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Document 61993CJ0323

Sentenza della Corte del 5 ottobre 1994.
Société civile agricole du Centre d'insémination de la Crespelle contro Coopérative d'élevage et d'insémination artificielle du département de la Mayenne.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation - Francia.
Fecondazione artificiale di bovini - Monopolio geografico.
Causa C-323/93.

European Court Reports 1994 I-05077

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1994:368

61993J0323

SENTENZA DELLA CORTE DEL 5 OTTOBRE 1994. - SOCIETE CIVILE AGRICOLE DU CENTRE D'INSEMINATION DE LA CRESPELLE CONTRO COOPERATIVE D'ELEVAGE ET D'INSEMINATION ARTIFICIELLE DU DEPARTEMENT DE LA MAYENNE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COUR DE CASSATION - FRANCIA. - FECONDAZIONE ARTIFICIALE DI BOVINI - MONOPOLIO GEOGRAFICO. - CAUSA C-323/93.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-05077
edizione speciale svedese pagina I-00207
edizione speciale finlandese pagina I-00209


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Concorrenza ° Imprese pubbliche e imprese cui gli Stati membri riconoscono diritti speciali o esclusivi ° Fecondazione artificiale dei bovini ° Monopolio geografico ° Posizione dominante ° Abuso occasionato da disposizioni nazionali ° Insussistenza ° Ammissibilità

(Trattato CEE, artt. 86 e 90, n. 1)

2. Concorrenza ° Posizione dominante ° Abuso ° Impresa che fruisce di un monopolio legale ° Fecondazione artificiale dei bovini ° Addebito agli utenti degli oneri supplementari occasionati dalla fornitura del materiale seminale proveniente da altri Stati membri ° Criteri di valutazione

(Trattato CEE, art. 86)

3. Libera circolazione delle merci ° Deroghe ° Oggetto ° Esistenza di direttive sul ravvicinamento delle legislazioni ° Effetti

(Trattato CEE, artt. 30 e 36)

4. Libera circolazione delle merci ° Deroghe ° Tutela della salute degli animali ° Obbligo degli importatori di materiale seminale bovino di depositare il prodotto importato presso uno dei centri autorizzati alla conservazione e all' uso del materiale seminale ° Ammissibilità

(Trattato CEE, artt. 30 e 36; direttive del Consiglio 77/504/CEE e 87/328/CEE)

Massima


1. Gli artt. 86 e 90, n. 1, del Trattato non ostano alla concessione, da parte di uno Stato membro, a centri di inseminazione bovina autorizzati di taluni diritti esclusivi in una zona delimitata.

Infatti, il semplice fatto di creare una posizione dominante mediante la concessione di un diritto esclusivo ai sensi dell' art. 90, n. 1, del Trattato non è di per sé incompatibile con l' art. 86 del Trattato. Uno Stato membro contravviene ai divieti posti da queste due disposizioni solo quando l' impresa di cui trattasi è indotta, col mero esercizio dei diritti esclusivi che le sono attribuiti, a sfruttare abusivamente la sua posizione dominante. Ciò non si verifica per la disposizione nazionale che si limiti a consentire ai centri d' inseminazione autorizzati in situazione di monopolio legale di esigere dagli allevatori che chiedono loro la fornitura di materiale seminale proveniente da centri di produzione diversi il pagamento delle spese supplementari risultanti da tale scelta. Siffatta disposizione, sebbene lasci ai centri d' inseminazione il compito di fatturare tali spese, non li induce infatti ad esigere spese sproporzionate e quindi a sfruttare abusivamente la loro posizione dominante.

2. L' art. 86 del Trattato va interpretato nel senso che non osta all' imputazione di spese supplementari da parte di centri di inseminazione, autorizzati ad operare in via esclusiva in una zona delimitata, a carico degli utenti che chiedono loro la fornitura di materiale seminale proveniente da centri di produzione di altri Stati membri, purché le dette spese siano state effettivamente sostenute dai centri di inseminazione per soddisfare la richiesta degli utenti.

3. L' art. 36 del Trattato stabilisce una deroga al divieto di restrizioni all' importazione qualora tali provvedimenti siano giustificati fra l' altro da motivi di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali. Tuttavia, allorché, in attuazione dell' art. 100 del Trattato, direttive comunitarie dispongono l' armonizzazione dei provvedimenti necessari a garantire la tutela della salute degli uomini e degli animali e approntano procedimenti comunitari per il controllo della loro osservanza, il ricorso all' art. 36 perde la sua giustificazione. E' però necessario che l' armonizzazione sia completa perché in caso contrario gli Stati membri possono validamente eccepire esigenze sanitarie per ostacolare la libera circolazione delle merci di cui trattasi purché le restrizioni agli scambi intracomunitari siano proporzionate allo scopo perseguito.

4. In una situazione in cui per le condizioni sanitarie degli scambi intracomunitari del materiale seminale bovino non vi è ancora stata un' armonizzazione completa a livello comunitario, gli artt. 30 e 36 del Trattato, considerati nel loro complesso, l' art. 2 della direttiva 77/504, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura, e l' art. 4 della direttiva 87/328, relativa all' ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura, vanno interpretati nel senso che non ostano alla normativa nazionale che imponga agli operatori economici che importano materiale seminale proveniente da uno Stato membro della Comunità di consegnarlo a un centro di inseminazione o di produzione autorizzato.

Parti


Nel procedimento C-323/93,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dalla Cour de cassation francese (sezione commerciale) nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Société civile agricole du Centre d' insémination de la Crespelle

e

Coopérative d' élevage et d' insémination artificielle du département de la Mayenne,

domanda vertente sull' interpretazione degli artt. 5, 86, 90, n. 1, e 30 e 36 del Trattato CEE, nonché dell' art. 2 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1977, 77/504/CEE, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura (GU L 206, pag. 8), e dell' art. 4 della direttiva del Consiglio 18 giugno 1987, 87/328/CEE, relativa all' ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura (GU L 167, pag. 54),

LA CORTE,

composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezioni, facente funzione di presidente, M. Diez de Velasco (relatore) e D.A.O. Edward, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, F.A. Schockweiler, F. Grévisse, M. Zuleeg, P.J.G. Kapteyn e J.L. Murray, giudici,

avvocato generale: C. Gulmann

cancelliere: H. von Holstein, vicecancelliere

viste le osservazioni scritte presentate:

° per la Société civile agricole du Centre d' insémination de la Crespelle, dagli avv.ti J. Rouvière e R. Cathala, del foro di Parigi;

° per la Coopérative d' élevage et d' insémination artificielle du département de la Mayenne, dagli avv.ti G. Lesourd e D. Baudin, del foro di Parigi;

° per il governo francese, dalla signora H. Duchêne, segretario agli Affari esteri, presso l' ufficio legale del ministero degli Affari esteri, e dalla signora C. de Salins, consigliere agli Affari esteri, presso l' ufficio legale dello stesso ministero, in qualità di agenti;

° per la Commissione delle Comunità europee, dal signor G. Marenco, consigliere giuridico, e dalla signora V. Melgar, funzionario nazionale posto a disposizione del servizio giuridico della Commissione, in qualità di agenti;

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali della Société civile agricole du Centre d' insémination de la Crespelle, della Coopérative d' élevage et d' insémination artificielle du département de la Mayenne, rappresentata dall' avv. Daniel Baudin, assistito dall' avv. Claude Paulmier, del foro di Parigi, del governo francese e della Commissione all' udienza del 23 marzo 1994,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 4 maggio 1994,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 15 giugno 1993, pervenuta alla Corte il 24 giugno successivo, la Cour de cassation francese (sezione commerciale) ha sollevato, ai sensi dell' art. 173 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali relative all' interpretazione degli artt. 5, 86 e 90, n. 1, nonché degli artt. 30 e 36 del Trattato CEE e all' interpretazione delle direttive del Consiglio 25 luglio 1977, 77/504/CEE, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura (GU L 206, pag. 8), e 18 giugno 1987, 87/328/CEE, relativa all' ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura (GU L 167, pag. 54).

2 Le questioni sono sorte nell' ambito di una controversia tra la Société civile agricole du Centre d' insémination de la Crespelle (in prosieguo: il "Centre de la Crespelle") e la Coopérative d' élevage et d' insémination artificielle du département de la Mayenne (in prosieguo: la "Coopérative de la Mayenne").

3 La fecondazione artificiale degli animali in Francia è disciplinata, principalmente dalla legge 28 dicembre 1966, n. 66-1005, sull' allevamento del bestiame (JORF 1996, pag. 11619). In forza dell' art. 5, primo comma, della detta legge, l' esercizio di centri di fecondazione è sottoposto ad autorizzazione. Questa norma opera una distinzione fra i centri incaricati della produzione del materiale seminale e i centri che provvedono all' inseminazione, ma essa non esclude che entrambi i tipi di attività vengano svolte da un solo centro. Le attività di produzione consistono nella detenzione di una riserva di riproduttori maschi, nella sperimentazione dei riproduttori, nonché nella raccolta, condizionamento, conservazione e cessione del materiale seminale. Le attività di inseminazione consistono poi nel garantire la fecondazione delle femmine o nel controllare la fecondazione stessa quando essa sia praticata da allevatori a ciò autorizzati.

4 La citata legge del 1966 dispone inoltre che ogni centro di inseminazione serve una zona nell' ambito della quale esso è il solo legittimato ad intervenire (art. 5, quarto comma). Quando una zona siffatta viene assegnata ad una cooperativa agricola, questa è tenuta ad accettare, come utenti, gli allevatori non soci di essa (art. 5, sesto comma).

5 Ai sensi della stessa legge, i centri di inseminazione che non sono al tempo stesso centri di produzione vengono di norma riforniti di riproduttori o di materiale seminale dal centro o dai centri di produzione con i quali essi hanno stipulato un contratto di fornitura. Gli allevatori che si trovano nella zona d' azione di un centro di inseminazione possono chiedere che esso fornisca loro materiale seminale proveniente da centri di produzione di loro scelta (art. 5, quinto comma), ma le ulteriori spese derivanti da tale scelta sono a carico dell' utente.

6 All' interno del territorio metropolitano francese esistono attualmente 51 centri di inseminazione e 23 centri di produzione autorizzati di cui solo 3 sono anche autorizzati come centri di inseminazione. Tutti i centri di fecondazione in Francia sono costituiti sotto forma di cooperative agricole. Tutti i centri, salvo 4, hanno altresì aderito all' UNCEIA (Union nationale des coopérative agricoles d' élevage et d' insémination artificielle) che è l' unico ente che riunisce centri di riproduzione e di inseminazione nel complesso del territorio francese. Ai sensi dell' art. 7 del suo statuto, l' adesione all' UNCEIA comporta l' impegno dei soci ad avvalersi dei suoi servizi in via esclusiva. D' altra parte, ai sensi dell' art. 29 del detto statuto, l' assemblea generale dell' UNCEIA delibera l' emanazione di provvedimenti vincolanti per tutti i soci, anche per gli assenti e i dissenzienti.

7 Quanto all' importazione in Francia del materiale seminale bovino, essa è disciplinata da un decreto del ministro dell' Agricoltura 17 aprile 1969 (JORF del 30 aprile 1969, pag. 4349), emendato da un altro decreto 24 gennaio 1989, relativo alle autorizzazioni all' esercizio dei centri di fecondazione artificiale (JORF del 31 gennaio 1989, pag. 1469). Ai sensi dell' art. 2 di quest' ultimo decreto, qualunque cittadino di uno Stato membro può liberamente importare materiale seminale, purché provenga da centri di produzione selezionati dal ministero dell' Agricoltura e venga prelevato da tori che rispondono ai requisiti zootecnici e sanitari previsti dalle normative francese e comunitaria. Infine, il detto art. 2 dispone che gli operatori economici privati che importano materiale seminale proveniente da un altro Stato membro della Comunità sono tenuti a consegnarlo ad un centro di inseminazione o di produzione autorizzato. Essi possono costituire una scorta di materiale seminale importato nel centro di loro scelta.

8 In diritto comunitario, l' art. 2, secondo trattino, della direttiva 77/504 e l' art. 2, n. 1, secondo trattino, della direttiva 87/328 dispongono che gli Stati membri provvedano affinché non siano vietati, limitati o ostacolati per motivi zootecnici gli scambi intracomunitari di sperma e di ovuli fecondati, provenienti da bovini riproduttori di razza pura. A norma dell' art. 3 della prima direttiva, il Consiglio avrebbe dovuto adottare, prima del 1 luglio 1980, le norme comunitarie in materia di ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura, compreso l' uso del loro sperma, cosa cui si è provveduto mediante la direttiva 87/328.

9 L' art. 4 di quest' ultima direttiva impone agli Stati membri di vegliare affinché, per gli scambi intracomunitari, lo sperma dei tori di razza pura sia raccolto, trattato e conservato in un centro di fecondazione artificiale ufficialmente riconosciuto. Dal quarto e settimo 'considerando' risulta che per evitare la deteriorazione del patrimonio genetico è sufficiente esigere che il materiale seminale provenga dai centri incaricati di effettuare la fecondazione artificiale ufficialmente riconosciuti degli altri Stati membri.

10 Questa normativa è stata integrata con la direttiva del Consiglio 25 marzo 1991, 91/174/CEE, relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza e che modifica le direttive 77/504/CEE e 90/425/CEE (GU L 85, pag. 37).

11 Infine, la direttiva del Consiglio 14 giugno 1988, 88/407/CEE, che stabilisce le esigenze di polizia sanitaria applicabili agli scambi intracomunitari ed alle importazioni di sperma surgelato di animali della specie bovina (GU L 194, pag. 10), precisa all' art. 3 i requisiti sanitari che devono essere posseduti dalle dosi di materiale seminale ammesse nel commercio intracomunitario. Questa direttiva è stata emendata con direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29).

12 Dagli atti di causa risulta che dal 1961 il Centre de la Crespelle detiene depositi di materiale seminale bovino e procede all' inseminazione in una parte del dipartimento della Mayenne. La Coopérative de la Mayenne, che fruisce di diritti esclusivi in questa regione dal 1970, lo citava per violazione di tali diritti dinanzi al Tribunal de grande instance di Rennes. Quest' ultimo condannava il centro con sentenza 25 giugno 1991. Poiché la sentenza veniva confermata dalla Cour d' appel di Rennes, il Centre de la Crespelle ricorreva in cassazione adducendo che il sistema francese di esercizio dei centri di inseminazione contravveniva a talune disposizioni del Trattato.

13 La Cour de cassation, a fronte di taluni dubbi in ordine all' interpretazione del diritto comunitario, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se le disposizioni degli artt. 5, 86 e 90, n. 1, del Trattato che istituisce la Comunità economica europea ostino ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel caso di specie, che istituisce centri di inseminazione artificiale autorizzati ad operare in via esclusiva in una zona delimitata riservando loro la facoltà di fatturare spese supplementari, qualora gli allevatori che operano nella zona di competenza esclusiva del centro richiedano la fornitura di materiale seminale proveniente da centri di produzione autorizzati di loro scelta.

2) Se gli artt. 30 e 36 del medesimo Trattato, nonché l' art. 2 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1977, 77/504/CEE, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura, e l' art. 4 della direttiva del Consiglio 18 giugno 1987, 87/328/CEE, relativa all' ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura, ostino ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel caso di specie, che impone agli operatori economici che importano materiale seminale proveniente da uno Stato membro della Comunità di consegnarlo ad un centro di inseminazione o di produzione autorizzato".

Prima questione

14 Con la prima questione il giudice a quo solleva sostanzialmente due diversi problemi. Anzitutto si chiede se gli artt. 5, 86 e 90, n. 1, del Trattato vadano interpretati nel senso che ostano alla concessione da parte di uno Stato membro a centri autorizzati di inseminazione di materiale seminale bovino di taluni diritti esclusivi in una zona delimitata. In secondo luogo intende stabilire se queste disposizioni, qualora gli allevatori stabiliti nella zona di competenza esclusiva di un centro autorizzato gli chiedano la fornitura di materiale seminale proveniente da un centro di produzione di loro scelta, ostino alla fatturazione delle spese supplementari che la detta scelta può comportare.

Sulla prima parte della prima questione

15 Per quanto riguarda le disposizioni del Trattato di cui trattasi, occorre osservare anzitutto che l' art. 5 impone agli Stati membri l' obbligo di adempiere lealmente i loro obblighi comunitari. Tuttavia, per giurisprudenza consolidata, questa disposizione può essere applicata in modo autonomo solo qualora la situazione considerata sia disciplinata da una disposizione specifica del Trattato, come nella specie (v. sentenza 11 marzo 1992, cause riunite da C-78/90 a C-83/90, Compagnie commerciale de l' Ouest e a., Racc. pag. I-1847, punto 19). Occorre pertanto risolvere tale questione alla stregua degli artt. 90, n. 1, e 86 del Trattato.

16 L' art. 90, n. 1, dispone che gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del Trattato, specialmente a quelle contemplate negli artt. 7 e da 85 a 94 inclusi.

17 Nel caso di specie, subordinando l' esercizio dei centri di inseminazione ad autorizzazioni e disponendo che ogni centro serva una determinata zona in via esclusiva, la normativa nazionale ha loro concesso diritti esclusivi. Istituendo quindi a favore di tali imprese una sovrapposizione di monopoli territorialmente limitati, ma che riguardano complessivamente tutto il territorio di uno Stato membro, siffatte disposizioni nazionali instaurano una posizione dominante ai sensi dell' art. 86 del Trattato su una parte sostanziale del mercato comune.

18 Il semplice fatto di creare siffatta posizione dominante mediante la concessione di un diritto esclusivo ai sensi dell' art. 90, n. 1, non è di per sé incompatibile con l' art. 86 del Trattato. Uno Stato membro contravviene infatti ai divieti posti da queste due disposizioni solo quando l' impresa di cui trattasi è indotta, col mero esercizio dei diritti esclusivi che le sono attribuiti, a sfruttare abusivamente la sua posizione dominante (v. sentenze 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hoefner e Elser, Racc. pag. I-1979, punto 29, e, da ultimo, 10 dicembre 1991, causa C-179/90, Merci convenzionali porto di Genova, Racc. pag. I-5889, punto 17).

19 Nel caso di specie, l' abuso lamentato consiste nell' imposizione di prezzi esorbitanti da parte dei centri di inseminazione.

20 Occorre quindi accertare se la pratica che costituisce l' abuso prospettato sia conseguenza diretta della legge. Si deve rilevare in proposito che la legge si limita a consentire ai centri di inseminazione di esigere dagli allevatori che chiedono loro la fornitura di materiale seminale proveniente da centri di produzione diversi il pagamento delle spese supplementari risultanti da tale scelta.

21 Siffatta disposizione, sebbene lasci ai centri d' inseminazione il compito di fatturare tali spese, non li induce ad esigere spese sproporzionate e quindi a sfruttare abusivamente la loro posizione dominante.

22 Si deve pertanto risolvere questa parte della questione nel senso che gli artt. 90, n. 1, e 86 del Trattato non ostano alla concessione, da parte di uno Stato membro, a centri di inseminazione bovina autorizzati di taluni diritti esclusivi in una zona delimitata.

Sulla seconda parte della prima questione

23 L' art. 5 della legge francese 28 dicembre 1966, n. 66-1005 sull' allevamento del bestiame stabilisce al quinto comma che gli allevatori che si trovano nella zona d' azione di un centro di inseminazione possono chiedergli di fornire loro il materiale seminale proveniente da centri di produzione di loro scelta e che le spese supplementari derivanti da tale scelta sono a carico degli utenti.

24 Orbene, l' art. 86 osta allo sfruttamento abusivo della posizione dominante dei centri nell' espletamento autonomo della loro attività economica.

25 Come la Corte ha già dichiarato, esiste sfruttamento abusivo di una posizione dominante quando l' impresa che fruisce di una situazione di monopolio amministrativo esige per i suoi servizi un corrispettivo sproporzionato rispetto al valore economico della prestazione fornita (v. sentenze 13 novembre 1975, causa 26/75, General Motors, Racc. pag. 1367, punto 12, e 11 novembre 1986, causa 226/84, British Leyland, Racc. pag. 3263, punto 27).

26 Analogamente, i centri autorizzati sfrutterebbero abusivamente la loro posizione dominante qualora ponessero a carico dell' utente spese superiori alle spese supplementari effettivamente sostenute per procurarsi e conservare sino all' inseminazione il materiale seminale importato da un altro Stato membro su richiesta di un utente.

27 Da quanto precede risulta che l' art. 86 del Trattato va interpretato nel senso che non osta all' imputazione di spese supplementari da parte di centri di inseminazione, autorizzati ad operare in via esclusiva in una zona delimitata, a carico degli utenti che chiedono loro la fornitura di materiale seminale proveniente da centri di produzione di altri Stati membri, purché le dette spese siano state effettivamente sostenute dai centri di inseminazione per soddisfare la richiesta degli utenti.

Seconda questione

28 Onde risolvere la seconda questione del giudice a quo relativa all' interpretazione degli artt. 30 e 36 del Trattato nonché delle direttive 77/504 e 87/328, occorre ricordare che, come la Corte ha più volte dichiarato (v., in primo luogo, sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837), ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari va considerata come una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative.

29 Configura un ostacolo alle importazioni la normativa di uno Stato membro che impone agli operatori economici privati che importano nel suo territorio dosi di materiale seminale bovino proveniente da un altro Stato membro a depositarle, dietro corrispettivo, presso un centro autorizzato che fruisce della concessione esclusiva in materia di conservazione e inseminazione. Infatti, poiché quest' obbligo si applica nella fase immediatamente successiva all' importazione e impone un onere economico agli importatori, è atto a restringere il volume delle importazioni.

30 L' art. 36 del Trattato stabilisce una deroga al divieto di restrizioni all' importazione, all' esportazione e al transito, qualora i relativi provvedimenti siano giustificati da motivi di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali (v. sentenza 15 dicembre 1976, causa 35/76, Simmenthal, Racc. pag. 1871, punto 18).

31 Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata, allorché, in attuazione dell' art. 100 del Trattato CEE, direttive comunitarie dispongono l' armonizzazione dei provvedimenti necessari, fra l' altro, a garantire la tutela della salute degli uomini e degli animali e approntano procedimenti comunitari per il controllo della loro osservanza, il ricorso all' art. 36 perde la sua giustificazione e gli opportuni controlli vanno allora effettuati e i provvedimenti di tutela adottati secondo lo schema tracciato dalla direttiva di armonizzazione (v. sentenze 5 ottobre 1977, causa 5/77, Tedeschi, Racc. pag. 1555, punto 35; 5 aprile 1979, causa 148/78, Ratti, Racc. pag. 1629, punto 36; 8 novembre 1979, causa 251/78, Denkavit, Racc. pag. 3369, punto 14, e 20 settembre 1988, causa 190/87, Moormann, Racc. pag. 4689, punto 10).

32 Sulla scorta di questa giurisprudenza il governo francese giustifica la sua normativa con esigenze di miglioramento genetico del patrimonio zootecnico bovino e con considerazioni di indole sanitaria.

33 Quanto alle esigenze di miglioramento genetico del patrimonio zootecnico bovino, occorre ricordare che la direttiva 87/328, volta a sopprimere gli ostacoli zootecnici agli scambi intracomunitari del materiale seminale bovino, impone agli Stati membri, all' art. 2, n. 1, di sopprimere gli ostacoli all' ammissione e all' uso nel loro territorio del materiale seminale bovino importato dagli altri Stati membri alle condizioni stabilite dall' art. 4 (v. supra punto 9). D' altra parte, l' art. 2 della direttiva 91/174 dispone che il commercio dello sperma di animali di razza non può essere vietato, limitato od ostacolato per motivi di carattere genealogico. Da queste disposizioni emerge che per quanto riguarda le esigenze zootecniche e genealogiche vi è stata un' armonizzazione completa a livello comunitario.

34 Quanto alle considerazioni sanitarie, se ne occupa la direttiva 88/407 la quale, ai sensi dell' art. 1, si applica agli scambi intracomunitari e alle importazioni in provenienza da paesi terzi di sperma surgelato di animali della specie bovina. L' art. 3 della direttiva nonché l' allegato C, che precisano le condizioni generali applicabili agli scambi intracomunitari di sperma bovino, contengono precisazioni unicamente per quanto riguarda la raccolta e il trattamento nello Stato membro esportatore, nonché il trasporto verso lo Stato destinatario. Nessuna disposizione della direttiva riguarda quindi la conservazione né l' uso del materiale seminale nello Stato destinatario.

35 Pertanto, per le condizioni sanitarie degli scambi intracomunitari del materiale seminale bovino non vi è ancora stata un' armonizzazione completa a livello comunitario per quanto riguarda lo Stato destinatario. Gli Stati membri possono quindi validamente eccepire esigenze sanitarie per ostacolare la libera circolazione dello sperma bovino, purché le restrizioni agli scambi intracomunitari siano proporzionate allo scopo perseguito.

36 Al riguardo, per accertare che gli effetti restrittivi della normativa sugli scambi intracomunitari non eccedano quanto è necessario a raggiungere lo scopo prefissato, occorre esaminare se tali effetti siano diretti, indiretti o meramente ipotetici e se essi non ostacolino lo smercio dei prodotti importati più di quello dei prodotti nazionali (v. sentenza 16 dicembre 1992, causa C-169/91, B & Q, Racc. pag. I-6635, punto 15).

37 Va ricordato in proposito che l' art. 2, n. 3, del decreto francese 24 gennaio 1989 dispone l' obbligo di conservazione presso centri autorizzati unicamente per quanto riguarda il materiale seminale importato. Tuttavia, stando ai chiarimenti forniti dal governo francese in udienza e non contestati dagli altri intervenienti, un analogo obbligo per il materiale seminale prodotto nel territorio francese deriva dal monopolio detenuto dai centri di fecondazione, in quanto solo questi ultimi sono autorizzati a produrre e a conservare il materiale seminale in Francia.

38 Quanto alle conseguenze pratiche dell' obbligo di conservazione del materiale seminale, non si può escludere che, sebbene tale restrizione sia applicata indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati, questi ultimi siano sfavoriti rispetto alla produzione nazionale. Atteso che, nel caso di specie, la normativa nazionale non prevede disposizioni relative alle modalità di conservazione, in particolare in merito al prezzo che l' importatore deve pagare al centro autorizzato, e che siffatto prezzo viene di norma determinato forfettariamente, nessuna disposizione impedisce ai centri autorizzati di applicare condizioni sproporzionate per la conservazione del materiale seminale importato da privati.

39 La questione se il funzionamento dei centri autorizzati per quanto riguarda le condizioni di conservazione del materiale seminale comporti in pratica una discriminazione nei confronti del prodotto importato è una questione di fatto che compete al giudice nazionale.

40 Si deve pertanto risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli artt. 30 e 36 del Trattato, considerati nel loro complesso, l' art. 2 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1977, 77/504, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura, e l' art. 4 della direttiva del Consiglio 18 giugno 1987, 87/328, relativa all' ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura, vanno interpretati nel senso che non ostano alla normativa nazionale che imponga agli operatori economici che importano materiale seminale proveniente da uno Stato membro della Comunità di consegnarlo a un centro di inseminazione o di produzione autorizzato.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

41 Le spese sostenute dal governo francese e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Cour de cassation della Repubblica francese (sezione commerciale) con ordinanza 15 giugno 1993, dichiara:

1) Gli artt. 90, n. 1, e 86 del Trattato non ostano alla concessione, da parte di uno Stato membro, a centri di inseminazione bovina autorizzati di taluni diritti esclusivi in una zona delimitata.

2) L' art. 86 del Trattato va interpretato nel senso che non osta all' imputazione di spese supplementari da parte di centri di inseminazione, autorizzati ad operare in via esclusiva in una zona delimitata, a carico degli utenti che chiedono loro la fornitura di materiale seminale proveniente da centri di produzione di altri Stati membri, purché le dette spese siano state effettivamente sostenute dai centri di inseminazione per soddisfare la richiesta degli utenti.

3) Gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE, considerati nel loro complesso, l' art. 2 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1977, 77/504/CEE, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura, e l' art. 4 della direttiva del Consiglio 18 giugno 1987, 87/328/CEE, relativa all' ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura, vanno interpretati nel senso che non ostano alla normativa nazionale che imponga agli operatori economici che importano materiale seminale proveniente da uno Stato membro della Comunità di consegnarlo a un centro di inseminazione o di produzione autorizzato.

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