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Document 52002DC0441

Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo- Lo stato del mercato interno dei servizi - Relazione presentata nell'ambito della prima fase della strategia per il mercato interno dei servizi

/* COM/2002/0441 def. */

52002DC0441

Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo- Lo stato del mercato interno dei servizi - Relazione presentata nell'ambito della prima fase della strategia per il mercato interno dei servizi /* COM/2002/0441 def. */


RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO - LO STATO DEL MERCATO INTERNO DEI SERVIZI - Relazione presentata nell'ambito della prima fase della strategia per il mercato interno dei servizi

INDICE

Sintesi

INTRODUZIONE

I. Frontiere del mercato interno dei servizi

A. Frontiere giuridiche

1. Difficoltà relative allo stabilimento degli operatori di servizi

2. Difficoltà relative all'uso di input per la prestazione di servizi

3. Difficoltà relative alla promozione dei servizi

4. Difficoltà relative alla distribuzione dei servizi

5. Difficoltà relative alla vendita dei servizi

6. Difficoltà relative alla fase post-vendita

B. Frontiere non giuridiche

1. Difficoltà relative alla carenza di informazioni

2. Difficoltà di carattere culturale e linguistico

II. Caratteristiche comuni delle frontiere giuridiche

A. Carattere evolutivo delle frontiere

1. Prassi amministrative

2. Regionalizzazione delle frontiere

3. Applicazione degli strumenti comunitari

4. Norme collettive non statali

5. Comportamento degli operatori

B. Carattere orizzontale delle frontiere

1. Applicazione di un regime unico allo stabilimento e alla prestazione di servizi

2. Incertezza giuridica in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi

3. Applicazione dello stesso tipo di prescrizioni in settori diversi

C. Origine comune delle frontiere

1. Mancanza di fiducia reciproca tra Stati membri

2. Resistenza alla modernizzazione dei quadri giuridici nazionali

3. Protezione di interessi economici nazionali

III. Impatto delle frontiere

A. Effetti a catena sull'intera economia e sulla competitività europea

1. Ruolo chiave dei servizi nell'economia

2. Interdipendenza dei servizi

3. Domanda di servizi transfrontalieri

4. Costi delle frontiere

5. Effetti negativi sulla crescita e sulle prestazioni dell'economia europea

B. Principali soggetti danneggiati

1. Piccole e medie imprese

2. Utenti dei servizi, soprattutto i consumatori

C. Scarsa credibilità del mercato interno dei servizi

1. Percezione del mercato interno come uno spazio rischioso

2. Strategia dell'"accomodamento"

3. Strategia del "mercato nero"

Conclusioni

ALLEGATO

Avvertenza

Scopo della presente relazione è quello di presentare le difficoltà nell'espletamento di attività di servizio tra Stati membri, così come denunciate dalle parti interessate nelle consultazioni svolte dalla Commissione e dagli Stati membri, o che emergono da reclami, interrogazioni - scritte e orali - e petizioni al Parlamento, o da studi e indagini. Le consultazioni, accompagnate da studi specifici, continueranno al fine di ottenere ulteriori informazioni, in particolare sulla situazione dei consumatori nel mercato interno dei servizi.

La relazione non è volta:

- a pronunciarsi sulla compatibilità dei provvedimenti - da cui derivano le difficoltà - con il diritto comunitario e soprattutto con i principi di libera prestazione dei servizi e/o di libertà di stabilimento nonché col diritto comunitario derivato. Tali provvedimenti possono infatti essere giustificati da obiettivi d'interesse generale come la tutela della salute, dei consumatori, dei lavoratori o dell'ambiente. La relazione non anticipa la posizione che prenderà la Commissione sulle denunce sotto esame o che le saranno inviate in futuro. Alcune delle difficoltà emerse possono già essere state giustificate dalla Corte oppure essere state da essa sanzionate. Altre possono essere disciplinate da strumenti comunitari in vigore ed essere dovute alla loro cattiva applicazione o anche essere oggetto di iniziative normative della Commissione;

- a fissare i provvedimenti da adottare per risolvere le difficoltà, come le necessità di armonizzazione o di adeguamento delle norme in vigore o le procedure d'infrazione da avviare nei confronti di taluni Stati membri.

Nel corso della seconda fase dell'attuazione della strategia per il mercato interno dei servizi, la Commissione effettuerà una valutazione giuridica ed economica per stabilire le iniziative da proporre a livello comunitario miranti a risolvere le difficoltà incontrate dai fornitori e dai destinatari dei servizi. Tale valutazione avrà luogo insieme a tutte le parti interessate, comprese le organizzazioni di consumatori.

Sintesi

Il Consiglio europeo di Lisbona ha adottato un programma di riforme economiche che mira a fare dell'Unione europea "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo" entro il 2010. Un elemento chiave di tale programma è la realizzazione di un mercato interno dei servizi. A tal fine, la Commissione ha messo a punto una "strategia per il mercato interno dei servizi" che si articola in due fasi. La presente relazione completa la prima fase, presentando un inventario il più completo possibile delle frontiere che sussistono nel mercato interno dei servizi. La relazione analizza inoltre le caratteristiche comuni di tali frontiere e traccia una prima valutazione del loro impatto economico.

Svoltasi nel corso del 2001 e nei primi mesi del 2002, la consultazione su vasta scala sulla quale si basa la presente relazione ha coinvolto il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale, il Comitato delle Regioni, gli Stati membri e le parti interessate. La relazione servirà da punto di partenza per le azioni che saranno avviate nel 2003 nell'ambito della seconda fase. Vista l'interdipendenza tra le diverse attività di servizio, la relazione, secondo quanto delineato dalla strategia per il mercato interno dei servizi, adotta un approccio orizzontale piuttosto che settoriale. La relazione copre, quindi, un'ampia gamma di attività, come i servizi di consulenza alle imprese, di certificazione, di intermediazione immobiliare, d'ingegneria industriale, di costruzione, di distribuzione, di turismo, di svaghi o di trasporti. Inoltre, poiché le difficoltà che può incontrare un consumatore o un prestatore di servizi in un determinato momento della sua attività possono avere delle conseguenza negative sull'intera attività transfrontaliera, la relazione individua le difficoltà che caratterizzano tutte le fasi della prestazione di un servizio: dallo stabilimento del prestatore, attraverso l'uso degli input (fattori di produzione) necessari per la fornitura del servizio, la promozione, la distribuzione e la vendita del servizio, fino alla fase post-vendita. La relazione passa in rassegna tutte le difficoltà percepite come ostacoli dai prestatori e dagli utenti dei servizi ma non si pronuncia in questa sede sulla compatibilità degli ostacoli riscontrati con il diritto comunitario. Tale questione sarà affrontata nella seconda fase della strategia, il cui obiettivo sarà quello di definire e mettere in atto le soluzioni più opportune.

Un elemento chiave per valutare lo stato di avanzamento del mercato interno dei servizi è il consumo di servizi. In proposito, la relazione sottolinea che i destinatari dei servizi, soprattutto i consumatori, sono le principali vittime delle disfunzioni del mercato interno dei servizi. I consumatori possono, ad esempio, trovare o acquistare servizi in altri Stati membri solo con difficoltà, o pagarli troppo, o non hanno abbastanza fiducia per acquistarveli. La seconda fase della strategia per il mercato interno dei servizi permetterà di approfondire tipo e impatto delle difficoltà incontrate dai consumatori di servizi in modo da predisporre le soluzioni adeguate.

I servizi sono il motore della crescita economica.

La crescita economica si basa sostanzialmente sui servizi. Essi rappresentano il 70% del PNL e dell'occupazione nella maggior parte degli Stati membri. Nelle economie moderne, i servizi sono presenti in tutti i settori, compresi i comparti manifatturieri tradizionali, come l'industria automobilistica, che offrono servizi finanziari, di consulenza, di formazione e di locazione. Diversi fattori legati alla domanda hanno contribuito allo sviluppo di un numero sempre crescente di servizi vari che vanno dai settori più tradizionali, quali i trasporti, il commercio al dettaglio, le telecomunicazioni, il turismo e le professioni regolamentate, a servizi nati più di recente, quali la gestione dei rifiuti, la conservazione dell'energia, i servizi alle imprese, come consulenza gestionale, trattamento dati, prove ed analisi tecniche.

Le potenzialità di crescita dei servizi non possono, tuttavia, essere realizzate pienamente, poiché lo sviluppo delle attività di servizio tra Stati membri continua ad essere ostacolato dalle numerose frontiere che caratterizzano il mercato interno.

Le frontiere del mercato interno incidono più sui servizi che sulle merci...

I servizi sono molto più influenzati delle merci dalle frontiere che sussistono nel mercato interno. A causa del suo carattere complesso e immateriale e del fatto che si basa sul know-how e sulle qualifiche del prestatore, la fornitura di servizi è spesso soggetta a norme molto più complesse che interessano l'intera attività. Inoltre, se taluni servizi possono essere forniti a distanza, numerosi altri servizi continuano a richiedere la presenza permanente o temporanea del prestatore di servizi nello Stato membro in cui il servizio viene fornito. Mentre, nel caso delle merci, sono queste ultime ad essere esportate, nel caso della prestazione di servizi, sono spesso il prestatore stesso, il suo personale, le sue attrezzature e il suo materiale a dover varcare i confini nazionali. Di conseguenza, alcune fasi della prestazione di servizi (se non tutte) possono svolgersi nello Stato membro in cui vengono forniti i servizi e possono essere soggette a norme diverse da quelle dello Stato membro d'origine del prestatore. Ne deriva, inoltre, che le difficoltà incontrate nelle singole fasi non possono essere considerate isolatamente e che occorre, invece, tener conto del loro impatto cumulativo.

...e producono i loro effetti in ogni fase della prestazione di servizi

Gli ostacoli allo stabilimento del prestatore in un altro Stato membro possono derivare, ad esempio, dalla necessità di autorizzazioni o qualifiche professionali o da vincoli inerenti la forma giuridica del prestatore di servizi o l'associazione tra professioni diverse. Dai contributi emergono, innanzitutto, le difficoltà relative al numero di autorizzazioni richieste, alla lunghezza e alla burocrazia delle procedure, al potere discrezionale delle autorità locali e alla duplicazione di requisiti già soddisfatti dal prestatore nello Stato membro d'origine. In secondo luogo, i problemi che si trovano ad affrontare gli operatori quando si impegnano in attività transfrontaliere riguardano l'uso degli input necessari per la fornitura del servizio. A tal proposito, diverse sono le difficoltà che interessano la trasferta dei lavoratori, l'utilizzo, da parte del prestatore, di attrezzature o materiali o il ricorso a servizi professionali transfrontalieri. La promozione dei servizi è resa particolarmente difficile dalle norme restrittive e particolareggiate relative alle comunicazioni commerciali, norme che vanno da un vero e proprio divieto della pubblicità, nel caso di talune professioni, a un controllo rigoroso del loro contenuto in altri casi. La profonda diversità delle legislazioni degli Stati membri in materia ostacola le attività di promozione paneuropea di numerosi servizi.

La distribuzione dei servizi oltrefrontiera si scontra con gli ostacoli più vari. L'obbligo, ad esempio, per il prestatore di stabilirsi o essere residente nello Stato membro in cui il servizio viene fornito impedisce la prestazione di servizi a partire dal luogo d'origine. Inoltre, i requisiti in materia di autorizzazioni, registrazioni o dichiarazioni si combinano con quelli relativi alle qualifiche professionali e con altre condizioni di esercizio delle attività che sono molto diverse da quelle dello Stato membro d'origine del prestatore. I problemi che sono direttamente legati alla vendita transfrontaliera dei servizi derivano dalle differenze in materia di diritto contrattuale, di prezzi fissi o raccomandati per taluni servizi, di imposizione e rimborso dell'IVA (soggetta negli Stati membri a tassi diversi), di sistemi di classificazione e di procedure. Infine, anche nella fase post-vendita, i prestatori possono trovarsi ad affrontare difficoltà particolari dovute alle differenze tra Stati membri in materia di responsabilità e assicurazione professionale o in materia di garanzie finanziarie, oppure difficoltà riguardanti i servizi di manutenzione o riparazione quando, per fornirli, è necessario un distacco transfrontaliero di personale. In fin dei conti, tutti i prestatori di servizi incontrano prima o poi delle frontiere. Il più delle volte sono interessate diverse fasi, se non addirittura tutte le fasi, dell'attività transfrontaliera. Anche nei paesi candidati sono stati segnalati dei problemi, il che aumenterà le difficoltà al momento dell'allargamento.

... anche nei confronti dei consumatori

Mancanza di trasparenza o di fiducia, norme divergenti tra Stati membri: sono tutti elementi che impediscono ai consumatori (cioè, a gran parte della domanda), di beneficiare effettivamente dei vantaggi del mercato interno e di svolgere il loro ruolo come parte integrante del mercato. Dal lato dei consumatori, la difficoltà di ottenere informazioni, i problemi di accesso a servizi transfrontalieri e la debole protezione, ad esempio contro comportamenti abusivi, contribuiscono a frammentare il mercato interno nel settore dei servizi.

A queste difficoltà si aggiungono la carenza di informazione e le frontiere di tipo culturale e linguistico.

Gli operatori economici e i consumatori hanno difficoltà ad ottenere informazioni precise sul quadro normativo, sulle autorità competenti e sulle procedure degli altri Stati membri. Inoltre, le imprese e i consumatori non sanno, molto spesso, che i principi del mercato interno consentono loro di contestare provvedimenti ingiustificati e sproporzionati e di pretendere il rispetto del loro diritto di prestare e ricevere servizi. Le consultazioni hanno peraltro evidenziato la questione delle frontiere linguistiche e culturali nonché la tendenza di numerose imprese a continuare a pensare solo in termini di mercato nazionale, il che rende la vita particolarmente difficile ai consumatori.

Le frontiere presentano caratteristiche comuni in tutte le attività di servizio.

Malgrado la loro apparente diversità, le frontiere hanno numerosi punti in comune sia per quanto riguarda l'origine che per quanto concerne gli effetti. È vero che i precedenti programmi relativi al mercato interno hanno permesso di far scomparire le frontiere fisiche e tecniche, ma è anche indubbio che queste ultime sono state sostituite da "frontiere giuridiche" poste in essere da norme nazionali, regionali e locali. Alcune nuove frontiere derivano, inoltre, dal comportamento delle amministrazioni e, in particolare, dal loro potere discrezionale o da procedure gravose e non trasparenti che avvantaggiano gli operatori locali. Altre difficoltà sono da attribuire, invece, alla cattiva applicazione di taluni strumenti dell'Unione europea. È evidente che gli Stati membri nutrono scarsa fiducia nella qualità degli ordinamenti giuridici degli altri Stati membri e sono restii a modificare, anche quando è necessario, la propria normativa per facilitare le attività transfrontaliere.

Molte delle frontiere individuate sono di tipo orizzontale e influenzano tutta una serie di attività di servizio. Una loro caratteristica comune è data dal fatto che gli Stati membri applicano un regime unico sia agli operatori di servizi che desiderano stabilirsi sul loro territorio che a quelli che intendono prestare i propri servizi dal loro paese d'origine. Per questi ultimi, che sono già soggetti alle norme e al controllo dello Stato di stabilimento, può derivarne una duplicazione di norme e vincoli sproporzionata. Un altro tratto comune è l'incertezza giuridica che scaturisce dall'applicazione caso per caso, da parte delle autorità nazionali, di prescrizioni poco chiare il cui risultato è spesso imprevedibile.

Le frontiere del mercato interno dei servizi hanno un impatto sull'intera economia...

L'impatto delle frontiere individuate nella presente relazione si fa avvertire in tutti i settori dell'economia. Gli ostacoli che si trova ad affrontare un determinato servizio hanno un effetto a catena su tutti gli altri servizi e sulle attività industriali a causa dell'integrazione dei servizi nell'attività manifatturiera. I servizi sono strettamente collegati fra loro. Vengono spesso forniti e utilizzati in combinazione con altri servizi e costituiscono degli input per ogni fase dell'attività di un altro servizio. Per esempio, un dettagliante stabilito in un determinato Stato membro che vuole stabilirsi in altri Stati membri potrebbe voler utilizzare i servizi di agenti immobiliari, arredatori, architetti, ingegneri, imprese edili, banche e compagnie di assicurazione con cui lavora di solito nel proprio paese d'origine. Nella maggior parte dei casi, ciò si rivela impossibile a causa delle difficoltà che si trovano ad affrontare i singoli prestatori di servizi; ad esempio il fatto che non possiedono le autorizzazioni o le qualifiche richieste negli altri Stati membri. Lo stabilimento del dettagliante in questione potrebbe risultarne ritardato o reso più oneroso e difficile, con un conseguente impatto negativo sui servizi che il dettagliante stesso offre ai produttori e ai consumatori. L'interdipendenza dei servizi richiede di procedere, nel corso della seconda fase, a una valutazione economica più approfondita delle difficoltà individuate che non si limiti all'impatto su una determinata attività ma che affronti gli effetti su tutta l'economia.

Le frontiere del mercato interno dei servizi comportano dei costi eccessivi per le imprese impegnate in attività tra Stati membri. Un operatore di servizi che desideri accedere al mercato di un determinato paese stabilendosi in quest'ultimo od offrendo dei servizi transfrontalieri dovrà sostenere considerevoli costi di assistenza legale. L'assistenza legale è indispensabile per stabilire la misura in cui il prestatore può esportare il suo modello imprenditoriale, verificando se alcune delle sue componenti, come la strategia promozionale, debbano essere adattate. Tali costi vanno ad aggiungersi a quelli derivanti dalle differenze linguistiche e culturali inerenti alle abitudini commerciali e di consumo. E poiché è possibile incontrare degli ostacoli in ogni fase della prestazione di servizi, questi costi sono destinati ad accumularsi lungo tutta l'attività. Ai costi dell'assistenza legale vanno ad aggiungersi, inoltre, i costi legati all'adeguamento del modello imprenditoriale. L'impossibilità di utilizzare lo stesso modello imprenditoriale in tutto il mercato interno impedisce alle imprese di trarre beneficio dalle economie di scala. La conseguenza di tutti questi effetti negativi è una cattiva allocazione delle risorse dell'impresa, che, per tali motivi, tende a ridurre gli investimenti nell'innovazione e nella differenziazione dei servizi. E, se si considera il ruolo chiave dei servizi, ci si rende conto che a risentirne sono le prestazioni dell'intera economia.

...ma sono soprattutto le PMI e, in fin dei conti, i consumatori a risentirne in modo particolare.

Le piccole e medie imprese (PMI) svolgono un ruolo importante nel campo dei servizi, ma le loro possibilità di crescita al di là dei confini nazionali sono seriamente compromesse. Rispetto alle loro concorrenti più grandi, esse hanno maggiori difficoltà ad affrontare gli ostacoli, soprattutto perché le spese di assistenza legale sono fisse e non sono proporzionate alle dimensioni dell'impresa. Di conseguenza, le PMI saranno scoraggiate dall'impegnarsi in attività transfrontaliere che le porrebbero in una posizione concorrenziale svantaggiosa rispetto agli operatori locali. Particolarmente penalizzate sembrano essere le PMI originarie dei piccoli Stati membri o degli Stati membri periferici. Le PMI possono, inoltre, diventare un bersaglio allettante per le imprese più grandi, che potrebbero avere tutto l'interesse ad acquisirle per via della loro conoscenza locale, della loro esperienza e del loro potenziale d'innovazione.

A pagare, tuttavia, il prezzo di queste restrizioni sono gli utenti dei servizi e in particolare i consumatori europei, poiché gli viene negata la possibilità di usufruire di una maggiore varietà di servizi caratterizzati da una qualità superiore e da prezzi più competitivi. Si tratta, in definitiva, di una situazione che incide anche sulla loro qualità di vita e che li danneggia sia direttamente che indirettamente: direttamente quando delle disposizioni legislative o delle prescrizioni amministrative impediscono loro di utilizzare servizi provenienti da altri Stati membri; indirettamente quando le frontiere esistenti dissuadono le imprese dall'offrire i propri servizi a clienti residenti in altri Stati membri o comportano prezzi più elevati o servizi meno diversificati o di qualità inferiore. Un'ulteriore danno è costituito dalla mancata creazione di posti di lavoro nell'intero settore dei servizi.

Queste frontiere vanno eliminate rapidamente, se si vuole conseguire l'obiettivo della riforma economica.

Dieci anni dopo quello che avrebbe dovuto essere il completamento del mercato interno, si registra ancora un grosso divario tra la visione di un'Europa economica integrata e la realtà vissuta dai cittadini europei e dagli operatori di servizi. Le frontiere, percepite come un serio condizionamento alla prestazione e all'uso dei servizi, sono molto più numerose del previsto e agiscono da freno sull'economia europea e sulle sue potenzialità di crescita, competitività e creazione di occupazione.

È chiaro che l'obiettivo del Consiglio di Lisbona di fare dell'economia europea l'economia più competitiva del mondo potrà essere conseguito soltanto se si introdurranno dei cambiamenti sostanziali che consentano di eliminare quanto prima le frontiere del mercato interno dei servizi. La natura e la portata dei problemi da risolvere richiedono uno sforzo notevole e un impegno politico chiaro da parte delle istituzioni europee e degli Stati membri affinché il mercato interno funzioni anche per i servizi. La presente relazione deve servire da supporto alle azioni che saranno intraprese nel 2003, nell'ambito della seconda fase della strategia per il mercato interno dei servizi, alla luce delle prossime discussioni tra il Parlamento europeo, gli Stati membri e le parti interessate.

La presente relazione, unitamente alle reazioni che essa susciterà, servirà da base per il lavoro che dovrà essere intrapreso nell'ambito della prossima fase della strategia per un mercato interno dei servizi. Si tratterà di azioni legislative e non legislative di cui occorre ancora stabilire con precisione la portata e il contenuto previa un'ulteriore analisi. Per quanto concerne le eventuali proposte legislative, si deve trovare un buon equilibrio tra la necessità di evitare una regolamentazione europea troppo ampia e dettagliata e l'esigenza di proteggere gli obiettivi d'interesse generale in gioco. Per quanto riguarda le misure non legislative, la Commissione si concentrerà, in via prioritaria, sulle misure concrete di informazione e di assistenza necessarie perché consumatori e imprese possano trarre vantaggio da tutte le potenzialità del mercato interno.

INTRODUZIONE

I servizi sono onnipresenti nell'economia moderna. Essi producono quasi il 70% del PNL e dell'occupazione e offrono un considerevole potenziale di crescita e di creazione di posti di lavoro. La realizzazione di tale potenziale e l'offerta ai cittadini e alle imprese europee di servizi più competitivi e di migliore qualità rappresentano due obiettivi fondamentali della riforma dell'economia comunitaria. Tuttavia, occorre fare ancora molto perché il mercato interno dei servizi funzioni veramente.

I capi di Stato e di governo europei hanno riconosciuto l'esistenza di questa sfida. Il Consiglio europeo di Lisbona di marzo 2000 ha invitato la Commissione e gli Stati membri ad attuare una strategia che miri ad eliminare gli ostacoli che si oppongono alla libera circolazione dei servizi [1]. La necessità di agire in tal senso è stata evidenziata anche in occasione dei Vertici europei di Stoccolma e di Barcellona del 2001 e del 2002, mentre il Consiglio "Mercato interno, consumatori e turismo", nelle sue conclusioni relative alla revisione delle priorità dell'Unione europea per la riforma economica, ha sottolineato che il miglioramento del funzionamento del mercato interno dei servizi rimane "una sfida strategica di primaria importanza per la Comunità". [2]

[1] Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Lisbona, 24.3.2000, 17. Più recentemente, il Consiglio, nella sua raccomandazione 10093/02 del 21 giugno 2002 sugli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità, ritiene che occorra rilanciare le riforme strutturali e, in particolare, "creare un contratto interno dei servizi che funzioni efficacemente, eliminando gli ostacoli agli scambi transfrontalieri e all'ingresso sul mercato".

[2] 2412a riunione del Consiglio (Mercato interno/Consumatori/Turismo), Bruxelles, 1 marzo 2002, doc. 6496/02 MI 35.

In risposta all'appello lanciato al Vertice di Lisbona, nel dicembre del 2000, la Commissione ha definito una strategia globale per il mercato interno dei servizi [3] che riconosce l'impatto della società dell'informazione sulle modalità di prestazione e utilizzazione dei servizi. Mentre, da un lato, un numero sempre maggiore di imprese, ricorrendo a una combinazione di tecniche, soddisfa le esigenze della propria clientela e fornisce servizi on-line e off-line, dall'altro, per completare il mercato interno dei servizi on-line [4], occorre garantire la riuscita del mercato interno dei servizi off-line.

[3] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, "Una strategia per il mercato interno dei servizi", COM(2000) 888 def., del 29.12.2000.

[4] Si noti che nell'ambito del piano d'azione e-Europa 2005, la Commissione, insieme agli Stati membri, riesaminerà la legislazione in vigore al fine di censire ed eventualmente eliminare i fattori che impediscono alle imprese di lanciarsi nelle transazioni elettroniche e i consumatori di beneficiare del mercato interno. Questo riesame mira soprattutto a far sì che la fornitura di beni e servizi off-line possa beneficiare, come le attività on-line, di un autentico mercato interno. Inaugurato da un vertice per le questioni elettroniche, che si terrà nel 2003, il riesame, aperto a tutte le parti interessate, darà a rappresentanti di alto livello degli ambienti economici la possibilità di descrivere le difficoltà incontrate nel quadro dell'e-business.

L'obiettivo della strategia è quello di far sì che i servizi possano essere forniti attraverso tutta l'Unione europea con la stessa facilità con cui vengono prestati all'interno di uno stesso Stato membro. La strategia si basa, innanzitutto, su un approccio orizzontale che attraversa tutti i settori dell'economia interessati dai servizi e si articola in due fasi: la prima, che si conclude con la presentazione della presente relazione, consiste nell'individuare e analizzare le difficoltà che possono ostacolare la libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, accelerando altresì una serie di iniziative già varate. Tra queste, esistono misure d'accompagnamento per dare una visione completa dell'occupazione nel settore dei servizi e del valore aggiunto di quest'ultimo. La raccolta di informazioni e l'analisi economica sono completate da studi sulla produttività nei servizi e sulla "economia immateriale". Alla luce di quest'analisi, la seconda fase avrà per oggetto l'elaborazione di soluzioni adeguate ai problemi individuati. Si tratta di un approccio che ha ricevuto l'approvazione del Parlamento europeo [5], del Comitato economico e sociale [6] e del Comitato delle Regioni. [7]

[5] Risoluzione del Parlamento europeo sulla Comunicazione della Commissione "Una strategia per il mercato interno dei servizi", A5-0310/2001, 4.10.2001.

[6] Parere del Comitato economico e sociale sulla Comunicazione della Commissione "Una strategia per il mercato interno dei servizi" (supplemento di parere), CES 1472/2001 def., del 28.11.2001.

[7] Parere del Comitato delle regioni sulla Comunicazione della Commissione "Una strategia per il mercato interno dei servizi", CDR 134/2001 def., del 27.06.2001.

La strategia per il mercato interno dei servizi è coerente con tutta una serie di altre iniziative volte a migliorare il funzionamento di quest'ultimo.

Riguardo alle iniziative per il mercato interno, la "Revisione 2002 della strategia per il mercato interno" [8] le passa in rassegna, evidenziando i progressi compiuti in vari campi. Vanno menzionati, in particolare, i progressi relativi all'attuazione del piano d'azione per i servizi finanziari, l'adozione del regolamento sui pagamenti transfrontalieri in euro, l'approvazione del pacchetto sui servizi e le reti di comunicazione elettronica e della direttiva sui servizi postali, la prossima adozione del pacchetto legislativo sugli appalti pubblici o, ancora, la presentazione da parte della Commissione di proposte volte ad armonizzare le norme sulle attività di promozione delle vendite e a stabilire una normativa uniforme, trasparente e flessibile sul riconoscimento delle qualifiche professionali.

[8] Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, "Revisione 2002 della strategia per il mercato interno - Mantenere l'impegno preso", COM(2002) 171 def., dell'11.4.2002.

In merito alla tutela dei consumatori, lo sviluppo della politica dei consumatori a livello dell'UE è da sempre il corollario essenziale dell'instaurazione progressiva del mercato interno. La libera circolazione delle merci e dei servizi ha richiesto l'adozione di norme comunitarie che garantissero una tutela sufficiente degli interessi dei consumatori nonché l'eliminazione degli ostacoli normativi e delle distorsioni alla concorrenza. La strategia adottata dalla Commissione il 12 maggio 2002, e segnatamente l'approccio comunitario che mira a un alto livello comune di tutela dei consumatori [9], intende reagire soprattutto alla scarsa fiducia dei consumatori nei confronti degli acquisti transfrontalieri. D'altra parte, dalla consultazione lanciata dal libro verde sulla tutela dei consumatori [10] è emerso che le norme a tutela dei consumatori in vigore nell'UE, essendo inadeguate alle sfide di un mercato in costante evoluzione, andavano riformate. Numerose risposte hanno segnalato che le disparità tra le norme nazionali, soprattutto nel campo delle pratiche di commercializzazione, danno luogo a forti distorsioni della concorrenza. La maggior parte delle risposte alla consultazione in cui viene espressa una preferenza ha auspicato che la riforma avvenga in base a una direttiva-quadro sulle pratiche commerciali leali nelle relazioni tra imprese e consumatori. Per ridurre la frammentazione giuridica e migliorare così la fiducia dei consumatori, la direttiva-quadro andrà accompagnata dalla revisione, in tempo utile, delle direttive sulla tutela dei consumatori e dalla sostituzione delle loro norme di armonizzazione minima con altre di armonizzazione massima.

[9] Strategia per la politica dei consumatori COM(2002) 208; cfr. anche la comunicazione "Seguito dato al libro verde sulla tutela dei consumatori nell'UE" COM(2002) 289 e, in particolare, il progetto attualmente in fase di consultazione, di una direttiva-quadro sulle pratiche commerciali.

[10] COM(2001) 531 def.

Si noti che la tutela del consumatore può comportare obblighi per i servizi d'interesse generale come i trasporti, l'energia (elettricità, gas), le telecomunicazioni e i servizi postali. In proposito, la comunicazione della Commissione "I servizi d'interesse generale in Europa" sottolinea l'importanza di tali servizi e il ruolo degli obblighi di servizio pubblico o di altri obblighi relativi alla tutela del consumatore cui talune attività possono andare soggette.

Riguardo al diritto dei contratti, si possono citare le future iniziative [11] che seguiranno la consultazione lanciata dalla comunicazione sul diritto europeo dei contratti [12] per risolvere problemi giuridici che intralciano il funzionamento del mercato interno.

[11] In seguito alla richiesta del Consiglio e del Parlamento europeo, la Commissione presenterà l'iniziativa entro la fine del 2002.

[12] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul diritto contrattuale europeo, COM(2001) 398 def., dell'11.07.2001.

Quanto all'attuazione del dialogo sociale europeo, sono stati avviati o portati a termine approcci comuni soprattutto sulle competenze, le qualifiche e la promozione della qualità in molti settori, come i servizi alle persone, i servizi di pulizia, di sicurezza privata e di costruzione.

In merito alla libera circolazione delle persone, la soppressione dei controlli sulle persone alle frontiere interne, divenuta realtà in base all'acquis di Schengen, integrato nell'UE dal trattato di Amsterdam [13], faciliterà i contatti tra prestatori di servizi e loro clienti potenziali [14]. La soppressione dei controlli contribuirà anche gradualmente a far sì che i cittadini e i vari soggetti economici divengano maggiormente coscienti di tutte le dimensioni dello spazio senza frontiere interne.

[13] GU L 239 del 22.09.2000.

[14] La libera circolazione, senza controlli delle persone alle frontiere interne tra gli Stati membri, è naturalmente un vantaggio per i cittadini dell'UE e i membri delle loro famiglie, ma permette anche agli stranieri, se titolari di un permesso di soggiorno rilasciato da uno Stato membro (articolo 21 della Convenzione sull'applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata il 19 giugno 1990 a Schengen) di circolare liberamente senza visto sul territorio degli Stati membri per un periodo non superiore a tre mesi. Ma tale quadro giuridico non garantisce che un prestatore di servizi, cittadino di un paese terzo, possa fornire il suo servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito.

Circa la dimensione internazionale, va detto che esistono sinergie tra la politica del mercato interno e la politica commerciale esterna, come i negoziati sui servizi nell'ambito del GATS. In particolare, occorrerà tenere conto dei risultati delle discussioni in corso sulle normative nazionali dal punto di vista dell'articolo VI :4 del GATS.

Fornendo una visione d'insieme dell'attuale mercato interno, questa relazione rappresenta una tappa fondamentale nel processo di creazione di un vero mercato interno dei servizi. Per la prima volta dal 1962 e da quando sono stati varati i "programmi generali" per l'eliminazione delle restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi [15], la Commissione si è impegnata in un'analisi esauriente di tutte le difficoltà che sussistono nel mercato interno dei servizi. I progressi compiuti dopo l'adozione dei programmi generali restano limitati. Il libro bianco sul completamento del mercato interno adottato dalla Commissione nel 1985 [16] indicava che "i progressi in materia di libera prestazione dei servizi da uno Stato membro all'altro sono stati molto più lenti di quelli che hanno caratterizzato la libera circolazione delle merci". La relazione Cecchini del 1992 [17] concludeva, dal canto suo, che le notevoli potenzialità di crescita del settore dei servizi "sono frenate artificialmente da norme e prassi che ostacolano notevolmente la libera circolazione dei servizi e il gioco della concorrenza tra le imprese di servizi".

[15] Programmi generali per la soppressione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi e alla libertà di insediamento, GU C 2, del 15.1.1962.

[16] Il completamento del mercato interno - Libro bianco della Commissione al Consiglio europeo (Milano, 28-29 giugno 1985), COM(85) 310, del 14.6.1985.

[17] "The European Challenge, 1992: The Benefits of a Single Market", Paolo Cecchini, Wildwood House (per conto della Commissione europea), 1988.

Sono già stati adottati provvedimenti per eliminare le difficoltà più ovvie che limitano lo sviluppo dei servizi nel mercato interno. Tali provvedimenti sono frutto del ruolo della Commissione di custode del Trattato e dell'esercizio del suo potere di iniziativa per proporre azioni di armonizzazione tese a far funzionare il mercato interno. Essi hanno permesso al mercato interno di raggiungere un livello d'integrazione economica più elevato rispetto alle integrazioni regionali esistenti altrove nel mondo. Nonostante i progressi, le parti interessate hanno individuato numerose difficoltà, che sono oggetto di questa relazione.

Quest'ultima è fondata, in primo luogo, sulla consultazione su vasta scala delle parti interessate, ma si è avvalsa anche di altre fonti d'informazione quali le interrogazioni scritte e le petizioni del Parlamento europeo, i reclami presentati alla Commissione, gli studi economici e statistici, nonché i contributi degli Stati membri. Svoltasi nel corso del 2001 e nei primi mesi del 2002, la consultazione è stata avviata per raccogliere informazioni di prima mano sulle difficoltà che ostacolano lo sviluppo della prestazione transfrontaliera di servizi all'interno dell'Unione europea. La consultazione ha riguardato i problemi riscontrati sia durante la prestazione e l'utilizzazione dei servizi che al momento dello stabilimento in un altro Stato membro. Dalla giurisprudenza della Corte emerge chiaramente che può costituire una restrizione qualsiasi misura che abbia l'effetto di ostacolare, intralciare o rendere meno interessanti la prestazione transfrontaliera di servizi, l'utilizzazione di servizi transfrontalieri o lo stabilimento di un prestatore in un altro Stato membro. Gli esempi di difficoltà presentati in questa relazione riguardano, quindi, non solo i divieti, le discriminazioni o le condizioni impossibili da soddisfare, ma anche diversi tipi di prescrizioni che, quando applicate alle imprese di altri Stati membri, ostacolano la libertà di stabilimento o la libera prestazione di servizi. Benché in alcuni casi siano dovute alla complessità, alla gravosità o alla mancanza di trasparenza di norme e prassi, il più delle volte tali difficoltà sono da ricondurre semplicemente alle differenze considerevoli che esistono tra le varie normative nazionali.

L'obiettivo primario della presente relazione è quello di descrivere la realtà del mercato interno così come viene percepita dai prestatori e dagli utenti dei servizi, senza pronunciarsi sull'effettiva giustificazione di ogni ostacolo.

La relazione abbraccia, inoltre, settori che sono già oggetto di iniziative o strumenti comunitari e si basa anche sulle osservazioni presentate nell'ambito della consultazione sugli ostacoli incontrati dalle imprese dell'Unione europea nei paesi candidati all'adesione. In questi paesi, le imprese si trovano ad affrontare gli stessi ostacoli rinvenuti negli Stati membri. A questi si aggiungono, tuttavia, problemi derivanti dall'obbligo della nazionalità e da restrizioni sulla proprietà delle imprese di taluni settori da parte di cittadini stranieri, nonché da restrizioni sull'accesso alla proprietà immobiliare.

In linea con la strategia per il mercato interno dei servizi, la presente relazione ha per oggetto le difficoltà che può incontrare un operatore durante tutte le fasi della sua attività: stabilimento, uso degli input necessari per la fornitura del servizio, promozione, distribuzione e vendita del servizio, fase post-vendita. È chiaro che gli operatori di servizi sono molto più esposti dei produttori di merci agli ostacoli presenti in ogni singola fase della loro attività. Infatti, la prestazione di servizi richiede spesso la presenza permanente o temporanea del prestatore nello Stato membro di destinazione del servizio. Di conseguenza, certe fasi della sua attività (se non tutte) si svolgono in tale Stato membro e sono soggette a norme diverse da quelle dello Stato membro d'origine. Per esempio, un'impresa che intenda stabilirsi o prestare un servizio in un altro Stato membro può incontrare delle difficoltà per ottenere un'autorizzazione (ad esempio il riconoscimento dell'equipollenza delle sue qualifiche), per inviare in trasferta dei dipendenti o utilizzare le proprie attrezzature, per promuovere o distribuire i propri servizi, per concludere contratti con i propri clienti e fornire loro garanzie e assistenza post-vendita. La presenza di ostacoli in una di queste fasi può essere sufficiente a rendere tutta l'attività transfrontaliera meno interessante.

In linea, inoltre, con l'approccio orizzontale della strategia per il mercato interno dei servizi, la presente relazione descrive ostacoli che interessano una vastissima gamma di attività economiche. Ciò è dovuto non solo al fatto che alcuni ostacoli, come le procedure di autorizzazione, interessano settori diversi in modo simile, ma anche al fatto che i servizi sono strettamente collegati tra loro, per cui un ostacolo che interessa un determinato servizio produce effetti a catena su tutta una serie di altri servizi. Per valutare, quindi, le frontiere del mercato interno dei servizi e il relativo impatto complessivo è necessario un approccio globale.

I servizi svolgono un ruolo chiave nell'economia e nella vita di ogni cittadino. Le frontiere del mercato interno dei servizi incidono, quindi, non soltanto sulla competitività dei prestatori dei servizi, ma privano, allo stesso tempo, i destinatari dei servizi, vale a dire le imprese e i consumatori dell'UE, dell'accesso a una più ampia gamma di servizi di migliore qualità, più innovativi e meno costosi.

I. Frontiere del mercato interno dei servizi

Se si tiene conto della definizione di "mercato interno" contenuta nel trattato CE ("uno spazio senza frontiere interne") e dell'obiettivo, fissato nella comunicazione "Una strategia per il mercato interno dei servizi", di "rendere le attività transfrontaliere agevoli quanto quelle svolte all'interno di uno Stato membro", occorre constatare che il mercato interno dei servizi è ben lungi dall'essere una realtà. È possibile distinguere due grandi categorie di problemi: quelli che derivano direttamente o indirettamente da vincoli giuridici e quelli che derivano da fattori non giuridici.

A. Frontiere giuridiche

L'espressione "frontiere giuridiche" abbraccia tutti gli ostacoli allo sviluppo delle attività di servizio tra Stati membri derivanti direttamente o indirettamente da un vincolo giuridico e aventi l'effetto di vietare, ostacolare o rendere meno attraenti tali attività. Può trattarsi di difficoltà legate alle diverse norme nazionali, a problemi derivanti dal comportamento delle autorità nazionali o all'incertezza giuridica causata dalla complessità di talune situazioni transfrontaliere. Il risultato è, in ogni caso, lo stesso: consumatori e imprese sono dissuasi dall'usare servizi provenienti da altri Stati membri e i prestatori di servizi sono dissuasi dall'offrire i propri servizi in altri Stati membri. [18]

[18] L'uso dell'espressione "frontiere giuridiche" è da ricondurre proprio all'"effetto frontiera" prodotto da questo tipo di ostacoli e al fatto che queste nuove frontiere si sostituiscono ampiamente alle frontiere "tecniche", "fisiche" e "fiscali" inventariate nel libro bianco del 1985 sul completamento del mercato interno.

L'inventario degli ostacoli qui di seguito riportato presenta le difficoltà che può incontrare un operatore di servizi quando decide di esercitare la libertà di stabilimento o di prestazione dei servizi per sviluppare le proprie attività in altri Stati membri. Si tratta di difficoltà segnalate nel corso della consultazione dalle parti interessate e dagli Stati membri, nonché delle difficoltà che emergono dai reclami presentati alla Commissione, dalle interrogazioni scritte e dalle petizioni del Parlamento europeo, dai recenti casi esaminati dalla Corte e dagli studi o indagini di cui la Commissione sia venuta a conoscenza. Questo metodo (il cui scopo è quello di verificare il funzionamento del mercato interno dei servizi) ha tre implicazioni importanti:

- l'inventario non prende posizione sulla compatibilità degli ostacoli segnalati con il diritto comunitario; tale questione sarà oggetto della seconda fase della strategia, che si concentrerà sulle soluzioni, affrontando, in particolare, le esigenze di armonizzazione. Lo scopo dell'inventario non è quello di mettere in discussione la necessità o il contenuto delle norme nazionali in quanto tali, ma soltanto di rilevare i problemi che esse hanno eventualmente causato quando sono state applicate ad attività transfrontaliere;

- le difficoltà segnalate possono già essere oggetto di iniziative comunitarie in corso, di strumenti o provvedimenti comunitari, di procedure d'infrazione o di sentenze della Corte;

- talune difficoltà potrebbero non essere state segnalate, benché questo rischio sia stato ridotto al minimo dal ricorso a una molteplicità di fonti informative.

Per compilare un inventario il più ampio possibile di tutte le difficoltà che ostacolano lo sviluppo delle attività di servizio tra Stati membri [19], si è cercato di individuare i problemi che può incontrare un prestatore di servizi in qualunque fase della sua attività transfrontaliera: lo stabilimento in un altro Stato membro (fase 1); il trasferimento di personale o l'utilizzo delle proprie attrezzature (fase 2); la promozione dei servizi (fase 3); la distribuzione dei servizi (fase 4); la vendita dei servizi (fase 5); la fase post-vendita (fase 6). L'inventario qui di seguito riportato presenta tutte le difficoltà individuate in ciascuna fase di questa catena economica.

[19] L'inventario ha tenuto conto anche delle difficoltà segnalate nei paesi candidati. Si noti che anche in questi ultimi si riscontrano molte delle difficoltà rinvenute negli Stati membri.

1. Difficoltà relative allo stabilimento degli operatori di servizi

Dalla consultazione è emerso che un cittadino di uno Stato membro, o un'impresa già stabilita in uno Stato membro, che intenda stabilirsi in un altro Stato membro per esercitarvi un attività di servizio può incontrare numerose difficoltà. Queste ultime hanno un impatto particolarmente grave nel settore dei servizi poiché, contrariamente alle merci, che, grazie alle reti di distribuzione, possono circolare tra Stati membri senza lo spostamento fisico del produttore, le prestazioni di servizi si basano su un know-how che rende necessario un rapporto diretto tra il prestatore e il proprio cliente. Benché tale rapporto possa essere garantito anche dallo spostamento fisico temporaneo del prestatore o dalla fornitura del servizio a distanza (modalità preferite dalle PMI), lo stabilimento nel mercato in questione resta una strategia commerciale importante [20], soprattutto nel caso in cui l'operatore abbia l'intenzione di insediarsi durevolmente in un determinato paese o nel caso in cui voglia adattarsi a condizioni specifiche del mercato o rafforzare la fiducia del cliente. Inoltre, la complessità della regolamentazione dei servizi, legata al fatto che la qualità dipende direttamente dalle caratteristiche del prestatore, comporta una serie di prescrizioni che non si ritrovano nelle normative relative alle merci, ad esempio le norme specifiche riguardanti la forma giuridica del prestatore o i limiti relativi alle attività multidisciplinari.

[20] Si veda, in particolare, lo studio "Service internationalisation - Characteristics, Potential, Barriers", A. Henten, T. Vad, CRIC workshop, Manchester 1-3.10.2001, 3, secondo cui i servizi dipendono più dei prodotti dallo stabilimento transfrontaliero.

(i) Monopoli e altri limiti quantitativi riguardanti l'accesso alle attività

I regimi di monopolio esistenti in taluni Stati membri sono stati segnalati poiché hanno l'effetto di ostacolare lo stabilimento del prestatore di servizi proveniente da altri Stati membri che non prevedono simili monopoli. Può trattarsi di un monopolio affidato a un'entità particolare, come quello esistente in settori parzialmente liberalizzati (servizi postali, settore energetico, ecc.), del monopolio della distribuzione di taluni prodotti [21], che può interessare in modo particolare i servizi di distribuzione, o di attività riservate esclusivamente a determinati operatori [22].

[21] Ad esempio, l'alcool e il tabacco.

[22] Ad esempio, i giochi o la distribuzione dei prodotti farmaceutici. Si veda, anche, lo studio dell'OCSE "Regulatory reform in road freight and retail distribution" Economic Department working papers n. 255, 10.08.2000, 39 ss., e lo studio realizzato per conto della Commissione "Barriers to Trade in Business Services", Centre for Strategy and Evaluation Services, gennaio 2001, p. 15.

I limiti quantitativi all'accesso alle attività di servizio che esistono in certi Stati membri, come le quote o il numero chiuso relativi al numero di prestatori [23], le superfici massime [24] o la distanza geografica [25], limitano il numero di prestatori di servizi e possono avvantaggiare gli operatori nazionali nei confronti dei nuovi arrivati.

[23] Alcune norme nazionali prevedono, ad esempio, una sola impresa di ripulitura dei camini per distretto o comune.

[24] Ad esempio, per i servizi di distribuzione.

[25] Ad esempio, in uno Stato membro, i laboratori medici possono effettuare analisi soltanto su campioni raccolti in un raggio di 60km. In un altro, la distanza minima tra gli ottici è fissata a 350 metri. In un altro ancora, i supermercati devono essere ubicati nel centro città, il che ostacola l'apertura di nuovi esercizi.

Per esempio, tra le difficoltà che sono state segnalate figurano le norme di uno Stato membro che prevedono un limite di 1 ottico per ogni 10.000 abitanti o di 1 autoscuola per ogni 15.000 abitanti.

Dei limiti territoriali possono restringere, in certi Stati membri, l'autorizzazione per attività di servizio [26] a una determinata regione o località, obbligando, in tal modo, i prestatori che intendano coprire l'intero territorio nazionale a stabilirsi in diverse regioni.

[26] Ad esempio, i servizi di sicurezza privata. Per quanto riguarda le difficoltà incontrate da questo tipo di servizi, si veda lo studio condotto per la CoESS/UNI-Europa e finanziato dalla Commissione "A comparative overview of legislation concerning the private security industry in the European Union", ECOTEC, maggio 2002. Si noti che nel quadro del dialogo sociale, le parti sociali europee per il settore della sicurezza privata, CoESS (datori di lavoro) e UNI-Europa (sindacati) hanno firmato, il 13 dicembre 2001, una dichiarazione congiunta sull'armonizzazione europea delle legislazioni che regolano il settore della sicurezza privata.

(ii) Obbligo di nazionalità o di residenza

In alcuni Stati membri è previsto l'obbligo di nazionalità nei confronti degli azionisti, dei dirigenti o del personale di talune imprese di servizi [27] e di talune professioni regolamentate. [28]

[27] Ad esempio, le imprese di "engineering", gli aeroclub, le ONG.

[28] Ad esempio, i chartered surveyor.

Fonte di problemi è anche l'obbligo di residenza, in particolare quello che riguarda i dirigenti delle imprese di servizi [29]. Per esempio, a seconda dei paesi, i 2/3 dei membri del consiglio direttivo, oppure la metà, o almeno un membro, della dirigenza, devono essere residenti.

[29] Può trattarsi dell'obbligo di residenza per il richiedente di una licenza di servizi di telecomunicazione (prima ancora che abbia ottenuto la licenza stessa).

È stato segnalato (ad esempio per i laboratori medici) anche il requisito dello stabilimento unico, che, direttamente o indirettamente, obbliga un operatore che intenda stabilirsi in uno Stato membro a rinunciare al suo stabilimento in un altro Stato membro. Di fatto, questo impedisce l'esportazione del proprio modello imprenditoriale tramite lo stabilimento in diversi Stati membri.

(iii) Procedure di autorizzazione o di registrazione

L'accesso a numerose attività di servizio [30] è soggetto a un regime di autorizzazione preventiva che causa spesso delle difficoltà agli operatori degli altri Stati membri.

[30] Ad esempio, i servizi finanziari, le professioni regolamentate, gli artigiani, i servizi di sicurezza privata, gli organismi di certificazione, i laboratori di controllo dell'acqua potabile, gli organizzatori di fiere, i fornitori di servizi di telecomunicazione, le agenzie di lavoro temporaneo e di collocamento degli artisti, il trasporto e il trattamento dei rifiuti.

La mancata considerazione dei requisiti già soddisfatti dal prestatore in uno Stato membro in cui si è stabilito (ad esempio le cauzioni o garanzie già depositate) [31] può duplicare e moltiplicare i vincoli nei confronti degli operatori presenti in più Stati membri.

[31] Ad esempio, per le agenzie di lavoro temporaneo o i servizi di sicurezza privata.

Il cumulo di autorizzazioni necessarie per talune attività può amplificare notevolmente gli effetti restrittivi nei confronti degli operatori di un altro Stato membro, se non altro perché moltiplica il numero di servizi amministrativi da contattare e di moduli e certificati da presentare [32].

[32] In un contributo si afferma che, per aprire un panificio in un paese, bisogna essere un "collezionista di licenze", poiché le autorizzazioni possono variare a seconda del tipo di prodotti e attività di uno stesso panificio. Tenuto conto di tali difficoltà, l'operatore in questione ha preferito abbandonare il suo progetto di stabilimento. Il cumulo e la duplicazione delle autorizzazioni erano stati evidenziati anche nella "Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni sulle azioni concertate con gli Stati membri nel campo della politica delle imprese" COM(1999) 569 def., 2.1.1.

Per esempio, in uno Stato membro, l'apertura di un hotel o di un ristorante richiede sette licenze diverse a livello locale e nazionale [33]; in un altro, l'apertura di un supermercato richiede al tempo stesso una concessione edilizia, un permesso ambientale e un permesso socioeconomico e, più in generale, comporta l'osservanza di norme urbanistiche a volte molto complesse.

[33] Si veda, Ad esempio, lo studio "Tackling the impact of increasing regulation - A case study of hotels and restaurants", Better Regulation Task force (UK), giugno 2000.

Le procedure e le condizioni associate a tali regimi possono avere effetti restrittivi, o persino discriminatori, nei confronti degli operatori degli altri Stati membri, soprattutto quando tali procedure comportano l'intervento di organismi di cui fanno parte i concorrenti [34] o quando il richiedente deve fornire la prova che la sua richiesta di autorizzazione è giustificata da un'esigenza reale [35].

[34] Ad esempio, quelle applicabili ai servizi di distribuzione.

[35] Ad esempio, in uno Stato membro, si tratta delle esigenze reali dei consumatori rispetto a quelle dei negozi esistenti. In un altro paese, è il criterio dell'assenza di effetti negativi sugli esercizi esistenti nel centro città. In un altro ancora, la concessione della licenza è legata a una condizione relativa all'interesse dell'attività dell'agente artistico "rispetto ai bisogni di collocamento degli artisti di spettacolo".

L'obbligo di registrazione di taluni prestatori di servizi presso un'autorità amministrativa, un ordine professionale, una camera dell'artigianato o un'associazione professionale è frequente e può rivelarsi molto costoso per un operatore presente in più paesi, soprattutto a causa dei contributi annuali da versare e del fatto che, talvolta, è collegato anche all'adesione a un regime specifico di assicurazione contro le malattie.

Il carattere burocratico delle procedure di autorizzazione o registrazione, la loro lunghezza, l'onere della prova, la necessità di asseverare le traduzioni, il prezzo o le tasse da pagare, l'atteggiamento poco costruttivo di talune autorità o la difficoltà del ricorsi amministrativi sono stati segnalati molto frequentemente per il loro effetto dissuasivo nei confronti dei prestatori degli altri Stati membri [36], in particolare nei confronti delle PMI e delle imprese in fase di avviamento. [37]

[36] Ad esempio, le difficoltà relative all'avviamento di un'impresa di distribuzione provocate dai regimi di autorizzazione o registrazione e le formalità amministrative che le accompagnano sono state segnalate nel predetto studio dell'OCSE ( 39 ss.) come una delle principali restrizioni all'accesso al mercato nel settore della distribuzione. Uno studio franco-britannico sul settore dei servizi nel Regno Unito e in Francia sottolinea gli effetti negativi sull'occupazione a livello locale delle norme in materia di licenza e numero chiuso applicabili a talune attività: "Le secteur des services au Royaume Uni et en France. Réduire les obstacles à la croissance de la production et de l'emploi. Rapport franco-anglais", Department of Trade and Industry e Ministère de l'économie, des finances et de l'industrie, 2000, pag. 89.

[37] Un'indagine condotta presso le imprese e allegata al quadro di valutazione del mercato interno di novembre 2000 mostra che la semplificazione delle procedure amministrative rappresenta il primo obiettivo prioritario per le imprese (91% degli intervistati). Cfr., in proposito, la pagina Web: http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/update/score/business.htm.

(iv) Limiti alle attività pluridisciplinari

Varie attività di servizio sono soggette a norme che mirano ad assicurare l'indipendenza e l'autonomia tra attività diverse, impedendone l'esercizio congiunto. La diversità delle norme nazionali in questo campo può avere effetti restrittivi particolarmente forti e ostacolare l'esportazione in un altro Stato membro di un know-how che consiste proprio nel trattare in modo pluridisciplinare, innovativo e meno costoso le varie esigenze che compongono la domanda di un cliente. Questi limiti possono assumere varie forme. Può trattarsi di:

- prescrizioni sulla struttura o la direzione delle imprese di servizi che, per esempio, impediscono le associazioni tra professioni diverse; [38]

[38] Ad esempio, in numerosi Stati membri, gli avvocati non possono essere soci di non avvocati, come commercialisti, consulenti fiscali, consulenti in materia di brevetti, ecc. In uno Stato membro è previsto l'obbligo, per le imprese di consulenza fiscale, di avere come azionisti e membri del consiglio direttivo esclusivamente consulenti e agenti fiscali. Si veda, ad esempio, per le norme in materia applicabili nel Regno Unito, la relazione "Competition in professions", Office of Fair Trading, marzo 2001, 30.

- limiti all'esercizio di attività pluridisciplinari che consistono nello stabilire delle incompatibilità nell'esercizio di attività diverse [39], nell'obbligare il prestatore a dedicarsi esclusivamente ad una sola attività [40] o nell'obbligarlo a fornire attività diverse in locali diversi. [41]

[39] Si vedano, ad esempio, gli studi di casi riguardanti le incompatibilità tra l'attività di revisore dei conti e quella di commercialista nella predetta indagine effettuata per la Commissione "Barriers to Trade in Business Services", op. cit., "Appendices, case studies 6". Si veda anche la sentenza del 9 febbraio 2002, Wouters, C-309/99, relativa a un divieto di collaborazioni integrate tra avvocati ed esperti contabili.

[40] Ad esempio, in uno Stato membro, tale obbligo si applica alle agenzie di lavoro temporaneo.

[41] Ad esempio, le attività immobiliari e le attività assicurative in uno Stato membro.

In uno Stato membro, per esempio, alle agenzie immobiliari è vietato l'esercizio di altre attività professionali quali la gestione patrimoniale, la consulenza finanziaria o le pulizie.

(v) Forma giuridica e struttura interna degli operatori economici

Si tratta di ostacoli particolarmente restrittivi nei confronti degli operatori che sono già stabiliti in uno Stato membro e che non sono soggetti a questo genere di prescrizioni nel loro paese d'origine. La diversità delle norme in questione si traduce, molto spesso, nella necessità, per l'operatore, di creare un'entità giuridica "su misura".

Vincoli sulla forma giuridica possono imporre al prestatore di servizi una forma particolare o, al contrario, vietarla [42]. La situazione può diventare molto complessa per certe attività che sono soggette all'obbligo di avere forme giuridiche diverse a seconda degli Stati membri.

[42] Ad esempio, in uno Stato membro, gli organizzatori di fiere non devono perseguire uno scopo di lucro.

Ad esempio, un avvocato che intenda stabilirsi in un altro Stato membro è costretto a chiudere la sua impresa individuale nello Stato membro in cui è già stabilito, poiché nell'altro Stato membro gli avvocati possono gestire soltanto società a responsabilità limitata. [43]

[43] Sono interessate da questo genere di problemi anche altre attività come quella di revisore dei conti.

Accanto alle prescrizioni discriminatorie che colpiscono gli azionisti (v. sopra) si registra anche la presenza di norme che, in taluni Stati membri, sottopongono a restrizioni il capitale delle imprese di servizi e che, per esempio, impongono un capitale minimo per le società che offrono servizi di sicurezza privata o per le agenzie di lavoro temporaneo. [44]

[44] Può trattarsi di un limite massimo di partecipazione al capitale, come nel settore dei media, o dell'obbligo di trovare altri azionisti o coinvestitori per certi settori di attività. Va notato che il predetto studio franco-britannico annovera tra i principali ostacoli alle attività di servizio anche gli obblighi di capitalizzazione minima (cfr. nota 36).

Anche il numero dei dipendenti delle imprese di servizi può essere soggetto a vincoli del genere, tramite l'imposizione di un numero minimo [45];

[45] Ad esempio, in uno Stato membro, le agenzie di lavoro interinale devono rispettare un rapporto minimo di 12 dipendenti per 100 contratti conclusi l'anno precedente. In altri Stati membri, i servizi di sicurezza privata devono disporre di un numero minimo di dipendenti da determinarsi a seconda delle attività e del territorio coperto.

(vi) Qualifiche professionali

La diversità delle norme in materia di qualifiche professionali può dar luogo a vari tipi di difficoltà per un prestatore di servizi che desidera stabilirsi in un altro Stato membro, in particolare quando si tratta di una professione che non beneficia di un regime di riconoscimento automatico delle qualifiche professionali [46].

[46] Va notato che, indipendentemente dai problemi di riconoscimento delle qualifiche professionali, la diversità di norme sulla formazioni professionale dei dipendenti può dar luogo a una serie di difficoltà; ad esempio, in certi Stati membri, le imprese di servizi di sicurezza privata sono soggette a norme specifiche.

Le diversità di qualifiche, a seconda degli Stati membri, delle attività che rientrano tra le "professioni regolamentate" possono provocare difficoltà poiché molti servizi [47] non sono regolamentati in tutti gli Stati membri e alcuni di essi possono anche esserlo in un solo Stato membro [48]. Di conseguenza, un prestatore di uno Stato membro in cui non si richiede alcun titolo professionale, che intenda stabilirsi in un paese in cui un titolo viene invece richiesto, non potrà beneficiare facilmente di un riconoscimento delle sue qualifiche professionali.

[47] Ad esempio, gli ingegneri e gli "ingegneri consulenti", i consulenti fiscali, gli agenti immobiliari, i surveyor, gli architetti paesaggisti, gli amministratori di condominio, i consulenti, gli artigiani.

[48] Ad esempio, uno Stato membro richiede un titolo specifico per chi svolge attività di stampa di documenti previsti dal diritto del lavoro. Si tratta di un titolo che non esiste in nessun altro Stato membro e che è soggetto a un'autorizzazione e ad un obbligo di iscrizione in un registro nazionale specifico per questa nuova figura professionale.

I test di idoneità richiesti da taluni Stati membri per le attività che non sono soggette a un riconoscimento automatico possono essere fonte di difficoltà, soprattutto per le PMI [49], a causa di una mancanza di trasparenza e di prevedibilità.

[49] Cfr. "Report of the Business Environment Simplification Task Force", op. cit., pag. 65, secondo il quale, in certi settori, l'obbligo dei test di idoneità "has tended to become the rule rather than the exception".

Le differenze relative alle attività permesse da una qualifica professionale possono creare difficoltà e può anche accadere che una stessa attività richieda titoli professionali diversi poiché le denominazioni non corrispondono [50].

[50] Ad esempio, la qualifica di "carpentiere" conseguita in uno Stato membro non autorizza ad esercitare la professione di "falegname-carpentiere" in un altro paese.

Se, per esempio, in un paese, i chartered building surveyor possono elaborare le planimetrie di un edificio, in un altro paese questa funzione è riservata agli architetti.

(vii) Condizioni di esercizio delle attività di servizio

La decisione di stabilirsi in un determinato Stato membro può dipendere non solo dalla diversità delle condizioni d'accesso alle attività di servizio ma anche dalle condizioni del loro esercizio, come il regime di responsabilità professionale, le norme in materia di orario di apertura dei negozi che influenzano le strategie di stabilimento dei servizi di distribuzione [51] oppure le norme di tassazione e di uso delle infrastrutture che possono influenzare lo stabilimento di operatori delle telecomunicazioni [52].

[51] Questo tipo di effetti restrittivi è stato individuato nel precitato studio dell'OCSE (cfr. 49-51).

[52] Ad esempio, la tassazione dei ripetitori GSM o la fissazione delle soglie di emissioni elettromagnetiche.

I vari regimi di imposta sulle società provocano ostacoli che penalizzano lo stabilimento transfrontaliero dei prestatori di servizi [53]. Mentre le imprese vorrebbero considerare il mercato interno come un solo mercato, numerosi problemi nascono dal fatto che le imprese sono obbligate a conformarsi a 15 regimi fiscali diversi. Una situazione che nuoce alle strategie e alle strutture delle imprese. La varietà di leggi, convenzioni e pratiche fiscali provoca costi elevati di adeguamento e rappresenta perciò una limite allo stabilimento che colpisce soprattutto le PMI.

[53] Si veda lo studio « Fiscalità delle società nel mercato interno », SEC(2001)1681 che, fra l'altro, affronta in dettaglio le principali disposizioni fiscali che possono rallentare l'attività economica transfrontaliera nel mercato interno. Basandosi su tale analisi, la Commissione ha presentato una strategia per eliminare gli ostacoli fiscali che frenano l'attività economica transfrontaliera. Comunicazione della Commissione: « Verso un mercato interno senza ostacoli fiscali - Strategia per l'introduzione di una base imponibile consolidata per le attività di dimensione UE delle società. » COM(2001) 582 def.

I prestatori di servizi incontrano particolari difficoltà soprattutto con il trattamento fiscale dei prezzi di storno in seno a un gruppo di società, dei flussi transfrontalieri di redditi tra società associate, della compensazione transfrontaliera delle perdite e delle operazioni transfrontaliere di ristrutturazione. Queste difficoltà li espongono a rischi di doppia imposizione e a elevati costi di conformità.

2. Difficoltà relative all'uso di input per la prestazione di servizi

L'uso transfrontaliero degli input da parte dei prestatori di servizi può assumere due forme. Per offrire i propri servizi, un'impresa già stabilita in uno Stato membro può avere la necessità di spostarsi in un altro Stato membro e utilizzarvi i propri input, ossia il proprio personale, il proprio materiale o i servizi ai quali ricorre abitualmente nel proprio mercato nazionale. Un'impresa può, inoltre, aver bisogno di ricorrere a input provenienti da altri Stati membri. In entrambi i casi, le risposte evidenziano difficoltà. In particolare, l'assunzione transfrontaliera o il distacco del personale possano essere problematici [54] (il che va contro l'obiettivo di facilitare la mobilità dei lavoratori [55]).

[54] Mentre le risorse umane rappresentano uno degli input più importanti per la prestazione di servizi, dai contributi emerge che l'uso e il distacco transfrontaliero del personale continuano a provocare gravi difficoltà ai prestatori di servizi, difficoltà che non conoscono, invece, i produttori di merci. Sul basso livello di mobilità dei lavoratori nelle zone di frontiera, si veda lo studio realizzato per conto della Commissione "Scientific Report on the Mobility of Cross-border Workers within the EEA", MKW Wirtschaftsforschung GmbH, novembre 2001, 1.3.

[55] Si veda, a tal proposito, la "Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, Piano d'azione della Commissione per le competenze e la mobilità", COM (2002) 72 del 13 febbraio 2002.

(i) Trasferta del personale (fisso o interinale) in un altro Stato membro

La prestazione di servizi tra Stati membri richiede spesso il trasferimento temporaneo del personale del prestatore in un altro Stato membro. Su questo punto, essa può incontrare difficoltà. Si noti che la direttiva 96/71/CE [56] prevede un elenco comune di norme minime di tutela che i datori di lavoro, che distaccano lavoratori in seno alla libera prestazione di servizi, devono osservare nel paese ospite.

[56] Direttiva 96/71/CE del Parlamento e del Consiglio del 16 dicembre 1996 relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997, p. 1); la direttiva mira a garantire il rispetto delle libertà fondamentali del trattato e la tutela dei lavoratori. Inoltre, essa costringe gli Stati membri a mettere in atto una cooperazione tra amministrazioni nazionali e a designare uffici di collegamento.

I regimi di dichiarazione preventiva ai quali sono soggette, nella maggior parte degli Stati membri, le trasferte transfrontaliere del personale (fisso o interinale), in particolare nel settore delle costruzioni [57], possono provocare difficoltà agli operatori di altri Stati membri a causa degli eventuali oneri amministrativi che comportano [58]. In alcuni Stati membri, vi si aggiunge l'obbligo, oltre un certo periodo (in genere 3 mesi), di registrare o immatricolare i lavoratori in trasferta presso organismi del lavoro, autorità amministrative competenti o presso la polizia. [59]

[57] Si tratta di formalità che vanno espletate per ogni singolo cantiere. Un prestatore che invia regolarmente in trasferta del personale per brevi periodi di tempo non può ottenere un'autorizzazione che sia valida, ad esempio, per un anno. In uno Stato membro, l'obbligo di dichiarazione preventiva deve essere adempiuto prima dell'apertura di ogni singolo cantiere per ciascun lavoratore temporaneo messo a disposizione da un'agenzia di lavoro temporaneo stabilita in un altro Stato membro.

[58] Ad esempio, i costi di traduzione di taluni documenti di lavoro nella lingua del paese di accoglienza.

[59] Ad esempio, l'obbligo di richiedere un permesso di soggiorno.

La gravosità e la complessità delle formalità amministrative [60], i controlli puntigliosi e quasi sistematici di cui possono essere oggetto i lavoratori in trasferta, gli oneri amministrativi e i ritardi (blocco dei cantieri) che ciò può comportare possono rendere difficoltose le trasferte regolari e di breve durata.

[60] Ad esempio, l'obbligo di redigere taluni documenti sociali e di lavoro, di tenerli a disposizione delle autorità di controllo o di conservarli per un determinato periodo di tempo nel paese di accoglienza (se non addirittura presso un rappresentante societario), nonché l'obbligo di tradurre tutta questa documentazione nella lingua del paese di accoglienza.

È stato per esempio segnalato che un'impresa, per inviare in trasferta due operai per dieci giorni a installare un ascensore, ha dovuto espletare tutta una serie di procedure amministrative (come l'invio all'ispettorato del lavoro di informazioni sui lavoratori in trasferta e sulle misure di sicurezza, nonché la compilazione dei documenti nella lingua del paese di accoglienza) quando tale impresa riteneva di aver già soddisfatto obblighi simili nel proprio paese di stabilimento.

L'applicazione ai lavoratori in trasferta [61] delle norme di diritto del lavoro del paese di accoglienza, senza tener conto degli obblighi e degli oneri già assolti dal datore di lavoro nel paese di stabilimento, può comportare una duplicazione dei prelievi, nonché costi e oneri amministrativi supplementari per i prestatori di altri Stati membri. Tali duplicazioni, soprattutto in materia di retribuzione minima [62] o di congedi retribuiti [63], hanno effetti restrittivi particolarmente forti nel caso delle prestazioni di breve durata e nei confronti delle PMI e dei prestatori stabiliti in una zona di frontiera che, nell'ambito della loro prestazione di servizi, vorrebbero inviare regolarmente in trasferta dei lavoratori in diversi Stati membri.

[61] Indipendentemente dal fatto che essi siano cittadini di uno Stato membro o di un paese terzo.

[62] Per quanto riguarda più specificamente le retribuzioni, diversi contributi indicano che alcune restrizioni derivano dalle differenze esistenti tra i modelli di calcolo dei salari. Alcuni contributi segnalano, ad esempio, delle difficoltà legate alla mancata contabilizzazione, da parte del paese di accoglienza, di tutti gli elementi costitutivi del salario contabilizzati nel paese d'origine (per esempio, tredicesima o quattordicesima), il che può tradursi in un salario più alto di quello imposto dalla legge nel paese di accoglienza.

[63] Ad esempio, l'obbligo di versare i contributi a un'istituzione terza (fondo per le ferie) quando i lavoratori in trasferta beneficiano già di una protezione simile in virtù delle disposizioni nazionali che garantiscono l'indennità ferie. In un caso di questo tipo, il pagamento del compenso è stato sottoposto a sequestro fino al termine del procedimento dinanzi all'autorità giudiziaria.

È stato per esempio segnalato che eseguire lavori in un altro Stato membro, per una piccola impresa artigianale, si è rivelato economicamente non interessante, perché l'obbligo di un accantonamento trimestrale per ogni contributo previdenziale a favore dei propri lavoratori in trasferta la costringeva a eccessivi immobilizzi di tesoreria, pur a fronte di un successivo rimborso di tale somma [64].

[64] Cfr. "Artisanat, Petites entreprises et zones frontalières - Analyse de cas particuliers d'entreprises travaillant en pays limitrophes (seconde action expérimentale)", Conseil Interrégional des Chambres des Metiers Saar-Lor-Lux, 1996.

Gli effetti restrittivi sono rafforzati dall'esistenza di pesanti sanzioni [65], anche di natura penale, la cui applicazione viene talvolta vista come discriminatoria dai prestatori che non rispettano obblighi di dichiarazione preventiva o norme di diritto del lavoro.

[65] Ad esempio, in uno Stato membro, la pena minima è di 1000 euro, anche per semplici errori materiali, e può arrivare a 26.000 euro.

Anche le procedure e le condizioni di trasferta dei cittadini dei paesi terzi, che, in molti Stati membri, sono simili a regimi di autorizzazione de facto [66], nonché la loro lentezza e pesantezza sono state segnalate [67] come fattori che possono rendere la prestazione di servizi difficile, se non illusoria in certi casi [68]. Tali difficoltà possono influenzare i settori di punta in cui gli operatori devono soddisfare il proprio fabbisogno di competenze ricorrendo a personale di paesi terzi (come gli specialisti di software).

[66] Si va dall'obbligo di ottenere, nel paese di accoglienza, un permesso di lavoro, la cui concessione dipende dall'esame della situazione relativa al mercato del lavoro in tale paese, al "visto di lavoro" o al titolo di soggiorno, senza i quali non può aver luogo alcuna trasferta.

[67] Si veda, in proposito, soprattutto lo studio "Managing mobility matters - a European perspective", PriceWaterhouse Coopers, 2002, 2.5, nonché la relazione "Report of High Level Panel on free movement of persons" presieduta dalla Sig.ra Simone Veil e presentata alla Commissione il 18.9.1997 (Relazione Veil), capitolo 6.

[68] Peraltro, il distacco dei lavoratori in un altro Stato membro può essere reso più difficile e oneroso anche dal fatto che i cittadini di paesi terzi, assicurati in uno Stato membro non sono, in via di principio, coperti dalle disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità. I Ministri, durante il Consiglio del 3.6.2002, si sono accordati su una proposta della Commissione mirante a estendere il campo di applicazione del regolamento 1408/71 ai cittadini di paesi terzi.

In diversi Stati membri, il distacco di personale di paesi terzi è soggetto all'obbligo che il lavoratore in questione faccia parte da almeno un anno, se non di più, del personale dell'impresa che lo invia in trasferta. Talvolta è anche previsto che tale lavoratore sia titolare di un contratto a tempo indeterminato. Inoltre, i tempi di concessione del documento o dei documenti richiesti per la trasferta possono essere lunghi (fino a sei mesi in certi casi).

(ii) Ricorso alle agenzie di lavoro temporaneo o a lavoratori interinali di altri Stati membri

Le imprese che hanno la necessità di servirsi di un'agenzia di lavoro temporaneo stabilita in un altro Stato membro o di ricorrere a lavoratori interinali domiciliati in un altro Stato membro [69] si trovano di fronte a varie difficoltà.

[69] Ad esempio, per soddisfare il fabbisogno di competenze, per far fronte a un maggior carico di lavoro (in particolare stagionale) o per beneficiare di una certa flessibilità nella gestione delle proprie risorse.

I regimi di autorizzazione preventiva [70] o l'obbligo di stabilimento [71] imposti alle agenzie di lavoro temporaneo possono impedire agli operatori di ricorrere a un'agenzia stabilita in un altro Stato membro che non disponga di tale autorizzazione. L'effetto è quello di limitare il ricorso degli operatori a lavoratori interinali provenienti da altri Stati membri [72]. Ciò può anche impedire a un fornitore di ricorrere a lavoratori messi a sua disposizione da un'agenzia del suo Stato membro, per prestare servizi in un altro Stato membro in cui tale autorizzazione è richiesta. Siffatti regimi possono anche ritardare, o compromettere, l'esecuzione di un contratto entro i termini richiesti [73].

[70] Gli effetti restrittivi di questi regimi di autorizzazione possono essere amplificati anche dalle condizioni e dalle procedure di autorizzazione, dalla loro lunghezza e dalle cauzioni e garanzie previste. La concessione di un'autorizzazione può essere legata alla qualità o alla struttura del prestatore oppure all'importo del capitale sociale minimo dell'agenzia. Può essere anche subordinata al versamento di cauzioni, garanzie o diritti. In uno Stato membro, un'impresa che si trova ad affrontare un regolare incremento del suo carico di lavoro non ha potuto ricorrere a un'agenzia stabilita in un altro Stato membro a causa dei tempi di concessione della licenza richiesta (4 mesi). Peraltro, l'obbligo, in certi Stati membri, di consultare, in via preliminare, le organizzazioni sindacali, anche nei casi di urgenza, può rallentare notevolmente la procedura.

[71] Potrebbe essere necessario avere un rappresentante locale, o addirittura essere "attivi" in più regioni di uno stesso Stato membro.

[72] Sono stati menzionati in particolare i settori "di nicchia" (come le alte tecnologie, l'aviazione civile) ma anche il settore alberghiero e i settori delle costruzioni, del turismo e della sanità.

[73] Ad esempio, una compagnia aerea non ha potuto servirsi di un'agenzia di lavoro interinale specializzata nella messa a disposizione di piloti di linea perché tale l'agenzia non risiedeva nello Stato membro della compagnia aerea.

I divieti imposti a taluni settori o le restrizioni riguardanti il ricorso al lavoro interinale [74] (come la necessità di giustificare l'esigenza particolare di ricorrere a tale forma di lavoro) variano da uno Stato membro all'altro. Ciò può ostacolare, nell'ambito della prestazione transfrontaliera di un servizio, il distaccamento dei lavoratori interinali impiegati da un'impresa [75].

[74] Questi divieti interessano diversi settori (costruzioni, marina mercantile, settore pubblico, traslochi, attività a bassa qualificazione) ma possono anche essere limitati da considerazioni particolari (incremento del carico di lavoro dell'impresa, esecuzione di compiti specifici e straordinari, sostituzione di dipendenti o attività stagionali, avvio di una nuova attività).

[75] A ciò si aggiungono disposizioni fiscali e sociali specifiche per il lavoro temporaneo che hanno l'effetto di rendere più costosi i lavoratori messi a disposizione da un'agenzia stabilita in un altro Stato membro. Ad esempio, l'impresa utilizzatrice potrà essere soggetta a un doppio prelievo fiscale sin dal primo giorno della prestazione oppure a contributi previdenziali più elevati. In certi Stati membri, potrà anche essere tenuta a versare un'indennità di fine rapporto.

(iii) Altre difficoltà relative all'utilizzazione transfrontaliera dei lavoratori

Dai contributi emerge che gli operatori incontrano difficoltà [76] quando decidono di assumere o impiegare personale in uno o più Stati membri per colmare il loro fabbisogno di competenze [77]. È il caso soprattutto di imprese stabilite in più Stati membri o che impiegano lavoratori frontalieri. Tali difficoltà derivano dagli ostacoli alla mobilità transfrontaliera dei lavoratori nell'ambito del mercato interno.

[76] Va notato che le difficoltà inerenti agli obblighi in materia di nazionalità, residenza e qualifiche professionali descritti nella parte relativa allo stabilimento del prestatore di servizi rappresentano un freno anche per la mobilità dei lavoratori.

[77] In particolare nei settori delle tecnologie dell'informazione, della comunicazione, delle costruzioni, della sanità e del turismo.

La diversità delle norme nazionali in materia di retribuzione, fisco [78] e protezione sociale è sentita, in genere, come una fonte di grandi difficoltà [79] per le imprese che impiegano o vogliono assumere personale migrante o frontaliero [80] e può comportare costi e oneri amministrativi supplementari.

[78] In diversi contributi, le differenze in materia fiscale (livello e struttura delle imposte) sono indicate come un ostacolo rilevante alla mobilità dei lavoratori, poiché i lavoratori migranti o frontalieri sono spesso soggetti a un'imposizione fiscale più gravosa nonostante gli accordi bilaterali relativi alla doppia tassazione (si veda la "Relazione Veil" citata nonché lo studio studio "Managing mobility matters - An European perspective", citato).

[79] Secondo i predetti studi "Barriers to trade in Business services" ( 4) e "Managing mobility matters - An European perspective", le differenze in materia (soprattutto) di imposte sul reddito e di diritti pensionistici hanno un effetto negativo sulla capacità degli operatori di esercitare le proprie attività in diversi Stati membri e, in particolare, di reclutare localmente del personale in un altro Stato membro.

[80] Ad esempio, un'impresa che desideri reclutare personale qualificato non sarà sempre in grado di informare i candidati dell'importo esatto delle imposte e dei contributi cui saranno soggetti, benché l'operazione sia stata facilitata dal passaggio all'euro.

Ad esempio, i contributi previdenziali versati dai lavoratori migranti ad enti previdenziali situati nello Stato membro di residenza non sono sempre deducibili dalle imposte pagate allo Stato membro in cui esercitano le proprie attività.

La complessità della normativa previdenziale vigente nei singoli Stati membri può dissuadere le imprese dall'impiegare lavoratori migranti o frontalieri [81] e può generare spese e oneri amministrativi supplementari.

[81] Sono stati segnalati soprattutto problemi di applicazione del regolamento 1408/71 relativo al coordinamento dei regimi di sicurezza sociale (difficoltà a determinare il regime applicabile, soprattutto ai lavoratori frontalieri, non applicazione delle norme del regolamento alle prestazioni che si basano su contratti collettivi, ad esempio nel caso dei regimi pensionistici professionali). Peraltro, si sono posti problemi di doppia contribuzione malgrado l'esistenza dei moduli E 101 ed E 128, usati in caso di distacco. La Commissione sta elaborando una proposta di semplificazione di questo regolamento.

La diversità dei regimi pensionistici e gli ostacoli al trasferimento delle pensioni integrative [82] possono avere un effetto restrittivo sulla mobilità dei lavoratori frontalieri o migranti e tradursi in costi amministrativi e finanziari considerevoli, impedendo per esempio agli operatori stabiliti in più Stati membri di centralizzare i propri sistemi di gestione delle pensioni.

[82] Le difficoltà relative alla trasferibilità dei diritti acquisiti in materia di pensioni integrative per i lavoratori migranti ricevono un'attenzione particolare nel predetto Piano d'azione della Commissione per le competenze e la mobilità.

(iv) Uso transfrontaliero dei servizi alle imprese

Oltre che alla manodopera, un'impresa ricorre normalmente a tutta una serie di "servizi alle imprese", come input necessario per la prestazione dei propri servizi. Si tratta di servizi che vanno dall'assistenza legale e contabile ai servizi di marketing e di web designing, dal leasing e la locazione di materiali al trasporto e all'assistenza post-vendita.

L'uso transfrontaliero dei servizi alle imprese può incontrare difficoltà tali da impedire a un'impresa di ricorrere a operatori di altri Stati membri che offrono servizi più interessanti per qualità, prezzo, ecc., e di ricorrere a operatori con i quali essa è solita trattare quando fornisce servizi in un altro Stato membro.

Ad esempio, un'impresa di trasporto di rifiuti può trovarsi nell'impossibilità di utilizzare, per le sue attività transfrontaliere, l'assistenza del suo consulente ambientale poiché quest'ultimo non ha il diritto di prestare il proprio servizio in altri Stati membri.

Nella misura in cui tali difficoltà influenzano i prestatori di servizi alle imprese, queste difficoltà saranno trattate dal punto di vista della distribuzione dei servizi.

(v) Uso transfrontaliero di attrezzature e materiali

Vengono segnalati problemi riguardanti l'uso di attrezzature tecniche nell'ambito della prestazione di servizi transfrontalieri [83]. Ciò crea serie difficoltà o addirittura può compromettere la possibilità per un professionista di trarre vantaggio dalla libera prestazione dei servizi se gli viene imposto di limitare l'uso delle sue attrezzature o di materiale specifico all'esercizio della sua attività [84]. Le restrizioni possono riguardare apparecchiature tecniche di laboratorio, l'uso di veicoli professionali, materiale di stand fieristici, macchine per la manutenzione stradale, materiale da cantiere usato dai costruttori, veicoli per trasportare denaro o standard tecnici per le firme elettroniche. In certi casi, gli Stati membri impongono infrastrutture e materiali non trasportabili nel paese in cui il servizio viene prestato.

[83] Ad esempio, le attrezzature utilizzate dai laboratori di analisi, dagli espositori fieristici, dai certificatori, dagli ottici, dai podologi e dai costruttori (che si trovano ad affrontare norme divergenti in materia di materiale da costruzione ed ispezioni multiple relative alle gru a noleggio, con serie conseguenze in termini di costi e tempi aggiuntivi). Può anche trattarsi di difficoltà quali la necessità, per le società di trasmissione di SMS, di doversi connettere con ogni operatore che interviene nell'instradamento dei messaggi distribuiti a livello transfrontaliero.

[84] Ad esempio, l'obbligo per un podologo stabilito in un altro Stato membro di disporre di materiale non trasportabile e di un'infrastruttura permanente nel paese in cui presta il servizio equivale a togliergli la possibilità di prestare liberamente i propri servizi senza stabilirsi nel paese di accoglienza.

L'introduzione dell'euro ha accentuato, per esempio, la necessità di trasporti di denaro transfrontalieri, perché le banche centrali fanno fabbricare una crescente quantità di moneta in altri Stati partecipanti e perché le banche commerciali e la grande distribuzione possono avere un interesse ad approvvigionarsi in altri Stati membri. La diversità delle norme nazionali sui trasporti di denaro, compresi i requisiti tecnici delle attrezzature e dei veicoli, rende difficile prestare questo tipo di servizio tra Stati membri.

3. Difficoltà relative alla promozione dei servizi

Si tratta di una fase determinante soprattutto per la prestazione di servizi transfrontalieri, poiché gli operatori devono per forza promuovere i propri servizi, se vogliono inserirsi nel mercato di un altro Stato membro. In questo campo è fondamentale, infatti, promuovere il know-how e la specializzazione, poiché costituiscono il principale elemento di differenziazione degli operatori. Tuttavia, per numerose attività di servizio [85], la comunicazione commerciale è disciplinata da norme rigide e complesse la cui diversità tra Stati membri può rendere difficile la promozione transfrontaliera del know-how del prestatore o la rende addirittura impossibile, qualora questi intenda procedere a una promozione paneuropea.

[85] La presenza di divieti o limitazioni in materia di comunicazioni commerciali interessa i settori più vari (professioni regolamentate, distribuzione, telecomunicazioni, stampa, editoria o cinema, servizi finanziari).

(i) Procedure di autorizzazione, registrazione o dichiarazione

Per effettuare delle comunicazioni commerciali relative a taluni servizi, può essere richiesta un'autorizzazione preventiva. Questi meccanismi di autorizzazione possono provocare ritardi e oneri amministrativi supplementari in caso di promozione transfrontaliera.

In materia di servizi finanziari, in certi Stati membri è richiesta un'approvazione preventiva di tutte o di alcune forme di pubblicità per tutti o alcuni tipi di servizi finanziari.

Per quanto riguarda i servizi di distribuzione, sono previsti degli obblighi di autorizzazione che interessano la promozione di taluni prodotti [86], il ricorso a certe forme di promozione [87] o l'uso di certi supporti. [88]

[86] Ad esempio, la pubblicità dei farmaci acquistabili senza prescrizione medica può essere oggetto di un'autorizzazione preventiva oppure la comunicazione dei prezzi di frutta e verdura al di fuori dei punti vendita può essere subordinato all'esistenza di un accordo interprofessionale (Si veda lo studio dell'OCSE "Assessing barriers to trade in services: retail trade services", OECD, 2.10.2000).

[87] Ad esempio, alcuni Stati membri prevedono un'autorizzazione preventiva di giochi e concorsi.

[88] Ad esempio, per l'affissione ambulante, in particolare per la circolazione in tutta la città dei veicoli che portano messaggi commerciali.

Per certe forme di promozione delle vendite o di pubblicità per certi servizi [89] può essere richiesta anche la presentazione di una dichiarazione presso un determinato organismo, il che può provocare ritardi e oneri amministrativi supplementari in caso di promozione transfrontaliera.

[89] Ad esempio, in certi Stati membri, l'organizzatore di un gioco o concorso promozionale deve presentare una dichiarazione alle autorità pubbliche. In altri Stati, la pubblicità riguardante gli istituti scolastici deve essere oggetto di un deposito preventivo presso il ministero dell'istruzione.

(ii) Divieto di comunicazione commerciale

I divieti di comunicazione commerciale per certi tipi di servizi, per talune categorie di destinatari o per alcuni supporti di comunicazione danneggiano soprattutto i prestatori di servizi provenienti da altri Stati membri poiché essi, contrariamente agli operatori nazionali, non dispongono di altri mezzi per far conoscere i propri prodotti o servizi.

Talune professioni regolamentate sono soggette a un divieto assoluto di pubblicità (previsto dalla legge o da codici deontologici) che limita le possibilità del prestatore di crearsi una clientela al di fuori del proprio Stato d'origine.

Per certe professioni (ad esempio quella di medico, commercialista o ingegnere), in taluni Stati membri, è vietata ogni forma di pubblicità, il che impedisce anche la comunicazione di informazioni fattuali.

Divieti per altri servizi possono essere stabiliti in funzione dei supporti di comunicazione [90] o di destinatari particolari. [91]

[90] La pubblicità televisiva può essere del tutto vietata in certi settori. In uno Stato membro, è proibita, ad esempio, la pubblicità televisiva nei settori della distribuzione, della stampa, dell'editoria e del cinema.

[91] Certi divieti di comunicazione mirano spesso a proteggere i minori. Ad esempio, in certi Stati membri, la pubblicità televisiva destinata ai bambini è completamente vietata oppure è proibita in determinate fasce orarie. In altri Stati membri, la pubblicità televisiva di giocattoli è vietata tra le 7 e le 22.

(iii) Contenuto delle comunicazioni commerciali

Anche il tipo di messaggio che può essere comunicato può essere soggetto a restrizioni e provocare delle difficoltà in un contesto transfrontaliero. In taluni Stati membri, non solo la comunicazione commerciale delle professioni regolamentate è circoscritta ad informazioni fattuali ma queste ultime sono esse stesse oggetto di limitazioni [92]. Per esempio, in certi Stati membri, alcuni tipi di informazioni come i prezzi oppure le comparazioni tra i servizi resi e i relativi prezzi non possono essere oggetto di una comunicazione commerciale.

[92] Numerose sono le professioni interessate da questi tipi di restrizioni: revisori dei conti, medici, farmacisti, architetti, commercialisti, notai, avvocati.

Inoltre, in taluni Stati membri, professionisti come gli avvocati non possono, nelle loro comunicazioni al pubblico, specificare la propria specializzazione, il che limita la loro possibilità di attirare nuovi clienti di altri Stati membri.

Per taluni servizi (in particolare per le comunicazioni destinate ai minori [93]), possono esistere anche delle restrizioni sul contenuto che dipendono dal pubblico cui sono destinate e che variano notevolmente da uno Stato membro all'altro.

[93] Ad esempio, in uno Stato membro, delle norme in materia di promozione delle vendite prevedono che i premi dei concorsi e dei giochi destinati ai minori non possano avere un valore superiore a 0,7 euro.

Vincoli riguardanti gli argomenti utilizzati possono, vietare, per esempio, in certi Stati membri, l'uso di certe affermazioni come quelle che vantano la natura "ecologica" [94] o le caratteristiche salutari del prodotto o servizio utilizzato.

[94] Ad esempio, in uno Stato membro, è vietato chiamare "Biolarium" un solarium.

In alcuni Stati membri sono previste delle restrizioni sulla lingua utilizzabile nella comunicazione commerciale, quali l'obbligo di utilizzare la lingua ufficiale (o le lingue ufficiali) dello Stato membro interessato. [95]

[95] Queste restrizioni possono riguardare tutte le pubblicità o esclusivamente i messaggi pubblicitari relativi a taluni servizi (quali i servizi di investimento) e possono essere applicate anche nel caso in cui si tratti di una pubblicità destinata specificamente ai cittadini di altri Stati membri come i turisti stranieri.

(iv) Forma delle comunicazioni commerciali

Certe normative che limitano la possibilità di inviare comunicazioni commerciali in mancanza di un consenso preventivo possono rendere difficile la ricerca dei clienti se esse si applicano anche alle comunicazioni destinate ai professionisti [96]. Alcune norme possono riguardare specificamente talune forme di promozione, come la promozione per telefono [97], per posta o a domicilio.

[96] Nel caso delle professioni regolamentate (ad esempio, quella di revisore dei conti), taluni Stati membri vietano, ad esempio, la promozione dei servizi senza una richiesta, il che può impedire l'invio di newsletter o brochure. In un altro Stato membro, un distributore di lapidi è stato formalmente minacciato di azioni giudiziarie per aver inviato per fax, a delle imprese di pompe funebri di tale paese, informazioni non richieste sulle tariffe praticate.

[97] Ad esempio, in certi Stati membri, le telefonate effettuate allo scopo di proporre a dei clienti potenziali dei servizi finanziari sono permesse soltanto previo consenso del cliente. In altri paesi, la promozione telefonica è vietata anche nel caso in cui le persone ne siano state informate preventivamente per iscritto.

(v) Comunicazione critica

Lo sviluppo e la circolazione tra Stati membri di informazioni indipendenti sulla qualità dei servizi, in particolare le prove e i test comparativi, rappresentano uno dei mezzi fondamentali di cui dispone un utente di servizi per venire a conoscenza dell'esistenza di servizi di qualità in altri Stati membri. A tal riguardo, l'applicazione di certe norme relative alla concorrenza sleale [98], al parassitismo, alla denigrazione, alla falsificazione di marca, alla diffamazione, al diritto di replica o alla citazione dei test comparativi [99] possono causare a volte un'incertezza giuridica che può nuocere alla diffusione transfrontaliera di questo tipo di informazioni.

[98] Azioni giudiziarie sono state promosse, ad esempio, contro delle associazioni di consumatori che avevano pubblicato dei test comparativi, invocando una violazione degli usi commerciali.

[99] Ad esempio, in uno Stato membro, la citazione di test comparativi nella pubblicità è vietata.

4. Difficoltà relative alla distribuzione dei servizi

Le difficoltà qui di seguito elencate non sono quelle del settore della distribuzione in senso stretto ma quelle in cui incorrono tutti i servizi al momento della loro prestazione oltrefrontiera. La distribuzione dei servizi può scontrarsi con una serie di ostacoli che sono molto più complessi di quelli relativi alla distribuzione dei prodotti. Infatti, contrariamente ai prodotti, la valutazione della qualità di un servizio non verte soltanto sulla qualità del servizio in sé ma anche sul prestatore, in particolare sulle sue qualifiche professionali, le sue capacità, il suo capitale, la struttura interna della sua impresa, ecc. La prestazione di servizi transfrontalieri è soggetta pertanto a numerose norme che variano notevolmente da uno Stato membro all'altro.

In particolare, gli Stati membri tendono ad imporre ai servizi forniti da prestatori stabiliti in altri Stati membri tutte le norme, o parte delle norme, applicabili agli operatori stabiliti sul proprio territorio. Ecco perché, nell'inventario relativo a questa fase si ritrovano spesso le stesse difficoltà individuate in occasione della prima fase relativa allo stabilimento del prestatore.

(i) Monopoli e altri limiti quantitativi riguardanti l'accesso alle attività

I monopoli e altri limiti quantitativi inventariati nella prima fase (stabilimento del prestatore) possono rappresentare un ostacolo insormontabile se applicati a prestatori di servizi transfrontalieri stabiliti in altri Stati membri. L'applicazione di un regime di monopolio fa sì che tali prestatori non abbiano alcuna possibilità di fornire i propri servizi, neanche a titolo temporaneo od occasionale. È evidente che l'esistenza e l'applicazione di regimi di monopoli può avere effetti assai gravi sul consumatore.

(ii) Obbligo di nazionalità o di stabilimento

Accanto alle discriminazioni basate sulla nazionalità [100], l'obbligo di stabilirsi [101] nello Stato membro, se non addirittura nella regione, in cui il servizio viene ricevuto, è una delle difficoltà maggiori, comuni a un gran numero di attività economiche [102] in molti Stati membri. Tale tipo di obbligo è la negazione stessa della libera prestazione dei servizi, che conferisce invece a un operatore la facoltà di esercitare le proprie attività in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito.

[100] Discriminazioni che in certi Stati membri esistono ancora per certe professioni, come quelle di notaio o di geometra consulente.

[101] Sotto forme diverse: imposizione della sede, dello stabilimento secondario, di una residenza, di una presenza permanente, ecc.

[102] Ad esempio, le imprese di trasporto e deposito di vino, le imprese edili, i consulenti in materia di brevetti, le agenzie di lavoro temporaneo, i servizi di sicurezza privata, i laboratori di analisi cliniche, i verificatori di caldaie, le imprese di trasporto funebre.

Per esempio, gli organismi di certificazione di prodotti biologici possono esercitare la loro attività in taluni Stati membri solo se vi hanno sede. Ciò impedisce la prestazione transfrontaliera di un servizio molto specializzato ostacolando, di conseguenza, la vendita di prodotti biologici.

L'obbligo di avere un rappresentante locale si avvicina all'obbligo di stabilimento [103].

[103] A volte, la presenza di un rappresentante locale è richiesta per motivi fiscali o per l'espletamento delle formalità amministrative.

(iii) Procedure di autorizzazione, registrazione o dichiarazione

Alcuni Stati membri tentano di sottoporre i prestatori di servizi transfrontalieri stabiliti in altri Stati membri alle procedure di autorizzazione, registrazione o dichiarazione applicabili agli operatori stabiliti sul proprio territorio (cfr. fase 1).

L'autorizzazione preventiva, sotto forme variabili (permesso, licenza, approvazione, ecc.), è richiesta [104] in numerosi Stati membri, anche in casi di prestazione occasionale. L'applicazione di tale obbligo ai servizi transfrontalieri può avere effetti restrittivi e dissuasivi particolarmente marcati, soprattutto perché, molto spesso, sono previste delle sanzioni severe, anche penali, per coloro che non possiedono l'autorizzazione richiesta. [105]

[104] Ad esempio, per le professioni regolamentate, comprese le guide turistiche e le guide di montagna, gli artigiani, gli organizzatori di fiere, i fornitori di servizi di telecomunicazione, gli organismi di certificazione, i laboratori di controllo dell'acqua potabile, i consulenti in materia di brevetti, le agenzie di lavoro temporaneo, le agenzie di collocamento degli artisti, i servizi di sicurezza privata, le società di trasporto, le imprese di importazione e trattamento dei rifiuti, le società di trasporti sanitari, le imprese di leasing, le imprese di servizi transfrontalieri relativi all'installazione di impianti elettronici. Sono stati segnalati anche diversi casi in cui l'autorizzazione nazionale costituisce un requisito essenziale per la partecipazione agli appalti pubblici. Si veda il precitato studio "Barriers to Trade in Business Services".

[105] Ciò è stato segnalato, ad esempio, da agenzie immobiliari e da guide turistiche di talune nazionalità.

Inoltre, la mancata considerazione, da parte dei sistemi di autorizzazione, degli obblighi già adempiuti nello Stato membro d'origine può accentuare gli effetti restrittivi e comporta una duplicazione delle norme da osservare e degli oneri da sostenere.

La registrazione (o iscrizione, omologazione, ecc.) in un registro del paese in cui viene prestato il servizio (presso organismi nazionali professionali, fiscali, sociali, ecc.) è altresì richiesta frequentemente. Tale registrazione può comportare non solo oneri amministrativi ma anche costi considerevoli. [106]

[106] Ad esempio, in certi Stati membri, è previsto l'obbligo di iscrizione delle imprese di costruzione presso i relativi organismi professionali, l'obbligo di iscrizione degli architetti giardinieri all'associazione nazionale di tale professione, l'obbligo di iscrizione degli artigiani al ruolo nazionale degli artigiani (anche per attività svolte a titolo eccezionale o di durata limitata), l'obbligo di iscrizione di numerose professioni regolamentate al relativo ordine o alla relativa camera professionale. Possono esistere, inoltre, degli obblighi orizzontali come la normativa di uno Stato membro che obbliga tutte le imprese straniere la cui attività superi i 30 giorni lavorativi a registrarsi presso le camere di commercio.

Per esempio, l'obbligo generale di iscrizione a un'associazione nazionale degli elettricisti applicato a un professionista che si sposta da un altro Stato membro per interventi sporadici comporta ipso facto l'obbligo (per detto professionista) di versare, nello Stato membro in cui presta il servizio, un contributo annuale di circa 776 euro (vale a dire il triplo del contributo che versa nello Stato in cui è stabilito).

In alcuni casi è richiesta una dichiarazione [107]. Pur essendo meno vincolante di un'autorizzazione o di una registrazione presso una camera dell'artigianato, un simile obbligo può tuttavia comportare degli oneri amministrativi e dei costi rilevanti a causa delle difficoltà di procurarsi le necessarie attestazioni e dell'obbligo di tradurre o certificare i documenti.

[107] Ad esempio, in uno Stato membro, ogni cantiere edile deve essere oggetto di una dichiarazione separata.

Inoltre, il prestatore di servizi transfrontalieri si trova ad adempiere tutta una serie di obblighi che accompagnano l'autorizzazione, quale l'obbligo di registrarsi presso un organismo professionale, di fornire la prova dell'esistenza di un capitale minimo, di depositare una cauzione [108] o di tenere una contabilità speciale [109]. Questi obblighi e formalità possono tradursi in complicazioni, ritardi e spese amministrative, anche in caso di prestazioni occasionali, isolate e di brevissima durata [110].

[108] Ad esempio, per le agenzie di lavoro temporaneo, i servizi di sicurezza privati o gli architetti.

[109] Ad esempio, le imprese che operano nel settore del trasporto del vino.

[110] Ad esempio, gli artisti di circo si trovano talvolta ad espletare procedure lunghe e complesse che sono inconciliabili con la forte mobilità e la frequenza di spostamento che caratterizzano questo tipo di attività.

(iv) Obblighi relativi alla struttura interna e alla forma giuridica del prestatore di servizi

Una forma giuridica e una struttura interna specifica sono spesso necessarie non solo per lo stabilimento in un determinato paese ma anche per la prestazione transfrontaliera. Gli operatori [111] degli altri Stati membri devono quindi conformarsi a norme molto diverse se non addirittura contraddittorie.

[111] Ad esempio, i revisori dei conti, gli operatori del settore delle telecomunicazioni, le agenzie di lavoro temporaneo o i servizi di sicurezza privata (per i quali, in un paese, è richiesta la personalità giuridica).

In uno Stato membro, l'attività di geometra consulente può essere svolta soltanto da società per azioni che dispongano di un capitale minimo, di una garanzia e di un numero minimo di funzionari, il che esclude tutti i prestatori stabiliti in altri Stati membri in cui non sono soggetti a tali obblighi e in cui esercitano la propria attività sotto forma di impresa individuale.

A volte sono previste anche delle incompatibilità tra attività diverse, non solo per gli operatori stabiliti nel paese in cui viene fornito il servizio (cfr. fase 1) ma anche per i prestatori di servizi transfrontalieri stabiliti in un altro Stato membro. L'applicazione di tali incompatibilità ai servizi transfrontalieri può avere effetti restrittivi particolarmente rilevanti, se si tiene conto del fatto che spesso interessano la struttura stessa delle imprese.

(v) Obblighi in materia di qualifiche ed esperienze professionali

Le differenze tra le norme nazionali in materia di qualifiche ed esperienze professionali (alle quali, del resto, sono spesso legate le procedure di autorizzazione e registrazione summenzionate) costituiscono una delle problematiche segnalate più di frequente [112]. I prestatori di servizi hanno difficoltà a fornire i propri servizi in un altro Stato membro sulla base del titolo in loro possesso e, in generale, non sono soggetti a un trattamento diverso o a procedure meno onerose, ai fini del riconoscimento delle qualifiche professionali, rispetto a coloro che intendono stabilirsi nello Stato membro interessato.

[112] Ad esempio, per gli ingegneri, i consulenti in materia di brevetti, gli elettricisti, i tassisti in certe zone di frontiera. Difficoltà nell'ottenimento del titolo dallo Stato di destinazione sono state segnalate da installatori di impianti elettrici e sanitari. Dei fisioterapisti che operano nel settore sportivo hanno segnalato dei problemi legati al mancato possesso di qualifiche specifiche richieste da un altro Stato membro nel quale non facevano altro che accompagnare degli atleti in trasferta. Si vedano anche i seguenti studi: "Principen om ömsesidigt rekännande på tjänsteområdet", Kommerskollegium, 26.10.2000; "Rapport om barrierer for integration i Øresundsregionen", Øresund Industri & Handelskammare, dicembre 2001.

In alcuni casi, in mancanza di una corrispondenza tra le denominazioni nazionali [113], sono richiesti titoli professionali diversi per la stessa attività. Talvolta, una professione è regolamentata soltanto in alcuni Stati membri [114], o persino in uno solo; il paese che esige una qualifica particolare per l'esercizio di una determinata attività esclude in tal modo la prestazione transfrontaliera di servizi da parte di operatori stabiliti in altri Stati membri in cui tale qualifica specifica non è richiesta.

[113] I problemi di equipollenza possono riguardare, ad esempio, le attività di dentista o di cardiologo.

[114] Ad esempio, gli artigiani, le agenzie immobiliari o i consulenti del lavoro.

(vi) Imposizione ai prestatori di servizi di condizioni d'esercizio di un'attività

Le differenze tra certe norme che stabiliscono le condizioni d'esercizio delle attività di servizio (eventualmente combinate con i problemi che sono stati appena descritti) possono essere all'origine di numerose difficoltà [115]. Le diverse condizioni imposte dallo Stato in cui viene prestato il servizio rispetto a quelle dello Stato di stabilimento possono causare seri problemi agli operatori e si rivelano a volte persino discriminatorie.

[115] Può trattarsi, ad esempio, di norme sulla deontologia professionale o sulla protezione di un interesse generale, ma può trattarsi anche di regole specifiche: l'obbligo per il personale dei servizi di sicurezza privata di indossare una divisa particolare diversa da quella utilizzata nel paese d'origine; l'obbligo delle società di costruzione di versare il 15% del costo dei lavori all'amministrazione fiscale prima della realizzazione degli stessi; l'impossibilità degli inventori di giochi d'azzardo di offrire i loro servizi in certi Stati membri che limitano i giochi che possono essere proposti nei casinò; l'applicazione a certe attività, in alcuni paesi candidati, di obblighi rigorosi in materia linguistica, anche per la stipulazione dei contratti.

In uno Stato membro, le agenzie di collocamento degli artisti (comprese quelle degli altri Stati membri) sono tutte soggette a una norma che prevede la presunzione di lavoro dipendente per tutti gli artisti con i quali esse concludono un contratto di collocamento, nonché dall'obbligo di avere un registro specifico per le loro attività in tale paese.

I limiti territoriali di una licenza possono rendere difficile non solo lo stabilimento (cfr. fase 1) ma anche la prestazione dei servizi da parte di prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro. [116]

[116] Ad esempio, in materia di recupero dei crediti, di trasporti o di servizi di sicurezza privata.

(vii) Trasporti e servizi postali

I trasporti sono soggetti a norme diverse tra Stati membri, soprattutto riguardo alle caratteristiche dei veicoli utilizzati [117] come gli autocarri o i pullman da turismo. Esistono, peraltro, differenze anche per quanto concerne le modalità di esercizio dell'attività di trasporto [118], come nel caso della traslazione di salme. Analogamente, la varietà dei sistemi ferroviari nazionali - scartamento, alimentazione elettrica, carichi massimi ammissibili per gli assi di vagoni e locomotive - causano notevoli ritardi ai passaggi di frontiera e dunque costi supplementari [119]; inoltre, le norme nazionali per accedere alle reti variano fino a rendere impossibile la prestazione di alcuni servizi [120].

[117] Si tratta di requisiti (soprattutto di peso e dimensioni) riguardanti i veicoli destinati al trasporto di determinati tipi di merci (vino, prodotti chimici, ...), i veicoli in leasing o a noleggio nonché di limiti all'uso dei pullman turistici in talune zone.

[118] Ad esempio, il divieto di transito nei giorni festivi, gli obblighi in materia di documenti/attestazioni specifici relativi, in particolare, ai periodi di circolazione di un veicolo previsti ed effettivi (e la traduzione dei documenti nella lingua locale), la registrazione dell'IVA anche in caso di semplice passaggio attraverso il territorio nazionale, le dichiarazioni a fini statistici (che sono fonti di ritardi alle frontiere), la traduzione dei documenti nella lingua locale, le restrizioni dovute ai monopoli nei servizi portuali, le restrizioni al cabotaggio da e verso le isole di alcuni Stati membri, le tasse aeroportuali.

[119] La Commissione europea ha presentato varie proposte per completare il quadro legislativo nel gennaio 2002.

[120] In proposito, sono in corso di recepimento una serie di direttive.

Alcuni Stati membri proibiscono, ad esempio, il noleggio di veicoli pesanti immatricolati in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede il trasportatore. Il che ostacola l'uso dei veicoli pesanti noleggiati per trasporti da uno Stato membro all'altro.

Il traffico aereo subisce l'esistenza di molteplici sistemi di gestione, diversi e incompatibili tra loro, che sono fonte di ingorghi del traffico, di spese supplementari e di rischi per la sicurezza aerea [121].

[121] Alla fine del 1999, la Commissione europea ha preso l'iniziativa di riformare il controllo aereo in Europa. Il Consiglio europeo, da parte sua, nella riunione di Barcellona ha fissato al 2004 la data di realizzazione del cielo unico.

Ad esempio, un volo Roma - Bruxelles sorvola nove diversi centri di controllo.

Inoltre, accordi bilaterali tra Stati membri e Stati terzi possono contenere disposizioni incompatibili con il mercato interno che ostacolano i trasportatori comunitari a vantaggio dei trasportatori di Stati terzi anche in seno al mercato interno.

Anche i servizi postali sono oggetto di reclami riguardanti, per esempio, la lentezza delle consegne, le ripercussioni provocate dalle differenze tariffarie sulla distribuzione transfrontaliera o le conseguenze economiche di un'armonizzazione parziale. Ciò rende particolarmente difficile lo sviluppo dei servizi di consegna celere paneuropea.

(viii) Restrizioni al ricevimento dei servizi

Oltre al prestatore, anche il destinatario dei servizi e in particolare il consumatore è direttamente danneggiato dagli ostacoli alla distribuzione dei servizi, poiché si trova di fronte alla difficoltà, se non all'impossibilità, di ricevere determinati servizi [122].

[122] Ad esempio, la possibilità di ricevere programmi televisivi a pagamento provenienti da altri Stati membri, di concludere un contratto di telefonia mobile in un altro Stato membro, di beneficiare di offerte di trasporto vantaggiose o di trarre vantaggio da offerte promozionali nella grande distribuzione che sono a volte circoscritte al territorio nazionale e non sono accessibili agli utenti potenziali di altri Stati membri. Altri ostacoli possono riguardare l'uso di strumenti necessari per il ricevimento di servizi offerti da prestatori di altri Stati membri, quali le antenne paraboliche (la cui installazione individuale o collettiva può essere soggetta a un'autorizzazione preventiva, a costi di monitoraggio, a un canone o a un regolamento condominiale restrittivo), o il vincitore di un gioco/lotteria che deve pagare una tassa sia allo Stato membro in cui ha giocato che allo Stato d'origine al momento del rimpatrio delle vincite, o l'utente di un telefono cellulare che non può ricevere telefonate in certi luoghi a causa di una normativa che autorizza in tali luoghi l'uso di sistemi di jamming (vietato nella maggior parte degli Stati membri).

Un trattamento preferenziale riservato ai residenti di uno Stato membro, o di una parte del territorio, quali le norme che riservano la prestazione di servizi ai soli cittadini o residenti di uno Stato membro (se non addirittura di una regione o località), possono impedire agli utenti di altri Stati membri di avere la stessa facilità di accesso ai servizi che hanno i nazionali o residenti dello Stato membro in cui viene erogato il servizio. Casi del genere sono stati segnalati, in particolare, nei settori del turismo, del tempo libero, dello sport, della distribuzione, dei trasporti e della telefonia mobile. [123]

[123] Sono stati segnalati, ad esempio, dei casi in cui i destinatari dei servizi sono soggetti a condizioni e garanzie supplementari quando si abbonano a un operatore di telefonia mobile di un altro Stato membro o sono soggetti a tariffe più elevate in altri Stati membri quando partecipano a un evento culturale o sportivo (come una maratona), visitano un museo o un sito turistico, viaggiano in traghetto, sottoscrivono un contratto di assicurazione, utilizzano impianti sportivi, noleggiano un'auto, ecc. Esistono, infine, delle situazioni in cui, al contrario, i residenti di un altro Stato membro sono privilegiati e possono, ad esempio, beneficiare di posti di parcheggio gratuiti in un aeroporto.

Numerosi consumatori lamentano, ad esempio, l'impossibilità di accedere in chiaro ai programmi televisivi (di reti pubbliche o private) diffusi via satellite. Tali programmi vengono criptati al solo scopo di impedirne la ricezione al di fuori dello Stato membro in cui si trova l'emittente.

5. Difficoltà relative alla vendita dei servizi

Le difficoltà incontrate in questa fase sono direttamente o indirettamente legate alla transazione. Esse derivano da norme o prassi (molto diverse da uno Stato membro all'altro) relative a contratti, prezzi, pagamenti, fatturazione, contabilità, IVA ed accesso agli appalti pubblici, ma anche da norme relative al rimborso delle spese dei destinatari dei servizi. Si tratta di difficoltà che incidono più sulla vendita dei servizi che su quella dei prodotti, in particolare perché i contratti rivestono un ruolo più importante per i servizi, dal momento che sono proprio i contratti a determinare il carattere del servizio o ad esserne l'oggetto. Peraltro, il calcolo del prezzo è spesso più complesso e può essere soggetto a regimi di prezzi fissi o raccomandati che variano da uno Stato membro all'altro.

(i) Formazione e contenuto dei contratti

La formazione e il contenuto dei contratti possono porre questioni specifiche in materia di servizi. La consultazione lanciata dalla "Comunicazione della Commissione sul diritto contrattuale europeo" [124] ha permesso di identificare numerosi problemi di funzionamento del mercato interno dovuti a regimi giuridici degli Stati membri sulle norme contrattuali [125]. Queste difficoltà influiscono anche sui servizi e sui servizi finanziari (in particolare il settore assicurativo). Ad esempio, i risultati della consultazione confermano che la coesistenza di varie normative nazionali in materia contrattuale dà luogo a costi di transazione aggiuntivi, come eventuali spese d'informazione e di contenzioso, gravose soprattutto per le PMI e i consumatori. Inoltre, la diversità delle norme che disciplinano il contenuto dei contratti e le incertezze sull'individuazione di norme imperative o d'ordine pubblico inderogabili per le parti del contratto rende impossibile l'uso di contratti tipo in tutto il mercato interno [126]. Questi problemi sono particolarmente sentiti nel campo dei servizi finanziari.

[124] COM(2001) 398 def.

[125] Cfr. il riassunto dei servizi della Commissione sui risultati della consultazione all'indirizzo : http://europa.eu.int/comm/consumers/policy/developments/contract_law /index_fr.html

[126] P. es. lo studio "Managing mobility matters - An European perspective", citato, 4.3.1, sottolinea l'impossibilità di redigere un contratto di lavoro tipo per un'impresa operante in tutti gli Stati membri.

Alcuni Stati membri continuano ad esigere dagli operatori stabiliti in altri Stati membri la notifica preventiva delle condizioni generali e speciali delle polizze di assicurazione al fine di esercitare un controllo e di vietare l'uso di certe clausole.

Vi sono poi altri problemi particolari che possono interessare determinati servizi transfrontalieri. Ad esempio, le norme di durata e rinnovo dei contratti che devono affrontare le agenzie di lavoro interinale al momento del distacco dei lavoratori variano notevolmente da uno Stato membro all'altro. Problemi sussistono anche nei settori che sono oggetto di un'armonizzazione minima, come la vendita a domicilio.

(ii) Fissazione dei prezzi, pagamenti, fatturazione e contabilità

Le norme in materia di prezzi applicabili a un certo numero di servizi [127], indipendentemente dal fatto che esse prevedano prezzi massimi, prezzi minimi o prezzi fissati o raccomandati dagli Stati membri o dagli ordini professionali, si fondano su metodi di calcolo e livelli di prezzo che, per lo stesso servizio, variano notevolmente da uno Stato membro all'altro e fanno sorgere problemi in caso di prestazione transfrontaliera.

[127] Ad esempio, le professioni regolamentate, i servizi di sicurezza privata, i servizi di recupero crediti, i servizi alberghieri e le attività di consulenza in materia di sicurezza stradale. In uno studio realizzato per conto della Commissione ("Yield management in small and medium-sized enterprises in the tourism industry", Arthur Andersen Frankfurt am Main, OPOCE, 1997) vengono indicate come un problema anche le difficoltà derivanti dalle normative relative ai prezzi dei servizi turistici.

Le norme e le prassi relative alla fatturazione e al pagamento sono considerate particolarmente complesse nei diversi Stati membri e sono fonte di problemi in caso di transazioni transfrontaliere [128]. Per quanto riguarda la fatturazione, le norme emananti dal diritto sull'IVA (indicazioni obbligatorie, fatturazione elettronica e conservazione delle fatture) sono state recentemente armonizzate [129] ma altre condizioni (come indicazioni imposte dal diritto commerciale o da norme linguistiche) restano disciplinate dal diritto nazionale. D'altra parte, i mezzi di pagamenti non hanno lo stesso valore giuridico in tutti gli Stati membri e per poter effettuare pagamenti mediante carta di credito le imprese sono tenute a stabilire rapporti contrattuali con gli organismi locali incaricati della gestione dei pagamenti. Le spese di bonifico bancario restano ancora troppo elevate, con svantaggi sia per i prestatori che per i destinatari dei servizi [130].

[128] Ad esempio, in uno Stato membro, la fattura per i servizi professionali forniti nel settore legale deve contenere una dicitura che attiri l'attenzione sulle norme in materia di reclami.

[129] Direttiva 2001/115/CE del Consiglio del 20 dicembre 2001 che modifica la direttiva 77/388/CEE al fine di semplificare, aggiornare e armonizzare le condizioni di fatturazione per quanto riguarda l'IVA; GU L 015 del 17/01/2002 p. 24-28.

[130] Ad esempio, in uno Stato membro, le banche fanno pagare il ricevimento dei bonifici anche quando il mittente specifica di volersi accollare le spese. In altri casi, delle banche si sono rifiutate di accreditare sui conti dei propri clienti delle somme corrispondenti a vincite realizzate lecitamente da questi ultimi in un altro Stato membro adducendo che tali scommesse non erano autorizzate nel proprio Stato membro. Si veda anche lo studio realizzato per conto della Commissione "Etude sur les frais bancaires", IEIC, aprile 2000.

Aprire un conto corrente bancario nello Stato membro di prestazione del servizio (spesso necessario per facilitare i pagamenti) è difficile perché legato a una dichiarazione di residenza o di non residenza che, a sua volta, richiede dichiarazioni fiscali e comporta ritardi e spese amministrative.

Le norme contabili [131] rispondono, tra l'altro, a necessità di verifica fiscale e, soprattutto per questo motivo, sono molto diverse da uno Stato membro all'altro. Per esempio, i documenti contabili devono essere repertoriati in funzione della nomenclatura stabilita da ogni Stato membro in cui l'impresa presenti una dichiarazione IVA. Un'impresa attiva in più Stati membri deve quindi gestire sistemi contabili paralleli garantendo, al tempo stesso, la coerenza della contabilità dell'impresa nel suo insieme.

[131] Nel campo delle assicurazioni, le autorità di controllo impongono norme diverse in materia di contabilità e di statistica, il che impedisce il ricorso a sistemi contabili informatizzati efficienti.

(iii) Fiscalità

Il pagamento e il rimborso dell'IVA figurano tra i problemi più frequentemente segnalati nell'ambito delle attività transfrontaliere di servizi. Infatti, la regola secondo la quale i servizi sono soggetti all'IVA nel paese d'origine del prestatore è caratterizzata da numerose eccezioni che danno luogo a situazioni complesse al momento della vendita transfrontaliera. Ne risulta che numerosi prestatori di servizi sono sottoposti ad obblighi IVA in Stati membri diversi da quello in cui hanno sede.

L'onerosità degli obblighi IVA [132] e le notevoli differenze tra Stati membri (aliquote, obblighi, procedure, formulari, ... ) comportano ulteriori considerevoli difficoltà. Una ditta di traslochi deve avere come interlocutori le competenti autorità di ogni Stato membro in cui offre servizi tassabili ed è, quindi, tenuto a chiedere un numero di partita IVA [133] in ciascuno di essi ed a versare l'IVA secondo norme ogni volta diverse.

[132] Tali obblighi sono attualmente oggetto di uno studio della Commissione per permetterle di formulare proposte di semplificazione e di aggiornamento. Lo studio si concluderà all'inizio del 2003.

[133] A seconda degli Stati membri, i tempi di concessione di un numero di partita IVA vanno da una settimana a sei mesi.

Analogamente, quando un'agenzia viaggi vende soggiorni alberghieri ad altre agenzie di un altro Stato membro, è soggetta a obblighi IVA in tale Stato, il che è fonte di notevoli difficoltà pratiche.

Problemi simili sono stati segnalati anche per quanto riguarda i servizi di trasporto di passeggeri, di organizzazione di conferenze nonché i servizi alle imprese [134].

[134] Ad esempio, quando un'impresa di servizi fattura delle spese (management fees) a un'impresa stabilita in un altro Stato membro per servizi che le ha fornito, a seconda della classificazione adottata per questo tipo di servizi, lo Stato membro di tassazione sarà o quello in cui è stabilito il prestatore o quello in cui è stabilito il cliente, con il rischio di una doppia imposizione in caso di applicazione di entrambi i criteri alla stessa prestazione di servizi.

L'eccessivo formalismo delle amministrazioni fiscali emerge da molte risposte sia riguardo alla forma e al numero delle dichiarazioni [135] che in relazione ai mezzi di pagamento [136].

[135] Ad esempio, certi Stati membri non accettano che le dichiarazioni IVA periodiche siano presentate per via elettronica. Per quanto riguarda le dichiarazioni riepilogative, uno Stato membro accetta soltanto il formato cartaceo presentato a mano.

[136] I pagamenti si effettuano in generale tramite bonifico bancario. In alcuni Stati membri è obbligatorio disporre di un conto corrente presso una banca locale.

Infine, il rimborso dell'IVA è particolarmente lungo e complesso in caso di transazioni transfrontaliere e, in taluni Stati membri, richiede diversi mesi, se non addirittura diversi anni [137].

[137] Tale problema potrebbe essere risolto dalla proposta della Commissione mirante a permettere la deduzione transfrontaliera (COM(98) 377). Tale proposta non ha però ancora ottenuto l'accordo degli Stati membri in seno al Consiglio.

(iv) Rimborsi, sovvenzioni o aiuti al destinatario del servizio

L'autorizzazione al rimborso delle spese mediche sostenute in un altro Stato membro è concessa dalle autorità nazionali solo a certe condizioni e scoraggia dunque gli affiliati alle assicurazioni sociali dal rivolgersi a prestatori stabiliti in un altro Stato membro. Un assicurato che, per vari motivi (tempi d'attesa, cambio di residenza per motivi privati o professionali [138]), decida di recarsi in uno Stato membro diverso dal suo paese di appartenenza per sottoporsi a delle cure mediche spesso non sarà rimborsato. [139]

[138] Ad esempio, due pensionati residenti in uno Stato membro sono tornati nel loro Stato membro d'origine per sottoporsi a un intervento chirurgico senza l'autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di residenza, che rifiutano il rimborso dell'intervento in questione.

[139] Si veda, in proposito, lo studio effettuato per conto della Commissione "Implications de la jurisprudence récente concernant la coordination des systèmes de protection contre le risque de maladie" (Association Internationale de la Mutualité, maggio 2000) e la relazione dell'Haut Comité Santé "The Internal Market and Health services", 17.12.2001.

Sono molti i pazienti che incontrano difficoltà quando chiedono il rimborso di spese mediche sostenute in un altro Stato membro, che si tratti, ad esempio, di consultare un medico o di cure dentarie, ospedaliere, disintossicanti o termali ricevute in un altro Stato membro.

Un ostacolo alla libera prestazione ed utilizzazione dei servizi è costituito anche dal fatto che in alcuni casi il rimborso per una cura ricevuta in un altro Stato membro è inferiore a quello praticato nel paese di appartenenza.

Il trattamento fiscale più favorevole per servizi ricevuti da prestatori locali rappresenta un ostacolo significativo, se non discriminatorio, alla prestazione di servizi. Ad esempio, in certi Stati membri sono fiscalmente deducibili soltanto i corsi di formazione professionale svoltisi sul territorio nazionale o le assicurazioni sulla vita, le assicurazioni integrative, i fondi pensione o i fondi di investimento sottoscritti presso compagnie di assicurazione locali.

(v) Appalti pubblici e concessioni

La maggior parte degli appalti pubblici [140] ha per oggetto la realizzazione di servizi (progettazione e costruzione di opere edili e infrastrutture, gestione dei rifiuti, trasporti pubblici, ecc.) e, nell'ambito della stipulazione ed esecuzione degli appalti pubblici e di altre forme di partenariato, le imprese possono incontrare numerosi ostacoli.

[140] Con quest'espressione si intendono, in senso lato, tutti i contratti che possono essere conclusi da un acquirente pubblico (sia nella forma tradizionale di un contratto d'appalto pubblico che di una concessione di lavori o servizi) che, attraverso tali contratti, si procura un servizio o affida a un terzo la gestione totale o parziale di un servizio di cui tale terzo assume i rischi gestionali.

Prassi restrittive riservano l'accesso a certi appalti a imprese stabilite nello Stato membro dell'acquirente, come nei casi di aggiudicazione diretta, di scelte effettuate con le procedure di trattativa privata [141], di talune procedure di autorizzazione e di taluni sistemi di qualificazione. Tutto ciò limita la partecipazione di concorrenti stranieri e le loro possibilità di aggiudicarsi l'appalto.

[141] Può trattarsi, ad esempio, di contratti assegnati sulla base di una fiducia reciproca (intuitu personae) a un partner locale.

Per esempio, dei comuni decidono di esternalizzare, senza gara d'appalto, le attività di raccolta e trattamento dei rifiuti domestici o delle acque reflue, e affidano tali servizi a terzi, pubblici o privati, oppure accordano concessioni di lunga durata che poi rinnovano.

Le procedure di stipulazione degli appalti pubblici: la complessità e la mancanza di trasparenza di talune norme nazionali per aggiudicare gli appalti al di sotto delle soglie di applicazione delle direttive comunitarie e talune pratiche delle autorità pubbliche [142] rendono difficoltosa la partecipazione agli appalti e la loro assegnazione a operatori di altri Stati membri.

[142] Ad esempio, la mancanza di informazione ai concorrenti sui criteri in base ai quali saranno valutate le loro competenze e la qualità della loro offerta o sulle prassi degli acquirenti in materia di prezzi.

Talune clausole contrattuali e condizioni di esecuzione degli appalti possono rendere difficile la presentazione di offerte da parte degli operatori stranieri [143].

[143] Ad esempio, una clausola esecutiva che obbligasse le imprese ad assumere un certo numero di persone iscritte a programmi nazionali di formazione, renderebbe più difficile l'accesso alle imprese di altri Stati membri che non potrebbero assumere persone che beneficiano di formazioni analoghe nello Stato membro di stabilimento.

6. Difficoltà relative alla fase post-vendita

Nel periodo successivo alla vendita del servizio possono sorgere delle difficoltà sia nei rapporti cliente/prestatore che nei confronti dei terzi. La peculiarità dei servizi rispetto alle merci è data dal loro carattere immateriale e complesso. Ciò dà luogo, per esempio, a regimi specifici di responsabilità o di assicurazione professionale e rende complessa la prova e le perizie in caso di controversia. Un'altra peculiarità è costituita dall'assenza di dettaglianti o rivenditori che potrebbero occuparsi dell'assistenza post-vendita.

(i) Responsabilità e assicurazione professionale del prestatore

Per molte professioni (ad esempio, i revisori dei conti, i consulenti fiscali e gli architetti [144]) i regimi di responsabilità professionale variano notevolmente tra Stati membri. I regimi di responsabilità civile sono spesso specifici a certe attività e talvolta si combinano con dei regimi generali, il che può comportare una notevole complessità giuridica. Le diversità tra Stati membri possono riguardare in particolare la possibilità di limitare la responsabilità o il periodo massimo in cui può essere invocata la responsabilità.

[144] Ad esempio, le professioni sanitarie e giuridiche, i commercialisti, i consulenti, gli amministratori di beni, i servizi di sicurezza privata, le agenzie di lavoro temporaneo, i costruttori, gli agenti immobiliari, i servizi bancari e assicurativi, le società di borsa, i trasportatori.

Le attività di servizio sono spesso soggette a regimi specifici di assicurazione professionale (stabiliti dalla legislazione o da norme o raccomandazioni emanate dagli ordini professionali) che riguardano, in particolare, l'assicurazione obbligatoria, l'ambito delle attività da assicurare, la copertura minima, compresa la base sulla quale viene calcolata [145], o l'organismo presso il quale l'assicurazione deve essere sottoscritta. Si tratta di regimi che possono variare notevolmente tra Stati membri.

[145] Ad esempio, il fatturato o il numero di soci coperti.

Ad esempio, la copertura assicurativa minima prevista per i revisori dei conti varia, a seconda degli Stati membri, da 70.000 euro a 4.090.385 euro [146].

[146] Si veda lo studio realizzato per conto della Commissione "Systems of civil liability of statutory auditors in the context of a Single Market for auditing services in the European Union", Price Waterhouse Coopers, gennaio 2001.

Queste diversità possono comportare difficoltà in caso di prestazioni transfrontaliere poiché gli Stati membri sono portati o ad imporre il proprio regime assicurativo ai prestatori di altri Stati membri [147] o a richiedere una prova dell'equivalenza della copertura assicurativa nel paese d'origine che è impossibile o difficile da produrre.

[147] Ad esempio, in uno Stato membro, tutti i cantieri edili, compresi quelli aperti da prestatori di altri Stati membri, devono sottoscrivere un'assicurazione che comprenda una garanzia specifica non prevista negli altri Stati membri.

Talune attività di servizio sono soggette, inoltre, a specifici sistemi di garanzie finanziarie (ad esempio, gli amministratori di beni o gli agenti immobiliari). Una forte disparità tra Stati membri è data dal fatto che, mentre in alcuni Stati membri una determinata attività è soggetta all'obbligo di costituire una garanzia o un capitale sociale minimo, in altri Stati membri non è soggetta ad alcun obbligo del genere. Inoltre, l'importo e i metodi di calcolo possono variare notevolmente.

Muoversi tra questi regimi di responsabilità, di assicurazione professionale e di garanzie è un compito alquanto complesso, soprattutto nell'ambito delle prestazioni transfrontaliere (per esempio quando la copertura di un rischio, in uno Stato membro, si basa su un regime di garanzia finanziaria e in un altro Stato membro su un regime di assicurazione professionale obbligatoria.

(ii) Recupero dei crediti

La difficoltà di recuperare i crediti [148] è un problema segnalato da numerose risposte e aggravato da termini di pagamento transfrontalieri eccessivamente lunghi [149]: approfittando, infatti, di interessi di mora bassi e/o della lentezza dei ricorsi, molte imprese usano il ritardo di pagamento come forma credito. È vero che talune Camere dell'artigianato possono intervenire in caso di ritardo di pagamento da parte delle autorità pubbliche nazionali, ma è una possibilità negata ai fornitori di servizi stabiliti in altri Stati membri. Una difficoltà particolare interessa l'utilizzo delle agenzie di recupero crediti e la protezione dei diritti dei creditori in caso di fallimento in altri Stati membri.

[148] In particolare, il ricorso indispensabile a una consulenza giuridica sul posto.

[149] Si veda la Comunicazione della Commissione "Relazione sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali" (GU C 216 del 17.7.1997) e la relazione della Commissione "Costruire un'Europa imprenditoriale - Le attività dell'Unione a favore delle piccole e medie imprese (PMI)" (COM/2001/0098 def.). Quest'ultima relazione sottolinea che "i ritardi di pagamento costituiscono la causa di un fallimento su quattro [...]. Dai sondaggi risulta che oltre il 20% delle imprese europee esporterebbe maggiormente se potesse ottenere termini di pagamento più brevi dai clienti esteri. I ritardi di pagamento gravano in modo particolare sulle PMI, in quanto più vulnerabili alle variazioni dei flussi di cassa" (cfr. 3.7).

Un'impresa non può ricorrere alla sua abituale agenzia di recupero qualora questa non abbia una sede nello Stato membro interessato: le procedure di autorizzazione degli organismi di recupero variano da Stato a Stato, talvolta anche da regione a regione, l'assistenza legale può essere riservata alle professioni giuridiche e i costi del recupero non sono sempre a carico del debitore.

(iii) Fornitura di assistenza post-vendita

L'organizzazione dell'assistenza post-vendita transfrontaliera può rivelarsi difficile perché si scontra con problemi tecnici specifici [150] o con difficoltà di carattere giuridico, in particolare perché richiede spesso un intervento personale del prestatore e/o il distacco dei suoi lavoratori. In tal caso, l'assistenza post-vendita si scontra con i problemi che comporta la trasferta del prestatore o del suo personale in un altro Stato membro. Per esempio, un installatore di caldaie che abbia installato una caldaia in un altro Stato membro e che voglia effettuarvi una riparazione si trova ad affrontare gli stessi problemi di trasferta descritti in precedenza. [151]

[150] Ad esempio, un numero verde di assistenza post-vendita non è accessibile al di fuori del paese d'origine.

[151] Ad esempio, per il servizio di manutenzione di un ascensore, occorre espletare tutta una serie di procedure amministrative (dati sui lavoratori, ore di lavoro, prova del pagamento dei salari, traduzioni, adesione a un servizio medico, piano e registro di sicurezza del cantiere, ecc.).

La diversità delle norme in materia di garanzie può rappresentare un altro ostacolo transfrontaliero per talune attività di servizio. Alcuni contributi hanno segnalato delle difficoltà nel settore delle costruzioni a causa dell'applicazione del regime di garanzia obbligatorio nello Stato membro in cui viene fornito il servizio.

(iv) Ricorsi giudiziari

Tra i problemi segnalati, occorre annoverare l'incertezza giuridica, i costi e la lentezza dei procedimenti nonché la difficoltà di utilizzare servizi o esperti di altri Stati membri nell'ambito di azioni giudiziarie transfrontaliere. Dai contributi emerge che le imprese coinvolte in azioni giudiziarie al di fuori del loro Stato d'origine hanno avuto l'impressione di essere svantaggiate rispetto alla parte avversa, le cui rivendicazioni sarebbero state trattate con un occhio di riguardo da parte della giurisdizione nazionale.

B. Frontiere non giuridiche

1. Difficoltà relative alla carenza di informazioni

La difficoltà di accedere alle informazioni sull'ordinamento giuridico degli altri Stati membri è un problema ricorrente, stando alle risposte ricevute, che riguarda tanto i fornitori di servizi quanto i consumatori e che presenta effetti particolarmente dissuasivi sulle attività transfrontaliere. Un altro problema emerso dalla consultazione è la scarsa conoscenza delle opportunità offerte dal mercato interno e dei diritti dei cittadini e delle imprese derivanti dalla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi garantita dal trattato CE.

(i) Carenza di informazioni sul contesto normativo

La carenza di informazioni sulle norme nazionali applicabili e sulla loro interpretazione assume forme diverse e caratterizza tutte le fasi dell'attività di prestazione dei servizi. I contributi ne hanno fornito numerosi esempi, evidenziando, tra l'altro, la carenza di informazioni in materia di autorizzazioni (anche nel settore urbanistico), qualifiche e obblighi connessi, nonché la mancanza di informazioni sufficienti sul diritto del lavoro, sugli standard tecnici relativi alle attrezzature e al materiale utilizzati dal fornitore di servizi e sulle norme relative alle comunicazioni commerciali, alla vendita su Internet, alla fiscalità e ai contratti. Difficoltà particolari si presentano nei settori in cui sorgono problemi di interpretazione delle normative nazionali derivanti da una giurisprudenza nazionale poco chiara, incoerente o imprevedibile. [152]

[152] È stato altresì sottolineato che è spesso impossibile ottenere un chiarimento dalle proprie autorità per quanto riguarda l'applicazione della normativa in altri Stati membri.

La carenza di informazioni sulle autorità competenti, sulle procedure e sulle formalità ostacola la fornitura transfrontaliera dei servizi. La carenza di informazione e di trasparenza rappresenta un problema soprattutto per l'individuazione delle varie autorità competenti di un altro Stato membro, per la richiesta dei moduli necessari e per la comprensione delle procedure. Alcuni contributi segnalano che le autorità pubbliche forniscono a volte informazioni contraddittorie e che vi è una scarsa cooperazione tra le autorità degli Stati membri. È stata segnalata inoltre una scarsa disponibilità su Internet dei moduli necessari.

(ii) Scarsa conoscenza dei principi del mercato interno

Le risposte alla consultazione suggeriscono che, spesso, le imprese e i consumatori non conoscono i propri diritti in materia di prestazione e ricevimento di servizi e che vi dovrebbe essere una maggiore informazione sulla libera prestazione dei servizi, sulla libertà di stabilimento e sul mercato interno in generale. Questo stato di fatto, per le PMI, si spiega con la strutturale mancanza di risorse per garantire il controllo e l'interpretazione delle informazioni giuridiche. Ciò limita a tutti i livelli la possibilità di individui e imprese (come le PMI) di afferrare le opportunità offerte dal mercato interno "pensando europeo".

Il diritto di contestare misure non discriminatorie sembra essere ampiamente ignorato e numerosi prestatori di servizi continuano a pensare che, nel mercato interno, sono vietate soltanto le discriminazioni (o, in altre parole, che si applicherebbe soltanto la regola del "trattamento nazionale"). Sembrano conoscere poco la giurisprudenza della Corte di giustizia secondo la quale le libertà di prestazione dei servizi e di stabilimento si oppongono non solo alle misure discriminatorie ma anche alle misure non discriminatorie che sono tali da ostacolare, intralciare o rendere meno interessante l'esercizio delle attività tra Stati membri. Da alcuni contributi emerge che, benché in certi settori alcune imprese abbiano incontrato ostacoli o complicazioni, le imprese locali e le imprese straniere sono soggette fondamentalmente alle stesse norme. Di conseguenza, tali norme vanno considerate come le condizioni d'attività in vigore nel paese in questione e vanno rispettate come tali.

Anche il diritto di invocare il principio della proporzionalità è poco compreso. Anche quando indicano la presenza di difficoltà, i contributi mettono raramente in dubbio la proporzionalità di una determinata misura. Se ne deduce una scarsa conoscenza del fatto che, sebbene motivata dalla salvaguardia di un obiettivo di interesse generale essenziale (ad esempio la sicurezza pubblica), una misura non deve comportare una duplicazione degli obblighi già previsti nello Stato membro d'origine e deve essere proporzionata, ossia atta a conseguire l'obiettivo perseguito senza andare al di là dello stretto necessario per raggiungerlo.

Il diritto di ricevere dei servizi sembra essere sconosciuto in quanto principio e i destinatari dei servizi, in particolare i consumatori (per esempio, i turisti o i pazienti), spesso ignorano che il Trattato conferisce loro anche il diritto di ricevere dei servizi senza ostacoli. Ciò comprende il diritto di recarsi in un altro Stato membro e di ricevervi dei servizi alle stesse condizioni riservate ai cittadini nazionali. Nel corso della consultazione, è stata sottolineata anche la necessità di informare i consumatori. È stato suggerito che, per avere una conoscenza adeguata dei propri diritti e dei servizi disponibili, i consumatori hanno bisogno di essere informati sulla qualità, le condizioni e i prezzi dei servizi offerti negli altri Stati membri. Ciò aumenterebbe la loro fiducia nell'acquisto di servizi transfrontalieri. [153]

[153] Si veda il predetto "Studio franco-britannico".

2. Difficoltà di carattere culturale e linguistico

La questione delle frontiere culturali (in particolare, linguistiche) è emersa frequentemente durante la consultazione. Molte imprese, soprattutto PMI, le considerano un ostacolo serio per chi intenda esercitare la propria attività in diversi mercati, mentre alcune di esse le vedono come un fattore che condiziona molto più pesantemente i fornitori di servizi che i produttori di merci. È necessario, tuttavia, operare una distinzione tra gli ostacoli che vengono spesso descritti come culturali, ma che in realtà scaturiscono direttamente o indirettamente dalla diversità dei quadri giuridici nazionali, e le difficoltà che derivano delle preferenze dei consumatori e dalle condizioni del mercato.

(i) Frontiere legate alla diversità dei quadri giuridici

Le difficoltà linguistiche incontrate da un operatore nei rapporti con le autorità vengono a volte descritte come "culturali", mentre esse sono dovute anche a requisiti giuridici e amministrativi. Alcuni contributi sottolineano, per esempio, le difficoltà derivanti dall'uso della lingua locale con le autorità e segnalano, come ostacolo, la necessità di fornire una traduzione dei documenti che spesso deve essere eseguita da un traduttore ufficiale e certificata da un notaio. Ciò viene percepito come particolarmente frustrante quando le procedure mirano ad effettuare verifiche che sono già state compiute in un altro Stato membro o in altri Stati membri.

Le difficoltà d'ordine culturale legate alla diversità delle prassi amministrative sono pure state segnalate in molti contributi. In particolare, le PMI ritengono difficile capire il modo in cui trattare con le autorità nazionali di altri Stati membri e si trovano spesso ad avviare una procedura di autorizzazione senza sapere come e quando si concluderà e senza avere un'idea di quanto costerà.

(ii) Frontiere legate alle diverse condizioni del mercato

Le prassi commerciali e le abitudini di consumo (compresa la lingua) possono dar luogo a difficoltà derivanti della necessità di conoscere la lingua, i valori locali e gli usi specifici di un paese o di una regione. Benché questo tipo di difficoltà sia stato spesso menzionato nelle risposte, esse sembrano essere accettate come parte integrante della realtà degli affari, poiché devono comunque essere presi in considerazione, indipendentemente dal luogo di attività e persino all'interno del mercato nazionale [154]. Tuttavia, i costi necessari per il superamento delle frontiere linguistiche possono rendere meno allettanti i servizi transfrontalieri.

[154] Le prassi commerciali variano a seconda dei mercati e i consumatori costituiscono raramente un gruppo omogeneo all'interno di uno Stato o persino all'interno di una regione, benché possano essere classificati in gruppi specifici a seconda, ad esempio, della loro età, del loro livello di istruzione o della loro lingua.

Le imprese ragionano ancora in termini nazionali e spesso non considerano la possibilità di sviluppare le proprie attività oltrefrontiera, benché i loro servizi non siano specificamente concepiti per il mercato nazionale e abbiano tutte le potenzialità per essere esportati. Questo vale soprattutto per le PMI. Una mancanza di fiducia e una riluttanza naturale ad avere a che fare con le abitudini presenti in altri Stati membri sono state segnalate in alcuni contributi come frontiere culturali. Come è stato sottolineato da alcune imprese, non esiste ancora una "coscienza europea" e si è poco portati a "pensare europeo".

II. Caratteristiche comuni delle frontiere giuridiche

Malgrado la loro apparente diversità, le difficoltà che incidono sul funzionamento del mercato interno dei servizi hanno numerosi punti in comune.

A. Carattere evolutivo delle frontiere

Dall'inventario delle difficoltà emerge che, nel settore dei servizi, l'eliminazione delle discriminazioni affrontate dai programmi generali del 1962 e l'eliminazione delle frontiere fisiche, tecniche e fiscali trattate dal Libro bianco del 1985 sono state in parte compensate dallo sviluppo di nuove frontiere giuridiche o dal crescente impatto di quelle che già esistevano ma i cui effetti si sono manifestati solo progressivamente, di pari passo con lo sviluppo degli scambi tra Stati membri.

Questa dinamica delle frontiere si manifesta a livello di contenuto delle normative, contenuto che deve adattarsi continuamente alla differenziazione e all'innovazione che contraddistinguono le attività dei servizi (per un approfondimento di tale questione, si veda la terza parte della presente relazione).

L'evoluzione delle frontiere giuridiche si manifesta, tuttavia, anche nella forma che esse possono assumere. Infatti, molte delle difficoltà inventariate hanno come caratteristica comune il fatto che non derivano dalle legislazioni nazionali ma da altre forme di intervento e di regolamentazione il cui impatto sul mercato interno è sempre più evidente.

1. Prassi amministrative

Da un gran numero di difficoltà inventariate risulta che le restrizioni non sono più da ricercare nella formulazione dei testi giuridici ma nel comportamento di talune amministrazioni o nel modo in cui le procedure amministrative vengono definite o applicate (ad esempio, attraverso l'uso delle circolari o delle guide pratiche). Tuttavia, meritano una particolare attenzione due tipi di problemi.

Il potere discrezionale delle autorità legato al regime di autorizzazione è all'origine di numerose difficoltà, poiché rende imprevedibile la decisione finale dell'autorità interpellata e consente, dietro un'apparente neutralità, di adottare decisioni che svantaggiano gli operatori di altri Stati membri.

Per esempio:

- alcune normative sui servizi di distribuzione prevedono che l'autorizzazione di stabilimento venga concessa sulla base di criteri generali socioeconomici quali le esigenze relative ai negozi esistenti. La procedura di autorizzazione può, inoltre, far intervenire organismi di cui fanno parte operatori concorrenti già presenti sul territorio interessato. Questi criteri (applicati anche in altri settori come quello alberghiero o quello delle agenzie di lavoro) conferiscono un notevole margine di discrezionalità alle autorità competenti e, pur facendolo in modo meno evidente rispetto a una disposizione palesemente discriminatoria, hanno l'effetto di avvantaggiare gli operatori già stabiliti rispetto ai nuovi arrivati;

- una legislazione discriminatoria sui servizi di organizzazione di fiere ed esposizioni è stata sostituita, in seguito ad una procedura d'infrazione della Commissione, da un regime di autorizzazione basato su una serie di criteri generali e di misure di applicazione regionali che, in pratica, lascia comunque aperta la possibilità per le autorità interessate di prendere decisioni discriminatorie nei confronti degli operatori comunitari.

Il formalismo eccessivo, la lunghezza e il costo delle procedure e la mancanza di trasparenza sono stati sottolineati da numerosi contributi. L'accumulo di formalità e procedure, combinato a scarsa trasparenza e ad un'applicazione a volte troppo zelante, ha un effetto particolarmente dissuasivo nei confronti dei prestatori di servizi degli altri Stati membri, poiché questi ultimi non hanno dimestichezza con la cultura amministrativa degli altri paesi.

Per esempio:

- alcune amministrazioni richiedono a volte dei certificati che non esistono nel paese d'origine del prestatore o delle traduzioni asseverate da un traduttore qualificato nel paese in cui viene prestato il servizio. Inoltre, per ottenere un certificato, un imprenditore edile è tenuto a presentarsi personalmente presso la camera dell'artigianato del paese in cui viene fornito il servizio. È chiaro che, in pratica, tutti questi obblighi possono essere adempiuti molto più facilmente da un prestatore nazionale che dal prestatore di un altro Stato membro;

- sugli aspetti doganali, alcuni contributi hanno sottolineato che i benefici della soppressione dei diritti doganali sono stati in parte attenuati dalla complessità di talune formalità doganali che permangono e che colpiscono alcuni servizi di trasporto [155].

[155] Ad esempio, sono stati segnalati, in particolare, i problemi legati alle divergenze di interpretazione del codice doganale da parte degli Stati membri e persino tra le autorità di uno stesso paese, il che comporta la necessità di procedure ed oneri supplementari per i trasportatori e i loro clienti.

A testimonianza della portata assunta da questo tipo di problema, negli ultimi anni la Corte si è pronunciata a più riprese su queste nuove prassi, sia per quanto riguarda l'interpretazione discrezionale [156] che per quanto concerne l'elevato costo e l'eccessiva gravosità di certe procedure di autorizzazione [157]. Peraltro, soprattutto dopo la pubblicazione della relazione del gruppo Mandelkern [158], sono in corso delle iniziative nazionali e comunitarie che mirano a semplificare le procedure amministrative.

[156] Sentenze del 20 febbraio 2001, Analir, causa C-205/99; del 12 luglio 2001, Smits e Peerbooms, causa C-157/99; del 15 gennaio 2002, Commissione/ Italia, causa C-439/99; del 22 gennaio 2002, Canal Satélite Digital SL, causa C-390/99.

[157] Si veda, in particolare, la sentenza del 3 ottobre 2000, Corsten, causa C-58/98.

[158] Relazione finale del Gruppo consultivo di alto livello (presieduto da Mandelkern) pubblicata il 13 novembre 2001.

2. Regionalizzazione delle frontiere

L'inventario delle difficoltà mostra che le frontiere giuridiche tendono a comparire più frequentemente a livello di norme e prassi locali o regionali. Può trattarsi di nuove frontiere legate al movimento di decentramento, federalizzazione o regionalizzazione che ha avuto luogo in diversi Stati membri nel corso degli ultimi decenni oppure di restrizioni che esistevano già da molto tempo ma il cui impatto si è manifestato di pari passo con l'eliminazione delle altre barriere esistenti a livello nazionale (discriminazioni e frontiere fisiche, tecniche e fiscali).

Le autorità locali o regionali svolgono un ruolo importante nella disciplina delle attività di servizi attraverso un potere normativo proprio o un potere di attuazione locale delle norme nazionali. L'interesse delle regioni e il loro ruolo attivo a favore dello sviluppo dell'economia dei servizi è confermato dal chiaro sostegno offerto dal Comitato delle Regioni alla "strategia per il mercato interno dei servizi" che sottolinea, in particolare, la necessità di consentire alle PMI a carattere regionale di operare sul mercato interno utilizzando al meglio le nuove tecnologie [159]. L'inventario delle difficoltà mostra, tuttavia, che in certi casi le esigenze di funzionamento del mercato interno non sono abbastanza conosciute a livello regionale, il che può comportare delle difficoltà per i prestatori di altri Stati membri. Inoltre, quando un prestatore di un altro Stato membro desidera sviluppare le proprie attività non solo in una determinata regione ma in tutto il territorio nazionale, la moltiplicazione delle procedure, delle disposizioni specifiche e dei contatti con le autorità regionali o locali rende una simile operazione più complessa e più costosa rispetto agli operatori nazionali che sono in grado di adattarvisi più facilmente.

[159] Cfr. il precitato parere del Comitato delle Regioni (cfr., in particolare, 10, 14, 16 e 27).

Per esempio:

- in uno Stato membro, alcune attività di servizio, come quella del recupero crediti, sono soggette a un regime di autorizzazione provinciale, il che significa che la copertura dell'intero territorio nazionale richiede più di un centinaio di autorizzazioni da parte di autorità diverse;

- in alcuni Stati membri, gli elenchi dei siti turistici che possono essere visitati soltanto con l'accompagnamento di una guida autorizzata a livello locale sono stabiliti dalle autorità locali secondo criteri diversi. In mancanza di un elenco che copra l'intero territorio nazionale, le guide turistiche e le agenzie di viaggi di altri Stati membri si trovano di fronte a una moltitudine di elenchi locali che possono comprendere sia dei musei e dei siti archeologici specifici che delle città o delle intere zone turistiche;

- questa regionalizzazione delle frontiere giuridiche colpisce, in particolare, lo stabilimento di alberghi, ristoranti e imprese di distribuzione, poiché in diversi Stati membri la determinazione e/o l'applicazione dei criteri di autorizzazione (compresi quelli relativi alla pianificazione urbana) vengono effettuate a livello locale o regionale;

- in uno Stato membro, numerosi comuni hanno stabilito una tassa sulle antenne satellitari, il che ha l'effetto di penalizzare soprattutto i consumatori nella captazione dei canali televisivi degli altri Stati membri, in particolare da parte dei residenti d'origine straniera.

Questa tendenza alla regionalizzazione delle restrizioni è illustrata da una recente sentenza della Corte [160] nella quale viene esaminata la compatibilità con i principi di libera circolazione dei servizi e di libertà di stabilimento di quattordici normative regionali diverse di uno stesso Stato membro emanate da sei regioni ed adottate per lo più negli anni ottanta.

[160] Sentenza del 15 gennaio 2002, Commissione/Italia, causa C-439/99.

3. Applicazione degli strumenti comunitari

In seguito allo sviluppo progressivo del diritto comunitario derivato negli ultimi vent'anni, un certo numero di difficoltà segnalate è direttamente legato all'acquis comunitario.

Alcune delle difficoltà che emergono dalla consultazione sono da ricondurre, infatti, alla carente applicazione delle direttive. Si tratta di problemi che possono derivare, in particolare, dalla presenza, in talune direttive, di disposizioni che lasciano agli Stati membri un margine di manovra troppo ampio o che prevedono deroghe, norme facoltative o clausole di armonizzazione minima che consentono l'adozione di norme nazionali più restrittive [161]. La Commissione ha già avuto l'occasione di riconoscere gli effetti negativi di quest'ultimo tipo di clausole [162] e la Corte è stata indotta a limitare l'uso abusivo che certi Stati membri ne hanno fatto. [163]

[161] Si veda anche il precitato "Report of the Business Environment Simplification task force Best", pag. 61.

[162] Contenute in certe direttive riguardanti la protezione del consumatore (si veda il "Libro verde sulla tutela dei consumatori nell'Unione europea", COM (2001) 531 finale, paragrafo 2.3).

[163] Sentenza dell'1 dicembre 1998, Ambry, causa C-410/96.

Nei contributi vengono citate, per esempio, le seguenti direttive:

- le direttive sulle assicurazioni, in particolare l'applicazione molto divergente della possibilità data agli Stati membri di accoglienza di adottare dei provvedimenti a salvaguardia dell'interesse generale; [164]

[164] Queste difficoltà sono illustrate nella Comunicazione della Commissione "Libera prestazione dei servizi e interesse generale nel settore delle assicurazioni", C(1999) 5046.

- le direttive in materia fiscale, in particolare la sesta direttiva sull'IVA; [165]

[165] Si veda la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo "Strategia volta a migliorare il funzionamento del regime IVA nel mercato interno", COM (2000) 348 def.

- la direttiva sul trasporto dei rifiuti e la diversità di applicazione del relativo regime di registrazione o autorizzazione che rende, in pratica, particolarmente complesse le attività di trasporto transfrontaliero di rifiuti tra quattro paesi limitrofi. [166]

[166] Si veda l'analisi della Camera di Commercio del Gran Ducato del Lussemburgo "Les autorisations de transport et de négoce de déchets en Saar-Lor-Lux", T. Theves.

Talvolta sono state segnalate anche questioni relative all'attuazione del principio di libera circolazione dei servizi attraverso strumenti di diritto derivato [167]. Si noti che, per fronteggiare tali situazioni, negli ultimi anni la Corte è stata indotta, soprattutto nel campo dei servizi sanitari, a fare riferimento al principio di libera prestazione dei servizi previsto dal Trattato piuttosto che a uno strumento di diritto derivato [168].

[167] Ad esempio nel quadro dell'attuazione della direttiva 96/71/CE del Parlamento e del Consiglio del 16 dicembre 1996 relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997, p. 1), soprattutto nel caso di distacco di durata molto breve.

[168] In una serie di sentenze di principio (del 28 aprile 1998, Kohll, C-158/96, del 12 luglio 2001, Smits et Peerbooms, C-157/99, dello stesso giorno, Vanbraekel, C-368/98) la Corte è stata indotta a garantire, indipendentemente dal regolamento 1408/71 (op. cit.), il diritto dei pazienti a farsi rimborsare le spese relative ai servizi sanitari ricevuti in un altro Stato membro. Per quanto riguarda il distacco dei lavoratori, basandosi sull'applicazione dell'art. 49 CE, la Corte ha ricordato la necessità di verificare se l'applicazione di una normativa nazionale che impone un salario minimo a un'impresa di servizi di un altro Stato membro che impieghi dei lavoratori transfrontalieri sia necessaria e proporzionata (sentenza del 15 marzo 2001, Mazzoleni, causa C-165/98; si vedano anche le sentenze del 25 ottobre 2001, Finalarte, causa C-49/98 e del 24 gennaio 2002, Portugaia Construções, causa C-164/99).

Per esempio, l'interpretazione delle condizioni di applicazione del regolamento 1408/71 [169] da parte degli Stati membri ha posto problemi ai destinatari di servizi sanitari che desideravano farsi rimborsare delle cure ricevute in un altro Stato membro [170].

[169] Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, cit.

[170] Si veda lo studio realizzato per conto della Commissione "Implications de la jurisprudence récente concernant la coordination des systèmes de protection contre le risque de maladie", op cit.

Nel campo del diritto contrattuale, la Commissione [171] e le parti consultate [172] hanno sottolineato una serie di problemi di coerenza e di applicazione uniforme del diritto comunitario derivato. I problemi di coerenza riguardano soprattutto situazioni simili ma trattate in modo diverso da molti atti comunitari. Per esempio, l'assenza di definizioni coerenti di termini come "danno" o "contratto", negli atti comunitari derivati, determinano problemi d'applicazione uniforme negli Stati membri. Altre difficoltà sono dovute al recepimento negli Stati membri che rinvia a norme generali diverse, a seconda dello specifico ordinamento giuridico.

[171] Cfr. la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul diritto contrattuale europeo, COM(2001) 398 def, 11.07.2001, pp. 11e 12.

[172] Cfr. il riassunto dei servizi della Commissione sui risultati della consultazione all'indirizzo : http://europa.eu.int/comm/consumers/policy/developments/contract_law/index_fr.html

Talune direttive contengono, ad esempio, definizioni differenti del termine "danno"; altre lo usano senza definirlo [173].

[173] Ad esempio, il concetto di "danni" nella direttiva sui viaggi tutto compreso (che non contiene definizioni di questa nozione) è stato interpretato dalla Corte di giustizia solo alla luce di tale direttiva, mentre l'avvocato generale aveva suggerito di interpretarla tenendo conto di altri atti comunitari.

4. Norme collettive non statali

Alcune delle difficoltà inventariate derivano non tanto da normative emanate dalle autorità pubbliche ma dalla diversità tra norme adottate da entità non pubbliche di uno Stato membro, quali gli ordini professionali, le federazioni sportive, le parti sociali che elaborano contratti collettivi o le parti interessate e le relative associazioni di categoria che elaborano codici di condotta o regolamenti collettivi. [174]

[174] La Corte si è già pronunciata sulle norme collettive. La prima sentenza risale al 1974 (Walrave, causa 36-74, punto 18), ma in questi ultimi anni la Corte è stata indotta ad applicare tale giurisprudenza in diversi casi (sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, causa C-415/93, punto 83 e del 11 aprile 2000, Deliège, causa C-51/96 e C-191/97, punto 47), compreso quello relativo a una normativa emanata da un ordine professionale degli avvocati (sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters, causa C-309/99).

Le attività di servizio sono particolarmente interessate da questo genere di differenze, poiché, a livello nazionale, le professioni regolamentate sono tradizionalmente disciplinate dagli ordini professionali. Il ricorso ai codici di condotta tende a diffondersi anche in altri settori (ad esempio, quello dei servizi della società dell'informazione) e i dibattiti culturali sulle nuove forme di amministrazione pubblica potrebbero portare a un uso più frequente di questo tipo di codici e all'uso della coregolamentazione e di altri modi di contrattualizzazione della regolamentazione economica.

Ad esempio, i codici di condotta di alcuni ordini professionali, che impongono limiti quantitativi all'accesso alla professione o limiti ai servizi che possono essere offerti, creano difficoltà ai professionisti di altri Stati membri che desiderano stabilirsi o prestare servizi nel paese in questione.

5. Comportamento degli operatori

Il comportamento degli operatori è caratterizzato da una tendenza a territorializzare le attività, i prezzi e le condizioni di vendita (si pensi, ad esempio, al rifiuto di vendere a clienti di altri Stati membri per il solo motivo che non risiedono nello stesso paese dell'operatore). Si tratta di prassi che penalizzano i consumatori e gli utenti di servizi che desiderano rivolgersi a prestatori di altri Stati membri e che, indubbiamente, sono da ricondurre all'esistenza di frontiere giuridiche che possono rendere molto rischiose talune attività transfrontaliere. In certi casi, tuttavia, quando i rischi sono minimi, tali prassi denotano, per lo più, una volontà commerciale di territorializzare il mercato interno in diversi mercati nazionali. [175]

[175] Benché questo tipo di comportamento sia da giudicare in base alle norme sulla concorrenza, la Corte ha già aperto la strada alla possibilità di esaminarne la compatibilità con le libertà del mercato interno (cfr. sentenza dell'8 giugno 2000, Angonese, causa C-281/98, relativa all'articolo 39 CE; si veda anche la sentenza del 13 dicembre 1984, Haug-Adrion, causa C-251/83, relativa alla compatibilità con l'art. 59 del trattato CE di disposizioni contrattuali previste nelle condizioni generali di un contratto di assicurazione).

Uno Stato membro sottolinea, per esempio, in un contributo specifico, l'impossibilità per i propri cittadini di accedere ai canali televisivi criptati disponibili in altri Stati membri perché le relative emittenti si rifiutano di vendere o noleggiare i decoder ai cittadini che non siano residenti in tali paesi.

B. Carattere orizzontale delle frontiere

Da un'analisi delle frontiere giuridiche inventariate emerge che molte di esse sono comuni a numerosi settori di attività. È possibile distinguere tre tipi di problemi orizzontali.

1. Applicazione di un regime unico allo stabilimento e alla prestazione di servizi

Molte attività di servizio sono caratterizzate dallo stesso problema: lo Stato membro di destinazione tratta il prestatore di servizi come un'impresa stabilita sul suo territorio e lo assoggetta quindi completamente al suo ordinamento giuridico.

Per esempio:

Un consulente in materia di brevetti che presta occasionalmente il proprio servizio in un altro Stato membro è soggetto all'obbligo di ottenere un'autorizzazione da quest'ultimo, di possedere la qualifica professionale prevista in tale paese e di iscriversi in un registro specifico. Un architetto paesaggista che presta temporaneamente il proprio servizio in un altro Stato membro è soggetto all'obbligo di iscriversi all'associazione nazionale e di osservare tutte le norme professionali di tale paese.

L'inventario delle difficoltà, in particolare quelle relative alla fase della distribuzione dei servizi (fase 4 della catena economica), mostra che questo tipo di problema può assumere forme diverse. Può trattarsi, per esempio:

- dell'obbligo di stabilirsi nel paese in cui il servizio viene prestato, nel qual caso vi è un assoggettamento dell'operatore a tutte le norme del paese in questione;

- di un sistema di autorizzazione (o di registrazione) da parte dell'autorità del paese in cui il servizio viene prestato, in base al quale il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al rispetto di tutte o di una parte delle norme di tale paese;

- dell'assoggettamento sistematico degli operatori alle norme del paese in cui il servizio viene prestato (indipendentemente dall'esistenza di un obbligo di stabilimento o di un regime di autorizzazione).

In tutti questi casi l'obiettivo è sempre lo stesso: assimilare la situazione di un prestatore stabilito in un altro Stato membro a quella di un operatore installato nello Stato membro in cui viene prestato il servizio per poterlo assoggettare sistematicamente alla normativa di quest'ultimo. In contrasto con la giurisprudenza della Corte [176], quest'approccio ha l'effetto di ridurre il principio della libera circolazione dei servizi a un semplice obbligo di non discriminazione.

[176] "Uno Stato membro non può subordinare l'esecuzione della prestazione di servizi sul suo territorio all'osservanza di tutte le condizioni prescritte per lo stabilimento, perché altrimenti priverebbe di qualsiasi effetto utile le norme del Trattato dirette a garantire appunto la libera prestazione dei servizi " (sentenza del 25 luglio 1991, Säger, causa C-76/90, punto 13).

2. Incertezza giuridica in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi

Molti servizi transfrontalieri sono interessati da una forte incertezza giuridica sulla loro legalità, poiché quest'ultima dipende da una valutazione caso per caso da parte delle autorità nazionali del paese in cui l'operatore vuole sviluppare la sua attività. Tale incertezza giuridica si manifesta soprattutto in due modi:

- le normative nazionali sono spesso vaghe o ambigue sulla loro eventuale applicabilità nei confronti dei prestatori stabiliti in un altro Stato membro. In numerosi casi, infatti, le norme che impongono degli obblighi ai prestatori di servizi non precisano esplicitamente il loro campo di applicazione territoriale, soprattutto se si rivolgono esclusivamente ai prestatori stabiliti sul territorio dello Stato membro interessato. Si tratta di una situazione che lascia un certo margine d'interpretazione alle autorità nazionali e che induce il prestatore a richiedere un'assistenza legale specifica e dei chiarimenti, se non addirittura il "via libera", alle autorità nazionali;

Questo genere di problemi è emerso in numerosi progetti di legge nazionali relativi ai servizi della società dell'informazione che sono stati notificati [177] nel 2001 alla Commissione.

[177] Ai sensi della direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 luglio 1998 relativa ad una modifica della direttiva 98/34/CE che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, GU L 217 del 5.8.1998, pag. 18.

- Alcune norme nazionali assoggettano la prestazione di servizi o la libertà di stabilimento al rispetto sistematico di un criterio o di un test da valutare caso per caso da parte delle autorità e il cui risultato è difficilmente prevedibile.

In uno Stato membro, per esempio, l'uso di un laboratorio di analisi di un altro Stato membro è possibile solo se questo tipo di analisi "non è realizzabile" sul suo territorio. Si può trattare inoltre di criteri quali "l'incidenza sul commercio esistente" (servizi di distribuzione), "il bisogno di collocamento" (servizi offerti dalle agenzie di collocamento degli artisti), "l'interesse generale" (servizi finanziari), "l'idoneità" o "l'equipollenza" (professioni regolamentate).

In pratica, quest'incertezza giuridica ha l'effetto di invertire i ruoli poiché un operatore che intenda fornire il proprio servizio in un altro Stato membro si ritrova nella situazione paradossale di dover rivendicare e giustificare il beneficio dei principi di libera circolazione dei servizi e di libertà di stabilimento quando, normalmente, secondo la giurisprudenza della Corte, spetta invece all'autorità nazionale giustificare il ricorso alle eccezioni a tali principi, eccezioni che, in ogni caso, non possono essere applicate in modo generale e sistematico. [178]

[178] La consultazione ha dimostrato che una simile inversione dei ruoli si registra anche nell'applicazione delle direttive relative alle assicurazioni: mentre, in certi casi, queste danno la possibilità allo Stato membro di accoglienza di applicare le proprie norme solo quando è necessario per motivi di interesse generale, taluni Stati membri notificano alle autorità del paese d'origine un intero elenco generale di norme che devono essere sistematicamente rispettate dal prestatore stabilito sul territorio di quest'ultimo. Si veda, a tal proposito, la precitata comunicazione "Libera prestazione dei servizi e interesse generale nel settore delle assicurazioni".

3. Applicazione dello stesso tipo di prescrizioni in settori diversi

L'analisi dell'inventario rivela che certi tipi di restrizioni si ritrovano in un gran numero di settori o attività di servizio (anche se possono variare nei dettagli). Sono frequenti, in particolare, le seguenti restrizioni: regimi di autorizzazione, dichiarazione, registrazione e iscrizione presso un ordine professionale o una camera dell'artigianato, limiti quantitativi (numero chiuso, quote, superfici, ecc.), limiti territoriali all'esercizio dei servizi, norme applicabili alla trasferta dei lavoratori nell'ambito della prestazione dei servizi in un altro Stato membro, norme relative alle attività pluridisciplinari, divieti e limiti relativi alle comunicazioni commerciali, norme in materia di fissazione dei prezzi, norme sulla responsabilità professionale, l'assicurazione professionale e le cauzioni o garanzie finanziarie, disposizioni relative al recupero dei crediti e norme in materia contrattuale e fiscale.

C. Origine comune delle frontiere

Malgrado l'apparente varietà delle frontiere giuridiche, le cause di fondo sono molto spesso le stesse e possono essere classificate in tre categorie principali.

1. Mancanza di fiducia reciproca tra Stati membri

Molte delle difficoltà inventariate possono essere attribuite, in primo luogo, a una mancanza di fiducia di certe autorità nei confronti della qualità degli ordinamenti giuridici degli altri Stati membri.

L'applicazione sistematica delle norme del paese in cui viene prestato il servizio, la semplice invocazione di obiettivi d'interesse generale per giustificare gli ostacoli senza verificare né l'equivalenza della protezione offerta nel paese d'origine né la proporzionalità della restrizione, l'assoggettamento degli operatori dell'Unione allo stesso regime delle imprese "straniere" di paesi terzi, la presunzione di elusione delle norme nazionali da parte dei servizi transfrontalieri e il controllo più frequente dei prestatori di altri Stati membri sono tutte difficoltà che rivelano un certo sospetto di principio nei confronti dei servizi provenienti da altri Stati membri e che dimostrano che la protezione dell'interesse generale e la regolamentazione delle attività di servizio non sono un obiettivo condiviso da tutti gli Stati membri dell'Unione europea.

Questa mancanza di fiducia reciproca può derivare dall'ignoranza della portata dei principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi ma anche da una scarsa trasparenza e da una scarsa cooperazione amministrativa tra Stati membri o, in certi settori, da una carenza di armonizzazione delle norme nazionali che si traduce in un'eccessiva disparità tra i livelli di protezione dell'interesse generale garantiti dagli ordinamenti nazionali.

2. Resistenza alla modernizzazione dei quadri giuridici nazionali

Diverse frontiere giuridiche possono essere attribuite al fatto che gli Stati membri non hanno preso veramente in considerazione le esigenze del mercato interno dei servizi. I principi fondamentali del Trattato, la portata attribuita loro dalla Corte, i programmi ambiziosi del 1962 e del 1985 non si sono sempre tradotti nell'adeguamento delle legislazioni nazionali che ci si poteva attendere. Al contrario, come è stato detto in precedenza, l'evoluzione degli ordinamenti giuridici può essere accompagnata anche dalla creazione di nuove frontiere giuridiche o dal rafforzamento di quelle esistenti, piuttosto che dalla loro eliminazione.

Un'indagine [179] rivela che il 42% degli imprenditori europei attivi nel settore dei servizi ritiene che le normative applicabili non siano adeguate alla realtà del mercato e che siano in parte, se non del tutto, antiquate [180]. Tale percentuale è più alta per il settore dei servizi che per tutti i settori di attività messi assieme (36,6%). [181]

[179] "Services Sector in Flash Eurobarometre 106" - "Flash Eurobarometre 106 (Special Targets), enquête de surveillance du marché unique", settembre 2001 (indagine effettuata per conto della Commissione europea ed allegata al quadro di valutazione n. 9 del 19.11.2001), http://europa.eu.int/comm/internal_market/fr/update/score/busisum9.htm).

[180] La percentuale più alta si registra in Francia (60%), la più bassa in Irlanda (23%).

[181] Flash Eurobarometre 106, citato.

Questa riluttanza alla modernizzazione può avere diverse spiegazioni:

- la scarsa attenzione alle sentenze della Corte da parte delle autorità nazionali non consente loro di rendersi sempre conto della necessità di modificare le normative nazionali. Gli strumenti di monitoraggio utilizzati dalle amministrazioni nazionali sembrano concentrarsi sui casi che interessano il proprio Stato o, a monte, sulla necessità di formulare osservazioni scritte in una causa riguardante un altro Stato membro. Per contro, a valle, sembra che pochi Stati membri seguano veramente in modo attivo e sistematico tutte le sentenze che riguardano altri Stati membri al fine di valutare le esigenze di adeguamento della propria legislazione [182]. Ecco perché molti dei problemi inventariati sono in realtà già stati oggetto di sentenze della Corte di giustizia che hanno condannato misure o prassi simili;

[182] In alcuni casi, il monitoraggio delle sentenze della Corte consiste soltanto nell'informare i servizi dell'amministrazione che potrebbero essere interessati.

- il trattamento caso per caso e l'efficacia relativa delle sanzioni previste per la violazione del diritto del mercato interno contribuiscono a dare l'impressione a certe autorità nazionali che un adeguamento della loro normativa non è indispensabile fintanto che non è direttamente ed esplicitamente messa in discussione dalla Commissione o dalla Corte.

3. Protezione di interessi economici nazionali

Malgrado la giurisprudenza costante della Corte, secondo la quale "misure che costituiscono una restrizione alla libera prestazione dei servizi non possono essere giustificate da obiettivi di natura economica quali la protezione delle imprese nazionali" [183], si deve constatare, visti soprattutto certi lavori parlamentari preparatori, che alcune delle difficoltà inventariate dimostrano che la difesa di interessi economici puramente nazionali è ancora fortemente radicata in certi Stati membri.

[183] Sentenza "Portugaia Construções", op. cit.

III. Impatto delle frontiere

A. Effetti a catena sull'intera economia e sulla competitività europea

Le frontiere incidono direttamente o indirettamente su tutti i servizi. Nella prima parte della presente relazione si è dimostrato che le frontiere del mercato interno hanno un impatto su ognuna delle sei fasi del processo economico relativo alla prestazione di servizi ("la catena economica"). Qualunque prestatore di servizi che abbia l'intenzione di estendere la propria attività in un altro Stato membro potrebbe scontrarsi con una o più difficoltà e potrebbe anche risentire dei problemi che incontrano i prestatori da cui riceve, a sua volta, dei servizi. Infatti, per creare, promuovere e distribuire il proprio servizio, il prestatore conta su tutta una serie di altri servizi. Questa interdipendenza dei servizi rende necessario un approccio globale che consenta di valutare l'effetto complessivo delle frontiere esistenti. Questa parte della relazione esaminerà il ruolo dei servizi nell'economia, l'interdipendenza dei servizi e il potenziale di crescita transfrontaliera dei servizi in caso di eliminazione delle frontiere e darà una valutazione di massima dell'impatto sull'intera economia, da approfondire durante la seconda fase della strategia per il mercato interno dei servizi. Nel 2002-2003, la Commissione avvierà un lavoro per approfondire l'analisi dell'impatto economico con l'ausilio di economisti specializzati.

1. Ruolo chiave dei servizi nell'economia

I servizi svolgono un ruolo chiave nell'economia dell'Unione europea, dal momento che sono all'origine di quasi il 70% dei posti di lavoro [184] e del PIL nella maggioranza dei paesi dell'Unione [185]. Il tasso di crescita dei servizi supera le tendenze globali dell'economia da decine di anni e i servizi rappresentano quindi una parte crescente dell'economia dell'UE. È chiaro che le maggiori potenzialità di creazione di occupazione dovranno essere ricercate nel settore dei servizi poiché la creazione di posti di lavoro in tale settore supera la crescita globale dell'occupazione [186].

[184] La percentuale è ancora più alta se si tiene conto del numero di dipendenti delle industrie di trasformazione che svolgono attività di servizio. Ad esempio, secondo uno studio della Confederazione delle imprese svedesi, le stime raggiungono l'85% dei dipendenti ("Svensk Internationell Tjänstehandel - nuläge och möjligheter" [Commercio internazionale dei servizi in Svezia - Situazione e possibilità] - studio realizzato nell'ambito del progetto "Internazionalizzazione delle società di servizi svedesi", Svenskt Näringsliv, O. Erixon, 2001). Un'altra indagine effettuata per conto della Commissione europea indica che questa percentuale sta aumentando anche nei settori pubblici privatizzati (ad esempio le società elettriche) che abbandonano le attività industriali tradizionali per diventare delle società flessibili incentrate sui servizi (cfr. "The Effects of the Liberalisation of the Electricity and Gas Sectors on Employment", ECOTEC research and consulting, 2000).

[185] La percentuale dei servizi nell'economia statunitense è ancora più forte poiché rappresenta circa il 74% del PIL, sebbene l'Unione europea stia colmando questo divario. Si veda, ad esempio: la relazione 2002 della Commissione sulla competitività (SEC(2002) 528) del 22 maggio 2002, la comunicazione della Commissione sulla "Produttività: la chiave per la competitività delle economie e delle imprese europee" (COM(2002) 262 def. del 21.5.2002), "Dienstleistungsreport 2000" (relazione sui servizi 2000), Preussag AG, realizzata con l'Institut der Deutschen Wirtschaft, Colonia, 2000. Si veda anche "Croissance et emploi dans le secteur des services, une analyse comparative", Bureau Fédéral du Plan Belgique, documento di lavoro 6-00, 2000.

[186] "L'avvento della società della conoscenza porterà la domanda di manodopera verso livelli di competenze più elevati" (cfr. "Innovation in the Service Sector - Selected Facts and Some Policy Conclusions", Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung, G. Licht, G. Ebling, N. Janz, H. Niggemann, 1999, p. 5).

Tuttavia, e anche se le statistiche sull'industria sono probabilmente sovrastimate, sia perché i servizi sono integrati nella produzione, sia perché la loro classificazione è difficile, sia perché è difficile individuare i flussi lordi, il peso dei servizi negli scambi non è in relazione con il loro peso nell'economia: i servizi rappresentano ancora solo il 21,6% delle transazioni commerciali dell'UE nel 1999, di cui l'11,9% all'interno dell'UE 15. Inoltre, la tendenza è al ribasso della parte relativa ai servizi (era il 22,8% nel 1992) [187]. La divergenza si spiega in parte con l'esistenza di un mercato interno delle merci ma non dei servizi. Nel settore dei servizi, gli interessati tendono a ricorrere all'investimento diretto all'estero ed alle fusioni piuttosto che agli scambi diretti (più del 40% degli IDE dipende dal settore dei servizi, 20,59% dei quali sono intracomunitari, contro rispettivamente il 44% e il 27,6% per l'industria; il 15% resta "non attribuito" [188]).

[187] Fonte: "EU international transaction" Eurostat edizione 2001

[188] Fonte: "European Union Foreign Direct Insvestment", Eurostat, 2000

Il potenziale di crescita degli scambi di servizi è dunque molto elevato. Anche se in questa fase è molto difficile misurare il contributo dei servizi alla crescita della produttività, è probabile che una maggior concorrenza tra operatori di Stati membri diversi provochi un aumento della produttività.

I servizi sono presenti in tutti i settori dell'economia moderna, compresi quelli che possono essere considerati i settori manifatturieri "tradizionali". Per esempio, certi costruttori di automobili propongono attualmente servizi finanziari, servizi di locazione e di leasing, servizi di consulenza, di formazione e di gestione del parco auto o servizi di assistenza e di soccorso stradale [189], mentre i produttori di apparecchiature elettroniche propongono sempre di più servizi software su misura [190] per i propri prodotti. [191] Nella produzione stessa, l'industria automobilistica usa servizi informatici, di progettazione, di controllo della qualità, ecc. L'industria dipende perciò molto dai servizi e dalla loro qualità. Molti di questi servizi sono nascosti nelle statistiche ufficiali delle società produttrici [192]. Questa combinazione di beni e servizi e un'integrazione efficace degli input di servizi consentono all'economia di fornire prodotti differenziati che rispondono meglio alle esigenze dei clienti [193]. Ne risulta un miglioramento della produttività, della competitività, delle vendite e, in fin dei conti, della redditività delle imprese. [194]

[189] Cfr. "Job Revolution, Wie wir neue Arbeitsplätze gewinnen können", P. Hartz, 2001 e "Grundlagen der Automobilwirtschaft", W. Diez, 2001.

[190] Ad esempio, i produttori di beni di consumo elettronici propongono una gamma sempre più ampia di software per videogiochi oppure investono nell'industria dello spettacolo (in particolare il cinema).

[191] Ad esempio, i produttori di articoli sanitari propongono sempre di più servizi di consulenza agli ospedali, i produttori di alimentari forniscono consulenza in materia di sicurezza alimentare e gli operatori del settore delle telecomunicazioni realizzano profitti notevoli offrendo assistenza telefonica agli utenti di software.

[192] Un rapporto dell'OCSE conclude, ad esempio, che la distinzione tra produttori e prestatori di servizi non ha più senso. Parimenti, uno studio danese rileva che il 31% delle imprese danesi intervistate e ufficialmente catalogate come imprese di trasformazione si considerano prestatori di servizi (cfr. "The service economy", OECD, Science Technology Industry Forum, Paris, 2000; si veda anche "Svensk Internationell Tjänstehandel - nuläge och möjligheter", op cit.).

[193] Cfr. "Dienstleistungsreport 2000" (op. cit.) e "Marktpotentiale für Unternehmensbezogene Dienstleistungen im Globalen Wettbewerb", Institut für Wirtschaftsforschung, 1998.

[194] Cfr. "Stratégies tertiaires des exportateurs industriels. Économies et sociétés. Les services de l'an 2000", vol. XXXIII n. 5, maggio 1999: pp. 17-43; "Trading Services in the Global Economy", L. Rubalcaba-Bermejo, J. Bryson, 2002.

Uno studio americano di recente pubblicazione illustra la crescente importanza dei servizi per il valore aggiunto delle grandi società:

"Qual è la più grande impresa di servizi del mondo- Disney- Citibank- American Express- Tenendo conto di diversi parametri, la risposta è in realtà IBM o General Electric, due società che sono più conosciute per i loro prodotti che per i loro servizi" [195].

[195] "S-Business: Defining the services industry", Association for Services Management, S.W. Brown, B.A van Bennekom, K. Goffin, J.A. Alexander, 2001, p. 4.

Ad esempio, i produttori di beni di qualità attribuiscono sempre grande importanza ai servizi alla clientela. I prodotti di alta ingegneria industriale sono un esempio dell'intensa cooperazione necessaria durante la progettazione per soddisfare esattamente le esigenze del cliente. Il servizio al cliente prosegue con la formazione, la manutenzione, i servizi a distanza via Internet o per telefono e si estende al finanziamento e a operazioni di tipo "costruzione e manutenzione operativa" per grandi progetti d'infrastruttura.

Studi effettuati in Germania nel campo dell'ingegneria industriale mostrano che i redditi dovuti ad attività di servizio sono in aumento. Circa il 10% delle società d'ingegneria industriale trae più del 50% del proprio reddito dai servizi. In precedenza, tali servizi erano di solito compresi nel prezzo del prodotto ma è in atto una tendenza a fatturarli separatamente.

I produttori di beni più innovativi ottengono spesso vantaggi competitivi acquistando servizi avanzati di tecnologie dell'informazione. Il know-how che permette di sviluppare prodotti contenenti intelligenza è talora disponibile internamente ma spesso è necessario ricorrere a specialisti in servizi legati all'informatica e alle comunicazioni. Un esempio è il settore automobilistico, in cui i sistemi di gestione delle macchine, di frenatura automatica e di navigazione sono diventati comuni. Altri prodotti tradizionali d'ingegneria industriale, come gru e macchine utensili, sono spesso dotati di comandi e di sistemi di diagnosi a distanza, che consentono massima operatività e bassi costi di manutenzione.

Contemporaneamente, i produttori hanno esternalizzato i servizi che non appartengono alle loro competenze essenziali, affidandoli a più efficienti prestatori di servizi. Esiste una forte interdipendenza tra produttori di beni e imprese che forniscono tanto prodotti quanto servizi aventi relazione con il bene. Tutto ciò ha provocato effetti non solo sulla struttura dell'industria ma soprattutto sull'organizzazione interna delle imprese.

L'ampiezza dei servizi forniti dai produttori di beni è spesso occultata nelle statistiche. Pur restando la produzione la loro attività principale, talune importanti società in Europa usano decine di migliaia di persone nei loro dipartimenti per i servizi.

Il ruolo sempre più rilevante dei servizi nell'economia dell'Unione è da ricondurre a fattori legati alla domanda. [196] Si registra una crescente domanda di servizi specializzati alle imprese nell'ambito dell'outsourcing, di servizi offerti in combinazione coi prodotti, di servizi basati sulla conoscenza e legati al tempo libero e di tutta una varietà di servizi derivanti da cambiamenti demografici [197], come i servizi di sostegno alle persone e i servizi sanitari [198]. Questo fenomeno si è tradotto nella comparsa di un numero sempre crescente di servizi diversi che vanno dai settori di servizi più tradizionali come i trasporti, il commercio al dettaglio, le telecomunicazioni, il turismo, la sanità e i servizi finanziari, a servizi più recenti come quelli alle imprese nel campo della gestione dell'ambiente e dei rifiuti, la conservazione dell'energia, la consulenza gestionale, il trattamento dei dati e le prove ed analisi tecniche, per citarne solo alcuni.

[196] Cfr. "Innovation and Productivity in Services: State of the Art, OECD, D. Pilat, 2001 e "The Service Sector in the UK and France: Addressing Barriers to the Growth of Output and Employment", op cit.

[197] Come l'invecchiamento della popolazione e la maggiore presenza delle donne all'interno della manodopera.

[198] Si veda, ad esempio, lo studio realizzato per conto della Commissione europea "Services for Individuals and Households in the European Union", Institute for Employment and Research, 2001.

2. Interdipendenza dei servizi

I servizi sono strettamente collegati fra loro, poiché vengono spesso utilizzati in modo combinato in ogni fase dell'attività economica di un prestatore di servizi. Ad esempio, un dettagliante fornisce dei servizi a dei produttori e una varietà di servizi al consumatore finale, compresi i servizi di ristorazione e di assistenza post-vendita. A sua volta, il dettagliante ricorre a numerosi altri servizi in ogni fase del processo economico, dallo stabilimento dell'impresa all'uso di input, dalla promozione, distribuzione e vendita del servizio alla fase post-vendita. Per un'illustrazione di tale catena economica, si veda la seguente tabella.

Catena economica di un servizio di commercio al dettaglio

>SPAZIO PER TABELLA>

A causa di questa interdipendenza, le difficoltà relative a un solo servizio producono effetti a catena anche sugli altri servizi. Per esempio, come è emerso dalla consultazione, un dettagliante stabilito in un solo Stato membro che intenda stabilirsi in un certo numero di altri Stati membri desidererà normalmente utilizzare, in questi altri paesi, i servizi degli agenti immobiliari, dei progettisti di spazi commerciali, degli architetti, degli ingegneri, delle imprese edili, degli istituti bancari e delle compagnie di assicurazione con i quali lavora abitualmente nel suo Stato membro d'origine. Ciò gli consentirà di beneficiare della collaborazione di vecchia data con i suoi prestatori di servizi esistenti, guadagnando in efficienza e realizzando delle economie di scala. Esistono, tuttavia, numerosi ostacoli alla fornitura di tali servizi in altri Stati membri e questo renderà lo stabilimento del dettagliante più costoso ed oneroso. [199]

[199] Ad esempio, gli architetti e gli ingegneri rischiano di avere dei problemi a livello di qualifiche professionali, le società di costruzione dei problemi riguardanti il distacco dei propri dipendenti, le compagnie di assicurazione dei problemi derivanti dalle differenze normative in materia contrattuale e fiscale.

Le difficoltà sono destinate a moltiplicarsi lungo tutta la catena economica. Per riprendere lo stesso esempio del dettagliante, egli potrebbe scoprire che non può utilizzare come input l'agenzia di lavoro temporaneo di cui si serve normalmente, che le sue promozioni non possono essere assicurate dalla sua solita agenzia di promozione delle vendite, che la sua società di trasporto su strada non può fornirgli dei servizi di distribuzione e che il suo commercialista non può pianificare e verificare le sue attività di vendita. Tutti questi servizi non possono essere proposti agevolmente oltrefrontiera (se non addirittura affatto) a causa delle difficoltà che si presentano in una o più fasi dell'attività [200]. Ne consegue che, in ogni fase della sua catena economica, il dettagliante sarà obbligato a ricorrere a servizi diversi in altri Stati membri subendo un aumento dei costi e un sensibile calo d'efficienza.

[200] Si veda, a tal proposito, la descrizione degli ostacoli nella parte I. L'agenzia di lavoro temporaneo può trovarsi nell'impossibilità di fornire dei servizi se non è stabilita nel paese interessato, l'agenzia di promozione delle vendite, probabilmente, non conosce con precisione gli obblighi giuridici in materia di promozione delle vendite, la società di trasporto su strada può incontrare delle difficoltà nell'utilizzo dei suoi veicoli, la società contabile potrebbe non possedere la forma giuridica richiesta, ecc.

Per tener conto degli effetti a catena che essi hanno su numerosissime attività, le frontiere del mercato interno dei servizi richiedono una valutazione d'impatto trasversale secondo la comunicazione della Commissione in materia di valutazione d'impatto [201] che adotta un metodo di analisi integrata delle incidenze economiche, ambientali e sociali, comprendente, tra l'altro, l'impatto sulla salute pubblica, la sicurezza e i diritti dei consumatori [202]. Riguardo all'incidenza economica, si noti che una valutazione d'impatto che riguardasse solo gli effetti su una determinata attività o settore sarebbe parziale e ingannevole. Occorre darsi metodi di valutazione comprendenti non solo l'impatto di una difficoltà nota sulla catena economica di un determinato servizio fino al consumatore finale ma anche l'impatto sulla catena economica di altre attività connesse. Questa valutazione dinamica e qualitativa sarà avviata dai servizi della Commissione con l'ausilio di economisti specializzati durante la seconda fase della strategia per il mercato interno dei servizi [203].

[201] COM(2002) 276 def.

[202] COM(2002) 276 def.

[203] Si noti che l'utilità di una valutazione d'impatto trasversale e dinamica è riconosciuta anche dall'OCSE; cfr. "Quantification of Costs to National Welfare from Barriers to Services Trade - A literature overview". OCSE, 2001.

3. Domanda di servizi transfrontalieri

La domanda di servizi transfrontalieri aumenta costantemente [204]. La domanda di servizi non si limita ai mercati nazionali. Tuttavia, nonostante il ruolo predominante dei servizi nell'economia, il livello assoluto di prestazioni transfrontaliere di servizi è inferiore a quello degli scambi di merci. E poiché, negli ultimi dieci anni, la crescita reale (al netto dell'inflazione) del fatturato delle imprese europee è stata sostenuta principalmente dalle esportazioni [205], si può concludere che il potenziale di crescita economica che può essere realizzato attraverso le esportazioni di servizi è davvero notevole.

[204] Le esportazioni di servizi dei paesi dell'Unione europea sono aumentate del 7,3% tra il 1990 e il 1999, benché questa crescita non sia stata altrettanto rapida di quella registrata dagli Stati Uniti e, soprattutto, dalla Cina e dal Giappone. Dal 1990, l'Europa occidentale ha visto la sua quota di mercato mondiale ridursi di circa l'8,6%. Si vedano, Ad esempio, dei recenti studi svedesi e danesi: "Svensk Internationell Tjänstehandel - nuläge och möjligheter" (op. cit.), e "Internationalisering af Service - Potentialer og Barriere, Erhvervsministeriet, 2001.

[205] Cfr. "SMEs in Europe", Observatory of European SMEs, European Communities, n. 2 2002, e "Service Internationalisation - Characteristics, Potentials and Barriers", op. cit.

La globalizzazione e il legame tra le imprese di servizi e i loro clienti multinazionali sono un fattore comprovato di tale crescita della domanda nel settore dei servizi alle imprese. I prestatori multinazionali di servizi, come i produttori che hanno incrementato le loro operazioni internazionali, hanno incoraggiato i propri fornitori di servizi a sostenere le loro operazioni stabilendosi o esportando i loro servizi in altri Stati membri [206].

[206] Uno studio tedesco sui servizi tecnici evidenzia che un incremento nel commercio transfrontaliero di servizi è strettamente correlato con la comparsa di imprese multinazionali, le quali scelgono i fornitori di servizi caratterizzati dalla migliore offerta e dal miglior rapporto qualità-prezzo, indipendentemente dalla nazionalità ("Marktzugangsregelungen/Berufszugangsregelungen für Technische Dienstleistungen und deren Auswirkungen auf die Internationale Wettbewerbsfähigkeit", Institut für Wirtschaftspolitik an der Universität zu Köln, M. Fredebeul-Krein, A. Schürfeld, Oktober 1998). Si veda, anche "Trading Services in the Global Economy", op. cit.

Contribuiscono alla domanda transfrontaliera anche la specializzazione e la differenziazione dei servizi alle imprese che in certi Stati membri sono poco diffusi. La crescente necessità di guardare al di là dei mercati nazionali per reclutare manodopera specializzata e competente (in particolare per i servizi ad alta tecnologia e i servizi basati sulla conoscenza) è ormai accertata. [207]

[207] Si veda, ad esempio, "L'emploi en Europe 2001: évolution récente et perspectives", DG Occupazione e affari sociali, Comunità europee, 2001.

Le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione rafforzeranno ulteriormente la tendenza all'internazionalizzazione dei servizi. Le nuove tecnologie consentono ai servizi basati sulla conoscenza di essere forniti a distanza e facilitano l'importazione e l'esportazione di servizi senza la necessità di procedere ad investimenti diretti all'estero. [208]

[208] Secondo il governo britannico, il crescente ampliamento della gamma di servizi che possono essere forniti a distanza mette in luce anche nuovi ostacoli che potrebbero limitare gli scambi e la concorrenza nell'Unione europea (cfr. "Realising Europe's Potential, Economic Reform in Europe", HM Treasury, 2002).

La maggiore mobilità e l'aumento dei redditi dei consumatori, unitamente alla maggiore informazione resa possibile dalle nuove tecnologie, hanno contribuito ad aumentare la domanda transfrontaliera di tutta una serie di servizi, soprattutto nei settori del turismo, della sanità e del tempo libero.

Le potenzialità che ne derivano per i servizi non possono essere tuttavia sfruttate appieno a causa delle frontiere del mercato interno [209], dei costi che queste comportano e degli effetti a catena sull'intera economia.

[209] Un esempio di questo mancato sfruttamento delle potenzialità dei servizi viene citato in un'indagine realizzata, per conto della Commissione europea, tra i prestatori di servizi alle imprese, in cui la maggioranza delle imprese intervistate ha risposto che, probabilmente, aumenterebbe le proprie vendite di servizi alle imprese in altri Stati membri dell'Unione europea se venissero eliminati gli ostacoli normativi esistenti (cfr. "Entraves à la prestation de services aux entreprises"; op. cit.).

La liberalizzazione dei mercati dell'elettricità e del gas provocherà certamente un aumento della domanda transfrontaliera non solo di energia, ma anche di servizi collegati (sistemi d'illuminazione, di riscaldamento, di raffreddamento, motori ad alto rendimento energetico), servizi strettamente legati alla consegna materiale di gas ed elettricità, che offrono così un altro esempio della complessa interazione tra i servizi. Ma, questo potenziale potrà essere pienamente sfruttato solo sopprimendo gli ostacoli alla prestazione di tutti questi servizi.

4. Costi delle frontiere

Le frontiere comportano dei costi di adeguamento preliminari che riguardano sia la prestazione che l'utilizzazione dei servizi transfrontalieri. Le frontiere individuate nella parte I della presente relazione comportano tutta una serie di costi di adeguamento. Una società che intenda inserirsi in un determinato mercato stabilendosi sul relativo territorio o fornendo dei servizi dal paese d'origine dovrà ricorrere a un'assistenza legale complessa per sapere se può esercitare le sue attività sul nuovo mercato senza problemi o se deve, invece, modificare alcuni aspetti del suo modello imprenditoriale (scoprendo, naturalmente, anche il modo in cui modificarli).

I costi di adeguamento preliminari si moltiplicano lungo tutta la catena economica. Gli esempi relativi al settore del commercio al dettaglio menzionati in precedenza dimostrano che i costi di adeguamento preliminari sono considerevoli anche quando riguardano soltanto una o due fasi della catena economica di un'impresa di servizi. Tuttavia, poiché gli ostacoli incidono normalmente su ciascuna delle fasi dell'attività delle imprese, il livello globale di tali costi preliminari è sensibilmente più elevato.

Esempi di costi di adeguamento preliminari [210]

[210] Diversi esempi sono stati forniti, nell'ambito della consultazione sulla strategia per il mercato interno dei servizi, dai prestatori di servizi e dai relativi studi legali.

Una grande società di commercio al dettaglio che possiede una catena di negozi ha dovuto impegnare un dirigente a tempo pieno per 8 mesi (costo: EUR 200.000) per studiare gli adeguamenti che era necessario apportare alla strategia di vendita del gruppo (fase 5 della catena economica) per rispettare la legislazione di un altro Stato membro nel cui mercato desiderava inserirsi.

Prima dell'adozione e della trasposizione della direttiva sul commercio elettronico, una società di vendita per corrispondenza che ha aveva deciso di commercializzare e vendere dei prodotti mediante un sito Web ha ricevuto una fattura di EUR 25.000 da uno studio legale per una consulenza sul modo in cui conformarsi alle diverse normative vigenti all'interno dell'Unione europea in materia di pubblicità e, in particolare, alle norme specifiche relative ai prodotti (fase 3) e alla conclusione dei contratti (fase 5 della catena economica).

Una banca ha corrisposto a uno studio legale EUR 19.500 per valutare il modo in cui avrebbe dovuto modificare la pubblicità (fase 3 della catena economica) di un determinato servizio di investimenti in due altri Stati membri.

Un'impresa di vendita per corrispondenza di prodotti cosmetici ha dovuto inviare in trasferta, a tempo pieno e per sei mesi, uno dei suoi legali in un altro Stato membro per valutare il modo in cui il modello di distribuzione della società avrebbe dovuto essere modificato per adeguarsi alla normativa dello Stato membro in questione. L'impresa ha deciso, alla fine, di non entrare in quel mercato poiché ciò avrebbe comportato una modifica radicale del proprio business model.

I costi di adeguamento preliminari non sono legati alle dimensioni dell'impresa: per uno studio delle norme e delle prassi amministrative nazionali e una valutazione della possibilità di proporre o utilizzare un servizio, è necessario in genere che l'impresa (indipendentemente dalle sue dimensioni) effettui subito un investimento di pari importo (o quasi) in consulenza legale [211]. Inoltre, i costi di adeguamento preliminari sono investimenti a fondo perduto che devono essere impegnati prima ancora che una società possa inserirsi o meno nel mercato di un altro Stato membro.

[211] Uno studio tedesco indica, ad esempio, che i costi esterni della legislazione pesano in modo smisurato sulle PMI (cfr. "Externe Kosten von Rechtsvorschriften, Möglichkeiten und Grenzen der Ökonomischen Gesetzesanalyse", Institut für Weltwirtschaft an der Universität Kiel, H. Dicke, H. Hartung, 1986. Si veda anche "Regulation and Small Firms", progress report from the Better Regulation Task Force, 1999).

Per le piccole imprese, i costi di adeguamento preliminari sono proibitivi, benché le microimprese o le piccole imprese svolgano un ruolo fondamentale nel settore dei servizi [212]. La dimensione media delle imprese europee impegnate nel commercio al dettaglio induce a ritenere che i costi di adeguamento preliminari siano sproporzionati rispetto al volume d'affari e che, con ogni probabilità, siano tali da spingere un'impresa europea di medie dimensioni del settore del commercio al dettaglio a non prendere neanche in considerazione una strategia del mercato interno.

[212] Tale situazione è comune a tutti i settori dei servizi (cfr. "Major Trends and Issues", OECD, M. Edwards, M. Croker, 2002).

Dimensione media delle imprese nel settore del commercio al dettaglio (EUR 13, 1998) [213]

[213] Le medie si basano sulle informazioni relative a tredici Stati membri. La Germania e la Grecia sono state escluse, poiché i relativi dati non erano disponibili (cfr. "Statistiques du commerce: le commerce de détail en Europe", Statistiques en bref: industries, commerce et services, Eurostat, J. Hubertus, thème 4-40, 2001).

numero medio di dipendenti: 3,2

fatturato annuo medio: EUR 582.207

Nel 1998, negli Stati membri che hanno trasmesso dei dati, il 90% circa delle imprese impegnate nel commercio al dettaglio impiegava meno di cinque persone. Le imprese di tale dimensione rappresentavano il 73% del totale in Irlanda (la percentuale più bassa) e il 94% in Italia.

I costi di adeguamento organizzativo costituiscono un fardello supplementare che si va ad aggiungere ai costi di adeguamento preliminari quando un'impresa è obbligata a modificare la sua strategia ottimale per ogni fase della sua catena economica. Allo stesso tempo, esistono dei costi statici in ogni fase della catena economica e dei costi dinamici derivanti dagli effetti a catena che si sviluppano lungo tutto il processo, poiché l'impresa deve concepire un nuovo business model per ogni mercato nel quale decida di entrare. I costi organizzativi sono molto vari e, come emerge dagli esempi qui di seguito riportati, possono anche essere ingenti.

Esempi di costi di adeguamento organizzativo

Il personale di una grande società di commercio al dettaglio che possiede una catena di negozi comprende anche un team di architetti. Tuttavia, affinché le planimetrie dei negozi elaborate da tale team fossero approvate in certi Stati membri, la società ha dovuto ricorrere ai servizi di architetti iscritti a livello nazionale, sostenendo costi supplementari considerevoli (fase 1 della catena economica).

Un commerciante di abbigliamento ha spiegato che, contrariamente a quello che succede nel suo Stato membro d'origine, in cui i saldi possono essere organizzati in funzione delle collezioni stagionali [214], le normative di alcuni Stati membri che limitano i periodi di saldi a due all'anno hanno imposto una modifica rilevante delle sue operazioni. Le campagne promozionali hanno dovuto essere completamente riadattate (fase 3 della catena economica). Questo ha avuto, inoltre, degli effetti anche sull'organizzazione relativa ad altre fasi della catena economica dell'impresa, richiedendo, per esempio, la modifica dei contratti di acquisto con i fornitori resa necessaria dal minor numero di collezioni stagionali che è possibile offrire in detti Stati membri (fase 2 della catena economica), della gestione delle scorte (fase 2 della catena economica) e della strategia dei prezzi (fase 5 della catena economica).

[214] Per certi prodotti sono previste otto stagioni all'anno, il che significa che le rimanenze di ogni serie dovranno essere liquidate nell'ambito dei saldi.

Un commerciante che aveva l'abitudine di aprire il negozio di domenica nel suo Stato membro d'origine non ha potuto farlo in un altro Stato membro. E siccome il 60% delle sue vendite vengono realizzate di solito durante il weekend, l'effetto è stato quello di concentrare le vendite al sabato. Questo ha comportato la costruzione di negozi molto più grandi, con corridoi più ampi tra i reparti, una riduzione della quantità di merce in mostra e la realizzazione di parcheggi auto più ampi (fasi 1 e 4 della catena economica). L'aumento dei costi è stato concomitante al calo delle vendite rispetto al paese d'origine.

5. Effetti negativi sulla crescita e sulle prestazioni dell'economia europea

I costi di adeguamento hanno effetti sull'intera economia. L'esame dei costi di adeguamento dei diversi prestatori di servizi fornisce soltanto una valutazione parziale dell'impatto delle frontiere individuate nella parte I, dal momento che non si tiene conto delle conseguenze di tali costi per l'intera economia nel corso del tempo [215]. In particolare, occorre considerare attentamente i seguenti fattori:

[215] Va rilevato che anche la relazione Cecchini (op. cit.) ha adottato un punto di vista "statico" dell'economia dell'Unione. Si veda, a tal proposito, il documento del Ministero del Tesoro britannico intitolato "Realising Europe's Potential: Economic Reform in Europe" op. cit., pag. 16: "Lo stesso Cecchini si rendeva conto di tale limite, riconoscendo che dei fattori dinamici, che non hanno alcun rapporto con i prezzi e che vanno attribuiti all'eliminazione degli ostacoli agli scambi commerciali e alle riforme che accompagnano tale operazione, avrebbero avuto a lungo termine delle conseguenze molto più importanti di qualsiasi variazione graduale "statica" per la produttività, l'occupazione, la crescita e la stabilità economica e sociale dell'Unione europea".

Le frontiere comportano una riduzione degli investimenti in ricerca, sviluppo, innovazione e formazione, perché, a causa dei costi preliminari di adeguamento e di adeguamento organizzativo, le risorse disponibili e i ricavi sono inferiori. E poiché la crescita dei servizi dipende dall'innovazione, dal rafforzamento della specializzazione e dalla formazione del personale specializzato, la competitività e le prestazioni del prestatore di servizi ne risentono. [216]

[216] Il fatto che l'innovazione, secondo ogni aspettativa, sarà più forte nei settori più aperti alla concorrenza internazionale è stato riconosciuto in "Innovation in the Service Sector - Selected Facts and Some Policy Conclusions", op. cit., p. 5.

Da questo "dirottamento" delle risorse all'interno delle imprese di servizi deriverà anche una riduzione degli investimenti nella raccolta di informazioni e nella differenziazione e personalizzazione dei servizi per i clienti. E poiché i servizi si basano su conoscenze e know-how e hanno bisogno di informazioni dettagliate per soddisfare le esigenze specifiche dei clienti, tale riduzione inciderà soprattutto sulle prestazioni delle imprese di servizi e sui loro clienti.

Una riduzione delle economie di scala deriva dall'impossibilità di esportare il proprio modello imprenditoriale perché diversi elementi della relativa catena economica, se non tutti, devono essere modificati per essere adeguati alle diverse norme e prassi amministrative vigenti in altri Stati membri. Benché i servizi siano differenziati, se non addirittura personalizzati, talune attività a monte o taluni compiti di amministrazione possono essere standardizzati o trarre vantaggio dalla tecnologia qualora si raggiungano sufficienti livelli di domanda.

Un ricorso eccessivo alle strategie di fusione e acquisizione fa aumentare i costi dell'espansione. I costi di adeguamento possono indurre i prestatori di servizi ad optare per la crescita transfrontaliera mediante acquisizione piuttosto che tramite investimenti diretti in "terre inesplorate" [217]. La crescita mediante acquisizione è in genere considerata più rapida da attuare ma anche più costosa da organizzare, nella misura in cui due imprese con due modelli imprenditoriali diversi devono essere combinate e gestite.

[217] Ad esempio, secondo il predetto studio sui servizi commerciali nell'economia mondiale, la crescita internazionale in Europa indotta dalle fusioni e dalle acquisizioni aumenta più rapidamente della crescita indotta da investimenti diretti in "terre sconosciute" all'estero. Per quanto riguarda il settore del commercio al dettaglio, in occasione di un seminario, è stato dichiarato che "...le acquisizioni sono diventate il principale mezzo di crescita per avere accesso a paesi con una legislazione restrittiva, in particolare in Francia, Italia e Germania" (Cfr. E. Colla, "Commerce 99 - Proceedings of the Seminar on Distributive Trades in Europe", Eurostat, Bruxelles, 22 -23 novembre 1999).

Alle frontiere giuridiche sono riconducibili anche delle strategie difensive anticoncorrenziali. Considerando gli ostacoli che si oppongono agli investimenti transfrontalieri in mercati poco conosciuti e il rischio di diventare un facile bersaglio di acquisizione per i grossi fornitori, per difendere i propri mercati, le imprese di servizi tendono a svilupparsi per acquisizione o per intese a livello nazionale [218], invece di crescere tramite l'innovazione o la differenziazione. [219]

[218] Durante un seminario sul commercio al dettaglio in Europa (op. cit.) è stato affermato che "La globalizzazione delle società induce anche alla concentrazione a livello nazionale. Wal-mart et Promodes-Carrefour ne sono degli esempi: le acquisizioni di Wal-Mart in Europa nel 1998-1999 hanno scatenato una reazione concorrenziale di cui la fusione di due giganti francesi rappresenta l'avvenimento più impressionante".

[219] Si veda anche "Cross-border acquisitions and Greenfield entry", the Research Institute of Industrial Economics, P-J. Norbäck, L. Persson, Working paper No. 570, 2002.

L'alto livello d'inflazione dei prezzi dei servizi è dovuto al mancato sfruttamento di questo potenziale di crescita transfrontaliera dei servizi nel mercato interno e alla mancanza di concorrenza transfrontaliera. I consumatori risentono in modo particolare degli effetti negativi della frammentazione dei mercati, poiché si vedono rifiutare i vantaggi della concorrenza dei prezzi [220]. Data l'interdipendenza dei servizi, è evidente che quest'inflazione dei prezzi intaccherà ancora di più la competitività delle imprese che usufruiscono di servizi. Questo avrà, a sua volta, un impatto negativo sulla crescita e l'occupazione nell'economia europea nel suo insieme.

[220] "Realising Europe's Potential, Economic Reform in Europe", op. cit.

B. Principali soggetti danneggiati

1. Piccole e medie imprese

Per le PMI, il costo dell'espansione transfrontaliera può essere proibitivo. Le PMI predominano nel settore dei servizi e, a livello di produzione globale, rappresentano una quota molto più rilevante che nel settore manifatturiero [221]. Tuttavia, rispetto alle grandi imprese, risultano maggiormente colpite dai costi di adeguamento. Inoltre, per quelle che, nonostante tutto, decidono di accedere a nuovi mercati, gli ingenti costi di adeguamento minano il successo della loro strategia transfrontaliera penalizzandole con un handicap concorrenziale significativo rispetto alle società già presenti sul mercato [222]. E poiché le dimensioni della loro attività non giustificano il reclutamento di personale specializzato nell'adeguamento, la loro competenza e la loro capacità di lavorare con normative diverse sono molto limitate. [223]

[221] Cfr. "Innovation in Services and the Knowledge Economy; the Interface between Policy Makers and Enterprise: a Business Perspective" (Irish Coalition of services industries, 2002) e "Major trends and issues", op. cit.

[222] Gli effetti dissuasivi dei costi di adeguamento non dovrebbero essere sottostimati. L'esperienza acquisita a livello nazionale in materia di regolamentazione dissuade anche le società dall'entrare in nuovi mercati. Una recente relazione pubblicata nel Regno Unito osserva, ad esempio, che per conformarsi alle disposizioni nazionali, i dirigenti e/o proprietari di piccole imprese di commercio dedicano da tre a cinque giorni di lavoro al mese ai rapporti con l'amministrazione e che questo tempo è aumentato del 35% nel corso degli ultimi quattro anni. Quest'aumento è dovuto in parte alla complessità della normativa derivante dalla crescente differenziazione dei servizi (cfr. "Local shops: a Progress Report on Small Firms Regulation", Better Regulation Taskforce (UK), luglio 2001).

[223] Si veda, ad esempio, "The Services Sector in the UK and France: Addressing Barriers to the Growth of Output and Employment", op. cit.

Le PMI sono esposte alle fusioni e alle acquisizioni. Le medie imprese non in grado di espandersi all'estero ma che possiedono una conoscenza del campo, un'esperienza e un potenziale d'innovazione significativi rappresentano dei bersagli allettanti per le grandi imprese. Queste ultime possono essere o delle nuove arrivate che cercano di inserirsi in un mercato mediante acquisizione o delle imprese già insediate che desiderano procedere ad acquisizioni preventive per dissuadere le concorrenti di altri Stati membri dall'entrare nel loro mercato [224].

[224] Durante il seminario sul commercio al dettaglio in Europa (op. cit.), è stato dichiarato che "il tessuto commerciale di questi paesi [Francia, Italia e Germania] è stato sempre costituito da un certo numero di piccole e medie imprese familiari o indipendenti oppure appartenenti a gruppi di acquisto o a catene volontarie. Queste società sono il bersaglio privilegiato delle grandi catene, che tentano di acquisirle per escluderle ...".

Le PMI degli Stati membri piccoli e periferici sono particolarmente svantaggiate. Da un lato, le PMI di tali Stati membri hanno la necessità di svilupparsi oltrefrontiera per via dell'insufficiente domanda interna; dall'altro, non possono trarre vantaggio dal ricorso transfrontaliero a dei servizi interessanti perché il livello relativamente basso della loro domanda potenziale ne fa degli interlocutori meno interessanti per i prestatori di servizi alle imprese, in quanto la redditività del capitale investito non è sufficiente per coprire gli elevati costi di adeguamento.

2. Utenti dei servizi, soprattutto i consumatori

In fin dei conti, a pagare il prezzo delle frontiere presenti nel mercato interno dei servizi sono gli utenti dei servizi e in particolare i consumatori. I cittadini ne risentono direttamente quando si trovano nell'impossibilità di ricorrere ai servizi proposti da prestatori di altri Stati membri o quando la frammentazione normativa e amministrativa dissuade le imprese dal proporre i propri servizi a clienti residenti in altri Stati membri. Questa situazione contribuisce anche alla mancanza di fiducia del consumatore nei confronti dei servizi provenienti da altri Stati membri. Del resto, a volte sono le stesse autorità a consigliare alle imprese nazionali di non vendere in altri Stati membri [225], mentre anche i cittadini sono messi in guardia dai propri organismi rappresentativi contro il rischio di acquistare all'estero. Come per le PMI, questo danneggia soprattutto i cittadini dei piccoli Stati membri. Ne deriva che, in generale, i consumatori non possono trarre vantaggio da una grande varietà di servizi a prezzi concorrenziali e della migliore qualità di vita che potrebbero attendersi da un mercato interno pienamente integrato.

[225] Ad esempio, nelle linee guida relative all'applicazione di una norma in materia di giurisdizione civile, un'autorità nazionale raccomanda esplicitamente alle società di commercio elettronico di non vendere ai consumatori di altri Stati membri dell'Unione per evitare il rischio di essere perseguite per inadempimento contrattuale in tutti questi paesi.

La "Relazione Cardiff" della Commissione sul funzionamento del mercato interno [226] ha rivelato che nel mercato interno persistono significative differenze di prezzo. Alcuni prezzi al dettaglio possono essere del 40% superiori o inferiori alla media europea e la deviazione media dei prezzi è del 30% circa. La relazione conclude che tali scarti sono il risultato di fattori "economici" e non "geografici" e che "misure di riforma economica e la promozione della concorrenza sembrano essere meglio in grado di eliminare la dispersione residua dei prezzi su questi mercati" [227].

[226] COM(2001) 736, del 7.12.2001.

[227] La tavola rotonda dei servizi finanziari europei ha steso una relazione sui vantaggi di un mercato europeo dei servizi finanziari al dettaglio (The benefits of a working Europea retail market for financial service s. F. Heinemann, M Jopp, 2002). In essa si sostiene che il potenziale economico in termini di costi potrebbe arrivare a 5 miliardi di euro e che il possibile effetto benefico potrebbe tradursi in un aumento della crescita economica tra lo 0,5 e lo 0,7%. La relazione individua nelle divergenze tra le norme nazionali di tutela dei consumatori notevoli ostacoli che "rendono impossibile una strategia di marketing paneuropea e una standardizzazione dei prodotti". Inoltre, uno studio Eurobarometro effettuato per la Commissione (FLASH BE 117 « Consumer study » gennaio 2002) dimostra che i consumatori hanno meno fiducia negli acquisti effettuati in uno Stato membro diverso dal proprio. Solo il 32% dei consumatori europei si sente ben protetto in una controversia con un'impresa avente sede in un altro Stato membro, rispetto al 56% in caso di controversia con un'impresa nazionale.

I lavoratori europei non traggono beneficio dalle potenzialità di creazione di occupazione dell'industria dei servizi. Tutte le imprese risentono di questi ostacoli, poiché i servizi sono utilizzati da ogni impresa dell'Unione europea. Ne consegue che i costi più alti, la minore produttività e quindi il minor livello occupazionale interessano tutta la Comunità. E poiché i servizi forniscono la maggior parte dei posti di lavoro dell'Unione, è questo potenziale perduto a destare le maggiori preoccupazioni.

C. Scarsa credibilità del mercato interno dei servizi

La moltiplicazione delle frontiere giuridiche può indurre i cittadini e gli operatori a ritenere che il mercato interno rappresenti uno spazio rischioso. Per coloro che comunque decidono di fornire i propri servizi attraverso le frontiere interne e che non dispongono dei mezzi per pagare i costi generati da queste ultime [228], esistono due soluzioni per far fronte a tali rischi: o trovare un "accomodamento" con le autorità o con dei partner locali o esercitare la propria attività "in nero".

[228] Costi descritti nella parte III, A.

1. Percezione del mercato interno come uno spazio rischioso

A causa delle molteplici difficoltà inventariate, dai contatti con gli ambienti interessati emerge che i destinatari e i prestatori di servizi ritengono che spesso le attività transfrontaliere siano molto più rischiose e costose delle attività nazionali. Per questo le imprese scelgono spesso di esercitare le loro attività in un quadro nazionale o locale o, se vogliono estendere il loro campo d'azione, sembrano favorire gli investimenti diretti all'estero, le fusioni e le acquisizioni piuttosto che lo scambio di servizi.

Analogamente, i consumatori si sentono meno fiduciosi quando effettuano transazioni in un altro Stato membro. Lo sviluppo infatti di tali transazioni dipende anche dalla fiducia dei consumatori e dunque della loro percezione del mercato.

Quest'idea che il mercato interno dei servizi sia più un rischio che un'opportunità spiega, in parte, perché solo il 29% delle imprese ricorra a servizi professionali transfrontalieri [229] o perché degli operatori pensano che le autorità giudiziarie di un altro Stato membro li tratteranno in modo parziale, se fossero chiamate a pronunciarsi su una controversia che li riguarda.

[229] Cfr. "Barrier to Trade in Business Services", op. cit., pag. ii.

La credibilità del mercato interno dei servizi dipende in larga misura anche dall'efficacia dei ricorsi e delle sanzioni contro le autorità nazionali che non rispettino il diritto del mercato interno. A tal riguardo, un'indagine rivela un certo scetticismo degli imprenditori: "Le imprese che tentano effettivamente di risolvere questi problemi ricorrono in genere alle associazioni professionali, alle camere di commercio o alle proprie reti. Il ricorso alle amministrazioni, siano esse nazionali o europee, è poco gradito alla maggior parte delle società, qualunque sia la loro dimensione. Si tratta, tuttavia, di uno strumento utilizzato più dalle grandi imprese che da quelle di piccole dimensioni. Questi risultati confermano che è importante rendere i mezzi di ricorso più accessibili e più efficaci, soprattutto a livello nazionale" [230]. Il Parlamento europeo [231] e il Comitato economico e sociale [232], nel loro parere su "una strategia per il mercato interno dei servizi", hanno sottolineato in particolare l'importanza di migliorare l'efficacia delle procedure d'infrazione nel settore dei servizi.

[230] Indagine allegata al quadro di valutazione del mercato unico n.3, 3.11.1998. (cfr. http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/update/score/busien.htm.).

[231] "Una rigorosa repressione delle infrazioni degli Stati membri che adottano misure incompatibili con gli articoli 43 e 49 del trattato" (Risoluzione del Parlamento europeo sulla Comunicazione della Commissione "Una strategia per il mercato interno dei servizi", op. cit., 27).

[232] Il parere precisa che "la Commissione dovrebbe esercitare con maggiore determinazione ed efficacia il suo ruolo di custode del trattato, accelerando, in particolare, il trattamento delle procedure d'infrazione in caso di violazione dei principi di libera circolazione dei servizi e di libero stabilimento ed esaminando la questione della proporzionalità delle misure nazionali che sono all'origine delle restrizioni. Nel momento in cui viene richiesto uno sforzo eccezionale agli Stati candidati per recepire tutto l'acquis comunitario, gli Stati membri devono sentirsi in dovere di dare il buon esempio" (Parere del Comitato economico e sociale sulla Comunicazione della Commissione "Una strategia per il mercato interno dei servizi", op. cit., 7.5).

2. Strategia dell'"accomodamento"

L'assenza di certezza giuridica nell'esercizio delle libertà e la scarsa efficacia dei ricorsi in caso di ostacoli possono costringere i prestatori ad avviare delle trattative con le autorità nazionali o con gli operatori locali per trovare un "accomodamento". Anche se, giuridicamente, gli ostacoli non sono giustificati e potrebbero essere contestati dinanzi a un tribunale o alla Commissione, la necessità di trovare una soluzione pragmatica e rapida per non ritardare l'accesso al mercato in questione porta numerosi operatori verso questo tipo di strategia.

I contatti con le parti interessate confermano queste prassi di accomodamento, in particolare quelle che mirano a stabilire dei partenariati con operatori locali al fine di "rinazionalizzare" la situazione aggirando, in tal modo, la riluttanza di certe autorità a concedere l'accesso al loro mercato nazionale. [233]

[233] Questa strategia è stata rilevata anche nel settore degli appalti pubblici (cfr. "Selling to the public sector in Europe. A practical guide for small and medium-sized companies", OPOCE, 2000, p. 17).

Questa strategia ha molteplici inconvenienti:

- ha l'effetto di perpetuare le frontiere giuridiche perché ostacola le azioni giuridiche volte ad eliminarle e perché l'operatore, una volta trovato l'accomodamento, non ha più alcun interesse a che le frontiere in questione scompaiano perché esse costituiscono una barriera all'ingresso nel mercato di altri concorrenti (effetti anticoncorrenziali);

- comporta dei costi supplementari legati alle trattative con le autorità locali o al partenariato con gli operatori locali (ad esempio, i costi derivanti dal ricorso ai servizi di consulenti locali, di interpreti, di controparti, ecc.).

3. Strategia del "mercato nero"

Un'alternativa alla strategia dell'accomodamento consiste nel fornire un servizio senza preoccuparsi della sua legalità, entrando, in altre parole, in una logica di mercato nero o di economia parallela. Questi termini vanno intesi in senso lato, ossia come termini che fanno riferimento non solo alle attività illecite dal punto di vista delle norme fiscali ma anche a quelle che non sono conformi a qualsiasi altra norma giuridica o a quelle della cui legalità l'operatore non è sicuro e di cui intenzionalmente non si preoccupa.

Per quanto riguarda i servizi transfrontalieri, il ricorso alla strategia del "mercato nero" può essere più il risultato della moltiplicazione delle frontiere giuridiche che rendono particolarmente complessa la valutazione della legalità dei servizi transfrontalieri che la conseguenza di un intenzione di frode. Come è stato riconosciuto, infatti, dalla Corte in un caso recente [234], una situazione che un'autorità nazionale tende a considerare "lavoro nero", in realtà, potrebbe non essere altro che l'esercizio legittimo delle libertà del mercato interno.

[234] Cfr. sentenza Corsten (op. cit.). La causa riguarda un architetto tedesco che aveva affidato a un'impresa olandese dei lavori di pavimentazione in Germania. Poiché l'impresa olandese non era iscritta al registro dell'artigianato in Germania, l'ispettorato del lavoro tedesco ha comminato una multa per violazione della legislazione tedesca relativa alla lotta contro il lavoro nero. Tale comportamento è stato censurato dalla Corte come un comportamento che viola il principio di libera prestazione dei servizi.

La strategia del mercato nero comporta un mancato guadagno per tutti i soggetti interessati:

- il destinatario e il prestatore del servizio si espongono al rischio di forti sanzioni e si privano dei mezzi di difesa e di ricorso ufficiali in caso di controversia;

- il prestatore dovrà rimanere poco visibile, perderà delle opportunità perché non potrà mai promuovere apertamente le proprie attività e non potrà garantire nel tempo la competitività della sua impresa. Inoltre, lo sviluppo del mercato nero può servire da alibi a certe autorità nazionali per rafforzare le frontiere giuridiche in nome della lotta al lavoro sommerso, invece di eliminarle per facilitare l'esercizio legale dei servizi transfrontalieri [235];

[235] In proposito, diversi contribuiti del settore delle costruzioni che rilevano una moltiplicazione dei controlli dell'ispettorato del lavoro quando il cantiere è diretto da prestatori stabiliti in altri Stati membri.

- le autorità pubbliche vengono private di entrate fiscali e si trovano ad affrontare la complessità e il costo della lotta al mercato nero perché non distinguono sufficientemente i casi di attività legittime, dal punto di vista del diritto comunitario, dai casi di frodi intenzionali.

In linea con la comunicazione della Commissione "Nuovi mercati europei del lavoro, aperti e accessibili a tutti" [236], l'eliminazione delle frontiere giuridiche, facilitando la valutazione e il controllo della legalità delle attività transfrontaliere sembra essere, dunque, uno degli strumenti chiave della lotta al mercato nero.

[236] Cfr. Comunicazione della Commissione "Nuovi mercati europei del lavoro, aperti e accessibili a tutti", COM (2001)116 def. del 28.02.2001: "Il mercato interno dei servizi è ancora frammentario, ma rappresenta due terzi del totale dei posti di lavoro ed è responsabile di tutte le crescite occupazionali recenti. Dato che, grazie ai progressi tecnologici, numerosi servizi possono essere attualmente forniti a distanza, questa frammentazione provoca distorsioni e può indirettamente favorire uno spostamento dei posti di lavoro al di fuori dell'Unione o lo sviluppo di lavoro irregolare nell'Unione stessa".

Conclusioni

Un decennio dopo quello che avrebbe dovuto essere il completamento del mercato interno, occorre constatare l'esistenza di un notevole divario tra la visione di un'economia integrata per l'Unione europea e la realtà vissuta dai cittadini europei e dai prestatori di servizi. La complessità e la rigidità delle frontiere giuridiche che, per numerosi servizi, hanno rimpiazzato le frontiere fisiche e tecniche hanno una portata ben più ampia di quella che ci si sarebbe potuto attendere al momento del varo della nuova "strategia per i servizi".

Le perdite subite dall'intera economia europea in termini di competitività non vanno sottostimate. A questo punto, è evidente che l'obiettivo del Consiglio europeo di Lisbona di fare dell'economia europea la più competitiva del mondo non potrà essere conseguito senza apportare dei cambiamenti fondamentali al funzionamento del mercato interno dei servizi nel prossimo futuro.

La natura e la dimensione dei problemi da affrontare esigono un notevole sforzo e un impegno politico chiaro da parte delle Istituzioni europee e degli Stati membri che devono considerare prioritario il compito di sopprimere queste frontiere e di evitarne di nuove, pur continuando a mantenere un livello elevato di salvaguardia degli obiettivi d'interesse generale. Per quanto possibile, i paesi candidati dovranno essere associati a questo processo.

Come già indicato, questa relazione non deve prendere posizione né sulla compatibilità con il diritto comunitario delle norme nazionali all'origine delle difficoltà inventariate, né sulle eventuali iniziative da proporre per garantire il funzionamento regolare del mercato interno dei servizi. La presente relazione serve da base di lavoro per le azioni che saranno avviate nel 2003, nell'ambito della seconda fase della strategia per il mercato interno dei servizi, dopo le discussioni con il Parlamento europeo, gli Stati membri e le parti interessate. Tali discussioni dovranno vertere sugli ostacoli, sia alla prestazione e al consumo transfrontaliero di servizi che allo stabilimento transfrontaliero del prestatore, che interessano molte attività di servizio.

Lo stabilimento transfrontaliero resta importante per gli operatori di servizi e deve essere semplificato abolendo gli oneri amministrativi inutili e riducendo la burocrazia. Tuttavia, nel settore dei servizi le PMI sono la maggioranza e, per loro, lo sfruttamento di nuovi mercati passa più attraverso la libera prestazione di servizi che lo stabilimento, grazie, soprattutto, alle possibilità offerte dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che consentono di eliminare una parte dei motivi che rendono necessaria una presenza fisica permanente. È quindi importante incoraggiare la prestazione di servizi transfrontalieri e fare in modo che si svolga con la stessa semplicità con cui si svolge all'interno di uno Stato membro.

Come annunciato nella strategia per il mercato interno dei servizi, per conseguire questi obiettivi, la Commissione prevede, nell'ambito della seconda fase, azioni di natura legislativa la cui portata e il cui contenuto richiedono un'analisi supplementare. A tal riguardo, occorre trovare un buon equilibrio tra la necessità di evitare una normativa troppo dettagliata e di portata troppo ampia a livello europeo e l'esigenza di salvaguardare gli obiettivi di interesse generale in gioco. Ciò richiede un'analisi più approfondita dei settori di armonizzazione supplementari, analisi che dovrà essere condotta in stretta collaborazione con il Parlamento europeo, gli Stati membri e le parti interessate. Un'attenzione del tutto particolare dovrà essere prestata agli ostacoli che incidono direttamente sulla libertà dei cittadini europei di ricevere dei servizi. In questo contesto, sarà prestata particolare attenzione agli aspetti relativi alla domanda, soprattutto a quella dei consumatori nel mercato interno dei servizi. In proposito, il lavoro in corso per garantire un alto livello comune di tutela dei consumatori [237] servirà a rafforzare le condizioni necessarie alla fiducia dei consumatori nelle transazioni transfrontaliere.

[237] Cfr. la consultazione in corso su un progetto di direttiva-quadro sulle pratiche commerciali; comunicazione della Commissione dal titolo "Seguito dato al libro verde sulla tutela dei consumatori nell'UE", COM(2002) 289.

Per quanto riguarda gli ostacoli non giuridici, come annunciato nella strategia per il mercato interno dei servizi, la Commissione prevede di proporre delle misure di accompagnamento di natura non legislativa. In tale contesto, la Commissione affronterà, in via prioritaria, le esigenze di informazione e di assistenza dei cittadini e delle imprese che desiderino ricevere od offrire servizi transfrontalieri mediante idonee misure concrete.

ALLEGATO

METODO SEGUITO PER LA CONSULTAZIONE

Contesto

La consultazione degli Stati membri, delle parti interessate e delle altre istituzioni comunitarie è stata avviata dopo la pubblicazione, nel dicembre del 2000, della comunicazione della Commissione relativa alla strategia per il mercato interno dei servizi. A causa della complessità e dell'ampiezza della materia, la consultazione è stata prolungata durante il 2001 e l'inizio del 2002 per dare alle parti interessate il tempo di presentare i propri contributi.

Obiettivo della consultazione

La consultazione è stata promossa per raccogliere alla fonte delle informazioni sulle difficoltà che ostacolano lo sviluppo del mercato interno dei servizi nell'Unione europea. L'esistenza di restrizioni alla libera circolazione dei servizi e alla libertà di stabilimento era nota, ma la portata e l'esatta natura di tali ostacoli non erano ben chiare. Per questo motivo, e per la prima volta dalla presentazione dei "programmi generali" per l'eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi nel 1962 [238], la Commissione ha avviato un inventario delle difficoltà che sussistono nel mercato interno dei servizi, inventario che si basa principalmente sui contributi dei prestatori ed utenti di servizi e sulle informazioni ricavate da altre fonti qui di seguito specificate.

[238] Op. cit.

Quali tipi di servizi sono interessati-

La consultazione mirava a raccogliere informazioni sui problemi incontrati dai prestatori e dagli utenti coinvolti in qualsiasi tipo di attività economica di servizi all'interno dell'Unione europea, senza la necessità che tali servizi fossero riconosciuti in termini statistici o definiti da una normativa. Numerosi servizi sono forniti dagli stessi fabbricanti di prodotti (ad esempio, un produttore di mobili può proporre servizi di progettazione, installazione e manutenzione). Sono state coperte tutte le forme di servizi transfrontalieri, compreso lo stabilimento.

La consultazione ha riguardato tutte le difficoltà che possono incontrare i prestatori di servizi lungo le varie fasi di un'attività di servizio: dallo stabilimento del prestatore all'uso degli input (fattori di produzione) necessari per la fornitura del servizio, dalla promozione e la distribuzione del servizio alla vendita e alla fase post-vendita. È possibile incontrare degli ostacoli in ogni fase ed è chiaro che un ostacolo rinvenuto in una determinata fase della prestazione avrà un impatto su tutta l'attività e potrà costringere il prestatore a modificare completamente il suo modello imprenditoriale.

Quali difficoltà sono state prese in considerazione-

Il punto di partenza per l'individuazione delle frontiere è la giurisprudenza della Corte, che ha chiaramente stabilito che ogni misura che abbia l'effetto di proibire, ostacolare o rendere meno interessante la prestazione di servizi tra Stati membri costituisce una restrizione. Le restrizioni non sono dunque unicamente delle misure discriminatorie che colpiscono i prestatori di servizi provenienti da altri Stati membri per via della loro nazionalità o del loro luogo di residenza. Possono costituire delle restrizioni alla libera circolazione anche delle misure non discriminatorie, ossia dei provvedimenti che si applicano indistintamente sia agli operatori stabiliti nel paese in cui il servizio viene prestato che a quelli stabiliti in altri Stati membri.

Sono state considerate le difficoltà derivanti da misure legislative o amministrative ed imputabili, quindi, alla legislazione, ai sistemi di autoregolamentazione o alle prassi delle autorità pubbliche (amministrazioni o tribunali) e di altri organismi di regolamentazione (ordini professionali, camere regionali, ecc.). Può trattarsi, per esempio, delle norme e delle procedure relative alle autorizzazioni, alla pubblicità, al fisco e al diritto del lavoro in caso di trasferta dei dipendenti. Si è tenuto conto anche delle circostanze in cui dei termini, dei diritti da pagare o altri problemi hanno reso la prestazione di servizi impossibile o poco interessante. Certe difficoltà possono derivare dalla complessità, dalla pesantezza o dalla mancanza di trasparenza delle normative o delle prassi. La maggior parte delle difficoltà sono dovute a eccessive divergenze tra le normative nazionali.

La Corte ha anche stabilito che talune circostanze particolari possono giustificare, a certe condizioni, delle restrizioni alla libera circolazione; per salvaguardare, ad esempio, la salute pubblica o i consumatori. Tuttavia, l'obiettivo della prima fase della strategia era quello di individuare, dal punto di vista delle imprese e dei cittadini, le difficoltà che occorre affrontare e non quello di prendere posizione su una loro eventuale giustificazione. Ecco perché sono stati inclusi anche settori già coperti da proposte o strumenti comunitari. Sono state inoltre prese in considerazione le difficoltà incontrate dai prestatori di servizi dell'Unione europea nei paesi candidati.

Come è stata condotta la consultazione-

In un primo momento, una società di ricerche di mercato ha realizzato per la Commissione uno studio indipendente avente per oggetto 6.000 imprese di ogni dimensione in quattordici Stati membri [239]. L'indagine ha consentito di farsi un'idea della portata delle difficoltà: più di un'impresa intervistata su tre aveva avuto un'esperienza diretta di difficoltà legate alla libera prestazione di servizi o alla libertà di stabilimento. Tutti i settori economici e le imprese di ogni dimensione e forma hanno segnalato problemi incontrati in tutte le fasi della prestazione di servizi (stabilimento, uso di input, promozione, distribuzione, vendita e fase post-vendita).

[239] La Germania è stata esclusa a causa delle difficoltà derivanti da norme specifiche in materia di ricerche di mercato ma i servizi della Commissione hanno raccolto informazioni comparabili mediante altri strumenti.

In un secondo tempo, è stata avviata una consultazione attraverso diversi meccanismi e canali, al fine di ottenere la maggiore partecipazione possibile. Diverse spedizioni mediante elenchi sono state indirizzate alle associazioni europee e nazionali. I singoli utenti e prestatori di servizi sono stati contattati direttamente o tramite le associazioni nazionali. Sono stati organizzati degli incontri bilaterali per proseguire le discussioni, nonché conferenze e seminari per sensibilizzare i partecipanti e per far conoscere meglio la procedura di consultazione. Ove necessario, la Commissione ha messo a punto dei questionari informali dettagliati, destinati ad ambiti particolari (come le PMI). Il risultato è stato il ricevimento di risposte provenienti da 668 fonti diverse, che hanno fornito un totale di 698 contributi distinti.

Uso di altre fonti

Per completare i risultati della consultazione e dello studio e per avere una visione il più completa possibile dell'attuale situazione del mercato interno dei servizi, ci si è serviti anche di altre fonti informative.

La Commissione ha innanzitutto analizzato le interrogazioni e le petizioni inviate dal Parlamento europeo, di cui un numero significativo è stato ricevuto dopo il varo della strategia. Esse rappresentano una fonte di informazioni importante sulle preoccupazioni delle imprese e dei cittadini europei. Altrettanto istruttivi si sono rivelati i numerosi reclami ricevuti dalla Commissione e i numerosi casi di infrazione riscontrati nello stesso periodo. Queste fonti sono particolarmente rilevanti per individuare i settori nei quali il ricevimento dei servizi può rivelarsi difficile per i cittadini a causa delle prassi degli Stati membri.

Si è proceduto, quindi, a una rassegna delle informazioni ricevute attraverso i meccanismi di consultazione e di risoluzione delle difficoltà incontrate dagli operatori economici. Citeremo qui il "Dialogo con i cittadini e le imprese" messo in atto dalla Commissione, i centri di coordinamento del mercato interno degli Stati membri e i punti di contatto per i cittadini e le imprese.

La Commissione ha utilizzato, infine, gli studi economici e statistici di fonti riconosciute, dei propri servizi, degli Stati membri e di altre istituzioni.

Contributi degli Stati membri

Dopo averli invitati a contribuire nella Comunicazione sulla strategia per il mercato interno dei servizi di dicembre 2000, la Commissione ha contattato gli Stati membri nel settembre del 2001, inviando loro una richiesta dettagliata che sollecitava tra l'altro dati economici e statistiche sui mercati nazionali ed europei dei servizi. Nel primo trimestre del 2002 è stata inviata un'altra richiesta di informazioni riguardante gli strumenti utilizzati a livello nazionale per monitorare le sentenze della Corte. Ha risposto a tali richieste la maggior parte degli Stati membri e i loro contributi riflettono anche le consultazioni da essi stessi condotte a livello nazionale presso molte parti interessate.

Nel novembre del 2001, la Commissione ha istituito un gruppo di esperti degli Stati membri al fine di avere una consulenza sull'attuazione della strategia. Il gruppo si è già riunito due volte e sono previste tre o quattro riunioni annuali. Alcuni Stati membri hanno organizzato dei seminari sulla strategia e ad alcuni di tali seminari hanno partecipato anche i servizi della Commissione. Questi incontri si sono rivelati particolarmente utili per spiegare gli obiettivi dell'azione e stabilire un dialogo con gli utenti e i prestatori di servizi, nonché per comparare e mettere a punto le informazioni già ricevute sui diversi tipi di difficoltà.

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