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Document 61998CC0379

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 26 ottobre 2000.
PreussenElektra AG contro Schhleswag AG, con l'intervento di: Windpark Reußenköge III GmbH e Land Schleswig-Holstein.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landgericht Kiel - Germania.
Energia elettrica - Fonti di energia rinnovabili - Disciplina nazionale che impone a imprese di fornitura di energia elettrica un obbligo di acquisto di energia elettrica a prezzi minimi e che ripartisce gli oneri che ne derivano tra tali imprese e le imprese che gestiscono reti a monte - Aiuto concesso da uno Stato - Compatibilità con la libera circolazione delle merci.
Causa C-379/98.

European Court Reports 2001 I-02099

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2000:585

61998C0379

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 26 ottobre 2000. - PreussenElektra AG contro Schhleswag AG, con l'intervento di: Windpark Reußenköge III GmbH e Land Schleswig-Holstein. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landgericht Kiel - Germania. - Energia elettrica - Fonti di energia rinnovabili - Disciplina nazionale che impone a imprese di fornitura di energia elettrica un obbligo di acquisto di energia elettrica a prezzi minimi e che ripartisce gli oneri che ne derivano tra tali imprese e le imprese che gestiscono reti a monte - Aiuto concesso da uno Stato - Compatibilità con la libera circolazione delle merci. - Causa C-379/98.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-02099


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. La presente causa, deferita dal Landgericht (Tribunale) di Kiel, verte su una legge tedesca intesa a promuovere l'impiego di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Detta legge impone, da un lato, alle imprese regionali di distribuzione di energia elettrica di acquistare, ad un prezzo minimo fisso, energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nelle rispettive zone di fornitura e, dall'altro, ai fornitori a monte di energia elettrica da fonti convenzionali di compensare parzialmente le imprese di distribuzione per i costi aggiuntivi derivanti da tale obbligo di acquisto.

2. Il giudice a quo, in sostanza, chiede:

- se il regime istituito dalla legge costituisca un aiuto di Stato a favore dei produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili ai sensi dell'art. 92 del Trattato CE (divenuto art. 87 CE) e, in subordine,

- se tale regime costituisca una misura equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell'art. 30 del Trattato CE (divenuto art. 28 CE).

3. Tali questioni sono sorte nell'ambito di una controversia in cui un fornitore a monte di energia elettrica da fonti convenzionali ha contestato la compatibilità della legge con il diritto comunitario e ha chiesto pertanto il rimborso delle somme che ha dovuto corrispondere ad un'impresa di distribuzione a valle di energia elettrica soggetta all'obbligo di acquisto. Il fornitore di energia elettrica attore nel procedimento a quo detiene la maggioranza azionaria del distributore convenuto, e le parti concordano sull'incompatibilità della legge in discussione con il diritto comunitario e con il diritto costituzionale nazionale.

4. Le problematiche principali nella causa in esame attengono all'accertamento se il procedimento a quo abbia carattere artificioso ai sensi della giurisprudenza Foglia , se solo misure finanziate mediante risorse statali possano costituire aiuti di Stato e se una misura nazionale che riservi un trattamento più favorevole ai prodotti nazionali rispetto a quelli importati possa essere giustificata da motivi attinenti alla tutela dell'ambiente.

II - La legge tedesca sull'alimentazione elettrica nelle sue versioni successive e l'atteggiamento della Commissione nei suoi confronti

1. La struttura del sistema di fornitura di energia elettrica in Germania e l'obbligo di acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili prima dell'entrata in vigore della legge sull'alimentazione elettrica del 1990

5. Dai documenti presentati alla Corte risulta che il settore tedesco dell'energia elettrica può essere suddiviso in tre livelli.

6. Al primo livello operano talune grandi imprese che producono la maggior parte dell'energia elettrica consumata in Germania e gestiscono reti ad alta tensione (320, 220 o 110 kilovolt). La funzione principale di dette reti consiste nella trasmissione di energia elettrica a lunga distanza, lo scambio di energia elettrica con reti limitrofe e la sua fornitura alle aziende regionali. A questo livello vengono effettuate anche le importazioni ed esportazioni di energia elettrica, ma in genere non la fornitura di energia elettrica ai consumatori finali.

7. Al secondo livello circa 60 imprese regionali di distribuzione dell'energia elettrica gestiscono reti a media tensione (20, 10 o 6 kilovolt). Tali reti vengono utilizzate per raccogliere energia elettrica dal primo livello, distribuirla in tutto il territorio nazionale e fornire corrente o direttamente ai clienti, principalmente industriali, oppure ai consumatori attraverso reti a bassa tensione. Anche a tale livello viene prodotta una certa quantità di energia elettrica.

8. Al terzo livello l'energia elettrica viene fornita ai consumatori finali attraverso reti locali a bassa tensione. Tali reti sono gestite o dalle stesse aziende regionali o da distributori locali, spesso di proprietà comunale. Al terzo livello la produzione riguarda solo piccole quantità di energia elettrica.

9. A ciascuno dei tre livelli, esiste una sola infrastruttura necessaria (ad esempio la rete fisica, i trasformatori) per ciascuna regione.

10. Al pari di altri governi, le autorità tedesche hanno promosso per molti anni la produzione ed il consumo di energia elettrica da fonti rinnovabili, come il vento, l'acqua e il sole, al fine di aumentare la quota di energia tratta da tali fonti nella produzione nazionale complessiva di elettricità.

11. Si è ritenuto necessario sostenere la domanda adottando al contempo misure a favore della fornitura, quali finanziamenti alla ricerca e allo sviluppo. Anteriormente al 1990, le autorità tedesche si richiamavano, al riguardo, alla normativa nazionale in materia di concorrenza al fine di obbligare i distributori di energia elettrica (in posizione di monopolio in una determinata zona) ad acquistare energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili nella loro rispettiva zona di fornitura. Il prezzo di acquisto per tale energia elettrica veniva fissato conformemente al principio dei costi evitati (vermiedene Kosten) . A seconda che il distributore interessato producesse o meno energia elettrica, il prezzo di acquisto dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili dipendeva dai costi di produzione o di acquisto nei quali il distributore medesimo evitava di incorrere.

2. Lo «Stromeinspeisungsgesetz 1990» (Legge sull'alimentazione elettrica del 1990)

12. Il 7 dicembre 1990, la Repubblica federale di Germania adottava la legge sull'alimentazione di corrente da fonti di energia rinnovabili nella rete pubblica (Gesetz über die Einspeisung von Strom aus erneuerbaren Energien in das öffentliche Netz; in prosieguo: la «legge sull'alimentazione elettrica del 1990» o la «StrEG 1990»).

13. La legge obbligava le imprese pubbliche fornitrici di energia elettrica:

- ad acquistare tutta l'energia elettrica prodotta nella loro zona di fornitura da fonti rinnovabili quali vento, acqua e sole (in prosieguo: l'«obbligo di acquisto») ;

- a pagare per tale energia elettrica un prezzo d'acquisto minimo fisso calcolato in base al prezzo medio di vendita dell'energia elettrica a livello nazionale ; per quanto riguarda l'energia elettrica prodotta mediante energia eolica, il prezzo di acquisto veniva fissato al 90% del prezzo medio di vendita dell'elettricità distribuita dai fornitori di energia elettrica ai clienti finali (in prosieguo: la «regola del prezzo minimo»).

14. E' pacifico che nell'ambito della legge sull'alimentazione elettrica la locuzione «imprese pubbliche fornitrici di energia elettrica» comprende imprese sia pubbliche che private.

15. La StrEG 1990 conteneva anche una cosiddetta clausola di salvaguardia . Qualora il rispetto dell'obbligo di acquisto avesse determinato «difficoltà ingiustificate» (unbillige Härte) per l'impresa fornitrice di energia elettrica interessata, il fornitore a monte (normalmente un'impresa gestrice di una rete ad alta tensione) doveva assumersi l'obbligo di acquisto rispettando la regola del prezzo minimo. Probabilmente a causa della sua formulazione vaga, tale clausola di salvaguardia non è stata, in pratica, mai applicata.

16. La Repubblica federale di Germania aveva notificato il progetto di detta legge alla StrEG 1990 alla Commissione ai fini dell'approvazione ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 3, CE) con lettera 14 agosto 1990, vale a dire prima della sua emanazione.

17. Con lettera 19 dicembre 1990, la Commissione informava la Germania che non intendeva sollevare obiezioni con riguardo alla detta legge. In base alla valutazione effettuata ai sensi dell'art. 92 del Trattato, la Commissione riteneva che la percentuale di aiuto oscillasse tra il 28 ed il 48%, a seconda della fonte di energia rinnovabile considerata, e che la legge avrebbe determinato profitti aggiuntivi pari a DEM 48 milioni per i 4 000 produttori privati di energia elettrica da fonti rinnovabili. Il progetto di legge era, tuttavia, in linea con gli obiettivi della politica energetica comunitaria. Inoltre, la quota di energia elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabili ed i profitti aggiuntivi per i produttori nonché l'effetto sui prezzi dell'energia elettrica apparivano trascurabili. La Commissione dichiarava che avrebbe riesaminato la legge due anni dopo la sua entrata in vigore. Qualunque modifica o proroga della legge avrebbe dovuto essere preliminarmente notificata.

18. La StrEG 1990 veniva modificata per la prima volta dalla legge 19 luglio 1994 . Tra altre modifiche minori, il prezzo minimo di acquisto dell'elettricità generata mediante energia idraulica e varie altre fonti, precedentemente fissato al 75%, veniva aumentato all'80% del prezzo medio di vendita per chilowattora. Il prezzo minimo dell'elettricità generata mediante energia eolica rimaneva invariato al 90%.

19. In una lettera inviata al governo tedesco in data 25 ottobre 1996, in seguito a reclami presentati da imprese fornitrici di energia elettrica, la Commissione esprimeva dubbi quanto al fatto che la legge sull'alimentazione elettrica fosse ancora compatibile con la disciplina degli aiuti di Stato. La preoccupazione maggiore era causata dal calcolo del prezzo minimo di acquisto dell'elettricità prodotta mediante energia eolica.

20. La Commissione rilevava che il numero di impianti per la produzione di energia eolica era aumentato in Germania dai 500 del 1991 ai quasi 4 000 del 1995 e che la loro produzione era passata da 20 Megawatt (MW), nel 1990, a 1 100 MW, nel 1995. Il progresso tecnologico aveva anche ridotto notevolmente i costi di produzione di elettricità mediante energia eolica. In base ai dati comunicati dai fornitori di energia elettrica tedeschi, il prezzo di acquisto obbligatorio imposto dalla StrEG 1990, pari a circa DEM 0,17 per chilowattora, superava i costi evitati in ragione di DEM 0,085. Tale differenza avrebbe condotto nel 2005 a costi aggiuntivi per i distributori di energia elettrica pari a DEM 900 milioni. Pertanto, se la regola del prezzo minimo fosse rimasta invariata, vi sarebbe stato un rischio di compensazione eccessiva che avrebbe prodotto conseguenze negative sulla concorrenza e sul commercio di energia elettrica tra gli Stati membri. Una semplice modifica della clausola di salvaguardia, come proposto dal Parlamento tedesco , non avrebbe eliminato la distorsione della concorrenza causata dalla legge, in quanto si sarebbe limitata a ridistribuire i costi aggiuntivi.

21. La Commissione proponeva quindi alcune modifiche alternative dirette a rendere la legge compatibile con la disciplina degli aiuti di Stato. Il legislatore tedesco avrebbe potuto ridurre il prezzo minimo di acquisto dell'energia elettrica di origine eolica al 75% del prezzo medio di vendita; avrebbe potuto limitare il meccanismo di aiuto nel tempo e/o in funzione della produzione di energia elettrica, oppure avrebbe potuto introdurre una norma secondo la quale il prezzo di acquisto dovesse essere calcolato in base ai costi evitati.

22. La Commissione riteneva, in conclusione, che, qualora il legislatore tedesco non avesse modificato la legge, essa sarebbe stata obbligata a proporre «misure adeguate» alla Repubblica federale di Germania, ai sensi dell'art. 93, n. 1, del Trattato, al fine di rendere la legge compatibile con la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato.

3. Lo Stromeinspeisungsgesetz 1998 (Legge sull'alimentazione elettrica del 1998)

23. Il 24 aprile 1998, la Repubblica federale di Germania emanava la legge recante la nuova disciplina dell'industria energetica (Gesetz zur Neuregelung des Energiewirtschaftsrechts) al fine di trasporre nell'ordinamento tedesco la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 96/92/CE, concernente regole comuni per il mercato interno dell'energia elettrica (in prosieguo: la «direttiva sull'energia elettrica») .

24. La legge di riforma conteneva - tra altre importanti modifiche legislative -, all'art. 3, n. 2, le modifiche della legge sull'alimentazione elettrica del 1990, che costituiscono l'oggetto del presente procedimento. Le pertinenti norme della legge sull'alimentazione elettrica nel testo emendato (in prosieguo: la «legge sull'alimentazione elettrica del 1998» o la «StrEG 1998») possono essere riassunte nei seguenti termini.

25. L'art. 1 della StrEG 1998, sotto la rubrica «sfera di applicazione» dispone che la legge sull'alimentazione elettrica disciplina l'acquisto ed il prezzo di acquisto dell'energia elettrica prodotta da determinate fonti rinnovabili (ad esempio acqua, vento, sole e biomassa). Un primo elemento di novità rispetto alla StrEG 1990 è che la StrEG 1998 si applica a tutti i tipi di biomassa e non solo alla biomassa prodotta dall'agricoltura e dalla silvicultura. Nuova è anche la disposizione secondo cui la legge è applicabile solo all'energia elettrica generata in Germania.

26. L'art. 2, sotto la rubrica «obbligo di acquisto», contiene tre diverse disposizioni.

27. Il primo periodo dell'art. 2 stabilisce la norma fondamentale, ossia l'obbligo di acquisto ad un prezzo minimo fisso:

«Le imprese fornitrici di energia elettrica gestrici di una rete di distribuzione generale sono tenute ad acquistare l'energia elettrica generata nella loro zona di fornitura da fonti rinnovabili e a versare per tale energia elettrica il prezzo stabilito ai sensi dell'art. 3».

28. Il secondo periodo dell'art. 2 sancisce una nuova regola relativa ai cosiddetti impianti off-shore («off-shore Anlagen»). L'energia elettrica prodotta in un impianto sito al di fuori della zona di fornitura di un'impresa fornitrice di energia elettrica dev'essere acquistata dall'impresa di distribuzione o di gestione di una rete di fornitura operante sulla rete più vicina al luogo di produzione considerato.

29. A norma del parimenti nuovo terzo periodo dell'art. 2, i maggiori oneri determinati dall'obbligo di acquisto di cui all'art. 2 e dal nuovo meccanismo di compensazione previsto all'art. 4 (v. infra, paragrafo 32) possono essere imputati, ai fini contabili, alle voci relative all'attività di distribuzione o trasmissione di energia elettrica delle imprese di distribuzione interessate ed essere computati ai fini del calcolo delle tariffe per la trasmissione di energia elettrica attraverso la rete delle imprese considerate.

30. L'art. 3 della StrEG 1998 contiene norme che non sono state modificate per il calcolo del prezzo minimo di acquisto dell'energia elettrica da fonti rinnovabili. Come già detto, il prezzo minimo per chilowattora dell'elettricità prodotta mediante energia eolica è fissato al 90% del prezzo medio per chilowattora dell'energia elettrica fornita ai consumatori finali.

31. L'art. 4 è intitolato (come nella versione precedente) «clausola di salvaguardia».

32. L'art. 4, n. 1, prevede un nuovo meccanismo di compensazione, che riveste un ruolo fondamentale nella causa a qua. Qualora l'energia elettrica che dev'essere acquistata a norma dell'art. 3 della StrEG 1998 superi il 5% dell'energia elettrica distribuita complessivamente dall'impresa interessata, il gestore della rete a monte deve versare all'impresa medesima un importo compensativo per i costi aggiuntivi determinati dall'obbligo di acquisto della quota di energia elettrica eccedente il 5% (il cosiddetto «primo tetto del 5%», «erster 5% Deckel»). Pertanto, a differenza di quanto stabilito dalle disposizioni della StrEG 1990, un produttore di energia elettrica generata da fonti rinnovabili, in caso di «difficoltà», può continuare a fornire energia elettrica al distributore della sua zona. Quest'ultimo, tuttavia, acquisisce il diritto di esigere dal fornitore a monte la compensazione dei costi relativi all'acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili che ecceda il 5% dell'energia fornita.

33. Dal primo e dal secondo periodo dell'art. 4, n.1, risulta che un'analoga regola del 5% si applica a favore del gestore della rete a monte (il cosiddetto «secondo tetto del 5%», «zweiter 5% Deckel»). Qualora la quantità di energia elettrica acquistata, per la quale detto gestore sia stato costretto a versare un importo compensativo, ecceda il 5% della propria produzione, egli potrà a sua volta chiedere la compensazione ad un gestore di rete collocato più a monte. In assenza di un tale gestore a monte (come accade normalmente), l'obbligo di acquisto ai sensi dell'art. 2 non si applicherà all'energia elettrica prodotta in impianti la cui costruzione non sia stata completata prima della fine dell'anno in cui sia stato raggiunto il secondo tetto del 5%.

34. Dai documenti presentati alla Corte emerge che, prima dell'adozione della StrEG 1998, la Commissione aveva chiesto alle autorità tedesche di fornirle informazioni sul contesto giuridico e politico in cui erano state adottate le modifiche alla legge sull'alimentazione elettrica.

35. Inoltre, con lettera 13 marzo 1998 l'attrice nella causa a qua, la società PreussenElektra Aktiengesellschaft (in prosieguo: la «PreussenElektra») aveva chiesto alla Commissione di sollecitare alle autorità tedesche la notifica del progetto di legge ai sensi dell'art. 93, n. 3, primo periodo, del Trattato.

36. Tuttavia, con lettera alla PreussenElektra del 21 aprile 1998, la Commissione esprimeva dubbi circa il fatto che la Germania fosse obbligata a notificare le modifiche progettate alla legge sull'alimentazione elettrica. La Commissione si richiamava semplicemente, senza commenti, all'argomento del governo tedesco secondo cui le modifiche della StrEG sarebbero state legittimate dall'autorizzazione originale del 1990 (le nuove norme sulla biomassa e sugli impianti off-shore), ovvero irrilevanti ai fini degli aiuti di Stato (il nuovo meccanismo di compensazione di cui all'art. 4, n. 1, della StrEG 1998). A parere della Commissione, spettava alle autorità tedesche decidere se effettuare o meno la notifica. Le imprese interessate dalla StrEG 1998 avrebbero potuto difendere i propri interessi con «altre opportune modalità».

37. Quanto al prezzo minimo di acquisto per l'elettricità prodotta mediante energia eolica, la Commissione affermava di proseguire l'esame delle norme non modificate alla luce del regime procedurale degli «aiuti esistenti», e che ciò non escludeva ancora la possibilità di proporre al governo tedesco provvedimenti adeguati in materia.

38. Con lettera al governo tedesco del 29 luglio 1998, vale a dire successivamente all'entrata in vigore della StrEG 1998, il Commissario Van Miert osservava che il legislatore tedesco non aveva accolto nessuna delle proposte formulate dalla Commissione nella lettera del 25 ottobre 1996 e che il meccanismo di calcolo del prezzo di acquisto dell'energia eolica non era stato modificato. Anche se il prezzo di acquisto dell'elettricità prodotta mediante energia eolica dovesse effettivamente diminuire (per effetto del ribasso dei prezzi di vendita in seguito alla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica), la legge non introduceva un elemento sufficientemente degressivo per quanto riguardava il prezzo di acquisto. D'altro canto, si attendevano importanti modifiche a livello comunitario nell'immediato futuro in relazione alla trasposizione della direttiva sull'energia elettrica ed alle proposte di norme armonizzate sull'energia da fonti rinnovabili. Il Commissario evitava pertanto di proporre ai suoi colleghi una decisione formale prima che il governo tedesco avesse presentato al Bundestag tedesco una relazione sull'attuazione della legge sull'alimentazione elettrica. Per quanto riguarda la stesura di detta relazione, il governo tedesco veniva invitato a collaborare strettamente con la Commissione e ad illustrare dettagliatamente nel documento i punti riguardanti l'entità dell'aiuto a favore dell'energia elettrica da fonti rinnovabili.

4. Gli sviluppi successivi alla proposizione della domanda di pronuncia pregiudiziale

39. In risposta ad un quesito scritto della Corte, la Commissione ha fornito le seguenti informazioni in merito agli sviluppi intervenuti successivamente alla proposizione delle questioni pregiudiziali alla Corte.

40. Il 1° aprile 1999 entrava in vigore la legge tedesca di riforma fiscale mediante l'introduzione di una tassa ecologica.

41. A parere della Commissione, l'introduzione di detta tassa avrebbe determinato, tra l'altro, un aumento del prezzo di acquisto dell'energia elettrica da fonti rinnovabili ai sensi della StrEG 1998, che le autorità tedesche avrebbero omesso di notificare in violazione del Trattato. Poiché la Commissione nutriva dubbi circa la compatibilità dell'aumento con il mercato comune comunicava alle autorità tedesche, con lettera 17 agosto 1999, la propria decisione di avviare la procedura prevista dalle norme del Trattato relative agli aiuti di Stato .

42. Il 1° aprile 2000, la nuova legge sulla priorità delle fonti di energia rinnovabili (Gesetz für den Vorrang erneuerbarer Energien) ha sostituito interamente la legge sull'alimentazione elettrica del 1998. La nuova legge è ancora basata su un obbligo di acquisto ad un prezzo fisso minimo, ma contiene molti elementi nuovi. In particolare, il prezzo di acquisto non è più collegato ai prezzi di vendita dell'energia elettrica (apparentemente in calo), bensì viene fissato ex lege per ogni singola fonte energetica. Il prezzo dell'elettricità prodotta mediante energia eolica, ad esempio, è fissato a DEM 0,178 per chilowattora.

43. Secondo quanto riferito da articoli di stampa, la Commissione aveva avviato, in relazione alla nuova legge, la procedura prevista dal Trattato. Apparentemente, essa riteneva che la legge avrebbe dovuto essere notificata .

44. Il 10 maggio 2000, la Commissione presentava una proposta di direttiva sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità .

III - La causa a qua e le questioni sottoposte alla Corte

45. L'attrice nella causa a qua, la PreussenElektra, è una delle imprese operanti al primo livello del settore dell'energia elettrica in Germania. Essa gestisce oltre 20 centrali convenzionali e nucleari, nonché una rete di distribuzione di energia elettrica ad alta e ad altissima tensione. Essa fornisce corrente ad imprese regionali di energia elettrica, alle imprese comunali nei centri di maggiore importanza e a complessi industriali.

46. La convenuta, società Schleswag Aktiengesellschaft (in prosieguo: la «Schleswag»), è un'impresa regionale di energia elettrica operante al secondo livello. Essa riceve dall'attrice quasi tutta la corrente necessaria al fabbisogno dei propri clienti nello Schleswig-Holstein.

47. La PreussenElektra detiene il 65,3% delle azioni della Schleswag. Il restante 34,7% è detenuto dalle autorità comunali (Landkreise) dello Schleswig-Holstein.

48. A norma dell'art. 2 della StrEG 1998, la Schleswag è tenuta ad acquistare energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta nella propria zona di fornitura. La zona in cui opera la Schleswag presenta condizioni ideali per la produzione di elettricità mediante energia eolica. La quota di elettricità prodotta mediante energia eolica fornita alla Schleswag è quindi costantemente aumentata, passando dallo 0,77% del proprio fatturato nel 1991 al 15% circa nel 1998.

49. I costi aggiuntivi sostenuti dalla Schleswag a causa dell'obbligo di acquisto e dalla regola del prezzo minimo sono lievitati da DEM 5,8 milioni nel 1991 a circa DEM 111,5 milioni nel 1998. Tenendo conto delle somme che la PreussenElektra deve versare alla Schleswag in forza del nuovo meccanismo di compensazione stabilito all'art. 4, n. 1, della StrEG 1998 (si veda il paragrafo seguente), i costi aggiuntivi della Schleswag per il 1998 ammontano a DEM 38 milioni.

50. Alla fine dell'aprile del 1998, la percentuale di elettricità prodotta da fonti di energia rinnovabili acquistata dalla Schleswag raggiungeva il 5% del volume totale di energia elettrica ch'essa aveva venduto nell'anno precedente. Ai sensi dell'art. 4, n. 1, della StrEG 1998, la Schleswag fatturava alla PreussenElektra i costi aggiuntivi determinati dall'acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili, chiedendole il pagamento in rate mensili di DEM 10 milioni.

51. La PreussenElektra versava la rata di maggio 1998, riservandosi il diritto di chiederne la restituzione in qualunque momento.

52. Nella causa a qua, la PreussenElektra ha chiesto la restituzione di una quota della rata di maggio, ossia DEM 500 000.

53. Secondo il giudice a quo, né la PreussenElektra né la Schleswag possono traslare sui clienti finali i costi aggiuntivi determinati dalla legge sull'alimentazione elettrica. Si è affermato che sarebbe impossibile, in fatto e in diritto, praticare prezzi più elevati per l'energia elettrica fornita ai clienti finali. Ciò in quanto il Land Schleswig-Holstein non avrebbe autorizzato tariffe più elevate per l'energia elettrica fornita ai consumatori ed in quanto le pressioni della concorrenza sarebbero aumentate per effetto della progressiva liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica. Tali affermazioni del giudice a quo, basate sui fatti dedotti dinanzi ad esso dalla PreussenElektra e della Shleswag, sono vigorosamente contestate dalle parti intervenienti .

54. Nella causa a qua, la PreussenElektra afferma che la somma versata alla Schleswag sarebbe privo di fondamento normativo e dovrebbe essere quindi restituito. A suo parere, l'art. 4, n. 1, della StrEG 1998 sarebbe in contrasto con il Trattato. Ciò in quanto l'art. 4, n. 1, farebbe parte degli emendamenti apportati alla legge sull'alimentazione elettrica nel 1998. Tali emendamenti modificavano gli aiuti esistenti e pertanto avrebbero dovuto essere notificati ai sensi della prima frase dell'art, 93, n. 3, del Trattato CE. Le autorità tedesche, non avendo notificato le modifiche e non avendo atteso l'autorizzazione della Commissione, avrebbero violato l'art. 93, n. 3, primo e terzo periodo. Secondo la giurisprudenza della Corte, l'art. 93, n. 3, sarebbe munito di effetti diretti. L'art. 4, n. 1, della StrEG dovrebbe essere conseguentemente disapplicato.

55. La Schleswag afferma che la somma versata presenterebbe un valido fondamento normativo nell'art. 4, n. 1, della StrEG e non dovrebbe essere quindi rimborsato. Essa concorda con la PreussenElektra sul fatto che la StrEG 1998 debba essere considerata come una modifica al regime di aiuti ai sensi dell'art. 93, n. 3, primo periodo, del Trattato. Tuttavia, il meccanismo di compensazione di cui all'art. 4, n. 1, della StrEG 1998 non potrebbe essere qualificato di per sé come un provvedimento di aiuto ai sensi dell'art. 92. Si tratterebbe semplicemente di un meccanismo diretto a distribuire gli oneri determinati dall'obbligo di acquisto e dalla regola del prezzo minimo sanciti dagli artt. 2 e 3 della StrEG. Da un lato, il giudice a quo non potrebbe pronunciarsi sulla legittimità degli artt. 2 e 3 della StrEG in quanto non pertinenti ai rapporti giuridici tra la PreussenElektra e la Schleswag ed alla soluzione della loro controversia. Dall'altro lato, anche se il giudice a quo disapplicasse l'art. 4, n. 1, della StrEG 1998, ciò non inciderebbe sulle misure di aiuto illegittime di cui agli artt. 2 e 3 della StrEG 1998, e la Schleswag dovrebbe sostenerne gli oneri da sola. Gli effetti diretti dell'art. 93, n. 3, terzo periodo, quindi, non sarebbero idonei a porre rimedio o a sanzionare efficacemente la situazione illegittima. Pertanto, l'art. 4, n. 1, della StrEG dovrebbe continuare ad essere applicato.

56. Nell'ordinanza di rinvio, il giudice a quo fa presente che, qualora nell'adozione della legge in esame il legislatore tedesco avesse violato l'obbligo ad esso incombente, con riguardo alla modifica degli aiuti di Stato esistenti ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato, ovvero avesse infranto il divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni di cui all'art. 30, la StrEG 1998 dovrebbe essere disapplicata e la PreussenElektra rimborsata.

57. Secondo il giudice a quo, per quanto riguarda, anzitutto, l'art. 93, n. 3, le autorità tedesche hanno notificato la StrEG 1990 come aiuto di Stato e la Commissione l'ha autorizzata in quanto tale. Le stesse autorità, tuttavia, non hanno notificato gli emendamenti alla legge sull'alimentazione elettrica che hanno condotto alla StrEG 1998 . Qualora tali emendamenti avessero modificato gli aiuti esistenti ai sensi dell'art. 93, n. 3, primo periodo, del Trattato, e qualora il loro risultato (la StrEG 1998) avesse costituito di per sé un aiuto di Stato, essi avrebbero dovuto essere notificati.

58. Il Landgericht non è certo che la legge sull'alimentazione elettrica del 1998, con il suo obbligo di acquisto ad un prezzo minimo fisso ed il suo meccanismo di compensazione, possa essere qualificata come aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato. Il giudice a quo si richiama, da un lato, a sentenze quali Van Tiggele e Sloman Neptun , dalle quali sembra risultare che la StrEG 1998 non implica aiuti di Stato, in quanto i vantaggi economici per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili vengono finanziati esclusivamente dai distributori di elettricità e dai gestori delle reti a monte, e non mediante risorse statali. Dall'altro, tale interpretazione restrittiva della nozione di aiuto di Stato consentirebbe agli Stati membri di eludere agevolmente i meccanismi di controllo previsti dall'art. 93 del Trattato, con possibili gravi conseguenze sulla concorrenza .

59. Qualora la legge sull'alimentazione elettrica implichi aiuti di Stato, il Landgericht è convinto che, per effetto dell'autorizzazione della Commissione, la StrEG 1990 debba essere considerata quale aiuto esistente ai sensi dell'art. 93, n. 1, e che gli emendamenti del 1998 costituiscano una modifica, non notificata, di aiuti esistenti ai sensi del primo periodo dell'art. 93, n. 3.

60. Il Landgericht nutre dubbi anche in ordine al meccanismo di compensazione di cui all'art. 4, n. 1, della StrEG 1998. Quand'anche l'obbligo di acquisto ad un prezzo minimo maggiorato (artt. 2 e 3 della StrEG 1998) costituisse un aiuto di Stato a favore dei produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili, si potrebbe sostenere che l'art. 4, n. 1, di per sé non può essere qualificato come aiuto di Stato. In tal caso, il Landgericht intende sapere se gli effetti restrittivi dell'art. 93, n. 3, si producano non solo sull'aiuto in sé, ma anche sulle norme di attuazione quale l'art. 4 della StrEG 1998.

61. Per quanto riguarda l'art. 30 del Trattato, il Landgericht ritiene che l'obbligo di acquistare energia elettrica prodotta in Germania da fonti rinnovabili a prezzi che non si potrebbero ottenere sul libero mercato comporti quanto meno un rischio di diminuzione della domanda di energia elettrica prodotta in altri Stati membri.

62. Per tali motivi, il Landgericht ha deferito alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il prezzo dell'alimentazione elettrica ("Stromeinspeisevergütung") e la normativa sul rimborso di cui agli artt. 2, o 3, o 4, o degli artt. 2-4 nel loro complesso, del Gesetz über die Einspeisung von Strom aus erneuerbaren Energien in das öffentliche Netz del 7 dicembre 1990 (BGBl. I, pagg. 26-33), nella versione dell'art. 3, n. 2, del Gesetz zur Neuregelung des Energiewirtschaftsrechts del 24 aprile 1998 [BGBl. I, pag. 730 (734-736)], costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato CE.

Se l'art. 92 del Trattato debba interpretarsi nel senso che la nozione di aiuti che ne è alla base comprenda anche normative nazionali che mirano a incentivare il destinatario della sovvenzione, laddove, tuttavia, i mezzi necessari non provengono né direttamente né indirettamente da fondi pubblici, ma vengono imposti, in base a obblighi di acquisto a prezzi minimi determinati stabiliti per legge, a singole imprese di un ramo, che per ragioni di diritto e di fatto non possono ripercuotere tali costi sul consumatore finale.

Se l'art. 92 del Trattato CE debba interpretarsi nel senso che la nozione di aiuti che ne è alla base comprenda normative nazionali che disciplinano la mera ripartizione dei costi tra imprese a diversi livelli di produzione, costi originati da obblighi di acquisto e da prezzi minimi, qualora l'intenzione del legislatore di fatto risulti in una ripartizione di oneri durevole, senza che l'impresa gravata ottenga una contropartita.

2) In caso di soluzione negativa della questione sub 1) in riferimento all'art. 4 dello Stromeinspeisungsgersetz:

se l'art. 93, n. 3, del Trattato debba interpretarsi nel senso che l'effetto sospensivo si estende non solo all'incentivo in sé considerato, ma anche alla normativa di esecuzione quale quella dell'art. 4 della legge sull'alimentazione elettrica.

3) In caso di soluzione negativa delle questioni sub 1) e 2):

se l'art. 30 del Trattato CE debba interpretarsi nel senso che sussiste una restrizione quantitativa all'importazione, ovvero misure di effetto equivalente tra Stati membri ai sensi dell'art. 30 del Trattato CE, quando una normativa nazionale obbliga le imprese ad acquistare corrente elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabili a un prezzo minimo determinato, coinvolgendo inoltre i gestori di rete nel finanziamento senza una contropartita».

IV - Il procedimento dinanzi alla Corte

63. Inizialmente hanno presentato osservazioni scritte la PreussenElektra, la Schleswag, i governi tedesco e finlandese e la Commissione.

64. Successivamente alla trasmissione dell'ordinanza di rinvio, il giudice a quo ha comunicato alla Corte, con ordinanza 23 aprile 1999, che il Land Schleswig-Holstein ed un produttore di energia elettrica eolica, la Windpark Reussenköge III GmbH (in prosieguo indicati congiuntamente come gli «intervenienti») erano intervenuti nel procedimento a quo con memoria del 16 marzo 1999.

65. A norma dell'art. 20 della Statuto CE della Corte (in prosieguo: lo «Statuto»), la Corte ha notificato l'ordinanza di rinvio agli intervenienti, i quali hanno a loro volta presentato osservazioni scritte.

66. All'udienza erano rappresentati la PreussenElektra, la Schleswag, il Land Schleswig-Holstein, la Windpark Reussenköge III, il governo tedesco e la Commissione.

67. La PreussenElektra sostiene che il Land Schleswig-Holstein e la Windpark Reussenköge III non avrebbero potuto presentare osservazioni alla Corte, in quanto erano solo intervenienti («Nebenintervenienten») nel procedimento a quo e pertanto non rientravano nella nozione di «parti in causa» ai sensi dell'art. 20 dello Statuto. La PreussenElektra si basa, in primo luogo, sul fatto che, ai sensi del diritto tedesco, la nozione di «parte» (Partei) del procedimento non comprende gli intervenienti e, in secondo luogo, sulla giurisprudenza della Corte .

68. In limine, si deve rammentare che l'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE) istituisce un procedimento non contenzioso, che ha il carattere di un incidente sollevato nel corso di una lite pendente dinanzi al giudice nazionale. Dinanzi alla Corte le parti della causa principale sono solo invitate ad esporre il loro punto di vista, ma non possono prendere in via autonoma iniziative procedurali. Esse non sono «parti» in senso stretto del procedimento pregiudiziale. Con l'espressione «parti in causa», pertanto, l'art. 20 dello Statuto indica quelle che hanno tale qualità nel procedimento pendente dinanzi al giudice nazionale .

69. Per quanto riguarda la questione relativa a quali categorie di soggetti siano «parti in causa» nel procedimento principale ai sensi dell'art. 20 dello Statuto, occorre rammentare, in primo luogo, che gli ordinamenti giuridici degli Stati membri definiscono e qualificano i vari partecipanti ai procedimenti dinanzi ai giudici nazionali in modi diversi (la terminologia e la qualifica possono variare nell'ambito di un ordinamento giuridico a seconda, ad esempio, del settore giudiziario considerato). Tuttavia, la possibilità di presentare osservazioni alla Corte non deve dipendere da tali differenze terminologiche e formali.

70. In secondo luogo, l'obiettivo dell'art. 20 dello Statuto è dare alle persone potenzialmente interessate dalla pronuncia pregiudiziale della Corte la possibilità di esporre il loro punto di vista sulle questioni da risolvere. Per prendere formalmente parte alla causa nazionale, gli ordinamenti giuridici interni normalmente richiedono la prova di un interesse all'esito del procedimento. Ne consegue, a mio parere, che tutti i soggetti che partecipano formalmente al procedimento nazionale devono essere considerate parti ai sensi dell'art. 20 dello Statuto.

71. Per quanto riguarda la particolare fattispecie in esame, dall'ordinanza Biogen risulta che gli intervenienti nella causa principale sono «parti in causa» ai sensi dell'art. 20 dello Statuto. In detta causa un'impresa intendeva intervenire direttamente nel procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte. Quest'ultima ha dichiarato che «un soggetto che non abbia chiesto di intervenire dinanzi al giudice nazionale e non sia stato ammesso a intervenire in tale sede non ha diritto di presentare osservazioni dinanzi alla Corte ai sensi di tale norma» .

72. Dal ragionamento a contrario discende che il Land Schleswig-Holstein e la Windpark Reussenköge III, entrambe ammesse ad intervenire dinanzi al giudice a quo, sono «parti in causa» nel procedimento a quo ai sensi dell'art. 20 dello Statuto e potevano presentare osservazioni alla Corte.

V - Sulla ricevibilità

73. Il governo tedesco e gli intervenienti contestano la ricevibilità del rinvio sulla base di un triplice ordine di motivi. Anzitutto, la controversia sarebbe artificiosa e pertanto, in base alla giurisprudenza Foglia I e II , il rinvio pregiudiziale sarebbe irricevibile. In secondo luogo, essi deducono alcune lacune ed alcuni errori nell'ordinanza di rinvio sia in fatto sia in diritto. In terzo luogo, le questioni deferite sarebbero irrilevanti ai fini della soluzione della causa a qua.

1. L'artificiosità della controversia

74. Il governo tedesco e gli intervenienti sostengono che vi sarebbe consenso tra la PreussenElektra e la Schleswag quanto al risultato auspicabile del rinvio pregiudiziale, vale a dire una pronuncia con cui la Corte dichiari l'incompatibilità della StrEG 1998 con il diritto comunitario. Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che entrambe le parti hanno impugnato più volte la StrEG dinanzi alla Corte costituzionale tedesca. Inoltre, la Schleswag è una società controllata dalla PreussenElektra. Pertanto, quest'ultima avrebbe potuto recuperare le somme in discussione mediante provvedimenti interni, senza sollevare un contenzioso dinanzi all'autorità giudiziaria. Ne consegue anche che le tesi espresse dalla convenuta nella causa a qua verrebbero dettate in ultima analisi dall'attrice. Infine, la PreussenElektra avrebbe versato un importo compensativo alla Schleswag nonostante la convinzione dell'illegittimità della legge in esame. Questi elementi, considerati congiuntamente, dimostrerebbero che la richiesta della PreussenElektra di una restituzione parziale dell'importo compensativo costituirebbe solo un pretesto per ottenere una determinata risposta dalla Corte. Alla luce delle sentenze nelle due cause Foglia e nella causa Meilicke , la Corte dovrebbe dichiarare irricevibile il rinvio pregiudiziale.

75. La Corte ha dichiarato che, in alcune circostanze, può dichiarare irricevibile un rinvio pregiudiziale per il fatto che l'art. 177 del Trattato CE viene utilizzato come uno «schema processuale precostituito» o un «espediente artificioso» da parti di controversie fittizie. La Corte si è pronunciata in tal senso in un caso in cui le parti della causa principale intendevano ottenere la condanna del regime fiscale francese dei vini liquorosi attraverso l'espediente di un procedimento dinanzi ad un giudice italiano fra due parti private d'accordo sul risultato da conseguire, che avevano inserito una determinata clausola nel loro contratto per indurre il giudice italiano a pronunciarsi in merito .

76. Una delle considerazioni sottese a tale giurisprudenza è che non spetta alla Corte esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche, ma contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri in cui la soluzione delle questioni deferite risponde ad una necessità obiettiva inerente alla definizione di una reale controversia . La seconda preoccupazione è che alle parti non venga consentito di creare deliberatamente una situazione processuale in cui terzi potenzialmente interessati dalla sentenza non possono provvedere ad una adeguata difesa dei propri interessi .

77. Si deve ammettere che esistono alcune similitudini tra le cause Foglia ed il caso in esame. In primo luogo, la PreussenElektra e la Schleswag concordano sul fatto che la StrEG 1998 sia in contrasto con il diritto comunitario. Inoltre, nella particolare situazione processuale della causa a qua, ai terzi interessati, come i produttori di elettricità ottenuta mediante energia eolica, è stato inizialmente impedito di esporre i propri argomenti giuridici e la propria versione del contesto economico e fattuale della controversia.

78. Tuttavia, dalla sentenza Leclerc-Siplec , in cui le parti concordavano sul fatto che la legge francese che escludeva il settore della distribuzione dalla pubblicità televisiva fosse in contrasto con il diritto comunitario ed in cui il principale beneficiario della legge contestata (la stampa regionale francese) non era parte del procedimento , emerge chiaramente che i suddetti elementi non sono sufficienti a rendere irricevibile il rinvio pregiudiziale. Occorre anche rammentare che la PreussenElektra e la Schleswag dissentono quanto alle conseguenze sulla causa a qua di una sentenza con cui la Corte dichiarasse l'incompatibilità con il diritto comunitario dell'obbligo di acquisto ad un prezzo minimo . I terzi interessati, ossia il Land Schleswig-Holstein e la Windpark Reussenköge III, sono intervenuti medio tempore nella causa a qua ed hanno quindi avuto la possibilità di presentare osservazioni alla Corte .

79. Esistono inoltre due differenze decisive tra il caso in esame e le cause Foglia. Da un lato, la PreussenElektra e la Schleswag contestano la validità di una legge tedesca dinanzi ad un giudice tedesco. Pertanto, nella fattispecie non sussiste una delle preoccupazioni principali della giurisprudenza Foglia, vale a dire evitare situazioni in cui i giudici di uno Stato membro si pronuncino sulla validità delle leggi di un altro Stato e riconoscere allo Stato membro interessato un foro adeguato nel quale difendere le proprie leggi. Dall'altro e, forse, soprattutto, il conflitto di interessi tra la PreussenElektra e la Schleswag nella causa a qua non è il risultato della volontà delle parti e di elaborati accordi contrattuali, bensì una conseguenza automatica ed obiettiva dell'obbligo sancito dall'art. 4, n. 1, della StrEG 1998.

80. Ammetto che il rischio di controversie fittizie è più forte quando una delle parti in causa detenga la maggioranza azionaria dell'altra. Nondimeno, la Corte ha già dichiarato ricevibili rinvii pregiudiziali effettuati nell'ambito di controversie tra una società madre e una sua controllata . Il grado di controllo che la PreussenElektra esercita sulla Schleswag è controverso, ma quand'anche disponesse del grado di controllo asserito dagli intervenienti, nella specie nessun elemento sembra indicare che la PreussenElektra abbia fatto uso del suo presunto potere per determinare la politica della Schleswag in modo da concordare la controversia in esame. Al contrario, sappiamo che la PreussenElektra ha esercitato un'azione analoga nei confronti di un altro distributore regionale di energia elettrica, sul quale non esercita alcun controllo, e che tale procedimento parallelo è stato sospeso sino alla pronuncia della sentenza nella presente causa.

81. Infine, non ravviso nulla di problematico nella decisione della PreussenElektra di versare alla Schleswag l'intera quota di maggio pari a DEM 10 milioni e chiedere la restituzione solo dell'importo relativamente modesto di DEM 500 000. Un'impresa convinta dell'incompatibilità di un provvedimento nazionale con il diritto comunitario può liberamente decidere la sua strategia processuale ed avviare una causa pilota, qualora lo desideri . Tale scelta è particolarmente comprensibile nei casi in cui le spese di giudizio vengono calcolate in funzione delle somme in discussione nel procedimento.

82. Dalle suesposte considerazioni discende che la controversia principale tra la PreussenElektra e la Schleswag non ha carattere artificioso o fittizio nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte.

2. Lacunosità ed erroneità dell'esposizione del contesto in fatto e in diritto

83. Gli intervenienti ed il governo tedesco sostengono, in primo luogo, che il giudice a quo non avrebbe spiegato sufficientemente sulla base di quali elementi del diritto privato tedesco la PreussenElektra possa chiedere la restituzione delle somme versate alla Schleswag.

84. Spetta, tuttavia, al giudice nazionale adito, che deve assumersi la responsabilità della decisione giudiziaria, valutare, alla luce delle norme dell'ordinamento interno e delle peculiarità della controversia pendente dinanzi al medesimo, la necessità di una pronuncia in via pregiudiziale per essere posto in grado di statuire nel merito. Nella specie, il giudice a quo ha esposto i motivi per i quali le soluzioni fornite dalla Corte risulterebbero utili ai fini della decisione sulle domande di restituzione dinanzi al medesimo dedotte e non sembra che tali soluzioni non presentino alcuna relazione con l'effettività o l'oggetto della causa principale .

85. Gli intervenienti contestano anche l'esattezza di due dichiarazioni formulate dal giudice a quo in merito alla situazione di fatto. Essi sostengono che, contrariamente a quanto affermato nell'ordinanza di rinvio, i produttori ed i distributori di energia elettrica sarebbero perfettamente in grado, sia sotto il profilo giuridico sia sotto quello economico, di traslare sui clienti finali i costi aggiuntivi derivanti dalla StrEG 1998. Inoltre, la Commissione sarebbe stata sufficientemente ben «informata», ai sensi del primo periodo dell'art. 93, n. 3, in merito a tutte le modifiche pertinenti anteriori all'adozione della StrEG 1998 e, pertanto, la Germania avrebbe correttamente notificato le modifiche di cui trattasi.

86. Dalle risposte ai quesiti scritti posti dalla Corte emerge che, in realtà, sussistono seri dubbi quanto al fatto che la PreussenElektra e la Schleswag non possano traslare i costi aggiuntivi sui propri clienti finali . Il rifiuto da parte delle autorità del Land Schleswig-Holstein di autorizzare tariffe superiori per l'energia elettrica fornita ai clienti finali, invocato a dimostrazione dell'esistenza di impedimenti giuridici alla ripercussione dei costi aggiuntivi, sembra basato su motivi diversi e non implica che dette autorità non considerassero legittimi tali costi aggiuntivi. Inoltre, dalle risposte ad un altro quesito scritto posto dalla Corte emerge che la StrEG 1998 , consentendo di tenere conto dei costi aggiuntivi ai fini del calcolo delle tariffe, effettivamente autorizza i gestori di reti soggetti all'obbligo di acquisto a traslare i costi aggiuntivi sui concorrenti che intendano fornire energia elettrica attraverso la rete in questione. Ciò, a sua volta, consente ai gestori di rete di traslare i costi aggiuntivi sui clienti finali senza dover temere la concorrenza dei fornitori non soggetti agli obblighi della StrEG 1998.

87. Per quanto riguarda la questione se le autorità tedesche abbiano «informato» la Commissione, ai sensi dell'art. 93, n. 3, prima frase, del Trattato, nel 1998, prima di procedere alle modifiche previste dalla legge sull'alimentazione elettrica, la Commissione ha giustamente affermato all'udienza che la notifica ai sensi della direttiva 28 marzo 1983, 83/189/CE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche , effettuata dalle autorità tedesche prima dell'adozione delle modifiche del 1998, non può sostituire la notifica specifica ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato. A mio parere, appare inoltre dubbio ritenere che semplici consultazioni preliminari tra un governo e la Commissione costituiscano regolare notifica di una modifica di un aiuto ai sensi dell'art. 93.

88. In ogni caso, occorre rammentare che l'art. 177 del Trattato è basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte. Non spetta alla Corte, bensì al giudice nazionale, accertare i fatti all'origine della causa e trarne le conseguenze ai fini della sua pronuncia .

89. Pertanto, i presunti errori e lacune dell'ordinanza di rinvio non possono determinare l'irricevibilità del rinvio pregiudiziale.

3. Sulla pertinenza delle questioni

90. Per quanto riguarda le questioni relative all'interpretazione degli artt. 92 e 93 del Trattato, gli intervenienti sostengono che, a prescindere dalla questione se la StrEG 1998 implichi aiuti di Stato, l'obbligo di statu quo («standstill») sancito all'art. 93, n. 3, del Trattato non sarebbe applicabile e la PreussenElektra non potrebbe pertanto chiedere il rimborso delle somme versate in forza della StrEG 1998.

91. Ciò perché, in primo luogo, la StrEG 1998 non potrebbe essere qualificata come una modifica di aiuti esistenti ai sensi dell'art. 93, n. 3, primo periodo. Le modifiche adottate nel 1998 non sarebbero state sufficientemente rilevanti da far sorgere l'obbligo di notifica e di sospendere l'attuazione delle modifiche agli aiuti non notificate ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato.

92. In secondo luogo, quand'anche la StrEG 1998 dovesse essere considerata come una modifica di aiuti esistenti, lo scambio di corrispondenza tra le autorità tedesche e la Commissione prima e dopo l'adozione della StrEG 1998 implicherebbe una corretta notifica delle modifiche ai sensi dell'art. 93, n. 3, primo periodo ed un'autorizzazione implicita alle modifiche da parte della Commissione.

93. Per quanto riguarda il primo argomento degli intervenienti, ritengo che, in realtà, non sia ancora stato dimostrato - nell'assunto che il regime in discussione vada qualificato come aiuto esistente - che gli emendamenti del 1998 fossero sufficientemente rilevanti da far sorgere l'obbligo di notifica e di sospensione dell'attuazione della legge modificata, ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato.

94. Tuttavia, il Landgericht afferma, a mio avviso correttamente, che la questione se la StrEG 1998 implichi aiuti di Stato sarebbe pertinente, in quanto l'obbligo di statu quo di cui all'art. 93, n. 3, si applicherebbe solo qualora il provvedimento di cui trattasi, nella sua versione modificata, costituisca di per sé aiuto di Stato. Il fatto che il Landgericht non abbia deferito questioni in merito agli altri requisiti di applicazione dell'art. 93, n. 3, terzo periodo (ad esempio la questione se le modifiche del 1998 fossero sufficientemente rilevanti da far sorgere l'obbligo di notifica e di statu quo) non incide sulla pertinenza della questione sottoposta alla Corte.

95. Il secondo rilievo degli intervenienti si riduce ad una critica dell'esposizione dei fatti operata del giudice a quo, che ho già esaminato in precedenza .

96. Il governo tedesco sostiene che la qualifica dell'obbligo di acquisto come aiuto di Stato non possa incidere sulla causa a qua, in quanto la controversia tra la PreussenElektra e la Schleswag verterebbe non sul meccanismo in sé, bensì sulla distribuzione dei costi in base al medesimo.

97. Questo argomento è infondato, giacché, mi sembra di intendere la legge in questione nel senso che l'obbligo di compensazione di cui all'art. 4, n. 1, della StrEG 1998, gravante sul fornitore a monte di energia elettrica, sorga solo se il distributore a valle sia effettivamente obbligato ad acquistare energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell'art. 2 della StrEG 1998. Pertanto, qualora il diritto comunitario osti a quest'ultimo obbligo, non può sorgere neppure il primo.

98. Per quanto riguarda l'art. 30 del Trattato, gli intervenienti affermano che la controversia dinanzi al giudice a quo verterebbe su una situazione priva di alcun elemento transfrontaliero e che le parti non avrebbero mai affermato di non poter importare elettricità da altri Stati membri. A loro parere, pertanto, la questione del Landgericht relativa all'art. 30 rivestirebbe solamente natura ipotetica.

99. All'udienza, tuttavia, la Schleswag ha dichiarato di aver ricevuto un'offerta di elettricità prodotta da fonti rinnovabili in Svezia ad un prezzo di acquisto di circa DEM 0,08 per chilowattora (circa la metà del prezzo dell'elettricità prodotta mediante energia eolica ai sensi della StrEG 1998) e di non aver potuto accettare tale offerta a causa del proprio obbligo di acquisto di tutta l'elettricità prodotta mediante energia eolica nella propria zona di fornitura.

100. Ritengo che nella specie, a prescindere dal fatto che tali possibilità concrete di importare energia elettrica siano comprovate o meno, la Corte debba pronunciarsi sulla questione sottoposta al giudice nazionale relativa all'interpretazione dell'art. 30 del Trattato. Ciò in quanto l'art. 1 della StrEG 1998 comporta una netta disparità di trattamento tra l'energia elettrica prodotta in Germania e quella importata, in quanto solo l'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in Germania può trarre vantaggio dall'obbligo di acquisto al prezzo minimo elevato indicato nella StrEG.

101. Nelle mie conclusioni relative alla causa Pistre , ho già dichiarato che la Corte dovrebbe esimersi dal pronunciarsi sull'applicazione dell'art. 30 a prodotti importati quando risulti chiaro in base ai fatti che la fattispecie oggetto della causa principale sia interamente circoscritta al territorio nazionale.

102. Continuo a pensare che le preoccupazioni espresse nelle predette conclusioni siano fondate quando il provvedimento nazionale di cui trattasi sia applicabile indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati e la controversia dinanzi al giudice nazionale riguardi non i prodotti importati bensì quelli nazionali. L'art. 30 incide su tale provvedimento solo laddove si applichi ai prodotti importati, e non laddove si applichi ai prodotti nazionali . Conseguentemente, un'interpretazione dell'art. 30 da parte della Corte in una controversia concernente esclusivamente prodotti nazionali è irrilevante ai fini della soluzione della stessa ovvero rilevante solo in virtù di una norma interna che vieti la discriminazione inversa. In entrambi i casi, la Corte risolverebbe una questione ipotetica relativa ai prodotti importati al di fuori del contesto di fatto.

103. Tuttavia, qualora un provvedimento nazionale come la StrEG 1998 favorisca in fatto e in diritto la commercializzazione di prodotti di origine nazionale a detrimento dei prodotti importati, l'applicazione del provvedimento ai produttori nazionali colloca i prodotti importati in una situazione sfavorevole e ostacola pertanto, quanto meno in potenza, gli scambi intracomunitari. I provvedimenti che favoriscono i prodotti nazionali vengono, ex hypothesi, spesso applicati in situazioni puramente interne. Per essere efficace, pertanto, l'art. 30 dev'essere applicato in tutti i casi concernenti un provvedimento che favorisca i prodotti nazionali, indipendentemente dal fatto che esistano effettivamente prodotti importati alternativi. Poiché l'interpretazione dell'art. 30 in casi del genere è rilevante ai fini del procedimento principale, la Corte deve risolvere le questioni deferite dal giudice nazionale.

104. In ogni caso, anche con riguardo a provvedimenti applicabili indistintamente e a fattispecie in cui la rilevanza delle questioni ai fini del procedimento principale era dubbia , la Corte ha proceduto alla soluzione delle questioni sottopostele. In questi casi ha dichiarato, in particolare, che spetta unicamente ai giudici nazionali chiamati a risolvere la controversia valutare sia la necessità di una pronuncia in via pregiudiziale, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte .

105. Ritengo pertanto che la Corte debba procedere alla soluzione delle questioni sottopostele.

VI - Sulla prima questione: lo Stromeinspeisungsgesetz (legge sull'alimentazione elettrica) del 1998 come aiuto di Stato

106. Con la prima questione, il giudice nazionale chiede, in sostanza, se il regime istituito dalla StrEG 1998 costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato a favore dei produttori di energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili. Suddividendo il primo quesito in tre questioni distinte, il Landgericht ha forse voluto richiamare l'attenzione della Corte sulle peculiarità del provvedimento nazionale in discussione.

107. A termini dell'art. 92, n. 1, «[...] sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi fra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

108. Secondo il governo tedesco e gli intervenienti, la StrEG 1998 non costituirebbe un aiuto di Stato. A loro parere, dal testo dell'art. 92, n. 1, dal sistema del Trattato e dalla giurisprudenza della Corte emergerebbe che i vantaggi non concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali non potrebbero essere qualificati come aiuti di Stato. Una definizione diversa, e quindi più ampia, di aiuti di Stato farebbe ricadere praticamente tutte le legislazioni nazionali poste a disciplina dei rapporti tra imprese nella sfera di applicazione della normativa sugli aiuti di Stato e stravolgerebbe in tal modo la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Comunità stabilita dal Trattato. La StrEG 1998 conterrebbe solo un meccanismo di fissazione del prezzo ed i vantaggi che ne derivano per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili sarebbero, pertanto, finanziati esclusivamente mediante risorse private. La StrEG 1998, non incidendo sul bilancio dello Stato, non potrebbe essere considerata come un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1.

109. Il giudice a quo, la PreussenElektra e la Schleswag, il governo finlandese e la Commissione sostengono che il regime istituito dalla StrEG 1998 costituisca un aiuto di Stato. A loro parere, il meccanismo posto in essere dalla StrEG 1998 potrebbe essere tenuto distinto da quelli in discussione, ad esempio, nelle cause Van Tiggele o Sloman Neptun , in cui la Corte ha escluso l'applicazione della disciplina degli aiuti Stato. Esso potrebbe essere paragonato più agevolmente ai provvedimenti esaminati nelle sentenze Van der Kooy ed Ecotrade , da una parte, e Commissione/Francia e Steinike und Weinlig , dall'altra, in cui la Corte ha dichiarato trattarsi di aiuti di Stato. Inoltre, dalla ratio delle norme sugli aiuti di Stato, dal testo dall'art. 92, n. 1, e da alcune dichiarazioni della Corte emergerebbe che il finanziamento mediante risorse statali non costituisce un elemento imprescindibile della nozione di aiuto. Qualora dalla giurisprudenza risultasse il contrario, la Corte dovrebbe riconsiderare la propria posizione per evitare che gli Stati membri eludano il regime degli aiuti di Stato. In ogni caso, la StrEG 1998 andrebbe considerata come un provvedimento elusivo alla luce del combinato disposto degli artt. 5, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 10, n. 2, CE) e 92.

110. In limine, va sottolineato che, nella specie, la questione riguarda la compatibilità della StrEG 1998 con la disciplina degli aiuti di Stato. La valutazione della compatibilità dei provvedimenti di aiuto con il mercato comune spetta esclusivamente alla Commissione, il cui operato è soggetto al sindacato giurisdizionale dei giudici comunitari. Nell'assunto che la StrEG 1998 costituisca un aiuto di Stato, essa può ancora essere autorizzata in forza della disciplina comunitaria degli aiuto di Stato per la tutela dell'ambiente . Non si deve dimenticare che la promozione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è uno degli obiettivi ambientali più importanti dell'Unione europea .

111. Nella specie, quindi, è in discussione solo la sfera di applicazione del regime di controllo sugli aiuti di Stato. In altre parole, ci si chiede se uno Stato membro che intenda adottare una legge come la StrEG 1998 debba conformarsi agli obblighi procedurali di cui all'art 93 del Trattato (ad esempio, obbligo di notifica e di statu quo), oppure se questo tipo di legislazione esuli completamente dal suddetto regime di controllo?

112. In secondo luogo, la controversia verte solo su un elemento della nozione di aiuti di Stato. Come si evince dagli argomenti che ho riassunto in precedenza, le osservazioni scritte e orali si sono focalizzate quasi esclusivamente sulla questione se i vantaggi apportati dalla StrEG 1998 ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili siano «concessi mediante risorse statali», ai sensi dell'art. 92, n. 1. In nessuna delle predette osservazioni è stata eccepita la carenza di un altro elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato. E' praticamente certo che il prezzo minimo maggiorato dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, unitamente all'obbligo di acquisto, attribuisca un vantaggio economico notevole e specifico ai produttori di questo tipo di energia elettrica, falsi pertanto la concorrenza tra categorie diverse di produttori e, in ultima analisi, ostacoli il commercio di energia elettrica tra gli Stati membri.

113. Alla luce delle suesposte considerazioni preliminari e degli argomenti delle parti, procederò all'esame delle seguenti questioni:

- Se, alla luce della giurisprudenza della Corte, il finanziamento mediante risorse statali sia un elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato.

- Se la Corte debba riconsiderare tale giurisprudenza.

- Se i vantaggi concessi dalla StrEG 1998 possano essere considerati quali finanziati mediante risorse statali.

- Se la StrEG 1998 costituisca una misura equivalente ad un aiuto di Stato vietato dall'art. 5, n. 2, del Trattato.

1. Il finanziamento mediante risorse statali quale elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato alla luce della giurisprudenza della Corte

114. La locuzione «concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali» di cui all'art. 92, n. 1, può essere letta in due modi diversi.

115. Da un lato, si potrebbe sostenere che la seconda ipotesi, «mediante risorse statali», riguardi i provvedimenti finanziati mediante fondi pubblici, mentre la prima ipotesi, «aiuti concessi dagli Stati», riguarderebbe tutti gli altri provvedimenti non finanziati mediante risorse statali. Secondo tale interpretazione ampia dell'art. 92, n. 1, ogni provvedimento che attribuisca vantaggi economici ad imprese determinate e che costituisca il risultato di un comportamento imputabile allo Stato, costituirebbe un aiuto di Stato a prescindere dal fatto che comporti o meno un onere economico per lo Stato stesso.

116. D'altro canto, l'art. 92, n. 1, può essere interpretato nel senso che l'aiuto debba essere necessariamente finanziato mediante fonti statali e che la distinzione tra aiuti concessi dagli Stati e aiuti concessi mediante risorse statali serva a far rientrare nella nozione di aiuto non solo gli aiuti concessi direttamente dallo Stato, ma anche gli aiuti concessi da enti pubblici o privati designati o istituiti dallo Stato. In base a tale seconda interpretazione, più restrittiva, il provvedimento di cui trattasi dovrebbe necessariamente gravare sul bilancio dello Stato ed il finanziamento mediante risorse pubbliche sarebbe un elemento costitutivo della definizione di aiuto di Stato.

117. Secondo una giurisprudenza ora consolidata, la seconda interpretazione è prevalente e solo i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali devono essere considerati quali aiuti di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1.

118. Questa formula è stata utilizzata per la prima volta nella sentenza Van Tiggele , concernente un provvedimento che fissava un prezzo minimo al dettaglio per il gin. La Corte ha accolto il parere dell'avvocato generale Capotorti dichiarando quanto segue:

«Qualunque sia la definizione che va data alla nozione di aiuto [...], dal testo stesso [dell'art. 92, n. 1], risulta che un provvedimento caratterizzato dalla fissazione di prezzi minimi al dettaglio, allo scopo di favorire i distributori di un prodotto e a carico esclusivo dei consumatori, non può costituire un aiuto [...].

Infatti, i vantaggi che un simile intervento nel processo formativo dei prezzi comporta per i distributori del prodotto considerato non sono concessi, né direttamente, né indirettamente, mediante risorse statali [...]» .

119. Si può ritenere che tale principio sia stato confermato nella sentenza Norddeutsches Vieh- und Fleischkontor , riguardante l'assegnazione di contingenti per l'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi. La normativa tedesca disciplinava la distribuzione della quota interna tra gli operatori nazionali, i quali impugnavano tale normativa in quanto tra l'altro avrebbe costituito un aiuto di Stato a favore di alcuni altri operatori.

120. Secondo l'avvocato generale VerLoren van Themaat si poteva ritenere, alla luce della distinzione di cui all'art. 92, n. 1, tra aiuti concessi «dagli Stati» ed aiuti concessi «mediante risorse statali» che la concessione autonoma di vantaggi finanziari che non fossero a carico di uno Stato membro rientrasse nella sfera di applicazione dell'art. 92. Egli citava l'esempio delle riduzioni tariffarie che uno Stato membro poteva imporre alle imprese private operanti nel settore dell'energia elettrica a favore di determinate imprese .

121. La Corte ha invece dichiarato che il vantaggio economico che gli operatori ricavavano dalla partecipazione alla ripartizione del contingente doganale nazionale non era concesso mediante risorse statali, bensì mediante risorse comunitarie, nelle quali rientrava l'imposta non riscossa. Il provvedimento in discussione, poiché si limitava alla ripartizione di un contingente doganale comunitario, non costituiva un «aiuto concesso da uno Stato o mediante risorse statali», ai sensi degli artt. 92-94 del Trattato .

122. La successiva sentenza Commissione/Francia ha suscitato qualche incertezza. Nella specie, un aiuto speciale ad agricoltori disagiati era stato finanziato mediante le eccedenze di bilancio accumulate in vari anni dalla Caisse nationale de crédit agricole francese.

123. La Commissione sosteneva che la decisione di concedere l'aiuto era stata presa dallo Stato, ma che le eccedenze con cui era stato finanziato erano state prodotte mediante gestione di fondi privati, e non di risorse statali. Essa riteneva, pertanto, che l'aiuto in questione non costituisse una sovvenzione statale in senso stretto, bensì un provvedimento di effetto equivalente ad un aiuto di Stato vietato dall'art. 5 del Trattato .

124. L'avvocato generale Mancini, sulla base di una diversa interpretazione dei fatti, ha dichiarato che l'aiuto era stato non solo promosso dallo Stato, ma anche finanziato mediante risorse statali. Ha pertanto ritenuto che si trattasse di un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato .

125. La Corte non ha esaminato se l'aiuto fosse effettivamente stato finanziato mediante risorse statali. Tuttavia ha ritenuto che la concessione costituiva un aiuto di Stato e ha dichiarato quanto segue:

«La generalità dei termini usati [nell'art. 92, n. 1,] consente di valutare, a norma dell'art. 92, [...] qualsiasi provvedimento statale, qualora esso abbia l'effetto di attribuire una sovvenzione sotto qualsivoglia forma [...].

Come si desume dalla stessa lettera dell'art. 92, n. 1, la sovvenzione non deve necessariamente essere finanziata col denaro dello Stato perché si tratti di una sovvenzione statale» .

126. Anche nelle sentenze Van der Kooy e Grecia/Commissione , pronunciate poco tempo dopo la menzionata sentenza Commissione/Francia, la Corte non ha postulato che l'aiuto fosse finanziato mediante risorse statali.

127. Il principio attualmente vigente è stato formulato nella sentenza Sloman Neptun . Tale causa verteva su un provvedimento che autorizzava alcune imprese di navigazione battenti bandiera tedesca ad assoggettare i marinai cittadini di paesi terzi a condizioni di lavoro e di retribuzione meno favorevoli rispetto a quelle applicabili ai cittadini tedeschi.

128. L'avvocato generale Darmon ha concluso, in esito ad una complessa analisi della questione, che l'origine del finanziamento di una misura di aiuto era irrilevante. A suo parere, l'art. 92, n. 1, esigeva solo che la misura di aiuto derivasse da un comportamento riferibile ad uno Stato membro .

129. La Corte si è invece richiamata alla sentenza Van Tiggele, dichiarando che solo i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali devono essere considerati quali aiuti ai sensi dell'art. 92, n. 1. Ciò in quanto dal tenore stesso di questa disposizione e dalle regole procedurali dettate dall'art. 93 del Trattato emerge che i vantaggi concessi con mezzi diversi dalle risorse statali esulano dalla sfera di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato. La distinzione tra aiuti concessi dagli Stati e aiuti concessi mediante risorse statali è intesa a ricomprendere nella nozione di aiuto non solo gli aiuti direttamente concessi dagli Stati, ma anche quelli concessi da enti pubblici o privati designati o istituiti dagli Stati .

130. Per quanto riguarda la questione se i vantaggi derivanti dal provvedimento di cui trattasi vadano o meno considerati concessi mediante risorse statali, la Corte ha dichiarato che la disciplina in questione non era intesa a creare un vantaggio atto a costituire per lo Stato un onere supplementare, bensì unicamente a modificare, in favore delle imprese di navigazione marittima, le condizioni alle quali vengono costituiti i rapporti contrattuali tra le dette imprese e i loro dipendenti. Le conseguenze che ne derivavano, in relazione sia alla diversa base di calcolo dei contributi previdenziali sia all'eventuale perdita di gettito tributario riconducibile al basso livello delle retribuzioni, erano inerenti a detta disciplina e non costituivano un mezzo per accordare alle imprese interessate un vantaggio determinato. Pertanto, la disciplina in discussione non costituiva aiuto di Stato .

131. Il principio secondo cui un aiuto di Stato dev'essere finanziato direttamente o indirettamente mediante risorse statali è stato confermato in tutta la successiva giurisprudenza in materia: vale a dire nelle sentenze Kirsammer-Hack , Viscido , Ecotrade e Piaggio .

132. Recentemente, nella sentenza Ladbroke , i giudici comunitari hanno esaminato la normativa che definisce la gamma di attività cui il Pari mutuel urbain («PMU») poteva destinare le vincite non reclamate delle scommesse sulle corse di cavalli. Ai sensi della normativa originaria, l'impiego delle vincite non riscosse era limitato a determinate spese di carattere sociale. Le vincite non utilizzate per i fini autorizzati dovevano essere versate allo Stato. In seguito, la normativa francese aveva esteso la gamma delle utilizzazioni possibili ad altre attività al fine di aiutare il PMU a finanziare talune indennità integrative di licenziamento per i propri ex dipendenti. La Corte ha confermato il giudizio del Tribunale secondo cui in tal modo le autorità francesi avevano effettivamente rinunciato a risorse che, in linea di principio, avrebbero dovuto essere versate al bilancio dello Stato, così che fondi statali erano stati trasferiti al destinatario ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Riguardo all'argomento secondo cui le somme in questione non erano mai state direttamente in possesso dello Stato, la Corte ha dichiarato che esse restavano costantemente sotto il controllo pubblico e, dunque, a disposizione delle autorità nazionali competenti, il che era sufficiente perché esse fossero qualificate risorse statali ai sensi dell'art. 92, n. 1 .

133. Ne consegue che secondo il diritto vigente il finanziamento mediante risorse statali è un elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato.

2. La questione se la Corte debba riconsiderare la propria giurisprudenza

134. Il giudice nazionale, la Commissione, la PreussenElektra, la Schleswag ed il governo finlandese sostengono che il finanziamento mediante risorse statali non dovrebbe essere un elemento costitutivo della nozione di aiuto. A loro parere, l'art. 92, n. 1, richiede unicamente che la misura di aiuto costituisca il risultato di un atto compiuto da uno Stato membro.

135. Essi si richiamano alla giurisprudenza della Corte e alle conclusioni degli avvocati generali secondo cui il finanziamento mediante risorse statali non andava considerato quale elemento imprescindibile della nozione di aiuto . Essi rilevano parimenti che sia il governo tedesco che la Commissione hanno sempre considerato il meccanismo istituito dalle varie versioni successive della legge sull'alimentazione elettrica quale aiuto di Stato.

136. A sostegno dell'interpretazione ampia dell'art. 92, n. 1, deducono i seguenti argomenti.

137. In primo luogo, l'art. 92, n. 1, si applica agli aiuti concessi «sotto qualsiasi forma». La frase suggerirebbe un'interpretazione ampia della nozione di aiuto.

138. In secondo luogo, dall'art. 3, lett. g) del Trattato CE [divenuto art. 3, lett. g), CE] discenderebbe che la disciplina degli aiuti di Stato rappresenti la pietra angolare di un sistema inteso a garantire che «la concorrenza non sia falsata nel mercato interno». Lo scopo dell'art. 92 e segg. consisterebbe quindi nel mantenimento di condizioni eque di concorrenza tra gli operatori. Un'interpretazione ampia della nozione di aiuto sarebbe necessaria affinché l'art. 92 possa efficacemente contribuire al conseguimento di tale scopo . Questa, probabilmente, sarebbe la ragione per la quale la Corte ha dichiarato che, ai fini dell'applicazione dell'art. 92, occorreva in sostanza considerare gli effetti dell'aiuto sulle imprese o sui produttori beneficiari .

139. Dal punto di vista teleologico, un provvedimento statale che attribuisca specifici vantaggi a talune imprese non diverrebbe meno anticoncorrenziale qualora sia finanziato mediante risorse private piuttosto che mediante risorse pubbliche. La distorsione della concorrenza potrebbe essere anzi più grave qualora il costo del provvedimento fosse sopportato dai concorrenti delle imprese destinatarie dell'aiuto e non dal pubblico in generale.

140. Il caso di specie sarebbe l'esempio perfetto di una situazione potenzialmente dannosa. La StrEG 1998 colpirebbe i produttori di energia elettrica convenzionale in due modi.

141. In quanto concorrenti, essi dovrebbero convivere con il fatto che la StrEG 1998 garantisce ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili aiuti al funzionamento di notevole entità (la forma più dannosa di aiuto). Inoltre, l'entità di detti aiuti al funzionamento verrebbe determinata in base alla quantità di energia elettrica prodotta ed ai prezzi medi di vendita dell'anno precedente (non sulla base dei costi di produzione). I produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili potrebbero quindi aumentare unilateralmente l'aiuto cui hanno diritto aumentando la produzione e riducendo i costi di produzione. A causa dell'obbligo di acquisto, i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili non incorrerebbero nel consueto rischio di sovraproduzione o di fluttuazione dei prezzi.

142. Inoltre, non sarebbero i contribuenti in generale a dover sostenere i costi della misura di aiuto in questione, bensì i produttori di energia elettrica da fonti convenzionali. Di conseguenza, questi ultimi perderebbero anche risorse notevoli che potrebbero utilizzare altrimenti per esercitare la loro concorrenza. Il meccanismo istituito dalla StrEG altererebbero, pertanto, la concorrenza tra le diverse categorie di produttori di energia elettrica più di quanto non la altererebbe una semplice sovvenzione statale finanziata a carico del bilancio generale dello Stato.

143. In terzo luogo, occorrerebbe ricordare che tutte le entrate dello Stato provengono in ultima analisi dalla contribuzione fiscale dei soggetti privati. Qualunque sia la natura ed il numero degli enti intermedi, l'onere fiscale di un vantaggio economico concesso dallo Stato ad imprese determinate sarebbe quindi in ogni caso sopportato sempre dai singoli e dagli operatori .

144. Sarebbe quindi formalistico applicare la disciplina degli aiuti di Stato a fattispecie nelle quali talune imprese siano tenute a versare somme di denaro in un fondo statale dal quale vengano ridistribuite ai concorrenti , e non applicarla a fattispecie nelle quali, come nel caso in esame, le imprese colpite debbano versare somme direttamente ai loro concorrenti.

145. Infine, si afferma che sussisterebbe un pericolo di elusione della disciplina degli aiuti di Stato. Se il finanziamento mediante risorse statali costituisse un elemento necessario della definizione di aiuto, gli Stati membri potrebbero essere tentati a istituire regimi che attribuiscano importanti vantaggi economici a talune imprese nazionali, comportando gravi conseguenze per la concorrenza ed il commercio transfrontaliero in Europa, non gravando in alcun modo sul bilancio dello Stato interessato e, soprattutto, eludendo il controllo della Commissione ex art. 93 del Trattato.

146. La Commissione suggerisce espressamente alla Corte di riconsiderare la propria giurisprudenza alla luce dei recenti sviluppi dell'ordinamento giuridico comunitario e del meccanismo istituito dalla StrEG 1998. Successivamente alla realizzazione del mercato interno e con l'avvio dell'Unione monetaria, le misure di aiuto applicate in modo selettivo rappresenterebbero l'ultimo strumento cui gli Stati membri possono ricorrere per attribuire vantaggi sotto il profilo della concorrenza alle imprese nazionali. In esito all'esame della Commissione, tali provvedimenti di aiuto potrebbero essere certamente ritenuti compatibili con il mercato comunitario. Tuttavia, sarebbe estremamente importante che essi siano assoggettati ai meccanismi di controllo di cui all'art. 93 del Trattato, che garantiscono la necessaria disciplina e trasparenza. Nel definire la nozione di aiuto di Stato, la Corte dovrebbe pertanto attribuire maggiore importanza all'obiettivo delle norme sugli aiuti di Stato e alla loro efficacia complessiva.

147. La PreussenElektra e la Commissione affermano anche che la StrEG 1998 non potrebbe essere paragonata alle misure esaminate nelle cause in cui la Corte ha dichiarato che gli aiuti di Stato devono essere finanziati mediante risorse statali. La regola stabilita in dette cause, pertanto, non potrebbe essere applicata in generale e, in particolare, non potrebbe essere applicata nella specie.

148. Nella sentenza Van Tiggele il provvedimento in discussione, che fissava un prezzo minimo al dettaglio per il gin, produceva effetti diversi, giacché i consumatori erano liberi di acquistare o non acquistare gin e potevano anche scegliere tra marche diverse. L'onere finanziario gravava sui consumatori finali. Lo scopo consisteva nella tutela dei produttori nazionali dal minor costo dei prodotti importati. Pertanto, il provvedimento era in contrasto con l'art. 30 del Trattato. Per contro, secondo il regime istituito dalla StrEG 1998, il vantaggio per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili è finanziato dai concorrenti e non dal pubblico in generale . Le imprese colpite devono acquistare tutta l'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nella loro zona e non possono scegliere liberamente se acquistare o meno. Anche i fornitori a monte devono automaticamente pagare una compensazione. Essi pagano anche se non ricevono nulla in cambio. Lo scopo principale della StrEG 1998 non è impedire le importazioni, bensì migliorare la posizione concorrenziale dei produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili.

149. Inoltre, a differenza dei provvedimenti in discussione nella causa Sloman Neptun, Kirsammer-Hack e Viscido, la StrEG 1998 obbliga i concorrenti a versare denaro direttamente alle imprese destinatarie dell'aiuto. I vantaggi economici per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili ed i costi delle imprese colpite sono evidenti e possono essere facilmente quantificati.

150. Riconosco che gli argomenti a favore di un'interpretazione ampia della nozione di aiuto di Stato possiedono una certa consistenza. Tuttavia, ritengo che il finanziamento mediante risorse statali costituisca un elemento necessario della nozione di aiuto di Stato e che la Corte debba attenersi alla propria attuale giurisprudenza.

151. Ciò in quanto, in primo luogo, anche se la locuzione «concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali» può essere letta in vari modi, l'interpretazione suggerita dalla Corte nelle sentenze Sloman Neptun, Kirsammer-Hack e Viscido è quella più naturale e che solleva minori problemi.

152. Secondo l'interpretazione della Corte, nella prima ipotesi, vale a dire negli «aiuti concessi dagli Stati», rientrano le normali misure di aiuto finanziate medianti fondi pubblici e concessi direttamente dallo Stato. Nella seconda ipotesi (aiuti concessi mediante risorse statali) rientra la categoria residuale e più rara degli aiuti finanziati mediante risorse statali che vengono concessi non direttamente dallo Stato, bensì da enti pubblici o privati designati o istituiti dallo Stato. Qualora si accolga tale interpretazione, la seconda ipotesi contemplata dall'art. 92, n. 1, può essere facilmente spiegata con il fatto che gli autori del Trattato volevano impedire l'elusione delle norme sugli aiuti di Stato mediante una distribuzione decentralizzata e/o privatizzata degli aiuti.

153. Secondo l'interpretazione alternativa proposta dai sostenitori dell'interpretazione ampia dell'art. 92, n. 1, la seconda ipotesi (aiuti concessi mediante risorse statali) riguarderebbe i provvedimenti finanziati mediante fondi pubblici, mentre la prima ipotesi (aiuti concessi dagli Stati) riguarderebbe tutte le altre misure non finanziate mediante risorse statali. Tale interpretazione dell'art. 92, n. 1, presuppone che gli autori del Trattato abbiano inserito una nozione comprendente una categoria residuale di casi (aiuti non finanziati mediante risorse statali) prima della nozione comprendente la categoria normale di casi. Non sono queste le modalità naturali e consuete di procedere nella redazione di testi legislativi.

154. Inoltre, secondo un'interpretazione sistematica del Trattato, il titolo della sezione «Aiuti concessi dagli Stati» dev'essere inteso nel senso che esso riguarda entrambe le ipotesi di cui all'art. 92, n. 1, ossia gli «aiuti concessi dagli Stati» e gli «aiuti concessi mediante risorse statali». Poiché la formulazione della prima ipotesi è pressoché identica a quella del suddetto titolo, sembra arduo poter affermare (come devono fare i sostenitori dell'interpretazione ampia) che la prima ipotesi «aiuti concessi dagli Stati» riguardi solo la categoria residuale delle misure di Stato finanziate mediante risorse private.

155. In secondo luogo, l'argomento teleologico sviluppato dai sostenitori dell'interpretazione ampia dell'art. 92, n. 1, implica un problema di fondo. Nel definire l'obiettivo delle norme sugli aiuti di Stato essi rischiano di presupporre ciò che devono dimostrare, vale a dire che le norme devono essere applicate a tutte le misure di Stato. Alla luce del titolo della sezione pertinente e del testo dell'art. 92, n. 1, si può sostenere allo stesso modo che le norme sugli aiuti di Stato sono intese a tutelare la concorrenza solo dalle misure statali finanziate mediante fondi pubblici e non da tutti i tipi di misure statali. Se tale è l'obiettivo dell'art. 92 e segg., l'espressione «aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali» non può essere interpretata così estensivamente come è stato suggerito.

156. In terzo luogo, un argomento sistematico a favore dell'interpretazione accolta dalla Corte può essere dedotto dalle norme di procedura di cui all'art. 93. Tale disposizione tutela gli interessi dei concorrenti delle imprese destinatarie degli aiuti e degli Stati membri in cui detti concorrenti sono stabiliti , gli interessi dello Stato membro che ha concesso l'aiuto e quelli dell'impresa destinataria dello stesso, che hanno interesse a che l'aiuto venga attuato il più presto possibile , e gli interessi degli Stati membri nel loro complesso . Per contro, nessuna norma del sistema istituito dall'art. 93 affronta i problemi specifici delle imprese che devono finanziare gli aiuti concessi ad altre imprese. Tuttavia, se nell'art. 92, n. 1, ricadessero sistematicamente le misure finanziate mediante risorse private, ci si potrebbe attendere che l'art. 93 disciplinasse i loro diritti e gli obblighi di carattere procedurale. Inoltre, è difficile concepire come una decisione con cui la Commissione dispone il recupero di aiuti statali illegittimi possa essere attuata nel caso in cui gli aiuti siano stati pagati da un gruppo di imprese ad un altro gruppo di imprese.

157. Un quarto argomento a favore della soluzione accolta dalla Corte è che tale soluzione garantisce una maggiore certezza del diritto. Non sono d'accordo con gli intervenienti e con il governo tedesco, secondo cui l'interpretazione ampia dell'art. 92, n. 1 porterebbe praticamente tutta la legislazione nazionale che disciplina i rapporti tra imprese nella sfera di applicazione della disciplina degli aiuti di Stato. La maggior parte delle normative nazionali di questo tipo non costituirebbe in ogni caso aiuto di Stato, in quanto non rispondono al requisito della selettività, il che significa che non favoriscono talune imprese o talune produzioni ai sensi dell'art. 92, n. 1. Ne consegue, tuttavia, che l'interpretazione più ampia obbligherebbe gli Stati membri, le imprese interessate, la Commissione, i giudici nazionali e, in ultima analisi, i giudici comunitari a stabilire se la normativa nazionale posta a disciplina dei rapporti tra imprese attribuisca vantaggi selettivi a talune imprese ai sensi dell'art. 92, n. 1. Poiché tale valutazione presenta carattere complesso ed esito incerto, sembra preferibile che la normativa posta a disciplina dei rapporti tra gli operatori privati venga esclusa in linea di principio dalla sfera di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato.

158. Infine, non si deve esagerare nel valutare il pericolo che gli Stati membri adottino provvedimenti di sostegno su vasta scala per determinate imprese nazionali finanziati mediante risorse private, aventi lo stesso effetto anticoncorrenziale di normali aiuti di Stato e che eludano il controllo della Commissione. Le imprese tenute a finanziare tali misure si avvarranno di tutti i mezzi giuridici e politici a loro disposizione per contrastarle. Nella specie, la PreussenElektra e la Schleswag hanno impugnato la StrEG 1998 in vari procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale tedesca. Inoltre, una misura che abbia sulla concorrenza e sul commercio intracomunitario gli stessi effetti negativi prodotti dagli aiuti finanziati mediante risorse statali è atto a violare altre norme dell'ordinamento giuridico comunitario . La Commissione può quindi agire in forza dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE).

159. Concludo, pertanto, nel senso che il finanziamento mediante risorse statali è un elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1 del Trattato e che la Corte non deve discostarsi dalla propria giurisprudenza.

3. Se i vantaggi attribuiti dalla StrEG 1998 debbano essere considerati finanziati mediante risorse statali

160. Il giudice a quo, la PreussenElektra e la Commissione sostengono che i vantaggi attribuiti dalla StrEG 1998 ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili debbano essere considerati finanziati mediante risorse statali. Essi giungono a tale conclusione seguendo tre ragionamenti alternativi.

a) Potenziali perdite di gettito fiscale

161. Secondo il giudice a quo, la StrEG 1998 inciderebbe negativamente sui profitti delle imprese soggette all'obbligo di acquisto ed all'obbligo di versare compensazioni. Una riduzione dei profitti determinerebbe a sua volta una corrispondente riduzione di gettito fiscale.

162. Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge che una perdita potenziale di gettito fiscale per lo Stato in conseguenza dell'applicazione di un sistema come quello istituito dalla StrEG 1998 non basta di per sé per considerare detto sistema come un aiuto di Stato . E' vero che gli aiuti di Stato possono talora essere finanziati mediante rinuncia al prelievo fiscale da parte dello Stato . Tuttavia, nella specie, le risorse mediante le quali vengono finanziati i vantaggi attribuiti ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili non provengono dall'asserita perdita di gettito fiscale, bensì dalle imprese soggette alla StrEG 1998 e probabilmente, in definitiva, dai consumatori. La perdita in questione costituisce pertanto solo un effetto collaterale della StrEG 1998.

b) Conversione di risorse private in risorse statali

163. Secondo la Commissione e la PreussenElektra, il meccanismo istituito dalla StrEG 1998 trasformerebbe le risorse private in risorse pubbliche. A loro parere, esso produrrebbe effetti analoghi a quelli determinati dalla tassazione, in quanto preleverebbe risorse dalla sfera privata e le impiegherebbe per un obiettivo di pubblico interesse. Ciò sarebbe particolarmente evidente nel caso dell'obbligo di versare compensazioni ai sensi dell'art. 4, n. 1, della StrEG 1998. In forza di detta disposizione, i fornitori a monte devono pagare somme di denaro ai distributori a valle senza ricevere nulla in cambio. Dunque, non vi sarebbe alcuna differenza di rilievo tra la causa in esame ed i casi in cui gli oneri parafiscali vengono utilizzati per finanziare misure di aiuto.

164. E' vero che gli aiuti di Stato vengono spesso finanziati mediante il gettito di oneri parafiscali . Inoltre, le risorse statali di cui all'art. 92, n. 1, non appartengono necessariamente alle autorità pubbliche ed infatti possono essere sempre rimaste in possesso delle imprese destinatarie degli aiuti. Tale è la situazione normale in cui lo Stato concede aiuti mediante rinuncia ad un prelievo fiscale. A tale proposito, un valido esempio è rappresentato dall'estensione della gamma dei possibili usi cui il PMU poteva destinare le vincite non riscosse delle scommesse sulle corse dei cavalli nella causa Ladbroke Racing . E' pacifico anche che le risorse statali non devono necessariamente provenire da fondi permanenti del settore pubblico. Nella causa Air France, il saldo prodotto dai depositi e dai prelievi dei conti utilizzati dalla Caisse des dépôts et consignations francese, che quest'ultima poteva utilizzare come se i fondi ad esso corrispondenti restassero definitivamente a sua disposizione, rientrava pertanto nella nozione di risorse statali .

165. Il comun denominatore di tutte le cause in materia è tuttavia costituito dal fatto che, in un modo o nell'altro, lo Stato esercitava un controllo sulle risorse de quibus. Nel caso degli oneri parafiscali, le somme divengono proprietà dello Stato prima di essere ridistribuite alle imprese destinatarie degli aiuti. Nel caso della rinuncia ad un prelievo fiscale, lo Stato rinuncia a somme che, in linea di principio, avrebbe diritto di pretendere. Le risorse statali di cui all'art. 92, n. 1, del Trattato, pertanto, comprendono solo le risorse che siano a disposizione delle autorità pubbliche .

166. Nella specie, le somme da trasferire in forza della StrEG 1998 non sono e non saranno mai a disposizione delle autorità tedesche. Nessuna autorità vanta mai diritti su dette somme. Infatti, esse non escono mai dalla sfera privata. Se una delle imprese rifiuta di conformarsi agli obblighi che le incombono in forza della StrEG 1998, l'altra deve agire in giudizio. Qualora si accogliesse l'argomento della PreussenElektra e della Commissione, tutte le somme che una persona deve ad un'altra in virtù di una determinata legge andrebbero considerate come risorse statali. Questa sembra essere un'interpretazione esageratamente ampia della nozione. Ne consegue che le risorse private che devono essere trasferite in forza della StrEG 1998 non costituiscono in alcun momento risorse statali ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato.

167. In realtà, la Commissione e la PreussenElektra suggeriscono alla Corte di trattare la StrEG 1998 analogamente alle misure finanziate mediante oneri parafiscali. Tuttavia, un'analogia legittima presuppone una lacuna o, in altre parole, una situazione non disciplinata da una norma esistente. Dall'analisi precedente discende che una norma chiara esiste già, ed è quella secondo cui le misure finanziate esclusivamente mediante risorse private esulano dalla sfera di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato. Pertanto, abolirebbe effettivamente l'analogia suggerita dalla Commissione e dalla PreussenElektra, la distinzione tra misure finanziate mediante fondi pubblici e misure finanziate privatamente.

c) Le riduzioni delle entrate delle imprese pubbliche come risorse statali

168. Secondo la Commissione, dalle sentenze Ecotrade e Van der Kooy emergerebbe che misure di aiuto finanziate da imprese parzialmente o interamente statalizzate debbano essere considerate finanziate mediante risorse statali ai sensi dell'art. 92, n. 1. La Commissione si basa su dati pubblicati nel 1996 ed afferma che la maggioranza dei capitali di sei delle nove grandi imprese operanti al primo livello del mercato tedesco dell'energia elettrica sarebbe detenuta dallo Stato e che anche il 60% delle azioni di tutte le aziende elettriche regionali sarebbe posseduto da autorità pubbliche (nella maggior parte dei casi, dai comuni). Ne consegue, a parere della Commissione, che l'obbligo di acquisto ed il meccanismo di compensazione stabiliti dalla StrEG 1998 costituirebbero aiuti di Stato quanto meno nella misura in cui riguardano imprese statali. Poiché la StrEG 1998 non distinguerebbe tra imprese pubbliche e private, la legge avrebbe dovuto essere notificata nella sua interezza.

169. Nella sentenza Van der Kooy, la Corte doveva stabilire se una tariffa preferenziale per il gas naturale venduto dall'impresa Nederlandse Gasunie agli orticoltori dei Paesi Bassi costituisse un aiuto di Stato. La Nederlandse Gasunie era una società di diritto privato il cui capitale era detenuto al 50% dallo Stato, direttamente o indirettamente.

170. L'avvocato generale Slynn ha esaminato non solo se la tariffa fosse stata imposta dallo Stato, ma anche se fossero implicate risorse statali. La Commissione, nella decisione controversa, aveva affermato che l'aiuto era finanziato mediante risorse statali, ed i ricorrenti avevano contestato tale affermazione . A parere dell'avvocato generale, l'aiuto in questione era finanziato mediante fondi pubblici, in quanto lo Stato aveva rinunciato alla propria quota dei profitti che la Nederlandse Gasunie avrebbe realizzato qualora i prezzi fossero stati più elevati .

171. La Corte, tuttavia, non ha esaminato la questione se si trattasse o meno di risorse statali. Si è chiesta solamente se lo Stato fosse responsabile della fissazione delle tariffe in questione. Ciò potrebbe senza dubbio spiegarsi con l'incertezza esistente a quel tempo circa il diritto applicabile a seguito della sentenza Francia/Commissione . In ogni caso, poiché la Corte apparentemente non considerava il finanziamento mediante risorse statali quale elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato, la sentenza Van der Kooy non può essere invocata a sostegno della tesi secondo cui una riduzione dei profitti di un'impresa statale equivarrebbe ad un finanziamento mediante risorse statali.

172. Le cause Ecotrade e Piaggio riguardavano entrambe una legge italiana che consentiva a talune imprese industriali insolventi di essere poste in amministrazione straordinaria e di ottenere una tutela speciale contro l'escussione da parte dei creditori in deroga alla normale disciplina fallimentare. La Corte ha dichiarato che l'espressione «aiuti» comportava necessariamente vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali o che costituivano un onere supplementare per lo Stato o per gli enti designati o istituiti a tal fine. Secondo la Corte, la legge italiana in esame era intesa ad essere applicata in maniera selettiva a favore di talune imprese che presentavano un'esposizione debitoria particolarmente elevata verso alcune categorie di creditori, per la maggior parte di carattere pubblico. Era altamente probabile che lo Stato o enti pubblici figurassero tra i principali creditori delle imprese in questione. Inoltre, vari altri elementi del regime istituito dalla legge potevano comportare un onere aggiuntivo per lo Stato rispetto alla situazione che si sarebbe presentata qualora fosse stata applicata la consueta disciplina fallimentare. In base a tali indicazioni, la Corte ha lasciato al giudice nazionale il compito di effettuare le necessarie verifiche onde accertare se si trattasse di aiuti di Stato.

173. Devo confessare che non sono del tutto sicuro su come interpretare le due sentenze in questione . Ad esempio, non è chiaro se potesse costituire aiuto di Stato la legge di per sé, ovvero solo la sua applicazione in un caso particolare. Inoltre, contrariamente a quanto sembra presumere la Commissione, la Corte non ha dichiarato espressamente che il finanziamento di una misura di aiuto mediante una riduzione delle entrate delle imprese statali possa essere considerato come un finanziamento mediante risorse statali ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Per spiegare il motivo per il quale potrebbe trattarsi di risorse statali, la Corte ha citato tra i creditori potenzialmente interessati solo i «creditori di carattere pubblico» , «lo Stato o enti pubblici» e i «poteri pubblici» . A mio parere, pertanto, neppure le dette sentenze forniscono un precedente chiaro.

174. Se, tuttavia, le sentenze Ecotrade e Piaggio vanno interpretate nel senso che il finanziamento di un provvedimento mediante una riduzione delle entrate di imprese pubbliche può costituire un finanziamento mediante risorse statali, allora occorre procedere ad una duplice distinzione.

175. In primo luogo, ritengo che un provvedimento generale che conferisca vantaggi ad un gruppo di imprese a spese di un altro gruppo di imprese non possa essere definito aiuto di Stato solo perché un'impresa o un piccolo numero di imprese del secondo gruppo siano interamente o parzialmente statalizzate. Tale interpretazione della nozione di finanziamento mediante «risorse statali» farebbe ricadere un gran numero di leggi che disciplinano i rapporti tra imprese nella sfera di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato. Inoltre, produrrebbe risultati assurdi, nel senso che uno Stato membro dovrebbe probabilmente esentare le imprese pubbliche dagli obblighi incombenti alle altre imprese al fine di conformarsi alle norme sugli aiuti di Stato. Ciò falserebbe ovviamente la concorrenza tra i diversi tipi di imprese per quanto attiene al finanziamento della misura. Tali considerazioni potrebbero spiegare perché nelle sentenze Ecotrade e Piaggio la Corte abbia sottolineato che lo Stato o enti pubblici devono essere i «creditori principali» o tra i «creditori principali» dell'impresa in difficoltà.

176. Nella specie, il governo tedesco ha dichiarato, nella sua risposta ad un quesito scritto della Corte, che attualmente solo due delle otto imprese al primo livello del mercato tedesco dell'energia elettrica sono controllate dallo Stato. Per quanto riguarda il secondo livello di distribuzione regionale, non è stato possibile ottenere alcun dato preciso, ma le strutture dell'azionariato erano soggette a rapidi mutamenti con una chiara tendenza verso la privatizzazione. E' importante inoltre rilevare che, contrariamente alle cause Ecotrade e Piaggio, nessun altro ente pubblico, quali istituti previdenziali o banche pubbliche, è implicato sotto il profilo del finanziamento.

177. Di conseguenza, i vantaggi per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili sono finanziati esclusivamente da imprese di diritto privato la cui maggioranza è apparentemente detenuta da privati. Pertanto, il meccanismo istituito dalla StrEG 1998 non può essere considerato finanziato «mediante risorse statali».

178. In secondo luogo, la PreussenElektra stessa ha carattere privato e detiene, come ho già detto, il 65,3% delle azioni della Schleswag. L'applicazione della StrEG 1998 nel caso di specie, pertanto, non comportava alcun onere finanziario aggiuntivo per lo Stato né una riduzione delle entrate di imprese pubbliche.

179. Ne consegue che l'argomento della Commissione basato sul finanziamento dell'aiuto mediante una riduzione delle entrate delle imprese pubbliche dev'essere respinto.

4. Se la StrEG 1998 costituisca una misura equivalente ad un aiuto di Stato, vietata dall'art. 5, n. 2, del Trattato

180. La Commissione sostiene che se la StrEG 1998 non dovrebbe essere considerata come un aiuto di Stato in senso stretto, che costituirebbe una misura intesa ad eludere le norme sugli aiuti di Stato. La Corte ha dichiarato, in relazione agli artt. 3, lett. g) e 85 del Trattato, che l'art. 5 impone agli Stati membri di non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, sia pure di legge o di regolamento, tali da privare di effetto utile le norme sulla concorrenza da applicarsi alle imprese . La StrEG 1998, che presenterebbe tutti gli effetti negativi di un aiuto di Stato nonostante sia finanziata mediante risorse private, costituirebbe un'analoga minaccia all'efficacia degli artt. 92 e 93. Un provvedimento come la StrEG 1998, pertanto, violerebbe il combinato disposto degli artt. 5, n. 2, 92 e 93 del Trattato. Esistendo già procedure adeguate ex art. 93 da applicare in caso di violazione delle norme sugli aiuti di Stato, non sarebbe corretto sanzionare la violazione dell'art. 5 mediante la procedura di cui all'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE). Una violazione del combinato disposto degli artt. 5, n. 2, 92 e 93, dovrebbe essere quindi esaminata mediante un'estensione teleologica della nozione di aiuto di Stato di cui all'art. 92, n. 1.

181. La Commissione ha già utilizzato un argomento analogo nella causa Commissione/Francia . Tale causa riguardava una sovvenzione speciale per gli agricoltori più disagiati finanziato con l'eccedenza di gestione della Caisse national de crédit agricole. Poiché l'eccedenza veniva prodotta mediante la gestione di fondi privati, la Commissione ha ritenuto che non si trattasse di una sovvenzione in senso stretto, affermando che costituisse, invece, una misura di effetto equivalente ad un aiuto di Stato vietata dall'art. 5 del Trattato. In base a tale presupposto ha quindi proposto ricorso in forza dell'art. 169 del Trattato .

182. La Corte ha dichiarato che il procedimento in forza dell'art. 169 del Trattato non attribuiva a tutte le parti interessate le stesse garanzie offerte dal procedimento contemplato dall'art. 93, n. 3. La Commissione avrebbe quindi dovuto esperire il secondo procedimento qualora avesse inteso far accertare l'incompatibilità di un regime con il mercato comune. Gli artt. 92 e 93 non davano adito ad una nozione parallela di «misure equivalenti a sovvenzioni», soggette ad un regime diverso da quello delle sovvenzioni propriamente dette.

183. Dalla sentenza citata emerge chiaramente che il concetto di «misure equivalenti a sovvenzioni», che violano l'art. 5, n. 2, e possono essere sanzionate in forza dell'art. 169 del Trattato, non trova alcun fondamento nel Trattato stesso.

184. Nella causa in esame la Commissione suggerisce, se interpreto correttamente i suoi argomenti, qualcosa di leggermente diverso, vale a dire che la StrEG 1998, in quanto «misura equivalente ad una sovvenzione», violerebbe l'art. 5, n. 2, del Trattato e andrebbe sanzionata in forza dell'art. 93 in virtù di un'interpretazione ampia della nozione di aiuto di cui all'art. 92, n. 1.

185. A mio parere, questo argomento è infondato. Esistono diverse possibili sanzioni per la violazione di un divieto come quello dettato dall'art. 5, n. 2. Ma non vedo come la violazione di tale divieto generale possa determinare un'estensione dell'ambito di applicazione di un'altra categoria di norme speciali che vietano un particolare tipo di misure statali. Occorre anche ricordare che il presupposto sotteso all'argomento della Commissione è che le misure finanziate mediante risorse private non costituirebbero aiuti di Stato. Qualora l'argomento della Commissione venisse accolto, l'art. 5 del Trattato potrebbe essere utilizzato per estendere la portata del Trattato. In realtà, la Commissione suggerisce un'interpretazione teleologica ampia dell'art. 92, n. 1, che comprende le misure finanziate mediante risorse private. Per i motivi che ho esposto in precedenza, non sono favorevole a tale interpretazione ampia.

186. Concludo, pertanto, nel senso che il meccanismo istituito dalla StrEG 1998 non costituisce aiuti di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato.

VII - Sulla seconda questione: la portata dell'obbligo di statu quo di cui all'art. 93, n. 3, del Trattato

187. Con la seconda questione, il giudice a quo chiede se gli effetti restrittivi dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE si producano non solo nei confronti del provvedimento di aiuto in sé, ma anche delle norme di attuazione, quale il meccanismo di compensazione di cui all'art. 4, n. 1, della StrEG 1998.

188. Il giudice nazionale pone, tuttavia, tale quesito solo con riguardo all'ipotesi in cui costituisca aiuto di Stato l'obbligo di acquisto ad un prezzo minimo sancito dagli artt. 2 e 3 della StrEG 1998, ma non il meccanismo di compensazione di cui all'art. 4.

189. Conseguentemente, a fronte della soluzione della prima questione, non occorre procedere all'esame della seconda questione.

VIII - Sulla terza questione: la legge sull'alimentazione elettrica quale misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni

1. Considerazioni preliminari

190. Con la terza questione, il giudice a quo chiede se un meccanismo come quello istituito dalla StrEG 1998 costituisca una restrizione quantitativa alle importazioni o una misura di effetto equivalente ai sensi dell'art. 30 del Trattato.

191. A parere del giudice a quo, l'obbligo incombente ai gestori tedeschi di reti di acquistare energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nella loro zona di fornitura potrebbe determinare un calo della domanda di energia elettrica prodotta in altri Stati membri e pertanto va qualificato come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni.

192. Sia la PreussenElektra che la Schleswag sostengono che la StrEG 1998 sia incompatibile con l'art. 30 del Trattato. A loro parere, l'obbligo di acquistare una determinata quantità di energia elettrica prodotta in Germania da fonti rinnovabili inciderebbe sulle loro possibilità di importare energia elettrica da altri Stati membri. Tale restrizione alle importazioni, in quanto misura direttamente discriminatoria ai sensi della giurisprudenza della Corte , non potrebbe essere giustificata da motivi attinenti alla tutela dell'ambiente. Essa non potrebbe essere giustificata neanche in forza dell'art. 36 del Trattato, in quanto la tutela dell'ambiente non rientrerebbe tra gli interessi tutelati da detta disposizione. In ogni caso, la StrEG 1998 violerebbe il principio di proporzionalità.

193. Gli intervenienti, il governo tedesco e la Commissione sostengono, in sostanza, che la misura in discussione non ostacoli il commercio intracomunitario in misura significativa, ovvero che sia giustificata da motivi attinenti alla tutela dell'ambiente o di sicurezza della fornitura di energia elettrica.

194. Alla luce della soluzione che ho proposto per le prime due questioni, la risposta della Corte alla terza questione pregiudiziale potrebbe risultare decisiva per l'esito del procedimento principale. Inoltre, le questioni giuridiche sollevate da tale questione appaiono, al tempo stesso, complesse e di rilevanza generale.

195. Purtroppo, però, le questioni non sono ancora state esaurientemente discusse dalle parti, e la Corte non è pienamente informata dei fatti. La controversia sulla validità della legge sull'alimentazione elettrica si è finora incentrata sui suoi effetti sulle imprese che devono finanziare il meccanismo o sulle imprese in concorrenza con i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili . La terza questione del giudice nazionale, per contro, verte su un terzo effetto della StrEG 1998, sinora ampiamente trascurato, vale a dire il suo impatto sul commercio transfrontaliero di energia elettrica. Inoltre, non è del tutto chiaro in che modo e in quale misura la StrEG 1998 incida effettivamente sulle importazioni di energia elettrica da altri Stati membri, e in particolare, ad esempio, se le importazioni di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili siano tecnicamente possibili e se detta energia elettrica possa essere tenuta distinta da quella generata da fonti convenzionali.

196. Data la mancanza di discussione e di informazioni sui fatti, la Corte potrebbe ritenere necessario riaprire la fase orale per trattare la terza questione. In subordine, potrebbe limitarsi ad indicare in termini generali l'interpretazione delle norme sulla libera circolazione delle merci e lasciare il giudizio finale al giudice a quo. Per gli stessi motivi analizzerò le questioni, nonostante la loro rilevanza, solo in breve. In mancanza di discussione, sembra possibile formulare solo un parere provvisorio.

2. L'art. 30 del Trattato

197. Occorre anzitutto rammentare che sono applicabili le norme sulla libera circolazione delle merci. L'energia elettrica costituisce una merce ai fini del Titolo I della Parte terza del Trattato CE e, pertanto, anche dell'art. 30, che è compreso in tale Titolo . Inoltre, il meccanismo istituito dalla StrEG 1998 non costituisce, a mio parere, un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Pertanto, non sorge la difficile questione se una misura rientrante nella sfera di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato possa nondimeno rientrare in quello dell'art. 30 del Trattato .

198. La StrEG 1998, non vietando in tutto o in parte l'importazione di energia elettrica da altri Stati membri, non può essere considerata quale restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell'art. 30 del Trattato.

199. Ritengo tuttavia che l'obbligo di acquisto ad un prezzo minimo, quale sancito dalla StrEG 1998, debba essere considerato come una misura equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni.

200. A tale proposito, la PreussenElektra e la Schleswag affermano che il meccanismo istituito dalla StrEG 1998 ostacolerebbero le importazioni di energia elettrica in due modi. In primo luogo, l'obbligo di acquisto costringerebbe i gestori di reti in Germania ad acquistare una determinata quota delle loro forniture di energia elettrica da produttori nazionali di energia elettrica da fonti rinnovabili e limiterebbe, in tal modo, la possibilità di importare energia elettrica ad esempio dalla Scandinavia. Al riguardo, la Schleswag afferma - come ho già rilevato - di avere ricevuto un'offerta di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in Svezia ad un prezzo relativamente basso e che, di fatto, non avrebbe potuto accettare tale offerta a causa dell'obbligo di acquistare tutta l'elettricità prodotta mediante energia eolica nella propria zona di fornitura. La PreussenElektra afferma, in secondo luogo, che l'applicazione della StrEG 1998 nella Germania settentrionale inciderebbe sulla capacità di trasmissione ai fini dell'importazione ed esportazione di energia elettrica, in quanto l'immissione di elettricità prodotta mediante energia eolica nelle reti a media tensione delle regioni tedesche vicine al confine danese causerebbe un intasamento nella trasmissione dell'energia elettrica tra la Danimarca e la Germania a livello di alta tensione.

201. Secondo la giurisprudenza della Corte, l'art. 30 riguarda ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari . Qualsiasi obbligo ad acquistare una determinata percentuale di un dato prodotto presso i produttori nazionali limita in misura corrispondente la possibilità d'importare lo stesso prodotto . Anche il semplice incoraggiamento, da parte della legislazione, dell'acquisto di prodotti nazionali può essere considerato come una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni .

202. Nella specie, l'art. 1 della StrEG 1998 limita espressamente l'obbligo di acquisto all'energia elettrica generata in Germania . Dalle risposte ad un quesito scritto posto dalla Corte emerge che la nuova norma «off-shore» contenuta nel secondo periodo dell'art. 2 della StrEG 1998 non è intesa ad estendere l'obbligo di acquisto all'energia elettrica generata da fonti rinnovabili al di fuori della Germania, bensì riguarda solo gli impianti costieri di produzione siti sul territorio tedesco. Pertanto, la StrEG 1998 favorisce la commercializzazione di energia elettrica di origine tedesca a detrimento dell'energia elettrica importata ed impedisce alle imprese interessate di acquistare parte dell'elettricità di cui necessitano da imprese site in altri Stati membri. La StrEG 1998, poiché ostacola in tal modo, quanto meno in potenza, il commercio intracomunitario, dev'essere considerata come rientrante nella sfera di applicazione dell'art. 30 del Trattato.

203. Gli intervenienti ed il governo tedesco sostengono che l'energia elettrica da fonti rinnovabili rientrante nella sfera di applicazione della StrEG 1998 rappresenterebbe solo l'1% del consumo di elettricità in Germania. Poiché l'obbligo di acquisto riguarderebbe solo una parte insignificante del mercato dell'energia elettrica, a loro parere il commercio intracomunitario non risulterebbe effettivamente interessato.

204. In base all'attuale giurisprudenza della Corte non è chiaro se esista una regola de minimis in relazione all'art. 30 del Trattato che escluda dalla portata di questa disposizione tutte le misure prive di effetti apprezzabili sul commercio . Quand'anche esistesse una siffatta regola, essa non sarebbe applicabile nella fattispecie. Sia in termini assoluti che in termini relativi (ad esempio in termini di importazioni potenziali dalla Danimarca o dalla Svezia), è evidente che un commercio transfrontaliero di energia elettrica pari all'1% del consumo totale di elettricità in Germania non rappresenta una quantità trascurabile. Ciò varrebbe a fortiori qualora si prendessero in considerazione solo gli effetti sul commercio di energia elettrica da fonti rinnovabili.

205. Pertanto, un meccanismo come quello istituito dalla StrEG 1998 dev'essere considerato come una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni e quindi è vietato, in linea di principio, dall'art. 30 del Trattato.

3. Giustificazione

206. Il giudice a quo si limita a chiedere se un meccanismo come quello istituito dalla StrEG 1998 debba essere considerato ricompreso nella sfera di applicazione dell'art. 30 del Trattato. Al fine di fornire una soluzione utile, esaminerò anche le possibili giustificazioni della restrizione al commercio che la misura in discussione comporta.

a) Sicurezza degli approvvigionamenti

207. Per quanto riguarda, in primo luogo, l'art. 36 del Trattato, gli intervenienti, il governo tedesco e la Commissione si basano sulla possibilità, prevista da detta disposizione, di limitare le importazioni per motivi di pubblica sicurezza che includono, a loro parere, la sicurezza degli approvvigionamenti di energia elettrica. A tale proposito, si richiamano anche all'art. 8, n. 4, della direttiva sull'energia elettrica , la quale dispone:

«Per motivi di sicurezza degli approvvigionamenti, uno Stato membro può ordinare di dare la priorità al dispacciamento di impianti di generazione alimentati con fonti nazionali di energia combustibile primaria, in una proporzione che in ogni anno civile non superi il 15% di tutta l'energia primaria necessaria per generare l'energia elettrica consumata nello Stato membro interessato».

208. A mio parere, l'art. 8, n. 4, della direttiva sull'energia elettrica non può essere invocato nella specie. Detta norma va interpretata restrittivamente, in quanto costituisce una deroga al principio generale sancito dall'art. 8, n. 2, della direttiva, vale a dire che i gestori dei sistemi di trasmissione devono effettuare il dispacciamento degli impianti di generazione e impiegare dispositivi di interconnessione nella loro zona in base a criteri obiettivi, pubblicati e applicati in maniera non discriminatoria, per assicurare un buon funzionamento del mercato interno dell'energia elettrica. Alla luce del suo chiaro tenore, l'art. 8, n. 4, si applica solo agli «impianti di generazione alimentati con fonti nazionali di energia combustibile primaria», nella versione francese «sources combustibles indigènes» e nella versione tedesca «einheimische Primärenenergieträger als Brennstoffe». In tal senso, il vento non è né «energia combustibile» né una fonte «nazionale». Pertanto, l'art. 8, n. 4, non è applicabile. In ogni caso, l'art. 8, n. 4, consente un trattamento diverso solo in base all'origine della fonte di energia combustibile primaria utilizzata e non in base al luogo in cui è situato l'impianto di generazione.

209. A mio parere, l'art. 36 non può essere fatto valere neppure per quanto riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti. E' vero che nella sentenza Campus Oil la Corte ha dichiarato che l'obiettivo di garantire una fornitura minima costante di prodotti petroliferi può rientrare nella nozione di pubblica sicurezza . In primo luogo, tuttavia, è dubbio che il ricorso all'art. 36 sia ancora possibile, dato che la direttiva sull'energia elettrica contempla le misure necessarie a garantire le forniture . Inoltre, il vento in quanto fonte di energia per l'economia moderna non è ancora importante quanto i prodotti petroliferi. La particolare funzione economica dei prodotti petroliferi costituiva una fattore decisivo della sentenza, piuttosto anomala, della Corte nella causa Campus Oil . Infine, la StrEG 1998 persegue essenzialmente obiettivi di carattere ambientale e le presunte conseguenze positive sulla sicurezza degli approvvigionamenti di energia sono solo effetti collaterali della legge in discussione.

210. In ogni caso, la misura potrebbe essere di per sé dichiarata incompatibile con l'art. 36, secondo periodo, del Trattato e con il principio di proporzionalità. Non è chiaro se l'esclusione dalla sfera di applicazione della StrEG 1998 dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in altri Stati membri contribuisca a conseguire l'obiettivo della sicurezza degli approvvigionamenti. Pertanto, potrebbe costituire una discriminazione contro l'energia elettrica da fonti rinnovabili proveniente altri Stati membri.

b) Tutela dell'ambiente

211. La seconda giustificazione invocata dagli intervenienti, dalla Commissione e dal governo tedesco è la tutela dell'ambiente. A tale proposito, essi si richiamano, in primo luogo, agli artt. 3, n. 2, 8, n. 3, e 11, n. 3, della direttiva sull'energia elettrica e, in secondo luogo, alla tutela dell'ambiente ai sensi del Trattato.

212. Non sono convinto che il meccanismo istituito dalla StrEG 1998 trovi fondamento in una delle disposizioni citate della direttiva sull'energia elettrica.

213. Ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva, gli Stati membri possono imporre alle imprese che operano nel settore dell'energia elettrica, nell'interesse economico generale, obblighi di servizio pubblico per quanto riguarda, tra l'altro, la protezione dell'ambiente. Tuttavia, detto articolo dispone espressamente che tali obblighi devono essere non discriminatori. Nella specie, l'obbligo di acquisto imposto ai gestori di rete ha ad oggetto solo l'energia elettrica prodotta in Germania.

214. Gli artt. 8, n. 3, e 11, n. 3, autorizzano gli Stati membri ad imporre ai gestori delle reti che effettuano il dispacciamento di impianti di generazione l'obbligo di dare la precedenza agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche rinnovabili. Tali disposizioni vanno interpretate restrittivamente quali deroghe ai divieti generali di discriminazione di cui agli artt. 8, n .2, e 11, n. 2. A differenza dell'art. 8, n. 4, che consente, entro determinati limiti, discriminazioni in base all'origine geografica delle «fonti di energia combustibile primaria» di cui trattasi, gli artt. 8, n. 3, e 11, n. 3, consentono solo distinzioni tra modelli diversi di produzione dell'energia elettrica. Ne consegue che un provvedimento quale la StrEG 1998, che favorisce l'energia elettrica nazionale rispetto all'energia elettrica importata dello stesso tipo, non può essere giustificato in base alle suddette disposizioni.

215. Se la restrizione alle importazioni derivante dalla StrEG 1998 possa essere nondimeno giustificata in forza del Trattato nell'interesse della tutela dell'ambiente?

216. La tutela dell'ambiente non è indicata nell'elenco di cui all'art. 36 del Trattato. La Corte, tuttavia, ha dichiarato che taluni ostacoli per la libera circolazione vanno accettati qualora tali prescrizioni possano ammettersi come necessarie per rispondere ad esigenze imperative riconosciute dal diritto comunitario . Secondo giurisprudenza consolidata, la tutela dell'ambiente costituisce una delle esigenze imperative che possono limitare l'applicazione dell'art. 30 del Trattato .

217. La StrEG 1998 persegue indubbiamente obiettivi di carattere ambientale di notevole importanza. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili può fornire un contributo significativo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ed alla conservazione delle fonti energetiche convenzionali, per loro natura limitate. Come si evince dalle impressionanti cifre citate dalla Commissione , la StrEG 1998 sembra costituire un meccanismo particolarmente efficace per incrementare l'impiego di fonti di energia rinnovabili.

218. E' dubbio, tuttavia, che nella specie possano essere invocati motivi attinenti alla tutela dell'ambiente.

219. Il primo problema è costituito dal fatto che, considerato che la direttiva sull'energia elettrica precede le suddette norme armonizzate sulla possibilità di adottare misure nazionali volte alla promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili, potrebbe escludersi la possibilità di invocare le esigenze imperative contemplate dal Trattato. Tuttavia, specifiche misure comunitarie sulla promozione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel mercato interno sono attualmente in discussione ma non sono ancora state adottate , il che significa che gli Stati membri continuano a disporre di un certo grado di autonomia in questo settore.

220. Il secondo problema è che, come afferma correttamente la PreussenElektra, fino ad epoca recente, secondo giurisprudenza ben consolidata, le esigenze imperative non potevano essere invocate per giustificare misure nazionali che non fossero applicabili indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati .

221. Per quanto riguarda la StrEG 1998, l'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in Germania beneficia dell'obbligo di acquisto ad un prezzo minimo, mentre lo stesso non avviene per lo stesso tipo di energia elettrica prodotta in Stati membri confinanti. Pertanto, la StrEG 1998 assoggetta l'energia elettrica di origine nazionale diversamente ad un trattamento differente, sia in fatto sia giuridicamente, rispetto all'energia elettrica importata. In base alla giurisprudenza menzionata al paragrafo precedente la tutela dell'ambiente non può essere quindi invocata come giustificazione.

222. La Commissione cerca di richiamarsi alla sentenza Walloon Waste . Sostiene che, nella specie, per invocare motivi attinenti alla tutela dell'ambiente occorrerebbe adottare un'impostazione simile.

223. Detta causa riguardava un provvedimento che vietava di ammassare, depositare o scaricare in Vallonia i rifiuti provenienti da un altro Stato membro o da una regione del Belgio diversa da quella vallona. In merito alla questione se il provvedimento potesse essere giustificato da esigenze imperative di tutela dell'ambiente, la Corte ha sostanzialmente seguito il ragionamento seguente.

224. Secondo la Corte, è vero che le esigenze imperative vanno prese in considerazione solo quando si tratti di misure indistintamente applicabili ai prodotti nazionali ed a quelli importati. Tuttavia, per valutare il carattere discriminatorio o meno dell'ostacolo in causa, si deve tener conto della peculiarità dei rifiuti, del principio della correzione alla fonte dei danni causati all'ambiente, stabilito all'art. 130 R, n. 2, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 174, n. 2, CE) e del principio di autosufficienza e di vicinanza, enunciati nella convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti pericolosi e del loro smaltimento. Tenuto conto delle differenze tra i rifiuti prodotti da un luogo ad un altro e del loro legame col luogo della loro produzione, le misure contestate non potevano considerarsi discriminatorie .

225. A mio parere, il ragionamento seguito nella sentenza Walloon Waste è errato e non dovrebbe essere seguito nella specie. La questione se una misura si applichi o meno indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati, dal punto di vista logico, è preliminare e neutra. La sua unica funzione nella giurisprudenza della Corte è stabilire quali giustificazioni siano disponibili. Ritengo, pertanto, che nel valutare se una misura sia direttamente discriminatoria non si possa tenere conto della questione della sua adeguatezza.

226. Tuttavia, la sentenza Walloon Waste dimostra anche un'altra cosa, ossia che è auspicabile che anche misure direttamente discriminatorie possano talora essere giustificate da motivi attinenti alla tutela dell'ambiente.

227. Inoltre, sembra che la Corte stia riconsiderando la sua giurisprudenza precedente. Essa ha fatto valere esigenze imperative in casi nei quali era quanto meno dubbio che il provvedimento potesse essere considerato indistintamente applicabile . Nella sentenza Dusseldorp la Corte ha espressamente lasciato aperta la questione se una restrizione discriminatoria alle esportazioni in linea di principio potesse essere giustificata da motivi attinenti alla tutela dell'ambiente . Probabilmente, il caso più chiaro è costituito dalla causa Aher-Waggon . Detta causa verteva su un provvedimento tedesco che subordinava l'immatricolazione di aeromobili in Germania all'osservanza dei limiti delle emissioni sonore. Tale misura, a mio parere, discriminava direttamente tra aeromobili nazionali ed aeromobili importati in quanto gli aeromobili immatricolati in altri Stati membri non potevano essere immatricolati in Germania benché aeromobili dello stesso tipo, già immatricolati in Germania prima dell'adozione del provvedimento tedesco, potevano mantenere tale immatricolazione. La Corte tuttavia ha dichiarato, senza valutare se la misura fosse direttamente discriminatoria, che questo ostacolo poteva giustificarsi con considerazioni di sanità pubblica e di tutela dell'ambiente .

228. Pertanto, da un lato, «non si può escludere che la rilevanza della distinzione tra gli interessi tutelati dall'art. 30 [ex art. 36] e le eccezioni basate sulla "rule of reason" siano in declino» . Dall'altro, la Corte non ha formalmente abbandonato la regola secondo cui non possono invocarsi esigenze imperative in relazione a misure direttamente discriminatorie.

229. Considerata l'importanza fondamentale che ai fini dell'analisi alla luce dell'art. 30 del Trattato riveste la questione se misure direttamente discriminatorie possano essere giustificate da esigenze imperative, la Corte dovrebbe chiarire, a mio parere, la propria posizione per garantire la necessaria certezza giuridica.

230. A favore di un'impostazione più flessibile riguardo alle esigenze imperative attinenti alla tutela dell'ambiente possono invocarsi due motivi specifici. In primo luogo, le modifiche dei Trattati adottate ad Amsterdam dimostrano una viva preoccupazione per l'ambiente, anche se l'art. 36 non è stato modificato .

231. Di particolare importanza è l'art. 6, che attualmente dispone che: «Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3», compreso quindi il mercato interno, ed aggiunge: «in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». Come dimostra la sua formulazione, l'art. 6 non ha carattere meramente programmatico; esso impone obblighi giuridici.

232. Occorre quindi tenere in particolare considerazione le preoccupazioni ambientali nell'interpretazione delle norme del Trattato sulla libera circolazione delle merci. Inoltre, i danni all'ambiente, anche quando non costituiscono una minaccia immediata - come spesso accade - per la salute e la vita degli uomini, degli animali e dei vegetali tutelate dall'art. 36 del Trattato, possono rappresentare una minaccia più grave, anche se a più lungo termine, per l'ecosistema nel suo complesso. In tali circostanze sarebbe difficile giustificare il fatto di riservare all'ambiente un grado di tutela minore rispetto a quello riservato agli interessi riconosciuti nei trattati sul commercio conclusi molti decenni fa e ripresi nel testo dell'art. 36 del Trattato CE, rimasto invariato a partire dalla sua adozione, nel 1957.

233. In secondo luogo, ammettere che misure ambientali possano essere giustificate solo qualora siano applicabili indistintamente rischia di vanificare lo scopo ultimo dei provvedimenti. Le misure nazionali per la protezione dell'ambiente possono senz'altro operare distinzioni in base alla natura e all'origine della causa del danno, e pertanto possono essere dichiarate discriminatorie proprio perché si basano su principi accettati come quello «della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente» (art. 130 R, n. 2, del Trattato CE). Qualora tali misure abbiano necessariamente un impatto discriminatorio di questa natura, non andrebbe esclusa la possibilità ch'esse siano giustificate.

234. In base al presupposto che le esigenze ambientali possano essere opportunamente invocate (su qualunque base) nella specie, occorre quindi stabilire se la StrEG 1998 sia conforme al principio di proporzionalità. Anche a tale riguardo, in questa fase è possibile formulare solo osservazioni molto brevi.

235. La Commissione afferma che il meccanismo istituito dalla StrEG 1998 sarebbe proporzionato in quanto correggerebbe il danno ambientale, ossia il danno provocato dalle emissioni di gas nella produzione di energia elettrica da fonti convenzionali, alla fonte, conformemente all'art. 130 R, n. 2, del Trattato. Inoltre, alimentando le reti locali con energia elettrica da fonti rinnovabili, si avrebbe minore dispersione di energia elettrica nella trasmissione a lunga distanza.

236. Per quanto riguarda il primo argomento della Commissione, non vedo per quale motivo l'energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta in un altro Stato membro non contribuirebbe alla riduzione delle emissioni di gas in Germania quanto l'energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta in tale Stato. In entrambi i casi la produzione nazionale di energia elettrica da fonti convenzionali, e il concomitante inquinamento, saranno ridotti nella stessa misura. A tale proposito, la limitazione dell'obbligo di acquisto all'energia elettrica prodotta in Germania non sembra proporzionata.

237. Per quanto riguarda il secondo argomento della Commissione, ritengo che il giudice a quo debba effettuare le valutazioni necessarie per stabilire se è davvero necessario che i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili di altri Stati membri debbano essere esclusi dall'ambito di applicazione della StrEG 1998.

238. Pertanto, concludo nel senso che un meccanismo quale quello istituito dalla legge sull'alimentazione elettrica dev'essere considerato come una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell'art. 30 del Trattato ed è quindi vietato, salvo che sia giustificato di fatto da motivi attinenti alla tutela dell'ambiente.

IX - Conclusione

239. Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco di risolvere le questioni pregiudiziali nei seguenti termini:

«1) Un provvedimento quale la legge sull'alimentazione elettrica del 1998, obbligando imprese private operanti nel settore dell'elettricità ad acquistare energia elettrica da fonti rinnovabili ad un prezzo minimo, non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 87, n. 1, CE).

2) Qualora l'obbligo di acquisto sia limitato all'energia elettrica generata nello Stato membro interessato, tale misura è vietata dall'art. 30 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE), salvo che l'obbligo di acquisto risulti giustificato da motivi attinenti alla tutela dell'ambiente».

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