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Document 61996CJ0149

Sentenza della Corte del 23 novembre 1999.
Repubblica portoghese contro Consiglio dell'Unione europea.
Politica commerciale - Accesso al mercato dei prodotti tessili - Prodotti originari dell'India e del Pakistan.
Causa C-149/96.

European Court Reports 1999 I-08395

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:574

61996J0149

Sentenza della Corte del 23 novembre 1999. - Repubblica portoghese contro Consiglio dell'Unione europea. - Politica commerciale - Accesso al mercato dei prodotti tessili - Prodotti originari dell'India e del Pakistan. - Causa C-149/96.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-08395


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Ricorso di annullamento - Motivi - Impossibilità di far valere gli accordi OMC per contestare la legittimità di un atto comunitario - Eccezioni - Atto comunitario diretto a garantirne l'esecuzione o che vi rinvii espressamente e in maniera precisa

[Trattato CE, art. 173 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE)]

2 Atti delle istituzioni - Pubblicazione - Pubblicazione tardiva - Incidenza sulla validità dell'atto - Insussistenza

3 Atti delle istituzioni - Risoluzione del Consiglio relativa alla qualità redazionale della legislazione comunitaria - Mancanza di effetto vincolante

4 Politica commerciale comune - Normativa comunitaria - Legittimo affidamento degli operatori economici nel mantenimento di una situazione esistente - Insussistenza

5 Diritto comunitario - Principi - Parità di trattamento - Discriminazione - Nozione

Massima


1 Tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie.

Solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell'ambito dell'OMC, ovvero nel caso in cui l'atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetta alla Corte controllare la legittimità dell'atto comunitario controverso alla luce delle norme dell'OMC.

2 La pubblicazione tardiva di un atto comunitario nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee è ininfluente sulla validità dell'atto stesso.

3 La risoluzione del Consiglio 8 giugno 1993, relativa alla qualità redazionale della legislazione comunitaria, non ha efficacia vincolante e non obbliga le istituzioni a seguire specifiche regole in materia di redazione degli atti normativi.

4 Il principio del rispetto del legittimo affidamento non può giustificare l'intangibilità di una normativa, e ciò in particolare in settori - come quello dell'importazione nella Comunità di prodotti tessili originari di paesi terzi - in cui è necessario, e di conseguenza ragionevolmente prevedibile, che le norme in vigore vengano continuamente adeguate alle variazioni della congiuntura economica.

5 Il divieto di discriminazione impone al legislatore comunitario di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata.

Parti


Nella causa C-149/96,

Repubblica portoghese, rappresentata dai signori L. Fernandes, direttore del servizio giuridico della direzione generale Comunità europee del Ministero degli Affari esteri, e C. Botelho Moniz, assistente alla facoltà di giurisprudenza dell'Università cattolica portoghese, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo preso la sede dell'ambasciata del Portogallo, 33, allée Scheffer,

ricorrente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dalle signore S. Kyriakopoulou, consigliere giuridico, e I. Lopes Cardoso, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor A. Morbilli, direttore generale della direzione «Affari giuridici» della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

convenuto,

sostenuta dalla

Repubblica francese, rappresentata dalla signora C. de Salins, vicedirettore per il diritto internazionale dell'economia e per il diritto comunitario presso la direzione «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, e dal signor G. Mignot, segretario per gli affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata di Francia, 8 B, boulevard Joseph II,

e dalla

Commissione delle Comunità europee, rappresentata da signori M. de Pauw e F. de Sousa Fialho, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor C. Gómez de la Cruz, membro del medesimo servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

intervenienti,

avente ad oggetto l'annullamento della decisione del Consiglio 26 febbraio 1996, 96/386/CE, concernente la conclusione di memorandum d'intesa tra la Comunità europea e la Repubblica islamica del Pakistan e tra la Comunità europea e la Repubblica indiana in materia di accesso al mercato dei prodotti tessili (GU L 153, pag. 47),

LA CORTE,

composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente della Terza e della Sesta Sezione, facente funzione di presidente, D.A.O. Edward, L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn (relatore), C. Gulmann, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet,

avvocato generale: A. Saggio

cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 30 giugno 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 febbraio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ricorso depositato presso la cancelleria della Corte il 3 maggio 1996, la Repubblica portoghese ha chiesto, ai sensi dell'art. 173, primo comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, primo comma, CE), l'annullamento della decisione del Consiglio 26 febbraio 1996, 96/386/CE, concernente la conclusione di memorandum d'intesa tra la Comunità europea e la Repubblica islamica del Pakistan e tra la Comunità europea e la Repubblica indiana in materia di accesso al mercato dei prodotti tessili (GU L 153, pag. 47; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

Sfondo giuridico e fatti

Gli accordi internazionali multilaterali dell'Uruguay Round

2 Il 15 dicembre 1993 il Consiglio ha approvato all'unanimità i termini dell'impegno globale sulla base del quale la Comunità e gli Stati membri hanno accettato di concludere i negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round (in prosieguo: l'«accordo di principio»).

3 Lo stesso giorno, a Ginevra, il direttore generale dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (in prosieguo: il «GATT»), signor Sutherland, ha dichiarato, in seno al comitato dei negoziati multilaterali, la chiusura dei negoziati dell'Uruguay Round. Pur pronunciando tale chiusura, egli ha invitato alcuni partecipanti a proseguire i loro negoziati relativi all'accesso al mercato, in modo da pervenire ad un pacchetto «accesso al mercato» più completo e meglio equilibrato.

4 In seguito a tale chiusura, i negoziati in materia di accesso al mercato dei prodotti tessili e dell'abbigliamento (in prosieguo: i «prodotti tessili») sono stati proseguiti, in particolare con la Repubblica indiana (in prosieguo: l'«India») e con la Repubblica islamica del Pakistan (in prosieguo: il «Pakistan»), dalla Commissione, assistita dal «comitato 113 tessili» del Consiglio (in prosieguo: il «comitato "tessili"»), designato da quest'ultima istituzione per assisterla nel campo della politica commerciale comune per il settore tessile della Comunità.

5 Il 15 aprile 1994, in occasione della riunione di Marrakech (Marocco), mentre i negoziati sull'accesso al mercato dei prodotti tessili non si erano ancora conclusi con il Pakistan e con l'India, il presidente del Consiglio e il membro della Commissione incaricato delle relazioni esterne hanno proceduto, a nome dell'Unione europea, con riserva di ulteriore approvazione, alla firma dell'atto finale, che conclude i negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round (in prosieguo: l'«atto finale»), dell'accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l'«OMC»), nonché dell'insieme di accordi e memorandum di cui agli allegati da 1 a 4 dell'accordo che istituisce l'OMC (in prosieguo: gli «accordi OMC»).

6 Tra tali accordi, inclusi nell'allegato 1 A dell'accordo che istituisce l'OMC, figurano l'accordo sui tessili e sull'abbigliamento (in prosieguo: l'«ATA») e l'accordo relativo alle procedure in materia di licenze d'importazione.

7 In seguito a tale firma, il Consiglio ha adottato la decisione 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell'Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1).

Gli accordi conclusi con il Pakistan e con l'India

8 Dopo la firma degli accordi OMC, i negoziati con l'India e il Pakistan sono proseguiti e sono stati condotti dalla Commissione con l'assistenza del comitato «tessili».

9 Il 15 ottobre e il 31 dicembre 1994 la Commissione ha parafato, rispettivamente con il Pakistan e con l'India, due «Memorandums of Understanding» (in prosieguo: i «memorandum d'intesa») tra la Comunità europea, da un lato, e il Pakistan e l'India, dall'altro, aventi ad oggetto accordi nel settore dell'accesso al mercato dei prodotti tessili.

10 Il memorandum d'intesa con il Pakistan contiene un certo numero di impegni sia da parte della Commissione che da parte di tale Stato terzo. In particolare, il Pakistan si impegna ad eliminare tutte le restrizioni quantitative applicabili ad una serie di prodotti tessili specificamente elencati nell'allegato II del memorandum d'intesa. Dal canto suo, la Commissione si impegna a «prendere seriamente in considerazione le richieste di flessibilità straordinaria che il governo del Pakistan vorrà presentare relativamente alla gestione degli attuali contingentamenti [tariffari] (compresi riporti e trasferimenti fra categorie)» (punto 6) e ad avviare immediatamente le procedure interne necessarie ad assicurare l'annullamento, «anteriormente all'entrata in vigore dell'OMC, di tutte le restrizioni che attualmente limitano le importazioni di prodotti delle industrie manifatturiere e di quelle a conduzione familiare pakistane» (punto 7).

11 Il memorandum d'intesa con l'India dispone che il governo di questo Stato consoliderà le sue tariffe sugli articoli tessili e dell'abbigliamento espressamente riportati nell'allegato del memorandum d'intesa e che «questi tassi saranno notificati al segretariato OMC entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore dell'OMC». Esso prevede anche che il governo dell'India potrà «introdurre dazi specifici alternativi per particolari prodotti» e che tali dazi saranno determinati «scegliendo l'importo più elevato fra una percentuale ad valorem ed una somma in INR per articolo/metro quadrato/kg» (punto 2). Dal canto suo, la Comunità europea accetta «di annullare, con effetto dal 1_ gennaio 1995, tutte le restrizioni attualmente applicabili sulle esportazioni di prodotti derivanti da industrie manifatturiere e a conduzione familiare indiane, come indicato nell'articolo 5 dell'accordo CE-India sul commercio dei prodotti tessili» (punto 5). La Comunità si impegna a considerare favorevolmente le richieste di «flessibilità straordinaria presentate dal governo dell'India, in aggiunta alle flessibilità applicabili a norma dell'accordo bilaterale sui prodotti tessili, relativamente ad alcune o a tutte le categorie soggette a limitazioni» fino agli importi indicati nel memorandum d'intesa per anno di contingentamento per gli anni dal 1995 al 2004 (punto 6).

12 Su proposta della Commissione del 7 dicembre 1995 il Consiglio ha adottato, il 26 febbraio 1996, la decisione impugnata, che è stata approvata a maggioranza qualificata, con il voto contrario del Regno di Spagna, della Repubblica ellenica e della Repubblica portoghese.

13 Gli accordi con l'India e con il Pakistan sono stati firmati rispettivamente l'8 ed il 27 marzo 1996.

14 La decisione impugnata è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 27 giugno 1996.

La normativa comunitaria

15 Il regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1993, n. 3030, relativo al regime comune da applicare alle importazioni di alcuni prodotti tessili originari dei paesi terzi (GU L 275, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3289 (GU L 349, pag. 85), definisce il regime di importazione nella Comunità di prodotti tessili originari dei paesi terzi con i quali la Comunità ha concluso accordi, protocolli o intese, o che sono membri dell'OMC.

16 Così, ai sensi del suo art. 1, n. 1, il regolamento n. 3030/93 si applica alle importazioni dei prodotti elencati nell'allegato I, originari di paesi terzi, elencati nell'allegato II, con i quali la Comunità ha concluso accordi bilaterali, protocolli ed altre intese.

17 L'art. 2, n. 1, del regolamento n. 3030/93 prevede che l'importazione nella Comunità dei prodotti tessili elencati nell'allegato V, originari di uno dei paesi fornitori elencati in detto allegato, sia soggetta ai limiti quantitativi annui indicati nell'allegato stesso. Ai sensi dell'art. 2, n. 2, del detto regolamento, l'immissione in libera pratica nella Comunità dei prodotti la cui importazione è soggetta ai limiti quantitativi di cui all'allegato V è subordinata alla presentazione di un'autorizzazione di importazione rilasciata dalle autorità degli Stati membri conformemente all'art. 12.

18 L'art. 3, n. 1, dello stesso regolamento dispone che i limiti quantitativi di cui all'allegato V non si applicano ai prodotti artigianali e del folclore di cui agli allegati VI e VIa, che sono accompagnati all'importazione da un certificato di origine rilasciato conformemente alle disposizioni di questi ultimi allegati e che soddisfano le altre condizioni dalle stesse stabilite.

19 Il 10 aprile 1995, in esecuzione di quanto convenuto al riguardo nell'accordo di principio (v. punto 2 della presente sentenza), il Consiglio, su proposta della Commissione, ha adottato il regolamento (CE) n. 852/95, relativo ad un contributo finanziario a favore del Portogallo per un programma specifico di ammodernamento dell'industria tessile e dell'abbigliamento (GU L 86, pag. 10).

20 Il 20 dicembre 1995 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 3053/95, che modifica gli allegati I, II, III, V, VI, VII, VIII, IX e XI del regolamento n. 3030/93 (GU L 323, pag. 1). Secondo il quattordicesimo ed il sedicesimo `considerando' di tale regolamento, il fatto che l'accordo con la Repubblica indiana relativo all'accesso al mercato, preveda l'eliminazione delle restrizioni quantitative all'importazione di taluni prodotti tessuti a mano e del folclore locale originari di tale Stato terzo rappresentava uno degli elementi che giustificavano la modifica, a decorrere dal 1_ gennaio 1995, dei detti allegati.

21 L'art. 1, quinto e sesto comma, del regolamento n. 3053/95, da un lato, sostituisce l'allegato VI del regolamento n. 3030/93 con un nuovo allegato V del regolamento n. 3053/95 e, dall'altro, abroga l'allegato VIa dello stesso regolamento, a decorrere dal 1_ gennaio 1995.

22 Poiché il regolamento n. 3053/95 era inficiato da un vizio di forma, il suo art. 1, quinto e sesto comma, è stato abrogato con effetto retroattivo al 1_ gennaio 1995 dal regolamento (CE) della Commissione 19 luglio 1996, n. 1410, recante abrogazione parziale del regolamento n. 3053/95 (GU L 181, pag. 15; in prosieguo: il «regolamento abrogativo»). Ai sensi del primo `considerando' del regolamento abrogativo, le modifiche previste all'art. 1, quinto e sesto comma, del regolamento n. 3053/95 erano state adottate in una data in cui, ai sensi dell'art. 19 del regolamento n. 3030/93, la Commissione non aveva il potere di agire in tal senso, poiché il Consiglio non aveva ancora deciso di concludere o di applicare provvisoriamente le intese negoziate dalla Commissione con l'India e con il Pakistan in materia di accesso al mercato dei prodotti tessili.

23 Con il regolamento (CE) 22 novembre 1996, n. 2231, che modifica gli allegati I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX e XI del regolamento n. 3030/93 (GU L 307, pag. 1), la Commissione ha adeguato il regolamento n. 3030/93 ai memorandum di intesa.

Nel merito

24 A sostegno del proprio ricorso, la Repubblica portoghese ha fatto valere, da un lato, la violazione di alcune norme e di alcuni principi fondamentali dell'OMC e, dall'altro, la violazione di alcune norme e di alcuni principi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario.

Sulla violazione di norme e principi fondamentali dell'OMC

25 Il governo portoghese fa valere che la decisione impugnata rappresenta una violazione di alcune norme e di alcuni principi fondamentali dell'OMC, in particolare quelli del GATT del 1994, dell'ATA e dell'accordo relativo alle procedure in materia di licenze d'importazione.

26 Esso sostiene al riguardo di avere il diritto, secondo la giurisprudenza, di invocare dinanzi alla Corte tali norme e principi fondamentali.

27 Infatti, se è vero che la Corte ha affermato, nella sentenza 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio (Racc. pag. I-4973, punti 103-112), che le norme del GATT non hanno effetto diretto e che i privati non possono avvalersene dinanzi agli organi giurisdizionali, ciò non toglie che, in quella stessa sentenza, essa ha dichiarato che diversamente avviene laddove si tratti di provvedimenti che diano esecuzione a obblighi assunti nell'ambito del GATT, ovvero laddove un atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni dell'accordo generale. In questi casi, come dichiarato al punto 111 della sentenza citata, spetta alla Corte controllare la legittimità dell'atto comunitario alla luce delle norme del GATT.

28 Ora, secondo il governo portoghese, così avverrebbe appunto nel caso di specie, che riguarda l'adozione di un atto - la decisione impugnata - che approva i memorandum d'intesa negoziati con l'India e con il Pakistan in seguito alla conclusione dell'Uruguay Round, in particolare ai fini dell'applicazione delle norme previste dal GATT del 1994 ed dall'ATA.

29 Il Consiglio nonché, a sostegno di esso, la Repubblica francese e la Commissione fanno valere invece le caratteristiche peculiari degli accordi OMC, i quali giustificano, a loro avviso, l'applicabilità a tali accordi della giurisprudenza della Corte relativa alla mancanza di efficacia diretta ed alla non invocabilità in via di principio delle disposizioni del GATT del 1947.

30 Essi sostengono che dal carattere peculiare della decisione impugnata discende che questa non è analoga alle normative controverse nelle sentenze 22 giugno 1989, causa 70/87, Fediol/Commissione (Racc. pag. 1781), e 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima/Consiglio (Racc. pag. I-2069). Infatti, essa non costituirebbe una normativa comunitaria in materia commerciale intesa a «trasporre» in diritto comunitario disposizioni dell'ATA.

31 Il governo portoghese ribatte che non è il GATT del 1947 a formare oggetto della presente controversia, ma sono gli accordi OMC, tra i quali figurano il GATT del 1994, l'ATA e l'accordo relativo alle procedure in materia di licenze d'importazione. Ora, gli accordi OMC presentano alcune differenze significative rispetto al GATT del 1947, soprattutto in quanto introducono una profonda trasformazione nel sistema di composizione delle controversie.

32 Inoltre, la presente controversia non solleva, ad avviso di tale governo, il problema dell'effetto diretto, ma riguarda la questione di stabilire in quali casi uno Stato membro possa far valere dinanzi alla Corte gli accordi OMC al fine di valutare la legittimità di un atto del Consiglio.

33 Secondo il governo portoghese una simile valutazione è giustificata qualora si tratti di atti che, come la decisione impugnata, approvino accordi bilaterali che disciplinano, nei rapporti tra la Comunità e Stati terzi, materie alle quali si applicano le norme dell'OMC.

34 Occorre ricordare, in via preliminare, che, in conformità ai principi del diritto internazionale, le istituzioni comunitarie, che sono competenti a negoziare e concludere un accordo con paesi terzi, sono libere di convenire con questi degli effetti che le disposizioni dell'accordo devono produrre nell'ordinamento interno delle parti contraenti. Solo se tale questione non è stata disciplinata dall'accordo incombe ai giudici competenti e in particolare alla Corte, nell'ambito della competenza attribuitale dal Trattato CE, risolverla al pari di qualunque altra questione d'interpretazione relativa all'applicazione dell'accordo nella Comunità (v. sentenza 26 ottobre 1982, causa 104/81, Kupferberg, Racc. pag. 3641, punto 17).

35 Si deve altresì ricordare che, in base alle norme generali del diritto internazionale, ogni accordo dev'essere adempiuto in buona fede dalle parti. Anche se ciascuna delle parti contraenti è responsabile dell'adempimento integrale degli impegni che ha sottoscritto, è suo compito, per contro, stabilire i mezzi giuridici idonei a raggiungere tale scopo nel suo ordinamento giuridico, a meno che l'accordo, interpretato alla luce del suo oggetto e del suo scopo, non determini esso stesso questi mezzi (sentenza Kupferberg, già citata, punto 18).

36 Se è vero che gli accordi OMC, come rilevato dal governo portoghese, comportano notevoli differenze rispetto alle disposizioni del GATT del 1947, segnatamente a causa del rafforzamento del regime di salvaguardia e del meccanismo di composizione delle controversie, non è men vero che il sistema derivante da tali accordi riserva una posizione importante ai negoziati tra le parti.

37 Sebbene il primo obiettivo del meccanismo di risoluzione delle controversie sia di norma, ai sensi dell'art. 3, n. 7, del memorandum d'intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie (allegato 2 dell'accordo OMC), quello di garantire il ritiro delle misure in questione qualora esse risultino incompatibili con le norme dell'OMC, lo stesso memorandum prevede tuttavia, qualora il ritiro immediato di tali misure risulti impraticabile, la possibilità di ricorrere alle disposizioni in materia di compensazioni, quale misura provvisoria in attesa che venga ritirata la misura incompatibile.

38 E' vero che, ai sensi dell'art. 22, n. 1, del detto memorandum, la compensazione costituisce una misura provvisoria cui si può fare ricorso nel caso in cui le raccomandazioni e le decisioni dell'organo di conciliazione previsto all'art. 2, n. 1, dello stesso memorandum non siano applicate entro un termine ragionevole, e che la stessa disposizione esprime la preferenza per la piena applicazione di una raccomandazione per rendere una misura conforme agli accordi OMC contemplati.

39 La stessa disposizione, tuttavia, prevede, al suo n. 2, che, qualora il membro interessato venga meno al suo obbligo di eseguire le dette raccomandazioni e decisioni entro un termine ragionevole, tale membro avvii, se invitato a farlo, e non oltre la scadenza di detto termine, negoziati con qualsiasi parte abbia invocato le procedure di risoluzione delle controversie, al fine di stabilire una compensazione reciprocamente accettabile.

40 Pertanto, imporre agli organi giurisdizionali l'obbligo di escludere l'applicazione delle norme di diritto interno che siano incompatibili con gli accordi OMC avrebbe la conseguenza di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti contraenti della possibilità, offerta dall'art. 22 del detto memorandum, di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate.

41 Ne consegue che gli accordi OMC, interpretati alla luce del loro oggetto e del loro obiettivo, non stabiliscono i mezzi giuridici idonei a provvedere al loro adempimento in buona fede nell'ordinamento giuridico interno delle dette parti contraenti.

42 Per quanto riguarda, più in particolare, l'applicazione degli accordi OMC nell'ordinamento giuridico comunitario, è importante rilevare che, ai sensi del suo preambolo, l'accordo che istituisce l'OMC, ivi compresi i suoi allegati, resta fondato, come il GATT del 1947, sul principio di negoziati avviati su una base di «reciproca convenienza» e si distingue così, per quanto riguarda la Comunità, dagli accordi conclusi da quest'ultima con Stati terzi che instaurano una certa asimmetria degli obblighi o creano relazioni speciali di integrazione con la Comunità, come l'accordo la cui interpretazione ha formato oggetto della citata sentenza Kupferberg.

43 E' inoltre pacifico che alcune parti contraenti, che sono, da un punto di vista commerciale, tra le controparti più importanti della Comunità, hanno tratto, alla luce dell'oggetto e dello scopo degli accordi OMC, la conseguenza che questi ultimi non figurano tra le normative alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità delle loro norme di diritto interno.

44 Certo, il fatto che i giudici di una delle parti ritengano che talune disposizioni di un accordo concluso dalla Comunità abbiano efficacia diretta, mentre i giudici dell'altra parte non ammettono tale efficacia diretta, non è, di per sé solo, tale da costituire una mancanza di reciprocità nell'attuazione dell'accordo (v. sentenza Kupferberg, già citata, punto 18).

45 Tuttavia, la mancanza di reciprocità a tale riguardo, ad opera delle controparti commerciali della Comunità in relazione agli accordi OMC, che sono fondati sul principio degli accordi «reciprocamente convenienti» e che quindi si distinguono dagli accordi conclusi dalla Comunità di cui al punto 42 della presente sentenza, rischia di condurre ad uno squilibrio nell'applicazione delle norme dell'OMC.

46 Infatti, ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto comunitario a tali norme incombe direttamente al giudice comunitario equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità.

47 Dall'insieme di tali considerazioni risulta che, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie.

48 Tale interpretazione corrisponde del resto a quanto enunciato dall'ultimo `considerando' del preambolo della decisione 94/800, ai sensi del quale «l'accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio, compresi gli allegati, non è di natura tale da essere invocato direttamente dinanzi alle autorità giudiziarie della Comunità e degli Stati membri».

49 Solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell'ambito dell'OMC, ovvero nel caso in cui l'atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetta alla Corte controllare la legittimità dell'atto comunitario controverso alla luce delle norme dell'OMC (v., per quanto riguarda il GATT del 1947, le citate sentenze Fediol/Commissione, punti 19-22, e Nakajima/Consiglio, punto 31).

50 Occorre quindi esaminare se, come sostiene il governo portoghese, ciò accada nel caso di specie.

51 Si deve rispondere in senso negativo a tale questione. Infatti, la decisione impugnata non mira ad assicurare l'esecuzione nell'ordinamento giuridico comunitario di un particolare obbligo assunto nell'ambito dell'OMC ed essa non rinvia neppure espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC. Essa ha per oggetto soltanto l'approvazione dei memorandum d'intesa negoziati dalla Comunità con il Pakistan e con l'India.

52 Da tutto quanto precede risulta che la Repubblica portoghese non può legittimamente sostenere che la decisione impugnata sia stata presa in violazione di talune norme e di principi fondamentali dell'OMC.

Sulla violazione di norme e principi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario

Per quanto riguarda la violazione del principio della pubblicità delle norme comunitarie

53 Il governo portoghese fa valere che tale principio è stato violato, in quanto la decisione impugnata ed i memorandum d'intesa da essa approvati non sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Nella replica, esso si limita a constatare che la validità del suo argomento è stata riconosciuta, poiché la decisione impugnata è stata pubblicata successivamente alla presentazione del ricorso.

54 Basti rilevare, al riguardo, che la pubblicazione tardiva di un atto comunitario nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee è ininfluente sulla validità dell'atto stesso.

Per quanto riguarda la violazione del principio della trasparenza

55 Il governo portoghese sostiene che tale principio è stato violato, in quanto la decisione impugnata approva memorandum d'intesa non sufficientemente strutturati e redatti in termini oscuri che impediscono ad un normale lettore di comprenderne immediatamente tutte le implicazioni, in particolare per quanto riguarda la loro applicazione retroattiva. A sostegno di tale motivo, esso invoca la risoluzione del Consiglio 8 giugno 1993, relativa alla qualità redazionale della legislazione comunitaria (GU C 166, pag. 1).

56 Occorre constatare che, come sostenuto dal Consiglio, detta risoluzione non ha efficacia vincolante e non obbliga le istituzioni a seguire specifiche regole in materia di redazione degli atti normativi.

57 Inoltre, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 12 delle sue conclusioni, la decisione si presenta chiara in tutti i suoi aspetti e questo sia relativamente alla lettera delle sue disposizioni, riguardanti la conclusione di due accordi internazionali, sia relativamente alle norme contenute nei due memorandum di intesa, le quali prevedono una serie di impegni reciproci delle parti contraenti finalizzati alla progressiva liberalizzazione del mercato dei tessili. Per giunta, la censura mossa dal governo portoghese nei confronti della decisione impugnata, in quanto omette di indicare espressamente le disposizioni degli atti anteriori che essa modifica o abroga, non è tale da inficiare questa decisione, dato che una simile omissione non rappresenta la violazione di alcuna forma sostanziale che le istituzioni sono tenute a rispettare a pena di nullità dell'atto controverso.

58 La Repubblica portoghese non può quindi legittimamente sostenere che la decisione impugnata sia stata adottata in violazione del principio della trasparenza.

Per quanto riguarda la violazione del principio di leale collaborazione nei rapporti tra le istituzioni della Comunità e gli Stati membri

59 Il governo portoghese sostiene che gli accordi bilaterali con l'India e il Pakistan sono stati conclusi senza tener conto della sua posizione sui negoziati con tali due paesi, posizione chiaramente espressa durante tutto l'iter delle trattative, in particolare in occasione della riunione del Consiglio del 15 dicembre 1993, durante la quale è stata decisa l'adesione agli accordi OMC, nonché in una lettera del 7 aprile 1994 inviata al Consiglio dal Ministro degli Affari esteri portoghese.

60 Esso avrebbe dato il suo consenso alla firma dell'atto finale dell'OMC e dei suoi allegati a condizione, in particolare, che l'obbligo per l'India e per il Pakistan di aprire i loro mercati non potesse comportare, nei negoziati con tali paesi, contropartite, nei confronti degli Stati membri, diverse da quelle previste nell'ATA.

61 Approvando i memorandum d'intesa, che prevedono un'accelerazione del processo di apertura del mercato dei prodotti tessili in relazione all'ATA, e, di conseguenza, dello smantellamento dei contingenti tariffari comunitari per tali prodotti, la decisione impugnata sarebbe stata adottata in violazione del principio di leale collaborazione nei rapporti tra le istituzioni della Comunità e gli Stati membri che si deduce dall'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE) e dovrebbe quindi essere annullata per tale ragione.

62 Il governo portoghese fa valere inoltre che per la firma dell'atto finale era richiesto l'accordo di tutti gli Stati membri, e non di una maggioranza qualificata dei membri del Consiglio. Qualsiasi modifica dell'equilibrio alla base della firma di tale atto finale avrebbe richiesto una nuova deliberazione alle stesse condizioni di voto, cioè all'unanimità.

63 Il Consiglio ritiene che la posizione espressa dal governo portoghese, in particolare nella lettera del Ministro degli Affari esteri del 7 aprile 1994, abbia un carattere politico e che, del resto, sia stata presa in considerazione nella misura in cui è stata all'origine dell'adozione del regolamento n. 852/95, con il quale il Consiglio ha concesso una serie di stanziamenti in favore dell'industria tessile portoghese.

64 Il Consiglio confuta del pari l'argomento del governo portoghese in base al quale l'approvazione dei due memorandum d'intesa avrebbe dovuto essere decisa all'unanimità. Esso fa valere che, poiché la decisione impugnata costituisce un atto di politica commerciale, essa poteva essere adottata a maggioranza qualificata dei membri del Consiglio, sulla base dell'art. 113, n. 4, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 133, n. 4, CE). D'altronde, i due memorandum sarebbero stati adottati nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato e, in particolare, del suo art. 113.

65 La Commissione concorda con gli argomenti del Consiglio affermando, inoltre, che, anche supponendo che la Repubblica portoghese abbia espresso riserve in sede di conclusione dell'accordo finale, il mancato rispetto di quest'ultimo non potrebbe giustificare l'annullamento della decisione impugnata.

66 Occorre in primo luogo constatare che la decisione impugnata è un atto di politica commerciale, che doveva essere adottato a maggioranza qualificata conformemente all'art. 113, n. 4, del Trattato. Di conseguenza, essendo pacifico che la decisione impugnata è stata adottata nel rispetto di tale disposizione, il fatto che una minoranza di Stati membri, tra i quali figurava la Repubblica portoghese, si sia opposta a detta adozione non è tale da inficiare la decisione stessa e, pertanto, da comportare il suo annullamento.

67 Si deve in secondo luogo rilevare, come risulta al paragrafo 32 delle conclusioni dell'avvocato generale, che il principio di leale collaborazione tra le istituzioni della Comunità e gli Stati membri non incide sulla individuazione della base legale degli atti comunitari e, quindi, sulla procedura legislativa da seguire per la loro adozione.

68 La Repubblica portoghese non può quindi legittimamente sostenere che la decisione impugnata abbia violato il suddetto principio.

Per quanto riguarda la violazione del principio del legittimo affidamento

69 Il governo portoghese fa valere che, adottando la decisione impugnata, il Consiglio ha violato il principio del legittimo affidamento degli operatori economici appartenenti al settore dell'industria tessile portoghese.

70 Infatti, secondo il governo portoghese, tali operatori avevano il diritto di attendersi che il Consiglio non apportasse sostanziali modifiche al calendario ed al ritmo dell'apertura alla concorrenza internazionale del mercato comunitario dei prodotti tessili, come fissati negli accordi OMC, in particolare dall'ATA, nonché nella normativa comunitaria in vigore, segnatamente dal regolamento n. 3030/93, come modificato dal regolamento n. 3289/94, che traspone in diritto comunitario le norme contenute nell'ATA.

71 L'adozione della decisione impugnata comporterebbe una forte accelerazione del processo di liberalizzazione del mercato comunitario e modificherebbe quindi, irrigidendolo sensibilmente, l'ambito normativo istituito dall'ATA. Questa modifica sostanziale ed imprevedibile delle condizioni concorrenziali sul mercato comunitario dei prodotti tessili avrebbe pertanto alterato l'ambito in cui gli operatori economici portoghesi eseguono le misure di ristrutturazione che il Consiglio stesso, adottando il regolamento n. 852/95, ha ritenuto indispensabili, il che nuocerebbe alla loro efficacia e causerebbe un danno grave ai detti operatori.

72 Il Consiglio fa valere, in primo luogo, che gli operatori portoghesi del settore dei tessili non potevano fondare un legittimo affidamento nel mantenimento di una situazione oggetto di negoziati in corso. Se tali operatori contavano sul fatto che l'apertura dei mercati indiano e pakistano avvenisse senza alcuna contropartita, tale aspettativa non potrebbe essere qualificata tale da fondare un legittimo affidamento, considerato che essa non deriverebbe da alcun impegno giuridico preso dal Consiglio.

73 In secondo luogo, il Consiglio sostiene che l'approvazione dei due memorandum d'intesa non mette in alcun modo in discussione i risultati dell'Uruguay Round. Tali memorandum non contengono alcuna disposizione che modifichi il livello delle restrizioni in vigore o il coefficiente di crescita previsto dagli accordi bilaterali conclusi con l'India e con il Pakistan. Detti memorandum d'intesa prevederebbero soltanto che la Commissione è disposta a prendere seriamente in considerazione le richieste di flessibilità straordinarie (in particolare i riporti, le utilizzazioni anticipate e i trasferimenti fra categorie) presentate dall'India o dal Pakistan, e ciò nell'ambito dei contingentamenti esistenti e senza superare, per ciascun anno di contingentamento, gli importi fissati in ciascun memorandum. Tali flessibilità straordinarie, segnatamente la possibilità di utilizzazioni anticipata di esse, non modificherebbero le limitazioni in vigore e, in particolare, non avrebbero l'effetto di modificare il calendario d'integrazione, nell'ambito del GATT del 1994, delle categorie interessate.

74 Secondo la Commissione, la Repubblica portoghese non è autorizzata a far valere la violazione del principio del legittimo affidamento degli operatori economici poiché, da un lato, essa non dimostra di avere un interesse diretto ed individuale alla tutela del legittimo affidamento di questi ultimi e, dall'altro, essa ha omesso di mettere sull'avviso tali operatori economici, sebbene i dati in suo possesso avessero fatto apparire chiaramente e sufficientemente che la Comunità, per arrivare ad un accordo, era probabilmente tenuta ad accordare alcune concessioni supplementari.

75 Occorre al riguardo ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il principio del rispetto del legittimo affidamento non può giustificare l'intangibilità di una normativa, e ciò in particolare in settori - come quello dell'importazione dei tessili - in cui è necessario, e di conseguenza ragionevolmente prevedibile, che le norme in vigore vengano continuamente adeguate alle variazioni della congiuntura economica (v., in tal senso, sentenza 29 gennaio 1998, causa C-315/96, Lopex Export, Racc. pag. I-317, punti 28-30).

76 Inoltre, per le ragioni messe in evidenza dall'avvocato generale al paragrafo 33 delle sue conclusioni, non sono state introdotte apprezzabili differenze di trattamento tra i prodotti indiani e pakistani, da un lato, e quelli provenienti da altri Stati aderenti all'OMC, dall'altro, e comunque simili differenze, in quanto esistano, non sono di natura tale da arrecare pregiudizio alle aspettative degli operatori interessati.

77 Da ciò che precede risulta che la Repubblica portoghese non può legittimamente sostenere che la decisione impugnata è stata adottata in violazione del principio del rispetto del legittimo affidamento.

Per quanto riguarda la violazione del principio dell'irretroattività delle norme giuridiche

78 Il governo portoghese afferma che il principio dell'irretroattività delle norme giuridiche è stato violato poiché il sistema instaurato con i memorandum d'intesa approvati dalla decisione impugnata ha effetto retroattivo e si applica a situazioni trascorse, senza che sia motivata la necessità di derogare al principio secondo il quale le norme giuridiche dispongono solo per il futuro.

79 Infatti, pur essendo stati parafati rispettivamente il 15 ottobre e il 31 dicembre 1994, ed approvati dal Consiglio soltanto il 26 febbraio 1996, i memorandum d'intesa conclusi con il Pakistan e con l'India sancirebbero l'applicazione di un sistema di flessibilità straordinarie che avrebbe effetto, ai sensi del punto 6 di ciascun memorandum, a partire dal 1994 nel caso del Pakistan e dal 1995 nel caso dell'India.

80 Basti constatare, al riguardo, che l'applicazione di tali impegni internazionali nel diritto comunitario doveva essere intrapresa dalla Commissione, ai sensi dell'art. 19 del regolamento n. 3030/93, tramite l'adozione di misure recanti modifica degli allegati di quest'ultimo.

81 Pertanto, solo nell'ambito di un ricorso proposto contro l'adozione di tali misure potrebbe essere contestato l'eventuale effetto retroattivo di queste ultime.

82 Ne consegue che la Repubblica portoghese non può utilmente sostenere che la decisione impugnata abbia violato il principio dell'irretroattività delle norme giuridiche.

Per quanto riguarda la violazione del principio della coesione economica e sociale

83 Il governo portoghese sostiene che la decisione impugnata è stata adottata in violazione del principio della coesione economica e sociale sancito agli artt. 2 e 3, lett. j), del Trattato CE [divenuti, in seguito a modifica, artt. 2 CE e 3, n. 1, lett. k), CE], nonché agli artt. 130 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 158 CE), 130 B, 130 C del Trattato CE (divenuti artt. 159 CE e 160 CE), 130 D e 130 E del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 161 CE e 162 CE). Esso fa valere che lo stesso Consiglio ha fatto riferimento a tale principio nei `considerando' del regolamento n. 852/95, affermando che la sua emanazione si è resa necessaria a causa dell'adozione di un regime giuridico che aggrava le disuguaglianze e compromette la coesione economica e sociale della Comunità.

84 Il Consiglio ricorda che la Comunità, al fine di rafforzare la coesione economica e sociale, ha adottato il regolamento n. 852/95 in favore dell'industria portoghese. Esso ricorda altresì che l'obbligo per la Comunità di integrare nell'ambito del GATT del 1994 prodotti tessili e dell'abbigliamento, conformemente alle disposizioni dell'ATA e del regolamento n. 3289/94, che modifica il regolamento n. 3030/93, non è stato intaccato dagli impegni contenuti nei due memorandum d'intesa.

85 La Commissione sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica portoghese, il Trattato CE non erige la coesione economica e sociale a principio fondamentale dell'ordinamento giuridico comunitario, il cui rispetto s'imporrebbe in maniera assoluta alle istituzioni, fino al punto di comportare d'ufficio l'annullamento di qualsiasi misura che possa avere un'incidenza negativa su determinate regioni meno favorite della Comunità.

86 Occorre rilevare che, se è vero che dagli artt. 2 e 3 del Trattato e dagli artt. da 130 A a 130 E dello stesso Trattato risulta che il rafforzamento della coesione economica e sociale è uno degli obiettivi della Comunità e, di conseguenza, costituisce un elemento importante, in particolare per l'interpretazione del diritto comunitario nel campo economico e sociale, le disposizioni controverse presentano un carattere programmatico, di modo che la realizzazione dell'obiettivo della coesione economica e sociale deve essere il risultato delle politiche e delle azioni della Comunità nonché degli Stati membri.

87 Di conseguenza, la Repubblica portoghese non può legittimamente sostenere che la decisione impugnata è stata adottata in violazione del principio della coesione economica e sociale.

Per quanto riguarda la violazione del principio di uguaglianza tra gli operatori economici

88 Il governo portoghese fa valere che la decisione impugnata favorisce i prodotti in lana rispetto ai prodotti in cotone, poiché le misure di apertura dei mercati dell'India e del Pakistan introdotte con i memorandum d'intesa vanno a beneficio praticamente esclusivo dei produttori comunitari del comparto «lana». I produttori del comparto «cotone» - nei quali si concentra essenzialmente la capacità d'esportazione dell'industria portoghese - sarebbero così doppiamente penalizzati.

89 Il Consiglio replica che i negoziati con l'India e il Pakistan avevano l'obiettivo di migliorare l'accesso ai mercati indiano e pakistano. Se le offerte di questi due paesi sono state di natura tale da soddisfare maggiormente una parte degli operatori economici, nella fattispecie quelli del comparto «lana», una simile conseguenza non può costituire una violazione del principio di uguaglianza tra gli operatori economici, dato che i memorandum non hanno affatto avuto l'obiettivo di instaurare una discriminazione tra questi ultimi.

90 Secondo la Commissione, il fatto che l'India e il Pakistan abbiano offerto, per i prodotti appartenenti al comparto «lana», un trattamento più favorevole rispetto a quello riservato ai prodotti del comparto «cotone» (asserzione che non è stata dimostrata dalla Repubblica portoghese), instaurando così una certa disparità di trattamento tra diverse categorie di operatori dell'industria tessile, non può essere imputato al Consiglio come una discriminazione da esso introdotta. Del resto, anche supponendo che possa essere ad esso imputata, tale disparità sarebbe giustificata dalla natura dell'atto di cui trattasi e dall'obiettivo perseguito dal Consiglio in sede di approvazione dei memorandum d'intesa, vale a dire quello di migliorare, nell'interesse comune, l'accesso dell'insieme dei prodotti di origine comunitaria ai mercati indiani e pakistani.

91 Occorre al riguardo ricordare che il divieto di discriminazione impone al legislatore comunitario «di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata» (v., in particolare, sentenza Germania/Consiglio, già citata, punto 67).

92 Nel caso di specie, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 35 delle sue conclusioni, gli operatori del settore tessile agiscono in due mercati distinti, quello della lana e quello del cotone, e, di conseguenza, l'eventuale pregiudizio economico di una delle due categorie di produttori non comporta una violazione del principio di non discriminazione.

93 Di conseguenza, la Repubblica portoghese non può neppure sostenere che la decisione impugnata sia stata adottata in violazione del principio di uguaglianza tra gli operatori economici.

94 Dalle considerazioni che precedono risulta che la Repubblica portoghese non può legittimamente sostenere che la decisione impugnata sia stata adottata in violazione di determinate norme e principi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario e, quindi, il ricorso deve essere rigettato nel suo insieme.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

95 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ha chiesto la condanna alle spese della Repubblica portoghese, la quale è rimasta soccombente, le spese devono essere poste a carico di quest'ultima. Ai sensi dell'art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Repubblica portoghese è condannata alle spese.

3) La Repubblica francese e la Commissione delle Comunità europee sopporteranno le proprie spese.

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