Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52021PC0093

Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi

COM/2021/93 final

Bruxelles, 4.3.2021

COM(2021) 93 final

2021/0050(COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi

{SEC(2021) 101 final} - {SWD(2021) 41 final} - {SWD(2021) 42 final}


RELAZIONE

1.CONTESTO DELLA PROPOSTA

Motivi della proposta

Il diritto alla parità retributiva tra donne e uomini per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore è uno dei principi fondamentali sanciti dal trattato di Roma. La necessità di garantire la parità retributiva è espressa nella direttiva 2006/54/CE (la "direttiva rifusa") 1 , integrata nel 2014 da una raccomandazione della Commissione sulla trasparenza retributiva (la "raccomandazione del 2014") 2 . Nonostante questo quadro giuridico, l'effettiva attuazione e applicazione di tale principio nella pratica continua a rappresentare una sfida nell'UE. La mancanza di trasparenza retributiva è stata individuata come uno dei principali ostacoli 3 . Il divario retributivo di genere 4 nell'UE continua ad attestarsi intorno al 14 %. Il divario retributivo ha ripercussioni a lungo termine sulla qualità della vita delle donne, le espone a un maggiore rischio di povertà e perpetua il divario retributivo pensionistico, che è pari al 33 % nell'UE 5 . La pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze economiche e sociali rendono ancora più urgente affrontare questo problema, dato che la crisi ha colpito in modo particolare le lavoratrici 6 .

Il Parlamento europeo ha ripetutamente richiesto nuove azioni a livello dell'UE, mirate a migliorare l'applicazione delle disposizioni in materia di parità retributiva. Il Consiglio ha sollecitato sia gli Stati membri sia la Commissione ad agire. Nel giugno 2019 ha chiesto alla Commissione di elaborare misure concrete per migliorare la trasparenza retributiva 7 .

Il pilastro europeo dei diritti sociali include la parità di genere e il diritto alla parità di retribuzione tra i suoi 20 principi 8 . Nel suo piano d'azione 2017-2019 per affrontare il divario retributivo di genere 9 , la Commissione ha valutato la necessità di ulteriori misure giuridiche per migliorare l'applicazione del principio della parità retributiva e le opportunità per migliorare la trasparenza retributiva. Nei suoi orientamenti politici 10 , la Presidente von der Leyen ha annunciato che la Commissione presenterà nuove misure vincolanti in materia di trasparenza retributiva. Tale impegno è stato ribadito nella strategia per la parità di genere 2020-2025 11 .

Questa iniziativa fa seguito alla valutazione retrospettiva della Commissione 12 delle disposizioni giuridiche pertinenti (la "valutazione 2020") e a numerose altre relazioni in materia 13 . Da tali valutazioni è emerso che il diritto alla parità retributiva non è applicato in modo adeguato né attuato nella pratica e che in molti Stati membri manca la trasparenza retributiva.

Obiettivi della proposta

L'iniziativa mira a contrastare il persistere di un'applicazione inadeguata del diritto fondamentale alla parità retributiva e a garantire il rispetto di tale diritto in tutta l'UE, stabilendo norme in materia di trasparenza retributiva per consentire ai lavoratori di rivendicare il loro diritto alla parità retributiva.

La proposta di direttiva persegue tali obiettivi:

garantendo la trasparenza retributiva all'interno delle organizzazioni;

agevolando l'applicazione dei concetti chiave relativi alla parità retributiva, compresi quelli di "retribuzione" e "lavoro di pari valore"; e

rafforzando i meccanismi di applicazione.

La trasparenza retributiva consente ai lavoratori di individuare e comprovare possibili discriminazioni basate sul sesso. Può anche mettere in luce i pregiudizi di genere nei sistemi retributivi e di inquadramento professionale che non valorizzano il lavoro di donne e uomini in modo paritario e neutro sotto il profilo del genere, o che non valorizzano alcune competenze professionali che sono per lo più considerate qualità femminili. Poiché tali pregiudizi sono spesso inconsci, la trasparenza retributiva può contribuire a sensibilizzare i datori di lavoro sulla questione e aiutarli a individuare disparità retributive discriminatorie basate sul genere che non possono essere spiegate da validi fattori discrezionali e che sono spesso involontarie. La trasparenza retributiva è quindi uno strumento essenziale per fugare i dubbi sulla parità retributiva tra uomini e donne e per sostenere l'eliminazione dei pregiudizi di genere nelle pratiche retributive. Può anche favorire un cambiamento di atteggiamento nei confronti della retribuzione delle donne sensibilizzando e stimolando il dibattito sulle ragioni delle differenze strutturali di retribuzione tra donne e uomini. Al di là del semplice rispetto del principio della parità retributiva, può anche costituire un incentivo per una revisione più generale delle politiche in materia di parità di genere a livello di impresa e promuovere una più stretta collaborazione tra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori.

Coerenza con le disposizioni vigenti nel settore normativo interessato

Sulla base della direttiva rifusa e della raccomandazione del 2014, la presente proposta introduce norme nuove e più dettagliate per garantire il rispetto del principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

Il pilastro europeo dei diritti sociali e i suoi 20 principi sono la bussola dell'UE per costruire un'Europa più equa e promuovere migliori condizioni di vita e di lavoro per tutti. Il 3 marzo 2021 la Commissione ha presentato un ambizioso piano d'azione per garantirne l'attuazione in tutta l'UE.

La presente proposta di direttiva rientra in un più ampio pacchetto di misure e iniziative volte ad affrontare le cause profonde del divario retributivo di genere e a consentire l'emancipazione economica delle donne. La discriminazione retributiva e i pregiudizi nelle strutture retributive sono solo una delle cause profonde di questo divario retributivo di genere che è pari al 14 %, cui si aggiungono altre cause e fattori, quali la segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro, il lavoro a tempo parziale rispetto al lavoro a tempo pieno così come gli impegni attinenti all'assistenza che non sono retribuiti. Anche in assenza di tali cause e fattori, permane un cosiddetto divario retributivo di genere "inspiegabile", che rappresenta i due terzi del divario retributivo di genere negli Stati membri dell'UE, e che l'iniziativa mira ad affrontare. È altresì importante notare che la carriera professionale, compreso il divario retributivo di genere, e la concezione del sistema pensionistico, si ripercuotono sul divario pensionistico di genere.

La presente iniziativa rientra in un approccio multidimensionale che comprende, tra l'altro, la direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare 14 , iniziative settoriali per combattere gli stereotipi e migliorare l'equilibrio di genere e una proposta di direttiva sul miglioramento dell'equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle grandi società quotate dell'UE 15 .

La direttiva proposta è pienamente in linea con l'impegno dell'UE nei confronti dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e contribuisce all'attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite, in particolare l'OSS n. 5 sul conseguimento della parità di genere e dell'emancipazione di tutte le donne e le ragazze 16 .

Coerenza con le altre normative dell'Unione

La presente proposta è coerente con l'iniziativa volta ad aumentare la comunicazione di informazioni pertinenti di carattere non finanziario da parte delle imprese 17 . È coerente con l'iniziativa dell'UE sui salari minimi 18 , e da questa sostenuta, ed è coerente con l'imminente iniziativa per un governo societario sostenibile 19 .

2.BASE GIURIDICA, SUSSIDIARIETÀ E PROPORZIONALITÀ

Base giuridica

La proposta di direttiva si basa sull'articolo 157, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che prevede che l'UE adotti misure volte ad assicurare l'applicazione del principio "delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore".

L'articolo 157, paragrafo 3, TFUE costituisce la base giuridica della direttiva rifusa e della raccomandazione del 2014. Esso funge pertanto anche da base giuridica per le misure vincolanti in materia di trasparenza retributiva previste dalla presente iniziativa, che sostengono l'attuazione e una migliore applicazione del principio della parità di retribuzione in forza dell'articolo 157 del TFUE e della direttiva rifusa.

Sussidiarietà

L'attuazione del principio dell'UE della parità di retribuzione è stata stabilita a livello dell'UE già nel trattato che istituisce la Comunità economica europea del 1957 (articolo 119 del trattato CEE, poi articolo 141 CE e ora articolo 157 TFUE), il che dimostra il suo status di valore fondamentale dell'UE. In un primo tempo, il principio aveva una funzione prevalentemente economica, in quanto l'obiettivo era quello di evitare distorsioni della concorrenza. Nel 1976 tuttavia la Corte di giustizia dell'Unione europea ha riconosciuto l'obiettivo sociale dell'articolo 119 del trattato CEE e la sua efficacia diretta orizzontale 20 . Successivamente, la Corte ha aggiunto che "la finalità economica perseguita dall'art. 119 del Trattato e consistente nell'eliminazione delle distorsioni di concorrenza tra le imprese situate nei diversi Stati membri riveste un carattere secondario rispetto all'obiettivo sociale di cui alla stessa disposizione, la quale costituisce l'espressione di un diritto fondamentale della persona umana" 21 .

Come dimostrato nella valutazione del 2020, è improbabile che si concretizzino sforzi comparabili in tutta l'UE per promuovere la parità retributiva in mancanza di un'iniziativa a livello dell'UE. È necessario un approccio coordinato, senza il quale è compromesso il conseguimento, a livello nazionale, della parità retributiva tra uomini e donne a norma dell'articolo 157, paragrafo 1, TFUE.

Il fatto che le misure nazionali in materia di trasparenza retributiva siano scarse e frammentarie aumenta il rischio che la concorrenza sia falsata da livelli diversi di standard sociali. Vi è il rischio che le imprese competano in condizioni di disparità, e ciò ostacolerebbe il funzionamento del mercato interno. Per garantire un livello di protezione analogo per i lavoratori in tutta l'UE e creare condizioni di parità per gli operatori nel mercato interno è necessaria un'azione a livello dell'UE.

La direttiva proposta si basa su un'armonizzazione minima dei sistemi degli Stati membri e consente loro di stabilire standard più elevati qualora decidano di farlo. Consente loro esplicitamente di affidare l'attuazione alle parti sociali, a condizione che siano sempre in grado di garantire la realizzazione dei risultati perseguiti dalla presente direttiva. Tale approccio combinato, che consente di attuare mediante contratto collettivo l'insieme di diritti e obblighi sostanziali stabiliti nella direttiva, rispetta le diverse caratteristiche dei sistemi nazionali di dialogo sociale e di contrattazione collettiva e l'autonomia delle parti sociali.

Proporzionalità

L'articolo 5, paragrafo 4, del trattato sull'Unione europea stabilisce che "[i]n virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati".

La raccomandazione del 2014 non ha raggiunto l'obiettivo di un'attuazione più efficace del principio della parità retributiva tramite la trasparenza delle retribuzioni; ciò a causa della sua natura non vincolante e della conseguente applicazione limitata da parte degli Stati membri 22 . La direttiva rifusa dovrebbe pertanto essere integrata e sostenuta dalla direttiva proposta. L'adozione di misure giuridiche vincolanti costituisce una risposta proporzionata all'evidente necessità di un'azione pratica per difendere il principio della parità retributiva e non va al di là di quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

Il principio di proporzionalità è pienamente rispettato in quanto le misure relative alla trasparenza retributiva e ai meccanismi di applicazione sono concepite in modo da conseguire l'obiettivo di rafforzare l'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini. Da un lato, la proposta garantisce ai lavoratori il diritto alle informazioni in base alle quali possono individuare le discriminazioni retributive basate sul genere e difendere il loro diritto alla parità retributiva e, dall'altro, tiene conto dei possibili costi e oneri per i datori di lavoro, in particolare per le micro, piccole e medie imprese.

Come indicato nella valutazione d'impatto che accompagna la proposta, si prevede che i costi associati siano moderati 23 . Essi sono giustificati alla luce dei benefici acquisiti e a lungo termine: il vantaggio principale risiede nella piena protezione di un valore fondamentale dell'UE. Contribuisce inoltre alle più ampie ambizioni sociali dell'UE definite nel pilastro europeo dei diritti sociali. Inoltre ulteriori vantaggi possono derivare da una maggiore sicurezza dell'occupazione, dal mantenimento della forza lavoro e da una maggiore produttività dei lavoratori e delle imprese, con un conseguente effetto positivo sulla redditività delle imprese e sul funzionamento del mercato interno.

La proposta lascia agli Stati membri la possibilità di mantenere o stabilire norme più favorevoli per i lavoratori tramite una comunicazione più proattiva di informazioni e di relazioni sulle retribuzioni. Tiene inoltre conto della diversità dei modelli del mercato del lavoro in tutta l'UE e consente agli Stati membri di affidare alle parti sociali l'attuazione della direttiva.

Alla luce di quanto precede, poiché l'obiettivo di migliorare la trasparenza retributiva non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, ma può (data la necessità di stabilire norme minime comuni) essere conseguito meglio a livello dell'UE la quale può adottare misure nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità (di cui all'articolo 5, paragrafi 3 e 4, TFUE).

Scelta dello strumento

Si ritiene che lo strumento giuridico appropriato sia una direttiva che istituisca un quadro per rafforzare l'applicazione del principio della parità retributiva tramite la trasparenza delle retribuzioni e il rafforzamento dei meccanismi di applicazione. In tal modo è possibile rafforzare le disposizioni esistenti lasciando agli Stati membri margine di discrezionalità per quanto riguarda le modalità di attuazione dei diritti e degli obblighi nuovi tenendo conto del loro contesto nazionale. Tale approccio è in linea con quello adottato in relazione ad altre materie del diritto dell'UE nei settori dell'occupazione e della discriminazione 24 .

è stato deciso di non modificare o sostituire la direttiva rifusa dato il suo più ampio ambito di applicazione per combattere la discriminazione basata sul sesso in materia di occupazione e di impiego; un capitolo autonomo riguardante la trasparenza retributiva e le relative disposizioni di applicazione non sarebbe adeguato alla struttura esistente di tale direttiva e sarebbe sproporzionato rispetto alle disposizioni della direttiva rifusa che disciplinano altri aspetti della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego.

3.RISULTATI DELLE VALUTAZIONI EX POST, DELLE CONSULTAZIONI DEI PORTATORI DI INTERESSI E DELLE VALUTAZIONI D'IMPATTO

Valutazioni ex post / Vaglio di adeguatezza della legislazione vigente

La valutazione del 2020 del quadro giuridico sulla parità retributiva, in particolare le parti pertinenti della direttiva rifusa e della raccomandazione del 2014, ha concluso che la direttiva rifusa è considerata pertinente da tutti i portatori di interessi e che il rispetto della direttiva negli Stati membri e in tutti i settori varia da medio a elevato. Tuttavia l'effettiva attuazione del principio della parità retributiva e l'applicazione pratica di tale principio continuano a rappresentare una sfida. L'effettiva attuazione sarebbe maggiore se i concetti giuridici di "retribuzione" e di "lavoro di pari valore" fossero chiariti sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Questi concetti non sono definiti in modo uniforme nelle legislazioni nazionali e permangono incertezze in termini di interpretazione e applicazione. La disponibilità di criteri chiari in tutta l'UE contribuirebbe all'effettiva applicazione del principio della parità retributiva.

Per quanto riguarda l'efficienza, dalla valutazione del 2020 non è emerso alcun onere amministrativo significativo connesso all'attuazione della direttiva rifusa e della raccomandazione del 2014. Le misure di trasparenza retributiva proposte nella raccomandazione del 2014 hanno comportato solo costi limitati per i datori di lavoro. Potrebbero insorgere costi immateriali da un'eventuale insoddisfazione (e quindi una minore produttività) tra i lavoratori che vengono a conoscenza di notevoli differenze salariali tra uomini e donne; per contro, sono anche possibili ripercussioni positive sulla soddisfazione professionale e sull'impegno dei lavoratori, che aumenterebbero l'attrattiva del datore di lavoro. La mancanza di trasparenza retributiva ha compromesso la capacità delle persone di individuare e contrastare la discriminazione retributiva di genere. Inoltre i lavoratori che hanno presentato una denuncia in materia di discriminazione retributiva hanno incontrato diversi ostacoli in termini di accesso alla giustizia e sono incorsi nel rischio di stigmatizzazione e ritorsione da parte del datore di lavoro.

La valutazione del 2020 ha confermato che la direttiva rifusa apporta un chiaro valore aggiunto dell'UE, generando azioni che altrimenti non sarebbero state intraprese per promuovere il principio della parità retributiva negli Stati membri. Il valore aggiunto dell'UE è stato tuttavia limitato da un'attuazione insufficiente e disomogenea della direttiva e dalla confusione (soprattutto tra i giudici e tra i datori di lavoro e i lavoratori) riguardo ai concetti giuridici fondamentali per l'attuazione delle misure in materia di parità retributiva.

Consultazioni dei portatori di interessi

(a)Comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini 25

In un parere adottato nel dicembre 2017 26 , il comitato consultivo ha indicato una maggiore trasparenza in materia di salari come primo passo per garantire l'applicazione del principio della parità retributiva. Ha evidenziato una mancanza di trasparenza a tre livelli:

le imprese pubblicano raramente le tabelle salariali e i criteri per la fissazione dei salari rimangono poco chiari;

non esiste una chiara modalità giuridica per far rispettare la trasparenza retributiva; e

il monitoraggio dell'applicazione delle misure nazionali è incompleto.

Il comitato ha chiesto azioni volte a migliorare la trasparenza retributiva, stabilendo il diritto individuale di chiedere e ottenere informazioni sui livelli retributivi sia individuali che aggregati, in modo da evitare la creazione di luoghi di lavoro caratterizzati da antagonismo. Tale diritto potrebbe essere riconosciuto anche ai rappresentanti sindacali locali o ad altri rappresentanti dei lavoratori.

(b)Consultazioni pubbliche e indagini mirate

Dall'11 gennaio al 5 aprile 2019 si è svolta una consultazione pubblica 27 per raccogliere informazioni, opinioni ed esperienze sui problemi derivanti dalle lacune e dalle debolezze delle misure nazionali e dell'UE in materia di trasparenza retributiva. La consultazione intendeva anche raccogliere dati per dimostrare in che misura la raccomandazione del 2014 abbia contribuito a rafforzare l'attuazione del principio della parità di retribuzione sancito dall'articolo 157 TFUE e dalla direttiva rifusa. Infine i partecipanti hanno risposto a domande riguardanti il futuro sugli aspetti pertinenti dell'iniziativa per la trasparenza, compresa la necessità di ulteriori interventi a livello dell'UE per affrontare la discriminazione retributiva basata sul genere 28 .

In risposta alla successiva consultazione pubblica (dal 5 marzo al 28 maggio 2020), le autorità nazionali, i sindacati, le organizzazioni dei datori di lavoro, le associazioni imprenditoriali, le organizzazioni non governative e i privati hanno espresso il loro punto di vista sulla discriminazione retributiva basata sul genere, sulla trasparenza retributiva e sulle sfide relative all'applicazione del diritto alla parità retributiva per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore 29 .

Infine la Commissione ha organizzato tre indagini mirate rivolte agli Stati membri, alle parti sociali e ai datori di lavoro 30 .

Valutazione d'impatto

La relazione sulla valutazione d'impatto che accompagna la presente proposta 31 :

descrive i problemi derivanti dall'attuazione dell'attuale quadro giuridico e dalla sua applicazione;

definisce le opzioni strategiche per affrontare tali problemi; e

valuta l'impatto sociale ed economico delle opzioni strategiche.

Le opzioni strategiche comportano l'instaurazione della trasparenza a livello dei singoli lavoratori così come dei datori di lavoro e l'agevolazione dell'attuazione e dell'applicazione del quadro giuridico vigente. Le opzioni offrono scenari differenziati che vanno dal massimo intervento (in termini di copertura della forza lavoro e delle organizzazioni) all'intervento minimo (conciliando il diritto fondamentale dei lavoratori alla parità retributiva e gli eventuali oneri e costi delle misure previste per i datori di lavoro).

La valutazione d'impatto ha concluso che la combinazione di misure proposta risulta essere la più proporzionata e coerente alla luce degli obiettivi generali e specifici dell'iniziativa.

Le ripercussioni nazionali specifiche dipenderanno da una serie di fattori, tra cui l'entità dei necessari adeguamenti legislativi e il più ampio contesto socioeconomico. Nel complesso, sono prevedibili vantaggi in termini di una maggiore consapevolezza tra i datori di lavoro e grazie al fatto che i lavoratori saranno messi in condizione di esercitare meglio il loro diritto alla parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, alla riduzione dei pregiudizi di genere nelle strutture retributive, alla riduzione della sottovalutazione sistemica del lavoro delle donne e, in ultima analisi, alla riduzione della quota di divario retributivo di genere plausibilmente dovuta alla discriminazione retributiva. Si possono prevedere anche effetti a livello macroeconomico che però non possono essere stimati con precisione, in quanto non è nota l'esatta entità della discriminazione retributiva (e quindi il suo contributo al divario retributivo di genere). Una maggiore parità retributiva potrebbe far aumentare le retribuzioni lorde totali a livello dell'UE e ridurre le disparità del reddito di mercato in tutti gli Stati membri. Inoltre il tasso di "rischio di povertà" dovrebbe diminuire, soprattutto la quota che riguarda le famiglie monoparentali (di cui le donne rappresentano l'85 %). Nel complesso l'iniziativa potrebbe determinare un aumento delle entrate pubbliche provenienti dalle imposte dirette e dai contributi sociali e un aumento della domanda aggregata a seguito dell'aumento delle retribuzioni lorde totali.

L'eliminazione del pregiudizio di genere nelle pratiche di determinazione delle retribuzioni dei datori di lavoro avrà un effetto positivo sulla soddisfazione professionale e sull'impegno dei lavoratori, entrambi aspetti fondamentali in un contesto post-crisi. Ciò può a sua volta andare a vantaggio dei datori di lavoro grazie a una migliore capacità di trattenere i talenti, a una migliore reputazione e di conseguenza a profitti potenzialmente più elevati. Il rafforzamento delle misure di applicazione migliorerà l'accesso alla giustizia e l'applicazione dei diritti conferiti dal diritto dell'UE. Norme più chiare promuoveranno la comprensione e la consapevolezza del quadro giuridico e rafforzeranno la coerenza nella sua applicazione.

Il comitato per il controllo normativo ha approvato il progetto di valutazione d'impatto il 27 gennaio 2021. I pareri del comitato, la valutazione d'impatto finale e la relativa sintesi sono pubblicati unitamente alla presente proposta.

Efficienza normativa e semplificazione

La Commissione ha esaminato le modalità per semplificare e ridurre gli oneri, in particolare per le imprese di piccole dimensioni. Le misure contenute nella presente proposta, basate sulle prassi nazionali nell'UE e altrove, sono intese a rafforzare il diritto alla parità retributiva limitando nel contempo i possibili costi e oneri e tenendo conto della difficile situazione economica nell'UE a causa della pandemia di COVID-19. La proposta tiene quindi conto del principio di proporzionalità. In particolare, dato il potenziale sforzo richiesto per raccogliere e comunicare le informazioni sulle retribuzioni, l'obbligo di presentare relazioni si applica solo ai datori di lavoro con almeno 250 lavoratori. La valutazione congiunta delle retribuzioni si applicherà solo ai datori di lavoro nei confronti dei quali, in base alla loro relazione annuale, vi siano valide ragioni per ritenere che possano esistere problemi di disparità retributive di genere. Dall'analisi si evince che le misure proposte nella presente direttiva comportano costi modesti e non sono state presentate prove di soluzioni meno costose per conseguire gli stessi obiettivi con la stessa efficacia.

Diritti fondamentali

Gli obiettivi della presente proposta sono coerenti con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare con l'articolo 23, che stabilisce che "[l]a parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione", e con l'articolo 31, che stabilisce che "[o]gni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose".

Inoltre l'articolo 27 della Carta prevede che "[a]i lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l'informazione e la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni previsti dal diritto dell'Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali".

4.INCIDENZA SUL BILANCIO

La proposta non richiede lo stanziamento di risorse aggiuntive a carico del bilancio dell'UE.

5.ALTRI ELEMENTI

Modalità di monitoraggio, valutazione e informazione

Gli Stati membri devono recepire la presente direttiva entro due anni dalla sua adozione e comunicarne le misure di recepimento alla Commissione. A norma dell'articolo 30 della direttiva, essi possono affidare alle parti sociali il recepimento della direttiva mediante accordi collettivi.

Per valutare l'efficacia con cui l'iniziativa raggiunge i suoi obiettivi generali e specifici, gli Stati membri riferiranno in merito alla sua applicazione dopo otto anni. Su tale base la Commissione adotterà una relazione.

Illustrazione dettagliata delle singole disposizioni della proposta

Capo I – Disposizioni generali

Articolo 1 — Scopo e oggetto

Questa disposizione specifica lo scopo e l'oggetto della direttiva. La direttiva mira a stabilire norme minime per rafforzare l'applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne e il divieto di discriminazione fondata sul sesso tramite la trasparenza retributiva e il rafforzamento dei meccanismi di applicazione.

Articolo 2 – Ambito di applicazione

Questa disposizione definisce l'ambito di applicazione personale della direttiva, vale a dire le persone che possono beneficiare dei diritti previsti dalla presente direttiva.

Articolo 3 - Definizioni

Questa disposizione definisce i termini e i concetti chiarendo in anticipo come dovrebbero essere interpretati nel contesto della direttiva.

Tali termini e concetti comprendono le pertinenti definizioni già esistenti della direttiva rifusa (retribuzione, discriminazione diretta, discriminazione indiretta), ma anche nuovi concetti specificamente connessi al diritto alla parità retributiva, quali livelli retributivi, divario retributivo, retribuzione mediana, divario retributivo mediano, quartile retributivo e categorie di lavoratori.

Il concetto di "retribuzione" include il salario o lo stipendio e tutti gli altri vantaggi, in contanti o in natura, che il lavoratore riceve direttamente o indirettamente ("componenti complementari o variabili") dal datore di lavoro a motivo della sua occupazione. Esso comprende eventuali prestazioni complementari quali bonus, indennità per gli straordinari, servizi di trasporto (comprese le autovetture fornite dal datore di lavoro e le tessere dei mezzi di trasporto), indennità di alloggio, compensazioni per la partecipazione a corsi di formazione, indennità di licenziamento, indennità di malattia previste dalla legge, indennità obbligatorie e pensioni aziendali o professionali. Dovrebbe inoltre includere elementi di remunerazione dovuti per legge o per contratto collettivo.

La discriminazione retributiva basata sul genere può comportare un'intersezione di vari assi di discriminazione: sulla base del sesso, da un lato, e della razza o dell'origine etnica, della religione o delle convinzioni personali, della disabilità, dell'età o dell'orientamento sessuale (quali tutelati dalla direttiva 2000/43/CE o dalla direttiva 2000/78/CE), dall'altro. Una nuova definizione mira a chiarire che, nel contesto della discriminazione retributiva di genere, tale combinazione dovrebbe essere presa in considerazione, eliminando in tal modo ogni dubbio che possa emergere al riguardo nell'ambito del quadro giuridico esistente. Ciò garantirà che gli organi giurisdizionali o le altre autorità competenti tengano debitamente conto di qualsiasi situazione di svantaggio derivante da una discriminazione intersezionale, in particolare a fini sostanziali e procedurali, compreso riconoscere l'esistenza di una discriminazione, decidere quali siano i lavoratori che devono servire da termine di paragone appropriato ("lavoratori di riferimento"), valutare la proporzionalità e determinare, se del caso, il livello del risarcimento concesso o delle sanzioni imposte. Un caso particolare di tale intersezionalità riguarda la situazione delle donne migranti che possono essere esposte a molteplici forme di discriminazione fondate sul sesso, la razza, l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali.

Articolo 4 — Stesso lavoro e lavoro di pari valore

Il rispetto del diritto alla parità retributiva tra donne e uomini, sancito dal trattato, richiede che i datori di lavoro dispongano di strutture retributive volte ad assicurare che le donne e gli uomini ricevano pari retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Al fine di consentire ai lavoratori e ai datori di lavoro di valutare ciò che costituisce lavoro di pari valore, questa disposizione impone agli Stati membri di stabilire strumenti o metodologie per valutare e raffrontare il valore del lavoro, rispetto a una serie di criteri oggettivi che includono i requisiti professionali, di istruzione e di formazione, le competenze, l'impegno e le responsabilità, il lavoro svolto e la natura dei compiti assegnati. Ciò fornisce la base per valutare se i lavoratori si trovino in una situazione analoga e svolgano un lavoro di pari valore e aiuterà i datori di lavoro a classificare e remunerare meglio le posizioni lavorative sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

La presenza di criteri chiari a livello nazionale aiuterà i lavoratori a individuare un valido termine di paragone e a valutare se sono trattati in modo meno favorevole rispetto al loro omologo che svolge lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.

Tale disposizione integra inoltre due precisazioni stabilite nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Innanzitutto la Corte ha chiarito 32 che, al fine di stabilire se i lavoratori si trovino in una situazione analoga, il raffronto non è necessariamente limitato alle situazioni in cui uomini e donne lavorano per lo stesso datore di lavoro. I lavoratori possono trovarsi in una situazione analoga anche quando non lavorano per lo stesso datore di lavoro se le differenze rilevate nelle condizioni retributive possono essere ricondotte ad un'unica fonte che stabilisce le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione (ad esempio, derivanti dalle disposizioni di legge o da contratti salariali collettivi applicabili a diverse imprese, o quando le condizioni di lavoro sono stabilite centralmente per più organizzazioni o imprese all'interno di una holding o di un conglomerato). La Corte ha inoltre chiarito che il confronto non si limita a situazioni nelle quali i lavoratori di riferimento svolgano simultaneamente mansioni uguali alla parte ricorrente 33 . L'integrazione di questi chiarimenti migliorerà l'applicazione pratica del principio della parità retributiva.

Inoltre, nel caso in cui non esista un lavoratore di riferimento reale, dovrebbe essere consentito un confronto con un lavoratore di riferimento ipotetico o l'utilizzo di altre prove (statistiche o altre informazioni disponibili) che consentano di presumere eventuali discriminazioni. La possibilità di ricorrere a un lavoratore di riferimento ipotetico consentirà al lavoratore di dimostrare che non è stato trattato allo stesso modo di un omologo ipotetico dell'altro sesso.

Infine questa disposizione richiama l'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva rifusa, secondo cui, qualora si utilizzino sistemi di valutazione e classificazione professionale per determinare la retribuzione, essi dovrebbero basarsi sugli stessi criteri, neutri sotto il profilo del genere per uomini e donne, al fine di escludere qualsiasi discriminazione fondata sul sesso. Ciò significa che i criteri per valutare il valore di un lavoro o di una posizione devono essere descritti e definiti in modo obiettivo e neutrale, applicabili sia ai posti di lavoro degli uomini che a quelli delle donne.

Capo II — Trasparenza retributiva

Articolo 5 — Trasparenza retributiva prima dell'assunzione

Ad oggi non esistono norme minime in materia di trasparenza retributiva prima dell'assunzione a livello dell'UE. Questa disposizione prevede che i datori di lavoro indichino il livello retributivo iniziale o la relativa fascia (sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere) da corrispondere al futuro lavoratore per una specifica posizione o mansione. Tale informazioni può essere fornita nell'avviso di posto vacante o in altro modo prima del colloquio di lavoro senza che il candidato debba richiederlo (ad esempio nell'invito al colloquio o direttamente dalle parti sociali).

Inoltre vieta ai datori di lavoro di chiedere ai potenziali lavoratori informazioni sulla retribuzione percepita nel precedente rapporto di lavoro.

L'obiettivo di questa disposizione è garantire che i lavoratori dispongano delle informazioni necessarie per negoziare in modo equilibrato ed equo le loro retribuzioni all'inizio di un rapporto di lavoro. Questa disposizione garantirebbe inoltre che le discriminazioni e i pregiudizi retributivi esistenti non si perpetuino nel tempo, in particolare quando i lavoratori cambiano lavoro. Ciò non limita il potere contrattuale del datore di lavoro, del lavoratore o delle parti sociali di negoziare una retribuzione al di fuori della fascia indicata. Questa misura di trasparenza affronterebbe anche il problema della discriminazione intersezionale, in quanto la mancanza di trasparenza nella determinazione delle retribuzioni lascia spazio a pratiche discriminatorie basate su diversi motivi.

Articolo 6 — Trasparenza della determinazione delle retribuzioni e dei criteri per l'avanzamento di carriera

Al fine di garantire la neutralità di genere nella determinazione delle retribuzioni e nell'avanzamento di carriera, questa disposizione impone ai datori di lavoro di rendere accessibile ai lavoratori una descrizione dei criteri neutri sotto il profilo del genere utilizzati per definire la loro retribuzione e il loro avanzamento di carriera. Ove opportuno, per evitare oneri eccessivi a carico delle microimprese e delle piccole imprese, un datore di lavoro può disporre di una certa flessibilità nel modo in cui ottempera a tale obbligo tenendo conto delle sue dimensioni e in funzione del numero di dipendenti.

Articolo 7 - Diritto di informazione

Questa disposizione mira a fornire ai lavoratori le informazioni necessarie per valutare se sono retribuiti in modo non discriminatorio rispetto ad altri lavoratori della stessa organizzazione che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, e per far valere il loro diritto alla parità retributiva, se necessario.

Questa disposizione si basa sulla vigente raccomandazione della Commissione del 2014 sulla trasparenza retributiva. Conferisce ai lavoratori il diritto di chiedere al datore di lavoro informazioni sul livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso e categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.

Il datore di lavoro è tenuto a informare annualmente tutti i lavoratori del loro diritto a ricevere tali informazioni e a fornire le informazioni richieste entro un periodo di tempo ragionevole e in formati accessibili ai lavoratori con disabilità su loro richiesta.

Per far fronte ad eventuali ritorsioni o al timore di ritorsioni da parte del datore di lavoro, questa disposizione consente loro di richiedere le informazioni tramite i loro rappresentanti o tramite un organismo per la parità.

Per assistere ulteriormente le eventuali vittime della discriminazione retributiva di genere, la disposizione vieta le clausole di riservatezza nella misura in cui la divulgazione delle informazioni sulle retribuzioni mira a far rispettare il diritto alla parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. D'altro canto, i datori di lavoro possono chiedere che l'uso delle informazioni ottenute sia limitato all'applicazione del diritto alla parità retributiva.

Articolo 8 — Informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile

Questa disposizione impone ai datori di lavoro con almeno 250 lavoratori di rendere pubblicamente disponibili e accessibili determinate informazioni quali il divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile nella loro organizzazione, anche per quanto riguarda le componenti complementari o variabili (si rimanda alla spiegazione fornita nell'articolo 3), oltre allo stipendio normale di base.

Le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a f), del presente articolo si basano su informazioni prontamente disponibili all'interno di un'organizzazione e forniscono un quadro generale delle differenze retributive di genere all'interno dell'organizzazione, ad esempio la distribuzione dei lavoratori per genere nei quartili retributivi dà informazioni sulla percentuale di donne nelle posizioni retributive più alte/più basse. La pubblicazione di queste informazioni consente un certo confronto tra datori di lavoro, il che incentiva i datori di lavoro a prevenire potenziali divari retributivi, stimola il dibattito sulla parità retributiva e stimola ad agire.

Le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera g), del presente articolo, concernenti il divario retributivo tra i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile per categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, sono specifiche per il datore di lavoro e sono più sensibili delle cifre generali sul divario retributivo. La categorizzazione dei lavoratori che svolgono un lavoro di pari valore si basa su una combinazione e una ponderazione di criteri pertinenti per lo specifico datore di lavoro interessato. Le differenze di retribuzione per categoria non sono pertanto comparabili tra i datori di lavoro, motivo per cui tali informazioni non dovrebbero essere rese pubbliche. I datori di lavoro dovrebbero fornire tali informazioni a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti e l'ispettorato del lavoro e gli organismi per la parità dovrebbero poter ottenere le informazioni su richiesta. Le informazioni sul divario retributivo tra i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile per categorie di lavoratori saranno fondamentali per rafforzare un approccio di autoregolamentazione da parte dei datori di lavoro e consentire ai lavoratori e ai loro rappresentanti di esigere il rispetto del principio della parità retributiva. Tali informazioni servono anche da incentivo per avviare la valutazione congiunta delle retribuzioni di cui all'articolo 9.

Come misura alternativa alla comunicazione di informazioni sulle retribuzioni da parte dei datori di lavoro, in particolare per limitare l'eventuale onere connesso, gli Stati membri possono scegliere di incaricare un organismo esistente di raccogliere le informazioni richieste sulla base di dati amministrativi quali i dati forniti dai datori di lavoro alle autorità fiscali o di sicurezza sociale e di mettere a disposizione le informazioni al posto dei datori di lavoro. La disposizione impone inoltre all'organismo di monitoraggio designato a norma dell'articolo 26 di raccogliere i dati ricevuti dai datori di lavoro, garantendo ampio accesso a tali dati e consentendo un confronto tra i dati di singoli datori di lavoro, settori e regioni all'interno dello Stato membro interessato.

Sulla base delle informazioni fornite, i lavoratori e i loro rappresentanti, gli ispettorati del lavoro e gli organismi per la parità hanno il diritto di chiedere al datore di lavoro chiarimenti e dettagli in merito a dette informazioni, comprese spiegazioni su eventuali disparità retributive di genere. Il datore di lavoro è tenuto a rispondere a tali richieste entro un termine ragionevole fornendo una risposta motivata. Qualora le disparità retributive di genere non siano giustificate da fattori oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, il datore di lavoro è tenuto a porre rimedio alla situazione in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l'ispettorato del lavoro e/o l'organismo per la parità.

Articolo 9 — Valutazione congiunta delle retribuzioni

Se dalle informazioni sulle retribuzioni comunicate a norma dell'articolo 8 emerge una disparità della retribuzione media tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile nell'organizzazione pari ad almeno il 5 % in una qualsiasi categoria di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, non giustificata da fattori oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, il datore di lavoro interessato è tenuto a effettuare una valutazione delle retribuzioni. Il datore di lavoro è tenuto a giustificare qualsiasi differenza di retribuzione in qualsiasi categoria di lavoratori, comprese le differenze inferiori al 5 %, sulla base di fattori oggettivi e neutri dal punto di vista del genere e a porre rimedio alla situazione a norma dell'articolo 8, paragrafo 7.

La valutazione congiunta delle retribuzioni dovrebbe essere effettuata dai datori di lavoro in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori. Se i rappresentanti formali dei lavoratori non sono presenti nell'organizzazione, il datore di lavoro dovrebbe designare uno o più lavoratori a tal fine.

L'obbligo di una valutazione congiunta delle retribuzioni mira a far in modo che i datori di lavoro avviino l'esame obbligatorio delle loro prassi di determinazione delle retribuzioni e affrontino eventuali pregiudizi di genere nelle strutture retributive che violano il principio della parità retributiva. La cooperazione tra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori garantisce un approccio condiviso e conduce ad azioni comuni.

Le disparità nei livelli retributivi medi tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ciascuna categoria di lavoratori che svolge lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore devono essere oggettivamente giustificate, come stabilito congiuntamente dai rappresentanti dei lavoratori e dal datore di lavoro. Se le disparità non possono essere giustificate da fattori oggettivi, il datore di lavoro deve adottare misure correttive; qualora siano state effettuate valutazioni precedenti, il datore di lavoro deve includere una relazione sull'efficacia delle misure adottate a seguito di tali valutazioni. Le misure dovrebbero essere adottate in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l'ispettorato del lavoro e/o l'organismo per la parità e dovrebbero comprendere l'istituzione di un sistema di valutazione e classificazione professionale neutro sotto il profilo del genere per garantire l'esclusione di qualsiasi discriminazione retributiva diretta o indiretta basata sul sesso.

Articolo 10 - Protezione dei dati

La disposizione prevede che il potenziale trattamento e/o divulgazione dei dati personali ai sensi delle misure di trasparenza retributiva di cui alla presente direttiva avvengano in conformità del regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) 34 .

La disposizione specifica che i dati personali raccolti dai datori di lavoro a norma degli articoli 7, 8 o 9 non possono essere utilizzati per scopi diversi dall'attuazione del principio della parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

È prevista un'ulteriore garanzia nel caso in cui la divulgazione di informazioni a norma degli articoli 7, 8 e 9 comporti la divulgazione, diretta o indiretta, della retribuzione di un collega di lavoro identificabile. Gli Stati membri possono decidere che in tal caso l'accessibilità delle informazioni sia limitata ai rappresentanti dei lavoratori o all'organismo per la parità. Questi ultimi forniranno consulenza al lavoratore in merito a un eventuale reclamo, senza rivelare i livelli retributivi effettivi dei singoli lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Poiché talune informazioni sui livelli salariali possono essere già pubblicamente disponibili, ad esempio nel settore pubblico, gli Stati membri sono autorizzati ad applicare tale salvaguardia conformemente alle prassi nazionali.

Articolo 11 - Dialogo sociale

Il coinvolgimento delle parti sociali nella promozione della parità di genere nei rapporti di lavoro è importante. Le parti sociali si trovano nella posizione migliore per individuare i punti di forza e di debolezza degli interventi a livello nazionale, regionale e locale al fine di prevenire e combattere la discriminazione retributiva basata sul sesso. Esse svolgono un ruolo fondamentale, ad esempio, nell'elaborazione di metodi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere. Pertanto questo articolo impone agli Stati membri, fatta salva l'autonomia delle parti sociali e conformemente al diritto e alle prassi nazionali, di garantire che i diritti e gli obblighi derivanti dalla presente direttiva siano discussi con le parti sociali. Tale obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso diverse misure politiche volte a sviluppare un partenariato sociale attivo.

Capo III - Mezzi di tutela e applicazione

Articolo 12 – Tutela dei diritti

Sulla base dell'articolo 17 della direttiva rifusa, questa disposizione impone agli Stati membri di garantire la disponibilità di procedure giudiziarie per l'applicazione dei diritti e degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. Rafforza l'accesso alla giustizia chiarendo che il previo ricorso a procedimenti extragiudiziali può consistere in una conciliazione o in un procedimento dinanzi a un organismo per la parità. In ogni caso, l'accesso alla giustizia non dovrebbe essere ostacolato da procedimenti amministrativi intermedi obbligatori.

Articolo 13 — Procedure per conto o a sostegno dei lavoratori

Questa disposizione prevede che le associazioni, le organizzazioni, gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori o altri soggetti giuridici interessati a garantire la parità tra uomini e donne possano avviare procedimenti giudiziari o amministrativi per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente proposta. Tali soggetti dovrebbero avere il diritto di agire per conto o a sostegno di un lavoratore, con l'approvazione del lavoratore, nell'ambito di tali procedure. In particolare gli organismi per la parità non hanno attualmente il diritto di adire le vie legali in tutti gli Stati membri.

Inoltre tale disposizione introduce anche il diritto per gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori di presentare ricorsi per conto di più di un lavoratore, con l'approvazione dei lavoratori stessi. Ciò mira a superare gli ostacoli procedurali e relativi ai costi che le vittime di discriminazioni retributive di genere incontrano quando cercano di far valere il loro diritto alla parità retributiva e di far rispettare le misure di trasparenza previste dalla presente proposta. La possibilità di presentare ricorsi collettivi è limitata agli organismi riconosciuti, ossia gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori.

Articolo 14 - Diritto al risarcimento

Il rafforzamento dell'obbligo di risarcimento incentiverà le vittime di discriminazioni retributive di genere affinché cerchino giustizia e difendano il loro diritto alla parità retributiva. Tale disposizione impone agli Stati membri di garantire che ogni lavoratore che abbia subito un danno causato da una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità retributiva abbia il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento del danno causato in modo dissuasivo e proporzionato al danno subito.

Sulla base dell'articolo 18 della direttiva rifusa, tale disposizione prevede, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, che il lavoratore discriminato sia inserito nella posizione in cui si sarebbe trovato se non si fosse verificata alcuna discriminazione. Ciò comprende il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse e per il pregiudizio morale. Prevede infine che il risarcimento o la riparazione non possano essere limitati mediante la previa fissazione di un massimale.

Articolo 15 — Altri mezzi di tutela

Per rafforzare l'applicazione del diritto alla parità retributiva, questo articolo garantisce che gli organi giurisdizionali o le autorità competenti possano emettere ingiunzioni che accertino la violazione di qualsiasi diritto o obbligo relativo al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e per porre fine a tale violazione. Inoltre gli organi giurisdizionali o le autorità competenti devono poter imporre al convenuto di adottare misure strutturali o organizzative per conformarsi ai suoi obblighi in materia di parità retributiva.

Al fine di garantire la rapida conformità alle norme, gli organi giurisdizionali o le autorità competenti possono imporre una pena pecuniaria reiterabile.

Articolo 16 — Trasferimento dell'onere della prova

Come già indicato nell'articolo 19 della direttiva rifusa, questa disposizione prevede che, nei casi in cui si può ragionevolmente presumere che vi sia stata discriminazione, spetti al convenuto provare l'insussistenza della violazione del principio di parità retributiva. Inoltre, nei procedimenti giudiziari o amministrativi riguardanti la discriminazione diretta o indiretta, e in linea con la giurisprudenza esistente 35 , la presente direttiva rafforza la posizione del lavoratore: nel caso in cui il datore di lavoro non abbia rispettato gli obblighi di trasparenza retributiva stabiliti dalla direttiva, l'onere della prova dovrebbe essere trasferito al convenuto senza imporre al lavoratore l'obbligo di dimostrare l'esistenza di una discriminazione, anche quando essa può essere ragionevolmente presunta.

Il rafforzamento del trasferimento dell'onere della prova non solo agevolerà i lavoratori nell'esercizio del loro diritto alla parità retributiva, ma fornirà anche un ulteriore incentivo per i datori di lavoro a rispettare i loro obblighi in materia di trasparenza ai sensi della presente direttiva.

Articolo 17- Accesso alle prove

Questo articolo prevede che nel corso di un procedimento riguardante un ricorso in materia di discriminazione retributiva di genere, gli organi giurisdizionali nazionali o altre autorità competenti abbiano la facoltà di ordinare al convenuto di divulgare le prove pertinenti che sono sotto il loro controllo. In particolare, gli organi giurisdizionali nazionali avranno la facoltà di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano pertinenti al ricorso, adottando al contempo misure efficaci per proteggere tali informazioni. Le informazioni riservate potrebbero assumere la forma di una consulenza legale fornita alla dirigenza, di un protocollo di un'assemblea degli azionisti, di dati personali ecc., necessari per l'esercizio o la difesa di ricorsi legali in materia di discriminazione retributiva di genere.

Articolo 18 - Termini di prescrizione

I termini di prescrizione brevi e i relativi ostacoli procedurali sono stati individuati come uno degli ostacoli che impediscono alle vittime di discriminazioni retributive di far valere il loro diritto alla parità retributiva. Per questo motivo la presente direttiva stabilisce norme comuni sui termini di prescrizione per la presentazione di ricorsi in materia di discriminazione retributiva di genere.

Prevede che il termine di prescrizione per la presentazione dei ricorsi ai sensi della presente proposta sia di almeno tre anni e non inizi a decorrere prima che sia cessata la violazione del principio della parità retributiva o qualsiasi violazione dei diritti o degli obblighi derivanti dalla presente direttiva e che la parte ricorrente sia a conoscenza della violazione. Inoltre un termine di prescrizione dovrebbe essere sospeso o interrotto non appena una parte ricorrente intraprenda un'azione presentando un ricorso o sottoponendo la propria rivendicazione all'attenzione del datore di lavoro, dei rappresentanti dei lavoratori, dell'ispettorato del lavoro o dell'organismo per la parità.

Articolo 19 — Spese legali e giudiziarie

Le spese processuali costituiscono un ostacolo procedurale fondamentale che rappresenta un grave disincentivo per le vittime di discriminazioni retributive di genere a rivendicare il loro diritto alla parità retributiva, il che si traduce in una protezione e un'applicazione insufficienti del diritto alla parità retributiva. Per garantire un maggiore accesso alla giustizia e incentivare i lavoratori a far valere il loro diritto, questa disposizione riconosce alle parti ricorrenti vittoriose in un ricorso in materia di discriminazione retributiva il diritto di recuperare i costi e le spese legali e peritali presso il convenuto. Specifica, d'altro canto, che i convenuti vittoriosi in una causa in materia di discriminazione retributiva non godono di un diritto analogo, ossia di recuperare presso le parti ricorrenti i costi e le spese legali e peritali, salvo nel caso in cui il ricorso sia stato presentato in malafede, sia stato futile o qualora il mancato recupero sia considerato irragionevole nelle circostanze di specie (ad esempio nel caso di microimprese con una situazione finanziaria debole).

Articolo 20 - Sanzioni

Questa disposizione rafforza le norme minime esistenti in materia di sanzioni da applicare a qualsiasi violazione dei diritti e degli obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, favorendo l'effetto deterrente per i datori di lavoro che adottano comportamenti illeciti. Allo stesso tempo, sanzioni significative hanno un effetto preventivo nell'incoraggiare i datori di lavoro a rispettare proattivamente i loro obblighi.

Le sanzioni stabilite negli Stati membri dovrebbero comprendere ammende il cui importo deve tener conto di una serie di elementi aggravanti quali la gravità e la durata della violazione, nonché l'eventuale dolo o negligenza grave del datore di lavoro.

L'articolo impone inoltre agli Stati membri di stabilire sanzioni specifiche applicabili alle violazioni ripetute dei diritti e degli obblighi connessi al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Tali sanzioni potrebbero includere, ad esempio, la revoca di benefici pubblici o l'esclusione, per un certo periodo, da qualsiasi ulteriore riconoscimento di incentivi finanziari o di credito.

Articolo 21 — Parità retributiva negli appalti pubblici o nelle concessioni

Conformemente alla direttiva 2014/23/UE 36 , alla direttiva 2014/24/UE 37 e alla direttiva 2014/25/UE 38 , gli Stati membri dovrebbero adottare le misure appropriate per garantire che, nell'esecuzione di appalti pubblici o concessioni, gli operatori economici (compresa la catena di subappalto successiva) rispettino gli obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne. Dovrebbero in particolare garantire che gli operatori economici dispongano di meccanismi di determinazione delle retribuzioni che non comportino un divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che non possa essere giustificato da fattori neutri sotto il profilo del genere in nessuna categoria di lavoratori che svolgono uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore.

Inoltre, nell'attuazione di tali obblighi, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione la possibilità che le amministrazioni aggiudicatrici introducano, se del caso, sanzioni e condizioni di risoluzione che garantiscono il rispetto del principio della parità retributiva nell'esecuzione degli appalti pubblici e delle concessioni. Tale disposizione chiarisce inoltre che i motivi di esclusione facoltativi esistenti a norma della direttiva 2014/23/UE, della direttiva 2014/24/UE e della direttiva 2014/25/UE possono essere utilizzati per escludere un operatore che viola il principio della parità retributiva.

Gli obblighi di cui alla presente disposizione rientrano negli obblighi applicabili in materia di diritto sociale e del lavoro di cui all'articolo 18, paragrafo 2, e all'articolo 71, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, all'articolo 36, paragrafo 2, e all'articolo 88, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e all'articolo 30, paragrafo 3, e all'articolo 42, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione. Il chiarimento delle disposizioni di cui sopra, e l'esplicito riferimento ad esse, sono intesi a sostenerne e rafforzarne l'attuazione per quanto riguarda il diritto alla parità retributiva.

Articolo 22 — Vittimizzazione e protezione contro trattamenti meno favorevoli

I lavoratori e i loro rappresentanti non dovrebbero essere trattati in modo meno favorevole dopo aver esercitato il loro diritto alla parità retributiva o qualsiasi altro diritto previsto dalla presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero introdurre, a livello nazionale, misure volte a proteggere i lavoratori, compresi i rappresentanti dei lavoratori, dal licenziamento o da qualsiasi altro trattamento sfavorevole da parte dei datori di lavoro a seguito di un reclamo o di un'azione giudiziaria volta a ottenere il rispetto di qualsiasi diritto o obbligo relativo alla parità retributiva per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

Articolo 23 - Rapporto con la direttiva 2006/54/CE

Questa disposizione chiarisce il rapporto con la direttiva 2006/54/CE per quanto riguarda le misure di applicazione. Le misure di applicazione della presente direttiva si applicano ai procedimenti riguardanti diritti o obblighi connessi al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore di cui all'articolo 4 della direttiva 2006/54/CE anziché agli articoli 17, 18, 19, 24 e 25 di tale direttiva.

Capo IV – Disposizioni orizzontali

Articolo 24 – Livello di protezione

Si tratta di una disposizione standard che permette agli Stati membri di offrire un livello di protezione più elevato di quello garantito dalla direttiva. Questa disposizione impedisce inoltre agli Stati membri di ridurre il livello di protezione in materia di parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 

Articolo 25 – Organismi per la parità

Gli organismi nazionali per la parità svolgono un ruolo cruciale nell'applicazione della legislazione contro la discriminazione e in materia di parità nell'Unione europea. La direttiva rifusa prevede già che gli Stati membri designino uno o più organismi per la promozione, l'analisi, il monitoraggio e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sul sesso, anche per quanto riguarda le retribuzioni. Tale disposizione stabilisce che gli organismi nazionali per la parità dovrebbero essere ugualmente competenti per le questioni che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva. Impone inoltre agli Stati membri di intervenire attivamente per garantire una stretta cooperazione e coordinamento tra gli organismi nazionali per la parità e gli ispettorati del lavoro e per garantire che gli organismi per la parità dispongano di risorse adeguate per svolgere le loro funzioni in relazione al diritto alla parità retributiva. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di assegnare agli organismi per la parità gli importi recuperati a titolo di ammende a norma dell'articolo 20.

Articolo 26 – Monitoraggio e sensibilizzazione

Per garantire un adeguato monitoraggio dell'attuazione del diritto alla parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, gli Stati membri dovrebbero istituire un apposito organismo di monitoraggio. Tale organismo, che può far parte di un organismo esistente che persegue obiettivi analoghi, dovrebbe svolgere compiti specifici in relazione all'attuazione delle misure di trasparenza retributiva previste dalla presente direttiva e raccogliere determinati dati per monitorare le disparità retributive e l'impatto delle misure di trasparenza retributiva. Gli Stati membri dovranno adottare le disposizioni necessarie per il corretto funzionamento di tale organismo.

Le funzioni principali dell'organismo di monitoraggio dovrebbero consistere nell'aggregare i dati e le relazioni prodotti nel quadro delle misure di trasparenza retributiva previste dalla presente direttiva e, se del caso, nel garantirne una pubblicazione facilmente fruibile. Dovrebbe inoltre affrontare le cause del divario retributivo tra i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile e fornire gli strumenti per analizzare e valutare le disparità retributive. Inoltre, dovrebbe essere incaricato di fornire alla Commissione dati annuali sul numero e sul tipo di cause in materia di discriminazione retributiva portate dinanzi agli organi giurisdizionali e sulle denunce presentate alle autorità pubbliche competenti, compresi gli organismi per la parità. Infine, il suo compito dovrebbe essere quello di sensibilizzare le imprese e le organizzazioni pubbliche e private, le parti sociali e i cittadini al fine di promuovere il principio della parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e la trasparenza retributiva.

Articolo 27 — Contrattazione e azioni collettive

La presente direttiva riconosce la diversità dei modelli di mercato del lavoro nell'UE, compreso il ruolo delle parti sociali nei diversi Stati membri per quanto riguarda le questioni relative all'oggetto della presente direttiva. Questa disposizione ribadisce pertanto che la direttiva non pregiudica minimamente il diritto delle parti sociali di negoziare, concludere e applicare contratti collettivi, nonché di intraprendere azioni collettive.

Articolo 28 - Statistiche

A norma del regolamento (CE) n. 530/1999 39 del Consiglio, gli Stati membri sono tenuti a elaborare ogni quattro anni statistiche sulla struttura delle retribuzioni (SES) a microlivello che forniscano dati armonizzati per il calcolo del divario retributivo di genere. Nell'intervallo quadriennale tra due statistiche sulla struttura delle retribuzioni, gli Stati membri trasmettono, su base volontaria, dati annuali sul divario retributivo di genere ripartiti per genere, settore economico, orario di lavoro (tempo pieno/tempo parziale), controllo economico (proprietà pubblica/privata) ed età. Anche se la discriminazione retributiva è solo una componente del divario retributivo di genere, è necessario migliorare la frequenza dei dati disponibili per consentire un monitoraggio annuale. Questa disposizione rende pertanto obbligatoria l'elaborazione di dati annuali sul divario retributivo di genere per garantire una serie completa di dati ogni anno.

Articolo 29 – Diffusione di informazioni

La disposizione mira a garantire la sensibilizzazione negli Stati membri sui diritti riconosciuti dalla presente direttiva e su altri diritti già esistenti nello stesso settore.

Articolo 30 — Attuazione

Questo articolo stabilisce che, tenuto conto della diversità dei modelli del mercato del lavoro nell'UE e del livello di coinvolgimento delle parti sociali in alcuni Stati membri per quanto riguarda la definizione di norme pertinenti alle materie disciplinate dalla presente direttiva, gli Stati membri possono affidare alle parti sociali l'attuazione delle pertinenti disposizioni della direttiva, a condizione che i risultati perseguiti dalla presente direttiva siano sempre garantiti.

Articolo 31 – Recepimento

Questa disposizione stabilisce la durata massima del periodo che gli Stati membri hanno a disposizione per recepire la direttiva nel diritto nazionale e comunicare alla Commissione le corrispondenti disposizioni. Tale periodo è fissato a due anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.

Articolo 32 – Comunicazione di informazioni e riesame

Questa disposizione stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di comunicare alla Commissione tutte le informazioni relative all'applicazione della direttiva entro otto anni dall'entrata in vigore, consentendo alla Commissione di riesaminare l'applicazione della direttiva.

Articolo 33 - Entrata in vigore

Si tratta di una disposizione standard che stabilisce che la direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 34 - Destinatari

Si tratta di una disposizione standard sui destinatari, che precisa che la direttiva è indirizzata agli Stati membri.

2021/0050 (COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 157, paragrafo 3,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo 40 ,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,

considerando quanto segue:

(1)L'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea sanciscono il diritto alla parità tra donne e uomini quale valore e compito fondamentale dell'Unione.

(2)Conformemente all'articolo 8 e all'articolo 10 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea ("TFUE"), l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne e a combattere le discriminazioni fondate sul sesso in tutti i suoi settori di attività.

(3)L'articolo 157, paragrafo 1, TFUE pone l'obbligo per ciascuno Stato membro di assicurare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

(4)L'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea stabilisce che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.

(5)Il pilastro europeo dei diritti sociali 41 , proclamato congiuntamente dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione, include tra i suoi principi la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini e il diritto alla parità retributiva per un lavoro di pari valore.

(6)La direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 42 stabilisce che, per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni. In particolare, qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo dovrebbe basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da eliminare le discriminazioni fondate sul sesso.

(7)Dalla valutazione del 2020 43 è emerso che l'attuazione del principio della parità retributiva è ostacolata da una mancanza di trasparenza nei sistemi retributivi, da una mancanza di certezza giuridica sul concetto di "lavoro di pari valore" e da ostacoli procedurali incontrati dalle vittime di discriminazione. I lavoratori non dispongono delle informazioni necessarie per presentare un ricorso in materia di parità retributiva che abbia buone possibilità di successo, in particolare delle informazioni sui livelli retributivi delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Dalla relazione è emerso che una maggiore trasparenza consentirebbe di rivelare pregiudizi e discriminazioni di genere nelle strutture retributive di un'impresa o di un'organizzazione. Consentirebbe inoltre ai lavoratori, ai datori di lavoro e alle parti sociali di intervenire adeguatamente per far rispettare il diritto alla parità retributiva.

(8)A seguito di una valutazione approfondita del quadro esistente in materia di parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore 44 e di un processo di consultazione ampio e inclusivo 45 , nella strategia per la parità di genere 2020-2025 46 sono state annunciate misure vincolanti sulla trasparenza retributiva.

(9)Il divario retributivo di genere è causato da vari fattori, in parte riconducibili alla discriminazione retributiva di genere diretta e indiretta. Una generale mancanza di trasparenza sui livelli retributivi all'interno delle organizzazioni mantiene una situazione in cui la discriminazione retributiva e il pregiudizio basati sul genere possono non essere individuati o, in caso di sospetto, sono difficili da dimostrare. Sono pertanto necessarie misure vincolanti per migliorare la trasparenza retributiva, incoraggiare le organizzazioni a rivedere le loro strutture salariali per garantire la parità retributiva tra donne e uomini che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore e consentire alle vittime di discriminazione di far valere il loro diritto alla parità retributiva. Tali misure devono essere integrate da disposizioni che chiariscano i concetti giuridici esistenti (quali il concetto di "retribuzione" e di "lavoro di pari valore") e da misure volte a migliorare i meccanismi di applicazione e l'accesso alla giustizia.

(10)L'applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne dovrebbe essere rafforzata eliminando la discriminazione retributiva diretta e indiretta. Ciò non impedisce ai datori di lavoro di retribuire in modo diverso i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore sulla base di criteri oggettivi, neutri sotto il profilo del genere e privi di pregiudizi, come le prestazioni e le competenze.

(11)La presente direttiva dovrebbe applicarsi a tutti i lavoratori, compresi i lavoratori a tempo parziale, i lavoratori a tempo determinato o le persone che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un'agenzia interinale, che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ("la Corte"). Nella sua giurisprudenza, la Corte ha stabilito criteri per determinare lo status di lavoratore 47 . I lavoratori domestici, i lavoratori a chiamata, i lavoratori intermittenti, i lavoratori a voucher, i lavoratori tramite piattaforma digitale, i tirocinanti e gli apprendisti rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva a condizione che soddisfino tali criteri. È opportuno che la determinazione dell'esistenza di un rapporto di lavoro si fondi sui fatti connessi all'effettiva prestazione di lavoro e non sul modo in cui le parti descrivono il rapporto.

(12)Per rimuovere gli ostacoli che impediscono alle vittime di discriminazioni retributive di genere di far valere il loro diritto alla parità retributiva e orientare i datori di lavoro nel garantire il rispetto di tale diritto, i concetti fondamentali relativi alla parità retributiva, quali "retribuzione" e "lavoro di pari valore", dovrebbero essere chiariti conformemente alla giurisprudenza della Corte. Ciò dovrebbe facilitare l'applicazione di tali concetti, in particolare per le piccole e medie imprese.

(13)Il principio della parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore per donne e uomini dovrebbe essere rispettato per quanto riguarda il salario e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore a motivo dell'impiego di quest'ultimo. In conformità della giurisprudenza della Corte 48 , la nozione di "retribuzione" dovrebbe comprendere non solo il salario, ma anche prestazioni complementari quali bonus, indennità per gli straordinari, servizi di trasporto (comprese le autovetture fornite dal datore di lavoro e le tessere dei mezzi di trasporto), indennità di alloggio, compensazioni per la partecipazione a corsi di formazione, indennità di licenziamento, indennità di malattia previste dalla legge, indennità obbligatorie e pensioni aziendali o professionali. Dovrebbe inoltre includere elementi di remunerazione dovuti per legge o per contratto collettivo.

(14)L'articolo 10 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che, nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. L'articolo 4 della direttiva 2006/54/CE stabilisce che non deve sussistere alcuna discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, in particolare per quanto riguarda la retribuzione. La discriminazione retributiva basata sul genere, in cui il genere della vittima svolge un ruolo cruciale, può assumere forme diverse nella pratica. Può implicare un'intersezione di vari assi di discriminazione o disuguaglianza qualora il lavoratore appartenga a uno o più gruppi protetti contro la discriminazione fondata sul sesso, da un lato, e la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale, dall'altro (quali tutelati dalla direttiva 2000/43/CE o dalla direttiva 2000/78/CE). Le donne migranti rientrano tra i gruppi che subiscono queste molteplici forme di discriminazione. La presente direttiva dovrebbe pertanto chiarire che, nel contesto della discriminazione retributiva basata sul genere, tale combinazione dovrebbe essere presa in considerazione, eliminando in tal modo ogni dubbio che possa emergere al riguardo nell'ambito del quadro giuridico esistente. Ciò dovrebbe garantire che gli organi giurisdizionali o le altre autorità competenti tengano debitamente conto di qualsiasi situazione di svantaggio derivante da una discriminazione intersezionale in particolare a fini sostanziali e procedurali, compreso riconoscere l'esistenza di una discriminazione, decidere quali siano i lavoratori che devono servire da termine di paragone appropriato ("lavoratori di riferimento"), valutare la proporzionalità e determinare, se del caso, il livello del risarcimento concesso o delle sanzioni imposte.

(15)Per rispettare il diritto alla parità retributiva tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, i datori di lavoro devono disporre di meccanismi di determinazione delle retribuzioni o strutture retributive che assicurino che esistono differenze retributive tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che svolgono uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore che non possa essere giustificato da fattori neutri dal punto di vista del genere. Tali strutture retributive dovrebbero consentire di confrontare il valore dei diversi posti di lavoro all'interno della stessa struttura organizzativa. In linea con la giurisprudenza della Corte, il valore del lavoro dovrebbe essere valutato e paragonato sulla base di criteri oggettivi quali i requisiti professionali e in materia di istruzione e formazione, le competenze, l'impegno e le responsabilità, il lavoro svolto e la natura dei compiti assegnati 49 .

(16)L'individuazione di un lavoratore di riferimento valido è un parametro importante per determinare se il lavoro possa essere considerato di pari valore. Consente al lavoratore di dimostrare di essere stato trattato meno favorevolmente rispetto al suo omologo dell'altro sesso che svolge uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Nelle situazioni in cui non esiste un lavoratore di riferimento reale, dovrebbe essere consentito il ricorso a un lavoratore di riferimento ipotetico che consenta al lavoratore di dimostrare di non essere stato trattato allo stesso modo del suo omologo ipotetico dell'altro sesso. Ciò eliminerebbe un importante ostacolo cui si trovano a far fronte le potenziali vittime di discriminazioni retributive di genere, in particolare nei mercati del lavoro fortemente segregati per genere, in cui l'obbligo di trovare un lavoratore di riferimento di sesso opposto renderebbe quasi impossibile presentare un ricorso in materia di parità retributiva. Inoltre ai lavoratori non dovrebbe essere impedito di utilizzare altri elementi di fatto in base ai quali si possa presumere una discriminazione, quali statistiche o altre informazioni disponibili. Ciò consentirebbe di affrontare in modo più efficace le disparità retributive basate sul genere nei settori e nelle professioni segregati per genere.

(17)La Corte ha chiarito 50 che, al fine di stabilire se i lavoratori si trovino in una situazione analoga, il raffronto non è necessariamente limitato alle situazioni in cui uomini e donne lavorano per lo stesso datore di lavoro. I lavoratori possono trovarsi in una situazione analoga anche quando non lavorano per lo stesso datore di lavoro se le condizioni retributive possono essere ricondotte ad un'unica fonte che le stabilisce. Ciò può verificarsi quando le condizioni retributive sono disciplinate da disposizioni di legge o da contratti salariali collettivi applicabili a diverse imprese, o quando le condizioni di lavoro sono stabilite centralmente per più organizzazioni o imprese all'interno di una holding o di un conglomerato. La Corte ha inoltre chiarito che il confronto non si limita a situazioni nelle quali i lavoratori di riferimento svolgano simultaneamente mansioni uguali alla parte ricorrente 51 .

(18)Gli Stati membri dovrebbero sviluppare strumenti e metodologie specifici per sostenere e orientare la valutazione di ciò che costituisce lavoro di pari valore. Ciò dovrebbe facilitare l'applicazione di tale concetto, in particolare per le piccole e medie imprese.

(19)I sistemi di classificazione e valutazione professionale possono dar luogo a discriminazione retributiva basata sul genere se non utilizzati in modo neutro sotto il profilo del genere, in particolare quando si basano su stereotipi di genere tradizionali. In tal caso, contribuiscono e perpetuano il divario retributivo valutando in modo diverso i lavori a prevalenza femminile o maschile in situazioni in cui il lavoro svolto è di pari valore. Laddove sono utilizzati sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere, essi risultano tuttavia efficaci per l'istituzione di un sistema retributivo trasparente e sono fondamentali per garantire l'esclusione della discriminazione diretta o indiretta basata sul sesso. Tali sistemi consentono di individuare la discriminazione retributiva indiretta legata alla sottovalutazione di lavori generalmente svolti dalle donne. A tal fine misurano e confrontano i lavori con contenuto diverso ma di pari valore, sostenendo in tal modo il principio del lavoro di pari valore.

(20)La mancanza di informazioni sulla fascia retributiva prevista di una posizione lavorativa crea un'asimmetria informativa che limita il potere contrattuale dei richiedenti. La garanzia della trasparenza dovrebbe consentire ai potenziali lavoratori di prendere una decisione informata in merito al salario previsto senza limitare in alcun modo il potere contrattuale del datore di lavoro o del lavoratore di negoziare una retribuzione anche al di fuori della fascia indicata. Garantirebbe inoltre una base esplicita e non discriminatoria sotto il profilo del genere per la determinazione delle retribuzioni e porrebbe fine alla sottovalutazione delle retribuzioni rispetto alle competenze e all'esperienza. Questa misura di trasparenza affronterebbe anche il problema della discriminazione intersezionale, in quanto la mancanza di trasparenza nella determinazione delle retribuzioni lascia spazio a pratiche discriminatorie basate su diversi motivi. Tale informazione, se non pubblicata nell'avviso di posto vacante, può essere fornita al candidato prima dell'assunzione o prima del colloquio di lavoro dal datore di lavoro o in altro modo, ad esempio dalle parti sociali.

(21)Al fine di interrompere la persistenza di un divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che nuoce ai singoli lavoratori nel corso del tempo, i datori di lavoro non dovrebbero poter ottenere informazioni sulle retribuzioni percepite dal candidato in precedenti posti di lavoro.

(22)Le misure in materia di trasparenza retributiva dovrebbero tutelare il diritto dei lavoratori alla parità retributiva limitando al contempo, per quanto possibile, i costi e gli oneri per i datori di lavoro, con particolare attenzione alle microimprese e alle piccole imprese. Se del caso, le misure dovrebbero essere adattate ai datori di lavoro, in funzione delle dimensioni, tenendo conto del numero di dipendenti.

(23)I datori di lavoro dovrebbero rendere accessibile ai lavoratori una descrizione dei criteri utilizzati per determinare i livelli retributivi e l'avanzamento di carriera. Il datore di lavoro dovrebbe godere di flessibilità per quanto riguarda il modo in cui ottempera a tale obbligo, tenendo conto delle dimensioni dell'organizzazione.

(24)Tutti i lavoratori dovrebbero avere il diritto, dietro loro richiesta, di ottenere informazioni sul loro livello retributivo e sul livello retributivo, ripartito per sesso, della categoria di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. I datori di lavoro devono informare i lavoratori di tale diritto su base annua. I datori di lavoro possono anche decidere, di propria iniziativa, di fornire tali informazioni senza che i lavoratori debbano richiederle.

(25)I datori di lavoro con almeno 250 lavoratori dovrebbero riferire periodicamente in merito alle retribuzioni, in modo adeguato e trasparente, ad esempio includendo le informazioni nella loro relazione sulla gestione. Le imprese soggette ai requisiti della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 52 possono anche scegliere di riferire in merito alle retribuzioni unitamente ad altre questioni relative ai lavoratori nella loro relazione sulla gestione.

(26)La comunicazione di informazioni sulle retribuzioni dovrebbero consentire ai datori di lavoro di valutare e monitorare le loro strutture e politiche salariali, dando loro modo di rispettare proattivamente il principio della parità retributiva. Allo stesso tempo, i dati disaggregati per genere dovrebbero aiutare le autorità pubbliche competenti, i rappresentanti dei lavoratori e gli altri portatori di interessi a monitorare il divario retributivo di genere tra settori (segregazione orizzontale) e funzioni (segregazione verticale). I datori di lavoro possono decidere di corredare i dati pubblicati di una spiegazione di eventuali differenze o divari retributivi di genere. Nei casi in cui le differenze retributive medie per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile non possano essere giustificate da fattori oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, il datore di lavoro dovrebbe adottare misure per eliminare tali disparità.

(27)Per ridurre l'onere gravante sui datori di lavoro, gli Stati membri potrebbero decidere di raccogliere e collegare i dati necessari tramite le rispettive amministrazioni nazionali, in modo da calcolare il divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile per datore di lavoro. Tale raccolta di dati potrebbe rendere necessario incrociare i dati provenienti da diverse amministrazioni pubbliche (come gli ispettorati fiscali e gli uffici di sicurezza sociale) e sarebbe possibile se fossero disponibili dati amministrativi che consentono di collegare i dati dei datori di lavoro (livello aziendale/organizzativo) a quelli dei lavoratori (livello individuale), comprese le prestazioni in denaro e in natura. Gli Stati membri potrebbero decidere di raccogliere tali informazioni non solo per i datori di lavoro soggetti all'obbligo di comunicare informazioni sulle retribuzioni ai sensi della presente direttiva, ma anche per le piccole e medie imprese. La pubblicazione da parte degli Stati membri delle informazioni richieste dovrebbe sostituire l'obbligo di comunicare informazioni sulle retribuzioni per i datori di lavoro che sono compresi nei dati amministrativi, a condizione che sia ottenuto il risultato perseguito dall'obbligo di comunicazione.

(28)Per rendere ampiamente disponibili le informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile a livello organizzativo, gli Stati membri dovrebbero incaricare l'organismo di monitoraggio designato a norma della presente direttiva di aggregare i dati sul divario retributivo ricevuti dai datori di lavoro senza gravare ulteriormente su questi ultimi. L'organismo di monitoraggio dovrebbe rendere pubblici tali dati, in modo che sia possibile confrontare i dati dei singoli datori di lavoro, di settori e regioni dello Stato membro interessato.

(29)Le valutazioni congiunte delle retribuzioni dovrebbero innescare il riesame e la revisione delle strutture retributive nelle organizzazioni con almeno 250 lavoratori che presentano disparità retributive. La valutazione congiunta delle retribuzioni dovrebbe essere effettuata dai datori di lavoro in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori; se non sono presenti rappresentanti dei lavoratori, dovrebbero essere designati a tal fine. Le valutazioni congiunte delle retribuzioni dovrebbero portare all'eliminazione della discriminazione retributiva di genere.

(30)Qualsiasi trattamento o pubblicazione di informazioni a norma della presente direttiva dovrebbe essere conforme al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio 53 . Dovrebbero essere aggiunte garanzie specifiche per impedire la divulgazione diretta o indiretta di informazioni di un collega di lavoro identificabile. D'altro canto, ai lavoratori non dovrebbe essere impedito di divulgare volontariamente la loro retribuzione ai fini dell'applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro al quale è attribuito lo stesso valore.

(31)È importante che nella contrattazione collettiva le parti sociali discutano e prestino particolare attenzione agli aspetti relativi alla parità retributiva. In tutta l'Unione dovrebbero essere rispettate le diverse caratteristiche dei sistemi nazionali di dialogo sociale e contrattazione collettiva, come pure l'autonomia e la libertà contrattuale delle parti sociali, nonché la loro capacità di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Gli Stati membri, conformemente ai rispettivi sistemi e prassi nazionali, dovrebbero pertanto adottare misure adeguate, quali programmi di sostegno alle parti sociali, orientamenti pratici e una partecipazione attiva del governo al dialogo sociale a livello nazionale. Tali misure dovrebbero incoraggiare le parti sociali a prestare la dovuta attenzione alle questioni relative alla parità retributiva, comprese le discussioni al livello appropriato della contrattazione collettiva e lo sviluppo di sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere.

(32)I lavoratori dovrebbero disporre delle procedure necessarie per facilitare l'esercizio del loro diritto di accesso alla giustizia. La legislazione nazionale che rende il ricorso alla conciliazione o all'intervento di un organismo per la parità obbligatorio o soggetto a incentivi o sanzioni non dovrebbe impedire alle parti di esercitare il loro diritto di accesso alla giustizia.

(33)Il coinvolgimento degli organismi per la parità, oltre a quello di altri portatori di interessi, è un fattore essenziale per un'applicazione efficace del principio della parità retributiva. I poteri e i mandati degli organismi nazionali per la parità dovrebbero pertanto essere tali da coprire pienamente la discriminazione retributiva di genere, inclusa la trasparenza retributiva o qualsiasi altro diritto e obbligo di cui alla presente direttiva. Al fine di superare gli ostacoli procedurali e relativi ai costi che i lavoratori che ritengono di essere discriminati incontrano quando cercano di far valere il loro diritto alla parità retributiva, gli organismi per la parità, nonché le associazioni, le organizzazioni, gli organismi e i rappresentanti dei lavoratori o altre entità giuridiche interessate a garantire la parità tra uomini e donne, dovrebbero essere in grado di rappresentare le persone. Essi dovrebbero poter decidere di rappresentare o assistere i lavoratori, il che consentirebbe ai lavoratori che hanno subito una discriminazione di far valere effettivamente i loro diritti e il principio della parità di retribuzione.

(34)Gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori dovrebbero inoltre poter rappresentare uno o più lavoratori che ritengono di essere discriminati in base al sesso in violazione del principio della parità retributiva per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. La facoltà di agire per conto o a sostegno di diversi lavoratori permette di agevolare i procedimenti che altrimenti non sarebbero avviati a causa di ostacoli procedurali e finanziari o del timore di vittimizzazione o anche quando i lavoratori subiscono molteplici discriminazioni i cui motivi possono essere difficili da districare. I ricorsi collettivi possono far emergere la discriminazione sistemica e dare visibilità alla parità retributiva e alla parità di genere nell'intera società. La possibilità di ricorso collettivo incoraggerebbe il rispetto proattivo delle misure in materia di trasparenza retributiva, creando pressioni tra pari e sensibilizzando i datori di lavoro e rendendoli più propensi ad agire in modo preventivo.

(35)Gli Stati membri dovrebbero garantire l'assegnazione di risorse sufficienti agli organismi per la parità affinché possano svolgere in modo efficace e adeguato le loro mansioni in materia di discriminazione retributiva basata sul sesso. Qualora le mansioni siano assegnate a più organismi, gli Stati membri dovrebbero garantirne l'adeguato coordinamento.

(36)Il risarcimento dovrebbe coprire integralmente le perdite e i danni subiti a causa della discriminazione retributiva di genere 54 . Dovrebbe comprendere il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse e per il pregiudizio morale. Non dovrebbe essere autorizzato alcun massimale prestabilito per tale risarcimento.

(37)Oltre al risarcimento, dovrebbero essere previsti altri mezzi di tutela. Gli organi giurisdizionali dovrebbero avere, ad esempio, la facoltà di imporre al datore di lavoro l'adozione di misure strutturali o organizzative per rispettare i propri obblighi in materia di parità retributiva. Tali misure possono includere, ad esempio, l'obbligo di rivedere il meccanismo di determinazione delle retribuzioni sulla base di una valutazione e classificazione neutre sotto il profilo del genere; di elaborare un piano d'azione per eliminare le discrepanze riscontrate e ridurre eventuali divari retributivi ingiustificati; di fornire informazioni e sensibilizzare i lavoratori in merito al loro diritto alla parità retributiva; di introdurre la formazione obbligatoria per il personale delle risorse umane sulla parità retributiva e sulla valutazione e classificazione professionale neutre sotto il profilo del genere. 

(38)Sulla base della giurisprudenza della Corte 55 , la direttiva 2006/54/CE ha stabilito disposizioni per garantire che l'onere della prova sia a carico del convenuto quando si può ragionevolmente presumere che vi sia stata discriminazione. Agli Stati membri non dovrebbe essere impedito di introdurre, in qualunque fase del procedimento, un regime probatorio più favorevole ai lavoratori ricorrenti. Qualora il datore di lavoro non abbia rispettato gli obblighi di trasparenza retributiva stabiliti dalla direttiva, l'onere della prova dovrebbe essere automaticamente trasferito al convenuto senza imporre al lavoratore l'obbligo di dimostrare, in qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo riguardante una discriminazione diretta o indiretta, l'esistenza di una discriminazione, anche quando essa può essere ragionevolmente presunta.

(39)Sebbene sia necessario solo stabilire una presunzione di discriminazione prima che l'onere della prova sia trasferito al datore di lavoro, non è sempre facile per le vittime e per i giudici sapere come stabilire tale presunzione. Le misure di trasparenza retributiva possono potenzialmente sostenere il ricorso all'inversione dell'onere della prova, aiutando i lavoratori a determinare i livelli retributivi medi per le donne e gli uomini che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Permettendo ai lavoratori di fornire elementi di prova che consentano di presumere l'esistenza di una discriminazione, si attiverebbe immediatamente l'inversione dell'onere della prova a vantaggio del lavoratore.

(40)Conformemente alla giurisprudenza della Corte, i termini previsti dalle norme nazionali per l'applicazione dei diritti ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere tali da non poter essere ritenuti atti a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti stessi. I termini di prescrizione creano ostacoli specifici per le vittime di discriminazioni retributive di genere. A tal fine è opportuno stabilire norme minime comuni. Tali norme dovrebbero determinare il momento in cui inizia a decorrere il termine di prescrizione, la sua durata e le circostanze in cui è interrotto o sospeso e prevedere che i termini di prescrizione per presentare ricorso siano di almeno tre anni.

(41)Le spese processuali per rivendicare il diritto alla parità retributiva rappresentano un forte disincentivo per le vittime di discriminazioni retributive di genere e di conseguenza la protezione e l'applicazione di tale diritto divengono insufficienti. Per eliminare questo ingente ostacolo procedurale alla giustizia, si dovrebbe prevedere che le spese processuali sostenute dalle parti ricorrenti vincitrici incombano al convenuto. D'altro canto, qualora sia il convenuto a vincere la causa le spese processuali di quest'ultimo non dovrebbero incombere alle parti ricorrenti, a meno che il ricorso non sia stata presentato in malafede, sia palesemente futile o se nelle circostanze di specie sia irragionevole che il convenuto debba sostenere tali spese, ad esempio in considerazione della situazione finanziaria delle microimprese.

(42)Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva o delle disposizioni nazionali già vigenti alla data di entrata in vigore della presente direttiva e che riguardano il diritto alla parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Tali sanzioni dovrebbero comprendere ammende da stabilire a un livello minimo tenendo debitamente conto della gravità e della durata della violazione, dell'intenzione di discriminare o della negligenza grave e di eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti che possono applicarsi nelle circostanze del caso, ad esempio qualora la discriminazione retributiva basata sul sesso si intersechi con altri motivi di discriminazione. Gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità di assegnare gli importi recuperati a titolo di ammende agli organismi per la parità affinché possano svolgere efficacemente le loro funzioni in relazione all'applicazione del diritto alla parità retributiva, compresi la presentazione di ricorsi in materia di discriminazione retributiva, l'assistenza e il sostegno alle vittime nella presentazione di tali ricorsi.

(43)Gli Stati membri dovrebbero stabilire sanzioni specifiche per le violazioni ripetute di diritti o obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, tali da rispecchiare la gravità dell'atto e dissuadere dal commettere ulteriori violazioni. Tali sanzioni potrebbero includere diversi tipi di disincentivi finanziari, quali la revoca di benefici pubblici o l'esclusione, per un certo periodo, da qualsiasi ulteriore riconoscimento di incentivi finanziari o da qualsiasi gara d'appalto pubblica.

(44)Gli obblighi dei datori di lavoro derivanti dalla presente direttiva rientrano tra gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro di cui gli Stati membri devono garantire il rispetto a norma della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 56 , della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 57 e della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 58 per quanto riguarda la partecipazione alle procedure di appalto pubblico. Al fine di rispettare tali obblighi per quanto riguarda il diritto alla parità retributiva, gli Stati membri dovrebbero in particolare garantire che gli operatori economici, nell'esecuzione di un appalto pubblico o di una concessione, dispongano di meccanismi di determinazione delle retribuzioni che non comportino un divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che non possa essere giustificato da fattori neutri dal punto di vista del genere in nessuna categoria di lavoratori che svolgono uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Inoltre gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità che le amministrazioni aggiudicatrici di introducano, se del caso, sanzioni e condizioni di risoluzione che garantiscono il rispetto del principio della parità retributiva nell'esecuzione degli appalti pubblici e delle concessioni. Possono anche tener conto del mancato rispetto del principio della parità retributiva da parte dell'offerente o di uno dei suoi subappaltatori nel valutare l'applicazione dei motivi di esclusione o la decisione di non aggiudicare un appalto all'offerente che presenta l'offerta economicamente più vantaggiosa.

(45)Per un'efficace attuazione del diritto alla parità retributiva occorre un'adeguata tutela giudiziaria e amministrativa contro qualsiasi trattamento sfavorevole in risposta a un tentativo di esercitare i diritti dei lavoratori in materia di parità retributiva tra uomini e donne, a qualsiasi reclamo presentato al datore di lavoro o a qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo volto a far rispettare il diritto alla parità retributiva.

(46)Al fine di migliorare l'applicazione del principio della parità retributiva, la presente direttiva dovrebbe rafforzare gli strumenti e le procedure di applicazione esistenti per quanto riguarda i diritti e gli obblighi da essa stabiliti e le disposizioni in materia di parità retributiva di cui alla direttiva 2006/54/CE.

(47)La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime, rispettando in tal modo la prerogativa degli Stati membri di introdurre e mantenere disposizioni più favorevoli. I diritti acquisiti a norma del quadro giuridico vigente dovrebbero continuare ad applicarsi, a meno che la presente direttiva non introduca disposizioni più favorevoli. L'attuazione della presente direttiva non può essere utilizzata per ridurre i diritti vigenti stabiliti dall'attuale diritto nazionale o dell'Unione in materia, né può costituire un motivo valido per ridurre i diritti dei lavoratori per quanto riguarda la parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

(48)Al fine di garantire un adeguato monitoraggio dell'attuazione del diritto alla parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, gli Stati membri dovrebbero istituire o designare un apposito organismo di monitoraggio. Tale organismo, che può far parte di un organismo esistente che persegue obiettivi analoghi, dovrebbe svolgere compiti specifici in relazione all'attuazione delle misure di trasparenza retributiva previste dalla presente direttiva e raccogliere determinati dati per monitorare le disparità retributive e l'impatto delle misure di trasparenza retributiva.

(49)Per poter analizzare e monitorare le variazioni del divario retributivo di genere a livello di Unione è fondamentale che gli Stati membri compilino statistiche salariali suddivise per genere e trasmettano dati completi e accurati alla Commissione (Eurostat). A norma del regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio 59 , gli Stati membri sono tenuti a elaborare ogni quattro anni statistiche sulla struttura delle retribuzioni a microlivello che forniscano dati armonizzati per il calcolo del divario retributivo di genere. Statistiche annuali di elevata qualità potrebbero aumentare la trasparenza e migliorare il monitoraggio e la consapevolezza delle disparità retributive di genere. La disponibilità e la comparabilità di questi dati è fondamentale per poter valutare gli sviluppi realizzati a livello nazionale e in tutta l'Unione.

(50)La presente direttiva mira a un'attuazione migliore e più efficace del principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro al quale è attribuito lo stesso valore mediante la definizione di prescrizioni minime comuni che dovrebbero applicarsi a tutte le imprese e organizzazioni in tutta l'Unione europea. Poiché tale obiettivo non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e dovrebbe pertanto essere conseguito a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Conformemente al principio di proporzionalità enunciato nell'anzidetto articolo, la presente direttiva si limita a stabilire prescrizioni minime, ossia a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.

(51)Il ruolo delle parti sociali è di fondamentale importanza nel definire le modalità di attuazione delle misure di trasparenza retributiva negli Stati membri, in particolare in quelli in cui la contrattazione collettiva è ampiamente diffusa. Gli Stati membri dovrebbero quindi avere la possibilità di affidare alle parti sociali l'attuazione totale della direttiva o di parte di essa, a condizione che adottino tutte le misure necessarie affinché i risultati perseguiti dalla presente direttiva siano sempre garantiti.

(52)Nell'attuare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di micro, piccole e medie imprese. Gli Stati membri sono pertanto invitati a valutare l'impatto dei rispettivi atti di recepimento sulle piccole e medie imprese per accertarsi che non siano colpite in modo sproporzionato, riservando particolare attenzione alle microimprese, a limitare gli oneri amministrativi, e a pubblicare i risultati di tali valutazioni.

(53)Conformemente all'articolo 42 del regolamento (UE) 2018/1725 60 , il Garante europeo della protezione dei dati è stato consultato e ha formulato il suo parere il XX XXXX,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I

Disposizioni generali

Articolo 1 

Oggetto 

La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime intese a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore sancito dall'articolo 157 TFUE e del divieto di discriminazione di cui all'articolo 4 della direttiva 2006/54/CE, in particolare tramite la trasparenza retributiva e il rafforzamento dei meccanismi di applicazione.

Articolo 2 

Ambito di applicazione 

1.La presente direttiva si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato. 

2.La presente direttiva si applica a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia.

Articolo 3 

Definizioni

1.Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(a)retribuzione: salario o stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore ("componenti complementari o variabili") a motivo dell'impiego di quest'ultimo;

(b)livello retributivo: retribuzione lorda annua e la corrispondente retribuzione oraria lorda;

(c)divario retributivo: differenza tra i livelli retributivi medi corrisposti dal datore di lavoro ai lavoratori di sesso femminile e a quelli di sesso maschile, espressa in percentuale del livello retributivo medio dei lavoratori di sesso maschile;

(d)livello retributivo mediano: retribuzione del lavoratore rispetto alla quale una metà dei lavoratori guadagna di più e l'altra metà guadagna di meno;

(e)divario retributivo mediano: la differenza tra il livello retributivo mediano dei lavoratori di sesso femminile e il livello retributivo mediano dei lavoratori di sesso maschile, espressa in percentuale del livello retributivo mediano dei lavoratori di sesso maschile;

(f)quartile retributivo: ciascuno dei quattro gruppi uguali in cui i lavoratori sono suddivisi in base al loro livello retributivo, dal più basso al più elevato;

(g)categoria di lavoratori: lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore raggruppati dal datore di lavoro sulla base dei criteri di cui all'articolo 4 della presente direttiva e specificati dal datore di lavoro interessato;

(h)discriminazione diretta: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un'altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga;

(i)discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell'altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(j)organismo per la parità: organismo od organismi designati a norma dell'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE per la promozione, l'analisi, il monitoraggio e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sul sesso;

(k)ispettorato del lavoro: organismo od organismi nazionali che svolgono una funzione ispettiva sul mercato del lavoro in uno Stato membro.

2.Ai fini della presente direttiva, la discriminazione comprende:

(a)le molestie e le molestie sessuali, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2006/54/CE e qualsiasi trattamento meno favorevole subito da una persona per il fatto di avere rifiutato tali comportamenti o di esservisi sottomessa, qualora tali molestie o trattamenti riguardino l'esercizio dei diritti di cui alla presente direttiva o derivino da tale esercizio;

(b)l'ordine di discriminare persone a motivo del loro sesso;

(c)qualsiasi trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità ai sensi della direttiva 92/85/CEE del Consiglio 61 .

3.La discriminazione salariale a norma della presente direttiva comprende la discriminazione fondata su una combinazione di discriminazioni fondate sul sesso e su qualunque altro motivo di cui alla direttiva 2000/43/CE o alla direttiva 2000/78/CE.

Articolo 4

Stesso lavoro e lavoro di pari valore

1.Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i datori di lavoro dispongano di strutture retributive che assicurino che le donne e gli uomini godano di parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

2.Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare lo sviluppo di strumenti o metodologie volti a valutare e confrontare il valore del lavoro conformemente ai criteri di cui al presente articolo. Tali strumenti o metodologie possono includere sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere.

3.Gli strumenti o le metodologie consentono di valutare, in relazione al valore del lavoro, se i lavoratori si trovano in una situazione analoga, sulla base di criteri oggettivi che includono i requisiti professionali e in materia di istruzione e formazione, le competenze, l'impegno e le responsabilità, il lavoro svolto e la natura dei compiti assegnati. Non includono criteri basati, direttamente o indirettamente, sul sesso dei lavoratori, né si basano su tali criteri.

4.Qualora le differenze di retribuzione possano essere attribuite a un'unica fonte che stabilisce le condizioni retributive, la valutazione che determina se i lavoratori svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore non si limita alle situazioni in cui i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile lavorano per lo stesso datore di lavoro, ma può essere estesa a quell'unica fonte. La valutazione inoltre non è limitata ai lavoratori impiegati contemporaneamente al lavoratore interessato. Nel caso in cui non sia possibile individuare un lavoratore di riferimento reale, è consentito un confronto con un lavoratore di riferimento ipotetico o il ricorso ad altre prove che consentano di presumere l'esistenza di una discriminazione.

5.Qualora si utilizzi un sistema di valutazione e classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da escludere le discriminazioni fondate sul sesso.

 
CAPO II

Trasparenza retributiva

Articolo 5

Trasparenza retributiva prima dell'assunzione

1.I candidati ad un posto di lavoro hanno il diritto di ricevere dal potenziale datore di lavoro informazioni sul livello retributivo iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo di genere. Tali informazioni sono indicate nell'avviso di posto vacante pubblicato o altrimenti fornite al candidato prima del colloquio di lavoro, senza che egli debba richiederle.

2.Il datore di lavoro non può chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite nei precedenti rapporti di lavoro, né oralmente né per iscritto, né personalmente né tramite un suo rappresentante.

Articolo 6

Trasparenza della determinazione delle retribuzioni e dei criteri per
l'avanzamento di carriera

Il datore di lavoro rende facilmente accessibile ai propri lavoratori una descrizione dei criteri utilizzati per determinare i livelli retributivi e l'avanzamento di carriera dei lavoratori. Tali criteri sono neutri sotto il profilo del genere.

Articolo 7

Diritto di informazione

1.I lavoratori hanno il diritto di ricevere informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso e categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, conformemente alle disposizioni dei paragrafi 3 e 4.

2.I datori di lavoro informano annualmente tutti i lavoratori del loro diritto di ricevere le informazioni di cui al paragrafo 1.

3.Su richiesta del lavoratore, i datori di lavoro forniscono le informazioni di cui al paragrafo 1 entro un periodo di tempo ragionevole. Le informazioni sono fornite in formati accessibili ai lavoratori con disabilità su loro richiesta.

4.I lavoratori hanno la possibilità di richiedere le informazioni di cui al paragrafo 1 tramite i loro rappresentanti o un organismo per la parità.

5.Nulla osta a che i lavoratori divulghino la loro retribuzione ai fini dell'applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

6.I datori di lavoro possono esigere che ogni lavoratore che abbia ottenuto informazioni a norma del presente articolo non utilizzi tali informazioni per fini diversi dalla difesa del proprio diritto alla parità retributiva per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e non divulghi altrimenti le informazioni.

Articolo 8

Informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile

1.I datori di lavoro con almeno 250 lavoratori forniscono le seguenti informazioni relative alla loro organizzazione, conformemente ai paragrafi 2, 3 e 5:

(a)il divario retributivo tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile;

(b)il divario retributivo tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile nelle componenti complementari o variabili;

(c)il divario retributivo mediano tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile;

(d)il divario retributivo mediano tra tutti i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile nelle componenti complementari o variabili;

(e)la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che ricevono componenti complementari o variabili;

(f)la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ogni quartile retributivo;

(g)il divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e lavoratori di sesso maschile per categorie di lavoratori ripartito in base allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili.

2.L'esattezza delle informazioni è confermata dalla dirigenza del datore di lavoro.

3.Il datore di lavoro pubblica annualmente le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a f), sul proprio sito web in modo facilmente accessibile o le rende altrimenti pubblicamente disponibili. Anche le informazioni dei quattro anni precedenti, se disponibili, sono accessibili su richiesta. Il datore di lavoro comunica tali informazioni anche all'organismo di monitoraggio di cui al paragrafo 6.

4.Gli Stati membri possono decidere di redigere essi stessi le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a f), sulla base di dati amministrativi quali, ad esempio, i dati forniti dai datori di lavoro alle autorità fiscali o di sicurezza sociale. Tali informazioni sono rese pubbliche conformemente al paragrafo 6.

5.Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera g), a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti, nonché all'organismo di monitoraggio di cui al paragrafo 6. Le trasmette all'ispettorato del lavoro e all'organismo per la parità su loro richiesta. Anche le informazioni relative ai quattro anni precedenti, se disponibili, sono fornite su richiesta.

6.Gli Stati membri incaricano l'organismo di monitoraggio designato a norma dell'articolo 26 di raccogliere i dati ricevuti dai datori di lavoro a norma del paragrafo 1, lettere da a) a f), e di provvedere affinché tali dati siano pubblici e consentano un confronto agevole tra datori di lavoro, settori e regioni dello Stato membro interessato.

7.I lavoratori e i loro rappresentanti, gli ispettorati del lavoro e gli organismi per la parità hanno il diritto di chiedere al datore di lavoro chiarimenti e dettagli ulteriori in merito a qualsiasi dato fornito, comprese spiegazioni su eventuali disparità retributive di genere. Il datore di lavoro risponde a tale richiesta entro un termine ragionevole fornendo una risposta motivata. Qualora le disparità retributive di genere non siano giustificate da fattori oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, il datore di lavoro deve porre rimedio alla situazione in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l'ispettorato del lavoro e/o l'organismo per la parità.

Articolo 9 

Valutazione congiunta delle retribuzioni

1.Gli Stati membri adottano misure appropriate per garantire che i datori di lavoro con almeno 250 lavoratori effettuino, in cooperazione con i loro rappresentanti dei lavoratori, una valutazione congiunta delle retribuzioni qualora siano soddisfatte entrambe le seguenti condizioni:

(a)le informazioni sulle retribuzioni comunicate a norma dell'articolo 8 rivelano una differenza del livello retributivo medio tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile pari ad almeno il 5 % in una qualsiasi categoria di lavoratori;

(b)il datore di lavoro non ha giustificato tale differenza di livello retributivo medio con fattori oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

2.La valutazione congiunta delle retribuzioni comprende i seguenti elementi:

(a)un'analisi della percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ciascuna categoria di lavoratori;

(b)informazioni dettagliate sui livelli retributivi medi dei lavoratori di sesso femminile e maschile e sulle componenti complementari o variabili, per ciascuna categoria di lavoratori;

(c)l'individuazione delle eventuali differenze nei livelli retributivi tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ciascuna categoria di lavoratori;

(d)le ragioni di tali differenze nei livelli retributivi e, se del caso, giustificazioni oggettive, neutre sotto il profilo del genere, stabilite congiuntamente dai rappresentanti dei lavoratori e dal datore di lavoro;

(e)misure volte ad affrontare tali differenze se non sono giustificate sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere;

(f)una relazione sull'efficacia delle misure menzionate nelle precedenti valutazioni congiunte delle retribuzioni.

3.I datori di lavoro mettono le valutazioni congiunte delle retribuzioni a disposizione dei lavoratori, dei rappresentanti dei lavoratori, dell'organismo di monitoraggio designato a norma dell'articolo 26, dell'organismo per la parità e dell'ispettorato del lavoro.

4.Se dalla valutazione congiunta delle retribuzioni emergono differenze di retribuzione media per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che non possono essere giustificate da criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, il datore di lavoro pone rimedio alla situazione, in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l'ispettorato del lavoro e/o l'organismo per la parità. Tali azioni comprendono l'istituzione di un sistema di valutazione e classificazione professionale neutro sotto il profilo del genere per garantire l'esclusione di qualsiasi discriminazione retributiva diretta o indiretta basata sul sesso.

Articolo 10

Protezione dei dati

1.Nella misura in cui le informazioni fornite in applicazione delle misure adottate a norma degli articoli 7, 8 e 9 comportano il trattamento di dati personali, esse sono fornite in conformità del regolamento (UE) 2016/679.

2.I dati personali raccolti dai datori di lavoro a norma degli articoli 7, 8 o 9 non possono essere utilizzati per scopi diversi dall'attuazione del principio della parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

3.Gli Stati membri possono decidere che, qualora la divulgazione di informazioni a norma degli articoli 7, 8 e 9 comporti la divulgazione, diretta o indiretta, della retribuzione di un collega di lavoro identificabile, solo i rappresentanti dei lavoratori o l'organismo per la parità abbiano accesso a tali informazioni. I rappresentanti o l'organismo per la parità forniscono consulenza ai lavoratori in merito a un eventuale reclamo a norma della presente direttiva senza divulgare i livelli retributivi effettivi dei singoli lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. L'organismo di monitoraggio di cui all'articolo 26 ha accesso alle informazioni senza restrizioni.

Articolo 11 

Dialogo sociale 

Fatta salva l'autonomia delle parti sociali e conformemente al diritto e alle prassi nazionali, gli Stati membri provvedono affinché i diritti e gli obblighi derivanti dalla presente direttiva siano discussi con le parti sociali.

CAPO III

Mezzi di tutela e applicazione

Articolo 12

Tutela dei diritti

Gli Stati membri provvedono affinché dopo un eventuale tentativo di conciliazione, tutte i lavoratori che si ritengono lesi dalla mancata applicazione del principio della parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore possano disporre di procedure giudiziarie volte a far valere i diritti e gli obblighi connessi al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Tali procedure sono facilmente accessibili ai lavoratori e a coloro che agiscono per loro conto, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro nell'ambito del quale si sarebbe verificata la discriminazione.

Articolo 13

Procedure per conto o a sostegno dei lavoratori

1.Gli Stati membri provvedono affinché le associazioni, le organizzazioni, gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori o altri soggetti giuridici che, conformemente ai criteri stabiliti dal diritto nazionale, hanno un legittimo interesse a garantire la parità tra uomini e donne, possano avviare qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo finalizzato all'applicazione dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Possono agire per conto o a sostegno di un lavoratore che è vittima di una violazione di qualsiasi diritto o obbligo connesso al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, con l'approvazione di quest'ultimo.

2.Gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori hanno inoltre il diritto di agire per conto o a sostegno di più lavoratori, con l'approvazione di questi ultimi.

Articolo 14

Diritto al risarcimento

1.Gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi lavoratore, che abbia subito un danno a seguito di una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, abbia il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento o la piena riparazione, come stabilito dallo Stato membro, per tale danno.

2.Il risarcimento o la riparazione di cui al paragrafo 1 garantiscono un risarcimento reale ed effettivo per la perdita e il danno subiti, che sia dissuasivo e proporzionato al danno stesso.

3.Il risarcimento pone il lavoratore che ha subito un danno nella posizione in cui la persona si sarebbe trovata se non fosse stata discriminata in base al sesso o se non si fosse verificata alcuna violazione dei diritti o degli obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Il risarcimento comprende il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse e per il pregiudizio morale. Esso comprende altresì il diritto agli interessi di mora.

4.Il risarcimento o la riparazione non possono essere limitati dalla fissazione a priori di un massimale.

Articolo 15

Altri mezzi di tutela

Gli Stati membri provvedono affinché, nelle azioni giudiziarie volte a garantire l'applicazione di diritti e obblighi connessi al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, gli organi giurisdizionali o altre autorità competenti possano emettere, su richiesta della parte ricorrente e a spese del convenuto:

(a)un decreto ingiuntivo che accerti la violazione di un qualsiasi diritto o obbligo connesso al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e ponga fine alla violazione;

(b)un decreto ingiuntivo che imponga al convenuto di adottare misure strutturali o organizzative per rispettare i diritti o gli obblighi connessi al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore o per farne cessare la violazione.

Il mancato rispetto di uno qualsiasi di questi decreti ingiuntivi è soggetto, se del caso, a una pena pecuniaria reiterabile al fine di garantirne l'esecuzione.

Articolo 16

Trasferimento dell'onere della prova

1.Gli Stati membri, secondo i loro sistemi giudiziari, adottano le misure necessarie affinché spetti alla parte convenuta provare l'insussistenza della discriminazione diretta o indiretta in relazione alla retribuzione ove i lavoratori che si ritengono lesi dalla mancata osservanza nei propri confronti del principio della parità retributiva abbiano prodotto dinanzi ad un organo giurisdizionale, o dinanzi ad un altro organo competente, elementi di fatto in base ai quali si possa presumere che ci sia stata discriminazione diretta o indiretta.

2.Qualora un datore di lavoro non abbia rispettato uno qualsiasi dei diritti o degli obblighi in materia di trasparenza retributiva di cui agli articoli da 5 a 9 della presente direttiva, gli Stati membri provvedono affinché spetti al datore di lavoro dimostrare, in qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo riguardante una discriminazione diretta o indiretta, che non vi è stata discriminazione.

3.La parte ricorrente beneficia di qualsiasi dubbio residuale.

4.La presente direttiva non osta a che gli Stati membri introducano norme probatorie più favorevoli alla parte ricorrente in procedimenti avviati per far valere i diritti o gli obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

5.Gli Stati membri possono non applicare il paragrafo 1 alle procedure nelle quali l'istruzione dei fatti spetta all'organo giurisdizionale o all'organo competente.

6.Salvo diversa disposizione del diritto nazionale, il presente articolo non si applica ai procedimenti penali.

Articolo 17

Accesso alle prove

1.Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a ricorsi in materia di parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, gli organi giurisdizionali nazionali o le autorità competenti possano ordinare al convenuto di divulgare qualsiasi elemento di prova pertinente che rientri nel loro controllo.

2.Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali dispongano del potere di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano rilevanti ai fini del ricorso. Essi provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, i giudici nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle.

3.Il presente articolo non osta a che gli Stati membri mantengano o introducano un regime probatorio più favorevole alla parte ricorrente.

Articolo 18

Termini di prescrizione

1.Gli Stati membri stabiliscono norme applicabili ai termini di prescrizione per presentare ricorsi in materia di parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Tali norme determinano quando inizia a decorrere il termine di prescrizione, la durata del termine e le circostanze in cui il termine è interrotto o sospeso.

2.I termini di prescrizione non iniziano a decorrere prima che sia cessata la violazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore o la violazione dei diritti o degli obblighi derivanti dalla presente direttiva e la parte ricorrente sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza della violazione.

3.Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione per la presentazione di ricorsi sia di almeno tre anni.

4.Gli Stati membri provvedono affinché un termine di prescrizione sia sospeso o interrotto, in base al diritto nazionale, non appena una parte ricorrente intraprenda un'azione presentando un ricorso o sottoponendo la rivendicazione all'attenzione del datore di lavoro, dei rappresentanti dei lavoratori, dell'ispettorato del lavoro o dell'organismo per la parità.

Articolo 19

Spese legali e giudiziarie

Le parti ricorrenti che vincono un ricorso in materia di discriminazione retributiva hanno il diritto di recuperare dal convenuto, oltre a qualsiasi altro risarcimento, ragionevoli costi e spese legali e peritali. I convenuti che vincono un ricorso in materia di discriminazione retributiva non hanno il diritto di recuperare dalla parte ricorrente i costi e le spese legali e peritali, a meno che il ricorso sia stato presentato in malafede, sia palesemente futile o qualora il mancato recupero sia considerato manifestamente irragionevole nelle circostanze di specie.

Articolo 20

Sanzioni

1.Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l'applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione tali norme e misure così come ogni eventuale modifica successiva che le riguardi.

2.Gli Stati membri provvedono affinché siano applicate ammende alle violazioni dei diritti e degli obblighi relativi alla parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Fissano un livello minimo per tali ammende, garantendo un reale effetto deterrente. Il livello delle ammende tiene conto:

(a)della gravità e della durata della violazione;

(b)del dolo o della negligenza grave da parte del datore di lavoro;

(c)di eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso.

3.Gli Stati membri stabiliscono sanzioni specifiche da irrogare in caso di violazioni ripetute dei diritti e degli obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne, quali la revoca di benefici pubblici o l'esclusione, per un certo periodo, da qualsiasi riconoscimento di incentivi finanziari.

4.Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che le sanzioni previste siano applicate con efficacia nella pratica.

Articolo 21

Parità retributiva negli appalti pubblici o nelle concessioni

1.     Le misure appropriate che gli Stati membri adottano a norma dell'articolo 30, paragrafo 3, della direttiva 2014/23/UE, dell'articolo 18, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE e dell'articolo 36, paragrafo 2, della direttiva 2014/25/UE comprendono misure volte a garantire che, nell'esecuzione di appalti pubblici o concessioni, gli operatori economici rispettino gli obblighi relativi alla parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

2.    Gli Stati membri considerano la possibilità che le amministrazioni aggiudicatrici introducano, se del caso, sanzioni e condizioni di risoluzione che garantiscono il rispetto del principio della parità retributiva nell'esecuzione degli appalti pubblici e delle concessioni. Qualora agiscano in conformità dell'articolo 38, paragrafo 7, lettera a), della direttiva 2014/23/UE, dell'articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE o dell'articolo 80, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE in combinato disposto con l'articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE, le autorità degli Stati membri possono escludere, o possono essere obbligate dagli Stati membri a escludere, dalla partecipazione a una procedura di appalto pubblico qualsiasi operatore economico se sono in grado di dimostrare con qualsiasi mezzo adeguato la violazione degli obblighi di cui al paragrafo 1 in relazione al mancato rispetto degli obblighi di trasparenza retributiva o a un divario retributivo superiore al 5 %, non giustificato dal datore di lavoro sulla base di criteri oggettivi di genere, in una qualsiasi categoria di lavoratori. Ciò non pregiudica eventuali altri diritti o obblighi di cui alla direttiva 2014/23/UE, alla direttiva 2014/24/UE o alla direttiva 2014/25/UE.

Articolo 22

Vittimizzazione e protezione contro trattamenti meno favorevoli

1.I lavoratori e i loro rappresentanti non sono trattati in modo meno favorevole per il fatto di aver esercitato i loro diritti in materia di parità retributiva tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile.

2.Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori, inclusi i rappresentanti dei lavoratori previsti dalle leggi e/o prassi nazionali, dal licenziamento o da altro trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro, quale reazione ad un reclamo all'interno dell'impresa o ad un'azione giudiziaria volta ad ottenere il rispetto dei diritti o degli obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne.

Articolo 23

Rapporto con la direttiva 2006/54/CE

Il capo III della presente direttiva si applica ai procedimenti riguardanti diritti o obblighi connessi al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore di cui all'articolo 4 della direttiva 2006/54/CE.

 
CAPO IV

Disposizioni orizzontali

Articolo 24

Livello di protezione

1.Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli ai lavoratori rispetto a quelle stabilite nella presente direttiva.

2.L'attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione nei settori contemplati dalla presente direttiva.

Articolo 25

Organismi per la parità

1.Fatta salva la competenza degli ispettorati del lavoro o di altri organismi che fanno rispettare i diritti dei lavoratori, comprese le parti sociali, gli organismi nazionali per la parità istituiti a norma della direttiva 2006/54/CE sono competenti per le questioni che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva.

2.Gli Stati membri adottano misure attive per garantire una cooperazione e un coordinamento intensi tra gli organismi nazionali per la parità e altri organismi nazionali con funzioni ispettive sul mercato del lavoro.

3.Gli Stati membri forniscono agli organismi per la parità le risorse adeguate necessarie per svolgere efficacemente le loro funzioni in relazione al rispetto del diritto alla parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Gli Stati membri prendono in considerazione la possibilità di assegnare agli organismi per la parità gli importi recuperati a titolo di ammende a norma dell'articolo 20.

Articolo 26

Monitoraggio e sensibilizzazione

1.Gli Stati membri garantiscono un monitoraggio costante dell'attuazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e l'applicazione di tutti i mezzi di tutela disponibili.

2.Ciascuno Stato membro designa un organismo ("organismo di monitoraggio") incaricato di monitorare e sostenere l'attuazione delle disposizioni giuridiche nazionali che attuano la presente direttiva e adotta le disposizioni necessarie per il corretto funzionamento di tale organismo. L'organismo di monitoraggio può far parte di organismi o strutture esistenti a livello nazionale.

3.Gli Stati membri provvedono affinché l'organismo di monitoraggio espleti i seguenti compiti:

(a)sensibilizzare le imprese e le organizzazioni pubbliche e private, le parti sociali e i cittadini al fine di promuovere il principio della parità retributiva e il diritto alla trasparenza retributiva;

(b)affrontare le cause del divario retributivo di genere e mettere a punto strumenti che contribuiscano ad analizzare e valutare le disparità retributive;

(c)aggregare i dati ricevuti dai datori di lavoro a norma dell'articolo 8, paragrafo 6, e pubblicarli in modo che siano facilmente fruibili;

(d)raccogliere le relazioni di valutazione congiunta delle retribuzioni a norma dell'articolo 9, paragrafo 3;

(e)aggregare i dati sul numero e sul tipo di ricorsi in materia di discriminazione retributiva presentati dinanzi agli organi giurisdizionali e sulle denunce presentate alle autorità pubbliche competenti, compresi gli organismi per la parità.

4.Gli Stati membri trasmettono annualmente alla Commissione i dati di cui al paragrafo 3, lettere c), d) ed e).

 
Articolo 27

Contrattazione e azioni collettive

La presente direttiva non pregiudica in alcun modo il diritto di negoziare, concludere ed applicare contratti collettivi e di intraprendere azioni collettive conformemente al diritto o prassi nazionali.

Articolo 28

Statistiche

Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati aggiornati sul divario retributivo di genere ogni anno e in modo tempestivo. Tali statistiche, calcolate su base annua, sono suddivise per genere, settore economico, orario di lavoro (tempo pieno/tempo parziale), controllo economico (pubblico/privato) ed età. 

Articolo 29

Diffusione di informazioni

Gli Stati membri adottano misure attive affinché le disposizioni adottate a norma della presente direttiva, unitamente alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate con tutti i mezzi opportuni a conoscenza delle persone interessate in tutto il territorio nazionale.

Articolo 30

Attuazione

Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali l'attuazione della presente direttiva, laddove le parti sociali lo richiedano congiuntamente, e a condizione che gli Stati membri adottino tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di assicurare i risultati prescritti dalla presente direttiva.

Articolo 31

Recepimento

1.Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro [due anni dalla sua entrata in vigore]. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

2.Nell'informare la Commissione, gli Stati membri forniscono anche una sintesi dei risultati della loro valutazione relativa all'impatto dell'atto di recepimento sulle piccole e medie imprese e un riferimento circa il luogo di pubblicazione di tale valutazione.

3.Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 32

Comunicazione di informazioni e riesame

1.Entro [otto anni dall'entrata in vigore] gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni sulle modalità di applicazione della presente direttiva e sul suo impatto pratico.

2.Sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della presente direttiva e propone, se del caso, modifiche legislative.

Articolo 33

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 34

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Parlamento europeo    Per il Consiglio

Il presidente    Il presidente

(1)    Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23). La direttiva ha consolidato le direttive esistenti in materia di parità di genere nel settore dell'occupazione, integrando la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, vale a dire la direttiva 75/117/CEE sulla parità di retribuzione, la direttiva 86/378/CEE (modificata dalla direttiva 96/97/CE) relativa alla parità di trattamento nei regimi professionali di sicurezza sociale, la direttiva 76/207/CEE (modificata dalla direttiva 2002/73/CE) relativa alla parità di trattamento tra uomini e donne e la direttiva 97/80/CE (modificata dalla direttiva 98/52/CE) riguardante l'onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso.
(2)    Raccomandazione della Commissione 2014/124/UE, del 7 marzo 2014, sul potenziamento del principio della parità retributiva tra donne e uomini tramite la trasparenza (GU L 69 dell'8.3.2014, pag. 112).
(3)    Cfr. rispettivamente la valutazione e la relazione sull'applicazione della Commissione SWD(2020) 50 e COM(2013) 861 final .
(4)    L'indicatore del divario retributivo di genere misura la differenza tra la retribuzione oraria lorda media dei dipendenti maschi e quella delle dipendenti femmine espressa in percentuale della retribuzione oraria lorda media dei dipendenti maschi, Eurostat, sdg_05_20 .
(5)     https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/DDN-20200207-1
(6)    https://www.eurofound.europa.eu/publications/policy-brief/2020/women-and-labour-market-equality-has-covid-19-rolled-back-recent-gains
(7)    Conclusioni del Consiglio EPSCO, giugno 2019 (doc. 10349/19).
(8)    Il pilastro dei diritti sociali mira a garantire nuovi e più efficaci diritti per i cittadini, sulla base di 20 principi fondamentali. Per maggiori informazioni: https://ec.europa.eu/commission/priorities/deeper-and-fairer-economic-and-monetary-union/european-pillar-social-rights/european-pillar-social-rights-20-principles_it  
(9)    COM(2017) 678 final, cfr. anche la pertinente relazione di attuazione (COM(2020) 101 final).  
(10)     https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/political-guidelines-next-commission_en.pdf  
(11)    COM(2020) 152 final.
(12)    SWD(2020) 50.
(13)    Relazione sull'applicazione della direttiva 2006/54/CE (SWD(2013) 512 final); valutazione d'impatto che accompagna la raccomandazione sulla trasparenza retributiva (SWD(2014) 59 final); relazione sull'attuazione della raccomandazione della Commissione sul potenziamento del principio della parità retributiva tra donne e uomini tramite la trasparenza (COM(2017) 671 final).
(14)    Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio (GU L 188 del 12.7.2019, pag. 79).
(15)     https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52012PC0614
(16)     https://ec.europa.eu/info/strategy/international-strategies/sustainable-development-goals_it  
(17)     https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12129-Revision-of-Non-Financial-reporting-directive
(18)    COM(2020) 682 final.
(19)     https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12548-Sustainable-corporate-governance  
(20)    Causa 43/75, Gabrielle Defrenne contro Société anonyme belge de navigation aérienne Sabena (Defrenne II); causa 43/75, ECLI:EU:C:1976:56, punti 8-10.
(21)    Causa 50/96, Deutsche Telekom AG contro Lilli Schröder, ECLI:EU:C:2000:72, punto 57.
(22)    SWD(2020) 50.
(23)    Il costo stimato della valutazione d'impatto relativo al diritto individuale all'informazione è di 20 EUR per singola richiesta (il costo totale per impresa dipende quindi dal numero di richieste), mentre il costo complessivo per la comunicazione di informazioni sulle retribuzioni da parte dei datori di lavoro sarebbe compreso tra un minimo di 379-508 EUR e un massimo di 721-890 EUR per datore di lavoro, a seconda delle dimensioni dell'impresa. A seconda delle differenze retributive effettive che richiedono una valutazione salariale congiunta, il costo medio di tale valutazione per datore di lavoro è stato stimato tra un minimo di 1 180-1 724 EUR e un massimo di 1 911 e 2 266 EUR. Cfr. SWD(2021) 41, pag. 74.
(24)    Ad esempio, la direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (GU L 159 del 28.5.2014, pag. 1) e la direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 8).
(25)    Il comitato consultivo, istituito a norma della decisione 2008/590/CE della Commissione relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini, assiste la Commissione nella formulazione e nell'attuazione delle attività dell'UE volte a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini e promuove gli scambi continui di esperienze, politiche e prassi pertinenti tra gli Stati membri e i vari attori coinvolti.
(26)     https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/adopted_opinion_gpg.pdf
(27)     https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/1839-Evaluation-of-the-provisions-in-the-Directive-2006-54-EC-implementing-the-Treaty-principle-on-equal-pay-/public-consultation  
(28)    Per una sintesi delle risposte si veda l'allegato 2 della relazione di valutazione del 2020.
(29)    Per una sintesi delle risposte si veda l'allegato 2 della relazione sulla valutazione d'impatto che accompagna la presente proposta.
(30)    Per una sintesi delle risposte si veda l'allegato 2 della relazione sulla valutazione d'impatto che accompagna la presente proposta.
(31)    SWD(2021) 41.
(32)    Causa C-320/00 Lawrence, ECLI:EU:C:2002:498.
(33)    Causa 129/79 Macarthys, ECLI:EU:C:1980:103.
(34)    Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(35)    Causa C-109/88, Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund I Danmark contro Dansk Arbejdsgiverforening, che agisce per conto della Danfoss, ECLI:EU:C:1989:383.
(36)    Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).
(37)    Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
(38)    Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).
(39)    Regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio, del 9 marzo 1999, relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro (GU L 63 del 12.3.1999, pag. 6).
(40)    GU C [...], pag. [...].
(41)     https://ec.europa.eu/commission/priorities/deeper-and-fairer-economic-and-monetary-union/european-pillar-social-rights/european-pillar-social-rights-20-principles_it
(42)    Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23).
(43)     SWD(2020) 50 . Cfr. anche la relazione del 2013 al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della direttiva 2006/54/CE, COM(2013) 861 final.
(44)    Evaluation of the relevant provision in Directive 2006/54/EC implementing the Treaty principle on "equal pay for equal work or work of equal value", SWD(2020) 50; relazione sull'attuazione del piano d'azione dell'UE 2017-2019 "Affrontare il problema del divario retributivo di genere", COM(2020) 101.
(45)     https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/initiatives/ares-2020-33490_it
(46)    Comunicazione della Commissione "Un'Unione dell'uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020‑2025", del 5 marzo 2020, COM(2020) 152 final.
(47)    Causa C-66/85, Deborah Lawrie-Blum contro Land Baden-Württemberg, ECLI:EU:C:1986:284; causa C‑428/09, Union Syndicale Solidaires Isère contro Premier ministre e altri, ECLI:EU:C:2010:612; causa C-229/14, Ender Balkaya contro Kiesel Abbruch- und Recycling Technik GmbH, ECLI:EU:C:2015:455; causa C-413/13, FNV Kunsten Informatie en Media contro Staat der Nederlanden, ECLI:EU:C:2014:2411; causa C-216/15, Betriebsrat der Ruhrlandklinik gGmbH contro Ruhrlandklinik gGmbH, ECLI:EU:C:2016:883; causa C-658/18, UX contro Governo della Repubblica italiana, ECLI:EU:C:2020:572.
(48)    Ad esempio, causa C-58/81, Commissione delle Comunità europee contro Granducato del Lussemburgo, ECLI:EU:C:1982:215; causa C-171/88 Ingrid Rinner-Kühn contro FWW Spezial-Gebäudereinigung GmbH & Co. KG, ECLI:EU:C:1989:328; causa C-147/02, Michelle K. Alabaster contro Woolwich plc e Secretary of State for Social Security, ECLI:EU:C:2004:192; causa C-342/93, Joan Gillespie e altri contro Northern Health and Social Services Boards, Department of Health and Social Services, Eastern Health and Social Services Board e Southern Health and Social Services Board ECLI:EU:C:1996:46; causa C-278/93, Edith Freers e Hannelore Speckmann contro Deutsche Bundespost, ECLI:EU:C:1996:83; causa C-12/81, Eileen Garland contro British Rail Engineering Limited, ECLI:EU:C:1982:44; causa C-360/90, Arbeiterwohlfahrt der Stadt Berlin e.V. contro Monika Bötel, ECLI:EU:C:1992:246; causa C-33/89, Maria Kowalska contro Freie und Hansestadt Hamburg, ECLI: EU:C:1990:265.
(49)    Ad esempio, causa C-400/93, Royal Copenhagen, ECLI:EU:C:1995:155; causa C-309/97, Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse, ECLI:EU:C:1999:241; causa C-381/99, Brunnhofer, ECLI:EU:C:2001:358; causa C-427/11, Margaret Kenny a altri contro Minister for Justice, Equality and Law Reform e altri [2013] ECLI:EU:C:2013:122, punto 28.
(50)    Causa C-320/00 Lawrence, ECLI:EU:C:2002:498.
(51)    Causa 129/79 Macarthys, ECLI:EU:C:1980:103.
(52)    Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, recante modifica della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni (GU L 330 del 15.11.2014, pag. 1).
(53)    Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(54)    Causa C-407/14, María Auxiliadora Arjona Camacho v Securitas Seguridad España SA, ECLI:EU:C:2015:831, punto 45.
(55)    Causa C-109/88, Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund I Danmark contro Dansk Arbejdsgiverforening, che agisce per conto della Danfoss, ECLI:EU:C:1989:383.
(56)    Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).
(57)    Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
(58)    Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).
(59)    Regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio, del 9 marzo 1999, relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro (GU L 63 del 12.3.1999, pag. 6).
(60)    Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
(61)    Direttiva del Consiglio 92/85/CEE, del 19 ottobre 1992, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 348 del 28.11.1992, pag. 1).
Top