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Document 62009CC0279

Conclusioni dell'avvocato generale Mengozzi del 2 settembre 2010.
DEB Deutsche Energiehandels- und Beratungsgesellschaft mbH contro Bundesrepublik Deutschland.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Kammergericht - Germania.
Tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione - Diritto di ricorso a un giudice - Gratuito patrocinio - Normativa nazionale che nega il gratuito patrocinio alle persone giuridiche in assenza di un "interesse generale".
Causa C-279/09.

European Court Reports 2010 I-13849

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:489

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 2 settembre 2010 1(1)

Causa C‑279/09

DEB Deutsche Energiehandels- und Beratungsgesellschaft mbH

contro

Bundesrepublik Deutschland

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Kammergericht Berlino (Germania)]

«Tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione – Diritto alla tutela giurisdizionale – Garanzie processuali – Persona giuridica – Principio di effettività – Diniego di gratuito patrocinio ad una persona giuridica che intenda far valere la responsabilità di uno Stato membro per violazione del diritto dell’Unione in assenza di un “interesse generale”»





I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dei principi di effettività e di equivalenza in riferimento alle norme applicabili, nell’ordinamento giuridico tedesco, alle domande di gratuito patrocinio presentate da persone giuridiche nell’ambito di azioni di responsabilità contro lo Stato per violazione del diritto dell’Unione.

2.        Per la prima volta, si chiede alla Corte di valutare la conformità di un meccanismo di assistenza in giudizio, avente ad oggetto in particolare l’esenzione dal pagamento di una tassa di procedura, la cui concessione è soggetta a condizioni più restrittive per le persone giuridiche che non per le persone fisiche, e di pronunciarsi pertanto sulla portata delle garanzie processuali che devono essere offerte alle persone giuridiche.

II – Ambito normativo

A –    Il diritto internazionale

3.        La Convenzione dell’Aia del 1° marzo 1954, relativa alla procedura civile, di cui sono attualmente parti ventuno Stati membri dell’Unione europea, dedica il titolo IV all’assistenza giudiziaria. Più precisamente, l’art. 20 di detta Convenzione prevede che, «[i]n materia civile e commerciale, i cittadini di ciascuno degli Stati contraenti saranno ammessi, in tutti gli altri Stati contraenti, al beneficio dell’assistenza giudiziaria, come i propri cittadini, conformandosi alla legislazione dello Stato nel quale l’assistenza giudiziaria è chiesta».

4.        L’art. 1 dell’Accordo europeo sulla trasmissione delle domande di assistenza giudiziaria, firmato a Strasburgo il 27 gennaio 1977, sotto l’egida del Consiglio d’Europa, e di cui sono parti ventuno Stati membri dell’Unione, enuncia che «[o]gni persona che abbia la propria residenza abituale nel territorio di una delle Parti contraenti e che desideri fare richiesta di assistenza giudiziaria in materia civile, commerciale o amministrativa nel territorio di un’altra Parte contraente, può presentare la propria istanza nello Stato di abituale residenza. Tale Stato deve trasmettere l’istanza all’altro Stato».

5.        L’art. 1, primo comma, della Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980, volta a facilitare l’accesso internazionale alla giustizia, di cui sono parti diciannove Stati membri, dispone che «[i] cittadini di uno Stato contraente nonché le persone residenti abitualmente in uno Stato contraente sono ammessi al beneficio dell’assistenza giudiziaria in materia civile e commerciale in ogni Stato contraente come se fossero cittadini di quest’ultimo Stato e vi risiedessero abitualmente». Il suo secondo comma precisa che «[l]e persone cui non si applica il comma precedente, ma che hanno risieduto abitualmente in uno Stato contraente nel quale è o sarà intrapresa una procedura giudiziaria, saranno ammesse al beneficio del patrocinio gratuito se il motivo dell’azione deriva da detta precedente residenza abituale».

B –    Il diritto dell’Unione

6.        L’art. 6, n. 2, UE pone il principio secondo cui «[l]’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 [in prosieguo: la «CEDU»], e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario».

7.        L’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), rubricato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», è così redatto:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia».

8.        L’art. 10, primo comma, CE dispone che «[g]li Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente Trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti». Il suo secondo comma aggiunge che «[e]ssi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente Trattato».

9.        Il quarto ‘considerando’ della direttiva del Consiglio 27 gennaio 2003, 2003/8/CE, intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie (2), ricorda che tutti gli Stati membri sono parti contraenti della CEDU e che le materie contemplate dalla direttiva 2003/8 sono trattate nel rispetto di detta Convenzione.

10.      Il quinto ‘considerando’ di detta direttiva ne definisce nei termini seguenti lo scopo:

«La presente direttiva mira a promuovere l’applicazione del principio secondo il quale il patrocinio a spese dello Stato nelle controversie transfrontaliere deve essere concesso a tutti coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Il diritto generalmente riconosciuto di avere accesso alla giustizia è anche ribadito all’articolo 47 (...) della [Carta]».

11.      L’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 2003/8 definisce il patrocinio a spese dello Stato enunciando che esso «dovrebbe includere la consulenza legale nella fase precontenziosa al fine di giungere ad una soluzione prima di intentare un’azione legale, l’assistenza legale per adire un tribunale, la rappresentanza in sede di giudizio, l’esonero totale o parziale dalle spese processuali».

12.      Il tredicesimo ‘considerando’ della medesima direttiva ne definisce nei termini seguenti l’ambito di applicazione:

«Tutti i cittadini dell’Unione, a prescindere dal loro luogo di domicilio o dimora abituale nel territorio di uno Stato membro, devono poter beneficiare del patrocinio a spese dello Stato nelle controversie transfrontaliere se soddisfano le condizioni previste dalla presente direttiva. Lo stesso vale per i cittadini di paesi terzi regolarmente e abitualmente soggiornanti nel territorio di uno Stato membro».

13.      L’art. 1, n. 2, della direttiva 2003/8 dispone che quest’ultima «si applica nelle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale. Essa non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale e amministrativa».

14.      L’art. 3, n. 1, della direttiva 2003/8 precisa che «[l]a persona fisica, che sia parte in una controversia ai sensi della presente direttiva, ha diritto a un patrocinio adeguato a spese dello Stato che le garantisca un accesso effettivo alla giustizia in conformità delle condizioni stabilite dalla presente direttiva».

15.      A termini dell’art. 6, n. 1, di detta direttiva, rubricato «Condizioni legate al merito della controversia», «[g]li Stati membri possono disporre che le domande di patrocinio a spese dello Stato relative ad un’azione giudiziaria che appaia manifestamente infondata possano essere respinte dalle autorità competenti».

16.      Il n. 3 del medesimo articolo così recita:

«Nel prendere una decisione sul merito di una domanda e fatto salvo l’articolo 5, gli Stati membri valutano l’importanza del caso specifico per il richiedente ma possono anche tener conto della natura della causa quando il richiedente chieda il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver sofferto perdite materiali o finanziarie o quando la domanda riguardi una pretesa derivante direttamente dall’attività autonoma o commerciale del richiedente».

17.      L’art. 94, nn. 2 e 3, del regolamento di procedura del Tribunale, il cui testo è identico all’art. 95, nn. 2 e 3, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, enuncia quanto segue:

«2. Ogni persona fisica che, in ragione della propria situazione economica, si trovi nell’incapacità totale o parziale di far fronte alle spese di cui al precedente paragrafo 1 ha il diritto di beneficiare del gratuito patrocinio.

La situazione economica viene valutata tenendo conto di elementi oggettivi quali il reddito, il patrimonio posseduto e la situazione familiare.

3. Il gratuito patrocinio viene negato qualora l’azione per la quale venga richiesto appaia manifestamente irricevibile o manifestamente infondata».

18.      A sua volta, l’art. 76, n. 1, primo comma, del regolamento di procedura della Corte è così redatto:

«Se una parte si trova nell’impossibilità di affrontare in tutto o parzialmente le spese di causa, può chiedere in qualsiasi momento l’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio».

C –    La normativa nazionale

19.      L’art. 12, n. 1, della legge sulle spese di giustizia (Gerichtskostengesetz; in prosieguo: il «GKG») così recita:

«Nei procedimenti civili la domanda può essere notificata solo dopo il pagamento di una tassa generale di procedura. In caso di ampliamento dell’oggetto del giudizio nessun atto giudiziario può essere compiuto prima che detta tassa venga pagata; altrettanto vale per le impugnazioni».

20.      L’art. 839 del codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch) classifica tra i procedimenti civili le azioni di risarcimento proposte contro lo Stato tedesco.

21.      L’art. 78, n. 1, del codice di procedura civile (Zivilprozessordnung; in prosieguo: la «ZPO») enuncia che, «dinanzi ai Landgerichte e agli Oberlandesgerichte, le parti devono farsi rappresentare da un avvocato (…)».

22.      L’art. 114 della ZPO è così redatto:

«Una parte che, in ragione della sua situazione personale e finanziaria, non sia in grado di pagare le spese giudiziali, o possa pagarle solo in parte oppure a rate, ha diritto al gratuito patrocinio, ove ne faccia richiesta, se l’azione o la difesa in giudizio ha sufficienti possibilità di successo e non appare pretestuosa (…)».

23.      A termini dell’art. 116, n. 2, della ZPO, sono ammesse al gratuito patrocinio, ove ne facciano richiesta, «le persone giuridiche o le associazioni in grado di stare in giudizio, costituite e stabilite (...) in Germania, qualora né esse medesime né i soggetti che hanno un interesse economico alla controversia siano in grado di sostenere tali spese e risulti contrario all’interesse generale che dette persone rinuncino all’azione o alla difesa in giudizio».

24.      L’art. 122 della ZPO precisa quanto segue:

«1) L’ammissione al gratuito patrocinio comporta che:

1. lo Stato federale o il Land possa esigere dalla parte interessata:

a)       il pagamento delle spese giudiziali e di notifica sostenute o da sostenere,

b)       la soddisfazione dei crediti vantati dai legali incaricati e ad esso trasferiti

solo conformemente a quanto disposto dal giudice,

2. la parte sia liberata dall’obbligo di fornire garanzia per le spese processuali, e

3. i legali incaricati non possano pretendere dall’interessato il pagamento dei propri onorari.

(…)».

25.      L’art. 123 della ZPO precisa, infine, che «[l]a concessione del gratuito patrocinio non ha effetto sull’obbligo di rimborso delle spese sostenute dalla controparte».

III – Controversia principale e questione pregiudiziale

26.      La DEB Deutsche Energiehandels- und Beratungsgesellschaft (in prosieguo: la «DEB») è un’impresa tedesca, costituita nel 1998, autorizzata dal Ministero dell’Economia del Land Brandeburgo ad esercitare attività di grossista indipendente di prodotti energetici e di fornitore di energia sul territorio tedesco. Ritenendo di aver subìto un danno dalla trasposizione tardiva, in Germania, delle direttive 98/30/CE (3) e 2003/55/CE (4), che avrebbero dovuto garantire un accesso non discriminatorio alle reti di gas nazionali, la DEB ha avviato un’azione di responsabilità contro lo Stato per violazione del diritto dell’Unione dinanzi ad un giudice nazionale. Al momento dell’avvio del procedimento giudiziario la DEB non aveva né dipendenti né patrimonio.

27.      Il mancato rispetto da parte della Repubblica federale di Germania del termine di trasposizione della direttiva 98/30 è peraltro stato accertato dalla Corte in occasione di una sentenza di condanna per inadempimento (5).

28.      La DEB sostiene di aver subìto un danno e chiede un risarcimento di circa EUR 3,7 miliardi. In udienza, essa ha precisato che nel 1998 occupava circa 200 dipendenti, che ha dovuto progressivamente licenziare a causa della propria inattività, e che disponeva di un patrimonio proprio che ha perduto per lo stesso motivo. Afferma di non essere quindi più stata in grado di esercitare l’attività per la quale le era stata rilasciata licenza, una volta reso effettivamente possibile l’accesso alle reti di gas.

29.      LA DEB stima che il fatto di non aver potuto accedere alle reti di gas le abbia fatto perdere almeno sei contratti. Essa giustifica l’importo reclamato con i danni subiti e afferma che si tratta della differenza tra la media statistica dei prezzi di vendita alle grandi industrie tedesche e il prezzo di acquisto in Russia, previa deduzione del corrispettivo del vettoriamento e delle spese di trasporto. La DEB ha successivamente applicato a tale cifra iniziale una riduzione cautelativa del 50%, come prescritto dalla normativa tedesca in materia.

30.      Secondo i calcoli della DEB, l’importo della tassa di procedura a suo carico, calcolata in base al valore della causa, ammonterebbe a circa EUR 275 000. Poiché, peraltro, è obbligatorio il patrocinio di un avvocato, la DEB ritiene che le spese inerenti alla rappresentanza ammontino grosso modo ad altri 990 000 EUR. Per poter effettivamente esperire la sua azione, e in mancanza di mezzi economici sufficienti, la DEB, che non è in grado di pagare né la tassa di cui all’art. 12, n. 1, del GKG né le spese di avvocato, il cui patrocinio è obbligatorio, ha chiesto il gratuito patrocinio al Landgericht Berlin.

31.      Con decisione 4 marzo 2008 quest’ultimo ha negato il gratuito patrocinio in quanto la DEB non soddisfa le condizioni stabilite dall’art. 116, n. 2, della ZPO. Benché sia indubbio che la DEB versi in una situazione di incapienza, sembra che la rinuncia all’azione non sia contraria all’interesse generale come interpretato dai giudici tedeschi e dal Bundesverfassungsgericht. Peraltro, il Landgericht Berlin non si è pronunciato sulla fondatezza della domanda di cui alla causa principale.

32.      La DEB ha immediatamente impugnato tale decisione dinanzi al Kammergericht Berlin. Secondo detto giudice, se esso dovesse statuire tenendo conto solo del diritto tedesco, non potrebbe che constatare che il Landgericht Berlin ha interpretato correttamente le condizioni poste dall’art. 116, n. 2, della ZPO. Infatti, secondo costante giurisprudenza dei giudici tedeschi, la rinuncia all’azione nuocerebbe all’interesse generale solo in casi limitati. Tale ipotesi ricorrerebbe se la decisione riguardasse una parte significativa della popolazione o se potesse sortire conseguenze sociali. L’interesse generale risulterebbe leso ai sensi dell’art. 116, n. 2, della ZPO anche se la rinuncia all’azione impedisse ad una persona giuridica di continuare ad attendere ad un compito di pubblico interesse o se l’esistenza stessa di tale persona giuridica dipendesse dallo svolgimento del procedimento e fossero per questo in gioco posti di lavoro oppure i crediti di molte persone.

33.      Il Kammergericht Berlin precisa inoltre che, ai sensi della giurisprudenza tedesca, in particolare di quella del Bundesgerichtshof, perché siano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 116, n. 2, della ZPO non basta l’interesse generale ad una decisione giusta né il fatto che per risolvere la controversia si debba rispondere a questioni di interesse generale.

34.      Nel caso della DEB, essa non ha entrate né patrimonio né dipendenti o creditori. La rinuncia all’azione non ne minaccia di per sé la sopravvivenza e non si può nemmeno ritenere che essa attenda ad un compito di pubblico interesse. Poiché è sempre stato richiesto che, oltre ai detentori di un interesse economico alla controversia, debbano necessariamente risentire della rinuncia all’azione giudiziaria numerose altre persone, e tale ipotesi non ricorre nel caso della DEB, la decisione del Landgericht Berlin che ne respinge la domanda di ammissione al gratuito patrocinio deve essere confermata.

35.      Il Kammergericht Berlin ricorda inoltre che la disparità di trattamento prevista dalla ZPO tra persone fisiche e persone giuridiche è già stata dichiarata conforme alla Costituzione tedesca dal Bundesverfassungsgericht. Quest’ultimo ha infatti considerato che il gratuito patrocinio può essere assimilato ad una misura di aiuto derivata dal principio dello Stato sociale e necessaria al rispetto della dignità umana. Il giudice del rinvio ne deduce che tale solidarietà non può essere imposta nei confronti delle persone giuridiche prive di mezzi economici. Che le persone giuridiche dispongano di un patrimonio sufficiente è una conditio sine qua non della loro creazione ed esistenza; esse possono essere riconosciute dall’ordinamento giuridico nazionale solamente se sono in grado di perseguire i loro scopi e compiti con mezzi propri.

36.      Tuttavia, il Kammergericht Berlin si domanda se l’art. 116, n. 2, della ZPO, come finora interpretato dai giudici nazionali, non contrasti con il diritto dell’Unione. Le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio, che risultano più restrittive per le persone giuridiche che non per le persone fisiche, e che oltre tutto vengono interpretate restrittivamente dai giudici tedeschi, nel caso della DEB producono in concreto l’effetto di privare quest’ultima di ogni possibilità di far valere la responsabilità dello Stato tedesco per violazione del diritto dell’Unione. Infatti, negare il gratuito patrocinio rende praticamente impossibile o quanto meno eccessivamente difficile ottenere un eventuale risarcimento dallo Stato responsabile di una violazione del diritto dell’Unione. Il giudice del rinvio nutre quindi dubbi sulla compatibilità della misura nazionale con i principi relativi alla responsabilità dello Stato, in particolare con il principio di effettività quale elaborato dalla giurisprudenza della Corte.

37.      Così, di fronte a una difficoltà di interpretazione del diritto dell’Unione, e dovendo statuire su questo punto in ultima istanza, il Kammergericht Berlin ha deciso di sospendere il procedimento e, con ordinanza di rinvio in data 30 giugno 2009, ha sottoposto alla Corte, sul fondamento dell’art. 234 CE, la seguente questione pregiudiziale:

«Atteso che la regolamentazione nazionale delle condizioni di esercizio del diritto al risarcimento e della procedura per far valere la responsabilità di uno Stato membro ai sensi del diritto comunitario non deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere da tale Stato un indennizzo a titolo della responsabilità suddetta, se sia possibile che una normativa nazionale subordini l’esercizio dell’azione giudiziaria al previo pagamento [di una tassa] e neghi l’esenzione dall[a] stess[a] ad una persona giuridica che non sia in grado di provvedere a tale pagamento».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

38.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi tedesco, danese, francese, italiano e polacco, la Commissione e l’Autorità di vigilanza EFTA.

39.      La ricorrente nella causa principale, il governo tedesco, la Commissione e l’Autorità di vigilanza EFTA hanno svolto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 3 giugno 2010.

V –    Analisi giuridica

A –    Sintesi delle osservazioni

40.      In limine, si deve ricordare che il governo tedesco, così come i governi danese, francese e italiano nonché la Commissione, concludono nel senso che la normativa nazionale controversa non solleva problemi sotto il profilo dei principi di equivalenza e di effettività. Essi considerano sostanzialmente che, se pure i singoli devono effettivamente poter invocare la responsabilità dello Stato per la violazione del diritto dell’Unione, i principi di effettività del diritto dell’Unione e di tutela giurisdizionale effettiva non possono estendersi fino ad imporre agli Stati membri di concedere il gratuito patrocinio alle persone giuridiche, che sono soltanto creazioni artificiali degli ordinamenti giuridici nazionali e vengono riconosciute solo se, in particolare, dispongono di risorse sufficienti ad assicurarne la sopravvivenza. In assenza di misure di armonizzazione adottate a livello dell’Unione, tenuto conto dei regolamenti di procedura dei suoi organi giurisdizionali e della natura stessa del gratuito patrocinio, di cui alcuni governi hanno sottolineato il carattere essenzialmente sociale legato alla dignità umana, appare pienamente giustificato, e legittimo, subordinare eventualmente la concessione del gratuito patrocinio alle persone giuridiche a condizioni molto più restrittive di quelle applicabili nel caso in cui l’assistenza giudiziaria venga richiesta da una persona fisica.

41.      Per contro, la ricorrente nella causa principale, il governo polacco e l’Autorità di vigilanza EFTA esprimono riserve riguardo alla disposizione nazionale controversa. Secondo la DEB, poiché nel caso in cui non le venisse concesso il gratuito patrocinio essa dovrebbe rinunciare all’azione per il risarcimento dei danni, la violazione del principio di effettività sarebbe manifesta, in quanto le verrebbe concretamente impedito di far valere in giudizio diritti che le sono stati conferiti dal diritto dell’Unione, valutazione che l’Autorità di vigilanza EFTA condivide, ancorché esprimendola in maniera più sfumata. Il governo polacco contesta l’interpretazione troppo restrittiva data dai giudici tedeschi alla nozione di «interesse generale» e ritiene che siffatta violazione del principio di effettività non sia proporzionata. Conseguentemente, la ricorrente nella causa principale, il governo polacco e l’Autorità di vigilanza EFTA concludono per la sussistenza di una violazione del principio di effettività.

B –    Tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione e principio di responsabilità dello Stato per la violazione di tale diritto

42.      In base ad una giurisprudenza costante della Corte (6), il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti ai privati dal diritto dell’Unione costituisce un principio generale di diritto dell’Unione; esso deriva dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri ed è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e, più recentemente, dall’art. 47 della Carta (7).

43.      La tutela giurisdizionale effettiva così sancita consiste nel garantire ai singoli la possibilità di far valere i diritti loro conferiti dal diritto dell’Unione. Essi devono poter ottenere un risarcimento dinanzi al giudice nazionale anche quando i loro diritti siano stati violati dallo Stato.

44.      Infatti, dalla logica stessa dei Trattati e degli impegni assunti dagli Stati membri con la decisione di aderire all’Unione discende che la responsabilità di questi ultimi deve poter essere invocata dai singoli che si ritengano vittime di una violazione del diritto dell’Unione da parte dello Stato.

45.      In tal modo si perseguono al contempo l’obiettivo del rispetto degli obblighi assunti dagli Stati membri nell’ambito del diritto dell’Unione e quello di garantire ai singoli la piena efficacia dei diritti loro conferiti dal tale ordinamento. Risulta, infatti, da una giurisprudenza costante che gli Stati membri sono tenuti, in forza del principio di leale cooperazione enunciato all’art. 10 CE, a garantire la piena efficacia delle norme dell’Unione e a tutelare i diritti che esse conferiscono ai singoli (8).

46.      Il diritto al risarcimento delle persone lese da una violazione del diritto dell’Unione è un principio cardine dell’Unione di diritto realizzata dai Trattati nonché una declinazione particolare del principio della tutela giurisdizionale effettiva. Al contempo, la carta costituzionale di base dell’Unione, costituita dai Trattati, è animata da uno spirito di cooperazione giurisdizionale. Pertanto, quando la Corte ha, logicamente, sancito il principio della responsabilità dello Stato per la violazione del diritto dell’Unione, essa ha altrettanto logicamente dichiarato che le azioni dirette a far valere tale principio devono poter essere esercitate dinanzi ai giudici nazionali, giudici dell’Unione di diritto comune, e che spetta quindi agli ordinamenti giuridici nazionali determinare i giudici competenti e le condizioni formali e sostanziali di tali azioni. L’autonomia procedurale e giurisdizionale degli Stati membri impone di riconoscere loro un margine di discrezionalità in tale materia.

47.      Tuttavia, tale libertà deve necessariamente essere inquadrata. Se è vero che è nell’ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che i singoli devono poter far valere la responsabilità dello Stato che ha violato il diritto dell’Unione, «le condizioni (…) stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna (principio dell’equivalenza) e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (principio di effettività)» (9).

48.      Nella specie, occorre rilevare che esiste la possibilità per i singoli di esercitare un’azione di responsabilità contro lo Stato tedesco per violazione del diritto dell’Unione. Rimane da stabilire se i principi di equivalenza e di effettività siano rispettati dalla normativa nazionale.

C –    Sul principio di equivalenza

49.      Il principio di equivalenza, secondo cui la complessiva disciplina dei ricorsi deve essere applicata indistintamente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto dell’Unione e a quelli fondati sulla violazione del diritto interno (10), è effettivamente rispettato nel caso di specie. La tassa processuale dev’essere pagata per ogni azione di responsabilità intentata contro lo Stato per una pretesa violazione del diritto interno o del diritto dell’Unione. Inoltre, le condizioni per l’ammissione al gratuito patrocinio delle persone giuridiche sono le stesse sia che esse esercitino un’azione di responsabilità dello Stato per violazione del diritto nazionale sia che tentino di far dichiarare la responsabilità dello Stato tedesco per violazione del diritto dell’Unione.

D –    Sul principio di effettività

50.      Come giustamente rilevato dal giudice del rinvio, la questione sollevata nel presente procedimento riguarda piuttosto la compatibilità con il diritto dell’Unione, e in particolare con il principio di effettività, di una normativa nazionale che, nel caso specifico sottoposto alla Corte, ha la conseguenza di non contribuire a superare le difficoltà incontrate da una persona giuridica nell’accedere alla giustizia per far valere i diritti rivendicati in forza del diritto dell’Unione.

51.      Tale situazione discende dall’effetto combinato di due disposizioni.

52.      La prima è l’art. 12 del GKG, che impone alle parti, quali che siano, il pagamento di una tassa il cui importo è commisurato al valore stimato della causa. La normativa tedesca non prevede massimali. La seconda disposizione è l’art. 116, n. 2, della ZPO, che offre alle persone giuridiche la possibilità di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato alla specifica condizione che la rinuncia all’azione sia contraria all’interesse generale, condizione che i giudici tedeschi interpretano restrittivamente.

53.      Tenuto conto della giurisprudenza della Corte, mi sembra importante ricollocare l’art. 116, n. 2, della ZPO nel contesto più ampio delle norme di procedura tedesche. In altre parole, anche se le osservazioni scritte delle parti interessate sono incentrate sul problema del diniego del gratuito patrocinio alle persone giuridiche, le condizioni cui è subordinata tale agevolazione devono essere analizzate nel contesto più ampio dell’organizzazione generale della procedura quale definita dallo Stato membro in questione.

1.      Sulla possibilità di subordinare il procedimento al pagamento di una tassa, a condizione che essa non risulti sproporzionata

54.      In questa fase dell’analisi mi preme ricordare alla Corte che gli Stati membri, nell’ambito della loro autonomia procedurale, sono liberi di subordinare l’esercizio di azioni giudiziarie al pagamento di spese processuali. Tali spese assumono generalmente due forme del tutto diverse: può trattarsi di una tassa riscossa dallo Stato a titolo della partecipazione delle parti al processo per finanziare il servizio pubblico della giustizia, oppure di un anticipo sulle spese processuali, di una cauzione depositata dal ricorrente per garantire al convenuto che, qualora risulti soccombente, parteciperà al pagamento delle spese sostenute dalla difesa.

55.      Finora la Corte ha dovuto conoscere solo di meccanismi detti di «cautio judicatum solvi», che corrispondono alla seconda forma di spese sopra menzionate. La particolarità dei meccanismi di cui la Corte ha dovuto valutare la conformità con il diritto dell’Unione consisteva nel fatto che tale cauzione, generalmente detta «cauzione dello straniero», deve essere versata dal ricorrente che non risiede sul territorio e non possiede la cittadinanza dello Stato membro dei giudici aditi, mentre non viene richiesta ai cittadini dello Stato membro in questione, neppure quando non risiedono sul suo territorio e non possiedono ivi beni. Pertanto, si deve rilevare che la Corte ha basato la sua analisi sull’art. 12 CE, e sul divieto generale di discriminazione (11), e non sul principio di effettività del diritto dell’Unione.

56.      In udienza il governo tedesco è stato invitato a precisare le modalità di calcolo della tassa di procedura. In tale occasione esso ha esposto che la normativa tedesca in materia ha stabilito un tariffario, sicché, a seconda del valore stimato della causa, l’interessato è posto in grado di conoscere anticipatamente, con la massima trasparenza, l’importo della tassa che dovrà versare. La tassa viene calcolata applicando una determinata percentuale al suddetto valore. Il governo tedesco ha precisato che essa è volta essenzialmente a far contribuire gli utenti al finanziamento del servizio pubblico della giustizia. Poiché la tassa prelevata sulle controversie di scarsa importanza economica non è sufficiente a coprire il costo reale del processo, sulle controversie di maggior valore viene riscossa una tassa più elevata. È sulla base di tali considerazioni che la tassa di procedura dovuta dalla DEB è stata fissata in circa EUR 275 000.

57.      Orbene, più le spese processuali sono elevate, più aumenta il rischio che il ricorrente non possa sostenerle e debba chiedere di esserne esentato. La fissazione di spese processuali elevate, associata a condizioni molto restrittive per la concessione del gratuito patrocinio, potrebbe essere considerata atta a determinare una violazione del diritto di accesso alla giustizia, tanto più se la tassa dev’essere versata, come nella specie, prima dell’inizio del procedimento. La questione sollevata nel caso di specie è se la ripartizione dei costi del servizio pubblico della giustizia tra lo Stato e gli utenti di tale servizio, quale stabilita dalla normativa tedesca, sia adeguata oppure vada al di là di quanto non sia ragionevole o equo traducendosi, in una situazione concreta come quella in esame, in un’inaccettabile limitazione dell’accesso alla giustizia. Tale questione può essere esaminata adeguatamente solo dal giudice della causa principale, alla luce del fumus boni iuris dell’azione che la ricorrente nella causa principale intende esercitare e sul quale non si sono pronunciati né il Landgericht Berlin, come rilevato al paragrafo 31 delle presenti conclusioni, né il Kammergericht Berlin.

58.      Sempre in udienza, il governo tedesco ha precisato che, pur senza essere realmente considerato una condizione di ricevibilità, il pagamento della tassa deve essere effettuato a pena di improcedibilità dell’azione. Devo ammettere che la sfumatura sembra sottile, ma, in ogni caso, l’accesso alla giustizia è reso ancor più difficile dalla circostanza che la Repubblica federale di Germania, a differenza di altri Stati membri, non ha fissato massimali e non offre alcuna possibilità di pagamento a posteriori della tassa (12). Pertanto, ritengo che nell’analisi della situazione della DEB si debba prendere in considerazione non solo la normativa tedesca relativa alle condizioni per la concessione del gratuito patrocinio alle persone giuridiche, ma anche il sistema processuale tedesco che impone il pagamento di una tassa di procedura. Ciò corrisponde peraltro alla questione posta dal giudice del rinvio, il quale, come risulta dal paragrafo 37 delle presenti conclusioni, chiede se sia ammissibile una normativa nazionale che, in primo luogo, subordina l’esercizio di un’azione giurisdizionale al pagamento di una tassa e, in secondo luogo, prevede che l’esenzione dalla stessa non possa essere accordata ad una persona giuridica che non sia in grado di effettuare tale pagamento preliminare e non soddisfi le condizioni restrittive previste da detta normativa.

59.      Per la precisione, l’applicazione di un regime di assistenza giudiziaria riveste un’importanza particolare negli Stati che hanno scelto di pretendere il pagamento di spese connesse ai procedimenti giurisdizionali, poiché in detti Stati essa viene generalmente intesa come una contropartita. Pertanto, la valutazione dell’adeguatezza delle spese processuali costituisce un ulteriore indizio per misurare la gravità della violazione del diritto di accesso alla giustizia derivante dal rifiuto di concedere il patrocinio a spese dello Stato (13). Infatti, senza alcuna pretesa di anticipare la risposta che verrà data su questo punto dal giudice del rinvio, ritengo necessario ricordare che, nella situazione della DEB, se la tassa di procedura fosse stata meno elevata, essa avrebbe oggettivamente avuto maggiori possibilità di intentare un’azione giudiziaria, poiché le sarebbe stato più facile fare ricorso ad un finanziamento esterno (ad esempio un prestito bancario).

2.      Sulla questione della portata del diritto al gratuito patrocinio delle persone giuridiche

a)      Il complesso di indizi

60.      Ho già rilevato che tale delicata questione viene sottoposta alla Corte per la prima volta. La risposta è resa ancor più delicata dal fatto che nella specie sono effettivamente applicabili solo poche norme positive. Occorre quindi fare ricorso a ciò che definirei un «complesso di indizi», costituito al contempo dalla prassi internazionale, dalla giurisprudenza della Corte EDU, dallo stato del diritto dell’Unione in materia e dalle prassi dei singoli Stati membri.

i)      La prassi internazionale

61.      La prassi internazionale non sembra esigere dagli Stati che essi concedano il gratuito patrocinio alle persone giuridiche. Né l’art. 20 della Convenzione dell’Aia relativa alla procedura civile né l’art. 1 dell’Accordo europeo sulla trasmissione delle domande di assistenza giudiziaria né l’art. 1, primo e secondo comma, della Convenzione dell’Aia volta a facilitare l’accesso internazionale alla giustizia consentono di concludere che alle persone giuridiche è riconosciuto un diritto al gratuito patrocinio equivalente a quello riconosciuto alle persone fisiche. Infatti, questi vari accordi e convenzioni menzionano quali beneficiari unicamente «[i] cittadini di uno Stato contraente», «[o]gni persona che abbia la propria residenza abituale nel territorio di una delle Parti contraenti» o «[i] cittadini di uno Stato contraente [e] le persone (…) che hanno risieduto abitualmente in uno Stato contraente nel quale è o sarà intrapresa una procedura giudiziaria» (14). Orbene, mi sembra che i termini «cittadini» e «persone che risiedono abitualmente» vengano impiegati per designare persone fisiche.

62.      Si deve inoltre rilevare che la Convenzione dell’Aia volta a facilitare l’accesso internazionale alla giustizia non menziona mai le persone giuridiche nel capitolo 1 relativo al patrocinio gratuito. Esse sono invece espressamente menzionate dalle disposizioni del capitolo 2 a proposito della cautio judicatum solvi e dell’exequatur di condanne a spese ed esborsi. In altre parole, l’assenza di riferimenti alle persone giuridiche nel capitolo 1 non è dovuta a una dimenticanza né a negligenza dei redattori della detta Convenzione. Ancor più significativamente, la prassi internazionale ammette anche la possibilità di imporre alle persone giuridiche il pagamento delle spese processuali (a condizione che non vengano richieste solo ai ricorrenti stranieri) senza prevedere, a loro vantaggio e in contropartita, un sistema di gratuito patrocinio.

ii)    La CEDU e la giurisprudenza della Corte EDU

63.      Per quanto concerne la CEDU, che costituisce ormai da molto tempo una fonte di primaria importanza per l’ordinamento giuridico dell’Unione e che, con l’adesione dell’Unione, acquisterà ufficialmente forza vincolante nei confronti di quest’ultima sulla base di un accordo internazionale che essa è tenuta a rispettare, si deve rilevare che il suo art. 6, n. 3, lett. c), accenna al gratuito patrocinio solo in riferimento ai procedimenti penali. La Corte EDU ne ha dedotto una differenza fondamentale dichiarando che «la Convenzione non obbliga a concedere il gratuito patrocinio in tutte le controversie in materia civile. Infatti, vi è una netta differenza tra i termini dell’art. 6, n. 3, lett. c), che garantisce il diritto al gratuito patrocinio a determinate condizioni nei procedimenti penali, e quelli dell’art. 6, n. 1, che non contiene alcun riferimento al gratuito patrocinio» (15). In altre parole, l’art. 6, n. 3, lett. c), della CEDU non può essere interpretato tanto estensivamente da imporre agli Stati parti della Convenzione di concedere sistematicamente il gratuito patrocinio.

64.      Il diniego del gratuito patrocinio nei procedimenti civili è quindi previsto dalla Corte EDU solo tramite l’art. 6, n. 1, della CEDU, cui detto giudice ha ricollegato il diritto di accesso alla giustizia (16). Nella causa Airey/Irlanda, cui fanno riferimento le spiegazioni relative all’art. 47, terzo comma, della Carta, una cittadina irlandese tentava di avviare un procedimento per ottenere la separazione giudiziaria dal marito. Benché il patrocinio legale non fosse obbligatorio, risultava che tutte le parti di analoghi procedimenti, per i quali era competente esclusivamente la High Court, si erano fatte assistere da un avvocato. Inoltre, all’epoca non era previsto in Irlanda alcun sistema di gratuito patrocinio nelle cause civili. La Corte EDU ha dichiarato che occorreva «accertare se la comparizione dinanzi alla High Court senza l’assistenza di un legale fosse efficace, nel senso che [la ricorrente] potesse esporre i propri argomenti in maniera adeguata e soddisfacente» (17). La Corte EDU riconosce che la CEDU non ha lo scopo di istituire un sistema generalizzato di gratuito patrocinio, bensì «si limita a prescrivere che il singolo possa esercitare il diritto effettivo di accesso alla giustizia con modalità non contrarie all’art. 6, n. 1» (18). La Corte EDU ammette che «la [CEDU] non contiene alcuna disposizione relativa al gratuito patrocinio» (19) per le controversie di natura civile, ma che «l’art. 6, n. 1, può talora obbligare lo Stato a fornire l’assistenza di un membro dell’Ordine forense quando ciò risulti indispensabile per un accesso effettivo alla giustizia o perché la legge prescrive il patrocinio di un avvocato, come fanno le normative nazionali di alcuni Stati contraenti per varie categorie di controversie, o in ragione della complessità della procedura o della causa» (20).

65.      È evidente che la valutazione della Corte EDU dipende in larga misura dalle circostanze del caso di specie. Nella causa Del Sol/Francia, la ricorrente (anche in quel caso una persona fisica) riteneva che il rifiuto di concederle il gratuito patrocinio avesse la conseguenza di impedirle l’accesso alla Cour de cassation francese e che si configurasse pertanto una violazione dell’art. 6, n. 1, della CEDU. Orbene, la Corte EDU non ha accolto questo approccio e ha invece proceduto ad un’analisi in concreto del sistema francese di gratuito patrocinio, rilevando che «il sistema attuato dal legislatore francese offre garanzie sostanziali ai singoli, idonee a tutelare dall’arbitrio», garanzie fornite, da un lato, dalle modalità di composizione dell’Ufficio di assistenza in giudizio istituito presso la Cour de cassation e, dall’altro, dal fatto che le decisioni di rigetto di detto Ufficio potevano essere impugnate con ricorso al primo presidente della Cour de cassation (21). Inoltre, detta Corte ha rilevato che la ricorrente aveva potuto esporre i propri argomenti in primo grado e in appello (22). La Corte EDU si era premurata di osservare preliminarmente che, «come ha sottolineato la Commissione europea dei diritti dell’uomo, è chiaro che un sistema di gratuito patrocinio non può funzionare senza applicare un dispositivo che consenta di selezionare le cause nelle quali è possibile fruirne» (23). Infine, ne ha dedotto che la sostanza stessa del diritto di accesso alla giustizia della ricorrente non era stata violata dal rifiuto dell’Ufficio di assistenza in giudizio di concederle il gratuito patrocinio.

66.      Più recentemente, la Corte EDU ha precisato i criteri da prendere in considerazione per valutare la compatibilità con la CEDU di un regime di assistenza in giudizio: la questione deve essere «risolta alla luce dei fatti e delle circostanze peculiari di ciascun caso di specie e dipende in particolare dalla gravità delle possibili conseguenze per il ricorrente, dalla complessità della normativa e della procedura applicabili nonché dalla capacità del ricorrente di difendersi in modo efficace» (24). Essa ammette, al contempo, che il diritto di accesso a un tribunale non è assoluto e può essere soggetto a limiti, «a condizione che essi perseguano uno scopo legittimo e siano proporzionati» (25). La Corte EDU ritiene, pertanto, che la concessione del gratuito patrocinio possa essere limitata in funzione della situazione economica del richiedente o delle sue possibilità di vincere la causa (26). Riconosce, inoltre, che gli Stati non sono tenuti ad adoprarsi per garantire, con fondi pubblici, la totale parità delle armi tra la persona assistita e la sua controparte, purché venga offerta ad entrambe una ragionevole possibilità di difendersi (27).

67.      Indubbiamente, l’impiego da parte della Corte EDU del termine «singolo» riveste un’importanza particolare nel caso di specie, laddove essa enuncia che la CEDU «si limita a prescrivere che il singolo possa esercitare il diritto effettivo di accesso alla giustizia» (28). Tuttavia, la Corte EDU ha anche dovuto conoscere di un diniego di patrocinio gratuito opposto ad una persona giuridica nella causa VP Diffusion Sarl /Francia (29). Il rifiuto proveniva nuovamente dall’Ufficio di assistenza in giudizio della Cour de cassation francese. Il governo francese sosteneva che, poiché la CEDU non obbligava a concedere il gratuito patrocinio in tutte le controversie in materia civile, il suo diniego non violava la sostanza stessa dell’art. 6, n. 1, di detta Convenzione, in quanto perseguiva uno scopo legittimo e rispettava un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo da raggiungere. Ancora una volta la Corte EDU ha ritenuto che non fosse stata violata la sostanza dell’art. 6, n. 1, in particolare perché il diritto di accesso alla giustizia era stato soddisfatto in primo grado e in appello. Ma, al di là di questo, essa ricorda altresì che «la [CEDU] non conferisce al ricorrente in un procedimento civile alcun diritto automatico a fruire del gratuito patrocinio o ad essere rappresentat[o] da un avvocato» (30). Inoltre, la Corte EDU riconosce che «l’ordinamento giudiziario può comportare una procedura di selezione delle azioni civili, che tuttavia deve funzionare in maniera non arbitraria, non sproporzionata e senza ledere la sostanza del diritto di accesso alla giustizia». Rileva, poi, «che a livello europeo non esiste una soluzione condivisa o quanto meno un orientamento consolidato in materia di concessione del gratuito patrocinio. Le legislazioni di molti Stati non prevedono tale beneficio per le persone giuridiche, a prescindere dal loro scopo, sia esso commerciale o non lucrativo. Nella specie, la Corte EDU ritiene che la distinzione giuridica esistente nel sistema francese di assistenza giudiziaria fra persone fisiche e persone giuridiche con o senza scopo di lucro, fondata sul regime fiscale del gratuito patrocinio, non sia arbitraria (…). Nel diritto francese esiste una base oggettiva – le norme relative all’imposta sulle società – che consente alle società commerciali, anche in difficoltà finanziarie, di far fronte alle spese inerenti ad un procedimento giurisdizionale». La Corte EDU considera inoltre non discriminatoria la disparità di trattamento in materia di assistenza giudiziaria fra le società commerciali, da un lato, e le persone fisiche e le persone giuridiche senza scopo di lucro, dall’altro, in quanto si fonda su una giustificazione oggettiva e ragionevole, costituita dal regime fiscale del patrocinio a spese dello Stato.

68.      Mi sembra che da quanto precede emerga che la CEDU, come interpretata dalla Corte EDU, non contiene alcuna disposizione che imponga espressamente e incondizionatamente agli Stati contraenti di istituire un sistema di gratuito patrocinio a vantaggio sia delle persone fisiche che di quelle giuridiche. È vero che nulla osta a che l’ordinamento giuridico dell’Unione offra una tutela maggiore rispetto all’art. 6, n. 1, della CEDU (31). Tuttavia, non sussiste nemmeno alcun reale fondamento di diritto positivo che consenta di imporre alla Repubblica federale di Germania di rivedere, tout court, il sistema di gratuito patrocinio in favore delle persone giuridiche.

iii) A livello dell’Unione

69.      L’art. 47, terzo comma, della Carta, cui fa riferimento la direttiva 2003/8, ma senza forza vincolante all’epoca dei fatti della causa principale, prevede che il gratuito patrocinio venga concesso «[a] coloro che non dispongono di mezzi sufficienti». Gli altri due commi di tale articolo fanno invece riferimento a «ogni individuo». Le spiegazioni relative alla Carta (32) rinviano sia alla sentenza Airey/Irlanda (33) sia al sistema di assistenza legale applicato dinanzi ai giudici dell’Unione, sicché non può trarsi alcuna conclusione definitiva dalla consacrazione nella Carta di un diritto al gratuito patrocinio, peraltro ampiamente mutuato dalla CEDU.

70.      Inoltre, non è stato possibile individuare alcuna norma che armonizzi le condizioni per la concessione del gratuito patrocinio e possa essere applicata al caso di specie. Nondimeno, e sebbene non sia applicabile al caso in esame, la direttiva 2003/8 contiene elementi che possono fornire chiarimenti utili su come il legislatore dell’Unione concepisce attualmente il gratuito patrocinio.

71.      La direttiva 2003/8 è volta a stabilire le condizioni per la concessione del gratuito patrocinio nelle controversie transfrontaliere. Orbene, in questi casi il beneficio è concesso solo alle persone fisiche, posto che il tredicesimo ‘considerando’ della direttiva fa riferimento a «[t]utti i cittadini dell’Unione, a prescindere dal loro luogo di domicilio o dimora abituale», e che il suo art. 3 pone il principio secondo cui «[l]a persona fisica» può pretendere il patrocinio a spese dello Stato alle condizioni ed entro i limiti stabiliti dalla direttiva medesima.

72.      I regolamenti di procedura degli organi giurisdizionali dell’Unione non appaiono più favorevoli per le persone giuridiche. Sia dinanzi al Tribunale della funzione pubblica (davanti al quale, tuttavia, le ipotesi di ricorsi proposti da persone giuridiche sono più limitate), sia dinanzi al Tribunale di primo grado, il gratuito patrocinio è strettamente riservato alle persone fisiche (34), anche quando la relativa domanda venga proposta dal curatore fallimentare di una società commerciale (35).

73.      Dinanzi alla Corte, la situazione appare più ambigua. L’art. 76, n. 1, primo comma, del suo regolamento di procedura non utilizza il vocabolo «persona», bensì quello di «parte». Esso avrebbe quindi potuto essere interpretato estensivamente, potendo le parti essere sia persone fisiche che persone giuridiche.

74.      Sembra invece che la prassi sia consistita nel respingere, in maniera sistematica, le domande di gratuito patrocinio presentate alla Corte dalle persone giuridiche. Benché per molto tempo la Corte non sia stata tenuta a motivare le proprie ordinanze di diniego del gratuito patrocinio (36), si può presumere, tenuto conto della prassi costante, che tali dinieghi si fondassero sul fatto che la parte richiedente era una persona giuridica (37).

75.      Il rifiuto di concedere il gratuito patrocinio dinanzi al Tribunale, quindi anche nell’ipotesi di un ricorso diretto, dimostra che persino davanti ai giudici dell’Unione il principio di effettività del diritto dell’Unione e il diritto alla tutela giurisdizionale a vantaggio dei singoli non sono assoluti e possono incontrare limiti. È vero che le spese sostenute dinanzi ai giudici dell’Unione sono quelle inerenti all’assistenza e alla rappresentanza in giudizio, dato che i vari regolamenti di procedura non impongono alcuna tassa equiparabile a quella in discussione nella causa principale né alcuna cauzione. Tuttavia, non si può escludere l’ipotesi che una persona giuridica, priva di qualsiasi possibilità di ottenere il gratuito patrocinio dinanzi al Tribunale, e tenuto conto degli onorari generalmente richiesti dagli avvocati, in particolare nel settore del diritto della concorrenza, sia costretta a rinunciare all’azione.

iv)    La prassi individuale degli Stati membri

76.      Senza pretese di esaustività, farò riferimento solo ad alcuni Stati membri dell’Unione per dimostrare che dall’esame comparato delle prassi nazionali in materia di gratuito patrocinio non si può trarre alcuna conclusione definitiva.

77.      Ho già ricordato il caso della Francia, dove la possibilità – eccezionale – di concedere il gratuito patrocinio alle persone giuridiche è prevista solo per quelle senza scopo di lucro aventi sede in Francia e che non dispongono di risorse sufficienti (38). Le altre persone giuridiche non possono pretendere il gratuito patrocinio, ma possono dedurre dalle tasse le spese inerenti ai procedimenti giurisdizionali. La Repubblica italiana, dal canto suo, ha adottato uno schema analogo a quello dibattuto nella causa principale, dato che per l’iscrizione a ruolo delle cause esige il pagamento di una tassa proporzionale al valore della controversia. Solo il «cittadino non abbiente», secondo i termini utilizzati della normativa italiana, può essere eventualmente esentato dal pagamento della tassa (39). Nel Granducato di Lussemburgo il gratuito patrocinio è riservato alle persone fisiche, ma alcune di esse non possono farne richiesta: ciò vale per i commercianti, gli industriali, gli artigiani e i liberi professionisti in relazione alle controversie vertenti sulla loro attività commerciale o professionale. Analogamente, il gratuito patrocinio non può essere accordato per le controversie risultanti da attività di carattere speculativo (40). Il Regno di Danimarca riserva il beneficio del gratuito patrocinio alle persone fisiche, salvo casi del tutto eccezionali nelle cause che abbiano valore di principio o rivestano un interesse generale; le cause rientranti nel settore industriale e commerciale sono escluse, in linea di principio, dal diritto al gratuito patrocinio (41).

78.      Questa piccola rassegna delle prassi nazionali consente di trarre due conclusioni.

79.      In primis, essa evidenzia l’assenza di un principio davvero comune che sia condiviso dagli Stati membri in materia di concessione del gratuito patrocinio e che possa eventualmente essere trasposto e sancito a livello dell’Unione.

80.      In secundis, la distinzione fra persone giuridiche aventi scopo di lucro e persone giuridiche senza scopo di lucro, nel senso che per queste ultime è più facile l’accesso al gratuito patrocinio, è relativamente diffusa nelle prassi degli Stati membri.

b)      Applicazione a fattispecie come quella oggetto della causa principale

81.      In linea con quanto prescrive la Corte EDU allorché deve accertare se vi sia stata violazione dell’art. 6, n. 1, della CEDU, la Corte di giustizia ha ritenuto con giurisprudenza costante che, quando deve pronunciarsi sulla compatibilità di una disposizione con il principio di effettività, deve analizzarla non in astratto, bensì in relazione alle peculiarità del caso, per verificare se il ricorso non sia stato reso eccessivamente difficile «tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento» (42). La Corte esige, perché siffatta limitazione del principio di effettività sia ammissibile, una ragionevole giustificazione (43). Si deve quindi esaminare se l’interpretazione data dai giudici tedeschi all’art. 116, n. 2, della ZPO possa essere giustificata nell’ottica della salvaguardia di uno dei suddetti principi.

82.      Benché risulti da una giurisprudenza costante della Corte che non spetta a quest’ultima pronunciarsi sull’interpretazione del diritto interno, compito che incombe esclusivamente al giudice del rinvio, il quale deve, nella fattispecie, determinare se i requisiti di equivalenza e di effettività siano soddisfatti dalle disposizioni della normativa nazionale pertinente, la Corte può però fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (44), come mi accingo a fare.

83.      Le difficoltà incontrate dalla DEB nell’accedere ad un tribunale sono dovute all’applicazione alle persone giuridiche di condizioni più restrittive per la concessione del gratuito patrocinio. Con la questione sottoposta alla Corte si chiede se il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva e il principio di effettività del diritto dell’Unione debbano essere tutelati con la stessa intensità sia che si tratti di persone giuridiche sia che si tratti di persone fisiche.

84.      Nell’ordinamento giuridico tedesco l’accesso di una persona giuridica alla giustizia può essere garantito fino al punto di concederle un’assistenza in giudizio a spese della collettività solo se la causa in questione riveste una dimensione più ampia rispetto agli interessi economici esclusivi di detta persona giuridica. Tale è, in ogni caso, l’interpretazione data dai giudici nazionali all’art. 116, n. 2, della ZPO e, più precisamente, alla nozione di «interesse generale».

85.      Ritengo che l’interesse generale in questione debba essere valutato con particolare cautela. Si potrebbe sostenere che l’interpretazione restrittiva data alla suddetta disposizione nazionale abbia la conseguenza di svuotare l’art. 116 della ZPO della sua sostanza e possa costituire il fondamento di un rigetto sistematico dissimulato delle domande di gratuito patrocinio proposte dalle persone giuridiche.

86.      Quest’ultima osservazione mi ispira due riflessioni.

87.      Anzitutto, se pure la normativa tedesca in materia risulta effettivamente restrittiva, e probabilmente rende l’esercizio di un’azione più difficile per le persone giuridiche che non per le persone fisiche, tuttavia si deve riconoscere che nella Repubblica federale di Germania è possibile concedere il gratuito patrocinio alle persone giuridiche, cosa che non avviene in tutti gli ordinamenti giuridici degli altri Stati membri dell’Unione (45).

88.      Il gratuito patrocinio, in ogni caso, non è mai concepito come un diritto assoluto (46). Anche per quanto riguarda le persone fisiche, esso è per natura soggetto a condizioni attinenti alla situazione patrimoniale e talora alla fondatezza della domanda.

89.      Mi sembra, poi, che, riflettendo sulla tutela giurisdizionale offerta ai singoli per i diritti loro conferiti dal diritto dell’Unione, si debba procedere a una duplice distinzione che non è espressamente formulata dalla normativa tedesca, ma può esserne agevolmente dedotta. Infatti, occorre distinguere secondo che si tratti di persone fisiche o giuridiche e poi secondo che si tratti di una persona giuridica che persegue scopi di lucro o altri scopi. La giurisprudenza nazionale relativa all’art. 116, n. 2, della ZPO mira, di fatto, a contrastare le azioni abusive che potrebbero essere eventualmente esercitate da persone giuridiche che perseguono scopi di lucro e la cui costituzione in giudizio sarebbe diretta unicamente a ricavare un certo vantaggio dal mero esercizio di un’azione processuale. Di conseguenza, non mi sembra che si possa esigere dagli Stati membri, nemmeno in nome dell’effettività del diritto dell’Unione, che assicurino a tali entità giuridiche un accesso effettivo alla tutela giurisdizionale facendone eventualmente sostenere il costo alla collettività.

90.      L’art. 116, n. 2, della ZPO, come interpretato dai giudici tedeschi, sembra quindi volto a consentire di escludere dal beneficio del gratuito patrocinio le persone giuridiche con scopo di lucro che promuoverebbero un’azione giudiziaria solo per tutelare i propri interessi economici e commerciali. In un certo senso, la persona giuridica deve assumersi il rischio economico inerente alla sua attività, che deve sopportare da sola, anche nei procedimenti giurisdizionali.

91.      A tal riguardo va rilevato che, ai sensi della direttiva 2003/8, che tuttavia si applica solo alle persone fisiche, il gratuito patrocinio può essere negato se una persona fisica formula una «domanda [che riguarda] una pretesa derivante direttamente dall’attività autonoma o commerciale del richiedente» (47). Sia a livello internazionale che a livello dell’Unione si ammette che in tali circostanze possa essere negato il beneficio del gratuito patrocinio anche alle persone fisiche. Si accetta perciò il rischio che una parte venga privata del diritto alla tutela giurisdizionale per effetto della ponderazione di interessi contrapposti: quello delle parti a che la loro causa venga esaminata e quello dello Stato ad assicurare la corretta amministrazione della giustizia e, allo stesso tempo, il controllo della spesa pubblica.

92.      In Germania questo rigore nei confronti delle persone giuridiche è tuttavia compensato, da un lato, dal fatto che, quando una società a responsabilità limitata si trova in gravi difficoltà e deve essere sottoposta ad una procedura di liquidazione, la normativa tedesca prevede la concessione automatica del gratuito patrocinio al liquidatore (48); dall’altro, dal fatto che, se il ricorso proposto dalla persona giuridica può avere gravi ripercussioni sociali, o conseguenze economiche che travalicano l’ambito esclusivo della persona giuridica ricorrente, i giudici tedeschi ritengono che la rinuncia all’azione sia contraria all’interesse generale, risultando così soddisfatta la condizione di cui all’art. 116, n. 2, della ZPO.

93.      Se ora si considera l’altra categoria di persone giuridiche, vale a dire quelle senza scopo di lucro, esse hanno per oggetto essenzialmente la tutela di interessi comuni (come le associazioni per la difesa dei consumatori, per la tutela dell’ambiente, ecc.) e possono assumere forme diverse, come quella di un’associazione o di una fondazione. In tal caso, mi sembra evidente che sia soddisfatta la condizione relativa al perseguimento di interessi generali, se la dimensione della controversia travalica l’ambito esclusivo dei membri o dei soci di dette persone giuridiche senza scopo di lucro. Queste ultime potranno, allora, beneficiare del gratuito patrocinio ed intentare senza difficoltà un’azione di responsabilità civile contro lo Stato per violazione del diritto dell’Unione.

94.      Pertanto, la normativa tedesca non limita il diritto delle persone giuridiche alla tutela giurisdizionale e, quindi, il principio di effettività del diritto dell’Unione nei loro confronti, ma solo quello delle persone giuridiche che perseguono uno scopo di lucro.

95.      Tale constatazione richiede due precisazioni.

96.      In primo luogo, questa distinzione ai fini della concessione del gratuito patrocinio sembra essere già stata implicitamente ammessa dalla Corte EDU (49). Tuttavia, applicare condizioni più restrittive alle persone giuridiche che perseguono scopi economici rende più difficile l’accesso a tale agevolazione, moltiplica le ipotesi di rigetto e quindi le situazioni in cui esse non hanno effettivamente accesso ad un tribunale. Nondimeno, si può ritenere che in tali circostanze, e alla luce di quanto precede, la limitazione prevista dalla normativa tedesca sia ragionevolmente giustificata (50).

97.      La Corte, infatti, ha già ammesso che la preoccupazione per il corretto svolgimento della procedura, cui mi sembra rispondere la norma tedesca che impone il pagamento della tassa unitamente alla disciplina in materia di gratuito patrocinio, anche nell’ambito di un ricorso contro lo Stato, possa costituire un limite legittimo al principio di effettività (51). Lo Stato, al pari di qualsiasi altro convenuto, deve potersi premunire contro le azioni abusive, tenuto conto del costo per la collettività implicato dall’occupazione delle sue aule giudiziarie e dalla sua difesa. Sotto questo profilo, sarebbe controproducente obbligare lo Stato a porre rimedio alle ristrettezze economiche di tutte le persone, fisiche e giuridiche, che non siano in grado di sostenere le spese processuali.

98.      Né la CEDU né la giurisprudenza della Corte EDU consentono di affermare che esiste un diritto assoluto al gratuito patrocinio di cui siano titolari le persone giuridiche. Certamente, l’art. 52, n. 3, della Carta (52), qualora la Corte dovesse stabilire che esso può effettivamente essere applicato con efficacia vincolante nel caso di specie, potrebbe consentire di andare oltre le garanzie finora offerte dalla CEDU e dalla giurisprudenza della Corte EDU. Si potrebbe interpretare estensivamente l’art. 47, terzo comma, della Carta nel senso che obbliga gli Stati membri a concedere il gratuito patrocinio alle persone giuridiche. Tuttavia, tale interpretazione, allo stato attuale del diritto dell’Unione, appare eccessiva.

99.      Infatti, il preambolo della Carta enuncia che «[l]a presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti dell’Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati». Orbene, come ho cercato di dimostrare, è impossibile dedurre dalla prassi degli Stati membri una loro qualsiasi tradizione costituzionale comune. Quanto alla prassi internazionale, dalla sua analisi sembra emergere semmai l’inesistenza di un obbligo internazionale degli Stati di concedere il gratuito patrocinio alle persone giuridiche.

100. Ritengo che adottare un’interpretazione così estensiva dell’art. 47, terzo comma, della Carta nell’ambito di una causa i cui fatti sono anteriori all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e, pertanto, della stessa Carta sarebbe contrario allo spirito di leale cooperazione che deve animare sia l’Unione che i suoi Stati membri.

101. Il principio di effettività del diritto dell’Unione non può essere interpretato nel senso che in una situazione come quella della causa principale – vale a dire in tutti i procedimenti in cui viene fatta valere la responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione – esso obbliga detti Stati a concedere sistematicamente il gratuito patrocinio alle persone giuridiche; tale beneficio ha, infatti, una natura necessariamente condizionata. Inoltre, se si adottasse tale approccio, si correrebbe il rischio di vedere il diritto dell’Unione strumentalizzato da entità giuridiche le cui azioni giudiziarie perseguirebbero solo scopi strettamente economici.

102. In secondo luogo, la disparità di trattamento fra persone giuridiche (che perseguono scopi di lucro) e persone fisiche implicata dall’ordinamento giuridico tedesco in materia di gratuito patrocinio è considerevolmente attenuata dal fatto che il governo tedesco ha ammesso in udienza che la tutela dell’effettività del diritto dell’Unione e, pertanto, la protezione dei diritti che ne derivano per i singoli possono certamente costituire «interessi generali» che occorre salvaguardare concedendo assistenza alla persona giuridica che ne faccia richiesta. In tale contesto, mi sembra che la questione sollevata ricada in definitiva piuttosto nella competenza interpretativa dei giudici nazionali tedeschi, che dispongono già di tutti gli elementi necessari per adottare un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione dell’art. 116, n. 2, della ZPO.

VI – Conclusione

103. Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo di rispondere nei termini seguenti alla questione pregiudiziale posta dal Kammergericht Berlin:

«Tenuto conto del fatto che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, non esiste alcun principio generale che imponga agli Stati membri di concedere il gratuito patrocinio alle persone giuridiche alle stesse condizioni previste per le persone fisiche, la compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che subordina al pagamento di una tassa l’esercizio di un’azione di responsabilità contro lo Stato per violazione del diritto dell’Unione e prevede che l’assistenza in giudizio – in particolare, l’esenzione del ricorrente dal pagamento della tassa – non possa essere concessa ad una persona giuridica che, pur senza essere in grado di effettuare tale pagamento, non soddisfi le condizioni restrittive previste da detta normativa, deve essere esaminata tenendo conto del ruolo di tale normativa nell’intera procedura.

Spetta quindi al giudice nazionale verificare se l’importo della tassa pretesa risulti adeguato alle circostanze del caso, in particolare al fumus boni iuris dell’azione di cui trattasi e ad un’appropriata ripartizione dei costi del servizio della giustizia, tra lo Stato e l’utente, che tenga in debito conto la situazione di quest’ultimo, compresa l’origine dei danni che egli afferma di aver subìto.

Inoltre, nell’applicare il principio di interpretazione conforme, il giudice nazionale potrà tenere conto del fatto che il governo tedesco ammette che la tutela dell’effettività del diritto dell’Unione – e, pertanto, quella dei diritti che ne derivano per i singoli – può costituire uno degli “interessi generali” che occorre prendere in considerazione per statuire su una domanda di assistenza giudiziaria proposta da una persona giuridica».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 26, pag. 41.


3 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU L 204, pag. 1).


4 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva [98/30] (GU L 176, pag. 57).


5 – Sentenza 1° aprile 2004, causa C‑64/03, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3551).


6 – Sentenza 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).


7 – In relazione a quest’ultima voglio sottolineare che, sebbene non fosse vincolante all’epoca dei fatti della causa principale, essa costituisce innegabilmente un elemento da prendere in considerazione nel caso di specie, tenuto conto in particolare del fatto che il legislatore dell’Unione ne ha espressamente riconosciuto l’importanza al quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/8 (per una situazione analoga, v. sentenza 27 giugno 2006, causa C‑540/03, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑5769, punto 38).


8 – Sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal (Racc. pag. 629, punto 16); 19 giugno 1990, causa C‑213/89, Factortame e a. (Racc. pag. I‑2433, punto 19), e 19 novembre 1991, cause riunite C‑6/90 e C‑9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I‑5357, punto 32).


9 – Sentenza 10 luglio 1997, causa C‑261/95, Palmisani (Racc. pag. I‑4025, punto 27).


10 – Sentenza 26 gennaio 2010, causa C‑118/08, Transportes Urbanos y Servicios Generales (Racc. pag. I‑635, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


11 – Sentenze 1° luglio 1993, causa C‑20/92, Hubbard (Racc. pag. I‑3777); 26 settembre 1996, causa C‑43/95, Data Delecta e Forsberg (Racc. pag. I‑4661); 20 marzo 1997, causa C‑323/95, Hayes (Racc. pag. I‑1711), nonché 2 ottobre 1997, causa C‑122/96, Saldanha e MTS (Racc. pag. I‑5325).


12 – A differenza di quanto prevede, ad esempio, la normativa italiana, che autorizza il recupero coattivo a posteriori della tassa che non sia stata pagata all’inizio del procedimento.


13 – Come ha già avuto occasione di verificare la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), rilevando a sua volta che «l’obbligo di pagare ai giudici civili le spese afferenti alle domande di cui essi devono conoscere non può essere considerato una restrizione del diritto di accesso alla giustizia incompatibile di per sé con l’art. 6, n. 1, della [CEDU]», a condizione tuttavia di raggiungere «il giusto equilibrio tra, da un lato, l’interesse dello Stato a coprire le spese processuali sostenute per la trattazione delle cause e, dall’altro, l’interesse del ricorrente a far valere le proprie pretese dinanzi ai giudici» (Cour eur. D.H., sentenza 19 giugno 2001, Kreuz/Polonia, ricorso n. 28249/95, rispettivamente punti 60 e 66). Va rilevato che nella specie il ricorrente era una persona fisica.


14 – V., rispettivamente, artt. 20 della Convenzione dell’Aia relativa alla procedura civile, dell’Accordo europeo sulla trasmissione delle domande di assistenza giudiziaria e della Convenzione dell’Aia volta a facilitare l’accesso internazionale alla giustizia.


15 – Cour eur. D.H., sentenza 26 febbraio 2002, Del Sol/Francia (ricorso n. 46800/99, punto 20).


16 – Cour eur. D.H., sentenza 21 febbraio 1975, Golder/Regno Unito (ricorso n. 4451/70).


17 – Cour eur. D.H., sentenza 9 ottobre 1979, Airey/Irlanda (ricorso n. 6289/73, punto 24).


18 – Ibidem (punto 26).


19 – Idem.


20 – Idem.


21 – Cour eur. D.H., sentenza Del Sol/Francia, cit. (punto 26).


22 – Idem.


23 – Cour eur. D.H., cit. (punto 23).


24 – Cour eur. D.H., sentenza 15 febbraio 2005, Steel e Morris/Regno Unito (ricorso n. 68416/01, punto 61).


25 – Ibidem (punto 62).


26 – Ibidem (punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


27 – Idem.


28 – V. sentenza Airey/Irlanda, cit. (punto 26)


29 – Cour eur. D.H., sentenza 26 agosto 2008, VP Diffusion Sarl/Francia (ricorso n. 14565/04).


30 – Idem.


31 – Dovrò tornare su questo punto nell’ambito dell’analisi della Carta: v. paragrafi 98 e segg. delle presenti conclusioni.


32 – GU 2007, C 303, pag. 17.


33 – Cit.


34 – Per un esempio recente dinanzi al Tribunale, v. ordinanza del presidente della Quarta Sezione 11 gennaio 2010, causa T‑235/09 AJ, Commissione/Edificios Inteco (punto 3), secondo cui, «se la domanda deve essere considerata proposta in nome della Edificios Inteco, essa va respinta in ragione del fatto che una persona giuridica (…) non può beneficiare del gratuito patrocinio, in quanto dall’art. 94, n. 2, del regolamento di procedura risulta che hanno diritto a tale beneficio solo le persone fisiche che si trovino nell’impossibilità totale o parziale di sostenere le spese connesse all’assistenza ed alla rappresentanza in giudizio dinanzi al Tribunale».


35 – Sentenza del Tribunale 22 gennaio 2009, causa T‑316/07, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel) (Racc. pag. II‑43, punti 16‑30).


36 – V. la modifica del regolamento di procedura della Corte introdotta il 12 luglio 2005, relativa in particolare all’art. 76, n. 3, secondo comma, il quale prevede che ormai le ordinanze di rifiuto totale o parziale dell’ammissione al gratuito patrocinio siano motivate (GU L 203, pag. 19).


37 – V. ordinanze 6 giugno 1980, causa 96/80 AJ, Jenkins; 7 maggio 1992, cause riunite C‑106/90 AJ, C‑317/90 AJ e C‑129/91 AJ, Emerald Meats Limited/Commissione; 4 marzo 1994, causa C‑3/94 AJ, Iraco/Commissione; 29 febbraio 1996, cause riunite C‑267/95 AJ e C‑268/95 AJ, Merck e Beecham; 3 febbraio 1997, causa C‑337/96 AJ, Commissione/Iraco, nonché 23 settembre 1999, causa C‑303/98 AJ, Simap. Per quanto è a mia conoscenza, la Corte ha pronunciato una sola ordinanza motivata di rigetto della domanda di gratuito patrocinio proposta da un’associazione; sorprendentemente, in quel caso la Corte ha verificato che la richiedente rispondesse effettivamente ai requisiti di cui all’art. 76 del suo regolamento di procedura. Essa ha, infatti, esaminato se la persona giuridica ricorrente potesse dimostrare la propria situazione di ristrettezza economica e se la sua azione non sembrasse palesemente infondata. Poiché le due condizioni non erano soddisfatte nel caso di specie, essa ha negato il gratuito patrocinio [v. ordinanza 26 ottobre 1995, causa C‑133/95 AJ, Amicale des résidents du square d’Auvergne].


38 – V. art. 2 della legge 10 luglio 1991, n. 647, relativa all’assistenza legale (loi n. 91‑647, relative à l’aide juridique), come modificata dalla legge 19 febbraio 2007, n. 210, recante riforma dell’assicurazione della tutela giudiziaria (loi n. 2007‑210, portant réforme de l’assurance de protection juridique) (JORF del 21 febbraio 2007, pag. 3051).


39 – Art. 74, n. 2, del Testo unico in materia di spese di giustizia n. 115/2002.


40 – Per quanto riguarda la serie di restrizioni alla concessione del gratuito patrocinio alle persone fisiche in Lussemburgo, v. art. 2, n. 2, secondo comma, della legge 18 agosto 1995, relativa al gratuito patrocinio (loi concernant l’aide judiciaire) (Mémorial A n. 81, pag. 1914).


41 – Artt. 325‑336 del codice di procedura (Retsplejeloven).


42 – Sentenze 14 dicembre 1995, causa C‑312/93, Peterbroeck (Racc. pag. I‑4599, punto 14), e cause riunite C‑430/93 e C‑431/93, van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I‑4705, punto 19), nonché sentenza 3 settembre 2009, causa C‑2/08, Fallimento Olimpiclub (Racc. pag. I‑7501, punto 27).


43 – Sentenza Fallimento Olimpiclub, cit. (punto 31). Analogo il criterio di compatibilità con la CEDU applicato dalla Corte EDU, secondo cui «una limitazione dell’accesso a un tribunale è conciliabile con l’art. 6, n. 1, solo se persegue uno scopo legittimo e sussiste un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito» (v. sentenza Kreuz/Polonia, cit., punto 55 e giurisprudenza ivi citata).


44 – Sentenza 29 ottobre 2009, causa C‑63/08, Pontin (Racc. pag. I‑10467, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


45 – V. paragrafi 76 e segg. delle presenti conclusioni.


46 – V., in particolare, sentenza Kreuz/Polonia, cit. (punto 59).


47 – V. diciassettesimo ‘considerando’ e art. 6, n. 3, della direttiva 2003/8. Tale limitazione sembra essere ammessa, in linea di principio, anche dalla Corte EDU: v. sentenza Kreuz/Polonia, cit. (punto 3).


48 – Art. 116, n. 1, della ZPO; peraltro, tale ipotesi è estranea alla questione dell’effettività del diritto dell’Unione.


49 – V. sentenza VP Diffusion Sarl/Francia, cit.


50 – Secondo l’espressione utilizzata dalla Corte nella sentenza Peterbroeck, cit. (punto 20).


51 – Sentenza Peterbroeck, cit.


52 – Il quale dispone che, «[l]addove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa».

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