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Document 62014CJ0157

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 17 dicembre 2015.
Société Neptune Distribution contro Ministre de l'Économie et des Finances.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Conseil d'État.
Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 1924/2006 – Direttiva 2009/54/CE – Articoli 11, paragrafo 1, e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Tutela del consumatore – Indicazioni nutrizionali e sulla salute – Acque minerali naturali – Contenuto di sodio o di sale – Calcolo – Cloruro di sodio (sale da tavola) o quantità complessiva di sodio – Libertà di espressione e d’informazione – Libertà d’impresa».
Causa C-157/14.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:823

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

17 dicembre 2015 ( * )

«Rinvio pregiudiziale — Regolamento (CE) n. 1924/2006 — Direttiva 2009/54/CE — Articoli 11, paragrafo 1, e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Tutela del consumatore — Indicazioni nutrizionali e sulla salute — Acque minerali naturali — Contenuto di sodio o di sale — Calcolo — Cloruro di sodio (sale da tavola) o quantità complessiva di sodio — Libertà di espressione e d’informazione — Libertà d’impresa»

Nella causa C‑157/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 26 marzo 2014, pervenuta in cancelleria il 4 aprile 2014, nel procedimento

Neptune Distribution SNC

contro

Ministre de l’Économie et des Finances,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, J. Malenovský, M. Safjan (relatore), A. Prechal e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 febbraio 2015,

considerate le osservazioni presentate:

per la Neptune Distribution SNC, da D. Bouthors, M. Fayat e A. Vermersch, avocats;

per il governo francese, da S. Menez, D. Colas e S. Ghiandoni, in qualità di agenti;

per il governo ellenico, da I. Chalkias, E. Leftheriotou e A. Vasilopoulou, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Santoro, avvocato dello Stato;

per il Parlamento europeo, da A. Tamás e J. Rodrigues, in qualità di agenti;

per il Consiglio dell’Unione europea, da J. Herrmann e O. Segnana, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da K. Herbout-Borczak e S. Grünheid, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 luglio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte, da un lato, sull’interpretazione dell’allegato al regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (GU L 404, pag. 9, e rettifica GU 2007, L 12, pag. 3), come modificato dal regolamento (CE) n. 107/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008 (GU L 39, pag. 8; in prosieguo: il «regolamento n. 1924/2006»), e, dall’altro, sulla validità dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU L 109, pag. 29), dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (GU L 164, pag. 45), nonché dell’allegato III a quest’ultima, alla luce dell’allegato al regolamento n. 1924/2006.

2

Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la Neptune Distribution SNC (in prosieguo: la «Neptune Distribution») ed il ministre de l’Économie et des Finances (Ministro dell’Economia e delle Finanze) in merito alla legittimità della decisione di intimazione, del 5 febbraio 2009, emessa dal chef de l’unité départementale de l’Allier de la direction régionale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes d’Auvergne (capo dell’unità dipartimentale dell’Allier della direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi dell’Auvergne), nonché della decisione del ministre de l’Économie, de l’Industrie et de l’Emploi (Ministro dell’Economia, dell’Industria e del Lavoro), che respinge il ricorso gerarchico proposto dalla Neptune Distribution.

Contesto normativo

La CEDU

3

Sotto il titolo «Libertà di espressione», l’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), dispone quanto segue:

«1.   Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. (…)

2.   L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla (…) protezione della salute (…), alla protezione (…) dei diritti altrui (…)».

Il diritto dell’Unione

La Carta

4

L’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), intitolato «Libertà di espressione e d’informazione», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera».

5

Ai sensi dell’articolo 16 della Carta, intitolato «Libertà d’impresa»:

«È riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali».

6

L’articolo 52 della Carta, intitolato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», così dispone:

«1.   Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

(…)

3.   Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.

(…)

7.   I giudici dell’Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della presente Carta».

7

Le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17; in prosieguo: le «spiegazioni relative alla Carta») precisano, per quanto riguarda l’articolo 11 della Carta, che, in applicazione dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, il diritto alla libertà di espressione e d’informazione ha lo stesso significato e la stessa portata di quello garantito dalla CEDU.

Il regolamento n. 1924/2006

8

I considerando 1 e 9 del regolamento n. 1924/2006 enunciano quanto segue:

«(1)

Vi è un numero crescente di alimenti etichettati e pubblicizzati nella Comunità recanti indicazioni nutrizionali e sulla salute. Per garantire un elevato livello di tutela dei consumatori e facilitare le loro scelte, i prodotti, compresi quelli importati, immessi sul mercato dovrebbero essere sicuri e adeguatamente etichettati. Una dieta variata e bilanciata costituisce un requisito fondamentale per una buona salute e i singoli prodotti hanno una relativa importanza nel contesto della dieta nel suo complesso.

(…)

(9)

Vi è un’ampia gamma di sostanze nutritive e di altre sostanze a effetto nutrizionale e fisiologico, compresi, ma non solo, (…) minerali, oligoelementi, (…) con un effetto nutrizionale o fisiologico, che potrebbero essere presenti in un prodotto alimentare ed essere oggetto di un’indicazione. Pertanto, è opportuno stabilire principi generali applicabili a tutte le indicazioni fornite sui prodotti alimentari per garantire un elevato livello di tutela dei consumatori, per dare ai consumatori le informazioni necessarie affinché compiano scelte nella piena consapevolezza dei fatti e per creare condizioni paritarie di concorrenza per l’industria alimentare».

9

L’articolo 1 di tale regolamento prevede che:

«1.   Il presente regolamento armonizza le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri concernenti le indicazioni nutrizionali e sulla salute, al fine di garantire l’efficace funzionamento del mercato interno e al tempo stesso un elevato livello di tutela dei consumatori.

2.   Il presente regolamento si applica alle indicazioni nutrizionali e sulla salute figuranti in comunicazioni commerciali, sia nell’etichettatura sia nella presentazione o nella pubblicità dei prodotti alimentari forniti al consumatore finale.

(…)

5.   Il presente regolamento si applica fatte salve le disposizioni comunitarie seguenti:

(…)

b)

[la] direttiva [2009/54]

(…)».

10

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, di detto regolamento:

«Si applicano inoltre le seguenti definizioni:

(…)

4)

“indicazione nutrizionale”: qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche, dovute:

(…)

b)

alle sostanze nutritive o di altro tipo che

i)

contiene,

ii)

contiene in proporzioni ridotte o accresciute, o

iii)

non contiene;

5)

“indicazioni sulla salute”: qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra un categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute;

(…)».

11

L’articolo 8, paragrafo 1, del medesimo regolamento, così dispone:

«Le indicazioni nutrizionali sono consentite solo se elencate nell’allegato e conformi alle condizioni stabilite dal presente regolamento».

12

L’articolo 13 del regolamento n. 1924/2006 prevede quanto segue:

«1.   Le indicazioni sulla salute che descrivono o fanno riferimento ai seguenti elementi:

a)

il ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo (…)

(…)

che sono indicate nell’elenco di cui al paragrafo 3 possono essere fornite senza essere oggetto delle procedure di cui agli articoli da 15 a 19, purché siano:

i)

basate su prove scientifiche generalmente accettate e

ii)

ben comprese dal consumatore medio.

(…)

3.   Previa consultazione dell’Autorità [europea per la sicurezza alimentare (EFSA)], entro il 31 gennaio 2010 la Commissione adotta (…) un elenco comunitario, inteso a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, integrandolo, delle indicazioni consentite di cui al paragrafo 1 e tutte le condizioni necessarie per il loro impiego.

(…)».

13

L’allegato a tale regolamento, intitolato «Indicazioni nutrizionali e relative condizioni di applicazione», contiene, in particolare, le seguenti disposizioni:

La direttiva 2000/13

14

Ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2000/13:

«1.   L’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono:

a)

essere tali da indurre in errore l’acquirente, specialmente:

i)

per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l’identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l’origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento,

ii)

attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede,

iii)

suggerendogli che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;

b)

fatte salve le disposizioni comunitarie applicabili alle acque minerali naturali e ai prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare, attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà.

(…)

3.   I divieti o le limitazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 valgono anche per:

a)

la presentazione dei prodotti alimentari, in particolare la forma o l’aspetto conferito agli stessi o al rispettivo imballaggio, il materiale utilizzato per l’imballaggio, il modo in cui sono disposti e l’ambiente nel quale sono esposti;

b)

la pubblicità».

La direttiva 2009/54

15

I considerando 5, 8 e 9 della direttiva 2009/54 enunciano quanto segue:

«(5)

Le norme in materia di acque minerali naturali perseguono l’obiettivo prioritario di proteggere la salute del consumatore, evitare che i consumatori siano ingannati e assicurare la lealtà delle operazioni commerciali.

(…)

(8)

Le acque minerali naturali sono soggette, per quanto riguarda l’etichettatura, alle norme generali fissate dalla direttiva [2000/13]. La presente direttiva può quindi limitarsi ad adottare i completamenti e le deroghe che è opportuno apportare a dette norme generali.

(9)

L’indicazione della composizione analitica dell’acqua minerale naturale dovrebbe essere obbligatoria per garantire l’informazione del consumatore».

16

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2009/54:

«Le etichette delle acque minerali naturali recano anche le seguenti informazioni obbligatorie:

a)

l’indicazione della composizione analitica, con i componenti caratteristici».

17

L’articolo 9 di detta direttiva prevede quanto segue:

«1.   È vietato l’uso, sia sulle confezioni o etichette, sia nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, di indicazioni, denominazioni, marchi di fabbrica o di commercio, immagini o altri segni, figurativi o meno, che:

a)

per quanto riguarda le acque minerali naturali, evochino caratteristiche non possedute dalle acque, in ordine all’origine, alla data di autorizzazione all’esercizio, ai risultati delle analisi o a riferimenti analoghi a garanzie di autenticità;

(…)

2.   Sono vietate tutte le indicazioni che attribuiscono a un’acqua minerale naturale proprietà per la prevenzione, la cura o la guarigione di una malattia umana.

Sono tuttavia autorizzate le menzioni di cui all’allegato III a condizione che siano rispettati i criteri corrispondenti ivi fissati o, qualora non ve ne siano, i criteri fissati dalle legislazioni nazionali e purché siano state stabilite sulla base di analisi fisico-chimiche e, se necessario, di esami farmacologici, fisiologici e clinici effettuati secondo metodi scientificamente sperimentati, conformemente alle disposizioni dell’allegato I, parte I, punto 2.

Gli Stati membri possono autorizzare le menzioni “stimola la digestione”, “può favorire le funzioni epatobiliari” o menzioni analoghe. Essi possono inoltre autorizzare altre menzioni purché non siano in contrasto con i principi di cui al primo comma e siano compatibili con i principi di cui al secondo comma.

(…)».

18

L’allegato III alla direttiva 2009/54, intitolato «Menzioni e criteri previsti all’articolo 9, paragrafo 2», contiene la menzione «Indicata per le diete povere di sodio», seguita dal criterio che prevede «un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l».

Il diritto francese

19

Ai sensi dell’articolo R. 112-7, primo e secondo comma, del codice del consumo (code de la consommation), che traspone l’articolo 2 della direttiva 2000/13:

«L’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore l’acquirente o il consumatore, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l’identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l’origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento.

(…)

I divieti e le limitazioni summenzionati valgono altresì per la pubblicità e la presentazione dei prodotti alimentari (…)».

20

Gli articoli R. 1322-44-13 e R. 1322-44-14 del codice della sanità pubblica (code de la santé publique) sono diretti, dal canto loro, a trasporre l’articolo 9 della direttiva 2009/54.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21

La Neptune Distribution si occupa della vendita e della distribuzione delle acque minerali naturali frizzanti denominate «Saint-Yorre» e «Vichy Célestins».

22

Con decisione del 5 febbraio 2009, il capo dell’unità dipartimentale dell’Allier della direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi dell’Auvergne ha ingiunto alla Neptune Distribution di sopprimere dalle etichette e dalla pubblicità delle suddette acque le menzioni seguenti:

«Il sodio di St-Yorre è sostanzialmente bicarbonato di sodio. La St Yorre contiene soltanto 0,53 g di sale (o cloruro di sodio) per litro, ossia meno che in un litro di latte!!!»;

«Non bisogna confondere sale e sodio – il sodio di Vichy Célestins è sostanzialmente quello apportato dal bicarbonato di sodio. In particolare, non va confuso con il sale da tavola (cloruro di sodio). La Vichy Célestins contiene solo 0,39 g di sale per litro, ossia da 2 a 3 volte meno che in un litro di latte!», nonché in via generale,

qualsiasi menzione volta a far credere che le acque di cui trattasi abbiano un basso o bassissimo contenuto di sale o di sodio.

23

Con decisione del 25 agosto 2009, il Ministre de l’Économie, de l’Industrie et de l’Emploi (Ministro dell’Economia, dell’Industria e del Lavoro) ha respinto il ricorso gerarchico presentato dalla Neptune Distribution avverso la suddetta ingiunzione.

24

Con sentenza del 27 maggio 2010, il tribunal administratif de Clermont‑Ferrand (Tribunale amministrativo di Clermont-Ferrand) ha respinto la domanda della Neptune Distribution volta all’annullamento per eccesso di potere di detta ingiunzione e di detta decisione.

25

L’impugnazione proposta dalla Neptune Distribution avverso tale sentenza è stata respinta dalla cour administrative d’appel de Lyon (Corte d’appello amministrativa di Lione), con sentenza del 9 giugno 2011.

26

La Neptune Distribution ha impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio. A sostegno di tale impugnazione, la Neptune Distribution ha fatto valere, in particolare, un mezzo vertente sul fatto che la cour administrative d’appel de Lyon (Corte d’appello amministrativa di Lione) sarebbe incorsa in un errore di diritto alla luce degli articoli R. 112-7 del codice del consumo e degli articoli R. 1322-44-13 e R. 1322-44-14 del codice della sanità pubblica.

27

Il giudice del rinvio rileva che la risposta da dare a tale motivo di impugnazione dipende dalla risposta alla domanda se l’allegato al regolamento n. 1924/2006 indica come base di calcolo dell’«equivalente di sale» della quantità di sodio presente in un prodotto alimentare la sola quantità di sodio che, associata a ioni di cloruro, forma cloruro di sodio, o sale da tavola, oppure la quantità complessiva di sodio contenuta nell’alimento, in qualunque forma.

28

Infatti, in quest’ultimo caso, un’acqua ad elevato contenuto di bicarbonato di sodio potrebbe non essere considerata come «a basso contenuto di sodio/sale», anche qualora avesse un basso o bassissimo contenuto di cloruro di sodio.

29

Pertanto, il distributore di un’acqua minerale ricca di bicarbonato di sodio non potrebbe far figurare sulle sue etichette e i suoi messaggi pubblicitari una menzione, anche se corretta, relativa al basso contenuto di sale o di cloruro di sodio, in quanto tale indicazione potrebbe indurre l’acquirente in errore riguardo al contenuto complessivo di sodio dell’acqua minerale in questione.

30

In tale contesto, il giudice del rinvio aggiunge che, come emerge in particolare dal parere dell’EFSA del 21 aprile 2005, l’aumento della pressione arteriosa è il principale effetto indesiderato individuato in relazione ad un accresciuto apporto di sodio. Sebbene il sodio ne sia il principale responsabile, anche gli ioni di cloruro avrebbero un ruolo nell’aumento della pressione arteriosa. Numerosi studi tenderebbero a dimostrare che una dieta ricca di bicarbonato di sodio non abbia lo stesso effetto indesiderato, per le persone che soffrono di ipertensione, di una dieta ad elevato contenuto di cloruro di sodio. È vero che l’EFSA, in un parere pubblicato nel giugno 2011, si è rifiutata di ricomprendere, nell’elenco delle indicazioni sulla salute autorizzate di cui all’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006, l’indicazione secondo cui il bicarbonato di sodio non ha effetti nocivi sulla pressione arteriosa, in quanto lo studio prodotto a sostegno di tale indicazione non presentava garanzie metodologiche sufficienti per poterne trarre conclusioni definitive. Tuttavia, questa circostanza di per sé sola non consentirebbe neppure di affermare che il bicarbonato di sodio debba essere considerato idoneo a indurre o ad aggravare l’ipertensione arteriosa allo stesso modo e nelle stesse proporzioni del cloruro di sodio.

31

Secondo tale giudice, pertanto, esistono dubbi sull’equivalenza, in termini di rischi per la salute dei consumatori, tra il consumo di acque ad alto contenuto di bicarbonato di sodio e quello di acque ad alto contenuto di cloruro di sodio. Occorrerebbe di conseguenza valutare se le restrizioni alla libertà di espressione e di informazione pubblicitaria e alla libertà di impresa della Neptune Distribution siano necessarie e proporzionate, alla luce, in particolare, dell’esigenza di garantire un livello elevato di tutela della salute dei consumatori.

32

In tale contesto, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la base di calcolo dell’“equivalente di sale” della quantità di sodio presente in un prodotto alimentare, ai sensi dell’allegato al regolamento n. 1924/2006, sia costituita unicamente dalla quantità di sodio che, associata a ioni di cloruro, forma cloruro di sodio, ovvero sale da tavola, oppure comprenda la quantità complessiva di sodio contenuto nel prodotto, in qualunque forma.

2)

Nel secondo caso, se le disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13 e dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III alla suddetta direttiva, lette alla luce del rapporto di equivalenza stabilito tra il sodio e il sale nell’allegato al regolamento n. 1924/2006, vietando a un distributore di acqua minerale di far figurare sulle sue etichette e sui suoi messaggi pubblicitari qualsiasi indicazione relativa al basso contenuto di sale che potrebbe essere quello del suo prodotto, peraltro ricco di bicarbonato di sodio, in quanto tale indicazione potrebbe indurre l’acquirente in errore circa il contenuto complessivo di sodio dell’acqua, violino l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 11, paragrafo 1 (libertà di espressione e di informazione) e l’articolo 16 (libertà di impresa) della Carta, nonché l’articolo 10 della CEDU».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

33

Occorre preliminarmente ricordare che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta alla Corte fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. La Corte ha infatti il compito di interpretare tutte le disposizioni del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere le controversie di cui sono stati investiti, anche qualora tali disposizioni non siano espressamente indicate nelle questioni ad essa sottoposte da detti giudici (sentenza Doc Generici, C‑452/14, EU:C:2015:644, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

34

Di conseguenza, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la sua prima questione all’interpretazione dell’espressione «equivalente di sale» contenuta nell’allegato al regolamento n. 1924/2006, ciò non impedisce alla Corte di fornirgli tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto riferimento o meno nel formulare la propria questione. A tale proposito, spetta alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del suddetto diritto che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., in tal senso, sentenza Doc Generici, C‑452/14, EU:C:2015:644, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

35

Nel caso di specie, occorre rilevare che il giudice del rinvio fa riferimento, nella motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale, anche alle disposizioni della direttiva 2009/54.

36

Inoltre, emerge da tale motivazione che, al fine di statuire sull’impugnazione di cui è investito, il giudice del rinvio intende verificare se le confezioni, le etichette o la pubblicità delle acque minerali naturali possano suggerire che tali acque abbiano un basso contenuto di sodio o di sale, in particolare indicando la quantità presente in tali acque di un unico composto chimico contenente sodio, nel caso di specie cloruro di sodio, ovvero sale da tavola, senza precisare il contenuto totale di sodio, in tutte le sue forme chimiche presenti, in quanto tale contenuto totale potrebbe essere superiore ai limiti delle quantità di sodio, o del valore equivalente di sale, previsti dalla normativa dell’Unione applicabile alle indicazioni od alle menzioni utilizzate nei confronti delle acque minerali naturali.

37

Occorre quindi intendere la prima questione come diretta, in sostanza, a stabilire se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta a che le confezioni, le etichette o la pubblicità delle acque minerali naturali contengano indicazioni o menzioni volte a far credere al consumatore che le acque in questione abbiano un basso, se non bassissimo, contenuto di sodio o di sale oppure che siano indicate per le diete povere di sodio qualora il contenuto complessivo di sodio, in tutte le sue forme chimiche presenti, sia superiore ai limiti di sodio, o del valore equivalente di sale, previsti dalla normativa dell’Unione applicabile in materia.

38

Al fine di fornire una risposta utile a detta questione, occorre tenere conto delle disposizioni sia del regolamento n. 1924/2006, sia della direttiva 2009/54.

39

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, quest’ultimo si applica fatte salve le disposizioni della direttiva 2009/54.

40

Infatti, mentre detto regolamento disciplina, in via generale, l’uso delle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, detta direttiva prevede norme specifiche sulle menzioni che possono figurare sulle confezioni, sulle etichette e nella pubblicità delle acque minerali naturali.

41

L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006 consente le indicazioni nutrizionali soltanto qualora siano elencate nell’allegato di tale regolamento e siano conformi alle condizioni stabilite da detto regolamento.

42

Per quanto riguarda le indicazioni nutrizionali riferite al contenuto di sodio o di sale, detto allegato consente di definire un prodotto alimentare come «a basso contenuto di sodio/sale» o «a bassissimo contenuto di sodio/sale», oppure di utilizzare ogni altra indicazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore, a condizione che tale prodotto contenga non più di g 0,12 di sodio, o un valore equivalente di sale, per g 100 o ml 100, per la prima di tali indicazioni, oppure non più di g 0,04 dei medesimi elementi, per la seconda di dette indicazioni.

43

Le acque sono tuttavia sottoposte a norme specifiche al riguardo.

44

Più precisamente, in primo luogo, l’allegato al regolamento n. 1924/2006 vieta, per le acque minerali naturali e le altre acque, l’utilizzo dell’indicazione «a bassissimo contenuto di sodio/sale» e ogni altra indicazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore.

45

In secondo luogo, l’indicazione «a basso contenuto di sodio/sale», al pari di ogni altra indicazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore, è consentita, secondo quanto disposto dal medesimo allegato, per le acque diverse dalle acque minerali naturali che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2009/54, a condizione che il valore in questione non sia superiore a mg 2 di sodio per ml 100, ossia mg 20 per litro.

46

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2009/54, sono autorizzate le menzioni di cui all’allegato III a tale direttiva, a condizione che siano rispettati i criteri corrispondenti ivi fissati o, qualora non ve ne siano, i criteri fissati dalle legislazioni nazionali, purché vengano rispettate alcune condizioni di carattere tecnico.

47

Detto allegato contiene la menzione «indicata per le diete povere di sodio», accompagnata dal criterio «con un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l».

48

Nello specificare, nella direttiva 2009/54, il quantitativo massimo di sodio nel caso in cui le confezioni, le etichette o la pubblicità delle acque minerali contengano una menzione che faccia riferimento ad un basso contenuto di sodio, il legislatore dell’Unione non distingue il sodio in funzione del composto chimico di cui fa parte o dal quale deriva.

49

Per quanto riguarda gli obiettivi del regolamento n. 1924/2006 e della direttiva 2009/54, occorre ricordare che, come previsto dall’articolo 1 di tale regolamento, quest’ultimo è volto a garantire l’efficace funzionamento del mercato interno garantendo al contempo un livello elevato di tutela del consumatore. A tale proposito, i considerando 1 e 9 di detto regolamento precisano che occorre, in particolare, fornire al consumatore le informazioni necessarie affinché compia scelte con piena cognizione di causa (sentenza Ehrmann, C‑609/12, EU:C:2014:252, punto 40).

50

Le norme in materia di acque minerali naturali devono perseguire, alla luce del considerando 5 della direttiva 2009/54, l’obiettivo prioritario di proteggere la salute del consumatore, evitare che i consumatori siano ingannati e assicurare la lealtà delle operazioni commerciali. In tal senso, il considerando 9 di tale direttiva precisa che, per garantire l’informazione del consumatore, l’indicazione della composizione analitica dell’acqua minerale naturale dovrebbe essere obbligatoria (v. sentenza Hotel Sava Rogaška, C‑207/14, EU:C:2015:414, punto 40).

51

Si deve pertanto rilevare che, nell’adottare le disposizioni del regolamento n. 1924/2006 e della direttiva 2009/54, il legislatore dell’Unione ha ritenuto necessario garantire che il consumatore riceva un’informazione adeguata e trasparente sul contenuto di sodio delle acque destinate al consumo.

52

Tali garanzie devono essere valutate anche alla luce dell’importanza del livello di consumo di sodio per la salute umana.

53

Ebbene, poiché è pacifico che il sodio è un componente di diversi composti chimici, ossia, in particolare, del cloruro di sodio, o sale da tavola, e del bicarbonato di sodio, la sua quantità presente nelle acque minerali naturali deve essere valutata, in base alle disposizioni della direttiva 2009/54, tenendo conto della sua presenza complessiva nelle acque minerali naturali in questione, qualunque sia la sua forma chimica.

54

È vero che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2009/54, le etichette delle acque minerali naturali recano obbligatoriamente l’indicazione della composizione analitica, precisando i componenti caratteristici.

55

Tuttavia, occorre rilevare che le confezioni, le etichette e la pubblicità delle acque minerali naturali che, indipendentemente dall’indicazione sull’etichetta del contenuto complessivo di sodio in tali acque, conformemente alla disposizione di cui al precedente punto della presente sentenza, contengono una menzione che fa riferimento ad un basso contenuto di sodio delle acque possono anch’esse indurre in errore il consumatore in quanto possono suggerire che tali acque siano a basso contenuto di sodio o di sale, oppure che siano indicate per le diete povere di sodio mentre, in realtà, contengono mg/l 20 o più di sodio (v., per analogia, sentenza Teekanne, C‑195/14, EU:C:2015:361, punti da 38 a 41).

56

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che:

L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006, in combinato disposto con l’allegato a tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che esso vieta, per le acque minerali naturali e le altre acque, l’utilizzo dell’indicazione «a bassissimo contenuto di sodio/sale» e ogni altra indicazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore.

L’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III a tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che le confezioni, le etichette o la pubblicità delle acque minerali naturali contengano indicazioni o menzioni volte a far credere al consumatore che le acque in questione abbiano un basso contenuto di sodio o di sale oppure che siano indicate per le diete povere di sodio qualora il contenuto complessivo di sodio, in tutte le sue forme chimiche presenti, sia uguale o superiore a mg/l 20.

Sulla seconda questione

57

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13, e l’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III a quest’ultima, nonché con l’allegato al regolamento n. 1924/2006, siano validi nella parte in cui vietano di far figurare sulle confezioni, sulle etichette e nella pubblicità delle acque minerali naturali qualsiasi indicazione o menzione relativa al basso contenuto, in tali acque, di cloruro di sodio, o sale da tavola, che può indurre in errore il consumatore in merito al contenuto complessivo di sodio nelle acque in questione.

58

Il giudice del rinvio chiede alla Corte di valutare la validità di tali disposizioni alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, in combinato disposto con gli articoli 11, paragrafo 1, e 16 della Carta, nonché con l’articolo 10 della CEDU.

59

In via preliminare, si deve osservare che, benché con la sua seconda questione il giudice del rinvio chieda alla Corte di valutare la validità di una disposizione della direttiva 2000/13, quest’ultima non è in discussione nel procedimento principale.

60

Infatti, l’articolo 2, paragrafi 1, lettera a), e 3, della direttiva 2000/13, si limita a prevedere che l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità non devono essere tali da indurre in errore l’acquirente, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare.

61

Così, a differenza delle disposizioni del regolamento n. 1924/2006 e della direttiva 2009/54, le disposizioni della direttiva 2000/13 non contengono obblighi specifici, nei confronti dei produttori e dei distributori di acque minerali naturali, riguardo all’utilizzo di indicazioni o di menzioni che possano suggerire che l’acqua in questione abbia un basso od un bassissimo contenuto di sodio o di sale, oppure che sia indicata per le diete povere di sodio.

62

Di conseguenza, soltanto la validità dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III alla medesima, nonché con l’allegato al regolamento n. 1924/2006, necessita di un esame nel caso di specie.

63

A tale riguardo, occorre ricordare che la libertà di espressione e d’informazione è sancita dall’articolo 11 della Carta, alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE, riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati.

64

Tale libertà è altresì tutelata ai sensi dell’articolo 10 della CEDU che si applica, in particolare, come emerge dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, alla diffusione da parte di un imprenditore di informazioni di carattere commerciale, segnatamente sotto forma di messaggi pubblicitari [v. Corte eur D.U., sentenze Casado Coca c. Spagna del 24 febbraio 1994, serie A n. 285, §§ 35 e 36, nonché Krone Verlag GmbH & Co. KG c. Austria (n. 3) dell’11 dicembre 2003, Recueil des arrêts et décisions 2003-XII, §§ 19 e 20].

65

Ebbene, dal momento che la libertà di espressione e d’informazione di cui all’articolo 11 della Carta, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 3, della medesima e dalle spiegazioni relative alla Carta in merito al suo articolo 11, ha lo stesso significato e la stessa portata della medesima libertà garantita dalla CEDU, si deve constatare che detta libertà comprende l’utilizzo, da parte di un imprenditore, sulle confezioni, sulle etichette e nella pubblicità delle acque minerali naturali, di indicazioni e di menzioni che facciano riferimento al contenuto di sodio o di sale di tali acque.

66

Inoltre, occorre rilevare che la libertà d’impresa, tutelata ai sensi dell’articolo 16 della Carta, va considerata alla luce della sua funzione sociale (v., in tal senso, sentenza Deutsches Weintor, C‑544/10, EU:C:2012:526, punto 54).

67

Il divieto di far figurare sulle confezioni, sulle etichette e nella pubblicità delle acque minerali naturali qualsiasi indicazione o menzione che faccia riferimento al basso contenuto di sodio di tali acque, la quale possa indurre in errore il consumatore circa tale contenuto, costituisce una ingerenza nella libertà di espressione e d’informazione dell’imprenditore, nonché nella libertà d’impresa di quest’ultimo.

68

Sebbene tali libertà possano essere limitate, qualsiasi limitazione del loro esercizio dev’essere, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, prevista dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di dette libertà. Inoltre, come emerge da tale disposizione, nel rispetto del principio di proporzionalità possono essere apportate limitazioni solo qualora siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

69

A tale riguardo, occorre rilevare che, da un lato, l’ingerenza di cui al punto 67 della presente sentenza è prevista dalla normativa, ossia dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006, in combinato disposto con l’allegato a tale regolamento, e dall’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III a tale direttiva.

70

Dall’altro lato, il contenuto essenziale della libertà di espressione e d’informazione dell’imprenditore non è pregiudicato da dette disposizioni, in quanto queste ultime si limitano a sottoporre l’informazione che può essere comunicata al consumatore circa il contenuto di sodio o di sale delle acque minerali naturali a talune condizioni, quali precisate ai punti da 44 a 56 della presente sentenza.

71

Peraltro, lungi dal proibire la produzione e la commercializzazione delle acque minerali naturali, la normativa di cui trattasi nel procedimento principale si limita, in un settore ben circoscritto, a disciplinare l’etichettatura e la pubblicità ad esse relative. Così facendo, essa non incide affatto sul contenuto essenziale della libertà d’impresa (v., in tal senso, sentenza Deutsches Weintor, C‑544/10, EU:C:2012:526, punti 5758).

72

Come è stato ricordato ai punti da 49 a 52 della presente sentenza, le disposizioni del regolamento n. 1924/2006 e della direttiva 2009/54, in particolare quelle che prevedono limitazioni all’utilizzo delle indicazioni e delle menzioni di cui al procedimento principale, mirano a garantire un livello elevato di tutela del consumatore, un’informazione adeguata e trasparente di quest’ultimo circa il contenuto di sodio delle acque destinate al consumo, ad assicurare la lealtà delle operazioni commerciali ed a tutelare la salute umana.

73

Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, la tutela della salute umana nonché la tutela dei consumatori ad un livello elevato costituiscono obiettivi legittimi di interesse generale attuati dal diritto dell’Unione, conformemente alle disposizioni, in particolare, degli articoli 9 TFUE, 12 TFUE, 114, paragrafo 3, TFUE, 168, paragrafo 1, TFUE, 169, paragrafo 1, TFUE, nonché degli articoli 35 e 38 della Carta.

74

Ebbene, la necessità di garantire al consumatore l’informazione più precisa e trasparente possibile circa le caratteristiche del prodotto è in stretta connessione con la tutela della salute umana e costituisce una questione di interesse generale (v., in tal senso, Corte eur. D.U., sentenze Hertel c. Svizzera del 25 agosto 1998, Recueil des arrêts et décisions 1998-VI, § 47, nonché Bergens Tidende e a. c. Norvegia del 2 maggio 2000, Recueil des arrêts et décisions 2000-IV, § 51), che può giustificare limitazioni alla libertà di espressione e d’informazione dell’imprenditore, nonché alla libertà d’impresa di quest’ultimo.

75

Ciò posto, la valutazione della validità delle disposizioni contestate deve essere effettuata nel rispetto della necessaria conciliazione tra i requisiti connessi alla tutela di questi diversi diritti fondamentali ed obiettivi legittimi di interesse generale protetti dall’ordinamento giuridico dell’Unione ed un giusto equilibrio tra di essi (v., in tal senso, sentenza Deutsches Weintor, C‑544/10, EU:C:2012:526, punto 47).

76

Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni di attuazione del principio di proporzionalità, occorre riconoscere al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale in un settore come quello del caso di specie, che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse [v., in tal senso, sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 123, nonché Alliance for Natural Health e a., C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 52].

77

A tale riguardo si deve osservare, in primo luogo, che ammettendo che un’indicazione od una menzione che fa riferimento al contenuto di sodio, associato a ioni di cloruro, delle acque minerali naturali possa essere considerata, di per sé, sostanzialmente esatta, essa risulta comunque incompleta qualora suggerisca che le acque sono povere di sodio mentre, in realtà, il loro contenuto complessivo di sodio supera i limiti previsti dalla normativa dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Deutsches Weintor, C‑544/10, EU:C:2012:526, punto 51).

78

In una tale situazione, l’informazione che figura sulle confezioni, sulle etichette e nella pubblicità che contiene detta indicazione o menzione può indurre in errore il consumatore circa il contenuto di sodio delle acque minerali di cui trattasi nel procedimento principale.

79

In secondo luogo, non si può accogliere l’argomento della Neptune Distribution secondo il quale le disposizioni controllate eccederebbero quanto necessario per tutelare la salute dei consumatori in quanto si applicano indistintamente al sodio in tutte le sue forme chimiche, compresa la forma del bicarbonato di sodio, mentre quest’ultima molecola non sarebbe nociva per la salute umana, poiché è solo il cloruro di sodio ad essere fonte di ipertensione arteriosa.

80

Infatti, senza che occorra pronunciarsi sulla questione se il carattere nocivo, per quanto riguarda il rischio di sviluppo dell’ipertensione arteriosa, del consumo abbondante di sodio associato a ioni di cloruro sia comparabile al rischio legato al consumo di sodio presente in un altro composto chimico, in particolare il bicarbonato di sodio, si deve constatare che tale rischio è determinato dal legislatore dell’Unione riguardo, da un lato, all’obbligo di tutela della salute umana e, dall’altro, al principio di precauzione in tale ambito.

81

Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, il legislatore dell’Unione deve tenere conto del principio di precauzione, secondo il quale quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (v. sentenza Acino/Commissione, C‑269/13 P, EU:C:2014:255, punto 57).

82

Qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura non concludente dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute pubblica nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive (v., in tal senso, sentenza Acino/Commissione, C‑269/13 P, EU:C:2014:255, punto 58).

83

Ebbene, alla luce del fascicolo di cui dispone la Corte, e in particolare del parere dell’EFSA del 21 aprile 2005, di cui al punto 30 della presente sentenza, al quale la decisione di rinvio fa riferimento, non sembra escluso un rischio per la salute umana derivante dal consumo abbondante di sodio presente in diversi composti chimici, in particolare nel bicarbonato di sodio.

84

Alla luce di ciò, si deve rilevare che il legislatore dell’Unione ha potuto correttamente ritenere che vincoli e restrizioni, come quelli previsti dalle disposizioni oggetto della prima questione, per quanto concerne l’utilizzo di indicazioni o menzioni che fanno riferimento ad un basso contenuto di sodio delle acque minerali naturali, erano adeguati e necessari per garantire la tutela della salute umana all’interno dell’Unione.

85

Alla luce di quanto esposto, si deve concludere che l’ingerenza nella libertà di espressione e d’informazione dell’imprenditore, nonché nella libertà d’impresa di quest’ultimo è, nel caso di specie, proporzionata agli obiettivi perseguiti.

86

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve constatare che dall’esame della seconda questione non è emerso alcun elemento tale da incidere sulla validità dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III a quest’ultima, nonché con l’allegato al regolamento n. 1924/2006.

Sulle spese

87

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, come modificato dal regolamento (CE) n. 107/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, in combinato disposto con l’allegato a tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che esso vieta, per le acque minerali naturali e le altre acque, l’utilizzo dell’indicazione «a bassissimo contenuto di sodio/sale» e ogni altra indicazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore.

L’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali, in combinato disposto con l’allegato III a tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che le confezioni, le etichette o la pubblicità delle acque minerali naturali contengano indicazioni o menzioni volte a far credere al consumatore che le acque in questione abbiano un basso contenuto di sodio o di sale oppure che siano indicate per le diete povere di sodio qualora il contenuto complessivo di sodio, in tutte le sue forme chimiche presenti, sia uguale o superiore a mg/l 20.

 

2)

Dall’esame della seconda questione non è emerso alcun elemento tale da incidere sulla validità dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III a quest’ultima, nonché con l’allegato al regolamento n. 1924/2006.

 

Firme


( * )   Lingua processuale: il francese.

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