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Document 32000L0032

Direttiva 2000/32/CE della Commissione, del 19 maggio 2000, recante ventiseiesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (Testo rilevante ai fini del SEE.)

OJ L 136, 8.6.2000, p. 1–89 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Special edition in Czech: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Estonian: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Latvian: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Lithuanian: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Hungarian Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Maltese: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Polish: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Slovak: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Slovene: Chapter 13 Volume 025 P. 155 - 241
Special edition in Bulgarian: Chapter 13 Volume 029 P. 38 - 124
Special edition in Romanian: Chapter 13 Volume 029 P. 38 - 124
Special edition in Croatian: Chapter 13 Volume 018 P. 47 - 50

Legal status of the document No longer in force, Date of end of validity: 31/05/2015; abrog. impl. da 32008R1272

ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2000/32/oj

32000L0032

Direttiva 2000/32/CE della Commissione, del 19 maggio 2000, recante ventiseiesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (Testo rilevante ai fini del SEE.)

Gazzetta ufficiale n. L 136 del 08/06/2000 pag. 0001 - 0089


Direttiva 2000/32/CE della Commissione

del 19 maggio 2000

recante ventiseiesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose(1)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose(2), modificata da ultimo dalla direttiva 1999/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(3), in particolare l'articolo 28,

considerando quanto segue:

(1) L'allegato I della direttiva 67/548/CEE contiene un elenco di sostanze pericolose e dettagli relativi alle procedure di classificazione ed etichettatura per ogni sostanza. L'elenco delle sostanze pericolose figurante nel predetto allegato deve essere adattato alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e tecniche. Alcune versioni linguistiche della direttiva richiedono correzioni in punti specifici della prefazione e della tabella A dell'allegato I.

(2) L'allegato III della direttiva 67/548/CEE contiene un elenco di frasi che indicano la natura di rischi speciali attribuiti alle sostanze e ai preparati pericolosi. L'allegato IV della direttiva 67/548/CEE contiene un elenco di consigli di prudenza relativi alle sostanze e ai preparati pericolosi. L'allegato VI della direttiva 67/548/CEE contiene una guida alla classificazione e all'etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi. Per alcune versioni linguistiche sono necessarie correzioni in punti specifici degli allegati III, IV e VI.

(3) L'allegato V della direttiva 67/548/CEE definise i metodi di determinazione delle proprietà fisico-chimiche, della tossicità ed ecotossicità di sostanze e preparati. È necessario adeguare al progresso tecnico tale allegato.

(4) L'allegato IX della direttiva 67/548/CEE contiene disposizioni in merito alle chiusure di sicurezza per la protezione dei bambini. Tali disposizioni devono essere adeguate e aggiornate. È necessario ampliare il campo di applicazione riguardante l'uso di tali chiusure.

(5) Il disposto della presente direttiva è conforme al parere del comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore delle sostanze e dei preparati pericolosi,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

La direttiva 67/548/CEE è modificata come segue.

1. L'allegato I viene così modificato:

a) la nota Q dell'allegato I, lettera A della presente direttiva sostituisce la nota corrispondente nella prefazione;

b) le righe di cui all'allegato I, lettera B della presente direttiva sostituiscono le righe corrispondenti della tabella A;

c) le voci dell'allegato I, lettera C della presente direttiva sostituiscono le voci corrispondenti;

d) vengono inserite le voci di cui all'allegato I, lettera D della presente direttiva.

2. La frase di rischio dell'allegato II della presente direttiva sostituisce la frase corrispondente dell'allegato III.

3. L'allegato IV viene così modificato:

a) le frasi di prudenza contenute nell'allegato III, lettera A della presente direttiva sostituiscono le frasi corrispondenti dell'allegato IV;

b) le frasi combinate di prudenza contenute nell'allegato III, lettera B della presente direttiva sostituiscono le frasi corrispondenti dell'allegato IV.

4. L'allegato V, lettera B, viene così modificato:

a) il testo dell'allegato IV, lettera A della presente direttiva sostituisce la lettera B, punto 10;

b) il testo dell'allegato IV, lettera B della presente direttiva sostituisce la lettera B, punto 11;

c) il testo dell'allegato IV, lettera C della presente direttiva sostituisce la lettera B, punto 12;

d) il testo dell'allegato IV, lettera D della presente direttiva sostituisce la lettera B, punti 13 e 14;

e) il testo dell'allegato IV, lettera E della presente direttiva sostituisce la lettera B, punto 17;

f) il testo dell'allegato IV, lettera F della presente direttiva sostituisce la lettera B, punto 23; viene modificato anche il titolo della lettera B, punto 23 nella nota esplicativa;

g) viene aggiunto il testo dell'allegato IV, lettera G della presente direttiva.

5. È soppresso il quarto trattino dell'introduzione generale all'allegato V, lettera C.

6. Il testo dell'allegato V della presente direttiva sostituisce il testo corrispondente dell'allegato VI.

7. L'allegato IX viene modificato ai sensi dell'allegato VI della presente direttiva.

Articolo 2

1. Gli Stati membri attuano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o giugno 2001. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri informano la Commissione delle principali disposizioni nazionali che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva e trasmettono una tabella che indichi le correlazioni tra la presente direttiva e tali disposizioni.

Articolo 3

La presente direttiva entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Articolo 4

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il 19 maggio 2000.

Per la Commissione

Margot Wallström

Membro della Commissione

(1) Adottata dopo il ventisettesimo adeguamento.

(2) GU 196 del 16.8.1967, pag. 1.

(3) GU L 199 del 30.7.1999, pag. 57.

ALLEGATO 1A

PREFAZIONE ALL'ALLEGATO I

Spiegazione delle note relative all'identificazione, classificazione ed etichettatura delle sostanze

DA:

Note Q:

Klassificeringen som kræftfremkaldende kan udelades for fibre, som opfylder en af følgende betingelser:

- en kortvarig biopersistensprøve ved inhalation har vist, at fibre, der er længere end 20 µm, har en vægtet halveringstid på mindre end 10 dage

- en kortvarig biopersistensprøve ved intratrakeal instillation har vist, at fibre, der er længere end 20 µm, har en vægtet halveringstid på mindre end 40 dage

- en egnet intra-peritoneal prøve ikke har vist kræftfremkaldende virkning, eller

- en egnet langvarig inhalationsprøve ikke har vist relevante sygdomsfremkaldende virkninger eller neoplastiske forandringer.

SV:

Note Q:

Ämnet behöver inte klassificeras som cancerframkallande om det kan visas att det uppfyller ett av följande villkor:

- ett korttidstest för att bestämma den biologiska beständigheten vid inhalation har visat att fibrer längre än 20 µm har en viktad halveringstid på mindre än 10 dagar

- ett korttidstest för att bestämma den biologiska beständigheten vid intratrakeal instillation har visat att fibrer längre än 20 µm har en viktad halveringstid på mindre än 40 dagar

- ett lämpligt intraperitonealt test har inte givit belägg för förhöjd cancerogenitet

- frånvaro av relevant patogenitet eller neoplastiska förändringar i ett lämpligt långtids inhalationstest.

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DE)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

ALLEGATO 1B

"TABELLA A

>SPAZIO PER TABELLA>"

ALLEGATO 1C

>SPAZIO PER TABELLA>

ALLEGATO 1D

>SPAZIO PER TABELLA>

ALLEGATO 2

R 66

>SPAZIO PER TABELLA>

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione DE)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

(Non riguarda la versione SV)

ALLEGATO 3A

S 23

>SPAZIO PER TABELLA>

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione DE)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

(Non riguarda la versione SV)

S 26

>SPAZIO PER TABELLA>

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

(Non riguarda la versione SV)

S 56

>SPAZIO PER TABELLA>

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

(Non riguarda la versione SV)

ALLEGATO 3B

S 27/28

>SPAZIO PER TABELLA>

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

(Non riguarda la versione SV)

S 29/56

>SPAZIO PER TABELLA>

(Non riguarda la versione DA)

((Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

ALLEGATO 4A

"B.10. MUTAGENICITÀ - TEST IN VITRO DI ABERRAZIONE CROMOSOMICA NEI MAMMIFERI

1. METODO

Il metodo è ripreso dal metodo OECD TG 473, In Vitro Mammalian Chromosome Aberration Test (1997).

1.1. INTRODUZIONE

Il saggio in vitro di aberrazione cromosomica è destinato ad identificare gli agenti che causano aberrazioni cromosomiche strutturali in una coltura di cellule di mammifero (1) (2) (3). Le aberrazioni strutturali possono essere di due tipi: cromosomiche o cromatidiche. La maggior parte dei mutageni chimici induce aberrazioni cromatidiche, benché si verifichino anche aberrazioni cromosomiche. Un aumento della poliploidia può indicare che una sostanza chimica ha la capacità di indurre aberrazioni numeriche. Questo metodo tuttavia non è inteso a misurare le aberrazioni numeriche e non viene usato di norma per tale scopo. Le mutazioni cromosomiche e i fenomeni ad esse correlati sono causa di molte malattie genetiche umane e vi sono prove concrete che mutazioni cromosomiche e fenomeni ad esse correlati, che causano alterazioni degli oncogeni e dei geni soppressori dei tumori nelle cellule somatiche, sono implicati nella comparsa delle neoplasie umane come in quelle sperimentalmente indotte negli animali da laboratorio.

Nei test in vitro sulle aberrazioni cromosomiche si possono usare colture di linee cellulari stabilizzate, ceppi cellulari o colture cellulari primarie. Le cellule sono scelte in funzione della capacità di crescita in coltura, della stabilità del cariotipo, del numero e della diversità dei cromosomi e della frequenza di aberrazioni cromosomiche spontanee.

I test in vitro richiedono in generale l'uso di una fonte esogena di attivazione metabolica. Tale sistema di attivazione metabolica non può simulare perfettamente le condizioni in vivo nel mammifero. Si evitino accuratamente condizioni che porterebbero a risultati positivi che non riflettono una mutagenicità intrinseca ma che possono avere origine da cambiamenti di pH o dell'osmolalità o da livelli elevati di citotossicità (4) (5).

Questi test sono utilizzati per individuare potenziali mutageni e cancerogeni per i mammiferi. Molti composti che risultano positivi al test sono cancerogeni per i mammiferi; tuttavia la correlazione tra il test e la cancerogenicità non è assoluta: dipende dalla classe chimica e vi sono sempre più elementi che inducono a ritenere che esistono cancerogeni non rivelati da questi test, perché sembrano agire attraverso meccanismi diversi dal danno diretto al DNA.

Cfr. anche Introduzione generale parte B.

1.2. DEFINIZIONI

Aberrazione cromatidica: danno cromosomico strutturale che si manifesta nella rottura di un singolo cromatide o nella rottura e ricongiunzione di cromatidi.

Aberrazione cromosomica: alterazione cromosomica strutturale, che si manifesta nella rottura, o nella rottura e ricongiunzione, di entrambi i cromatidi in uno stesso punto.

Endoriduplicazione: processo nel quale, dopo una fase S di replicazione del DNA, il nucleo non inizia la mitosi ma inizia una nuova fase S. Ne risultano cromosomi con 4, 8, 16, ... cromatidi.

Gap: lesione acromatica, di ampiezza inferiore a un cromatide, con minimo disallineamento dei cromatidi.

Coefficiente mitotico: numero delle cellule in metafase diviso per il numero totale di cellule della popolazione; costituisce un'indicazione del grado di proliferazione della popolazione cellulare.

Aberrazione numerica: variazione del numero di cromosomi rispetto al numero diploide caratteristico della specie.

Poliploidia: numero di cromosomi multiplo superiore a due del numero aploide (cioè 3n, 4n ecc.).

Aberrazione strutturale: alterazione della struttura cromosomica visibile all'esame microscopico dello stadio di metafase, che si presenta con delezioni, perdita di segmenti, scambi intercromosomici e intracromosomici.

1.3. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

L'azione della sostanza in esame è saggiata sulle colture cellulari, con e senza attivazione metabolica. Dopo l'esposizione alla sostanza in esame, le colture cellulari sono trattate, a determinati intervalli, con un inibitore della metafase (per esempio Colcemid® o colchicina), raccolte, sottoposte a un processo di colorazione e le cellule in metafase sono esaminate al microscopio per determinare la presenza di aberrazioni cromosomiche.

1.4. DESCRIZIONE DEL METODO

1.4.1. Preparazioni

1.4.1.1. Cellule

Si possono usare varie linee cellulari, ceppi o colture cellulari primarie, fra cui cellule umane (per esempio fibroblasti del criceto cinese, linfociti del sangue periferico umano o di altri mammiferi).

1.4.1.2. Terreni e condizioni di coltura

Si usino terreni di coltura e condizioni di incubazione (recipienti per coltura, concentrazione di CO2, temperatura e umidità) adeguati alle colture. Si controlli periodicamente la stabilità del numero modale dei cromosomi e l'assenza di contaminazione da micoplasma nelle linee cellulari stabilizzate e nei ceppi; non si usino ceppi contaminati. Dovrebbero essere note la durata normale del ciclo cellulare e le condizioni di coltura utilizzate.

1.4.1.3. Preparazione delle colture

Linee cellulari stabilizzate e ceppi: le cellule provenienti da colture primarie vengono inoculate in un terreno di coltura ad una densità tale da impedire che le colture raggiungano la confluenza prima della raccolta, e incubate a 37 °C.

Linfociti: sangue intero trattato con un anticoagulante (per esempio eparina) o linfociti isolati, prelevati da soggetti sani, sono posti in un terreno di coltura contenente un mitogeno (per esempio fitoemoagglutinina) e incubati a 37 °C.

1.4.1.4. Attivazione metabolica

Le cellule dovrebbero essere esposte alla sostanza in esame sia in presenza che in assenza di un adeguato sistema di attivazione metabolica. Il sistema più comunemente usato è una frazione post-mitocondriale integrata di cofattori (S9) ricavata dal fegato di roditori trattati con induttori enzimatici, per esempio: Aroclor 1254 (6) (7) (8) (9), o con un combinazione di fenobarbitone e β-naftoflavone (10) (11) (12).

La frazione post-mitocondriale viene di solito usata a concentrazioni comprese tra 1 e 10 % v/v nel terreno di coltura. Le condizioni del sistema di attivazione metabolica dipendono dalla classe chimica della sostanza in esame. In alcuni casi può essere opportuno utilizzare varie concentrazioni della frazione post-mitocondriale.

Vari nuovi procedimenti, tra cui la creazione di linee cellulari modificate mediante ingegneria genetica che esprimono enzimi attivatori specifici, possono fornire il potenziale di attivazione endogena. La scelta delle linee cellulari deve essere scientificamente motivata (per esempio in funzione dell'importanza dell'isoenzima del citocromo P450 nel metabolismo della sostanza in esame).

1.4.1.5. Sostanza in esame/Preparazione

Le sostanze solide devono essere poste in soluzione o in sospensione in adeguati solventi o mezzi disperdenti e, se necessario, diluite prima del trattamento delle cellule. Le sostanze liquide possono essere aggiunte direttamente alla coltura o diluite prima del trattamento. Si usino preparati recenti della sostanza, salvo qualora siano disponibili dati sulla sua stabilità che dimostrino che la conservazione è accettabile.

1.4.2. Condizioni di esperimento

1.4.2.1. Solvente/mezzo disperdente

Il solvente/mezzo disperdente non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame e deve essere compatibile con la sopravvivenza delle cellule e con l'azione di S9. L'uso di solventi/mezzi disperdenti poco noti è ammesso solo se suffragato da dati che ne provino la compatibilità. Si raccomanda di prendere in primo luogo in considerazione, se possibile, l'uso di un solvente/mezzo disperdente acquoso. Nell'esame di sostanze instabili in acqua, si usi un solvente organico anidro. L'acqua può essere rimossa mediante un setaccio molecolare.

1.4.2.2. Concentrazioni di esposizione

Fra i criteri da considerare nel determinare la concentrazione massima si citano la citotossicità, la solubilità nel sistema di prova e le variazioni di pH o di osmolalità.

La citotossicità deve essere determinata con e senza attivazione metabolica nel test principale, sulla base di un'indicatore adeguato dell'integrità e della moltiplicazione cellulare, come il grado di confluenza, il conteggio delle cellule vitali o il coefficiente mitotico. Può essere utile determinare la citotossicità e la solubilità in un esperimento preliminare.

Si usino almeno tre concentrazioni analizzabili. In caso di sostanze citotossiche, le concentrazioni devono andare dalla tossicità massima ad una tossicità assente o modica; le concentrazioni devono cioè essere di norma separate al massimo da un fattore compreso tra 2 e [radic ]10. Al momento della raccolta la concentrazione più elevata deve presentare una riduzione significativa (superiore al 50 %) del grado di confluenza, del numero delle cellule o del coefficiente mitotico. Il coefficiente mitotico è solo una misura indiretta di effetti citotossici/citostatici e dipende dal tempo trascorso dopo il trattamento. È tuttavia accettabile per colture in sospensione, per le quali altre misure della tossicità possono essere complesse e poco pratiche. Dati relativi alla cinetica cellulare, per esempio il tempo medio di moltiplicazione, possono fornire informazioni supplementari. Il tempo medio di moltiplicazione tuttavia è una media generale, che non sempre rivela l'esistenza di sottopopolazioni con ritardi di crescita, e anche piccoli aumenti di esso possono essere associati ad un ritardo sostanziale del tempo di comparsa delle aberrazioni.

Per sostanze a basso grado di citotossicità la concentrazione massima di prova dovrebbe essere pari a 5 µl/ml, 5 mg/ml o 0,01 M (si scelga il valore più basso).

Per sostanze difficilmente solubili e non tossiche a concentrazioni inferiori al limite di solubilità, la dose massima dovrebbe essere una concentrazione superiore al limite di solubilità nel terreno di coltura, al termine del trattamento. In alcuni casi (per esempio quando si verifica tossicità solo a concentrazioni superiori alla concentrazione minima insolubile) è opportuno eseguire prove a più di una concentrazione, con precipitazione visibile. Può essere utile valutare la solubilità all'inizio e al termine del trattamento, perché questa può variare nel corso dell'esposizione durante il saggio, per la presenza di cellule, S9, siero ecc. L'insolubilità può essere rilevata ad occhio nudo. Il precipitato non deve interferire con la valutazione.

1.4.2.3. Controlli negativi e positivi

Ogni test dovrà comprendere controlli positivi e negativi (solvente o mezzo disperdente) trattati in parallelo, con e senza attivazione metabolica. Quando si usa l'attivazione metabolica, la sostanza usata per i controlli positivi deve esigere attivazione per dare una risposta mutagenica.

Come controllo positivo si utilizzi un clastogeno noto, a livelli ai quali ci si attende un aumento riproducibile e individuabile rispetto ai valori normali, che dimostri la sensibilità del test.

La concentrazione del controllo positivo deve essere tale che gli effetti siano chiari ma non rivelino immediatamente al lettore l'identità dei vetrini codificati. Esempi di sostanze di controllo positive:

>SPAZIO PER TABELLA>

Si possono usare altre adeguate sostanze per i controlli positivi. Si usino, se disponibili, sostanze di una classe chimica correlata.

Si effettuino anche controlli negativi, con solvente o mezzo disperdente usati da soli sul terreno di coltura; i controlli vanno trattati come le colture di trattamento, per ogni fase di raccolta. Si proceda inoltre a controlli non trattati, salvo che dati precedenti provino che il solvente scelto non induce effetti nocivi o mutageni.

1.4.3. Procedura

1.4.3.1. Trattamento con la sostanza in esame

Le cellule in proliferazione sono trattate con la sostanza in esame in presenza e in assenza di un sistema di attivazione metabolica. Il trattamento dei linfociti deve iniziare circa 48 ore dopo la stimolazione mitogenica.

1.4.3.2. Dovrebbero essere usate di norma colture in doppio per ogni concentrazione, anche per le colture di controllo con solo solvente. Se esistono precedenti dati che provano che le variazioni tra colture in doppio sono minime (13) (14), si può accettare l'uso di una sola coltura per concentrazione.

I test con sostanze gassose o volatili devono essere condotti con metodi adeguati, per esempio in recipienti di coltura ermetici (15) (16).

1.4.3.3. Raccolta delle colture

Nel primo esperimento si espongano le cellule alla sostanza in esame, sia con che senza attivazione metabolica, per 3-6 ore e si proceda al campionamento quando sia trascorso un periodo equivalente a circa una volta e mezza la durata del ciclo cellulare normale dall'inizio del trattamento (12). Se i risultati sono negativi, sia con che senza attivazione, si esegua un ulteriore esperimento senza attivazione, con trattamento continuo fino al campionamento, dopo un periodo equivalente a circa una volta e mezzo la durata del ciclo cellulare normale. Alcune sostanze chimiche possono essere individuate più facilmente con tempi di trattamento/campionamento superiori a una volta e mezzo la durata del ciclo cellulare. I risultati negativi nei testi con attivazione metabolica devono essere confermati caso per caso. Se non si ritiene necessaria la conferma dei risultati negativi, se ne fornisca la motivazione.

1.4.3.4. Preparazione dei cromosomi

Le colture cellulari sono trattate con Colcemid® o colchicina, di norma per un periodo variabile da una a tre ore prima della raccolta. Ogni coltura cellulare viene raccolta e trattata separatamente per la preparazione dei cromosomi. La preparazione dei cromosomi comprende il trattamento ipotonico delle cellule, il fissaggio e la colorazione.

1.4.3.5. Analisi

Tutti i vetrini, compresi quelli dei controlli positivi e negativi, devono essere codificati individualmente prima dell'esame al microscopio. Poiché le procedure di fissaggio provocano spesso la rottura di una parte delle cellule in metafase, con perdita di cromosomi, le cellule classificate devono contenere un numero di centromeri pari al numero modale ± 2 per tutti i tipi di cellule. Per ogni concentrazione e per ogni controllo si devono valutare almeno 200 cellule in metafase ben distribuite e adeguatamente suddivise, se possibile tra le prove in doppio. Tale numero può essere ridotto quando si osserva un gran numero di aberrazioni.

Anche se il test è destinato a rivelare aberrazioni cromosomiche strutturali, è importante registrare eventuali casi di poliploidia e di endoriduplicazione.

2. RISULTATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

L'unità sperimentale è la cellula; pertanto si deve valutare la percentuale di cellule che presentano una o più aberrazioni cromosomiche strutturali. Per le colture sperimentali e per le colture di controllo si indichino i vari tipi di aberrazioni cromosomiche strutturali, con numero e frequenza. I gap vanno registrati separatamente e indicati nella relazione, ma non vanno inclusi nella frequenza totale delle aberrazioni.

Si riportino anche le misure di citotossicità condotte in parallelo per tutte le colture trattate e i controlli negativi nei principali test di aberrazione.

I dati saranno presentati separatamente per le singole colture e riassunti in tabelle.

Non è necessario verificare le risposte positive inequivocabili. I risultati ambigui devono essere chiariti mediante prove ulteriori, preferibilmente modificando le condizioni di esperimento. La necessità di confermare i risultati negativi è stata discussa al punto 1.4.3.3. Nei test successivi si dovrebbero modificare i parametri di studio, per estendere la gamma delle condizioni valutate. Fra i parametri di studio modificabili si citano l'intervallo fra i livelli di concentrazione e le condizioni di attivazione metabolica.

2.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

Vari criteri permettono di determinare se un risultato è positivo, per esempio un aumento correlato alla concentrazione o un aumento riproducibile del numero di cellule che presentano aberrazioni cromosomiche. Si consideri in primo luogo la rilevanza dei risultati dal punto di vista biologico. Si possono usare metodi statistici come ausilio nella valutazione dei risultati sperimentali (3) (13), ma la significatività statistica non dovrebbe essere l'unico fattore determinante di una risposta positiva.

Un aumento del numero di cellule poliploidi può significare che la sostanza in esame è in grado di inibire processi mitotici e di indurre aberrazioni numeriche nei cromosomi. Un aumento del numero di cellule con cromosomi endoriduplicati può indicare che la sostanza in esame è in grado di inibire il ciclo cellulare (17) (18).

Una sostanza che fornisca risultati non corrispondenti ai criteri di cui sopra è considerata non mutagena in questo test.

La maggior parte degli esperimenti fornirà indubbiamente risultati palesemente positivi o negativi, ma in alcuni casi i dati ottenuti non consentiranno di formulare un giudizio definitivo sull'azione della sostanza in esame. I risultati possono rimanere ambigui nonostante l'esperimento venga ripetuto più volte.

Risultati positivi del saggio di aberrazione cromosomica in vitro indicano che la sostanza in esame induce aberrazioni cromosomiche strutturali in colture di cellule somatiche di mammifero. Risultati negativi indicano che, nelle condizioni di test, la sostanza in esame non induce aberrazioni cromosomiche in colture di cellule somatiche di mammifero.

3. RELAZIONE

RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio dovrà contenere le seguenti informazioni:

Solvente/mezzo disperdente:

- motivazione della scelta del mezzo disperdente,

- solubilità e stabilità della sostanza in esame nel solvente/mezzo disperdente, se nota.

Cellule:

- tipo e origine delle cellule,

- caratteristiche del cariotipo e idoneità del tipo di cellula usato,

- assenza di micoplasma, se del caso,

- informazioni sulla durata del ciclo cellulare,

- sesso dei donatori di sangue, sangue intero o linfociti isolati, mitogeno usato,

- eventuale numero di passaggi in coltura, se del caso,

- metodi usati per la conservazione della coltura cellulare, se del caso,

- numero modale dei cromosomi.

Condizioni di esperimento:

- natura e concentrazione dell'inibitore della metafase, durata di esposizione delle cellule,

- criteri di selezione delle concentrazioni e del numero di colture, per esempio dati sulla citotossicità e sui limiti di solubilità, se disponibili,

- composizione del terreno di coltura, concentrazione di CO2 se del caso,

- concentrazione della sostanza in esame,

- volume del mezzo disperdente e della sostanza in esame aggiunti,

- temperatura di incubazione,

- tempo di incubazione,

- durata del trattamento,

- densità delle cellule al momento dell'inoculazione, se del caso,

- tipo e composizione del sistema di attivazione metabolica, compresi i criteri di accettabilità,

- controlli positivi e negativi,

- metodi di preparazione dei vetrini,

- criteri di conteggio delle aberrazioni,

- numero di metafasi analizzate,

- metodi di misura della tossicità,

- criteri in base ai quali i risultati sono giudicati positivi, negativi o ambigui.

Risultati:

- indizi di tossicità, per esempio grado di confluenza, dati sul ciclo cellulare, conta delle cellule, coefficiente mitotico,

- segni di precipitazione,

- dati sul pH e sull'osmolalità del terreno di trattamento, se determinati,

- definizione delle aberrazioni, compresi i salti,

- numero di cellule con aberrazioni cromosomiche e tipi di aberrazioni, indicati separatamente per ciascuna coltura trattata e di controllo,

- eventuali cambiamenti di ploidia,

- relazione dose-risposta, se possibile,

- eventuali analisi statistiche,

- dati sui controlli negativi (solvente/mezzo disperdente) e positivi paralleli,

- precedenti dati sui controlli negativi (solvente/mezzo disperdente) e positivi, con variazioni, medie e deviazioni standard.

Discussione dei risultati.

Conclusioni.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Evans, H. J. (1976), Cytological Methods for Detecting Chemical Mutagens, in: Chemical mutagens, Principles and Methods for their Detection, Vol. 4, Hollaender, A. (ed) Plenum Press, New York and London, pp. I-29.

(2) Ishidate, M. Jr. and Sofuni, T. (1985), The In Vitro Chromosomal Aberration Test Using Chinese Hamster Lung (CHL) Fibroblast Cells in Culture, in: Progress in Mutation Research, Vol. 5. Ashby, J. et al., (eds) Elsevier Science Publishers, Amsterdam-New York-Oxford. pp. 427-432.

(3) Galloway, S. M., Armstrong, M. J., Reuben, C., Colman, S., Brown, B., Cannon, C., Bloom, A. D., Nakamura, F., Ahmed, M., Duk, S., Rimpo, J., Margolin, G. H., Resnick, M. A., Andersen, G. and Zeiger, E. (1978), Chromosome aberration and sister chromatic exchanges in Chinese hamster ovary cells: Evaluation of 108 chemicals, Environs. Molec. Mutagen 10 (suppl. 10), pp. 1-175.

(4) Scott, D., Galloway, S. M., Marshall, R. R., Ishidate, M. Jr., Brusick, D., Ashby, J. and Myhr, B. C. (1991), Genotoxicity under Extreme Culture Conditions. A report from ICPEMC Task Group 9, Mutation Res., 257, pp. 147-204.

(5) Morita, T., Nagaki, T., Fukuda, I. and Okumura, K. (1992), Clastogenicity of low pH to Various Cultured Mammalian Cells, Mutation Res., 268, pp. 297-305.

(6) Ames, B. N., McCann, J. and Yamasaki, E. (1975), Methods for Detecting Carcinogens and Mutagens with the Salmonella/Mammalian Microsome Mutagenicity Test, Mutation Res., 31, pp. 347-364.

(7) Maron, D. M. and Ames, B. N. (1983), Revised Methods for the Salmonella Mutagenicity Test, Mutation Res., 113, pp. 173-215.

(8) Natarajan, A. T., Tates, A. D., van Buul, P. P. W., Meijers, M. and de Vogel, N. (1976), Cytogenetic Effects of Mutagen/Carcinogens after Activation in a Microsomal System In Vitro, J. Induction of Chromosome Aberrations and Sister Chromatid Exchange by Diethylnitrosamine (DEN) and Dimethylnitrosamine (DMN) in CHO Cells in the Presence of Rat-Liver Microsomes, Mutation Res., 37, pp. 83-90.

(9) Matsuoka, A., Hayashi, M. and Ishidate, M. Jr. (1979), Chromosomal Aberration Tests on 29 Chemicals Combined with S9 Mix In Vitro, Mutation Res., 66, pp. 277-290.

(10) Elliot, B. M., Combes, R. D., Elcombe, C. R., Gatehouse, D. G., Gibson, G. G., Mackay, J. M. and Wolf, R. C. (1992), Report of UK environmental Mutagen Society Working Party. Alternatives to Aroclar 1254-induced S9 in In Vitro Genotoxicity Assays, Mutagenesis, 7, pp. 175-177.

(11) Matsushima, T., Sawamura, M., Hara, K. and Sugimura, T. (1976), A Safe Substitute for Polychlorinated Biphenyls as an Inducer of Metabolic Activation Systems, in: de Serres, F. J., Fouts, J. R., Berid, J. R. and Philpot, R. M. (eds), In Vitro Metabolic Activation in Mutagenesis Testing, Elsevier, North-Holland, pp. 85-88.

(12) Galloway, S. M., Aardema, M. J., Ishidate, M. Jr., Iven, J. L., Kirkland, D. J., Morita, T., Mosesso, P., Sofuni, T. (1994), Report from Working Group on in In Vitro Tests for Chromosomal Aberrations, Mutation Res., 312, pp. 241-261.

(13) Richardson, C., Williams, D. A., Allen, J. A., Amphlett, G., Chanter, D. O. and Phillips, B. (1989), Analysis of Data from In Vitro Cytogenetic Assays, in: Statistical Evaluation of Mutagenicity Test Data, Kirkland, D. J., (ed) Cambridge University Press, Cambridge, pp. 141-154.

(14) Soper, K. A. and Galloway, S. M. (1994), Replicate Flasks are not Necessary for In Vitro Chromosome Aberration Assays in CHO Cells, Mutation Res., 312, pp. 139-149.

(15) Krahn, D. F., Barsky, F. C. and McCooey, K. T. (1982), CHO/HGPRT Mutation Assay: Evaluation of Gases and Volatile Liquids, in: Tice, R. R., Costa, D. L., Schaich, K. M. (eds), Genotoxic Effects of Airborne Agents, New York, Plenum, pp. 91-103.

(16) Zamora, P. O., Benson, J. M., Li, A. P. and Brooks, A. L. (1983), Evaluation of an Exposure System Using Cells Grown on Collagen Gels for Detecting Highly Volatile Mutagens in the CHO/HGPRT Mutation Assay, Environmental Mutagenesis, 5, pp. 795-801.

(17) Locke-Huhle, C. (1983), Endoreduplication in Chinese hamster cells during alpha-radiation induced G2 arrest, Mutation Res., 119, pp. 403-413.

(18) Huang, Y., Change, C. and Trosko, J. E. (1983), Aphidicolin-induced endoreduplication in Chinese hamster cells, Cancer Res., 43, pp. 1362-1364."

ALLEGATO 4B

"B.11. MUTAGENICITÀ - TEST IN VIVO DI ABERRAZIONE CROMOSOMICA SUL MIDOLLO OSSEO DI MAMMIFERI

1. METODO

Il metodo è ripreso dal metodo OECD TG 475, Mammalian Bone Marrow Chromosome Aberration Test (1997).

1.1. INTRODUZIONE

I testi di aberrazione cromosomica in vivo nei mammiferi sono destinati ad individuare aberrazioni cromosomiche strutturali indotte dalla sostanza in esame nelle cellule del midollo osseo di animali, di solito roditori (1) (2) (3) (4). Le aberrazioni cromosomiche strutturali possono essere di due tipi: cromosomiche o cromatidiche. Un aumento della poliploidia può significare che una sostanza chimica è in grado di indurre aberrazioni numeriche. La maggior parte dei mutageni chimici induce aberrazioni cromatidiche, ma si verificano anche aberrazioni cromosomiche. Le mutazioni cromosomiche e i fenomeni ad esse correlati sono causa di molte malattie genetiche umane e vi sono prove concrete che mutazioni cromosomiche e fenomeni ad esse correlati, che causano alterazioni degli oncogeni e dei geni soppressori di tumori, sono implicati nella comparsa delle neoplasie umane e di quelle sperimentalmente indotte negli animali da laboratorio.

Per i test si usano solitamente roditori. Il midollo osseo è il tessuto bersaglio, in quanto è altamente vascolarizzato e contiene una popolazione di cellule a ciclo rapido, che possono essere agevolmente isolate e trattate. Altre specie e altri tessuti bersaglio non sono oggetto della presente metodica.

Il test di aberrazione cromosomica è particolarmente idoneo a valutare il rischio mutagenico, in quanto permette di considerare fattori del metabolismo in vivo, aspetti farmacocinetici e processi di riparazione del DNA, che peraltro possono variare in funzione della specie e del tipo di tessuto. Un test in vivo è utile anche per verificare l'effetto mutageno rivelato da un test in vitro.

Se è evidente che la sostanza in esame, o un metabolita reattivo, non raggiungono il tessuto bersaglio, il test non è idoneo.

Cfr. anche Introduzione generale parte B.

1.2. DEFINIZIONI

Aberrazione cromatica: danno strutturale dei cromosomi che si manifesta nella rottura di un singolo cromatide o nella rottura e ricongiunzione di cromatidi.

Aberrazione cromosomica: alterazione cromosomica strutturale, che si manifesta nella rottura, o nella rottura e ricongiunzione, di entrambi i cromatidi in uno stesso punto.

Endoriduplicazione: processo nel quale, dopo una fase S di replicazione del DNA, il nucleo non inizia la mitosi ma inizia una nuova fase S. Ne risultano cromosomi con 4, 8, 16, ... cromatidi.

Gap: lesione acromatica, di ampiezza inferiore a un cromatide, con minimo disallineamento dei cromatidi.

Coefficiente mitotico: numero delle cellule in metafase diviso per il numero totale di cellule della popolazione; costituisce un'indicazione del grado di proliferazione della popolazione cellulare.

Aberrazione numerica: variazione del numero di cromosomi rispetto al numero diploide caratteristico della specie.

Poliploidia: numero di cromosomi multiplo superiore a due del numero aploide (cioè 3n, 4n, ecc.).

Aberrazione strutturale: alterazione della struttura cromosomica visibile all'esame microscopico dello stadio di metafase, che si presenta con perdita di segmenti, riordinamenti intercromosomici e intracromosomici.

1.3. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Gli animali sono esposti alle sostanze in esame per una via adeguata e vengono quindi sacrificati a tempo debito, dopo somministrazione di un inibitore della metafase (per esempio colchicina o Colcemid®). Sono poi approntate e sottoposte a un processo di colorazione le preparazioni cromosomiche delle cellule di midollo osseo, e se ne analizzano le cellule in metafase per determinare le aberrazioni cromosomiche.

1.4. DESCRIZIONE DEL METODO

1.4.1. Preparazioni

1.4.1.1. Scelta delle specie animali

Ratti, topi e criceti cinesi sono gli animali più comunemente usati, ma si può usare qualsiasi specie adeguata di mammifero. Si scelgano individui adulti, giovani e in buona salute, provenienti da ceppi di animali da laboratorio. All'inizio dello studio le variazioni di peso tra gli animali devono essere minime e non superare il ± 20 % del peso medio per sesso.

1.4.1.2. Condizioni di stabulazione e alimentazione

Valgono le condizioni generali citate nell'Introduzione generale alla parte B; l'umidità ideale è pari al 50-60 %.

1.4.1.3. Preparazione degli animali

Gli animali adulti, sani e giovani sono suddivisi a caso in gruppi di controllo e di trattamento. Le gabbie devono essere disposte in modo da minimizzare eventuali effetti dovuti alla posizione. Gli animali vanno identificati inequivocabilmente e acclimatati alle condizioni di laboratorio per almeno cinque giorni.

1.4.1.4. Preparazione delle dosi

Le sostanze solide devono essere poste in soluzione o in sospensione in adeguati solventi o mezzi disperdenti e, se necessario, diluite prima del trattamento degli animali. Le sostanze liquide possono essere somministrate direttamente o diluite prima del trattamento. Si usino preparati recenti della sostanza, salvo qualora siano disponibili dati sulla sua stabilità che dimostrino che la conservazione è ammissibile.

1.4.2. Condizioni di esperimento

1.4.2.1. Solvente/mezzo disperdente

Il solvente/mezzo disperdente non deve produrre effetti tossici alle dosi usate e non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame. L'uso di solventi/mezzi disperdenti poco noti è ammesso solo se suffragato da dati che ne provino la compatibilità. Si raccomanda di prendere in primo luogo in considerazione, se possibile, l'uso di un solvente/mezzo disperdente acquoso.

1.4.2.2. Controlli

Ogni test dovrà comprendere controlli positivi e negativi (solvente/mezzo disperdente), trattati in parallelo per ciascun sesso. Gli animali dei gruppi dovranno essere trattati in modo identico, salvo per la somministrazione della sostanza in esame.

I controlli positivi dovrebbero indurre aberrazioni strutturali in vivo a livelli di esposizione ai quali è previsto un aumento rilevabile rispetto alla media. Le dosi dei controlli positivi devono essere scelte in modo che gli effetti siano chiari ma non rivelino immediatamente al lettore l'identità dei vetrini codificati. È ammissibile che le sostanze per i controlli positivi siano somministrate per una via diversa dalla sostanza in esame ed è sufficiente un solo prelievo per campione. È anche ammissibile l'uso per i controlli positivi di sostanze di una classe chimica correlata, se ne esistono. Fra gli esempi di sostanze per i controlli positivi si citano:

>SPAZIO PER TABELLA>

In ogni fase del campionamento si proceda a controlli negativi, cui sia somministrato solo il solvente o il mezzo disperdente, senza altre differenze di trattamento, salvo che dati precedenti dimostrino che la variabilità intraspecifica e la frequenza di cellule con aberrazioni cromosomiche sono accettabili. Se per i controlli negativi si procede ad un solo campionamento, il momento più adeguato è quello del primo prelievo. Si ricorra anche a controlli negativi non trattati, salvo che dati precedenti dimostrino che il solvente/mezzo disperdente scelto non induce effetti nocivi o mutageni.

1.5. PROCEDURA

1.5.1. Numero e sesso degli animali

Ogni gruppo trattato e ogni gruppo di controllo deve essere composto di almeno 5 animali analizzabili per sesso. Se al momento della sperimentazione sono disponibili dati relativi a sperimentazioni sulla stessa specie, con la medesima via di esposizione, che dimostrano che non vi sono sostanziali differenze di tossicità tra i sessi, sarà sufficiente effettuare i test su un solo sesso. Qualora l'esposizione umana alle sostanze chimiche sia specifica per un sesso, come per esempio nel caso di alcuni prodotti farmaceutici, i test devono essere eseguiti su animali di tale sesso.

1.5.2. Protocollo di trattamento

Le sostanze in esame sono somministrate di preferenza in un'unica dose. Possono essere somministrate anche in dosi frazionate, per esempio in due dosi nello stesso giorno, a distanza di qualche ora al massimo, per agevolare la somministrazione, trattandosi di dosi di volume elevato. Se si usa una posologia diversa, se ne fornisca la motivazione scientifica.

Dopo il trattamento si proceda al prelievo dei campioni in due momenti diversi dello stesso giorno. Per i roditori il primo prelievo dopo il trattamento è effettuato quando sia trascorso un periodo equivalente ad una volta e mezza la durata del ciclo cellulare (che è di norma di 12-18 ore). Poiché il tempo necessario affinché la sostanza in esame sia assorbita e metabolizzata e produca effetti sulla cinetica del ciclo cellulare può influire sul momento ottimale per l'individuazione delle aberrazioni cromosomiche, si raccomanda di prelevare un altro campione 24 ore dopo. Se il protocollo di trattamento è più lungo di un giorno, si proceda ad un unico campionamento quando sia trascorso un periodo equivalente ad una volta e mezza la durata normale del ciclo cellulare dopo l'ultima somministrazione.

Prima di sacrificare gli animali si inietti per via interperitoneale una dose adeguata di un inibitore della metafase (per esempio Colcemid® o colchicina). Gi animali saranno quindi sacrificati dopo un adeguato lasso di tempo: 3-5 ore circa per i topi, 4-5 ore circa per i criceti cinesi. Si prelevino quindi le necessarie cellule del midollo osseo e si rilevino le aberrazioni cromosomiche.

1.5.3. Dosi

Se si procede a uno studio per individuare l'intervallo di dosi, non essendo disponibili dati utili in materia, questo va eseguito nello stesso laboratorio, sulla stessa specie, ceppo e sesso, con il medesimo protocollo usato nel test principale (5). In caso di tossicità si usino per la prima fase di campionamento tre dosi diverse, che vadano dalla tossicità massima ad una tossicità assente o modica. Per il campionamento successivo si usi solo la dose massima. La dose massima è definita come dose che produce segni di tossicità tali che livelli più elevati, con la stessa posologia, sarebbero presumibilmente letali. Sostanze con azione biologica specifica, a dosi basse non tossiche (come ormoni e mitogeni) possono costituire eccezione rispetto ai criteri di definizione della dose e vanno valutate caso per caso. La dose massima può essere definita anche come dose che produce qualche segno di tossicità nel midollo osseo (per esempio una riduzione del coefficiente mitotico superiore al 50 %).

1.5.4. Saggio con dose limite

Se la somministrazione di una quantità di sostanza pari ad almeno 2000 mg per kg di peso corporeo in dose unica o in due dosi nello stesso giorno non produce effetti tossici rilevabili, e se non vi sono ragioni di sospettare un'azione genotossica sulla base di dati relativi a sostanze strutturalmente correlate, si può considerare che non è necessario procedere alla sperimentazione completa con tre dosi diverse. Per studi di maggiore durata la dose limite è pari a 2000 mg/kg di peso corporeo al giorno, da somministrare per 14 giorni al massimo; è pari a 1000 mg/kg di peso corporeo al giorno per un trattamento più lungo. Sulla base della esposizione umana prevista per la sostanza in esame, può essere necessario usare una dose più elevata nel test con dose limite.

1.5.5. Somministrazione

La sostanza in esame viene di solito somministrata con sonda gastrica o cannula di intubazione, oppure mediante iniezione intraperitoneale. Possono essere accettate altre vie se esiste una valida ragione. Il volume massimo di liquido somministrabile in un'unica volta con sonda gastrica o con iniezione dipende dalle dimensioni dell'animale da laboratorio; non deve superare i 2 ml/100 g di peso corporeo. L'uso di volumi più elevati deve essere motivato. Salvo per sostanze irritanti o corrosive, che di norma riveleranno effetti esacerbati a concentrazioni più elevate, le variazioni di volume devono essere minimizzate, regolando la concentrazione in modo da garantire un volume costante a tutte le dosi.

1.5.6. Preparazione dei cromosomi

Non appena l'animale è stato sacrificato, si prelevi il midollo osseo, lo si esponga ad una soluzione ipotonica e lo si fissi. Le cellule siano poi poste su vetrini e sottoposte a un processo di colorazione.

1.5.7. Analisi

Si determini il coefficiente mitotico come misura della citotossicità in almeno 1000 cellule per animale, in tutti gli animali trattati (compresi i controlli positivi) e nei controlli negativi, non trattati.

Per ogni animale si analizzino almeno 100 cellule. Tale numero può essere ridotto qualora si rilevi un alto numero di aberrazioni. Tutti i vetrini, compresi quelli dei controlli positivi e negativi, devono essere codificati indipendentemente prima dell'esame al microscopio. Poiché le procedure di preparazione dei vetrini causano spesso la rottura di un parte delle cellule in metafase, con perdita di cromosomi, le cellule trattate devono contenere un numero di centromeri pari a 2n ± 2.

2. RISULTATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

I dati relativi ai singoli animali vanno presentati in forma di tabelle. L'unità sperimentale è l'animale. Per ciascun animale si indichi il numero di cellule analizzate e si valuti il numero di aberrazioni per cellula e la percentuale di cellule con una o più aberrazioni cromosomiche strutturali. Per i gruppi di trattamento e di controllo si elenchino i vari tipi di aberrazioni cromosomiche strutturali, il loro numero e la loro frequenza. I gap devono essere registrati separatamente e indicati nella relazione, ma non inclusi nella frequenza totale delle aberrazioni. Se non c'è un'evidente differenza di risposta tra i sessi, i dati relativi ai due sessi possono essere combinati nell'analisi statistica.

2.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

Vari criteri permettono di determinare se un risultato è positivo, per esempio un aumento del numero relativo di cellule che presentano aberrazioni cromosomiche, correlato alla dose somministrata, o un palese aumento del numero di cellule con aberrazioni nei campioni, prelevati alla stessa fase di campionamento e provenienti da un gruppo cui è stata somministrata la stessa dose della sostanza in esame. Si consideri per prima cosa la rilevanza dei risultati dal punto di vista biologico. Si possono usare metodi statistici come ausilio nella valutazione dei risultati sperimentali (6), ma la significatività statistica non dovrebbe essere l'unico fattore determinante di una risposta positiva. Eventuali risultati ambigui possono essere chiariti mediante test ulteriori, preferibilmente in condizioni sperimentali modificate.

Un aumento del numero di cellule poliploidi può significare che la sostanza in esame è in grado di indurre aberrazioni numeriche nei cromosomi. Un aumento del numero di cellule che presentano endoriduplicazione può significare che la sostanza in esame è in grado di inibire il ciclo cellulare (7) (8).

Una sostanza che fornisca risultati non corrispondenti ai criteri di cui sopra è considerata non mutagena in questo test.

La maggior parte degli esperimenti fornirà indubbiamente risultati chiaramente positivi o negativi ma occasionalmente i dati ottenuti non consentiranno di formulare un giudizio definitivo sull'azione della sostanza in esame. I risultati possono rimanere ambigui nonostante l'esperimento venga ripetuto più volte.

Risultati positivi del saggio di aberrazione cromosomica in vivo indicano che una sostanza induce aberrazioni cromosomiche nel midollo osseo della specie usata per i test. Risultati negativi indicano che nelle condizioni di test la sostanza in esame non induce aberrazioni cromosomiche nel midollo osseo della specie usata per i test.

Si vaglino le probabilità che la sostanza in esame o i suoi metaboliti entrino in circolo o specificamente raggiungano il tessuto bersaglio (tossicità sistemica).

3. RELAZIONE

RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio dovrà contenere le seguenti informazioni:

Solvente/mezzo disperdente:

- motivazione della scelta del mezzo disperdente,

- solubilità e stabilità della sostanza in esame nel solvente/mezzo disperdente, se nota.

Animali da laboratorio:

- specie/ceppo usato,

- numero, età e sesso degli animali,

- provenienza, condizioni di stabulazione, dieta, ecc.,

- peso dei singoli animali all'inizio degli esperimenti, con range, valore medio e deviazione standard per ciascun gruppo.

Condizioni di esperimento:

- controlli positivi e negativi (mezzo disperdente/solvente),

- risultati dello studio per individuare l'intervalle di dosi, se effettuato,

- criteri di selezione delle dosi,

- illustrazione particolareggiata della preparazione della sostanza in esame,

- illustrazione particolareggiata della somministrazione della sostanza in esame,

- metodi di misura della tossicità,

- criteri di selezione della via di somministrazione,

- metodi usati per verificare che la sostanza in esame sia entrata in circolo o abbia raggiunto il tessuto bersaglio, se del caso,

- conversione della concentrazione (ppm) della sostanza in esame nel cibo o nell'acqua potabile nella dose effettiva (mg/kg di peso corporeo/giorno), se del caso,

- dettagli relativi alla qualità del cibo e dell'acqua,

- descrizione dettagliata dei protocolli di trattamento e di campionamento,

- natura e concentrazione dell'inibitore della metafase, durata del trattamento,

- metodi di preparazione dei vetrini,

- criteri di conteggio delle aberrazioni,

- numero di cellule analizzate per animale,

- criteri in base ai quali i risultati sono giudicati positivi, negativi o ambigui.

Risultati:

- segni di tossicità,

- coefficiente mitotico,

- tipo e numero delle aberrazioni, indicati separatamente per ciascun animale,

- numero totale delle aberrazioni per gruppo, con medie e deviazioni standard,

- numero di cellule che presentano aberrazioni per gruppo, con medie e deviazioni standard,

- eventuali cambiamenti del numero cromosomico,

- relazione dose-risposta, se possibile,

- eventuali analisi statistiche,

- dati sui controlli negativi paralleli,

- dati sui controlli negativi precedenti, con range, medie e deviazioni standard,

- dati sui controlli positivi paralleli.

Discussione dei risultati.

Conclusioni.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Adler, I. D. (1984), Cytogenetic Tests in Mammals, in: Mutagenicity Testing: a Practical Approach, S. Venitt and J. M. Parry (eds.). IRL Press, Oxford, Washington D. C., 275-306.

(2) Preston, R. J., Dean, B. J., Galloway, S., Holden, H., McFee, A. F. and Shelby, M. (1987), Mammalian In Vivo Cytogenetic Assays: Analysis of Chromosome Aberrations in Bone Marrow Cells, Mutation Res., 189, 157-165.

(3) Richold, M., Chandly, A., Ashby, J., Gatehouse D. G., Bootman, J. and Henderson, L. (1990), In Vivo Cytogenetic Assays, in: D. J. Kirkland, (ed.), Basic Mutagenicity Tests, UKEMS Recommended Procedures. UKEMS Sub-Committee on Guidelines for Mutagenicity Testing Report. Part I revised, Cambridge University Press, Cambridge, New Cork, Port Chester, Melbourne, Sydney, pp. 115-141.

(4) Tice, R. R. Hayashi, M., MacGregor, J. T., Anderson, D., Blakey, D. H., Holden, H. E., Kirch-Volders, M., Oleson Jr., F. B., Paccierotti, F., Preston R. J., Romagna F., Shimada, H., Sutou, S. and Vannier, B. (1994), Report from the Working Group on the In Vivo Mammalian Bone Marrow Chromosomal Aberration Test, Mutation Res., 312, pp. 305-312.

(5) Fielder, R. J., Alleen, J. A., Boobis, A. R., Botham, P. A., Doe, J., Esdaile, D. J., Gatehouse, D. G., Hodson-Walker, G., Morton, D. B., Kirkland, D. J. and Richold, M. (1992), Report of British Toxicology Society/UK, Environmental Mutagen Society Working Group: Dose setting in In Vivo Mutagenicity Assays, Mutagenesis, 7, pp. 313-319.

(6) Lovell, D. P., Anderson, D., Albanese, R., Amphlett, G. E., Clare, G., Ferguson, R., Richold, M., Papworth, D. G. and Savage, J. R. K. (1989), Statistical Analysis of In Vivo Cytogenetic Assays, in: UKEMS Sub-Committee on Guidelines for Mutagenicity Testing. Report Part III. Statistical Evaluation of Mutagenicity Test Data, D. J. Kirkland, (ed.) Cambridge University Press, Cambridge, pp. 184-232.

(7) Locke-Huhle, C. (1983), Endoreduplication in Chinese hamster cells during alpha-radiation-induced G2 arrest, Mutation Res. 119, pp. 403-413.

(8) Huang, Y., Change, C. and Trosko, J. E. (1983), Aphidicolin-induced endoreduplication in Chinese hamster cells, Cancer Res., 43, pp. 1363-1364."

ALLEGATO 4C

"B.12. MUTAGENICITÀ - TEST IN VIVO SUI MICRONUCLEI NEGLI ERITROCITI DI MAMMIFERO

1. METODO

Il metodo è ripreso dal metodo OECD TG 474, Mammalian Erythrocyte Micronucleus Test (1997).

1.1. INTRODUZIONE

Il test in vivo sui micronuclei dei mammiferi è usato per individuare i danni indotti dalla sostanza in esame ai cromosomi o all'apparato mitotico degli eritroblasti; si effettua analizzando gli eritrociti provenienti dal midollo osseo e/o dalle cellule del sangue periferico di animali, di norma roditori.

È destinato a identificare sostanze che provocano danni citogenetici, che si manifestano nella formazione di micronulei contenenti frammenti di cromosomi o cromosomi interi.

Quando da un eritroblasto del midollo osseo si sviluppa un eritrocita policromatico, il nucleo principale viene espulso; i micronuclei formatisi possono rimanere nel citoplasma che non contiene più il nucleo principale, cosa che rende più agevole la visualizzazione dei micronulei. L'aumento della frequenza di eritrociti policromatici contenenti micronuclei negli animali trattati è un'indicazione di danno cromosomico indotto.

In questo test si usa solitamente il midollo osseo di roditori: il midollo osseo è il tessuto in cui sono prodotti gli eritrociti policromatici. Il conteggio degli eritrociti immaturi (policromatici) contenenti micronuclei nel sangue periferico è ugualmente accettabile nelle specie in cui è stata provata l'incapacità della milza di svolgere la funzione emocatecretica sugli eritrociti contenenti micronuclei o che sia risultata particolarmente sensibile per l'individuazione di agenti che provocano aberrazioni cromosomiche strutturali o numeriche. Per distinguere i micronuclei si possono usare vari criteri, tra cui la presenza o l'assenza del cinetocore, o del centromero, nei micronuclei. L'elemento conclusivo è la frequenza degli eritrociti immaturi (policromatici) contenenti micronuclei. Quando gli animali vengono trattati in continuo per quattro settimane o più, come elemento conclusivo si può usare anche la percentuale di eritrociti maturi (ortocromatici) del sangue periferico che contengono micronuclei.

L'esame dei micronuclei dei mammiferi in vivo è particolarmente idoneo a valutare il rischio mutagenico, in quanto permette di prendere in considerazione elementi del metabolismo, della farmacocinetica e dei processi di riparazione del DNA in vivo, anche se questi possono variare in funzione della specie, dei tessuti e dell'effetto genetico indagato. I test in vivo sono utili anche ad approfondire gli studi di un effetto mutagenico rilevato in vitro.

Qualora risulti che la sostanza in esame, o un suo metabolita reattivo, non raggiungono il tessuto bersaglio, il test non è adeguato.

Cfr. anche Introduzione generale, parte B.

1.2. DEFINIZIONI

Centromero (cinetocoro): regione/i di un cromosoma sede di attacco del fuso durante la divisione cellulare, che permette il corretto movimento dei cromosomi figli verso i poli delle cellule figlie.

Micronuclei: piccoli nuclei sovrannumerari, separati dal nucleo principale delle cellule, prodotti durante la telofase della mitosi (meiosi) da frammenti residui di cromosomi o da cromosomi interi.

Eritrocita ortocromatico: eritrocita maturo in cui mancano i ribosomi, che può essere distinto dagli eritrociti policromatici immaturi mediante coloranti selettivi per i ribosomi.

Eritrocita policromatico: eritrocita immaturo, in uno stadio di sviluppo intermedio, che contiene ancora ribosomi e che pertanto può essere distinto dagli eritrociti ortocromatici maturi mediante coloranti selettivi per i ribosomi.

1.3. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Gli animali sono esposti alla sostanza in esame tramite una via adeguata. Se si utilizza il midollo osseo, gli animali sono sacrificati a tempo debito dopo il trattamento; il midollo osseo viene quindi prelevato, preparato e colorato (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7). Se si utilizza sangue periferico, questo viene raccolto a tempo debito dopo il trattamento, si preparano quindi gli strisci e si colorano (4) (8) (9) (10). Per i test eseguiti con sangue periferico l'intervallo fra l'ultima esposizione della sostanza e la raccolta delle cellule dovrebbe essere minimo. Si individuano quindi i micronuclei nei preparati.

1.4. DESCRIZIONE DEL METODO

1.4.1. Preparazioni

1.4.1.1. Scelta delle specie animali

Se si usa il midollo osseo si raccomanda di servirsi di topi o ratti, benché si possa usare qualsiasi specie adeguata di mammifero. Se si usa il sangue periferico si raccomanda di servirsi di topi, ma si può utilizzare qualsiasi specie adeguata di mammifero, purché sia una specie in cui la milza non espleta la funzione emocateretica sugli eritrociti micronucleati e che si è rivelata sufficientemente sensibile per l'individuazione degli agenti che causano aberrazioni cromosomiche strutturali o numeriche. Si scelgano individui giovani e in buona salute provenienti da ceppi di animali da laboratorio. All'inizio dell'esperimento le variazioni di peso fra gli animali devono essere minime: non possono superare il 20 % del peso medio per sesso.

1.4.1.2. Condizioni di stabulazione e alimentazione

Valgono le condizioni generali citate nell'Introduzione generale alla parte B; l'umidità ideale è pari al 50-60 %.

1.4.1.3. Preparazione degli animali

Gli animali adulti, sani e giovani vengono suddivisi a caso in gruppi di controllo e di trattamento. Le gabbie devono essere disposte in modo da minimizzare eventuali effetti dovuti alla posizione. Gli animali vanno identificati inequivocabilmente e acclimatati alle condizioni di laboratorio per almeno cinque giorni.

1.4.1.4. Sostanza in esame/Preparazione

Le sostanze solide devono essere poste in soluzione o in sospensione in adeguati solventi o mezzi disperdenti e, se necessario, diluite prima del trattamento degli animali. Le sostanze liquide possono essere aggiunte direttamente alla coltura o diluite prima del trattamento. Si usino preparati recenti della sostanza, salvo qualora siano disponibili dati sulla sua stabilità che dimostrino che la conservazione è ammissibile.

1.4.2. Condizioni di esperimento

1.4.2.1. Solvente/mezzo disperdente

Il solvente/mezzo disperdente non deve produrre effetti tossici alle dosi usate e non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame. L'uso di solventi/mezzi disperdenti poco noti è ammesso solo se suffragato da dati che ne provino la compatibilità. Si raccomanda di prendere in primo luogo in considerazione, se possibile, l'uso di un solvente/mezzo disperdente acquoso.

1.4.2.2. Controlli

Ogni test dovrà comprendere controlli positivi e negativi (solvente/mezzo disperdente), trattati in parallelo per ciascun sesso. Gli animali dei due gruppi dovranno essere trattati in modo identico, salvo per la somministrazione della sostanza in esame.

I controlli positivi dovrebbero produrre micronuclei in vivo a livelli di esposizione che provocano un aumento rilevabile rispetto alla media. Le dosi dei controlli positivi devono essere scelte in modo che gli effetti siano chiari ma non rivelino immediatamente al lettore l'identità dei vetrini codificati. È ammissibile che le sostanze per i controlli positivi siano somministrate per una via diversa dalla sostanza in esame ed è sufficiente un solo prelievo per campione. È anche ammissibile l'uso per i controlli positivi di sostanze di una classe chimica correlata, se ne esistono. Fra gli esempi di sostanze per i controlli positivi si citano:

>SPAZIO PER TABELLA>

In ogni fase del campionamento si proceda a controlli negativi, cui sia somministrato solo il solvente o il mezzo disperdente, senza altre differenze di trattamento, salvo che dai dati precedenti risulti che la variabilità intraspecifica e la frequenza di cellule con micronuclei sono accettabili. Se per i controlli negativi si procede ad un solo campionamento, lo si effettui al momento del primo prelievo. Si ricorra anche a controlli negativi non trattati, salvo che dati precedenti dimostrino che il solvente/mezzo disperdente scelto non induce effetti nocivi o mutageni.

Se si usa sangue periferico come controllo negativo parallelo è ammissibile anche un campione prelevato prima del trattamento, solo però negli studi brevi sul sangue periferico (che vanno per esempio da 1 a 3 somministrazioni), qualora i dati ottenuti rientrino nel range previsto in letteratura.

1.5. PROCEDURA

1.5.1. Numero e sesso degli animali

Ogni gruppo trattato e ogni gruppo di controllo deve essere composto di almeno 5 animali analizzabili per sesso (11). Se al momento della sperimentazione sono disponibili dati relativi a sperimentazioni sulla stessa specie e con la medesima via di esposizione, che dimostrano che non vi sono sostanziali differenze di tossicità tra i sessi, sarà sufficiente effettuare i test su un unico sesso. Qualora l'esposizione umana alle sostanze chimiche sia specifica per un sesso, come per esempio nel caso di alcuni prodotti farmaceutici, i test devono essere eseguiti su animali di tale sesso.

1.5.2. Protocollo di trattamento

Non si può raccomandare un protocollo standard (cioè 1, 2 o più somministrazioni a intervalli di 24 ore). I campioni ottenuti dopo somministrazione protratta sono accettabili purché sia comprovato un effetto positivo o, per uno studio negativo, ne sia stata dimostrata la tossicità o sia stata usata la dose limite, continuando la somministrazione fino al prelievo dei campioni. La sostanza in esame può essere somministrata anche in dosi frazionate, per esempio a due riprese nello stesso giorno, a intervalli non superiori a qualche ora, per agevolarne la somministrazione, trattandosi di un prodotto di grande volume.

Il test può essere eseguito in due modi:

(a) la sostanza è somministrata agli animali in un'unica dose. Sono prelevati campioni di midollo osseo almeno due volte, ad adeguati intervalli, la prima volta almeno 24 ore dopo il trattamento, l'ultima non dopo 48 ore. Se il prelievo è effettuato meno di 24 ore dopo la somministrazione se ne fornisca la ragione. I campioni di sangue periferico vanno prelevati almeno due volte, ad adeguati intervalli, la prima volta almeno 36 ore dopo la somministrazione, l'ultima non dopo 72 ore. Quando in una delle fasi si abbia una risposta positiva non è necessario procedere ad altri prelievi;

(b) se si procede a due o più somministrazioni giornaliere (per esempio due o più somministrazioni ad intervalli di 24 ore), i campioni vanno prelevati un'unica volta, fra le 18 e le 24 ore dopo l'ultima somministrazione per il midollo osseo e tra le 36 e le 48 ore dopo l'ultima somministrazione per il sangue periferico (12).

Se del caso, possono essere effettuati ulteriori campionamenti.

1.5.3. Dosi

Se si procede a uno studio per individuare l'intervallo di dosi, non essendo disponibili dati utili in materia, questo va eseguito nello stesso laboratorio, sulla stessa specie, ceppo e sesso, con il medesimo protocollo usato nel test principale (13). In caso di tossicità si usino per la prima fase di campionamento tre dosi diverse, che vanno dalla tossicità massima ad una tossicità assente o modica. Per il campionamento successivo si usi solo la dose massima. La dose massima è definita come dose che produce segni di tossicità tali che livelli più elevati, con la stessa posologia, sarebbero presumibilmente letali. Sostanze con azione biologica specifica, non tossiche a dosi basse (come ormoni e mitogeni) possono costituire un'eccezione rispetto ai criteri di definizione della dose e vanno valutate caso per caso. La dose massima può essere definita anche come dose che produce qualche segno di tossicità nel midollo osseo (per esempio una riduzione della percentuale di eritrociti immaturi nel midollo osseo o nel sangue periferico).

1.5.4. Test con dose limite

Se la somministrazione di una quantità di sostanza pari ad almeno 2000 mg per kg di peso corporeo in dose unica o in due dosi nello stesso giorno non produce effetti tossici rilevabili, e se non vi sono ragioni di sospettare un'azione genotossica sulla base di dati relativi a sostanze strutturalmente correlate, si può considerare che non è necessario procedere alla sperimentazione completa con tre dosi diverse. Per studi di maggiore durata la dose limite è pari a 2000 mg/kg di peso corporeo al giorno, da somministrare per 14 giorni al massimo; per un trattamento più lungo è pari a 1000 mg/kg di peso corporeo al giorno. Sulla base della esposizione umana prevista per la sostanza in esame, può essere necessario usare una dose più elevata nel test con dose limite.

1.5.5. Somministrazione

La sostanza in esame viene di solito somministrata con sonda gastrica o cannula di intubazione, oppure mediante iniezione intraperitoneale. Possono essere accettate altre vie se esiste una valida ragione. Il volume massimo di liquido somministrabile in una volta con sonda gastrica o con iniezione dipende dalle dimensioni dell'animale da laboratorio; non deve superare i 2 ml/100 g di peso corporeo. L'uso di volumi più elevati deve essere motivato. Salvo per sostanze irritanti o corrosive, che di norma riveleranno effetti esacerbati a concentrazioni più elevate, le variazioni di volume devono essere minimizzate, regolando la concentrazione in modo da garantire un volume costante a tutte le dosi.

1.5.6. Preparazione di midollo osseo/sangue

Le cellule del midollo osseo vengono di solito prelevate dal femore o dalla tibia immediatamente dopo che l'animale è stato sacrificato. Le cellule sono prelevate, preparate e sottoposte a un processo di colorazione con metodi di accertata validità. Il sangue periferico è prelevato dalla vena caudale o da altro vaso sanguigno adeguato. Le cellule ematiche vengono immediatamente sottoposte a un processo di colorazione in condizioni sopravitali (8) (9) (10), oppure si preparano strisci che sono poi colorati. L'uso di un colorante specifico per il DNA [per esempio arancio acridina (14) o Hoechst 33258 più pironina-Y (15)] può eliminare alcuni degli artefatti dovuti all'uso di un colorante non specifico per il DNA. Ciò non esclude l'uso di coloranti convenzionali (per esempio Giemsa). Si possono usare anche altri sistemi [per esempio colonne di cellulosa per la rimozione delle cellule nucleate (16)], se ne è provata l'efficacia per la preparazione dei micronuclei in laboratorio.

1.5.7. Analisi

La percentuale degli eritrociti immaturi rispetto al totale (immaturi + maturi) viene determinata per ciascun animale contando in tutto almeno 200 eritrociti per il midollo osseo e 1000 per il sangue periferico (17). Tutti i vetrini, compresi i controlli positivi e negativi, devono essere codificati indipendentemente prima dell'esame al microscopio. Si esaminino almeno 2000 eritrociti immaturi per animale per determinare la frequenza degli eritrociti immaturi micronucleati. Informazioni ulteriori si possono ottenere dal conteggio dei micronuclei negli eritrociti maturi. Nell'analisi dei vetrini, la proporzione degli eritrociti immaturi sugli eritrociti totali non deve essere inferiore al 20 % del valore dei controlli. Quando gli animali sono trattati in continuo per 4 settimane o più, si può anche determinare la frequenza degli eritrociti con micronuclei su almeno 2000 eritrociti maturi per animale. In alternativa alle tecniche manuali, si possono accettare sistemi di analisi automatica (analisi dell'immagine e citometria a flusso continuo su cellule in sospensione), se adeguatamente motivati e di provata efficacia.

2. DATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

I dati relativi a ciascun animale vanno presentati sotto forma di tabella. L'unità sperimentale è l'animale. Il numero degli eritrociti immaturi e degli di eritrociti immaturi con micronuclei, nonché la percentuale degli eritrociti immaturi, devono essere elencati separatamente per ciascun animale. Quando gli animali sono trattati in continuo per 4 settimane o più, si forniscanno anche i dati relativi agli eritrociti maturi, se sono stati rilevati. Si indichi per ciascun animale la percentuale degli eritrociti immaturi sul totale e, se ritenuta utile, la percentuale degli eritrociti micronucleati. Se non c'è un'evidente differenza di risposta tra i sessi, i dati dei due sessi possono essere combinati nell'analisi statistica.

2.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

Vari criteri permettono di determinare se un risultato è positivo, per esempio un aumento correlato alla dose somministrata del numero di cellule contenenti micronuclei, o un evidente aumento del numero di cellule contenenti micronuclei nei campioni prelevati alla medesima fase di campionamento e provenienti da un gruppo cui è stata somministrata la stessa dose. Si consideri per prima cosa la rilevanza dei risultati dal punto di vista biologico. Si possono usare metodi statistici come ausilio nella valutazione dei risultati sperimentali (18) (19), ma la significatività statistica non dovrebbe essere l'unico fattore determinante di una risposta positiva. Eventuali risultati ambigui possono essere chiariti mediante test ulteriori, preferibilmente in condizioni sperimentali modificate.

Una sostanza che fornisca risultati non corrispondenti ai criteri di cui sopra è considerata non mutagena in questo test.

La maggior parte degli esperimenti fornirà indubbiamente risultati chiaramente positivi o negativi ma occasionalmente i dati ottenuti non consentiranno di formulare un giudizio definitivo sull'azione della sostanza in esame. I risultati possono rimanere ambigui nonostante l'esperimento venga ripetuto più volte.

Risultati positivi del saggio significano che la sostanza induce la formazione di micronuclei, che sono il risultato di un danno cromosomico o di un danno all'apparato mitotico negli eritroblasti della specie in esame. Risultati negativi indicano che, nelle condizioni di esperimento, la sostanza in esame non produce micronuclei negli eritrociti immaturi della specie in esame.

Si vagli la possibilità che la sostanza in esame o i suoi metaboliti entrino in circolo o raggiungano specificamente il tessuto bersaglio (tossicità sistemica).

3. RELAZIONE

RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione deve comprendere le seguenti informazioni:

Solvente/mezzo disperdente:

- motivazione della scelta del mezzo disperdente,

- solubilità e stabilità della sostanza in esame nel solvente/mezzo disperdente, se noto.

Animali da laboratorio:

- specie/ceppo usato,

- numero, età e sesso degli animali,

- provenienza, condizioni di stabulazione, dieta, ecc.,

- peso dei singoli animali all'inizio degli esperimenti, con range, valore medio e deviazione standard per ciascun gruppo.

Condizioni di esperimento:

- controlli positivi e negativi (mezzo disperdente/solvente),

- risultati dello studio per individuare l'intervallo di dosi, se effettuato,

- criteri di selezione delle dosi,

- illustrazione particolareggiata della preparazione della sostanza in esame,

- illustrazione particolareggiata della somministrazione della sostanza in esame,

- metodi usati per verificare che la sostanza in esame sia entrata in circolo o abbia raggiunto il tessuto bersaglio, se del caso,

- criteri di selezione della via di somministrazione,

- conversione della concentrazione (ppm) della sostanza in esame nel cibo o nell'acqua potabile nella dose effettiva (mg/kg di peso corporeo/giorno), se del caso,

- dettagli relativi alla qualità del cibo e dell'acqua,

- descrizione dettagliata dei protocolli di trattamento e campionamento,

- metodi di preparazione dei vetrini,

- metodi di misura della tossicità,

- criteri di conteggio degli eritrociti immaturi contenenti micronuclei,

- numero di cellule analizzate per animale,

- criteri in base a cui i risultati sono giudicati positivi, negativi o ambigui.

Risultati:

- segni di tossicità,

- proporzione degli eritrociti immaturi sugli eritrociti totali,

- numero di eritrociti immaturi contenenti micronuclei per animale,

- media ± deviazione standard degli eritrociti immaturi contenenti micronuclei per gruppo,

- relazione dose-risposta, se possibile,

- analisi statistiche e metodi applicati,

- controlli negativi paralleli e in letteratura,

- controlli positivi paralleli.

Discussione dei risultati.

Conclusioni.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Heddle, J. A. (1973), A Rapid In Vivo Test for Chromosomal Damage, Mutation Res., 18, pp. 187-190.

(2) Schmid, W. (1975), The Micronucleus Test, Mutation Res., 31, pp. 9-15.

(3) Heddle, J. A., Salamone, M. F., Hite, M., Kirkhart, B., Mavournin, K., MacGregor, J. G. and Newell, G. W. (1983), The Induction of Micronuclei as a Measure of Genotoxicity, Mutation Res. 123, pp. 61-118.

(4) Mavournin, K. H., Blakey, D. H., Cimino, M. C., Salamone, M. F. and Heddle, J. A. (1990), The In Vivo Micronucleus Assay in Mammalian Bone Marrow and Peripheral Blood. A report of the U.S. Environmental Protection Agency Gene-Tox Program, Mutation Res., 239, pp. 29-80.

(5) MacGregor, J. T., Schlegel, R., Choy, W. N., and Wehr, C. M. (1983), Micronuclei in Circulating Erythrocytes: A Rapid Screen for Chromosomal Damage During Routine Toxicity Testing in Mice, in: Developments in Science and Practice of Toxicology, ed. A. W. Hayes, R. C. Schnell and T. S. Miya, Elsevier, Amsterdam, pp., 555-558.

(6) MacGregor, J. T., Heddle, J. A., Hite, M., Margolin, G. H., Ramel, C., Salamone, M. F., Tice, R. R. and Wild, D. (1987), Guidelines for the Conduct of Micronucleus Assays in Mammalian Bone Marrow Erythrocytes, Mutation Res., 189, pp. 103-112.

(7) MacGregor, J. T., Wehr, C. M., Henika, P. R., and Shelby, M. E. (1990), The in vivo Erythrocyte Micronucleus Test: Measurement at Steady State Increases Assay Efficiency and Permits Integration with Toxicity Studies, Fund. Appl. Toxicol. 14, pp. 513-522.

(8) Hayashi, M., Morita, T., Kodama, Y., Sofuni, T. and Ishidate, M. Jr. (1990), The Micronucleus Assay with Mouse Peripheral Blood Reticulocytes Using Acridine Orange-Coated Slides, Mutation Res., 245, pp. 245-249.

(9) The Collaborative Study Group for the Micronucleus Test (1992). Micronucleus Test with Mouse Peripheral Blood Erythrocytes by Acridine Orange Supravital Staining: The Summary Report of the 5th Collaborative Study by CSGMT/JEMMS, MMS, Mutation Res., 278, pp. 83-98.

(10) The Collaborative Study Group for the Micronucleus Test (CSGMT/JEMMS, MMS: The Mammalian Mutagenesis Study Group of the Environmental Mutagen Society of Japan) (1995). Protocol recommended for the short-term mouse peripheral blood micronucleus test, Mutagenesis, 10, pp. 153-159.

(11) Hayashi, M., Tice, R. R., MacGregor, J. T., Anderson, D., Blackey, D. H., Kirsch-Volders, M., Oleson, Jr. F. B., Pacchicrotti, F., Romagna, F., Shimada, H., Sutou, S. and Vannier, B. (1994), In Vivo, Rodent Erythrocyte Micronucleus Assay, Mutation Res., 312, pp. 293-304.

(12) Higashikuni, N. and Sutou, S. (1995), An optimal, generalised sampling time of 30 ± 6 h after double dosing in the mouse peripheral blood micronucleus test, Mutagenesis, 10, pp. 313-319.

(13) Fielder, R. J., Allen, J. A., Boobis, A. R., Botham, P. A., Doe, J., Esdaile, D. J., Gatehouse, D. G., Hodson-Walker, G., Morton, D. B., Kirkland, D. J. and Rochold, M. (1992), Report of British Toxicology Society/UK Environmental Mutagen Society Working Group: Dose Setting in In Vivo Mutagenicity Assays, Mutagenesis, 7, pp. 313-319.

(14) Hayashi, M., Sofuni, T. and Ishidate, M. Jr. (1983), An Application of Acridine Orange Fluorescent Staining to the Micronucleus Test, Mutation Res., 120, pp. 241-247.

(15) MacGregor, J. T., Wehr, C. M. and Langlois, R. G. (1983), A Simple Fluorescent Staining Procedure for Micronuclei and RNA in Erythrocytes Using Hoechst 33258 and Pyronin Y, Mutation Res., 120, pp. 269-275.

(16) Romagna, F. and Staniforth, C. D. (1989), The automated bone marrow micronucleus test, Mutation Res., 213, pp. 91-104.

(17) Gollapudi, B. and McFadden, L. G. (1995), Sample size for the estimation of polychromatic to normochromatic erythrocyte ratio in the bone marrow micronucleus test, Mutation Res., 347, pp. 97-99.

(18) Richold, M., Ashby, J., Bootman, J., Chandley, A., Gatehouse, D. G. and Henderson, L. (1990), In Vivo Cytogenetics Assay, in: D. J. Kirkland (ed.), Basic Mutagenicity tests. UKEMS Recommended Procedures, UKEMS Sub-Committee on Guidelines for Mutagenicity Testing. Report, Part I, revised, Cambridge University Press, Cambridge, New York, Port Chester, Melbourne, Sydney, pp. 115-141.

(19) Lovell, D. P., Anderson, D., Albanese, R., Amphlett, G. E., Clare, G., Ferguson, R., Richold, M., Papworth, D. G. and Savage, J. R. K. (1989), Statistical Analysis of In Vivo Cytogenetic Assays, in: D. J. Kirkland (ed.), Statistical Evaluation of Mutagenicity Test Data. UKEMS Sub-Committee on Guidelines for Mutagenicity Testing. Report, Part III, Cambridge University Press, Cambridge, New York, Port Chester, Melbourne, Sydney, pp. 184-232."

ALLEGATO 4D

"B.13/14. MUTAGENICITÀ - TEST DI REVERSIONE SU BATTERI

1. METODO

Il metodo è ripreso dal metodo OECD TG 471 Bacterial Reverse Mutation Test (1997).

1.1. INTRODUZIONE

Il saggio di retromutazione su batteri utilizza ceppi di Salmonella typhimurium e Escherichia coli auxotrofi nei confronti di un amminoacido per identificare mutazioni puntiformi che implicano sostituzione, addizione o delezione di una o più paia di basi del DNA (1) (2) (3). Il principio su cui è basato questo saggio è la sua capacità di rivelare, nei ceppi sperimentali, retromutazioni che ripristinano la capacità funzionale dei batteri di sintetizzare un amminoacido essenziale. I batteri retromutanti sono individuati in base alla capacità di crescere in assenza dell'amminoacido di cui ha invece bisogno il ceppo sperimentale progenitore.

Le mutazioni puntiformi sono causa di molte malattie genetiche umane e vi sono prove concrete che mutazioni puntiformi in oncogeni e geni soppresori dei tumori di cellule somatiche sono implicate nella comparsa delle neoplasie umane come in quelle sperimentalmente indotte negli animali da laboratorio. Il saggio di retromutazione batterica è rapido, poco costoso e relativamente facile da eseguire. Molti ceppi sperimentali presentano caratteristiche che le rendono più sensibili per l'identificazione di mutazioni, in particolare sequenze di DNA sensibili nei siti di reversione, maggior permeabilità cellulare per le grandi molecole e assenza dei sistemi di riparazione del DNA, o rafforzamento dei sistemi soggetti a errore. La specificità dei ceppi sperimentali può fornire informazioni utili sul tipo di mutazioni indotte da agenti genotossici. Per i testi di retromutazione batterica esiste una vastissima base dati, che contiene i risultati per una grande varietà di strutture e sono stati sviluppati metodi ormai classici per l'analisi chimica di prodotti con proprietà chimico-fisiche diverse, compresi i composti volatili.

Vedi anche introduzione generale parte B.

1.2. DEFINIZIONI

Un test di reversione in Salmonella typhimurium o Escherichia coli rivela in un ceppo auxotrofo, che necessita l'apporto di un amminoacido (rispettivamente istidina o triptofano), una mutazione che lo trasforma in un ceppo che non necessita l'apporto dell'amminoacido.

Mutageni che provocano la sostituzione di coppie di basi sono agenti che provocano un cambiamento di basi nel DNA. In un test di reversione questo cambiamento può verificarsi nel sito della mutazione originale o in un altro sito del genoma batterico.

Mutageni che provocano la mutazione della fase di lettura sono agenti che provocano l'inserzione o la delezione di una o più basi nel DNA, modificando così la fase di lettura nell'RNA.

1.3. CONSIDERAZIONI INIZIALI

Nel saggio di reversione batterica si usano cellule procariote, che differiscono dalle cellule dei mammiferi in fattori come l'assorbimento, il metabolismo, la struttura cromosomica e i meccanismi di riparazione del DNA. I test in vitro richiedono in genere una fonte esogena di attivazione metabolica. I sistemi di attivazione metabolica in vitro non sono in grado di simulare perfettamente le condizioni in vivo nei mammiferi. Il test, pertanto, non fornisce informazioni dirette sul potenziale mutageno e cancerogeno di una sostanza nei mammiferi.

Il saggio di reversione batterica è comunemente impiegato come prima tappa per individuare l'azione genotossica e, in particolare, la capacità di indurre mutazioni puntiformi. Numerosi dati dimostrano che molte sostanze chimiche che risultano positive a questo saggio presentano attività mutagena anche in altri test. Vi sono esempi di agenti mutageni che non sono rivelati da questo test; le ragioni di questi insuccessi possono essere ricondotte alla natura specifica della mutazione, a differenze di attivazione metabolica o a differenze di biodisponibilità. D'altra parte, i fattori che aumentano la sensibilità del test possono indurre a sopravvalutare l'azione mutagena.

Il test di retromutazione batterica può non essere adatto per la valutazione di alcune classi di sostanze chimiche, per esempio i composti fortemente battericidi (come alcuni antibiotici) e quelli di cui si suppone (o si sa) che interferiscano specificamente con il sistema di moltiplicazione cellulare nei mammiferi (per esempio, alcuni inibitori delle topoisomerasi e alcuni analoghi di nucleosidi). In tali casi possono essere più adeguati test su mammiferi.

Molti composti che risultano positivi al test sono cancerogeni nei mammiferi, tuttavia la correlazione non è assoluta: dipende dalla classe chimica. Inoltre vi sono cancerogeni che non sono rivelati da questo saggio, perché agiscono con meccanismi diversi, non genotossici, o con meccanismi assenti nelle cellule batteriche.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Le cellule batteriche in sospensione sono esposte alla sostanza in esame in presenza e in assenza di un sistema esogeno di attivazione metabolica. Nel metodo di incorporazione su piastra, tali sospensioni sono miscelate con un agar di copertura e piastrate immediatamente su terreno minimo. Nel metodo di preincubazione, il composto di trattamento è posto in incubazione, mescolato ad un agar di copertura, poi piastrato su terreno minimo. In entrambe le tecniche, dopo due o tre giorni di incubazione si contano le colonie revertanti e se ne confronta il numero con quello delle colonie revertanti spontanee su piastre di controllo esposte al solo solvente.

Per i test di reversione batterica sono state descritte varie procedure. Quelle più comunemente usate sono: il metodo di incorporazione su piastra (1) (2) (3) (4), il metodo di preincubazione (2) (3) (5) (6) (7) (8), il metodo di fluttuazione (9) (10) e il metodo di sospensione (11). Sono state descritte modifiche per i test su gas o vapori (12).

Le procedure descritte riguardano principalmente i metodi di incorporazione su piastra e di preincubazione. Sono entrambi ammissibili per l'esecuzione di esperimenti con e senza attivazione metabolica. Per alcune sostanze è più efficace il metodo di preincubazione. Si tratta di sostanze appartenenti alle classi chimiche che includono le nitrosammine alifatiche a catena corta, i metalli bivalenti, a aldeidi, i coloranti azoici e i composti diazoici, gli alcaloidi pirollizidinici, i composti allilici e i nitrocomposti (3). È noto anche che alcune classi di mutageni non sono sempre identificabili con procedure standard come il metodo di incorporazione su piastra o il metodo di preincubazione. Devono essere considerate 'casi speciali' e si raccomanda vivamente di usare altri metodi di rilevazione. Sono stati identificati i seguenti 'casi speciali' (con esempi di possibili metodi di rilevazione): coloranti azoici e composti diazoici (3) (5) (6) (13), gas e sostanze chimiche volatili (12) (14) (15) (16) e glicosidi (17) (18). Le deviazioni dalla procedura standard devono essere scientificamente motivate.

1.5. DESCRIZIONE DEL METODO

1.5.1. Preparazioni

1.5.1.1. Batteri

Si lascino sviluppare le colture fresche di batteri fino alla fase esponenziale tardiva o alla fase stazionaria precoce (approssimativamente 109 cellule per ml). Non si usino colture in fase stazionaria tardiva. È essenziale che le colture usate nell'esperimento contengano un titolo elevato di batteri vitali. Il titolo può essere provato sulla base di dati di controllo precedenti sulle curve di crescita, oppure, nei singoli saggi, determinando il numero di cellule vitali mediante un test di piastramento.

La temperatura di incubazione raccomandata è di 37 °C.

Si usino almeno cinque ceppi di batteri, tra cui quattro ceppi di S. typhimurium (TA 1535; TA 1537 o TA97a o TA97; TA98; e TA100) la cui affidabilità è provata e che forniscono risposte riproducibili. I ceppi di S. typhimurium contengono paia di basi GC sul sito di reversione primario ed è noto che non permettono di identificare alcuni mutageni ossidanti, agenti che provocano cross-linking e idrazine. Tali sostanze possono essere individuate con ceppi di E. coli WP2 o da S. typhimurium TA102 (19) che hanno una coppia di basi AT sul sito di reversione primaria. La combinazione di ceppi raccomandata è pertanto:

- S. typhimurium TA1535, e

- S. typhimurium TA1537 o TA97 o TA97a, e

- S. typhimurium TA98, e

- S. typhimurium TA100, e

- E. coli WP2 uvrA, o E. coli WP2 uvtA (pKM101), o S. typhimurium Ta102.

Al fine di rilevare mutageni che provocano cross-linking, può essere preferibile includere TA102 o aggiungere un ceppo di E. coli con sistema di riparazione del DNA privo di errore [per esempio, E. coli WP2 o E. Coli WP2 (pKM101)]

Si usino metodi di provata validità per la preparazione delle colture primarie, la verifica dei marcatori e la conservazione. La necessità dell'amminioacido in supplemento nutritivo per la crescita deve essere dimostrata per ciascuna delle colture congelate (istidina per ceppi di S. typhimurium, e triptofano per ceppi di E. coli). Si controllino anche altre caratteristiche fenotipiche, e cioè: la presenza o l'assenza di plasmidi R [resistenza all'ampicillina nei ceppi TA98, TA100 e TA97a o TA97, WP2 uvtA e WP2 uvrA (pKM101), e resistenza a ampicillina + tetraciclina nel ceppo TA102], se del caso; la presenza di mutazioni caratteristiche (cioè la mutazione rfa in S. typhimurium attraverso la sensibilità al cristalvioletto e la mutazione uvtA in E. coli o la mutazione uvtB in S. typhimurium, attraverso la sensibilità all'ultravioletto) (2) (3). I ceppi devono produrre un certo numero di colonie retromutanti spontanee per piastra, situato entro il range di frequenze rapportato ai valori precedenti ottenuti nel laboratorio e, possibilmente, ai valori del range riportati in letteratura.

1.5.1.2. Terreno di coltura

Si usi una minima quantità di agar adeguato (per esempio contenente una minima quantità di terreno E di Vogel-Bonner e glucosio) e un agar di copertura contenente istidina e biotina o triptofano, tale da permettere un certo numero di divisioni cellulari (1) (2) (9).

1.5.1.3. Attivazione metabolica

I batteri dovrebbero essere esposti alla sostanza in esame sia in presenza che in assenza di un adeguato sistema di attivazione metabolica. Il sistema più comunemente usato è una frazione post-mitocondriale integrata di cofattore (S9), prelevata dal fegato di roditori trattati con induttori enzimatici come Aroclor 1254 (1) (2), o una combinazione di fenobarbitone e β-naftoflavone (18) (20) (21). La frazione post-mitocondriale viene usata di solito a concentrazioni comprese fra 5 e 30 % v/v nel composto S9. La scelta e le condizione di un sistema di attivazione metabolica dipendono dalla classe chimica della sostanza in esame. In alcuni casi può essere opportuno utilizzare più di una concentrazione della frazione post-mitocondriale. Per coloranti azoici e composti diazoici, può essere più adeguato un sistema di attivazione metabolica riduttivo (6) (13).

1.5.1.4. Sostanza in esame/Preparazione

Le sostanze solide devono essere poste in soluzione o in sospensione in adeguati solventi o mezzi disperdenti e, se necessario, diluite prima del trattamento dei batteri. Le sostanze liquide possono essere aggiunte direttamente alla coltura o diluite prima del trattamento. Si usino preparati recenti della sostanza, salvo qualora siano disponibili dati sulla sua stabilità, che dimostrino che la conservazione è accettabile.

Il solvente/mezzo disperdente non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame e deve essere compatibile con la sopravvivenza dei batteri e con l'attività di S9 (22). L'uso di solventi/mezzi disperdenti poco noti è ammesso solo se suffragato da dati che ne provino la compatibilità. Si raccomanda di prendere in primo luogo in considerazione, se possibile, l'uso di un solvente/mezzo disperdente acquoso. Se si procede all'esame di sostanze instabili in acqua, si usino solventi organici anidri.

1.5.2. Condizioni di esperimento

1.5.2.1. Ceppi sottoposti a test (vedi 1.5.1.1)

1.5.2.2. Concentrazione di esposizione

I criteri da considerare per determinare la quantità massima di sostanza da usare sono la citotossicità e la solubilità nel composto di trattamento finale.

Può essere utile determinare la tossicità e l'insolubilità in un esperimento preliminare. La citotossicità può essere rivelata da una riduzione del numero di colonie revertanti, dalla comparsa di una crescita anormale del fondo, o dal grado di sopravvivenza delle colture trattate. La citotossicità di una sostanza può risultare alterata in presenza di sistemi di attivazione metabolica. L'insolubilità è dimostrata dalla presenza di un precipitato nel composto finale, visibile ad occhio nudo nelle condizioni di esperimento effettive.

La concentrazione massima raccomandata per sostanze non citotossiche solubili è di 5 mg/piastra o 5 µl/piastra. Per sostanze non citotossiche insolubili a 5 mg/piastra o 5 µl/piastra, una o più concentrazioni devono essere insolubili nelle ultime miscele di trattamento. Le sostanze citotossiche a concentrazione inferiori a 5 mg/piastra o 5 µl/piastra devono essere saggiate fino ad una concentrazione citotossica. Il precipitato non deve interferire con la valutazione dei risultati.

Si usino almeno cinque diverse concentrazioni analizzabili della sostanza in esame, ad intervalli approssimativamente semilogaritmici (cioè [radic ]10) per i primi esperimenti. Per l'analisi della relazione concentrazione-risposta, può essere necessario ridurre gli intervalli. Nella valutazione di sostanze che contengono quantità sostanziali di impurezza potenzialmente mutagene si possono prendere in considerazione concentrazioni superiori a 5 mg/piastra o 5 µl/piastra.

1.5.2.3. Controlli negativi e positivi

Ogni test dovrà comportare controlli positivi e negativi (solvente o mezzo disperdente) paralleli, con e senza attivazione metabolica. Per i controlli positivi, si scelgano concentrazioni che dimostrino la validità di ogni test.

Quando si usa un sistema di attivazione metabolica, le sostanze per i controlli positivi di riferimento devono essere scelte in funzione del tipo di ceppo batterico.

Le seguenti sostanze sono esempi di controlli positivi adatti per saggi con attivazione metabolica:

>SPAZIO PER TABELLA>

Le seguente sostanza è un controllo positivo adatto per il metodo di attivazione metabolica riduttiva:

>SPAZIO PER TABELLA>

Il 2-amminoantracene non dovrebbe essere usato come unico indicatore dell'efficacia del composto S9. Se si usa il 2-amminoantracene, si caratterizzi ogni lotto di S9 anche con un mutageno che richiede attivazione metabolica da parte di enzimi microsomiali, per esempio benzo[a]pirene, dimetilbenzantracene.

Le seguenti sostanze sono esempi di controlli positivi a specificità di ceppo per esperimenti eseguiti senza sistema di attivazione metabolica esogeno:

>SPAZIO PER TABELLA>

Si possono usare altre adeguate sostanze di riferimento per i controlli positivi. Si usino, se disponibili, sostanze di una classe chimica correlata.

Si effettuino anche controlli negativi, usando solo il solvente o il mezzo disperdente sul terreno di coltura; i controlli vanno trattati come le colture che contengono la sostanza oggetto del test. Si proceda inoltre a controlli non trattati, salvo che esistano precedenti dati di controllo che dimostrano che il solvente scelto non induce effetti nocivi o mutageni.

1.5.3. Procedura

Per il metodo di incorporazione su piastra (1) (2) (3) (4), senza attivazione metabolica, di norma si mescolano 0,05 ml o 0,1 ml della soluzione, 0,1 ml di coltura batterica fresca (contenente approssimativamente 108 cellule vitali) e 0,5 ml di tampone sterile con 2,0 ml di agar di copertura. Per i test con attivazione metabolica, si mescolano di norma 0,5 ml del composto di attivazione metabolica contenente una quantità adeguata di frazione post-mitocondriale (dal 5 al 30 % v/v) von l'agar di copertura (2,0 ml), i batteri e la sostanza in esame o la soluzione. Il contenuto di ciascuna provetta viene mescolato e piastrato su terreno minimo (agar). Prima dell'incubazione si lascia solidificare l'agar di copertura.

Per il metodo di preincubazione (2) (3) (5) (6), la sostanza in esame/soluzione è preincubata con il ceppo batterico (contenente approssimativamente 108 cellule vitali) e con un tampone sterile o con il sistema di attivazione metabolica (0,5 ml), di norma per 20 minuti o più, a 30-37 °C; è quindi mescolata all'agar di copertura e piastrata su terreno minimo (agar). Di norma si mescolano 0,05 o 0,1 ml di sostanza in esame/soluzione, 0,1 ml di batteri e 0,5 ml di composto S9 o di tampone sterile con 2,0 ml di agar di copertura. Durante la preincubazione le provette vanno aerate con un agitatore.

Per una valida stima della variazione, si usino piastre in triplo a ciascuna dose. L'uso di piastre in doppio è accettabile se scientificamente motivato. La perdita occasionale di una piastra non invalida necessariamente il test.

I test con sostanze gassose o volatili devono essere condotti con metodi adeguati, per esempio in recipienti ermetici (12) (14) (15) (16).

1.5.4. Incubazione

Tutte le piastre di un esperimento devono essere poste in incubazione a 37 °C per 48-72 ore; si rilevi quindi il numero di colonie revertanti per piastra.

2. RISULTATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

I dati devono essere presentati come numero di colonie revertanti per piastra. Si fornisca anche il numero di colonie revertanti sulle piastre dei controlli negativi (controllo trattato con solo solvente e controllo non trattato, se effettuato) e positivi. Per la sostanza in esame e per i controlli, positivi e negativi (non trattati o con solo solvente), si indichino le cifre per le singole piastre, il numero medio di colonie revertanti per piastra e la deviazione standard.

In caso di risposta inequivocabilmente positiva non sono necessarie verifiche. I risultati ambigui devono essere chiariti mediante prove ulteriori, preferibilmente in condizioni di esperimento modificate. I riusultati negativi devono essere confermati caso per caso. Se non si ritiene necessaria la conferma dei risultati negativi, se ne indichino le ragioni. Nei test successivi si dovrebbero modificare i parametri di studio per estendere la gamma delle condizioni in esame. Fra i parametri modificabili si citano l'intervallo tra le concentrazioni, il metodo di trattamento (incorporazione su piastra o preincubazione in ambiente liquido) e le condizioni di attivazione metabolica.

2.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

Vari criteri permettono di determinare se un risultato è positivo, per esempio un aumento, correlato con la concentrazione, per tutte le concentrazioni sottoposte a esame e/o un aumento riproducibile, ad una o più concentrazioni, del numero di colonie revertanti per piastra per almeno un ceppo, con o senza sistema di attivazione metabolica (23). Si consideri in primo luogo la rilevanza dei risultati dal punto di vista biologico. Si possono usare metodi statistici come ausilio nella valutazione dei risultati sperimentali (24), ma la significatività statistica non dovrebbe essere l'unico fattore determinante di una risposta positiva.

Una sostanza che fornisca risultati non corrispondenti ai criteri di cui sopra è considerata non mutagena in questo test.

La maggior parte degli esperimenti fornirà indubbiamente risultati palesemente positivi o negativi, ma in alcuni casi i dati ottenuti non consentiranno di formulare un giudizio definitivo sull'azione della sostanza in esame. I risultati possono rimanere ambigui, nonostante l'esperimento venga ripetuto più volte.

Risultati positivi del saggio di retromutazione batterica dimostrano che la sostanza induce mutazioni puntiformi per sostituzioni di basi o mutazione della fase di lettura nel genoma di Salmonella typhimurium o Escherichia coli. Risultati negativi indicano che, nelle condizioni di test, la sostanza in esame non induce mutazioni nella specie sottoposta al test.

3. RELAZIONE

RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione dovrà contenere le seguenti informazioni:

Solvente/mezzo disperdente:

- motivazione della scelta del solvente/mezzo disperdente;

- solubilità e stabilità della sostanza in esame nel solvente/mezzo disperdente, se nota.

Ceppi:

- ceppi usati;

- numero per cellule per coltura;

- caratteristiche dei ceppi.

Condizioni di esperimento:

- quantità della sostanza in esame per piastra (mg/piastra o µl/piastra/ e criteri di selezione della concentrazione e del numero di piastre per concentrazione;

- terreni usati;

- tipo e composizione del sistema di attivazione metabolica, criteri di accettabilità;

- procedura di trattamento.

Risultati:

- segni di tossicità,

- segni di precipitazione,

- conteggi per le singole piastre,

- numero medio di colonie revertanti per piastra e deviazione standard,

- relazione dose-risposta, se possibile,

- eventuali analisi statistiche,

- dati sui controlli paralleli negativi (solvente/mezzo disperdente) e positivi, con intervalli, medie e deviazioni standard,

- dati sui controlli negativi (solvente/mezzo disperdente) e positivi precedenti, con intervalli, medie e deviazioni standard.

Discussione dei risultati.

Conclusioni.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Ames, B. N., McCann, J. and Yamasaki E. (1975), Methods for Detecting Carcinogens and Mutagens with the Salmonella/Mammalian-Microsome Mutagenicity Test, Mutation Res., 31, pp. 347-364.

(2) Maron, D. M. and Ames, B. N. (1983), Revised Methods for the Salmonella Mutagenicity Test, Mutation Res., 113, pp. 173-215.

(3) Gatehouse, D., Haworth, S., Cebula, T., Gocke, E., Kier, L., Matsushima, T., Melcion, C., Nohmi, T., Venitt, S. and Zeiger, E. (1994), Recommendations for the Performance of Bacterial Mutation Assays, Mutation Res., 312, pp. 217-233.

(4) Kier, L. D., Brusick, D. J., Auletta, A. E., Von Halle, E. S., Brown, M. M., Simmon, V. F., Dunkel, V., McCann, J., Mortelmans, K., Prival, M., Rao, T. K. and Ray V. (1986), The Salmonella typhimurium/Mammalian Microsomal Assay: A Report of the U.S. Environmental Protection Agency Gene-Tox Program, Mutation Res., 168, pp. 69-240.

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(6) Matsushima, M., Sugimura, T., Nagao, M., Yahagi, T., Shirai, A. and Sawamura, M. (1980), Factors Modulating Mutagenicity Microbial Tests, in: Short-term Test Systems for Detecting Carcinogens, ed. Norpoth K. H. and Garner, R. C., Springer, Berlin-Heidelberg-New York, pp. 273-285.

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(8) Aeschacher, H. U., Wolleb, U. and Porchet, L. (1987), Liquid Preincubation Mutagenicity Test for Foods, J. Food Safety, 8, pp. 167-177.

(9) Green, M. H. L., Muriel, W. J. and Bridges, B. A. (1976), Use of a simplified fluctuation test to detect low levels of mutagens, Mutations Res., 38, pp. 33-42.

(10) Hubbard, S. A., Green, M. H. L., Gatehouse, D. and J. W. Bridges (1984), The Fluctuation Test in Bacteria, in: Handbook of Mutagenicity Test Procedures , 2nd Edition, ed. Kilbey, B. J., Legator, M., Nichols, W. and Ramel, C., Elsevier, Amsterdam-New York-Oxford, pp. 141-161.

(11) Thompson, E. D. and Melampy, P. J. (1981), An Examination of the Quantitative Suspension Assay for Mutagenesis with Strains of Salmonella typhimurium, Environmental Mutagenesis, 3, pp. 453-465.

(12) Araki, A., Noguchi, T., Kato, F. and T. Matsushima (1994), Improved Method for Mutagenicity Testing of Gaseous Compounds by Using a Gas Sampling Bag, Mutation Res., 307, pp. 335-344.

(13) Prival, M. J., Bell, S. J., Mitchell, V. D., Reipert, M. D. and Vaughan, V. L. (1984), Mutagenicity of Benzidine and Benzidine-Congener Dyes and Selected Monoazo Dyes in a Modified Salmonella Assay, Mutation Res., 136, pp. 33-47.

(14) Zeiger, E., Anderson B. E., Haworth, S., Lawlor, T. and Mortelmans, K. (1992), Salmonella Mutagenicity Tests. V. Results from the Testing of 311 Chemicals, Environ. Mol. Mutagen., 19, pp. 2-141.

(15) Simmon, V., Kauhanen K. and Tardiff, R. G. (1977), Mutagenic Activity of Chemicals Identified in Drinking Water, in Progress in Genetic Toxicology, D. Scott, B. Bridges and F. Sobels (eds.) Elsevier, Amsterdam, pp. 249-258.

(16) Hughes, T. J., Simmons, D. M., Monteith, I. G. and Claxton, L. D. (1987), Vaporisation Technique to Measure Mutagenic Activity of Volatile Organic Chemicals in the Ames/Salmonella Assay, Environmental Mutagenesis, 9, pp. 421-441.

(17) Matsushima, T., Matsumoto, A., Shirai, M., Sawamura, M. and Sugimura T. (1979), Mutagenicity of the Naturally Occurring Carcinogen Cycasin and Synthetic Methylazoxy Methane Conjugates in Salomonella typhimurium, Cancer Res., 39, pp. 3780-3782.

(18) Tamura, G., Gold, C., Ferro-Luzzi, A. and Ames, B. N. (1980), Fecalase: A Model for Activation of Dietary Glycosides to Mutagens by Intestinal Flora, Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 77, pp. 4961-4965.

(19) Wilcox, P., Naidoo, A., Wedd, D. J. and Gatehouse, D. G. (1990), Comparison of Salmonella typhimurium TA 102 with Escherichia coli WP2 Tester strains, Mutagenesis, 5, pp. 285-291.

(20) Matsushima, T., Sawamura, M., Hara, K. and Sugimura T. (1976), A Safe Substitute for Polychlorinated Biphenyls as an Inducer or Metabolic Activation Systems, in: In Vitro Metabolic Activation in Mutagenesis Testing, eds. F. J. de Serres et al. Elsevier, North Holland, pp. 85-88.

(21) Elliot, B. M., Combes, R. D., Elcombe, C. R., Tatehouse, D. G., Gibson, G. G., Mackay, J. M. and Wolf, R. C. (1992), Alternatives to Aroclor 1254-induced S9 in in vitro Genotoxicity Assays, Mutagenesis, 7, pp. 175-177.

(22) Maron, D., Katzenellenbogen, J. and Ames, B. N. (1981), Compatibility of Organic Solvents with the Salmonella/Microsome Test, Mutation Res., 88, pp. 343-350.

(23) Claxton, L. D., Allen J., Auletta, A., Mortelmans, K., Nestmann, E. and Zeiger, E. (1987), Guide for the Salmonella typhimurium/Mammalian Microsome Tests for Bacterial Mutagenicity, Mutation Res., 189, pp. 83-91.

(24) Mahon, G. A. T., Green, M. H. L., Middleton, B., Mitchell, I., Robinson, W. D. and Tweats, D. J. (1989), Analysis of Data from Microbial Colony Assays, in: UKEMS Sub-Committee on Guidelines for Mutagenicity Testing. Part II. Statistical Evaluation of Mutagenicity Test Data, ed. Kirkland, D. J., Cambridge University Press, pp. 28-65."

ALLEGATO 4E

"B.17. MUTAGENICITÀ - TEST IN VITRO DI MUTAZIONE GENICA SU CELLULE DI MAMMIFERO

1. METODO

Il metodo è ripreso dal metodo OECD TG 476, In Vitro Mammalian Cell Gene Mutation Test (1997).

1.1. INTRODUZIONE

Il test in vitro di mutazione genica su cellule di mammifero permette di identificare mutazioni geniche indotte da sostanze chimiche. Fra le linee cellulari adeguate si citano le cellule di linfoma di topo L5178Y, le linee CHO, CHO-AS52 e V79 di cellule di criceto cinese, le cellule linfoblastoidi umane TK6 (1). In queste linee cellulari di norma si misurano le mutazioni sui loci della timidina chinasi (TK) e dell'ipoxantina-guanina fosforibosil trasferasi (HPRT) e su un transgene della xantina-guanina fosforibosil trasferasi (XPRT). I saggi di mutazione TK, HPRT e XPRT rivelano varie categorie di fenomeni genetici. La posizione autosomica di TK e XPRT può permettere di individuare effetti genetici (per esempio grandi delezioni) non individuati sul locus HPRT dei cromosomi X (2) (3) (4) (5) (6).

Nel test in vitro di mutazione genica su cellule di mammifero si possono usare colture di linee cellulari stabilizzate o ceppi cellulari. Le cellule sono scelte in base alla capacità di crescita in coltura e alla stabilità della frequenza di mutazioni spontanee.

I saggi in vitro richiedono in generale l'uso di una fonte esogena di attivazione metabolica. Tale sistema di attivazione metabolica non può simulare perfettamente le condizioni in vivo nel mammifero. Si evitino condizioni che porterebbero a risultati che non riflettono una mutagenicità intrinseca. Risultati positivi che non riflettono una mutagenicità intrinseca possono avere origine da cambiamenti di pH e di osmolalità o da elevati livelli di citotossicità (7).

Il saggio è usato per individuare potenziali mutageni e cancerogeni per i mammiferi. Molti composti positivi a questo test sono cancerogeni per i mammiferi, tuttavia la correlazione non è assoluta, ma dipende dalla classe chimica; vi sono sempre più elementi che inducono a ritenere che esistono cancerogeni che non sono rivelati da questi test perché sembrano agire attraverso altri meccanismi, non genotossici.

Cfr. anche Introduzione generale parte B.

1.2. DEFINIZIONI

Mutazione 'in avanti': una mutazione genica in cui dal tipo parentale alla forma mutante si ha alterazione o perdita dell'attività enzimatica o della funzione della proteina codificata.

Mutageni che provocano la sostituzione di coppie di basi: sostanze che provocano la sostituzione di una o più coppie di basi del DNA.

Mutageni che provocano la mutazione della fase di lettura: Sostanze che provocano l'inserzione o la delezione di una o più coppie di basi nella molecola di DNA.

Tempo di espressione fenotipica: il periodo durante il quale i prodotti genici inalterati scompaiono dalle cellule recentemente mutate.

Frequenza dei mutanti: numero di cellule mutanti diviso per il numero di cellule vitali.

Crescita totale relativa: aumento del numero di cellule nel tempo, in confronto con una popolazione di cellule di controllo; si calcola moltiplicando la crescita in sospensione rispetto al controllo negativo per l'efficienza di clonazione del controllo negativo.

Crescita relativa in sospensione: aumento del numero di cellule nel corso del periodo di espressione rispetto al controllo negativo.

Vitalità: l'efficienza di clonazione delle cellule trattate al momento del piastramento in condizioni selettive dopo il periodo di espressione.

Sopravvivenza: l'efficienza di clonazione delle cellule trattate al momento del piastramento, al termine del trattamento; il tasso di sopravvivenza viene espresso di solito in relazione alla sopravvivenza della popolazione di cellule di controllo.

1.3. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Le cellule carenti di timidina chinasi (TK) a causa della mutazione TK+/- TK-/- sono resistenti agli effetti citotossici dell'analogo pirimidinico trifluorotimidina (TFT). Le cellule capaci di produrre la timidina chinasi sono sensibili alla TFT, che provoca l'inibizione del metabolismo cellulare e arresta la divisione cellulare. Di conseguenza, le cellule mutanti sono in grado di proliferare in presenza di TFT, mentre le cellule normali, che contengono timidina chinasi, non lo sono. Analogamente le cellule carenti di HPRT o XPRT sono selezionate in base alla resistenza alla 6-tioguanina (TG) o alla 8-azaguanina (AG). Le proprietà della sostanza in esame devono essere studiate accuratamente quando in uno dei test di mutazione genica su cellule di mammifero si sperimenta un analogo di una base o un composto correlato all'agente selettivo. Per esempio, è necessario controllare la sospetta tossicità selettiva della sostanza in esame nei confronti di cellule mutanti e non mutanti. Quando sono sottoposte a test sostanze chimiche strutturalmente correlate all'agente selettivo (8), deve quindi essere confermata l'efficacia del sistema o dell'agente selettivo.

Le cellule in sospensione o in coltura monostrato sono esposte alla sostanza in esame, con e senza attivazione metabolica, per un tempo adeguato, poi reinoculate per determinare la citotossicità e permettere l'espressione fenotipica prima della selezione dei mutanti (9) (10) (11) (12) (13). La citotossicità è determinata di norma misurando l'efficacia relativa di clonazione (sopravvivenza) o la crescita totale relativa delle colture dopo il trattamento. Le colture trattate sono mantenute nel terreno di coltura per un periodo sufficiente, specifico per ciascun locus e tipo cellulare, per permettere l'espressione fenotipica ottimale delle mutazioni indotte. La frequenza di mutanti è determinata mediante inseminazione di un numero noto di cellule in terreno contenente l'agente selettivo, per rilevare le cellule mutanti, e in terreno non contenente l'agente selettivo, per determinare l'efficacia di clonazione (vitalità). Dopo un adeguato periodo di incubazione le colonie sono contate. La frequenza dei mutanti è costituita dal rapporto tra il numero di colonie mutanti nel terreno selettivo e in quello non selettivo.

1.4. DESCRIZIONE DEL METODO

1.4.1. Preparazioni

1.4.1.1. Cellule

I tipi di cellule adatti sono molti, per esempio i subcloni delle cellule L5178Y, CHO, CHO-AS52, V79 o TK6. Le cellule usate per questo test devono essere notoriamente sensibili ai mutageni chimici e presentare elevata efficienza di clonazione e frequenza stabile delle mutazioni spontanee. Si controlli che non siano contaminate da micoplasma; non si usino i ceppi contaminati.

Il test deve essere impostato in modo da avere sensibilità ed efficacia predeterminate. Il numero di cellule, di colture e di concentrazioni della sostanza in esame deve riflettere tali parametri predefiniti (14). Ad ogni stadio del test il numero minimo di cellule vitali che sopravvivono al trattamento deve essere basato sulla frequenza delle mutazioni spontanee. Come regola generale si può usare un numero di cellule pari almeno al decuplo dell'inverso della frequenza di mutazioni spontanee. Si raccomanda comunque di utilizzare almeno 106 cellule. Dovrebbero essere disponibili risultati di precedenti esperienze sul sistema cellulare, che indichino che le prestazioni del test sono costanti.

1.4.1.2. Terreni e condizioni di coltura

Si usino adeguati terreni di coltura e condizioni di incubazione (recipienti di coltura, temperatura, concentrazione di CO2, e umidità). I terreni devono essere scelti in funzione dei sistemi selettivi e del tipo di cellule. È particolarmente importante che le condizioni di coltura siano scelte in modo da garantire la crescita ottimale delle cellule durante il periodo di espressione e la capacità di formare colonie da parte delle cellule mutanti e non mutanti.

1.4.1.3. Preparazione delle colture

Le cellule provenienti da colture primarie sono inoculate in un terreno di coltura e incubate a 37 °C. Prima di iniziare il test può rivelarsi necessario asportare dalle colture eventuali cellule mutanti preesistenti.

1.4.1.4. Attivazione metabolica

Le cellule dovrebbero essere esposte alla sostanza in esame sia in presenza che in assenza di un adeguato sistema di attivazione metabolica. Il sistema più comunemente usato è una frazione post-mitocondriale integrata di cofattore (S9), ricavata dal fegato di roditori trattati con induttori enzimatici come Aroclor 1254 (15) (16) (17) (18), o una combinazione di fenobarbitone e β-naftoflavone (19) (20).

La frazione post-mitocondriale è di solito usata a concentrazioni finali dell'1-10 % v/v nel terreno di coltura. La scelta e le condizioni di un sistema di attivazione metabolica dipendono dalla classe chimica della sostanza in esame. In alcuni casi può essere opportuno utilizzare più di una concentrazione della frazione post-mitocondriale.

Vari nuovi procedimenti, tra cui la creazione mediante ingegneria genetica di linee cellulari che esprimono enzimi attivatori specifici, possono fornire le risorse potenziali per l'attivazione endogena. La scelta delle linee cellulari deve essere scientificamente motivata (per esempio dall'importanza dell'isoenzima del citocromo P450 per il metabolismo della sostanza in esame).

1.4.1.5. Sostanza in esame/Preparazione

Le sostanze solide devono essere poste in soluzione o in sospensione in adeguati solventi o mezzi disperdenti e, se necessario, diluite prima del trattamento delle cellule. Le sostanze liquide possono essere aggiunte direttamente alla coltura o diluite prima del trattamento. Si usino preparati recenti della sostanza, salvo qualora siano disponibili dati sulla sua stabilità che dimostrino che la conservazione è accettabile.

1.4.2. Condizioni di esperimento

1.4.2.1. Solvente/mezzo disperdente

Il solvente/mezzo disperdente non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame e deve essere compatibile con la sopravvivenza delle cellule e con l'azione di S9. L'uso di solventi/mezzi disperdenti poco noti è ammesso solo se suffragato da dati che ne provino la compatibilità. Si raccomanda di prendere in primo luogo in considerazione, se possibile, l'uso di un solvente/mezzo disperdente acquoso. Nell'esame di sostanze instabili in acqua, si usi un solvente organico anidro. L'acqua può essere rimossa mediante un setaccio molecolare.

1.4.2.2. Concentrazioni di esposizione

Fra i criteri da considerare nel determinare la concentrazione massima si citano la citotossicità, la solubilità nel sistema di prova e le variazioni di pH o di osmolalità.

La citotossicità deve essere determinata con e senza attivazione metabolica nel test principale, sulla base di un indicatore adeguato dell'integrità e della moltiplicazione cellulare, come l'efficacia relativa di clonazione (tasso di sopravvivenza) o la crescita totale relativa. Può essere utile determinare la citotossicità e la solubilità in un esperimento preliminare.

Si usino almeno quattro concentrazioni analizzabili. In caso di sostanza citotossica, le concentrazioni devono andare dalla tossicità massima ad una tossicità assente o modica; in altri termini, di norma le concentrazioni devono essere separate al massimo da un fattore compreso tra 2 e [radic ]10. Se la concentrazione massima è basata sulla citotossicità, il tasso di sopravvivenza relativa (efficacia relativa di clonazione) o la crescita totale relativa dovrebbero essere pari al 10-20 % circa (e in ogni caso non inferiori al 10 %). Per sostanze a basso grado di citotossicità, la concentrazione massima di prova dovrebbe essere pari a 5 µl/ml, 5 mg/ml o 0,01 M (si scelga il valore più basso).

Le sostanze difficilmente solubili devono essere sottoposte a test nelle condizioni di coltura fino al limite di solubilità e oltre. L'eventuale insolubilità va provata nel terreno finale in cui sono trattate le cellule. Può essere utile valutare la solubilità all'inizio e alla fine del trattamento, in quanto essa può modificarsi nel corso dell'esperimento a causa della presenza di cellule, S9, siero, ecc. L'insolubilità è rilevabile ad occhio nudo. Il precipitato non deve interferire con la valutazione.

1.4.2.3. Controlli

Ogni test dovrà comprendere controlli positivi e negativi (solvente o mezzo disperdente) trattati in parallelo, con e senza attivazione metabolica. Quando si usa l'attivazione metabolica, la sostanza usata per i controlli positivi deve esigere attivazione per dare una risposta mutagenica.

Fra gli esempi di sostanze per i controlli positivi si citano:

>SPAZIO PER TABELLA>

Si possono usare altre sostanze adeguate per i controlli positivi, per esempio, la 5-bromo 2'-deossiuridina (CAS n. 59-14-3, EINECS n. 200-415-9) se il laboratorio dispone di una base dati su tale sostanza, desunti da precedenti esperimenti. Per i controlli positivi si usino, se possibile, sostanze chimiche di una classe chimica correlata alla sostanza saggiata.

Si effettuino anche controlli negativi, con solvente o mezzo disperdente usato da solo sul terreno di coltura; i controlli vanno trattati come le colture che contengono la sostanza sottoposta al test. Si proceda inoltre a controlli non trattati, salvo che precedenti esperimenti dimostrino che il solvente scelto non induce effetti nocivi o mutageni.

1.4.3. Procedura

1.4.3.1. Trattamento con la sostanza in esame

Le cellule in proliferazione sono esposte alla sostanza in esame con e senza attivazione metabolica. L'esposizione deve protrarsi per un periodo adeguato (si considera che di norma tre-sei ore danno buoni risultati). Il tempo di esposizione può corrispondere a uno o più cicli cellulari.

Si possono usare colture in doppio o in singolo per ciascuna delle concentrazioni. Quando si usano colture singole, il numero di concentrazioni deve essere aumentato, per garantire un adeguato numero di colture per l'analisi (per esempio, almeno 8 concentrazioni analizzabili). Le colture dei controlli negativi (solvente) devono essere in doppio.

I test con sostanze gassose o volatili devono essere condotti con metodi adeguati, per esempio in recipienti di coltura ermetici (21) (22).

1.4.3.2. Misura del tasso di sopravvivenza, della vitalità e della frequenza delle mutazioni

Al termine del periodo di esposizione, le cellule sono lavate e messe in coltura per determinare la sopravvivenza e permettere l'espressione del fenotipo mutante. La misura della citotossicità mediante determinazione dell'efficacia relativa di clonazione (sopravvivenza) o della crescita totale relativa delle colture inizia di solito dopo il periodo di trattamento.

A ciascun locus corrisponde un determinato tempo minimo, necessario per permettere l'espressione subottimale del fenotipo dei mutanti neoindotti (HPRT e XPRT richiedono almeno 6-8 giorni, e TK almeno 2 giorni). Le cellule sono coltivate in terreno con e senza agenti selettivi per determinare rispettivamente il numero di mutanti e l'efficacia di clonazione. La vitalità (usata per il calcolo della frequenza di mutanti) si misura al termine del tempo di espressione, piastrando le colture in terreno non selettivo.

Se la sostanza in esame è positiva a test su L5178Y TK+/-, la dimensione delle colonie deve essere rilevata almeno su una delle colture trattate (quella con la concentrazione positiva più alta) e sui controlli negativi e positivi. Se la sostanza in esame è negativa al test su L5178Y TK+/-, la dimensione va rilevata sui controlli negativi e positivi. Anche negli studi condotti su TK6TK+/-, si può rilevare la dimensione delle colonie mutanti.

2. DATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

I dati devono comprendere la determinazione di citotossicità e di vitalità, il conteggio delle colonie e la frequenza dei mutanti nelle colture trattate e di controllo. In caso di risposta positiva al test su L5178Y TK+/-, si contino le colonie, distinguendo fra piccole e grandi, almeno per una concentrazione della sostanza in esame (concentrazione positiva massima) e per i controlli negativi e positivi. La natura molecolare e citogenetica dei due tipi di mutanti (quelli che producono colonie grandi e quelli che producono colonie piccole) è stata studiata particolareggiatamente (23) (24). Nel saggio TK+/-, le colonie sono recensite sulla base del criterio della crescita: normale (colonie grandi) e lenta (colonie piccole) (25). Le cellule mutanti che hanno subito alterazioni genetiche più gravi hanno tempi di duplicazione più lunghi e formano di conseguenza colonie piccole. Il danno può andare dalla perdita dell'intero gene ad aberrazioni cromosomiche che si manifestano nel cariotipo. La presenza di mutanti che producono colonie piccole è stata messa in relazione con sostanze chimiche che causano aberrazioni cromosomiche rilevanti (26). Le cellule mutanti che hanno subito alterazioni meno gravi crescono a velocità simile a quella delle cellule parentali, formando colonie grandi.

Si indichi il tasso di sopravvivenza (efficacia relativa di clonazione) o la crescita totale relativa. La frequenza dei mutanti deve essere espressa come rapporto fra il numero delle cellule mutanti e quello delle cellule sopravvisute.

Si presentino i dati relativi alle singole colture. Tutti i dati inoltre vanno riassunti in una tabella.

Non è necessario verificare una risposta palesemente positiva. I risultati ambigui devono essere chiariti mediante prove ulteriori, preferibilmente in condizioni di esperimento modificate. I risultati negativi devono essere confermati caso per caso. Se non si considera necessaria la conferma di risultati negativi, se ne fornisca la ragione. Se si procede a test ulteriori in caso di risultati ambigui o negativi, si dovrebbero modificare i parametri di studio, per ampliare la gamma delle condizioni valutate. Fra i parametri di studio modificabili si citano l'intervallo tra le dosi saggiate e le condizioni di attivazione metabolica.

2.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

Vari criteri permettono di determinare se un risultato è positivo, per esempio un aumento correlato alla dose o un aumento riproducibile della frequenza dei mutanti. Si consideri per prima cosa la rilevanza biologica dei risultati. Si possono usare metodi statistici come ausilio nella valutazione dei risultati sperimentali, ma la significatività statistica non dovrebbe essere l'unico fattore determinante di una risposta positiva.

Una sostanza che fornisca risultati non corrispondenti ai criteri di cui sopra è considerata non mutagena in questo test.

La maggior parte degli esperimenti fornirà indubbiamente risultati chiaramente positivi o negativi, ma occasionalmente i dati ottenuti non consentiranno di formulare un giudizio definitivo sull'azione della sostanza in esame. I risultati possono rimanere ambigui, nonostante l'esperimento venga ripetuto più volte.

Risultati positivi del saggio in vitro di mutazione genica su cellule di mammifero indicano che la sostanza in esame induce mutazioni geniche nelle cellule di mammifero utilizzate nelle colture. Una riproducibile correlazione fra l'entità della risposta positiva e la dose è maggiormente significativa. Risultati negativi significano che nelle condizioni del test la sostanza in esame non induce mutazioni geniche nelle cellule di mammifero usate nella coltura.

3. RELAZIONE

RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio dovrà contenere le seguenti informazioni:

Solvente/mezzo disperdente:

- motivazione della scelta del mezzo disperdente;

- solubilità e stabilità della sostanza in esame nel solvente/mezzo disperdente, se nota;

Cellule:

- tipo e origine delle cellule;

- numero di colture cellulari;

- eventuale numero di passaggi in coltura, se del caso;

- metodi usati per la conservazione della cultura cellulare, se del caso;

- assenza di micoplasma.

Condizioni di esperimento:

- criteri di selezione delle concentrazioni e del numero di colture, per esempio i dati relativi alla citotossicità e ai limiti di solubilità, se disponibili;

- composizione del terreno, concentrazione di CO2;

- concentrazione della sostanza in esame;

- volume del mezzo disperdente e della sostanza in esame aggiunto;

- temperatura di incubazione;

- tempo di incubazione;

- durata del trattamento;

- densità delle cellule durante il trattamento;

- tipo e composizione del sistema di attivazione metabolica, compresi i criteri di accettabilità;

- controlli positivi e negativi;

- durata del periodo di espressione (con numero di cellule inseminate, subcolture e protocolli di alimentazione, se del caso);

- agenti selettivi;

- criteri in base ai quali i risultati sono considerati positivi, negativi o ambigui;

- metodi usati per contare il numero di cellule vitali e mutanti;

- definizione delle colonie considerate, per dimensione e tipo (compresi i criteri in base a cui le colonie sono considerate 'piccole' o 'grandi', se del caso).

Risultati:

- segni di tossicità;

- segni di precipitazione;

- dati sul pH e l'osmolalità durante l'esposizione alla sostanza in esame, se determinati;

- dimensioni delle colonie, se registrate almeno per i controlli negativi e positivi;

- idoneità del laboratorio a individuare mutanti in colonie piccole con il sistema L5178Y TK+/-, se del caso;

- relazione dose-risposta, se possibile;

- eventuali analisi statistiche;

- dati sui controlli negativi (solvente/mezzo disperdente) e positivi paralleli;

- dati sui precedenti controlli negativi (solvente/mezzo disperdente) e positivi, con ranges, medie e deviazioni standard;

- frequenza dei mutanti.

Discussione dei risultati.

Conclusioni.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Moore, M.M., DeMarini, D. M., DeSerres, F. J. and Tindall, K. R. (eds.) (1987), Banbury Report 28: Mammalian Cell Mutagenesis, Cold Spring Harbor Laboratory, New York.

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(14) Arlett, C. F., Smith, D. M., Clarke, G. M., Green, M. H. L., Cole, J., McGregor, D. B. and Asquith, J. C. (1989), Mammalian Cell Gene Mutation Assays Based upon Colony Formation, in: Statistical Evaluation of Mutagenicity Test Data, Kirkland D. J., ed., Cambridge University Press, pp. 66-101.

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(18) Maron, D. M. and Ames, B. N. (1983), Revised Methods for the Salmonella Mutagenicity Test, Mutation Res., 113, pp. 173-215.

(19) Elliott, B. M., Combes, R. D., Elcome, C. R., Gatehouse, D. G., Gibson, G. G., Mackay, J. M. and Wolf, R. C. (1992), Alternatives to Aroclor 1254-Induced S9 in In Vitro Genotoxicity Assays, Mutagenesis, 7, pp. 175-177.

(20) Matsushima, T., Sawamura, M., Hara, K. and Sugimura, T. (1976), A Safe Substitute for Polychlorinated Biphenyls as an Inducer of Metabolic Activation Systems, in In Vitro Metabolic Activation in Mutagenesis Testing, de Serres, F. J., Fouts, J. R., Bend, J. R. and Philpot. R. M. (eds.) Elsevier, North-Holland, pp. 85-88.

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(22) Zamora, P. O., Benson, J. M., Li, A. P. and Brooks, A. L. (1983), Evaluation of an Exposure System Using Cells Grown on Collagen Gels for Detecting Highly Volatile Mutagens in the CHO/HGPRT Mutation Assay, Environmental Mutagenesis, 5, pp. 795-801.

(23) Applegate, M. L., Moore, M. M., Broder, C. B., Burrell, A. and Hozier, J. C. (1990), Molecular Dissection of Mutations at the Heterozygous Thymidine Kinase Locus in Mouse Lymphoma Cells, Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 87, pp. 51-55.

(24) Moore, M. M., Clive, D., Hozier, J. C. Howard, B. E., Batson, A. G., Turner, N. T. and Sawyer, J. (1985), Analysis of Trifluorothymidine-Resistant (TFTr) and Mutants of L5178Y/TK+/- Mouse Lymphoma Cells, Mutation Res, 151, pp. 161-174.

(25) Yandell, D. W., Dryja, T. P. and Little, J. B. (1990), Molecular Genetic Analysis of Recessive Mutations at a Heterozygous Autosomal Locus in Human Cells, Mutation Res., 229, pp. 89-102.

(26) Moore, M. M. and Doerr, C. L. (1990), Comparison of Chromosome Aberration Frequency and Small-Colony TK-Deficient Mutant Frequency in L5178Y/TK+/- - 3.7.2C Mouse Lymphoma Cells, Mutagenesis 5, pp. 609-614."

ALLEGATO 4F

"B.23. TEST DI ABERRAZIONE CROMOSOMICA SUGLI SPERMATOGONI DI MAMMIFERO

1. METODO

Il metodo è ripreso dal metodo OECD TG 483, Mammalian Spermatogonial Chromosome Aberration Test (1997).

1.1. INTRODUZIONE

Il saggio in vivo di aberrazione cromosomica su spermatogoni di mammifero è destinato ad identificare sostanze che causano aberrazioni cromosomiche strutturali nelle cellule spermatogoniche di mammifero (1) (2) (3) (4) (5). Le aberrazioni strutturali possono essere di due tipi, cromosomiche o cromatidiche. La maggior parte dei mutageni chimici induce aberrazioni del tipo cromatidico, ma si verificano anche aberrazioni di tipo cromosomico. Il metodo non è destinato a misurare le aberrazioni numeriche e di norma non è usato a tal fine. Le mutazioni cromosomiche ed i fenomeni ad esse correlati sono causa di numerose malattie genetiche umane.

Questo saggio misura fenomeni cromosomici negli spermatogoni e pertanto dovrebbe permettere di prevedere l'induzione di mutazioni ereditabili nelle cellule germinali.

Per tale saggio si usano di norma roditori. Si tratta di test citogenetici in vivo, che rivelano aberrazioni cromosomiche nelle mitosi degli spermatogoni. Altre cellule bersaglio non sono oggetto del presente saggio.

Per rilevare aberrazioni di tipo cromatidico in cellule spermatogoniche, è necessario esaminare la prima divisione cellulare mitotica dopo il trattamento, prima che tali aberrazioni scompaiano nelle successive divisioni cellulari. L'analisi dei cromosomi allo stadio della meiosi, per individuare aberrazioni cromosomiche allo stadio della diacinesi-metafase I, quando le cellule trattate diventano spermatociti, può fornire ulteriori informazioni sugli spermatogoni trattati.

Questo saggio in vivo è inteso a verificare se i mutageni delle cellule somatiche siano attivi anche nelle cellule germinali. Inoltre il saggio sugli spermatogoni è idoneo a valutare il rischio di mutagenicità in quanto permette di tener conto di fattori di metabolismo in vivo, di farmacocinetica e di processi di riparazione del DNA.

I testicoli contengono varie generazioni di spermatogoni, che presentano sensibilità diverse al trattamento chimico. Le aberrazioni individuate rappresentano pertanto una risposta globale delle popolazioni di spermatogoni trattati, tra cui predominano le cellule spermatogoniche differenziate, più numerose. Le varie generazioni di spermatogoni sono o non sono esposte alla circolazione generale in funzione della posizione all'interno del testicolo, a causa della barriera fisica e fisiologica costituita dalle cellule di Sertoli e dalla barriera ematotesticolare.

Il test non è idoneo se è evidente che la sostanza in esame o un metabolita reattivo non raggiungono il tessuto bersaglio.

Cfr. anche Introduzione generale, parte B.

1.2. DEFINIZIONI

Aberrazione di tipo cromatidico: alterazione cromosomica strutturale che si manifesta nella rottura di un singolo cromatide o nella rottura e ricongiunzione di cromatidi.

Aberrazione di tipo cromosomico: alterazione cromosomica strutturale che si manifesta nella rottura, o nella rottura e ricongiunzione, di entrambi i cromatidi in uno stesso punto.

Gap: lesione acromatica di ampiezza inferiore a un cromatide, con minimo disallineamento dei cromatidi.

Aberrazione numerica: variazione del numero di cromosomi rispetto al numero diploide caratteristico della specie.

Poliploidia: numero di cromosomi multiplo superiore a due del numero aploide (cioè 3n, 4n ecc.).

Aberrazione strutturale: alterazione della struttura cromosomica visibile all'esame microscopico dello stadio di metafase della divisione cellulare, che si presenta con delezioni, riordinamenti intercromosomici e intracromosomici.

1.3. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Gli animali sono esposti alle sostanze in esame tramite una via di esposizione adeguata e sono quindi sacrificati a tempo debito, dopo somministrazione di un inibitore della metafase (p.es. colchicina o Colcemid®). Sono poi approntate e sottoposte a un processo di colorazione preparazioni cromosomiche provenienti dalle cellule germinali, e se ne analizzano le cellule in metafase per determinare le aberrazioni cromosomiche.

1.4. DESCRIZIONE DEL METODO

1.4.1. Preparazioni

1.4.1.1. Scelta delle specie animali

Criceti cinesi e topi maschi sono gli animali più comunemente usati, ma si possono usare maschi di altre specie di mammiferi. Si scelgano individui adulti, giovani e in buona salute, provenienti da ceppi di animali da laboratorio. All'inizio dello studio la variazione di peso tra gli animali deve essere minima e non superare ± 20 % del peso medio.

1.4.1.2. Condizioni di stabulazione e alimentazione

Valgono le condizioni generali citate nell'Introduzione generale alla parte B; l'umidità ideale è pari al 50-60 %.

1.4.1.3. Preparazione degli animali

Gli animali adulti, sani e giovani vengono suddivisi a caso in gruppi di controllo e di trattamento. Le gabbie devono essere disposte in modo da minimizzare eventuali effetti dovuti alla posizione. Gli animali vanno identificati inequivocabilmente e acclimatati alle condizioni di laboratorio per almeno cinque giorni.

1.4.1.4. Preparazione delle dosi

Le sostanze solide devono essere poste in soluzione o in sospensione in adeguati solventi o mezzi disperdenti e, se necessario, diluite prima del trattamento delle cellule. Le sostanze liquide possono essere aggiunte direttamente alla coltura o diluite prima del trattamento. Si usino preparati recenti della sostanza, salvo qualora siano disponibili dati sulla sua stabilità che dimostrino che la conservazione è ammissibile.

1.4.2. Condizioni di esperimento

1.4.2.1. Solvente/mezzo disperdente

Il solvente/mezzo disperdente non deve produrre effetti tossici alle dosi usate e non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame. L'uso di solventi/mezzi disperdenti poco noti è ammesso solo se suffragato da dati che ne provino la compatibilità. Si raccomanda di prendere in primo luogo in considerazione, se possibile, l'uso di un solvente/mezzo disperdente acquoso.

1.4.2.2. Controlli

Ogni test dovrà comprendere controlli positivi e negativi (solvente/mezzo disperdente). Gli animali dei vari gruppi dovranno essere trattati in modo identico, salvo per la somministrazione della sostanza in esame.

I controlli positivi dovrebbero produrre aberrazioni strutturali in vivo negli spermatogoni a livelli di esposizione ai quali è previsto un aumento rilevabile rispetto alla media.

Le dosi dei controlli positivi devono essere scelte in modo che gli effetti siano chiari ma non rivelino immediatamente al lettore l'identità dei vetrini codificati. È ammissibile che le sostanze per i controlli positivi siano somministrate per una via diversa dalla sostanza in esame e che il campionamento venga effettuato una sola volta. È anche ammissibile l'uso per i controlli positivi di sostanze di una classe chimica correlata, se ne esistono. Fra gli esempi di sostanze per i controlli positivi si citano:

>SPAZIO PER TABELLA>

In ogni fase del campionamento si proceda a controlli negativi, cui sia somministrato solo il solvente o il mezzo disperdente, senza altre differenze di trattamento, salvo che dati precedenti dimostrino che la variabilità intraspecifica e la frequenza di cellule con aberrazioni cromosomiche sono accettabili. Si ricorra anche controlli negativi non trattati, salvo che risultati di test precedenti o dati citati in letteratura dimostrino che il solvente/mezzo disperdente scelto non induce effetti nocivi o mutageni.

1.5. PROCEDURA

1.5.1. Numero degli animali

Ogni gruppo trattato e ogni gruppo di controllo deve essere composto di almeno 5 maschi analizzabili.

1.5.2. Protocollo di trattamento

Le sostanze in esame sono somministrate di preferenza in un'unica volta, o in due volte. Possono essere somministrate anche in dosi frazionate, per esempio in due volte nello stesso giorno, a distanza di qualche ora al massimo, per agevolare la somministrazione, trattandosi di un prodotto di grande volume. Se si usa una posologia diversa, se ne fornisca la motivazione scientifica.

Dopo il trattamento si proceda al prelievo di due campioni nel gruppo cui è stata somministrata la dose massima. Poiché la cinetica del ciclo cellulare può essere influenzata dalla sostanza in esame, si effettuino un campionamento precoce e uno tardivo, rispettivamente 24 e 48 ore dopo il trattamento. Per dosi diverse dalla dose massima è opportuno procedere al prelievo 24 ore dopo il trattamento, o dopo un periodo pari a 1,5 volte la durata del ciclo cellulare, salvo sia noto che un campionamento in un momento diverso è più idoneo a identificare l'effetto ricercato (6).

Si possono effettuare ulteriori prelievi. Per esempio, per sostanze chimiche che possono indurre perdita di cromosomi o che possono esercitare effetti indipendenti dalla fase S, può essere opportuno effettuare un campionamento più precoce (1).

L'opportunità di un protocollo di trattamento ripetuto deve essere valutata caso per caso. Dopo un protocollo ripetuto gli animali devono essere sacrificati 24 ore (1,5 volte la durata del ciclo cellulare) dopo l'ultima somministrazione. Si possono usare fasi di campionamento addizionali, se opportuno.

Prima di sacrificare gli animali si inietti per via interperitoneale una dose adeguata di un inibitore della mitosi (p.es. Colcemid® o colchicina). Gi animali saranno quindi sacrificati dopo un adeguato lasso di tempo. Per i topi si tratterà di circa 3-5 ore; per i criceti cinesi di circa 4-5 ore.

1.5.3. Dosi

Se si procede a uno studio per individuare l'intervallo di dosi, non essendo disponibili dati utili in materia, questo va eseguito nello stesso laboratorio, sulla stessa specie e ceppo, con il medesimo protocollo usato nel test principale (7). In caso di tossicità si usino per la prima fase di campionamento tre dosi diverse, che vadano dalla tossicità massima ad una tossicità assente o modica. Per il campionamento successivo si usi solo la dose massima. La dose massima è definita come dose che produce segni di tossicità tali che livelli più elevati, con la stessa posologia, sarebbero presumibilmente letali.

Sostanze con azione biologica specifica, a dosi basse non tossiche (come ormoni e mitogeni) possono costituire eccezione rispetto ai criteri di definizione della dose e vanno valutate caso per caso. La dose massima può essere definita anche come dose che produce qualche segno di tossicità negli spermatogoni (p.es. una riduzione del coefficiente mitotico alla prima e alla seconda metafase meiotica; tale diminuzione non dovrebbe essere superiore al 50 %).

1.5.4. Test con dose limite

Se la somministrazione di una quantità di sostanza pari ad almeno 2000 mg per kg di peso corporeo in dose unica o in due dosi nello stesso giorno non produce effetti tossici rilevabili, e se non vi sono ragioni di sospettare un'azione genotossica sulla base di dati relativi a sostanze strutturalmente correlate, si può considerare che non è necessario procedere alla sperimentazione completa con tre dosi diverse. Sulla base della esposizione umana prevista per la sostanza in esame, può essere necessario usare una dose più elevata nel test con dose limite.

1.5.5. Somministrazione

La sostanza in esame viene di solito somministrata con sonda gastrica o cannula di intubazione, oppure mediante iniezione intraperitoneale. Possono essere accettate altre vie se esiste una valida ragione. Il volume massimo di liquido somministrabile in una sola volta con sonda gastrica o con iniezione dipende dalle dimensioni dell'animale da laboratorio; non deve superare i 2 ml/100 g di peso corporeo. L'uso di volumi più elevati deve essere motivato. Salvo per sostanze irritanti o corrosive, che di norma riveleranno effetti esacerbati a concentrazioni più elevate, le variazioni di volume devono essere minimizzate, regolando la concentrazione in modo da garantire un volume costante a tutte le dosi.

1.5.6. Preparazione dei cromosomi

Le sospensioni cellulari ottenute da uno o da entrambi i testicoli immediatamente dopo che l'animale è stato sacrificato sono esposte ad una soluzione ipotonica e fissate. Le cellule sono poi spalmate su vetrini e sottoposte a un processo di colorazione.

1.5.7. Analisi

Per ogni animale si analizzino almeno 100 cellule in metafase correttamente spalmate (cioè almeno 500 metafasi per gruppo). Tale numero può essere ridotto se si osservano numerose aberrazioni. Tutti i vetrini, compresi quelli dei controlli positivi e negativi, devono essere codificati indipendentemente prima dell'esame al microscopio. Poiché le procedure di fissaggio dei vetrini causano spesso la rottura di una parte delle cellule in metafase con perdita di cromosomi, le cellule esaminate devono contenere un numero di centromeri pari a 2n ± 2.

2. RISULTATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

I dati relativi ai singoli animali vanno presentati in forma di tabelle. L'unità sperimentale è l'animale. Per ciascun animale si valuti la percentuale di cellule con aberrazioni cromosomiche strutturali e il numero di aberrazioni per cellula. I vari tipi di aberrazioni cromosomiche strutturali, il loro numero e la loro frequenza devono essere indicati per i gruppi di trattamento e di controllo. I gap devono essere registrati separatamente e indicati nella relazione, ma non vanno di norma inclusi nella frequenza totale delle aberrazioni.

Se si osservano tanto mitosi che meiosi, al fine di stabilire un eventuale effetto citotossico si determini il rapporto fra le mitosi degli spermatogoni e la prima e seconda metafase meiotica per tutti gli animali trattati e per i controlli negativi, su un campione totale di 100 cellule in divisione per animale. Se si osservano solo mitosi, si determini il coefficiente mitotico in almeno 1000 cellule per animale.

2.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

Vari criteri permettono di determinare se un risultato è positivo, per esempio un aumento del numero relativo di cellule che presentano aberrazioni cromosomiche, correlato alla dose somministrata, o un palese aumento del numero di cellule con aberrazioni nei campioni, prelevati alla stessa fase di campionamento e provenienti da un gruppo cui è stata somministrata la stessa dose della sostanza in esame. Si consideri per prima cosa la rilevanza dei risultati dal punto di vista biologico. Si possono usare metodi statistici come ausilio nella valutazione dei risultati sperimentali (8), ma la significatività statistica non dovrebbe essere l'unico fattore determinante di una risposta positiva. Eventuali risultati ambigui possono essere chiariti mediante test ulteriori, preferibilmente in condizioni di esperimento modificate.

Una sostanza che fornisca risultati non corrispondenti ai criteri di cui sopra è considerata non mutagena in questo test.

La maggior parte degli esperimenti fornirà indubbiamente risultati chiaramente positivi o negativi ma occasionalmente i dati ottenuti non consentiranno di formulare un giudizio definitivo sull'azione della sostanza in esame. I risultati possono rimanere ambigui nonostante l'esperimento venga ripetuto più volte.

Risultati positivi del saggio in vivo di aberrazione cromosomica negli spermatogoni indicano che una sostanza induce aberrazioni cromosomiche nelle cellule germinali della specie sottoposta a test. Risultati negativi indicano che nelle condizioni del test la sostanza in esame non induce aberrazioni cromosomiche nelle cellule germinali della specie sottoposta a test.

Si vaglino le probabilità che la sostanza in esame o i suoi metaboliti raggiungano specificamente il tessuto bersaglio.

3. RELAZIONE

RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio deve contenere le seguenti informazioni:

Solvente/mezzo disperdente:

- motivazione della scelta del mezzo disperdente;

- solubilità e stabilità della sostanza in esame nel solvente/mezzo disperdente, se note.

Animali da laboratorio:

- specie/ceppo usati;

- numero ed età degli animali;

- provenienza, condizioni di stabulazione, dieta, ecc.;

- peso dei singoli animali all'inizio del test, con intervallo, media e deviazione standard per ciascun gruppo.

Condizioni di esperimento:

- risultati dello studio per individuare l'intervallo di dosi, se effettuato;

- criteri di selezione delle dosi;

- criteri di selezione della via di somministrazione;

- illustrazione particolareggiata della preparazione della sostanza in esame;

- illustrazione particolareggiata della somministrazione della sostanza in esame;

- criteri di determinazione del momento del sacrificio;

- conversione della concentrazione (ppm) della sostanza in esame nel cibo o nell'acqua potabile nella dose di cellule analizzate per animale;

- effettiva (mg/kg di peso corporeo/giorno), se del caso;

- dettagli relativi alla qualità del cibo e dell'acqua;

- descrizione dettagliata dei protocolli di trattamento e campionamento;

- metodi di misura della tossicità;

- natura e concentrazione dell'inibitore della mitosi, durata del trattamento;

- metodi di preparazione dei vetrini;

- criteri di conteggio delle aberrazioni;

- numero criteri in base ai quali i risultati sono giudicati positivi, negativi o ambigui.

Risultati:

- segni di tossicità;

- coefficiente mitotico;

- tasso di mitosi degli spermatogoni in rapporto alla prima e seconda metafase meiotica;

- tipo e numero delle aberrazioni, indicati separatamente per ciascun animale;

- numero totale delle aberrazioni per gruppo;

- numero di cellule con aberrazioni per gruppo;

- relazione dose-risposta, se possibile;

- eventuali analisi statistiche;

- dati sui controlli negativi paralleli;

- dati sui precedenti controlli negativi con intervalli, medie e deviazioni standard;

- dati sui controlli positivi paralleli;

- eventuali cambiamenti di ploidia.

Discussione dei risultati.

Conclusioni.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Adler, I. D. (1986), Clastogenic Potential in Mouse Spermatogonia of Chemical Mutagens Related to their Cell-Cycle Specifications, in: Genetic Toxicology of Environmental Chemicals, Part B: Genetic Effects and Applied Mutagenesis, Ramel, C., Lambert B., and Magnusson, J. (eds.) Liss, New York, pp. 477-484.

(2) Adler, I. D. (1984), Cytogenic tests in Mammals, in: Mutagenicity Testing: a Practical Approach, ed. S. Venitt and J. M. Parry, IRL Press, Oxford, Washington DC, pp. 275-306.

(3) Evans, E. P., Breckon, G. and Ford, C. E. (1964), An Air-drying Method for Meiotic Preparations from Mammalian Testes, Cytogenetics and Cell Genetics, 3, pp. 289-294.

(4) Richold, M., Ashby, J., Chandley, A., Gatehouse, D. G. and Henderson L. (1990), In Vivo Cytogenetic Assays, in: D. J. Kirkland (ed.), Basic Mutagenicity Tests, UKEMS Recommended Procedures. UKEMS Subcommittee on Guidelines for Mutagenicity Testing. Report. Part I revised, Cambridge University Press, Cambridge, New York, Port Chester, Melbourne, Sydney, pp. 115-141.

(5) Yamamoto, K. and Kikuchi, Y. (1978), A New Method for Preparation of Mammalian Spermatogonial Chromosomes, Mutation Res., 52, pp. 207-209.

(6) Adler, I. D., Shelby, M. D., Bootman, J., Favor, J., Generoso, W., Pacchierotti, F., Shibuya, T. and Tanaka, N. (1994), International Workshop on Standardisation of Genotoxicity Test Procedures. Summary Report of the Working Group on Mammalian Germ Cell Tests, Mutation Res., 312, pp. 313-318.

(7) Fielder, R. J., Allen, J. A., Boobis, A. R., Botham, P. A., Doe, J., Esdaile, D. J., Gatehouse, D. G., Hodson-Walker, G., Morton, D. B., Kirkland D. J. and Richold, M. (1992), Report of British Toxicology Society/UK Environmental Mutagen Society Working Group: Dose setting in In Vivo Mutagenicity Assays, Mutagenesis, 7, pp. 313-319.

(8) Lovell, D. P., Anderson, D., Albanese, R., Amphlett, G. E., Clare, G., Ferguson, R., Richold, M., Papworth, D. G. and Savage, J. R. K. (1989), Statistical Analysis of In Vivo Cytogenetic Assays, in: D. J. Kirkland (ed.), Statistical Evaluation of Mutagenicity Test Data. UKEMS Subcommittee on Guidelines for Mutagenicity Testing, report, Part III, Cambridge University Press, Cambridge, New York, Port Chester, Melbourne, Sydney, pp. 184-232."

ALLEGATO 4G

"B.39. TEST IN VIVO DI SINTESI NON PROGRAMMATA DI DNA (UDS) SU CELLULE EPATICHE DI MAMMIFERO

1. METODO

Il metodo è ripreso dal metodo OECD TG 486, (UDS) Test with Mammalian Liver Cells In Vivo (1997).

1.1. INTRODUZIONE

Il saggio in vivo della sintesi non programmata di DNA (Unscheduled DNA Synthesis - UDS) su cellule epatiche di mammifero è destinato ad identificare le sostanze che inducono la riparazione del DNA nelle cellule epatiche degli animali trattati [cfr. (1) (2) (3) (4)].

Questo test in vivo fornisce un metodo per studiare gli effetti genotossici di sostanze chimiche sul fegato. L'effetto misurato è indice di danno al DNA e successiva riparazione nelle cellule epatiche. Il fegato è di norma la sede principale del metabolismo delle sostanze assorbite. Rappresenta pertanto il sito idoneo per misurare in vivo il danno al DNA.

Questo saggio non è idoneo se è evidente che la sostanza in esame non raggiunge il tessuto bersaglio.

La sintesi non programmata di DNA (UDS) è misurata determinando l'assorbimento di nucleosidi marcati nelle cellule in cui non è in corso una sintesi programmata (fase S) del DNA. La tecnica più comunemente usata è la determinazione mediante autoradiografia dell'assorbimento di timidina marcata con tritio (3H-TdR). Per il test UDS in vivo si usa di preferenza il fegato di ratto. Si possono usare anche altri tessuti, ma non sono oggetto del presente metodo.

L'individuazione di una risposta UDS dipende dal numero di basi del DNA escisse e sostituite nel sito danneggiato. Il saggio di UDS pertanto è particolarmente valido per individuare la riparazione di sequenze lunghe (da 20 a 30 basi) indotta dalla sostanza. È molto meno sensibile invece trattandosi di rilevare la riparazione di sequenze corte (1-3 basi). Fenomeni di mutagenesi possono inoltre risultare da mancata riparazione o riparazione difettosa di lesioni del DNA o da errata replicazione. Il grado di risposta di UDS non fornisce alcuna indicazione sulla fedeltà del meccanismo di riparazione. Inoltre un agente mutageno può reagire con il DNA senza che il danno prodotto al DNA sia riparato con un processo di riparazione per escissione. L'impossibilità di ottenere con il saggio UDS informazioni specifiche sull'attività mutagena è compensata dalla sua potenziale sensibilità, in quanto viene misurato nell'intero genoma.

Cfr. anche Introduzione generale parte B.

1.2. DEFINIZIONI

Cellule in riparazione: cellule in cui il numero di grani nucleari netti (NNG) è superiore ad un valore prestabilito, che il laboratorio che effettua il saggio deve motivare.

Grani nucleari netti (NNG): misura quantitativa in autoradiografia dell'attività di UDS delle cellule, calcolata sottraendo il numero medio di grani citoplasmici in aree citoplasmiche equivalenti al nucleo (CG) dal numero di grani nucleari (NG): NNG = NG - CG. I NNG sono conteggiati per le singole cellule, poi sommati per le cellule di una coltura, di colture in parallelo, ecc.

Sintesi non programmata di DNA (UDS): sintesi di riparazione del DNA dopo escissione e rimozione di un tratto di DNA che contiene una regione danneggiata per effetto di sostanze chimiche o agenti fisici.

1.3. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Il saggio UDS in vivo su cellule epatiche di mammifero permette di individuare la sintesi di riparazione del DNA dopo escissione e rimozione di un tratto di DNA contenente una regione che presenta un danno indotto da sostanze chimiche o agenti fisici. Il test è di solito basato sull'incorporazione di 3H-TdR nel DNA di cellule epatiche che presentano una bassa frequenza di cellule nella fase S del ciclo cellulare. La captazione di 3H-TdR è solitamente determinata mediante autoradiografia, non essendo tale tecnica soggetta ad interferenze da parte delle cellula nella fase S, a differenza, per esempio, del conteggio per scintillazione in fase liquida.

1.4. DESCRIZIONE DEL METODO

1.4.1. Preparazioni

1.4.1.1. Scelta delle specie animali

Il ratto è la specie più comunemente usata, ma si può usare qualsiasi specie di mammifero adatta. Si scelgano individui adulti, giovani e in buona salute, provenienti da ceppi di animali da laboratorio. All'inizio dello studio la variazione di peso tra gli animali deve essere minima e non superare ± 20 % del peso medio per sesso.

1.4.1.2. Condizioni di stabulazione e alimentazione

Valgono le condizioni generali citate nell'Introduzione generale alla parte B; l'umidità ideale è pari al 50-60 %.

1.4.1.3. Preparazione degli animali

Gli animali adulti, sani e giovani vengono suddivisi a caso in gruppi di controllo e di trattamento. Le gabbie devono essere disposte in modo da minimizzare eventuali effetti dovuti alla posizione. Gli animali vanno identificati inequivocabilmente e acclimatati alle condizioni di laboratorio per almeno cinque giorni.

1.4.1.4. Sostanze in esame/preparazione

Le sostanze solide devono essere poste in soluzione o in sospensione in adeguati solventi o mezzi disperdenti e, se necessario, diluite prima di essere somministrate agli animali. Le sostanze liquide possono essere somministrate direttamente o diluite prima del trattamento. Si usino preparati recenti della sostanza, salvo qualora siano disponibili dati sulla sua stabilità che dimostrino che la conservazione è ammissibile.

1.4.2. Condizioni di esperimento

1.4.2.1. Solvente/mezzo disperdente

Il solvente/mezzo disperdente non deve produrre effetti tossici alle dosi usate e non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame. L'uso di solventi/mezzi disperdenti poco noti è ammesso solo se suffragato da dati che ne provino la compatibilità. Si raccomanda di prendere in primo luogo in considerazione, se possibile, l'uso di un solvente/mezzo disperdente acquoso.

1.4.2.2. Controlli

Ogni parte dell'esperimento condotta separatamente dovrà comprendere controlli positivi e negativi (solvente/mezzo disperdente). Gli animali dei vari gruppi dovranno essere trattati in modo identico, salvo per la somministrazione della sostanza in esame.

I controlli positivi devono essere effettuati con sostanze che producono UDS in vivo a livelli di esposizione ai quali è previsto un aumento rilevabile rispetto alla media. I controlli positivi che richiedono un'attivazione metabolica devono essere usati a dosi che provochino una risposta moderata (4). Le dosi dei controlli positivi devono essere scelte in modo che gli effetti siano chiari ma non rivelino immediatamente al lettore d'identità dei vetrini codificati. Fra gli esempi di sostanze per i controlli positivi si citano:

>SPAZIO PER TABELLA>

Sono ammesse altre sostanze adeguate per i controlli positivi. Il controllo positivo può essere somministrato per una via diversa rispetto alla sostanza in esame.

1.5. PROCEDURA

1.5.1. Numero e sesso degli animali

Si usi un numero di animali adeguato, per tener conto delle normali variazioni biologiche di risposta al saggio. Ogni gruppo dovrebbe comprendere almeno 3 animali analizzabili. Qualora esista una base di dati precedenti significativa, sono sufficienti 1 o 2 animali per i gruppi di controllo negativo e positivo.

Se al momento dello studio sono disponibili dati relativi a studi sulla stessa specie, nei quali è stata usata la stessa via di esposizione, che dimostrano che non vi sono sostanziali differenze di tossicità tra i sessi, sarà sufficiente effettuare il test su un singolo sesso, preferibilmente sui maschi. Se l'esposizione umana a sostanze chimiche è specifica per un sesso, per esempio nel caso di alcuni prodotti farmaceutici, il test deve essere eseguito su animali di tale sesso.

1.5.2. Protocollo di trattamento

Le sostanze in esame vengono in generale somministrate in un'unica volta.

1.5.3. Dosi

Di norma si usano almeno due dosi. La dose massima è definita come dose che produce segni di tossicità tali che livelli più elevati, con la stessa posologia, sarebbero presumibilmente letali. In linea di principio la dose inferiore dovrebbe andare dal 50 % al 25 % della dose massima.

Sostanze con azione biologica specifica, a dosi basse non tossiche (come ormoni e mitogeni) possono costituire eccezione rispetto ai criteri di definizione della dose e vanno valutate caso per caso. Se si procede a uno studio per individuare l'intervallo di dosi, non essendo disponibili dati utili in materia, questo va eseguito nello stesso laboratorio, sulla stessa specie e ceppo, con il medesimo protocollo usato nel test principale.

La dose massima può anche essere definita come dose che produce qualche segno di epatotossicità (p. es. nuclei picnotici).

1.5.4. Saggio con dose limite

Se la somministrazione di una dose di almeno 2000 mg/kg di peso corporeo in una singola presa o in due prese lo stesso giorno non produce effetti tossici rilevabili, e se non c'è ragione di sospettare genotossicità sulla base di dati relativi a sostanze strutturalmente correlate, può essere superfluo uno studio completo. Sulla base della esposizione umana prevista per la sostanza in esame, può essere necessario usare una dose più elevata nel test con dose limite.

1.5.5. Somministrazione delle dosi

La sostanza in esame viene di solito somministrata con sonda gastrica o cannula di intubazione, oppure mediante iniezione intraperitoneale. Possono essere accettate altre vie se esiste una valida ragione. La via intraperitoneale non è però raccomandata, in quanto potrebbe esporre il fegato alla sostanza in esame direttamente, e non attraverso il sistema circolatorio. Il volume massimo di liquido somministrabile in una volta con sonda gastrica o con iniezione dipende dalle dimensioni dell'animale da laboratorio; non deve superare i 2 ml/100 g di peso corporeo. L'uso di volumi più elevati deve essere motivato. Salvo per sostanze irritanti o corrosive, che di norma riveleranno effetti esacerbati a concentrazioni più elevate, le variazioni di volume devono essere minimizzate, regolando la concentrazione in modo da garantire un volume costante a tutte le dosi.

1.5.6. Preparazione delle cellule epatiche

Di norma le cellule epatiche sono prelevate da animali trattati e preparate 12-16 ore dopo la somministrazione. In genere è necessario un altro prelievo dopo un periodo più breve (di norma da 2 a 4 ore dopo il trattamento), salvo che a 12-16 ore si abbia una risposta positiva chiara. Si possono comunque usare fasi di campionamento diverse se motivate sulla base di dati tossicocinetici.

Le colture a breve termine di cellule epatiche di mammifero sono di solito costituite mediante perfusione del fegato in situ con collagenasi, lasciando poi le cellule epatiche appena dissociate aderire ad una superficie idonea. Le cellule epatiche dei controlli negativi dovrebbero avere una vitalità (5) almeno del 50 %.

1.5.7. Determinazione della UDS

Le cellule epatiche di mammifero appena isolate sono poste in incubazione, di norma su terreno contenente 3H-TdR, per un periodo adeguato, per esempio da 3 a 8 ore. Al termine dell'incubazione, si rimuova il terreno dalle cellule, che possono poi essere incubate con terreno contenente un eccesso di timidina non marcata, per ridurre la radioattività non incorporata ('cold chase'). Le cellule vengono poi risciacquate, fissate ed essiccate. Per tempi di incubazione più prolungati, la 'cold chase' può essere superflua. I vetrini sono immersi in emulsione autoradiografica, esposti al buio (p. es. refrigerati per 7-14 giorni), sviluppati, colorati; si contano quindi i grani d'argento. Per ogni animale si preparano due o tre vetrini.

1.5.8. Analisi

I preparati su vetrino devono contenere cellule di morfologia normale in numero sufficiente per permettere una valutazione probante dell'UDS. I preparati sono esaminati al microscopio alla ricerca di segni evidenti di citotossicità (p. es. picnosi, livelli ridotti di radiomarcatura).

Si codifichino i vetrini prima del conteggio dei grani. Di norma si analizzano 100 cellule per animale, su almeno due vetrini. L'analisi di un numero inferiore a 100 cellule per animale deve essere motivato. Nel conteggio dei grani non si tiene conto dei nuclei in fase S, ma si può registrare la percentuale delle cellule in fase S.

Il grado di incorporazione della 3H-TdR nel nucleo e nel citoplasma di cellule morfologicamente normali, messo in evidenza dal deposito di granuli di argento, deve essere determinato mediante metodi adeguati.

Il numero dei grani è determinato sui nuclei (grani nucleari, NG) e su aree del citoplasma equivalenti al nucleo (grani citoplasmici, CG). Il numero dei CG è determinato prendendo in considerazione l'area più densamente marcata del citoplasma, oppure in base alla media di due o più regioni citoplasmiche adiacenti al nucleo, scelte casualmente. Si possono usare altri metodi di conteggio (p. es. il conteggio delle cellule complete) se motivabili (6).

2. RISULTATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

Si forniscano i dati relativi ai singoli vetrini e ai singoli animali. Inoltre tutti i dati devono essere riassunti in tabelle. Il numero dei grani nucleari netti (NNG) va determinato per ciascuna cellula, per ciascun animale e per ciascuna dose e fase di prelievo sottraendo il numero dei CG dal numero dei NG. Se si contano le 'cellule in riparazione', i criteri di definizione delle 'cellule in riparazione' devono essere motivati e basati sui dati di controlli negativi precedenti o paralleli. I risultati numerici possono essere valutati mediante metodi statistici. Gli eventuali test statistici devono essere scelti e motivati prima di condurre lo studio.

2.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

>SPAZIO PER TABELLA>

Si consideri per prima cosa la rilevanza dei risultati dal punto di vista biologico; si tenga conto di parametri quali le variazioni intraspecifiche, la relazione dose-risposta e la citotossicità. Si possono usare metodi statistici come ausilio nella valutazione dei risultati sperimentali, ma la significatività statistica non dovrebbe essere l'unico attore determinante di una risposta positiva.

La maggior parte degli esperimenti fornirà indubbiamente risultati chiaramente positivi o negativi ma occasionalmente i dati ottenuti non consentiranno di formulare un giudizio definitivo sull'azione della sostanza in esame. I risultati possono rimanere ambigui nonostante l'esperimento venga ripetuto più volte.

Risultati positivi del saggio in vivo su cellule epatiche di mammifero indicano che la sostanza in esame induce nel DNA di cellule epatiche di mammifero in vivo un danno che può essere riparato in vitro mediante sintesi non programmata del DNA. Risultati negativi indicano che, nelle condizioni di esperimento, la sostanza in esame non induce nel DNA danni rilevabili mediante questo saggio.

Si vagli la probabilità che la sostanza in esame o i suoi metaboliti entrino in circolo o raggiungano specificamente il tessuto bersaglio (tossicità sistemica).

3. RELAZIONE

RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio dovrà contenere le seguenti informazioni:

Solvente/mezzo disperdente:

- motivazione della scelta del mezzo disperdente;

- solubilità e stabilità della sostanza in esame nel solvente/mezzo disperdente, se nota;

Animali da laboratorio:

- specie/ceppo usato;

- numero, età e sesso degli animali;

- provenienza, condizioni di stabulazione, dieta, ecc.;

- peso dei singoli animali all'inizio del test, con range, media e deviazione standard per ciascun gruppo;

Condizioni di esperimento:

- controlli positivi e negativi mezzo disperdente/solvente;

- risultati dello studio per individuare l'intervallo di dosi, se effettuato;

- criteri di selezione delle dosi;

- illustrazione particolareggiata della preparazione della sostanza in esame;

- illustrazione particolareggiata della somministrazione della sostanza in esame;

- criteri di selezione della via di somministrazione;

- metodi usati per verificare che la sostanza in esame sia entrata in circolo o abbia raggiunto il tessuto bersaglio, se del caso;

- conversione della concentrazione (ppm) della sostanza in esame nel cibo o nell'acqua potabile nella dose effettiva (mg/kg di peso corporeo/giorno), se del caso;

- dettagli relativi alla qualità del cibo e dell'acqua;

- descrizione dettagliata dei protocolli di trattamento e campionamento;

- metodi di misura della tossicità;

- metodo di preparazione e di coltura delle cellule epatiche;

- tecnica autoradiografica usata;

- numero di vetrini preparati e numero di cellule analizzate;

- criteri di valutazione;

- criteri in base ai quali i risultati sono giudicati positivi, negativi o ambigui.

Risultati:

- valori medi dei grani nucleari, dei grani citoplasmici, e dei grani nucleari netti per vetrino, per animale e per gruppo;

- relazione dose-risposta, se possibile;

- eventuali analisi statistiche;

- segni di tossicità;

- dati sui controlli negativi (solvente/mezzo disperdente) e positivi paralleli;

- dati sui precedenti controlli negativi (solvente/mezzo disperdente) con intervalli, medie e deviazioni standard;

- numero di 'cellule in riparazione', se determinato;

- numero di cellule in fase S, se determinato;

- vitalità delle cellule.

Discussione dei risultati.

Conclusioni.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Ashby, J., Lefevre, P. A., Burlinson, B. and Penman, M. G. (1985), An Assessment of the In Vivo Rat Hepatocyte DNA Repair Assay, Mutation Res., 156, pp. 1-18.

(2) Butterworth, B. E., Ashby, J., Bermudez, E., Casciano, D., Mirsalis, J., Probst G. and Williams, G. (1987), A Protocol and Guide for the In Vivo Rat Hepatocyte DNA-Repair Assay, Mutation Res., 189, pp. 123-133.

(3) Kennelly, J. C., Waters, R., Ashby, J., Lefevre, P. A., Burlinson B., Benford, D. J., Dean, S. W. and Mitchell I. de G. (1993), In Vivo Rat Liver UDS Assay, in: Kirkland D. J. and Fox M., (eds.), Supplementary Mutagenicity Tests: UKEM Recommended Procedures. UKEMS Subcommittee on Guidelines for Mutagenicity Testing Report. Part II revised, Cambridge University Press, Cambridge, New York, Port Chester, Melbourne, Sydney, pp. 52-77.

(4) Madle, S., Dean, S. W., Andrae, U., Brambilla, G., Burlinson, B., Doolittle, D. J., Furihata, C., Hertner, T., McQueen, C. A. and Mori, H. (1993), Recommendations for the Performance of UDS Tests In Vitro and In Vivo, Mutations Res., 312, pp. 263-285.

(5) Fautz, R., Hussain, B., Efstathiou, E. and Hechenberger-Freudl, C. (1993), Assessment of the Relation Between the Initital Viability and the Attachment of Freshly Isolated Rat Hepatocytes Used for the In Vivo/In Vitro DNA Repair Assay (UDS), Mutation Res., 291, pp. 21-27.

(6) Mirsalis, J. C., Tyson, C. K. and Butterworth, B. E. (1982), Detection of Genotoxic Carcinogens in the In Vivo/In Vitro Hepatocyte DNA Repair Assay, Environ Mutagen, 4, pp. 553-562."

ALLEGATO 5

SV:

3.2.3. Nocivo

R65 Farligt: kan ge lungskador vid förtäring.

Flytande ämnen och beredningar som på grund av sin låga viskositet utgör en fara för människa vid aspiration

a) För ämnen och beredningar som innehåller alifatiska, alicykliska och aromatiska kolväten i en total koncentration av 10 % eller mer och

- har en flödestid mindre än 30 sekunder, uppmätt med en 3 mm utloppsbägare enligt ISO 2431, eller

- har en kinematisk viskositet lägre än 7 × 10-6 m2/s vid 40 °C, uppmätt med en kalibrerad kapillärviskosimeter av glas , enligt ISO 3104 och ISO 3105, eller

- har en kinematisk viskositet lägre än 7 × 10-6 m2/s vid 40 °C, bestämd från rotationsviskosimetri enligt ISO 3219.

Ämnen och beredningar, som uppfyller dessa kriterier, behöver dock inte klassificeras om de har en genomsnitlig ytspänning högre än 33 mN/m vid 25 °C, uppmätt med du Noüytensiometer eller enligt de testmetoder som finns beskrivna i bilaga V del A.5.

b) För ämnen och beredningar, baserat på praktiska erfarenheter från människa.

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione DE)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

FI:

3.2.6.1 Ihon tulehtuminen

Seuraava vaaraa osoittava lauseka määräytyy alla esiteltävien perusteitten mukaan:

R38 Ärsyttää ihoa

- Aineet ja valmisteet aiheuttavat ihon merkittävän tulehtumisen enintään neljän tunnin altistuksessa määritettynä kanilla liitteessä V mainitulla ihoärsytstestillä. Tulehdus kestää vähintään 24 tuntia.

Ihon tulehdus on merkittävää, jos:

a) punoituksen ja ruvenmuodostuksen tai turvotuksen voimakkuutta kuvaavien lukuarvojen keskiarvo laskettuna kaikista koe-eläimistä on vähintään 2;

b) tai kun liitteessä V tarkoitettua testiä on täydennetty käyttämällä kolmea koe-eläintä, vähintään kahden koe-eläimen ihon punoituksen ja ruvenmuodostuksen tai turvotuksen voimakkuutta kuvaavien lukuarvojen keskiarvo on, jokaiselle koe-eläimelle laskettuna erikseen, vähintään 2.

Kummassakin tapauksessa keskiarvojen lasekmiseen on käytettävä kaikkia niitä lukuarvoja, jotka saadaan arvioitaessa vaikutusta 24 tunnin, 48 tunnin ja 72 tunnin välein.

Tulehdusta pidetään myös merkittävänä, jos ihon tulehtuminen jatkuu ainakin kahdella koe-eläimellä havainnointiajan päättymiseen asti. Erityiset vaikutukset kuten esimerkiksi hyperplasia, hilseileminen, värin muutokset, halkeamat, ruvet ja karvojenlähtö on otettava huomioon.

Tähän liittyviä tietoja voidaan saada myös eläimillä tehtävistä ei-akuuttisista altistuskokeista (katso lauseketta R48 koskevat huomautukset jaksossa 2.d). Vaikutuksia pidetään merkittävinä, jos ne vastaavat edellä kuvattuja vaikutuksia.

- Aineet ja valmisteet, jotka aiheuttavat ihmisillä merkittävää ihotulehdusta, kun kosketus on ollut välitön, jatkuva tai toistuva.

- Orgaaniset peroksidit, paitsi jos on olemassa näyttöä siitä, että tällaista vaikutusta ei ole.

Tuntoharha ("paresthesia"):

Pyretroiditorjunta-aineen ihokosketuksen aiheuttamaa tuntoharhaa ihmisessä ei pidetä ärsytysvaikutuksena, joka oikeuttaisi luokituksen Xi; R38. S-lauseketta S24 on kuitenkin sovellettava aineisiin, joilla on tällainen vaikutus.

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione DE)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione SV)

Al punto 6.2 (Frasi relative ai consigli di prudenza per le sostanze e i preparati):

DE:

S 28 Bei Berührung mit der Haut sofort mit viel ... abwaschen (vom Hersteller anzugeben)

- Anwendungsbereich:

- sehr giftige, giftige oder ätzende Stoffe und Zubereitungen;

- Verwendung:

- obligatorisch für sehr giftige Stoffe und Zubereitungen;

- empfohlen für sonstige obengenannte Stoffe und Zubereitungen, inbesondere, wenn Wasser nicht die geeignete Spülflüssigkeit ist;

- empfohlen für ätzende Stoffe und Zubereitungen, die an die allgemeine Öffentlichkeit abgegeben werden.

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione FI)

(Non riguarda la versione SV)

FI:

S 29 Ei saa tyhjentää viemäriin

- Soveltamisala:

- erittäin helposti syttyvät tai helposti syttyvät veteen sekoittumattomat nesteet,

- erittäin myrkylliset tai myrkylliset aineet ja valmisteet,

- ympäristölle vaaralliset aineet.

- Käytön perusteet:

- pakollinen yleisessä kulutuksessa todennäkoisesti käytettäville ympäristölle vaarallisille ja tunnuksella N luokitelluille aineille, jollei kyseessä ole aineen tarkoitettu käyttö,

- suositeltava yleisessä kulutuksessa todennäkoisesti käytettäville muille edellä mainituille aineille tai valmisteille, jollei kyseessä ole kemikaalin tarkoitettu käyttö.

(Non riguarda la versione ES)

(Non riguarda la versione DA)

(Non riguarda la versione DE)

(Non riguarda la versione EL)

(Non riguarda la versione EN)

(Non riguarda la versione FR)

(Non riguarda la versione IT)

(Non riguarda la versione NL)

(Non riguarda la versione PT)

(Non riguarda la versione SV)

ALLEGATO 6

"ALLEGATO IX

PARTE A

Disposizioni relative alle chiusure di sicurezza per bambini

In aggiunta alle disposizioni dell'articolo 22, paragrafo 1, lettera e), della presente direttiva, i recipienti di qualsiasi capacità contenenti sostanze che comportano un rischio di aspirazione (Xn; R65), classificate ed etichettate a norma del paragrafo 3.2.3 dell'allegato VI della presente direttiva, ad eccezione delle sostanze immesse sul mercato sotto forma di aerosol o in recipienti muniti di un dispositivo di nebulizzazione sigillato, devono essere dotati di una chiusura di sicurezza per bambini.

1. Imballaggi richiudibili

Le chiusure di sicurezza per bambini utilizzate per imballaggi richiudibili devono rispondere alla norma ISO 8317 (edizione 1o luglio 1989) che riguarda gli "Imballaggi di sicurezza per i bambini - Requisiti e metodi di prova degli imballaggi richiudibili" adottata dall'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO).

2. Imballaggi non richiudibili

Le chiusure di sicurezza per bambini utilizzate per imballaggi non richiudibili devono rispondere alla norma CEN EN 862 (edizione marzo 1997) che riguarda gli "Imballaggi - Imballaggi di sicurezza per i bambini - Requisiti e procedure di prova degli imballaggi non richiudibili per prodotti non farmaceutici" adottata dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN).

3. Osservazioni:

1. La conformità alle norme suddette può essere certificata unicamente da laboratori conformi alle norme europee EN serie 45 000.

2. Casi particolari

Se appare evidente che un imballaggio è sufficientemente sicuro per i bambini, in quanto essi non possono avere accesso al suo contenuto senza l'aiuto di un utensile, il saggio può non essere effettuato.

In tutti gli altri casi, e quando vi sono sufficienti ragioni per dubitare dell'efficacia di una chiusura di sicurezza per bambini, l'autorità nazionale può chiedere al responsabile dell'immissione del prodotto sul mercato di fornire un attestato rilasciato da un laboratorio descritto al punto 3.1, nel quale si certifica:

- che il tipo di chiusura è tale da non richiedere saggi secondo le norme ISO e CEN sopraindicate; oppure

- che la chiusura in questione, sottoposta ai saggi previsti dalle norme sopraindicate, è conforme alle prescrizioni imposte.

PARTE B

Dispositivi che permettono di rilevare i pericoli al tatto

Le specifiche tecniche relative ai dispositivi che consentono di rilevare i pericoli al tatto devono essere conformi alla norma EN ISO 11683 (edizione 1997), relativa a "requisiti di imballaggio e avvertimenti tattili di pericolo"."

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