità nei quotidiani (EUR [riservato]) e pubblicità senza indirizzo sotto forma di brochure (EUR [riservato]) sarebbe pari soltanto a circa EUR quattro. Secondo lo studio APAM, ciò che rileva è unicamente che le informazioni pubblicitarie contenute nella pubblicità diretta per corrispondenza o nell’annuncio pervengano ai nuclei familiari.

178

Tale argomento non dimostra che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione nel constatare, al punto 61 della decisione impugnata, che non disponeva di informazioni sufficienti per avvalorare la definizione di mercato proposta dalla ricorrente. Infatti, come affermato dalla Commissione, si evince dallo studio APAM che esistono differenze significative a livello delle caratteristiche fra gli stampati pubblicitari senza indirizzo, da un lato, e la pubblicità sui giornali, dall’altro.

179

In primo luogo, contrariamente a quanto allegato dalla ricorrente, non si evince dallo studio APAM che ciò che rileva è unicamente che le informazioni pubblicitarie contenute nella pubblicità diretta per corrispondenza o nell’annuncio pervengano ai nuclei familiari. Come affermato dalla Commissione, secondo il punto 2.2.2 di tale studio, i criteri più importanti per la pubblicità sono l’utilità, la credibilità e la questione se essa sia informativa. Se è vero che, in tale passo dello studio APAM, non viene effettuato un paragone fra l’invio pubblicitario senza indirizzo e i supplementi pubblicitari dei giornali o gli annunci pubblicitari nei giornali, come affermato dalla ricorrente, ciò non toglie che tali criteri riguardano le caratteristiche delle diverse forme di pubblicità. Emerge da detto studio che è proprio a livello di tali caratteristiche che esistono differenze fra i servizi postali di corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo e la pubblicità nei giornali. In tal senso, secondo il punto 2.2.1 dello studio APAM, il problema principale della pubblicità diretta per corrispondenza è l’assenza di contesto e di connessione con un mezzo di comunicazione come un giornale, cosicché la pubblicità senza indirizzo viene spesso vissuta come un invitato indesiderato a casa. Secondo il punto 2.2.1 di tale studio, in sintesi, mentre il [riservato]% dei destinatari di giornali porta a casa i giornali corredati di inserti pubblicitari, soltanto il [riservato]% dei destinatari di pubblicità senza indirizzo fa lo stesso. Lo studio APAM conclude pertanto che è meno probabile che venga letta la pubblicità senza indirizzo rispetto alla pubblicità nei giornali. Come affermato dalla Commissione, lo studio APAM indica parimenti che la pubblicità nei giornali gode di una maggiore fiducia presso i lettori, e che la credibilità è un elemento piuttosto importante per la pubblicità.

180

In secondo luogo, quanto all’argomento secondo il quale i prezzi della pubblicità diretta per corrispondenza e degli annunci nei giornali gratuiti sono sostanzialmente gli stessi, si deve rilevare che esso è fondato sugli accertamenti relativi al prezzo del migliaio di contatti figuranti nello studio APAM. Secondo il punto 1.2 di tale studio, in ciascuno dei 4,3 milioni di nuclei familiari in Austria, 2,3 persone in media leggono gli invii pubblicitari. Orbene, dal momento che la popolazione austriaca era pari, nel gennaio del 2013, a circa 8,51 milioni di abitanti, come affermato dalla Commissione – circostanza che la ricorrente non ha contestato in udienza in risposta ad un quesito posto dal Tribunale – non si può concludere che la ricorrente poteva fondarsi sul fatto che ciascuno dei 4,3 milioni di nuclei familiari in Austria comprenda in media 2,3 persone. Occorre parimenti constatare che, secondo il punto 2.2.1 dello studio APAM, la corrispondenza pubblicitaria senza indirizzo viene gettata dal [riservato]% dei destinatari.

181

Inoltre, la Commissione indica giustamente che la ricorrente ha fondato il suo calcolo sulla sua tariffa più bassa fra le tre tariffe applicabili, come risulta dal punto 1.2 dello studio APAM. Nella misura in cui la ricorrente, per giustificare la scelta di tale tariffa, adduce che, a suo avviso, la maggior parte delle pubblicità dirette per corrispondenza è distribuita nelle zone di concentrazione urbana in cui la tariffa scelta si applica, si deve rilevare che, secondo il punto 2.2.1 dello studio APAM, il destinatario medio di una pubblicità diretta per corrispondenza abita in una regione rurale. Inoltre, occorre constatare, come affermato dalla Commissione, che si evince dal punto 1.2 di tale studio che la ricorrente ha scelto il prezzo per la categoria di peso più bassa, senza illustrare le ragioni per cui proprio questa sarebbe rilevante. Inoltre, è pacifico, come affermato dalla Commissione, che i prezzi presi in considerazione dalla ricorrente non includevano la stampa del materiale pubblicitario, diversamente da quanto si verifica nel caso del prezzo per un migliaio di contatti degli annunci pubblicitari nei giornali.

182

Nella misura in cui la ricorrente ha fatto valere, in udienza, che la Commissione non aveva contestato, nella sua decisione di esecuzione 2014/299, l’esistenza di un mercato comune comprendente sia gli invii pubblicitari senza indirizzo sia gli annunci nei giornali gratuiti, occorre constatare che tale decisione riguardava il settore postale nel mercato ungherese. Se è vero che, al punto 16 di detta decisione, la Commissione ha definito il mercato in oggetto come quello dei servizi per la distribuzione di posta pubblicitaria non indirizzata forniti da operatori postali, ciò non toglie che tale definizione era appunto fondata sulle informazioni relative al mercato ungherese menzionate ai punti da 11 a 15 della decisione di esecuzione 2014/299. La ricorrente non ha né affermato né dimostrato che la situazione nel mercato austriaco e quella nel mercato ungherese, che era stata esaminata dalla Commissione nella decisione di esecuzione 2014/299, fossero paragonabili. Tale argomento va pertanto respinto.

183

In secondo luogo, la ricorrente fa valere che, in conformità alla comunicazione sulla definizione del mercato, essa ha studiato la sostituibilità a livello della domanda e dell’offerta, e che ha proceduto, nello studio APAM, ad un test-MH, il quale avrebbe confermato l’esistenza, in Austria, di un mercato comune della pubblicità diretta per corrispondenza senza indirizzo e degli annunci o supplementi di giornali nei giornali gratuiti. La ricorrente afferma che, secondo il test-MH, effettuato presso 248 imprese e non 248 persone, come si evincerebbe dalla decisione impugnata, un aumento di prezzo del 5% comporterebbe un calo delle pubblicità tramite corrispondenza diretta del [riservato]%. Tale diminuzione della domanda sarebbe a tal punto significativa che un siffatto aumento di prezzo non sarebbe redditizio per la ricorrente. La ricorrente afferma che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha sufficientemente tenuto conto della sua linea argomentativa e dei risultati dello studio APAM, e segnatamente della struttura del mercato austriaco della pubblicità e del test-MH. Risulterebbe dallo studio APAM che, dal punto di vista dei richiedenti, la pubblicità per corrispondenza diretta e gli annunci nei giornali sono intercambiabili. Secondo la ricorrente, la decisione del giudice austriaco menzionata al punto 58 della decisione impugnata costituiva unicamente un punto di partenza per la delimitazione del mercato illustrata dalla ricorrente e non era intesa a sostituire le analisi e gli studi prodotti. Inoltre, nella misura in cui la Commissione si sarebbe limitata, al punto 61 della decisione impugnata, ad affermare che le informazioni a sua disposizione non erano sufficienti per avvalorare la delimitazione del mercato illustrata dalla ricorrente, essa avrebbe violato il suo obbligo di motivazione. Inoltre, non esaminando gli argomenti e le prove prodotti dalla ricorrente, la Commissione avrebbe parimenti violato il diritto della ricorrente di essere sentita.

184

In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la valutazione della Commissione è inficiata da un errore manifesto, in quanto un test-MH avrebbe dimostrato che esisteva in Austria un mercato comune della pubblicità diretta per corrispondenza senza indirizzo e degli annunci o dei supplementi di giornali nei giornali gratuiti, esso non può essere accolto. Infatti, la Commissione, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, poteva constatare, ai punti 59 e 61 della decisione impugnata, che, dopo aver tenuto in debita considerazione i risultati di tale test, i cui questionari le erano stati trasmessi dalla ricorrente con lettera del 2 dicembre 2013, non disponeva di informazioni sufficienti per avvalorare la definizione di mercato proposta dalla ricorrente.

185

Da un lato, alla luce del fatto che emerge dalle statistiche austriache prodotte dalla Commissione che nel 2011 esistevano, in Austria, circa 311000 imprese, e che il numero di imprese interrogate era limitato a 248, non può essere addebitato alla Commissione di avere espresso dei dubbi quanto alla rappresentatività dell’indagine condotta. Dall’altro, occorre rilevare che risulta dalla tabella 52 dello studio APAM che la ripartizione a seconda delle dimensioni delle imprese selezionate per l’indagine in questione non rispettava la ripartizione delle imprese nell’economia austriaca. Quanto all’argomento secondo il quale sono soprattutto le imprese commerciali di vendita al dettaglio con più di 250 collaboratori ad utilizzare i prospetti come forma di pubblicità, si deve rilevare che la ricorrente non fornisce alcun elemento di prova che consenta di dimostrare che la sua scelta era rappresentativa, tanto più che, secondo la ricorrente, la scelta delle 248 imprese fra i suoi clienti con i maggiori fatturati dipendeva unicamente dalla loro disponibilità.

186

Inoltre, nella misura in cui la ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto dichiarato dalla Commissione al punto 59 della decisione impugnata, sono state interrogate delle imprese e non delle persone, è sufficiente rilevare che il termine «persone» include sia la persona fisica sia la persona giuridica. L’impiego del termine «persona» non dimostra pertanto un’inesattezza commessa dalla Commissione.

187

In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha violato il proprio obbligo di motivazione, in quanto si sarebbe limitata a constatare, al punto 61 della decisione impugnata, che le informazioni a sua disposizione non sarebbero state sufficienti per avvalorare la definizione di mercato esposta dalla ricorrente. Secondo la ricorrente, tale considerazione viene svolta senza che venga precisato se essa si fondi unicamente sulle indagini da questa condotte o anche sulle informazioni aggiuntive raccolte presso le autorità austriache. Tale argomento deve essere respinto. Infatti, si evince dall’espressione «[d]i conseguenza», utilizzata al punto 61 della decisione impugnata, che la constatazione effettuata in tale punto contiene una conclusione fondata sui punti da 57 a 60 di tale decisione, i quali includono sia la valutazione delle indagini condotte dalla ricorrente sia la risposta delle autorità austriache.

188

Inoltre, nella misura in cui la ricorrente deduce una violazione del suo diritto ad essere sentita, garantito dall’articolo 6 TFUE e dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto la Commissione non avrebbe analizzato gli argomenti e le prove da essa prodotti, occorre rammentare che l’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, intitolato «Diritto ad una buona amministrazione», dispone, al paragrafo 1, che «[o]gni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione». Secondo l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, tale diritto comprende, in particolare, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio. Secondo la giurisprudenza relativa al principio di buona amministrazione, allorché le istituzioni dell’Unione dispongono di un potere discrezionale, il rispetto delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi riveste un’importanza ancor più fondamentale. Fra queste garanzie si annovera, in particolare, l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenza del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, Racc., EU:C:1991:438, punto 14). Come risulta dai punti da 176 a 187 supra, la Commissione non ha violato tale obbligo.

189

Pertanto, il sesto motivo dev’essere respinto.

190

Per quanto riguarda la domanda di audizione, in qualità di testimone, del perito della ricorrente (v. punto 174 supra), secondo quest’ultima tale perito deve essere sentito al fine di chiarire lo studio APAM e i criteri relativi all’accessibilità e ai prezzi del migliaio di contatti, nonché i risultati che dimostrano la sostituibilità degli invii pubblicitari senza indirizzo e degli annunci nei giornali gratuiti. A tal riguardo, è giocoforza constatare che, poiché tale richiesta è stata fatta nella fase della replica, senza alcuna giustificazione quanto al suo ritardo, essa deve essere respinta in quanto irricevibile, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991. In ogni caso, alla luce di quanto precede, sulla base degli elementi del fascicolo e in ragione delle risposte ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, il Tribunale si ritiene sufficientemente informato e pertanto in grado di comprendere tutte le questioni economiche pertinenti al fine di decidere se la valutazione della Commissione fosse viziata da un errore manifesto. Di conseguenza, tale domanda non deve essere accolta nella parte che concerne il presente motivo.

Sul settimo motivo, relativo ad un difetto di motivazione e ad una violazione dell’obbligo di motivazione concernente l’esposizione diretta alla concorrenza sul mercato dei servizi postali di consegna ordinaria di quotidiani con e senza indirizzo

191

La ricorrente fa valere che la Commissione è incorsa in un difetto di motivazione e ha violato il suo obbligo di motivazione in quanto avrebbe dichiarato, ai punti da 65 a 69 della decisione impugnata, che i servizi postali di consegna ordinaria di quotidiani con e senza indirizzo non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria. Secondo la ricorrente, se la Commissione avesse tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti, essa sarebbe pervenuta alla conclusione che esisteva un mercato comune della consegna ordinaria di quotidiani, settimanali e riviste mensili, e che la ricorrente era direttamente esposta alla concorrenza su tale mercato. In tal modo, la Commissione avrebbe parimenti violato il suo diritto ad essere sentita. Al fine di corroborare la sua argomentazione e di spiegare lo studio della società di consulenza E., intitolato «Austrian delivery market for newspapers» (Mercato austriaco della distribuzione di giornali), datato settembre 2013 (in prosieguo: lo studio «ADMN»), la ricorrente chiede l’audizione, in qualità di testimone, del proprio perito, autore dello studio ADMN.

192

Dai punti da 65 a 69 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha concluso che i servizi postali di consegna ordinaria di quotidiani con e senza indirizzo non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria, e che, di conseguenza, l’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 non si applicava agli appalti finalizzati allo svolgimento di tali attività in Austria. Per pervenire a tale conclusione, la Commissione ha constatato, al punto 65 della decisione impugnata, che la decisione 2007/564 distingueva tra il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario. Secondo il punto 66 della decisione impugnata, la ricorrente non operava nel settore del recapito rapido di giornali, bensì in quello del recapito ordinario. Ai punti 67 e 68 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che il mercato del prodotto era quello dei servizi postali per la consegna ordinaria di giornali con e senza indirizzo, e che la ricorrente deteneva il [riservato]% di tale mercato. I principali concorrenti sarebbero le reti nazionali o regionali organizzate dagli editori, che consegnerebbero giornali con e senza indirizzo a domicilio. Tuttavia, questi concorrenti deterrebbero nel loro insieme una quota di mercato cumulata pari soltanto al [riservato]%.

193

In primo luogo, quanto all’argomento secondo il quale la Commissione ha violato il suo obbligo di motivazione, la ricorrente fa valere che il rinvio globale ad una decisione anteriore, al punto 65 della decisione impugnata, non costituiva una motivazione sufficiente. A suo avviso, tale decisione anteriore verte sul mercato della distribuzione in Finlandia, e la Commissione non ha indicato per quale ragione sarebbe esistito un rapporto fra la situazione nel mercato finlandese e la situazione di mercato specifica in Austria, né in tale decisione è ravvisabile alcuna ragione che giustifichi il fatto che la Commissione abbia operato una distinzione fra il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario. La ricorrente afferma che, poiché le strutture dei mercati dei diversi Stati membri erano in parte considerevolmente diverse, la Commissione, per rendere comprensibile la propria decisione, avrebbe dovuto dimostrare una somiglianza fra i mercati finlandese e austriaco del recapito di giornali. La Commissione avrebbe parimenti dovuto analizzare la situazione concreta del mercato in Austria e motivare corrispondentemente la propria decisione.

194

A tal riguardo, occorre rilevare che, se è pur vero che la decisione impugnata non contiene alcuna ragione sostanziale che giustifichi il fatto che la Commissione abbia operato una distinzione fra il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario, ciò non toglie che tale decisione fa riferimento alla propria prassi, come rispecchiata nella decisione 2007/564, con la quale essa ha esonerato taluni servizi del settore postale in Finlandia dall’applicazione della direttiva 2004/17. Si evince dai punti 13 e 14 della decisione 2007/564 che, nella sua prassi, la Commissione ha operato una distinzione fra il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario di giornali. È già stato rilevato che la ricorrente era stata significativamente coinvolta nel procedimento amministrativo e che la Commissione aveva persino inviato il progetto di decisione al perito assunto dalla ricorrente e lo aveva discusso con il medesimo in occasione di una riunione tenutasi il 28 marzo 2014 (v. punto 83 supra). Il progetto di decisione esaminato in occasione di tale riunione conteneva già il testo del punto 65 della decisione impugnata.

195

Inoltre, si evince dalla lettera della Commissione del 28 novembre 2013 alla ricorrente e da quella della Commissione del 5 dicembre 2013 alla Repubblica d’Austria che questa ha informato la ricorrente e tale Stato membro del fatto che, nella sua prassi anteriore, operava una distinzione fra tra il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario. Nella sua lettera del 13 gennaio 2014 al perito assunto dalla ricorrente, la Commissione ha esplicitamente menzionato detta distinzione.

196

Inoltre, occorre constatare che, al punto 3.1.6 della sua domanda, concernente il mercato dei servizi postali di consegna ordinaria di quotidiani con e senza indirizzo, la ricorrente si è limitata ad affermare, in sostanza, che il mercato del prodotto rilevante comprendeva la distribuzione in Austria di quotidiani, settimanali e riviste mensili, con e senza indirizzo, rimandando, in termini generali, allo studio ADMN. Così facendo, essa non ha indicato alcuna ragione per cui la distinzione effettuata dalla Commissione nella sua prassi fra il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario sarebbe stata erronea. Nella misura in cui la ricorrente fa valere di avere stabilito parametri di definizione del mercato in una determinata pagina dello studio ADMN, occorre rilevare che il passaggio da essa indicato a tal riguardo si limita a contenere una descrizione delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Bronner (C‑7/97, Racc., EU:C:1998:264). Orbene, risulta dal paragrafo 31 di tali conclusioni che la questione della definizione precisa del mercato era stata lasciata aperta in tale causa. Nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, Racc., EU:C:1998:569, punto 34), la Corte ha lasciato al giudice nazionale il compito di esaminare la questione della delimitazione del mercato.

197

Di conseguenza, dal momento che la ricorrente era informata della prassi della Commissione; che, come affermato parimenti dalla Commissione, essa non ha fornito ragioni sostanziali per applicare una definizione diversa al mercato rilevante, e che la Commissione non era tenuta ad anticipare potenziali obiezioni (v. punto 46 supra), non può concludersi che la Commissione non ha rispettato i requisiti attinenti all’obbligo di motivazione menzionati ai punti 20 e 46 supra (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2010, AstraZeneca/Commissione, T‑321/05, Racc., EU:T:2010:266, punto 81 e la giurisprudenza ivi citata).

198

In secondo luogo la ricorrente, nella misura in cui fa valere un difetto di motivazione, nonché una violazione del suo diritto ad essere sentita (v., a tal riguardo, punto 188 supra), afferma, in sostanza, che la Commissione non ha esaminato in maniera sufficiente la sua argomentazione e lo studio ADMN da essa prodotto nel procedimento amministrativo. Secondo la ricorrente, nella sua domanda relativa all’applicazione dell’articolo 30 della direttiva 2004/17, essa ha esposto in maniera dettagliata che il mercato del prodotto rilevante comprendeva la distribuzione in Austria di giornali e riviste che escono quotidianamente, settimanalmente e mensilmente, con e senza indirizzo. Facendo riferimento allo studio ADMN, essa afferma che, oltre alla medesima, due reti facevano parte dei fornitori di distribuzione di giornali e riviste su scala nazionale. Inoltre, nella sua domanda, essa avrebbe indicato che ogni concorrente aveva libero accesso alla consegna di giornali e riviste e che, nel settore dei quotidiani, la sua quota di mercato era del [riservato]%. Anche includendo il recapito di giornali e riviste che escono settimanalmente o mensilmente, la ricorrente, con una quota di mercato del [riservato]%, sarebbe direttamente esposta alla concorrenza con altri distributori. Secondo la ricorrente, alla luce dello studio ADMN, la Commissione avrebbe in ogni caso dovuto effettuare una delimitazione esatta del mercato rilevante, contrariamente a quanto fatto al punto 6 della decisione impugnata, e in conformità a quanto previsto al punto 41 della comunicazione sulla definizione del mercato. Inoltre, a suo avviso, le reti dei suoi concorrenti esistevano già in Austria, e questi ultimi potevano entrare sul mercato in qualsiasi momento.

199

Anzitutto, occorre rilevare che tale argomento non dimostra che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione nel definire, al punto 67 della decisione impugnata, il mercato dei prodotti in parola come quello dei servizi postali per la consegna ordinaria di giornali con e senza indirizzo e nell’escludere i servizi di recapito rapido di giornali. Infatti, è già stato rilevato (v. punto 196 supra) che, nei suoi argomenti figuranti nella sua domanda e nello studio ADMN da essa richiamati dinanzi al Tribunale, la ricorrente non menziona alcuna ragione per cui la distinzione effettuata dalla Commissione nella sua prassi e nella decisione impugnata fra il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario sarebbe erronea.

200

Inoltre, quanto al rinvio generale della ricorrente alla sua domanda e allo studio ADMN, è già stato ricordato che un mero rinvio agli allegati non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono figurare nel ricorso, in quanto non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (v. punto 151 supra). Pertanto, tale rinvio va dichiarato irricevibile. In ogni caso, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, occorre rilevare che lo studio ADMN contiene parimenti considerazioni secondo le quali, in relazione alla definizione del mercato del prodotto rilevante, occorre distinguere il recapito rapido di giornali e il recapito ordinario. Infatti, secondo il punto 1 di tale studio, la consegna dei giornali viene effettuata ad orari diversi e costituisce un fattore qualitativo. Sempre secondo detto punto dello stesso studio, i quotidiani devono essere nella cassetta delle lettere la mattina, prima che le persone lascino la casa, mentre le riviste settimanali e regionali, che sono finanziate principalmente dalla pubblicità, vengono distribuite nel corso della giornata, in quanto esse non sono sensibili al fattore tempo.

201

In secondo luogo, occorre rilevare che la ricorrente non ha contestato l’affermazione della Commissione, figurante ai punti 66 e 68 della decisione impugnata, secondo la quale essa non operava nel settore del recapito rapido di giornali e secondo la quale essa deteneva una quota di mercato del [riservato]% nel mercato dei servizi postali di consegna ordinaria di quotidiani con e senza indirizzo.

202

Inoltre, la ricorrente fa valere che, alla luce dello studio ADMN, la Commissione avrebbe in ogni caso dovuto effettuare una delimitazione esatta del mercato per quanto attiene ai servizi postali di consegna ordinaria di giornali con e senza indirizzo. Le considerazioni figuranti al punto 6 della decisione impugnata, secondo cui una definizione precisa del mercato rilevante poteva essere lasciata aperta, non sarebbero esatte. Secondo la ricorrente, una delimitazione esatta del mercato, conforme ai metodi prescritti dalla giurisprudenza e al punto 41 della comunicazione sulla definizione del mercato, era indispensabile.

203

Tale argomento non può essere accolto. Infatti, nella misura in cui la ricorrente fa riferimento allo studio ADMN per definire il mercato del prodotto in parola, la sua argomentazione è già stata respinta (v. punto 200 supra). Inoltre, nella parte in cui la ricorrente richiama il punto 6 della decisione impugnata, occorre rilevare che, secondo tale punto, il quale figura nella parte relativa al quadro normativo della decisione impugnata, pur potendosi prospettare in alcuni casi definizioni più restrittive del mercato, la definizione precisa del mercato rilevante poteva essere lasciata aperta ai fini della decisione impugnata, in quanto il risultato dell’analisi sarebbe rimasto invariato, indipendentemente dal fatto che si prendesse in considerazione una definizione restrittiva o estensiva. Nella specie, mentre la questione della definizione precisa del mercato rilevante è stata lasciata aperta dalla Commissione per quanto attiene, segnatamente, ai servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello nazionale, come si evince dal punto 29 della decisione impugnata, ciò non è avvenuto invece nel caso dei servizi postali di consegna ordinaria di giornali con e senza indirizzo.

204

Inoltre, quanto all’argomento secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto effettuare una delimitazione esatta del mercato secondo i metodi prescritti dalla giurisprudenza e dal punto 41 della comunicazione sulla definizione del mercato, ai sensi del quale il criterio delle preferenze dei consumatori costituisce un elemento pertinente per valutare la sostituibilità di due prodotti a livello della domanda, occorre rammentare che l’onere della prova relativa al soddisfacimento delle condizioni previste all’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17 incombe al richiedente e allo Stato membro interessato, mentre la Commissione dispone unicamente, nella specie, soltanto di poteri limitati rispetto agli ampi poteri di indagine conferiti nell’ambito dell’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione da parte del regolamento n. 1/2003 e del regolamento n. 329/2004 (v. punto 41 supra). Nella specie, incombeva dunque alla ricorrente fornire elementi sufficienti per definire il mercato del prodotto rilevante.

205

Infine, quanto all’argomento secondo il quale le reti dei concorrenti esistevano già in Austria, e secondo il quale queste ultime potevano entrare in qualsiasi momento sul mercato, in quanto non vi sarebbero stati ostacoli all’ingresso, occorre rilevare che, alla luce delle quote di mercato estremamente elevate della ricorrente sia nel mercato della consegna ordinaria di giornali con e senza indirizzo, ossia il [riservato]%, sia nei mercati dei servizi postali per lettere indirizzate B2X e C2X a livello nazionale, ossia rispettivamente il [riservato]% (v. punti 99 e 139 supra), non può concludersi che la Commissione sia incorsa in un manifesto errore di valutazione nel pervenire alla conclusione che i servizi postali di consegna ordinaria di giornali con e senza indirizzo non erano direttamente esposti alla concorrenza in Austria.

206

Di conseguenza, il settimo motivo deve essere respinto.

207

Quanto alla domanda di audizione, in qualità di testimone, del perito della ricorrente (v. punto 191 supra), alla luce di quanto precede, sulla base dei documenti del fascicolo e in ragione delle risposte ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, il Tribunale si ritiene sufficientemente informato e pertanto in grado di comprendere tutte le questioni economiche pertinenti al fine di decidere se la valutazione della Commissione fosse viziata da un errore manifesto. Di conseguenza, tale domanda non deve essere accolta nella parte concernente il presente motivo.

208

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere parzialmente accolto, nella parte in cui riguarda i servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello internazionale (v. punto 163 supra). Di conseguenza, la decisione impugnata deve essere annullata nella parte in cui indica che la direttiva 2004/17 deve continuare a trovare applicazione al mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello internazionale in Austria. Il ricorso è respinto quanto al resto.

Sulle spese

209

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

210

Nella specie, occorre accogliere le conclusioni della ricorrente nella parte in cui sono intese all’annullamento della decisione impugnata, nella misura in cui la direttiva 2004/17 deve continuare a trovare applicazione al mercato dei servizi postali per lettere indirizzate B2X a livello internazionale in Austria. Per contro, il ricorso deve essere respinto nella misura in cui riguarda gli altri mercati di servizi postali in questione. Si procederà quindi a un’equa valutazione delle circostanze della causa decidendo che la ricorrente sopporterà le proprie spese nonché otto decimi di quelle sostenute dalla Commissione. La Commissione sopporterà due decimi delle proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione di esecuzione 2014/184/UE della Commissione, del 2 aprile 2014, che esonera taluni servizi del settore postale, in Austria, dall’applicazione della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, è annullata nella parte in cui essa indica che tale direttiva deve continuare a trovare applicazione all’appalto dei servizi postali per lettere indirizzate tra imprese e tra imprese e clientela privata a livello internazionale in Austria.

 

2)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

3)

La Österreichische Post AG sopporterà le proprie spese nonché otto decimi delle spese sostenute dalla Commissione europea.

 

4)

La Commissione sopporterà due decimi delle proprie spese.

 

Dittrich

Schwarcz

Tomljenović

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 aprile 2016.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

( 1 ) Dati riservati occultati.

Top