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Document 52018DC0761

PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO che accompagna la comunicazione della Commissione sull'analisi annuale della crescita 2019

COM/2018/761 final

Bruxelles, 21.11.2018

COM(2018) 761 final

PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE
DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO

che accompagna la comunicazione della Commissione



sull'analisi annuale della crescita 2019


INDICE

PREMESSA    

MESSAGGI FONDAMENTALI    

1.    PANORAMICA DELLE TENDENZE E DELLE SFIDE NELLA SOCIETÀ E NEL MERCATO DEL LAVORO NELL'UNIONE EUROPEA    

1.1    Tendenze nel mercato del lavoro    

1.2    Tendenze nella società    

2.    ISTANTANEE TRATTE DAL QUADRO DI VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE SOCIALE    

2.1    Spiegazione del quadro di valutazione    

2.2    Elementi tratti dal quadro di valutazione della situazione sociale    

3.    RIFORME OCCUPAZIONALI E SOCIALI - RISULTATI E AZIONE DEGLI STATI MEMBRI    

3.1    Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro    

3.1.1    Indicatori chiave    

3.1.2    Risposta strategica    

3.2.    Orientamento 6: potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze    

3.2.1    Indicatori chiave    

3.2.2    Risposta strategica    

3.3.    Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale    

3.3.1    Indicatori chiave    

3.3.2    Risposta strategica    

3.4.    Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà    

3.4.1    Indicatori chiave    

3.4.2    Risposta strategica    

ALLEGATI    


PREMESSA

La relazione comune sull'occupazione della Commissione europea e del Consiglio è prescritta dall'articolo 148 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). La proposta iniziale della presente relazione presentata dalla Commissione europea si iscrive nel pacchetto d'autunno, comprendente l'analisi annuale della crescita che dà l'avvio al ciclo del semestre europeo. La relazione comune sull'occupazione offre una panoramica annuale dei principali sviluppi sociali e occupazionali in Europa nonché delle misure di riforma adottate dagli Stati membri in linea con gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione 1 . Nel riferire su tali riforme si segue la struttura degli orientamenti: rilanciare la domanda di forza lavoro (orientamento 5), potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze (orientamento 6), migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale (orientamento 7) e promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà (orientamento 8).

La relazione comune sull'occupazione monitora inoltre i risultati degli Stati membri in relazione al quadro di valutazione della situazione sociale, istituito nell'ambito del pilastro europeo dei diritti sociali. Il pilastro è stato istituito come proclamazione interistituzionale dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 17 novembre 2017 e individua principi e diritti in tre settori: i) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, ii) condizioni di lavoro eque nonché iii) protezione sociale e inclusione. Il monitoraggio dei progressi compiuti in questi settori è sostenuto da un'analisi dettagliata del quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro.

La relazione comune sull'occupazione è strutturata come segue: un capitolo introduttivo (capitolo 1) illustra le principali tendenze nella società e nel mercato del lavoro nell'Unione europea per definire il contesto. Il capitolo 2 presenta i principali risultati dell'analisi del quadro di valutazione della situazione sociale associato al pilastro europeo dei diritti sociali. Il capitolo 3 fornisce una descrizione transnazionale dettagliata degli indicatori chiave (anche derivanti dal quadro di valutazione della situazione sociale) e delle politiche attuate dagli Stati membri in risposta agli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione.



MESSAGGI FONDAMENTALI

L'Europa sta compiendo progressi in relazione al quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali. In un contesto contrassegnato da miglioramenti sui mercati del lavoro e dalla riduzione della povertà, hanno registrato risultati mediamente migliori 13 dei 14 indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale. La ripresa economica non apporta però ancora benefici nella stessa misura a tutti i cittadini e tutti i paesi. Per la maggior parte degli Stati membri sono state individuate criticità in merito a principi specifici del pilastro. L'attuale ripresa economica offre l'occasione per intensificare le riforme volte a migliorare l'inclusività, la resilienza e l'equità dei mercati del lavoro e dei regimi di protezione sociale, in modo da promuovere la convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro nell'UE. Esistono tuttavia rischi di indebolimento della ripresa, che impongono agli Stati membri di cogliere con urgenza questa opportunità.

L'intensa creazione di posti di lavoro continua e l'occupazione è giunta a livelli record nell'UE. Nel secondo trimestre del 2018 le persone occupate nell'UE erano 239 milioni, 14 milioni in più rispetto al livello più basso raggiunto nel momento peggiore della crisi, a metà del 2013. Nello stesso periodo il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni è salito al 73,2 %: al ritmo attuale, l'UE è sulla buona strada per conseguire l'obiettivo posto da Europa 2020 di un tasso di occupazione del 75 % nel 2020. La crescita dell'occupazione nel 2017 e nei primi due trimestri del 2018 ha riguardato tutti i principali gruppi demografici; come negli anni precedenti, i maggiori aumenti sono stati registrati tra i lavoratori anziani (fascia di età 55-64 anni). Le forti divergenze tra i tassi di occupazione dei diversi paesi dell'UE indicano tuttavia che esistono ampi margini di ulteriore miglioramento, in particolare per gli Stati membri che sono ancora lontani dal raggiungere gli obiettivi nazionali fissati da Europa 2020.

La disoccupazione è tornata al livello precedente la crisi ma si mantiene elevata in diversi Stati membri. Grazie alla ripresa costante dei mercati del lavoro il tasso di disoccupazione ha continuato a diminuire nel 2017, raggiungendo il 6,9 % nel secondo trimestre del 2018 e attestandosi ora al livello più basso degli ultimi dieci anni, inferiore di oltre 4 punti percentuali al picco raggiunto nel 2013. Nella zona euro il tasso di disoccupazione, pari all'8,3 % nel secondo trimestre del 2018, resta di un punto percentuale più alto rispetto al livello più basso registrato nel 2008. I tassi di disoccupazione sono ancora particolarmente alti in Grecia, Spagna, Italia, Croazia e Cipro.

L'aumento dell'occupazione continua ad essere più evidente in termini di persone occupate che di ore lavorate. Il totale delle ore lavorate nell'UE ha continuato ad aumentare nel 2017, per quanto a ritmo inferiore a quello dell'occupazione totale, ma non è ancora tornato al livello del 2008. Il numero elevato dei lavoratori a tempo parziale involontari (cioè coloro che hanno un'occupazione a tempo parziale ma preferirebbero lavorare di più), ancora di 1,3 milioni superiore al livello del 2008, suggerisce anch'esso il persistere di capacità sottoutilizzata nel mercato del lavoro. La riduzione del numero di ore lavorate per persona si inserisce comunque in un andamento strutturale che perdura dall'inizio degli anni 2000.

I redditi delle famiglie continuano ad aumentare in quasi tutti gli Stati membri. Il reddito reale disponibile delle famiglie pro capite ha segnato i maggiori incrementi negli Stati membri che hanno aderito di recente all'Unione, elemento che ha contribuito al processo di convergenza verso l'alto. Sebbene siano stati indotti principalmente da condizioni economiche favorevoli, tali sviluppi hanno tratto beneficio anche dalle riforme che hanno migliorato l'adeguatezza delle prestazioni sociali, tra cui i regimi di reddito minimo. In diversi paesi il reddito lordo reale disponibile pro capite rimane tuttavia significativamente inferiore ai livelli precedenti la crisi. I redditi delle famiglie sono aumentati più lentamente del PIL, evidenziando il fatto che l'incremento di reddito dovuto alla ripresa ha raggiunto le famiglie solo in misura limitata e sollevando pertanto dubbi sull'inclusività della crescita recente.

Grazie alla solida ripresa dell'economia e dei mercati del lavoro la quota di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è diminuita sensibilmente nel 2017. Più di 5 milioni di persone sono uscite dalla povertà o dall'esclusione sociale, registrando il calo più significativo dall'inizio della ripresa. Tale evoluzione è stata principalmente dovuta alla diminuzione del numero di persone che versano in stato di deprivazione materiale grave e/o fanno parte di famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa (al confronto con i relativi valori massimi raggiunti, tali indicatori sono diminuiti rispettivamente di 15 e di 8 milioni). Il numero totale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, pari a 113 milioni di persone o al 22,5 % della popolazione complessiva nel 2017, è ora inferiore ai livelli precedenti la crisi. Le stime indicano che tale tendenza è destinata a proseguire fino al prossimo anno. Resta comunque molto da fare per raggiungere l'obiettivo di riduzione della povertà e dell'esclusione sociale posto da Europa 2020. Il rischio di povertà o di esclusione sociale continua a minacciare in particolare i bambini, le persone con disabilità e quelle provenienti da un contesto migratorio.

La crescita dei salari reali è rallentata nel 2017, ma risulta in ripresa nel 2018. L'aumento dei salari rimane complessivamente inferiore a quanto ci si potrebbe attendere considerato l'andamento positivo dei mercati del lavoro e dell'economia. Le dinamiche salariali contenute degli anni passati si spiegano con la crescita debole della produttività, le aspettative di inflazione ancora bassa e le riserve ancora presenti sul mercato del lavoro. In termini reali gli stipendi medi sono ancora inferiori ai livelli precedenti la crisi in molti Stati membri e nel 2017 la loro crescita è stata inferiore a quella della produttività. Tale evoluzione si inserisce in una tendenza a lungo termine: nell'UE, tra il 2000 e il 2017, il valore aggiunto reale per persona occupata è aumentato del 15,6 %, mentre l'incremento della retribuzione reale per lavoratore è stato solo dell'11,2 %. Nonostante questi sviluppi esistono riscontri oggettivi del fatto che sta avendo luogo una convergenza dei livelli di reddito da lavoro, sebbene permangano ampie differenze tra gli Stati membri e al loro interno.

I quadri di determinazione dei salari (inclusi i salari minimi) stanno iniziando a reagire al miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Sono aumentati in particolare i salari minimi legali in diversi paesi, con il coinvolgimento delle parti sociali. Si tratta di un'evoluzione importante alla luce del persistere di elevati tassi di povertà lavorativa in diversi Stati membri, elemento che impone di intervenire anche sull'impianto dei regimi fiscali e sull'adeguatezza delle prestazioni. In tale contesto è importante che l'adeguamento dei salari minimi segua regole trasparenti e prevedibili, tenendo conto degli effetti su competitività, creazione di posti di lavoro e livelli di povertà lavorativa.

Malgrado la creazione costante di posti di lavoro, alcuni gruppi incontrano ancora difficoltà nel cogliere i benefici della ripresa. Nel 2017 la crescita dell'occupazione è stata essenzialmente determinata da donne, lavoratori anziani e persone con un alto livello di competenze. Da un lato il tasso di occupazione dei lavoratori con un basso livello di competenze è ancora inferiore ai livelli precedenti la crisi e si mantiene inferiore di quasi 30 punti percentuali a quello dei lavoratori con un alto livello di competenze. Il tasso di occupazione dei giovani, anche se in crescita, è inferiore ai valori del 2008 (di 2,7 punti percentuali); l'aspetto positivo è invece che la percentuale di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano è tornata ai livelli precedenti la crisi, attestandosi al 10,9 %. Le persone provenienti da un contesto migratorio devono affrontare problemi di occupabilità: nel 2017 il divario tra il tasso di occupazione dei lavoratori nati nell'UE e di quelli nati al di fuori dell'UE era di 10 punti percentuali (in aumento rispetto ai 4,5 punti percentuali del 2008). Il divario è particolarmente pronunciato tra le donne migranti. Da ultimo, le persone con disabilità tendono a partecipare meno al mercato del lavoro; la possibilità di sfruttare i loro talenti rimane largamente inutilizzata.

La partecipazione delle donne al mercato del lavoro continua a crescere a ritmo sostenuto. Nel 2017 il tasso di occupazione delle donne era pari al 66,5 %, quasi 5 punti percentuali in più rispetto al 2008. Il divario di genere nei livelli di occupazione resta tuttavia elevato, con notevoli differenze tra Stati membri. Sebbene le donne siano di solito più qualificate degli uomini in termini di livello di istruzione, il divario retributivo di genere è elevato e si sta riducendo solo gradualmente. Le donne sono sovrarappresentate nei settori e nelle occupazioni meno retribuiti e ricoprono spesso posti di lavoro di livello inferiore alle loro qualifiche. L'effetto della genitorialità e delle responsabilità di assistenza rimane la causa principale di tassi di occupazione più bassi, mentre l'inadeguatezza dei servizi costituisce un importante ostacolo al mantenimento del lavoro o al ritorno nel mondo del lavoro. Inoltre i prestatori di assistenza informale, in maggioranza donne, corrono un rischio maggiore di povertà e dipendenza finanziaria, con interruzioni di carriera che spesso si traducono in diritti pensionistici di minore entità. Diversi Stati membri stanno adottando ulteriori azioni per fornire un accesso equo e a prezzi abbordabili a servizi di cura dell'infanzia e di assistenza a lungo termine di qualità, ma permangono difficoltà importanti. Sarebbe utile, in alcuni casi, una distribuzione più equilibrata tra donne e uomini dei congedi per motivi di famiglia retribuiti. Alcuni Stati membri stanno adeguando i loro regimi fiscali e previdenziali per eliminare i disincentivi al lavoro per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare. Azioni concrete per eliminare il divario retributivo di genere sono state adottate solo in un numero ristretto di paesi.

Nell'ultimo decennio il tasso di occupazione dei lavoratori anziani è aumentato notevolmente. Per la fascia di età 55-64 anni il tasso è aumentato dal 45,5% nel 2008 al 57,1% nel 2017. I lavoratori anziani sono stati relativamente più protetti dalla recessione e il loro tasso di occupazione ha continuato ad aumentare durante la crisi fino a diventare un importante elemento della ripresa occupazionale. L'allungamento della vita lavorativa si spiega con una serie di fattori, tra i quali l'aumento dell'età pensionabile stabilita dalla legge, il migliore accesso ai servizi di assistenza, la disponibilità di modalità di lavoro flessibili e strategie per l'invecchiamento attivo. Molti Stati membri si adoperano per promuovere ulteriormente la partecipazione al mercato del lavoro dei lavoratori anziani, anche fornendo sostegno alle transizioni flessibili dall'occupazione al pensionamento e incentivi finanziari sia per i datori di lavoro che per i lavoratori.

La situazione dei giovani sul mercato del lavoro continua a migliorare ma la disoccupazione giovanile rimane elevata in diversi Stati membri. Sebbene sia in costante calo e sia tornato al livello del 2008, il tasso di disoccupazione giovanile (fascia di età 15-24 anni) presenta notevoli differenze tra i vari paesi e tassi molto elevati in alcuni di essi. Una parte ancora considerevole dei giovani è economicamente inattiva. Nell'UE, nel 2017 complessivamente quasi 6 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni non studiavano, non frequentavano corsi di formazione e non lavoravano (NEET). L'allontanamento dei giovani dal mercato del lavoro, se prolungato nel tempo, può ripercuotersi negativamente sulla crescita potenziale e sortire effetti negativi sui soggetti interessati, quali il deprezzamento delle competenze e un maggiore rischio di povertà e di esclusione sociale negli anni successivi. Le azioni intraprese dagli Stati membri in conformità alla raccomandazione del Consiglio che ha istituito la garanzia per i giovani costituiscono importanti fattori di miglioramento.

Garantire l'accesso a un'istruzione e a una formazione di qualità e inclusive permette alle generazioni giovani di diventare cittadini impegnati e attivi, aiutandole ad integrarsi nel mercato del lavoro e nella società. L'Europa sta compiendo progressi verso l'obiettivo principale fissato dalla strategia Europa 2020 in materia di abbandono scolastico, vale a dire raggiungere un tasso del 10 %, e ha quasi conseguito l'obiettivo del 40 % in materia di tasso di istruzione terziaria. Permangono tuttavia ampie differenze tra gli Stati membri e tra i gruppi di popolazione (ad esempio, tra uomini e donne e tra le persone nate nell'UE e quelle nate al di fuori dell'UE). Destano preoccupazione i tassi elevati di persone con competenze di base insufficienti, oltre alla forte correlazione tra risultati scolastici, status socioeconomico e risultati del mercato del lavoro. Gli Stati membri stanno adottando misure per migliorare i propri sistemi di istruzione, in particolare per ridurre ulteriormente i tassi di abbandono scolastico, promuovere la parità di accesso e migliorare i risultati dell'istruzione tra i discenti svantaggiati. In alcuni Stati membri un maggiore investimento (che sia anche più efficiente) nei sistemi di istruzione e formazione costituisce una priorità. Anche il miglioramento della qualità dell'istruzione superiore e della sua pertinenza per il mercato del lavoro è un tema cui gli Stati membri dedicano una grande importanza, in particolare in un contesto nel quale aumentano i tassi di istruzione terziaria.

I cambiamenti tecnologici e le conseguenti trasformazioni dei mercati del lavoro richiedono il miglioramento delle competenze e la riconversione professionale della popolazione in età lavorativa. Possedere una qualifica pertinente per il mercato del lavoro è sempre più importante affinché i lavoratori si adattino a un ambiente in rapida evoluzione. Nell'UE il rapporto tra adulti con un basso livello di qualifiche e il numero di posti di lavoro che richiedono qualifiche di basso livello è in media di tre a uno. Le persone con un basso livello di competenze e gli anziani sono però molto meno propensi della media a partecipare a programmi di istruzione degli adulti. Permangono notevoli lacune in termini di competenze digitali: più del 40 % degli adulti nell'UE non possiede competenze digitali di base, con picchi del 70 % in alcuni Stati membri. Ciò comporta che una parte significativa della popolazione non può accedere ad un'ampia gamma di servizi, con risvolti negativi sull'inclusione e sulla produttività.

Gli Stati membri stanno adeguando i propri sistemi di sviluppo delle competenze e sviluppando strategie per migliorare la pertinenza della formazione per il mercato del lavoro, al fine di agevolare le transizioni dei discenti verso il mercato del lavoro e al suo interno. Ciò significa anche migliorare la comprensione e il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche in tutta Europa e tenere conto dell'apprendimento che avviene al di fuori dei contesti istituzionali. Sono in corso un riesame e un aggiornamento dei sistemi di istruzione e formazione professionale al fine di migliorarne la pertinenza per il mercato del lavoro e di promuovere l'accesso, ma in questi ambiti permangono difficoltà. Offrire incentivi ai gruppi svantaggiati affinché partecipino alle attività di istruzione degli adulti, insieme all'opportuno orientamento, e fornire sostegno finanziario alle imprese per la formazione del proprio personale sono importanti leve politiche per conseguire esiti migliori. Gli Stati membri continuano ad aumentare l'offerta di opportunità di istruzione e di qualificazione agli adulti con un basso livello di competenze, coerentemente con l'iniziativa "Percorsi di miglioramento del livello delle competenze". Alla promozione dello sviluppo delle competenze digitali è riservato un posto importante tra le priorità degli Stati membri in materia di istruzione e competenze.

L'incidenza delle forme di lavoro atipiche è più o meno stabile a livello dell'UE ma l'elevata segmentazione del mercato del lavoro rimane problematica per una serie di Stati membri. La quota complessiva di lavoratori con contratti a tempo determinato non è cambiata in modo significativo negli ultimi anni, aggirandosi su una media del 14 %. Complessivamente sono "involontari" più di metà dei lavoratori a tempo determinato, con punte del 70 % o oltre in 12 Stati membri. In diversi paesi la combinazione di percentuali elevate di contratti a tempo determinato e di tassi modesti di transizione verso contratti a tempo indeterminato è sintomo di una dualità del mercato del lavoro. Questo fenomeno è fonte di preoccupazione in quanto i lavoratori atipici occupano posti di lavoro di qualità inferiore e sono esposti a maggiori rischi di povertà lavorativa. Oltre a ciò, circa un quarto di tutti i lavoratori autonomi nell'UE possono essere classificati come "vulnerabili" o "fittizi". I risultati dell'indagine sembrano inoltre indicare che la percentuale delle persone che guadagnano più della metà del loro reddito lavorando mediante piattaforma digitale può aver raggiunto circa il 2 % (2017) e si prevede che aumenti; queste cifre evidenziano l'importanza di prestare una maggiore attenzione politica a tale sviluppo. In alcuni Stati membri sono in corso riforme della legislazione di tutela dell'occupazione, al fine di raggiungere un migliore equilibrio tra flessibilità e sicurezza ed evitare la segmentazione. Vi rientrano, in alcuni casi, condizioni più rigorose di ricorso ai contratti a tempo determinato o un più ampio campo di applicazione della contrattazione collettiva per definirne il quadro di riferimento. In alcuni Stati membri hanno intrapreso la regolamentazione delle nuove forme di lavoro, compresi i lavoratori mediante piattaforma digitale e i lavoratori in proprio.

Prestazioni di disoccupazione di importo adeguato, di durata ragionevole, accessibili a tutti i lavoratori e accompagnate da misure efficaci di attivazione, sono fondamentali per fornire assistenza a chi è in cerca di lavoro durante le transizioni. L'impianto di tali sistemi varia notevolmente tra gli Stati membri in tutte le dimensioni interessate. Le recenti riforme apportate in questo ambito si sono concentrate prevalentemente sul rafforzamento delle prescrizioni di attivazione per le persone in cerca di lavoro che ricevono le prestazioni, ad esempio tramite il rafforzamento degli obblighi di ricerca di lavoro e della condizione che si accetti un nuovo lavoro. Permangono preoccupazioni in merito alla copertura dei lavoratori atipici, che spesso non hanno pieno accesso al sistema, e all'assenza di copertura dei lavoratori autonomi: tali temi ricevono particolare attenzione nella proposta della Commissione di raccomandazione del Consiglio sull'accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi.

Politiche attive del mercato del lavoro e servizi pubblici per l'impiego efficaci sono fondamentali per garantire mercati del lavoro ben funzionanti e inclusivi. Le politiche attive del mercato del lavoro migliorano l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e aumentano le probabilità di trovare un nuovo lavoro per chi lo cerca, oltre a svolgere un ruolo particolarmente importante nel favorire l'integrazione dei disoccupati di lungo periodo. I servizi pubblici per l'impiego sono le istituzioni principali incaricate di sostenere le attività di ricerca di lavoro dei disoccupati e di indirizzarli verso le misure di attivazione. Esistono però differenze significative tra i paesi dell'UE in termini di partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro e di investimenti in tali politiche. Analogamente, l'efficacia dei servizi pubblici per l'impiego nel fornire sostegno alla ricerca di lavoro è disuguale nei vari Stati membri e, a volte, anche al loro interno. Mentre la maggioranza degli Stati membri sta adottando misure importanti incentrate sull'erogazione di servizi personalizzati, in diversi Stati membri esistono margini di irrobustimento dei rispettivi sistemi dedicati alle politiche attive del mercato del lavoro. Gli Stati membri hanno compiuto progressi nell'attuazione della raccomandazione del Consiglio sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo, per quanto siano necessari ulteriori interventi per promuovere la cooperazione tra i diversi attori e per migliorare la sensibilizzazione delle persone inattive. I servizi pubblici per l'impiego stanno portando avanti i propri programmi di riforma nel quadro della rete europea degli SPI. Sebbene alcuni Stati membri abbiano adottato ulteriori misure per promuovere l'integrazione dei migranti nel mercato del lavoro (concentrandosi in particolare sui rifugiati), mancano approcci sistematici ed è necessario investire di più nel miglioramento del livello delle competenze e nel riconoscimento delle competenze e delle qualifiche, in politiche del mercato del lavoro efficienti e nel sostegno da parte dei servizi pubblici per l'impiego. 

Per la prima volta dall'inizio della crisi, nel 2017 la disparità di reddito nell'UE è diminuita leggermente, grazie ad aumenti più rapidi del reddito delle famiglie con minori disponibilità. Tale elemento induce a ritenere che la ripresa comincia a raggiungere i soggetti più vulnerabili. Le stime disponibili indicano che questa tendenza positiva continuerà nella maggior parte degli Stati membri. Ciononostante, nel 2017 nell'UE il 20 % più ricco della popolazione aveva un reddito disponibile superiore di 5,1 volte a quello del 20 % più povero (rispetto alle 5,2 volte del 2016), con ampie variazioni tra gli Stati membri. La disparità di reddito è superiore ai livelli precedenti la crisi in alcuni paesi ed è spesso correlata alla disparità di opportunità nell'accesso all'istruzione, alla formazione e alla protezione sociale, nonché a risultati insoddisfacenti del mercato del lavoro. Alcuni Stati membri stanno adottando politiche di riduzione della disparità, segnatamente nell'impianto della determinazione dei salari minimi e dei regimi fiscali e previdenziali. Per interrompere la trasmissione delle disparità da una generazione all'altra gli Stati membri possono intraprendere ulteriori interventi in diversi settori, ad esempio promuovendo pari opportunità nell'istruzione e nella formazione, garantendo l'accesso a un'assistenza sanitaria e ad altri servizi di qualità, incoraggiando la parità di genere e affrontando le disparità a livello regionale.

L'effetto misurato dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla riduzione della povertà ha continuato a diminuire nel 2017. Tale risultato è coerente con la riduzione dell'effetto degli stabilizzatori automatici in una fase di espansione economica, per quanto permangano notevoli variazioni tra gli Stati membri. L'effetto di riduzione della povertà dei trasferimenti sociali è diminuito maggiormente negli Stati che sono membri dell'UE da lunga data, mentre è aumentato nei paesi che vi hanno aderito più di recente (il che suggerisce che è in atto una convergenza). Il risultato complessivo dipende da migliori condizioni del mercato del lavoro (e dai connessi mutamenti delle caratteristiche delle persone a rischio di povertà) così come da cambiamenti nell'adeguatezza e nella copertura delle prestazioni, considerato inoltre che le prestazioni sono a volte in ritardo rispetto all'aumento generale dei redditi. L'adeguatezza delle prestazioni di reddito minimo presenta notevoli variazioni tra gli Stati membri, come indicato dai risultati del pertinente esercizio di analisi comparativa.

Gli Stati membri continuano ad adottare misure per modernizzare i regimi di protezione sociale, irrobustendo la copertura e l'adeguatezza delle prestazioni e dei servizi. Sono in corso di adozione misure volte a migliorare l'accesso alla protezione sociale, in particolare per i lavoratori atipici e i lavoratori autonomi, che continuano a risentire di notevoli divari. Sono inoltre in fase di introduzione innovazioni che riguardano le nuove forme di lavoro. Si continua ad operare per migliorare l'adeguatezza delle prestazioni, per quanto in alcuni casi siano stati registrati ritardi. Diversi Stati membri stanno migliorando i propri regimi di reddito minimo, associando a livelli adeguati di sostegno l'accesso a beni e servizi abilitanti e incentivi per l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro, applicando un approccio di inclusione attiva. Alcuni Stati membri stanno rafforzando l'erogazione integrata di servizi (quali l'assistenza sociale, i servizi per l'impiego e altri servizi sociali). In un contesto nel quale le spese abitative costituiscono una quota importante del reddito di molti nuclei familiari e l'evoluzione del numero dei senzatetto non mostra miglioramenti, alcuni Stati membri hanno intrapreso riforme mirate a migliorare l'accesso all'alloggio grazie a incentivi o misure preventive.

Il cambiamento demografico e l'aumento della speranza di vita rendono evidente la necessità di adattare i regimi pensionistici, di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine. La domanda di assistenza a lungo termine e di assistenza sanitaria è in aumento e i bisogni cambiano con l'invecchiamento della popolazione. Nei prossimi cinque decenni si prevede che il numero degli europei di età superiore a 80 anni raddoppierà. Entro il 2050 ci saranno solo due persone in età attiva (15-64 anni) per ogni ultrasessantacinquenne, rispetto alle tre attuali; il rapporto è già in calo. Sebbene l'attenzione di molti Stati membri sia ancora concentrata sulle misure per migliorare la sostenibilità finanziaria, diventa quindi sempre più importante garantire l'adeguatezza delle pensioni. Le capacità di prevenzione della povertà e di sostituzione del reddito delle pensioni variano notevolmente tra gli Stati membri. Negli Stati membri sono in aumento le misure volte a salvaguardare l'adeguatezza delle pensioni attraverso garanzie minime e l'indicizzazione delle prestazioni, a promuovere il pensionamento flessibile, ad adattare le condizioni di maturazione dei diritti pensionistici alle diverse categorie di lavoratori e a rafforzare il ruolo delle pensioni complementari. 

Migliorare l'accesso a un'assistenza sanitaria e a un'assistenza a lungo termine di qualità, aumentandone nel contempo l'efficacia, è un principio guida delle riforme negli Stati membri. Per alcuni europei i costi e i tempi di attesa restano importanti ostacoli all'accessibilità dell'assistenza sanitaria. In diversi Stati membri le riforme dell'assistenza sanitaria si concentrano pertanto sull'aumento dell'efficacia, migliorando il coordinamento e attribuendo un ruolo più incisivo all'assistenza primaria e alla prevenzione. Sono in corso di adozione misure per migliorare la formazione e le condizioni di lavoro degli operatori sanitari. Nel settore dell'assistenza a lungo termine, l'assistenza è principalmente prestata ancora dai familiari data la mancanza, nella maggior parte degli Stati membri, di programmi di carattere generale atti a coprire le necessità di assistenza degli anziani. Le riforme in corso intendono associare un sistema di sostegno, da parte delle istituzioni pubbliche e di una rete di servizi locali e istituzionali, ai prestatori di assistenza informale e in ambito familiare, dedicando particolare attenzione alla sostenibilità a fronte delle sfide demografiche.

Il buon funzionamento del dialogo sociale è un elemento chiave dell'economia sociale di mercato europea. Contribuisce a rafforzare la coesione sociale e ridurre i conflitti nella società, a reciproco vantaggio dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei governi. Il coinvolgimento delle parti sociali nella preparazione delle riforme può migliorarne la concezione e l'attuazione, aumentare la titolarità dei cittadini e apportare in ultima analisi migliori risultati socioeconomici. Il grado e l'effetto del coinvolgimento delle parti sociali varia tuttavia notevolmente tra gli Stati membri ed è debole in molti casi. Sebbene non esista un modello di prassi di dialogo sociale valido per tutti, in alcuni Stati membri vi è un ampio margine per migliorare la capacità delle parti sociali e fornire loro un quadro adeguato per consultazioni prevedibili e tempestive, anche in tutte le fasi principali del semestre europeo. Analogamente, il ricorso all'esperienza delle organizzazioni della società civile può svolgere (ed effettivamente svolge) un ruolo importante nel garantire che le riforme siano elaborate e attuate efficacemente. Il grado di coinvolgimento dei portatori di interessi della società varia tuttavia notevolmente tra gli Stati membri, e per alcuni di questi la scarsa capacità di partecipare attivamente al dibattito politico è problematica.



1.    PANORAMICA DELLE TENDENZE E DELLE SFIDE NELLA SOCIETÀ E NEL MERCATO DEL LAVORO NELL'UNIONE EUROPEA

Questa sezione presenta una panoramica delle tendenze e delle sfide nella società e nel mercato del lavoro nell'Unione europea e offre un'analisi dettagliata dei principali ambiti della politica occupazionale e sociale.

1.1    Tendenze nel mercato del lavoro

Le condizioni del mercato del lavoro continuano a migliorare, con un aumento dell'occupazione che ha raggiunto un livello record nell'UE. In un contesto di forte crescita economica (2,4 %), il numero degli occupati nell'UE è aumentato dell'1,6 % nel 2017, il tasso di crescita annuo più elevato registrato dall'inizio della ripresa. L'occupazione totale ha continuato a crescere nei primi due trimestri del 2018, fino a raggiungere 238,9 milioni di posti di lavoro 2 , vale a dire circa 3,2 milioni di posti di lavoro in più rispetto a un anno fa, il livello più elevato mai raggiunto nell'UE. Dall'inizio della ripresa dell'occupazione, nella metà del 2013, sono stati creati oltre 14 milioni di nuovi posti di lavoro.

Il tasso di occupazione (delle persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni) è in continuo aumento e si sta avvicinando all'obiettivo di Europa 2020. L'aumento è stato leggermente più rapido rispetto al 2016, di 1,1 punto percentuale, raggiungendo il 72,2 % nel 2017, ed è proseguito nei primi due trimestri del 2018, raggiungendo il 73,2 % (figura 1). Se l'attuale tendenza positiva continua al ritmo attuale, l'UE avrebbe buone probabilità di raggiungere l'obiettivo del tasso di occupazione del 75 % previsto dalla strategia Europa 2020. La situazione continua a migliorare anche nella zona euro dove, nel secondo trimestre del 2018, il tasso di occupazione ha raggiunto il 71,9 %, il livello più elevato mai registrato. Questi sviluppi positivi sono sostenuti da una costante tendenza al rialzo della partecipazione al mercato del lavoro. Nel secondo trimestre del 2018 il tasso di attività (15-64 anni) ha raggiunto un livello record pari al 73,8 % (73,5 % nella zona euro). Il tasso di attività nell'UE è aumentato a un ritmo costante, anche durante la crisi, colmando il divario con gli Stati Uniti. Nel 2017 i lavoratori anziani e le donne hanno continuato a essere l'elemento principale dell'aumento della partecipazione al mercato del lavoro.

Il tasso di disoccupazione è tornato al livello precedente la crisi. Grazie alla costante tendenza alla creazione di posti di lavoro, il tasso di disoccupazione ha continuato a diminuire, attestandosi al 6,9 % nel secondo trimestre del 2018: un livello che nell'UE non si registrava dal secondo trimestre del 2008, di oltre 4 punti percentuali al di sotto del picco raggiunto nel 2013. Il miglioramento è meno sostanziale nella zona euro, dove il tasso di disoccupazione, pari all'8, 3%, nel secondo trimestre 2018, resta di un punto percentuale superiore al livello più basso registrato nel 2008. Queste tendenze positive sono associate a una costante diminuzione del tasso di disoccupazione di lungo periodo (vale a dire la quota di disoccupati da almeno un anno all'interno della popolazione attiva), che nell'UE è sceso di 0,5 punti percentuali rispetto all'anno precedente, raggiungendo il 3 % nel secondo trimestre del 2018 (3,9 % nella zona euro). Sebbene la disoccupazione (anche di lungo periodo) sia diminuita in tutti gli Stati membri nel corso dell'ultimo anno, persiste una notevole dispersione dei tassi di disoccupazione (come indicato nel punto 3.1.1) e alcuni paesi sono ancora ben lontani dal raggiungere i livelli minimi precedenti la crisi.

Figura 1: tassi di occupazione e di disoccupazione nell'UE e nella zona euro

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: dati destagionalizzati per il secondo trimestre del 2018.

Anche la disoccupazione giovanile continua a diminuire rapidamente registrando un calo di 1,8 punti percentuali rispetto all'anno precedente e raggiungendo il 15,2 % nel secondo trimestre del 2018 (16,9 % nella zona euro). Questo dato corrisponde al livello più basso raggiunto poco prima della crisi (secondo trimestre del 2008) ed è ora di quasi 9 punti percentuali al di sotto del picco del 2013. La disoccupazione giovanile rimane tuttavia elevata in alcuni Stati membri, con tassi superiori al 30 % in Spagna, Italia e Grecia (si veda il punto 3.2.1). Si registrano costanti miglioramenti in termini di persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET), il cui tasso è sceso di 0,6 punti percentuali ed ha raggiunto il 10,9 % nel 2017, livello simile a quello del 2008.

La diminuzione dell'occupazione giovanile è accompagnata da un parallelo aumento del livello di istruzione dei giovani: il tasso di abbandoni di istruzione e formazione (fascia di età 18-24 anni), diminuito costantemente negli ultimi dieci anni, con il recente calo (di 0,1 punti percentuali) si è attestato al 10,6 % nel 2017. Questo valore è molto vicino all'obiettivo del 10 % previsto dalla strategia Europa 2020, sebbene esista un margine di ulteriore riduzione 3 . Il tasso di istruzione terziaria per la fascia di età compresa tra i 30 e i 34 anni ha continuato ad aumentare in maniera costante, raggiungendo il 39,9 % nel 2017, e ha quasi raggiunto l'obiettivo del 40 % fissato dalla strategia Europa 2020.

La ripresa continua a essere più evidente in termini di persone occupate che di ore lavorate. Nel 2017 il totale delle ore lavorate nell'UE è aumentato dell'1,2 %, confermando la tendenza positiva già avviata nel 2015. Tale aumento resta tuttavia inferiore a quello dell'occupazione totale (che è cresciuta dell'1,6 %, come sopra indicato); ciò significa che il numero di ore lavorate pro capite è diminuito. Il totale delle ore lavorate non è ancora tornato al livello massimo del 2008. Questi dati indicano il persistere di capacità sottoutilizzata nel mercato del lavoro, come segnalato anche da altri indicatori. Nel 2017 nell'UE sono stati registrati quasi 9 milioni di lavoratori a tempo parziale involontari (cioè coloro che hanno un'occupazione a tempo parziale ma preferirebbero lavorare di più), in calo rispetto al picco di 10,3 milioni nel 2013, ma ancora di 1,3 milioni al di sopra del livello del 2008. In una prospettiva a più lungo termine, la dinamica contenuta delle ore lavorate si inquadra in un mutamento strutturale legato a un'incidenza crescente del lavoro a tempo parziale nel corso degli ultimi 15 anni e al cambiamento delle preferenze dei lavoratori in merito. Ne consegue che il numero di ore lavorate per persona dal 2000 presenta una tendenza a una graduale diminuzione 4 .

Nel 2017 è stato registrato un aumento dell'occupazione in tutti i principali gruppi demografici. Come negli anni precedenti, i lavoratori anziani (fascia di età 55-64 anni) hanno registrato l'aumento più consistente (figura 2): il numero delle persone occupate in questo gruppo è aumentato del 4,3 % nel 2017, spingendo il tasso di occupazione al 57,1 %, il più elevato mai registrato (quasi 12 punti percentuali in più rispetto al 2008). Il numero di giovani occupati (fascia di età 15-24 anni) è aumentato a un ritmo leggermente più rapido rispetto al 2016 (1,6 % contro 1,3 %). Il tasso di occupazione giovanile, tuttavia, non si è ancora pienamente ripreso dalla crisi, attestandosi al 34,7 % nel 2017, ovvero di 2,7 punti percentuali al di sotto del livello del 2008. Dato il tasso di attività stabile (pari al 41,7 % nel 2017 contro il 41,6 % nel 2016), l'aumento dell'occupazione si è comunque tradotto in una costante diminuzione della disoccupazione per questa fascia di età. Nel 2017 l'occupazione è aumentata a un ritmo leggermente più sostenuto tra le donne rispetto agli uomini (1,5 % contro 1,3 %). Eppure il divario di genere nei livelli di occupazione rimane quasi invariato, attestandosi a 11,5 punti percentuali, di 0,1 punti percentuali inferiore al dato del 2016 (sebbene notevolmente inferiore al valore precedente la crisi registrato nel 2008, pari a 15 punti percentuali). Nonostante abbia registrato un aumento di 1,7 punti percentuali attestandosi al 63 % nel 2017, il tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell'UE di età compresa tra i 20 e i 64 anni rimane di 10 punti percentuali inferiore a quello delle persone nate nell'UE. Il divario è più elevato per le donne (circa 14 punti percentuali).

Figura 2: tassi di occupazione e crescita dell'occupazione nei diversi gruppi nell'UE

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

La ripresa continua ad accrescere la presenza nell'economia di lavoratori con un alto livello di competenze. Nel 2017 il numero di persone occupate in possesso di un'istruzione superiore è aumentato del 2,9 % (fascia di età 25-64 anni), mentre tra i lavoratori con un livello di competenze medio (vale a dire quelli con un livello di istruzione secondaria di secondo grado) è stato registrato un modesto aumento, pari allo 0,8 %. Al contrario, il numero di lavoratori con un basso livello di competenze (ossia con un livello di istruzione secondaria di primo grado o inferiore) è diminuito dello 0,4 %. Poiché la popolazione complessiva dei lavoratori con un basso livello di competenze di età compresa tra i 25 e i 64 anni è in calo (del 2,7 % rispetto al 2016), rispecchiando la tendenza all'invecchiamento della popolazione e al conseguimento di livelli di istruzione più elevati tra le generazioni più giovani, il tasso di occupazione del gruppo in esame è di fatto aumentato, passando dal 54,3 % nel 2016 al 55,6 % nel 2017. Il divario tra i tassi di occupazione dei lavoratori con un basso livello di competenze e quelli dei lavoratori con un alto livello di competenze è leggermente diminuito, passando da 30,5 punti percentuali nel 2016 a 29,7 nel 2017, ma rimane molto elevato e rivela la necessità di intervenire per aumentare l'occupabilità delle persone con un basso livello di istruzione. Le tendenze dettagliate per Stato membro sono presentate nelle successive sezioni della relazione.

Il lavoro a tempo determinato, espresso in percentuale sull'occupazione totale, è rimasto pressoché stabile nel 2017, mentre l'occupazione a tempo parziale è diminuita in misura marginale. Analogamente alla tendenza registrata negli ultimi anni, la ripresa ha promosso la creazione di posti di lavoro sia per i contratti a tempo indeterminato che determinato, aumentati rispettivamente di circa 2,7 milioni e 0,8 milioni nel 2017 (con un aumento percentuale rispettivamente dell'1,7 % e del 2,9 %). Tuttavia, in percentuale sull'occupazione totale, la quota di lavoratori a tempo determinato è rimasta pressoché stabile, registrando un lieve aumento di 0,1 punti percentuali e attestandosi al 14,3 % (fascia di età 15-64 anni). Per il secondo anno consecutivo la percentuale di lavoratori a tempo parziale (fascia di età 15-64 anni) è diminuita marginalmente (dello 0,1 %, fino a toccare il 19,4 % nel 2017), mantenendosi quasi 2 punti percentuali al di sopra del livello del 2008. Sul fronte positivo, come già indicato in precedenza, la percentuale di lavoratori a tempo parziale involontari si sta riducendo notevolmente (da 21,1 % nel 2016 a 19,8 % nel 2017), ma rimane considerevole. Il lavoro autonomo (fascia di età 15-64 anni) rispetto all'occupazione totale ha continuato a diminuire lentamente, scendendo al 13,7 % nel 2017 (rispetto al 14,0 % nel 2016 e al 14,4 % nel 2013).

In termini di sviluppi settoriali, l'occupazione ha continuato a orientarsi verso i servizi. In linea con la tendenza registrata negli ultimi anni, la maggior parte dei posti di lavoro è stata creata nel settore dei servizi 5 (2,8 milioni di persone occupate in più nel 2017, ovvero + 1,6 % rispetto al 2016, sulla base dei conti nazionali). Dal 2008 al 2017 la quota di posti di lavoro del settore dei servizi nell'UE è aumentata costantemente, passando dal 70,1 % al 73,9 %. Con un aumento del 2 %, il settore delle costruzioni ha registrato il maggiore incremento dell'occupazione dopo la recessione, consolidando la ripresa iniziata nel 2015; tuttavia, il numero di occupati è ancora quasi del 15 % inferiore rispetto al 2008. Anche l'industria ha evidenziato un'espansione sostenuta (pari all'1,5 %, il tasso più elevato dal 2007). Infine, dopo una lunga serie di cali, nel 2017 l'occupazione nel settore agricolo è leggermente aumentata (dello 0,3 %).

1.2    Tendenze nella società

Il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE 6 ) 7 è notevolmente diminuito nel 2017 ed è ora inferiore ai livelli precedenti la crisi. Nel 2017 tale indicatore ha continuato a diminuire per il quinto anno consecutivo, scendendo a 113 milioni di persone (ovvero il 22,5 % della popolazione totale), in linea con la ripresa dell'occupazione e l'aumento del reddito disponibile. Di conseguenza, nel 2017 le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE erano 5 milioni in meno rispetto a prima della crisi (nel 2008) e quasi 11 milioni in meno rispetto al picco del 2012. Data la battuta d'arresto causata dalla crisi, l'obiettivo principale della strategia Europa 2020 (20 milioni di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale in meno rispetto al 2008) è tuttavia ancora lungi dall'essere raggiunto. L'attuale calo generale dell'indicatore è riconducibile a tutte e tre le sue sottocomponenti, sebbene in misura diversa (si veda oltre e la figura 3).

Figura 3: percentuale di popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) e sottocomponenti (2005-2017)

Fonte: Eurostat, SILC. Nota: la legenda è spiegata nella nota a piè di pagina 6.

Il brusco calo del numero di persone che versano in stato di deprivazione materiale grave porta il dato al livello più basso nella storia recente ed è indicativo del miglioramento del tenore di vita. Nel 2017 oltre 3 milioni di persone sono uscite dallo stato di deprivazione materiale grave in cui versavano, il che ha ridotto il numero complessivo di persone interessate portandolo a 34,8 milioni, pari al 6,9 % della popolazione dell'UE (vale a dire 0,6 punti percentuali in meno rispetto al 2017 e un livello inferiore a quello del 2008). Tale diminuzione rappresenta un miglioramento significativo per il quinto anno consecutivo e rispecchia il miglioramento della situazione materiale delle famiglie. Malgrado questi sviluppi positivi, permangono differenze importanti tra gli Stati membri (si veda il punto 3.4).

L'aumento record dei tassi di occupazione ha contribuito a ridurre di 3,7 milioni nel 2017 il numero di persone che vivono in famiglie pressoché senza occupati. In percentuale sulla popolazione tra 0 e 59 anni, questo dato corrisponde a una riduzione dal 10,5 % nel 2016 al 9,3 % nel 2017, valore che per la prima volta dal 2009 è inferiore al 10 %. Sia il tasso che il numero di persone interessate rimangono tuttavia al di sopra dei livelli precedenti la crisi.

Per la prima volta dopo la crisi la percentuale della popolazione a rischio di povertà registra una diminuzione. Il numero di persone a rischio di povertà è aumentato fino al 2014, per poi stabilizzarsi nei due anni successivi. Nel 2017 il tasso è sceso di 0,4 punti percentuali, ovvero quasi 2 milioni di persone, attestandosi al 16,9 %: è il primo anno dopo la crisi in cui i redditi delle famiglie indigenti sono aumentati più rapidamente dei redditi mediani. I dati più recenti delle stime rapide di Eurostat 8 indicano che questa flessione dei tassi di povertà è destinata a continuare. Il tasso di rischio di povertà per le persone che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa è tuttavia aumentato per il quarto anno consecutivo ed ha attualmente toccato il livello record del 62,3 %. Questa situazione indica il persistere di divari nell'adeguatezza delle prestazioni sociali in diversi paesi ed è stata individuata dal comitato per la protezione sociale come tendenza da tenere sotto osservazione 9 .

Malgrado il calo complessivo della percentuale di persone a rischio di povertà, la povertà lavorativa resta elevata. Nel 2017 il reddito familiare del 9,6 % della popolazione attiva era inferiore al 60 % del reddito mediano nazionale, un dato che è rimasto invariato dal 2016 e che si situa ben al di sopra della percentuale dell'8,5 % registrata nel 2008. Ad oggi gli aumenti hanno interessato sia i lavoratori a tempo parziale sia quelli a tempo pieno, anche se i primi sono ancora esposti a un rischio di povertà nettamente più alto (il 15,8 % contro l'8,0 %). La tendenza ha interessato in particolare i lavoratori più giovani (di età inferiore ai 30 anni), che sono esposti a rischi più seri e crescenti rispetto ai lavoratori di età pari o superiore ai 30 anni. La povertà lavorativa è stata individuata dal comitato per la protezione sociale come una tendenza da tenere sotto osservazione sia a breve che a lungo termine 10 .

I dati sulla povertà relativi alle persone più vulnerabili indicano miglioramenti di modesta entità, segnando un'inversione di rotta rispetto alle tendenze precedenti. Nel 2017 si è assistito a una modesta flessione dello scarto di povertà, che misura la distanza degli individui a rischio di povertà dalla linea di povertà, passato dal 25 % al 24,7 %, ma comunque rimasto ben al di sopra dei livelli precedenti la crisi. Questo indica che la posizione reddituale relativa delle persone più vulnerabili sta leggermente migliorando. Per quanto riguarda i disoccupati, il rischio di povertà è diminuito per la prima volta dall'inizio della crisi ma, attestandosi al 48 %, resta prossimo ai livelli massimi mai raggiunti.

Nonostante i miglioramenti generali, il rischio di povertà o di esclusione sociale dei bambini resta elevato. Il tasso AROPE relativo ai bambini (fascia di età 0-17 anni) continua a diminuire e nel 2017 è sceso dal 26,4 % al 24,5 %, ben al di sotto del livello precedente la crisi. Il 62,9 % dei figli di genitori con un basso livello di competenze resta tuttavia a rischio di povertà o di esclusione sociale, rispetto al solo 9 % dei figli di genitori con un alto livello competenze. Per i figli di persone nate al di fuori dell'UE la percentuale di individui a rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentata durante tutto il periodo successivo alla crisi, per raggiungere il 34,5 % nel 2017, oltre il doppio del tasso relativo ai figli di genitori nati nell'UE. Tra le cause principali della povertà infantile si sottolinea l'aumento del numero di famiglie monoparentali, la cui percentuale è passata dal 4,4 % della popolazione dell'UE nel 2011 al 4,8 % nel 2016 (ma è scesa al 4,3 % nel 2017). Il tasso di rischio di povertà relativo ai minori che vivono in famiglie monoparentali è il doppio del tasso medio relativo ai bambini in generale, un divario che continua ad aumentare. 

I redditi delle famiglie continuano a crescere, ma a un ritmo più lento rispetto all'economia in generale. Benché il reddito lordo disponibile delle famiglie sia aumentato per il quarto anno consecutivo nel 2017 e sia attualmente ben al di sopra del livello registrato nel 2008, l'incremento annuo è ancora inferiore rispetto alla crescita del PIL (il reddito lordo disponibile delle famiglie è aumentato di meno dell'1 % nel 2017, mentre nello stesso periodo il PIL reale pro capite è aumentato del 2,2 %). I dati evidenziano che l'aumento dei redditi delle famiglie non tiene il passo con l'aumento generale dei redditi nell'economia. Come indicato al punto 3.4 il reddito disponibile lordo delle famiglie pro capite, in termini reali, rimane inferiore ai livelli precedenti la crisi in diversi Stati membri.

Nel 2017 l'aumento delle disparità di reddito negli anni successivi alla crisi ha iniziato registrare un'inversione di tendenza, ma non compensa ancora gli aumenti passati. In media, il 20 % più ricco delle famiglie negli Stati membri ha un reddito di oltre cinque volte superiore a quello del 20 % più povero. Il rapporto S80/S20 è passato da 5,0 a 5,2 tra il 2008 e il 2016, anche per via delle condizioni insoddisfacenti del mercato del lavoro e del ristagno dei redditi, in special modo nella parte inferiore della distribuzione. Nel 2017 questo rapporto ha cominciato a diminuire ed è tornato a una media del 5,1 nell'UE. Le più recenti stime rapide di Eurostat indicano che la flessione è destinata a proseguire.

 

2.    ISTANTANEE TRATTE DAL QUADRO DI VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE SOCIALE

Il pilastro europeo dei diritti sociali, istituito come proclamazione interistituzionale dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 17 novembre 2017, definisce una serie di principi e di diritti fondamentali per sostenere l'equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. È concepito come bussola per un nuovo processo di convergenza verso migliori condizioni socioeconomiche negli Stati membri.

Il pilastro europeo dei diritti sociali è accompagnato da un quadro di valutazione della situazione sociale al fine di monitorare i risultati e seguire l'andamento delle tendenze negli Stati membri 11 . Il quadro di valutazione contempla diversi indicatori (principali e secondari) per vagliare i risultati occupazionali e sociali degli Stati membri, in relazione a indicatori selezionati, lungo tre dimensioni generali individuate nel quadro del pilastro: i) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, ii) mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque e iii) sostegno pubblico e protezione e inclusione sociali. Dalla sua edizione del 2018, la relazione comune sull'occupazione integra il quadro di valutazione della situazione sociale, i cui risultati (per quanto riguarda gli indicatori principali) sono sintetizzati nel presente capitolo. L'analisi si inserisce nel più ampio contesto di riforma presentato nel capitolo 3.

2.1    Spiegazione del quadro di valutazione    

Il quadro di valutazione della situazione sociale costituisce uno strumento essenziale per il monitoraggio dei risultati occupazionali e sociali e della convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro. In particolare, esso contribuisce a monitorare la situazione degli Stati membri in relazione alle dimensioni misurabili del pilastro, integrando gli strumenti di monitoraggio esistenti, in particolare il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione e il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale 12 . Esso consta di 14 indicatori principali che valutano le tendenze sociali e occupazionali in generale 13 :

-pari opportunità e accesso al mercato del lavoro:

§percentuale di abbandoni di istruzione e formazione, fascia di età 18-24 anni;

§divario di genere nei livelli di occupazione, fascia di età 20-64 anni;

§disparità di reddito misurata in rapporto interquintilico S80/S20;

§tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE);

§giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET), fascia di età 15-24 anni;

-mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque:

§tasso di occupazione, fascia di età 20-64 anni;

§tasso di disoccupazione, fascia di età 15-74 anni;

§tasso di disoccupazione di lunga durata, fascia di età 15-74 anni;

§reddito disponibile lordo delle famiglie in termini reali, pro capite 14 ;

§reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio 15 ;

-sostegno pubblico e protezione e inclusione sociali:

§effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà (pensioni escluse) 16 ;

§bambini di età inferiore a 3 anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia;

§esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato;

§percentuale della popolazione con competenze digitali complessive di base o superiori.

Gli indicatori principali sono analizzati mediante una metodologia comune approvata dal comitato per l'occupazione e dal comitato per la protezione sociale (si veda l'allegato 3 per ulteriori dettagli). Tale metodologia valuta la situazione e gli sviluppi negli Stati membri, esaminando i livelli e le variazioni annue 17 di ciascuno degli indicatori principali previsti dal quadro di valutazione della situazione sociale. I livelli e le variazioni sono classificati in funzione della loro distanza dalle rispettive medie UE (non ponderate). I risultati degli Stati membri relativi ai livelli e alle variazioni sono quindi combinati (utilizzando una matrice predefinita) in modo tale che a ogni Stato membro sia attribuita una di sette categorie ("risultati migliori", "superiori alla media", "buoni ma da monitorare", "nella media/neutri", "modesti ma in miglioramento", "da tenere sotto osservazione" e "situazioni critiche"). Su tale base la tabella 1 offre una sintesi dei risultati del quadro di valutazione secondo i dati più recenti disponibili per ciascun indicatore.

Si impone una lettura attenta e non meccanica della tabella. A tal fine nel capitolo 3 è presentata un'analisi dettagliata dei quattordici indicatori, compresi, ove opportuno, indicatori supplementari e tendenze a più lungo termine. Le prossime relazioni per paese forniranno inoltre un'analisi approfondita di tutte le "situazioni critiche" e ulteriori elementi del contesto politico e socioeconomico per definire con maggiore precisione le sfide specifiche per ciascun paese nell'ambito del semestre europeo. Unitamente all'analisi ulteriore inclusa nel monitoraggio dei risultati in materia di occupazione e nel monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale, verrà in tal modo fornita, ove opportuno, una base analitica per le successive proposte di raccomandazioni specifiche per paese formulate dalla Commissione.

2.2    Elementi tratti dal quadro di valutazione della situazione sociale

L'analisi del quadro di valutazione evidenzia una ripresa costante della situazione sociale e del mercato del lavoro per tutta l'UE 18 . Mediamente nell'UE 19 13 dei 14 indicatori principali hanno registrato un miglioramento nel corso dell'ultimo anno disponibile (vale a dire il 2017 o il 2016, a seconda della disponibilità dei dati), e solo uno (effetto dei trasferimenti sociali riduzione della povertà) è leggermente peggiorato, sebbene sia in linea con la riduzione dell'effetto degli stabilizzatori automatici in una fase di espansione economica. Il progresso più notevole è stato registrato (complessivamente e nel lungo termine) in relazione ai tassi di disoccupazione, diminuiti in tutti gli Stati membri nel 2017 e rispetto ai quali è stata evidenziata una sola "situazione critica". Anche l'andamento del tasso di occupazione e del tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale è stato generalmente positivo, poiché la maggior parte degli Stati membri ha registrato un miglioramento rispetto all'anno precedente.

La maggior parte degli Stati membri incontra difficoltà in relazione ad almeno un indicatore principale, ma il computo complessivo si è ridotto rispetto allo scorso anno. Considerando nel loro insieme le tre categorie più problematiche, vale a dire "situazione critica", "da tenere sotto osservazione" e "modesti ma in miglioramento", la maggior parte degli Stati membri è segnalata almeno una volta, ad eccezione di Germania, Finlandia, Francia, Paesi Bassi e Svezia. Considerando solo le "situazioni critiche" (vale a dire gli indicatori il cui livello è molto inferiore alla media e che non stanno migliorando abbastanza rapidamente o stanno peggiorando ulteriormente), il numero di Stati membri segnalati è diminuito da 14 nella relazione comune sull'occupazione 2018 (con un numero di indicatori più limitato) a 13 nell'attuale esercizio (Estonia, Malta e Portogallo sono usciti dal gruppo, mentre Ungheria e Lettonia vi sono entrate). Il computo delle criticità evidenzia un miglioramento generale. Nei 14 ambiti valutati sono stati complessivamente individuati 117 casi di "situazione critica", "da tenere sotto osservazione" o "modesti ma in miglioramento", vale a dire circa il 31 % del numero totale di valutazioni (rispetto al 33 % nella relazione comune sull'occupazione 2018); di questi, 39 sono "situazioni critiche", cifra che corrisponde al 10 % di tutte le valutazioni (rispetto al 13 % nella relazione comune sull'occupazione 2018) 20 .

Esaminando le tre dimensioni generali contemplate dal quadro di valutazione, analogamente alla relazione comune sull'occupazione 2018, segnalazioni di problematicità figurano con maggiore frequenza nel settore "sostegno pubblico e protezione e inclusione sociali", con una media di 9,3 casi (3,5 dei quali sono "situazioni critiche") per ciascun indicatore. L'effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà sembra essere l'indicatore più problematico, con segnalazioni per 11 Stati membri (5 dei quali nella categoria inferiore).

Seguono le dimensioni "pari opportunità e accesso al mercato del lavoro" e "mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque", con una media, rispettivamente, di 8,6 e 7,4 casi segnalati per ciascun indicatore (3,2 e 1,8 "situazioni critiche" ciascuno). Nel primo ambito, l'indicatore con il maggior numero di segnalazioni è l'abbandono precoce di istruzione e formazione (10 volte). Nell'ultimo ambito, il reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio appare l'indicatore con il maggior numero di criticità (12 segnalazioni).

Per quanto riguarda l'ultimo anno, la situazione degli Stati membri e la gravità delle rispettive sfide varia ampiamente. Grecia, Romania e Italia presentano ancora valutazioni "critiche", "da tenere sotto osservazione" o "modeste ma in miglioramento" per dieci o più indicatori, con segnalazioni di "situazioni critiche" rispettivamente per 7, 4 e 6 indicatori (si veda la tabella 1). Per questi paesi le sfide sono ripartite uniformemente in tutti e tre gli ambiti (eppure sono segnalati risultati "superiori alla media" una volta per Grecia e Italia, rispettivamente in relazione al tasso di abbandono scolastico e alle esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato, e due volte per la Romania, in relazione al tasso di disoccupazione e alla crescita del reddito disponibile lordo delle famiglie pro capite). In termini di computo complessivo, seguono Croazia e Spagna con 9 criticità ciascuna, Bulgaria con 8 criticità, quindi Cipro, Lettonia e Portogallo con 6 criticità ciascuno. I Paesi Bassi hanno invece conseguito i risultati migliori o superiori alla media in relazione a 11 indicatori principali, seguiti da Cechia e Svezia (10 indicatori ciascuna) e da Austria, Germania e Slovenia (8 indicatori ciascuna).

Se si considerano le pari opportunità e l'accesso al mercato del lavoro, i progressi più rilevanti sono stati in media registrati in relazione ai tassi di popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale e di NEET, mentre i progressi sono stati più modesti per quanto riguarda l'abbandono scolastico, il divario di genere nei livelli di occupazione e la disparità di reddito (anche se quest'ultimo indicatore è per la prima volta in calo dal periodo successivo alla crisi). Esaminando ciascun indicatore si rileva che:

·Spagna, Italia e Romania si trovano in una "situazione critica" in relazione all'abbandono precoce di istruzione e formazione rispetto a Croazia, Irlanda, Polonia e Slovenia, i paesi dai risultati migliori;

·Grecia, Italia e Romania presentano un punteggio critico in materia di divario di genere nei livelli di occupazione rispetto a Finlandia, Lituania e Svezia, i paesi dai "risultati migliori";

·Bulgaria, Spagna, Lettonia e Lituania si trovano in una "situazione critica" in termini di disparità di reddito rispetto ai risultati migliori ottenuti da Cechia, Finlandia, Slovenia e Slovacchia;

·la situazione relativa al tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale è critica in Bulgaria e Grecia rispetto a Cechia e Finlandia, i paesi dai "risultati migliori";

·Cipro, Croazia, Grecia e Italia si trovano in una "situazione critica" in relazione ai NEET, mentre Austria, Cechia, Germania, Paesi Bassi, Slovenia e Svezia hanno conseguito i risultati migliori.

Per quanto riguarda i mercati del lavoro dinamici e le condizioni di lavoro eque nell'UE, la situazione è in media migliorata nell'ultimo anno in relazione a tutti gli indicatori, in particolare i tassi di occupazione e disoccupazione (sia complessivamente sia a lungo termine), il reddito lordo disponibile delle famiglie pro capite e il reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio. Esaminando ciascun indicatore si rileva che:

·Croazia, Grecia, Italia e Spagna si trovano in una "situazione critica" per quanto riguarda il loro tasso di occupazione rispetto a Cechia, Estonia, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito, paesi dai "risultati migliori";

·nessun paese presenta un punteggio critico in relazione al tasso di disoccupazione (Cipro, Croazia, Grecia e Spagna sono contrassegnati come paesi con risultati "modesti ma in miglioramento", mentre l'Italia come paese "da tenere sotto osservazione"); dall'altro lato, la Cechia è il paese con i "risultati migliori";

·l'Italia presenta un punteggio critico in relazione al tasso di disoccupazione di lungo periodo (la metodologia applicata non ha individuato alcun paese con i "risultati migliori", mentre 14 paesi sono risultati "superiori alla media").

·La crescita del reddito disponibile lordo delle famiglie pro capite è considerata una "situazione critica" in Grecia e a Cipro rispetto a Bulgaria e Polonia, paesi dai "risultati migliori";

·la situazione del reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio è valutata come critica per Ungheria e Slovacchia, mentre Austria, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito sono i paesi dai "risultati migliori".

Per quanto riguarda il sostegno pubblico e la protezione e l'inclusione sociali, la situazione è migliorata nell'ultimo anno in termini di disponibilità di cura dell'infanzia, di esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato e di competenze digitali, ma è peggiorata in termini di effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà, come indicato sopra. Esaminando ciascun indicatore si rileva che:

·Bulgaria, Grecia, Italia, Lettonia e Romania si trovano in una "situazione critica" in relazione alla capacità dei loro trasferimenti sociali di ridurre il rischio di povertà, a differenza di Danimarca, Finlandia, Ungheria e Svezia, paesi dai "risultati migliori";

·Bulgaria, Cechia, Grecia, Polonia e Slovacchia presentano un punteggio critico in relazione all'inserimento dei bambini di età inferiore a 3 anni in strutture formali di cura dell'infanzia, contro Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo, paesi dai "risultati migliori";

·la Lettonia si trova in una "situazione critica" in termini di esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato (non è stato individuato alcun paese con i "risultati migliori", mentre 12 paesi sono risultati "superiori alla media");

·Bulgaria, Croazia e Romania si trovano in una "situazione critica" in relazione ai livelli di competenze digitali, mentre Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia hanno conseguito i risultati migliori.

Tabella 1. sintesi degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

Nota: il 26 ottobre 2018 i dati sul rapporto tra quintili di reddito, sull'AROPE, sull'effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà e sulle esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato non sono disponibili per IE e UK; i dati sulla crescita del reddito disponibile lordo delle famiglie pro capite non sono disponibili per HR e MT; il reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio non è disponibile per CY; il livello individuale di competenze digitali non è disponibile per IT. Le interruzioni nelle serie e altre segnalazioni statistiche sono riportate negli allegati 1 e 2.

Riquadro 1. Analisi comparativa: stato di avanzamento

L'importanza dell'analisi comparativa come strumento per sostenere le riforme strutturali e stimolare la convergenza verso l'alto in ambito occupazionale e sociale è stata riconosciuta dalla relazione dei cinque presidenti del giugno 2015 21 ed è stata ulteriormente sottolineata nel documento di riflessione sull'approfondimento dell'UEM del maggio 2017 22 . La comunicazione della Commissione, del 26 aprile 2017, sull'istituzione di un pilastro europeo dei diritti sociali 23 ha identificato l'analisi comparativa (benchmarking) come uno strumento chiave a sostegno dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali nell'ambito del semestre europeo. Da allora sono stati elaborati e discussi con gli Stati membri esercizi di analisi comparativa in diversi settori.

In particolare, il comitato per l'occupazione (EMCO) e il comitato per la protezione sociale (CPS) hanno concordato un approccio comune secondo una sequenza di tre fasi: 1) individuazione delle principali sfide e di una serie di indicatori di impatto di alto livello pertinenti per il settore strategico in esame; 2) indicatori di risultato, che consentono un'analisi comparativa dei risultati; 3) individuazione delle leve politiche, affiancate da principi generali di orientamento strategico e, ove disponibili, da indicatori specifici. In questa fase non sono stabiliti valori di riferimento per le leve politiche, dato che l'obiettivo è consentire di effettuare confronti tra Stati membri.

Il quadro di riferimento per l'analisi comparativa delle prestazioni di disoccupazione e delle politiche attive del mercato del lavoro è stato applicato per la prima volta nel semestre europeo 2018. In questo contesto, l'analisi comparativa di caratteristiche concettuali specifiche e dei risultati dei sistemi delle prestazioni di disoccupazione, segnatamente per quanto riguarda gli aspetti di ammissibilità e adeguatezza, è stata inserita nella relazione comune sull'occupazione 2018 e nelle relazioni per paese. Previa approvazione del comitato per l'occupazione, elementi del quadro di riferimento riguardanti la componente "attivazione" dei sistemi delle prestazioni di disoccupazione (ad esempio le condizioni di disponibilità a lavorare cui è subordinata la percezione delle prestazioni di disoccupazione) e i servizi del mercato del lavoro a sostegno delle persone in cerca di lavoro sono ora integrati nel semestre europeo 2019 e sono riportati nella presente relazione.

Su approvazione del comitato per la protezione sociale, il semestre europeo 2019 prevede inoltre la piena integrazione del quadro di riferimento per l'analisi comparativa delle prestazioni di reddito minimo per quanto riguarda l'adeguatezza, la copertura e le componenti "attivazione" dei regimi di reddito minimo, anche in merito al loro rapporto con i servizi in natura (assistenza sanitaria, istruzione e alloggio). L'attuale ciclo del semestre europeo si avvale inoltre, per la prima volta, dei risultati del quadro di riferimento per l'analisi comparativa sulle competenze e sull'istruzione degli adulti, concordato con il comitato per l'occupazione nell'ottobre 2018. I comitati pertinenti stanno lavorando su possibili ulteriori quadri di riferimento per l'analisi comparativa, ad esempio sull'adeguatezza delle pensioni, da utilizzare nei prossimi cicli del semestre europeo.


3.    RIFORME OCCUPAZIONALI E SOCIALI - RISULTATI E AZIONE DEGLI STATI MEMBRI

Questa sezione presenta una panoramica dei recenti indicatori occupazionali e sociali chiave nonché delle misure adottate dagli Stati membri negli ambiti prioritari individuati negli orientamenti dell'UE a favore dell'occupazione 24 , adottati dal Consiglio nel 2018. Per ciascun orientamento sono presentati gli sviluppi recenti in relazione a una selezione di indicatori chiave nonché le misure strategiche adottate dagli Stati membri. Per quanto riguarda queste ultime, la presente sezione si basa sui programmi nazionali di riforma degli Stati membri per il 2018 e su fonti della Commissione europea 25 . Salvo diversa indicazione, nella relazione sono presentate solo le misure strategiche attuate dopo il giugno 2017. Per un'analisi approfondita dell'andamento recente del mercato del lavoro si veda la relazione Labour market developments and wages 2018 26 ed Employment and Social Developments in Europe Review 2018 27 . 

3.1    Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro 

Questa sezione si sofferma sull'attuazione dell'orientamento 5 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di istituire condizioni che promuovano la domanda di forza lavoro e la creazione di posti di lavoro. In primo luogo essa offre una panoramica dei tassi di disoccupazione e di occupazione per Stato membro, ad integrazione dell'analisi a livello di UE effettuata nel capitolo 1, al fine di evidenziare l'importanza della sfida relativa alla creazione di posti di lavoro in tutti i paesi. La sezione passa quindi a esaminare le dinamiche del lavoro autonomo in quanto indicativo dell'imprenditorialità e fonte di crescita dell'occupazione di per sé (gli aspetti del lavoro autonomo relativi alle nuove forme di lavoro sono esaminati nel capitolo 3.3), per poi analizzare infine l'andamento dei salari e del cuneo fiscale in quanto principali determinanti macroeconomiche delle decisioni di assunzione. Il punto 3.1.2 riferisce in merito alle misure strategiche attuate dagli Stati membri in questi settori per promuovere la domanda di forza lavoro, anche mediante sussidi all'assunzione.

3.1.1    Indicatori chiave

Nel 2017 il calo della disoccupazione ha subito un'accelerazione. Per la prima volta dalla crisi il tasso di disoccupazione è diminuito in tutti gli Stati membri dell'UE. Tale calo è avvenuto con una rapidità superiore alla media soprattutto in alcuni Stati membri interessati da tassi di disoccupazione molto elevati, Grecia, Spagna, Croazia e Portogallo, che hanno tutti registrato una riduzione di 2 punti percentuali o più; ciò indica una chiara tendenza alla convergenza 28 verso livelli di disoccupazione più bassi. È stato tuttavia registrato un forte calo anche in alcuni paesi a bassa disoccupazione, di oltre 1 punto percentuale in Cechia, nei Paesi Bassi e in Polonia. Come si evince dalla figura 4 (che esamina congiuntamente i livelli e le variazioni secondo la metodologia concordata per la valutazione degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale 29 ), nel 2017 la dispersione dei tassi di disoccupazione è rimasta considerevole, con valori che vanno dal 3 % della Cechia al 21,5 % della Grecia. Il tasso di disoccupazione resta elevato anche in Italia, dove si registrano solo miglioramenti limitati rispetto al 2016. Nonostante il calo costante dal 2013, in molti Stati membri il tasso di disoccupazione resta molto più elevato di quello del 2008 (figura 5), specialmente in Croazia, Grecia, Cipro, Italia e Spagna. Nel 2017 il tasso di disoccupazione in Germania, Ungheria e Polonia era invece di oltre 2 punti percentuali inferiore rispetto al periodo precedente la crisi.

Figura 4: tasso di disoccupazione (fascia di età 15-74 anni) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

Figura 5: tasso di disoccupazione (fascia di età 15-74 anni), confronto pluriennale

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Sebbene il tasso di occupazione abbia registrato forti aumenti, permangono notevoli disparità. Tutti gli Stati membri hanno registrato aumenti, ad eccezione della Danimarca 30 (un calo di 0,5 punti percentuali, benché da un livello di partenza molto elevato). Come illustrato nella figura 6, i tassi di occupazione convergono solo parzialmente: gli Stati membri caratterizzati da tassi di occupazione più bassi tendono a crescere a un ritmo leggermente superiore alla media; la situazione rimane tuttavia frammentaria. Nel 2017 i tassi di occupazione (fascia di età 20-64 anni) divergono fortemente e variano tra il 57,8 % della Grecia e l'81,8 % della Svezia. Nella parte più bassa della scala, il tasso di occupazione resta molto al di sotto della media dell'UE in alcuni dei paesi più duramente colpiti dalla crisi, segnatamente Grecia, Croazia, Italia e Spagna (paesi segnalati come "situazioni critiche"). Nove paesi hanno già superato l'obiettivo del 75 %, mentre nei sei paesi che hanno conseguito i risultati migliori (Svezia, Germania, Estonia, Cechia, Regno Unito e Paesi Bassi) i tassi sono prossimi o superiori al 78 %.

Figura 6: tasso di occupazione (fascia di età 20-64 anni) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

I tassi di occupazione medi nell'UE aumentano costantemente dal 2013 e sono attualmente ben al di sopra del picco precedente la crisi. Ungheria e Malta, che nel 2008 presentavano i tassi di occupazione più bassi nell'UE, sono state interessate dagli aumenti più netti a lungo termine (rispettivamente +11,8 e +13,8 punti percentuali nel 2017) e registrano ora livelli leggermente superiori alla media UE. Permangono tuttavia notevoli disparità. In particolare, analogamente a quanto avvenuto per i tassi di disoccupazione, i tassi di occupazione rimangono al di sotto dei livelli del 2008 nei paesi che sono stati maggiormente colpiti dalla crisi, come Grecia, Italia, Croazia, Spagna, Cipro e Irlanda (figura 7).

Figura 7: tasso di occupazione (fascia di età 20-64 anni), confronto pluriennale

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

La crescita costante dell'occupazione non ha influito sulla tendenza al ribasso a lungo termine del lavoro autonomo. In termini assoluti, il lavoro autonomo è diminuito dello 0,5 % nel 2017 (dopo un lieve aumento nel 2016 31 ), e ha continuato a diminuire anche in termini relativi: nel 2017 rappresentava il 13,7 % dell'occupazione complessiva (in calo rispetto al 14,0 % nel 2016 e al 14,4 % nel 2013). La percentuale di lavoro autonomo maschile sul totale degli uomini occupati si attesta al 17,2 % e rimane molto più alta rispetto a quella delle donne (9,7 %). Le tendenze del lavoro autonomo sono meno negative se si escludono il settore primario e l'industria manifatturiera. In particolare, negli ultimi dieci anni il lavoro autonomo è aumentato costantemente nella maggior parte dei settori relativi ai servizi.

I dati complessivi sono il risultato di un andamento divergente nei vari Stati membri, settori e sottogruppi. Le tendenze del lavoro autonomo non sembrano tuttavia collegate ai risultati occupazionali a livello settoriale o dello Stato membro. In termini di gruppi di età e di istruzione, l'andamento ha trovato ampio riscontro nei cambiamenti nella composizione della forza lavoro: il lavoro autonomo ha continuato a diminuire per le persone di età compresa tra i 15 e i 49 anni, mentre è aumentato sensibilmente per le persone di età compresa tra i 50 e i 64 anni e dai 65 anni in su (rispettivamente +1,2 % e + 4,0 %). Il livello di istruzione è un altro fattore importante, dal momento che nel 2017 il numero di lavoratori autonomi è diminuito del 3,2 % tra le persone che hanno completato l'istruzione secondaria di primo grado ed è aumentato dell'1 % tra le persone con un livello di istruzione terziaria. È stato infine registrato un aumento del numero di lavoratori autonomi nati al di fuori dell'UE. Gli aspetti relativi alla disoccupazione come forma di lavoro atipico sono esaminati in dettaglio nel capitolo 3.3.

La crescita dei salari rimane modesta nella maggior parte degli Stati membri. La crescita dei salari nominali nell'UE è rimasta contenuta nel corso della ripresa, ma ha iniziato a riprendersi nel 2017: il reddito da lavoro dipendente è aumentato del 2,1 %. Le differenze tra i vari paesi sono notevoli; i salari aumentano in genere più velocemente negli Stati Membri con livelli di salari più bassi e in quelli non appartenenti alla zona euro. Gli aumenti più elevati della retribuzione nominale per lavoratore sono stati registrati in Romania (16,0 %), Lituania (9,1 %), Ungheria (7,9 %), Lettonia (7,9 %) e Bulgaria (7,5 %), il che indica una convergenza dei salari tra l'Europa orientale e quella occidentale. Nella parte bassa della scala, i salari nominali sono diminuiti in Finlandia (-1,1 %) e in Croazia (-1,1 %) e sono rimasti stabili in Spagna, Italia e Grecia.

In termini reali, nel 2017 la crescita dei salari è diminuita rispetto al 2016. Nell'UE i salari reali rispetto ai prezzi al consumo (vale a dire i salari corretti per tenere conto della variazione dei prezzi al consumo) sono aumentati dello 0,5 % nel 2017, in calo rispetto all'1,2 % nel 2016. Nella zona euro i salari reali sono rimasti pressoché invariati (+0,2 %). È stato registrato un calo in otto paesi: Spagna, Italia, Grecia, Croazia, Portogallo, Paesi Bassi, Austria e Finlandia. Il rallentamento rispetto al 2016 è stato in parte dovuto all'aumento dei prezzi al consumo, che non ha trovato riscontro in un aumento delle retribuzioni. Tuttavia, anche se si esaminano i salari reali rispetto ai prezzi alla produzione (corretti per tenere conto del deflatore del PIL), la situazione rimane sostanzialmente immutata: i salari reali sono aumentati solo di poco nel 2017 (dello 0,7 %) e in otto paesi è stata registrata una diminuzione (figura 8).

Figura 8: retribuzione reale per lavoratore, IPCA e deflatore del PIL, variazione % annua per il 2017 

Fonte: Commissione europea, banca dati AMECO.

Nel 2017 la crescita dei salari reali è stata inferiore alla crescita della produttività nella maggior parte degli Stati membri. Questa tendenza è confermata anche su un arco di tre anni (figura 9) e in una prospettiva a più lungo termine (figura 10). In nove paesi (Belgio, Cipro, Croazia, Finlandia, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna) nel periodo 2015-2017 la crescita dei salari reali è stata negativa. Anche a più lungo termine (2000-2017), l'andamento dei salari reali è rimasto in media inferiore a quello della produttività. In Portogallo e in Italia in termini reali i salari sono ancora al di sotto dei livelli del 2000. La tendenza recente è invece opposta per la maggior parte degli Stati membri dell'Europa centrale e orientale dove, nel corso degli ultimi tre anni, la crescita dei salari reali (deflazionati con il deflatore del PIL) ha superato la crescita della produttività, in parte grazie al processo di recupero del divario nei confronti dei paesi a reddito più alto. Nel 2017 il maggiore divario positivo tra la crescita dei salari reali e l'aumento della produttività è stato osservato negli Stati Membri baltici, in Bulgaria e in Slovacchia.

Figura 9: retribuzione reale per lavoratore e produttività, tassi di crescita medi 2015-2016-2017 

Fonte: Eurostat, conti nazionali (calcoli interni, dal Labour Market and Wage Developments in Europe, annual review 2018).

Figura 10: andamento dei salari e della produttività, variazioni % medie 2000-2017

Fonte: Eurostat, conti nazionali (calcoli interni).

La crescita dei salari rimane inferiore a quanto previsto in considerazione degli attuali livelli di disoccupazione. Nella fase di ripresa, la crescita dei salari è stata complessivamente modesta e sembra non aver reagito al calo del tasso di disoccupazione come nei precedenti cicli economici. Questo fenomeno, descritto come "appiattimento" apparente della curva salariale di Phillips, misura la relazione tra la crescita dei salari e la disoccupazione. Come indicato nella figura 11 per la zona euro, suggerisce che i salari sono diventati meno sensibili al tasso di disoccupazione complessivo nell'economia.

Figura 11: curva di Phillips per la zona euro: tasso di crescita della retribuzione per lavoratore, 2000-2017

Fonte: DG ECFIN, banca dati AMECO, ed Eurostat, conti nazionali (calcoli interni, dal Labour Market and Wage Developments in Europe, annual review 2018)

La crescita moderata dei salari nominali durante la ripresa può essere imputata alla bassa inflazione, alla crescita debole della produttività, all'effetto di alcune riforme del mercato del lavoro e alle riserve ancora presenti sul mercato del lavoro. Una parte rilevante della moderazione dei salari nominali è imputabile alla bassa inflazione (in media l'1,5 % durante la ripresa, tra il 2010 e il 2017, rispetto al 2,2 % nel periodo 2000-2007). Nel contempo, la crescita reale della produttività è lievemente aumentata (in media dello 0,7 % per il periodo 2010-2017 rispetto allo 0,4 % prima della crisi), ma è stata accompagnata da un tasso di disoccupazione nettamente superiore (l'11,7 % nel periodo successivo alla crisi rispetto all'8,7 % prima della crisi). Nel complesso, stime recenti indicano che l'inflazione, la produttività e le riserve del mercato del lavoro spiegano gran parte della recente moderazione salariale (FMI 2017 32 ; Commissione europea 2018 33 ). Le riserve latenti del mercato del lavoro, in particolare l'aumento della percentuale di coloro che lavorano a tempo parziale e sono quindi sottoccupati, possono contribuire alla moderazione salariale in alcuni Stati membri con un basso tasso di disoccupazione.

In Europa si assiste a una convergenza dei redditi netti, con una crescita rapida nell'Europa centrale e orientale e una crescita lenta nell'Europa occidentale e meridionale, in particolare nei paesi più colpiti dalla crisi. La convergenza dei livelli di reddito da lavoro è fondamentale per garantire che chiunque nell'UE raggiunga un tenore di vita dignitoso, come auspicato dal pilastro europeo dei diritti sociali. I dati dimostrano che questo processo di convergenza è in corso, anche se a un ritmo lento, poiché rimangono ancora grandi disparità tra gli Stati membri. Prendendo come riferimento un lavoratore single senza figli che percepisce un salario medio, il reddito netto 34 su un periodo di tre anni (2013-2016) è aumentato di più nei paesi caratterizzati da livelli salariali più bassi. Per questo motivo Bulgaria, Romania, Lettonia, Lituania ed Estonia sono classificate come paesi con risultati "modesti ma in miglioramento". La Slovacchia e l'Ungheria, pur avendo registrato aumenti superiori alla media, sono segnalate come "situazioni critiche" per via dei progressi più lenti. All'altra estremità, la crescita del reddito netto è stata contenuta (compresa tra lo 0,7 % e il 2,1 %) in tutti i paesi che hanno conseguito i "risultati migliori" (Lussemburgo, Regno Unito, Paesi Bassi, Germania e Austria). Il reddito netto è diminuito o non è aumentato in Portogallo, Grecia e Belgio.

Figura 12: reddito netto e variazione annua – media su tre anni (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: OCSE (calcoli interni). Periodo: livelli 2016 (media su 3 anni) e variazioni medie annue 2013-2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Gli Stati membri contrassegnati con un asterisco sono quelli in cui il costo nominale del lavoro per unità di prodotto (CLUP) superava la soglia fissata dalla procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM). L'indicatore del quadro di valutazione della PSM corrisponde alla variazione percentuale del CLUP su un periodo di tre anni. La soglia è pari al 9 % per i paesi della zona euro e al 12 % per i paesi non appartenenti alla zona euro. Dati non disponibili per Cipro.

La povertà lavorativa rimane nettamente superiore ai livelli precedenti la crisi e sta regredendo solo lentamente. La percentuale di persone che, pur lavorando, ha un reddito disponibile equivalente inferiore alla soglia di rischio di povertà è salita dall'8,6 % nel 2008 al 9,0 % nel 2013 e al 9,6 % nel 2017. Il livello più elevato è stato registrato in Romania (17,4 %), seguita da Lussemburgo, Spagna, Grecia e Italia, tutti oltre il 12 %. All'altra estremità, il tasso di povertà lavorativa è inferiore al 5 % in Finlandia, Cechia e Irlanda. Nel 2017 la povertà lavorativa ha continuato ad aumentare in diversi Stati membri, tra cui (di oltre 0,5 punti percentuali) Ungheria, Italia, Lettonia, Slovenia, Belgio e Paesi Bassi (si veda anche il capitolo 3.4).

Figura 13: tasso di rischio di povertà lavorativa, confronto pluriennale

Fonte: Eurostat. Nota: per HR, i dati si riferiscono al 2010 anziché al 2008. Per IE e UK i dati si riferiscono al 2016 anziché al 2017.

In Europa la dispersione salariale appare sostanzialmente stabile. La crescita dei salari, in particolare ai livelli più bassi, svolge un ruolo importante nel ridurre le disparità di reddito e la povertà lavorativa. La dispersione della retribuzione lorda, calcolata come il rapporto tra il quinto e il primo decile (D5/D1), nel 2016 si attestava su valori compresi tra 1,43 in Finlandia e 1,90 in Cechia. Gli organismi che partecipano alla determinazione dei salari possono incidere sulla dispersione salariale. In particolare, un'attività di contrattazione collettiva più intensa tende a essere associata a minori disparità retributive (Commissione europea, 2018 35 ). La copertura della contrattazione collettiva varia notevolmente in Europa e riflette le diverse istituzioni e tradizioni nazionali. Nel 2015 la percentuale di lavoratori con diritto di contrattazione variava dal 98 % in Austria al 7,1 % in Lituania.

Nella maggior parte degli Stati membri i salari minimi legali costituiscono il limite inferiore della distribuzione salariale. I salari minimi possono aumentare la partecipazione al mercato del lavoro di alcuni gruppi e sostenere la domanda globale, aumentando il reddito delle famiglie a basso salario, che hanno una maggiore propensione al consumo. Allo stesso tempo, i salari minimi aumentano il costo per l'assunzione dei lavoratori a basso salario, mettendo così potenzialmente a rischio le possibilità di occupazione dei gruppi che generalmente percepiscono retribuzioni basse (ad esempio, i giovani e i lavoratori con un basso livello di competenze), a seconda della struttura dell'economia e della situazione macroeconomica. Nella maggior parte degli Stati membri esistono salari minimi legali determinati a livello nazionale, ad eccezione di Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia. Ai fini del confronto internazionale, il livello assoluto del salario minimo non è un'unità di misura molto utile in quanto non prende in considerazione le differenze di produttività della forza lavoro e dei prezzi da un paese all'altro. È quindi più utile esaminare il salario minimo rispetto al salario medio o mediano di un paese. La figura 14 mostra il salario minimo espresso in percentuale del salario mediano negli Stati membri dell'UE, quale calcolato dall'OCSE. I salari minimi sono più elevati in rapporto al valore mediano in Francia, Slovenia, Portogallo, Romania e Lussemburgo. I livelli più bassi si registrano in Spagna, Cechia, Estonia, Paesi Bassi e Irlanda. Poiché il potenziale effetto sull'occupazione e sulle condizioni di vita è più elevato quando un'ampia percentuale della forza lavoro beneficia del salario minimo, questo indicatore dovrebbe essere preso in considerazione anche in sede di esame delle opzioni strategiche a livello nazionale. Dovrebbero essere inoltre prese in considerazione misure mirate per ridurre la povertà lavorativa, quali le prestazioni contestuali all'esercizio di un'attività lavorativa.

Figura 14: salari minimi in percentuale del reddito mediano e medio dei lavoratori a tempo pieno (2017)

Fonte: OCSE. Note: AT, CY, DK, FI, IT e SE non hanno un salario minimo legale a livello nazionale. Per BG, HR e MT l'OCSE non ha fornito alcuna informazione. I dati di Eurostat indicano che, nel 2017, il salario mensile minimo in percentuale del valore medio dei salari mensili era il 47,8 % in Bulgaria, il 40,6 % in Croazia e il 43,6 % a Malta (industria, costruzioni e servizi; non confrontabili con i dati OCSE).

Negli ultimi anni l'onere fiscale sul lavoro in Europa è diminuito progressivamente, ma permangono differenze significative tra gli Stati membri. Nel 2017 il cuneo fiscale per un lavoratore single che percepisce il salario medio variava da meno del 30 % in Irlanda e a Malta a circa il 50 % in Belgio, Germania, Ungheria, Italia, Francia e Austria. Per i lavoratori dal reddito più basso (che, secondo la definizione, sono coloro che percepiscono il 67 % del salario medio), il cuneo fiscale variava da circa il 20 % a Malta e in Irlanda a più del 45 % in Belgio, Ungheria e Germania. Per quanto concerne la progressività delle aliquote fiscali e l'effetto redistributivo del sistema fiscale, emergono meccanismi diversi in ciascun paese (si veda il punto 3.4). Nel 2017 le riduzioni più significative del cuneo fiscale per i lavoratori single che percepiscono il salario medio sono state registrate in Ungheria (-2,1 punti percentuali), Lussemburgo (-1,8 punti percentuali) e Finlandia (-1,2 punti percentuali), mentre il maggiore incremento è stato osservato in Bulgaria (+ 0,6 punti percentuali). Tra il 2013 e il 2017 il cuneo fiscale medio non ponderato è diminuito di 0,5 punti percentuali nell'UE (e di 0,8 punti percentuali per i lavoratori a basso reddito, con notevoli riduzioni in Italia, Ungheria, Francia, Belgio, Romania e Paesi Bassi). Nello stesso periodo è stata osservata una certa convergenza del livello del cuneo fiscale: la differenza registrata tra il cuneo fiscale più alto e più basso al livello salariale medio è diminuita di 2,1 punti percentuali e di 2,9 punti percentuali per i lavoratori dal reddito più basso. Ciò è principalmente dovuto alle notevoli riduzioni rilevate in alcuni paesi con i tassi più elevati (Belgio, Austria, Ungheria, nonché Italia e Francia, ma limitatamente ai lavoratori dal reddito più basso). Sono state osservate riduzioni significative del cuneo fiscale anche in Romania e nei Paesi Bassi. Nello stesso periodo sono stati constatati aumenti del cuneo fiscale meno marcati, che hanno interessato soprattutto i lavoratori dal reddito più basso in Cechia, Slovenia e Portogallo 36 .

Figura 15: cuneo fiscale sul lavoro, livello nel 2017 e variazione 2013/2017

Fonte: banca dati Commissione europea/OCSE dei regimi fiscali e previdenziali. Nota: i dati riguardano le famiglie monoreddito (senza figli). Non sono disponibili dati recenti per Cipro. Dati aggiornati all'11 aprile 2018.

3.1.2    Risposta strategica

Diversi Stati membri hanno fatto ricorso a sussidi all'occupazione per la creazione di posti di lavoro, anche se si registrano alcune diminuzioni con il migliorare delle condizioni del mercato del lavoro. La maggior parte delle misure in questo settore sono destinate a gruppi specifici che presentano problemi di integrazione nel mercato del lavoro (ad esempio giovani, anziani, disoccupati di lungo periodo, migranti, ecc.) e consistono in incentivi finanziari concessi ai datori di lavoro affinché assumano i lavoratori destinatari delle misure. Diversi Stati membri hanno introdotto o confermato sussidi all'assunzione mirati (per maggiori informazioni si rimanda al punto 3.2). Alcuni paesi hanno adottato anche sussidi all'assunzione destinati a un pubblico più ampio, vale a dire sussidi esenti da condizioni di ammissibilità o con condizioni meno rigide, di solito al fine di promuovere l'occupazione a tempo indeterminato. In Grecia nel 2017 sono stati avviati ulteriori cicli di lavori pubblici in 51 comuni e sono in preparazione nuovi programmi. A maggio 2018 è stato inoltre lanciato un nuovo programma di lavori pubblici in materia di protezione dagli incendi boschivi. A ottobre 2017 la Grecia ha inoltre adottato un programma di sovvenzione dei salari dei lavoratori con contratti di fornitura di servizi indipendenti, qualora tali lavoratori siano assunti come dipendenti. Infine, è stato recentemente avviato un programma di sussidi alle imprese per l'assunzione di 15 000 disoccupati di età compresa tra i 30 e i 49 anni. In Francia, nel 2018, i contratti sovvenzionati sono stati ulteriormente diminuiti da 310 000 a 200 000 e attualmente riguardano solo le persone più vulnerabili nel settore no profit, compresi i giovani e i disoccupati di lungo periodo. Dal 2018 i regimi esistenti relativi ai contratti sovvenzionati sono stati riesaminati e rinominati Parcours Emploi Compétence, rafforzandone la dimensione di consulenza e formazione. In questo contesto, dall'aprile 2018 è in fase di valutazione in dieci regioni un premio di assunzione mirato denominato Emplois francs, destinato a chi assume persone in cerca di lavoro che provengono dai quartieri urbani più svantaggiati (Quartiers de la politique de la ville): l'unica condizione di ammissibilità è quella di essere residenti nella regione. Inoltre, nel contesto del nuovo piano di lotta contro la povertà, sono state deliberate ulteriori misure volte all'integrazione nel mercato del lavoro di persone con difficoltà sociali e occupazionali (Insertion par l'activité économique). L'Italia ha introdotto una riduzione strutturale degli oneri per i datori di lavoro che assumono giovani o disoccupati di lungo periodo nelle regioni meridionali attraverso un contratto a tempo indeterminato o un apprendistato. Il Portogallo ha istituito un insieme di incentivi finanziari alle assunzioni a tempo indeterminato, sotto forma di esenzioni parziali dagli oneri sociali per determinati gruppi vulnerabili (giovani, disoccupati di lungo periodo, anziani). In Ungheria il FSE contribuisce a migliorare il potenziale occupazionale delle imprese sociali attraverso incentivi e sussidi per la creazione di posti di lavoro. 

Alcuni Stati membri stanno operando per promuovere l'imprenditorialità e le start-up. In Grecia sono concessi sussidi ai giovani lavoratori autonomi o alle imprese gestite da giovani che effettuano le prime assunzioni. In Lettonia una nuova legge stabilisce i principi essenziali e le modalità di lavoro delle imprese sociali. Verrà concesso un sostegno a circa 200 imprese sociali. Inoltre, la soglia di fatturato per l'imposta sulle microimprese è stata ridotta da 100 000 EUR a 40 000 EUR con un'aliquota unica del 15 %, di cui l'80 % confluisce nei contributi obbligatori dell'assicurazione statale. In Ungheria, dall'autunno 2017 è disponibile uno strumento di prestito (che può essere combinato con diversi altri strumenti di sovvenzione) a sostegno di chi intende diventare imprenditore o rivolto alle imprese sociali per promuovere l'espansione delle loro attività di mercato. In Polonia il governo ha approvato un progetto di legge per ridurre gli oneri sociali per i piccoli imprenditori, i cosiddetti "piccoli contributi alla ZUS". In Slovacchia è stata adottata una nuova legislazione sulle condizioni per il sostegno pubblico all'economia sociale e alle imprese sociali. In Finlandia dal 2018 è possibile percepire le prestazioni di disoccupazione come sovvenzioni per l'avvio di una nuova attività e lavorando come imprenditore a tempo parziale. Sono inoltre in corso discussioni su come agevolare la creazione di imprese da parte dei disoccupati. In molti Stati membri sono state altresì intraprese iniziative per garantire che i lavoratori autonomi godano di diritti sociali adeguati (si veda il punto 3.3 sulla segmentazione del mercato del lavoro).

Alcuni Stati membri hanno ridotto i costi del lavoro riducendo il cuneo fiscale, spesso a beneficio dei redditi più bassi. La questione del cuneo fiscale è stata affrontata in particolare in relazione ai lavoratori a basso reddito, attraverso riforme incentrate sull'imposta sul reddito delle persone fisiche, spesso aumentando le soglie di esenzione fiscale (vale a dire la quota di reddito esente da imposta) o introducendo la progressività nel sistema generale. Ad esempio, la Lituania ha adottato una riforma di ampia portata, che modifica la legge sull'imposta sul reddito delle persone fisiche, introducendo la progressività al posto della precedente aliquota forfettaria e aumentando la quota di reddito esente da imposta. Analogamente, in Lettonia una riforma fiscale di ampio respiro prevede la sostituzione dell'aliquota fissa dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, pari al 23 %, con un sistema progressivo. Sono state aumentate anche le indennità non imponibili. Anche l'Estonia ha introdotto indennità non imponibili. I Paesi Bassi hanno annunciato una riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche che sarà attuata nel corso del 2019 e 2020 e che prevede una riduzione del numero degli scaglioni di imposta da quattro a due, oltre a un aumento del credito d'imposta generale e del credito d'imposta sui redditi da lavoro. La riforma dovrebbe ridurre l'onere fiscale complessivo sul lavoro, in particolare nei confronti dei livelli di reddito medio-alti. In Romania l'aliquota forfettaria dell'imposta sul reddito delle persone fisiche è stata ridotta dal 16 % al 10 % a partire dal 2018, insieme ad altre modifiche significative apportate all'impianto degli oneri sociali. Il Portogallo ha introdotto riforme dell'imposta sul reddito delle persone fisiche intese a ridurre l'onere fiscale sui redditi medio-bassi, compreso un aumento del numero di scaglioni fiscali. Altri Stati membri hanno introdotto riforme con un campo di applicazione più ristretto. Ad esempio, a Malta è stata adottata una riduzione dell'imposta sul reddito da lavoro dipendente tra 40 e 68 EUR per chi percepisce meno di 60 000 EUR all'anno. Il Regno Unito ha aumentato la soglia di esenzione fiscale a 11 850 GBP (circa 13 400 EUR) all'anno e la soglia dell'aliquota massima da 45 000 GBP (circa 50 850 EUR) a 46 350 GBP (52 400 EUR). In Danimarca il trattato fiscale 2018 rafforza l'incentivo a lavorare a tempo pieno ed è rivolto in particolare ai disoccupati e ai lavoratori a tempo parziale. A Cipro la legge in materia di assegni familiari è stata modificata per aumentare di 5 000 EUR la soglia di reddito ammissibile per ogni figlio in più dopo i primi due.

Alcuni Stati membri sono anche intervenuti in materia di cuneo fiscale riducendo gli oneri sociali. In Francia la trasformazione del credito d'imposta per l'occupazione e la competitività in una riduzione diretta degli oneri sociali sui salari fino a 2,5 volte il salario minimo sarà attuata nel 2019 (e sarà integrata da un aumento delle riduzioni per i salari più bassi, rinviato a ottobre 2019). In Croazia la base sui cui è calcolato l'onere sociale del datore di lavoro è stata ridotta del 50 % per i lavoratori che percepiscono il salario minimo da oltre 12 mesi. Il Belgio ha adottato una riduzione degli oneri sociali per alcune tipologie di lavoro a turni nel settore delle costruzioni. Più in generale, il regime di partecipazione agli utili nel settore privato è stato sostituito da un nuovo premio (importo o percentuale della retribuzione), che non può essere superiore al 30 % dell'importo totale della retribuzione lorda. Il datore di lavoro è esentato dal pagamento degli oneri sociali su questi premi, mentre il lavoratore dovrebbe versare un contributo di solidarietà pari al 13,07 %.

I quadri di determinazione dei salari sono stati oggetto di riforme importanti nel corso degli ultimi anni. In Grecia, dopo l'uscita dal programma del MES ad agosto 2018, sono stati reintrodotti due principi di contrattazione collettiva sospesi nel 2011: la possibilità di estendere gli accordi di settore sul piano amministrativo alle parti non firmatarie e il principio delle norme più favorevoli (in caso di contratti collettivi che confliggono tra di loro, ad esempio a livello di settore e di impresa, prevale quello più favorevole per il lavoratore). In Croazia il disegno di legge sui salari dell'amministrazione pubblica ha stabilito il quadro per il sistema delle classi e dei gradi retributivi, nonché per valutare l'efficienza del lavoro. La Francia, basandosi sulle riforme precedenti, ha definito ulteriormente il perimetro di ciascun livello di contrattazione collettiva. In futuro la contrattazione di settore prevarrà sul diritto nazionale del lavoro nella determinazione del quadro e delle condizioni d'uso dei contratti a progetto, a tempo determinato e del periodo di prova (si veda anche il capitolo 3.3). I contratti a livello d'impresa possono essere meno favorevoli rispetto a quelli di settore, ad eccezione di 13 ambiti di contrattazione specifici, ivi compresi i salari minimi settoriali, mentre i contratti di settore si applicano qualora non si raggiunga alcun accordo a livello d'impresa. Inoltre, gli accordi di maggioranza a livello d'impresa per tutelare l'occupazione (accords de competitivité) trascendono ormai le condizioni in materia di orari di lavoro e comprendono anche le retribuzioni, consentendo inoltre alle imprese di licenziare i dipendenti che rifiutano tali contratti per motivi gravi e reali. In Italia, a marzo 2018 un accordo tra i principali sindacati e l'organizzazione dei datori di lavoro ha posto le premesse per rafforzare la contrattazione collettiva, definendo i criteri per misurare la rappresentatività delle associazioni delle parti sociali. A Cipro, nel 2018 è entrato in vigore un nuovo accordo sull'indice di adeguamento del costo della vita, che ha portato ad aumenti limitati dei salari e ha definito criteri sulla frequenza e sulla natura degli adeguamenti periodici. In Lettonia sono in fase di elaborazione nuove condizioni per la retribuzione degli straordinari con il coinvolgimento delle parti sociali, congiuntamente alle negoziazioni sui salari minimi di settore. In Portogallo è stata concordata con le parti sociali una serie di misure (attualmente in discussione in Parlamento) volte a migliorare la sfera della contrattazione collettiva. In particolare, le "banche ore" non sarebbero più concordate su base individuale, bensì nell'ambito degli accordi di contrattazione collettiva o di gruppo, previa consultazione con i lavoratori (si veda anche il capitolo 3.3). A giugno 2018, in Spagna le parti sociali hanno raggiunto un accordo salariale preliminare per il 2018, con un aumento generale dei salari del 2 % (leggermente al di sopra del tasso di inflazione previsto), più un ulteriore 1 % in base ai risultati, ai tassi di produttività e di assenteismo dell'impresa/del settore. La Romania ha reso obbligatoria la contrattazione salariale per tutte le imprese. L'Irlanda ha introdotto la possibilità di contrattazioni collettive per talune categorie di lavoratori autonomi e la Slovacchia ha reintrodotto l'estensione, a determinate condizioni, degli accordi collettivi a più alto livello ai datori di lavoro non partecipanti, anche in assenza del loro consenso.

Con il migliorare delle condizioni del mercato del lavoro sono stati aumentati i salari minimi in diversi paesi e sono state adottate misure intese a rendere più prevedibili i quadri di determinazione dei salari minimi. I salari minimi legali sono aumentati in tutti i paesi in cui si sono verificati cambiamenti tra il 2017 e il 2018, ad eccezione di Germania, Grecia, Lussemburgo e Belgio, dove è stata invece registrata una diminuzione in termini reali 37 . Negli ultimi anni gruppi di esperti sono stati coinvolti nella determinazione dei salari minimi in un numero crescente di paesi, tra cui Germania e Irlanda. Malta costituirà un gruppo analogo nel 2018 e l'eventuale coinvolgimento di esperti è attualmente in discussione in Bulgaria e Romania. Nel 2018 l'Estonia ha adottato un incremento di 30 EUR del salario minimo, che ha raggiunto i 500 EUR, ancorando nel contempo la formula per calcolare gli aumenti futuri alle previsioni ufficiali di produttività della manodopera e di crescita economica. L'Irlanda ha aumentato di 30 centesimi di EUR il salario minimo nazionale, portandolo a 9,55 EUR l'ora, sulla base del parere della Low Pay Commission, che ha anche tenuto conto dello sviluppo della competitività e dell'impatto sull'occupazione. In Spagna una legge (concordata con le parti sociali) ha aumentato il salario minimo del 4 % nel 2018 rispetto al 2017 e sono stati proposti ulteriori aumenti per il 2019. In Croazia, oltre all'aumento del livello del salario minimo e alla riduzione dei contributi versati dai datori di lavoro per l'assicurazione sanitaria, un nuovo regolamento prevede che le maggiorazioni salariali (per lavoro straordinario, lavoro notturno o lavoro durante le vacanze) debbano essere escluse dalla definizione di salario minimo. La Lettonia ha aumentato il salario minimo a 430 EUR al mese, rispetto agli attuali 380 EUR, a decorrere dal 2018. In Ungheria il salario minimo è stato aumentato dell'8 % per arrivare a 138 000 HUF, circa 440 EUR, nel 2018 (+12 % per i lavoratori qualificati). In Slovacchia, a partire dal 1° gennaio 2019 il salario minimo sarà portato da 480 EUR a 520 EUR. Ad aprile 2018 il Regno Unito ha aumentato il salario di sussistenza nazionale (portandolo a 7,83 GBP l'ora, circa 6,9 EUR), nonché il salario minimo nazionale per i giovani lavoratori. È stato registrato un aumento del salario minimo per i giovani lavoratori anche nei Paesi Bassi, mentre la Germania ha introdotto un salario minimo per i lavoratori temporanei tramite agenzia. Infine, la Bulgaria ha approvato la legge sulla ratifica della convenzione OIL C131, al fine di raggiungere un accordo con le parti sociali per lo sviluppo di un meccanismo trasparente di determinazione dei salari minimi.



3.2.Orientamento 6: potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze

Questa sezione esamina l'attuazione dell'orientamento 6 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di istituire condizioni che promuovano l'offerta di forza lavoro, le abilità e le competenze. Essa presenta gli indicatori relativi al livello di istruzione e formazione, i risultati e l'effetto sullo sviluppo delle competenze e sull'occupabilità della forza lavoro ed esamina i risultati raggiunti sul mercato del lavoro da diversi gruppi sottorappresentati (ad esempio giovani, lavoratori anziani, donne, persone provenienti da un contesto migratorio e persone con disabilità). Al punto 3.2.2 sono illustrate le misure strategiche adottate dagli Stati membri in questi ambiti e le misure rivolte ai gruppi succitati.

3.2.1    Indicatori chiave

La percentuale di abbandoni di istruzione e formazione ha continuato a diminuire nel corso degli anni, sebbene la tendenza al ribasso abbia recentemente rallentato e permangano notevoli differenze tra gli Stati membri. Nel complesso, il tasso medio di abbandono scolastico nell'UE è diminuito, passando dal 14,7 % nel 2008 all'11,9 % nel 2013 e poi al 10,6 % nel 2017. La situazione è rimasta pressoché stabile rispetto all'anno precedente, durante il quale la media dell'UE era pari al 10,7 %. Diciotto Stati membri hanno raggiunto il valore target dell'UE (< 10 %) e Germania (10,1 %), Regno Unito (10,6 %) ed Estonia (10,8%) stanno per farlo. Osservando le tendenze recenti nel 2017 è visibile un certo grado di convergenza tra gli Stati membri (figura 16), con una riduzione significativa dei tassi di abbandono scolastico (di oltre 1 punto percentuale) in Portogallo, Malta e Bulgaria (tutti segnalati come paesi dai risultati "modesti ma in miglioramento"), ma anche con alcuni importanti aumenti in Slovacchia (+1,9 punti percentuali), Lussemburgo (+1,8 punti percentuali), Danimarca (+1,6 punti percentuali) 38 e Cipro (+1 punto percentuale). Secondo la classificazione del quadro di valutazione della situazione sociale, nonostante alcuni miglioramenti, la situazione continua a essere "critica" in Spagna (18,3 %) e in Romania (18,1 %) così come in Italia (14 %), dove il tasso è leggermente aumentato.

Figura 16: abbandono precoce di istruzione e formazione (% della popolazione di età compresa tra 18 e 24 anni) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

Nella maggior parte degli Stati membri dell'UE sono stati osservati notevoli miglioramenti a lungo termine, in particolare in quei paesi dove in precedenza sono state registrate percentuali particolarmente elevate di abbandono scolastico. Dal 2008 al 2017, sia Irlanda che Grecia sono riuscite a ridurre sensibilmente i loro tassi di abbandono scolastico, rispettivamente di 6,6 e 8,4 punti percentuali, e attualmente presentano valori nettamente inferiori al valore target dell'UE. Al contempo, la Spagna (18,3 %) e il Portogallo (12,6 %) hanno ridotto notevolmente i loro tassi di abbandono scolastico, rispettivamente di 13,4 e 22,3 punti percentuali dal 2008, anche se non hanno ancora raggiunto l'obiettivo. Tra i paesi con elevati tassi di abbandono scolastico, soltanto la Romania non presenta alcuno sviluppo significativo nel corso degli anni, mentre la Slovacchia ha registrato un notevole aumento, pari a 3,3 punti percentuali, pur mantenendosi anche nel 2017 al di sotto dell'obiettivo principale dell'UE (figura 17).

Figura 17: abbandono precoce di istruzione e formazione, 2008-2017 (%)

Fonte: Eurostat, codice dati online: [edat_lfse_14].

Sono ancora presenti notevoli differenze in termini di tassi di abbandono scolastico tra uomini e donne e tra persone nate al di fuori dell'UE e autoctoni. Mentre nel 2017 nell'UE le giovani donne che abbandonavano la scuola erano in media l'8,9 %, la percentuale per gli uomini si attestava al 12,1 %. Questo divario di genere è particolarmente pronunciato in Danimarca, Lussemburgo, Italia, Portogallo, Malta, Estonia, Lettonia e Spagna (più di 5 punti percentuali), mentre Bulgaria, Ungheria e Slovacchia sono gli unici Stati membri che riportano tassi di abbandono scolastico più bassi per gli uomini che per le donne. Nel contempo, i tassi di abbandono scolastico sono molto più elevati tra i ragazzi nati al di fuori dell'UE rispetto agli autoctoni. Nel 2017 la media UE registrata tra gli autoctoni era del 9,6 %, mentre quella relativa alle persone nate al di fuori dell'UE era il doppio. I tassi di abbandono scolastico per le persone nate al di fuori dell'UE sono particolarmente bassi in Irlanda, Lussemburgo e nei Paesi Bassi (tutti ben al di sotto del parametro di riferimento dell'UE del 10 %), mentre sono estremamente alti in Spagna (31,9 %) e in Italia (30,1 %).

Dopo numerosi anni di progressi costanti, la quota di alunni con risultati insufficienti 39 nelle competenze di base tra i quindicenni è in aumento. L'indagine 2015 del Programma per la valutazione internazionale degli studenti (PISA) dell'OCSE indica che nell'UE la percentuale media degli alunni che registrano risultati al di sotto del livello di competenze di riferimento è pari a circa il 20 %: il 19,7 % in lettura, il 22,2 % in matematica e il 20,6 % in scienze. Rispetto alla precedente indagine PISA del 2012 40 la situazione è peggiorata in tutti e tre i domini: di 1,9 punti percentuali in lettura, di 0,1 punti percentuali in matematica e di 4 punti percentuali in scienze. Gli alunni con risultati insufficienti meritano ulteriore sostegno, in quanto sono maggiormente esposti al rischio di disoccupazione ed esclusione sociale in futuro. Nel 2015 la percentuale di studenti che hanno registrato risultati insufficienti in matematica nell'UE era del 22,2 %, con evidenti disparità tra gli Stati membri. Mentre in Estonia, Finlandia, Danimarca e Irlanda sono state rilevate percentuali inferiori al 15 % di alunni con risultati insufficienti in matematica, più del 30 % degli studenti a Cipro, in Bulgaria, Romania, Grecia e Croazia non è riuscito a raggiungere il livello di competenze di riferimento in matematica (figura 18).

Figura 18: percentuale di studenti con risultati insufficienti in matematica, 2015

Fonte: OCSE. Nota: i paesi sono ordinati dalla percentuale più bassa a quella più alta di studenti con risultati insufficienti in matematica. Media UE ponderata calcolata dalla DG EAC.

I risultati scolastici sono profondamente influenzati dallo status socioeconomico e dal contesto migratorio degli studenti. Gli studenti con uno status socioeconomico più modesto o provenienti da un contesto migratorio sono sovrarappresentati nel gruppo che consegue risultati insufficienti e faticano a raggiungere il livello di competenze di riferimento in tutti e tre i domini. Un esame più attento degli studenti che, pur in circostanze sfavorevoli, hanno raggiunto il livello di competenze di riferimento in tutti e tre i domini dimostra che nell'UE il divario tra i risultati degli studenti nati all'estero e di quelli autoctoni è in media di 23 punti percentuali: gli studenti autoctoni hanno un rendimento migliore in tutti gli Stati Membri, ad eccezione di Malta (come illustrato nella figura 19). Sono state osservate differenze notevoli in Finlandia, Svezia, Austria, Germania e Francia (tra 35 e 40 punti percentuali), mentre tale divario è inferiore ai 15 punti percentuali a Cipro, nel Regno Unito e in Portogallo. Gli scarsi risultati scolastici e le disuguaglianze legate al contesto socioeconomico rappresentano gravi ostacoli al miglioramento del capitale umano, con potenziali ripercussioni sui livelli di competenze.

L'inclusione dei Rom nell'istruzione resta una sfida a causa di diversi fattori, tra cui la segregazione scolastica, l'insegnamento non inclusivo, gli ostacoli derivanti da gravi condizioni di povertà o la segregazione abitativa. Nonostante l'impegno volto ad aumentare i tassi di partecipazione e a ridurre l'abbandono scolastico, rimangono da risolvere questioni importanti per promuovere scuole multietniche e misure di desegregazione. Occorre inoltre ricordare che un numero elevato di bambini Rom in Ungheria, Bulgaria, Romania e Repubblica slovacca vive in estrema povertà senza accesso ai servizi pubblici di base.

Figura 19: percentuale di studenti provenienti da un contesto migratorio che raggiungono il livello di competenze di riferimento, 2015

Fonte: OCSE (2018): The Resilience of Students with an Immigrant Background: Factors that Shape Well-Being, figura 3.7.

Note: le differenze statisticamente significative sono indicate accanto al nome del paese/dell'economia. Sono indicati solo i paesi con valori validi per gli studenti immigrati. Per la media UE, questo numero si riferisce solo al sottogruppo dei paesi/delle economie con informazioni valide su entrambi i gruppi di studenti. Gli studenti che raggiungono il livello di competenze di riferimento sono gli studenti che conseguono almeno il livello due della scala PISA in tutti e tre le principali materie della scala PISA: matematica, lettura e scienze. I paesi e le economie sono classificati in ordine decrescente in termini di percentuale di studenti immigrati di prima generazione che raggiungono il livello di competenze di riferimento nei principali domini della scala PISA.

La percentuale di persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria continua ad aumentare nell'UE e l'obiettivo principale del 40 % è stato quasi raggiunto. Nell'UE, nel 2017 il 39,9 % della popolazione compresa nella fascia di età 30-34 anni era in possesso di un titolo di istruzione terziaria, sulla scorta del graduale aumento registrato nel corso degli ultimi anni. Tra il 2014 e il 2017 il tasso di istruzione terziaria è aumentato nella maggior parte degli Stati membri. Solo in Croazia, Ungheria e, in misura minore, in Spagna e Finlandia, tale percentuale è diminuita nell'arco dello stesso periodo. Al contrario, è stato osservato un notevole aumento (di 7,4, 6,5 e 6 punti percentuali) rispettivamente in Slovacchia, Grecia e Cechia. Tra i paesi che hanno registrato tassi di istruzione terziaria inferiori al 40 %, solo Romania, Italia e Croazia non hanno raggiunto il 30 % (figura 20). Nel complesso, 15 Stati membri su 28 hanno raggiunto i rispettivi obiettivi nazionali nel 2017.

Figura 20: tasso di istruzione terziaria, 2008, 2013, 2017 e obiettivo della strategia Europa 2020

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro [edat_lfse_03]. Gli indicatori riguardano la percentuale della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni che ha completato l'istruzione terziaria (ISCED 5-8). Interruzione nelle serie nel 2014 per l'introduzione della nuova classificazione ISCED; i dati per il 2017 relativi a LU non sono attendibili per le dimensioni ridotte del campione.

Le donne presentano tassi di istruzione terziaria più elevati rispetto agli uomini ed esistono divari notevoli tra le persone autoctone e quelle nate al di fuori dell'UE. Nel 2017 il 44,9 % delle donne di età compresa tra i 30 e i 34 anni era in possesso di titolo di istruzione superiore, contro il 34,9 % degli uomini. Questo divario si è ampliato negli ultimi 15 anni ed è particolarmente significativo in Lettonia, Lituania e Slovenia, dove il tasso di istruzione terziaria delle donne è superiore di oltre 20 punti percentuali a quello degli uomini. Nel contempo, in quasi tutti gli Stati membri la percentuale di persone nate nel paese o altrove all'interno dell'UE è superiore a quella delle persone nate al di fuori dell'UE. In media, questo divario è pari a circa 5,5 punti percentuali ed evidenzia il permanere di sfide in termini di equità e dimensione sociale dell'istruzione superiore e di accesso alla stessa.

Circa un terzo dei giovani adulti nell'UE possiede una qualifica nell'ambito dell'IFP. Nel 2016 il 33 % dei giovani adulti che rientrano nella fascia di età compresa tra i 30 e i 34 anni ha ottenuto una qualifica di orientamento professionale secondaria di secondo grado. Come illustrato nella figura 21, questa percentuale era superiore al 40 % in paesi come Slovacchia, Ungheria, Austria, Romania, Germania, Cechia e Croazia, il cui modello di transizione dall'istruzione al mondo del lavoro è fortemente radicato nel sistema di formazione professionale. Al contrario, questa percentuale è relativamente più bassa (meno del 20 %) nei paesi il cui modello è maggiormente incentrato sull'istruzione terziaria (ad esempio Lituania, Svezia, Cipro e Irlanda) o dove vi è una minore diffusione generale delle qualifiche direttamente pertinenti per il mercato del lavoro (ad esempio Malta, Portogallo, Spagna, Lussemburgo e Grecia).

Figura 21: dallo studio al mondo del lavoro: sistemi e percorsi di transizione, 2016

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Codice dati online: [lfso_16feduc].

Nota: le qualifiche non professionali comprendono le qualifiche di cui ai livelli ISCED 0-2 o di livello intermedio (ISCED 3-4) di carattere generale; le qualifiche di cui ai livelli ISCED 3-4 professionali sono qualifiche di livello intermedio (ISCED 3-4) di carattere professionale, mentre i livelli ISCED 5-8 comprendono un livello elevato di titoli di istruzione.

Non tutti hanno le stesse opportunità di acquisire competenze e qualifiche utili per il mercato del lavoro. In alcuni paesi, più della metà dei giovani di età compresa tra i 30 e i 34 anni riferisce di non aver conseguito una qualifica, né professionale né accademica, chiaramente legata al mercato del lavoro. Questo influisce sull'integrazione nel mercato del lavoro. Ad esempio (come mostrato nella figura 22), mentre chi ha qualifiche dell'IFP o titoli di istruzione superiore raggiunge tassi di occupazione pari o superiori all'80 %, meno del 70 % delle persone con un diploma di istruzione secondaria di secondo grado di carattere generale ha un impiego dopo i 25 anni. Chi non ha conseguito un diploma di istruzione secondaria di secondo grado è ancora più svantaggiato, con una percentuale di occupazione inferiore al 60 % dopo i 25 anni.

Possedere una qualifica pertinente per il mercato del lavoro, accademica o professionale, è sempre più importante per potersi adattare a un'economia in rapida trasformazione e rispondere alla domanda di risorse umane altamente qualificate. Nel 2017 il tasso di occupazione dei neolaureati era pari all'84,9 %, superiore di 0,9 punti percentuali al tasso di occupazione globale degli adulti in età lavorativa con lo stesso livello di istruzione. Solo in alcuni Stati membri (Italia, Grecia, Cipro, Croazia, Slovenia e Spagna) i neolaureati sono ancora svantaggiati, sebbene la situazione in tutti questi paesi sia migliorata, ad eccezione della Croazia. Il tasso di occupazione di chi ha recentemente conseguito un diploma professionale di livello medio non si discosta molto, attestandosi al 76,6 %, ossia 5,7 punti percentuali in più rispetto al tasso di occupazione generale degli adulti in età lavorativa con un livello di istruzione medio, il che indica un vantaggio per i neodiplomati dell'IFP in termini di occupazione. Per contro, il tasso di occupazione di chi possiede esclusivamente una qualifica generale di livello medio si attestava al 64,1 %. I giovani adulti che possedevano solo qualifiche di basso livello erano ancora più svantaggiati sul mercato del lavoro, con un tasso di occupazione del 56,4 % nel 2017.

Figura 22: tasso di occupazione poco dopo il termine di un ciclo di istruzione secondo i diversi livelli di istruzione, 2017

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Nota: giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 34 anni. I dati relativi ai giovani adulti con un basso livello di qualifiche includono tutti coloro che non studiano né frequentano corsi di formazione, a prescindere dal tempo trascorso dal termine degli studi. I dati relativi agli individui mediamente o altamente qualificati comprendono solo le persone che si sono diplomate o laureate 1-3 anni prima dell'indagine.

Uno dei modi per migliorare i risultati dei giovani sul mercato del lavoro è fornire loro l'opportunità di trovarsi in un contesto lavorativo reale , tramite attività di apprendimento sul lavoro o apprendistati in azienda connessi al loro piano di studi. Chi ha fatto una simile esperienza durante gli studi è in grado di trovare lavoro più facilmente e può anche avere la possibilità di candidarsi a posizioni superiori. Tuttavia, come illustrato nella figura 23, meno del 50 % dei titolari di una qualifica IFP riferisce di aver fatto tale esperienza durante gli studi. La percentuale di chi ha potuto fare un'esperienza più significativa di apprendimento sul lavoro grazie a un apprendistato è ancora inferiore. Le percentuali più elevate di studenti dell'IFP che hanno avuto accesso a un apprendimento sul lavoro (oltre il 90 %) sono state registrate in Ungheria, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia.

Figura 23: accesso all'apprendimento sul lavoro e agli apprendistati nell'ambito dell'IFP, 2016

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Codice dati online: [lfso_16feduc]. Note: giovani adulti di età compresa tra i 15 e i 34 anni con una qualifica professionale di livello secondario di secondo grado o post secondario non terziario. I dati per LU non sono disponibili I dati relativi agli "apprendistati" per BG, LV, LT e PT non sono disponibili. I dati relativi a DE possono non essere rappresentativi per via di un numero elevato di mancate risposte.

Gli adulti con un basso livello di qualifiche sono spesso fortemente svantaggiati sul mercato del lavoro rispetto ai loro pari che hanno studiato più a lungo. Nell'UE il rapporto tra gli adulti con un basso livello di qualifiche e il numero di posti di lavoro per cui è richiesto un basso livello di qualifiche è in media di 3 a 1 (tabella 2). In altre parole, il numero di adulti con un basso livello di qualifiche è di tre volte superiore rispetto ai posti di lavoro per i quali sono sufficienti qualifiche di basso livello. La situazione appare più grave in paesi come Malta, Portogallo, Grecia, Italia e Spagna, dove il rapporto è superiore a 4. Questo potrebbe finire per determinare un minore attaccamento al mercato del lavoro, una maggiore incidenza del lavoro precario, un'elevata disoccupazione e il rischio di allontanamento completo dal mercato del lavoro.

Tabella2: numero di adulti con un basso livello di qualifiche e di posti di lavoro poco qualificati nell'UE.

Totale adulti tra i 25 e 64 anni con un basso livello di qualifiche (in migliaia)

Totale posti di lavoro elementari (in migliaia)

Rapporto

UE-28

61 353,0

20 210,6

3,0

Malta

125,8

17,6

7,1

Portogallo

2 897,3

490,0

5,9

Grecia

1 583,2

268,0

5,9

Italia

12 834,9

2 517,8

5,1

Spagna

10 654,1

2 409,0

4,4

Svezia

751,0

231,1

3,2

Romania

2 417,4

776,4

3,1

Belgio

1 386,0

449,6

3,1

Croazia

366,5

119,4

3,1

Francia

7 200,6

2 692,9

2,7

Lussemburgo

64,8

24,6

2,6

Paesi Bassi

1 902,2

742,0

2,6

Regno Unito

6 744,3

2 641,3

2,6

Irlanda

443,0

176,3

2,5

Finlandia

329,0

148,3

2,2

Austria

728,4

337,3

2,2

Slovenia

140,7

67,5

2,1

Bulgaria

677,2

333,0

2,0

Germania

6 116,8

3 154,2

1,9

Ungheria

857,9

460,4

1,9

Danimarca

527,3

302,3

1,7

Cipro

88,1

53,5

1,6

Estonia

80,4

51,5

1,6

Polonia

1 617,0

1 041,6

1,6

Cechia

367,2

266,3

1,4

Slovacchia

272,2

217,3

1,3

Lettonia

100,7

106,7

0,9

Lituania

79,4

115,1

0,7

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, 2017.

Le persone con un basso livello di competenze e gli anziani sono meno propensi a partecipare a programmi di istruzione degli adulti. Nel 2017 il tasso di partecipazione dei lavoratori anziani o con un basso livello di qualifiche all'istruzione degli adulti nell'UE è stato di due volte inferiore rispetto al tasso di partecipazione complessivo, pari al 10,9 % (figura 24). Anche i disoccupati, che dovrebbero costituire un gruppo di destinatari particolarmente importante in materia di acquisizione di nuove competenze, sono meno propensi a partecipare a tali programmi rispetto al lavoratore medio. Questa tendenza è evidente anche nei paesi in cui la partecipazione globale all'istruzione degli adulti è prossima o superiore alla media dell'UE.

Figura 24: partecipazione all'istruzione degli adulti per gruppi demografici

Fonte: indagine sulle forze di lavoro dell'UE, 2017

Il livello di competenze digitali non cresce rapidamente e il divario persistente tra i risultati migliori e i peggiori evidenzia l'esistenza di un'Europa digitale a due velocità. In media, nell'UE il 57 % della popolazione di età compresa tra i 16 e i 64 anni possedeva almeno competenze digitali di base nel 2017. Le scarse competenze digitali possono incidere sulla produttività e sul potenziale di crescita, ma anche sull'esclusione sociale di una fetta consistente della popolazione, alla luce dell'evoluzione delle modalità di fruizione dei servizi e dell'effetto delle tecnologie sul mondo del lavoro. Il livello è particolarmente basso in Bulgaria, Romania e Croazia ("situazioni critiche"). In sei altri paesi (Grecia, Polonia, Portogallo, Lettonia, Irlanda, e Ungheria, tutti segnalati come "da tenere sotto osservazione") il livello è relativamente più elevato (circa il 50 %), ma comunque basso rispetto alla media. I risultati migliori si registrano in Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia e Finlandia, con tassi superiori al 75 %.

Figura 25: percentuale della popolazione con competenze digitali complessive di base o superiori e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. Dati relativi a IT non disponibili.

L'erogazione di orientamento sulle opportunità di apprendimento può stimolare efficacemente la domanda individuale di attività di apprendimento e la partecipazione alle stesse. Il quadro di riferimento per l'analisi comparativa sulle competenze e sull'istruzione degli adulti 41 ha individuato l'erogazione di orientamento sulle opportunità di apprendimento come leva politica fondamentale per incentivare la partecipazione degli adulti alle attività di apprendimento. Secondo i dati più recenti (2016) sull'accesso ai servizi di orientamento per l'apprendimento emersi dall'indagine sull'istruzione degli adulti 42 , vi è una forte correlazione positiva tra la percentuale di adulti (fascia di età 25-64 anni) che riceve orientamento e quella che finisce per partecipare alle attività di apprendimento 43 . Mentre i servizi pubblici di orientamento rappresentano uno strumento strategico comune nella maggior parte degli Stati membri, la loro copertura in termini di sensibilizzazione varia notevolmente da un paese all'altro. In particolare, come evidenziato nella figura 26, nel 2016 la percentuale di adulti che ha ricevuto gratuitamente informazioni o consulenza sulle opportunità di apprendimento da parte di istituzioni o organizzazioni nel corso degli ultimi 12 mesi variava dall'1,5 % in Romania a quasi il 56 % in Svezia (media UE: 24,3 %). In paesi come Bulgaria, Grecia, Lituania e Italia sono meno del 10 % gli adulti che hanno beneficiato di questo tipo di servizi gratuiti e nello stesso periodo di riferimento anche la partecipazione all'apprendimento è relativamente bassa (29 %, contro una media UE del 43 %). Dall'altro lato, in Svezia, Austria, Paesi Bassi, Lussemburgo e Danimarca oltre il 40 % degli adulti ha beneficiato di un servizio di orientamento sulle opportunità di apprendimento. Questo può essere considerato uno dei fattori determinanti del tasso relativamente alto di partecipazione alle attività di apprendimento degli adulti registrato in tali paesi (il 57 % contro una media UE del 43 %).

Figura 26. Percentuale di adulti che ricevono orientamento sulle opportunità di istruzione degli adulti, 2016

Fonte: Eurostat, indagine sull'istruzione degli adulti. I dati corrispondono al 2016. Mancano i dati relativi a Irlanda e Ungheria.

Le misure di formazione per promuovere la partecipazione delle persone svantaggiate sono particolarmente importanti. Possono assumere varie forme, tra cui ad esempio la formazione professionale formale o non formale o i programmi di sviluppo delle competenze di base. 44 Gli adulti disoccupati e con un basso livello di qualifiche devono affrontare sfide specifiche per quanto riguarda l'accesso all'apprendimento. In base ai dati dell'indagine sulle forze di lavoro, nel 2017 la quota di adulti disoccupati che hanno partecipato ad attività di formazione durante le ultime quattro settimane prima dell'indagine (in percentuale sull'insieme di tutti gli adulti disoccupati) varia da quasi l'1,5 % in Slovacchia a quasi il 45 % in Svezia (media UE: 10,1 %) (figura 27). A parte la Slovacchia, in paesi come Croazia, Ungheria, Bulgaria, Polonia, Grecia, Italia, Cechia, Cipro, Lettonia e Germania, meno del 10 % degli adulti disoccupati partecipa a programmi di apprendimento. Dall'altro lato, in Danimarca, Lussemburgo e Finlandia la percentuale di partecipanti è superiore al 20 %. Esaminando la percentuale di adulti con un basso livello di qualifiche 45 che hanno partecipato ad attività di formazione durante le ultime quattro settimane prima dell'indagine (in percentuale sull'insieme degli adulti con un basso livello di qualifiche) emergono notevoli discrepanze tra gli Stati membri (figura 28). Meno dell'1 % degli adulti con un basso livello di qualifiche partecipa a programmi di apprendimento a Cipro, in Grecia e in Croazia, mentre tale percentuale è superiore al 10 % in Svezia, Danimarca e Finlandia (media UE: 4,3 %).

Figura 27. Percentuale di adulti disoccupati che partecipano all'apprendimento (in percentuale sull'insieme degli adulti disoccupati), 2017

Fonte: indagine sulle forze di lavoro nell'UE. I dati corrispondono al 2017. Mancano i dati relativi a LT e RO.

Figura 28. Percentuale di adulti con un basso livello di qualifiche che partecipano all'apprendimento (rispetto a tutti gli adulti con basse qualifiche), 2017

Fonte: indagine sulle forze di lavoro nell'UE. I dati corrispondono al 2017. Dati relativi a RO, BG, LT e SK non disponibili.

L'erogazione di incentivi finanziari ai datori di lavoro può incoraggiarli a investire nella formazione del personale. I datori di lavoro sono, nella maggior parte dei casi, coloro che erogano o finanziano i programmi di istruzione degli adulti per il loro personale, in quanto supportano più di due terzi degli adulti che partecipano ad attività di formazione professionale. Nonostante la limitata copertura complessiva, il finanziamento pubblico a favore dei datori di lavoro è uno strumento strategico che viene comunemente utilizzato negli Stati membri. Gli incentivi possono in generale assumere la forma di incentivi fiscali (crediti d'imposta o sgravi fiscali), sovvenzioni dirette alla formazione (compreso il sostegno dell'UE) o piani finanziati da contributi obbligatori (fondi per la formazione). È anche provato che le sovvenzioni dirette alle imprese (ad esempio sotto forma di sussidi) possono essere più efficaci nel promuovere la partecipazione dei dipendenti ai programmi di apprendimento rispetto ad altre forme di incentivi finanziari. La corretta destinazione del sostegno finanziario alla formazione è importante: ad esempio, concentrare gli interventi sulle imprese che subiscono vincoli finanziari e di capacità, in particolare le PMI, al fine di evitare gli effetti inerziali (finanziare investimenti che avrebbero avuto luogo comunque). I dati dimostrano di fatto che la partecipazione degli adulti all'apprendimento è fortemente e positivamente collegata alla copertura, piuttosto che all'entità del sostegno finanziario. Secondo i dati più recenti (2015) in materia di sostegno finanziario dell'indagine sulla formazione professionale permanente 46 , la percentuale di imprese che riferiscono di aver ricevuto un cofinanziamento pubblico di qualsiasi tipo a favore delle attività di formazione durante gli ultimi 12 mesi (dato che riflette la copertura del sostegno finanziario) varia dallo 0,1 % in Romania a quasi il 64 % in Spagna (figura 29). Oltre alla Romania, anche in Portogallo, Slovacchia e Bulgaria la percentuale di imprese che beneficia di questo tipo di sostegno finanziario è inferiore all'1 %. A Cipro, in Belgio, Francia e Spagna la percentuale è invece superiore al 20 %. 

Figura 29. Sostegno finanziario alla formazione erogato alle imprese, 2015

Fonte: Eurostat, indagine sulla formazione professionale permanente. I dati corrispondono al 2015 e mostrano la percentuale di imprese con 10 o più dipendenti che riferiscono di aver ricevuto un sostegno finanziario pubblico per l'erogazione di attività di formazione durante l'anno di riferimento (2015). Mancano i dati relativi all'Irlanda.

La situazione dei giovani sul mercato del lavoro continua a migliorare, in linea con il rafforzamento del contesto macroeconomico. Nell'UE il tasso di disoccupazione giovanile è diminuito, passando da un picco del 23,7 % nel 2013 al 16,8 % nel 2017. Rimane tuttavia più elevato rispetto al 2008 e in alcuni Stati membri (Italia, Spagna e Grecia) supera il 30 %. La dispersione del tasso di disoccupazione giovanile si sta progressivamente riducendo nel tempo (si veda la figura 30) e sono stati osservati cali più netti nei paesi con livelli più elevati, sebbene con alcune eccezioni (Italia, Francia, Belgio, nei quali la flessione è piuttosto lenta). All'altra estremità sono state conseguite riduzioni significative in Cechia, Ungheria, Slovenia, Bulgaria, Irlanda e Polonia, paesi le cui percentuali nel 2017 erano notevolmente inferiori alla media UE. Si registrano livelli e tendenze simili per quanto riguarda i tassi di disoccupazione giovanile degli uomini e delle donne (16,1 % per le donne e il 17,4 % per gli uomini nel 2017). La ripresa dell'occupazione non sempre corrisponde alla creazione di posti di lavoro di qualità, in quanto i giovani sono più spesso assunti con contratti di lavoro precari e atipici, che comprendono posti di lavoro a tempo determinato, tempo parziale involontario e posti di lavoro a bassa remunerazione. Nel 2017 il 43,9 % dei giovani lavoratori (in crescita rispetto al 42,2 % nel 2013) lavorava con un contratto di lavoro a tempo determinato (rispetto al 12,2 % dei lavoratori di età compresa tra i 25 e i 54 anni); il rapporto era superiore a 7 su 10 in Slovenia e Spagna.

Figura 30: tasso di disoccupazione giovanile (fascia di età 15-24 anni), confronto pluriennale

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Oltre a coloro che lavorano o che cercano un lavoro, nell'UE una larga fetta dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è economicamente inattiva. Nell'UE, nel 2017 complessivamente quasi 6 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni non studiavano, non frequentavano corsi di formazione e non lavoravano (NEET). Questa cifra corrisponde al 10,9 % della popolazione di tale fascia di età, percentuale in calo rispetto al picco di 13,2 % registrato nel 2012 e tornata al livello del 2008 (10,9 %). Tale riduzione è stata principalmente dovuta all'ingresso di NEET disoccupati nel mercato del lavoro. Come illustrato nella figura 31, tassi di NEET superiori al 15 % si registrano ancora in vari paesi (Italia, Cipro, Bulgaria, Croazia, Grecia e Romania). Il numero di NEET è in aumento in Danimarca 47 , Lussemburgo, Estonia e, aspetto ancora più preoccupante, nei due paesi con i tassi più elevati (Cipro e Italia, entrambi segnalati come "situazioni critiche"). Per questo motivo la convergenza è solo limitata, come indicato dalla pendenza leggermente negativa della linea di regressione. È invece incoraggiante riscontrare flessioni notevoli in Bulgaria e Romania (risultati "modesti ma in miglioramento"), paesi che partivano da livelli elevati.

Figura 31: tasso di NEET (fascia di età 15-24 anni) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale).

Fonte: Eurostat. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

A seguito del calo della disoccupazione giovanile, la maggior parte dei NEET è inattiva, sebbene le differenze tra gli Stati membri siano notevoli. I tassi di inattività sono particolarmente elevati in Bulgaria, Romania e Italia, mentre la disoccupazione è predominante in Spagna, Croazia e Grecia. Le persone che possiedono solo un basso livello di istruzione sono state individuate come quelle esposte ai maggiori rischi di far parte del gruppo dei NEET 48 . Tra i NEET di genere femminile l'inattività è più frequente della disoccupazione, mentre per gli uomini vale l'opposto.

Nell'ultimo decennio il tasso di occupazione dei lavoratori anziani è aumentato notevolmente. I lavoratori anziani (fascia di età 55-64 anni) hanno superato la crisi relativamente meglio di altre fasce di età e sono i più interessati dalla creazione dei posti di lavoro durante la ripresa, con quasi 7 milioni di occupati aggiuntivi tra il secondo trimestre del 2013 e il secondo trimestre del 2018. Più in generale, come già evidenziato nella sezione 1, la fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni è una componente molto importante dell'aumento complessivo dei tassi di occupazione negli ultimi dieci anni. Nel 2017 il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni è salito al 55,3 %, livello di 1,8 punti percentuali superiore rispetto all'anno precedente, e si prevede che il costante aumento prosegua nel contesto del cambiamento demografico. I tassi di occupazione dei lavoratori anziani variano notevolmente nei vari Stati membri e vanno dal 76,4 % in Svezia al 38,3 % in Grecia, con tassi inferiori o prossimi al 50 % in Spagna, Belgio, Polonia e Malta. Il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 55 e i 64 anni cresce più velocemente rispetto a quello degli uomini e nel 2016 si attestava al 50,9 %.

Dal 2008 la durata media della vita lavorativa è aumentata in quasi tutti gli Stati membri, con forti aumenti (di oltre due anni) in Estonia, Lituania, Cechia, Malta, Ungheria, Polonia e Lussemburgo. Il divario di genere nella durata della vita lavorativa si sta riducendo ma è ancora significativo: le donne partecipano al mercato del lavoro in media 4,9 anni in meno rispetto agli uomini (33,4 contro 38,3 anni nel 2017). Tale media cela una grande disparità tra gli Stati membri ed è attribuibile a molteplici fattori, quali un accesso insufficiente ai servizi di assistenza ed età pensionabili più basse per le donne in alcuni Stati membri.

Figura 32: durata media della vita lavorativa, confronto 2008-2017

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Nel 2017 il tasso di occupazione delle donne ha continuato a crescere costantemente, raggiungendo il 66,5 % rispetto al 65,3 % dell'anno precedente. Il tasso di occupazione delle donne è migliorato in tutti gli Stati Membri, ad eccezione della Danimarca (paese in cui è comunque molto elevato): si va dal 79,9 % in Svezia al 48,0 % in Grecia, e sono stati registrati tassi piuttosto bassi (al di sotto del 60 %) anche in Spagna, Malta, Croazia e Italia. Nonostante i progressi ottenuti, in tutti gli Stati membri le donne continuano a essere sottorappresentate nel mercato del lavoro rispetto agli uomini. Il divario di genere nei livelli di occupazione – un indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale – rimane alto, attestandosi a 11,5 punti percentuali. In un contesto di modeste variazioni rispetto all'anno scorso, la convergenza tra gli Stati membri risulta limitata. Italia, Grecia e Romania sono tutte segnalate come "situazioni critiche", mentre Malta, che ancora oggi presenta il maggiore divario di genere nei livelli di occupazione, nel 2017 ha assistito a un notevole miglioramento. Sono stati osservati aumenti netti (da 1 punto percentuale in su) in Lettonia, Ungheria e Croazia, anche se in questi Stati membri il tasso di occupazione è aumentato per entrambi i sessi, ma molto più velocemente per gli uomini che per le donne. Lettonia, Lituania, Finlandia e Svezia continuano a registrare i risultati migliori relativamente al divario di genere nei livelli di occupazione.

Figura 33: divario di genere nei livelli di occupazione e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

Il divario di genere nei livelli di occupazione è maggiore in termini di equivalenti a tempo pieno, poiché tra le donne si registrano tassi più elevati di occupazione a tempo parziale. Rispetto al 2016 il divario di genere medio nel lavoro a tempo parziale è diminuito solo leggermente, attestandosi a 23 punti percentuali nel 2017. Complessivamente, nel 2017 la percentuale delle donne che nell'UE lavoravano a tempo parziale era del 31,1 %, rispetto all'8,2 % degli uomini. Vi sono tuttavia grandi differenze tra gli Stati membri. Mentre la percentuale delle donne che lavorano a tempo parziale resta tradizionalmente bassa nella maggior parte degli Stati membri dell'Europa orientale (al di sotto del 10 % in Bulgaria, Croazia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Lettonia), essa ha raggiunto il 74,1 % nei Paesi Bassi (22,6 % per gli uomini), il 49,9 % in Austria (10,5 % per gli uomini) e il 46,8 % in Germania (9,3 % per gli uomini). La disponibilità di lavoro a tempo parziale costituisce un fattore importante per mantenere le donne sul mercato del lavoro, in particolare se hanno figli. Tuttavia lunghi periodi di riduzione dell'orario lavorativo possono esacerbare i divari di genere in materia di salari e di pensioni, in quanto il lavoro a tempo parziale è generalmente associato anche a una retribuzione oraria più bassa e a oneri sociali ridotti. Anche se in diminuzione, nel 2017 il 22,5 % dell'occupazione femminile a tempo parziale era involontario.

Oltre a presentare tassi di occupazione più bassi, le donne tendono anche a subire un notevole divario retributivo. Nonostante le donne in generale possiedano qualifiche superiori rispetto agli uomini 49 , il divario retributivo di genere resta stabile al 16,2 % 50 nel 2016, registrando solo un lieve calo rispetto al 2013 (16,8 %). Le donne tendono a essere sovrarappresentate nelle occupazioni e nei settori meno retribuiti e spesso svolgono lavori sottoqualificati rispetto alle loro competenze. Una parte del divario retributivo permane anche se si eliminano fattori quali le differenze di esperienza, il livello di istruzione, il tipo di contratto, ecc. Le differenze tra i vari paesi sono notevoli. Il divario retributivo di genere rimane superiore al 20 % in Estonia, Cechia, Germania, Regno Unito e Austria, mentre i valori più bassi (leggermente superiori al 5 %) sono registrati in Romania, Italia e Lussemburgo. Dopo il 2013 la situazione è migliorata considerevolmente in Estonia, Ungheria e Spagna, mentre il divario retributivo di genere è aumentato di oltre 2 punti percentuali in Portogallo e Lituania. Il divario retributivo di genere spesso si traduce in un divario pensionistico di genere, pari a circa il 37,2 % nel 2016 (in calo di 1,1 punti percentuali rispetto al 2015). Il divario pensionistico di genere più elevato è stato registrato a Cipro, Malta e nei Paesi Bassi (oltre il 44 %), il più basso (inferiore al 10 %) in Estonia, Danimarca e Slovacchia.

Figura 34: divario retributivo di genere non corretto, nel 2013 e nel 2016

Fonte: Eurostat. Nota: il divario retributivo di genere (Gender Pay Gap, GPG) non corretto è misurato come differenza tra la retribuzione oraria lorda media dei dipendenti maschi e quella dei dipendenti femmine espressa in percentuale della retribuzione oraria lorda media dei dipendenti maschi. Non sono disponibili dati recenti per Croazia, Grecia e Irlanda.

I divari nell'occupazione tendono a essere più ampi per le donne con responsabilità di assistenza. Ad esempio, la genitorialità è uno dei principali ostacoli alla piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro. In tutti gli Stati membri il divario di genere nei livelli di occupazione si amplia notevolmente se si considera la genitorialità. In media, nel 2017 il tasso di occupazione delle donne (20-49 anni) con un figlio di età inferiore ai 6 anni era di 9,2 punti percentuali più basso rispetto a quello delle donne senza figli. In Cechia, Ungheria e Slovacchia l'effetto negativo della genitorialità è particolarmente elevato (oltre 40 punti percentuali), mentre l'effetto è positivo, ma più modesto che per gli uomini, in Portogallo, Lussemburgo, Svezia e Croazia. La genitorialità ha invece un effetto positivo sulla partecipazione degli uomini al mercato del lavoro in tutti gli Stati membri dell'UE (in media +12,4 punti percentuali).

Figura 35: effetto della genitorialità sull'occupazione per gli uomini e per le donne (fascia di età 20-49 anni) nel 2017

Fonte: Eurostat. Nota: l'effetto della genitorialità sull'occupazione è misurato come la differenza (in punti percentuali) tra il tasso di occupazione delle donne (o degli uomini) con almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni e il tasso di occupazione delle donne (o degli uomini) senza figli.

La disparità di accesso a servizi di cura dell'infanzia e di assistenza a lungo termine di qualità e a prezzi abbordabili contribuisce all'effetto negativo della genitorialità sui tassi di occupazione delle donne. Come evidenziato dall'indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale sull'inserimento in strutture formali di cura dell'infanzia, nel 2016 circa il 33 % dei bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni era iscritto a una di queste strutture. Ciò significa che è stato raggiunto l'obiettivo di Barcellona relativo alla disponibilità delle strutture di cura dell'infanzia (di qualità e a prezzi abbordabili) per i bambini di questa fascia di età. Permangono tuttavia importanti differenze tra i paesi. Mentre in Danimarca il tasso di inserimento era del 70 % e in Portogallo, Lussemburgo, Svezia e Paesi Bassi di circa il 50 %, in Slovacchia, Cechia, Polonia e Grecia era nettamente inferiore al 10 % (questi ultimi paesi, insieme alla Bulgaria, sono segnalati come "situazioni critiche "). In questi Stati membri la mancanza di strutture formali di cura dell'infanzia si traduce anche in scarsi risultati delle donne sul mercato del lavoro (in tutti i paesi il divario di genere nei livelli di occupazione è superiore alla media UE e la genitorialità ha un effetto negativo sui tassi di occupazione). Nel 2017 il 21,6 % delle donne con responsabilità di assistenza nell'UE erano inattive o lavoravano a tempo parziale per la mancanza di strutture di cure dell'infanzia e di servizi di assistenza a lungo termine. In Grecia, Spagna, Croazia e Cipro, la percentuale era nettamente superiore al 50 %, con livelli record in Romania e Lettonia (oltre l'89 %).

Figura 36: bambini inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia, fascia di età 0-3 anni, e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine EU-SILC. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

In diversi Stati membri, garantire servizi di assistenza formale a lungo termine accessibili, di qualità elevata e sostenibili continua a rappresentare una sfida. Le carenze di servizi di assistenza a lungo termine possono costituire uno dei principali ostacoli alla permanenza delle donne sul mercato del lavoro, in quanto per molte famiglie l'assistenza informale è spesso l'unica opzione disponibile. Il cambiamento demografico è destinato ad esacerbare questa sfida in quanto si stima che il numero di persone anziane non autosufficienti aumenterà di 13 milioni tra il 2016 e il 2070 51 . Inoltre, i prestatori di assistenza informale, in maggioranza donne, corrono un rischio maggiore di povertà e di dipendenza finanziaria, in particolare quando sono costretti a ridurre l'orario di lavoro o a smettere di lavorare per occuparsi dei propri familiari, con una conseguente riduzione del loro reddito e dei loro diritti pensionistici.

Le donne incontrano inoltre forti disincentivi finanziari quando entrano nel mercato del lavoro o desiderano lavorare di più. In particolare, quando l'imposta sul reddito è applicata sul reddito familiare piuttosto che su quello individuale, i coniugi inattivi e le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare (spesso donne) possono imbattersi in forti disincentivi finanziari a partecipare al mercato del lavoro o a lavorare più ore. Anche altre caratteristiche del regime fiscale e previdenziale possono scoraggiare l'offerta di forza lavoro, tra cui le detrazioni familiari, le detrazioni per coniuge a carico e le detrazioni trasferibili. Nel 2016 la trappola dell'inattività per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito è stata particolarmente elevata in Danimarca, Germania, Belgio e Francia, mentre la trappola della povertà era elevata in Belgio, Germania e Lussemburgo 52 . I costi elevati delle strutture di assistenza aumentano la trappola dell'inattività e agiscono da disincentivo ad accettare un'offerta di lavoro o ad aumentare le ore lavorative.

Le persone provenienti da un contesto migratorio beneficiano soltanto in parte del miglioramento generale delle condizioni del mercato del lavoro. Anche se rappresentano una percentuale crescente della popolazione dell'UE (il 7,2 % nel 2017, dal 6,6 % nel 2014), le persone nate al di fuori dell'UE hanno meno probabilità di essere occupate rispetto agli autoctoni. Nel 2017 il 63 % delle persone in età lavorativa (fascia di età 20-64 anni) nate al di fuori dell'UE aveva un'occupazione, un livello molto inferiore rispetto a quello precedente la crisi (66,2 % nel 2008). Il divario occupazionale tra i due gruppi era di 10 punti percentuali nel 2017, in leggero miglioramento rispetto al 2016 (10,5 punti percentuali), ma di gran lunga peggiore rispetto al 2008 (4,5 punti percentuali). In alcuni Stati membri (Finlandia, Svezia, Paesi Bassi e Belgio) tale divario nel 2017 era di circa 20 punti percentuali o prossimo a tale valore. La situazione è ancora più difficile per le donne nate al di fuori dell'UE, il cui tasso di occupazione era pari al 54,1 % nel 2017, con un divario del 13,6 % rispetto alle donne nate nell'UE. Inoltre, se occupate, le persone nate al di fuori dell'UE hanno maggiori probabilità di essere colpite dalla povertà lavorativa rispetto agli autoctoni.

Figura 37: tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell'UE, confronto pluriennale

Fonte: Eurostat. Nota: Non sono disponibili dati per la Germania per il 2008 e il 2013.

Figura 38: tasso di occupazione per paese di nascita, fascia di età 20-64 anni, 2017

Fonte: Eurostat.

Le difficoltà delle persone provenienti da un contesto migratorio tendono a ripercuotersi sulle generazioni successive. La percentuale di persone provenienti da un contesto migratorio è in aumento, soprattutto tra i giovani 53 , e vi sono riscontri oggettivi del fatto che le persone nate nell'UE da genitori stranieri presentano tassi di occupazione più bassi rispetto ai figli di genitori nati nell'UE 54 . Ciò contribuisce a sua volta ad aumentare i tassi di disoccupazione tra alcuni gruppi di giovani svantaggiati. I risultati del mercato del lavoro differiscono notevolmente anche in funzione del motivo della migrazione 55 . Tuttavia, mentre i tassi di occupazione più modesti dei migranti sono in parte riconducibili alla presenza di una percentuale più significativa di persone con un basso livello di istruzione, l'aumento del livello di istruzione 56 non determina risultati occupazionali migliori e si osserva un forte sottoutilizzo delle competenze e delle qualifiche dei migranti 57 .

Il divario nel tasso di occupazione delle persone con disabilità indica che la possibilità di sfruttare i loro talenti è inutilizzata. Nel 2016 nell'UE il divario nei livelli di occupazione 58 tra le persone con disabilità e quelle senza disabilità era ampio, con un tasso di occupazione del 48,1 % per i primi rispetto al 73,9 % per i secondi. Vi sono tuttavia grandi differenze tra gli Stati membri 59 , dove tale divario va da 14,7 punti percentuali (Italia) a oltre 45 (Irlanda). Inoltre solo il 59,7 % delle persone con disabilità nell'UE è economicamente attivo, rispetto all'82,2 % delle persone senza disabilità, il che suggerisce la presenza di notevoli ostacoli all'accesso delle prime al mercato del lavoro 60 . I paesi con tassi di attività simili per le persone senza disabilità possono avere tassi di attività molto diversi per le persone con disabilità. Anche la qualità del lavoro è una questione importante, in quanto nel 2016 le persone con disabilità nell'UE avevano più probabilità di trovarsi in condizioni di povertà lavorativa rispetto alla popolazione in generale 61 . In termini di genere, il tasso di occupazione delle donne con disabilità (45,9 %) era solo di poco inferiore a quello degli uomini con disabilità (50,6 %) mentre la situazione era rovesciata in alcuni Stati membri. Per quanto riguarda la qualità generale della vita percepita dalle persone con disabilità, dall'indagine Eurofound 62 emerge che il grado in cui esse si sentono isolate dalla società varia considerevolmente a seconda che abbiano un'occupazione o meno. Coloro che sono occupati riferiscono con frequenza molto minore di sentirsi esclusi dalla società rispetto ai rispondenti disoccupati di lungo periodo o a coloro che non sono in grado di lavorare a causa della disabilità.

3.2.2    Risposta strategica

Sono necessarie strategie globali che si concentrino sulle cause profonde dell'abbandono scolastico per ridurne i tassi, prevenire l'esclusione sociale e favorire la transizione dei giovani al mercato del lavoro. Molti Stati membri hanno recentemente introdotto misure volte a ridurre il numero degli abbandoni scolastici, dalle politiche di sostegno linguistico per gli studenti di madrelingua diversa all'orientamento scolastico e professionale nelle scuole o alle misure che favoriscono il rientro nel sistema di istruzione e formazione di chi ha abbandonato precocemente gli studi. Ad esempio, in Bulgaria il progetto "Your class" stanzia dei fondi per un'ulteriore assistenza pedagogica agli studenti a rischio di abbandono scolastico, come formazione linguistica, lezioni supplementari per colmare le lacune nell'apprendimento o attività extracurricolari per aumentare la motivazione degli studenti. La Svezia contribuisce a finanziare le scuole in base alla situazione socioeconomica degli studenti, al fine di promuovere una composizione sociale equilibrata e di prevenire l'abbandono scolastico. In Spagna il piano "Proeducar" favorisce le politiche che migliorano la qualità e l'equità del sistema di istruzione e che sostengono i programmi della "seconda opportunità".

Garantire l'accesso a un'istruzione di alta qualità e a prezzi abbordabili e sostenere lo sviluppo professionale continuo degli insegnanti è fondamentale per migliorare i risultati scolastici degli alunni. Il piano d'azione dell'Irlanda per l'istruzione è finalizzato a promuovere e favorire la qualità, l'eccellenza e l'innovazione, a colmare le carenze critiche in termini di competenze, eccellere nelle tecnologie abilitanti fondamentali e sostenere l'inclusione. Una recente riforma dell'istruzione secondaria in Lussemburgo mira ad adeguare l'istruzione alle esigenze degli studenti, dando alle scuole maggiore autonomia nell'organizzare il piano di studi secondo il profilo scelto, diversificando l'offerta linguistica e introducendo piani triennali per lo sviluppo delle scuole in ambiti quali l'orientamento, il successo negli studi, le attività post-scolastiche, l'assistenza psicosociale e il miglioramento delle capacità digitali. In Croazia l'iniziativa "School for Life" introduce nuovi piani di studi basati sui risultati dell'apprendimento, che spostano l'attenzione della classe sull'esperienza degli alunni, riconoscono l'importanza della preparazione degli insegnanti e introducono un insegnamento transdisciplinare di competenze chiave quali imprenditorialità, imparare a imparare o educazione civica. L'iniziativa della Svezia "Cooperazione per la migliore scuola possibile" (Samverkan för bästa skola) mira ad affrontare le disuguaglianze offrendo un sostegno personalizzato orientato alla pratica e accompagnato dallo sviluppo professionale degli insegnanti nelle scuole che affrontano le sfide più ardue nell'assicurare un insegnamento di alta qualità e in cui un numero consistente di allievi non completa la propria istruzione. Cipro sta attuando un nuovo quadro di apprendimento professionale degli insegnanti per migliorare la loro formazione continua e ha iniziato a perfezionare il piano di studi prescolastico sulla base di indicatori di successo e adeguatezza. In Lituania il nuovo regolamento per la formazione degli insegnanti definisce requisiti di qualità per i programmi di studio e i tirocini degli insegnanti, specificando inoltre le opportunità di formazione e sviluppo professionale degli insegnanti e stabilendo i parametri per i centri nazionali di formazione degli insegnanti.

Resta importante l'applicazione efficace delle modifiche legislative per l'inclusione dei Rom nell'istruzione. In Bulgaria le misure attualmente in vigore per gli studenti Rom comprendono borse di studio e attività extracurricolari, lezioni supplementari di lingua bulgara e attività con i genitori. A luglio 2017 l'Ungheria ha modificato le leggi sulla parità di trattamento e sull'istruzione pubblica al fine di imporre il divieto di segregazione. Nel 2017 sono state inoltre selezionate le scuole con risultati mediocri, un alto tasso di abbandono e un rischio elevato di segregazione, cui saranno erogati formazione e un sostegno complesso allo sviluppo per mettere in atto metodi di insegnamento differenziati. Funzionari e gruppi di lavoro contro la segregazione sono in corso di istituzione nei distretti didattici. In Romania sono state ampliate le responsabilità degli ispettorati scolastici e dell'agenzia per la garanzia della qualità (ARACIP) per monitorare la segregazione. È in corso di attuazione il piano d'azione rivisto per l'integrazione dei Rom, approvato dal governo slovacco a febbraio 2017, i cui risultati non si sono ancora manifestati. La Repubblica slovacca ha approvato un piano nazionale decennale di sviluppo dell'istruzione, che dovrebbe affrontare anche gli aspetti dell'inclusività e della qualità dell'istruzione, anche per i bambini Rom.

Migliorare la qualità dell'istruzione superiore è fondamentale, in particolare nel contesto del costante aumento dei tassi di istruzione terziaria. La comunicazione della Commissione del 2017 relativa ad una nuova agenda per l'istruzione superiore 63 sottolinea l'importanza di misure volte ad ampliare la partecipazione all'istruzione superiore, aumentare i tassi di completamento degli studi, dotare gli studenti abilità e competenze pertinenti per il mondo del lavoro o migliorare l'efficienza del sistema di finanziamento dell'istruzione superiore. Diversi Stati membri hanno annunciato riforme in linea con tali principi. La Francia ha recentemente adottato una legge intesa a sostenere gli studenti per il buon esito dell'istruzione superiore, in particolare attraverso un maggiore orientamento alla scelta, il sostegno durante l'intero corso di studi e la pubblicazione delle competenze attese per le varie discipline prima dell'iscrizione. Austria e Cechia hanno introdotto di recente nuovi sistemi di finanziamento per l'istruzione superiore volti a promuovere la diversificazione e la qualità. In Polonia la legge recentemente adottata in materia di ricerca, scienza e istruzione superiore ("Ustawa 2.0") rappresenta un grande impegno per la modernizzazione inteso a migliorare la qualità nel settore dell'istruzione superiore. Il Portogallo ha introdotto misure volte ad aumentare le iscrizioni all'istruzione superiore, quali il rafforzamento dei meccanismi di sostegno sociale per gli studenti provenienti da contesti svantaggiati attraverso un aumento significativo delle borse di studio, un regime sociale per la rateizzazione delle tasse scolastiche e l'attuazione del programma rielaborato "+Superior", per promuovere e sostenere l'iscrizione nelle regioni meno densamente popolate e in cui la domanda è più bassa.

Gli Stati membri continuano a rendere le competenze e le qualifiche più comprensibili in tutta Europa. Tutti gli Stati membri dispongono di quadri nazionali delle qualifiche organizzati secondo il principio dei risultati dell'apprendimento. Quasi tutti (27) hanno messo in relazione i loro livelli di qualifica con il quadro europeo delle qualifiche (EQF) e 19 riportano il livello EQF sulle qualifiche nazionali, rendendole più chiare e più facilmente comparabili (Belgio, Cechia, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Slovenia e Regno Unito).

Sono sempre più numerosi gli Stati membri che tengono conto dell'apprendimento al di fuori dell'istruzione e formazione istituzionali. In 15 paesi è stato istituito un meccanismo di coordinamento per promuovere lo scambio e la coerenza delle attività di convalida tra i settori dell'istruzione e della formazione, il mercato del lavoro e il terzo settore (Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia). Nella maggior parte dei paesi si stanno intensificando i collegamenti tra i quadri nazionali delle qualifiche (NQF) e la convalida. La convalida può portare all'acquisizione di una qualifica inclusa nel quadro in 11 paesi (Belgio, Francia, Irlanda, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Regno Unito) e di crediti per l'acquisizione di una qualifica in altri quattro (Danimarca, Estonia, Spagna, Slovenia).

Gli Stati membri stanno procedendo verso un approccio strategico globale alla gestione delle competenze. Nel 2016, nell'ambito del pacchetto dell'agenda per le competenze, il Consiglio ha adottato una raccomandazione sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze per contribuire a rispondere alle carenze di competenze, alle disparità e alle esigenze emergenti del mercato del lavoro che richiedono livelli di competenze sempre più elevati. Attraverso percorsi di miglioramento del livello delle competenze i responsabili politici dovrebbero elaborare e attuare politiche personalizzate in base alle esigenze specifiche degli adulti con un basso livello di competenze. Diversi Stati membri si sono adoperati per istituire strategie nazionali in materia di competenze, sostenuti dalla Commissione in collaborazione con l'OCSE (Spagna, Italia, Portogallo, Slovenia e, più recentemente, Belgio/Fiandre). Dopo aver completato la fase di diagnosi e individuato le principali sfide in termini di competenze, Italia e Slovenia stanno realizzando la fase di progettazione del processo. Il Portogallo ha portato a termine sia la fase di diagnosi che di progettazione e ha varato il proprio piano d'azione a maggio di quest'anno. Lettonia e Polonia avvieranno i loro progetti strategici in materia di competenze più avanti nel 2018.

Sono in corso di adozione ulteriori misure volte a promuovere e agevolare l'accesso e la partecipazione all'IFP. Il Lussemburgo ha modificato la propria legislazione per quanto riguarda il sostegno e lo sviluppo dell'apprendimento permanente al fine di migliorare l'efficacia della spesa tramite il cofinanziamento dell'apprendimento professionale permanente. La Francia ha stanziato ulteriori fondi per la formazione professionale e l'apprendistato attraverso il cosiddetto Plan d'Investissement Compétence (PIC), che prevede un incremento medio annuo di quasi il 10 % della spesa pubblica per la formazione professionale e l'apprendistato. Il programma "Get Qualified" ("Ottieni una qualifica!") di Malta è finalizzato a migliorare il sostegno finanziario agli studenti che desiderano accedere alla formazione professionale.

Gli Stati membri stanno adattando i propri sistemi di istruzione e formazione professionale con l'obiettivo di migliorarne la pertinenza per il mercato del lavoro. La Slovenia ha introdotto un allegato a un attestato che fornisce ai datori di lavoro informazioni dettagliate, uniformi e comparabili a livello internazionale sulle qualifiche professionali. Nel quadro della riforma dell'istruzione tecnica, il Regno Unito ha annunciato l'introduzione dei "T-levels", ossia qualifiche tecniche che i giovani di età compresa tra i 16 e i 19 anni potranno ottenere in alternativa agli "A-levels", il principale titolo di istruzione secondaria di secondo grado. La Grecia ha ampliato il proprio sostegno all'apprendistato per i diplomati della formazione professionale secondaria di secondo grado, che dà accesso alle qualifiche di livello 5 dell'EQF e mira ad agevolare la transizione verso il mercato del lavoro. La Croazia ha modificato la legge sulla formazione professionale che prevede lo sviluppo e l'elaborazione di nuovi programmi di formazione professionale per acquisire le qualifiche professionali richieste dal mercato del lavoro; essa istituisce inoltre un sistema di assicurazione della qualità migliore e centri regionali di competenza. A Cipro il governo ha introdotto misure volte a migliorare la qualità della formazione professionale e l'acquisizione delle abilità e delle competenze richieste dal mercato del lavoro attraverso, in particolare, la promozione della cooperazione tra gli erogatori di IFP e l'industria in materia di formazione pratica (attraverso tirocini). In Finlandia le misure di riforma dell'IFP mirano inoltre a sviluppare l'apprendistato e facilitare percorsi flessibili di apprendimento e un approccio pratico al conseguimento di una qualifica.

Diversi Stati membri hanno adottato varie misure volte a promuovere lo sviluppo delle competenze digitali. In Bulgaria è stato lanciato il progetto finanziato dall'UE "Education for Tomorrow" (Istruzione per il domani) per aiutare ad aprire l'istruzione alle tecnologie digitali e introdurre metodi didattici innovativi, nonché aumentare la motivazione ad imparare e superare le difficoltà di apprendimento. Il Regno Unito sta lanciando il regime nazionale di riqualificazione, nel cui ambito utilizzerà ulteriori 30 milioni di GBP (34 milioni di EUR) per particolari esigenze in materia di competenze digitali. La Spagna ha adottato un programma di formazione per le competenze digitali per i giovani professionisti, che offre ai giovani disoccupati del sistema nazionale di garanzia per i giovani una formazione orientata al settore digitale e ai nuovi modelli di business. Malta ha istituito un sottocomitato nell'ambito Consiglio nazionale delle competenze per svolgere attività di ricerca e formulare raccomandazioni volte ad affrontare gli squilibri tra domanda e offerta di competenze digitali.

L'ulteriore miglioramento dell'occupazione giovanile e il sostegno ai giovani nella transizione dall'istruzione al mercato del lavoro restano importanti priorità. Nel 2017, oltre 5 milioni di giovani si sono iscritti al sistema di garanzia per i giovani e 3,5 milioni hanno accettato un'offerta di lavoro, di istruzione continua, un apprendistato o un tirocinio e quasi la metà aveva ancora un impiego, continuava a studiare o seguiva una formazione a 6 mesi dalla disiscrizione dal registro della garanzia per i giovani. In molti Stati Membri la percentuale stimata di NEET iscritti al sistema nel corso dell'anno è tuttavia ancora al di sotto del 50 %. In un contesto in cui i risultati dei giovani sul mercato del lavoro sono notevolmente migliorati, le misure strategiche su cui poggiano i risultati della garanzia per i giovani sono sempre più mirate.

Gli Stati membri stanno intensificando le loro attività di sensibilizzazione, rendendo i servizi più accessibili ai giovani e garantendo una migliore identificazione delle persone in stato di bisogno. In Finlandia i centri unici di orientamento per la gioventù (Ohjaamo, originariamente operanti con finanziamenti concessi dal FSE) sono divenuti permanenti e riceveranno un forte sostegno finanziario allo scopo di raggiungere un totale di 10 000 giovani. In Germania sono in corso di realizzazione agenzie per l'occupazione giovanile. Cipro ha avviato un progetto di sensibilizzazione sostenuto dal ministero dell'Istruzione, in collaborazione con il ministero del Lavoro e con il Consiglio per la gioventù di Cipro, volto a coinvolgere 4 000 NEET inattivi e a fornire loro sostegno all'attivazione attraverso consulenza e formazione specifica. In Croazia da novembre 2017 è operativo un sistema di mappatura dei NEET, il cui scopo è individuare i NEET non iscritti e le loro caratteristiche per orientare meglio le misure rivolte a questo gruppo.

Sono state inoltre introdotte nuove misure per sostenere più efficacemente i giovani che risentono di molteplici svantaggi, anche attraverso una migliore cooperazione tra i servizi per l'occupazione, quelli per l'istruzione e i servizi sociali. In Austria il programma di "coaching" dei giovani aiuta a mantenere i giovani nel sistema di istruzione e formazione il più a lungo possibile o, in alternativa, a reintegrarli nel sistema. In Irlanda il regime di sostegno dell'occupazione giovanile, annunciato nel 2018, offre tirocini ai giovani in cerca di lavoro che sono disoccupati di lungo periodo o incontrano forti ostacoli all'occupazione. I partecipanti acquisiscono competenze di base utili nell'ambito lavorativo e sociale in un ambiente che offre sostegno e ricevono un pagamento settimanale equivalente al salario minimo netto.

Gli Stati membri continuano a sostenere la domanda del mercato del lavoro attraverso l'occupazione e gli incentivi all'imprenditorialità, principalmente sotto forma di sussidi salariali e sussidi all'assunzione mirati. A marzo 2018 il Belgio ha adottato una nuova legge per sostenere le offerte di primo impiego, non ancora entrata in vigore, che rende meno onerosa l'assunzione dei giovani di età compresa tra i 18 e i 21 anni privi di esperienza, senza ridurne la retribuzione netta. La Spagna ha varato un nuovo programma di integrazione salariale destinato a 10 000 disoccupati nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni, rivolto in particolare ai diplomati dell'istruzione superiore (6 000 posti). Il periodo sovvenzionato può essere più lungo se l'assunzione riguarda disoccupati di lungo periodo e beneficiari del reddito minimo. La Spagna ha inoltre ridotto gli oneri sociali per 3 anni per le imprese che trasformano i contratti di formazione in contratti a tempo indeterminato, nonché adottato nuove integrazioni salariali destinate ai giovani imprenditori (fino a 35 anni) che effettuano le prime assunzioni. Il periodo sovvenzionato può essere più lungo nel caso di assunzione di giovani disoccupati (fino a 29 anni). L'Italia offre una gamma di incentivi riguardanti gli oneri sociali, come contributi ridotti per tre anni alle imprese private che assumono giovani con un contratto a tempo indeterminato o l'esonero totale dai contributi per tre anni concesso ai datori di lavoro che assumono giovani con contratti a tempo indeterminato dopo un tirocinio o un programma di IFP di tipo duale e ai datori di lavoro che assumono giovani iscritti al programma di garanzia per i giovani. La Romania intende incrementare i sussidi all'occupazione per l'assunzione di giovani NEET e di giovani laureati da 1 125 RON/mese (circa 245 EUR) a 2 250 RON/mese (circa 490 EUR).

Diversi Stati membri prestano particolare attenzione al miglioramento delle competenze e alla riqualificazione dei giovani attraverso politiche attive del mercato del lavoro. In Croazia il ministero del Lavoro e del regime pensionistico e il Consiglio di amministrazione del servizio per l'impiego croato hanno adottato un nuovo pacchetto di misure attive per il mercato del lavoro, ribadendo l'importanza della formazione e del perfezionamento professionale, anche per i giovani. Dal 2017 la Spagna attua un programma di formazione di competenze digitali per i giovani professionisti, che offre ai giovani disoccupati del sistema nazionale di garanzia per i giovani una formazione orientata al settore digitale e ai nuovi modelli di business.

Gli Stati membri hanno inoltre continuato ad adeguare la loro legislazione in materia di tirocini al quadro di qualità per i tirocini 64 e hanno sviluppato ulteriormente gli incentivi finanziari per i tirocini. In Lituania una nuova legge per l'occupazione, entrata in vigore il 1° luglio 2017, opera una distinzione tra due tipi di tirocinio, ossia "la pratica volontaria" (articolo 10) e "la formazione avanzata" (articolo 39), e stabilisce un quadro più chiaro per i tirocini retribuiti e non retribuiti. In Spagna la legge di bilancio 2018 prevede una dotazione finanziaria per l'introduzione di un incentivo per la formazione nella garanzia per i giovani (Bono Formación Garantía Juvenil), un sostegno finanziario di 430 EUR per un periodo massimo di 18 mesi rivolto ai giovani assunti con contratti di apprendistato e formazione. A luglio 2018 la Romania ha adottato una legge in materia di tirocini a sostegno delle persone di età superiore ai 16 anni. La legge impone ai datori di lavoro di offrire uno stipendio mensile pari ad almeno il 50 % del salario minimo lordo per una durata massima di 720 ore (in 6 mesi). Sarà concesso un incentivo per l'assunzione dei tirocinanti alla fine del periodo di tirocinio.



Riquadro 2. Utilizzare appieno il Fondo sociale europeo (FSE)

Con un bilancio di 86,4 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020, il Fondo sociale europeo (FSE) è uno degli strumenti fondamentali dell'UE per contribuire al superamento delle sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese. I programmi operativi contribuiscono direttamente alla promozione dell'occupazione sostenibile e di qualità e dell'inclusione sociale, agli investimenti nell'istruzione e nella formazione e allo sviluppo delle capacità istituzionali.

Una delle principali priorità strategiche è l'occupazione giovanile, cui sono dedicate sia risorse proprie del FSE sia l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (IOG). Il bilancio dell'IOG è stato portato a 8,9 miliardi di EUR nel 2017 e copre l'intero periodo di programmazione 2014-2020. L'IOG si rivolge specificamente ai giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET), concentrati nelle regioni dell'UE con i tassi più elevati di disoccupazione giovanile nel 2012.

Tra il 2014 e il 2017 hanno beneficiato del sostegno del FSE e dell'IOG più di 15 milioni di partecipanti, tra cui quasi 3 milioni di disoccupati di lungo periodo (17 %). I giovani di età inferiore ai 25 anni (42 % del totale dei partecipanti) e le persone con un basso livello di qualifiche che hanno completato l'istruzione primaria o secondaria di primo grado (44 % del totale dei partecipanti) sono i principali gruppi destinatari di questi interventi. Nel 2017 vi è stata una netta accelerazione dell'attuazione, che dovrebbe proseguire di buon passo negli anni futuri.

Più di 2,4 milioni di giovani NEET hanno ricevuto sostegno dall'IOG fra il 2014 e il 2017:

-    1,5 milioni di giovani hanno completato l'intervento finanziato dall'IOG;

-    780 000 giovani sono stati impegnati in un percorso di istruzione/formazione, hanno acquisito una qualifica, oppure avevano un'occupazione, anche autonoma, al momento della conclusione della loro partecipazione all'intervento;

-    550 000 giovani hanno ricevuto un'offerta di lavoro, istruzione continua, apprendistato o tirocinio al momento della conclusione della loro partecipazione all'intervento.

Il 30 maggio 2018 la Commissione europea ha adottato una proposta che istituisce il Fondo sociale europeo Plus (FSE+) per il periodo 2021-2027. Il FSE+ permetterà, nel quadro più ampio dei fondi strutturali e di investimento, di concentrare maggiormente il sostegno sulle sfide individuate nell'ambito del semestre europeo. In tale contesto, il FSE+ unificherà:

   il Fondo sociale europeo (FSE) e l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (IOG),

   il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD),

   il programma dell'UE per l'occupazione e l'innovazione sociale, e

   il programma dell'UE per la salute.

Il regolamento FSE+ mirerà a garantire che le risorse nell'ambito della gestione concorrente si concentrino sulle principali sfide individuate, in particolare:

   sosterrà i principi del pilastro europeo dei diritti sociali e l'attuazione delle raccomandazioni formulate nel quadro del semestre europeo;

   continuerà a fornire sostegno ai giovani mediante uno stanziamento minimo per gli Stati membri con elevati tassi di disoccupazione giovanile;

   promuoverà l'integrazione sociale con una quota minima del 25 %;

   sosterrà le azioni dell'Unione a favore di innovazione sociale, mobilità e salute;

   sosterrà l'integrazione a lungo termine dei cittadini di paesi terzi, in complementarità con il Fondo asilo e migrazione (AMIF);

   sarà semplificato al fine di ridurre gli oneri amministrativi delle autorità o delle organizzazioni nazionali che beneficiano delle misure del FSE+.

Diversi Stati membri continuano a promuovere la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro. In Danimarca un accordo in materia di pensioni rafforza gli incentivi affinché i lavoratori anziani rimangano più a lungo nel mercato del lavoro. Una serie di iniziative aumenta il grado di flessibilità del sistema pensionistico, anche con maggiori incentivi finanziari a posporre il pensionamento e a provvedere alla pensione privatamente. La Grecia ha adottato un programma di sovvenzioni per il settore pubblico e le imprese, gli enti e le organizzazioni locali finalizzato all'assunzione di 10 000 disoccupati di lungo periodo di età compresa tra i 55 e i 67 anni. A Malta i pensionati di età inferiore a 65 anni che lavorano in proprio o a tempo parziale potranno pagare i contributi assicurativi nazionali pro rata a un'aliquota del 15 % anziché ad aliquota piena. La Slovenia ha introdotto un sussidio mirato all'occupazione permanente delle persone di età superiore ai 58 anni che assegna la priorità ai beneficiari di prestazioni di disoccupazione e di assistenza sociale in denaro. Il sussidio ammonta a 11 000 EUR ed è corrisposto al datore di lavoro in due parti (metà all'assunzione e metà dopo la diciottesima mensilità di stipendio). È stato anche avviato un progetto per fornire un sostegno globale alle imprese, volto a promuovere l'invecchiamento attivo della forza lavoro. Entrambe le misure sono cofinanziate dal FSE. Infine, in linea con la strategia per l'invecchiamento attivo, a marzo 2018 è stato istituito il consiglio governativo per l'invecchiamento attivo e la cooperazione intergenerazionale, composto da ministri e rappresentanti di enti professionali, delle ONG e dell'economia.

Molti Stati membri continuano a impegnarsi nei servizi di cura dell'infanzia e di assistenza a lungo termine per rimuovere gli ostacoli all'occupazione femminile. A giugno 2018 la Germania ha adottato il programma "Finanziamento della cura dell'infanzia" volto a sostenere l'incremento dei posti nelle strutture destinate ai bambini in tenera età, al fine di aumentare il numero di donne che lavorano a tempo pieno. Dotato di un bilancio di 3,28 miliardi di EUR, il programma si propone di mettere a disposizione ulteriori 100 000 posti nelle strutture di cura dell'infanzia. L'Irlanda ha presentato il piano di istruzione della prima infanzia per i bambini in età prescolare. Da settembre 2018 i bambini sono accettati nelle strutture di cura dell'infanzia dall'età di 2 anni e 8 mesi e possono proseguire fino all'età dell'obbligo scolastico. Anche la Grecia ha esteso l'obbligatorietà dell'istruzione prescolare da 1 a 2 anni e ha stanziato 15 milioni di EUR per 10 000 posti supplementari in strutture di cura dell'infanzia. Alcuni Stati membri hanno adottato misure volte a migliorare l'accessibilità economica della cura dell'infanzia. In Spagna la legge sull'imposta sul reddito delle persone fisiche è stata modificata per consentire la deduzione delle spese di cura dell'infanzia per i bambini fino ai 3 anni di età. La Finlandia ha abbassato le rette per l'istruzione della prima infanzia per le famiglie a basso e medio reddito. Secondo le stime, questo consentirebbe a circa 6 700 famiglie di beneficiare di istruzione e cura della prima infanzia gratuite. L'Irlanda ha annunciato un regime unico di cura dell'infanzia, economicamente accessibile, che fornirebbe sostegno finanziario per la cura dei bambini di età scolare e prescolare. La Bulgaria ha adottato misure volte a fornire maggiori strutture di assistenza a lungo termine per gli anziani e le persone con disabilità. Inoltre alcuni Stati membri hanno adottato misure a favore dell'assistenza informale retribuita. La Cechia ha adottato una legge sui congedi speciali per i prestatori di assistenza (congedo pagato fino a tre mesi per chi presta assistenza informale a familiari non autosufficienti). L'Irlanda prevede di estendere il diritto al congedo parentale a 26 settimane (6 mesi) per ciascun figlio. Se la legislazione sarà approvata, ai genitori che hanno già utilizzato il diritto esistente al congedo parentale di 18 settimane saranno concesse 8 settimane aggiuntive. Infine, l'Estonia ha introdotto 5 giorni in più di ferie retribuite ai prestatori di assistenza (remunerate in base al salario minimo).

Una ripartizione equilibrata del congedo retribuito tra donne e uomini può essere particolarmente utile per promuovere l'occupazione delle donne con figli. A tal fine, la Spagna ha adottato una nuova legge che estende da 4 a 5 settimane il diritto al congedo di paternità retribuito. La Cechia ha introdotto una settimana di congedo di paternità retribuito. La Slovenia ha ridotto la durata del congedo di paternità da 90 a 30 giorni, ma ha aumentato considerevolmente l'importo dell'indennità portandolo al 100 % del salario. Nei Paesi Bassi è stato trasmesso al Parlamento il disegno di legge che estende la durata del congedo di paternità da 2 a 5 giorni e concede ai genitori 5 ulteriori settimane di congedo. L'Estonia ha in programma di rendere il congedo parentale più flessibile per permettere a entrambi i genitori di fruirne contemporaneamente.

Alcuni Stati membri stanno adeguando i loro regimi fiscali e previdenziali per rimuovere i disincentivi al lavoro per chi costituisce la seconda fonte di reddito familiare. Nel 2018 la Danimarca ha adottato un accordo fiscale che rafforza gli incentivi a lavorare a tempo pieno, in particolare per i lavoratori disoccupati e a tempo parziale. La Spagna ha modificato la legge di bilancio 2018 per introdurre una deduzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche per il coniuge a carico a basso reddito. La Lettonia ha esteso la portata del reddito non imponibile per comprendere i coniugi inattivi che si prendono cura di un bambino fino all'età di 3 anni o di almeno 3 figli fino ai 18 anni. 

Solo un numero limitato di Stati membri ha adottato iniziative per superare il divario retributivo di genere. La Svezia ha istituito una nuova agenzia per l'ambiente di lavoro che raccoglierà e diffonderà informazioni in materia di politiche sull'ambiente di lavoro, compresa la segregazione di genere nelle diverse occupazioni. L'Estonia prevede di aumentare la trasparenza salariale nel settore pubblico e metterà a punto uno strumento informatico per analizzare le differenze retributive di genere. La Francia ha annunciato una serie di 10 misure per contribuire a colmare il divario retributivo di genere. Nell'agosto 2018 il Portogallo ha introdotto misure volte a promuovere la parità retributiva tra donne e uomini che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, tra cui una relazione annuale sulle informazioni generali e settoriali relative alle differenze retributive di genere, nonché una valutazione per impresa, professione e livello delle qualifiche. Sono previste azioni specifiche dell'ispettorato del lavoro e sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che attuano un trattamento discriminatorio.

Molti Stati membri stanno adottando provvedimenti per promuovere l'integrazione delle persone provenienti da un contesto migratorio attraverso piani strategici, finanziamenti, legislazione e misure innovative. In Finlandia sono stati introdotti nuovi modelli per finanziare l'integrazione, accelerare il processo di integrazione e consentire ai migranti di associare lavoro e istruzione in modo flessibile. A Malta nel dicembre 2017 sono state lanciate la strategia e il piano d'azione per l'integrazione dei migranti (Visione 2020) che forniranno il contesto per misurare la riuscita dell'integrazione. In Belgio il programma di integrazione della comunità germanofona è diventato obbligatorio per i cittadini stranieri che hanno più di 18 anni, sono registrati in un comune dal gennaio 2018 e hanno un permesso di soggiorno valido per almeno tre mesi. In Austria nell'estate del 2017 sono entrate in vigore due nuove leggi sull'integrazione nell'ambito di un intervento più ampio volto a promuovere l'integrazione. La legge sull'integrazione dispone che i rifugiati e le persone con status di protezione sussidiaria firmino una "dichiarazione di integrazione" e partecipino a corsi di integrazione. A decorrere dal 1° gennaio 2018 è stata adottata la legge federale in materia di asilo, che consente ai beneficiari di protezione sussidiaria e ai richiedenti asilo di ricevere sostegno per l'integrazione, purché appaia molto probabile che sarà concessa la protezione internazionale.

Promuovere l'integrazione dei migranti nel mercato del lavoro è una priorità in molti Stati membri. In Belgio il servizio pubblico fiammingo per l'impiego (VDAB) ha attuato il piano d'azione per il 2017 dal titolo "Integrazione attraverso il lavoro". La Svezia ha adottato nuove misure per facilitare l'integrazione dei migranti appena arrivati, in particolare nel mercato del lavoro, anche tramite l'erogazione di istruzione e formazione mirate. L'Agenzia svedese per la crescita economica e regionale facilita i contatti e la creazione di reti tra le donne di origini straniere, in particolare le donne appena arrivate, e i datori di lavoro. In Estonia è stata avviata una campagna d'informazione per stimolare l'accesso della seconda e terza generazione all'occupazione nel settore pubblico. È stato anche lanciato un programma pilota di tutoraggio per facilitare l'accesso al mercato del lavoro dei cittadini di paesi terzi.

La promozione dell'accesso all'istruzione e alla formazione può dare forte impulso all'integrazione nel mercato del lavoro e nella società nel suo complesso. In Svezia, nel quadro dell'obbligo di istruzione e formazione, tutti gli immigrati appena arrivati provenienti da paesi terzi che beneficiano del programma di inserimento del servizio pubblico per l'impiego e sono considerati bisognosi di istruzione e formazione per trovare un lavoro possono richiedere percorsi di istruzione e formazione. In Estonia nel 2017 è stata sviluppata ulteriormente una piattaforma on line rivolta agli immigrati per l'apprendimento dell'estone. In Finlandia, nell'ambito dell'istruzione di base e professionale, sono state attuate riforme volte a favorire lo sviluppo delle capacità linguistiche dei migranti. Inoltre è stata adottata una modifica legislativa per alfabetizzare i migranti nell'ambito dell'offerta di istruzione degli adulti. La Croazia ha migliorato il proprio sistema di riconoscimento delle qualifiche per i beneficiari di protezione internazionale e ha permesso loro di concludere gratuitamente l'istruzione iniziata nel paese di origine. In Germania sono state attuate misure per aiutare i cittadini di paesi terzi a integrarsi nel mercato del lavoro attraverso il riconoscimento dei titoli professionali e accademici, nonché delle loro competenze non formali.

Gli Stati membri stanno inoltre adottando misure specifiche a favore dei rifugiati e dei richiedenti asilo. In Belgio è stata concordata una cooperazione strutturale tra l'Agenzia federale per l'accoglienza dei richiedenti asilo (Fedasil) e il Servizio pubblico per l'impiego della Vallonia (Forem), principalmente per facilitare l'accesso dei richiedenti asilo all'occupazione. In Estonia l'Agenzia di assicurazione contro la disoccupazione ha esteso ai beneficiari di protezione internazionale il progetto "Il mio primo lavoro in Estonia" nell'ambito della garanzia per i giovani, cofinanziato dal Fondo sociale europeo. In Lussemburgo l'Agenzia per l'impiego ha istituito un servizio per l'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale nel mercato del lavoro. Nei Paesi Bassi è stato avviato un programma rivolto ai beneficiari di protezione internazionale e agli autoctoni provenienti da un contesto migratorio, per migliorare l'accesso all'occupazione. La Francia ha avviato l'iniziativa "Percorso per 1 000 rifugiati", che offre a 1 000 beneficiari di protezione internazionale un percorso d'integrazione di otto mesi che comprende alloggio, insegnamento della lingua e formazione professionale certificata.

Diversi Stati membri stanno promuovendo l'occupazione delle persone con disabilità. Da settembre 2017 il governo greco sovvenziona l'occupazione delle persone con disabilità e l'adeguamento dei luoghi di lavoro nelle amministrazioni locali e nelle imprese private. Analogamente, la Svezia ha innalzato il tetto delle sovvenzioni a favore dell'occupazione delle persone con disabilità. La Polonia sta attuando un progetto finanziato dal Fondo sociale europeo per ridurre gli ostacoli all'occupazione delle persone con disabilità. La Bulgaria sta investendo sulla formazione per aumentare l'occupabilità delle persone con disabilità ("formazione e occupazione"), dando priorità alle persone con le disabilità più gravi. La Francia ha adottato la legge Liberté de Choisir son Avenir Professionnel ("Libertà di scegliere il proprio futuro professionale"), che mira a promuovere l'occupazione delle persone con disabilità. Tale legge prevede l'ampliamento degli interventi medico-sociali in materia di ricerca del lavoro, l'imposizione a livello di impresa (non più di unità lavorativa) dell'obbligo di assumere il 6 % di persone con disabilità e l'introduzione di una dichiarazione aziendale obbligatoria (a partire da gennaio 2020) sulle misure adottate per integrare i lavoratori con disabilità. In Portogallo una nuova prestazione sociale a favore delle persone con disabilità superiore al 60 % intende incentivarle a continuare a lavorare o a cercare lavoro (attualmente, le persone con disabilità non hanno diritto a ricevere prestazioni di invalidità se ricevono una qualsiasi forma di remunerazione). Malta sta introducendo una nuova misura di bilancio che consentirà alle persone con disabilità di conservare interamente la loro pensione di invalidità quando lavorano/quando trovano un lavoro.



3.3.Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale 

La presente sezione esamina l'attuazione dell'orientamento per l'occupazione 7, che raccomanda agli Stati membri di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale. Ciò comprende trovare un equilibrio tra flessibilità e sicurezza nelle politiche del mercato del lavoro, impedire la segmentazione del mercato del lavoro e favorire le transizioni a forme di lavoro a tempo indeterminato, assicurare l'efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro e dei servizi pubblici per l'impiego, fornire adeguate prestazioni di disoccupazione che non disincentivino un rapido ritorno all'occupazione e promuovere la mobilità dei lavoratori e degli studenti. L'orientamento raccomanda inoltre agli Stati membri di garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche, anche attraverso un sostegno per potenziare la capacità delle parti sociali. All'inizio del capitolo sono presentati brevemente gli indicatori chiave che evidenziano le sfide in questo settore, in particolare la segmentazione tra posti di lavoro a tempo indeterminato e determinato (e le questioni specifiche di qualità dell'occupazione), la partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro e i servizi pubblici per l'impiego, il funzionamento delle prestazioni di disoccupazione (attraverso un aggiornamento dell'esercizio di analisi comparativa presentato nel 2018) e il grado di mobilità dei lavoratori e degli discenti. Il punto 3.3.2 riferisce infine sulle misure strategiche adottate dagli Stati membri in questi settori.

3.3.1    Indicatori chiave

Anche se pressoché stabile a livello dell'UE, la segmentazione del mercato del lavoro rappresenta un problema per molti Stati membri. Con segmentazione si indica la situazione in cui nel mercato del lavoro coesistono (almeno) due "segmenti" di lavoratori caratterizzati da diritti e/o condizioni di lavoro diversi. Specialmente se associata a scarse possibilità di passare da un contratto di lavoro atipico a uno a tempo indeterminato, la segmentazione può ostacolare il funzionamento e l'equità dei mercati del lavoro. Un'elevata percentuale di lavoratori a tempo determinato può fungere da indicatore approssimativo della segmentazione del mercato del lavoro in uno Stato membro. A livello di UE (figura 39) la proporzione di contratti a tempo determinato sul totale dei lavoratori dipendenti non è cambiata in modo significativo negli anni recenti, attestandosi in media sul 14 % negli ultimi dieci anni. Tuttavia alcuni Stati membri registrano livelli molto più elevati: si tratta in particolare di Spagna, Polonia, Portogallo, Paesi Bassi e Croazia, dove si osservano tassi superiori al 20 % nel 2017, seguiti da altri sei Stati membri (Slovenia, Francia, Svezia, Finlandia, Italia e Cipro) che si collocano tra il 15 % e il 20 %. Alcuni di questi paesi hanno registrato aumenti significativi tra il 2008 e il 2017, in particolare Croazia (di 8 punti percentuali), Slovacchia (di 5 punti percentuali), Paesi Bassi (di circa 4 punti percentuali) e Italia (di 2 punti percentuali). Si è inoltre registrato un aumento significativo in Danimarca (da 8,5 % nel 2008 a 12,9 % nel 2017). Un caso particolare è la Spagna, dove la percentuale di contratti a tempo determinato è diminuita significativamente durante la crisi (da 29,2 % nel 2008 a 23,2 % nel 2013) per poi aumentare nuovamente con la ripresa (fino a 26,8 % nel 2017).

Figura 39: percentuale di lavoratori a tempo determinato sul totale dei lavoratori dipendenti (15-64 anni).

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

I contratti a tempo determinato possono fungere da "trampolini" verso l'occupazione a tempo indeterminato, ma spesso rappresentano dei "punti morti". La figura 40 indica i tassi di transizione da contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato (per assorbire l'impatto delle fluttuazioni a breve termine si ricorre alla media di tre anni) rispetto alla percentuale dei contratti a tempo determinato sul totale dei lavoratori dipendenti. In media, il 24 % dei lavoratori con un contratto a tempo determinato passa a un contratto a tempo indeterminato nell'anno successivo. In diversi Stati membri tuttavia il tasso annuo di transizione è notevolmente inferiore rispetto alla media UE. Questo è il caso, in particolare, di Spagna, Francia, Polonia e Italia, in cui un basso tasso di transizione (circa l'11 % per i primi due paesi, il 20 % per l'Italia, il 22 % per la Polonia) si associa a un'elevata percentuale di contratti a tempo determinato, il che indica la presenza di una segmentazione. I tassi di transizione sono relativamente più elevati negli Stati membri che presentano una bassa percentuale di contratti a tempo determinato. Al contrario, nei paesi con un'elevata percentuale di contratti a tempo determinato i lavoratori tendono a rimanere intrappolati in lavori temporanei. Eccezioni di rilievo sono Svezia e Slovenia che, nonostante registrino tassi elevati di lavoratori a tempo determinato, presentano tassi di transizione vicini o superiori al 40 %.

Figura 40: percentuale di lavoratori a tempo determinato sul totale dei lavoratori della fascia di età 15-64 anni (2017) e tasso di transizione verso contratti a tempo indeterminato, media di 3 anni (2016). 

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, SILC.

Nota: il tasso di transizione di IE e MT si riferisce al 2015.

Nell'UE la maggior parte dei lavoratori temporanei ha un contratto a tempo determinato perché non riesce a trovare un impiego stabile. La quota del lavoro a tempo determinato "involontario" è un'ulteriore indicazione di segmentazione del mercato del lavoro; tale situazione riguarda circa il 54 % di tutti i lavoratori a tempo determinato della fascia di età 15-64 anni nell'UE (2 punti percentuali in più rispetto al 2008); la percentuale è però superiore al 70 % in 12 Stati membri. Sotto tale aspetto è particolarmente preoccupante la situazione di Stati membri come Portogallo, Croazia e Spagna, dove una quota elevata di lavoratori a tempo determinato si associa a un tasso di "involontarietà" superiore all'80 % (figura 41). Anche la situazione di Cipro impone un monitoraggio: sebbene la quota di lavoratori a tempo determinato sia solo leggermente al di sopra della media UE, il 91,9 % si trova in questa situazione perché non è riuscito a trovare un lavoro a tempo indeterminato. I lavoratori più giovani sono generalmente più propensi ad accettare posti di lavoro a tempo determinato; come illustrato dalla figura 41, se si prende in considerazione l'intera fascia di età 25-64 anni la quota di lavoratori a tempo determinato involontari è più elevata in tutti gli Stati membri. È interessante notare che la differenza tra la fascia di età 15-64 anni e quella 25-64 anni è più bassa dove si registra una quota più alta di lavoro a tempo determinato involontario, il che indica che nei mercati del lavoro più segmentati anche i lavoratori giovani hanno una netta preferenza per contratti a tempo indeterminato. La quota dei lavoratori anziani (55-64 anni) con un lavoro a tempo determinato involontario è aumentata notevolmente con la crisi, passando dal 51,9 % nel 2008 al 60,6 % nel 2017.

Figura 41: quota di lavoratori a tempo determinato involontari sul totale dei lavoratori a tempo determinato, 2017.

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Anche un'elevata percentuale di lavoratori autonomi può essere un sintomo di segmentazione del mercato del lavoro. Sebbene il lavoro autonomo sia di norma una scelta volontaria, esso può celare rapporti di lavoro di dipendenza economica (il cosiddetto lavoro autonomo fittizio). I regimi ufficiali di sicurezza sociale, inoltre, sono spesso inidonei ad includere i lavoratori autonomi (tale argomento è discusso nel capitolo 3.4). Il grado di autonomia dei lavoratori autonomi non può essere misurato con statistiche comparabili di Eurostat tra gli Stati membri 65 . È però possibile ottenere alcune informazioni indirette osservando la percentuale di lavoratori autonomi senza dipendenti ("lavoratori in proprio") sull'occupazione totale: se la percentuale è elevata, potrebbe indicare la necessità di un'ulteriore valutazione specifica per paese. La classifica mostra ai primi posti nel 2017 Grecia (22,3 %), Romania (15,3 %) e Italia (15,1 %) seguite da Polonia, Cechia, Slovacchia, Regno Unito e Paesi Bassi con percentuali superiori all'11 % (figura 42). Agli ultimi posti figurano Danimarca, Germania, Svezia e Ungheria, con tassi inferiori o vicini al 5 %. Dal 2008 la quota di lavoratori in proprio è rimasta in media stabile nell'UE, anche se si sono registrati aumenti significativi in alcuni paesi, in particolare nei Paesi Bassi (dall'8,4 % nel 2008 all'11,5 % nel 2017) e nel Regno Unito (dal 9,8 % all'11,8 %). Al contrario, la percentuale è diminuita notevolmente in Croazia (dall'11,7 % al 5,7 %) e in Portogallo (dal 13,5 % all'8,9 %). A parere di Eurofound 66 circa un quarto di tutti i lavoratori autonomi nell'UE potrebbero essere classificati come "vulnerabili" o "fittizi" 67 , con differenze sostanziali tra gli Stati membri. Questi lavoratori sono caratterizzati da dipendenza economica, bassi livelli di autonomia e vulnerabilità finanziaria; è pertanto più facile riscontrare la presenza di "lavoratori autonomi fittizi" tra questi gruppi. La figura 43 mostra la distribuzione del lavoro autonomo in queste due categorie rispetto all'occupazione totale per Stato membro.

Figura 42: lavoratori autonomi senza dipendenti in percentuale sul totale degli occupati. 

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro, calcoli interni.

Figura 43: lavoratori autonomi "vulnerabili" e "fittizi" in percentuale sul totale degli occupati.

Fonte: Eurofound (2017) sulla base della sesta indagine europea sulle condizioni di lavoro (2015).

 

Il "lavoro mediante piattaforma digitale", sebbene attualmente limitato a piccole parti della forza lavoro, può influire notevolmente sulle condizioni e sull'organizzazione del lavoro L'indagine online COLLEEM 68 della Commissione Europea ha recentemente analizzato l'utilizzo delle piattaforme online tra gli utilizzatori abituali di Internet di età compresa tra i 16 e i 74 anni in 14 paesi dell'UE, fornendo alcuni primi dati orientativi sulla situazione di chi lavora mediante piattaforme digitali. Secondo la Commissione europea (2018) 69 , in base ai risultati dell'indagine, la percentuale delle persone che guadagnano più della metà del loro reddito lavorando mediante piattaforma online si colloca appena sopra il 2 % nel 2017, con i livelli più alti registrati nel Regno Unito (4,3 %) e nei Paesi Bassi (2,9 %) Circa la metà di coloro per cui il lavoro mediante piattaforma digitale rappresenta la principale attività si considera un lavoratore autonomo a tempo pieno o parziale, sebbene una percentuale significativa (38 %) si consideri un lavoratore dipendente. Ciò suggerisce che molti lavoratori mediante piattaforma digitale potrebbero non essere coperti dai regimi previdenziali: la questione è complicata dal fatto che spesso la loro situazione occupazionale non è chiaramente definita dal punto di vista normativo.

La qualità del lavoro dei lavoratori a tempo determinato è inferiore sotto diversi aspetti. La sesta indagine europea sulle condizioni di lavoro (2015) fornisce informazioni su una serie di aspetti importanti relativi alla qualità del lavoro. In base a tale indagine Eurofound 70 ha elaborato sette indici di qualità del lavoro (che riguardano rispettivamente l'ambiente sociale, l'intensità del lavoro, le competenze e la discrezionalità, la qualità dell'orario di lavoro, le prospettive e la retribuzione). Esaminando le differenze dei punteggi di sei dei sette indici di qualità del lavoro 71 (tabella 3), i lavoratori con contratti a tempo determinato di breve durata riportano un punteggio inferiore alla media per quattro di questi indici, tra i quali i più problematici sono rappresentati da prospettive (compresi la sicurezza del lavoro e l'avanzamento di carriera) e competenze e discrezionalità (che comprendono, ad esempio, l'accesso alla formazione e l'autonomia decisionale). Dall'altro lato, per quanto riguarda l'ambiente sociale, essi registrano un punteggio leggermente superiore alla media. I lavoratori con contratti a tempo determinato di maggiore durata mostrano un andamento simile, ma i punteggi relativi alla qualità del lavoro sono più vicini alla media; inoltre, si collocano in ambienti sociali meno favorevoli rispetto alla media. Le differenze permangono dopo aver controllato statisticamente fattori quali le caratteristiche individuali o professionali (figura 44). I lavoratori con contratti a tempo determinato presentano altresì un rischio di povertà tre volte più alto dei lavoratori a tempo indeterminato (16,3 % per i lavoratori a tempo determinato rispetto a 5,8 % per i lavoratori a tempo indeterminato nel 2017): si tratta di un divario in costante aumento a partire dalla crisi.

Tabella 3: punteggio della qualità del lavoro per tipo di occupazione (2015)

Fonte: calcolo di Eurofound in base a EWCS 2015. Il colore verde indica "superiore alla media", il colore rosso "inferiore alla media". La gradazione del colore indica la deviazione rispetto alla media (le tonalità più scure sono più distanti dalla media). 

Figura 44: effetti del tipo di occupazione su aspetti specifici della qualità del lavoro, tenuto conto delle caratteristiche individuali e lavorative (2015)

Fonte: calcolo di Eurofound in base a EWCS, 2015.

Nota: i colori rappresentano la combinazione relativa di ogni indicatore della qualità del lavoro e del tipo di occupazione, rispetto a un gruppo di riferimento composto da lavoratori con contratti a tempo indeterminato. I risultati sono ottenuti da regressioni multilivello che controllano statisticamente le caratteristiche individuali, la professione, il settore e altri fattori.

Le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) sono una componente fondamentale di mercati del lavoro ben funzionanti. Esse aumentano le occasioni di trovare un nuovo lavoro per chi lo cerca e migliorano l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. La sfida principale che le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) tentano di superare è la disoccupazione, in particolare quella di lungo periodo (ossia di durata superiore a un anno). È dimostrato che quanto più lungo è il periodo in cui una persona in cerca di lavoro rimane disoccupata, tanto maggiore è il rischio di svalutazione delle competenze, di scoraggiamento e di allontanamento in generale dal mercato del lavoro. La disoccupazione di lungo periodo è quindi sia un indicatore dell'efficacia delle PAML sia una misura del problema incontrato dal paese in termini di attivazione della popolazione disoccupata 72 . La figura 45 mostra il tasso di disoccupazione di lungo periodo (vale a dire il rapporto tra il numero di persone disoccupate per oltre un anno e la popolazione attiva) nel 2017 e la sua variazione rispetto al 2016. Come già indicato nel capitolo 1, nel 2017 la disoccupazione di lungo periodo è diminuita in tutti gli Stati membri, favorita dalla ripresa del mercato del lavoro. Nonostante una tendenza genericamente convergente (come evidenziato dalla pendenza negativa della linea di regressione), persistono notevoli differenze tra gli Stati membri, con tassi che nel 2017 vanno dall'1 % in Cechia al 15,6 % in Grecia. Insieme alla Spagna (che mostra un tasso del 7,7 %), la Grecia è segnalata come paese dai risultati "modesti ma in miglioramento", in quanto associa un livello di disoccupazione di lungo periodo molto superiore alla media con una rapida riduzione nel corso dell'ultimo anno. L'Italia, che al confronto ha registrato un tasso di disoccupazione di lungo periodo relativamente più basso (6,5 %), è segnalata come "situazione critica", visti i suoi limitati progressi nel 2017 rispetto all'anno precedente. La situazione della Slovacchia, con un tasso del 5,1 %, è considerata "da tenere sotto osservazione". Tra i paesi indicati con risultati "superiori alla media" è opportuno citare Cipro, Portogallo e Croazia, che rientrano in questo gruppo grazie ai loro risultati in termini di variazione annua, che indicano un miglioramento significativo nel 2017 (il livello si avvicina alla media UE, pur restandole superiore).

Figura 45: tasso di disoccupazione di lungo periodo durata (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato.

Nella maggior parte degli Stati membri il tasso di disoccupazione di lungo periodo non è ancora tornato ai livelli precedenti la crisi. I miglioramenti rispetto al 2013 (anno di riferimento in quanto punta massima della crisi) sono stati particolarmente rilevanti (di oltre 4 punti percentuali) in Croazia, Spagna, Slovacchia, Portogallo, Irlanda e Bulgaria. Tuttavia in alcuni Stati membri il tasso di disoccupazione di lungo periodo nel 2017 è pari o superiore a quello del 2013, in particolare in Francia (tasso identico), Austria (+0,5 punti percentuali), Finlandia (+0,4 punti percentuali) e Lussemburgo (+0,3 punti percentuali). In 21 Stati membri il tasso di disoccupazione di lungo periodo rimane inoltre superiore a quello del 2008; i divari più ampi si registrano in Grecia (+11,9 punti percentuali), Spagna (+5,7 punti percentuali), Cipro (+4 punti percentuali) e Italia (+3,5 punti percentuali). Ciò fornisce un'indicazione dell'intensità della recessione subita da questi paesi negli anni trascorsi e dell'impatto che essa continua ad esercitare sui risultati del mercato del lavoro, ma anche delle sfide cui devono far fronte i servizi pubblici per l'impiego e i meccanismi di politiche attive del mercato del lavoro, che in molti casi sono stati sottoposti a forti tensioni per l'aumento improvviso del numero di persone in cerca di lavoro.

Figura 46: disoccupazione di lungo periodo in percentuale sulla popolazione attiva

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

La partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro presenta ancora notevoli differenze all'interno dell'UE. Le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) rappresentano uno dei pilastri per garantire transizioni efficaci nei mercati del lavoro e mercati del lavoro ben funzionanti. Insieme a un'infrastruttura efficace per l'apprendimento permanente, le PAML costituiscono la reale dimensione di sostegno (e di sicurezza) di un assetto ben equilibrato di flessicurezza, riconosciuta come fattore di miglioramento dei risultati del mercato del lavoro. Sotto tale aspetto le grandi disparità esistenti tra gli Stati membri in termini di partecipazione alle misure di attivazione sono sorprendenti. Da un lato vi è un ampio gruppo di Stati membri (Grecia, Romania, Bulgaria, Lettonia, Slovenia, Croazia, Cipro e Malta) in cui meno del 10 % di coloro che desiderano lavorare ha partecipato a PAML nel 2016. Inoltre, nella maggior parte dei casi, questa quota è diminuita negli ultimi anni. Esiste per converso un altro gruppo di paesi che riportano tassi di partecipazione superiori al 40 % (Svezia, Francia, Danimarca, Ungheria, Lussemburgo e Belgio); per questi Stati la tendenza è in generale positiva o costante dal 2013, il che sembra indicare che non si sta realizzando convergenza in relazione a tale indicatore strategico 73 . Nella maggior parte dei paesi i tassi di partecipazione sono diminuiti dopo la crisi (con eccezioni di rilievo quali Belgio, Ungheria, Svezia, Cechia ed Estonia), a indicare che l'aumento del numero di persone in cerca di lavoro non si è tradotto in un aumento in proporzione della partecipazione alle PAML.

Figura 47: partecipanti alle PAML per ogni 100 persone che desiderano lavorare

Fonte: Eurostat, banca dati PML e indagine sulle forze di lavoro. Non sono disponibili dati recenti per UK; non sono disponibili dati per l'Italia relativi al 2016.

Anche gli investimenti totali nelle politiche attive del mercato del lavoro sembrano presentare notevoli differenze tra gli Stati membri. Se la quota di disoccupati di lungo periodo fornisce un'approssimazione di massima dell'efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, anche queste differenze sono motivo di preoccupazione. Sebbene la spesa per i servizi e le misure del mercato del lavoro sia correlata entro certi limiti alla situazione della disoccupazione e della competitività in un determinato Stato membro, le cifre indicano grandi differenze in termini di impegno per costruire sistemi efficaci di politiche attive del mercato del lavoro. La spesa per i servizi e le misure del mercato del lavoro varia dall'1,5 % del PIL a meno dello 0,1 % in alcuni degli Stati membri meno attivi (figura 48). Inoltre, gli Stati Membri che investono meno nelle PAML tendono anche a essere quelli in cui una parte significativa delle PAML è cofinanziata dal FSE e in cui la sostenibilità a lungo termine del sistema è in dubbio.

Figura 48: spesa per i servizi e le misure del mercato del lavoro (2016) e quota di disoccupati di lungo periodo (2017)

I servizi pubblici per l'impiego (SPI) sono le principali istituzioni del mercato del lavoro incaricate di sostenere la ricerca di lavoro e di indirizzare le persone in cerca di occupazione verso le misure di attivazione. Sebbene siano strutturati in modo diverso in ciascun paese, tutti i servizi pubblici per l'impiego mirano a coniugare l'offerta e la domanda sul mercato del lavoro, offrendo servizi sia ai disoccupati registrati che ai datori di lavoro. In particolare, essi si occupano di determinare le competenze dei clienti, fornire loro consulenza e sostegno personalizzati, indirizzarli verso le misure di formazione e attivazione e (in molti paesi) erogare prestazioni di disoccupazione e/o prestazioni sociali.

L'efficacia dei servizi pubblici per l'impiego nel fornire sostegno alla ricerca di lavoro è però di grado diverso nei vari Stati membri, anche in funzione delle loro capacità, della qualità dei servizi offerti e del coordinamento con altri attori. Tali differenze riflettono, in molti casi, le modalità con cui i disoccupati usufruiscono dei servizi pubblici per l'impiego per cercare lavoro (oltre agli obblighi di iscrizione formale, generalmente necessari per accedere alle prestazioni di disoccupazione e ad altre prestazioni sociali). La figura 49 riporta la percentuale di disoccupati che cercano lavoro ricorrendo ai servizi pubblici per l'impiego. I valori non sono molto diversi da quelli pubblicati nella relazione comune sull'occupazione 2018. All'estremità inferiore della distribuzione, Spagna, Italia e Romania riportano le percentuali più basse nel 2017 (meno del 30 %), seguite da Paesi Bassi, Regno Unito e Portogallo (con una percentuale compresa tra il 30 % e il 40 %). Al contrario, in Stati membri come Lituania, Slovacchia, Cechia, Austria, Slovenia, Germania e Grecia, la percentuale di disoccupati che dichiarano di avvalersi dei servizi pubblici per l'impiego per cercare un lavoro è superiore al 70 %. In media, il ricorso ai servizi pubblici per l'impiego da parte dei disoccupati è diminuito costantemente dall'inizio della crisi, passando dal 58,1 % nel 2008 al 45,2 % nel 2017 (1 punto percentuale in meno rispetto al 2016). Tuttavia si registra una tendenza opposta in alcuni Stati Membri, con aumenti cospicui in Lettonia e Cipro (di oltre 30 punti percentuali), Estonia e Grecia (di circa 15 punti percentuali), Romania e Slovenia (di circa 9 punti percentuali). In alcuni di tali paesi, tuttavia, i tassi più elevati possono dipendere dal maggior rigore dell'obbligo di iscrizione per avere accesso alle prestazioni. La figura 50 indica alcuni metodi alternativi di ricerca di lavoro utilizzati dai disoccupati, tra cui agenzie private di collocamento, l'invio diretto di candidature ai datori di lavoro e metodi informali quali rivolgersi a conoscenti, parenti e sindacati. Sebbene sia difficile individuare schemi generali, pare che negli Stati membri dove il ricorso ai servizi pubblici per l'impiego è scarso i metodi informali siano quelli più frequentemente utilizzati.

Figura 49: percentuale di disoccupati che cercano lavoro ricorrendo ai servizi pubblici per l'impiego

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

Figura 50: percentuale di disoccupati che si avvalgono di determinati metodi per la ricerca di lavoro (2017)

Fonte: Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

L'erogazione di prestazioni di disoccupazione adeguate e di durata ragionevole, accessibili a tutti i lavoratori e accompagnate da efficaci politiche attive del mercato del lavoro, è fondamentale per sostenere le persone in cerca di lavoro durante le transizioni nel mercato del lavoro. La relazione comune sull'occupazione 2018 ha presentato un'ampia analisi comparativa delle principali caratteristiche concettuali dei regimi di prestazioni di disoccupazione in tutta l'UE, in base ai risultati dell'esercizio di analisi comparativa delle indennità di disoccupazione e delle PAML svolto dal comitato per l'occupazione (EMCO). L'analisi, che ha esaminato una serie di indicatori di risultato e di leve politiche (per l'anno 2016 o 2017, a seconda della disponibilità dei dati), resta complessivamente valida, in considerazione dei modesti cambiamenti delle politiche avvenuti durante il periodo di riferimento della presente relazione (per maggiori dettagli sulle riforme adottate dagli Stati membri in questo campo, si veda il punto 3.3.2; per una panoramica a lungo termine delle riforme attuate dagli Stati membri si veda Commissione europea, 2018 74 ). La presente sezione fornisce un aggiornamento dell'esercizio, in particolare degli indicatori delle leve politiche. Inoltre essa esamina gli indicatori supplementari di rigore delle prescrizioni in materia di ricerca di lavoro per i disoccupati in cerca di lavoro, approvati dal comitato per l'occupazione nel 2018.

La quota di disoccupati di breve periodo 75 aventi diritto alle prestazioni di disoccupazione è pari in media a un terzo. Tale dato è leggermente diminuito successivamente alla crisi (dal 34,4% nel 2008 al 32,7% nel 2017), mantenendosi stabile negli ultimi anni. Permangono tuttavia differenze notevoli tra i paesi (figura 51), dovute alla concezione strategica dei sistemi di prestazioni di disoccupazione (in particolare condizioni di ammissibilità, durata massima, rigore delle prescrizioni in materia di ricerca del lavoro, sovrapposizione con altri regimi di protezione sociale) e alle situazioni congiunturali dei diversi paesi. In una prospettiva a lungo termine, tra il 2008 e il 2017 i maggiori aumenti della copertura sono stati registrati in Lettonia (di quasi 16 punti percentuali), Italia (10 punti percentuali) e Francia (9 punti percentuali). Dall'altro lato, i maggiori cali sono stati registrati in Ungheria (-15 punti percentuali), Lussemburgo (-12 punti percentuali), Croazia e Germania (-10 punti percentuali). Quest'ultima riporta però comunque il tasso più elevato di copertura (62,8 %), seguita da Finlandia, Austria, Belgio e Francia, con tassi superiori al 50 %. Al contrario, la copertura più bassa può essere osservata a Malta, in Croazia, Polonia, Romania e Bulgaria, con tassi notevolmente inferiori al 15 % e nessun miglioramento in vista.

Figura 51: copertura delle prestazioni di disoccupazione per i disoccupati di breve periodo

Fonte: calcoli in base ai dati di Eurostat e dell'indagine sulle forze di lavoro. Nota: dati non disponibili per IE e NL.

Non sono avvenuti cambiamenti rilevanti tra il 2016 e il 2018 per quanto riguarda l'impianto delle indennità di disoccupazione negli Stati membri. Per avere diritto alle indennità di disoccupazione è in genere necessario che i disoccupati abbiano lavorato per determinati periodi minimi e/o versato contributi assicurativi per un certo lasso di tempo. Come indicato nella figura 52, tale periodo minimo varia da meno di 20 settimane in Francia e Italia a un anno (52 settimane) o più in Polonia, Romania e Slovacchia. Non è stata registrata quasi nessuna variazione tra il 2016 e il 2018, a eccezione di tre casi. Nel caso dell'Austria, è richiesta ancora un'anzianità contributiva di 52 settimane nei 24 mesi precedenti in caso di prima domanda. Tuttavia per le domande successive tale periodo è stato ridotto a 28 settimane. In Bulgaria, la durata del periodo di contribuzione richiesto è aumentata da 9 mesi di contributi nei 15 mesi precedenti la disoccupazione ad almeno 12 mesi di contributi durante i 18 mesi prima della disoccupazione. Una riduzione simile è avvenuta in Lettonia, dove il requisito è passato dal versamento di almeno 9 mesi di contributi nei 12 mesi precedenti la disoccupazione al versamento di almeno 12 mesi di contributi nei 16 mesi prima della disoccupazione. Per quanto riguarda la durata massima delle prestazioni (figura 53) non vi sono stati cambiamenti tra il 2017 e il 2018. Il Belgio si mantiene nella posizione più alta con una durata illimitata della prestazione; ciò va contestualizzato tenendo presente l'assenza di un regime di assistenza per i disoccupati. All'estremità opposta figurano Ungheria e Malta. La durata massima continua a essere più breve rispetto ai periodi di contribuzione nella maggior parte degli Stati membri; soltanto in quattro paesi è uguale (Francia, Paesi Bassi, Grecia, Lussemburgo) e in tre casi superiore (Finlandia, Danimarca, Belgio). Sono presenti differenze notevoli anche per quanto riguarda l'adeguatezza delle prestazioni di disoccupazione negli Stati membri. Per un lavoratore a basso salario con anzianità lavorativa breve (1 anno) i tassi netti di sostituzione del reddito variano da meno del 20 % della retribuzione (netta) precedente in Ungheria a circa il 90 % in Lussemburgo (figura 54). Il confronto tra i tassi netti di sostituzione al 2o e al 12o mese di disoccupazione mostra l'effetto della scadenza delle prestazioni (per cui subentrano altri regimi, quali l'assistenza sociale o alla disoccupazione) o della minore generosità delle prestazioni con il passar del tempo 76 .

Figura 52: durata del periodo necessario per acquisire il diritto, 2016 e 2018 (in settimane)

Fonte: banca dati MISSOC (Sistema d'informazione reciproca sulla protezione sociale) e legislazione nazionale. Nota: a Malta (2018), per acquisire il diritto sono necessari versamenti contributivi per almeno 50 settimane, di cui almeno 20 pagate o accreditate nei 2 anni civili precedenti; in Irlanda (2016 e 2018) è necessario che siano stati versati contributi per almeno 104 settimane da quando l'interessato ha iniziato a lavorare.

Figura 53: durata massima delle prestazioni con un'anzianità lavorativa di 1 anno, 2017 e 2018

Fonte: banca dati MISSOC (Sistema d'informazione reciproca sulla protezione sociale) e legislazione nazionale (gennaio 2017 e gennaio 2018). Nota: in Belgio non esiste alcun limite alla durata delle prestazioni. A Cipro le settimane sono calcolate in base alla settimana lavorativa di 6 giorni. In Irlanda la prestazione è corrisposta per 39 settimane (234 giorni) solo alle persone con almeno 260 settimane di contributi versati (PRSI). In Slovacchia chi ha un'anzianità lavorativa di un anno non ha diritto alle prestazioni di disoccupazione (sono necessari almeno 2 anni di versamenti all'assicurazione di disoccupazione nel corso dei 3 anni precedenti). In Polonia la durata varia a seconda del tasso di disoccupazione della regione rispetto alla media nazionale.

Figura 54: tasso netto di sostituzione delle prestazioni di disoccupazione al 67 % del salario medio al 2o e al 12° mese di disoccupazione (2018)

 

Fonte: Commissione europea, in base a modelli di regimi fiscali e previdenziali elaborati dall'OCSE. Nota: l'indicatore calcola il caso di una persona single senza figli con anzianità lavorativa breve (1 anno) dell'età di 20 anni. Ulteriori dettagli metodologici nella nota76.

Gli Stati membri hanno elaborato diverse strategie per l'attivazione dei beneficiari delle prestazioni di disoccupazione. Gli strumenti di intervento adottati seguono il principio degli obblighi reciproci. In particolare, i beneficiari delle prestazioni di disoccupazione sono tenuti a impegnarsi in attività di ricerca del lavoro; al contempo, le autorità pubbliche devono sostenerli nella ricerca di un lavoro e nel superare gli ostacoli che possono impedire loro di ritrovare un impiego, nonché monitorare il loro rispetto delle condizioni di disponibilità a lavorare (e applicare sanzioni ove necessario). Il principio di prevedere interventi tempestivi e di erogare servizi personalizzati ai disoccupati in cerca di lavoro è stato largamente accolto dagli Stati membri allo scopo di ridurre i periodi di disoccupazione, promuovere la qualità dell'abbinamento tra domanda e offerta e prevenire la disoccupazione di lungo periodo e lo scoraggiamento. Infatti nella maggior parte degli Stati membri esistono prescrizioni obbligatorie affinché i servizi pubblici per l'impiego forniscano determinati tipi di assistenza tempestiva a coloro che sono in cerca di lavoro (determinazione delle competenze, elaborazione di piani d'azione individuali, consulenza personalizzata). 

Esistono notevoli differenze nel grado di rigore delle condizioni di disponibilità a lavorare e delle prescrizioni in materia di ricerca di lavoro 77 da cui dipendono le prestazioni di disoccupazione. La figura 55 indica il rigore delle prescrizioni in materia di disponibilità e dei criteri di idoneità del lavoro per i beneficiari delle prestazioni di disoccupazione. Il maggior grado di rigore si osserva in Polonia, Danimarca, Malta e Croazia, mentre è minore in Belgio, Lituania, Bulgaria, Cipro, Finlandia e Spagna. La figura 56 indica una forte variazione del rigore delle prescrizioni in materia di ricerca del lavoro e monitoraggio. In particolare, le prescrizioni più rigorose si registrano a Malta, nel Regno Unito e in Lussemburgo, mentre le meno rigorose a Cipro, in Grecia e in Polonia. Da ultimo, la figura 57 indica anche una forte diversità di rigore delle sanzioni applicate ai beneficiari di prestazioni di disoccupazione che non rispettano le prescrizioni in materia di disponibilità a lavorare e ricerca di lavoro. Le sanzioni più rigorose sono riscontrate in Slovenia, Romania, Lussemburgo, Grecia, Croazia e Portogallo, quelle meno rigorose in Austria, Ungheria, Cipro, Irlanda, Danimarca e Germania (in alcuni casi però ciò è collegato a una breve durata delle prestazioni). Malta, Croazia ed Estonia sembrano avere le prescrizioni più vincolanti sotto tutti gli aspetti. Tuttavia molti Stati membri registrano una combinazione di prescrizioni vincolanti per talune componenti e meno vincolanti per altre. Ad esempio, la Danimarca è al secondo posto per rigore per quanto riguarda le prescrizioni in materia di disponibilità e i criteri di idoneità del lavoro, ma è tra gli Stati membri meno severi in materia di sanzioni sulle prestazioni. Questi approcci diversi mostrano come i sistemi nazionali affrontano la questione dell'azzardo morale insito nelle prestazioni di disoccupazione. Ad esempio, prescrizioni più rigorose in materia di ricerca di lavoro e disponibilità dovrebbero incoraggiare maggiori sforzi nella ricerca di un impiego e una più rapida accettazione delle offerte, compensando in tal modo gli eventuali disincentivi finanziari creati dai sistemi delle prestazioni di disoccupazione e riducendo la durata della disoccupazione. Dall'altro lato prescrizioni eccessivamente restrittive possono sortire effetti controproducenti, ad esempio minore copertura delle prestazioni o peggioramento della qualità dell'incontro tra domanda e offerta, che rischia di non essere durevole (e di far ricadere nella disoccupazione più persone e più frequentemente). 

Figura 55: prescrizioni in materia di disponibilità e criteri di idoneità del lavoro, 2017

Fonte: OCSE. Nota: punteggi da 1 (più permissive) a 5 (più rigorose).

Figura 56: prescrizioni in materia di ricerca di lavoro e monitoraggio, 2017 

Fonte: OCSE. Nota: punteggi da 1 (più permissive) a 5 (più rigorose).

Figura 57: rigore delle sanzioni sulle prestazioni, 2017 

Fonte: OCSE. Nota: punteggi da 1 (più permissive) a 5 (più rigorose)

Rimuovere gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori e degli studenti può aumentare l'occupabilità e lo sviluppo delle competenze, contribuendo a sfruttare appieno le potenzialità del mercato del lavoro europeo. Nel 2017 erano quasi 12,4 milioni i cittadini dell'UE in età lavorativa (20-64 anni) che vivevano in un altro paese rispetto a quello di cui erano cittadini 78 Questo dato è aumentato del 5 % rispetto al 2016, a un ritmo di crescita analogo a quello osservato negli anni precedenti. Germania e Regno Unito erano i principali paesi di residenza nel 2017 e ospitavano rispettivamente 3 milioni e 2,6 milioni di persone, seguiti da Spagna (1,4 milioni), Italia (1,2 milioni) e Francia (circa 1 milione). Germania e Regno Unito mostrano una tendenza all'aumento iniziata nel 2015, mentre Italia e Francia riportano una crescita più modesta (e inferiore alla media). La Spagna, al contrario, presentava il numero più basso in assoluto di persone provenienti dall'UE-28, con un calo dell'1 % rispetto al 2016. Si tratta della continuazione di una tendenza alla diminuzione (in rallentamento) osservata fin dal 2014. I principali paesi di origine sono rimasti immutati dal 2016 e i cittadini di Romania, Polonia, Portogallo, Italia e Bulgaria costituiscono i gruppi più numerosi a livello di UE, raggiungendo complessivamente i 6,6 milioni di persone, oltre la metà del totale dei cittadini dell'UE-28 che si sono trasferiti in un altro paese nell'UE. In rapporto alla popolazione, i deflussi più elevati sono stati registrati in Lituania, Romania e Lettonia; si è osservata una tendenza all'aumento in Lituania, Romania, Lettonia, Estonia e Croazia. I principali paesi di origine e di destinazione sono rimasti invariati se si considerano i cittadini economicamente attivi (vale a dire occupati e persone in cerca di lavoro).

Studiare all'estero ha effetti positivi sullo sviluppo delle competenze e migliora le prospettive future sul mercato del lavoro. Gli studenti mobili contribuiscono allo sviluppo delle conoscenze, a una maggiore consapevolezza culturale, all'aggiornamento tecnologico e allo sviluppo di capacità nel loro paese quando vi tornano dopo aver studiato all'estero. Inoltre gli scambi studenteschi tra i paesi accrescono le opportunità di collaborazione tra le istituzioni accademiche, contribuendo al raggiungimento dell'obiettivo europeo di aprire e ammodernare i sistemi di istruzione. Tuttavia i laureati mobili rappresentano solo una piccola parte degli europei. Nel 2016 solo il 10,7 % delle persone titolari di un diploma di istruzione superiore provenienti da Stati membri dell'UE era mobile; il 3,1 % era costituito da studenti nel quadro della "mobilità dei titoli", laureatisi in un paese diverso rispetto a quello in cui avevano conseguito il diploma, mentre il 7,6 % aveva effettuato un soggiorno nel quadro della "mobilità dei crediti" con un soggiorno di studio temporaneo e/o di tirocinio all'estero. Tra gli Stati membri, quelli con le percentuali maggiori di diplomati e laureati mobili verso l'estero erano Lussemburgo (84,4 %), Paesi Bassi (23,2 %) e Finlandia (19,5 %). Altri quattro Stati membri dell'UE hanno tassi di mobilità studentesca superiori al 15 % (Germania, Francia, Cipro e Lituania). I modelli di mobilità tra i paesi trovano spiegazione in diversi fattori, quali la vicinanza geografica, i legami linguistici o la disponibilità di programmi in lingua inglese nei paesi non anglofoni. Anche la qualità dell'insegnamento delle università e la loro reputazione rappresentano importanti fattori di attrazione.

Il dialogo sociale, sia bipartito che tripartito, è un elemento fondamentale dell'economia sociale di mercato europea. Esso consente di promuovere accordi e misure strategiche che considerano gli interessi delle controparti delle relazioni industriali. Un dialogo sociale efficace trova soluzioni che siano accettabili per le parti coinvolte e quindi riduce i conflitti nella società e rafforza la coesione sociale. Elementi importanti di tale dialogo sono il rispetto reciproco e la fiducia tra le parti, che nascono dalle precedenti esperienze positive di cooperazione e dal valore aggiunto dei risultati negoziati. Per poter negoziare, le parti sociali devono essere indipendenti l'una dall'altra e dal governo (autonomia delle parti sociali). In tal modo il dialogo si esplica a vantaggio dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei governi. L'iniziativa "Un nuovo inizio per il dialogo sociale" del marzo 2015, le conclusioni del Consiglio e la dichiarazione quadripartita firmata dalle parti sociali europee, dalla Commissione e dalla presidenza dei Paesi Bassi a nome del Consiglio su un nuovo inizio per un dialogo sociale solido, adottati a giugno del 2016, esortano gli Stati membri a coinvolgere strettamente le parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle pertinenti riforme e politiche in linea con le prassi nazionali. Il pilastro europeo dei diritti sociali e il nuovo orientamento 7 a favore dell'occupazione ribadiscono che il dialogo sociale rientra tra i valori fondamentali dell'Unione europea.

L'Unione europea è caratterizzata da una grande varietà di sistemi nazionali di dialogo sociale. Le differenze sono dovute principalmente a divergenze tra i contesti istituzionali e le capacità operative delle organizzazioni delle parti sociali, che contribuiscono a determinare grandi differenze di qualità del dialogo sociale. Anche se non esiste un modello unico valido per tutti, il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell'elaborazione e attuazione delle politiche, anche attraverso un sostegno per potenziare la capacità delle parti sociali, dovrebbe essere considerato un denominatore comune per la realizzazione di sistemi funzionati ed efficaci di dialogo sociale tripartito. Questo vale anche per il dialogo sociale bipartito.

La capacità delle parti sociali svolge un ruolo importante nel definire il dialogo sociale. I dati numerici sul numero di iscritti delle parti sociali forniscono un'indicazione della loro capacità di rappresentare i rispettivi interessi collettivi delle controparti delle relazioni industriali (figura 58). Quanto più è alto il numero degli iscritti, e quindi quanto più sono rappresentative le parti sociali, tanto più sono verosimilmente forti le loro voci e il loro mandato. Le cifre però non forniscono un quadro completo della situazione. Ad esempio in alcuni Stati membri a bassa sindacalizzazione misurata (ad esempio la Francia) i sindacati possono godere di un sostegno relativamente ampio anche presso i non iscritti (si vedano i dati Eurobarometro sulla fiducia nei sindacati) e avere una forte capacità di partecipare all'evoluzione delle politiche. Nella maggior parte degli Stati membri la sindacalizzazione è in declino dagli anni '80, mentre la densità delle organizzazioni dei datori di lavoro è leggermente più stabile. Al di là delle cifre aggregate sulle iscrizioni, anche la struttura più o meno frammentata della rappresentanza può influire sulla capacità delle parti sociali, in particolare quando una rappresentanza frammentata ha un basso grado di coordinamento.

Figura 58: tasso di sindacalizzazione

Fonte: basi di dati OCSE e ICTTWSS (è stata usata la fonte comprendente i dati più recenti per ogni SM). Nota: calcolato come quota dei lavoratori iscritti a un sindacato. Anni cui si riferiscono i dati: 2017 per SE, 2016 per AT, CZ, DK, FI, DE, HU, IE, IT, LT, NL, UK; 2015 per BE, EE, FR, LV, LU, PT, SK, SI, ES; 2014 per PL; 2013 per CY, EL; 2012 per HR, MT, BG e RO. I dati sulla densità delle organizzazioni dei datori di lavoro per diversi Stati membri sono stati aggiornati meno frequentemente negli ultimi anni e pertanto non figurano sotto forma di grafico.

Le misure di sviluppo delle capacità sono sostenute dai fondi strutturali e di investimento europei in diversi Stati membri. È stato assegnato sostegno finanziario, tra l'altro, in Bulgaria, Cipro, Cechia, Grecia, Francia, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia e Portogallo. In Portogallo il Fondo sociale europeo (FSE) sostiene lo sviluppo delle capacità istituzionali delle parti sociali in considerazione del loro importante ruolo nella modernizzazione delle istituzioni del mercato del lavoro, anche in materia di gestione e attuazione delle politiche attive del mercato del lavoro e di istruzione e formazione professionale. In Lettonia il FSE sostiene il rafforzamento del dialogo sociale bipartito. Tali progetti sono finalizzati a sviluppare un quadro giuridico per facilitare il dialogo sociale in diversi settori. Esistono comunque, in diversi Stati membri, margini di miglioramento per l'utilizzo dei finanziamenti messi a disposizione dall'UE per lo sviluppo della capacità delle parti sociali.

L'evoluzione del mondo del lavoro offre nuove opportunità alle organizzazioni delle parti sociali, ma comporta anche nuovi rischi. Già adesso i lavoratori soggetti a regimi contrattuali diversi mostrano modelli di rappresentanza molto differenti. In particolare, i lavoratori con contratti a tempo indeterminato sono sindacalizzati in misura molto superiore ai lavoratori con contratti a tempo determinato. Inoltre la maggior parte delle nuove forme di occupazione risente di una mancanza di rappresentanza. Una ricerca svolta nei Paesi Bassi indica che tale evoluzione può ripercuotersi sugli esiti della contrattazione collettiva, con aumenti salariali inferiori nei settori che contano molti lavoratori autonomi (e minore sindacalizzazione) rispetto agli altri 79 . Allo stesso tempo le imprese del settore dei servizi, attualmente in espansione, sono iscritte meno frequentemente ad associazioni imprenditoriali rispetto a quelle dell'industria. Negli ultimi anni le organizzazioni delle parti sociali hanno adottato iniziative per attirare nuovi iscritti o rafforzare la voce di alcuni gruppi sottorappresentati (i giovani e i lavoratori mediante piattaforme digitali) grazie a strategie mirate e campagne di iscrizione, creando anche strutture specifiche all'interno delle organizzazioni 80 .

Nell'UE la rappresentatività delle organizzazioni delle parti sociali viene di solito valutata in base a due principi diversi. Da un lato alcuni paesi si affidano principalmente alla "conformità giuridica", intendendo un certo numero di requisiti giuridici che disciplinano la rappresentatività delle parti sociali e specificano le precondizioni per la partecipazione alla contrattazione collettiva e agli accordi collettivi vincolanti (ad esempio le elezioni e la densità o il numero di iscritti, per quanto riguarda i sindacati, e il numero di lavoratori interessati o la densità delle iscrizioni dal lato dei datori di lavoro). Dall'altro lato, altri Stati membri si basano sul principio del "reciproco riconoscimento" che prevede l'autoregolamentazione delle parti sociali. Infine, un certo numero di paesi utilizzano una combinazione di questi due principi. Nella pratica, l'assenza di trasparenza può rendere difficile misurare in modo univoco la rappresentatività di diverse organizzazioni 81 .

Il semestre europeo dedica sempre maggiore attenzione al dialogo sociale. Nel 2017, presso il comitato per l'occupazione si è tenuto un primo esercizio multilaterale completo di monitoraggio del coinvolgimento delle parti sociali nelle riforme e nelle politiche, che ha passato in rassegna 14 Stati membri e ha prodotto conclusioni specifiche per paese. Hanno partecipato rappresentanti delle parti sociali nazionali, che hanno espresso le proprie opinioni sulla situazione. Per quanto il funzionamento del dialogo sociale sia unico in ciascun paese, la rassegna ha rivelato alcuni problemi comuni agli Stati membri esaminati. Tra questi, problemi di capacità delle parti sociali e la necessità di consultazioni più prevedibili, significative e tempestive delle parti sociali in relazione alle diverse fasi delle riforme. Le conclusioni dell'esercizio multilaterale di monitoraggio, insieme all'ulteriore analisi compresa nelle relazioni per paese, hanno infine posto l'accento sul ruolo del dialogo sociale nelle raccomandazioni specifiche per paese proposte dalla Commissione a maggio e adottate dal Consiglio a luglio del 2018. Per due Stati membri (Ungheria e Romania) le raccomandazioni invocano esplicitamente un miglioramento del dialogo sociale, mentre per diversi altri Stati membri il ruolo delle parti sociali, talvolta insieme alle problematiche esistenti, è richiamato nei considerando. In alcuni casi esistono margini di miglioramento della capacità delle parti sociali, mettendo a loro disposizione un quadro di riferimento adeguato in materia di consultazioni prevedibili e tempestive sull'elaborazione delle politiche e soprattutto sulle riforme, anche in tutte le fasi principali del semestre europeo.

Anche la consultazione delle organizzazioni della società civile svolge un ruolo importante nel garantire che le riforme siano elaborate e attuate efficacemente. Come posto in evidenza negli orientamenti a favore dell'occupazione adottati nel luglio 2018, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell'esperienza delle organizzazioni della società civile in tema di occupazione e questioni sociali ove pertinente e sulla base delle prassi nazionali in vigore. Affinché la loro partecipazione sia efficace nell'individuazione delle sfide e delle soluzioni strategiche, è importante che il dialogo si ispiri ai principi di apertura, pluralismo e trasparenza. I dati preliminari 82 indicano che il grado di impegno dei portatori di interessi appartenenti alla società civile varia notevolmente nei diversi Stati membri sia in relazione al semestre europeo sia più in generale a proposito della consultazione sulle riforme previste. Le consultazioni con i portatori di interessi possono essere problematiche nei paesi in cui la società civile è meno organizzata: in particolare, la capacità insufficiente di impegnarsi attivamente nel dibattito orientativo può costituire un problema in alcuni Stati membri.

3.3.2    Risposta strategica 

In alcuni Stati membri si stanno attuando riforme della normativa in materia di tutela dell'occupazione al fine di conseguire un migliore equilibrio tra flessibilità e sicurezza ed evitare la segmentazione. La Francia, nell'ambito di una riforma più ampia del diritto del lavoro, a gennaio 2018 ha introdotto l'obbligo di far riferimento all'anzianità e all'età per l'indennizzo dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo per motivi economici, allo scopo di rendere più coerenti gli importi in casi simili e facilitare la risoluzione delle controversie in fase di conciliazione. Ai fini del risarcimento, in caso di licenziamento giustificato da motivi economici l'indennità sarà aumentata del 25 %. Inoltre le imprese possono attuare attraverso un accordo di maggioranza la Rupture Conventionnelle Collective (RCC), ossia una procedura concordata di dimissioni a fronte di un indennizzo al dipendente (che non può essere inferiore all'indennità di licenziamento individuale), previa negoziazione con le organizzazioni sindacali. L'utilizzo di questo meccanismo deve essere convalidato dalle autorità pubbliche, segnatamente per evitare abusi. Il periodo di tempo per contestare il licenziamento per vie legali (ad eccezione dei casi di vessazione e discriminazione) è stato ridotto da due anni a uno. Inoltre a dicembre 2017 sono state rivedute le regole della contrattazione collettiva per restringere l'ambito utilizzato per la valutazione delle difficoltà finanziarie che giustificano i licenziamenti collettivi; la valutazione delle difficoltà finanziarie di un'impresa si limita ora al territorio nazionale, senza estendersi più a livello mondiale, il che conferisce una maggiore discrezionalità alle imprese nel giustificare i licenziamenti collettivi. In Belgio nel 2018 è stato ridotto il termine di preavviso durante il periodo iniziale di ciascun nuovo contratto di lavoro (da due settimane a una durante i primi tre mesi, da quattro settimane a tre il quarto mese). In Croazia una modifica della legge sul lavoro ha reintrodotto nel 2017 la possibilità, abolita nel 2014, che il datore di lavoro agisca per vie legali per opporsi al rifiuto del comitato aziendale di dare il proprio consenso al licenziamento di dipendenti tutelati (ad esempio dipendenti che sono membri del comitato aziendale, disabili, lavoratori anziani, etc.). In Italia l'indennità al lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato è stata recentemente aumentata.

Diversi Stati membri stanno inoltre elaborando altre misure in questo ambito, che potrebbero essere adottate nel prossimo futuro. Nei Paesi Bassi ad aprile 2018 un pacchetto di misure di ampia portata (ancora in fase di elaborazione) è stato sottoposto a consultazione pubblica allo scopo di raggiungere un migliore equilibrio nella normativa sulla tutela del lavoro. Il pacchetto comprende l'introduzione di un motivo ulteriore (il cosiddetto "motivo cumulativo") per il licenziamento dei dipendenti con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, la possibilità di prolungare il periodo di prova per i contratti a tempo indeterminato (da 2 mesi a 5), il prolungamento a 3 anni della durata di contratti successivi a tempo determinato (invece di 2 soli anni in precedenza) e la possibilità di differenziare i contributi per la disoccupazione in base al tipo di contratto. In Finlandia il governo sta preparando una modifica della legge sui contratti di lavoro che mira ad allentare i criteri per il licenziamento individuale nelle imprese fino a 10 dipendenti. L'obiettivo è di abbassare la soglia per l'assunzione di nuovi dipendenti. Questa modifica sarebbe associata a misure che facilitano l'assunzione di giovani disoccupati (al di sotto dei 30 anni) con contratti a tempo determinato. Il progetto di proposta è stato trasmesso per osservazioni nell'estate 2018. Sulla base delle osservazioni, il governo ha modificato le dimensioni delle imprese interessate, passando da quelle con 20 dipendenti a quelle con 10. La modifica ha ricevuto finora valutazioni discordanti data l'ampia portata di entrambe le misure, che alcuni considerano non abbastanza mirate.

Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, alcuni Stati membri stanno adottando misure per stabilire condizioni più rigide di utilizzo (per prevenire gli abusi) o consentire una maggiore libertà di contrattazione collettiva per negoziarne le condizioni. In Cechia a luglio 2017 sono diventate operative diverse misure che mirano a prevenire gli abusi delle agenzie di lavoro interinale; tra queste figurano sanzioni più severe per il rappresentante responsabile di un'agenzia di lavoro interinale che ha perso la licenza per inadempienza degli obblighi. In Slovenia le modifiche della legge sull'ispezione del lavoro mirano a prevenire l'uso illegale delle forme atipiche di occupazione, compreso il lavoro sulla base di contratti di diritto civile, e a sanzionare i datori di lavoro che non versano i salari nei termini previsti. In particolare, quando un ispettore accerta che un lavoro viene eseguito illegalmente sulla base di un contratto di diritto civile, il datore di lavoro è obbligato a offrire al dipendente un contratto di assunzione adeguato entro tre giorni. La Francia ha consentito che la contrattazione a livello di settore prevalesse sul diritto nazionale nel definire il quadro di utilizzo dei contratti a tempo determinato (si veda il capitolo 3.1). I contratti a livello di impresa possono essere meno favorevoli rispetto a quelli di settore, in quanto questi ultimi non possono più prevedere "clausole di ultrattività". In Portogallo a giugno 2018 è stato concordato con le parti sociali un ampio pacchetto di misure per affrontare la segmentazione del mercato del lavoro (se ne prevede l'approvazione legislativa entro la fine dell'anno). Le modifiche comprendono: la riduzione della durata massima dei contratti a tempo determinato da tre a due anni (compresi i rinnovi), con una durata complessiva dei rinnovi che non ecceda la durata del periodo iniziale, la riduzione della durata massima dei contratti di durata indefinita (contratos de trabalho a termo incerto) da sei a quattro anni e la limitazione della portata delle giustificazioni per l'uso di contratti a tempo determinato per i giovani lavoratori e i disoccupati di lunga durata. Al contempo, il periodo di prova aumenterà a 180 giorni per i contratti di primo impiego, nonché per l'assunzione di disoccupati di lungo periodo. L'accordo tripartito sollecita altresì la tassazione dell'eccessivo ricambio della forza lavoro, laddove la definizione di eccessivo (per settore) sarà decisa con decreto regolamentare con la partecipazione delle parti sociali. Infine, la Grecia prevede di aumentare la protezione dei lavoratori che svolgono lavori in appalto. Per la prima volta sarà introdotto un sistema integrato di norme che stabiliscono la responsabilità solidale della stazione appaltante, dell'appaltatore e del subappaltatore nei confronti dei lavoratori durante l'esecuzione del lavoro appaltato. Ciò estende la protezione dei diritti dei lavoratori per quanto riguarda i salari, i contributi di sicurezza sociale, le indennità di licenziamento e il risarcimento in caso di infortunio sul lavoro. In Italia la durata massima dei contratti a tempo determinato è stata ridotta da 36 a 24 mesi. Il numero massimo di proroghe è stato ridotto da 5 a 4 e, dopo il dodicesimo mese, queste saranno consentite solo se sono forniti formalmente nuovi motivi giustificativi. La legge ha anche aumentato di 0,5 punti percentuali i contributi sociali aggiuntivi versati dai datori di lavoro per il rinnovo dei contratti a tempo determinato. Infine, la quota dei dipendenti con contratti a tempo determinato è stata portata dal 20 % al 30 % sul totale dei dipendenti, ma sono ora inclusi nel calcolo anche i lavoratori temporanei tramite agenzia.

Si stanno introducendo alcune innovazioni relativamente alle nuove forme di lavoro, che comprendono i lavoratori mediante piattaforme digitali e i lavoratori in proprio. In Francia è stata introdotta l'adozione volontaria di una carta sociale delle piattaforme online nei confronti dei lavoratori indipendenti. Questa carta dovrebbe consistere in una serie di principi che si applicano ai lavoratori indipendenti registrati nelle piattaforme online, tra cui la partecipazione delle piattaforme alla copertura assicurativa degli infortuni sul lavoro e il finanziamento obbligatorio da parte delle piattaforme digitali della formazione applicabile ai lavoratori indipendenti. In Belgio, l'uso di "lavori flessibili" (già esistenti nel settore Horeca) è stato esteso ad altri settori, in particolare quello delle vendite al dettaglio; i pensionati e qualsiasi lavoratore con un contratto corrispondente ad almeno quattro quinti del tempo pieno possono fare richiesta di lavoro flessibile. I redditi provenienti dal lavoro flessibile non sono soggetti a imposte e oneri sociali a carico del dipendente, mentre il datore di lavoro paga contributi sociali ridotti. In Spagna la riforma del 2017 della legge in materia di lavoratori autonomi mira a migliorare la qualità del lavoro autonomo, incluse la protezione sociale e la sicurezza sul lavoro. Le nuove misure portano da 6 mesi a 12 l'aliquota fissa di 50 EUR per gli oneri sociali e introducono una maggiore flessibilità nel decidere gli importi. La riforma rende inoltre la pensione compatibile con il lavoro autonomo, promuove l'equilibrio tra vita professionale e vita privata e un migliore accesso alla formazione. In Irlanda il disegno di legge sull'occupazione del 2017 affronta vari ambiti dell'attuale legislazione in materia per quanto riguarda i dipendenti più vulnerabili e meno pagati. L'obiettivo del disegno di legge è di garantire che i dipendenti siano meglio informati sulla natura degli accordi di lavoro (e sulle clausole essenziali) fin dall'inizio del rapporto; è in corso di introduzione un nuovo illecito consistente nella mancata comunicazione delle clausole essenziali da parte del datore di lavoro entro un determinato periodo. Inoltre nella maggior parte dei casi sono proibiti i contratti a zero ore; è introdotta una disposizione che prevede degli "orari a fasce", di modo che i dipendenti che hanno contratti di poche ore e che prestano costantemente ore di straordinario rispetto a quanto previsto nei loro contratti abbiano diritto a essere inquadrati in una fascia oraria che rifletta meglio la realtà; è stato migliorato il sistema del pagamento minimo dovuto ai dipendenti chiamati dall'impresa ma che non hanno in realtà prestato il lavoro per cui erano stati contattati. In Portogallo la futura introduzione del "Contrato Geracao" prevede due elementi: l'introduzione di un sostegno finanziario alle imprese che assumono contemporaneamente un giovane disoccupato (o un giovane alla ricerca del primo impiego) e un disoccupato anziano di lungo periodo nonché un sostegno all'occupazione giovanile associato con un pensionamento parziale di un lavoratore anziano.

Alcuni Stati membri hanno adottato misure nell'ambito dell'organizzazione dell'orario di lavoro, non sempre nel senso di una maggiore adattabilità. In Belgio nel 2017 sono stati ammodernati e semplificati diversi obblighi relativi al lavoro a tempo parziale, in particolare riducendo le formalità nella determinazione degli orari variabili o fissi, nella notifica e nella sorveglianza degli scostamenti. Inoltre, il quadro giuridico dell'"accumulo durante la carriera", divenuto applicabile da febbraio 2018, consente ai dipendenti di conservare parte dei permessi per accumularli e utilizzarli in seguito, purché esista un accordo a livello settoriale o aziendale. Infine la procedura che introduce il lavoro notturno e domenicale nell'ambito del commercio elettronico è stata semplificata. In Francia l'ambito di applicazione degli accords de compétitivité ("accordi di competitività") è stato ampliato (si veda il capitolo 3.1). Nel quadro dell'accordo tripartito con le parti sociali sulla riforma del diritto del lavoro, il Portogallo intende eliminare la "banca delle ore" individuale e le banche equivalenti a livello collettivo che si basano su accordi individuali. Gli accordi già in vigore scadranno al massimo un anno dopo l'attuazione delle nuove norme. I nuovi accordi saranno stipulati nell'ambito di negoziati collettivi o di contratti di gruppo che saranno conclusi previa consultazione con i lavoratori. La misura specifica i limiti orari quotidiani, le percentuali per l'approvazione dei lavoratori e il ricorso al principio del trattamento più favorevole.

Diversi Stati membri hanno adottato misure per prevenire l'uso del lavoro sommerso, migliorare la sicurezza sul lavoro e/o rafforzare gli ispettorati del lavoro. In Bulgaria dalla fine del 2017 una modifica della legge sugli appalti pubblici sancisce l'eliminazione di un partecipante da una procedura di appalto pubblico se nei tre anni precedenti gli è stata comminata una sanzione per aver fatto uso di lavoro sommerso. Questa prescrizione si applica anche ai subappaltatori, generalmente piccole imprese e microimprese (di solito nel settore delle costruzioni). Sono anche condotte campagne d'informazione per sensibilizzare i gruppi a rischio sugli svantaggi legati ai "fuori busta", in particolare in termini di contributi sociali più bassi. Nel 2018 la Grecia ha completato il sistema di scambio automatico di informazioni tra le banche dati dei vari ministeri e istituzioni del mercato del lavoro, nonché della polizia. Inoltre è stato riesaminato il sistema di sanzioni imposte ai datori di lavoro che non hanno dichiarato un lavoratore dipendente, riconoscendo una notevole riduzione se il datore di lavoro assume il lavoratore non dichiarato con un contratto a tempo pieno entro 10 giorni dall'ispezione (la misura mira a incentivare la trasformazione del lavoro sommerso in occupazione formale). In Spagna il piano strategico 2018-2020, concordato con le comunità autonome e in consultazione con le parti sociali, intende rafforzare la capacità degli ispettorati del lavoro e strutturare le loro azioni in modo concreto e misurabile. Presta inoltre attenzione alle sfide poste dalle nuove forme e condizioni di lavoro e alla non discriminazione sul luogo di lavoro. In Estonia una modifica della legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro, adottata a maggio 2018, migliora la protezione contro i rischi per la salute sul luogo di lavoro e garantisce che le istruzioni di sicurezza e l'offerta di formazione di primo soccorso siano adeguate alla specificità dell'impresa. Come già accennato, la Slovenia sta adottando misure per prevenire l'uso illegale di forme di lavoro atipiche. Inoltre sono stati conferiti ulteriori poteri all'ispettorato del lavoro per indagare sui casi di mancato pagamento dei salari (una delle violazioni più frequenti registrate dal 2009). A Cipro sarà promosso un riesame del sistema delle ispezioni del lavoro per migliorarne l'efficacia e l'efficienza nel contrastare il lavoro sommerso, con sanzioni più elevate e l'introduzione di una dichiarazione elettronica di inizio del rapporto di lavoro. Inoltre è stato presentato un nuovo progetto di legge per la creazione di un ispettorato del lavoro centralizzato, da approvare nel corso dei prossimi mesi. Il Portogallo sta assumendo ispettori del lavoro e organizzando nuovi concorsi. Inoltre, allo scopo di scoraggiare il lavoro sommerso o sottodichiarato, il Portogallo intende estendere la durata massima dei contratti a brevissimo termine da 15 a 35 giorni (con un limite annuale di 70 giorni con lo stesso datore di lavoro). Sarà rafforzata la trasparenza nell'utilizzo del lavoro temporaneo tramite agenzia, prevedendo l'obbligo di informare il lavoratore sulla ragione della risoluzione del contratto tra l'impresa utilizzatrice e l'agenzia di lavoro interinale.

Gli Stati membri hanno adottato relativamente poche misure strategiche per rafforzare i loro sistemi di PAML, malgrado il sussistere di sfide. La Grecia sta realizzando un nuovo sistema di attuazione delle PAML che mira ad aumentare l'efficacia delle politiche di attivazione migliorando la determinazione delle competenze e le attività finalizzate all'incontro tra domanda e offerta. Un orientamento più preciso delle PAML rimane cruciale per ottenere risultati migliori da tali riforme; per ora è stato lanciato un progetto pilota destinato ad oltre 2 000 disoccupati presso un ufficio per l'impiego locale. Cipro ha avviato la fase pilota di un sistema di valutazione e monitoraggio recentemente sviluppato in materia di politiche attive del mercato del lavoro, che consente di aumentare l'efficacia delle misure del mercato del lavoro. In tal modo i responsabili politici potranno elaborare e rivedere più efficacemente i programmi in corso in questo ambito. In Spagna è stato elaborato un quadro strategico di ampio respiro per il coordinamento del sistema nazionale per l'impiego. Questa misura stabilisce il quadro organizzativo di tutte le azioni attuate nell'ambito del sistema nazionale spagnolo per l'impiego durante il periodo 2017-2020 e funge da base per l'elaborazione e la gestione delle politiche attive del mercato del lavoro, delle azioni di formazione e di molte altre strategie dei servizi pubblici regionali per l'impiego, oltre a delineare il quadro per definire i principi, gli obiettivi, gli strumenti e le risorse finanziarie.

Gli Stati membri attribuiscono ancora la priorità all'offerta di servizi più individualizzati. L'Estonia sta estendendo il campo di applicazione delle PAML ad alcune persone occupate per prevenire la disoccupazione. Il gruppo di destinatari comprende coloro che lavorano con contratti di prestazione di servizi o nell'ambito di un accordo di autorizzazione e coloro che percepiscono il salario medio nazionale. Si ritiene che livelli stabili della spesa degli SPI destinata alle PAML, nonché disponibilità di risorse umane, consentiranno di affrontare le sfide ancora presenti. L'Ungheria ha adottato ulteriori misure per affrontare le sfide del programma di lavori pubblici, attuando programmi che promuovono la transizione da questi programmi al mercato del lavoro primario. Un programma di creazione di posti di lavoro classifica l'impiego di una persona nei lavori pubblici nella categoria "sostegno primario", mentre altri due programmi forniscono incentivi o premi all'assunzione o istituiscono un tutoraggio per le persone che provengono da programmi di lavori pubblici per facilitare la loro integrazione nel mercato del lavoro primario.

Sono inoltre promosse misure volte a migliorare le componenti di formazione delle PAML. In Croazia è stato adottato un pacchetto di nove misure attive per il mercato del lavoro. Nel nuovo pacchetto si pone maggiore attenzione alla formazione, anche sul luogo di lavoro, in particolare per i giovani, i lavoratori anziani e i disoccupati di lungo periodo. Saranno anche aumentati gli incentivi per il lavoro autonomo. Inoltre saranno offerte sovvenzioni ai datori di lavoro per sostenere l'occupazione dei lavoratori di età pari o superiore ai 50 anni. La Francia continua a investire nella formazione professionale e negli apprendistati attraverso il Plan d'Investissement dans les compétences ("Piano di investimento nelle competenze") (si veda il capitolo 3.2). L'obiettivo è di fornire una formazione professionale a 1 milione di disoccupati con qualifiche di basso livello e a 800 000 giovani NEET, in parte attraverso la preparazione all'apprendistato.

I servizi pubblici per l'impiego (SPI) stanno seguendo il loro programma di riforme al fine di sviluppare la capacità istituzionale nei periodi di calo della disoccupazione. A tal fine, gli SPI sfruttano sempre meglio la loro partecipazione al "progetto di apprendimento comparativo" svolto nel quadro della rete europea dei servizi pubblici per l'impiego. Dal 2015 l'apprendimento comparativo sostiene gli SPI nell'individuazione dei punti di forza e degli ambiti di ulteriore miglioramento, nell'obiettivo di una migliore erogazione dei servizi ai clienti degli SPI. Poiché il numero delle persone registrate in cerca di lavoro è diminuito costantemente negli ultimi anni, i servizi pubblici per l'impiego devono riassegnare strategicamente le proprie risorse in base alle esigenze dei clienti. Alcuni gruppi destinatari, quali i disoccupati di lungo periodo e un numero crescente di lavoratori anziani, continuano a necessitare di un sostegno intensivo, dato che la maggior parte degli SPI devono affrontare il problema dell'età sempre più avanzata dei loro clienti. La Lituania sta modificando il funzionamento degli SPI per ottimizzare le risorse, al fine di migliorare l'interazione con i clienti e di ridurre il carico di lavoro da oltre 400 casi per addetto a meno di 300. Cipro porta avanti il programma 2014-2020 di miglioramento e ammodernamento degli SPI, attuando misure di riforma per il rafforzamento dei propri servizi pubblici per l'impiego. Sono stati recentemente assunti altri 20 consulenti al fine di espletare in maniera più efficace ed efficiente il mandato di tali servizi, dando esecuzione alla garanzia per i giovani e alla raccomandazione del Consiglio sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. Sono previste misure aggiuntive che comprendono la formazione di consulenti del lavoro, la formazione di funzionari degli SPI, il miglioramento del sistema di collocamento dei candidati degli SPI, la creazione di una piattaforma informatica e il miglioramento dei servizi rivolti sia a coloro che cercano un lavoro che ai datori di lavoro. La Spagna ha adottato misure volte a migliorare le condizioni di lavoro e l'occupazione nel settore pubblico nel 2018. Il ministero e le parti sociali hanno sottoscritto un documento con il quale si impegnano a promuovere misure affinché i dipendenti pubblici recuperino potere di acquisto e le loro condizioni di lavoro migliorino. Questa misura è antecedente a un accordo raggiunto ad aprile 2017, volto a ridurre all'8 % la percentuale complessiva dei contratti a tempo determinato nel settore pubblico nel 2020 tramite concorsi per nomine in ruolo (circa 250 000). In Grecia il processo di riforma degli SPI è continuato per tutto il periodo 2017-2018 per migliorare il funzionamento dei servizi pubblici per l'impiego. Nell'autunno 2017 è stato testato un nuovo metodo di determinazione delle competenze, la cui applicazione è iniziata nel 2018. Si sta sviluppando un nuovo strumento di valutazione delle competenze. L'assunzione di ulteriori consulenti del lavoro, avviata nel primo semestre del 2018, dovrebbe quasi raddoppiarne il numero entro la fine del 2018. Infine l'Austria ha preso provvedimenti per valutare ed elaborare una gestione più efficace dei servizi pubblici per l'impiego, in particolare riesaminando e rivedendo tutti gli strumenti degli SPI per un reinserimento efficace ed efficiente nel mercato del lavoro. Viene data priorità alla formazione e alle qualifiche professionali specifiche, in cooperazione con i datori di lavoro, unitamente all'aumento degli incentivi all'occupazione.

Gli SPI devono intensificare la cooperazione con i datori di lavoro e le autorità locali per rispondere meglio alle esigenze di mercati del lavoro con minore offerta di manodopera. A tale riguardo gli SPI stanno sviluppando strategie di coinvolgimento globale dei datori di lavoro e definendo approcci diversi in termini di segmentazione dei datori di lavoro e organizzazione dei servizi loro destinati. La maggior parte dei servizi pubblici per l'impiego ha istituito un coordinamento centralizzato dei servizi ai datori di lavoro, pur offrendo tali servizi anche a livello regionale e locale. Inoltre gli SPI dovrebbero definire norme comuni minime di erogazione dei servizi ai datori di lavoro, che comprendano la misurazione della soddisfazione. In Italia e Spagna le agenzie centrali degli SPI, rispettivamente ANPAL e SEPE, stanno agevolando attività di apprendimento reciproco tra le regioni per scambiare le buone pratiche che consentono di migliorare i servizi erogati ai datori di lavoro. In Lituania lo SPI prevede di creare un modello di cooperazione tra amministrazioni municipali e SPI al fine di erogare congiuntamente misure per l'attivazione dei beneficiari di assistenza sociale. Tale modello dovrà essere integrato da un piano di attuazione.

Gli Stati membri hanno continuato ad attuare la raccomandazione del Consiglio sulla disoccupazione di lungo periodo 83 . Nel 2018 un'autovalutazione degli Stati membri ha indicato complessivamente, al confronto con il 2016, un aumento del 15 % dei punteggi: i progressi più significativi sono stati conseguiti negli Stati membri con i sistemi meno sviluppati. Nello specifico, per quanto riguarda la registrazione dei disoccupati, i paesi hanno adottato approcci e incentivi diversi per favorirla. I meccanismi più efficaci sono quelli in cui la registrazione è collegata al diritto di ricevere alcune forme di incentivi o servizi. Esistono però margini di miglioramento in termini di coinvolgimento delle persone inattive in diversi Stati membri (ad esempio Bulgaria, Estonia e Romania). Esistono anche approcci diversi in merito all'offerta di uno sportello unico per i servizi: alcuni paesi hanno tentato di integrare tutti i servizi in uno sportello unico (ad esempio Finlandia, Germania e Irlanda), altri dispongono di "sportelli ponte" che assicurano il collegamento tra istituzioni e autorità diverse (ad esempio Cipro e Paesi Bassi). In molti Stati membri è ancora problematico il coordinamento efficace tra le autorità e i servizi che si occupano di tematiche sociali e di occupazione (ad esempio Croazia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Romania e Spagna); a complicare la questione si presentano spesso difficoltà legate alla protezione dei dati e alle risorse. Sebbene siano previste misure per migliorare questo aspetto, l'attuazione sul campo non è ancora decollata. In quasi tutti gli Stati membri esistono accordi di inserimento lavorativo in diverse forme, ma mancano alcuni elementi, in particolare, se richieste, (ri)valutazioni approfondite. Alcuni Stati membri (ad esempio Cechia, Grecia e Slovacchia) non sono ancora passati ad un approccio più mirato/individualizzato di gestione dei singoli casi a favore dei disoccupati di lungo periodo. Esistono molte attività diverse svolte nel contesto della collaborazione con i datori di lavoro. Generalmente sono disponibili accordi con le parti sociali, sebbene questi non si concretizzino sempre a livello locale. Alcuni Stati membri (ad esempio Grecia, Portogallo, Slovenia e Svezia) riservano personale degli SPI alla collaborazione con i datori di lavoro: questo approccio sembra positivo, ma sono necessari ulteriori miglioramenti, in particolare sotto forma di un maggior numero di partenariati e approcci strategici, in alcuni Stati membri (ad esempio Croazia, Francia e Italia).

Gli Stati membri offrono ai disoccupati di lungo periodo un sostegno più personalizzato e servizi più integrati. In Bulgaria sono stati firmati accordi di inserimento lavorativo tra i disoccupati di lungo periodo e l'ufficio del lavoro, che comprendono proposte di servizi specifici per l'occupazione e l'indirizzamento ai servizi forniti da altre istituzioni. A partire dal gennaio 2018 squadre miste mobili per la consulenza familiare e lavorativa, composte da personale dell'Agenzia per l'impiego e dell'Agenzia per l'assistenza sociale, forniscono servizi globali e integrati ai disoccupati che vivono in zone isolate. In Romania è in corso un progetto pilota che mira a creare squadre integrate per affrontare allo stesso tempo problemi diversi, di carattere sociale, relativi all'istruzione e medici, anche in collaborazione con gli SPI. Il progetto metterà alla prova questo metodo in 139 comunità tra le più svantaggiate, selezionate in base alle mappe della povertà e ai criteri concordati dal governo. È previsto in futuro l'ampliamento degli interventi. La Slovenia ha adottato un programma di attivazione sociale 2017-2020 volto a incoraggiare l'inserimento sociale e nel mercato del lavoro di 12 500 persone con le maggiori difficoltà occupazionali e vulnerabili. L'obiettivo è di fornire a queste persone le competenze che le avvicineranno all'inserimento nel mercato del lavoro. In Irlanda il programma volontario YESS ("programma di sostegno all'occupazione giovanile") è rivolto ai giovani in cerca di lavoro che sono disoccupati di lungo periodo o che incontrano notevoli ostacoli nel trovare un lavoro. YESS intende fornire un'opportunità di acquisire le competenze di base, per il lavoro e per la vita sociale, in un ambiente che offra sostegno durante un tirocinio. La durata normale dei tirocini sarà di tre mesi, ma sarà anche possibile estendere il periodo a sei o nove mesi previa valutazione dei progressi compiuti da parte del funzionario competente.

Sovvenzioni ed incentivi sono diventati misure consuete di intervento per inserire nel mercato del lavoro i disoccupati di lungo periodo. Cipro ha avviato un programma che fornisce incentivi all'assunzione di disoccupati nel settore privato. La sovvenzione è concessa solo per i primi 6 mesi di lavoro. Hanno aderito a tale programma 946 imprese che hanno fornito lavoro a circa 2 472 partecipanti. In Lussemburgo nuove misure mirano a creare posti di lavoro permanenti sovvenzionati per i disoccupati di lungo periodo che soddisfano le nuove esigenze dei datori di lavoro; sono rivolte ai disoccupati di lungo periodo che hanno più di 30 anni, ma una disposizione specifica per coloro che hanno più di 50 anni consente il rimborso totale dei costi diretti del lavoro fino al pensionamento. La Francia invece, visto il miglioramento della situazione sul mercato del lavoro, ha ridotto l'entità dei suoi programmi di sovvenzione all'occupazione (si veda anche il punto 3.1.2). In Austria sono state adottate misure volte a ridurre la disoccupazione di lungo periodo inasprendo le sanzioni e rafforzando l'obbligo per i disoccupati di accettare offerte di lavoro anche se impongono spostamenti più lunghi che impegnano fino a 2,5 ore al giorno, nonché associando le prestazioni di disoccupazione e quelle di assistenza sociale. In generale, l'obiettivo è incentivare maggiormente i disoccupati ad accettare le offerte di lavoro, con il risultato di ridurre la disoccupazione e aumentare l'efficacia della politica del mercato del lavoro. La Svezia ha introdotto "lavori di inserimento", rivolti ai disoccupati di lungo periodo o agli immigrati appena arrivati, che possono essere associati in modo flessibile all'istruzione e alla formazione. L'integrazione salariale per i lavori di inserimento si applica fino a una retribuzione lorda di 20 000 SEK al mese (circa 1 950 EUR), con un limite dell'80 %. In Slovenia, le sovvenzioni sono mirate a creare occupazione a tempo indeterminato per le persone di superiore a 58 anni fino al soddisfacimento delle condizioni per il pensionamento. È prevista l'inclusione prioritaria per i beneficiari di prestazioni di disoccupazione e assistenza sociale in denaro. La sovvenzione ammonta a 11 000 EUR ed è corrisposta al datore di lavoro in due parti (metà all'assunzione e metà dopo la diciottesima mensilità di stipendio).

La cooperazione con il settore privato continua ad aumentare le transizioni verso il mercato del lavoro primario. In Svezia vengono sperimentati accordi "di ingresso" che consentono ai disoccupati di lungo periodo, con particolare riguardo per le donne nate all'estero, di essere assunti da un datore di lavoro che aderisce a un contratto collettivo sugli accordi di ingresso. Questi si basano su una proposta delle parti sociali e mirano a costruire un nuovo modello che consenta di avviare più persone al mercato del lavoro e di agevolare la disponibilità di competenze future a favore dei datori di lavoro, anche mediante corsi di lingua svedese e altri programmi di formazione di breve durata. A Malta si sta rivedendo il programma di lavori nella comunità, che impiega disoccupati di lungo periodo per garantire che le persone a rischio di perdere il contatto con il mercato del lavoro abbiano un lavoro ufficiale e siano attive.

Le recenti riforme nell'ambito delle prestazioni di disoccupazione si sono perlopiù concentrate sul rafforzamento delle prescrizioni di attivazione. In Finlandia da gennaio 2018 i disoccupati alla ricerca di lavoro hanno diritto a ricevere l'intero importo delle prestazioni di disoccupazione solo se percepiscono anche un qualche reddito da lavoro o partecipano a servizi che migliorano le loro prospettive di lavoro (con alcune soglie). Se una persona in cerca di lavoro non dimostra di aver svolto l'attività richiesta durante il periodo di monitoraggio di 65 giorni, l'indennità di disoccupazione corrisposta per i successivi 65 giorni è ridotta del 4,65 %. Inoltre il governo sta predisponendo una norma che imporrebbe ai disoccupati in cerca di lavoro di presentare una domanda di lavoro alla settimana, pena una riduzione delle prestazioni di disoccupazione. La proposta è al momento oggetto di consultazione con le parti sociali, ma sia i dipendenti che i datori di lavoro hanno espresso riserve in merito, in quanto potrebbe spingere i lavoratori a candidarsi senza avere una reale intenzione di accettare l'impiego. In Slovenia da ottobre 2017 i lavoratori licenziati sono tenuti a rivolgersi al servizio di collocamento già durante il periodo di preavviso se il contratto di lavoro è stato risolto per motivi economici o di incompetenza. In caso di inottemperanza le prestazioni di disoccupazione saranno ridotte per i primi tre mesi (dall'80 % del salario di riferimento al 60 %). Le persone con un basso livello di competenze e la cui professione non gode di forte richiesta possono inoltre continuare a ricevere il 20 % delle prestazioni di disoccupazione per 12 mesi al massimo dopo aver trovato un lavoro. In base alla legge Liberté de Choisir son Avenir Professionnel ("Libertà di scegliere il proprio futuro professionale") la Francia applicherà controllo più rigorosi alla ricerca del lavoro, compensati da un maggior numero di forme di accompagnamento su misura. I settori professionali sono invitati a negoziare accordi per favorire forme di lavoro più sostenibili; tuttavia, se fallisce la contrattazione collettiva, il governo può intervenire. Le persone che ricevono un'indennità di disoccupazione potranno anche gestire un'attività a tempo parziale, a condizioni più restrittive. Inoltre l'indennità di disoccupazione, precedentemente finanziata esclusivamente dagli oneri sociali, è integrata da un aumento dell'imposta più generale CSG (Contribution sociale généralisée). Dal 1° gennaio 2019 i negoziati in materia di assicurazione di disoccupazione saranno definiti in linea di massima dal governo, che fisserà la dotazione finanziaria complessiva da rispettare e gli obiettivi da realizzare. L'accesso alla prestazione sarebbe concesso a determinate condizioni anche ai lavoratori autonomi e ai dipendenti che si dimettono. La Spagna intende introdurre una "carta sociale universale" che mira a raccogliere informazioni sulle prestazioni sociali ricevute da tutti gli individui, nonché sulle eventuali situazioni che darebbero diritto a ricevere prestazioni sociali (ad esempio dipendenza, disabilità, disoccupazione o famiglie numerose). Si prevede in tal modo di migliorare il coordinamento tra le amministrazioni, aumentare l'efficacia delle prestazioni sociali e in definitiva contribuire a individuare le situazioni vulnerabili. L'elaborazione e lo sviluppo del sistema della carta sociale universale sono terminati alla fine del 2017. Se ne prevede l'approvazione entro il quarto trimestre del 2018.

Con le riforme in corso le condizioni di accesso alle prestazioni di disoccupazione sono state modificate in alcuni casi e spesso inasprite. Nel 2018 la Bulgaria ha aumentato il livello minimo delle prestazioni di disoccupazione da 7,2 BGN (circa 3,7 EUR) a 9 BGN (4,6 EUR) al giorno, per un massimo di 74,3 BGN (38 EUR). Al contempo, le condizioni di ammissibilità sono state inasprite: la persona assicurata deve aver lavorato per almeno 15 mesi sui 18 mesi precedenti e non, come avveniva prima, per 9 mesi sui 15 mesi precedenti. Questo inasprimento si ripercuoterà verosimilmente sui lavoratori giovani e sulle persone maggiormente soggette a interruzioni di carriera, in particolare i lavoratori stagionali e precari. Diversa la direzione presa dal Portogallo, che ha ridotto da 180 giorni a 120 il periodo minimo per accedere all'indennità iniziale di disoccupazione alla scadenza di un contratto a tempo determinato. In Austria è previsto un pacchetto di misure per ridurre la disoccupazione di lungo periodo che inasprisce le norme relative alla mobilità dei beneficiari di prestazioni di disoccupazione (con l'obbligo di accettare offerte di lavoro anche se impongono spostamenti più lunghi che impegnano fino a 2,5 ore al giorno), elimina la proroga del diritto alla prestazione di disoccupazione in caso di malattia (a eccezione dei pazienti ricoverati) e limita la durata del lavoro marginale durante l'erogazione della prestazione di disoccupazione. In generale, l'obiettivo è incentivare maggiormente i disoccupati ad accettare le offerte di lavoro, ridurre la disoccupazione e aumentare l'efficacia della politica del mercato del lavoro.

Alcuni Stati membri hanno adottato azioni per promuovere la mobilità (interna ed esterna) dei lavoratori e degli studenti allo scopo di aumentare l'occupabilità e migliorare lo sviluppo delle competenze e/o attrarre lavoratori stranieri nei settori che registrano carenze di manodopera. Nel 2018 la Finlandia ha introdotto misure a sostegno della mobilità regionale e della pendolarità dei disoccupati in cerca di lavoro, anche con l'erogazione di indennità di mobilità (disponibili ora anche per il lavoro a tempo parziale per meno di 18 ore alla settimana e per la formazione professionale) e con informazioni mirate sul sostegno economico alla mobilità. Può essere erogato un assegno di mobilità più elevato in caso di tragitti pendolari particolarmente lunghi. Le parti sociali sono state consultate sulla riforma. In Lettonia le misure di sostegno alla mobilità per i disoccupati sono state ampliate nel 2018 includendo anche la capitale Riga, che era precedentemente esclusa. Esse coprono la mobilità regionale per coloro che accettano un'offerta di lavoro in altre regioni, ma anche per i partecipanti a determinate misure di PAML, tra cui la garanzia per i giovani, l'occupazione sovvenzionata e le misure di formazione professionale. A dicembre 2017 sono state avviate misure di sostegno volte ad attrarre personale medico e infermieristico nelle regioni al di fuori di Riga. In Lettonia è stato inoltre approvato un elenco di 237 professioni che richiedono competenze di alto livello, per le quali esiste attualmente una notevole carenza di manodopera e che potrebbero attirare cittadini di paesi terzi. In questi casi si applicano determinate condizioni preferenziali ai lavoratori che desiderano ricevere una Carta blu UE. In Polonia la creazione nel 2017 dell'Agenzia nazionale di scambio accademico dovrebbe facilitare l'internazionalizzazione delle università polacche attraverso il sostegno, orientato alla qualità, della mobilità accademica. In Bulgaria è stata approvata una procedura semplificata di concessione della Carta blu ai cittadini di paesi terzi, per superare la carenza riscontrata di personale specialistico qualificato nell'ambito delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di ingegneri e tecnici nella produzione industriale e in altri settori rilevanti. Le modifiche consentiranno il rilascio della Carta blu per un periodo fino a 4 anni, mentre in passato la durata era di un anno. In Estonia un emendamento della legge sugli stranieri esclude gli specialisti di altissimo livello dalla quota di immigrazione e proroga la durata massima di lavoro con contratto a breve termine a 12 mesi, lasciando immutata tale quota.

La partecipazione delle parti sociali nazionali all'elaborazione e all'attuazione delle riforme del lavoro e sociali varia tra gli Stati membri. La qualità e le forme della partecipazione riflettono l'eterogeneità dei quadri istituzionali nazionali e delle prassi di dialogo sociale, tra cui spicca l'assenza di un dialogo tempestivo e/o significativo in diversi Stati membri. Negli ultimi 18 mesi però le parti sociali hanno partecipato all'elaborazione di importanti riforme delle politiche in una serie di Stati membri 84 . Una nuova legislazione e nuove misure sul funzionamento del mercato del lavoro sono state discusse e concordate, ad esempio, in Bulgaria, Croazia, Danimarca, Finlandia, nei Paesi Bassi, in Portogallo e Svezia (integrazione dei migranti). Come illustrato nel punto 3.1, le parti sociali hanno negoziato riforme del quadro di determinazione dei salari in diversi paesi. In Estonia il governo ha deciso di ripristinare le riunioni tripartite con le parti sociali, interrotte dal 2002. Negoziati riguardanti la determinazione o l'aumento dei salari minimi si sono svolti, ad esempio, in Bulgaria, Estonia, Polonia, Portogallo e Spagna. Le parti sociali hanno partecipato alla discussione delle riforme della protezione sociale e/o delle prestazioni di disoccupazione in Croazia, Francia, Finlandia, Germania, Portogallo e Slovenia, e altri paesi. Le politiche dell'istruzione e dell'IFP, le riforme della formazione, dell'apprendistato e dell'apprendimento permanente, oltre a strategie nuove, sono state discusse con la partecipazione delle parti sociali in Cechia, Danimarca, Francia, Lettonia, Polonia e nei Paesi Bassi.

3.4.Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà

Questa sezione esamina l'attuazione dell'orientamento 8 in materia di occupazione, che raccomanda agli Stati membri di modernizzare i loro regimi di protezione sociale al fine di promuovere le pari opportunità e combattere la povertà e l'esclusione sociale. Essa presenta innanzitutto una rassegna della situazione sociale negli Stati membri sulla base di indicatori chiave, tra cui il reddito disponibile e la disparità, la povertà e l'inclusione sociale, l'adeguatezza delle pensioni, l'accesso all'alloggio, l'accesso all'assistenza sanitaria e all'assistenza a lungo termine. Il punto 3.4.2 riferisce sulle misure strategiche adottate dagli Stati membri nell'ambito dei regimi di protezione sociale, compresi i regimi di reddito minimo, le prestazioni familiari, le politiche abitative, le pensioni, l'assistenza a lungo termine, l'assistenza sanitaria e l'inclusione delle persone con disabilità.

3.4.1    Indicatori chiave

I redditi delle famiglie hanno continuato ad aumentare in quasi tutti i paesi dell'UE nel 2016 85 . Il reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite 86 è aumentato in tutti gli Stati membri ad eccezione della Grecia, dove si è registrata una leggera diminuzione. Vi sono stati in genere miglioramenti più rapidi nei paesi che hanno aderito recentemente all'UE, quali Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania, e miglioramenti più lenti negli Stati membri di lunga data quali Austria, Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo, con un'evoluzione addirittura negativa per la Grecia e il Regno Unito. Questo riflette la convergenza in atto, con Bulgaria e Polonia che registrano i risultati migliori in questo ambito. In diversi paesi il reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite rimane notevolmente inferiore ai livelli precedenti la crisi. Si tratta in particolare della Grecia e di Cipro, dove i livelli del 2016 corrispondevano rispettivamente a circa il 69 % e l'82 % di quelli registrati nel 2008 (entrambi i paesi sono segnalati come "situazioni critiche"). In Italia, Irlanda, Spagna, Austria, Belgio, Portogallo (paesi "da tenere sotto osservazione") e Slovenia ("nella media") il reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite era compreso tra il 90 % e il 100 % del valore del 2008. In tutti questi paesi, ad eccezione della Slovenia, il tasso di crescita nel 2016 era inferiore al tasso medio dell'UE (non ponderato), o addirittura negativo nel caso della Grecia.

Figura 59: reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite, indice 2008=100 e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, conti nazionali [nasq_10_nf_tr and namq_10_gdp], calcoli interni. Periodo: livelli 2016 e variazioni annue rispetto al 2015. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. I dati per HR e MT non erano disponibili al 26 ottobre 2018.

La maggior parte dei paesi ha visto un ulteriore miglioramento significativo della quota di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) nel 2017 87 . Gli effetti della ripresa economica sono divenuti visibili nella riduzione del rischio di povertà o di esclusione sociale, ora evidente in tutti gli Stati membri con poche eccezioni (si veda anche il punto 1.2). I miglioramenti sono particolarmente evidenti in Romania, Cipro e Polonia, per i quali l'AROPE è diminuito di oltre il 2 %. Al contrario per Danimarca, Paesi Bassi e Austria i tassi AROPE hanno riportato un modesto aumento nell'anno, anche se partendo da valori bassi. La situazione si mantiene "critica" in Bulgaria e Grecia, considerato che i livelli sono ancora molto elevati e la riduzione nell'anno precedente è stata solo modesta. La correlazione negativa tra tendenze e livelli (si veda la figura 60) suggerisce che è in atto una convergenza tra gli Stati membri. Tra le diverse fasce di età, i giovani da 18 a 24 anni sono i più esposti al rischio di povertà o di esclusione sociale, con un tasso del 29,1 %. Tale indicatore ha riportato miglioramenti nella maggior parte degli Stati membri, riflettendo la riduzione della disoccupazione giovanile.

Figura 60: percentuale di popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale, 2017 e variazione sull'anno precedente (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, SILC. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. I dati per IE e UK non erano disponibili al 26 ottobre 2018.

Nonostante la diminuzione, il tasso AROPE per i minori (fascia di età 0-17 anni) rimane molto superiore al valore della popolazione in generale nella maggior parte degli Stati membri. Nel 2017 è diminuito in tutti gli Stati membri nei quali esso è superiore alla media dell'UE (24,5 %). Rimane però particolarmente alto in Romania (41,7 %), Bulgaria (41,6 %) e Grecia (36,2 %). Al contrario, in alcuni Stati membri dove i livelli di povertà infantile sono inferiori alla media, la tendenza è stata molto più piatta, riflettendo in gran misura la situazione dei minori migranti. È questo il caso di Austria, Belgio, Francia e Svezia. Nella fascia di età 25-54 il tasso è diminuito di un punto, giungendo al 21,9 %. Le persone di età pari o superiore a 55 anni rimangono il gruppo con minori probabilità di trovarsi in stato di povertà o di esclusione, con un tasso del 20,5 %.

Le persone provenienti da un contesto migratorio presentano un rischio di povertà o di esclusione sociale notevolmente più elevato. Nel 2017 il tasso AROPE tra le persone nate al di fuori dell'UE era oltre il doppio di quello delle persone nate nell'UE (il 41 % rispetto al 20,7 %). La differenza era particolarmente notevole in Belgio (31,7 punti percentuali), Svezia (26,9 punti percentuali) e Danimarca (25,8 punti percentuali), molto modesta invece in Polonia (4,6 punti percentuali), Portogallo (6,8 punti percentuali) e Cechia (7,8 punti percentuali).

Figura 61: sottoindicatori del tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale

Fonte: Eurostat, SILC. Nota: gli indicatori sono ordinati secondo l'AROPE nel 2017. I dati per IE e UK del 2017 non erano disponibili al 26 ottobre 2018. Per il 2008 sono stati usati i valori per l'UE-27 (dati per HR non disponibili).

La percentuale della popolazione dell'UE a rischio di povertà è diminuita nella maggior parte degli Stati membri nel 2017, dopo tre anni di stabilità. Le riduzioni maggiori sono state registrate in Polonia (-2,3 punti percentuali), Romania (-1,7 punti percentuali) e Ungheria (-1,1 punti percentuali). L'indicatore è invece aumentato in Lussemburgo (+2,2 punti percentuali), Lituania (+1,0), Bulgaria (+0,5) e Paesi Bassi (+0,5). In tutti gli Stati membri, tranne sei, la percentuale di persone a rischio di povertà nel 2017 rimane superiore a quella del periodo precedente la crisi (2008) (figura 61). Le stime rapide di Eurostat indicano ulteriori diminuzioni dell'AROP in Grecia, Romania e Portogallo e un aumento nel Regno Unito.

La percentuale di deprivazione materiale grave ha raggiunto il livello più basso della sua storia. Quasi tutti gli Stati membri hanno riportato una diminuzione di questo indicatore nel 2017. La Romania è il paese che ha visto il maggiore calo annuale, pari a 4,1 punti percentuali. Rimangono notevoli differenze tra gli Stati membri: le percentuali di deprivazione materiale grave in Finlandia e nei Paesi Bassi rimangono inferiori al 3 %, mentre all'altra estremità la Bulgaria riporta un tasso del 30 %, seguita da Grecia (21,1 %) e Romania (19,4 %). La percentuale di donne (6,9 %) che versa in stato di deprivazione materiale grave è leggermente superiore rispetto a quella degli uomini (6,4 %). Sono state riscontrate diminuzioni in tutte le fasce di età, ma la deprivazione materiale grave resta più frequente tra i giovani da 18 a 24 anni (7,9 %), seguiti dai minori da 0 a 17 anni (7,2 %), dalla popolazione della fascia primaria di età (25-54) (6,7 %) e dagli anziani, vale a dire gli ultrasessantacinquenni (6,3 %).

La percentuale di persone che vivono in famiglie (pressoché) senza occupati è diminuita ancora. In 20 Stati membri nel 2017 è diminuita la proporzione della popolazione di età da 0 a 59 anni che vive in famiglie in cui gli adulti sono occupati per meno del 20 % del loro potenziale. Malgrado tali miglioramenti solo 9 Stati membri riportano percentuali inferiori ai livelli precedenti la crisi. Le maggiori riduzioni rispetto all'anno precedente sono state registrate in Spagna (-2,1 punti percentuali), Grecia (-1,6) e Romania (-1,3). Allo stesso tempo il rischio di povertà di coloro che vivono in famiglie (pressoché) senza occupati ha continuato ad aumentare nella maggior parte degli Stati membri, raggiungendo il 79,9 % in Slovacchia, il 78,2 % in Lituania e il 77,8 % in Lettonia.

La riduzione del tasso di povertà lavorativa costituisce ancora una sfida. Come indicato anche nel punto 3.1, nonostante una riduzione generale del tasso di rischio di povertà la percentuale di persone a rischio di povertà lavorativa è rimasta stabile nel 2017. Oltre una persona occupata su dieci era a rischio di povertà in sette Stati membri. Il tasso di povertà lavorativa, sebbene in diminuzione, ha registrato il livello più alto in Romania (17,4 % nel 2017, con un calo rispetto al 19,7 % del 2014) dove una delle cause principali rimane il lavoro autonomo precario. Sono stati registrati valori elevati anche in Lussemburgo (13,7 %) e Spagna (13,1 %) dove una delle cause principali è il rischio di povertà dei lavoratori con contratti a tempo determinato. Tre paesi hanno invece riportato tassi di povertà lavorativa inferiori al 5 % (Finlandia, Cechia e Irlanda).

Il livello di povertà è diminuito per la prima volta dal 2008, però rimane elevato rispetto ai livelli precedenti la crisi. Lo scarto relativo dal rischio di povertà, che misura la distanza media dalla soglia di povertà delle persone a rischio di povertà 88 , è stato tendenzialmente in aumento nella maggior parte degli Stati membri nel periodo successivo alla crisi. Nel 2017 però tale valore è diminuito per 11 Stati membri ed è rimasto sostanzialmente stabile per 5 di essi, diminuendo in media dal 26,2 % al 25,4 %. La differenza si deve a miglioramenti del livello di povertà per la popolazione in età lavorativa e, in particolare, per i minori. Il tasso rimane elevato (superiore al 30 %) in particolare in Romania, Spagna, Bulgaria e Grecia. Al contrario il livello di povertà per le persone di età pari o superiore a 65 anni è rimasto stabile. I miglioramenti più netti hanno riguardato l'Italia, l'Ungheria e la Romania.

Le persone con disabilità sono significativamente più esposte al rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto alle persone senza disabilità. Nel 2016 il 30,1 % delle persone con disabilità nell'UE era a rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto al 20,9 % delle persone senza disabilità 89 , il che corrisponde a un divario di 9,2 punti percentuali. Tale divario è più pronunciato per le persone in età lavorativa (16-64 anni): in questo gruppo il 37,6 % delle persone con disabilità era a rischio di povertà o di esclusione sociale nel 2016, rispetto al 21 % delle persone con disabilità ultrasessantacinquenni 90 . La gravità della disabilità è un fattore esplicativo molto importante: il 36,1 % delle persone con disabilità grave (da 16 anni in su) nell'UE era a rischio di povertà o di esclusione sociale nel 2015, rispetto al 27,4 % delle persone con disabilità moderata e al 20,8 % delle persone senza disabilità.

La disparità di reddito è diminuita leggermente nel 2017, per la prima volta dalla crisi. Il rapporto tra la quota di reddito del 20 % più ricco della popolazione e quella del 20 % più povero si è ridotto nella maggior parte degli Stati membri (figura 62), anche se nella maggior parte di essi il rapporto tra quintili di reddito nel 2017 era ancora superiore ai livelli del 2008. Nel 2017 i livelli più elevati di disparità di reddito, con rapporti S80/S20 superiori a 6, sono stati registrati in Lettonia, Estonia, Lituania e Bulgaria (tutti "situazioni critiche", con un aumento significativo nell'ultimo di questi paesi). Diminuzioni significative, anche se i livelli sono ancora elevati, sono avvenute in Romania, Grecia e Italia (risultati "modesti ma in miglioramento"). I miglioramenti sono dovuti ad aumenti più rapidi del reddito delle famiglie più povere rispetto al valore mediano in 10 Stati membri: tale dato suggerisce che la ripresa sta cominciando a raggiungere le persone più vulnerabili.

Figura 62: rapporto tra quintili di reddito e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, SILC. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. I dati per IE e UK non erano disponibili al 26 ottobre 2018.

La spesa per la protezione sociale ha continuato ad aumentare in tutti gli Stati membri, anche se permangono differenze notevoli 91 . In termini reali la spesa per la protezione sociale è cresciuta in tutti gli Stati membri dal 2014 al 2015 92 . Tuttavia in percentuale sul PIL tale spesa è aumentata solo in 7 paesi, riducendosi invece in 16 di essi. Tale evoluzione dipende principalmente da una quota inferiore di spesa per prestazioni di disoccupazione, in linea con il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. La spesa per malattia e sanità in percentuale sul PIL è invece aumentata in 10 paesi e diminuita in 12. La spesa per la protezione sociale in percentuale sul PIL ha riportato i livelli complessivamente più alti in Francia (31,9 %), Danimarca (31,1 %) e Finlandia (31,1 %), mentre si è attestata a meno del 15 % del PIL in Lituania (14,8 %), Lettonia (14,7 %) e Romania (14,3 %).

L'effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà si è leggermente indebolito, in linea con la riduzione dell'effetto degli stabilizzatori automatici in una fase di espansione economica. Permangono però notevoli differenze tra gli Stati membri (figura 63). I trasferimenti sociali, pensioni escluse, hanno ridotto il rischio di povertà del 32,4 % nel 2017, rispetto al 33,2 % nel 2016, inserendosi in una tendenza contrassegnata da condizioni migliori del mercato del lavoro e, di conseguenza, da aumenti più dinamici dei redditi da lavoro, rispetto ai trasferimenti sociali. L'effetto di riduzione della povertà prodotto dai trasferimenti ha dimensioni molto diverse nei vari Stati membri, e molti paesi che presentano il rischio di povertà più elevato sono anche quelli in cui l'effetto dei trasferimenti sociali è più debole (Grecia, Romania, Italia, Bulgaria e Lettonia).

Figura 63: effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà (pensioni escluse) e variazione annua (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, SILC. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. I dati per IE e UK non erano disponibili al 26 ottobre 2018.

I lavoratori autonomi e atipici subiscono una maggiore incertezza economica e risentono di un accesso limitato alle misure di protezione sociale 93 . Nel 2017 i lavoratori autonomi non avevano accesso alla tutela in caso di disoccupazione in undici paesi, alla tutela obbligatoria in caso di malattia in tre paesi e alla tutela in caso di infortuni sul lavoro e lesioni lavorative in dieci paesi 94 . I lavoratori atipici hanno di solito pari diritti formali di inclusione nella maggior parte delle forme di previdenza sociale rispetto ai lavoratori con contratti standard, ma spesso questo discorso non vale per alcune categorie di lavoratori (ad esempio i lavoratori occasionali e stagionali, a chiamata, interinali, disciplinati da contratti di diritto civile o con contratti a zero ore sono spesso esclusi dall'iscrizione ai relativi regimi). In almeno ventiquattro Stati membri 95 sono stati individuati ostacoli (periodi minimi per acquisire un diritto, tempi di attesa, non trasferibilità dei diritti alla protezione sociale) che impediscono ai lavoratori atipici e a quelli autonomi di godere di una copertura efficace, intendendo con ciò la possibilità di maturare diritti adeguati ed esercitarli in caso di bisogno.

Rimane difficile mantenere e trasferire i diritti maturati a un altro regime in seguito alle transizioni professionali. Mentre il mondo del lavoro cambia, tali forme di flessibilità sono sempre più importanti e l'assenza di trasferibilità può compromettere il dinamismo del mercato del lavoro e l'incontro tra domanda e offerta di lavoro su tale mercato. Per i lavoratori che cambiano settore di attività o forma di occupazione l'assenza di norme rende difficili i trasferimenti in almeno quattro Stati membri; anche i costi estremamente elevati e la diversità delle regole tra i regimi sono stati identificati come ostacoli a tali transizioni in diversi Stati membri. Infine, la mancanza di informazioni trasparenti sui diritti in materia di sicurezza sociale impedisce alle persone di prendere decisioni informate in molti paesi. Anche se le informazioni di carattere generale sui regimi di protezione sociale sono disponibili in tutti gli Stati membri tranne cinque, le informazioni personalizzate sono disponibili solo in circa la metà (ad esempio, sono disponibili simulazioni del trattamento pensionistico in Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Polonia).

I regimi di reddito minimo dovrebbero associare un livello adeguato di sostegno e l'accesso a beni e servizi abilitanti e ad incentivi all'integrazione o alla reintegrazione nel mercato del lavoro di chi può lavorare, come sottolineato nel pilastro europeo dei diritti sociali. L'analisi comparativa delle caratteristiche concettuali specifiche dei regimi di reddito minimo e della loro interazione con l'erogazione di altre prestazioni e le misure di sostegno all'attivazione può fornire indicazioni utili sui loro risultati. L'analisi dei paragrafi seguenti si basa sull'esercizio di analisi comparativa delle prestazioni di reddito minimo svolto nel periodo 2017-2018 in sede di comitato per la protezione sociale 96 . Questo quadro di riferimento per l'analisi comparativa esamina le prestazioni di reddito minimo per la popolazione in età lavorativa abile al lavoro che non lavora e non ha diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, o non è ammissibile a fruirne o ne ha già usufruito nella misura consentita. 

L'adeguatezza delle prestazioni di reddito minimo varia in modo significativo tra gli Stati membri. L'adeguatezza delle prestazioni di reddito minimo può essere misurata mettendo a confronto il reddito dei beneficiari con la soglia nazionale di povertà (quale indicazione dell'effetto di riduzione della povertà dei regimi sotto esame) e con il reddito di un lavoratore a basso salario 97 (per avere un'indicazione della dimensione di attivazione e dei potenziali effetti disincentivanti dei regimi). Entrambi gli indicatori forniscono risultati simili per quanto riguarda l'adeguatezza del reddito minimo negli Stati membri nel 2016 98 (figura 64). Se si considerano i nuclei familiari composti da una sola persona, nel 2016 il più alto grado di adeguatezza si è registrato nei Paesi Bassi, in Irlanda, Danimarca e Lussemburgo. In questi Stati membri il livello delle prestazioni superava l'80 % della soglia di povertà nazionale (stabilita al 60 % del reddito disponibile equivalente mediano nazionale dopo i trasferimenti sociali). Nel caso particolare dei Paesi Bassi il livello delle prestazioni corrispondeva al 106 % della soglia di povertà, per cui i percettori in realtà non erano più in stato di povertà. Al limite inferiore, l'adeguatezza delle prestazioni di reddito minimo in Bulgaria, Romania, Ungheria, Slovacchia e Lituania si colloca al di sotto del 40 % della soglia di povertà, o a un terzo del reddito di un lavoratore a basso salario nel 2016.

Figura 64: reddito netto dei percettori del reddito minimo espresso come percentuale della soglia di povertà (media di tre anni) e del reddito di un lavoratore a basso salario (2016)

Fonte: Eurostat, OCSE. Nota: non sono disponibili informazioni per CY. Le informazioni su IT e EL non comprendono i regimi di reddito minimo introdotti recentemente nel 2017. Le informazioni più recenti disponibili sulle soglie di povertà in IE, HR e UK riguardano i redditi del 2015.

L'adeguatezza delle prestazioni di reddito minimo esercita effetti in particolare sul livello di povertà dei percettori. Lo scarto relativo dal rischio di povertà 99 per la popolazione in età lavorativa (16-64 anni) è diminuito marginalmente per la prima volta nel 2017, in linea con l'indicatore generale, ma rimane molto superiore ai livelli precedenti la crisi. Lo scarto è notevolmente più ampio nel caso delle persone di età da 18 a 59 anni che vivono in famiglie pressoché senza occupati (figura 65). I dati EU-SILC del 2016 mostrano che il livello di povertà più elevato si riscontrava tra le persone in famiglie (pressoché) senza occupati in Lituania, Bulgaria, Lettonia, Italia e Romania (oltre il 50 %). Al contrario lo scarto più ridotto è stato osservato in Finlandia, nei Paesi Bassi e in Irlanda (inferiore al 20 %). Lo scarto dalla povertà delle persone che vivono in famiglie pressoché senza occupati indica tendenzialmente carenze dell'adeguatezza e della copertura dei regimi previdenziali (come osservato anche nella relazione annuale 2018 del comitato per la protezione sociale).

Figura 65: scarto relativo dal rischio di povertà per le persone di età compresa tra 18 e 59 anni appartenenti a famiglie pressoché senza occupati (2016)

Fonte: Eurostat, SILC.

Tutti gli Stati membri ricorrono alla verifica della situazione economica e di altre condizioni di ammissibilità per i regimi di reddito minimo. Condizioni più rigide di ammissibilità comportano una copertura inferiore 100 e viceversa. La verifica della situazione economica è il metodo più comune per destinare gli interventi alle persone in stato di povertà 101 . La verifica della situazione economica generalmente valuta le risorse (redditi, patrimonio, beni immobili o mobili) di tutti i componenti del nucleo familiare e non solo dei richiedenti diretti. Nella maggior parte degli Stati membri la soglia applicata nella verifica della situazione economica è l'importo massimo della prestazione erogata (e il sostegno effettivo corrisponde alla differenza tra l'importo massimo della prestazione e il reddito personale o familiare), mentre diversi Stati membri detraggono anche parte delle retribuzioni: tale procedimento ha effetti positivi sulla copertura dei regimi e contribuisce a ridurre la povertà lavorativa. Anche altre condizioni di ammissibilità, come quelle relative alla residenza, incidono sulla copertura dei regimi (possono ridurre la copertura delle persone che si sono trasferite nell'ambito dello stesso paese o dei senzatetto).

I percettori di un reddito minimo hanno maggiori difficoltà ad accedere a vari servizi in natura. L'accesso ai servizi (misurato in termini di esigenze di cure mediche insoddisfatte, onerosità eccessiva dei costi abitativi e mancata partecipazione a formazione relativa all'attività professionale 102 ) è una componente essenziale delle strategie integrate di inclusione attiva. Nel 2016 l'accesso a tali servizi per le persone di età compresa tra 18 e 59 anni a rischio di povertà e che vivevano in famiglie pressoché senza occupati era in genere inferiore a quello di persone della stessa fascia di età non a rischio di povertà e che non vivevano in famiglie pressoché senza occupati. Esaminando i risultati per tutti i servizi, Finlandia, Ungheria e Regno Unito sono i soli Stati membri nei quali il divario nell'accesso ai servizi risulta inferiore alla media UE nel 2016 per tutti e tre i criteri. Al contrario, i divari nell'accesso risultano al di sopra della media UE in tutti e tre i settori esaminati in Grecia e Lettonia. In dettaglio, i maggiori divari nelle esigenze di cure mediche insoddisfatte sono riportati in Lettonia (14,8 punti percentuali) e Grecia (34,1 punti percentuali), mentre i divari più bassi riguardano Danimarca, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito (meno di 1 punto percentuale). Nell'ambito abitativo i maggiori divari nel tasso di onerosità eccessiva dei costi abitativi sono stati riscontrati in Danimarca, Grecia, Austria e Italia (oltre 50 punti percentuali), mentre quelli più ridotti riguardano Malta, Cipro, Irlanda e Finlandia (meno di 20 punti percentuali) 103 . Nell'ambito dell'istruzione degli adulti, nel 2016 Svezia e Danimarca hanno registrato divari negativi, riportando tassi di accesso migliori per le persone a rischio di povertà appartenenti a famiglie a bassissima intensità di lavoro, mentre a Malta e nel Regno Unito non vi era alcun divario. I divari di maggiore entità riguardavano Lettonia, Spagna e Lituania (oltre 16 punti percentuali).

L'accesso ad alloggi di buona qualità migliora dal 2008, ma in alcuni paesi una percentuale significativa della popolazione riferisce problemi di qualità abitativa. Nell'UE nel 2017 il 13,1 % della popolazione riferiva di abitare in un alloggio con infiltrazioni dal tetto, muri, pavimenti o fondazioni umidi o presenza di marciume negli infissi delle finestre o nel pavimento. Tale dato è inferiore di 2,3 punti percentuali a quello del 2016 104 . Tale componente del disagio abitativo 105 è di particolare rilievo in 5 Stati membri (Cipro, Portogallo, Ungheria, Lettonia e Slovenia), dove oltre il 20 % della popolazione riferisce problemi di qualità abitativa di questo tipo. Nel 2017 la Romania ha registrato un miglioramento notevole, con una diminuzione della parte di popolazione che riferisce di non disporre di una vasca da bagno, o di una doccia, né di un WC con scarico d'acqua nell'abitazione; il dato rimane tuttavia importante al 27,2 %. In Lettonia, Bulgaria e Lituania l'assenza di una vasca da bagno o di una doccia nell'alloggio e di un WC con scarico d'acqua interno per l'uso esclusivo della famiglia è un problema per circa il 10 % della popolazione.

La percentuale del reddito disponibile delle famiglie utilizzata per le spese abitative si mantiene elevata in diversi Stati membri. Una volta inclusi i costi abitativi risultano a rischio di povertà 156 milioni di persone, rispetto a 85 milioni se si escludono i costi abitativi. Si tratta di una condizione particolarmente onerosa per le famiglie a basso reddito. Nel 2017 il 10,2 % delle famiglie dell'UE ha speso oltre il 40 % del reddito disponibile per costi abitativi, ma tale quota aumenta al 37,8 % se si considerano le famiglie a rischio di povertà. Nonostante un lieve miglioramento rispetto agli anni precedenti, la Grecia continua a registrare il tasso più alto di onerosità eccessiva dei costi abitativi, pari al 39,6 % nel 2017. Bulgaria, Danimarca e Germania sono, dopo la Grecia, gli Stati membri con i tassi più elevati di popolazione che risente dell'onerosità eccessiva dei costi abitativi (oltre il 15 % della popolazione in ciascun paese). L'effetto è particolarmente evidente in Danimarca e Germania, dove la percentuale di persone a rischio di povertà è inferiore alla media UE se non si includono i costi abitativi, ma superiore alla media UE se questi vengono inclusi. Al contrario, in Estonia, Irlanda, Finlandia, Cipro e a Malta meno del 5 % della popolazione vive in nuclei familiari per i quali i costi abitativi sono eccessivamente onerosi. Nella maggior parte dei paesi i locatari che pagano affitti ai prezzi di mercato risentono dell'eccessiva onerosità dei costi abitativi in misura molto maggiore rispetto ai proprietari con un mutuo ipotecario o un altro prestito (la media UE è il 25,1 % per i locatari che pagano affitti ai prezzi di mercato, rispetto a circa il 5 % per i proprietari).

In alcuni Stati membri gli affitti in aumento rappresentano un aggravio crescente per i poveri. Nel 2016 in 7 paesi (Irlanda, Estonia, Lituania, Slovenia, Ungheria, Austria e Polonia) i canoni di affitto calcolati in termini reali sono aumentati di oltre il 5 % dal 2015. Gli affitti elevati possono aggravare il rischio di povertà o di esclusione sociale, in particolare in paesi quali Slovenia, Irlanda, Austria e Lituania, in cui il rischio di povertà cui sono esposti i locatari è significativamente maggiore rispetto a quello di chi possiede la propria abitazione. I dati nazionali potrebbero anche celare problematiche a livello di specifiche città.

La recente evoluzione del fenomeno dei senzatetto indica che la situazione non sta migliorando. Le stime del numero di senzatetto non sono confrontabili tra i vari paesi a causa della mancanza di fonti ufficiali e delle diverse metodologie per il conteggio delle persone in tale condizione. I dati disponibili consentono solo di monitorare l'evoluzione del problema nel tempo (utilizzando nella maggior parte dei casi il 2017 o il 2016 come anno più recente). Essi indicano tuttavia che il problema dei senzatetto è recentemente cresciuto in tutti i 25 Stati membri esaminati, tranne che in Finlandia, dove la situazione è migliorata 106 .

I redditi da pensione forniscono alle persone anziane una protezione relativa dal rischio di povertà. A livello di UE il tasso di rischio di povertà (AROP) per le persone anziane è inferiore a quello delle persone in età lavorativa (il 14,6 % rispetto al 16,7 % nel 2017). Nell'ultimo decennio questo rapporto si è invertito rispetto al periodo precedente la crisi, fenomeno che si spiega parzialmente con il fatto che la crisi ha ridotto i livelli di reddito medio reale disponibile delle famiglie, in particolare per quanto riguarda la popolazione in età lavorativa in quasi tutti i paesi europei, mentre le pensioni hanno mostrato maggiore resilienza. Anche la deprivazione materiale grave si è ridotta tra le persone anziane (dal 7,4 % del 2008 al 6,3 % nel 2017), indicando che la diminuzione della povertà e dell'esclusione sociale non era unicamente un effetto relativo.

Figura 66: percentuale della popolazione di età pari o superiore a 65 anni a rischio di povertà o di esclusione sociale rispetto alla media UE, 2017

Fonte: Eurostat, indagine EU-SILC. Note: i dati sono standardizzati (UE-28 = 0). I dati per IE e UK risalgono al 2016.

Il rischio di povertà e di esclusione sociale delle persone anziane è diminuito costantemente nella maggior parte degli Stati membri. Complessivamente, tra le persone di età pari o superiore ai 65 anni risultavano 148 000 persone in meno a rischio di povertà o di esclusione sociale nel 2017 rispetto ai livelli precedenti la crisi (2008). Tale miglioramento dell'indicatore principale cela però notevoli differenze tra gli Stati membri, con riduzioni sostanziali del rischio di povertà o di esclusione sociale delle persone anziane per Cipro (-24,7 punti percentuali dal 2008), Bulgaria (-16,6 punti percentuali), Romania (-16,2 punti) e Lettonia (-14,9 punti), controbilanciate da aumenti in Lussemburgo (+6,4 punti) e in Germania (+2,2 punti).

Desta tuttavia particolare preoccupazione la situazione delle donne anziane, in quanto una donna su cinque di età pari o superiore a 65 anni è a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE. Nel 2017 il tasso AROPE per le donne variava da circa il 10 % in Danimarca, Francia e nei Paesi Bassi a oltre il 50 % in Bulgaria e più del 40 % negli Stati baltici. Le differenze di genere più elevate del tasso AROPE si riscontrano in Lituania (19,9 punti percentuali) ed Estonia (19,7 punti percentuali), seguite da Lettonia (16,6 punti percentuali) e Bulgaria (16,2 punti percentuali). Le donne anziane hanno redditi inferiori a quelli degli uomini anziani: nel 2016 il reddito mediano delle donne anziane, confrontato a quello delle persone dello stesso sesso più giovani, era inferiore di 6 punti percentuali rispetto all'identico rapporto calcolato tra gli uomini nell'UE (90 % per le donne, 96 % per gli uomini). Quindi, non solo le donne hanno redditi inferiori durante la loro vita lavorativa, ma hanno anche un reddito inferiore una volta pensionate, fattore che contribuisce alle disparità di genere per quanto riguarda i redditi delle persone anziane.

In media nell'UE le persone di età pari o superiore ai 65 anni hanno redditi leggermente inferiori rispetto alle fasce di età più giovani. Nel 2017 il reddito disponibile mediano delle persone di età pari e superiore a 65 anni corrispondeva al 92 % del reddito della popolazione più giovane. Il rapporto tra redditi mediani relativi era complessivamente inferiore al 75 % in cinque paesi (Danimarca, Malta, Lituania, Lettonia ed Estonia) e inferiore all'80 % in altri quattro (Belgio, Svezia, Cipro e Cechia). Per contro, nel 2017 in nove Stati membri (Lussemburgo, Grecia, Francia, Spagna, Ungheria, Italia, Austria, Polonia e Romania) gli uomini anziani, e in due altri Stati membri (Lussemburgo e Grecia) le donne anziane, disponevano di un reddito mediano superiore a quello delle persone di età inferiore ai 65 anni.

Se in media le pensioni corrispondono ad oltre la metà del reddito da lavoro a fine carriera, la sostituzione del reddito effettuata dalle pensioni varia notevolmente da uno Stato membro all'altro. Nel 2017 il tasso di sostituzione aggregato 107 era in media il 59 % nell'UE, con notevoli differenze da un paese all'altro. Tale tasso variava da oltre l'80 % in Lussemburgo a meno del 40 % in Irlanda, Bulgaria e Croazia 108 .

In un contesto di crescente speranza di vita, è necessario adeguare le pensioni; le vite lavorative iniziano più tardi e diventano più lunghe, mentre le persone vivono in generale più a lungo. Oltre alla riduzione della povertà e alla sostituzione del reddito, il terzo aspetto pertinente dell'adeguatezza delle pensioni è la durata del pensionamento. Nell'UE il rapporto tra gli anni di pensione e quelli di lavoro si attesta attualmente in media al 51 % . La figura 67 presenta una panoramica degli anni medi di vita prima dell'attività lavorativa, durante l'attività lavorativa e in pensione negli Stati membri (in base a una stima dell'inizio della vita lavorativa/ingresso nel mercato del lavoro, a una stima dell'età media di uscita dal mercato del lavoro e alla speranza di vita a 60 anni).

Figura 67: anni di vita trascorsi in diverse condizioni di attività, 2017

Fonte: Ageing Report 2018 (Rapporto sull'invecchiamento 2018) per le età di ingresso nel mercato del lavoro e di uscita dallo stesso; Eurostat per le proiezioni della speranza di vita. Nota: "al lavoro" significa tra l'età di ingresso nel mercato del lavoro e l'età di uscita dallo stesso.

Le persone con lavori atipici o con un'attività autonoma spesso sono sfavorite in termini di accesso ai diritti pensionistici e di maturazione degli stessi rispetto a chi ha un contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. I dati dell'indagine SHARE 109 permettono di misurare l'impatto del lavoro autonomo sui redditi da pensione e sul tenore di vita, confrontando la situazione dei lavoratori autonomi in pensione 110 e quella dei lavoratori dipendenti in pensione nella maggior parte degli Stati membri 111 . I lavoratori autonomi in pensione riferiscono redditi inferiori rispetto ai lavoratori dipendenti in pensione in quasi tutti i paesi osservati. I divari più alti di reddito sono riscontrati in Lussemburgo, Danimarca e Francia e in nove paesi il divario supera il 20 %. Solo in Ungheria e in Estonia i lavoratori autonomi godono di redditi leggermente superiori rispetto ai lavoratori dipendenti in pensione (si veda la figura 68). Il divario di reddito, unitamente alla maggiore disparità di reddito 112 , comporta un rischio di povertà notevolmente superiore per i lavoratori autonomi in pensione, pari a circa il doppio del rischio medio dei lavoratori dipendenti in pensione. I lavoratori autonomi in pensione percepiscono pensioni inferiori rispetto a quelle dei lavoratori dipendenti in pensione in ogni paese osservato e, nonostante migliori rapporti tra patrimonio e reddito, sono maggiormente esposti a difficoltà finanziarie nella vecchiaia. L'indice di difficoltà finanziaria, che misura la difficoltà di far fronte alle spese su una scala da 1 a 4, si attesta in media su 2,3 per i lavoratori autonomi in pensione e su 2,1 per i lavoratori dipendenti in pensione negli Stati membri esaminati 113 .

Figura 68: differenza relativa di reddito mediano disponibile equivalente tra i lavoratori autonomi in pensione e i lavoratori dipendenti in pensione, 2017, %

Fonte: SHARE. Note: UE* non include IE, NL e UK. Le dimensioni del campione in BG, LV, LT, PT, RO, SI e SK non permettono di operare una distinzione tra i pensionati.

Figura 69: esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato (indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale)

Fonte: Eurostat, SILC. Periodo: livelli 2017 e variazioni annue rispetto al 2016. Nota: gli assi sono centrati sulla media UE non ponderata. La legenda figura nell'allegato. I dati per IE e UK non erano disponibili al 26 ottobre 2018.

Esistono indizi di convergenza nella quota della popolazione che dichiara esigenze percepite di cure mediche insoddisfatte 114 . Invertendo la tendenza precedente, è emersa una debole correlazione negativa tra il livello e le variazioni delle esigenze di cure mediche insoddisfatte; la tendenza più positiva si riscontra nei paesi in cui le esigenze insoddisfatte sono più elevate (si veda la figura 69). In alcuni Stati membri i costi e i tempi di attesa restano importanti ostacoli all'accessibilità dell'assistenza sanitaria. Nel 2017 è tuttavia mediamente diminuita, raggiungendo l'1,6 %, la proporzione della popolazione dell'UE che dichiara esigenze di cure mediche insoddisfatte a causa di costi troppo elevati, di tempi di attesa troppo lunghi o della distanza da percorrere. La percentuale di persone interessate era ancora superiore al 5 % in Estonia e Grecia (oltre il 10 %) e in Lettonia. Tra l'anno precedente e il 2017 sono stati registrati aumenti solo per Slovenia, Cipro e Slovacchia.

Anche la condizione in termini di attività può avere un ruolo importante nello spiegare i problemi di accesso alle cure mediche in alcuni paesi. Sebbene la maggior parte dei paesi non presenti differenze significative a seconda della condizione in termini di attività, in alcuni di essi i disoccupati (e in misura minore i pensionati) possono incontrare maggiori difficoltà di accesso all'assistenza sanitaria (si veda la figura 70). Anche nei paesi in cui le quote di popolazione con esigenze di cure mediche insoddisfatte sono inferiori alla media UE le cifre indicano che i disoccupati possono incontrare difficoltà di accesso all'assistenza medica (ad esempio Belgio, Francia, Italia e Ungheria).

Figura 70: esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato in base alla condizione in termini di attività (2016)

Fonte: Eurostat [hlth_silc_13].

Gli anni di vita in buona salute (all'età di 65 anni) sono ulteriormente aumentati nell'UE, passando a 9,8 anni per gli uomini e a 10,1 anni per le donne. Secondo previsioni, il numero di anni di vita in buona salute a 65 anni è più alto in Svezia, a Malta e in Irlanda (circa 12 anni per entrambi i sessi), mentre la speranza di vita in buona salute è particolarmente bassa in Lettonia, Slovacchia e Croazia (circa 5 anni).

L'assistenza sanitaria è finanziata attraverso diversi sistemi e l'importanza relativa di ciascuno di essi varia da uno Stato membro all'altro. Nel 2016 le spese non rimborsate 115 , vale a dire le spese delle famiglie per la sanità (compresi gli articoli medici) non rimborsate da nessun sistema o che costituiscono la compartecipazione alle spese in un regime strutturato, in percentuale sulle spese sanitarie correnti si situano al di sopra del 30 % in Bulgaria, Grecia, Cipro, Lettonia e Lituania.

Figura 71: spesa sanitaria per fonte di finanziamento, 2016

Fonte: Eurostat [hlth_sha11_hf]. Nota: i dati sono raccolti conformemente al regolamento (UE) 2015/359 della Commissione per quanto riguarda le statistiche sulla spesa per l'assistenza sanitaria e relativo finanziamento (manuale del sistema dei conti sanitari 2011).

La necessità di assistenza a lungo termine aumenta con l'invecchiamento della popolazione dell'UE. Nei prossimi sei decenni (da qui al 2070) raddoppierà il numero di cittadini europei di età superiore a 80 anni, e secondo previsioni l'indice di dipendenza degli anziani (il rapporto tra gli ultrasessantacinquenni e le persone di età compresa tra 15 e 64 anni) si impennerà dal 29,6 % nel 2016 al 51,2 % nel 2070 116 (l'UE passerebbe da 3,3 persone in età lavorativa per ogni ultrasessantacinquenne a sole 2). Il rischio di dipendenza è maggiore con l'aumento dell'età, quando è più probabile diventare fragili (il 60 % delle persone di età compresa tra i 75 e gli 84 anni e il 70 % delle persone di età pari o superiore agli 85 anni riferisce di avere una disabilità).

È previsto un aumento significativo della necessità di assistenza a lungo termine. L'assistenza a lungo termine è la spesa sociale che aumenta più rapidamente, se paragonata alla sanità e alle pensioni. Secondo le proiezioni, la spesa pubblica dell'UE per l'assistenza a lungo termine passerà dall'1,6 % al 2,7 % del PIL tra il 2016 e il 2070, con notevoli differenze tra gli Stati membri (si veda la figura 72).

Figura 72: spesa pubblica prevista per l'assistenza a lungo termine in percentuale sul PIL nel 2016 e 2070

Fonte: sulla base dei dati provenienti da Ageing Report 2018 (relazione sull'invecchiamento 2018). Nota: scenario di riferimento del gruppo di lavoro sugli effetti dell'invecchiamento della popolazione (AWG).

La sostenibilità dell'assistenza a lungo termine sarà problematica anche per gli Stati membri che ora ricorrono massicciamente all'assistenza informale. Il numero dei prestatori di assistenza informale si sta riducendo a causa dell'evoluzione dei modelli familiari (minor numero di figli, familiari che vivono più distanti gli uni dagli altri), dell'aumento dell'occupazione femminile e dell'innalzamento dell'età di pensionamento. L'assistenza informale comporta anche costi notevoli per l'economia: i prestatori di assistenza informale lavorano di meno in termini di occupazione ufficiale o escono dal mondo del lavoro e di conseguenza le imposte e i contributi versati sono ridotti o azzerati. È problematico anche assumere personale per l'assistenza e assicurarne la permanenza in servizio. Il settore risente della preponderanza del lavoro a tempo parziale e di contratti a tempo determinato, che lo rendono meno interessante.

3.4.2    Risposta strategica

Le riforme nei diversi Stati membri mirano a rafforzare l'approccio di inclusione attiva. Alcuni Stati membri stanno migliorando la prestazione integrata di servizi (come l'assistenza sociale, servizi per l'impiego e altri servizi sociali), in particolare adottando un approccio centrato sulla persona per rispondere alle complesse esigenze delle persone più vulnerabili. In Bulgaria è in corso la realizzazione di centri per l'impiego e per l'assistenza sociale che offrono servizi integrati e mobili 117 . Nel febbraio 2018 erano attivi 73 centri 118 di questo tipo, istituiti con il sostegno del FSE, che fornivano servizi per l'impiego e di assistenza sociale. A partire dal 2018 i centri offrono contratti di inserimento lavorativo per i disoccupati di lungo periodo, che sono messi in contatto con servizi specifici per l'impiego e indirizzati verso i servizi forniti da altre istituzioni. In Irlanda il piano d'azione per le famiglie disoccupate estende i servizi di attivazione alle persone che non lavorano, ma che non sono tradizionalmente definite disoccupate. L'obiettivo è in particolare migliorare i tassi di occupazione delle famiglie con bambini, che si tratti delle famiglie nucleari classiche, delle famiglie monoparentali o di persone con disabilità. In Finlandia gli sportelli unici di orientamento per la gioventù ("Ohjaamo"), originariamente operanti con finanziamenti del FSE, sono stati resi permanenti e ampliati con una rete di assistenza psicosociale. In Grecia i centri comunitari, che fungono da sportello unico per i servizi sociali a livello comunale, hanno iniziato ad aprire nel 2017. Tali centri collaborano all'attuazione del sistema di reddito sociale di solidarietà (SSI), che mette i beneficiari in contatto con servizi sociali complementari. Fino a febbraio 2018 erano entrati in funzione 203 dei 240 centri previsti. Inoltre sempre più comuni in tutta l'UE forniscono servizi sociali integrati, incentrati sulle complesse esigenze dei gruppi vulnerabili (ne sono esempi gli sportelli unici ad Atene o i servizi di promozione della salute a Essen). Si tratta di attività che ricevono sostegno dal FSE.

La modernizzazione e il miglioramento dell'adeguatezza di alcune prestazioni proseguono in diversi Stati membri, sebbene in alcuni casi si siano verificati ritardi. In Lituania l'integrazione statale al reddito e le prestazioni familiari sono aumentati nel 2018. In Bulgaria nel 2018 il reddito minimo è stato aumentato del 15 %, dopo un blocco durato 9 anni. Nel solco del piano pluriennale per la lotta alla povertà stabilito nel 2013, in Francia il reddito minimo (Revenu de solidarité active – RSA socle) è aumentato dell'1,6 % a settembre 2017, con un ulteriore aumento dell'1 % ad aprile 2018. Tali aumenti, i più recenti di una serie, hanno consentito di incrementare il reddito minimo in relazione all'inflazione e sono integrati da una nuova attenzione per l'attivazione dei beneficiari ("Garantie d'activité") nell'ambito del piano di lotta alla povertà annunciato di recente. Tuttavia in Romania il previsto consolidamento delle prestazioni sociali esistenti è stato rinviato al aprile 2019, mentre in Croazia la nuova legge sul benessere sociale comincerà ad applicarsi dal dicembre 2019. Il piano di miglioramento del reddito minimo elaborato dalla Lettonia (presentato nel maggio 2018 e che dovrebbe entrare in vigore nel 2020) non è stato ancora adottato dal governo. In Lussemburgo, un disegno di legge intende ristrutturare il meccanismo del reddito minimo garantito al fine di ridurre i forti disincentivi all'attività insiti nel meccanismo attuale e di affrontare problemi quali l'eccessiva onerosità dei costi abitativi e il reddito insufficiente delle famiglie monoparentali.

La copertura della protezione sociale cresce in vari Stati membri. Il Belgio ha adottato una legge che elimina le restrizioni all'accesso ai regimi pensionistici aziendali a favore dei giovani e dei lavoratori con contratti a breve termine. Altri paesi intendono adottare misure o hanno già preso provvedimenti a favore dei lavoratori autonomi o dei titolari di piccole imprese. Tra questi, la riduzione dei contributi al di sotto di una certa soglia (Lettonia, Polonia), l'inclusione dei lavoratori autonomi nel regime di disoccupazione (Francia) o la possibilità di estendere ai lavoratori autonomi l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro tramite una carta sociale delle piattaforme online (Francia, si veda anche il punto 3.3.2).

Le misure contro la disparità di reddito e la povertà lavorativa riguardano sia l'impostazione della fiscalità che l'adeguatezza delle prestazioni. Oltre alla determinazione del salario minimo, una serie di politiche volte a ridurre le disparità legate al regime fiscale e previdenziale può contribuire ad alleviare la povertà lavorativa. In Lituania a giugno 2018 è stata adottata una riforma del regime dell'imposta sui redditi ad aliquota fissa, con l'introduzione di una struttura progressiva a due scaglioni che dovrebbe contribuire a ridurre la disparità di reddito. In Lettonia l'introduzione di un'imposta progressiva sul reddito delle persone fisiche è accompagnata da esenzioni dall'imposta sul reddito delle persone fisiche se vi sono persone a carico. Un progetto della Cechia per riformare l'imposta sul reddito delle persone fisiche dovrebbe aumentarne la progressività, in particolare istituendo una nuova aliquota d'imposta del 23 % per i redditi più elevati.

Alcuni Stati membri hanno adottato misure specificamente mirate alla lotta contro la povertà infantile. In Spagna il bilancio nazionale per il 2018 stanzia 100 milioni di EUR per combattere la povertà estrema, in particolare delle famiglie con minori. La legge lituana sulle prestazioni familiari introduce un sistema universale di prestazioni per i figli a carico. Inoltre sarà versata un'indennità per i minori alle famiglie con tre o più figli, anche in affidamento, indipendentemente dal reddito familiare. In Lettonia è stata introdotta un'integrazione all'indennità statale per le famiglie con due o più figli. La Grecia ha riformato il sistema delle prestazioni per i minori, sostituendo i due versamenti precedenti (cosiddetti "prestazione unificata per i minori" e "indennità per famiglie numerose") con una sola indennità per i minori in relazione alla condizione economica. Questa riforma era intesa a indirizzare meglio gli interventi e aumentare l'equità tra i minori percettori del sostegno.

Sono state adottate misure di inclusione sociale per le persone con disabilità al fine di integrare le politiche occupazionali e prevenire le sofferenze causate dalla povertà. Al fine di migliorare l'efficienza e garantire che tutti percepiscano le prestazioni cui hanno diritto, la Spagna ha attuato una fase sperimentale della carta sociale universale, che consente di raccogliere in un'unica sede le informazioni in merito a tutte le prestazioni erogate ad una persona e di indicare a quali altre forme di sostegno possa avere diritto. Nel 2018 in Estonia è stata aumentata la prestazione per ridotta capacità lavorativa, destinata a persone che non sono in grado di lavorare o le cui capacità sono limitate. Nel 2017 Malta ha attuato un'ulteriore riforma delle pensioni di invalidità: è stato introdotto un sistema di pagamento a tre livelli e le persone non in grado di lavorare per disabilità percepiranno importi mensili in continuo aumento fino a quando la pensione non raggiunga l'equivalente del salario minimo. Una legge del governo polacco del 2016 prevede una sovvenzione di 4 000 PLN (circa 940 EUR) per i genitori di un figlio con gravi disabilità nel primo anno di vita. In Portogallo nel 2017 è stato adottato un nuovo modello di sostegno alla vita autonoma, finanziato dal FSE, in base a cui ogni persona con un punteggio di disabilità di almeno il 60 % ha diritto a 40 ore settimanali di sostegno da parte di un addetto all'assistenza dedicato che lo aiuti nella cura personale, per l'assistenza sanitaria, l'alimentazione, i viaggi, l'istruzione superiore, la formazione professionale, le attività culturali, gli sport, la ricerca di lavoro, la partecipazione alla società e le attività legate alla cittadinanza. Inoltre nel 2017 il governo portoghese ha riunito tre prestazioni di invalidità – l'assegno di invalidità, la pensione di invalidità sociale e la pensione di invalidità – in uno solo, ossia la prestazione sociale per l'inclusione. La Romania ha cominciato a utilizzare l'indicatore di riferimento sociale per calcolare le prestazioni di invalidità, anziché l'indice dei prezzi al consumo; ciò ha determinato un aumento delle prestazioni per gli adulti con disabilità.

Vari Stati membri hanno intrapreso riforme in materia di accesso all'alloggio. La Danimarca ha adottato un piano d'azione per combattere il fenomeno dei senzatetto, basato sul rafforzamento delle misure preventive e sul miglioramento dell'orientamento per sottrarsi a tale condizione. La Grecia ha introdotto una nuova indennità di alloggio, soggetta a verifica della situazione economica, destinata alle famiglie a basso reddito che vivono in affitto e a quelle che pagano un mutuo. La Spagna ha adottato un piano nazionale che prevede l'erogazione di aiuti alle famiglie a basso reddito per pagare l'affitto e prevenire lo sfratto, l'assistenza finanziaria ai giovani che acquistano una casa in zone scarsamente popolate e aiuti per la ristrutturazione dell'alloggio ai gruppi particolarmente vulnerabili. Il governo svedese ha stanziato fondi supplementari per sostenere le organizzazioni senza scopo di lucro nella lotta al fenomeno dei senzatetto tra i giovani adulti.

Nella dinamica delle riforme pensionistiche l'attenzione si sposta verso il problema dell'adeguatezza. Anche se le misure per migliorare la sostenibilità finanziaria sono ancora prioritarie nei programmi di molti Stati Membri nel settore delle pensioni, questo processo è stato integrato da provvedimenti volti a ricalibrare la composizione dei regimi pensionistici in modo da affrontare alcuni dei principali problemi del mercato del lavoro e dei regimi pensionistici: salvaguardare l'adeguatezza delle pensioni, conciliare il lavoro e il pensionamento e adattare i diritti alla pensione alle specifiche categorie di lavoratori.

Alcuni Stati membri continuano a puntare sul riequilibrio tra durata della pensione e speranza di vita. Ad esempio, la riforma del 2017 in Cechia ha limitato l'attuale aumento dell'età pensionabile a 65 anni, da raggiungere nel 2030, collegandolo successivamente alla speranza di vita, sebbene siano necessarie altre misure legislative per rendere effettivo il collegamento. Altri paesi stanno introducendo ulteriori requisiti di durata delle carriere. In Lituania, ad esempio, la durata del periodo contributivo aumenterà gradualmente, passando da 30 anni nel 2017 a 35 anni entro il 2027. Al contrario, da ottobre 2017 la Polonia ha riabbassato l'età del pensionamento, che è differenziata per gli uomini e le donne (rispettivamente 65 e 60 anni). Ciò ha causato un netto aumento delle domande di pensionamento; le pensioni attribuite negli ultimi tempi alle donne sono in media molto inferiori a quelle degli uomini 119 .

Un maggior numero di misure di riforma delle pensioni mira a ridurre la povertà (ad esempio, garanzie minime) e a migliorare il mantenimento del reddito (ad esempio, indicizzazione favorevole e rafforzamento del ruolo delle pensioni complementari). Lettonia, Malta e Romania hanno aumentato i minimi non imponibili, misura che dovrebbe arrecare vantaggi ai percettori delle pensioni più basse. Le pensioni minime sono state aumentate in Bulgaria, Polonia e Romania, dove nel 2017 è stato accordato un notevole incremento del 30 %. Sono state introdotte altre misure, quali garanzie supplementari per i pensionati con carriere lunghe; ad esempio, nel 2017 l'Austria ha innalzato la pensione minima da 883 EUR a 1 000 EUR al mese per le persone con almeno 30 anni di contributi 120 .

Incrementare l'efficacia dell'assistenza sanitaria migliorando il coordinamento e rafforzando il ruolo dell'assistenza primaria è diventato un principio guida in diversi Stati membri. In Estonia gli attuali piani per i centri sanitari e le reti ospedaliere mirano a creare squadre multidisciplinari, ridefinire il ruolo dei medici di famiglia nei confronti degli specialisti e migliorare la formazione. L'Irlanda sta intensificando gli investimenti di capitale con la creazione, tra l'altro, di centri di cure primarie in tutto il paese. Nell'autunno 2018 la Bulgaria e la Francia hanno presentato proposte di riforme fondamentali del sistema sanitario, comprese cure ospedaliere più efficienti e una migliore integrazione dell'assistenza. In Slovacchia continuano gli sforzi volti a rafforzare il debole ruolo di filtro dei medici di base e a evitare inutili rinvii agli specialisti. In Lettonia è in corso la trasformazione degli ambulatori medici di base in centri sanitari più grandi con équipe comprendenti 3-6 medici di famiglia, almeno due infermieri ed eventualmente alcuni specialisti, mentre continuano le riforme per riconfigurare i servizi ai pazienti ricoverati negli ospedali. In Croazia l'integrazione funzionale degli ospedali (ancora in fase pilota) e il miglioramento delle cure primarie dovrebbero migliorare la qualità dei servizi, permettere risparmi e apportare stabilità finanziaria, nonché aumentare il livello di sicurezza e soddisfazione dei pazienti. In Austria entro il 2021 saranno aperti 75 centri con équipe multi-professionali.

Sono in fase di adozione misure per migliorare la formazione e le condizioni di lavoro degli operatori sanitari. In Italia sono state integrate le competenze dei medici di base, degli specialisti e degli infermieri in modo da prestare assistenza di prossimità. Anche l'Ungheria e la Svezia attribuiscono un ruolo importante all'aumento dell'offerta di competenze nel settore sanitario e al miglioramento delle condizioni di lavoro e dei salari. In Romania dal 1° marzo 2018 le retribuzioni lorde di medici e infermieri sono state aumentate notevolmente (in misura compresa tra il 70 % e il 172 %). In Lettonia il governo prevede di aumentare considerevolmente (quasi triplicandoli) i salari degli operatori sanitari entro il 2023. In Lettonia, Polonia, Portogallo e Romania sono in corso di realizzazione misure di sostegno per incentivare il personale medico e infermieristico a lavorare in zone periurbane o rurali.

Le misure specifiche per migliorare l'accesso all'assistenza sanitaria comprendono la riduzione delle spese non rimborsate, e in particolare delle quote a carico del paziente, in alcuni Stati membri. Un esempio è costituito da Cipro, che nel 2017 ha adottato una riforma importante per fornire entro il 2020 anche l'accesso universale all'assistenza sanitaria. In Estonia il rimborso complementare delle spese per i farmaci soggetti a prescrizione medica è stato ampliato a partire dal 2018. In Lituania nel 2017 è stata adottata una serie di misure per ridurre le spese non rimborsate per i farmaci e aumentare la trasparenza della politica farmaceutica. Tra le misure figurano la riduzione dell'IVA sui farmaci costosi e l'imposizione di limiti sulla differenza tra i prezzi ai quali i medicinali vengono venduti nelle farmacie e i loro prezzi di riferimento, la promozione dei farmaci generici e l'utilizzo razionale dei medicinali.

Alcuni Stati membri intendono adottare un approccio complessivo all'assistenza a lungo termine. La Bulgaria ha adottato un piano d'azione per attuare la strategia nazionale per l'assistenza a lungo termine, che include il rafforzamento del quadro istituzionale per l'erogazione e lo sviluppo di servizi sociali integrati. La Polonia ha elaborato una politica sociale per gli anziani non autosufficienti, basata su un sistema di sostegno per i prestatori di assistenza informale, erogato dalle istituzioni pubbliche, e su una rete di servizi di comunità e istituzionali.

Per accrescere il numero dei prestatori di assistenza gli Stati membri propongono diverse opzioni. La Cechia ha adottato un congedo speciale (pagato fino a tre mesi) per chi presta assistenza informale a familiari non autosufficienti. L'Estonia concede fino a 5 giorni supplementari di congedo retribuito all'anno, destinati ai prestatori di assistenza occupati (parenti, coniugi, partner registrati o badanti). In Germania è in corso una riforma dell'istruzione e della formazione degli infermieri che mira a uniformare il programma di studi e la formazione di carattere infermieristico nell'assistenza sanitaria, nelle cure pediatriche e nell'assistenza a lungo termine, nonché di ridurre la carenza di forza lavoro.



ALLEGATI

Allegato 1. Livelli degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" indica le medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" le medie non ponderate della zona euro.

Indicazioni convenzionali: b = interruzioni nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).



Allegato 1 (segue). Livelli degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

Fonte: Eurostat, OCSE.

Nota: "UEnp" indica le medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" le medie non ponderate della zona euro. Il reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite è misurato utilizzando il "reddito non corretto" (vale a dire senza tenere conto dei trasferimenti sociali in natura) e senza adeguamenti per tenere conto degli standard di potere d'acquisto. L'indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single che percepisce il salario medio" dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM) ), del monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM) e del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework - JAF). Per questo indicatore si utilizzano medie su 3 anni per eliminare le fluttuazioni a breve termine.

Indicazioni convenzionali: b = interruzioni nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni).

Allegato 1 (segue). Livelli degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" indica le medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" le medie non ponderate della zona euro.

Indicazioni convenzionali: b = interruzioni nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni)



Allegato 2. Variazioni degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale e scarto dalla media UE

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" indica le medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" le medie non ponderate della zona euro. Al 26 ottobre 2018 non erano disponibili stime statisticamente significative delle variazioni degli indicatori basati sull'indagine sulle forze di lavoro e su SILC.    

Indicazioni convenzionali: b = interruzioni nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni)



Allegato 2 (segue). Variazioni degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale e scarto dalla media UE

Fonte: Eurostat, OCSE.

Nota: "UEnp" indica le medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" le medie non ponderate della zona euro. Il reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite è misurato utilizzando il "reddito non corretto" (vale a dire senza tenere conto dei trasferimenti sociali in natura) e senza adeguamenti per tenere conto degli standard di potere d'acquisto. L'indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single che percepisce il salario medio" dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM) ), del monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM) e del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework - JAF). Per questo indicatore lo scarto dalla media UE è espresso in standard di potere d'acquisto (SPA) mentre le variazioni sono espresse in termini reali in valuta nazionale; si utilizzano medie su 3 anni sia per i livelli che per le variazioni per eliminare le fluttuazioni a breve termine. Al 26 ottobre 2018 non erano disponibili stime statisticamente significative delle variazioni degli indicatori basati sull'indagine sulle forze di lavoro e su SILC.    

Indicazioni convenzionali: b = interruzioni nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni)



Allegato 2 (segue). Variazioni degli indicatori principali del quadro di valutazione della situazione sociale e scarto dalla media UE

Fonte: Eurostat.

Nota: "UEnp" indica le medie non ponderate dell'UE e "ZEnp" le medie non ponderate della zona euro.

Indicazioni convenzionali: b = interruzioni nelle serie temporali; e = stima; p = provvisorio; u = scarsa affidabilità (basso numero di osservazioni) Al 26 ottobre 2018 non erano disponibili stime statisticamente significative delle variazioni degli indicatori basati sull'indagine sulle forze di lavoro e su SILC.    



Allegato 3. Nota metodologica sull'individuazione di tendenze e livelli nel quadro di valutazione

A metà del 2015 la Commissione europea, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale hanno concordato una metodologia per valutare i risultati ottenuti dagli Stati membri nel quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali chiave. L'accordo prevedeva che la metodologia fosse volta a fornire, per ogni indicatore, una misura della posizione relativa di ogni Stato membro nella distribuzione dei valori degli indicatori (punteggi) dell'UE. La metodologia si applica sia ai livelli annui (livelli) sia alle variazioni annue (variazioni) onde consentire una valutazione complessiva dei risultati ottenuti dagli Stati membri 121 .

Nel 2017 la Commissione, di concerto con il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale, ha deciso di applicare la metodologia al quadro di valutazione della situazione sociale che accompagna il pilastro europeo dei diritti sociali.

Per ogni indicatore, i livelli e le variazioni sono convertiti in punteggi standard (anche noti come punteggi z), che permettono di applicare la stessa metrica a tutti gli indicatori. A tal fine vengono standardizzati i dati grezzi sia dei livelli che delle variazioni secondo la formula:

Sono poi analizzate le distribuzioni dei punteggi (separatamente per i livelli e per le variazioni). Questo approccio consente di esprimere per ogni Stato membro il valore grezzo dell'indicatore in termini di numero di deviazioni standard rispetto alla media (non ponderata). Si valutano e classificano quindi i risultati di ciascuno Stato membro in base ai risultati dei punteggi z rispetto ad una serie di soglie predefinite, fissate come multipli della deviazione standard.

In questo approccio la questione più importante è la fissazione dei valori di soglia. Poiché non si possono formulare ipotesi parametriche sulla distribuzione dei dati grezzi osservati per gli indicatori occupazionali 122 , le soglie sono generalmente selezionate secondo una regola empirica. In base all'analisi degli indicatori chiave utilizzati nel quadro di valutazione, si è convenuto di valutare:

1.qualsiasi punteggio inferiore a -1 come un risultato ottimo;

2.qualsiasi punteggio compreso tra -1 e -0,5 come un risultato buono;

3.qualsiasi punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 come un risultato neutro;

4.qualsiasi punteggio compreso tra 0,5 e 1 come un risultato scarso;

5.qualsiasi punteggio superiore a 1 come un risultato pessimo 123 .

Tabella4: valori di soglia per i punteggi z

 

valori di soglia per i punteggi z

-1,0

-0,5

0

0,5

1,0

(inferiore a)

(inferiore a)

(compreso tra)

(superiore a)

(superiore a)

Valutazione

Livelli

Molto basso

Basso

Nella media

Alto

Molto alto

 

 

Variazioni

Molto inferiore alla media

Inferiore alla media

Nella media

Superiore alla media

Molto superiore alla media



Associando la valutazione dei livelli e delle variazioni è quindi possibile classificare i risultati complessivi di un paese in base a ogni indicatore in una delle sette categorie a seguire. Il codice cromatico è rispettato nelle cifre corrispondenti nel corpo della relazione.

Le tabelle che seguono presentano la classificazione basata sul punteggio z per quegli indicatori il cui valore basso viene valutato come risultato buono (ad esempio tasso di disoccupazione, AROPE, ecc.).

Risultati migliori

punteggio inferiore a -1,0 nei livelli e a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto superiori alla media dell'UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Superiori alla media

punteggio compreso tra -1,0 e -0,5 nei livelli e inferiore a 1 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli superiori alla media dell'UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Buoni ma da monitorare

punteggio inferiore a -0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni, e con una variazione superiore a zero 124

Stati membri con livelli superiori o molto superiori alla media dell'UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Nella media/neutri

punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e tra -1,0 e 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli nella media e la cui situazione non sta migliorando né peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Modesti ma in miglioramento

punteggio superiore a 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli peggiori o molto peggiori rispetto alla media dell'UE ma la cui situazione sta migliorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Da tenere sotto osservazione

punteggio compreso tra 0,5 e 1,0 nei livelli e superiore a -1,0 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni (e che presenta una variazione superiore a zero 125 )

Questa categoria raggruppa due casi differenti: i) Stati membri con livelli peggiori rispetto alla media dell'UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente; ii) Stati membri con livelli in linea con la media dell'UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Situazioni critiche

punteggio superiore a 1,0 nei livelli e a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto peggiori rispetto alla media dell'UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente

Le tabelle che seguono presentano la classificazione basata sul punteggio z per quegli indicatori il cui valore alto viene valutato come risultato buono (ad esempio tasso di occupazione, partecipazione alla cura dell'infanzia, ecc.).

Risultati migliori

punteggio superiore a 1,0 nei livelli e a -1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto superiori alla media dell'UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Superiori alla media

punteggio compreso tra 1,0 e 0,5 nei livelli e superiore a -1,0 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli superiori alla media dell'UE e la cui situazione è in miglioramento o non sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Buoni ma da monitorare

punteggio superiore a 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni e con una variazione inferiore a zero 126

Stati membri con livelli superiori o molto superiori alla media dell'UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Nella media/neutri

punteggio compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e tra -1,0 e 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli nella media e la cui situazione non sta migliorando né peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Modesti ma in miglioramento

punteggio inferiore a -0,5 nei livelli e superiore a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli peggiori o molto peggiori rispetto alla media dell'UE ma la cui situazione sta migliorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Da tenere sotto osservazione

punteggio compreso tra -0,5 e -1,0 nei livelli e inferiore a 1,0 nelle variazioni o compreso tra -0,5 e 0,5 nei livelli e inferiore a -1,0 nelle variazioni (e che presenta una variazione inferiore a zero 127 )

Questa categoria raggruppa due casi differenti: i) Stati membri con livelli peggiori rispetto alla media dell'UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente; ii) Stati membri con livelli in linea con la media dell'UE ma la cui situazione sta peggiorando molto più rapidamente rispetto alla media dell'UE

Situazioni critiche

punteggio inferiore a 1,0 nei livelli e a 1,0 nelle variazioni

Stati membri con livelli molto peggiori rispetto alla media dell'UE e la cui situazione sta peggiorando o non sta migliorando abbastanza rapidamente

Tabella di sintesi dei valori di soglia

Molto basso

Basso

Nella media

Alto

Molto alto

Abbandono precoce di istruzione e formazione

(% della popolazione nella fascia di età 18-24 anni)

Livelli

inferiore a 5,4 %

inferiore a 7,4 %

compreso tra 7,4 % e 11,4 %

superiore a 11,4 %

superiore a 13,4 %

Variazioni

inferiore a -1,0 punti percentuali

inferiore a -0,5 punti percentuali

compresa tra -0,5 e 0,4 punti percentuali

superiore a 0,4 punti percentuali

superiore a 0,8 punti percentuali

Divario di genere nei livelli di occupazione (punti percentuali)

Livelli

inferiore a 5,2 punti percentuali

inferiore a 7,8 punti percentuali

compreso tra 7,8 e 13,2 punti percentuali

superiore a 13,2 punti percentuali

superiore a 15,9 punti percentuali

Variazioni

inferiore a -1,0 punto percentuale

inferiore a -0,5 punti percentuali

compresa tra -0,5 e 0,4 punti percentuali

superiore a 0,4 punti percentuali

superiore a 0,9 punti percentuali

Rapporto tra quintili di reddito (S80/S20)

Livelli

inferiore a 3,7

inferiore a 4,3

compreso tra 4,3 e 5,6

superiore a 5,6

superiore a 6,2

Variazioni

inferiore a -0,3

inferiore a -0,2

compresa tra -0,2 e 0,0

superiore a 0,0

superiore a 0,2

Rischio di povertà o di esclusione sociale (%)

Livelli

inferiore a 16,1 %

inferiore a 19,5 %

compreso tra 19,5 % e 26,3 %

superiore a 26,3 %

superiore a 29,7 %

Variazioni

inferiore a -1,9 punti percentuali

inferiore a -1,4 punti percentuali

compresa tra -1,4 e 0,5 punti percentuali

superiore a -0,5 punti percentuali

superiore a 0,0 punti percentuali

Giovani NEET (% della popolazione nella fascia di età 15-24 anni)

Livelli

inferiore a 6,5 %

inferiore a 8,4 %

compreso tra 8,4 % e 12,3 %

superiore a 12,3 %

superiore a 14,2 %

Variazioni

inferiore a -1,5 punti percentuali

inferiore a -1,1 punti percentuali

compresa tra -1,1 e 0,2 punti percentuali

superiore a -0,2 punti percentuali

superiore a 0,2 punti percentuali

Tasso di occupazione (% della popolazione nella fascia di età 20-64 anni)

Livelli

inferiore a 67,0 %

inferiore a 69,8 %

compreso tra 69,8 % e 75,3 %

superiore a 75,3 %

superiore a 78,0 %

Variazioni

inferiore a 0,5 punti percentuali

inferiore a 1,0 punti percentuali

compresa tra 1,0 e 1,9 punti percentuali

superiore a 1,9 punti percentuali

superiore a 2,4 punti percentuali

Tasso di disoccupazione (% della popolazione nella fascia di età 15-74 anni)

Livelli

inferiore a 3,6 %

inferiore a 5,6 %

compreso tra 5,6 % e 9,6 %

superiore a 9,6 %

superiore a 11,7 %

Variazioni

inferiore a -1,7 punti percentuali

inferiore a -1,4 punti percentuali

compresa tra -1,4 e 0,8 punti percentuali

superiore a -0,8 punti percentuali

superiore a -0,4 punti percentuali

Tasso di disoccupazione di lunga durata (% della popolazione attiva nella fascia di età 15-74 anni)

Livelli

inferiore a 0,5 %

inferiore a 1,9 %

compreso tra 1,9 % e 4,8 %

superiore a 4,8 %

superiore a 6,3 %

Variazioni

inferiore a -1,3 punti percentuali

inferiore a -1,0 punto percentuale

compresa tra -1,0 e -0,4 punti percentuali

superiore a -0,4 punti percentuali

superiore a -0,1 punti percentuali

Reddito lordo reale disponibile delle famiglie pro capite (2008 = 100)

Livelli

inferiore a 90,7

inferiore a 97,1

compreso tra 97,1 % e 110,0

superiore a 110,0

superiore a 116,4

Variazioni

inferiore a 0,0 punti percentuali

inferiore a 1,6 punti percentuali

compresa tra 1,6 e 4,8 punti percentuali

superiore a 4,8 punti percentuali

superiore a 6,3 punti percentuali

Reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single che percepisce il salario medio (livelli in SPA, variazioni in valuta nazionale in termini reali)

Livelli

inferiore a 12 559

inferiore a 16 115

compreso tra 16 115 e 23 228

superiore a 23 228

superiore a 26 784

Variazioni

inferiore a -0,1 %

inferiore a 1,2 %

compresa tra 1,2 % e 3,9 %

superiore a 3,9 %

superiore a 5,2 %

Effetto dei trasferimenti sociali sulla riduzione della povertà (pensioni escluse) (%)

Livelli

inferiore a 22,0 %

inferiore a 27,7 %

compreso tra 27,7 % e 39,2 %

superiore a 39,2 %

superiore a 44,2 %

Variazioni

inferiore a -3,1 punti percentuali

inferiore a -1,5 punti percentuali

compresa tra -1,5 e 1,9 punti percentuali

superiore a 1,9 punti percentuali

superiore a 3,5 punti percentuali

Bambini di età inferiore a 3 anni inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia (%)

Livelli

inferiore a 12,8 %

inferiore a 21,4 %

compreso tra 21,4 % e 38,4 %

superiore a 38,4 %

superiore a 46,9 %

Variazioni

inferiore a -3,6 punti percentuali

inferiore a -0,9 punti percentuali

compresa tra -0,9 e 4,6 punti percentuali

superiore a 4,6 punti percentuali

superiore a 7,4 punti percentuali

Esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato (%)

Livelli

inferiore a 0,4 %

inferiore a 1,0 %

compreso tra 1,0 % e 3,9 %

superiore a 3,9 %

superiore a 5,4 %

Variazioni

inferiore a -2,2 punti percentuali

inferiore a -1,5 punti percentuali

compresa tra -1,5 e 0,0 punti percentuali

superiore a 0,0 punti percentuali

superiore a 0,7 punti percentuali

Persone con competenze digitali complessive di base o superiori (% della popolazione nella fascia di età 16-74 anni)

Livelli

inferiore a 43,4 %

inferiore a 50,4 %

compreso tra 50,4 % e 64,3 %

superiore a 64,3 %

superiore a 71,3 %

Variazioni

inferiore a -3,0 punti percentuali

inferiore a -0,9 punti percentuali

compresa tra -0,9 e 3,5 punti percentuali

superiore a 3,5 punti percentuali

superiore a 5,6 punti percentuali

Allegato 4: sintesi delle "tendenze occupazionali da tenere sotto osservazione" e numero di Stati membri che registrano un peggioramento o miglioramento, identificati dal monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM) 2018.

Nota: variazioni 2016-2017, ad eccezione del tasso di rischio di povertà dei disoccupati, della trappola della disoccupazione e del divario retributivo di genere per i quali le variazioni si riferiscono al periodo 2015-2016.



Allegato 5: sintesi delle "tendenze sociali da tenere sotto osservazione" e numero di Stati membri che registrano un peggioramento o miglioramento nel periodo 2015-2016, identificati dall'aggiornamento dell'agosto 2018 del monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale.

Nota: per gli indicatori basati su EU-SILC le variazioni indicate per gli anni 2015-2016 in genere si riferiscono in realtà al periodo 2014-2015 per gli indicatori di reddito e di intensità di lavoro delle famiglie e per le esigenze di cure mediche insoddisfatte. Per gli indicatori basati sull'indagine sulle forze di lavoro (tasso di disoccupazione di lunga durata, abbandono scolastico, tasso di disoccupazione giovanile, NEET da 15 a 24 anni, pensionati precoci da 55 a 64 anni) e la deprivazione materiale grave (dati non ancora definitivi per il 2017 per diversi Stati membri ad agosto 2018) le variazioni si riferiscono al periodo 2016-2017.

(1)

La revisione degli orientamenti in materia di occupazione, adottata dal Consiglio dell'Unione europea nel luglio 2018, ha allineato gli orientamenti al pilastro europeo dei diritti sociali [decisione (UE) 2018/1215 del Consiglio, del 16 luglio 2018, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione].

(2)

 Le cifre relative all'occupazione totale provengono dai conti nazionali (concetto interno), le altre cifre dai dati dell'indagine sulle forze di lavoro. Nella presente sezione sono utilizzati dati trimestrali destagionalizzati.

(3)

Nella comunicazione "Rafforzare l'identità europea grazie all'istruzione e alla cultura", del 14 novembre 2017 [COM(2017) 673 final], la Commissione esprime la propria ambizione di ridurre al 5 % il parametro relativo all'abbandono scolastico entro il 2025.

(4)

Per maggiori informazioni si veda Commissione europea (2018), Employment and Social Developments in Europe. Annual Review 2018.

(5)

Nell'ambito dei servizi, il maggiore aumento percentuale è stato registrato dalle attività di "informazione e comunicazione", seguite dalle "attività professionali, scientifiche e tecniche; attività amministrative e di servizi di supporto" (rispettivamente del 3,4 % e del 2,9 % nel 2017). Al contrario, i "servizi finanziari e assicurativi" hanno registrato un calo dello 0,7 %.

(6)

Le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) sono persone che sono a rischio di povertà (AROP) e/o versano in stato di deprivazione materiale grave (SMD) e/o che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa (VLWI).

Le persone a rischio di povertà sono persone sono che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60 % del reddito equivalente mediano nazionale (tale indicatore è pertanto un indicatore di povertà di reddito).

Le persone versano in uno stato di deprivazione materiale grave se vivono in una famiglia che non è in grado di far fronte ad almeno quattro delle seguenti situazioni: 1) pagare tempestivamente l'affitto, il mutuo o le fatture di consumo corrente; 2) riscaldare in modo adeguato l'abitazione; 3) affrontare spese impreviste; 4) consumare carne, pesce o un equivalente proteico ogni due giorni; 5) trascorrere una settimana di vacanza al di fuori del domicilio; 6) avere accesso a un'automobile per uso privato; 7) disporre di una lavatrice, 8) disporre di un televisore a colori e 9) disporre di un telefono.

Le persone che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa [famiglie (pressoché) senza occupati] sono persone di età compresa tra 0 e 59 anni che vivono in nuclei familiari in cui gli adulti in età lavorativa (18-59) hanno lavorato meno del 20 % del loro potenziale lavorativo totale nel corso dell'ultimo anno.

(7)

Le statistiche sul reddito dell'indagine EU SILC fanno riferimento ai redditi dell'anno precedente, ad eccezione del Regno Unito (anno dell'indagine) e dell'Irlanda (reddito dei 12 mesi precedenti l'indagine).

(8)

I dati EU-SILC corrispondono ai redditi registrati nell'anno precedente nella maggior parte degli Stati membri (vale a dire i redditi del 2016 per SILC 2017, si veda anche la nota a piè di pagina 7). Le stime rapide pubblicate da Eurostat indicano che sono attesi miglioramenti dell'indicatore del rischio di povertà (nonché del rapporto S80/S20) anche nella maggior parte degli Stati membri per i redditi registrati nel 2017 (vale a dire per gli indicatori pubblicati nel 2018).

(9)

Relazione annuale 2018 del comitato per la protezione sociale.

(10)

 Relazione annuale 2018 del comitato per la protezione sociale.

(11)

SWD(2017) 200 final, che accompagna la comunicazione COM(2017) 250 final, del 26 aprile 2017.

(12)

 Il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM) e il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM) sono relazioni annuali redatte rispettivamente dal comitato per l'occupazione e dal comitato per la protezione sociale. Esse individuano le tendenze da tenere sotto osservazione, le principali sfide occupazionali e sociali negli Stati membri e monitorano i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 in materia di occupazione e di riduzione della povertà.

(13)

Nella relazione comune sull'occupazione 2018, su richiesta del comitato per l'occupazione e del comitato per la protezione sociale (e dei loro sottogruppi "Indicatori"), due indicatori principali nell'ambito "mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque" ("Partecipanti a politiche attive del mercato del lavoro per 100 persone che desiderano lavorare" e "Reddito da lavoro dipendente per ora lavorata, in EUR") non sono stati inclusi nella tabella riassuntiva né sono stati presentati come indicatori principali del quadro di valutazione nella successiva analisi a causa di preoccupazioni di ordine tecnico. In seguito a dibattiti, a settembre 2018 i comitati hanno convenuto di sostituire tali indicatori con indicatori alternativi (rispettivamente "tasso di disoccupazione di lunga durata" e "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio"). Questi indicatori, collegati in particolare  ai principi del pilastro "Sostegno attivo all'occupazione" e "Retribuzioni", saranno utilizzati nell'analisi dell'attuale relazione comune sull'occupazione.

(14)

Come richiesto dai comitati, questo indicatore è misurato utilizzando il "reddito non corretto" (vale a dire senza tenere conto dei trasferimenti sociali in natura) e senza far riferimento all'uso di unità di SPA (standard di potere d'acquisto).

(15)

I livelli di questo indicatore sono espressi in standard di potere d'acquisto (SPA), mentre le variazioni sono espresse in valuta nazionale e in termini reali. Per contenere le fluttuazioni a breve termine, si utilizza la media dei tre anni sia per i livelli che per le variazioni. Questo indicatore dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework - JAF) e del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM)/ monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM).

(16)

Misurato come differenza, nella popolazione totale, tra la percentuale di persone a rischio di povertà prima e dopo i trasferimenti sociali.

(17)

Ad eccezione del reddito lordo disponibile delle famiglie, misurato come numero indice (2008 = 100, in modo da rispecchiare la variazione rispetto al periodo precedente la crisi) e delle variazioni dell'ultimo anno e del reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio, per cui sono utilizzate medie triennali, in accordo con il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale.

(18)

La data limite per l'estrazione degli indicatori principali del quadro di valutazione sociale è il 26 ottobre 2018. Nella versione finale della relazione comune sull'occupazione sarà fornito un aggiornamento ai fini dell'adozione da parte del Consiglio EPSCO.

(19)

Questo dato si riferisce alle medie ponderate dell'UE, ad eccezione dell'indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio", per il quale è utilizzata la media non ponderata.

(20)

La tendenza al miglioramento è confermata se si escludono dal computo i due nuovi indicatori ("tasso di disoccupazione di lunga durata" e "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio") per consentire un confronto sulla stessa serie di indicatori. In questo caso, la percentuale complessiva di casi di "situazioni critiche", "da tenere sotto osservazione" o "modesti ma in miglioramento" tra le valutazioni totali è ancora pari al 31 %, mentre la percentuale di "situazioni critiche" aumenta leggermente fino all'11 %.

(21)

 Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa, relazione di Jean-Claude Juncker in stretta collaborazione con Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem, Mario Draghi e Martin Schulz, 22 giugno 2015.

(22)

COM(2017) 291 final.

(23)

COM(2017) 250 final.

(24)

 Decisione (UE) 2018/1215 del Consiglio, del 16 luglio 2018, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione.

(25)

Compresa la base dati LABREF, disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1143&intPageId=3193.

(26)

Commissione europea (2018). Labour Market and Wage Developments in Europe. Annual review 2018. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea. Disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=738&langId=en&pubId=8139&furtherPubs=yes.

(27)

Commissione europea (2018). Employment and Social Developments in Europe. Annual Review 2018. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea. Disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=738&langId=en&pubId=8110&furtherPubs=yes.

(28)

Esaminando i dati relativi al quadro di valutazione della situazione sociale secondo la metodologia comune, la relazione utilizza il concetto di convergenza nei livelli, o "convergenza beta". Tale concetto fa riferimento a una situazione in cui gli indicatori nei paesi che hanno conseguito i risultati peggiori migliorano più rapidamente rispetto a quelli dei paesi che hanno conseguito i risultati migliori. Tale convergenza può essere valutata analizzando la pendenza della linea di regressione nel grafico a dispersione dei livelli rispetto alle variazioni.

(29)

Per maggiori informazioni si vedano il capitolo 2 e l'allegato 2.

(30)

Questa flessione dovrebbe essere interpretata con cautela poiché le statistiche sull'occupazione relative alla Danimarca presentano un'interruzione nelle serie nel 2017 e nel 2016 (si vedano anche gli allegati 1 e 2). Un'interruzione nelle serie è inoltre segnalata per il Belgio nel 2017.

(31)

Eurostat, indagine sulle forze di lavoro.

(32)

FMI (2017), World Economic Outlook, ottobre 2017.

(33)

 Commissione europea (2018). Labour Market and Wage Developments in Europe. Annual review 2018. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(34)

I livelli di reddito netto sono misurati in standard di potere d'acquisto (SPA) per consentire un confronto significativo tra gli Stati membri. Le variazioni sono misurate in valuta nazionale e in termini reali. Questo indicatore dovrebbe essere letto e interpretato congiuntamente ad altri indicatori quali il tasso di povertà lavorativa, il rapporto tra il quinto e il primo decile della distribuzione salariale (D5/D1) e altri indicatori pertinenti del quadro di valutazione comune (Joint Assessment Framework - JAF) e del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (Employment Performance Monitor - EPM)/ monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (Social Protection Performance Monitor - SPPM).

(35)

Commissione europea (2018). Labour Market and Wage Developments in Europe. Annual review 2018. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(36)

Per maggiori informazioni sulle tendenze recenti, anche in merito ai diversi gruppi di reddito, è possibile consultare il documento: Tax Policies in the European Union – 2018 Survey, Commissione europea, DG TAXUD.

(37)

Eurofound (2018), Statutory minimum wages 2018.

(38)

Questo aumento dovrebbe essere interpretato con cautela poiché la Danimarca presenta un'interruzione nelle serie nel 2017 e nel 2016 (si vedano anche gli allegati 1 e 2). Interruzioni nelle serie sono inoltre segnalate per Belgio e Malta nel 2017.

(39)

PISA definisce come "alunni con risultati insufficienti" gli studenti di 15 anni che nelle competenze di base ottengono punteggi inferiori al livello di competenze di riferimento richiesto per partecipare appieno alla vita sociale (ossia il livello 2).

(40)

L'indagine del Programma per la valutazione internazionale degli studenti (PISA) dell'OCSE sulle competenze di base tra i quindicenni si svolge ogni tre anni.

(41)

La DG EMPL ha collaborato con gli Stati membri (in consultazione con la DG EAC) per sviluppare un quadro dettagliato per l'analisi comparativa delle competenze degli adulti e dei sistemi di istruzione degli adulti nell'UE, in una prospettiva transnazionale. Il quadro si basa su un approccio in tre fasi approvato dall'EMCO e dal CPS a giugno 2017. Nella prima fase sono discusse le principali sfide di ampio respiro nel campo delle competenze degli adulti e dell'istruzione degli adulti ed è individuata una serie di indicatori di impatto di alto livello (tassi di occupazione, produttività e squilibrio tra domanda e offerta di competenze). Nella seconda fase si identifica una serie di indicatori di risultato, tra cui la percentuale di adulti con competenze medie e alte, la partecipazione degli adulti all'apprendimento, le competenze digitali e la percentuale di posti di lavoro che richiedono competenze di livello medio ed elevato. Nella terza fase viene seguito un approccio tematico volto a individuare le principali leve politiche efficaci nel migliorare i risultati delle competenze degli adulti e dei sistemi di istruzione degli adulti: l'offerta di orientamento sulle opportunità di apprendimento; le iniziative volte a promuovere la partecipazione dei gruppi svantaggiati all'apprendimento, quali i disoccupati e le persone con un basso livello di qualifiche e le misure volte a sostenere/incentivare le imprese a formare il personale. Gli ultimi indicatori sono presentati nella presente sezione.

(42)

I dati riguardano la gamma dei servizi (come ad esempio l'offerta di informazioni, la valutazione, le competenze in materia di gestione della carriera, l'orientamento e la consulenza) atti ad aiutare i discenti e/o i potenziali discenti a compiere scelte riguardanti le possibilità di istruzione e formazione.

(43)

Commissione europea (2015), An in-depth analysis of adult learning policies and their effectiveness in Europe.

(44)

Si veda, ad esempio, ESRI (2012) Literacy, Numeracy and Activation among the Unemployed; Shaw,N., Armistead, C. (2002) Evaluation of the Union Learning Fund Year 4, Londra: Department for Education and Skills (ministero dell'Istruzione e delle competenze); Casey, H. et al (2006) You wouldn't expect a maths teacher to teach plastering: Embedding literacy, language and numeracy in post-16 vocational programmes – the impact on learning and achievement, NRDC.

(45)

Per "persone con un basso livello di qualifiche" si intendono in questo caso specifico le persone che hanno conseguito al massimo un diploma di scuola secondaria di primo grado (ISCED livelli 0-2).

(46)

I dati rientrano nelle statistiche europee sull'apprendimento permanente e riguardano tutti e tre i tipi di incentivi finanziari, ossia le sovvenzioni dirette alla formazione, gli incentivi fiscali e le entrate provenienti dai fondi finanziati da contributi obbligatori. Tra l'altro, l'indagine fornisce dati sulle entrate delle imprese provenienti da fondi per la formazione collettivi, comuni o di altro tipo e su qualsiasi altro sostegno finanziario erogato dal settore pubblico per l'erogazione di attività di formazione professionale continua.

(47)

Questo aumento dovrebbe essere interpretato con cautela poiché la Danimarca presenta un'interruzione nelle serie nel 2017 e nel 2016 (si vedano anche gli allegati 1 e 2). Interruzioni nelle serie sono inoltre segnalate per Belgio, Irlanda e Malta nel 2017.

(48)

Eurofound (2016), Exploring the Diversity of NEETs. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(49)

Nel 2017 il 44,9 % delle donne di età compresa tra i 30 e i 34 anni nell'UE aveva un livello di istruzione terziaria, rispetto al 34,9 % degli uomini (si veda anche sopra nella presente sezione); in tutti gli Stati Membri, il tasso di istruzione terziaria è più elevato per le donne che per gli uomini.

(50)

L'indicatore di riferimento del quadro di valutazione della situazione sociale è il divario retributivo di genere non corretto (ossia non corretto in funzione delle caratteristiche individuali che possono spiegare parzialmente la differenza di retribuzione), che dovrebbe fornire un quadro generale delle disparità di genere in termini di retribuzione. Le ricerche dimostrano che gran parte del divario persiste anche quando vengono prese in considerazione le differenze di livello di istruzione, le scelte occupazionali, gli orari di lavoro e altre caratteristiche osservabili (ad esempio http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/files/gender_pay_gap/2016_factors_gpg_en.pdf).

(51)

 Commissione europea(2018), Ageing Report 2018, European Economy Institutional Paper 079.

(52)

La trappola dell'inattività per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare è data dall'aliquota marginale di imposta effettiva sul reddito da lavoro del secondo membro di una coppia che passa dalla condizione di percettore di assistenza sociale a quella di occupato. La trappola della povertà è calcolata prendendo a riferimento una coppia senza figli nella quale la persona che costituisce la seconda fonte di reddito familiare aumenta il proprio reddito dal 33 % al 67 % del salario medio, e la persona che rappresenta la fonte principale di reddito familiare percepisce il 100 % del salario medio.

(53)

Nell'UE, nel 2014 circa il 20 % della persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni proveniva da un contesto migratorio, perché nati all'estero o perché nati in un paese dell'UE da almeno un genitore nato all'estero. Fonte: Eurostat.

(54)

OCSE (2017), Catching Up? Intergenerational Mobility and Children of Immigrants.

(55)

Il tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell'UE è più elevato per chi è arrivato per motivi connessi allo studio o al lavoro (71 % nel 2014, percentuale ancora più elevata di quella degli autoctoni) e inferiore per chi è arrivato per motivi di famiglia e per i rifugiati. Nel 2014 i migranti per motivi di famiglia rappresentavano la percentuale maggiore tra le persone nate al di fuori dell'UE (52 %). Il loro tasso di occupazione era pari al 53 % nel 2014, inferiore a quello dei rifugiati (56 %).

(56)

In termini di livello di istruzione, nel 2017 era più probabile che i cittadini di paesi terzi (25-54 anni) avessero un basso livello di istruzione (43,6 %) rispetto ai cittadini del paese d'accoglienza (21,2 %) e che non avessero conseguito un livello di istruzione terziaria (rispettivamente 26,3 % e 31,6 %).

(57)

Il divario tra il tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell'UE e quello degli autoctoni è più marcato tra le persone con un livello di istruzione terziaria, il che sottolinea che i migranti traggono dall'istruzione vantaggi inferiori rispetto agli autoctoni (si veda anche Employment and Social Developments in Europe 2015). Nel 2017 circa il 42 % dei cittadini di paesi terzi con un livello di istruzione elevato era sovraqualificato (vale a dire che svolgeva lavori che richiedevano un livello di competenze basso o medio) rispetto a circa il 20 % dei cittadini del paese di accoglienza. Tuttavia il divario tra i due gruppi si è ridotto nel corso degli ultimi anni, da 25 punti percentuali nel 2012 a 20 punti percentuali nel 2017.

(58)

Dati provenienti dall'indagine EU-SILC 2015 e analizzati dalla rete accademica degli esperti europei sulla disabilità (ANED).

(59)

La diffusione della disabilità varia inoltre in misura notevole da uno Stato membro all'altro.

(60)

Ibidem.

(61)

Indagine EU-SILC (2017). Tasso di rischio di povertà lavorativa per grado di limitazione dell'attività, sesso ed età (hlth_dpe050).

(62)

EU-SILC (2018), The social and employment situation of people with disabilities, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo, di prossima pubblicazione.

(63)

COM(2017) 247 final.

(64)

Raccomandazione del Consiglio, del 10 marzo 2014, su un quadro di qualità per i tirocini, 2014/C 88/01.

(65)

Un futuro modulo ad hoc dell'indagine di Eurostat sulle forze di lavoro dedicato ai lavoratori autonomi, i cui risultati sono attesi per il 2019, contribuirà a far luce sulla questione.

(66)

Eurofound (2017), Exploring self-employment in the European Union, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo.

(67)

Sulla base dei dati del 2015 della sesta indagine europea sulle condizioni di lavoro (EWCS), si distinguono cinque gruppi distinti di lavoratori autonomi ("datori di lavoro", "lavoratori in proprio stabili", "piccoli commercianti e agricoltori", "vulnerabili" e "fittizi"). I gruppi sono il risultato di un modello statistico (analisi delle classi latenti) che controlla statisticamente le variabili di dipendenza economica (ad esempio numero di clienti, facilità nel trovare nuovi clienti), di dipendenza operativa (ad esempio possibilità di assentarsi con breve preavviso) e di imprenditorialità (ad esempio presenza di diverse sedi, motivazione della scelta di diventare un lavoratore autonomo). Ulteriori dettagli in Eurofound (2017), ibidem.

(68)

L'indagine COLLEEM ("Economia e occupazione collaborative") è un'indagine online su una selezione di piattaforme digitali commissionata dalla DG EMPL e coordinata dal JRC, svolta in 14 Stati membri dell'Unione europea: DE, ES, FI, FR, HR, HU, IT, LT, NL, PT, RO, SE, SK e UK. L'indagine è stata effettuata a giugno 2017. Si veda Pesole et al. (2018).

(69)

Commissione europea (2018). Employment and Social Developments in Europe,. Annual Review 2018, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(70)

Eurofound (2018), Does employment Status matter for job quality?, di prossima pubblicazione.

(71)

Il settimo aspetto, vale a dire quello delle retribuzioni, è escluso a causa della scarsa affidabilità.

(72)

Per questi motivi, il tasso di disoccupazione di lungo periodo è stato approvato dall'EMCO come indicatore principale del quadro di valutazione della situazione sociale per monitorare il sostegno attivo all'occupazione.

(73)

Tuttavia questo indicatore va interpretato con cautela, dal momento che esso misura unicamente la partecipazione alle politiche del mercato del lavoro (ma non la loro efficacia) e per un certo numero di paesi presenta problemi di attendibilità statistica connessi al processo di rilevazione dei dati.

(74)

 Commissione europea (2018). Labour Market and Wage Developments in Europe. Annual review 2018. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(75)

Disoccupati da meno di un anno.

(76)

I modelli OCSE utilizzati per questo indicatore sono stati perfezionati dopo l'adozione della relazione comune sull'occupazione 2018 in sede di Consiglio, in particolare per AT, DK, EE, FI, DE, ES, IE, IT, UK.

(77)

Questi indicatori strategici sono stati sviluppati dall'OCSE utilizzando i dati raccolti tramite indagini dettagliate di esperti. Essi forniscono informazioni sulle condizioni giuridiche (vale a dire in punto di diritto) ma non sull'efficacia dell'attuazione (che può variare tra paesi con le medesime regole).Non vanno interpretati in modo semplicistico in quanto non è possibile individuare un grado "ottimale" di rigore delle prescrizioni in materia di ricerca di lavoro e disponibilità a lavorare.

(78)

Questo dato si riferisce ai cittadini dell'UE-28 in età lavorativa trasferitisi a "lungo termine" che vivono all'interno dell'UE-28, secondo le statistiche demografiche di Eurostat. Per maggiori dettagli, si veda Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, 2018 Annual Report on Intra-EU Labour Mobility (di prossima pubblicazione).

(79)

DNB (2018), DNBulletin: Flexibilisering arbeidsmarkt gaat gepaard met daling arbeidsinkomensquote, pubblicato il 1o febbraio 2018.

(80)

Si vedano i capitoli 5 delle edizioni 2017 e 2018 di Employment and Social Developments in Europe.

(81)

Eurofound (2016), The concept of representativeness at national, international and European level.

(82)

Raccolti ad esempio durante il seminario The Social Pillar and European Semester as tools for delivering social Europe – a reflection with civil society, tenutosi il 2 ottobre 2018 a Bruxelles.

(83)

Questo paragrafo si basa sulle conclusioni della revisione tematica dell'EMCO del 3 ottobre 2018 in merito all'attuazione della raccomandazione del Consiglio sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. Una valutazione approfondita è in corso e sarà pubblicata all'inizio del 2019 unitamente a una relazione destinata al Consiglio.

(84)

Un'analisi dettagliata della partecipazione delle parti sociali alle riforme recenti si può trovare in Eurofound (2019), Social dialogue practices within the context of the EU Semester, di prossima pubblicazione.

(85)

Al 26 ottobre 2018 i dati per il 2017 sono disponibili solo per 18 Stati membri. Nella versione finale della relazione comune sull'occupazione sarà fornito un aggiornamento.

(86)

Il reddito lordo disponibile delle famiglie si misura utilizzando il "reddito non corretto" (vale a dire senza tenere conto dei trasferimenti sociali in natura) in termini reali. Dati non disponibili per HR e MT al 26 ottobre 2018.

(87)

Si rimanda al capitolo 1.2 per le definizioni di popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale e delle relative componenti. Nota: le statistiche sul reddito dell'indagine EU-SILC fanno riferimento ai redditi dell'anno precedente. Pertanto i dati dell'indagine EU-SILC del 2017 relativi al rischio di povertà, S80/S20, ecc. fanno riferimento ai redditi dell'anno 2016.

(88)

Lo scarto relativo dal rischio di povertà mediano si calcola come la differenza tra il reddito netto totale equivalente mediano delle persone al di sotto della soglia di rischio di povertà e la soglia di rischio di povertà, espressa in percentuale della soglia di rischio di povertà (60 % del reddito mediano equivalente nazionale).

(89)

 EU-SILC (2017), Persone a rischio di povertà o di esclusione sociale per grado di limitazione dell'attività, sesso ed età [hlth_dpe010].

(90)

Ibidem.

(91)

In base ai dati ESSPROS. Non sono disponibili dati del 2015 per PL.

(92)

Si veda anche Commissione europea (2018), Employment and Social Developments in Europe. Annual Review 2018. Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

(93)

L'argomento è in parte affrontato anche nel punto 3.3.

(94)

I dati riportati in questo paragrafo e nei seguenti si basano sul documento della Commissione europea, SWD(2018) 70 final – Impact Assessment Accompanying the Proposal for a Council recommendation on access to social protection for workers and the self-employed.

(95)

AT, BE, BG, CZ, DE, DK, EE, EL, ES, FI, FR, HU, HR, IT, LU, MT, NL, PL, PT, SE, SI, RO, SK e UK.

(96)

Approvato dal CPS a giugno 2018.

(97)

Un "lavoratore a basso salario" è definito nel quadro di riferimento per l'analisi comparativa come un individuo che percepisce il 50 % del salario medio nazionale lordo.

(98)

Gli indicatori si basano sulle informazioni disponibili più recenti dei modelli di regimi fiscali e previdenziali elaborati dall'OCSE. Non sono disponibili informazioni per CY. Le informazioni su IT ed EL non includono i regimi di reddito minimo introdotti di recente, che pertanto non sono stati considerati in questa analisi.

(99)

Si veda la nota 88 per la definizione dello scarto relativo dal rischio di povertà.

(100)

 Numero di persone che soddisfano le condizioni di ammissibilità e costituiscono beneficiari potenziali di un regime.

(101)

In ciò si differenzia dal concetto teorico di "reddito di base universale", secondo cui si eroga un determinato livello di reddito a ogni cittadino indipendentemente dalla sua situazione. Per maggiori informazioni si veda il documento della Commissione europea (2018) Employment and Social Developments in Europe, Annual review 2018, pag. 142.

(102)

Dal modulo ad-hoc sull'accesso ai servizi EU-SILC 2016. Motivi presi in considerazione ai fini dell'analisi comparativa: "nessun corso o programma idoneo disponibile" e "non può permetterselo".

(103)

Nel prosieguo di questa parte viene presentata una discussione più approfondita in merito alla questione delle esigenze insoddisfatte di cure mediche e di accesso all'alloggio.

(104)

I dati di questo paragrafo derivano dall'indagine EU-SILC.

(105)

Il tasso di disagio abitativo è una misura dello scarso livello dei servizi presenti in un'abitazione ed è calcolato in base alle famiglie che riferiscono almeno una delle seguenti condizioni: i) infiltrazioni dal tetto, ii) mancanza di una vasca da bagno e di una doccia nell'abitazione, iii) assenza di un WC interno, iv) abitazione considerata troppo buia.

(106)

Dati compilati da FEANTSA, Federazione europea delle organizzazioni nazionali della società civile che si occupano dei senzatetto in Europa. Si veda FEANTSA (2018), Third overview of housing exclusion in Europe.

(107)

Rapporto fra il reddito mediano individuale lordo da pensione della fascia di età 65-74 anni e il reddito mediano individuale lordo da lavoro della fascia di età 50-59 anni.

(108)

I dati per Croazia e Irlanda si riferiscono al 2016.

(109)

Indagine su salute, invecchiamento e pensionamento in Europa. Fonte dei dati: SHARE, rilevazione 7, 2017.

(110)

Ai fini di questo confronto, per "lavoratori autonomi in pensione" si intendono i pensionati che hanno trascorso almeno il 50 % della loro carriera lavorativa come lavoratori autonomi.

(111)

L'indagine su salute, invecchiamento e pensionamento in Europa (SHARE) è una banca dati multidisciplinare e per diversi paesi di microdati selezionati su salute, status socio-economico e relazioni sociali e familiari di oltre 120 000 persone di età pari o superiore ai 50 anni (più di 297 000 interviste). L'indagine SHARE interessa 27 paesi europei. La settima rilevazione dell'indagine SHARE ha escluso IE, NL e UK. In alcuni Stati Membri le dimensioni del campione non consentono confronti.

(112)

Il rapporto S80/S20 tra i lavoratori autonomi in pensione è maggiore di un terzo rispetto a quello tra i lavoratori dipendenti in pensione.

(113)

UE-28, a eccezione di IE, NL e UK.

(114)

Le esigenze di cure mediche insoddisfatte dichiarate dall'interessato indicano i casi in cui, nella valutazione soggettiva del rispondente, questi avrebbe dovuto sottoporsi a esami o cure sanitarie specifiche ma non li ha effettuati o vi ha rinunciato per i tre motivi seguenti: "motivi finanziari", "lista d'attesa" e "distanza eccessiva". I problemi segnalati per ricevere assistenza in caso di malattia spesso indicano ostacoli notevoli all'assistenza sanitaria.

(115)

Si intendono per spese non rimborsate i pagamenti diretti di beni e servizi a carico del reddito primario o dei risparmi delle famiglie, con il pagamento effettuato dall'utilizzatore al momento dell'acquisto dei beni o dell'utilizzo dei servizi senza alcun rimborso o a titolo di compartecipazione alle spese in un regime strutturato.

(116)

Commissione europea, Ageing Report 2018.

(117)

Unità miste di personale dell'Agenzia per l'assistenza sociale e per l'impiego che offrono servizi globali e integrati alle persone disoccupate in zone remote della Bulgaria.

(118)

Con il sostegno del FSE.

(119)

Commissione europea e comitato per la protezione sociale (2018), Pension Adequacy Report 2018 - current and future income adequacy in old age in the EU.

(120)

Ibidem.

(121)

Ad eccezione del nuovo indicatore "reddito netto di un lavoratore a tempo pieno single senza figli che percepisce un salario medio", per il quale si utilizzano medie su 3 anni sia per i livelli che per le variazioni per eliminare le fluttuazioni a breve termine.

(122)

I test di normalità e di distribuzione t di Student condotti hanno determinato l'esclusione di qualsiasi ipotesi distribuzionale.

(123)

In caso di normalità, i valori di soglia selezionati corrispondono all'incirca al 15 %, al 30 %, al 50 %, al 70 % e all'85 % della distribuzione cumulativa.

(124)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "basso" o "molto basso" sia segnalato come "in peggioramento" qualora presenti una variazione "molto superiore alla media" ma comunque in miglioramento.

(125)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "nella media" sia segnalato come "da tenere sotto osservazione" qualora presenti una variazione "molto superiore alla media" ma comunque in miglioramento.

(126)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "alto" o "molto alto" sia segnalato come "in peggioramento" qualora presenti una variazione "molto inferiore alla media" ma comunque in miglioramento.

(127)

Quest'ultima condizione impedisce che uno Stato membro caratterizzato da un livello "nella media" sia segnalato come "da tenere sotto osservazione" qualora presenti una variazione "molto inferiore alla media" ma comunque in miglioramento.

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