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Document 62007CJ0337

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 18 dicembre 2008.
Ibrahim Altun contro Stadt Böblingen.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht Stuttgart - Germania.
Accordo di associazione CEE-Turchia - Art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione - Diritto di soggiorno del figlio di un lavoratore turco - Inserimento del lavoratore nel mercato regolare del lavoro - Disoccupazione involontaria - Applicabilità di detto accordo ai rifugiati turchi - Condizioni per la perdita dei diritti acquisiti.
Causa C-337/07.

European Court Reports 2008 I-10323

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2008:744

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

18 dicembre 2008 ( *1 )

«Accordo di associazione CEE-Turchia — Art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione — Diritto di soggiorno del figlio di un lavoratore turco — Inserimento del lavoratore nel regolare mercato del lavoro — Disoccupazione involontaria — Applicabilità di detto accordo ai rifugiati turchi — Condizioni per la perdita dei diritti acquisiti»

Nel procedimento C-337/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Verwaltungsgericht Stuttgart (Germania) con decisione 29 giugno 2007, pervenuta in cancelleria il 20 luglio 2007, nella causa

Ibrahim Altun

contro

Stadt Böblingen,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J. N. Cunha Rodrigues (relatore), U. Lõhmus e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il sig. Altun, dall’avv. P. Horrig, Rechtsanwalt;

per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e J. Möller, in qualità di agenti;

per il governo greco, dal sig. G. Karipsiadis e dalla sig.ra T. Papadopoulou, in qualità di agenti;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. V. Kreuschitz e G. Rozet, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 settembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7, primo comma, della decisione del Consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 1, relativa allo sviluppo dell’associazione (in prosieguo: la «decisione n. 1/80»). Il Consiglio di associazione è stato istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, e dagli Stati membri della CEE nonché dalla Comunità, dall’altro, e concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pag. 3685).

2

Detta domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Ibrahim Altun, cittadino turco, e la Stadt Böblingen in merito ad un procedimento di espulsione dell’interessato dal territorio tedesco.

Contesto normativo

La decisione n. 1/80

3

L’art. 6, nn. 1 e 2, della decisione n. 1/80 è formulato come segue:

«1.   Fatte salve le disposizioni dell’articolo 7, relativo al libero accesso dei familiari all’occupazione, il lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti diritti:

rinnovo, in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego, del permesso di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di un impiego;

candidatura, in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cui regolare offerta sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Stato membro, nella stessa professione, presso un datore di lavoro di sua scelta, dopo tre anni di regolare impiego, fatta salva la precedenza da accordare ai lavoratori degli Stati membri della Comunità;

libero accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attività dipendente di sua scelta, dopo quattro anni di regolare impiego.

2.   Le ferie annuali e le assenze per maternità, infortunio sul lavoro, o malattia di breve durata sono assimilate ai periodi di regolare impiego. I periodi di involontaria disoccupazione, debitamente constatati dalle autorità competenti, e le assenze provocate da malattie di lunga durata, pur senza essere assimilate a periodi di regolare impiego, non pregiudicano i diritti acquisiti in virtù del periodo di impiego anteriore».

4

L’art. 7 della decisione n. 1/80 stabilisce:

«I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni.

I figli dei lavoratori turchi che hanno conseguito una formazione professionale nel paese ospitante potranno, indipendentemente dal periodo di residenza in tale Stato membro e purché uno dei genitori eserciti legalmente un’attività lavorativa nello Stato membro interessato da almeno tre anni, rispondere a qualsiasi offerta d’impiego in tale Stato membro».

5

Ai termini dell’art. 14, n. 1, della medesima decisione:

«Le disposizioni della presente sezione vengono applicate fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di sicurezza e di sanità pubbliche».

La Convenzione di Ginevra

6

La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. La versione di questa Convenzione applicabile alla controversia principale è quella risultante dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati adottato il 31 gennaio 1967 a New York ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).

7

Ai sensi dell’art. 1, parte A, punto 2, della Convenzione di Ginevra, il termine «rifugiato» si applica a chiunque, «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure a chiunque, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra».

8

Conformemente all’art. 5 della Convenzione di Ginevra, nessuna delle disposizioni della medesima «può ledere gli altri diritti e vantaggi concessi ai rifugiati indipendentemente dalla Convenzione stessa».

Causa principale e questioni pregiudiziali

9

Il sig. Ibrahim Altun, ricorrente nella causa principale, è nato il 1o gennaio 1985 ed è figlio del sig. Ali Altun. Quest’ultimo, parimenti cittadino turco, è giunto in Germania in data 27 marzo 1996, in qualità di richiedente asilo. Con decisione 19 aprile 1996, il Bundesamt für die Anerkennung ausländischer Flüchtlinge (Ufficio federale per il riconoscimento dei rifugiati stranieri) gli ha riconosciuto tale status. A tale titolo, il 23 maggio 1996, il sig. Ali Altun ha ottenuto un permesso di soggiorno a tempo indeterminato in Germania.

10

Dopo vari cambiamenti di residenza, il sig. Ali Altun si è stabilito e vive a Böblingen dal 1o gennaio 2000.

11

Il sig. Ali Altun ha iniziato la sua attività lavorativa nel corso del luglio del 1999 presso una società di lavoro interinale a Stoccarda. A partire dal 1o aprile 2000 ha prestato servizio alle dipendenze di un’impresa di prodotti alimentari finché quest’ultima ha dichiarato fallimento, in data 1o giugno 2002. Il sig. Ali Altun è stato quindi invitato a dichiararsi disoccupato presso l’Arbeitsamt (Ufficio del lavoro) e il suo rapporto di lavoro si è concluso ufficialmente il 31 luglio 2002. Tra il 1o giugno 2002 e il 26 maggio 2003 egli ha ricevuto un sussidio di disoccupazione.

12

Il sig. Ali Altun ha avviato, nel corso del giugno del 1999, un procedimento di ricongiungimento familiare per la moglie, il figlio e le figlie. Munito di un visto rilasciato dalla Rappresentanza competente della Repubblica federale di Germania all’estero, il sig. Ibrahim Altun è giunto in Germania in data 30 novembre 1999, andando a risiedere presso il padre. Il 9 dicembre 1999 egli ha ottenuto un permesso di soggiorno valido fino al 31 dicembre 2000. Tale permesso è stato prorogato al 31 dicembre 2002, poi all’8 dicembre 2003.

13

Il 26 settembre 2002 il sig. Ibrahim Altun si è iscritto nelle liste di collocamento dell’Arbeitsamt. Il 1o settembre 2003 ha iniziato a frequentare un corso di formazione per giovani disoccupati, che ha abbandonato in data 2 aprile 2004.

14

Il sig. Ibrahim Altun è stato arrestato il 28 aprile 2003 per tentata violenza sessuale ai danni di una sedicenne ed è stato posto in stato di custodia cautelare sino al 27 maggio 2003. Con sentenza 16 settembre 2003 dell’Amtsgericht Böblingen (giudice di primo grado di Böblingen) il ricorrente è stato condannato ad un anno e tre mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale.

15

Il 20 novembre 2003 egli ha chiesto un altro rinnovo del suo permesso di soggiorno, il quale è stato respinto con decisione 20 aprile 2004 dalla Stadt Böblingen. Quest’ultima gli ha inoltre ingiunto di lasciare il territorio della Repubblica federale di Germania entro tre mesi dalla notifica di tale decisione, pena il rimpatrio forzato in Turchia.

16

La Stadt Böblingen ha sostenuto che il reato commesso dal sig. Ibrahim Altun era grave e costituiva, secondo il diritto nazionale, un motivo di rigetto di una domanda di rinnovo di un permesso di soggiorno. Inoltre, il sig. Ibrahim Altun non potrebbe beneficiare dei diritti previsti dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80.

17

Poiché anche il ricorso in opposizione proposto contro tale decisione dal ricorrente nella causa principale è stato respinto, quest’ultimo ha impugnato detto rigetto dinanzi al Verwaltungsgericht Stuttgart (Tribunale amministrativo di Stoccarda), facendo valere che il suo diritto di soggiorno deve essere valutato non solo sulla base del diritto nazionale, ma anche dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80.

18

Considerando che, ciò premesso, la soluzione della controversia richiede l’interpretazione del diritto comunitario, il Verwaltungsgericht Stuttgart ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’ottenimento dei diritti di cui all’art. 7, [primo comma], della decisione n. 1/80 (…) richieda che il “titolare del diritto originario”, presso il quale il familiare risiede regolarmente per un periodo triennale, soddisfi i requisiti di cui all’art. 7, [primo comma], della decisione n. 1/80 (…) durante l’intero periodo di tempo in questione.

2)

Se, affinché un familiare possa ottenere i diritti di cui all’art. 7, [primo comma], della decisione n. 1/80 (…), sia sufficiente che il “titolare del diritto originario”, nel corso di tale periodo, sia stato lavoratore dipendente per due anni e sei mesi presso diversi datori di lavoro e, alla fine, sia rimasto involontariamente disoccupato per sei mesi, rimanendo in tale stato anche in seguito, per un periodo di tempo più lungo.

3)

Se possa invocare l’art. 7 [primo comma] della decisione n. 1/80 (…) anche chi, in qualità di familiare, abbia ottenuto il permesso di risiedere presso un cittadino turco il cui diritto di soggiorno e quindi di accesso al regolare mercato del lavoro di uno Stato membro si fonda soltanto sulla concessione dell’asilo politico, in quanto perseguitato politico in Turchia.

4)

Nel caso di risposta affermativa alla terza questione, se anche un familiare possa invocare l’art. 7, [primo comma], della decisione n. 1/80 (…) qualora la concessione di asilo politico e il conseguente diritto di soggiorno e di accesso al regolare mercato del lavoro del “titolare del diritto originario” (in questo caso il padre) si fondino su dichiarazioni inesatte.

5)

Nel caso di risposta negativa alla quarta questione, se, in un simile caso, prima del diniego al familiare dei diritti di cui all’art. 7, [primo comma], della decisione n. 1/80 (…), sia necessario che i diritti del “titolare del diritto originario” (in questo caso il padre) siano stati precedentemente ritirati o revocati».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle prime due questioni

19

Con le prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il figlio di un lavoratore turco possa beneficiare dei diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 quando, durante il loro triennio di coabitazione, il padre abbia esercitato un’attività subordinata solo per due anni e mezzo e sia rimasto disoccupato nei sei mesi successivi.

20

Secondo una costante giurisprudenza l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 ha efficacia diretta negli Stati membri, di modo che i cittadini turchi che ne soddisfano le condizioni possono far valere direttamente i diritti che esso attribuisce loro (sentenze 17 aprile 1997, causa C-351/95, Kadiman, Racc. pag. I-2133, punto 28, e 18 luglio 2007, causa C-325/05, Derin, Racc. pag. I-6495, punto 47).

21

La Corte ha anche affermato che i diritti che l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 conferisce al figlio di un lavoratore turco per quanto riguarda la sua situazione lavorativa nello Stato membro interessato implicano necessariamente, per evitare di privare di qualsiasi efficacia i diritti di accesso al mercato del lavoro e di svolgimento effettivo di un’attività lavorativa subordinata, l’esistenza di un correlato diritto di soggiorno in capo all’interessato (v., in particolare, sentenza Derin, cit., punto 47).

22

Come emerge dalla lettera stessa dell’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80, il diritto conferito al figlio di un lavoratore turco di rispondere a qualsiasi offerta di impiego nello Stato membro ospitante è subordinato a due condizioni, in base alle quali il lavoratore deve essere inserito nel regolare mercato del lavoro di tale Stato e il figlio deve ivi risiedere regolarmente da almeno tre anni. Occorre precisare che la prima condizione non si riferisce alla nozione di «regolare impiego» di cui all’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80, ma unicamente alla nozione di «inseri[mento] nel regolare mercato del lavoro».

23

Per quanto riguarda l’inserimento del lavoratore turco nel regolare mercato del lavoro, la Corte ha dichiarato, nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80, che tale nozione si riferisce a tutti i lavoratori che si sono conformati alle prescrizioni di legge e regolamentari dello Stato membro ospitante e che hanno quindi il diritto di esercitare un’attività lavorativa nel suo territorio (sentenze 26 novembre 1998, causa C-1/97, Birden, Racc. pag. I-7747, punto 51, e 24 gennaio 2008, causa C-294/06, Payir e a., Racc. pag. I-203, punto 29).

24

Peraltro, nonostante un’interruzione temporanea del rapporto di lavoro, un lavoratore turco continua ad essere inserito nel mercato regolare del lavoro dello Stato membro ospitante, ai sensi dell’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80, per il periodo che ragionevolmente gli serve per trovare un’altra attività subordinata, indipendentemente dal motivo per il quale l’interessato si è assentato dal mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, purché tale assenza abbia carattere provvisorio (sentenza 7 luglio 2005, causa C-383/03, Dogan, Racc. pag. I-6237, punti 19 e 20).

25

Un lavoratore turco è escluso dal regolare mercato del lavoro solo se non ha più alcuna possibilità oggettiva di reinserirsi nel mercato del lavoro o ha ecceduto il termine ragionevole per iniziare una nuova attività dipendente dopo un periodo di temporanea inattività (v., in tal senso, sentenze 10 febbraio 2000, causa C-340/97, Nazli, Racc. pag. I-957, punto 44, e Dogan, cit., punto 23).

26

La situazione di disoccupazione involontaria in cui il sig. Ali Altun si è trovato in seguito alla dichiarazione di fallimento dell’impresa per la quale lavorava non può, di per sé, impedire che quest’ultimo continui ad essere inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro ospitante.

27

Le considerazioni esposte ai punti 23-25 della presente sentenza con riferimento alla nozione di inserimento nel regolare mercato del lavoro ai sensi dell’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80 possono essere riproposte per l’interpretazione del successivo art. 7, primo comma.

28

Interpretare detta nozione in due modi diversi, secondo che la si contestualizzi nell’art. 6 oppure nell’art. 7 della decisione n. 1/80, potrebbe sconvolgere la coerenza del sistema istituito dal Consiglio di associazione in vista del progressivo consolidamento della situazione dei lavoratori turchi nello Stato membro ospitante.

29

Va ricordato che la decisione n. 1/80 è volta a favorire gradualmente l’integrazione nello Stato membro ospitante dei cittadini turchi che rispondono ai requisiti previsti da una delle disposizioni di tale decisione e che, pertanto, beneficiano dei diritti loro attribuiti dalla decisione stessa (sentenza Derin, cit., punto 53).

30

Per quanto attiene al requisito della residenza, l’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 impone ai familiari di un lavoratore turco l’obbligo di risiedere ininterrottamente presso il medesimo per un periodo di almeno tre anni.

31

Infatti, una giurisprudenza costante richiede, in proposito, che il ricongiungimento familiare, che ha giustificato l’ingresso del familiare di un lavoratore turco nel territorio dello Stato membro ospitante, si manifesti per un certo tempo attraverso una coabitazione effettiva in comunione domestica con il lavoratore e che tale coabitazione si protragga finché l’interessato non soddisfi egli stesso le condizioni per accedere al mercato del lavoro in detto Stato (v. sentenze 16 marzo 2000, causa C-329/97, Ergat, Racc. pag. I-1487, punto 36, e Derin, cit., punto 51).

32

Ne deriva che, per tutto il periodo necessario all’acquisizione da parte del familiare del diritto di accesso al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, il lavoratore con cui egli vive in comunione domestica deve essere inserito nel regolare mercato del lavoro di tale Stato.

33

Le due condizioni ricordate al punto 22 della presente sentenza devono essere soddisfatte contemporaneamente.

34

Tale è l’interpretazione dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 risultante dalla lettera e dagli obiettivi di tale disposizione, nonché dalla giurisprudenza della Corte.

35

Quest’ultima ha precisato, infatti, che i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 possono essere esercitati dal familiare dopo il periodo di residenza presso il lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro ospitante anche se, trascorso tale periodo, detto lavoratore non è più inserito nel regolare mercato del lavoro di tale Stato membro (sentenza 11 novembre 2004, causa C-467/02, Cetinkaya, Racc. pag. I-10895, punto 32).

36

La circostanza che la condizione che conferisce al lavoratore il diritto di accesso al mercato del lavoro nello Stato membro ospitante non sussista più dopo che il suo familiare abbia acquisito a sua volta tale diritto non è, dunque, idonea a rimettere in discussione quest’ultimo.

37

Occorre concludere che, ai fini dell’acquisizione, conformemente all’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80, del diritto di accesso al mercato del lavoro nello Stato membro ospitante da parte del familiare di un lavoratore turco, la condizione dell’inserimento di quest’ultimo nel regolare mercato del lavoro deve essere stata soddisfatta perlomeno per il periodo dei tre anni di residenza comune.

38

Secondo il giudice del rinvio, il ricorrente nella causa principale ha vissuto insieme al padre per un periodo superiore a tre anni, vale a dire dal 30 novembre 1999, data del suo arrivo in Germania, al 20 aprile 2004, data in cui è stata adottata la decisione che rifiuta il rinnovo del suo permesso di soggiorno. Parimenti, il giudice nazionale constata che, sino al 20 aprile 2004, il sig. Ali Altun ha svolto un’attività lavorativa per due anni e mezzo, poi è restato involontariamente disoccupato a partire dal giugno del 2002.

39

Di conseguenza, le condizioni previste all’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80, relative all’inserimento del lavoratore turco nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro ospitante e al periodo di residenza regolare del suo familiare in tale Stato membro, sono soddisfatte nella fattispecie.

40

Con riferimento alle considerazioni che precedono, occorre risolvere le prime due questioni dichiarando che l’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 deve essere interpretato nel senso che il figlio di un lavoratore turco può beneficiare dei diritti conferiti a titolo di tale disposizione quando quest’ultimo, nei tre anni di coabitazione, ha svolto un’attività lavorativa per due anni e mezzo prima di restare disoccupato per i sei mesi successivi.

Sulla terza questione

41

Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il fatto che un lavoratore turco abbia ottenuto il diritto di soggiorno in uno Stato membro e, pertanto, il diritto di accesso al mercato del lavoro di tale Stato in quanto rifugiato politico impedisca che un suo familiare possa beneficiare dei diritti conferiti a titolo dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80.

42

Secondo una giurisprudenza consolidata, l’esercizio dei diritti che ai cittadini turchi derivano dalla decisione n. 1/80 non è subordinato ad alcuna condizione relativa al motivo per il quale un diritto di ingresso e di soggiorno è stato loro inizialmente accordato nello Stato membro ospitante (v., in tal senso, nell’ambito dell’art. 6 della decisione n. 1/80, sentenze 16 dicembre 1992, causa C–237/91, Kus, Racc. pag. I-6781, punti 21 e 22, nonché Payir, e a., cit., punto 40, e, nell’ambito dell’art. 7 della medesima decisione, sentenza 5 ottobre 1994, causa C-355/93, Eroglu, Racc. pag. I-5113, punto 22).

43

Infatti, l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 non fa dipendere il riconoscimento del diritto di accesso al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante e, correlativamente, il diritto di soggiorno in tale Stato dei familiari di un lavoratore turco dalle circostanze in cui quest’ultimo ha ottenuto il diritto di ingresso e di soggiorno.

44

Il giudice del rinvio considera che i rifugiati sono già sufficientemente tutelati dai diritti conferiti loro dalla Convenzione di Ginevra e che non è necessario farli rientrare nell’ambito di applicazione di un accordo di associazione concluso con il loro paese d’origine. Un tale «doppio vantaggio» apparirebbe poco pertinente.

45

A tale riguardo, occorre sottolineare che, all’art. 5, la Convenzione di Ginevra stabilisce che nessuna delle sue disposizioni pregiudica gli altri diritti e vantaggi accordati, indipendentemente da tale Convenzione, ai rifugiati.

46

Orbene, la decisione n. 1/80 accorda ai familiari di un lavoratore turco diritti che essi non potrebbero invocare a titolo della Convenzione di Ginevra.

47

Infatti, mentre l’art. 7 della decisione n. 1/80 prevede il diritto dei familiari di un lavoratore turco di rispondere ad offerte di lavoro nello Stato membro ospitante quando siano soddisfatte talune condizioni legate in particolare alla durata del loro soggiorno in tale Stato, la Convenzione di Ginevra non conferisce alcun diritto di tale natura ai familiari di un rifugiato politico.

48

È vero che la decisione n. 1/80 non incide sul potere degli Stati membri di disciplinare tanto l’ingresso nel proprio territorio dei cittadini turchi quanto le condizioni della loro prima occupazione (v., in particolare, sentenza Payir e a., cit., punto 36).

49

Tuttavia, il rifiuto di applicare la decisione n. 1/80 a causa dello status di rifugiato politico di cui ha beneficiato il sig. Ali Altun al momento del rilascio del suo permesso di ingresso e di soggiorno in Germania metterebbe in discussione i diritti che derivano al medesimo e ai suoi familiari da tale decisione.

50

Occorre, dunque, risolvere la terza questione nel senso che la circostanza che un lavoratore turco abbia ottenuto il diritto di soggiorno in uno Stato membro e, pertanto, il diritto di accesso al mercato del lavoro di tale Stato in quanto rifugiato politico non impedisce che un suo familiare possa beneficiare dei diritti conferiti a titolo dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80.

Sulla quarta e la quinta questione

51

Con la quarta e la quinta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, ed eventualmente a quali condizioni, i diritti che ai familiari di un lavoratore turco derivano dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 possano essere rimessi in discussione quando tale lavoratore abbia ottenuto lo status di rifugiato politico sulla base di dichiarazioni inesatte.

52

Il giudice del rinvio espone che i suoi dubbi al riguardo derivano dal fatto che una serie di indizi consentirebbe di dimostrare che le indicazioni fornite dal sig. Ali Altun nell’ambito della sua domanda di asilo non potevano corrispondere al vero.

53

In virtù della giurisprudenza della Corte, la regolarità dell’occupazione di un cittadino turco nello Stato membro ospitante presuppone una situazione stabile e non precaria sul mercato del lavoro di detto Stato membro e implica, a tale titolo, un diritto di soggiorno non contestato (sentenze 20 settembre 1990, causa C-192/89, Sevince, Racc. pag. I-3461, punto 30, e 26 ottobre 2006, causa C-4/05, Güzeli, Racc. pag. I-10279, punto 38).

54

In tale contesto, la Corte ha affermato che i periodi di occupazione compiuti da un cittadino turco in possesso di un permesso di soggiorno rilasciatogli solo grazie ad un comportamento fraudolento che ha determinato la condanna dell’interessato non sono basati su una situazione stabile e debbono considerarsi effettuati in via meramente provvisoria, in quanto, durante i periodi considerati, l’interessato non aveva legalmente fruito di un diritto di soggiorno (v., in particolare, sentenze 5 giugno 1997, causa C-285/95, Kol, Racc. pag. I-3069, punto 27, e 11 maggio 2000, causa C-37/98, Savas, Racc. pag. I-2927, punto 61).

55

Un’attività lavorativa svolta da un cittadino turco in base ad un permesso di soggiorno rilasciato a seguito di un comportamento fraudolento che ha determinato una condanna non può far sorgere diritti a vantaggio di tale lavoratore o giustificare un legittimo affidamento in capo a quest’ultimo (sentenza Kol, cit., punto 28).

56

Inoltre, tenuto conto del nesso esistente tra i diritti di cui dispone un lavoratore turco a titolo della decisione n. 1/80 e quelli che i suoi familiari che sono stati autorizzati a raggiungerlo possono invocare in base all’art. 7 di questa stessa decisione, un siffatto comportamento fraudolento di tale lavoratore può produrre effetti sulla sfera giuridica dei suoi familiari.

57

Questi effetti devono, tuttavia, essere valutati con riferimento alla data di adozione da parte delle autorità nazionali dello Stato membro ospitante di una decisione di revoca del permesso di soggiorno di detto lavoratore.

58

Se, alla data in cui il permesso di soggiorno di un lavoratore turco è revocato, i diritti dei suoi familiari sono in corso di acquisizione, in quanto non è ancora stata soddisfatta la condizione relativa al periodo di coabitazione effettiva con il lavoratore prevista dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80, gli Stati membri hanno il diritto di trarre le conseguenze dal comportamento fraudolento di tale lavoratore nei confronti dei familiari.

59

Per contro, una volta che questi ultimi abbiano acquisito un diritto proprio di accesso al mercato del lavoro nello Stato membro ospitante e, correlativamente, un diritto di soggiorno nel medesimo, tali diritti non possono più essere rimessi in discussione a causa delle irregolarità che, in passato, hanno pregiudicato il diritto di soggiorno di detto lavoratore.

60

Qualsiasi altra soluzione sarebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto, il quale, come emerge da una costante giurisprudenza, esige segnatamente che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli (v., in tal senso, sentenze 13 febbraio 1996, causa C-143/93, Van Es Douane Agenten, Racc. pag. I-431, punto 27, e 18 novembre 2008, causa C-158/07, Förster, Racc. pag. I-8507, punto 67).

61

Il diritto di accedere al mercato del lavoro di cui dispongono i familiari di un lavoratore turco a titolo dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 sarebbe, d’altronde, privo di effettività nel caso in cui le autorità nazionali competenti avessero la possibilità di condizionare o di restringere in qualsiasi modo l’applicazione dei precisi diritti che sono stati conferiti al migrante turco direttamente da detta decisione (sentenze Ergat, cit., punto 41, e 25 settembre 2008, causa C-453/07, Er, Racc. pag. I-7299, punto 27).

62

I diritti che l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 riconosce ai familiari di un lavoratore turco che soddisfano i requisiti enunciati al detto comma possono essere limitati solamente in due circostanze: quando la presenza del migrante turco nel territorio dello Stato membro ospitante costituisce, a causa del comportamento personale di costui, un pericolo reale e grave per l’ordine pubblico, la sicurezza o la sanità pubbliche, ai sensi dell’art. 14, n. 1, della stessa decisione, oppure quando l’interessato ha lasciato il territorio del suddetto Stato per un periodo significativo e senza motivi legittimi (v., in particolare, citate sentenze Cetinkaya, punti 36 e 38, nonché Er, punto 30).

63

Il carattere esaustivo delle limitazioni elencate al punto precedente sarebbe messo in discussione qualora le autorità nazionali fossero libere di assoggettare a condizioni, restringere o eliminare i diritti propri acquisiti dai familiari del lavoratore migrante in seguito al riesame o ad una nuova valutazione delle circostanze della concessione a quest’ultimo del diritto di ingresso e di soggiorno.

64

Occorre così risolvere la quarta e la quinta questione dichiarando che l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 deve essere interpretato nel senso che, quando un lavoratore turco ha ottenuto lo status di rifugiato politico sulla base di dichiarazioni inesatte, i diritti che ad un suo familiare derivano da tale disposizione non possono essere rimessi in discussione se questo familiare, alla data della revoca del permesso di soggiorno rilasciato al lavoratore, soddisfa le condizioni che detta disposizione prevede.

Sulle spese

65

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione 19 settembre 1980, n. 1, relativa allo sviluppo dell’associazione, adottata dal Consiglio di associazione istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, deve essere interpretato nel senso che il figlio di un lavoratore turco può beneficiare dei diritti conferiti a titolo di tale disposizione quando quest’ultimo, nei tre anni di coabitazione, ha svolto un’attività lavorativa per due anni e mezzo prima di restare disoccupato per i sei mesi successivi.

 

2)

La circostanza che un lavoratore turco abbia ottenuto il diritto di soggiorno in uno Stato membro e, pertanto, il diritto di accesso al mercato del lavoro di tale Stato in quanto rifugiato politico non impedisce che un suo familiare possa beneficiare dei diritti conferiti a titolo dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80.

 

3)

L’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 deve essere interpretato nel senso che, quando un lavoratore turco ha ottenuto lo status di rifugiato politico sulla base di dichiarazioni inesatte, i diritti che ad un suo familiare derivano da tale disposizione non possono essere rimessi in discussione se questo familiare, alla data della revoca del permesso di soggiorno rilasciato al lavoratore, soddisfa le condizioni che detta disposizione prevede.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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