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Document 62013CC0166

Conclusioni dell'avvocato generale Wathelet del 25 giugno 2014.
Sophie Mukarubega contro Préfet de police e Préfet de la Seine-Saint-Denis.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal administratif de Melun - Francia.
Rinvio pregiudiziale - Visti, asilo, immigrazione e altre politiche legate alla libera circolazione delle persone - Direttiva 2008/115/CE - Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare - Procedimento di adozione di una decisione di rimpatrio - Principio del rispetto dei diritti della difesa - Diritto di un cittadino di un paese terzo in condizione di irregolarità di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione che può ledere i suoi interessi - Diniego dell’amministrazione, accompagnato dall’obbligo di lasciare il territorio, di rilasciare a un tale cittadino un permesso di soggiorno per motivi di asilo - Diritto di essere ascoltati prima che sia emessa la decisione di rimpatrio.
Causa C-166/13.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:2031

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 25 giugno 2014 ( 1 )

Causa C‑166/13

Sophie Mukarubega

contro

Préfet de police,

Préfet de la Seine-Saint-Denis

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunal administratif de Melun (Francia)]

«Spazio di libertà, sicurezza e giustizia — Direttiva 2008/115/CE — Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare — Procedura di adozione di una decisione di rimpatrio — Principio del rispetto dei diritti della difesa — Diniego dell’amministrazione di concedere a un cittadino di un paese terzo in condizione di irregolarità un permesso di soggiorno per motivi di asilo, accompagnato dall’ingiunzione di lasciare il territorio — Diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio — Rischio di fuga — Incidenza dell’esistenza di un ricorso con effetto sospensivo nel diritto interno che consenta allo straniero di essere ascoltato a posteriori»

I – Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, depositata presso la cancelleria della Corte il 3 aprile 2013 dal Tribunal administratif de Melun (Francia), riguarda la natura e la portata del diritto di essere ascoltato, previsto dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio in applicazione della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ( 2 ).

2.

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la sig.ra Mukarubega e, dall’altro, il Préfet de police (questore) e il Préfet de la Seine‑Saint‑Denis (prefetto del dipartimento di Seine‑Saint‑Denis). La sig.ra Mukarubega chiede l’annullamento delle decisioni del 26 ottobre 2012, con le quali il Préfet de police ha respinto la sua domanda di permesso di soggiorno integrando il diniego con l’obbligo di lasciare il territorio, nonché l’annullamento delle decisioni del 5 marzo 2013, con le quali il Préfet de la Seine‑Saint‑Denis le ha ingiunto di lasciare il territorio francese, le ha negato la concessione di un periodo per la partenza volontaria, ha stabilito il paese verso il quale ella può essere allontanata e l’ha posta in stato di trattenimento amministrativo.

3.

Nelle presenti conclusioni occorrerà trovare il giusto equilibrio tra il diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio e la necessità di non prolungare inutilmente, se non addirittura abusivamente, la procedura di rimpatrio a rischio di pregiudicare la lotta contro l’immigrazione clandestina.

II – Il contesto normativo

A – La direttiva 2008/115

4.

L’articolo 3 della direttiva 2008/115, rubricato «Definizioni», così recita:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

4)

“decisione di rimpatrio” decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;

(…)».

5.

L’articolo 5 della direttiva 2008/115, rubricato «Non‑refoulement, interesse superiore del bambino, vita familiare e condizioni di salute», dispone quanto segue:

«Nell’applicazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione:

a)

l’interesse superiore del bambino;

b)

la vita familiare;

c)

le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato;

e rispettano il principio di non‑refoulement».

6.

L’articolo 6 di tale direttiva, rubricato «Decisione di rimpatrio», dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

(…)

4.   In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.

(…)

6.   La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l’allontanamento e/o il divieto d’ingresso in un’unica decisione o atto amministrativo o giudiziario (…)».

B – Il diritto francese

7.

L’articolo L.313‑11 del code de l’entrée e del séjour des étrangers e del droit d’asile (codice disciplinante l’ingresso e il soggiorno degli stranieri e il diritto di asilo; in prosieguo: il «Ceseda») così dispone:

«Sempre che la sua presenza non costituisca una minaccia per l’ordine pubblico, la carta di soggiorno temporaneo recante la dicitura “vita privata e familiare” è rilasciata di diritto:

(…)

Allo straniero che non viva in stato di poligamia, che non rientri nelle categorie precedenti o in quelle che danno diritto al ricongiungimento familiare, i cui legami personali e familiari in Francia, valutati in particolare con riferimento alla loro intensità, durata e stabilità, alle condizioni di esistenza dell’interessato, alla sua integrazione nella società francese nonché alla natura dei suoi legami con la famiglia rimasta nel paese di origine, siano tali che il rifiuto di autorizzare il suo soggiorno pregiudicherebbe il suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare in modo sproporzionato rispetto ai motivi del rifiuto, senza esigere la condizione prevista dall’articolo L.311‑7. L’integrazione dello straniero nella società francese è valutata tenendo in considerazione in particolare la sua conoscenza dei valori della Repubblica;

(…)

11°

Allo straniero con residenza abituale in Francia il cui stato di salute necessiti di assistenza medica la cui mancanza potrebbe comportare per lui conseguenze di eccezionale gravità, a condizione dell’assenza di un trattamento appropriato nel paese di origine, salvo circostanze umanitarie eccezionali valutate dall’autorità amministrativa su parere del direttore generale dell’organismo regionale di sanità, senza esigere la condizione prevista all’articolo L.311-7. La decisione di rilasciare la carta di soggiorno è adottata dall’autorità amministrativa, su parere del medico dell’organismo regionale di sanità della regione di residenza dell’interessato, designato dal direttore generale dell’organismo, o, a Parigi, dal medico direttore del servizio sanitario della préfecture de police [questura]. Il medico dell’organismo regionale di sanità o, a Parigi, il direttore del servizio sanitario della préfecture de police può convocare il richiedente per una consultazione medica davanti a una commissione sanitaria regionale la cui composizione è stabilita con decreto del Conseil d’État».

8.

L’articolo L.313‑14 del Ceseda così dispone:

«La carta di soggiorno temporaneo menzionata all’articolo L.313‑11 (…) può essere rilasciata, salvo il caso in cui la sua presenza costituisca una minaccia per l’ordine pubblico, allo straniero che non viva in stato di poligamia la cui ammissione al soggiorno è dovuta a considerazioni umanitarie o si giustifica rispetto a motivi eccezionali fatti valere dall’interessato, senza che possa essere opposta la condizione prevista all’articolo L.311‑7.

(…)».

9.

L’articolo L.511‑1 del Ceseda prevede quanto segue:

«I.

L’autorità amministrativa può obbligare a lasciare il territorio francese uno straniero che non sia cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, di altro Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo [del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3)] o della Confederazione elvetica e che non sia un familiare di tale cittadino (…) nei seguenti casi:

(…)

3° Qualora il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno sia stato respinto all’estero oppure qualora sia stato revocato il permesso di soggiorno già rilasciato (…)».

10.

L’articolo L.742‑7 del Ceseda così dispone:

«Lo straniero a cui sia stato definitivamente negato il riconoscimento dello status di rifugiato o il beneficio della protezione sussidiaria e che non possa essere autorizzato a soggiornare nel territorio ad altro titolo deve lasciare il territorio francese, pena l’adozione nei suoi confronti di un provvedimento di allontanamento ai sensi del titolo I del libro V ed, eventualmente, l’applicazione delle pene di cui al capo I del titolo II del libro VI».

III – Controversia principale e questioni pregiudiziali

11.

La sig.ra Mukarubega, cittadina ruandese nata il 12 marzo 1986, è entrata in Francia il 10 settembre 2009 munita del proprio passaporto con visto.

12.

Il 4 dicembre 2009, ella ha presentato al Préfet de police domanda di ammissione al soggiorno in Francia per motivi di asilo. Durante la procedura d’asilo, la sig.ra Mukarubega ha beneficiato di un permesso di soggiorno temporaneo in Francia.

13.

Con decisione del 21 marzo 2011, il direttore dell’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi; in prosieguo: l’«OFPRA») ha negato alla sig.ra Mukarubega la concessione dello status di rifugiato. Tale decisione è stata confermata il 30 agosto 2012 da una decisione della Cour nationale du droit d’asile (Corte nazionale per il diritto di asilo; in prosieguo: la «CNDA»), che le è stata notificata il 10 settembre 2012.

14.

Con decreto del 26 ottobre 2012, il Préfet de police ha negato alla sig.ra Mukarubega l’ammissione al soggiorno per motivi di asilo, integrando il diniego con un’ingiunzione di lasciare il territorio francese (in prosieguo: la «prima decisione di rimpatrio»). Il Ruanda è stato indicato quale paese di destinazione e le è stato concesso un periodo di trenta giorni per la partenza volontaria.

15.

Nonostante tale decisione di rimpatrio, la sig.ra Mukarubega ha soggiornato irregolarmente in Francia fino al principio del mese di marzo 2013, quando ha tentato di recarsi in Canada munita di un passaporto belga contraffatto. Essa è stata poi fermata dalla polizia francese e posta in stato di fermo di polizia il 4 marzo 2013 per uso fraudolento di un documento amministrativo.

16.

Nel corso di tale fermo di polizia, la sig.ra Mukarubega è stata interrogata e ascoltata sulla sua situazione personale e familiare, sul suo percorso, sulla sua domanda di soggiorno in Francia e sul suo eventuale rimpatrio in Ruanda.

17.

Il Préfet de la Seine‑Saint‑Denis, con decreto del 5 marzo 2013, ha ingiunto alla sig.ra Mukarubega di lasciare la Francia, le ha negato la concessione di un periodo per la partenza volontaria e ha stabilito il Ruanda quale paese di destinazione (in prosieguo: la «seconda decisione di rimpatrio»). Inoltre, ha deciso con decreto recante la medesima data di porre la sig.ra Mukarubega in stato di trattenimento.

18.

Il 6 marzo 2013, la sig.ra Mukarubega ha presentato presso il Tribunal administratif de Paris un ricorso di annullamento contro la prima decisione di rimpatrio. Contemporaneamente, essa ha presentato al Tribunal administratif de Melun un ricorso contro la seconda decisione di rimpatrio. Con ordinanza del 7 marzo 2013, il Tribunal administratif de Paris ha trasmesso al Tribunal administratif de Melun il ricorso proposto dalla sig.ra Mukarubega.

19.

Con decisione dell’8 marzo 2013, il magistrato delegato dal presidente del Tribunal administratif de Melun ha annullato il decreto che poneva la sig.ra Mukarubega in stato di trattenimento in quanto il suddetto decreto era stato notificato anteriormente alla seconda decisione di rimpatrio ed era quindi privo di fondamento normativo.

20.

La sig.ra Mukarubega deduce davanti al Tribunal administratif de Melun un motivo relativo alla violazione del suo diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, in quanto non sarebbe stata posta in condizione di presentare osservazioni specifiche sulla propria situazione personale prima dell’adozione della prima decisione di rimpatrio, che è stata emessa contemporaneamente al diniego del permesso di soggiorno che le è stato notificato. Ella sostiene che il medesimo principio è stato violato dalla seconda decisione di rimpatrio, ossia dal decreto del Préfet de la Seine‑Saint‑Denis del 5 marzo 2013.

21.

Il giudice del rinvio rileva che, in applicazione dell’articolo L.511‑1 del Ceseda, lo straniero che ha depositato una domanda di permesso di soggiorno può essere soggetto, contemporaneamente al diniego di tale permesso, ad un’ingiunzione di lasciare il territorio francese. Secondo tale giudice, lo straniero può far valere dinanzi all’amministrazione, che non è tenuta ad adottare una decisione di allontanamento nei suoi confronti, qualsiasi elemento relativo alla propria situazione personale.

22.

Tuttavia, esso aggiunge che la decisione di diniego del permesso di soggiorno può intervenire, come nel caso di specie, senza previa comunicazione all’interessato e dopo il decorso di un lungo periodo di tempo dal deposito della domanda di permesso di soggiorno, cosicché la situazione personale dello straniero potrebbe essere mutata dopo la presentazione di tale domanda.

23.

Il giudice del rinvio ritiene che la risposta ai motivi dedotti dalla sig.ra Mukarubega dipenda dalla questione se il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento debba essere interpretato nel senso di imporre all’amministrazione – allorché questa prevede di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di uno straniero in condizione di irregolarità – che tale decisione di rimpatrio sia o meno successiva al diniego del permesso di soggiorno e, in particolare nel caso in cui sussista un rischio di fuga, di porre l’interessato in condizione di illustrare le sue osservazioni. Secondo tale giudice, uno straniero in condizione di irregolarità, che sia soggetto ad un obbligo di lasciare il territorio francese, può presentare al giudice amministrativo un ricorso per eccesso di potere allo scopo di sospendere l’esecutorietà della misura di allontanamento. Esso ritiene che la risposta ai succitati motivi dipenda altresì dalla questione se il carattere sospensivo del procedimento contenzioso dinanzi al giudice amministrativo consenta di derogare al carattere preliminare della facoltà offerta a uno straniero in condizione di irregolarità di illustrare il proprio punto di vista sulla misura di allontanamento sfavorevole che lo riguarda.

24.

In tali circostanze, il Tribunal administratif de Melun ha deciso, ai fini della risoluzione della presente controversia, di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, il quale costituisce parte integrante del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa ed è peraltro sancito dall’articolo 41 della [Carta], debba essere interpretato nel senso di imporre all’amministrazione, allorché questa prevede di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino straniero irregolare, che la decisione di rimpatrio sia o meno successiva al diniego di permesso di soggiorno e, in particolare nel caso in cui sussista un rischio di fuga, di porre l’interessato in condizione di illustrare le sue osservazioni.

2)

Se il carattere sospensivo del procedimento contenzioso dinanzi al giudice amministrativo consenta di derogare al carattere preliminare della possibilità per un cittadino straniero irregolare di far conoscere il suo punto di vista in merito alla misura pregiudizievole di allontanamento che lo riguarda».

IV – Il procedimento dinanzi alla Corte

25.

Hanno presentato osservazioni scritte la sig.ra Mukarubega, il governo francese, il governo greco, il governo olandese e la Commissione europea. La sig.ra Mukarubega, il governo francese e la Commissione hanno formulato osservazioni orali durante l’udienza che si è tenuta l’8 maggio 2014.

V – Analisi

A – Argomenti

26.

La sig.ra Mukarubega ritiene che la Corte debba applicare l’articolo 41 della Carta alle decisioni di rimpatrio poiché, in seguito alla sentenza Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punti da 19 a 21), i diritti fondamentali garantiti dalla Carta devono essere rispettati quando una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Secondo la sig.ra Mukarubega, le decisioni di rimpatrio adottate contro stranieri in condizione di irregolarità costituiscono una «attuazione» del diritto dell’Unione da parte dell’amministrazione prefettizia.

27.

La sig.ra Mukarubega ritiene che il diritto al contraddittorio implichi, innanzitutto, una informazione preliminare, chiara e pertinente sulle misure previste tale da non rendere totalmente inaspettata la decisione amministrativa. Ella ritiene che, oltre all’obbligo di informazione, il diritto al contraddittorio debba altresì imporre all’amministrazione la verifica presso lo straniero dell’insieme dei dati pertinenti relativi alla sua condizione, prima di adottare una decisione di rimpatrio.

28.

A tal proposito, la sig.ra Mukarubega rileva che la prima decisione di rimpatrio è stata adottata unicamente in base all’accertamento del rigetto della sua domanda di asilo da parte della CNDA, oltre 33 mesi dopo il deposito del fascicolo, senza che la sua situazione personale, che era cambiata, sia stata analizzata alla data in cui la decisione è stata adottata.

29.

Secondo l’interessata, la decisione di diniego del soggiorno è stata adottata alla luce dei soli elementi contenuti nel fascicolo della domanda di soggiorno e la decisione di rimpatrio non è stata allegata a tale fascicolo, mentre essa poteva essere adottata dal Préfet de police soltanto alla luce di elementi che non sono stati richiesti dall’amministrazione o comunicati spontaneamente dallo straniero. La sig.ra Mukarubega ritiene quindi che la decisione di rimpatrio non costituisca conseguenza logica, necessaria ed esclusiva del diniego del soggiorno.

30.

Essa rileva, a tal proposito, che se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 stabilisce in linea di principio che «gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare», tale norma si applica «fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5». Orbene, tali eccezioni lascerebbero agli Stati membri un potere discrezionale molto ampio in merito all’opportunità della decisione di rimpatrio.

31.

La sig.ra Mukarubega rileva inoltre che la seconda decisione di rimpatrio è stata adottata successivamente a un interrogatorio di polizia durato 50 minuti ed essenzialmente incentrato sul suo «viaggio», sul reato di falso e sull’uso di un documento amministrativo contraffatto e, più in generale, sulla sua situazione amministrativa. Ella afferma che, durante il suo fermo di polizia, non è mai stata informata del fatto di poter essere soggetta a una nuova decisione di rimpatrio. A fortiori, ella non sarebbe neanche stata invitata a formulare osservazioni su tale punto.

32.

La sig.ra Mukarubega ritiene infine che il diritto al contraddittorio debba comunque essere attuato, anche quando sussiste un rischio di fuga. Una deroga a tale principio potrebbe essere ammessa solamente in caso di rischio eccezionale per la sicurezza interna o per un interesse fondamentale dello Stato. Il carattere sospensivo del procedimento contenzioso dinanzi al giudice amministrativo non consentirebbe di derogare al carattere preliminare della possibilità per un cittadino straniero irregolare di far conoscere il suo punto di vista in merito alla misura pregiudizievole di allontanamento che lo riguarda.

33.

Il governo francese ritiene che dalla formulazione stessa dell’articolo 41 della Carta risulti che quest’ultimo è diretto non già agli Stati membri, bensì unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione ( 3 ). Tuttavia, conformemente a una giurisprudenza costante, il diritto al contraddittorio costituirebbe un principio generale del diritto dell’Unione che rientra non solo nel diritto a una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta, ma anche nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad un equo processo, garantiti dagli articoli 47 e 48 della Carta. Secondo tale governo, il rispetto del diritto di essere ascoltato grava dunque non solo sulle istituzioni dell’Unione, ai sensi dell’articolo 41 della Carta, ma anche, poiché costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sulle amministrazioni di ciascuno degli Stati membri qualora queste adottino decisioni rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, e ciò anche quando la normativa applicabile non prevede espressamente una siffatta formalità ( 4 ).

34.

Il governo francese ritiene che, ai sensi della direttiva 2008/115, una decisione di rimpatrio derivi direttamente e necessariamente dall’accertamento del soggiorno irregolare dell’interessato. Infatti, una volta accertato il carattere irregolare del soggiorno, l’adozione di una decisione di rimpatrio costituirebbe un obbligo per gli Stati membri. Secondo il medesimo governo, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 impone agli Stati membri di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di ogni cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sul loro territorio sia irregolare, salvi i casi specifici di cui ai paragrafi da 2 a 5 di tale articolo. Secondo tale governo, ne consegue che, quando il cittadino di un paese terzo sia stato ascoltato nell’ambito della procedura di esame del suo diritto di soggiorno, non è necessario che sia ascoltato nuovamente prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio.

35.

Il governo francese aggiunge che, considerato il numero di domande di permessi di soggiorno trattate ogni anno dall’amministrazione, il carico che deriverebbe da una nuova audizione dell’interessato prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio rischierebbe di ostacolare ulteriormente la preparazione di tale decisione con cognizione di causa, senza che la protezione dello straniero interessato ne sia aumentata sensibilmente, nonché di vanificare la medesima procedura di rimpatrio ponendo gli Stati membri nell’impossibilità di evitare la fuga di un soggetto in condizione di soggiorno irregolare.

36.

Il governo francese rileva che, nel procedimento principale, la sig.ra Mukarubega, la cui domanda di asilo era stata definitivamente respinta, era stata pienamente informata del fatto che il suo soggiorno nel territorio francese era irregolare e che ella rischiava di essere soggetta a una misura di allontanamento. Esso osserva che, dal verbale della sua audizione durante il fermo di polizia, risulta peraltro che ella era pienamente consapevole di tale rischio.

37.

Esso sottolinea, altresì, che un cittadino di un paese terzo cui sia stato negato il rilascio di un permesso di soggiorno può, in qualsiasi momento, presentarsi in prefettura per essere nuovamente ascoltato per far valere nuovi elementi al fine di una rettifica della sua situazione.

38.

Quanto alla seconda decisione di rimpatrio, il governo francese rileva che la sig.ra Mukarubega è stata posta in stato di fermo di polizia in forza dell’articolo 62‑2 del codice di procedura penale. In tale ambito, essa sarebbe stata ascoltata sulla propria situazione dai servizi di polizia, con riferimento, in particolare, al diritto di soggiorno. Secondo tale governo, lo straniero, nell’ambito del fermo di polizia, beneficia di garanzie procedurali e in particolare del diritto di essere assistito da un avvocato nonché da un interprete.

39.

Il governo francese propone, in subordine, di rispondere alla seconda questione che la direttiva 2008/115 deve essere interpretata nel senso che la possibilità per il cittadino di un paese terzo di presentare un ricorso con effetto sospensivo davanti a un giudice contro la decisione di rimpatrio a cui è soggetto e di fare valere davanti al giudice tutti gli elementi pertinenti relativi alla sua situazione personale permette di compensare le eventuali limitazioni del diritto al contraddittorio constatate prima dell’adozione di tale decisione.

40.

Il governo olandese ritiene che il principio del diritto della difesa, come attualmente previsto dall’articolo 41 della Carta, includa in particolare il diritto di ciascuno di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione che potrebbe arrecargli pregiudizio. Secondo tale governo, l’accertamento di una violazione del principio del diritto di difesa può intervenire solamente dopo l’analisi di tutti gli aspetti e le fasi della procedura nel suo complesso, non potendo siffatta violazione in linea di principio derivare da vizi di forma quando questi sono «sanati» durante la procedura considerata nel suo insieme, senza alcun danno effettivo per l’interessato.

41.

Quanto alla prima decisione di rimpatrio adottata contro la sig.ra Mukarubega, il governo olandese ritiene che non vi sia stata alcuna violazione del principio del diritto della difesa. Esso ritiene che il diritto al contraddittorio possa essere valutato solo rispetto agli elementi sfavorevoli di una decisione di rimpatrio. Orbene, secondo il governo olandese, né l’accertamento del soggiorno irregolare, già dimostrato dall’assenza di valido permesso di soggiorno, né l’obbligo di rimpatrio, che deriva dal fatto che lo straniero non possiede un valido permesso di soggiorno, hanno carattere sfavorevole. In compenso, il fatto di stabilire un periodo durante il quale lo straniero deve lasciare il territorio dello Stato membro costituirebbe un elemento sfavorevole che comporta l’obbligo di ascoltare l’interessato su tale elemento della decisione di rimpatrio, in modo particolare quando il periodo massimo di 30 giorni potrebbe essere ridotto. Tuttavia, secondo il governo olandese, sebbene esista la possibilità per l’interessato di presentare davanti a un giudice amministrativo un ricorso con effetto sospensivo che verta sulla legittimità della decisione di rimpatrio, il fatto che egli non sia stato preliminarmente ascoltato dall’autorità amministrativa non costituisce neppure uno svantaggio sproporzionato o lesivo per l’interessato. Inoltre, esso afferma che il principio del diritto della difesa non può essere oggetto di applicazione senza limiti, a pena di pregiudicare la finalità della direttiva 2008/115.

42.

Infine, tale governo afferma che la seconda decisione di rimpatrio non deve essere considerata come tale ai sensi della direttiva 2008/115 e, quindi, non deve essere esaminata rispetto al principio del diritto della difesa, poiché la prima decisione di rimpatrio avrebbe già accertato che la sig.ra Mukarubega soggiornava irregolarmente in Francia e le avrebbe imposto un termine per lasciare la Francia. Pertanto, la procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115 sarebbe stata iniziata fin dalla prima decisione di rimpatrio e le eventuali ulteriori misure coercitive, come la seconda decisione di rimpatrio, dovrebbero essere considerate quali atti posti in essere nell’’ambito dell’esecuzione di una decisione di rimpatrio già adottata.

43.

Il governo greco ritiene che il diritto di essere preliminarmente ascoltato è un diritto che non può essere pregiudicato dall’esistenza di un ricorso amministrativo o giurisdizionale. Esso rileva tuttavia che in numerosi casi, come nella presente causa, la decisione di rimpatrio è inscindibilmente connessa a una procedura già esistente di domanda di uno status di protezione internazionale, essendo la prima decisione di rimpatrio nella presente causa la conseguenza diretta del rigetto della domanda di asilo sia in primo sia in secondo grado. In tali casi, il diritto ad essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio sarebbe rispettato, poiché l’interessato avrebbe avuto la facoltà di manifestare utilmente il proprio punto di vista nell’ambito della procedura di esame della sua domanda di asilo.

44.

Secondo tale medesimo governo, il fatto che sia trascorso un determinato tempo tra la decisione che ha respinto la domanda di asilo e la decisione di rimpatrio non modifica nulla, non potendo un intervallo di due mesi e dieci giorni modificare gli elementi decisivi del procedimento. Esso afferma, altresì, che l’interessato non può accontentarsi di invocare la violazione astratta del suo diritto di essere ascoltato preliminarmente. Egli deve al contrario dimostrare, in modo specifico e preciso, l’esistenza di tutti gli elementi decisivi, che non avrebbero potuto essere presi in considerazione dall’amministrazione e che avrebbero potuto condurre a un risultato differente.

45.

La Commissione osserva che il diritto di essere ascoltato in qualsiasi procedimento è sancito dall’articolo 41 della Carta. A suo avviso, benché si sia precisato che tale articolo della Carta si applica solo alle istituzioni e agli organi dell’Unione, la Corte, nella sentenza M. (EU:C:2012:744), ha dichiarato che «è giocoforza constatare che, come emerge dalla sua stessa formulazione, tale disposizione è di applicazione generale» ( 5 ). Essa ritiene che, quando gli Stati membri adottano decisioni di rimpatrio, essi attuino il diritto dell’Unione e siano pertanto vincolati dagli obblighi che risultano dalla Carta ( 6 ).

46.

La Commissione ritiene che le autorità competenti debbano ascoltare l’interessato, pur tenendo conto della finalità della direttiva 2008/115, che mira a istituire una procedura efficace che garantisca il più rapidamente possibile il rimpatrio verso il rispettivo paese di origine dei cittadini di paesi terzi in condizione di irregolarità. Secondo la Commissione, il diritto al contraddittorio deve consentire all’amministrazione di istruire il fascicolo in modo da adottare una decisione con una piena cognizione di causa e da motivarla in modo appropriato, affinché l’interessato possa eventualmente esercitare validamente il suo diritto di ricorso. Essa ritiene tuttavia che tale diritto non possa consentire «di riaprire indefinitamente la procedura amministrativa».

47.

Quanto alla prima decisione di rimpatrio di cui alla presente causa, la Commissiona ritiene che la possibilità che esiste nel diritto francese di adottare un unico decreto che contemporaneamente neghi il soggiorno per motivi di asilo e ordini allo straniero di lasciare il territorio sia conforme alla direttiva 2008/115. Tale economia dei mezzi procedurali sarebbe giustificata, poiché l’obbligo di lasciare il territorio è la conseguenza logica di un diniego del permesso di soggiorno. Essa ritiene che, nella misura in cui i motivi per cui l’interessato ha richiesto un permesso di soggiorno sono stati esaminati nell’ambito delle osservazioni formulate a motivo della sua domanda di asilo e durante la procedura di ricorso contro il rigetto di tale domanda, si possa affermare che il diritto di essere ascoltato, prima della decisione di rimpatrio, è stato rispettato, e ciò tanto più che, nella presente causa, la decisione di rimpatrio pare essere stata comunicata all’interessato meno di due mesi dopo il rigetto della sua domanda di asilo.

48.

Secondo la Commissione, qualora, tra l’audizione dell’interessato nel corso della procedura di esame del suo fascicolo e l’adozione della decisione, trascorra un lasso di tempo considerevole, spetta al giudice nazionale verificare se l’interessato abbia avuto l’occasione di comunicare qualsiasi nuovo elemento fattuale che non a potuto essere preso in considerazione durante la procedura.

49.

Quanto alla seconda decisione di rimpatrio, la Commissione ritiene che il diritto al contraddittorio non possa essere derogato in virtù dell’esistenza di una precedente decisione di rimpatrio né di un rischio di fuga, potendo l’interessato essere eventualmente ascoltato durante il suo trattenimento per la verifica del diritto di soggiorno.

50.

Infine, essa ritiene che l’esistenza di un procedimento contenzioso avente carattere sospensivo davanti a un giudice amministrativo non consenta di derogare al rispetto del diritto di uno straniero in condizione di irregolarità di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio.

B – Valutazione

1. Osservazioni preliminari

51.

L’ambito di applicazione della Carta, per quanto riguarda l’azione degli Stati membri, è definito dal suo articolo 51, paragrafo 1, ai sensi del quale le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

52.

Come ha statuito la Corte, l’articolo 51 «della Carta conferma pertanto la giurisprudenza della Corte relativa alla misura in cui l’operato degli Stati membri deve conformarsi alle prescrizioni derivanti dai diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione» ( 7 ).

53.

Infatti, aggiunge la Corte, al punto 19 della sentenza Åkeberg Fransson (EU:C:2013:105) e al punto 33 della sentenza Pfleger e a. (EU:C:2014:281), «da una costante giurisprudenza della Corte risulta sostanzialmente che i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse. A tal proposito la Corte ha già ricordato che essa, per quanto riguarda la Carta, non può valutare una normativa nazionale che non si colloca nell’ambito del diritto dell’Unione. Allorché una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione di tale diritto, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi d’interpretazione necessari alla valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di detta normativa con i diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto».

54.

La Corte ha statuito altresì, al punto 21 della sentenza Åkeberg Fransson (EU:C:2013:105) e al punto 34 della sentenza Pfleger e a. (EU:C:2014:281), che «di conseguenza, dato che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta devono essere rispettati quando una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, non possono quindi esistere casi rientranti nel diritto dell’Unione senza che tali diritti fondamentali trovino applicazione. L’applicabilità del diritto dell’Unione implica quella dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta».

55.

È vero che, nonostante l’articolo 51 della Carta, all’interno del titolo rubricato «Disposizioni generali che disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta», definisca l’ambito di applicazione di questa nei confronti sia dell’Unione che degli Stati membri, l’articolo 41 della Carta sancisce il diritto di essere ascoltato solo nei confronti delle «istituzioni, organi e organismi dell’Unione» ( 8 ), come ha rilevato la Corte nella sua sentenza Cicala (EU:C:2011:868, punto 28), citata dal governo francese nelle sue osservazioni scritte ( 9 ), senza che la Corte, tuttavia, ne facesse un argomento determinante della soluzione sostenuta in quella stessa sentenza.

56.

Non mi sembrerebbe coerente né conforme alla giurisprudenza della Corte ( 10 ) che la formulazione dell’articolo 41 della Carta potesse così introdurre un’eccezione alla norma di cui all’articolo 51 della stessa, che consentirebbe pertanto agli Stati membri di non applicare un articolo della Carta anche nell’attuazione del diritto dell’Unione. Inoltre, esprimo la mia netta preferenza per l’applicabilità dell’articolo 41 della Carta agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione, ma in ogni modo, come rileva il governo francese, il diritto di essere ascoltato costituisce, conformemente ad una giurisprudenza costante, un principio generale del diritto dell’Unione che «rientra non solo nel diritto a una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta, ma anche nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad un processo equo, garantiti dagli articoli 47 e 48 della Carta» ( 11 ). Per questa ragione, il rispetto di tale diritto grava dunque almeno sulle autorità «di ciascuno degli Stati membri qualora queste adottino decisioni rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione» ( 12 ).

57.

Come ho già rilevato al paragrafo 49 della mia presa di posizione nella causa G. e R. (C‑383/13PP U, EU:C:2013:553, paragrafo 49), «[l]’obbligo delle autorità nazionali di rispettare il diritto di essere sentiti prima dell’adozione di una qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sugli interessi di una persona è sancito da tempo da una giurisprudenza consolidata della Corte; l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta conferma detto obbligo riconoscendogli rilevanza costituzionale».

58.

Nella fattispecie, l’adozione di una decisione di rimpatrio da parte di uno Stato membro costituisce attuazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 e, pertanto, del diritto dell’Unione, ai sensi della giurisprudenza della Corte e dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Ne consegue che in una siffatta situazione, disciplinata dal diritto dell’Unione, gli Stati membri devono applicare i diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione e, tra questi, il diritto di essere ascoltato ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo ( 13 ).

59.

Una siffatta decisione di rimpatrio, quale definita dall’articolo 3, paragrafo 4, e menzionata all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, costituisce, contrariamente alle osservazioni del governo olandese ( 14 ) un atto lesivo nei confronti del suo destinatario. Con tale decisione, uno Stato membro dichiara l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e impone o attesta l’obbligo di rimpatrio ( 15 ).

60.

Il considerando 6 della direttiva 2008/115 precisa che, quando gli Stati membri adottano decisioni di rimpatrio, devono farlo secondo una procedura equa e trasparente.

61.

Tuttavia, la direttiva 2008/115 non istituisce una procedura specifica per ascoltare un cittadino di un paese terzo prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio ( 16 ). Le garanzie procedurali previste dal capo III della direttiva 2008/115 riguardano solo la forma della decisione di rimpatrio (articolo 12) ( 17 ), i mezzi di ricorso (articolo 13) e le garanzie prima del rimpatrio (articolo 14).

62.

Ciò posto, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il rispetto del diritto di essere ascoltato si impone quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente siffatta formalità ( 18 ).

63.

Ne consegue che le condizioni alle quali devono essere garantiti il rispetto dei diritti della difesa dei cittadini di paesi terzi in condizione di irregolarità e le conseguenze della violazione di tali diritti rientrano nella sfera del diritto nazionale purché i provvedimenti adottati in tal senso non siano più sfavorevoli di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) ( 19 ).

64.

Orbene, come ha statuito la Corte nella sentenza M. (EU:C:2012:744, punto 87 e giurisprudenza citata), «[i]l diritto al contraddittorio garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi». La Corte, nella stessa sentenza, aggiunge che «[i]l citato diritto implica anche che l’amministrazione competente presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando sufficientemente la sua decisione» ( 20 ).

65.

Di conseguenza, l’autonomia procedurale degli Stati membri connessa all’assenza di una procedura specifica nella direttiva 2008/115 non può avere l’effetto che un cittadino di un paese terzo sia privato del diritto di essere ascoltato dall’autorità nazionale competente prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio.

66.

L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta ammette, tuttavia, limitazioni all’esercizio dei diritti ivi proclamati, purché la limitazione interessata sia prevista dalla legge, rispetti il contenuto essenziale del diritto fondamentale di cui trattasi e, in ossequio al principio di proporzionalità, sia necessaria e corrisponda effettivamente ad obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione europea ( 21 ). Ne consegue che i diritti della difesa non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni a talune condizioni ( 22 ).

67.

Prima di esaminare più concretamente l’applicazione di tali principi alle circostanze del procedimento principale, ritengo che sia utile ricordare che lo scopo del diritto di essere ascoltato sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta è, da una parte, quello di consentire l’istruzione della pratica e l’accertamento dei fatti il più precisamente e correttamente possibile e, dall’altra, quello di permettere di assicurare una protezione effettiva dell’interessato ( 23 ). Tale disposizione mira, in particolare, a garantire che qualsiasi decisione che abbia un effetto sfavorevole nei confronti di una persona sia adottata con piena cognizione di causa.

2. Sulla prima questione pregiudiziale

a) Le riflessioni generali sulla decisione di rimpatrio

68.

Secondo una giurisprudenza costante, la direttiva 2008/115 verte unicamente sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare e, pertanto, non si prefigge l’obiettivo di armonizzare integralmente le norme degli Stati membri sul soggiorno degli stranieri ( 24 ). Tuttavia, una volta constatata l’irregolarità del soggiorno, le autorità nazionali competenti devono, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva e fatte salve le eccezioni previste dall’articolo 6, paragrafi da 2 a 5, della stessa, emanare una decisione di rimpatrio ( 25 ). Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva 2008/115 consente che gli Stati membri «decidano di porre fine al soggiorno irregolare e dispongano contestualmente il rimpatrio» ( 26 ).

69.

Come giustamente rileva il governo francese ( 27 ), l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 impone quindi a uno Stato membro che ha rifiutato il rilascio di un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo di adottare una decisione di rimpatrio contro di lui. Di conseguenza, e fatte salve le deroghe previste dall’articolo 6, paragrafi da 2 a 5, della suddetta direttiva, aderisco all’affermazione del governo francese ( 28 ) e del governo greco ( 29 ), nonché della Commissione ( 30 ), secondo la quale l’adozione di una decisione di rimpatrio deriva necessariamente da quella che accerta il carattere irregolare del soggiorno dell’interessato e ne costituisce la conseguenza logica.

70.

Ritengo dunque che, in assenza di disposizioni di diritto dell’Unione che stabiliscano una procedura specifica per garantire ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare il diritto di essere ascoltati prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio, l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta non possa essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità nazionale competente intenda adottare una decisione che accerta un soggiorno irregolare contemporaneamente a una decisione di rimpatrio ( 31 ), tale autorità debba necessariamente ( 32 ) informarne in anticipo o «avvisarne» ( 33 ) l’interessato in modo tale da consentirgli di far valere il suo punto di vista su quest’ultima ( 34 ).

71.

Tuttavia, affinché la procedura sia equa e trasparente, è necessario, per rispettare l’obbligo stabilito dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, che, da una parte, il diritto nazionale preveda, espressamente e inequivocabilmente, l’obbligo di lasciare il territorio in caso di soggiorno irregolare e, dall’altra, che le autorità nazionali competenti garantiscano che l’interessato sia validamente ascoltato nell’ambito della procedura relativa alla sua domanda di soggiorno o, eventualmente, sull’irregolarità del suo soggiorno. In tal caso, l’obbligo di ascoltare nuovamente l’interessato prima di adottare la decisione di rimpatrio sarebbe superfluo e sproporzionato.

72.

A tal proposito, condivido pienamente l’osservazione della Commissione secondo la quale il diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio non può essere strumentalizzato per «riaprire indefinitamente la procedura amministrativa» ( 35 ). È infatti necessario evitare di appesantire la procedura o di prolungarla inutilmente, senza accrescere la protezione giuridica dell’interessato ( 36 ), e ciò al fine preservare l’equilibrio tra il diritto fondamentale dell’interessato di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione che gli arreca pregiudizio e l’obbligo degli Stati membri di lottare contro l’immigrazione clandestina.

b) Applicazione alla prima decisione di rimpatrio

73.

Nella fattispecie, con decreto datato 26 ottobre 2012, ossia meno di due mesi dopo la notifica alla sig.ra Mukarubega della decisione della CNDA (che confermava quella dell’OFPRA) di diniego dello status di rifugiato, le autorità francesi hanno contestualmente negato alla sig.ra Mukarubega il permesso di soggiorno per motivi di asilo e le hanno intimato di lasciare il territorio francese. Rilevo, a tal proposito, che l’articolo L.511‑1, I, 3o, del Ceseda prevede espressamente che l’autorità francese competente possa ingiungere di lasciare il territorio francese ad uno straniero che non sia cittadino di in uno Stato membro dell’Unione, di un altro Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) o della Confederazione elvetica e che non sia un familiare di tale cittadino, qualora gli sia stato negato il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno o qualora il permesso di soggiorno che gli era stato rilasciato gli sia stato ritirato ( 37 ).

74.

Inoltre, dal fascicolo dinanzi alla Corte risulta che l’articolo L.742‑7 del Ceseda precisa che lo straniero a cui il riconoscimento dello status di rifugiato o il beneficio della protezione sussidiaria siano stati definitivamente rifiutati e che non possa essere autorizzato a soggiornare nel territorio ad altro titolo deve lasciare il territorio francese, a pena di essere soggetto a una misura di allontanamento.

75.

È giocoforza constatare che la prima decisione di rimpatrio è intervenuta in seguito alla chiusura della procedura di esame del diritto di soggiorno della sig.ra Mukarubega per motivi di asilo, una procedura che le ha consentito di esporre in modo esaustivo l’insieme dei motivi della sua domanda di asilo ( 38 ), e successivamente all’esaurimento da parte sua di tutti i mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale in relazione al rigetto di tale domanda ( 39 ). La sig.ra Mukarubega, d’altronde, non contesta di essere stata ascoltata sulla sua domanda di asilo, da una parte, dall’OFPRA e, dall’altra, dal CNDA utilmente ed efficacemente e in condizioni che le hanno consentito di esporre l’insieme dei motivi della sua domanda.

76.

Tuttavia, la sig.ra Mukarubega contesta in particolare alle autorità nazionali competenti di non averla ascoltata in merito all’evoluzione della sua situazione personale tra la data della sua domanda di asilo e la data di adozione della prima decisione di rimpatrio, ossia per un periodo di 33 mesi. Tale argomento non è rilevante, poiché la sig.ra Mukarubega è stata ascoltata una seconda volta sulla sua domanda di asilo il 17 luglio 2012 dalla CNDA, ossia sei settimane prima della decisione di quest’ultima di non concederle l’asilo e poco più di tre mesi prima della prima decisione di rimpatrio, che non può essere ritenuta una durata irragionevole.

77.

A mio avviso, in circostanze quali quelle del procedimento principale, le autorità nazionali hanno adottato la decisione di rimpatrio in conformità all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta sul diritto di essere ascoltato.

78.

Propongo quindi di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta deve essere interpretato nel senso che esso non impone ad alcuna autorità nazionale di ascoltare nuovamente il cittadino di un paese terzo quando essa intende adottare una decisione di rimpatrio dopo aver accertato il carattere irregolare del suo soggiorno in seguito ad una decisione di diniego dell’asilo al termine di una procedura che abbia pienamente rispettato il suo diritto al contraddittorio.

79.

Tale conclusione riguarda solamente, nella presente causa, la domanda presentata dalla sig.ra Mukarubega al fine di ottenere lo status di rifugiato, la procedura che ha condotto al diniego di tale status e ad accertare così il carattere irregolare del suo soggiorno, nonché la decisione di rimpatrio adottata nei suoi confronti, che ne costituisce lo sviluppo logico e necessario rispetto all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115.

80.

Essa si impone quindi fatta salva qualsiasi altra domanda che una legislazione nazionale permetta a un cittadino di un paese terzo di presentare su altra base giuridica, che costituisce proprio il caso della legislazione francese.

81.

A tal proposito, il governo francese sottolinea che, in Francia, un cittadino di un paese terzo cui è negato il rilascio di un permesso di soggiorno può in qualsiasi momento presentarsi in prefettura per essere nuovamente ascoltato, con lo scopo di fare valere nuovi elementi al fine di regolarizzare la propria situazione.

82.

In particolare, l’articolo L.313‑11, 7°, del Ceseda consentirebbe il rilascio di un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo per motivi derivanti dal rispetto della sua vita privata e familiare, senza che possa essergli opposto il carattere irregolare del suo soggiorno. Lo stesso varrebbe per l’articolo L.313‑11, 11°, del Ceseda, per motivi derivanti dal suo stato di salute. Inoltre, secondo il governo francese, l’articolo L.313‑14 del Ceseda consente il rilascio di un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo quando esso risponde a considerazioni umanitarie o si giustifica con riferimento a motivi eccezionali che fa valere, senza che, allo stesso modo, il carattere irregolare del soggiorno di tale cittadino sia opponibile.

83.

Tali disposizioni francesi mi paiono rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 5, lettere b) e c), della direttiva 2008/115 e della deroga all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 prevista dal paragrafo 4 di tale articolo ( 40 ). Infatti, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/115, gli Stati membri possono rilasciare un permesso di soggiorno per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno.

84.

È chiaro che, quando, come in Francia, la legislazione nazionale prevede la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno a un cittadino di paesi terzi per motivi eccezionali in conformità all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/115, una decisione di rimpatrio non può essere adottata nei confronti di una persona che ha presentato una domanda di soggiorno fondata su uno di tali motivi senza averla preliminarmente ascoltata a tal proposito. Diversamente, una decisione di rimpatrio, anziché fondarsi su informazioni precise e aggiornate, rischia di essere adottata sulla base di dati incompleti o non attuali.

85.

Ritengo che, in tal caso, spetti all’interessato presentare una domanda motivata fondata sui motivi previsti dalla legislazione nazionale e integrarla con le informazioni e le prove necessarie.

86.

Potrebbe essere questo il caso, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, della domanda che, sulla base dell’articolo L.313‑14 del Ceseda, è stata presentata dalla sig.ra Mukarubega il 28 settembre 2012, ossia dopo il rigetto definitivo della sua domanda di asilo da parte della CNDA (ossia il 10 settembre 2012) e prima della notifica della prima decisione di rimpatrio (ossia il 26 ottobre dello stesso anno).

87.

Spetta al giudice del rinvio verificare se le modifiche della sua situazione personale successivamente al deposito della sua domanda di asilo, asserite in tale secondo fascicolo dalla sig.ra Mukarubega, costituiscano un motivo di regolarizzazione della sua situazione ai sensi dell’articolo L.313‑14 del Ceseda e se, eventualmente, siano state tenute in considerazione dalle autorità nazionali competenti prima dell’adozione della prima decisione di rimpatrio. Nel corso di tale verifica, il giudice del rinvio deve accertarsi che la domanda in questione sia stata depositata in assoluta buona fede e che non costituisca solamente una manovra dilatoria da parte della sig.ra Mukarubega al solo scopo di ritardare, se non di rendere impossibile, la procedura dinanzi alle autorità nazionali competenti e l’eventuale adozione di una decisione di rimpatrio ( 41 ).

c) Applicazione alla seconda decisione di rimpatrio

88.

Ci si potrebbe eventualmente domandare, come fa il governo olandese ( 42 ), se l’adozione di una seconda decisione di rimpatrio nei confronti della sig.ra Mukarubega fosse, nella fattispecie, necessaria alla luce del fatto che essa non ha neppure impugnato ( 43 ) la prima decisione di rimpatrio precedentemente al 6 marzo 2013 ( 44 ). Tuttavia, tale aspetto non risulta rilevante ai fini della controversia principale. Infatti, ritengo che le autorità nazionali competenti, avendo optato, quali che siano le loro ragioni, per l’adozione di una seconda decisione di rimpatrio, fossero tenute, in conformità all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, ad ascoltare la sig.ra Mukarubega prima dell’adozione di tale decisione.

89.

Dal fascicolo dinanzi alla Corte risulta che, prima dell’adozione della seconda decisione di rimpatrio, la sig.ra Mukarubega è stata posta in stato di fermo di polizia in forza dell’articolo 62‑2 del codice di procedura penale francese ( 45 ) per l’uso fraudolento di un documento amministrativo. Posto che la libertà della sig.ra Mukarubega è stata limitata durante il fermo di polizia, non sussisteva alcun rischio di fuga che potesse eventualmente giustificare, nell’interesse generale, in applicazione dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, una limitazione del suo diritto ad essere ascoltata, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

90.

Dal verbale dell’audizione emerge che la sig.ra Mukarubega è stata ascoltata in particolare in merito al suo diritto di soggiorno in Francia. Ella è stata interrogata al fine di sapere se accettasse di ritornare al suo paese d’origine o se desiderasse restare in Francia. Da tale verbale risulta chiaramente che ella sapeva perfettamente di non avere alcun diritto a soggiornare regolarmente in Francia, nonostante le numerose pratiche che aveva intrapreso a tal proposito, e che ella conosceva le conseguenze della sua condizione di irregolarità. La sig.ra Mukarubega ha dichiarato che, in virtù del fatto che era «senza documenti» e non poteva né «lavorare» né «restare in Francia», si era procurata un passaporto belga contraffatto per recarsi in Canada. Ritengo che, sebbene l’audizione sia stata condotta principalmente sotto forma di domande e risposte, la sig.ra Mukarubega sia stata invitata, durate la stessa, ad aggiungere tutte le osservazioni che considerava rilevanti.

91.

Ne consegue che la sig.ra Mukarubega ha beneficiato della possibilità di essere ascoltata su altri elementi oltre al «semplice fatto del soggiorno irregolare» ( 46 ). Considerate tutte le modalità dell’audizione della sig.ra Mukarubega, e a condizione che le garanzie stabilite dalla legislazione ( 47 ) e dalla giurisprudenza francese ( 48 ) siano state rispettate ( 49 ) (in particolare, con riferimento all’assistenza di un avvocato), ciò che spetta al giudice del rinvio verificare, ritengo che il fatto che tale audizione sia durata 50 minuti non possa consentire, di per sé, di concludere che essa sia stata insufficiente.

92.

Alla luce quanto precede, aggiungo un elemento alla mia risposta alla prima questione pregiudiziale, vale a dire che il fatto che un’autorità nazionale abbia rispettato il diritto di essere ascoltato di un interessato, come prescritto dai principi generali del diritto dell’Unione e sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, nell’ambito di un determinato procedimento (ad esempio, una domanda di asilo) non la esonera dall’ascoltarlo nuovamente nell’ambito di una procedura introdotta su una base giuridica differente (ad esempio, una domanda di regolarizzazione del soggiorno per ragioni umanitarie), è ciò anche se lo scopo delle due domande è sostanzialmente identico (in questo caso, il riconoscimento della regolarità di un soggiorno).

3. Sulla seconda questione pregiudiziale

93.

Con tale questione, il giudice del rinvio interroga la Corte sulla questione se il diritto di un cittadino di un paese terzo in condizione di irregolarità di introdurre, in applicazione del diritto nazionale, un procedimento contenzioso a carattere sospensivo dinanzi ad un giudice nazionale ( 50 ) consenta alle autorità nazionali amministrative di non ascoltarlo prima dell’adozione di un atto che gli arreca pregiudizio, in questo caso una decisione di rimpatrio.

94.

Tale questione ha chiaramente senso solo se si considera che, in circostanze analoghe a quelle del procedimento principale, il diritto al contraddittorio non sia stato rispettato, il che non mi trova d’accordo.

95.

In ogni caso, ritengo che i diritti sanciti dagli articoli 41 e 47 della Carta siano distinti e si applichino in contesti differenti, ossia il primo in un contesto amministrativo precontenzioso e il secondo nell’ambito del contenzioso giudiziario ( 51 ). Ne consegue che i diritti in questione non possono essere accorpati a rischio di sopprimere il diritto di un singolo di essere ascoltato, allorché l’amministrazione si propone di adottare nei suoi confronti un atto che gli arreca pregiudizio e all’interessato è concessa la possibilità di ricorso giurisdizionale. La volontà del legislatore dell’Unione di proteggere gli amministrati nel corso di tutto il procedimento risulta chiaramente dagli articoli 41 e 47 della Carta. I due diritti in parola, tra loro ben distinti, non possono essere accorpati, pena il rischio di creare una frattura nella continuità del sistema dei diritti della difesa garantito dalla Carta ( 52 ).

96.

Di conseguenza, e a condizione, tuttavia, che delle limitazioni previste dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta ( 53 ) non siano applicabili, il fatto che l’interessato, soggetto a una decisione di rimpatrio, disponga, in applicazione del diritto nazionale, del diritto a una procedimento contenzioso a carattere sospensivo avverso tale decisione di rimpatrio non può, a mio avviso, sanare retroattivamente il mancato rispetto, da parte delle autorità amministrative nazionali, dell’articolo 41 della Carta.

97.

Tuttavia, è opportuno rilevare che, al punto 85 della sentenza Texdata Software (C‑418/11, EU:C:2013:588), la Corte ha statuito che «l’applicazione di una sanzione iniziale di EUR 700 [a una società che omette di depositare i propri conti annuali presso il giudice competente] senza preventivo sollecito né possibilità di contraddittorio prima che la sanzione sia irrogata non sia idonea a ledere il contenuto essenziale del diritto fondamentale di cui trattasi, dal momento che la proposizione del ricorso motivato contro il provvedimento che ha inflitto l’ammenda lo rende immediatamente inapplicabile e avvia il processo ordinario nell’ambito del quale il diritto al contraddittorio può essere rispettato».

98.

Le conclusioni a cui la Corte è pervenuta nella sua sentenza Texdata Software (EU:C:2013:588) non sono, a mio avviso, applicabili alla fattispecie. In tale causa, si trattava di una sanzione meramente pecuniaria, mentre le decisioni di rimpatrio di cui trattasi nel procedimento principale possono avere un impatto importante sulla vita stessa di un essere umano. Di conseguenza, non colgo, soprattutto in assenza di un rischio di fuga, le ragioni che possono essere invocate come obiettivo di interesse generale che giustifichi l’assenza di audizione preliminare ( 54 ) nella controversia principale.

VI – Conclusioni

99.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali poste dal Tribunal administratif de Melun:

1)

Qualora un’autorità nazionale abbia accertato il carattere irregolare del soggiorno di un cittadino di un paese terzo in seguito ad una decisione di diniego dell’asilo al termine di una procedura che abbia rispettato il suo diritto al contraddittorio come prescritto dai principi generali del diritto dell’Unione e sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il diritto dell’Unione non le impone di sentirlo nuovamente prima di adottare una decisione di rimpatrio nei suoi confronti.

Il fatto che un’autorità nazionale, nell’ambito di un determinato procedimento (ad esempio, una domanda di asilo), abbia rispettato il diritto di essere ascoltato di un interessato, come prescritto dai principi generali del diritto dell’Unione e sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non la esonera dall’ascoltarlo nuovamente nell’ambito di una procedura introdotta su una base giuridica differente (ad esempio, una domanda di regolarizzazione del soggiorno per ragioni umanitarie), e ciò anche se l’obiettivo delle due domande è sostanzialmente identico (in questo caso, il riconoscimento della regolarità di un soggiorno).

2)

In mancanza di applicabilità delle limitazioni previste dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il diritto di un cittadino di un paese terzo in condizione di irregolarità di introdurre un procedimento contenzioso a carattere sospensivo davanti a un giudice nazionale non esonera le autorità nazionali amministrative dall’ascoltarlo precedentemente all’adozione di una decisione di rimpatrio nei suoi confronti.


( 1 )   Lingua originale: il francese.

( 2 )   GU L 348, pag. 98.

( 3 )   Sentenza Cicala (C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 28).

( 4 )   Sentenza M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punti da 82 a 86).

( 5 )   Punto 84.

( 6 )   Sentenza Åkerberg Fransson (EU:C:2013:105, punto 21).

( 7 )   Sentenze Åkeberg Fransson (EU:C:2013:105, punto 18), nonché Pfleger e a. (C‑390/12, EU:C:2014:281, punto 32).

( 8 )   La portata attuale dell’articolo 41 della Carta è stata dibattuta nell’ambito del presidium della convenzione che ha elaborato la Carta. Sono stati proposti emendamenti tendenti, da una parte, ad estendere e, dall’altra, a chiarire il suo ambito di applicazione, ma non sono stati accolti. V. progetto di Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – sintesi degli emendamenti proposti dal presidium (Carta 4284/00 CONVENZ 37).

( 9 )   V. supra, paragrafo 33.

( 10 )   V. sentenza N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punti 49 e 50).

( 11 )   V. osservazioni del governo francese al paragrafo 33 delle presenti conclusioni.

( 12 )   Idem.

( 13 )   Sentenza Sopropé (C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 36).

( 14 )   V. supra, paragrafo 41.

( 15 )   V. articoli 3, paragrafo 4, e 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115.

( 16 )   È sorprendente l’assenza di una siffatta procedura specifica nella direttiva 2008/115 alla luce dell’impatto rilevante che una decisione di rimpatrio può avere sulla vita di un essere umano, quando una siffatta procedura è stata messa a punto per garantire il rispetto del diritto di essere ascoltato in materia di diritti doganali e di concorrenza! In relazione ai diritti doganali, v. articolo 22, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU L 269, pag. 1, e rettifica in GU 2013, L 287, pag. 90) e le mie conclusioni nella causa Kamino International Logistics e Datema Hellman Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:94, paragrafi da 51 a 57). In relazione al diritto della concorrenza, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 2003, L 1, pag. 1) dispone che «[p]rima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento». Il corsivo è mio.

( 17 )   L’articolo 12, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2008/115 prevede che «[l]e decisioni di rimpatrio (…) sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili».

( 18 )   V. sentenza M. (EU:C:2012:744, punto 86).

( 19 )   V. sentenza G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 35). L’obbligo degli Stati membri di rispettare il principio di effettività viene riaffermato dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE secondo il quale essi «stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

( 20 )   Sentenza M. (EU:C:2012:744, punto 88 e giurisprudenza citata).

( 21 )   V., in tal senso, sentenze Commissione e a./Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 101), nonché Schwarz (C‑291/12, EU:C:2013:670, punto 34).

( 22 )   V. sentenza Dokter e a. (C‑28/05, EU:C:2006:408, punto 75). V., altresì, sentenza G. e R. (EU:C:2013:533, punto 36), in cui la Corte ha affermato in diritto che se è vero che gli Stati membri possono consentire che l’esercizio dei diritti della difesa dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare avvenga secondo le stesse modalità previste per la disciplina delle situazioni interne, tali modalità devono essere nondimeno conformi al diritto dell’Unione e, in particolare, non compromettere l’effetto utile della direttiva 2008/115.

( 23 )   V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa M. (EU:C:2012:253, paragrafi 35 e 36).

( 24 )   V. le sentenze Achughbabian (C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 28) e Sagor (C‑430/11, EU:C:2012:777, punto 31).

( 25 )   V., in tal senso, le sentenze El Dridi (C‑61/11 PPU, EU:C:2011:268, punto 35), e Achughbabian (EU:C:2011:807, punto 31).

( 26 )   V., altresì, la medesima definizione di una decisione di rimpatrio così come prevista all’articolo 3, paragrafo 4, di tale direttiva, che associa dichiarazione di soggiorno irregolare e intimazione di un obbligo di rimpatrio.

( 27 )   V. supra, paragrafo 34.

( 28 )   Idem.

( 29 )   V. supra, paragrafo 43.

( 30 )   V. supra, paragrafo 47.

( 31 )   Ciò che le è consentito dall’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva 2008/115.

( 32 )   In applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/115, gli Stati membri possono tuttavia introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alle persone cui tale direttiva si applica, purché compatibili con le norme in essa stabilite.

( 33 )   V. supra, paragrafo 22.

( 34 )   V., per analogia, la sentenza M. (EU:C:2012:744, punto 95).

( 35 )   V. supra, paragrafo 46.

( 36 )   V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Sabou (C‑276/12, EU:C:2013:370, paragrafo 57).

( 37 )   V., altresì, supra, paragrafi 9 e 21.

( 38 )   Rilevo, a tal proposito, che gli articoli 12 e 13, paragrafo 3, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12, e rettifica in GU 2005, L 204, pag. 24), prevedono, in particolare, un colloquio personale dell’interessato in relazione alla sua domanda in condizioni che gli consentano di esporre in modo esauriente i motivi di quest’ultima, e ciò preliminarmente all’adozione di una decisione.

( 39 )   V. supra, paragrafo 13.

( 40 )   Non vi è alcun indizio, nel fascicolo dinanzi alla Corte, che le disposizioni dell’articolo 5 della direttiva 2008/115 non siano state rispettate al momento dell’adozione della prima decisione di rimpatrio.

( 41 )   V. sentenza Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343, punto 57).

( 42 )   V. supra, paragrafo 42.

( 43 )   V. articolo 13 della direttiva 2008/115.

( 44 )   La sig.ra Mukarubega ha presentato al Tribunal administratif de Paris un ricorso di annullamento contro la prima decisione di rimpatrio il 6 marzo 2013, ossia dopo l’adozione della seconda decisione di rimpatrio.

( 45 )   Secondo tale disposizione, «[i]l fermo di polizia di polizia [garde à vue] è un provvedimento coercitivo deciso da un ufficiale di polizia giudiziaria, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, in forza del quale è mantenuta a disposizione degli inquirenti una persona a carico della quale sussistono una o più ragioni plausibili di sospettare che abbia commesso o tentato di commettere un reato punito con la reclusione».

( 46 )   V., in tal senso, il considerando 6 della direttiva 2008/115.

( 47 )   V. articoli 63‑3‑1, 63‑4, 63‑4‑1 e 63‑4‑2 del codice di procedura penale francese relativi al diritto della persona sottoposta a fermo di polizia di essere assistita da un avvocato e alle modalità e limitazioni di tale diritto.

( 48 )   V., in particolare, sezione penale della Cour de cassation, ricorso del 7 febbraio 2012, n. 11‑83676, relativo all’annullamento del verbale di audizione del fermo di polizia per il fatto che l’avvocato della persona sottoposta a fermo di polizia non si è mai presentato.

( 49 )   Nel corso del fermo di polizia, la sig.ra Mukarubega è stata informata del suo diritto ad essere assistita da un avvocato. Secondo il verbale della notifica della sua sottoposizione a fermo di polizia, la sig.ra Mukarubega ha manifestato la volontà «di essere assistita dal servizio “permanence avocat” dell’ordine degli avvocati del dipartimento di Seine‑Saint‑Denis» e di beneficiare dell’assistenza del suo avvocato alle sue audizioni e confronti testimoniali, volontà che è stato trasmessa a tale ente dai servizi di polizia. Durante l’audizione dinanzi alla Corte, l’avvocato della sig.ra Mukarubega ha dichiarato, senza obiezioni a tal proposito da parte del rappresentante del governo francese, che, «per ragioni logistiche» legate alla scarsità di risorse umane dell’ordine degli avvocati di Saint‑Seine‑Denis, nessun avvocato si era presentato all’audizione del 4 marzo 2013.

( 50 )   V. articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, che prevede ulteriori mezzi di ricorso.

( 51 )   V. la mia presa di posizione nella causa G. e R. (EU:C:2013:553, punto 47) e le mie conclusioni nella causa Kamino International Logistics e Datema Hellman Worldwide Logistics (EU:C:2014:94, paragrafo 69).

( 52 )   V. la mia presa di posizione nella causa G. e R. (EU:C:2013:553, paragrafi 47 e 48).

( 53 )   V. supra, paragrafo 66.

( 54 )   V., per analogia, le mie conclusioni nella causa Kamino International Logistics e Datema Hellman Worldwide Logistics (EU:C:2014:94, paragrafo 72).

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