EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52016AE4410

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione)» [COM(2016) 465 final] e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria e sul contenuto della protezione riconosciuta, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo» [COM(2016) 466 final] e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE» [COM(2016) 467 final]

OJ C 75, 10.3.2017, p. 97–102 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

10.3.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/97


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione)»

[COM(2016) 465 final]

e sulla

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria e sul contenuto della protezione riconosciuta, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo»

[COM(2016) 466 final]

e sulla

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE»

[COM(2016) 467 final]

(2017/C 075/16)

Relatore:

José Antonio MORENO DÍAZ

Correlatore:

Cristian PÎRVULESCU

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 7 settembre 2016

Parlamento europeo, 12 settembre 2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

22 novembre 2016

Adozione in sessione plenaria

14 dicembre 2016

Sessione plenaria n.

521

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

211/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.    Conclusioni generali e raccomandazioni

1.1.1.

Il CESE ritiene necessario intraprendere una riforma equa, efficace ed efficiente del sistema europeo comune di asilo (CEAS) e stabilire una vera e propria procedura comune che risulti affidabile, flessibile, efficiente e capace di migliorare i percorsi equi e legali di ingresso nell’Unione europea, nella prospettiva del rispetto dei diritti delle persone che subiscono una persecuzione.

1.1.2.

Occorre poi ricordare che l’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE) sancisce che l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi dovrebbero essere quindi i valori comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

1.1.3.

Inoltre, l’articolo 78 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce che l’UE sviluppa una politica comune in materia di asilo: in quest’ottica occorrerebbe proporre un autentico sistema comune e obbligatorio per tutti gli Stati membri, che armonizzi tutte le legislazioni nazionali o, in mancanza, introdurre almeno un regime comune di riconoscimento reciproco delle decisioni in materia di asilo tra tutti gli Stati membri dell’UE. Ciò renderebbe possibile un vero sistema europeo comune di asilo, mentre in caso contrario, non sarebbe possibile evitare i cosiddetti «movimenti secondari» in base ai quali le persone in cerca di protezione internazionale si scelgono i paesi che offrono le condizioni migliori all’interno dell’UE.

1.1.4.

È importante sottolineare che, a fronte di una popolazione totale dell’UE-28 di circa 510 milioni di persone, le proposte presentate dalla Commissione europea (CE) nell’autunno 2015 prevedono di ricollocare approssimativamente 160 000 persone in cerca di protezione internazionale, ovvero lo 0,03 % circa della popolazione totale dell’UE, mentre alcuni paesi terzi hanno accolto milioni di persone in cerca di protezione internazionale.

1.1.5.

Il CESE accoglie comunque con favore i miglioramenti apportati al sistema, come il chiarimento dei diritti e degli obblighi in materia di accesso alla procedura, la sostituzione del concetto di vulnerabilità con la nozione di esigenze particolari da valutare in base a criteri chiari, l’introduzione di maggiori garanzie per i minori e l’estensione del concetto di «famiglia».

1.1.6.

Il CESE è preoccupato per la limitazione dei diritti fondamentali, come la restrizione della libera circolazione, la limitazione del diritto dei minori all’istruzione, l’applicazione di una procedura per i minori non accompagnati alle frontiere, la possibile mancanza di un approccio caso per caso in sede di analisi del concetto di paese sicuro, la riduzione delle garanzie per le domande reiterate e le procedure accelerate, il riesame automatico degli status di protezione e l’approccio punitivo delle restrizioni relative alle condizioni di accoglienza.

1.1.7.

Il CESE raccomanda di standardizzare gli status di protezione, eliminare le differenze tra lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria per quanto riguarda la durata del permesso di soggiorno, il suo rinnovo e la limitazione posta all’assistenza sociale per i beneficiari di protezione sussidiaria.

1.2.    Raccomandazioni in merito alla proposta di regolamento relativa alle qualifiche

1.2.1.

Il CESE raccomanda di includere i criteri dell’UNHCR per la valutazione di alternative di asilo interno, in altre parole, l’analisi dell’adeguatezza e l’analisi della ragionevolezza, escludendo esplicitamente l’applicazione dell’articolo 8 in caso di persecuzione da parte dello Stato.

1.2.2.

L’onere della prova dovrebbe essere condiviso tra il richiedente e l’autorità accertante, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), senza pregiudicare l’obbligo per l’autorità accertante di «collaborare attivamente con il richiedente».

1.2.3.

Il CESE raccomanda di introdurre una valutazione della proporzionalità nel valutare le cause di esclusione dallo status di rifugiato e il carattere restrittivo dell’applicazione di tali clausole, eliminando il paragrafo 6 dell’articolo 12 del regolamento sulla qualifica di beneficiario di protezione internazionale, al fine di evitare l’applicazione automatica delle cause di esclusione che non tengono conto del vissuto particolare dei richiedenti.

1.2.4.

Sarebbe opportuno garantire un’analisi caso per caso nelle procedure di revisione degli status di protezione internazionale, tenendo conto delle circostanze specifiche e accordando, nell’ambito di tali procedure, eventuali garanzie procedurali che non possono essere applicate automaticamente.

1.2.5.

Per quanto riguarda il riesame dello status di rifugiato, ogni nuova procedura aggiungerà un ulteriore livello di oneri amministrativi e di discrezionalità. L’elevato numero di rifugiati presenti in un paese può facilmente sovraccaricare i servizi amministrativi, che potrebbero a loro volta prendere decisioni precipitose e arbitrarie. È pertanto necessario che le autorità competenti dispongano di personale adeguato e qualificato per svolgere i controlli e occuparsi della revisione dello status di rifugiato.

1.2.6.

Occorre inoltre distinguere tra cessazione, esclusione, revoca, mancato rinnovo e fine degli status di protezione, evitando ripetizioni e confusione in merito alle circostanze di fatto che hanno dato luogo a ciascun caso, e prevedendo criteri restrittivi per la loro applicazione.

1.2.7.

La restrizione della libertà di circolazione delle persone beneficiarie di protezione internazionale all’interno dello Stato membro è in contrasto con l’articolo 26 della Convenzione di Ginevra e dev’essere quindi eliminata.

1.2.8.

È altresì opportuno sopprimere l’articolo 44 del regolamento sulla qualifica di beneficiario di protezione internazionale, che modifica la direttiva relativa ai cittadini soggiornanti di lungo periodo, in base al quale viene azzerato il periodo di soggiorno di 5 anni se la persona viene trovata illegalmente al di fuori dello Stato membro che le ha concesso la protezione internazionale, perché contrario all’obiettivo dell’agenda europea sulla migrazione del maggio 2015.

1.3.    Raccomandazioni in merito alla proposta di regolamento che stabilisce una procedura comune

1.3.1.

Il CESE ricorda che la definizione di norme sotto forma di regolamenti non deve condurre a una riduzione degli standard di protezione per via dell’introduzione di criteri di ammissibilità restrittivi e della limitazione dei diritti e delle garanzie procedurali.

1.3.2.

Il CESE raccomanda di eliminare l’applicazione automatica dei concetti di «paese terzo sicuro», «paese di primo asilo» e «paese di origine sicuro», nonché delle riduzioni dei limiti temporali, e di garantire l’effetto sospensivo automatico nei casi di impugnazione.

1.3.3.

Devono essere aumentate le garanzie di una valutazione caso per caso, sulla base dei criteri di proporzionalità, necessità e circostanze eccezionali nei casi di restrizione della libertà o di trattenimento.

1.3.4.

Parimenti devono essere aumentate le garanzie in caso di trattenimento disposto dall’autorità amministrativa, stabilendo termini precisi per tale misura e limitandola a casi eccezionali.

1.3.5.

È opportuno eliminare l’esclusione del diritto all’assistenza legale gratuita in caso di domande ritenute infondate o di domande reiterate che non contengono nuove prove e argomentazioni, perché viene violato il diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

1.3.6.

Occorre applicare le garanzie procedurali previste per la procedura ordinaria anche in caso di procedure accelerate, domande ai posti di frontiera e domande reiterate.

1.3.7.

Prima di avviare la procedura effettiva di presentazione della domanda i richiedenti dovrebbero poter beneficiare di un periodo di riposo e di recupero.

1.4.    Raccomandazioni in merito alla proposta di direttiva recante norme relative all’accoglienza

1.4.1.

Occorre adottare un approccio basato su incentivi positivi per evitare movimenti secondari, piuttosto che un orientamento punitivo consistente nel sospendere, limitare, revocare o sostituire le condizioni di accoglienza ecc. Ciò risulta particolarmente sproporzionato nel caso di soggetti non richiedenti protezione internazionale nel primo paese di ingresso irregolare o di soggiorno legale.

1.4.2.

Lo stesso strumento giuridico dovrebbe essere utilizzato per disciplinare le condizioni e le procedure di accoglienza, nonché i criteri di ammissibilità, in modo da evitare disparità nell’applicazione diretta di disposizioni tra loro collegate.

1.4.3.

L’impiego di concetti non giuridicamente definiti, come «livello di vita dignitoso» o «rischio di fuga» dovrebbe essere limitato o evitato, in considerazione delle gravi conseguenze che comporta e della discrezionalità degli Stati membri nello stabilire i criteri per la definizione di tali concetti.

1.4.4.

Dovrebbero essere inclusi altri familiari, come i fratelli e altri parenti, in linea con la proposta di revisione del regolamento di Dublino.

1.4.5.

L’accesso al mercato del lavoro non dovrebbe essere escluso per i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro, in quanto ciò costituirebbe una discriminazione basata sulla nazionalità.

1.4.6.

Devono essere eliminate le condizioni che disciplinano il diritto di accesso al mercato del lavoro, alla sicurezza sociale e all’assistenza sociale.

1.4.7.

Occorre inoltre assicurare il diritto assoluto dei minori all’istruzione, negli stessi termini del diritto alla salute.

2.   Osservazioni in merito al regolamento qualifiche

2.1.

Il CESE è favorevole a un’ulteriore armonizzazione delle norme in materia di procedure di asilo, riconoscimento e protezione a livello UE. Vi sono differenze significative tra gli Stati membri per quanto riguarda le procedure utilizzate, i tassi di riconoscimento, il contenuto della protezione garantita e le condizioni di accoglienza per i richiedenti e i beneficiari di protezione internazionale.

2.2.

Per diversi motivi, gli Stati membri hanno sviluppato prassi istituzionali specifiche in materia di asilo, incoraggiando in tal modo movimenti secondari e compromettendo la parità di trattamento dei richiedenti sul territorio dell’Unione. Le differenze fra gli Stati membri potrebbero avere un impatto significativo sulla salvaguardia dei diritti fondamentali, compresi la tutela della dignità umana, il rispetto della vita privata e della vita familiare, la libertà di espressione e d’informazione, il diritto all’istruzione, la libertà professionale e il diritto di accesso al mercato del lavoro, la libertà d’impresa, il diritto di asilo, il principio di non discriminazione, i diritti del minore, la sicurezza sociale, l’assistenza sociale e l’assistenza sanitaria, sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2.3.

Il CESE accoglie con favore la messa a punto di un sistema per reperire, organizzare e diffondere informazioni sulla situazione nei paesi di origine e di transito sotto gli auspici dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo. Tale sistema rappresenta infatti il punto di partenza per una vera armonizzazione delle decisioni in materia di concessione della protezione internazionale. Non è tuttavia chiaro in che misura le autorità nazionali prenderanno in considerazione le informazioni fornite e nemmeno quali siano gli strumenti per assicurare che agiscano in tal senso. Al fine di evitare decisioni estremamente divergenti, il sistema dovrebbe fornire una semplice e chiara indicazione dei paesi considerati non sicuri.

2.4.

In relazione all’articolo 7, concernente i «soggetti che offrono protezione», è importante valutare correttamente le capacità dei soggetti privati e delle organizzazioni internazionali di fornire protezione. La scarsità di risorse e l’incertezza giuridica rendono infatti molto difficile per entrambe le categorie garantire una protezione solida e a lungo termine, soprattutto in situazioni di guerra civile o di intensa attività di repressione governativa.

2.5.

L’eventuale protezione interna che un richiedente può ricevere è un fattore pertinente per determinare la concessione della protezione. Le autorità competenti devono prendere in considerazione l’intera gamma di rischi che possono minacciare la sicurezza dei cittadini a seguito di uno sfollamento interno. Territori sicuri possono diventare rapidamente insicuri, per tutta una serie di motivi: sconfitte militari, assistenza e interventi di Stati esteri, azioni di sabotaggio e attentati terroristici. Sebbene l’articolo 8 sia chiaro nel definire il significato di «sicuro» (anche in riferimento agli spostamenti e alla disponibilità di protezione), spetta alle autorità nazionali europee interpretare i fatti e i dati disponibili.

2.6.

L’articolo 9 definisce in maniera esaustiva gli «atti di persecuzione», ai sensi dell’articolo 1, lettera A, della convenzione relativa allo status dei rifugiati (Convenzione di Ginevra). Questo articolo, in combinazione con gli articoli 10 e 6 concernenti rispettivamente i «motivi di persecuzione» e i «responsabili della persecuzione o del danno grave», dovrebbe essere interpretato in modo da ricomprendere gli atti di persecuzione perpetrati sia da autorità statali che da attori non statali. La realtà della repressione politica e della guerra civile mostra che gli atti di violenza sono commessi da diversi gruppi paramilitari e miliziani, che agiscono sotto la protezione delle autorità statali le quali però solitamente negano qualsiasi coinvolgimento.

2.7.

Il CESE è da sempre favorevole a un’armonizzazione del contenuto della protezione concessa ai rifugiati e a quanti beneficiano della protezione sussidiaria (1). Il contenuto della protezione è un altro fattore fondamentale responsabile dei movimenti secondari all’interno dell’Unione. Ma soprattutto, il CESE ha sempre auspicato un’armonizzazione volta a garantire il livello massimo e non minimo di protezione. La proposta della Commissione propone una serie di iniziative positive in tal senso.

2.8.

Occorrono chiarimenti in merito alle informazioni da fornire, ai permessi di soggiorno e ai documenti di viaggio. Va invece osservato che l’accesso al mercato del lavoro è già stato oggetto di chiarimenti e il livello di protezione è stato aumentato, ad esempio in materia di condizioni di lavoro, libertà di adesione ad organizzazioni e accesso a opportunità di formazione occupazionale, con l’attribuzione ai beneficiari di protezione internazionale degli stessi diritti di cui godono i cittadini degli Stati membri. Tale considerazione riguarda anche il riconoscimento delle qualifiche professionali, la sicurezza sociale, l’assistenza sociale e l’assistenza sanitaria.

2.9.

L’accesso a misure di integrazione (corsi di lingua, programmi di orientamento civico e integrazione, formazione professionale) è una condizione fondamentale per la riuscita dell’integrazione stessa. Le iniziative intese a facilitare l’integrazione sono accolte con particolare favore e dovrebbero essere anzi incoraggiate.

2.10.

Al tempo stesso, trasformare la partecipazione alle misure di integrazione in un presupposto per accedere ad altri servizi, quali l’assistenza sociale (cfr. articolo 34), potrebbe rivelarsi problematico ed è quindi opportuno adottare una formulazione prudente su questo aspetto. Le misure di integrazione devono essere pienamente accessibili e utili al fine di facilitare la partecipazione. I beneficiari di protezione internazionale potrebbero essere esclusi dalle misure di integrazione e dai servizi per i quali è richiesta la partecipazione alle misure di integrazione, ad esempio l’apprendimento della lingua, l’istruzione e l’occupazione.

3.   Osservazioni in merito alla proposta di regolamento che stabilisce una procedura comune

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta e il relativo obiettivo di stabilire una procedura realmente comune di protezione internazionale che sia efficace, equa ed equilibrata. La scelta dello strumento (un regolamento direttamente applicabile in tutti gli Stati membri) è necessaria per conseguire un più elevato livello di armonizzazione e una maggiore uniformità nei risultati delle procedure di asilo in tutti gli Stati membri. Il CESE considera il regolamento un passo nella giusta direzione, che limita i movimenti secondari tra gli Stati membri, favorendo in tal modo l’esercizio del principio di solidarietà.

3.2.

Le procedure devono essere chiare e garantire la prevedibilità. In merito ai termini, risulta ragionevole il mantenimento del parametro dei sei mesi per l’accesso del richiedente alla procedura e per la conclusione dell’esame delle domande sia nella fase amministrativa sia in quella d’impugnazione.

3.3.

Per quanto riguarda le eccezioni, è necessario chiarire che cosa si intenda per «domande infondate e inammissibili»

3.4.

Il CESE appoggia pienamente la fornitura di assistenza da parte dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo agli Stati membri che ricevono un numero sproporzionato di domande simultanee.

3.5.

Il CESE accoglie con favore la definizione di garanzie procedurali a tutela dei diritti dei richiedenti. Questo è un ambito in cui la posizione della Commissione è sempre stata chiara. Tutti i richiedenti che arrivano in uno Stato membro si trovano in condizioni di vulnerabilità, avendo quasi tutti compiuto un lungo viaggio, in situazioni di grande disagio e pericolo. E per riuscire ad adattarsi e collaborare con le autorità, devono superare una serie di barriere linguistiche, culturali e psicologiche. Anche se le nuove procedure proposte sono più chiare, la loro applicazione spetterà alle autorità dello Stato membro. E se queste ultime incontreranno difficoltà a operare in base alle nuove procedure, dovranno essere individuate forme di assistenza e di sostegno.

3.6.

Per quanto riguarda la volontà di armonizzare le norme in materia di paesi sicuri, il CESE appoggia in linea generale la progressiva transizione verso un’armonizzazione completa, allo scopo di sostituire gli elenchi nazionali di paesi sicuri con elenchi europei o designazioni a livello UE, entro cinque anni dall’entrata in vigore del regolamento (2).

3.7.

Per quanto riguarda la procedura di impugnazione, la proposta della Commissione sancisce il diritto a un ricorso effettivo, con termini espliciti e con un effetto sospensivo automatico, salvo nei casi di rifiuto nell’ambito di procedure accelerate, non ammissione da parte del primo paese di asilo e domande reiterate, rifiuto a causa di ritiro esplicito o implicito, e decisioni relative a un precedente ricorso.

3.8.

Il periodo per il quale è concessa la protezione ha un impatto diretto sulle prospettive di integrazione e dovrebbe essere sufficientemente lungo da consentire di prevedere incentivi per i beneficiari di protezione internazionale, le autorità e i datori di lavoro.

4.   Osservazioni in merito alla direttiva recante norme relative all’accoglienza

4.1.

Il CESE si è impegnato attivamente a favore dell’armonizzazione delle condizioni di accoglienza per i richiedenti protezione internazionale, non soltanto per ridurne i movimenti secondari, ma principalmente per aumentare le possibilità di successo dell’integrazione e la piena protezione dei diritti fondamentali.

4.2.

Il CESE accoglie con favore l’obbligo per gli Stati membri di prevedere piani di emergenza per assicurare l’adeguata accoglienza dei richiedenti nel caso di un loro afflusso in numero sproporzionato.

4.3.

Il CESE appoggia pienamente l’obiettivo della Commissione di aumentare l’autosufficienza dei richiedenti e le possibili prospettive di integrazione. Questo obiettivo è in linea con la posizione del Comitato a favore di un accesso più rapido al mercato del lavoro, e di un accesso a servizi e programmi per facilitare l’integrazione (ad esempio, corsi di lingua). Pertanto la riduzione del termine per l’accesso al mercato del lavoro da un massimo di nove mesi a un massimo di sei mesi dalla presentazione della domanda rappresenta un passo nella giusta direzione.

Bruxelles, 14 dicembre 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Cfr. il parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta» — COM(2009) 551 definitivo — 2009/0164 (COD) (GU C 18 del 19.1.2011, pag. 80).

(2)  La posizione del CESE in materia è stata formulata nel parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE» [COM(2015) 452 final] (GU C 71 del 24.2.2016, pag. 82).


Top