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Document 52013AE5439

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi COM(2013) 401 final

OJ C 170, 5.6.2014, p. 68–72 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/68


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi

COM(2013) 401 final

2014/C 170/11

Relatore: FRANK VON FÜRSTENWERTH

La Commissione, in data 11 giugno 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi

COM(2013) 401 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 161 voti favorevoli, 2 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede da oltre due decenni che siano istituiti meccanismi di ricorso collettivo a livello europeo, che, in caso di violazione di diritti collettivi, consentano una tutela giuridica efficace. Le misure di tutela giuridica collettiva dovrebbero coprire tutti gli ambiti nei quali i cittadini sono tutelati dal diritto dell'Unione europea, e nel contempo rispettare le differenti tradizioni giuridiche degli Stati membri.

1.2

Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che la Commissione europea abbia finalmente preso l'iniziativa in tal senso, e abbia invitato gli Stati membri a dotarsi di sistemi di ricorso collettivo a livello nazionale basandosi su una serie di principi comuni europei. Un'iniziativa siffatta era auspicata da tempo. I meccanismi di ricorso collettivo sono sia nell'interesse dei cittadini europei che in quello delle imprese che operano in maniera corretta e conforme alla legge. Essi tutelano l'economia dalla concorrenza sleale e rafforzano la fiducia dei cittadini europei nell'economia stessa.

1.3

Il CESE si rammarica che la Commissione non abbia presentato alcuna proposta di direttiva in materia. Una semplice comunicazione accompagnata da una raccomandazione, infatti, non è sufficiente per garantire la necessaria uniformità di attuazione negli Stati membri. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di presentare una proposta di direttiva. L'azione collettiva è l'unica procedura in grado di garantire una tutela pienamente efficace dei diritti collettivi in tutta l'Unione europea.

1.4

Il CESE riconosce gli sforzi profusi dalla Commissione per adottare un approccio equilibrato che garantisca i diritti processuali fondamentali delle parti ed impedisca gli abusi. Il CESE appoggia inoltre l'intento della Commissione di prevedere ricorsi collettivi di natura sia inibitoria che risarcitoria. Bisognerebbe esaminare la possibilità di ampliare i tipi di ricorso.

1.5

Il CESE apprezza il fatto che la Commissione sia contraria ad adottare il modello statunitense della «class action»: un ricorso collettivo di diritto europeo deve appunto essere qualcosa di differente dalla «class action» di tipo statunitense. Le cautele previste al riguardo dalla Commissione sono adeguate ed appropriate. I patti di quota lite (onorari forensi legati all'esito della causa: contingency fees), che si risolvono in un incentivo al contenzioso, e i risarcimenti sanzionatori (o «punitivi»: punitive damages) vengono giustamente esclusi. Le regole in materia di legittimazione ad agire e di addebito delle spese del procedimento devono essere rivedute nell'ottica dell'accesso alla giustizia.

1.6

Il CESE condivide la posizione della Commissione secondo cui occorrerebbe garantire ai singoli il diritto di scegliere se partecipare a una procedura di ricorso collettivo (opt-in). Tuttavia, esso ravvisa anche dei casi in cui sarebbe vantaggioso prevedere una procedura opt-out. In particolare quando i danneggiati sono molti e il pregiudizio subito è molto limitato, può infatti essere opportuno estendere automaticamente la procedura di ricorso a tutti i possibili danneggiati. Non è chiaro, però, se, per casi come questo, la Commissione consideri giuridicamente accettabile applicare il sistema dell'opt-out. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di precisare la sua proposta. Il CESE raccomanda inoltre di istituire un registro centrale europeo dei ricorsi per fornire informazioni ai potenziali ricorrenti.

1.7

Il CESE ha sempre posto l'accento sul potenziale dei meccanismi di composizione extragiudiziale delle controversie. Accoglie quindi con favore l'approccio scelto al riguardo dalla Commissione, che ravvisa in questi meccanismi uno strumento complementare e facoltativo per le parti e affida al giudice il compito di promuovere la risoluzione consensuale delle liti.

1.8

Il CESE raccomanda poi di prevedere disposizioni specifiche che risolvano i conflitti di leggi in relazione ai ricorsi collettivi. Le disposizioni sul finanziamento dei ricorsi collettivi vanno completate. Per le organizzazioni di utilità sociale, il rischio finanziario deve essere gestibile. Esistono già disposizioni in tal senso negli Stati membri.

2.   Sintesi della comunicazione e della raccomandazione della Commissione

2.1

Nella comunicazione la Commissione riassume i risultati della consultazione effettuata nel 2011 sul tema Verso un approccio europeo coerente in materia di ricorsi collettivi  (1). Inoltre, essa illustra la sua posizione in merito alle questioni fondamentali della tutela collettiva dei diritti. Nella raccomandazione pubblicata parallelamente alla comunicazione (2), la Commissione esorta gli Stati membri a dotarsi di sistemi di ricorso collettivo a livello nazionale basandosi su una serie di principi comuni europei. Gli Stati membri dovrebbero integrare tali principi nei rispettivi sistemi nazionali entro due anni; e dopo quattro anni la Commissione dovrebbe verificare se debbano essere proposte ulteriori misure legislative.

2.2

Meccanismi di ricorso nazionali dovrebbero essere disponibili nei settori in cui il diritto dell'Unione conferisce diritti ai cittadini e alle imprese. La Commissione intende migliorare l'accesso alla giustizia, ma nel contempo instaurare le opportune garanzie per evitare un abuso del contenzioso.

3.   Osservazioni generali

3.1

Da oltre vent'anni il CESE si esprime — nel quadro di discussioni anche molto accese sulla posizione da assumere — a favore della creazione di meccanismi di ricorso collettivo a livello europeo, i soli in grado di garantire una tutela giurisdizionale efficace in caso di violazione di diritti collettivi (3). L'accesso effettivo alla giustizia è un diritto fondamentale dei cittadini sancito, in quanto tale, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. I meccanismi di ricorso collettivo sono destinati ai cittadini dell'Unione, ma anche alle piccole e medie imprese nei casi di danni di massa e danni diffusi, in cui il rischio finanziario di un ricorso individuale sarebbe probabilmente sproporzionato rispetto al danno subito. Essi riguardano ampi settori quali, ad esempio, la protezione dei consumatori, la concorrenza, la tutela dell'ambiente e la protezione dei dati personali. Solo in tal modo il diritto sancito dall'articolo 47, primo comma, della suddetta Carta può essere davvero reso effettivo.

3.2

Alla luce di tali considerazioni, il CESE si compiace dell'iniziativa ora intrapresa dalla Commissione, anche se avrebbe desiderato un intervento ben più rapido e tempestivo, nonché più mirato quanto alla scelta degli strumenti giuridici. La questione della tutela giurisdizionale dei diritti collettivi viene discussa a livello europeo dal 1985, per cui erano da tempo attese delle decisioni in merito (4).

3.3

Il CESE constata con rammarico che la Commissione ha scelto lo strumento della direttiva esclusivamente per il settore del diritto della concorrenza (5). Esso, infatti, ha sempre posto l'accento sul fatto che una raccomandazione non è sufficiente per garantire la necessaria efficacia e un'applicazione uniforme negli Stati membri (6). Considerato che le procedure variano notevolmente da uno Stato membro all'altro, soltanto una direttiva garantirebbe un livello minimo di armonizzazione ma al tempo stesso lascerebbe un margine di discrezionalità sufficiente per tener conto delle specificità dei diversi ordinamenti giuridici nazionali. Il CESE chiede dunque alla Commissione di presentare al più presto una proposta di direttiva.

3.4

È positivo il fatto che la Commissione segua un'impostazione di tipo orizzontale. Infatti, come il CESE ha già avuto occasione di far osservare, ambiti d'intervento politico quali la tutela dei consumatori, il mercato interno e la concorrenza siano strettamente interconnessi (7). Le iniziative volte ad agevolare il risarcimento dei danneggiati devono essere pienamente coordinate, così da evitare inutili duplicazioni normative. Il CESE, pertanto, si compiace del fatto che la Commissione abbia concepito la raccomandazione in esame e la proposta di direttiva sul diritto della concorrenza come parti di un unico pacchetto (8).

3.5

Il CESE dà atto alla Commissione di avere adottato un approccio equilibrato, che, tenendo conto delle differenti tradizioni giuridiche, garantisce i diritti processuali fondamentali delle parti e nel contempo dispone le garanzie idonee ad impedire gli abusi.

3.6

E il CESE invoca da sempre una tutela efficace contro le pratiche abusive. Esso esprime quindi particolare apprezzamento per il rifiuto della Commissione di adottare il modello statunitense della «class action». Il Comitato, infatti, ha sempre sottolineato che un ricorso collettivo di diritto europeo non può essere una «class action» di tipo statunitense (9); e ha perciò sempre raccomandato di evitare di consentire i patti di quota lite e le clausole che prevedano incentivi economici per soggetti terzi (10). Nelle raccomandazioni in esame queste richieste sono state accolte.

3.7

La Commissione, inoltre, sottolinea giustamente che le azioni risarcitorie collettive dovrebbero servire a ottenere compensazione per i danni che si accertino derivati da violazioni del diritto dell'Unione. Le funzioni sanzionatoria e deterrente dovrebbero invece essere demandate ai procedimenti instaurati dai pubblici poteri.

3.8

Il CESE, tuttavia, deplora che la Commissione non abbia presentato alcuna proposta specifica in materia di competenza territoriale (foro competente) e di diritto applicabile. Può infatti accadere che, nelle controversie transfrontaliere, il giudice si trovi a dover applicare norme di ordinamenti diversi in materia di risarcimento del danno; così come non si può escludere una competenza parallela di più giudici, e quindi il rischio che i ricorrenti scelgano in maniera opportunistica il foro da adire (forum shopping).

4.   Osservazioni particolari

4.1   Ricorsi inibitori e risarcitori

4.1.1

Il CESE nota con soddisfazione che le proposte in esame prevedono, per i casi di «danno di massa», ricorsi collettivi di natura sia inibitoria che risarcitoria. Al riguardo, inoltre, va evidenziato in positivo anche il fatto che le considerazioni della Commissione valgano evidentemente sia per le controversie di modesta entità che per quelle il cui oggetto ha un elevato valore economico.

4.1.2

Detto ciò, potrebbe essere opportuno, in un'ottica di tutela dei consumatori, interrogarsi sull'utilità di circoscrivere i ricorsi collettivi alle sole azioni inibitorie e risarcitorie. Potrebbe infatti essere utile prevedere ulteriori mezzi di tutela collettiva per i casi in cui due o più persone siano danneggiate da un medesimo fatto illecito costituito dalla violazione di norme dell'UE: si potrebbe, ad esempio, prendere in considerazione la possibilità di prevedere azioni di accertamento, di annullamento e di garanzia. Queste possibilità dovrebbero essere tenute presenti dalla Commissione.

4.2   Ruolo del giudice

4.2.1

Nei suoi pareri precedenti, il CESE ha posto l'accento sulla centralità del giudice nelle procedure di ricorso collettivo (11), e adesso si rallegra di constatare che le sue raccomandazioni in tal senso sono state recepite dalla Commissione. Un esame preliminare da parte del giudice, volto ad accertarsi che il ricorso non sia palesemente infondato, è un importante elemento di tutela contro l'abuso dei ricorsi collettivi.

4.2.2

Per quanto alle autorità pubbliche sia attribuita la potestà di far accertare le violazioni del diritto dell'UE, l'esperimento dell'azione privata non dovrebbe essere consentito soltanto dopo la conclusione del procedimento avviato dall'autorità pubblica. Tempi procedurali lunghi possono risolversi di fatto in un diniego di giustizia. Al riguardo le funzioni del giudice — ad esempio ai fini della sospensione temporanea della procedura — possono essere rafforzate.

4.3

Legittimazione ad agire. Onde evitare un abuso del contenzioso, bisognerebbe stabilire criteri chiari e univoci per la legittimazione ad agire delle organizzazioni rappresentative. Il CESE si compiace pertanto anche del fatto che la Commissione abbia previsto una serie di requisiti minimi per le organizzazioni che rappresenteranno i danneggiati. È giusto che tali organizzazioni siano di pubblica utilità e che non vi sia alcun conflitto d'interessi. È invece eccessivo e inaccettabile che, tra i suddetti requisiti minimi, debba rientrare anche quello di «avere sufficienti capacità, in termini di risorse finanziarie e umane e di competenza legale»: infatti, ci si può chiedere in base a quali parametri si debba decidere se tali condizioni sussistano o meno nei singoli casi concreti. Sul punto è necessaria una riflessione approfondita, cui procedure legislative recentemente adottate negli Stati membri possono dare un forte impulso.

4.4

Effettività del risarcimento. È estremamente importante che i danneggiati siano pienamente risarciti del valore effettivo della perdita subita (12). E le raccomandazioni della Commissione tengono conto di questo principio. In relazione a ciò, merita di essere sottolineato positivamente anche il fatto che non siano ammessi onorari forensi consistenti in una quota del risarcimento ottenuto dal ricorrente (13).

4.5   Procedure con sistema opt-in oppure opt-out

4.5.1

Nel suo parere del 14 febbraio 2008 il CESE ha descritto nei dettagli i pregi e i difetti dei sistemi opt-in e opt-out riguardo ai ricorsi collettivi (14). In quella stessa sede, nonché in pareri successivi, si è pronunciato a favore di un sistema «misto» che combinasse i vantaggi di entrambi quei sistemi (15).

4.5.2

Bisognerebbe garantire ai singoli il diritto di scegliere se partecipare a una procedura di ricorso collettivo (opt-in), anziché esservi associati soltanto in via presuntiva salvo loro espressa decisione contraria (opt-out) (16). Detto ciò, il CESE ravvisa anche delle situazioni in cui il sistema opt-out presenta dei vantaggi: in particolare nei casi in cui i danneggiati sono molti e il pregiudizio subito è molto limitato, può essere opportuno estendere automaticamente la procedura di ricorso a tutti i possibili danneggiati (17).

4.5.3

Il ricorrente dovrebbe dunque essere un'organizzazione rappresentativa qualificata, nel senso indicato nella raccomandazione della Commissione.

4.5.4

Non è chiaro, però, se, per casi come questi, la Commissione consideri giuridicamente accettabile applicare il sistema dell'opt-out. Essa si limita piuttosto ad osservare genericamente che si può derogare al principio dell'opt-in (solo) per motivi di buona amministrazione della giustizia, senza però spiegare, purtroppo, in quali casi sussistano questi motivi. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di precisare la sua proposta (18).

4.6

Informazioni sui ricorsi collettivi. Il CESE deplora il fatto che la raccomandazione non preveda un registro elettronico dei ricorsi, istituito a livello europeo, per la notifica e la convocazione dei potenziali ricorrenti. Un registro siffatto, consultabile dai danneggiati in ogni parte dell'Unione europea, potrebbe essere realizzato in maniera efficiente e a costi ragionevoli (19) e aiuterebbe i cittadini europei e le imprese a far valere i loro diritti.

4.7

Procedure alternative di composizione delle controverse collettive. Le procedure extragiudiziali di composizione delle controversie collettive possono costituire un utile complemento alla risoluzione delle stesse per via giudiziaria (20). Il CESE ha sempre posto l'accento sul potenziale di tali meccanismi alternativi (21). Esso accoglie quindi con favore l'approccio adottato al riguardo, che prevede la possibilità di ricorrere anche a questi meccanismi, riconoscendo loro un ruolo complementare al contenzioso e di strumento facoltativo per le parti. Inoltre, è indispensabile che, in pendenza di queste procedure extragiudiziali, i termini di prescrizione o decadenza non decorrano; e la Commissione dovrebbe indicarlo con chiarezza, come ha già fatto nel caso delle azioni risarcitorie collettive «conseguenti».

4.8

Azioni risarcitorie collettive «conseguenti». Nei campi in cui vengono avviate procedure su iniziativa di autorità pubbliche — ad esempio in materia di regole di concorrenza — si deve garantire un'attuazione efficace delle norme europee da parte delle autorità, e nel contempo agevolare l'attuazione dei diritti al risarcimento delle vittime delle violazioni di queste norme (22). In merito la proposta della Commissione è equilibrata, perché, fintanto che i procedimenti avviati dalle autorità non si sono conclusi, i termini di prescrizione o decadenza non decorrono a carico dei danneggiati.

4.9   Finanziamento dei ricorsi collettivi

4.9.1

I ricorsi collettivi non infondati devono poter essere proposti, senza che i costi elevati delle procedure restringano di fatto tale possibilità. Il CESE apprezza pertanto il fatto che la Commissione inviti gli Stati membri ad assicurarsi che le relative procedure non siano eccessivamente costose.

4.9.2

Anche in questo caso, però, la Commissione dovrebbe precisare ulteriormente le sue considerazioni. Per organizzazioni rappresentative di pubblica utilità, le spese legali e processuali possono rappresentare un ostacolo insormontabile, in particolare quando, in caso di soccombenza, possano esser tenute al pagamento, ad esempio, di onorari peritali così elevati da minacciare la loro stessa sopravvivenza. Per tali organizzazioni, quindi, bisognerebbe considerare seriamente la possibilità di una limitazione delle spese processuali — come prevedono già le normative sociali e del lavoro di alcuni Stati membri. Per i casi di illecito arricchimento, è opportuno considerare seriamente la possibilità di introdurre un sistema di sequestro dei proventi a favore delle organizzazioni di pubblica utilità.

4.9.3

Analogamente, il CESE condivide la decisione di consentire, a determinate condizioni, che i ricorsi collettivi siano finanziati da terzi. Le condizioni poste a tal fine dalla Commissione, come ad esempio la trasparenza riguardo all'origine dei mezzi finanziari, sono appropriate e idonee a scongiurare l'abuso dei ricorsi collettivi.

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2010) 135 final del 31.3.2010.

(2)  Principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (GU L 201 del 26.7.2013, pag. 60).

(3)  In proposito si vedano GU C 162 del 25.6.2008, pag. 1; GU C 128 del 18.5.2010, pag. 97); GU C 181 del 21.6.2012, pag. 89).

(4)  Cfr. in proposito GU C 162 del 25.6.2008, cit., punti 3.6 ss. e 7 ss., e GU C 128 del 18.5.2010, cit..

(5)  COM(2013) 404 final dell'11.6.2013.

(6)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 8.1.

(7)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 40, punto 4.2.1.

(8)  Sul punto cfr. la nota 10 della comunicazione della Commissione COM(2013) 401 final dell'11.6.2013.

(9)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.1.2, e GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(10)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.1.2, e GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(11)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.3 ss., e GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(12)  GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(13)  GU C 228 del 22.9.2009, cit., punto 4.8.4.

(14)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.2 ss.

(15)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.2.3.1, GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3, e GU C 228 del 22.9.2009, cit., punti 4.4.1 e 4.4.2.

(16)  GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(17)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.2.3.1, GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3, e GU C 228 del 22.9.2009, cit., punti 4.4.1 e 4.4.2.

(18)  La Commissione dovrebbe, anche in questo caso, chiarire quando e a quali condizioni il sistema opt-out è compatibile con il principio del contraddittorio, sancito negli articoli 41, paragrafo 2, e 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ciò è particolarmente importante per gli Stati membri — come ad esempio la Germania — in cui tale diritto è tutelato dalla Costituzione.

(19)  GU C 228 del 22.9.2009, cit., punto 4.8.5.

(20)  GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.3.5.

(21)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 93.

(22)  GU C 228 del 22.9.2009, cit., punto 3.6.1.


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