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Document 62002CC0116

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 9 settembre 2003.
Erich Gasser GmbH contro MISAT Srl.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Innsbruck - Austria.
Convenzione di Bruxelles - Art. 21 - Litispendenza - Art. 17 - Clausola attributiva di competenza - Obbligo del giudice successivamente adito, designato in una clausola attributiva di competenza, di sospendere il procedimento - Durata eccessivamente lunga dei procedimenti dinanzi agli organi giurisdizionali dello Stato del giudice preventivamente adito - Assenza di incidenza.
Causa C-116/02.

European Court Reports 2003 I-14693

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2003:436

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

PHILIPPE LÉGER

presentate il 9 settembre 2003 ( 1 )

1. 

La causa in esame verte sull'interpretazione dell'art. 21 della Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 2 ). Tale articolo, che tratta della litispendenza, prevede che, qualora davanti a due giudici di Stati membri differenti vengano proposte domande identiche, il giudice successivamente adito deve sospendere il procedimento e trasmettere il fascicolo al giudice preventivamente adito dal momento in cui quest'ultimo ha accertato la propria competenza.

2. 

Nella presente causa la Corte viene invitata dall'Oberlandesgericht Innsbruck (Corte d'appello di Innsbruck, Austria) a pronunciarsi per la prima volta sulla questione se il giudice successivamente adito debba rispettare le disposizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles qualora tale giudice sia competente in via esclusiva a conoscere della controversia in forza di una clausola attributiva di competenza. Inoltre, esso chiede se tale giudice possa derogare alle prescrizioni di tale articolo qualora i procedimenti dinanzi agli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui si trova il giudice preventivamente adito siano, in generale, eccessivamente lunghi.

I — Contesto normativo

3.

Ai sensi del preambolo, la Convenzione di Bruxelles ha lo scopo di facilitare il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie, conformemente all'art. 293 CE, e rafforzare nella Comunità europea la tutela giuridica delle persone residenti sul suo territorio. Secondo il suo ‘considerando’, a tal fine è necessario determinare la competenza degli organi giurisdizionali degli Stati contraenti nell'ordinamento internazionale.

4.

Le disposizioni pertinenti vertono, da un lato, sulla competenza e, dall'altro, sul riconoscimento in uno Stato contraente delle decisioni emanate dagli organi giurisdizionali di un altro Stato contraente.

5.

Le disposizioni relative alla competenza sono contenute nel titolo II della Convenzione di Bruxelles.

6.

L'art. 2 enuncia la regola generale secondo cui sono competenti gli organi giurisdizionali dello Stato nel quale il convenuto ha il domicilio. Gli artt. 5 e 6 danno all'attore diverse opzioni prevedendo un determinato numero di competenze speciali. In particolare, l'art. 5 dispone che, in materia contrattuale, il convenuto può essere citato davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.

7.

La Convenzione di Bruxelles prevede anche, alle sezioni 3 e 4 del titolo II, norme di competenza imperative in materia di assicurazioni e di contratti conclusi da consumatori.

8.

Inoltre, essa enuncia, all'art. 16, norme di competenza esclusiva. Tale articolo dispone, ad esempio, che indipendentemente dal domicilio, hanno competenza esclusiva in materia di diritti reali immobiliari i giudici dello Stato contraente in cui l'immobile è situato.

9.

Gli artt. 17 e 18 vertono, da parte loro, sulle proroghe di competenza. L'art. 17 riguarda le clausole attributive di competenza. Esso è così redatto:

«Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato contraente, abbiano convenuto la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato contraente a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta al giudice o ai giudici di quest'ultimo Stato contraente. Questa clausola attributiva di competenza deve essere conclusa:

1)

per iscritto o verbalmente con conferma scritta,

o

2)

in una forma ammessa dalla pratiche che le parti hanno stabilito tra loro,

o

3)

nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.

(...)

La clausole attributive di competenza (...) non sono valide se in contrasto con le disposizioni (...) [previste in materia di assicurazioni e di contratti conclusi da consumatori] o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva attribuita ai giudici ai sensi dell'articolo 16.

(...)».

10.

L'art. 18 dispone quanto segue:

«Al di fuori dei casi in cui la sua competenza risulta da altre disposizioni della presente convenzione, il giudice di uno Stato contraente davanti al quale il convenuto è comparso è competente. Tale norma non è applicabile se la comparizione avviene solo per eccepire l'incompetenza o se esiste un'altra giurisdizione esclusivamente competente ai sensi dell'articolo 16».

11.

Inoltre, la Convenzione di Bruxelles è diretta ad evitare che siano emanate decisioni contrastanti. A tal fine, l'art. 21 è così redatto:

«Qualora davanti a giudici di Stati contraenti differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del giudice preventivamente adito.

Se la competenza del giudice preventivamente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del giudice preventivamente adito».

12.

Le disposizioni in materia di riconoscimento ed esecuzione figurano al titolo III della Convenzione di Bruxelles. L'art. 27 dispone quanto segue:

«Le decisioni non sono riconosciute:

(...)

3)

se la decisione è in contrasto con una decisione resa tra le medesime parti nello Stato richiesto (...)».

13.

Ai sensi dell'art. 28, primo comma, «(p)arimenti, le decisioni non sono riconosciute se le disposizioni (...) [in materia di assicurazioni e di contratti conclusi da consumatori nonché quelle di cui all'art. 16] sono state violate (...)».

II — Fatti e procedimento

14.

La società Erich Gasser GmbH ( 3 ) ha sede a Dornbirn (Austria). Per diversi anni, essa ha venduto abbigliamento per bambini alla società MISAT Srl ( 4 ), con sede a Roma. All'inizio del 2000, le relazioni contrattuali tra le parti venivano interrotte.

15.

Con atto 14 aprile 2000, la MISAT citava in giudizio la Gasser dinanzi al Tribunale civile e penale di Roma per far dichiarare che il contratto che le vincolava cessava di diritto. In subordine, tale azione era diretta ad ottenere da parte di tale tribunale la dichiarazione che il contratto era stato risolto in seguito ad un disaccordo, che nessun inadempimento era imputabile alla MISAT, che la Gasser aveva avuto un comportamento illegittimo e che que st'ultima doveva risarcire i danni subiti dalla MISAT e rimborsarle determinate spese.

16.

Con atto 4 dicembre 2000, la Gasser citava in giudizio la MISAT dinanzi al Landesgericht Feldkirch (giudice di primo grado di Feldkirch, Austria) per il pagamento di fatture non pagate. La Gasser giustificava la competenza di tale giudice con il motivo che era il giudice del luogo di esecuzione del contratto. Inoltre, la Gasser sosteneva che tale giudice era competente in forza di una clausola attributiva di competenza. Essa faceva valere, a sostegno di tale affermazione, che tutte le fatture inviate alla MISAT indicavano che il foro competente in caso di controversia era quello nella cui circoscrizione era situata Dornbirn e che la MISAT aveva accettato tali fatture senza contestazioni. Secondo la Gasser, tali elementi avrebbero dimostrato che, conformemente alle loro pratiche e all'uso in vigore nel commercio tra l'Austria e l'Italia, le parti avevano convenuto una clausola attributiva di competenza ai sensi dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles.

17.

La MISAT eccepiva l'incompetenza del giudice austriaco. Essa affermava che il giudice competente era quello del luogo in cui il convenuto era stabilito, conformemente alla norma generale enunciata dall'art. 2 della Convenzione di Bruxelles. Essa contestava l'esistenza di una clausola attributiva di competenza e indicava di avere proposto previamente un'azione dinanzi al Tribunale civile e penale di Roma fondata sulla stessa relazione commerciale.

18.

îl Landesgericht Feldkirch decideva di sospendere il procedimento, in applicazione dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles, finché fosse stata accertata la competenza del Tribunale civile e penale di Roma, preventivamente adito. Esso confermava la propria competenza come giudice del luogo di esecuzione del contratto, ma non si pronunciava sulla questione dell'esistenza di una clausola attributiva di competenza.

19.

Avverso tale decisione, la Gasser proponeva appello dinanzi all'Oberlandesge-richt Innsbruck chiedendo che il Landesgericht Feldkirch fosse dichiarato competente e non fosse sospeso il procedimento.

20.

Anzi tutto, l'Oberlandesgericht Innsbruck dichiarava che le domande presentate dinanzi al Landesgericht Feldkirch ed al Tribunale civile e penale di Roma tra le stessi parti dovevano essere considerate come aventi il medesimo titolo e il medesimo oggetto ai sensi della giurisprudenza della Corte, e che quindi vi era effettivamente una situazione di litispendenza.

21.

Esso constatava inoltre che il Landesgericht Feldkirch, pur rilevando che le fatture inviate dalla Gasser alla MISAT lo designavano come giudice competente, non si era pronunciato sugli altri elementi dedotti dalla Gasser per dimostrare l'esistenza di una clausola attributiva di competenza.

22.

Su tale punto, l'Oberlandesgericht Innsbruck esponeva che, ai sensi dell'art. 17, primo comma, lett. a), b) e e) della Convenzione di Bruxelles, una clausola attributiva di competenza deve essere conclusa per iscritto o verbalmente con conferma scritta, oppure in una forma ammessa dalle pratiche tra le parti, oppure, nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato. Esso riteneva che i due primi requisiti formali relativi alla clausola attributiva di competenza non fossero soddisfatti. Esso osservava che occorreva tuttavia accertare se fossero soddisfatti i requisiti previsti dall'art. 17, primo comma, lett. c). Esso ricordava che la Corte, nella sentenza 20 febbraio 1997, MSG ( 5 ), ha dichiarato che la circostanza che una delle parti abbia pagato in maniera reiterata e senza alcuna contestazione fatture emesse dall'altra parte e contenenti una clausola attributiva di competenza può valere come accordo su tale clausola se un siffatto comportamento corrisponde a un uso vigente nel settore del commercio internazionale in cui operano le parti di cui trattasi e se queste ultime conoscevano tale uso o avrebbero dovuto conoscerlo.

23.

Esso indicava che, nell'ipotesi in cui l'esistenza di una tale clausola fosse confermata, il Landesgericht Feldkirch avrebbe avuto allora la competenza esclusiva a conoscere della controversia in applicazione dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles. Si sarebbe allora posta la questione se tale giudice potesse esaminare la competenza del Tribunale civile e penale di Roma.

24.

Infine, l'Oberlandesgericht Innsbruck ricordava che la Gasser sosteneva che i suoi diritti erano pregiudicati dalla durata eccessiva dei processi nei paesi latini.

III — Questioni pregiudiziali

25.

È in tali circostanze che l'Oberlandesgericht Innsbruck ha deciso di sottoporre alla Corte le questioni seguenti:

«1)

Se il giudice che dispone un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia possa sottoporre questioni pregiudiziali sulla base di semplici dichiarazioni (non confutate) di una parte, contestate o non (in modo argomentato) contestate, o se allo scopo occorra prima definire le dette questioni in fatto con apposita istruzione probatoria (e in tal caso, in quale misura).

2)

Se il giudice successivamente adito ai sensi dell'art. 21, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, possa verificare la competenza del giudice adito preventivamente, qualora il secondo giudice sia competente in via esclusiva in virtù di una proroga di competenza ex. art. 17 della medesima Convenzione, oppure se il giudice designato dalle parti debba, nonostante la clausola attributiva di competenza, procedere ex art. 21 della suddetta Convenzione.

3)

Se la circostanza che in uno Stato contraente i processi abbiano una lunghezza ingiustificata (e ciò a prescindere in larga misura dal comportamento delle parti), tale da poter causare danni anche notevoli ad una parte, comporti che il giudice successivamente adito ai sensi dell'art. 21 non possa più procedere ai sensi di tale disposizione.

4)

Se le conseguenze giuridiche previste dalla legge italiana 24 marzo 2001, n. 89, giustifichino l'applicazione della norma dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles anche nel caso in cui un'eventuale eccessiva lunghezza del procedimento dinanzi al giudice italiano rischi di causare un danno ad una delle parti e perciò, secondo l'ipotesi di cui alla questione sub 3, di per sé non si potrebbe procedere ex art. 21.

5)

A quali condizioni il giudice successivamente adito possa eventualmente disapplicare l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles.

6)

Come debba procedere il giudice se, nelle circostanze illustrate nella questione sub 3, non possa applicare l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles.

Qualora si debba comunque procedere in base a tale norma anche nelle circostanze prospettate nella questione sub 3, non occorre rispondere alle questioni sub 4, 5 e 6».

IV — Analisi

A — Sulla prima questione pregiudiziale

26.

Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio vuole accertare se un giudice nazionale possa sottoporre alla Corte una questione di interpretazione della Convenzione di Bruxelles sulla base delle allegazioni di una parte di cui il suddetto giudice non ha verificato la fondatezza. Il giudice del rinvio fa così riferimento al fatto che la seconda questione pregiudiziale si basa sulla premessa secondo la quale il giudice nella cui circoscrizione è situata Dornbirn sarebbe competente a pronunciarsi sulla controversia nella causa principale in forza di una clausola attributiva di competenza ai sensi dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles, mentre l'esistenza in una siffatta clausola attributiva di competenza non è stata confermata dal giudice di merito.

27.

La soluzione alla prima questione pregiudiziale mi sembra poter essere dedotta dalla giurisprudenza della Corte relativa alla ricevibilità delle questioni pregiudiziali sollevate sul fondamento tanto del protocollo del 3 giugno 1971, concernente l'interpretazione della Convenzione di Bruxelles da parte della Corte di giustizia ( 6 ), quanto dell'art. 234 CE.

28.

L'art. 3 del protocollo del 3 giugno 1971 prevede che, quando una questione relativa all'interpretazione della suddetta convenzione viene sollevata in un giudizio pendente, la giurisdizione adita può o deve domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione qualora reputi necessaria, per emanare la sua sentenza, una decisione su questo punto. L'art. 3 del protocollo si informa quindi alla stessa logica dell'art. 234 CE. In entrambi i casi, il rinvio pregiudiziale ha lo scopo di consentire alla Corte di fornire al giudice nazionale l'interpretazione che è necessaria al detto giudice per emanare una sentenza che applichi la norma di cui è richiesta l'interpretazione ( 7 ). La Corte ne ha dedotto, logicamente, che la sua giurisprudenza relativa alla propria competenza in materia di rinvio pregiudiziale fondata sull'art. 234 CE è applicabile alle questioni di interpretazione della Convenzione di Bruxelles ( 8 ).

29.

Secondo una giurisprudenza costante, il procedimento previsto dall'art. 234 CE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali. Nell'ambito di tale cooperazione, spetta al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull'interpretazione del diritto comunitario la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire ( 9 ).

30.

Da tale competenza di principio del giudice nazionale, la Corte ha dedotto invariabilmente che spetta a quest'ultimo, che è il solo ad avere una conoscenza diretta dei fatti della causa principale e degli argomenti delle parti, decidere, in funzione di considerazioni di economia e utilità processuale, in quale stadio del procedimento è necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte ( 10 ).

31.

Tuttavia, le considerazioni fatte dal giudice nazionale nell'ambito di tale competenza possono essere soggette ad un controllo della Corte. Così, quest'ultima ha dichiarato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice del rinvio al fine di verificare la propria competenza  ( 11 ). Essa ha indicato che lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte è investita, che è quella di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche ( 12 ).

32.

A tal riguardo, essa ha precisato che, per consentirle di fornire al giudice nazionale un'interpretazione del diritto comunitario che sia utile alla soluzione della controversia nella causa principale, quest'ultimo deve definire l'ambito giuridico nel quale l'interpretazione richiesta deve porsi. In questa prospettiva, essa ha dichiarato che poteva essere vantaggioso, secondo le circostanze e senza rimettere in discussione il principio della competenza esclusiva del giudice del rinvio nel determinare a quale stadio del procedimento deve intervenire il rinvio pregiudiziale, che i fatti di causa siano accertati e che i problemi di puro diritto nazionale siano risolti al momento del rinvio alla Corte, in modo da consentire a questa di conoscere tutti gli elementi di fatto e di diritto che possano aver rilievo per l'interpretazione che essa deve dare ( 13 ). Inoltre, è indispensabile che il giudice nazionale chiarisca i motivi per i quali esso ritiene necessaria la soluzione delle questioni proposte ( 14 ).

33.

La Corte ha già avuto modo di valutare se le condizioni citate sono soddisfatte e di affermare la propria competenza nel caso di una questione pregiudiziale fondata su una premessa la cui esattezza condiziona l'applicazione, per la soluzione della controversia nella causa principale, della disposizione che costituisce oggetto della questione di interpretazione.

34.

Così, nella causa che ha dato luogo alla sentenza 27 ottobre 1993, Enderby ( 15 ), la Court of Appeal (England & Wales) ha chiesto alla Corte se il principio di parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o un lavoro dello stesso valore, sancito dall'art. 141 CE, imponesse ad un datore di lavoro di giustificare obiettivamente una differenza di retribuzione tra il lavoro di logopedista capo e quello di farmacista principale. La Court of Appeal è partita dalla premessa che tali due funzioni differenti erano di uguale valore.

35.

Nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, il governo tedesco ha sostenuto che la Corte non poteva statuire sulla questione sottopostale senza aver prima accertato se le due funzioni di cui trattasi fossero equivalenti. Poiché, a suo avviso, non lo erano, non poteva sussistere alcuna violazione dell'art 141 CE.

36.

La Corte ha respinto tale tesi. Essa ha affermato che la Court of Appeal aveva deciso, come consentito dalla legislazione britannica e con l'accordo delle parti, di esaminare la questione della giustificazione obiettiva della differenza di retribuzione prima di quella relativa all'equivalenza delle funzioni di cui trattasi, che poteva richiedere più complessi accertamenti. Era quello il motivo per cui le questioni pregiudiziali sono state formulate partendo dal presupposto che tali funzioni fossero di uguale valore ( 16 ). La Corte ha aggiunto che, poiché le era stata proposta una domanda d'interpretazione del diritto comunitario che non era manifestamente priva di qualsiasi rapporto con la realtà o con l'oggetto della causa principale, essa deve pronunciarsi in proposito, mentre non era tenuta ad accertare essa stessa la validità di un'ipotesi che, se necessario, avrebbe dovuto essere successivamente verificata dal giudice nazionale ( 17 ).

37.

La Corte ha adottato la stessa posizione nella sentenza JämO, citata, in un contesto equivalente ( 18 ). In particolare, essa ha ricordato che spetta la giudice nazionale, che è il solo a disporre di una conoscenza diretta dei fatti di causa e degli argomenti delle parti e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione, decidere in quale fase del procedimento sia necessaria una pronuncia in via pregiudiziale e valutare la rilevanza della questione sottoposta alla Corte ( 19 ). In tale causa è stato anche affermato che la determinazione dell'uguale valore del lavoro avrebbe richiesto indagini complesse e costose ( 20 ).

38.

Alla stregua della Commissione, ritengo che tale giurisprudenza possa essere trasposta nel caso di specie. Infatti, da un lato, per quanto sia spiacevole che il giudice del rinvio non abbia fornito spiegazioni dettagliate su tale punto, condivido il parere della Commissione secondo cui la determinazione dell'esistenza di un uso nel commercio internazionale nel ramo commerciale considerato, che sia ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo, può di certo richiedere indagini lunghe e costose.

39.

Dall'altro, come risulta chiaramente dalla decisione di rinvio, in funzione della soluzione della Corte alla questione se il giudice nazionale successivamente adito possa derogare alle disposizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles qualora tale giudice sia competente in forza di una clausola attributiva di competenza, la trattazione della controversia nella causa principale da parte dell'Oberlandesgericht Innsbruck sarà del tutto differente. In caso di soluzione positiva a tale questione, il giudice del rinvio dovrà decidere sull'esistenza di una tale clausola. Se l'esistenza della detta clausola viene accertata, il giudice austriaco sarà allora esclusivamente competente a statuire sulla controversia tra le parti. Per contro, in caso di soluzione negativa, l'esame dell'esistenza di una clausola attributiva di competenza non potrà più avere nessun interesse e dovranno applicarsi le disposizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles.

40.

Infine, il giudice del rinvio ha fatto presente sotto quale profilo, alla luce della sentenza MSG, citata, l'accettazione da parte della MISAT delle fatture contenenti una clausola che designa il tribunale nella cui circoscrizione è situata Dorbirn quale foro competente a conoscere di un'eventuale controversia tra le parti deve essere interpretata come un primo elemento che consente di affermare l'esistenza di una clausola attributiva di competenza ai sensi dell'art. 17, primo comma, lett. c), della Convenzione di Bruxelles. Gli altri elementi richiesti da tale disposizione, secondo cui si deve trattare di un uso ammesso nel commercio internazionale del ramo di cui trattasi e che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere, non costituiscono oggetto di una contestazione precisa e motivata da parte della MISAT. Quindi, nessun elemento consente di ritenere che la premessa attinente all'esistenza di una clausola attributiva di competenza sia manifestamente erronea.

41.

La seconda questione pregiudiziale, diretta ad accertare se l'esistenza di una clausola attributiva di competenza consenta di derogare all'art. 21 della Convenzione di Bruxelles, è quindi pertinente ai fini della soluzione della controversia nella causa principale. Il modus operandi del giudice del rinvio, consistente nell'interro-gare la Corte sugli effetti di una clausola attributiva di competenza prima di avviare le indagini che potrebbero essere necessarie nel caso di specie per l'accertamento di una tale clausola non può quindi interpretarsi, a mio parere, come un inadempimento del detto giudice al dovere di cooperazione sul quale si basa il meccanismo del rinvio pregiudiziale.

42.

Alla luce di tali elementi, propongo di risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che spetta al giudice nazionale decidere se sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sulla base delle allegazioni di una parte o se sia necessario verificare previamente tali allegazioni. Tuttavia, il giudice nazionale è tenuto a fornire alla Corte le indicazioni di fatto e di diritto che consentano a quest'ultima di dare una risposta utile alla soluzione della controversia nella causa principale e ad indicare i motivi per i quali egli ritiene necessaria la soluzione delle questioni proposte.

B — Sulla seconda questione pregiudiziale

43.

Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles dev'essere interpretato nel senso che il giudice successivamente adito, il quale è esclusivamente competente in forza di una clausola attributiva di competenza, possa, in deroga a tale articolo, decidere sulla controversia senza attendere che il giudice preventivamente adito si sia dichiarato incompetente. In altri termini, il giudice del rinvio vuole sapere se l'art. 17 della Convenzione di Bruxelles costituisce una deroga all'art. 21 della stessa convenzione.

44.

È noto che l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles mira, nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia nell'ambito della Comunità, ad evitare procedimenti paralleli dinanzi ai giudici di diversi Stati contraenti e il contrasto di decisioni che potrebbe conseguirne. Pertanto, questa disciplina è volta ad escludere, per quanto possibile e sin dall'inizio, una situazione come quella contemplata dall'art. 27, punto 3, della suddetta convenzione, vale a dire il mancato riconoscimento di una decisione in quanto contrastante con una decisione pronunciata tra le stesse parti nello Stato richiesto ( 21 ).

45.

Per realizzare gli obiettivi summenzionati, l'art. 21 predispone un sistema semplice per determinare all'inizio del processo quale dei giudici aditi sarà in ultima analisi competente a statuire sulla controversia. Tale sistema è fondato sull'ordine cronologico nel quale tali giudici sono aditi. Esso prevede che il giudice successivamente adito ha l'obbligo di sospendere il procedimento finché il giudice preventivamente adito si sia pronunciato sulla sua propria competenza. È tale effetto di blocco del procedimento dinanzi al giudice successivamente adito, inerente all'art. 21 della Convenzione di Bruxelles, che è l'oggetto principale del presente procedimento pregiudiziale.

46.

Per evitare l'applicazione di tale articolo, la Gasser, nelle sue osservazioni sulla terza questione pregiudiziale, invita la Corte a rivedere la sua giurisprudenza, iniziata con la sentenza 8 dicembre 1987, Gubisch Maschinenfabrik ( 22 ), secondo la quale la domanda diretta ad ottenere l'annullamento o la risoluzione di un contratto è identica, sia sotto il profilo del titolo che sotto il profilo dell'oggetto, alla domanda volta ad ottenere l'esecuzione dello stesso contratto ( 23 ). E alla luce di tale giurisprudenza che il giudice del rinvio ha potuto considerare che la domanda presentata dinanzi al Landesgericht Feldkirch fosse sotto tale duplice aspetto identica all'azione avviata previamente dinanzi al Tribunale civile e penale di Roma.

47.

Ritengo che il procedimento in esame non giustifichi che la Corte ritorni su tale interpretazione ampia delle nozioni di titolo e oggetto della controversia ai sensi dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles. Infatti, da un lato, sebbene sia stata, in generale, contestata dalla dottrina, tale interpretazione è stata confermata implicitamente nella sentenza Overseas Union Insurance e a., citata ( 24 ). Essa è stata chiaramente mantenuta nella sentenza 6 dicembre 1994, Tatry ( 25 ), nella quale la Corte ha dichiarato che la domanda volta ad ottenere che il convenuto venga dichiarato responsabile di un danno e condannato al risarcimento ha lo stesso titolo e lo stesso oggetto di una precedente domanda del medesimo convenuto volta ad ottenere la dichiarazione che egli non è responsabile del detto danno ( 26 ). Essa è stata ancora ripresa recentemente nella sentenza Gantner Eletronic, citata ( 27 ).

48.

Inoltre, un'altra soluzione al problema sollevato dalla Gasser può essere desunta dalla giurisprudenza. Infatti, nella sentenza Overseas Union Insurance e a., citata, la Corte ha dichiarato che si può derogare alle prescrizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles qualora il giudice successivamente adito abbia una competenza esclusiva a conoscere della controversia. Ritengo che tale giurisprudenza possa essere estesa ai casi nei quali il giudice successivamente adito sia esclusivamente competente in forza di una clausola attributiva di competenza.

49.

Occorre ricordare il contesto nel quale la sentenza Overseas Union Insurance e a., citata, è stata pronunciata. In tale causa, la Corte si trovava di fronte alla seguente situazione. Nel 1980, la New Hampshire Insurance Company ( 28 ), registrata in Inghilterra come «overseas company», riassicurava presso tre società anch'esse registrate in Inghilterra un rischio che aveva garantito a favore della société française des Nouvelles Galeries réunies. Nel luglio 1986, i tre riassicuratori cessavano di versare le indennità dovute. Con atti rilasciati nel 1987 e nel febbraio 1988, la New Hampshire li citava per l'esecuzione del contratto dinanzi al Tribunal de commerce di Parigi. Il 6 aprile 1988, i tre riassicuratori, a loro volta, citavano la New Hampshire dinanzi alla Commercial Court della Queen's Bench Division per far dichiarare che essi non erano più tenuti ad assolvere le obbligazioni che potevano scaturire dalle polizze di riassicurazione. Tale giudice decideva, ai sensi dell'art. 21, secondo comma, della Convenzione di Bruxelles, di sospendere il procedimento fintantoché il giudice francese non si fosse pronunciato sulla propria competenza nelle cause dinanzi ad esso pendenti.

50.

Poiché i tre riassicuratori impugnavano detto provvedimento dinanzi alla Court of Appeal, quest'ultima chiedeva alla Corte se, in particolare, l'art. 21 dovesse essere interpretato nel senso che il giudice successivamente adito può solo sospendere il procedimento, qualora non si dichiari incompetente, o se tale disposizione lo autorizza o lo obbliga, e in quale misura, ad accertare la competenza del giudice preventivamente adito ( 29 ).

51.

La Corte ha affermato che, «salvo il caso in cui il giudice adito per secondo abbia una competenza esclusiva contemplata dalla Convenzione [di Bruxelles] e, in particolare, (a)ll'art. 16», l'art. 21 della detta Convenzione dev'essere interpretato nel senso che, quando la competenza del giudice adito per primo è contestata, il giudice adito per secondo può solo sospendere il procedimento, qualora non si dichiari incompetente, e non può accertare la competenza del giudice adito per primo ( 30 ).

52.

Si deduce dalla risposta della Corte che il giudice successivamente adito che ha una competenza esclusiva a conoscere della causa, in particolare ai sensi dell'art. 16 della Convenzione di Bruxelles, non è tenuto a sospendere il procedimento finché il giudice preventivamente adito non si sia dichiarato incompetente. Quindi, il giudice successivamente adito può proseguire l'esame nel merito della controversia e decidere su quest'ultima.

53.

Nella presente causa, tale sentenza è oggetto di un'interpretazione contrastante da parte degli intervenienti sulla questione se l'art. 17 possa costituire, come l'art. 16, una deroga alle prescrizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles. La Commissione, il governo italiano e la MISAT ritengono che la deroga così ammessa dalla Corte in tale sentenza non si applichi all'art. 17 della suddetta convenzione.

54.

Secondo la Commissione, tale deroga è giustificata nel caso dell'art. 16 dalle disposizioni dell'art. 28, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, secondo le quali le decisioni pronunciate da un giudice in violazione del detto art. 16 non possono essere riconosciute in nessun altro Stato contraente. Quindi, sarebbe assurdo obbligare il giudice esclusivamente competente in forza dell'art. 16 a sospendere il procedimento, in quanto la decisione che sia pronunciata dal giudice preventivamente adito, per ipotesi incompetente, potrebbe produrre i suoi effetti solo nello Stato in cui essa è stata pronunciata. Ora, l'art. 28, primo comma, della Convenzione di Bruxelles non sarebbe applicabile quando il giudice successivamente adito è competente in forza di una clausola attributiva di competenza ai sensi dell'art. 17.

55.

La Commissione osserva che, siccome non può essere escluso del tutto che il giudice preventivamente adito dia sull'esistenza di una clausola attributiva di competenza una valutazione diversa da quella del giudice successivamente adito, potrebbe accadere, se quest'ultimo non sospende il procedimento, che siano pronunciate decisioni contraddittorie nel merito. Quindi, le parti si troverebbero in presenza della fattispecie prevista dall'art. 27, punto 3, della Convenzione di Bruxelles, secondo il quale le decisioni pronunciate in un altro Stato contraente non sono riconosciute se sono in contrasto con una decisione resa tra le medesime parti nello Stato richiesto, situazione che l'art. 21 ha precisamente lo scopo di evitare.

56.

Inoltre, essa sottolinea che la competenza conferita dall'art. 17 ha un effetto minore rispetto a quella dell'art. 16 in quanto le parti non possono escludere l'applicazione di tale articolo, mentre hanno sempre la possibilità di revocare una clausola attributiva di competenza o di rinunciare ad avvalersene. Infatti, ai sensi dell'art. 18 della Convenzione di Bruxelles, se il convenuto comparisse dinanzi al giudice preventivamente adito senza eccepire la sua incompetenza sulla base di una clausola attributiva di competenza, tale giudice potrà conoscere della causa.

57.

Non condivido tale parere. Alla stregua della Gasser e del Regno Unito, ritengo che l'art. 17 della Convenzione di Bruxelles possa costituire una deroga all'art. 21 della detta convenzione. Fondo tale analisi sulle considerazioni seguenti. In primo luogo, i giudici designati in forza di una clausola attributiva di competenza conforme all'art. 17 beneficiano di una competenza che può essere qualificata come esclusiva. In secondo luogo, la tesi secondo cui il giudice successivamente adito sarebbe tenuto ad osservare le prescrizioni dell'art. 21, anche se è esclusivamente competente in forza di una clausola attributiva di competenza, è tale da pregiudicare l'effetto utile dell'art. 17 e la certezza del diritto ad esso connessa. In terzo luogo, il rischio che siano pronunciate decisioni contrastanti può essere notevolmente limitato.

58.

In primo luogo, occorre far presente, anzi tutto, che, nella sentenza Overseas Union Insurance e a., citata, la Corte ha previsto una deroga alle prescrizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles «salvo il caso in cui il giudice adito per secondo abbia una competenza esclusiva contemplata dalla convenzione e, in particolare, dall'art. 16». La formulazione di tale deroga suggerisce, a mio parere, due osservazioni. La prima è che, con l'uso della locuzione «in particolare», la Corte ha inteso indicare che tale deroga non è relegata ai soli casi di competenza esclusiva di cui all'art. 16. La seconda è che la Corte non ha neanche indicato, come avrebbe potuto fare, i soli casi di competenza esclusiva disciplinati dall'art. 28, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, vale a dire le competenze previste in materia di assicurazioni o di contratti conclusi da consumatori o dall'art. 16. Quindi, nessuna menzione della sentenza Overseas Union Insurance e a., citata, permette di ritenere che l'ipotesi di competenza esclusiva di cui all'art. 17 sia esclusa dalla deroga alle prescrizioni dell'art. 21, ammessa dalla Corte nella detta sentenza.

59.

Occorre poi rilevare che la Corte, non essendo stata interrogata su tale punto, non ha fornito spiegazioni sui motivi che potevano giustificare tale deroga. A mio parere, tale deroga può spiegarsi con le seguenti considerazioni. Dal momento che il giudice preventivamente adito non può che dichiarare la sua incompetenza, è inutile, in una simile fattispecie, obbligare il giudice successivamente adito a sospendere il procedimento. In altri termini, quando il giudice successivamente adito ha una competenza esclusiva, non vi è situazione di litispendenza, in quanto una tale situazione implica che i due giudici aditi della stessa controversia siano entrambi competenti a conoscere della stessa ( 31 ).

60.

Tale giustificazione può essere trasposta nel caso dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles. Infatti, come risulta dai suoi termini, il o i giudici designati dalle parti conformemente a tale articolo «hanno competenza esclusiva». In combinato disposto con l'art. 18 della Convenzione di Bruxelles, l'art. 17 significa che, quando le due parti sono vincolate da una clausola attributiva di competenza conforme alle sue disposizioni, qualsiasi altro giudice adito da una parte è incompetente, salvo accordo del convenuto. Ne consegue che se, come sembra essere nel caso di specie, il convenuto contesta la competenza del giudice preventivamente adito dal suo avversario in violazione di una clausola attributiva di competenza, tale giudice deve, tenuto conto di tale clausola, dichiararsi incompetente. Secondo la relazione Schlosser ( 32 ), tale giudice deve farlo anche d'ufficio se il convenuto non compare ( 33 ).

61.

In tal caso, la competenza del giudice designato dalle parti nella clausola attributiva di competenza esclude effettivamente la competenza dei giudici designati nella Convenzione di Bruxelles dalla norma generale enunciata all'art. 2 nonché dalle norme di competenza speciale di cui agli artt. 5 e 6 ( 34 ). Quindi, da tale punto di vista, gli effetti dell'art. 17 sono simili a quelli dell'art. 16. Di conseguenza, può sembrare altrettanto inutile imporre al giudice successivamente adito di sospendere il giudizio quando la sua competenza risulta dall'art. 17 che quando si fonda sull'art. 16.

62.

In secondo luogo, un tale obbligo sarebbe tale da pregiudicare l'effetto utile dell'art. 17 e la certezza del diritto ad esso connessa.

63.

Per esaminare qual è l'effetto utile dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles, occorre far presente che tale articolo ha lo scopo di prevedere un criterio di proroga volontaria di competenza. Pertanto, è l'incontro della volontà delle parti che consente di derogare alle norme sulla competenza generale e speciale previste dalla Convenzione di Bruxelles agli artt. 2, 5 e 6. Di conseguenza, il requisito del loro consenso a tale attribuzione derogatoria di competenza è inerente all'essenza di tale articolo. È così che, nelle sentenze del 14 dicembre 1976, Estasis Salotti ( 35 ) e Segoura ( 36 ), la Corte ha dichiarato che l'art. 17 della Convenzione di Bruxelles impone al giudice adito di accertare se la clausola attributiva di competenza abbia effettivamente costituito oggetto del consenso delle parti ( 37 ).

64.

Tale consenso delle parti costituisce anche il fondamento delle clausole attributive di competenza concluse secondo gli usi del commercio internazionale. È noto che tale riferimento agli usi del commercio internazionale è stato aggiunto nella convenzione di adesione del 1978 per alleviare i requisiti formali inizialmente previsti nella Convenzione di Bruxelles, che imponevano una clausola conclusa per iscritto o stipulata oralmente e seguita da conferma scritta ( 38 ). Tuttavia, la Corte ha dichiarato che, nonostante tale semplificazione, il consenso resta uno degli scopi dell'art. 17. Tale necessità del consenso è giustificata dall'esigenza di tutelare il contraente più debole, evitando che le clausole attributive di competenza, inserite nel contratto da una sola delle parti, passino inosservate ( 39 ). La Corte ha precisato così che il consenso dei contraenti alla clausola attributiva di competenza si presume esistente se un siffatto comportamento corrisponde a un uso vigente nel settore del commercio internazionale in cui operano la parti di cui trattasi e se queste ultime conoscevano quest'uso o avrebbero dovuto conoscerlo ( 40 ).

65.

Ne consegue che l'art. 17 sancisce l'autonomia della volontà delle parti conferendo una competenza esclusiva ai giudici così designati da queste ultime, in deroga alle norme sulla competenza previste dalla Convenzione di Bruxelles, salvo quelle previste al quarto comma di tale articolo. Come ha dichiarato la Corte, l'art. 17 è diretto a designare, in modo chiaro e preciso, il giudice di uno Stato membro contraente che abbia la competenza esclusiva conformemente alla volontà delle parti, manifestata secondo i rigorosi requisiti di forma enunciati da tale disposizione ( 41 ). L'art. 17 mira così a garantire la certezza del diritto consentendo alle parti di determinare il foro competente.

66.

In tale maniera, l'art. 17 si colloca perfettamente negli obiettivi della Convenzione di Bruxelles. Infatti, in forza di una consolidata giurisprudenza, quest'ultima mira ad unificare le norme in materia di competenza dei giudici degli Stati contraenti, evitando, nei limiti del possibile, la molteplicità dei criteri di competenza giurisdizionale relativamente al medesimo rapporto giuridico, ed a potenziare la tutela giuridica delle persone residenti nella Comunità, permettendo sia all'attore di identificare facilmente il giudice che può adire, sia al convenuto di prevedere ragionevolmente dinanzi a quale giudice può essere citato ( 42 ).

67.

Ora, se, in applicazione dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles, il giudice esclusivamente competente deve sospendere il procedimento finché il giudice preventivamente adito si sia dichiarato incompetente, l'effetto utile dell'art. 17 e, quindi, la certezza del diritto alla quale esso contribuisce si troverebbero, a mio parere, seriamente compromessi. Infatti, in tal caso, la parte che, in violazione dei suoi obblighi, come risultano dalla clausola attributiva di competenza, ha proposto per prima un'azione dinanzi al giudice che essa sapeva incompetente, potrebbe ritardare abusivamente la soluzione di merito della controversia consapevole che non le sarebbe favorevole. La parte che così viene meno ai suoi impegni ricorrendo ad un giudice diverso da quello designato nella clausola attributiva di competenza trarrebbe quindi un vantaggio da un tale inadempimento.

68.

Tale conseguenza turba sul piano dei principi e rischia di incoraggiare comportamenti dilatori. La parte che vuole ritardare la soluzione di merito della controversia potrebbe così essere incitata a «fare la prima mossa» e ad introdurre un'azione dinanzi a un giudice incompetente e meno conveniente per il suo avversario per paralizzare qualsiasi azione fondata sullo stesso contratto finché tale giudice si dichiari incompetente. A tal riguardo, condivido il parere del governo del Regno Unito secondo il quale tale rischio merita tanto più di essere preso in considerazione in quanto i sistemi giuridici degli Stati contraenti ammettono in generale la possibilità di proporre un'azione che dichiari l'assenza di responsabilità.

69.

Al contrario della Commissione, non ritengo che tale problema sia unicamente imputabile all'organizzazione giudiziaria interna dei diversi Stati membri e alla celerità con la quale i giudici nazionali aditi, non osservando una clausola attributiva di competenza, sono in grado di pronunciare una decisione sulla loro competenza. Infatti, qualunque sia la rapidità con la quale una tale decisione potrebbe essere pronunciata, ciò non toglie che l'attore potrà utilizzare tutti i rimedi giurisdizionali interni per ritardare il momento in cui la decisione di incompetenza di tale giudice assumerà un carattere definitivo. Quindi, il problema scaturisce principalmente, a mio parere, dall'interpretazione della Convenzione di Bruxelles.

70.

È per tale motivo che propongo alla Corte di accogliere la soluzione idonea a garantire l'effetto utile dell'art. 17 e la certezza del diritto alla quale esso concorre. Peraltro, una tale soluzione mi sembra collocarsi nella giurisprudenza relativa all'interpretazione di tale articolo, secondo la quale tale interpretazione deve orientarsi al rispetto della volontà delle parti. Così, nella sentenza 24 giugno 1981, Elefanten Schuh ( 43 ), la Corte ha dichiarato che una normativa di uno Stato contraente non può ostare alla validità di una clausola attributiva di competenza per il solo motivo che la lingua usata non è quella prescritta dalla normativa stessa. Più recentemente, nella sentenza Benincasa, citata, essa ha dichiarato che il giudice di uno Stato contraente, designato da una clausola attributiva di competenza validamente conclusa ai sensi dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles, è esclusivamente competente anche nel caso in cui con l'azione venga richiesta la declaratoria di nullità del contratto che contiene la detta clausola. Secondo la Corte, la «certezza del diritto ricercata da tale disposizione potrebbe essere facilmente compromessa se venisse riconosciuta da una parte contraente la facoltà di eludere tale regola della Convenzione [di Bruxelles] con la sola allegazione della nullità del contratto nel suo complesso per ragioni fondate sul diritto sostanziale applicabile» ( 44 ).

71.

Inoltre, tale interpretazione presenta il vantaggio di prendere in conto le esigenze del commercio internazionale. Condivido la tesi sostenuta dal governo del Regno Unito secondo la quale il corretto sviluppo delle relazioni commerciali internazionali implica che le imprese possano contare sulle convenzioni che le vincolano. Tale esigenza si estende anche alle convenzioni con le quali le parti determinano i giudici che avranno il compito di risolvere le controversie sorte in sede di esecuzione dei loro obblighi reciproci. Infine, sembra incontestabile che un ritardo nella soluzione di tali controversie può causare agli operatori economici danni notevoli, in particolare qualora si tratti del pagamento di fatture per le piccole e medie imprese. A tal riguardo, la soluzione che propongo è riconducibile anche ai propositi degli estensori della Convenzione di Bruxelles, in quanto è proprio per soddisfare le esigenze del commercio internazionale che questi ultimi, nel 1978, hanno previsto un'attenuazione delle norme formali di cui all'art. 17, aggiungendo alle due norme inizialmente previste gli usi del commercio internazionale ( 45 ). Riconoscendo che il giudice successivamente adito può, quando è esclusivamente competente in forza di una clausola attributiva di competenza, proseguire l'esame di merito della controversia senza attendere che il giudice preventivamente adito dichiari la sua incompetenza, la Corte favorirà incontestabilmente l'attuazione delle clausole di proroga di competenza inserite nei documenti contrattuali o negli atti emessi nel quadro di tali relazioni, quali le fatture.

72.

In terzo luogo, ritengo che il rischio che siano pronunciate decisioni contrastanti possa essere notevolmente limitato.

73.

Per ovviare a tale rischio, il governo del Regno Unito propone alla Corte di dichiarare che il giudice preventivamente adito e di cui viene contestata la competenza in forza di una clausola attributiva di competenza debba sospendere il procedimento finché il giudice così designato nella detta clausola e successivamente adito si sia pronunciato sulla sua competenza.

74.

Non condivido una simile soluzione. Ritengo che essa potrebbe favorire le stesse manovre dilatorie che cerchiamo di evitare. Infatti, essa consentirebbe ad una parte poco scrupolosa di contestare la competenza del giudice dinanzi al quale è stata citata sulla base degli artt. 2, 5 o 6 della Convenzione di Bruxelles facendo valere in modo artificioso l'esistenza di una clausola attributiva di competenza e di proporre un'azione dinanzi al giudice che si asserisce designato per ritardare in modo dilatorio la soluzione della controversia finché tale giudice abbia dichiarato la propria incompetenza.

75.

Infatti, il rischio che siano pronunciate decisioni contrastanti e, di conseguenza, le difficoltà di riconoscimento e di esecuzione che ne conseguono sono inerenti a qualsiasi deroga all'art. 21 della Convenzione di Bruxelles. Un tale rischio esiste anche nel caso dell'art. 16. Così, da un lato, la questione se la controversia rientri nell'ambito di applicazione di tale articolo può anch'essa costituire oggetto di valutazioni divergenti da parte dei due giudici aditi ( 46 ). Dall'altro, se il giudice preventivamente adito si dichiara competente e pronuncia una decisione nel merito contrastante con quella del giudice successivamente adito, esclusivamente competente ai sensi dell'art. 16, la decisione di tale giudice non potrà essere riconosciuta nello Stato contraente del giudice preventivamente adito, e ciò in forza delle disposizioni dell'art. 27, punto 3, della Convenzione di Bruxelles.

76.

Di conseguenza, il fatto che l'esistenza di una clausola attributiva di competenza, in particolare nelle forme previste all'art. 17, primo comma, lett. c), necessiti talvolta di indagini complesse non mi sembra giustificare l'esclusione generalizzata dell'art. 17 dalla deroga riconosciuta dalla Corte all'art. 21. Lo stesso vale, a mio parere, per la circostanza secondo cui l'art. 28 della Convenzione di Bruxelles non ricomprende l'art. 17, sicché il riconoscimento e l'esecuzione, in altri Stati contraenti, della decisione pronunciata dal giudice successivamente adito e esclusivamente competente ai sensi di tale articolo potrebbero essere ostacolati dalla decisione contraria del giudice preventivamente adito se quest'ultima è stata pronunciata precedentemente.

77.

Ciò che conta, a mio parere, è che il rischio di decisioni contrastanti possa essere notevolmente limitato. Ritengo che una tale limitazione sia perfettamente prevedibile, dal momento che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, i giudici interessati devono valutare la validità della clausola attributiva di competenza di cui trattasi secondo gli stessi principi e criteri e a condizione che il giudice successivamente adito disapplichi le prescrizioni dell'art. 21 solo dopo aver verificato la propria competenza esclusiva in maniera molto rigorosa.

78.

Sul primo punto, risulta dalla giurisprudenza della Corte che la nozione di «clausola attributiva di competenza» dev'essere interpretata come una nozione autonoma ( 47 ). Ne consegue che le condizioni di validità, quanto alla forma e alla sostanza, alle quali le clausole attributive di competenza sono subordinate, devono essere valutate tenuto conto dei soli requisiti dell'art. 17. Tale principio è stato espresso chiaramente per quanto riguarda la valutazione della regolarità formale ( 48 ). Esso risulta, per quanto riguarda le norme sostanziali, dalle sentenze nelle quali la Corte ha dichiarato che la nozione di «clausola» richiedeva l'accertamento del consenso effettivo tra le parti ( 49 ). Essa è stata confermata, a mio parere, nella sentenza Benincasa, citata, nella quale la Corte ha affermato che «una clausola attributiva di competenza che risponde ad una finalità di procedura, è disciplinata dalle disposizioni della Convenzione che persegue l'istituzione di regole uniformi di competenza giurisdizionale internazionale» ( 50 ).

79.

Tale giurisprudenza è stata estesa agli usi del commercio internazionale. Infatti, la Corte ha dichiarato che gli usi ai quali si riferisce l'art. 17 non possono essere vanificati da disposizioni legislative nazionali che prescrivano il rispetto di requisiti di forma ulteriori rispetto a quelli ammessi nel settore considerato del commercio internazionale ( 51 ). Analogamente, come osserva il giudice del rinvio, la Corte ha precisato quali erano gli elementi obiettivi che il giudice nazionale deve prendere in considerazione per verificare l'esistenza di un uso nel settore del commercio internazionale nel quale le parti operano nonché la conoscenza effettiva o presunta di tale uso da parte dei contraenti ( 52 ).

80.

Il rischio di decisioni contrastanti sulla validità di una clausola attributiva di competenza sarà quindi tanto più ridotto quanto più i requisiti dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles saranno stati precisati dalla Corte ( 53 ).

81.

Sul secondo punto, ritengo che il giudice successivamente adito dovrebbe essere autorizzato a derogare alle prescrizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles solo dopo aver accertato, in maniera rigorosa, di essere effettivamente competente in via esclusiva ai sensi di una clausola attributiva di competenza. Quindi, egli dovrà controllare la conformità della clausola attributiva di competenza di cui trattasi con le prescrizioni dell'art. 17. Oltre alle condizioni summenzionate, egli dovrà assicurarsi che tale clausola verta proprio su «controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico» ai sensi dell'art. 17, primo comma, e che non deroghi alle norme di competenza esclusive previste dall'art. 16 e alle disposizioni della Convenzione di Bruxelles applicabili in materia di assicurazioni e contratti conclusi da consumatori. Inoltre, il giudice successivamente adito dovrà esaminare se la clausola attributiva di competenza sia effettivamente applicabile alla controversia ad esso sottoposta. Nel caso di dubbi sulla validità della clausola attributiva di competenza o sul suo ambito di applicazione, il giudice successivamente adito dovrebbe sospendere il procedimento come previsto dall'art. 21.

82.

Tale soluzione, consistente nell'ammet-tere che l'art. 17 della Convenzione di Bruxelles possa costituire una deroga all'art. 21 di quest'ultima solo quando la competenza del giudice successivamente adito non lascia spazio ad alcun dubbio, presenterebbe il vantaggio, al contempo, di prendere in conto le esigenze del commercio internazionale e di richiamare gli operatori economici alle proprie responsabilità incitandoli a stipulare clausole attributive di competenza che, appunto, non lascino spazio ad alcun dubbio circa la loro validità e il loro ambito di applicazione. Tale soluzione potrebbe così indurre i rappresentanti dei diversi operatori economici a negoziare condizioni tipo che siano esplicite e ampiamente diffuse nel settore d'attività interessato.

83.

Alla luce di tali elementi, proporrò alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale che l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles dev'essere interpretato nel senso che il giudice successivamente adito, il quale sia competente in via esclusiva ai sensi di una clausola attributiva di competenza, può, in deroga a tale articolo, decidere la controversia senza attendere che il giudice preventivamente adito si dichiari incompetente, qualora la competenza del giudice successivamente adito non lasci spazio ad alcun possibile dubbio.

C — Sulla terza, quarta, quinta e sesta questione pregiudiziale

84.

Con la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles debba essere interpretato nel senso che si può derogare alle sue disposizioni qualora, in generale, la durata dei procedimenti dinanzi alle giurisdizioni dello Stato contraente in cui si trova il giudice successivamente adito siano eccessivamente lunghi.

85.

Il giudice del rinvio spiega che egli solleva tale questione a causa dell'argomentazione della Gasser secondo la quale, nei paesi latini come l'Italia, la Grecia e la Francia, la durata media dei procedimenti giudiziari è eccessivamente lunga, il che sarebbe contrario alle prescrizioni dell'art. 6 della convenzione europea dei diritti dell'uomo (in prosieguo: la «CEDU»).

86.

La Commissione dubita della ricevibilità della terza questione pregiudiziale e, quindi, delle questioni successive, che sono connesse a quest'ultima, in quanto il giudice del rinvio non ha fornito elementi concreti tali da dimostrare nel caso di specie la violazione da parte del Tribunale civile e penale di Roma delle disposizioni dell'art. 6 della CEDU.

87.

Non condivido tale analisi. A mio parere, con la questione di cui trattasi, il giudice del rinvio non ha inteso fare riferimento al procedimento introdotto dalla MISAT dinanzi al Tribunale civile e penale di Roma. Con tale questione si intende chiaramente accertare se, a causa della durata media eccessivamente lunga dei procedimenti dinanzi alle giurisdizioni dello Stato membro in cui si trova il giudice preventivamente adito, il giudice successivamente adito possa disapplicare le prescrizioni dell'art. 21. Affinché la Corte possa risolvere utilmente tale questione, vertente su una disposizione della Convenzione di Bruxelles e che è pertinente per la soluzione della controversia nella causa principale, non era quindi necessario che il giudice del rinvio fornisse elementi sullo svolgimento del procedimento dinanzi al Tribunale civile e penale di Roma.

88.

Per contro, condivido il parere della Commissione quanto alla soluzione che occorre fornire sul merito di tale questione. Infatti, non sembra seriamente prospettabile la possibilità che le disposizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles siano disapplicate in quanto il giudice preventivamente adito appartiene ad uno Stato membro le cui giurisdizioni hanno, in generale, termini di trattazione delle cause eccessivamente lunghi. Ciò equivarrebbe a dire che le norme in materia di litispendenza non si applicano qualora il giudice preventivamente adito appartenga a determinati Stati membri.

89.

Una tale interpretazione sarebbe manifestamente contraria all'economia e al fondamento della Convenzione di Bruxelles. Infatti, quest'ultima non comporta nessuna disposizione in forza della quale le sue norme e, in particolare, quelle dell'art. 21 cesserebbero di applicarsi in ragione della lunghezza del procedimento dinanzi alle giurisdizioni di un altro Stato contraente. Inoltre, occorre far presente che la Convenzione di Bruxelles trova il suo fondamento nella fiducia che gli Stati membri ripongono reciprocamente nei loro sistemi giuridici e nelle loro rispettive istituzioni giudiziarie ( 54 ). È sulla base di tale fiducia che la detta convenzione stabilisce un sistema obbligatorio di competenza che tutte le giurisdizioni rientranti nel suo ambito di applicazione devono rispettare. Ancora, è tale fiducia che consente agli Stati contraenti di rinunciare alle loro norme interne di riconoscimento e di delibazione delle sentenze straniere a favore di un meccanismo semplificato di riconoscimento ed esecuzione. Quindi, essa costituisce anche la base della certezza del diritto che la convenzione mira a garantire consentendo alle parti di prevedere con certezza il foro competente.

90.

Alla luce di tali considerazioni, proporrò alla Corte di rispondere che l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles dev'essere interpretato nel senso che non si può derogare alle sue disposizioni qualora la durata dei procedimenti dinanzi alle giurisdizioni dello Stato contraente in cui si trova il giudice preventivamente adito è, in generale, eccessiva.

91.

Tenuto conto di tale proposta, non occorre risolvere le quarta, quinta e sesta questione. Infatti, queste ultime si basano sulla premessa di una soluzione affermativa della terza questione pregiudiziale. Così, nella quarta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio vuol sapere se la legge italiana del 24 marzo 2001, n. 89, recante previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, giustificherebbe malgrado tutto l'applicazione delle disposizioni dell'art. 21 della Convenzione di Bruxelles. Nella quinta e sesta questione, come da me intese, egli chiede alla Corte di precisare, in caso di soluzione affermativa alla terza questione, in quali condizioni e secondo quali modalità il giudice successivamente adito potrebbe derogare alle prescrizioni di tale articolo.

V — Conclusione

92.

Alla luce di tali elementi, propongo alla Corte di risolvere le questioni sollevate dall'Oberlandesgericht Innsbruck nella maniera seguente:

«1)

Spetta al giudice nazionale decidere se sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sulla base delle allegazioni di una parte o se sia necessario verificare previamente tali allegazioni. Tuttavia, il giudice nazionale è tenuto a fornire alla Corte le indicazioni di fatto e di diritto che consentano a quest'ultima di dare una risposta utile alla soluzione della controversia nella causa principale e ad indicare i motivi per i quali ritiene necessaria la soluzione delle questioni proposte.

2)

L'art. 21 della Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la “Convenzione di Bruxelles”) dev'essere interpretato nel senso che il giudice successivamente adito, il quale sia competente in via esclusiva in forza di una clausola attributiva di competenza, può, in deroga a tale articolo, decidere la controversia senza attendere che il giudice preventivamente adito si sia dichiarato incompetente, qualora la competenza del giudice successivamente adito non lasci spazio ad alcun possibile dubbio.

3)

L'art. 21 della Convenzione di Bruxelles dev'essere interpretato nel senso che non si può derogare alle sue disposizioni qualora la durata dei procedimenti dinanzi alle giurisdizioni dello Stato contraente in cui si trova il giudice previamente adito sia, in generale, eccessiva».


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) (GU 1972, L 299, pag. 32). Convenzione come modificata dalla convenzione del 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e testo modificato pag. 77), dalla convenzione del 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla convenzione del 26 maggio 1989, relativa all adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1) e dalla convenzione del 29 novembre 1996, relativa all'adesione della repubblica d'Austria, della repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1). Una versione consolidata della Convenzione, come modificata da tali quattro convenzioni di adesione, è pubblicata sulla GU 1998, C 27, pag. 1 (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»).

( 3 ) In prosieguo: la «Gasser».

( 4 ) In prosieguo: la «MISAT».

( 5 ) Causa C-106/95 (Race. pag. I-911).

( 6 ) GU 1975, L 204, pag. 28, come modificato dalle convenzioni di adesione.

( 7 ) V. conclusioni dell'avvocato generale Tesauro nella causa Kleinwort Benson (sentenza 28 marzo 1995, causa C-346/93, Racc. pag. I-615, paragrafo 17).

( 8 ) V. sentenze 27 febbraio 1997, causa C-220/95, Van den Boogaard (Racc. pag. I-1147, punto 16); 20 marzo 1997, causa C-295/95, Farrell (Racc. pag. I-1683, punto 11); 16 marzo 1999, causa C-159/97, Castelletti (Racc. pag. I-1597, punto 14), e 8 maggio 2003, causa C-111/01, Gantner Electronic (Racc. pag. I-4207, punto 38).

( 9 ) V., in particolare, sentenze 29 novembre 1978, causa 83/78, Pigs Marketing Board (Racc. pag. I-2347, punto 25); 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman (Racc. pag. I-4921, punto 59), e 22 maggio 2003, causa C-18/01, Korhonen e a. (Racc. pag. I-5321, punto 19). V., anche, per quanto riguarda la Convenzione di Bruxelles, sentenza Castelletti, citata (punto 14).

( 10 ) V. sentenze 10 marzo 1981. cause riunite 36/80 e 71/80, Irish Creamery Milk Suppliers Association e a. (Race, pag. 735, punto 7); 10 luglio 1984, causa 72/83, Campus Oil e a. (Racc. pag. 2727, punto 10); 11 giugno 1987, causa 14/86, Pretore di Salò (Racc. pag. 2545, punto 11); 19 novembre 1998, causa C- 66/96, Høj Pedersen c a. (Racc. pag. I-7327, punto 46), e 30 marzo 2000, causa C-236/98, JämO (Racc. pag. I-2189, punto 32).

( 11 ) V. sentenze citate Bosman (punto 59) c Gantner Electronic (punto 35).

( 12 ) V. sentenze 11 marzo 1980, causa 104/79, Foglia (Racc. pag. 745, punto 11); 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia (Racc. pag. 3045, punto 18); 3 febbraio 1983, causa 149/82, Robards (Racc. pag. 171, punto 19); 16 luglio 1992, causa C-83/91, Meilicke (Racc. pag. I-4871, punto 25), e 10 dicembre 2002, causa C-153/00, der Weduwe (Racc. pag. I-11319, punti 32 e 33).

( 13 ) V. sentenze Irish Creamery Milk Suppliers Association e a., citata (punto 6); 16 luglio 1992, causa C-343/90, Lourenço Dias {Race. pag. I-4673, punto 19); nonché, sentenze citate Meilicke (punto 26); Høj Pedersen e a. (punto 45) e Jämo (punto 31). Ai sensi di una giurisprudenza ormai costante, «l'esigenza di giungere ad un'interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest'ultimo definisca l'ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate». V., in particolare, sentenze 26 gennaio 1993, cause riunite da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a. (Race. pag. I-393, punto 6), e 21 settembre 2000, causa C-109/99, ABBOI (Race. pag. I-7247, punto 42).

( 14 ) V. sentenze 12 giugno 1986, cause riunite 98/85,162/85 e 258/85, Bertini e a. (Race. pag. 1885, punto 6), e Lourenço Dias, citata (punto 19).

( 15 ) Causa C-127/92 (Race. pag. I-5535).

( 16 ) Sentenza Enderby, citata (punto 11).

( 17 ) Ibidem (punto 12).

( 18 ) In tale causa, l'Arbetsdomstolen ha sottoposto alla Corte diverse questioni pregiudiziali dirette a consentirgli di determinare se il datore di lavoro avesse versato a delle ostetriche retribuzioni inferiori a quelle percepite da un tecnico ospedaliero, senza prendere posizione sulla questione dell equivalenza del lavoro di tali due categorie di lavoratori.

( 19 ) Punto 32.

( 20 ) Punto 29.

( 21 ) V. sentenza 27 giugno 1991, causa C-351/89, Overseas Union Insurance e a. (Racc. pag. I-3317, punto 16).

( 22 ) Causa 144/86 (Racc. pag. 4861).

( 23 ) Punti 15-17. Si trattava, da un lato, di una domanda diretta ad ottenere che un contratto di vendita di una macchina fosse dichiarato inefficace e, in subordine, che fosse annullato e, dall'altro, di un'azione per il pagamento della macchina di cui trattasi.

( 24 ) Punto 16.

( 25 ) Causa C-406/92 (Racc. pag. I-5439).

( 26 ) Punto 45.

( 27 ) Punto 25.

( 28 ) In prosieguo: la «New Hampshire».

( 29 ) Per meglio comprendere i termini della questione sollevata dal giudice del rinvio, occorre far presente che l'art. 21 della Convenzione di Bruxelles, nella versione applicabile in quella causa, era così redatto: «Qualora, davanti a giudici di Stati contraenti differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito deve, anche d'ufficio, dichiarare la propria incompetenza a favore del giudice preventivamente adito. Il giudice che dovrebbe dichiarare la propria incompetenza può sospendere il processo qualora venga eccepita l'incompetenza dell'altro giudice». La nuova redazione dell'art. 21, secondo la quale, in caso di litispendenza, il giudice successivamente adito deve sospendere il procedimento finché il giudice preventivamente adito non si sia dichiarato competente, non modifica affatto le conseguenze che occorre trarre dalla sentenza Overseas Union Insurance, citata, per la soluzione della questione sollevata nella presente causa. Tale nuova redazione, che risulta dalla convenzione di adesione del 1989, non modifica il senso o la portata di tale articolo ma è volta a garantire che il giudice successivamente adito non si dichiari incompetente prima di essere certo che il giudice preventivamente adito sia effettivamente competente a conoscere della controversia, per evitare i conflitti negativi di competenza.

( 30 ) Punto 26.

( 31 ) V., in tal senso, Gaudemet- Tallon, H., Compétence et exécution des jugements en Europe, LGDJ, terza edizione 2002, punti 323 e 324.

( 32 ) Relazione del sig. Schlosser sulla convenzione relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale nonché al protocollo concernente la sua interpretazione da parte della Corte di giustizia (GU 1979, C 59, pag. 71).

( 33 ) Punto 22.

( 34 ) V., in tal senso, sentenza 9 novembre 1978, causa 23/78, Meeth (Racc. pag. 2133, punto 5).

( 35 ) Causa 24/76 (Racc. pag. 1831).

( 36 ) Causa 25/76 (Racc. pag. 1851).

( 37 ) Rispettivamente punti 7 e 6.

( 38 ) V., per un richiamo delle diverse versioni dell'art. 17 della convenzione di Bruxelles dalla sua redazione iniziale nel 1968 sino a quella risultante dalla convenzione di San Sebastián del 26 maggio 1989, le mie conclusioni nella causa Castelletti, citata (paragrafi 5-7).

( 39 ) V. sentenze citate MSG (punto 17) e Castelletti (punto 19).

( 40 ) V. sentenza Castelletti, citata (punto 21).

( 41 ) V. sentenza 3 luglio 1997, causa C-269/95, Benincasa (Race. pag. 3767, punto 29).

( 42 ) V. sentenze 4 marzo 1982, causa 38/81, Effer (Racc. pag. 825, punto 6); 13 luglio 1993, causa C-125/92, Mulox IBC (Racc. pag. I-4075, punto 11), c Benincasa, citata (punto 26).

( 43 ) Causa 150/80 (Racc. pag. 1671).

( 44 ) Punto 29. V. anche sentenza 9 novembre 2000, cai C-387/98, Coreck (Race. pag. I-9337, punto 14).

( 45 ) V. relazione Schlosser, citata (punto 179).

( 46 ) Ad esempio, la questione se esista o no un contratto di affitto che rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 16, punto 1.

( 47 ) V. sentenza 10 marzo 1992, causa C-214/89, Powell Duffryn (Racc. pag. I-1745, punto 14).

( 48 ) V. sentenza Elefanten Schuh, citata (punti 25 e 26).

( 49 ) V. sentenze citate Estasis Salotti e Segouras.

( 50 ) Punto 25.

( 51 ) V., in particolare, sentenza citate MSG (punto 23) e Castelletti (punti 33-39).

( 52 ) V. sentenze citate MSG e Castelletti.

( 53 ) Ad oggi, l'interpretazione di tale articolo ha costituito oggetto di una quindicina di procedimenti pregiudiziali.

( 54 ) V. conclusioni dell'avvocato generale Darmon nella causa Sonntag (sentenza 21 aprile 1993, causa C-172/91, Racc. pag. I-1963, paragrafo 71).

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