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Document 61995CC0370

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 27 febbraio 1997.
Careda SA (C-370/95), Federación nacional de operadores de máquinas recreativas y de azar (Femara) (C-371/95) e Asociación española de empresarios de máquinas recreativas (Facomare) (C-372/95) contro Administración General del Estado.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Audiencia Nacional - Spagna.
Tasse sulla gestione di macchine per giochi - Imposta sulla cifra d'affari - Trasferimento al consumatore.
Cause riunite C-370/95, C-371/95 e C-372/95.

European Court Reports 1997 I-03721

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1997:96

61995C0370

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 27 febbraio 1997. - Careda SA (C-370/95), Federación nacional de operadores de máquinas recreativas y de azar (Femara) (C-371/95) e Asociación española de empresarios de máquinas recreativas (Facomare) (C-372/95) contro Administración General del Estado. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Audiencia Nacional - Spagna. - Tasse sulla gestione di macchine per giochi - Imposta sulla cifra d'affari - Trasferimento al consumatore. - Cause riunite C-370/95, C-371/95 e C-372/95.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-03721


Conclusioni dell avvocato generale


1 Le questioni deferite alla vostra Corte dall'Audiencia Nacional in queste tre cause riunite vi invitano a precisare taluni elementi costitutivi della nozione di imposta sulla cifra di affari di cui all'art. 33 della sesta direttiva IVA (1) (in prosieguo: la «sesta direttiva»). Esse sono dirette a consentire la qualificazione, alla luce di questo disposto, dell'onere complementare relativo alla tassa sui giochi di fortuna, scommessa e azzardo, istituita dalle autorità spagnole per il 1990 (in prosieguo: la «tassa complementare»). A tal fine il giudice a quo cerca di circoscrivere meglio il criterio del trasferimento della tassa al consumatore ed il posto occupato dalla fattura nell'accertamento di tale trasferimento.

I - L'ambito normativo nazionale

2 Dall'ordinanza di rinvio relativa alla causa C-370/95 (in prosieguo: la «decisione di rinvio») e dalle osservazioni delle ricorrenti (2) emerge che le questioni pregiudiziali sono state formulate in seguito, da un lato, ad un ricorso d'impugnazione avverso un avviso di accertamento redatto dal ministero spagnolo dell'Economia e delle Finanze relativo alla tassa complementare applicata alle macchine per giochi d'azzardo (cosiddette di tipo «B») (3) e, dall'altro, a due ricorsi proposti dinanzi all'Audiencia Nacional, intesi ad ottenere l'annullamento del decreto ministeriale del 6 settembre 1990 (4), il quale costituisce una parte del fondamento giuridico della tassa controversa. Il ricorso proposto avverso l'avviso di accertamento ha dato luogo ad una decisione del Tribunal Económico-Administrativo Central, in data 13 novembre 1992, impugnata con un ricorso dinanzi all'Audiencia Nacional.

3 Sebbene i contenziosi nazionali all'origine dei presenti ricorsi vertano sulla tassa complementare, il giudice a quo fa riferimento sia al regime giuridico della tassa sui giochi di fortuna, scommessa e azzardo (in prosieguo: la «tassa sui giochi»), sia al regime di quest'ultima (5).

4 In realtà, la maggior parte delle caratteristiche dei due tributi sono comuni, come risulta dalla lettura delle seguenti disposizioni della legge n. 5/1990 (6), all'origine della tassa complementare:

«1. La tassa complementare si applica alle macchine e agli apparecchi automatici per giochi di tipo "B" o "C" (7) (...) per i quali la tassa per il 1990 sia scaduta prima dell'entrata in vigore della presente legge.

2. I soggetti passivi sono quelli assoggettati alla tassa sui giochi di fortuna, scommessa o azzardo» (8).

5 I principali elementi del regime della tassa sui giochi, come emergono dalla lettura della decisione di rinvio (9) e dei testi normativi vigenti (10), sono i seguenti.

6 La tassa sui giochi si applica in tutto il territorio spagnolo nel momento in cui viene concessa l'autorizzazione o, in mancanza di essa, nel momento in cui viene organizzato il gioco. I soggetti passivi sono gli organizzatori e le aziende le cui attività ricomprendono l'organizzazione di giochi d'azzardo. La sua base imponibile è costituita dalle entrate lorde che i casinò ricavano dal gioco o dagli importi che i giocatori destinano alla loro partecipazione ai giochi che si svolgono nei vari locali, impianti o luoghi in cui sono organizzati i giochi di fortuna, scommessa o azzardo.

7 La differenza fra le due tasse riguarda principalmente il loro periodo di esigibilità e il loro importo.

8 La tassa sui giochi è esigibile per anno civile ed è dovuta il 1_ gennaio di ogni anno per gli apparecchi autorizzati gli anni precedenti. La tassa complementare è dovuta esclusivamente per il 1990.

9 Per quanto riguarda l'importo della tassa sui giochi, il giudice a quo dichiara che «inizialmente esisteva un'aliquota generale di riferimento del 20% sulle entrate (...) [che] in seguito (...) è stata sostituita dall'applicazione di aliquote fisse assertivamente stabilite in proporzione al fatturato realizzato dall'apparecchio» (11). Quello della tassa complementare è ottenuto attraverso il calcolo della differenza fra due categorie di aliquote fisse (12). In realtà, sembra che la tassa complementare abbia consentito di aumentare, per il 1990, l'importo della tassa sui giochi applicata agli apparecchi di tipo «B».

II - Le questioni pregiudiziali

10 Le questioni deferite, imperniate principalmente sul trasferimento del tributo al consumatore, rendono secondarie le differenze esistenti fra le due tasse, per cui farò riferimento indistintamente al regime giuridico dell'una o dell'altra tassa, avendo esse la stessa natura, come rileva il governo del Regno di Spagna (13).

11 Dinanzi al giudice nazionale e dinanzi alla vostra Corte le ricorrenti nella causa principale deducono la violazione dell'art. 33 della sesta direttiva (14), il quale dispone quanto segue:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra di affari».

12 Esse sostengono che la tassa riscossa sulle macchine di tipo «B» in Spagna è un tributo «avente le stessa qualità e caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto, per cui viola per ciò stesso il divieto di cui all'art. 33 della sesta direttiva» (15). Il governo del Regno di Spagna e la Commissione ritengono invece che le tasse controverse non abbiano le caratteristiche di un'imposta sulla cifra di affari che la rendano incompatibile con l'art. 33 (16).

13 Secondo la vostra costante giurisprudenza, questa disposizione «non osta al mantenimento in vigore o all'introduzione di imposte di registro o di altri tipi di imposte, diritti e tasse qualora questi non abbiano le caratteristiche essenziali dell'IVA» (17). E' anche consentito agli Stati membri di cumulare l'IVA con imposte, diritti o tasse diversi dalle imposte sulla cifra di affari (18).

14 Il giudice a quo considera indubbio che nell'elaborazione delle quote forfettarie che gravano sulle macchine per giochi dei vari tipi si è dovuto tener conto del fatturato realizzato da esse e che «benché la normativa che disciplina la tassa sul gioco e la tassa complementare (...) non preveda espressamente che queste tasse siano ripercosse sul consumatore, risulta, come ha ribadito a più riprese la giurisprudenza del Tribunal Supremo, che il destinatario ultimo è il consumatore, al quale si trasferisce in definitiva l'onere tributario (...)». Egli ne deduce che «nel caso della tassa sul gioco spagnola sembrano sussistere i presupposti che determinerebbero l'incompatibilità con l'art. 33 della sesta direttiva» (19).

15 Tuttavia, per rafforzare la sua convinzione, l'Audiencia Nacional auspica che sia precisata la nozione di «trasferimento» delle tasse al consumatore (20), in particolare allorché tale trasferimento non è espressamente previsto dalla legge. Inoltre, essa si chiede quali siano gli effetti che può produrre sulla natura delle tasse spagnole il mancato rilascio di un documento declaratorio del trasferimento.

16 Ai sensi dell'art. 177 del Trattato, il giudice spagnolo vi ha sottoposto pertanto le seguenti questioni:

«1) Se la nozione di trasferimento dell'imposta al consumatore, ai sensi della sesta direttiva 17 maggio 1977, 77/388/CEE, e delle altre disposizioni dell'ordinamento comunitario, e ai fini della configurazione della nozione di imposta sul volume d'affari, presupponga, sempre ed in ogni caso, che la legge relativa al tributo di cui trattasi stabilisca esplicitamente che detto tributo può essere trasferito al consumatore o se invece sia sufficiente che il tributo, secondo un'interpretazione logica di detta legge, possa essere considerato di fatto incluso nel prezzo pagato dal consumatore.

2) Se un tributo che viene riscosso ad aliquota fissa, di entità rilevante nel totale del fatturato o giro d'affari, e che tiene conto di detto fatturato in quanto, in definitiva, lo paga il consumatore, possa essere considerato imposta sul volume d'affari benché non risulti il trasferimento esplicito (fattura) al consumatore, poiché si tratta di operazioni automatiche, mediante uso di monete e per un prezzo di utilizzo determinato. E se, in tal caso, esso violi l'art. 33 della sesta direttiva 77/388/CEE, in materia d'imposta sul valore aggiunto e, perciò, sia incompatibile con la stessa».

17 La formulazione usata dimostra come, contrariamente al criterio preferito dagli intervenienti, inteso a comprendere nel suo complesso la natura giuridica delle tasse di cui trattasi, l'Audiencia Nacional non ha invitato la vostra Corte a pronunciarsi sull'interpretazione dell'art. 33 della sesta direttiva onde valutare ciascuna delle caratteristiche di un tributo come quello istituito dalla legge spagnola.

18 E' vero che l'ultima frase della seconda questione, redatta in termini generali, verte sulla compatibilità con l'art. 33 della sesta direttiva di un tributo avente le caratteristiche della tassa sui giochi e della tassa complementare. Così formulata, la frase non precisa se le questioni del giudice siano limitate alla parte della vostra giurisprudenza relativa all'art. 33, secondo la quale il trasferimento delle tasse al consumatore è un elemento della definizione dell'imposta sulla cifra di affari, o se essa riguardi anche i criteri giurisprudenziali di esame delle tasse nazionali alla luce dell'art. 33, che non sono stati affrontati nella decisione di rinvio, o ancora se riguardi soltanto l'interpretazione di tutte le disposizioni di questo testo normativo.

19 I dubbi spariscono alla lettura della decisione di rinvio da cui risulta, come ho precisato (21), che l'Audiencia Nacional si ritiene sufficientemente edotta in ordine all'esistenza e all'ampiezza di taluni dei criteri adottati dalla vostra Corte ai fini dell'interpretazione dell'art. 33 della sesta direttiva.

20 Sembra così che il giudice spagnolo consideri necessaria alla soluzione della controversia soltanto l'interpretazione della parte di questa disposizione secondo la quale il trasferimento di un tributo al consumatore costituisce una caratteristica essenziale dell'imposta sulla cifra di affari. Nel procedere ad un esame complessivo delle tasse controverse alla luce dell'art. 33 della sesta direttiva e dei criteri della vostra giurisprudenza, mi sembra che gli intervenienti vadano oltre l'ambito delle questioni sottopostevi.

21 Secondo la costante giurisprudenza della vostra Corte in ordine alla portata della sua competenza in materia di questioni pregiudiziali, «sfuggono all'apprezzamento [della Corte] le considerazioni che hanno potuto determinare la scelta delle questioni da parte del giudice nazionale, e altresì la rilevanza che le questioni stesse possono avere, a [suo] giudizio (...), nella lite davanti ad esso pendente» (22). Pertanto, non mi sembra possibile pronunciarmi, come suggeriscono gli intervenienti, in ordine alla pertinenza del ragionamento seguito dal giudice nazionale, che lo porta a considerare pacifici taluni elementi ricompresi nella definizione dell'imposta sulla cifra di affari, quand'anche si ritenesse che questi criteri non sussistano. Tutt'al più posso ricordare gli elementi di cui alla vostra giurisprudenza, che consentono di stabilire la natura di un tributo nazionale alla luce dell'art. 33, i quali non sono stati oggetto di un esame da parte del giudice a quo.

22 Voi avete elaborato i criteri d'identificazione dei prelievi obbligatori conformi alla definizione di imposte, diritti e tasse aventi la natura di un'imposta sulla cifra di affari. Richiamare questi principi mi consentirà di collocare la nozione di «trasferimento» in questa definizione.

III - La nozione di imposta sulla cifra di affari

23 Il divieto di cumulo dell'IVA con altre tasse o imposte aventi il carattere d'imposta sulla cifra di affari trova spiegazione nell'esistenza di un sistema armonizzato costituito sotto forma di un sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.

24 La prima direttiva IVA (23) (in prosieguo: la «prima direttiva») pone i principi fondamentali di questo sistema. Essa enuncia lo scopo perseguito, che è quello di «realizzare un'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra di affari, che sia diretta ad eliminare, per quanto possibile, i fattori che possono falsare le condizioni di concorrenza (...)» (24). Nella logica di questo `considerando', l'armonizzazione presuppone la «eliminazione dei sistemi di imposta cumulativa a cascata» (25), in vigore in taluni paesi della Comunità, la cui caratteristica principale è quella di assoggettare all'imposta, in ciascuna operazione, il prezzo complessivo, senza possibile detrazione della tassa pagata nella fase precedente. Tale tributo è privo di neutralità poiché, con un effetto meccanico, favorisce i circuiti economici integrati e accresce tanto più il prezzo dei beni o dei servizi quanto più è elevato il valore prodotto nelle prime fasi della loro produzione.

25 La seconda direttiva IVA (26) (in prosieguo: la «seconda direttiva») istituisce questo sistema basato su una definizione comunitaria dell'IVA in sostituzione dei sistemi nazionali. La competenza tributaria degli Stati membri è salvaguardata, salvo che nel particolare settore dell'IVA.

26 L'art. 33 della sesta direttiva garantisce la coerenza e la perpetuità del sistema comune, autorizzando soltanto le tasse diverse da quelle conformi ai criteri dell'imposta sulla cifra di affari, adottati ormai dalla normativa comunitaria. Lo scopo di armonizzazione non verrebbe conseguito se gli Stati membri fossero ammessi ad aggiungere all'IVA altre imposte o tasse aventi le stesse caratteristiche.

27 Dall'interpretazione di tale norma da voi fornita nella sentenza Rousseau Wilmot risulta che:

«L'art. 33 della sesta direttiva, lasciando liberi gli Stati membri di mantenere in vigore o di istituire determinati tributi, come le imposte indirette, a condizione che non si tratti di tributi aventi "il carattere d'imposta sulla cifra di affari", si propone di impedire che il funzionamento del sistema comune dell'IVA sia leso da provvedimenti fiscali di uno Stato membro che gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi e colpiscono i negozi commerciali in modo analogo a quello che caratterizza l'IVA» (27).

28 L'art. 33 della sesta direttiva non precisa cosa occorra intendere per tributo avente il «carattere dell'imposta sulla cifra di affari». La vostra Corte ha dichiarato che si doveva «(...) considerare che gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi in modo analogo all'IVA le imposte, i diritti e le tasse aventi le caratteristiche essenziali dell'IVA» (28).

29 La vostra giurisprudenza precisa quali sono queste caratteristiche essenziali. Essa rileva che «l'IVA si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni commerciali aventi ad oggetto beni o servizi; essa è proporzionale al prezzo di detti beni e servizi; è riscossa ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; infine, si applica al valore aggiunto dei beni e dei servizi, deducendo dall'imposta dovuta per tale transazione quella già pagata in occasione dell'operazione commerciale a monte» (29).

30 Va aggiunto che l'IVA è una «imposta generale sul consumo» (30), il cui onere non grava sulle imprese, e che va, in definitiva, a carico del consumatore finale (31). Pertanto, è facile capire come una tassa fissata senza che sia possibile consentirne il trasferimento ai consumatori abbia natura del tutto diversa dall'imposta sulla cifra di affari ai sensi delle direttive IVA. Tale tassa colpisce direttamente il processo di produzione e non può pertanto assolvere le stesse funzioni.

31 Ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva, un'imposta sulla cifra di affari è quindi anche quella che può essere trasferita al consumatore. Per questo, è necessario che la legge lo precisi?

IV - Sulla menzione espressa nella legge della nozione di «trasferimento dell'imposta al consumatore»

32 Non penso che si possa prendere in considerazione l'argomento secondo cui il trasferimento non è realizzabile, ovvero dev'essere considerato tale, in quanto una legge come quella spagnola non lo prevede espressamente.

33 Come ricorda la Commissione facendo riferimento alla vostra giurisprudenza (32), l'art. 33 della sesta direttiva va interpretato teleologicamente. Il suo scopo è impedire che gli Stati membri adottino o mantengano in vigore tributi che opererebbero in concreto - e a prescindere dalla formulazione data dalle normative che li disciplinano - alla stregua dell'imposta sulla cifra di affari. L'applicazione delle disposizioni è più importante del loro tenore formale che, in caso di incongruenza con la pratica, va considerato accessorio.

34 E' del resto quanto emerge dall'esame del regime dell'IVA. La nozione di «trasferimento al consumatore» è una delle caratteristiche di questa tassa, mentre tuttavia essa non figura nella definizione letterale fornitane nella prima direttiva. L'IVA viene definita da questo testo normativo imposta «sul consumo» soltanto per esprimere il concetto che è dovuta per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio, non per affermare che il suo onere è trasferito all'acquirente o al beneficiario. Se ne può dedurre che è importante soprattutto, al di là della lettera della legge, che il meccanismo introdotto consenta all'operatore economico nei suoi rapporti con il consumatore di integrare nel prezzo praticato, o di aggiungervi, l'importo del tributo cui è stato assoggettato per l'operazione di cui trattasi, in modo che l'onere tributario non incomba su di esso.

35 La necessità di un'enunciazione espressa della legge non è del resto sostenuta da nessuno degli intervenienti. In particolare, le ricorrenti nella causa principale osservano che, affinché un tributo costituisca un'imposta sulla cifra di affari, «non è necessario che la normativa ad esso applicabile stabilisca espressamente che questo tributo può essere trasferito al consumatore», ma «è sufficiente invece che questa normativa consenta o, almeno, non impedisca il trasferimento diretto o indiretto e che il tributo possa essere considerato ricompreso nel prezzo dei beni o dei servizi corrisposto dal consumatore» (33). Analogamente, la Commissione conclude che «l'assenza totale di riferimento esplicito ai criteri che fissano la nozione di imposta sulla cifra di affari nel testo della legge nazionale è irrilevante allorché si tratta di statuire in ordine alla compatibilità di un determinato tributo con l'art. 33 della sesta direttiva» (34).

V - Sulla mancanza di documenti attestanti il trasferimento dell'imposta al consumatore

36 Considerando pacifici il trasferimento delle imposte al consumatore e la proporzionalità del loro importo alle entrate, il giudice nazionale si domanda tuttavia se tali criteri siano sufficienti per riconoscere ad esse il carattere di imposte sulla cifra di affari, dal momento che il trasferimento non risulta espressamente da nessun documento.

37 Infatti, il rilascio agli utenti delle macchine per giochi di una fattura o di qualsiasi altro documento equipollente non è oggettivamente possibile, data la natura automatica e ripetitiva, in un breve lasso di tempo, dell'attività assoggettata ad imposta.

38 In materia tributaria il ruolo della fattura è fondamentale per garantire il controllo delle operazioni economiche destinato al recupero effettivo del tributo. Nel settore particolare dell'IVA la fattura è lo strumento del diritto a detrazione. Essa consente al soggetto passivo di imputare, sulla tassa applicabile ai beni prodotti o alle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate, le tasse che colpiscono tutti gli elementi del prezzo di costo. Per la maggior parte delle prestazioni di servizi la detrazione è subordinata, ai sensi dell'art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, al possesso di una fattura emessa ai sensi dell'art. 22, n. 3, della stessa.

39 Il citato art. 22, n. 3, lett. a), prescrive l'obbligo di rilasciare una fattura in due casi: in primo luogo, in caso di cessioni di beni e di prestazioni di servizi che un soggetto passivo effettua per un altro soggetto passivo e, in secondo luogo, per gli acconti versati ad un soggetto passivo da un altro soggetto passivo prima che sia effettuata la cessione di beni o ultimata la prestazione di servizi.

40 In questo settore, l'obbligo di rilasciare una fattura non interessa quindi i rapporti fra il prestatore di servizi ed il consumatore finale. Non essendo essi considerati «soggetti passivi» ai sensi della direttiva (35), non possono far valere un diritto a detrazione, per cui il rilascio di una fattura, sotto questo aspetto, non è di molta utilità. Inoltre, esso non può costituire un obbligo che caratterizza l'imposta sulla cifra di affari e che potrebbe essere imposto nella fase dei rapporti tra gli organizzatori dei giochi d'azzardo e gli utenti delle macchine per giochi.

41 Così come è formulata, la questione esprime anche il concetto che il trasferimento dell'imposta al consumatore, ancorché effettivo, potrebbe tuttavia essere considerato non sussistere in mancanza di prova. A mio giudizio, non si può ritenere che il presupposto per il trasferimento al consumatore non sussista per il solo fatto che non è previsto nessun documento declaratorio della sua effettività, dal momento che l'esistenza di questo presupposto può essere dimostrata attraverso un esame, compiuto dal giudice, in ordine al funzionamento del tributo controverso, il quale riveli la facoltà del soggetto passivo di trasferire il tributo.

42 Per completezza, devo precisare che se, per le ragioni che precedono, un tributo ad aliquota fissa per un ammontare elevato rispetto al totale delle entrate o del fatturato e che tiene conto di tali entrate può essere considerato un'imposta sulla cifra di affari, anche se il trasferimento al consumatore non risulta espressamente da nessun documento, ciò può avvenire a condizione che siano soddisfatti gli altri criteri che consentono siffatta qualificazione di detto tributo. E' così necessario che il giudice nazionale accerti, oltre agli elementi richiamati nella sua decisione:

- la generalità della tassa, la quale presuppone che si applichi a tutte le operazioni aventi ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi;

- la sua riscossione in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione;

- la sua incidenza sul solo valore aggiunto.

Conclusione

43 Alla luce di queste considerazioni, propongo di risolvere le questioni deferite nel modo seguente:

«La sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, in particolare all'art. 33, dev'essere interpretata nel senso che non stabilisce come condizione che la legge nazionale che istituisce una tassa menzioni espressamente l'esistenza di una facoltà di "trasferire la tassa al consumatore" affinché il trasferimento sia riconosciuto costituire una delle caratteristiche essenziali di un'imposta sulla cifra di affari. E' sufficiente che detta legge consenta il trasferimento della tassa al consumatore o, quanto meno, non vi osti.

La sesta direttiva 77/388, in particolare all'art. 33, dev'essere interpretata nel senso che non subordina il riconoscimento della qualità di imposta sulla cifra di affari riguardo ad un tributo, trasferito al consumatore, ad aliquota fissa, per un ammontare elevato rispetto al fatturato complessivo e che tiene conto di questo fatturato, all'obbligo posto a carico di un prestatore di servizi di rilasciare una fattura o qualsiasi documento equipollente, dal quale risulterebbe espressamente il trasferimento di questa tassa al consumatore.

La sesta direttiva 77/388, in particolare all'art. 33, dev'essere interpretata nel senso che osta all'introduzione o al mantenimento in vigore di un tributo nazionale avente le caratteristiche precedenti, solo qualora il detto tributo abbia un carattere di generalità, sia riscosso in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione e si applichi sul valore aggiunto dei servizi».

(1) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

(2) - Pag. 2, paragrafo 1, della traduzione in francese delle loro osservazioni scritte. Sebbene le questioni pregiudiziali siano contenute in tre procedimenti nazionali distinti, soltanto la Careda SA e la Femara sono intervenute nel presente procedimento.

(3) - Causa C-370/95.

(4) - Cause C-371/95 e C-372/95.

(5) - V., in particolare, pag. 6, sesto, e pag. 7, settimo, della traduzione in italiano della decisione di rinvio (causa C-370/95).

(6) - Legge 29 gennaio 1990 (BOE del 30 giugno 1990, pag. 3587).

(7) - La citata legge n. 5/1990 distingue le macchine per giochi con possibilità di vincita (cosiddette di tipo «B») e le macchine per giochi d'azzardo (cosiddette di tipo «C»). Stando alle spiegazioni fornite all'udienza dai rappresentanti delle ricorrenti, le macchine di tipo «B» consentono di vincere somme di denaro pari ad una percentuale fissata per legge in un minimo del 60% della puntata. Le macchine di tipo «C» hanno un tasso di vincita superiore e la loro installazione è riservata ai casinò.

(8) - Art. 38, n. 2, punto 2, della citata legge n. 5/1990, che modifica l'art. 3, n. 4, del regio decreto legge 25 febbraio 1977, n. 16 (BOE del 7 marzo 1977, pag. 780).

(9) - Pagg. 6 e 7 della traduzione in italiano.

(10) - Art. 3 del citato decreto legge n. 16/1977.

(11) - Pag. 6, sesto, della traduzione in italiano della decisione di rinvio. L'art. 38, n. 2, punto 1, della citata legge n. 5/1990 ha modificato l'art. 3 del citato decreto legge n. 16/1977, sostituendo un'aliquota annua fissa di 375 000 PTA al tasso del 20% per gli apparecchi di tipo «B».

(12) - A tenore dell'art. 38, n. 2, punti 2, 3), della citata legge n. 5/1990, «l'importo della tassa è pari alla differenza fra le aliquote fisse di cui al precedente punto 1 e quelle stabilite dal decreto legge 29 dicembre 1989, n. 7». Per le macchine di tipo «B» questo importo risulta dunque dalla differenza tra l'aliquota fissa di 375 000 PTA e quella di 141 750 PTA (art. 39 del citato decreto legge n. 7/1989, BOE del 30 dicembre 1989, pag. 8325).

(13) - Pag. 12 della traduzione in francese delle osservazioni scritte.

(14) - Pag. 3, paragrafo IV, della traduzione in italiano della decisione di rinvio.

(15) - Pag. 7 della traduzione in francese delle osservazioni scritte.

(16) - V., in particolare, pag. 15 della traduzione in francese delle osservazioni scritte del governo spagnolo, e pag. 12 della traduzione in francese delle osservazioni scritte della Commissione.

(17) - V., in particolare, sentenza 16 dicembre 1992, causa C-208/91, Beaulande (Racc. pag. I-6709, punto 13).

(18) - Sentenze 8 luglio 1986, causa 73/85, Kerrutt (Racc. pag. 2219, punto 22), e 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88 (Racc. pag. 2671, punto 14).

(19) - Pag. 9, decimo, della traduzione in italiano della decisione di rinvio. Si deve rilevare che le ricorrenti nella causa principale fanno riferimento anche alla giurisprudenza del Tribunal Supremo. A tenore della sentenza 19 dicembre 1990, come menzionata nella pag. 6, secondo, della traduzione in francese delle loro osservazioni scritte, «non vi è il minimo dubbio che il destinatario ultimo della tassa è il giocatore, cui è trasferito l'onere tributario». In base alle sentenze 23 febbraio e 5 maggio 1990 di quest'organo giurisdizionale, del pari menzionate dalle ricorrenti nella causa principale, «l'asserita "tassa" sulle macchine di tipo "B" ha un importo fisso annuo calcolato in base ai presunti rendimenti della macchina».

(20) - Pag. 10 della traduzione in italiano della decisione di rinvio; l'Audiencia Nacional afferma che «questa nozione di trasferimento fa sorgere le questioni formulate più avanti».

(21) - V. paragrafo 14 delle presenti conclusioni.

(22) - Sentenza 5 febbraio 1963, causa 26/62, Van Gend & Loos (Racc. pag. 1, in particolare pag. 22). V. anche sentenza 29 novembre 1978, causa 83/78, Pigs Marketing Board (Racc. pag. 2347, punto 25).

(23) - Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301).

(24) - Terzo `considerando'.

(25) - Quarto `considerando'.

(26) - Seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Struttura e modalità di applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303).

(27) - Sentenza 27 novembre 1985, causa 295/84 (Racc. pag. 3759, punto 16), e, più recentemente, sentenza 7 maggio 1992, causa C-347/90, Bozzi (Racc. pag. I-2947, punto 9).

(28) - Sentenza Beaulande, citata, punto 12; il corsivo è mio.

(29) - Sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading (Racc. pag. I-2217, punto 11). V. anche sentenze 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi (Racc. pag. 1343, punto 15); Wisselink e a., citata, punto 18; 19 marzo 1991, causa C-109/90, Giant (Racc. pag. I-1385, punto 12); Bozzi, citata, punto 12, e Beaulande, citata, punto 14.

(30) - V. il citato art. 2 della prima direttiva.

(31) - Citata sentenza Bergandi, punti 8 e 17.

(32) - Punto 8 delle osservazioni scritte, in cui si fa riferimento alla citata sentenza Bergandi, punto 14, a tenore della quale «per valutare se un tributo abbia la natura d'imposta sull'entrata, occorre in particolare verificare (...) se esso abbia l'effetto di danneggiare il funzionamento del sistema comune di IVA, gravando sulla circolazione dei beni e dei servizi e colpendo i negozi commerciali in modo analogo a quello che caratterizza l'IVA».

(33) - Pag. 16, primo, della traduzione in francese delle osservazioni scritte.

(34) - Punto 9 delle osservazioni scritte.

(35) - L'art. 4, n. 1, definisce soggetto passivo «chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività». Il n. 2 fa riferimento a «(...) tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate» e alle operazioni «che comportino lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

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