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Document 62013CC0544

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 3 marzo 2015.
Abcur AB contro Apoteket Farmaci AB e Apoteket AB.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Stockholms tingsrätt.
Rinvio pregiudiziale – Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Ambito di applicazione – Articoli 2, paragrafo 1, e 3, punti 1 e 2 – Medicinali preparati industrialmente o fabbricati secondo un metodo in cui ha luogo un processo industriale – Deroghe – Medicinali preparati in farmacia in base a prescrizione medica destinata ad un determinato paziente – Medicinali preparati in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e destinati ad essere forniti direttamente ai pazienti che si servano in tale farmacia – Direttiva 2005/29/CE.
Cause riunite C-544/13 e C-545/13.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:136

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 3 marzo 2015 ( 1 )

Cause riunite C‑544/13 e C‑545/13

Abcur AB

contro

Apoteket Farmaci AB (C‑544/13)

Apoteket AB e Apoteket Farmaci AB (C‑545/13)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Stockholms tingsrätt (Svezia)]

«Direttiva 2001/83/CE — Articolo 3, punti 1 e 2 — Medicinali per uso umano — Nozioni di farmacia e pubblicità — Ambito di applicazione delle direttive 2005/29/CE e 2006/114/CE»

I – Introduzione

1.

L’Apoteket, una società di proprietà dello Stato che, sino al luglio 2009, deteneva in Svezia il diritto esclusivo di vendere medicinali al dettaglio, produce e commercializza due prodotti senza aver ottenuto un’autorizzazione ai sensi del regolamento (CE) n. 726/2004 ( 2 ). L’Abcur, una società che produce e commercializza due prodotti simili e che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi del suddetto regolamento, ha agito nei confronti dell’Apoteket ai fini del risarcimento del danno. L’Abcur contesta sia il fatto che l’Apoteket produce i prodotti senza un’autorizzazione, sia le azioni da questa poste in essere per presentare i prodotti. La fattispecie in esame verte sulla questione se i medicinali di cui trattasi ricadano nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83/CE ( 3 ), se le direttive 2005/29/CE ( 4 ) e 2006/114/CE ( 5 ) siano applicabili e, in tal caso, se taluni dei loro requisiti sostanziali siano soddisfatti.

II – Contesto normativo

A – La direttiva 2001/83

2.

L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 (come modificata) dispone quanto segue:

«La presente direttiva si applica ai medicinali per uso umano destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione interviene un processo industriale».

3.

Il successivo articolo 3 così recita:

«La presente direttiva non si applica a quanto segue:

1.

ai medicinali preparati in farmacia in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente (detti formula magistrale);

2.

ai medicinali preparati in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e destinat[i] ad essere fornit[i] direttamente ai pazienti che si servono in tale farmacia (detti formula officinale);

(…)».

4.

Ai sensi del successivo articolo 5, paragrafo 1, della direttiva medesima (come modificata):

«Uno Stato membro può, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un’ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità».

5.

A termini dell’articolo 87, paragrafo 1, della direttiva 2001/83:

«Gli Stati membri vietano qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non sia stata rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio, conforme al diritto comunitario».

B – La direttiva 2005/29

6.

L’articolo 2, lettera d), della direttiva 2005/29 definisce «pratiche commerciali tra imprese e consumatori»«qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».

7.

A norma del successivo articolo 3, paragrafo 4:

«In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici».

C – La direttiva 2006/114

8.

A norma dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2006/114, si intende per:

«“pubblicità”, qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, allo scopo di promuovere la fornitura di beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e gli obblighi».

III – Fatti e procedimento

9.

L’Abcur AB (in prosieguo: l’«Abcur») è una società farmaceutica che produce e commercializza i medicinali Metadon DnE e Noradrenalin Abcur.

10.

L’Apoteket AB è una società di proprietà dello Stato svedese, titolare, fino al 1o luglio 2009, del diritto esclusivo di vendita al dettaglio dei medicinali in Svezia. Anteriormente a tale data, essa commercializzava il Metadon APL e il Noradrenalin APL.

11.

L’Apoteket Farmaci è una società controllata dell’Apoteket AB che assicura l’approvvigionamento di medicinali a regioni, comuni e imprese private, oltre a prestatori pubblici e privati di servizi medici. L’Apoteket Farmaci gestisce parimenti circa settanta farmacie ospedaliere.

12.

Il Noradrenalin Abcur 1 mg/1 ml otteneva l’autorizzazione per l’immissione in commercio come medicinale a decorrere dal 3 luglio 2009. Il prodotto veniva commercializzato a partire dall’ottobre/novembre 2009. Il Noradrenalin Abcur è venduto solamente in confezioni da 10x4 ml. Il prodotto contiene noradrenalina soluzione per infusione, un preparato medicinale utilizzato principalmente nel trattamento terapeutico di stati acuti di bassa pressione sanguigna in medicina d’urgenza e terapia intensiva. Si tratta di un cosiddetto medicinale ad esclusivo uso ospedaliero. I medicinali ad esclusivo uso ospedaliero non sono disponibili dietro prescrizione medica per i singoli pazienti. Essi sono acquistati o ordinati da società e soggetti pubblici responsabili delle rispettive strutture sanitarie. La noradrenalina è fornita soltanto a fronte di prescrizione di un medico di una struttura sanitaria.

13.

Prima del 3 luglio 2009 non era disponibile alcun medicinale svedese a base di noradrenalina autorizzato all’immissione in commercio. Prima di tale data il fabbisogno in Svezia veniva soddisfatto tramite il Noradrenalin APL, fabbricato dall’Apotek Produktion och Laboratorier AB (in prosieguo: l’«APL»), società controllata dell’Apoteket AB. Il sistema sanitario richiedeva la preparazione all’Apoteket Farmaci in considerazione di un fabbisogno noto in anticipo e relativamente immediato.

14.

Il Metadon DnE è una preparato farmaceutico utilizzato per trattare la tossicodipendenza da oppiacei. Tale preparato è classificato come narcotico e può essere prescritto soltanto da un medico specificamente autorizzato a prescrivere medicinali quali i narcotici. Prima che venisse autorizzato il Metadon DnE, il 10 agosto 2007, non era disponibile in Svezia alcun prodotto a base di metadone e il relativo fabbisogno veniva ivi soddisfatto unicamente utilizzando il Metadon APL, commercializzato in Svezia dalle società del gruppo Apoteket tra il 2000 e 2011. Il Metadon DnE e il Metadon APL contengono la medesima sostanza attiva e hanno lo stesso dosaggio e la stessa forma farmaceutica; sono forniti entrambi in flaconi e impiegati nel medesimo modo. Il Metadon DnE e il Metadon APL differiscono in termini di contenuto di zucchero e di alcool, nonché in termini di sapore.

15.

L’Abcur agiva giudizialmente nei confronti dell’Apoteket Farmaci sostenendo che quest’ultima, pubblicizzando il Noradrenalin APL (causa C‑544/13), tra il 30 ottobre 2009 e il 30 giugno 2010 compresi, e il Metadon APL (causa C‑545/13), nel periodo compreso tra il 15 novembre 2006 e il 30 giugno 2010, ha violato la normativa svedese considerato che i suddetti prodotti erano medicinali soggetti all’applicazione della direttiva 2001/83 (e in particolare dell’articolo 87). L’Abcur chiede parimenti il risarcimento del danno.

16.

Con ordinanze dell’11 ottobre 2013, pervenute presso la cancelleria della Corte il 21 ottobre seguente, lo Stockholms tingsrätt ha deciso di sospendere il procedimento in entrambe le cause e di sottoporre alla Corte di giustizia in via pregiudiziale talune questioni pregiudiziali.

IV – Questioni pregiudiziali

A – Causa C‑544/13

17.

Nella causa C‑544/13, lo Stockholms tingsrätt sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, utilizzato esclusivamente per l’assistenza medica d’urgenza, sprovvisto di AIC rilasciata dall’autorità competente di uno Stato membro ovvero a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93 ( 6 ), fabbricato da un operatore quale quello di cui trattasi nel procedimento principale e richiesto dal sistema sanitario a condizioni come quelle di specie, rientri in una delle deroghe ammesse dall’articolo 3, punto 1 o 2, della direttiva 2001/83, in particolare qualora sia disponibile un altro medicinale autorizzato avente la stessa sostanza attiva, lo stesso dosaggio e la stessa forma.

2)

Nell’ipotesi in cui un medicinale per uso umano, soggetto a prescrizione del tipo descritto nella prima questione, rientri in una delle ipotesi di cui agli articoli 3, punto 1 o 2, o 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, se la normativa in materia di pratiche pubblicitarie del medicinale debba essere considerata non armonizzata ovvero se, nella specie, le pretese pratiche pubblicitarie siano disciplinate dalla direttiva 2006/114.

3)

Nell’ipotesi in cui, in risposta alla seconda questione, sia applicabile la direttiva 2006/114, a quali condizioni fondamentali le pratiche [utilizzo di denominazione, numero di catalogo e codice Anatomico Terapeutico Chimico (codice ATC) del medicinale, applicazione di un prezzo fisso del medicinale, fornitura di informazioni sul medicinale nel Registro Nazionale dei Medicinali (NPL), attribuzione di un’identità NPL al medicinale, divulgazione di un foglietto illustrativo relativo al medicinale, fornitura del medicinale tramite un servizio di ordinazione elettronico a uso del sistema sanitario nonché fornitura di informazioni sul medicinale tramite una pubblicazione a cura di un’organizzazione nazionale di categoria] sulle quali è chiamato a pronunciarsi lo Stockholms tingsrätt costituiscano pubblicità ai sensi della direttiva 2006/114».

B – Causa C‑545/13

18.

Nella causa C‑545/13, lo Stockholms tingsrätt sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, preparato e fornito a condizioni quali quelle del procedimento dinanzi allo Stockholms tingsrätt, sprovvisto di autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dall’autorità competente di uno Stato membro ovvero a norma del regolamento n. 2309/93, costituisca un medicinale ai sensi dell’articolo 3, punto 1 o 2, della direttiva 2001/83, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, in particolare qualora sia disponibile un altro medicinale autorizzato avente la stessa sostanza attiva, lo stesso dosaggio e la stessa forma.

2)

Qualora un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, preparato e fornito a condizioni come quelle del procedimento dinanzi allo Stockholms tingsrätt, rientri nella sfera di applicazione della direttiva 2001/83, se alle asserite pratiche pubblicitarie – parallelamente alla direttiva 2001/83 – possa essere applicata la direttiva 2005/29 relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori.

3)

Qualora un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, preparato e fornito a condizioni come quelle del procedimento innanzi allo Stockholms tingsrätt rientri in una delle ipotesi di cui agli articoli 3, punto 1 o 2, o 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, se la normativa in materia di pratiche pubblicitarie a favore del medicinale debba essere considerata non armonizzata ovvero se le pretese pratiche che, nella specie, costituirebbero pubblicità siano disciplinate (i) dalla direttiva 2006/114 concernente la pubblicità ingannevole e comparativa e/o (ii) dalla direttiva 2005/29 relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori.

4)

Qualora, in risposta alla terza questione, sia applicabile la direttiva 2006/114, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, a quali condizioni fondamentali le pratiche sulle quali è chiamato a pronunciarsi lo Stockholms tingsrätt [utilizzo o attribuzione di denominazione, numero di catalogo e codice ATC del medicinale, applicazione di un prezzo fisso del medicinale, fornitura di informazioni sul medicinale nel registro NPL, attribuzione di un’identità NPL al medicinale, divulgazione di un foglietto illustrativo relativo al medicinale, fornitura del medicinale e di informazioni sullo stesso tramite un servizio di ordinazione elettronico a uso del sistema sanitario e il proprio sito Internet, fornitura di informazioni sul medicinale tramite una pubblicazione a cura di un’organizzazione nazionale di categoria, fornitura di informazioni sul medicinale nella banca dati Apoteket Centrala Artikelregister (ACA) e in un registro a essa collegato (JACA), fornitura di informazioni sul medicinale in un’altra banca dati informativa nazionale sui medicinali (SIL), fornitura di informazioni sul medicinale tramite il sistema dei terminali di Apoteket (ATS) o un sistema di spedizione corrispondente, fornitura di dati sui medicinali propri e di un fornitore concorrente nella corrispondenza con ambulatori medici e associazioni dei pazienti, commercializzazione del medicinale, pratiche in materia di controllo farmaceutico del medicinale e di medicinali concorrenti, omessa indicazione delle differenze documentate e significative fra i prodotti, omessa indicazione della composizione del proprio medicinale e del giudizio sul medicinale formulato dal Läkemedelsverket (Agenzia svedese per i medicinali), omessa informativa al sistema sanitario in merito al giudizio sul prodotto concorrente formulato dalla commissione scientifica del Läkemedelsverket, mantenimento del prezzo del medicinale su un determinato livello, indicazione di una validità di tre mesi per le ricette, spedizione in farmacia del proprio medicinale al posto del medicinale concorrente nonostante al paziente sia stato prescritto quest’ultimo, ostacolo e impedimento della commercializzazione di preparati standard del medicinale concorrente, compreso il diniego da parte della locale farmacia di fornire il medicinale concorrente, nonché applicazione di un prezzo fisso nel quadro dei medicinali sovvenzionati senza previa decisione dell’autorità nazionale] costituiscano pubblicità ai sensi della direttiva 2006/114».

19.

Con ordinanza del 12 dicembre 2013 il presidente della Corte ha riunito le due cause.

20.

Hanno presentato osservazioni scritte le resistenti nel procedimento principale, i governi portoghese e del Regno Unito e la Commissione. All’udienza del 6 novembre 2014 hanno presentato osservazioni orali le parti nel procedimento principale, il governo del Regno Unito e la Commissione.

V – Analisi

A – Preparazione dei prodotti di cui trattasi

21.

La prima questione pregiudiziale nelle cause C‑544/13 e C‑545/13 verte sulla preparazione dei prodotti di cui trattasi. Essa riguarda principalmente l’ambito di applicazione della direttiva 2001/83. Il giudice del rinvio intende acclarare se un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, sprovvisto di autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dall’autorità competente di uno Stato membro ovvero a norma del regolamento n. 726/2004 ( 7 ), ricada in una delle eccezioni di cui all’articolo 3, punti 1 o 2, della direttiva 2001/83, in particolare nel caso in cui sia disponibile un altro medicinale autorizzato avente la stessa sostanza attiva, lo stesso dosaggio e la stessa forma farmaceutica.

22.

Esistono altri elementi specifici rispetto ai due casi: la mancanza di preventiva prescrizione medica nel caso del Noradrenalin APL e del Metadon APL e la preparazione del Metadon APL in una struttura diversa rispetto a quella in cui è distribuito.

1. Rapporto tra l’articolo 2 e l’articolo 3 della direttiva 2001/83

23.

Il giudice del rinvio, pur facendo riferimento esplicitamente all’articolo 3 della direttiva 2001/83, non sembra aver chiaramente inteso il rapporto intercorrente tra gli articoli 2 e 3 della direttiva medesima. Occorre quindi chiarire in primis se le condizioni poste dall’articolo 2 debbano essere soddisfatte al fine di riconoscere l’applicabilità dell’articolo 3.

24.

Il rapporto tra gli articoli 2 e 3 della direttiva 2001/83 non è infatti così chiaro come può sembrare prima facie. A norma del suo articolo 2, paragrafo 1, la direttiva si applica ai medicinali preparati industrialmente o nella cui fabbricazione interviene un processo industriale. L’articolo 3 stabilisce che la direttiva non si applica a una serie di casi. Ai fini della fattispecie in esame assumono rilievo le prime due ipotesi ovvero i medicinali preparati in farmacia in base alla formula magistrale o alla formula officinale.

25.

Ci si chiede se il fatto che il processo di preparazione di un medicinale non sia industriale escluda di per sé, in base all’articolo 2 della direttiva 2001/83, l’applicazione della direttiva de qua, come sostenuto dalle resistenti nel ricorso del procedimento principale.

26.

Non sono di questo avviso.

27.

Faccio presente alla Corte che dall’articolo 2 non si può desumere che tutti gli articoli non prodotti industrialmente non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83. Diversamente, talune parti dell’articolo 3 risulterebbero ridondanti, dal momento che la questione sarebbe già stata disciplinata dall’articolo 2. L’elenco delle fattispecie contemplate nell’articolo 3 è eterogenea. Così, solo a titolo di esempio, talune fattispecie riguardano tipicamente la produzione non industriale (ad esempio, i punti 1 e 2), mentre altre riguardano tipicamente quella industriale (punti 3, 4 e 5) ( 8 ). Per quanto attiene ai punti 1 e 2, l’articolo 3 si limita a dare concreta espressione all’articolo 2 indicando taluni casi specifici ( 9 ).

28.

Per quanto riguarda i punti 1 e 2 dell’articolo 3, concordo inoltre con l’avvocato generale Sharpston che, nella causa Novartis Pharma, afferma che l’articolo 3 della direttiva 2001/83 definisce quei medicinali che si possono qualificare come prodotti non preparati secondo le modalità di cui all’articolo 2 ( 10 ).

29.

Non vedo inoltre perché il legislatore dell’Unione avrebbe dovuto voler escludere dall’ambito di applicazione della direttiva tutti i medicinali non preparati industrialmente o nella cui fabbricazione non interviene un processo industriale. Dato che lo scopo principale della direttiva è la tutela della salute, la Corte, nel tracciarne la sfera di applicazione, non dovrebbe seguire un approccio troppo restrittivo. Ritengo, quindi, che i punti 1 e 2 dell’articolo 3 specifichino ulteriormente l’articolo 2. In altre parole, in base alla mia lettura della direttiva, quest’ultima non è applicabile nel caso di specie se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 3.

2. Interpretazione dell’articolo 3, punti 1 e 2, della direttiva 2001/83

30.

Esaminiamo quindi i punti 1 e 2 dell’articolo 3 e analizziamo le circostanze di fatto dedotte dal giudice del rinvio.

31.

Il punto 1 dell’articolo 3 contiene le tre seguenti condizioni: in primo luogo, si deve trattare di un medicinale, in secondo luogo, deve essere preparato in farmacia e, in terzo luogo, deve essere preparato in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente. Le condizioni suddette si evincono chiaramente dal testo del punto 1 dell’articolo 3. Anche il punto 2 dell’articolo 3 contiene tre condizioni desumibili dalla sua formulazione letterale: le prime due condizioni sono simili alle prime due del punto 1 dell’articolo 3. Il medicinale di cui trattasi deve inoltre essere un medicinale preparato in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e destinato ad essere fornito direttamente ai pazienti che si servono in tale farmacia. La differenza principale tra il punto 1 e il punto 2 dell’articolo 3 consiste, quindi, nel fatto che il punto 2 non richiede una prescrizione medica ( 11 ).

32.

Nell’articolo 1, punto 2, il medicinale è definito come a) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane, o b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica. Non vi è dubbio che i prodotti in esame siano medicinali ai sensi della definizione in parola.

33.

I criteri della preparazione in farmacia e della prescrizione medica destinata ad un determinato paziente o della fornitura dei medicinali preparati in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e direttamente ai pazienti che si servono in tale farmacia risultano più problematici. Procedo ad esaminarli uno alla volta.

a) Nozione di «farmacia» nell’articolo 3, punti 1 e 2

34.

La direttiva 2001/83 non definisce cosa sia una farmacia. Né, a quanto mi consta, una tale definizione è contenuta in una qualche altra disposizione del diritto derivato dell’Unione.

35.

All’udienza è sorta la questione se si possa ricorrere alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali ( 12 ). Ritengo che ciò non sia possibile. In primo luogo, la direttiva de qua, vertendo sulle qualifiche professionali e sulla formazione, riguarda i farmacisti piuttosto che le farmacie. In secondo luogo, essa non tenta neppure di definire cosa sia un farmacista ( 13 ). A tal riguardo, la Corte ha ritenuto che né la direttiva 2005/36, né alcun’altra misura che attua le libertà di circolazione garantite dal Trattato prevedono condizioni di accesso alle attività del settore farmaceutico che precisino l’ambito dei soggetti che hanno il diritto di gestire una farmacia ( 14 ).

36.

Ciò solleva la questione del valore normativo del termine «farmacia» nell’articolo 3 della direttiva 2001/83: ci si chiede se tale termine debba essere interpretato dalla Corte in modo autonomo e quindi, logicamente, uniforme in tutta l’Unione europea ovvero se si riferisca semplicemente alla nozione di «farmacia» in ciascuno degli Stati membri dell’Unione europea.

37.

Le resistenti nel procedimento principale sostengono che spetti al giudice del rinvio determinare, sulla base del diritto nazionale, cosa si debba intendere per farmacia.

38.

Non credo che la situazione sia così chiara come vorrebbero le resistenti nel procedimento principale.

39.

Secondo costante giurisprudenza della Corte, dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto del principio di uguaglianza discende che una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per la determinazione del suo senso e della sua portata deve di regola essere oggetto, nell’intera Unione europea ( 15 ), di un’interpretazione autonoma e uniforme che tenga conto non solo dei suoi termini, ma anche del suo contesto e della finalità perseguita dalla normativa di cui è parte ( 16 ). La situazione è però diversa se il legislatore ha espressamente limitato il suo potere di armonizzazione.

40.

Per quanto riguarda la nozione di «farmacia» ai sensi della direttiva 2001/83, il legislatore dell’Unione ha riconosciuto che le condizioni specifiche relative alla fornitura al dettaglio di medicinali al pubblico non sono state armonizzate a livello dell’Unione e che, pertanto, gli Stati membri possono imporre condizioni per la fornitura di medicinali al pubblico entro i limiti stabiliti dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ( 17 ). Nella causa Caronna la Corte ha fatto riferimento espressamente a tale conclusione in sede di interpretazione delle disposizioni del titolo VII ( 18 ) della direttiva 2001/83 ( 19 ). La Corte dichiarava quindi che il regime applicabile alle persone che si occupano della distribuzione dei medicinali al dettaglio varia da uno Stato membro all’altro ( 20 ). Inoltre, nell’ambito di un procedimento di inadempimento in cui uno Stato membro intendeva derogare alle disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali, la Corte ha stabilito che il diritto dell’Unione non restringe la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi di previdenza sociale e ad adottare, in particolare, norme miranti a organizzare servizi sanitari quali le farmacie ( 21 ).

41.

Deduco, dalle suesposte considerazioni, due cose: in primo luogo, la nozione di «farmacia» non è armonizzata a livello di Unione in modo astratto e globale e, in secondo luogo, la giurisprudenza richiamata supra non ci aiuta a interpretare il termine «farmacia» nell’articolo 3 della direttiva 2001/83.

42.

Anche se la direttiva 2001/83 non definisce in astratto cosa si intenda per farmacia, ritengo che nell’articolo 3, punti 1 e 2, tale termine mantenga un significato autonomo e uniforme ai fini di stabilire quale tipologia di soggetti può produrre medicinali in base alla formula magistrale o alla formula officinale. Se così non fosse, l’ambito di applicazione dell’intera direttiva sarebbe soggetto a differenti interpretazioni nelle varie zone dell’Unione europea e l’applicazione uniforme della direttiva sarebbe compromessa. Non può essere stata questa l’intenzione del legislatore dell’Unione.

43.

In tale contesto, ai fini dell’articolo 3, punti 1 e 2, vorrei richiamare l’attenzione della Corte sulla definizione di «farmacia», fornita dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, quale locale autorizzato alla vendita, alla fornitura, al controllo e alla preparazione (in piccole quantità) di medicinali. Il medicinale può essere fornito direttamente ai pazienti (farmacie al dettaglio) o alle «persone competenti nel settore medico» (farmacie al dettaglio o farmacie ospedaliere). Tale definizione mi sembra convincente, dal momento che si basa su disposizioni della direttiva 2001/83 che fanno riferimento alle diverse funzioni di una farmacia: fornitura al dettaglio ( 22 ), verifica dell’autenticità dei medicinali ( 23 ) e produzione degli stessi ( 24 ). La definizione individua, quindi, gli elementi caratterizzanti nella direttiva stessa.

44.

Benché spetti al giudice nazionale stabilire se l’APL costituisca una farmacia, esprimo comunque i miei dubbi che sia così. Mi sembra piuttosto che l’APL sia una semplice unità produttiva ( 25 ).

b) Nozione di «prescrizione destinata ad un determinato paziente» di cui all’articolo 3, punto 1

45.

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83 con riferimento al prodotto Noradrenalin APL, il giudice del rinvio chiede lumi in merito a come valutare il fatto che le richieste sono inoltrate dagli ospedali prima dell’identificazione del paziente. Analogamente, rispetto al Metadon APL, il giudice del rinvio si chiede se, a norma dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83, il prodotto in parola possa essere fornito su abbonamento, ossia senza una prescrizione individuale in tutti i casi.

46.

Chiaramente, nei casi appena menzionati, una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83 è rilasciata dopo la fornitura dei prodotti in esame. Per quanto riguarda il prodotto Noradrenalin APL, si potrebbe sostenere che, dato che il ricorso ai medicinali continenti noradrenalina avviene di norma in situazioni di emergenza e, di conseguenza, per tale tipologia di prodotto una prescrizione medica è di solito rilasciata dopo la consegna del prodotto in ospedale, l’articolo 3, punto 1, dovrebbe essere interpretato in senso ampio così da ricomprendere anche una tale situazione.

47.

Sarei, tuttavia, piuttosto cauto in questo caso. Il tenore letterale dell’articolo 3, punto 1, implica, a mio avviso, che il paziente debba essere identificato prima della produzione del prodotto. L’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83 non dovrebbe essere interpretato in modo più ampio, neppure se la conseguenza di una tale interpretazione fosse di escludere tendenzialmente determinati prodotti, come il Noradrenalin APL, da detta disposizione della menzionata direttiva.

48.

Desidero infine sottolineare che ravviso il reale obiettivo dell’articolo 3, punto 1, nella diversità delle varie situazioni. L’obiettivo di tale disposizione consiste nel permettere alle farmacie di realizzare piccoli quantitativi di prodotti su misura per singoli pazienti ( 26 ). Di conseguenza, mi sembra necessario dare un’interpretazione restrittiva del tenore letterale dell’articolo 3, punto 1, e non ravviso nessuna possibilità di interpretare in senso estensivo la disposizione in parola.

c) Nozione di fornitura diretta di cui all’articolo 3, punto 2

49.

Come occorre valutare in questo contesto il fatto che il Metadon APL è preparato in un luogo diverso da quello in cui è fornito? Il giudice del rinvio sottolinea tale aspetto soltanto riguardo all’interpretazione dell’articolo 3, punto 2, della direttiva 2001/83. Esso si chiede se tale circostanza escluda un’applicazione della suddetta disposizione.

50.

La Commissione ritiene che le fasi principali di preparazione di un prodotto farmaceutico debbano aver luogo in farmacia. Un laboratorio non potrebbe essere di per sé considerato una farmacia, benché possa costituire parte di essa.

51.

Il Regno Unito afferma che il punto 1 o il punto 2 dell’articolo 3 richiedono soltanto che i prodotti di cui trattasi siano preparati da o sotto la supervisione di un farmacista, mentre non sarebbero previsti requisiti quanto al fatto che la preparazione debba avvenire nel medesimo luogo in cui il prodotto è fornito al paziente. Esso ritiene che non ci sia, inoltre, ragione di prevedere una condizione di tal genere, posto che sarebbe spesso opportuno, e potrebbe essere più tutelante e sicuro, preparare i medicinali in un luogo separato da quello di consegna ai pazienti.

52.

A mio avviso, la formulazione dell’articolo 3, punto 2, della direttiva 2001/83 è molto chiara: il medicinale deve intendersi come fornito direttamente ai pazienti che si servono in tale farmacia. Se non è possibile stabilire che sia il luogo di produzione che il luogo di fornitura sono situati all’interno della medesima farmacia, tale criterio non può dirsi soddisfatto. A mio avviso, non è sufficiente la mera presenza di un farmacista ( 27 ). Una lettura più flessibile, anche se motivata da ragioni di convenienza pratica, come sembra proporre il Regno Unito nelle sue osservazioni scritte, non dovrebbe quindi essere presa in considerazione.

d) Esistenza di un altro prodotto autorizzato avente la stessa sostanza attiva, lo stesso dosaggio e la stessa forma

53.

Il giudice del rinvio richiama l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83. Esso ricorda che è possibile ricorrere al suddetto articolo per escludere un medicinale dall’ambito di applicazione delle disposizioni della direttiva 2001/83 quando non esiste o non è disponibile un equivalente autorizzato sul mercato nazionale. Esso ipotizza che una simile restrizione possa trovare applicazione alle eccezioni di cui ai punti 1 e 2 dell’articolo 3.

54.

Non sono di questo avviso.

55.

Tale premessa non può essere desunta dal tenore letterale dell’articolo 3, punti 1 e 2. Inoltre, come osserva correttamente il Regno Unito, l’esclusione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 permette agli Stati membri di escludere i medicinali dalle disposizioni della direttiva in parola al fine di soddisfare esigenze particolari. Tale situazione non ricorre nei casi di cui all’articolo 3, punti 1 e 2, della direttiva 2001/83. Queste ultime disposizioni ammettono la preparazione di medicinali a prescindere dal fatto che altri prodotti equivalenti siano autorizzati ad essere prodotti in luoghi diversi dalla farmacia. La Corte ha inoltre ritenuto in precedenza che quando taluni medicinali, aventi le stesse sostanze attive, lo stesso dosaggio e la stessa forma di quelli che il medico curante ritiene di dover prescrivere per il trattamento dei suoi pazienti, siano già autorizzati e disponibili sul mercato nazionale, non si può parlare di «esigenze speciali», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, il quale necessita che si deroghi all’esigenza di un’AIC prevista all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva ( 28 ).

56.

Suggerisco, quindi, alla Corte di rispondere alla prima questione nel senso che, ai fini dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83, il rilascio di una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente deve, in ogni caso, precedere la preparazione del medicinale in una farmacia. Ai fini dell’articolo 3, punto 2, della direttiva 2001/83 un medicinale non si intende come fornito direttamente al paziente se il luogo di produzione e quello di fornitura non sono entrambi parte di una medesima farmacia. Ai fini dell’applicazione dei punti 1 o 2 dell’articolo 3, è irrilevante se esista sul mercato un altro prodotto autorizzato avente la stessa sostanza attiva, lo stesso dosaggio e la stessa forma.

B – Presentazione dei prodotti di cui trattasi

57.

Con la seconda questione pregiudiziale nella causa C‑545/13, il giudice del rinvio desidera sapere se la direttiva 2005/29 sia applicabile anche a un medicinale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, con riferimento alle pratiche di pubblicità coinvolte. Si pone pertanto la questione se le direttive 2001/83 e 2005/29 possano trovare applicazione in modo parallelo.

58.

Ritengo che le due direttive possano trovare applicazione, in linea di principio, in parallelo.

59.

La direttiva 2005/29 costituisce una direttiva di carattere orizzontale che armonizza pienamente ( 29 ) i potenziali conflitti di interessi tra le disposizioni in materia di mercato interno di beni e servizi e di tutela del consumatore ( 30 ). Ciò significa che gli Stati membri non possono adottare alcuna disposizione nazionale derogatoria nell’ambito di applicazione della direttiva ( 31 ).

60.

Per quanto attiene al suo rapporto con altre disposizioni di diritto derivato dell’Unione, la direttiva precisa, all’articolo 3, paragrafo 3, che essa non pregiudica l’applicazione delle disposizioni comunitarie ( 32 ) o nazionali relative agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti ( 33 ). L’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva stabilisce parimenti che, in caso di contrasto tra le disposizioni della stessa e altre norme comunitarie che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, queste ultime prevalgono e si applicano a tali aspetti specifici. Come osserva correttamente la Commissione nelle proprie osservazioni scritte, la disposizione de qua stabilisce un rapporto gerarchico tra la direttiva e le disposizioni specifiche dell’Unione in materia di pratiche commerciali sleali ( 34 ).

61.

Inoltre, il combinato disposto dell’articolo 7, paragrafo 5, e dell’allegato II della direttiva 2005/29 conferma il carattere complementare delle due direttive: in forza di tali disposizioni gli obblighi di informazione, previsti dal diritto dell’Unione, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing, sono rilevanti ai fini della definizione di una omissione ingannevole.

62.

Occorre inoltre osservare che la domanda del giudice del rinvio si riferisce soltanto all’applicabilità della direttiva 2005/29 e non riguarda i requisiti sostanziali della direttiva.

63.

A mio avviso, il giudice del rinvio dovrebbe tuttavia tener conto delle seguenti considerazioni ( 35 ).

64.

Il fondamento logico della direttiva 2005/29 consiste nel fatto che le pratiche di un professionista sono legittime fintantoché non sono proibite dalla direttiva ( 36 ).

65.

L’ambito di applicazione della direttiva è limitato alle pratiche commerciali tra imprese e consumatori ( 37 ). Ai fini del caso di specie ne deriva che solo le informazioni accessibili ai consumatori possono essere considerate come ricadenti nell’ambito di applicazione della direttiva. In questo contesto, tutti gli elementi citati dal giudice del rinvio non accessibili a un consumatore non rientrano nella direttiva.

66.

Vorrei inoltre ricordare che la direttiva, come indicato nel suo considerando 7, «riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti».

67.

Per quanto attiene a questi ultimi due aspetti, che si riferiscono a questioni di fatto rientranti nell’ambito di competenza del giudice nazionale, posto che il prodotto in questione, il Metadon APL, può essere «acquistato» soltanto da una persona mediante prescrizione di un medico, ho difficoltà a ravvisare un qualche spazio di applicazione della direttiva. La direttiva de qua si occupa di tutela dei consumatori. Vorrei sottolineare che il consumatore, nel caso di specie il paziente, è adeguatamente protetto dal medico che prescrive il prodotto.

68.

Ciò detto, può essere che il giudice del rinvio ritenga, ad esempio, che esista un collegamento tra le informazioni fornite e l’influenza esercitata sul medico che prescrive il prodotto su sollecitazione del consumatore/paziente. È altrettanto possibile che, in base alla normativa nazionale, un farmacista goda di un certo potere discrezionale rispetto alla prescrizione, nel senso di poter fornire al consumatore/paziente un prodotto con la medesima sostanza attiva. In tali casi l’applicabilità della direttiva 2005/29 può essere affermata.

69.

Suggerirei quindi alla Corte di rispondere alla seconda questione nella causa C‑545/13 nel senso che, nell’accertamento se le pratiche pubblicitarie di un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, preparato e fornito a condizioni come quelle oggetto del procedimento in esame, ricadano nella sfera di applicazione della direttiva 2005/29, occorre tener presente che l’ambito di applicazione della direttiva è limitato alle pratiche commerciali tra imprese e consumatori e che la direttiva riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto sia quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti.

C – In via ipotetica: ulteriori questioni sulla presentazione dei prodotti di cui trattasi

70.

Alla luce della mia risposta alla prima questione, le altre questioni assumono carattere ipotetico. L’analisi che segue è quindi compiuta soltanto nell’eventualità che la Corte non dovesse condividere il mio ragionamento sin qui svolto e dovesse escludere l’applicabilità della direttiva 2001/83 essendo soddisfatti i criteri di cui ai punti 1 o 2 dell’articolo 3.

1. Terza questione, punto ii), nella causa C‑545/13

71.

Con tale questione il giudice del rinvio chiede se, in caso di non applicabilità della direttiva 2001/83, trovi applicazione nel caso di specie la direttiva 2005/29 e se le pratiche qui considerate ricadano nell’ambito di quest’ultima direttiva. Il giudice del rinvio desidera quindi sapere se le regole applicabili alle pratiche pubblicitarie per il Metadon APL possano essere considerate come non armonizzate o se sia applicabile la direttiva 2005/29.

72.

Non ravviso alcun motivo per negare l’applicazione della direttiva 2005/29: se tale direttiva, come osservato supra, è in linea di principio applicabile in parallelo con la direttiva 2001/83, allora essa è applicabile a fortiori a situazioni esterne all’ambito di applicazione della direttiva 2001/83.

73.

Riguardo ai requisiti sostanziali della direttiva 2005/29, rimando alle considerazioni svolte supra ai paragrafi da 63 a 69.

2. Seconda questione nella causa C‑544/13 e terza questione nella causa C‑545/13

74.

Mentre il giudice del rinvio è consapevole del fatto che i titoli VIII e VIII bis della direttiva 2001/83 si applicano soltanto alle situazioni rientranti nella direttiva 2001/83 e costituiscono una piena armonizzazione delle pratiche di pubblicità ( 38 ), esso si chiede quali regole vengano in considerazione quando la direttiva 2001/83 non è applicabile in ragione dell’articolo 3, punti 1 o 2, o dell’articolo 5, paragrafo 1, della suddetta direttiva.

75.

La Corte non è stata ad oggi chiamata a pronunciarsi sul rapporto tra la direttiva 2001/83 e la direttiva 2006/114 nei casi in cui la prima non è applicabile.

76.

Il giudice del rinvio sembra propendere per l’idea che l’armonizzazione totale della pubblicità dei medicinali realizzata con la direttiva 2001/83 implichi l’inapplicabilità della direttiva 2006/114 anche alla pubblicità dei medicinali che, a norma dell’articolo 3 della direttiva 2001/83, non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva di cui trattasi. In altre parole, la normativa nazionale in materia di pubblicità di medicinali che ricadono nell’articolo 3 della direttiva 2001/83 non sarebbe stata armonizzata. A questo proposito, il giudice del rinvio richiama una serie di cause sottoposte all’esame della Corte, prima fra tutte la causa Ludwigs‑Apotheke ( 39 ).

77.

Non posso condividere tale approccio.

78.

Nella sentenza Ludwigs‑Apotheke, la Corte ha ritenuto che i medicinali oggetto di una disposizione del diritto tedesco dei medicinali fossero esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 e che, di conseguenza, le disposizioni del titolo VIII della medesima direttiva, relativo alla pubblicità, non fossero loro applicabili ( 40 ). La Corte ha poi esaminato se un divieto di pubblicità del genere di quello sancito dal diritto tedesco sulla pubblicità dei medicinali fosse compatibile con le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci ( 41 ).

79.

A mio modo di vedere, il fatto che la Corte non abbia esaminato la legge tedesca alla luce della direttiva all’epoca applicabile alla pubblicità ingannevole ( 42 ) non implica che la normativa dell’Unione europea in materia di pubblicità ingannevole non sia applicabile ai medicinali che non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 ( 43 ).

80.

La direttiva 2006/114 è stata oggetto di interpretazione da parte della Corte solo in poche occasioni ( 44 ). Desidero quindi richiamare taluni principi rispetto alla direttiva de qua. In primo luogo, la direttiva 2006/114 si applica a due distinte tipologie di situazioni: la pubblicità ingannevole, come definita nell’articolo 2, lettera b), e la pubblicità comparativa, come definita nell’articolo 2, lettera c). In secondo luogo, come può essere dedotto dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2006/114 con riferimento alla pubblicità ingannevole, la direttiva fissa regole minime, consentendo agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni volte a garantire una più ampia tutela dei professionisti o dei concorrenti, mentre armonizza completamente le regole degli Stati membri per quanto attiene alla pubblicità comparativa. In terzo luogo, dall’articolo 1 della direttiva risulta che il suo ambito di applicazione è limitato alla pubblicità ingannevole nei rapporti tra professionisti mentre ciò non vale per le disposizioni in materia di pubblicità comparativa che si applicano anche in relazione alla pubblicità diretta ai consumatori ( 45 ). Riguardo alla pubblicità ingannevole, i rapporti tra professioni e consumatori ricadono nella direttiva 2005/29.

81.

Dal mio punto di vista, la direttiva 2006/14 ha carattere orizzontale nel senso che si applica ad ogni settore particolare di attività economica salvo esistano regole specifiche che disciplinano tale settore. In mancanza di un’espressa esclusione della direttiva 2006/114, essa dovrebbe quindi essere considerata applicabile.

82.

Questa constatazione non comporta tuttavia che non ci siano collegamenti tra i capi disciplinanti la pubblicità nella direttiva 2001/83 e la direttiva 2006/114 nei casi in cui la prima direttiva citata non è applicabile. In particolare, come vedremo nel prosieguo, credo vi siano valide ragioni per escludere dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/114 la tipologia di pratiche cui fa riferimento l’articolo 86, paragrafo 2, della direttiva 2001/83.

83.

La risposta alla questione in esame dovrebbe quindi essere che la direttiva 2006/114 è, in linea di principio, applicabile alla pubblicità dei medicinali nei casi in cui non trova applicazione la direttiva 2001/83.

3. Terza questione nella causa C‑544/13 e quarta questione nella causa C‑545/13

84.

Il giudice del rinvio intende infine sapere se le pratiche adottate dalle resistenti nel procedimento principale costituiscano pubblicità ai sensi della direttiva 2006/114. In sostanza, il giudice del rinvio chiede se l’etichettatura, l’applicazione del prezzo e la messa a disposizione di informazioni puramente descrittive sui prodotti in esame integri pubblicità ai sensi della direttiva 2006/114. Il giudice del rinvio, che sembra conoscere bene la giurisprudenza della Corte sull’interpretazione della direttiva 2006/114, sottolinea che la nozione di pubblicità non è stata oggetto di interpretazione con riferimento alle tipologie di pratiche oggetto del procedimento dinanzi ad esso pendente.

85.

Sembra che il giudice del rinvio necessiti dell’interpretazione del termine «pubblicità» al fine di stabilire se le misure adottate dall’Apoteket possano essere definite come pubblicità ingannevole.

86.

A norma dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2006/114, per «pubblicità» si intende qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, allo scopo di promuovere la fornitura di beni o servizi. Come confermato dalla Corte, si tratta di una «definizione particolarmente ampia» ( 46 ) il che significa che «la pubblicità può assumere le forme più svariate» ( 47 ).

87.

L’articolo 86, paragrafo 2, esclude dall’applicazione del titolo VIII della direttiva 2001/83 una serie di misure quali l’etichettatura e il foglietto illustrativo e le informazioni concrete nonché i documenti di riferimento riguardanti, ad esempio, i cambiamenti degli imballaggi, le avvertenze sugli effetti collaterali negativi, nell’ambito della farmacovigilanza, i cataloghi di vendita e gli elenchi dei prezzi, purché non vi figurino informazioni sul medicinale.

88.

Proporrei alla Corte di dichiarare che le pratiche di cui trattasi non costituiscono «pubblicità» ai fini dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2006/114, posto che la regola generale in materia di pubblicità applicabile agli operatori economici non dovrebbe essere più restrittiva di una regola speciale. Sostenere il contrario porterebbe all’insolita situazione per cui le regole in materia di pubblicità di un medicinale che ricade nella direttiva 2001/83 sono meno rigorose di quelle previste per un medicinale che non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva de qua.

89.

Come osserva correttamente la Commissione nelle proprie osservazioni scritte, l’elemento cruciale è se sia possibile determinare in modo oggettivo che la presentazione sia stata compiuta per promuovere la fornitura di un bene o di un servizio.

90.

Nella sentenza MSD Sharp & Dohme la Corte ha inoltre dichiarato che l’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 non esclude, in linea di principio, che pubblicazioni o trasmissioni che contengono solo informazioni obiettive possano essere considerate pubblicità ( 48 ). La Corte ha ritenuto che «[d]al momento che il messaggio è diretto a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali, si tratta di pubblicità nel senso di tale direttiva. Al contrario, un’informazione meramente informativa senza intento [ ( 49 ) ] promozionale non rientra nelle disposizioni di detta direttiva relative alla pubblicità per i medicinali» ( 50 ).

91.

A mio avviso, tale ragionamento dovrebbe essere parimenti trasposto alla direttiva 2006/114.

92.

Spetta al giudice del rinvio acclarare tali aspetti di fatto in modo da determinare se e in qual misura le attività in esame nel procedimento principale costituiscano una pubblicità ai sensi della direttiva 2006/114.

93.

Suggerisco quindi alla Corte di rispondere alla questione in esame nel senso che, nell’accertare se le pratiche di marketing relative a un medicinale soggetto a prescrizione, preparato in un contesto come quelle del procedimento in esame, ricadano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/114, occorre tener presente che tale ambito è limitato, per quanto riguarda la pubblicità ingannevole, ai rapporti tra professionisti e che il criterio determinante è se la presentazione sia stata compiuta con l’intento di promuovere la fornitura dei beni di cui trattasi.

VI – Conclusione

94.

Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dallo Stockholms tingsrätt (Svezia) nei termini seguenti:

1)

Ai fini dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, il rilascio di una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente deve, in ogni caso, precedere la preparazione del medicinale in farmacia.

2)

Ai fini dell’articolo 3, punto 2, della direttiva 2001/83, un medicinale non si considera fornito direttamente al paziente se il luogo di produzione e quello di fornitura non sono entrambi parte di una medesima farmacia.

3)

Ai fini dell’applicazione dei punti 1 o 2 dell’articolo 3 è irrilevante se esista sul mercato un altro prodotto autorizzato avente la stessa sostanza attiva, lo stesso dosaggio e la stessa forma.

4)

Nell’accertare se le pratiche pubblicitarie di un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, preparato e fornito in un contesto come quello del procedimento in esame, rientrino nella sfera di applicazione della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), si deve tener presente che l’ambito di applicazione della direttiva è limitato alle pratiche commerciali tra imprese e consumatori e che la direttiva riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto sia quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti.

95.

Nell’ipotesi in cui la Corte non dovesse condividere l’interpretazione esposta ai punti da 1 a 3 supra, propongo di rispondere alle rimanenti questioni nei termini seguenti:

5)

La direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (versione codificata) si applica, in linea di principio, alla pubblicità di medicinali nei casi in cui la direttiva 2001/83 non è applicabile.

6)

Nell’accertare se le pratiche di marketing relative a un medicinale soggetto a prescrizione, preparato in un contesto come quello del procedimento in esame, ricadano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/114, si deve tener presente che tale ambito è limitato, per quanto riguarda la pubblicità ingannevole, ai rapporti tra professionisti e che il criterio determinante è se la presentazione sia stata compiuta con l’intento di promuovere la fornitura dei beni di cui trattasi.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU L 136, pag. 1).

( 3 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata (GU L 311, pag. 67).

( 4 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149, pag. 22).

( 5 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (versione codificata) (GU L 376, pag. 21).

( 6 ) Regolamento del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un'Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1)

( 7 ) Occorre chiarire che il regolamento n. 2309/93, citato dallo Stockholms tingsrätt, non rileva ai fini della causa in esame, dal momento che non era più in vigore all’epoca dei fatti essendo stato abrogato dal regolamento n. 726/2004, entrato in vigore il 30 aprile 2004; v. articoli 88 e 90 del regolamento n. 726/2004.

( 8 ) Punto 3: medicinali destinati agli esperimenti di ricerca e di sviluppo; punto 4: prodotti intermedi destinati ad ulteriore trasformazione da parte di un fabbricante autorizzato; punto 5: radionuclidi utilizzati in forma preconfezionata.

( 9 ) Mi sembra che, rispetto agli altri punti, l’articolo 3 rappresenti una classica eccezione all’articolo 2. Non si tratta, tuttavia, di una questione oggetto della presente controversia.

( 10 ) Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Novartis Pharma (C‑535/11, EU:C:2013:53, paragrafo 68).

( 11 ) Va osservato che, a norma dell’articolo 1, punto 19, della direttiva 2001/83, una prescrizione medica è rilasciata da un professionista autorizzato a prescrivere medicinali.

( 12 ) Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005 (GU L 255, pag. 22).

( 13 ) L’articolo 44 della direttiva 2005/36, rubricato «Formazione di farmacista», indica nel dettaglio quali conoscenze e competenze debbano essere acquisite nel corso degli studi che danno accesso al riconoscimento automatico in base alla direttiva. Ciò non significa, tuttavia, che la professione di farmacista sia definita. V., a tal riguardo, per la situazione equiparabile degli architetti, le mie conclusioni nella causa Angerer (C‑477/13, EU:C:2014:2338, paragrafi 54 e 55).

( 14 ) V. sentenza Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 37).

( 15 ) V. sentenza Ekro (327/82, EU:C:1984:11, punto 11). V. anche sentenze Linster (C‑287/98, EU:C:2000:468, punto 43), e Germanwings (C‑452/13, EU:C:2014:2141, punto 16).

( 16 ) V. sentenza Ekro (EU:C:1984:11, punto 11).

( 17 ) V. considerando 21 della direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l’ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale (GU L 174, pag. 74).

( 18 ) Il titolo VII della direttiva 2001/83 (come modificata) (articoli da 76 a 85 ter) è intitolato «Distribuzione all’ingrosso e brokeraggio di medicinali».

( 19 ) V. sentenza Caronna (C‑7/11, EU:C:2012:396, punto 43).

( 20 ) Ibidem. V. anche sentenza Commissione/Italia (EU:C:2009:315, punto 38).

( 21 ) V. sentenza Commissione/Italia (EU:C:2009:315, punto 35).

( 22 ) Articoli 81, secondo comma, e 40, paragrafo 2, della direttiva 2001/83.

( 23 ) Articolo 54 bis, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2001/83.

( 24 ) Articolo 3, punti 1 e 2, della direttiva 2001/83.

( 25 ) A mio parere, ciò risulta anche dalla sua denominazione.

( 26 ) E quindi di «sottra[rre] al complicato, per non dire costoso, sistema di autorizzazione all’immissione in commercio, la fornitura al pubblico di medicinali in circostanze che si verificano regolarmente, se non addirittura quotidianamente, all’interno degli Stati membri», v. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Novartis Pharma (EU:C:2013:53, paragrafo 64).

( 27 ) Un farmacista sarà di norma presente nel luogo di produzione o in un laboratorio.

( 28 ) V. sentenza Commissione/Polonia (C‑185/10, EU:C:2012:181, punto 37).

( 29 ) V. sentenza VTB‑VAB e Galatea (C‑261/07 e C‑299/07, EU:C:2009:244, punto 52).

( 30 ) V. considerando 5 («norme uniformi a livello comunitario»), 14 [«direttiva (…) impostata sull’armonizzazione completa»] e 15 («piena armonizzazione introdotta dalla presente direttiva») nel preambolo della direttiva 2005/29 e l’articolo 4 di quest’ultima. V. anche Keisbilck, B., The New European Law of Unfair Commercial Practices and Competition Law, Oxford, 2001, pag. 182.

( 31 ) V. Stuyck, J., Terryn, E., Van Dyck, T., «Confidence through fairness? The new Directive on unfair business-to-consumer commercial practices in the internal market», 43 Common Market Law Review, 2006, pagg. Da 107 a 152, in particolare pag. 115.

( 32 ) Ora: dell’Unione.

( 33 ) Alcuni autori interpretano la direttiva 2001/83 come costitutiva di tali regole in materia di aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti. V., ad esempio, Stefanicki, R., Ustawa o przeciwdziałaniu nieuczciwym praktykom rynkowym, Varsavia 2009, pag. 38.

( 34 ) V. anche Keisbilck, B., op. cit., pag. 174.

( 35 ) Come sottolinea correttamente il Regno Unito nelle proprie osservazioni scritte, la domanda di pronuncia pregiudiziale non illustra la potenziale rilevanza della direttiva 2005/29 ai fini del procedimento nazionale. Cercherò, comunque, di fornire al giudice del rinvio un qualche orientamento.

( 36 ) V. parimenti le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nelle cause riunite VTB‑VAB e Galatea (C‑261/07 e C‑299/07, EU:C:2008:581, paragrafo 81), la quale afferma che la direttiva si ispira al principio del «in dubio pro libertate».

( 37 ) V. articolo 3 della direttiva 2005/29.

( 38 ) V. sentenza Gintec (C‑374/05, EU:C:2007:654, punto 20), in cui la Corte ha sostenuto che «[o]rbene, l’esame dei titoli VIII e VIII bis della direttiva 2001/83, che raggruppano le norme comuni in materia di pubblicità per i medicinali, consente di ritenere che la direttiva medesima [abbia] proceduto ad un’armonizzazione completa nel settore, restando espressamente indicate le ipotesi in cui gli Stati membri sono autorizzati ad adottare disposizioni che si discostino dalle norme fissate dalla direttiva stessa».

( 39 ) Sentenza Ludwigs‑Apotheke (C‑143/06, EU:C:2007:656).

( 40 ) Ibidem, punto 23.

( 41 ) Ibidem, punto 24.

( 42 ) Direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (GU L 250, pag. 17). La direttiva 2006/114, che ha abrogato la suddetta direttiva, è entrata in vigore il 12 dicembre 2007 (v. articolo 11 della direttiva 2006/114).

( 43 ) Si consideri che le questioni sottoposte dal giudice del rinvio nella causa Ludwigs‑Apotheke non si riferivano in nessun modo alla normativa dell’Unione in materia di pubblicità ingannevole applicabile.

( 44 ) V. sentenze Posteshop (C‑52/13, EU:C:2014:150), e Belgian Electronic Sorting Technology (C‑657/11, EU:C:2013:516). Le menzionate sentenze si riferiscono al contenuto sostanziale della direttiva 2006/114 e non alla sua applicabilità in un determinato caso.

( 45 ) V. anche Henning‑Bodewig, F., «Comments on the Misleading and Comparative Advertising Directive and the Unfair Commercial Practices Directive», in: Castendyk, O., Dommering, E., Scheuer, A., European Media Law, Alphe a/d Rijn: Kluwer Law International, 2008, punto 13.

( 46 ) V. sentenza Belgian Electronic Sorting Technology (EU:C:2013:516, punto 35). Si tratta di una giurisprudenza consolidata a partire – per quanto riguarda la direttiva 84/450 – dalla sentenza Toshiba Europe (C‑112/99, EU:C:2001:566, punto 28).

( 47 ) V. sentenza Belgian Electronic Sorting Technology (EU:C:2013:516, punto 35).

( 48 ) V. sentenza MSD Sharp & Dohme (C‑316/09, EU:C:2011:275, punto 32).

( 49 ) Il corsivo è mio.

( 50 ) Sentenza MSD Sharp & Dohme (EU:C:2011:275, punto 32).

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