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Document 52017IP0196

Risoluzione del Parlamento europeo del 27 aprile 2017 sull'iniziativa faro dell'UE nel settore dell'abbigliamento (2016/2140(INI))

OJ C 298, 23.8.2018, p. 100–111 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

23.8.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 298/100


P8_TA(2017)0196

Iniziativa faro dell'UE nel settore dell'abbigliamento

Risoluzione del Parlamento europeo del 27 aprile 2017 sull'iniziativa faro dell'UE nel settore dell'abbigliamento (2016/2140(INI))

(2018/C 298/14)

Il Parlamento europeo,

visti gli articoli 2, 3, 6 e 21 del trattato sull'Unione europea,

visti gli articoli 153, 191, 207, 208 e 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

visti gli articoli 12, 21, 28, 29, 31 e 32 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

visti il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e il Patto internazionale relativo ai diritti sociali, economici e culturali,

vista la convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo e il commento generale n. 16 del comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo,

viste le convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sul lavoro minorile, sul lavoro forzato, sulla discriminazione, sulla libertà sindacale e sul diritto di contrattazione collettiva,

visti gli orientamenti delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (1),

vista la risoluzione 26/9 del Consiglio per i diritti umani dell'ONU (2), che sancisce la decisione di «istituire un gruppo di lavoro intergovernativo aperto sulle imprese transnazionali e altre imprese commerciali in materia di rispetto dei diritti umani, con il mandato di elaborare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per regolamentare, nel diritto internazionale in materia di diritti umani, le attività delle società transnazionali e di altre imprese commerciali»,

vista la risoluzione 70/1 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 25 settembre 2015, intitolata «Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development» (Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile), L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (3),

visti i programmi istituiti dal Fondo fiduciario delle Nazioni Unite per porre fine alla violenza contro le donne, che puntano ad affrontare il problema delle molestie e della violenza contro le donne nel settore dell'abbigliamento (4),

visto il quadro per la politica d'investimento dell'UNCTAD a favore dello sviluppo sostenibile (2015) (5),

visti gli orientamenti dell'OCSE per le imprese multinazionali (6),

vista la direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, recante modifica della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni (7),

vista la comunicazione della Commissione del 14 ottobre 2015 dal titolo: «Commercio per tutti: verso una politica commerciale e di investimento più responsabile» (COM(2015)0497),

visti gli orientamenti della Commissione per il 2015 sull'analisi delle incidenze sui diritti umani nelle valutazioni d'impatto delle iniziative politiche attinenti al commercio (8),

vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sulla responsabilità sociale delle imprese negli accordi commerciali internazionali (9),

vista la sua risoluzione del 29 aprile 2015 sul secondo anniversario del crollo dell'edificio Rana Plaza e la situazione del Patto di sostenibilità del Bangladesh (10),

vista la sua risoluzione del 14 aprile 2016 sul settore privato e lo sviluppo (11),

vista la sua risoluzione del 5 luglio 2016 sull'attuazione delle raccomandazioni 2010 del Parlamento sulle norme sociali e ambientali, i diritti umani e la responsabilità delle imprese (12),

vista la sua risoluzione del 13 settembre 2016 sull'attuazione dell'obiettivo tematico «promuovere la competitività delle PMI» (articolo 9, punto 3, del regolamento sulle disposizioni comuni) (13),

vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2016 sulla responsabilità delle imprese per gravi violazioni dei diritti umani nei paesi terzi (14),

vista la sua risoluzione del 14 dicembre 2016 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell'Unione europea in materia (2015) (15),

visto la studio dal titolo «Le clausole sui diritti umani e la democrazia negli accordi internazionali della UE» pubblicato nel 2005 dall’Unità tematica della Direzione generale delle politiche esterne dell'Unione del Parlamento europeo (16),

visto lo studio dal titolo «La politica commerciale dell'UE: da sorda al genere a sensibile al genere?» dell’Unità tematica della Direzione generale delle politiche esterne del Parlamento europeo (17),

vista la sua risoluzione non legislativa del 14 dicembre 2016 sul progetto di decisione del Consiglio relativo alla conclusione di un protocollo all'accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica dell'Uzbekistan, dall'altra, che modifica l'accordo per estendere le disposizioni dello stesso al commercio bilaterale dei tessili, tenendo conto della scadenza dell'accordo bilaterale sui tessili (18),

visto il Patto di sostenibilità per il miglioramento costante dei diritti dei lavoratori e della sicurezza nelle fabbriche dell'industria della confezione e della maglieria in Bangladesh,

visto il programma dell'Organizzazione internazionale del lavoro sul miglioramento delle condizioni di lavoro nel settore dell'abbigliamento confezionato in Bangladesh (19),

visto l'accordo del 2013 sulla sicurezza antincendio e degli edifici in Bangladesh,

visto l'accordo di collaborazione sottoscritto il 25 aprile 2016 tra il presidente dell'Inditex Pablo Isla e il segretario generale di IndustriALL Global Union Jyrki Raina a favore di una gestione responsabile della catena di approvvigionamento nel settore dell'abbigliamento,

vista la conferenza ad alto livello sulla gestione responsabile della catena di approvvigionamento nel settore dell'abbigliamento, svoltasi a Bruxelles il 25 aprile 2016,

visto il regime SPG+ dell'UE (20),

vista la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (21),

visto il fondo «visione zero», avviato nel 2015 dal G7 in cooperazione con l'OIL per promuovere la salute e la sicurezza sul lavoro nei paesi di produzione,

visto il partenariato tedesco per un settore tessile sostenibile (22), e l'accordo olandese per un settore sostenibile dei tessili e dell'abbigliamento (23),

visto l'articolo 52 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per lo sviluppo e i pareri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per l’occupazione e gli affari sociali (A8-0080/2017),

A.

considerando che lo sviluppo economico dovrebbe andare di pari passo con la giustizia sociale e con una politica di buon governo; che la complessità e la frammentazione delle catene globali di valore (CGV) richiedono misure complementari per avviare un processo di miglioramento continuo al fine di rendere sostenibili le CGV e le catene di produzione e di creare valore nelle catene di approvvigionamento, nonché analisi dell'influenza esercitata da parte delle strutture organizzative nel settore, del sistema di coordinamento e del potere di negoziazione dei soggetti associati alla rete sullo sviluppo di tali processi; che sono necessarie misure complementari di accompagnamento per ovviare ai potenziali effetti negativi di tali catene; che alle vittime di violazioni dei diritti umani dovrebbe essere garantito un accesso effettivo alle vie di ricorso;

B.

considerando che il settore tessile e dell'abbigliamento impiega 60 milioni di persone in tutto il mondo e crea molti posti di lavoro, in particolare nei paesi in via di sviluppo;

C.

considerando che i produttori tessili nei paesi in via di sviluppo sono costantemente esposti alle pratiche di acquisto aggressive del commercio internazionale all'ingrosso e al dettaglio, il che dipende anche dall'agguerrita concorrenza globale;

D.

considerando che le vittime dei tre principali incidenti mortali nel settore dell'abbigliamento (Rana Plaza, Tazreen e Ali Enterprises) hanno ricevuto, o stanno per ricevere, un risarcimento per le perdite di reddito; che la concessione di un risarcimento è in linea con la convenzione 121 dell'OIL ed è frutto di una cooperazione senza precedenti tra i marchi, i sindacati, la società civile, i governi e l'OIL; che vista la diffusa violazione dei principali diritti umani, di fatto i risarcimenti risultano vari;

E.

considerando che le vittime di violazioni dei diritti umani che coinvolgono società europee incontrano molteplici ostacoli nell'accesso ai mezzi di ricorso giurisdizionali, tra cui ostacoli procedurali relativi all'ammissibilità e alla rivelazione degli elementi di prova, costi processuali che sono spesso proibitivi, mancanza di norme chiare in materia di responsabilità in caso di coinvolgimento delle imprese nelle violazioni dei diritti umani, e scarsa chiarezza circa l'applicazione delle norme UE di diritto privato internazionale nelle cause civili transnazionali;

F.

considerando che l'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) esige con forza che le politiche commerciali dell'UE siano fondate sugli obiettivi e sulle politiche esterne dell'UE, concretamente quelli della cooperazione allo sviluppo di cui all'articolo 208 TFUE; considerando che l'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE) ribadisce che l'azione esterna dell'UE è guidata dai principi di democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale;

G.

considerando che l'UE è il secondo maggiore esportatore di tessili e di abbigliamento al mondo, dopo la Cina, grazie alle sue 174 000 circa aziende nel settore, il 99 % delle quali sono PMI e che forniscono lavoro a circa 1,7 milioni di persone; che, inoltre, più di un terzo (il 34,3 %, pari ad un valore totale di 42,29 miliardi di EUR) dell'abbigliamento destinato all'utilizzo in Europa è prodotto da imprese dell'UE;

H.

considerando che la dichiarazione dell'OIL sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro impegna gli Stati membri a rispettare e promuovere i principi e i diritti, suddivisi in quattro categorie, a prescindere dalla ratifica delle pertinenti convenzioni, e nello specifico: la libertà di associazione ed il riconoscimento effettivo del diritto di contrattazione collettiva; l'eliminazione delle discriminazioni in relazione al lavoro e all'occupazione; l'eliminazione del lavoro forzato; l'abolizione del lavoro minorile;

I.

considerando che la contrattazione collettiva rappresenta un mezzo per assicurare un migliore allineamento tra la crescita dei salari e della produttività; che, tuttavia, l'utilizzo nella catena di approvvigionamento globale delle forme non standard di occupazione, tra cui il lavoro esternalizzato e informale, ha indebolito gli accordi collettivi; che molti lavoratori nel settore dell'abbigliamento non guadagnano un salario sufficiente a mantenersi;

J.

considerando che molti Stati membri, come la Germania, i Paesi Bassi, la Danimarca e la Francia, hanno promosso programmi nazionali;

K.

considerando che il progetto sulla realizzazione di valore a lungo termine per le imprese e gli investitori, avviato nel quadro dei principi di investimento responsabile delle Nazioni Unite e del Patto globale delle Nazioni Unite, dimostra che l’economia è compatibile e sinergica con i principi di giustizia sociale, sostenibilità ambientale e rispetto dei diritti umani;

L.

considerando che i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani valgono per tutti gli Stati e tutte le imprese commerciali, sia transnazionali sia altre, a prescindere dalle dimensioni, dall'ubicazione, dalla proprietà e dalla struttura;

M.

considerando che l'UE rappresenta un attore fondamentale nell'industria e nel commercio di abbigliamento in quanto investitore, acquirente, rivenditore e consumatore ed è, pertanto, nella posizione migliore per riunire diverse iniziative lanciate nel mondo onde migliorare significativamente la situazione infraumana che subiscono decine di milioni di lavoratori di tale comparto e creare pari condizioni per tutte le persone coinvolte;

N.

considerando che la gestione responsabile delle CGV è particolarmente rilevante dal punto di vista dello sviluppo, in quanto sovente i casi di violazioni particolarmente gravi dei diritti umani e del lavoro e l'inquinamento ambientale si verificano proprio nei paesi produttori che spesso devono affrontare sfide significative in termini di sviluppo sostenibile e crescita, con forti ricadute per i più vulnerabili;

O.

considerando che il forte andamento delle esportazioni è destinato a continuare, in particolare in Cina, Vietnam, Bangladesh e Cambogia,

P.

considerando che la maggior parte delle violazioni dei diritti umani nel settore dell'abbigliamento riguarda vari aspetti dei diritti dei lavoratori, come la negazione del diritto fondamentale dei lavoratori di aderire al sindacato prescelto o di fondare un sindacato e di condurre contrattazioni collettive in buona fede, rendendo così arduo per i lavoratori il godimento dei propri diritti fondamentali sul luogo di lavoro; che questa situazione ha determinato una grande diffusione delle violazioni dei diritti dei lavoratori, tra cui: salari irrisori, furto dei salari, lavoro forzato e lavoro minorile, licenziamenti arbitrari, posti di lavoro non sicuri e condizioni malsane di lavoro, violenza contro le donne, molestie fisiche e sessuali, e precarietà del lavoro e delle condizioni di lavoro; che, nonostante la diffusa violazione dei diritti umani, le misure effettive di ricorso risultano generalmente rare; che tali deficit di lavoro dignitoso sono particolarmente acuti nelle zone di trasformazione per l'esportazione legate alle catene di approvvigionamento globali, spesso caratterizzate da deroghe alle leggi sul lavoro ed esenzioni fiscali, nonché restrizioni sulle attività sindacali e di contrattazione collettiva;

Q.

considerando che le iniziative avviate, negli ultimi 20 anni, dal settore privato su base volontaria, come codici di condotta, etichette, autovalutazioni e audit sociali, pur avendo offerto quadri essenziali per la collaborazione in questioni quali la salute e la sicurezza sul lavoro, non si sono dimostrate abbastanza efficaci nel determinare un vero miglioramento circa i diritti dei lavoratori, segnatamente in termini di rispetto dei diritti umani e della parità di genere, aumento del numero dei diritti dei lavoratori, consapevolezza dei consumatori, nonché standard ambientali e sicurezza e sostenibilità nella catena di approvvigionamento nel settore dell'abbigliamento;

R.

considerando che le iniziative multilaterali, quali il partenariato tedesco per un settore tessile sostenibile o l'accordo olandese per un settore sostenibile dei tessili e dell'abbigliamento, riuniscono allo stesso tavolo le parti interessate quali l'industria, i sindacati, il governo e le ONG; che gli standard definiti da queste iniziative riguardano altresì questioni ambientali; che tali iniziative non sono ancora entrate nella fase di attuazione, dunque i risultati non sono imminenti; che tali iniziative nazionali si rendono necessarie a causa della mancanza di un'iniziativa legislativa a livello dell'UE; che, tuttavia, la maggioranza degli Stati membri non hanno adottato tali iniziative;

S.

considerando che gli sforzi delle imprese per promuovere la conformità dei luoghi di lavoro possono affiancare, ma non sostituire, l'efficacia e l'efficienza dei sistemi di governance pubblici, in particolare il dovere di ciascuno Stato di promuovere la conformità e applicare il diritto nazionale del lavoro nonché i regolamenti, anche riguardanti gli aspetti amministrativi dell'impiego e le funzioni relative all'ispezione, la risoluzione delle dispute e la persecuzione dei trasgressori, e di ratificare e attuare gli standard internazionali del lavoro;

T.

considerando che l'industria dell'abbigliamento tende tuttora a privilegiare il segmento del pronto moda, il che pone una notevole minaccia e una notevole pressione sui lavoratori di tale settore nei paesi di produzione;

U.

considerando che il ministro tedesco per la cooperazione allo sviluppo ha stabilito l'obiettivo in virtù del quale, entro il 2020, il 50 % di tutte le importazioni tedesche di prodotti tessili dovranno rispettare criteri ecologici e sociali;

V.

considerando che, per migliorare la governance delle CGV, è necessario sfruttare i vari strumenti e iniziative adottati nei diversi settori, quali il commercio e gli investimenti, il sostegno al settore privato e la cooperazione allo sviluppo, al fine di contribuire alla sostenibilità e alla gestione responsabile delle CGV nel quadro dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che riconosce l'impatto cruciale delle politiche commerciali per conseguirne gli obiettivi nell'ambito di diversi settori, quali le norme di origine, i mercati dei prodotti di base, i diritti dei lavoratori e la parità di genere;

W.

considerando che le caratteristiche specifiche delle catene di valore del settore dell'abbigliamento, come ad esempio la dispersione geografica della varie fasi del processo di produzione, i diversi tipi di lavoratori tessili, la politica di acquisizione, il livello poco elevato dei prezzi, i brevi tempi di consegna di volumi elevati, il subappalto e le relazioni contrattuali a breve termine tra acquirente e fornitore contribuiscono alla riduzione della visibilità, della tracciabilità, e della trasparenza della catena di approvvigionamento di un'impresa e ad aumentare i rischi di violazioni dei diritti umani e del lavoro, di danni ambientali e di mancato benessere degli animali, già in fase di produzione delle materie prime; che la trasparenza e la tracciabilità sono prerequisiti per la responsabilità di un'impresa e il consumo responsabile; che il consumatore ha il diritto di sapere dove è stato prodotto un capo di abbigliamento e in quali condizioni sociali e ambientali; considerando che garantire ai consumatori il diritto di ricevere informazioni affidabili, trasparenti e pertinenti in merito alla sostenibilità della produzione ha un impatto positivo sui cambiamenti duraturi in materia di tracciabilità e trasparenza della catena di approvvigionamento nel settore dell'abbigliamento;

X.

considerando che i diritti delle donne sono parte integrante dei diritti umani; che l'uguaglianza di genere rientra nell'ambito di competenza del capitolo sul commercio e lo sviluppo sostenibile degli accordi commerciali (TSD); che gli accordi commerciali e di investimento hanno un impatto specifico diverso sulle donne e sugli uomini a causa delle disparità di genere strutturali; che, al fine di migliorare la parità di genere e i diritti di uguaglianza delle donne, la dimensione di genere dovrebbe essere inserita in tutti gli accordi commerciali;

Y.

considerando che l'impiego femminile nel settore dell'abbigliamento nei paesi in via di sviluppo contribuisce in maniera significativa ad aumentare i redditi familiari e a ridurre la povertà;

Z.

considerando che i diritti dei bambini sono parte integrante dei diritti umani e che porre fine al lavoro minorile dovrebbe continuare ad essere un imperativo; che il lavoro minorile implica regolamenti specifici che disciplinano l'età, gli orari e le tipologie di lavoro;

AA.

considerando che, nel dicembre 2016, molti attivisti sindacali sono stati arrestati in Bangladesh, un evento che ha provocato una protesta finalizzata a garantire un salario di sussistenza e migliori condizioni di lavoro; che diverse centinaia di lavoratori del settore tessile sono stati licenziati a seguito delle proteste; che il diritto di associazione non è tuttora rispettato nei paesi di produzione;

AB.

considerando che, secondo le stime, il 70-80 % (24) dei lavoratori del settore dell'abbigliamento confezionato nei paesi di produzione sono donne poco qualificate e per lo più minori; che il basso livello dei salari, unitamente alla scarsità o all'assenza, di protezione sociale, rendono queste donne e bambini particolarmente vulnerabili allo sfruttamento; che una prospettiva di genere e specifiche misure in materia di emancipazione femminile sono in gran parte assenti nelle iniziative di sostenibilità in corso;

AC.

considerando che il settore privato svolge un ruolo essenziale nel promuovere una crescita economica sostenibile e inclusiva nei paesi in via di sviluppo; che le economie di alcuni paesi in via di sviluppo dipendono dal settore dell'abbigliamento; che l'espansione di tali settore ha consentito a molti lavoratori di uscire dall'economia informale e accedere al settore formale;

AD.

considerando che il settore dell'abbigliamento è il settore che conta il maggior numero di iniziative di sostenibilità in corso; che alcune di queste iniziative hanno contribuito al miglioramento della situazione nel settore dell'abbigliamento e che risulta pertanto necessario proseguire tali attività anche a livello europeo;

AE.

considerando che gli accordi commerciali sono uno strumento importante per promuovere il lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali, combinati al dialogo sociale e al controllo a livello di impresa;

AF.

considerando che, nel mese di ottobre 2015, la Commissione ha pubblicato la sua nuova strategia commerciale «Commercio per tutti», in cui si propone lo scopo di utilizzare gli accordi commerciali e i programmi di preferenza come leva per promuovere lo sviluppo sostenibile, i diritti umani, il commercio equo ed etico in tutto il mondo, nonché per migliorare la responsabilità delle catene di approvvigionamento come mezzo per rafforzare lo sviluppo sostenibile, i diritti umani, la lotta alla corruzione e la buona governance nei paesi terzi;

1.

accoglie con favore la crescente attenzione dedicata alla promozione delle condizioni di lavoro dignitose nelle catene di approvvigionamento globali dopo il crollo delle fabbriche del Rana Plaza, l'introduzione del progetto di legge francese in materia di «dovere di diligenza» obbligatorio, la legge britannica anti-schiavitù, l'accordo olandese per un settore sostenibile dell'abbigliamento e dei tessili, il partenariato tedesco per un settore tessile sostenibile e la dichiarazione del Presidente Juncker in occasione del vertice del G7 a favore di «un'azione urgente» per migliorare la responsabilità nelle catene di approvvigionamento globali, in cui si presti una crescente attenzione alla promozione della sostenibilità, della trasparenza e della tracciabilità delle catene del valore e di produzione; riconosce l'impegno della Commissione a favore di una gestione responsabile delle catene di approvvigionamento, anche nel settore dell'abbigliamento, come indicato nella comunicazione intitolata «Commercio per tutti»; accoglie positivamente l'iniziativa del «cartellino verde» nell'ambito della quale otto Stati membri si sono pronunciati a favore di un dovere di attenzione da parte delle imprese con sede nell'UE verso gli individui e le comunità i cui diritti umani e ambiente locale sono influenzati dalle attività di tali imprese; accoglie con favore l'approccio olistico dell'indice Higg nella misurazione dell'impatto ambientale, sociale e del lavoro delle imprese; sottolinea la necessità di continuare ad apportare migliorie all'indice Higg e di migliorarne la trasparenza;

2.

accoglie con favore i singoli accordi quadro globali conclusi tra sindacati e marche di abbigliamento per il miglioramento della gestione della catena di approvvigionamento nel settore dell'abbigliamento; sottolinea che il futuro del settore dell'abbigliamento dipenderà dal miglioramento della produttività sostenibile e dalla tracciabilità per un'identificazione efficace dei processi in atto in tutta la catena di valore, il che consente di individuare e di attuare miglioramenti;

3.

accoglie con favore l'approccio concernente l’accordo giuridicamente vincolante sulla sicurezza antincendio e la sicurezza degli edifici in Bangladesh e il patto sulla sostenibilità in Bangladesh avviato dalla Commissione in collaborazione con il Bangladesh e l'OIL a seguito del disastro del Rana Plaza nel 2013, in quanto prevede disposizioni sui sindacati e la bonifica delle fabbriche ispezionate e ne chiede la proroga; sottolinea l'importanza di continuare il monitoraggio degli obiettivi del patto, per migliorare i diritti dei lavoratori, come anche la necessità di una gestione più responsabile delle catene di approvvigionamento a livello mondiale; chiede alla Commissione di condurre un'approfondita valutazione del patto, indicando ogni progresso o lacuna, comprese eventuali modifiche al regime commerciale, se del caso, in particolare alla luce delle relazioni dei meccanismi di sorveglianza dell'OIL; invita la Commissione a realizzare programmi e misure simili con altri partner commerciali produttori di abbigliamento dell'UE, ad esempio lo Sri Lanka, l’India o il Pakistan;

4.

sostiene l'esame della Commissione in merito a una possibile iniziativa nel settore dell'abbigliamento a livello di Unione; osserva inoltre che l'attuale accumulo delle iniziative esistenti potrebbe creare un contesto imprevedibile per le imprese; ritiene che una nuova proposta dovrebbe affrontare questioni legate ai diritti umani, promuovere la sostenibilità, la tracciabilità e la trasparenza delle catene di valore, favorire il consumo consapevole e avere come obiettivo i diritti del lavoro e la parità di genere in particolare; ritiene che i consumatori dell'UE abbiano il diritto di essere informati in merito alla sostenibilità e alla conformità dei prodotti del settore dell'abbigliamento ai diritti umani e ambientali; Ritiene, a tale proposito, che gli sforzi legislativi e le iniziative dell'UE nel settore dell'abbigliamento dovrebbero essere visibili sul prodotto finale;

5.

osserva con preoccupazione il modo in cui le attuali iniziative volontarie per la sostenibilità della catena di fornitura globale nel settore dell'abbigliamento si sono rivelate inefficaci nell'affrontare le questioni relative ai diritti del lavoro e ai diritti umani nel settore; invita pertanto la Commissione a spingersi oltre la presentazione di un documento di lavoro e a proporre una legislazione vincolante che fissi obblighi di dovere di diligenza per le catene di fornitura nel settore dell'abbigliamento; sottolinea che tale proposta legislativa deve essere allineata alle nuove indicazioni dell'OCSE in materia di debita diligenza relative alle catene di approvvigionamento responsabili nel settore dell'abbigliamento e delle calzature, in conformità con le linee guida dell'OCSE, per le imprese multinazionali che importano nell'Unione europea, alla risoluzione dell'OIL sul lavoro dignitoso nelle catene globali di fornitura e agli standard concordati a livello internazionale in materia di diritti umani e norme sociali e ambientali;

6.

evidenzia che le nuove indicazioni dell'OCSE in materia di debita diligenza relative alle catene di approvvigionamento responsabili nel settore dell'abbigliamento e delle calzature, in conformità con le linee guida dell'OCSE, dovrebbero costituire il principio cardine nella proposta legislativa della Commissione; sottolinea che tale proposta legislativa dovrebbe includere alcune norme fondamentali, come le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, salario di sussistenza, libertà di associazione e di contrattazione collettiva, prevenzione per quanto concerne le molestie sessuali e le violenze nei luoghi di lavoro, eliminando il lavoro coatto e minorile; invita la Commissione ad affrontare ulteriormente i seguenti punti: criteri chiave per la produzione sostenibile, trasparenza e tracciabilità, compresa la raccolta di dati trasparente e gli strumenti per l'informazione dei consumatori, verifiche e audit del dovere di diligenza, accesso alle vie di ricorso, parità di genere, diritti dei minori, dichiarazione di diligenza nella catena di fornitura, responsabilità in caso di catastrofi causate dall'uomo nonché attività di sensibilizzazione nell'Unione europea; incoraggia la Commissione a riconoscere altre proposte legislative e iniziative nazionali che hanno lo stesso obiettivo della legislazione, una volta verificata e constatata la conformità delle proposte e delle iniziative ai requisiti della legislazione europea;

7.

ribadisce la sua richiesta alla Commissione di estendere la responsabilità sociale delle imprese mediante normative vincolanti in materia di dovere di diligenza al di là dei quadri esistenti per il settore dell'abbigliamento, in modo tale da assicurare che l'UE e i suoi partner e operatori commerciali soddisfino l'obbligo di rispettare i diritti umani e le più rigorose norme sociali e ambientali; evidenzia che l'industria dell'abbigliamento nell'Unione europea deve anche rispettare le norme dell'OIL, tra cui quelle relative a un salario di sussistenza e a condizioni di lavoro dignitose; esorta la Commissione a prestare attenzione alla remunerazione e alle condizioni di lavoro nel settore dell'abbigliamento negli Stati membri; esorta gli Stati membri ad attuare le norme dell'OIL nel settore dell'abbigliamento;

8.

invita la Commissione a promuovere attivamente l'uso di materie prime ecologiche e gestite in modo sostenibile e a promuovere il riutilizzo e il riciclaggio di indumenti e tessuti nell'Unione europea attraverso disposizioni specifiche nella proposta legislativa sul settore dell'abbigliamento; invita l'UE, gli Stati membri e le imprese ad aumentare i finanziamenti a favore della ricerca e dello sviluppo, anche nell'ambito del riciclaggio di indumenti, nell'ottica di garantire una fonte alternativa e sostenibile di materie prime per il settore dell'abbigliamento dell'UE; accoglie con favore le iniziative concepite per attuare le più alte e rigorose norme disponibili in materia di benessere degli animali (tra cui il Responsible Down Standard e il Responsible Wool Standard) ed esorta la Commissione ad usarle come linee guida per l'introduzione di disposizioni specifiche nella sua proposta legislativa; invita la Commissione a predisporre risorse aggiuntive nelle istituzioni, al fine di dare seguito all'iniziativa faro;

9.

evidenzia la necessità di migliorare i codici di condotta, le etichette di eccellenza e i programmi di commercio equo e solidale, assicurandone l'allineamento con le norme internazionali come i principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite, il Patto globale delle Nazioni Unite, la dichiarazione tripartita dell'OIL dei principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale (dichiarazione MNE), le linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali, la guida dell'OCSE in merito alla diligenza nei settori dell'abbigliamento e calzaturiero, i diritti dei minori e i principi delle imprese elaborati dall'UNICEF, il Patto globale delle Nazioni Unite e Save the Children; sottolinea parimenti la necessità di incrementare il dialogo sociale transfrontaliero attraverso la conclusione degli accordi quadro internazionali per promuovere i diritti dei lavoratori nelle catene di fornitura delle imprese multinazionali;

10.

sottolinea l'importanza di attuare, applicare o recepire la legislazione esistente a livello regionale, nazionale e internazionale;

11.

esorta la Commissione a rispettare il suo obiettivo di favorire miglioramenti nel settore dell'abbigliamento confezionato, anche attraverso una forte integrazione di genere e minorile; invita la Commissione a porre l'uguaglianza di genere, l'emancipazione delle donne e i diritti dei minori al centro della sua proposta legislativa; ritiene che tale iniziativa debba promuovere la non discriminazione ed affrontare la questione delle molestie nei luoghi di lavoro, come già previsto nell'ambito di impegni europei e internazionali;

12.

ribadisce il suo impegno verso l'uguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne; sottolinea la necessità di promuovere l'accesso delle donne alle posizioni di leadership, sostenendo attività di formazione destinate alle lavoratrici per quanto concerne i loro diritti, la legislazione del lavoro e le questioni relative alla sicurezza e alla salute, così come la formazione destinata ai dirigenti di sesso maschile per quanto riguarda l'uguaglianza di genere e la discriminazione;

13.

invita la Commissione a presentare una strategia globale su come lo sviluppo, gli aiuti al commercio e le politiche in materia di appalti pubblici possano supportare una catena di fornitura dell'abbigliamento più equa e sostenibile nonché le microimprese locali, promuovendo le migliori pratiche e offrendo incentivi agli attori del settore privato che investono nella sostenibilità e nell'equità delle loro catene di fornitura, dall'agricoltore al consumatore finale;

14.

ritiene che le informazioni destinate ai consumatori svolgano un ruolo chiave nell'assicurare condizioni di lavoro dignitose, il che è un'esigenza evidenziata con il crollo del Rana Plaza; chiede che ai consumatori vengano fornite informazioni chiare e attendibili circa la sostenibilità nel settore dell'abbigliamento, il luogo di provenienza dei prodotti e in quale misura siano rispettati i diritti dei lavoratori; raccomanda che le informazioni raccolte in seguito all'azione dell'UE siano messe a disposizione del pubblico, e chiede alla Commissione e agli Stati membri di valutare la possibilità di creare una banca dati pubblica online contenente tutte le informazioni pertinenti relative a tutti gli attori presenti nella catena di fornitura;

15.

chiede una maggiore sensibilizzazione tra i consumatori europei per quanto riguarda la produzione di prodotti tessili; propone, a tal fine, lo sviluppo di norme di etichettatura a livello UE in materia di «abbigliamento equo», cui possano accedere le società multinazionali e le PMI, per indicare che sono state rispettate le condizioni di lavoro eque e per assistere i clienti nelle loro decisioni di acquisto attraverso una informazione più efficace;

16.

sottolinea la necessità di raccogliere e pubblicare dati completi sui risultati in materia di sostenibilità aziendale; chiede, in questo contesto, l'elaborazione in maniera armonizzata di definizioni e norme comuni per la raccolta e il confronto dei dati statistici, in particolare sulle importazioni generali così come sui singoli siti di produzione; chiede alla Commissione di avviare un'iniziativa per rendere obbligatoria la divulgazione dei siti di produzione;

17.

invita la Commissione a elaborare un'ampia gamma di sistemi di monitoraggio nel settore dell'abbigliamento dell'UE, utilizzando gli indicatori essenziali di prestazione e includendo la raccolta di dati mediante indagini, audit e analisi tecniche dei dati in grado di misurare efficacemente le prestazioni e affrontare l'impatto del settore dell'abbigliamento sullo sviluppo, sui diritti in materia di lavoro e sui diritti umani lungo l'intera catena di fornitura del settore dell'abbigliamento;

18.

ritiene che sia essenziale garantire un maggiore accesso all'informazione sulla condotta delle imprese; ritiene fondamentale introdurre un sistema di segnalazione efficace e obbligatorio nonché il dovere di diligenza per i prodotti di abbigliamento che entrano nel mercato dell'UE; ritiene che la responsabilità debba essere a carico di tutti gli attori lungo l'intera catena di fornitura, ivi compresi i subappaltatori nell'economia formale e informale (anche nelle zone di trasformazione per l'esportazione), ed elogia gli sforzi in atto a tal fine; reputa che l'UE sia nella posizione migliore per sviluppare un quadro comune attraverso normative sugli obblighi transnazionali del dovere di diligenza, sui risarcimenti per le vittime e sulla trasparenza e la tracciabilità della catena di fornitura, prestando altresì attenzione alla protezione degli informatori; raccomanda di mettere a disposizione dei consumatori informazioni attendibili, chiare e significative in merito alla sostenibilità;

19.

sottolinea che il coordinamento, la condivisione di informazioni e lo scambio delle migliori pratiche possono contribuire ad aumentare l'efficienza delle iniziative, private e pubbliche, legate alla catena di valore, e a conseguire risultati positivi in termini di sviluppo sostenibile;

20.

chiede che le iniziative a livello nazionale ed europeo incoraggino i consumatori ad acquistare prodotti realizzati a livello locale;

21.

osserva che il prezzo costituisce tuttora il fattore determinante nelle pratiche di acquisto relative a marchi e rivenditori, spesso a scapito del benessere e delle retribuzioni dei lavoratori; invita l'UE ad adoperarsi con tutte le pertinenti parti interessate per promuovere un efficace partenariato sociale e sostenere le parti interessate nello sviluppo e nell'attuazione di meccanismi di determinazione dei salari in linea con le pertinenti convenzioni dell'OIL, in particolare nei paesi in cui manca una normativa adeguata; sottolinea la necessità di garantire ai lavoratori il pagamento regolare di un salario adeguato che consenta loro e alle loro famiglie di soddisfare le loro necessità di base senza dover fare costantemente ore di straordinario; sottolinea che occorrono contratti collettivi di lavoro per evitare la concorrenza negativa dei costi salariali e rileva la necessità di sensibilizzare i consumatori in merito alle eventuali conseguenze di una domanda che abbia per oggetto prezzi sempre più bassi;

22.

sottolinea che i governi dei paesi produttori devono essere in grado di attuare standard e norme internazionali, e anche di elaborare, recepire e applicare una legislazione adeguata, in particolare in relazione all'istituzione dello Stato di diritto e alla lotta alla corruzione; invita la Commissione ad appoggiare i paesi produttori in questo ambito nel quadro della politica di sviluppo dell'UE;

23.

prende atto del fatto che, mentre ogni Stato è responsabile dell'applicazione delle proprie leggi in materia di lavoro, i paesi in via di sviluppo possono disporre di capacità e risorse limitate per monitorare e applicare efficacemente il rispetto delle leggi e dei regolamenti; invita l'UE, nell'ambito dei suoi programmi di cooperazione allo sviluppo e al fine di colmare il divario di governance, a rafforzare lo sviluppo di capacità e a fornire ai governi dei paesi in via di sviluppo l'assistenza tecnica relativa agli aspetti amministrativi del lavoro e ai sistemi di ispezione, anche per quanto concerne la concessione in subappalto degli stabilimenti, facilitando l'accesso ad adeguati ed efficaci meccanismi di compensazione e reclamo, anche nelle zone di trasformazione per l'esportazione dove lunghi orari di lavoro, straordinari forzati e discriminazioni retributive sono pratiche comuni;

24.

sottolinea l'importanza delle ispezioni sul lavoro e dell'audit sociale nella catena di fornitura del settore dell'abbigliamento e delle calzature; ritiene che troppo spesso tali controlli rispecchino soltanto la situazione riscontrata in sede di ispezione; raccomanda l'adozione di ulteriori azioni per migliorare le ispezioni e gli audit, tra cui la formazione di ispettori e la convergenza delle norme e dei metodi di controllo attraverso la collaborazione con il settore dell'abbigliamento e i paesi produttori;

25.

evidenzia l'importanza dell'indipendenza delle ispezioni sul lavoro nell'ambito dell'allarme rapido e della prevenzione, nonché nell'applicazione delle norme e dei regolamenti nazionali in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, ma constata che elementi come l'affaticamento causato dalle verifiche possono comprometterne l'efficacia e che le verifiche rispecchiano soltanto la situazione riscontrata al momento della verifica; ritiene che la ratifica e l'attuazione della convenzione dell'OIL n. 81 sia importante per individuare gli abusi; raccomanda ulteriori ricerche sulle modalità per migliorare le verifiche e le ispezioni, come la convergenza delle norme e delle metodologie di verifica e l'invio di ispettori del lavoro ogni volta diversi, il che può condurre a norme più rigorose, in particolare nei paesi con questioni concernenti la corruzione; sottolinea l'importanza dell'assunzione adeguata di ispettori del lavoro e della formazione continua per i nuovi ispettori del lavoro e quelli esistenti relativamente alle convenzioni e alle norme internazionali, alle leggi locali sul lavoro e alle tecniche di ispezione appropriate; invita l'UE a continuare a sostenere, sotto il profilo finanziario e tecnico, lo sviluppo degli ispettorati del lavoro nei paesi in via di sviluppo, in linea con le pertinenti norme dell'OIL, in particolare nel contesto dei suoi fondi di sviluppo;

26.

osserva che l'industria dell'abbigliamento crea posti di lavoro per una vasta gamma di competenze, dai lavoratori scarsamente qualificati ai ruoli altamente specializzati;

27.

ritiene che sia necessario garantire la tutela della salute e della sicurezza per tutti i lavoratori attraverso le norme internazionali, l'attuazione delle leggi nazionali e la contrattazione collettiva, a tutti i livelli (a livello di fabbrica, locale, nazionale e internazionale), nonché attraverso le politiche per la salute e la sicurezza sul lavoro a livello di fabbrica, quali i piani d'azione elaborati per iscritto, attuati e monitorati con il coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti;

28.

sottolinea che le politiche commerciali e di investimento dell'UE sono interconnesse con le politiche in materia di protezione sociale, uguaglianza di genere, giustizia fiscale, sviluppo, diritti umani e ambiente nonché con la promozione delle PMI; ribadisce la sua richiesta affinché la Commissione e gli Stati membri garantiscano la coerenza delle politiche per lo sviluppo in tema di diritti umani e imprese a tutti i livelli, in particolare in relazione alla politica commerciale, degli investimenti ed estera dell'UE, il che implica una maggiore efficacia della condizionalità sociale negli accordi bilaterali e regionali, attraverso un maggiore coinvolgimento e la consultazione delle parti sociali e della società civile durante i negoziati, l'attuazione delle disposizioni in materia di lavoro, e l'utilizzo sistematico delle valutazioni d'impatto ex ante ed ex post sulla sostenibilità degli scambi commerciali;

29.

chiede alla Commissione, nell'ambito dei negoziati sugli accordi internazionali e bilaterali, di impegnarsi sotto il profilo dei diritti umani, inclusi i diritti dei minori, così come nella promozione della buona governance e di clausole vincolanti in materia sociale, ambientale e dei diritti umani; deplora che le attuali clausole sui diritti umani negli accordi di libero scambio e in altri accordi di partenariato economico non siano sempre pienamente rispettate da parte dei paesi firmatari; ribadisce, a tale proposito, la necessità di rafforzare tutti gli strumenti per garantire la certezza giuridica;

30.

esorta l'UE e gli Stati membri a promuovere, mediante l'iniziativa nel settore dell'abbigliamento e altri strumenti di politica commerciale, l'effettiva applicazione delle norme dell'OIL in materia di salari e orario di lavoro, anche con i paesi partner nel settore dell'abbigliamento; invita altresì l'UE a fornire orientamento e assistenza su come migliorare il rispetto di tali norme, contribuendo nel contempo a creare imprese sostenibili e a migliorare le prospettive di un'occupazione sostenibile;

31.

incoraggia l'UE e i suoi Stati membri a promuovere, attraverso il dialogo politico e lo sviluppo delle capacità, l'adozione e l'applicazione efficace delle norme internazionali del lavoro e dei diritti umani da parte dei paesi partner, sulla base delle convenzioni, compresi i diritti e le norme in materia di lavoro minorile come le convenzioni n. 138 e n. 182, e delle raccomandazioni dell'OIL; sottolinea, in questo contesto, che il rispetto del diritto di aderire e di formare un sindacato e di impegnarsi nella contrattazione collettiva è un criterio chiave della responsabilità delle imprese; deplora che la libertà di associazione sia spesso violata in numerosi luoghi di lavoro e incoraggia gli Stati a rafforzare il diritto del lavoro; invita l'UE, a tale proposito, a incoraggiare i governi dei paesi in via di sviluppo a rafforzare il ruolo delle organizzazioni sindacali e a promuovere attivamente il dialogo sociale e i principi e i diritti fondamentali sul lavoro, includendo la libertà di associazione e il diritto di contrattazione collettiva per tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro status;

32.

sottolinea il ruolo importante svolto dal settore dell'abbigliamento nello sviluppo di attività ad alta intensità di lavoro per le economie emergenti, in particolare nei mercati emergenti dell'Asia;

33.

invita gli istituti di finanziamento allo sviluppo a rafforzare le condizionalità del lavoro nei loro standard di prestazione, come condizione contrattuale di finanziamento;

34.

osserva che i paesi «hot spot» che rientrano nell'iniziativa faro hanno un accesso preferenziale al mercato dell'UE; invita la Commissione a continuare a includere la ratifica delle norme fondamentali dell'OIL, le ispezioni sanitarie e di sicurezza e la libertà di associazione nelle discussioni sulla prosecuzione del regime commerciale preferenziale con i paesi connessi alla catena di fornitura globale nel settore dell'abbigliamento e a rafforzare i diritti umani e le convenzioni in materia di lavoro e ambiente nel quadro del Sistema di preferenze generalizzate;

35.

ribadisce con forza il proprio appello all'introduzione sistematica di clausole vincolanti sui diritti umani in tutti gli accordi internazionali, compresi quelli commerciali e di investimento che sono stati già conclusi e che saranno conclusi tra l'UE e i paesi terzi; sottolinea la necessità, inoltre, di meccanismi di monitoraggio ex ante prima della conclusione di un eventuale accordo quadro, subordinando ad essi la conclusione quale elemento fondamentale dell'accordo; sottolinea la necessità di meccanismi di monitoraggio ex post che consentano di adottare misure concrete in risposta alle violazioni di dette clausole, tra cui sanzioni appropriate come specificato nelle clausole sui diritti umani dell'accordo, ivi compresa la sospensione dell'accordo;

36.

ritiene che gli accordi commerciali dell'UE dovrebbero contenere a titolo obbligatorio e applicabile capitoli sullo sviluppo sostenibile, in modo da migliorare effettivamente le vite delle persone, e sottolinea che negli accordi commerciali bilaterali e multilaterali occorre introdurre una clausola che promuova la ratifica e l'attuazione delle convenzioni dell'OIL e dell'agenda per il lavoro dignitoso; ricorda che l'istituzione di sistemi come il Regime speciale di incentivazione per lo sviluppo sostenibile e il buon governo (SPG+) dell'UE, con l'obbligo di ratificare e applicare le 27 convenzioni, potrebbe contribuire a migliorare la situazione dei diritti dei lavoratori, la promozione dell'uguaglianza di genere e l'abolizione del lavoro minorile e del lavoro coatto; sottolinea, in questa ottica, la necessità di seguire con attenzione l'attuazione dell'SPG+ ed il rispetto delle convenzioni da parte dei paesi interessati; invita l'UE a garantire che le condizioni dei diritti umani connesse alle preferenze commerciali unilaterali, quali l'SPG o l'SPG+, siano efficacemente attuate e monitorate; invita la Commissione a introdurre delle preferenze tariffarie per i prodotti tessili dalla comprovata sostenibilità nella prossima riforma della norme SPG/SPG+; esorta la Commissione a riconoscere i criteri di sostenibilità e i requisiti minimi stabiliti per i sistemi di rilevamento e certificazione sulla base delle convenzioni internazionali, quali le norme fondamentali del lavoro previste dall'OIL o le norme sulla protezione della biodiversità; invita la Commissione a promuovere la produzione di prodotti equi e solidali attraverso lo strumento delle preferenze tariffarie, e a conferire maggiore importanza alle relazioni dell'OIL e alle conclusioni dei suoi organi di sorveglianza nell'ambito delle loro attività di monitoraggio e valutazione, rafforzando i collegamenti con le agenzie locali dell'OIL e delle Nazioni Unite nei paesi beneficiari, in modo da tenere pienamente conto dei loro pareri e della loro esperienza;

37.

ribadisce la propria richiesta di effettuare valutazioni di impatto sostenibili per ciascun nuovo accordo che viene negoziato e chiede che i dati siano raccolti in modo disaggregato per genere;

38.

ricorda che la tassazione è uno strumento importante ai fini della promozione del lavoro dignitoso; ritiene che, nell'ottica di assicurare che tutte le aziende, comprese le multinazionali, versino le tasse ai governi dei paesi dove viene svolta l'attività economica, così da creare valore, gli incentivi fiscali, quali le esenzioni nelle zone di trasformazione per l'esportazione, dovrebbero essere riesaminati unitamente alle esenzioni dai regolamenti e dal diritto del lavoro nazionale;

39.

accoglie con grande favore il lavoro iniziato nella preparazione di un trattato vincolante delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani, che si ritiene migliorerà la responsabilità sociale delle imprese, anche nel settore dell'abbigliamento; deplora qualsiasi comportamento ostruzionistico in relazione a tale processo e chiede all'UE e agli Stati membri di partecipare a questi negoziati in maniera costruttiva;

40.

ricorda gli effetti negativi del dumping sociale sui settori europei dell'abbigliamento, tra cui le violazioni dei diritti umani e il mancato rispetto delle norme in materia di lavoro; confida, data la sua massa critica, nella capacità dell'UE di difendere tali principi a livello globale e di favorire il cambiamento; esorta, pertanto, la Commissione, alla prossima riunione ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio, a impegnarsi con i partner internazionali per lanciare un'iniziativa globale; invita la Commissione a porre in essere misure vincolanti che assicurino il rispetto, da parte delle imprese importatrici nell'Unione europea, delle condizioni di parità stabilite dalla proposta legislativa richiesta; riconosce, a tale riguardo, le speciali esigenze delle PMI europee e il fatto che la natura e la portata della dovuta diligenza, tra cui gli interventi specifici che un'azienda deve adottare, sono influenzate dalle sue dimensioni, dal contesto delle sue attività e dalla gravità dei suoi effetti potenzialmente negativi; chiede pertanto un'adeguata considerazione delle PMI che dominano il settore dell'abbigliamento manifatturiero europeo; ritiene che le PMI e le micro-imprese europee, che partecipano alla definizione dell'iniziativa, debbano anch'esse beneficiare di un sostegno finanziario europeo tramite il programma COSME;

41.

invita la Commissione a porre in essere misure specifiche affinché le PMI europee possano accedere agli strumenti finanziari e strategici, con particolare riferimento alla capacità delle PMI di conseguire risultati in materia di tracciabilità e trasparenza, in modo che le nuove prescrizioni non impongano un onere sproporzionato, aiutandole a stabilire contatti con produttori responsabili;

42.

sottolinea che all'interno di alcuni Stati membri dell'UE si sono ripetutamente riscontrate condizioni di lavoro precarie nel settore dell'abbigliamento per quanto concerne questioni come la salute e la sicurezza, le retribuzioni, la sicurezza sociale e l'orario di lavoro; chiede pertanto lo sviluppo di iniziative efficienti e ben mirate all'interno dell'UE atte a migliorare la situazione nel settore dell'abbigliamento e a rilanciare l'occupazione negli Stati membri;

43.

ricorda che l'inclusione di disposizioni sociali nelle procedure di appalti pubblici può influire notevolmente sui diritti dei lavoratori e sulle condizioni di lavoro lungo le catene di fornitura globali; si rammarica, tuttavia, che secondo gli studi dell'OIL (25), la maggior parte delle disposizioni sociali limita le responsabilità al primo appaltatore in ordine, mentre le disposizioni relative ai subappaltatori e all'esternalizzazione vengono incluse nei contratti di appalti pubblici su base ad hoc; invita l'UE a fornire assistenza ai paesi in via di sviluppo affinché la politica degli appalti pubblici diventi uno strumento per promuovere i principi e i diritti fondamentali sul lavoro;

44.

è convinto che gli appalti pubblici rappresentino uno strumento utile per la promozione di un'industria dell'abbigliamento responsabile; esorta la Commissione e le istituzioni europee a fungere da modelli nel contesto degli appalti pubblici nel settore dei tessili da utilizzarsi all'interno delle istituzioni; invita, a tale riguardo, le istituzioni europee, compreso il Parlamento, a garantire che in tutti i loro appalti pubblici, anche quelli relativi alle attività di merchandising delle istituzioni e dei gruppi politici nel caso del Parlamento, vengano promossi il riciclaggio e una catena di fornitura equa e sostenibile nel settore dell'abbigliamento; invita la Commissione, inoltre, a stabilire orientamenti per le autorità locali in materia di criteri sociali nell'acquisto dei tessili, seguendo la direttiva del 2014 sugli appalti pubblici, e a motivarli di conseguenza; incoraggia la Commissione a utilizzare la legislazione per attuare e promuovere ulteriormente gli obiettivi di sviluppo sostenibile, proponendo un piano, in modo che entro il 2030 nell'ambito degli appalti pubblici, la maggior parte dei capi di abbigliamento nell'UE provenga da fonti sostenibili;

45.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e al Servizio europeo per l'azione esterna.

(1)  http://www.ohchr.org/Documents/Publications/GuidingPrinciplesBusinessHR_EN.pdf

(2)  A/HRC/RES/26/9 (http://www.ihrb.org/pdf/G1408252.pdf).

(3)  A/RES/70/1 (http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/70/1)

(4)  http://www.unwomen.org/en/trust-funds/un-trust-fund-to-end-violence-against-women

(5)  http://unctad.org/en/PublicationsLibrary/diaepcb2015d5_en.pdf

(6)  http://www.oecd.org/daf/inv/mne/48004323.pdf

(7)  GU L 330 del 15.11.2014, pag. 1.

(8)  http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2015/july/tradoc_153591.pdf

(9)  GU C 99 E del 3.4.2012, pag. 101.

(10)  GU C 346 del 21.9.2016, pag. 39.

(11)  Testi approvati, P8_TA(2016)0137.

(12)  Testi approvati, P8_TA(2016)0298.

(13)  Testi approvati, P8_TA(2016)0335.

(14)  Testi approvati, P8_TA(2016)0405.

(15)  Testi approvati, P8_TA(2016)0502.

(16)  http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2004_2009/documents/nt/584/584520/584520en.pdf

(17)  http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2015/549058/EXPO_IDA%282015%29549058_EN.pdf

(18)  Testi approvati, P8_TA(2016)0490.

(19)  http://www.ilo.org/dhaka/Whatwedo/Projects/safer-garment-industry-in-bangladesh/lang--en/index.htm

(20)  http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2015/august/tradoc_153732.pdf

(21)  GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65.

(22)  https://www.textilbuendnis.com/en/

(23)  https://www.ser.nl/en/publications/publications/2016/agreement-sustainable-garment-textile.aspx

(24)  https://europa.eu/eyd2015/en/fashion-revolution/posts/exploitation-or-emancipation-women-workers-garment-industry

(25)  Relazione IV dell'OIL, 105a sessione, 2016 (pag. 45).


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