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Document 62022CJ0627

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 30 maggio 2024.
    AB contro Finanzamt Köln-Süd.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Köln.
    Rinvio pregiudiziale – Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera sulla libera circolazione delle persone – Lavoratore di uno Stato membro che ha trasferito il proprio domicilio in Svizzera – Vantaggi fiscali – Imposta sul reddito – Meccanismo dell’“imposizione su richiesta” – Contribuenti beneficiari – Limitazione ai lavoratori dipendenti parzialmente assoggettati ad imposta che hanno la loro residenza in uno Stato membro o in uno Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) – Parità di trattamento.
    Causa C-627/22.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:431

    Edizione provvisoria

    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    30 maggio 2024 (*)

    «Rinvio pregiudiziale – Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera sulla libera circolazione delle persone – Lavoratore di uno Stato membro che ha trasferito il proprio domicilio in Svizzera – Vantaggi fiscali – Imposta sul reddito – Meccanismo dell’“imposizione su richiesta” – Contribuenti beneficiari – Limitazione ai lavoratori dipendenti parzialmente assoggettati ad imposta che hanno la loro residenza in uno Stato membro o in uno Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) – Parità di trattamento»

    Nella causa C‑627/22,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), con decisione del 20 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 4 ottobre 2022, nel procedimento

    AB

    contro

    Finanzamt Köln-Süd,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele (relatrice), giudici,

    avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    –        per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

    –        per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e W. Roels, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 novembre 2023,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati Membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall’altra sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999 (GU 2002, L 114, pag. 6), come modificato da ultimo dal protocollo del 4 marzo 2016 relativo alla partecipazione, in qualità di parte contraente, della Repubblica di Croazia, a seguito alla sua adesione all’Unione europea (GU 2017, L 31, pag. 3) (in prosieguo: l’«ALCP»).

    2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra AB e il Finanzamt Köln-Süd (Ufficio delle imposte di Colonia-Sud, Germania) (in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») in merito al calcolo dell’imposta sul reddito per il periodo d’imposta corrispondente agli anni dal 2017 al 2019 (in prosieguo: il «periodo di cui trattasi nel procedimento principale»).

     Contesto normativo

     LALCP

    3        La Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, hanno firmato, il 21 giugno 1999, sette accordi, tra i quali figura l’ALCP. Con la decisione 2002/309/CE, Euratom del Consiglio e, per quanto riguarda l’Accordo sulla Cooperazione Scientifica e Tecnologica, della Commissione del 4 aprile 2002 relativa alla conclusione di sette accordi con la Confederazione svizzera (GU 2002, L 114, pag. 1, e rettifica in GU 2015, L 210, pag. 38), tali sette accordi sono stati approvati in nome della Comunità europea e sono entrati in vigore il 1º giugno 2002.

    4        Ai sensi del preambolo dell’ALCP, le parti contraenti sono «decis[e] ad attuare la libera circolazione delle persone tra loro basandosi sulle disposizioni applicate nella Comunità europea».

    5        L’articolo 1 dell’ALCP prevede quanto segue:

    «Il presente Accordo a favore dei cittadini degli Stati membri della Comunità europea e della Svizzera si prefigge di:

    a)      conferire un diritto di ingresso, di soggiorno e di accesso a un’attività economica dipendente, un diritto di stabilimento quale lavoratore autonomo e il diritto di rimanere sul territorio delle parti contraenti;

    (...)

    c)      conferire un diritto di ingresso e di soggiorno, sul territorio delle parti contraenti, alle persone che non svolgono un’attività economica nel paese ospitante;

    d)      garantire le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali».

    6        Il successivo articolo 2, intitolato «Non discriminazione», dispone quanto segue:

    «In conformità delle disposizioni degli allegati I, II e III del presente Accordo, i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul territorio di un’altra parte contraente non sono oggetto, nell’applicazione di dette disposizioni, di alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità».

    7        L’articolo 4 del medesimo accordo, intitolato «Diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica» è redatto nel seguente modo:

    «Il diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica è garantito (...) conformemente alle disposizioni dell’allegato I».

    8        L’articolo 6 dell’ALCP prevede quanto segue:

    «Alle persone che non svolgono un’attività economica è garantito il diritto di soggiorno sul territorio di una parte contraente conformemente alle disposizioni dell’allegato I relative alle persone che non svolgono attività».

    9        Ai sensi dell’articolo 7 di tale accordo, intitolato «Altri diritti»:

    «Conformemente all’allegato I, le parti contraenti disciplinano in particolare i diritti elencati qui di seguito legati alla libera circolazione delle persone:

    a)      il diritto alla parità di trattamento con i cittadini nazionali per quanto riguarda l’accesso a un’attività economica e il suo esercizio, nonché le condizioni di vita, di occupazione e di lavoro;

    (...)».

    10      L’articolo 10 di detto accordo, rubricato «Disposizioni transitorie ed evoluzione dell’Accordo», prevede, in particolare, ai paragrafi da 1 a 1 ter, il diritto della Confederazione svizzera e di taluni Stati membri di mantenere contingenti per quanto riguarda l’accesso a un’attività economica per talune categorie di soggiorno e per un certo periodo; ai suoi paragrafi da 2 a 2 ter, il diritto delle parti contraenti di mantenere, per un certo periodo, i controlli della priorità concessa al lavoratore integrato nel mercato regolare del lavoro e delle condizioni di retribuzione e di lavoro per i cittadini dell’altra parte contraente e, ai paragrafi da 3 a 3 ter, il diritto della Confederazione svizzera di riservare, nell’ambito dei suoi contingenti globali, quantitativi minimi di nuove carte di soggiorno a lavoratori dipendenti e autonomi dell’Unione europea.

    11      L’articolo 13 del medesimo accordo, intitolato «Standstill», dispone quanto segue:

    «Le parti contraenti si impegnano a non adottare nuove misure restrittive nei confronti dei cittadini dell’altra parte nel campo di applicazione del presente Accordo».

    12      Ai sensi dell’articolo 15 dell’ALCP, gli allegati e i protocolli dello stesso ne costituiscono parte integrante.

    13      L’articolo 16 del suddetto accordo, rubricato «Riferimento al diritto comunitario», è formulato come segue:

    «1.      Per conseguire gli obiettivi definiti dal presente Accordo, le parti contraenti prendono tutte le misure necessarie affinché nelle loro relazioni siano applicati diritti e obblighi equivalenti a quelli contenuti negli atti giuridici della Comunità europea ai quali viene fatto riferimento.

    2.      Nella misura in cui l’applicazione del presente Accordo implica nozioni di diritto comunitario, si terrà conto della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia delle Comunità europee precedente alla data della sua firma. La giurisprudenza della Corte successiva alla firma del presente Accordo verrà comunicata alla Svizzera. Per garantire il corretto funzionamento dell’Accordo, il Comitato misto determina, su richiesta di una delle parti contraenti, le implicazioni di tale giurisprudenza».

    14      L’articolo 21 del suddetto accordo prevede quanto segue:

    «1.      Le disposizioni del presente Accordo lasciano impregiudicate le disposizioni degli accordi bilaterali tra la Svizzera e gli Stati membri della Comunità europea in materia di doppia imposizione. In particolare, le disposizioni del presente Accordo non devono incidere sulla definizione di lavoratore frontaliero secondo gli accordi di doppia imposizione.

    2.      Nessun elemento del presente Accordo vieta alle parti contraenti di operare distinzioni, nell’applicare le disposizioni pertinenti della loro normativa tributaria, tra contribuenti la cui situazione non è comparabile, segnatamente per quanto riguarda il luogo di residenza.

    3.      Nessun elemento del presente Accordo vieta alle parti contraenti di adottare o di applicare misure volte a garantire l’imposizione, il pagamento o il recupero effettivo delle imposte o a prevenire l’evasione fiscale conformemente alle disposizioni della normativa tributaria nazionale di una parte contraente o agli accordi tra la Svizzera, da un lato, e uno o più Stati membri della Comunità europea, dall’altro, volti ad evitare la doppia imposizione, oppure di altre intese fiscali».

    15      L’allegato I del medesimo accordo riguarda la libera circolazione delle persone.

    16      L’articolo 6 di tale allegato I, al suo paragrafo 1, così recita:

    «Il lavoratore dipendente cittadino di una parte contraente (in appresso denominato lavoratore dipendente) che occupa un impiego di durata uguale o superiore a un anno al servizio di un datore di lavoro dello Stato ospitante riceve una carta di soggiorno della durata di almeno 5 anni a decorrere dalla data del rilascio (…)».

    17      L’articolo 7, paragrafo 1, di tale allegato I prevede quanto segue:

    «Il lavoratore dipendente frontaliero è un cittadino di una parte contraente che ha la sua residenza sul territorio di una parte contraente e che esercita un’attività retribuita sul territorio dell’altra parte contraente e ritorna al luogo del proprio domicilio di norma ogni giorno, o almeno una volta alla settimana».

    18      L’articolo 8 dello stesso allegato I così dispone:

    «1.      I lavoratori dipendenti hanno diritto alla mobilità professionale e geografica su tutto il territorio dello Stato ospitante.

    2.      La mobilità professionale comprende il cambiamento di datore di lavoro, di impiego, di professione e il passaggio da un’attività dipendente a un’attività autonoma. La mobilità geografica comprende il cambiamento di luogo di lavoro e di soggiorno».

    19      L’articolo 9 dell’allegato I dell’ALCP, intitolato «Parità di trattamento», ai paragrafi 1 e 2, prevede quanto segue:

    «1.      Il lavoratore dipendente cittadino di una parte contraente non può ricevere sul territorio dell’altra parte contraente, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello riservato ai lavoratori dipendenti nazionali per quanto riguarda le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

    2.      Il lavoratore dipendente e i membri della sua famiglia (...) godono degli stessi vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori dipendenti nazionali e dei membri delle loro famiglie».

    20      Ai sensi dell’articolo 24 di tale allegato I:

    «1.      Il cittadino di una parte contraente che non esercita un’attività economica nello Stato in cui risiede e che non beneficia di un diritto di soggiorno in virtù di altre disposizioni del presente Accordo, riceve una carta di soggiorno la cui validità ha una durata di almeno cinque anni, purché dimostri alle autorità nazionali competenti di disporre per sé e per i membri della propria famiglia:

    a)      di mezzi finanziari sufficienti per non dover ricorrere all’assistenza sociale durante il soggiorno;

    b)      di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi (...)

    (...)».

     Diritto tedesco

    21      L’Einkommensteuergesetz (legge relativa all’imposta sul reddito), nel testo applicabile al procedimento principale (BGBl. 2009 I, pag. 3366) (in prosieguo: l’«EStG»), all’articolo 1, intitolato «Assoggettamento», prevede quanto segue:

    «1.      Le persone fisiche che hanno il loro domicilio o la residenza abituale in Germania sono assoggettate integralmente all’imposta sul reddito. (...)

    (...)

    4.      Le persone fisiche che non hanno un domicilio né la residenza abituale in Germania saranno, fatti salvi i paragrafi 2 e 3 e l’articolo 1a, parzialmente assoggettate all’imposta sul reddito, qualora percepiscano redditi nazionali ai sensi dell’articolo 49.

    (...)».

    22      L’articolo 9, paragrafo 1, dell’EStG è così formulato:

    «Le spese professionali sono spese sostenute per l’ottenimento, la tutela e il mantenimento delle entrate. Esse devono essere dedotte dalla categoria di redditi nella quale sono state generate. (...)».

    23      Ai sensi dell’articolo 39a dell’EStG, intitolato «Importo esente e maggiorazione a titolo della quota non assoggettata ad imposta delle retribuzioni complementari»:

    «(1)      Su richiesta di un lavoratore dipendente integralmente assoggettato all’imposta sul reddito, l’amministrazione tributaria calcola l’importo totale da dedurre dalla sua retribuzione sommando i seguenti importi:

    1.      Le spese professionali gravanti sui redditi derivanti da un’attività di lavoro dipendente, qualora superino l’importo forfettario [articolo 9a, prima frase, punto 1, lettera a)], (...)

    (...)

    (2)      Il lavoratore dipendente presenta la domanda di cui al paragrafo 1 sul formulario amministrativo prestampato previsto a tal fine, che firma di suo pugno. Il termine impartito per presentare tale domanda inizia a decorrere il 1º ottobre dell’anno precedente quello a cui deve essere applicata la deduzione. Tale termine scade il 30 novembre dell’anno civile durante il quale si applica la deduzione. (...)

    (...)

    (4)      Per un lavoratore parzialmente assoggettato all’imposta sul reddito, cui si applica l’articolo 50, paragrafo 1, quarta frase, l’amministrazione tributaria determina, su domanda, un importo esente da dedurre dalla retribuzione totale, sulla base della somma dei seguenti importi:

    1.      le spese professionali sostenute per ricavare redditi da un’attività di lavoro dipendente (...).

    (...)

    La domanda può essere presentata solo sul modulo prescritto dall’amministrazione fino alla fine dell’anno civile al quale si applicano i dati specifici ai fini della ritenuta alla fonte dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente».

    24      L’articolo 46, paragrafo 2, punti 4 e 8, e paragrafo 4, dell’EStG è così formulato:

    «(2)      Se il reddito è costituito, in tutto o in parte, da redditi derivanti da un’attività di lavoro dipendente assoggettata alla ritenuta alla fonte, esso viene assoggettato a imposta unicamente:

    (...)

    4.      se, per un determinato contribuente, sia stata determinata una deduzione ai sensi dell’articolo 39a, paragrafo 1, prima frase, punti da 1 a 3, 5 o 6 dell’EStG e la retribuzione totale percepita nell’anno civile superi EUR 11 600 [EUR 11 200 per il 2017 e EUR 11 400 per il 2018], (...); la stessa regola si applica ai contribuenti appartenenti alla categoria di persone definita all’articolo 1, paragrafo 2, o ai lavoratori dipendenti parzialmente assoggettati all’imposta sul reddito, qualora tali registrazioni figurino in un certificato fiscale rilasciato ai fini della ritenuta alla fonte (articolo 39, paragrafo 3, prima frase);

    (...)

    8.      se sia stata richiesta l’imposizione, in particolare ai fini della detrazione dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente dall’imposta sul reddito. La domanda dev’essere effettuata mediante la presentazione di una dichiarazione delle imposte sul reddito

    (...)

    (4)      Qualora l’applicazione del regime dell’accertamento ai sensi del paragrafo 2 sia esclusa, l’imposta sul reddito dovuta per i redditi derivanti da un’attività di lavoro dipendente si considera versata dal contribuente mediante ritenuta alla fonte effettuata sulla sua retribuzione a titolo dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente, a condizione che essa non possa essere utilizzata per compensare una riduzione dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente. (...)».

    25      L’articolo 49, paragrafo 1, dell’EStG, intitolato, «Redditi parzialmente imponibili», dispone quanto segue:

    «(1)      Costituiscono redditi nazionali ai fini dell’assoggettamento parziale all’imposta sul reddito (articolo 1, paragrafo 4):

    (...)

    4.      i redditi da un lavoro dipendente (articolo 19)

    a)      che è stato o viene svolto in Germania ovvero i cui redditi sono stati o siano percepiti in Germania.

    (...)

    (...)».

    26      L’articolo 50 dell’EStG, recante disposizioni specifiche relative ai soggetti passivi parzialmente assoggettati ad imposta, prevede quanto segue:

    «(1)      Le persone parzialmente assoggettate all’imposta sul reddito hanno la facoltà di dedurre gli oneri deducibili di cui all’articolo 4, paragrafi da 4 a 8, o le spese professionali di cui all’articolo 9, solo nella misura in cui tali spese e oneri presentino un nesso economico con redditi nazionali. (…)

    (2)      L’imposta sul reddito applicabile ai redditi soggetti a ritenuta alla fonte sulla retribuzione (...) si considera, per quanto riguarda i contribuenti parzialmente assoggettati all’imposta, assolta a seguito del prelievo alla fonte. La prima frase non si applica:

    (...)

    4.      ai redditi da lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 1, punto 4;

    a)      in caso di costituzione di un importo esente quale dato specifico ai fini della ritenuta alla fonte dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 39a, paragrafo 4, o

    b)      in caso di richiesta di imposizione sul reddito (articolo 46, paragrafo 2, punto 8);

    (...)

    (...) La seconda frase, punto 4, lettera b), [trova applicazione] unicamente ai cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato a cui si applica l’accordo sullo Spazio economico europeo [, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3, in prosieguo: l’«accordo SEE»)], che hanno il domicilio o la residenza abituale nel territorio di uno di detti Stati. (...)».

     Procedimento principale e questione pregiudiziale

    27      Nel corso del periodo di cui trattasi nel procedimento principale, AB, cittadino tedesco, ha lavorato come amministratore per conto di una società tedesca con sede a Z (Germania) e ha ricavato da tale impiego redditi da attività dipendente, mentre aveva il proprio domicilio e la propria residenza abituale in Svizzera. AB esercitava le sue attività in telelavoro dal proprio domicilio in Svizzera nonché nell’ambito di viaggi di lavoro in Germania.

    28      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che AB si è trasferito dalla Germania in Svizzera nel mese di aprile 2016 per ragioni familiari connesse all’assunzione di un’attività lavorativa in tale Stato da parte di sua moglie e che il suo insediamento in Svizzera è avvenuto nel rispetto delle formalità e in base ad un’autorizzazione di soggiorno.

    29      Nel corso del periodo di cui trattasi nel procedimento principale, AB era sottoposto in Germania ad un assoggettamento parziale ad imposta, conformemente all’articolo 1, paragrafo 4, dell’EStG. L’integralità della sua retribuzione era assoggettata a un’imposta sui redditi da lavoro dipendente, la cui riscossione mediante ritenuta alla fonte e il cui trasferimento all’amministrazione tributaria sono stati effettuati dal datore di lavoro di AB.

    30      Nell’ambito delle sue trasferte professionali AB ha utilizzato una vettura acquisita in leasing, non fornita dal datore di lavoro, e ha sostenuto, in particolare, spese proprie connesse a tale veicolo nonché altre spese di trasferta. Durante il periodo di cui trattasi nel procedimento principale, egli non ha fatto registrare alcuna deduzione dall’amministrazione tributaria.

    31      Oltre al reddito da lavoro dipendente, AB percepiva redditi provenienti dalla locazione e dall’affitto di due immobili situati in Germania.

    32      Nelle sue dichiarazioni dell’imposta sul reddito relative al periodo di cui trattasi nel procedimento principale, presentate all’amministrazione tributaria, AB ha dichiarato, oltre ai redditi provenienti dalla locazione e dall’affitto, i redditi da attività di lavoro dipendente. Per l’anno d’imposta 2017, egli ha indicato che, su redditi lordi provenienti da un’attività di lavoro dipendente per un importo totale di EUR 113 299,41, una retribuzione lorda pari a EUR 63 651 corrispondeva alle attività svolte in Germania ed era ivi imponibile. Per l’anno d’imposta 2018, su redditi lordi provenienti da un’attività di lavoro dipendente per un importo totale pari a EUR 115 498,41, una retribuzione lorda pari a EUR 60 932 corrisponderebbe alle attività svolte in Germania e, per l’anno d’imposta 2019, su redditi lordi provenienti da un’attività di lavoro dipendente per un importo complessivo pari a EUR 115 314,91, una retribuzione lorda pari a EUR 57 429 corrisponderebbe alle attività svolte in Germania.

    33      Nelle dichiarazioni suddette AB ha fatto valere, quali spese che contribuiscono a ridurre l’importo dell’imposta, spese professionali, vale a dire spese connesse a un’attività imponibile in Germania, e ha presentato una domanda di imposizione sul reddito, conformemente all’articolo 50, paragrafo 2, seconda frase, punto 4, lettera b), dell’EStG, in combinato disposto con l’articolo 50, paragrafo 2, settima frase, dello stesso (in prosieguo: l’«imposizione su richiesta»).

    34      Negli avvisi di accertamento relativi al periodo di cui trattasi nel procedimento principale, l’amministrazione tributaria si è basata unicamente sui redditi derivanti da locazione e dall’affitto per il calcolo dell’imposta sul reddito, ritenendo che l’imposta sui redditi da lavoro dipendente fosse già stata assolta mediante ritenuta alla fonte conformemente all’articolo 50, paragrafo 2, prima frase, dell’EStG. Di conseguenza, non vi è stata neppure detrazione dell’imposta tedesca sui redditi da lavoro dipendente già assolta né della sovrattassa di solidarietà dall’importo calcolato dell’imposta tedesca sul reddito. L’amministrazione tributaria ha rifiutato l’imposizione su richiesta in quanto quest’ultima era limitata ai lavoratori aventi il loro domicilio o la loro residenza abituale in uno Stato membro dell’Unione o in uno Stato parte dell’Accordo SEE.

    35      Poiché i reclami di AB avverso tali avvisi di accertamento sono stati respinti con decisioni del 25 febbraio 2020 e del 15 novembre 2021, AB ha proposto un ricorso dinanzi al Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), giudice del rinvio, al fine di ottenere l’imposizione su richiesta con ripartizione della retribuzione, diversa rispetto alla ritenuta alla fonte dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente, tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione svizzera e la presa in considerazione delle spese professionali.

    36      Secondo AB, il rifiuto dell’imposizione su richiesta in caso di residenza in Svizzera è in contrasto con l’ALCP tenuto conto, in particolare, della sentenza del 26 febbraio 2019, Wächtler (C‑581/17, EU:C:2019:138), violerebbe il diritto alla parità di trattamento in materia di vantaggi fiscali, previsto all’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’ALCP, e non sarebbe giustificato. Neppure la clausola di standstill prevista all’articolo 13 dell’ALCP potrebbe essere invocata. La possibilità di optare per la registrazione di un importo esente come elemento specifico ai fini della ritenuta alla fonte dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente (in prosieguo: la «registrazione dell’importo esente») non eliminerebbe la disparità di trattamento né costituirebbe un motivo di giustificazione. Tale iscrizione dovrebbe essere richiesta prima della fine del periodo d’imposta, senza sapere esattamente se e in quale misura ciò sarebbe vantaggioso e richiederebbe la presentazione obbligatoria di una dichiarazione dell’imposta sul reddito entro un termine determinato, mentre, in caso di imposizione su richiesta, esisterebbe solo un termine di liquidazione di quattro anni.

    37      L’amministrazione tributaria fa valere, anzitutto, che, anche supponendo che AB rientri nell’ambito di applicazione ratione personae dell’ALCP e dell’allegato I di quest’ultimo, circostanza di cui tale amministrazione dubita, i diritti sanciti nell’ALCP non coinciderebbero con le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE. Inoltre, dalla clausola di standstill, prevista all’articolo 13 dell’ALCP, deriverebbe un diritto al mantenimento di tutte le restrizioni esistenti alla data della firma dell’ALCP. Orbene, l’effetto liberatorio della ritenuta alla fonte dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente, previsto dall’EStG, per i redditi di un’attività di lavoro dipendente relativamente a persone soggette ad un assoggettamento parziale ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, prima frase, dell’EStG si applicava già a tale data.

    38      Infine, un’eventuale disparità di trattamento fiscale sarebbe giustificata, conformemente all’articolo 21, paragrafi 2 e 3, dell’ALCP. La possibilità, nell’ambito della procedura di imposizione sulle retribuzioni, di far valere le proprie spese professionali e altri elementi che contribuiscono a ridurre l’imposta mediante la registrazione dell’importo esente deporrebbe contro l’esistenza di una discriminazione. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’esistenza di diverse procedure di imposizione non costituirebbe una violazione delle libertà fondamentali (sentenza del 22 dicembre 2008, Truck Center, C‑282/07, EU:C:2008:762) e, contrariamente alla situazione oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punti 53 e 54), la procedura di esenzione ai fini dell’imposta sui redditi da lavoro e la successiva procedura di imposizione obbligatoria avrebbero consentito, nel procedimento principale, di effettuare la deduzione delle spese professionali.

    39      Il giudice del rinvio precisa che, ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 1, punto 4, lettera a), dell’EStG, i redditi da un’attività di lavoro dipendente che è o è stata esercitata nel territorio nazionale, vale a dire in Germania, sono redditi nazionali ai fini dell’assoggettamento parziale e che è pacifico nel procedimento principale che solo la retribuzione corrispondente all’attività esercitata in Germania, sulla base della ripartizione per giorni di lavoro, è soggetta all’imposta sul reddito in Germania.

    40      Tale giudice indica che, in forza dell’articolo 50, paragrafo 2, prima frase, dell’EStG, l’imposta relativa ai redditi da lavoro dipendente si considera, in linea di principio, assolta mediante ritenuta alla fonte sulla retribuzione. Tale ritenuta si effettua, in linea di principio, in funzione della retribuzione lorda e, se del caso, di importi forfettari di ritenuta. Tuttavia, conformemente all’EStG, una ritenuta inferiore dell’imposta sui redditi da lavoro dipendente sarebbe possibile mediante la registrazione dell’importo esente, che potrebbe essere richiesta da qualsiasi lavoratore parzialmente assoggettato all’imposta sul reddito, inclusi i residenti in Svizzera, mediante un modulo prescritto dall’amministrazione tributaria depositato tempestivamente prima della fine dell’anno civile.

    41      Nel caso di tale iscrizione, l’effetto liberatorio della ritenuta alla fonte sarebbe escluso in forza dell’articolo 50, paragrafo 2, seconda frase, punto 4, lettera a), dell’EStG, e il contribuente dovrebbe avviare una procedura di imposizione (imposizione obbligatoria) nell’ambito della quale i redditi sarebbero calcolati indipendentemente dai valori considerati nella procedura di imposizione sulle retribuzioni e l’imposta sul reddito sarebbe calcolata procedendo in particolare alla detrazione dell’imposta sulle retribuzioni già versata. L’iscrizione di un importo esente troppo elevato potrebbe condurre a solleciti d’imposta che l’amministrazione tributaria dovrebbe poi far valere presso il contribuente residente all’estero. Tuttavia, in caso di spese professionali più elevate rispetto all’importo esente fatto valere nell’ambito della procedura di imposizione o, ad esempio, di redditi che sono solo parzialmente imponibili, potrebbe sussistere anche un diritto al rimborso. Il contribuente sarebbe altresì soggetto all’obbligo di presentare una dichiarazione dei redditi e, se non lo facesse, potrebbe essere oggetto di un calcolo d’ufficio con stima delle basi imponibili, di una fissazione di una maggiorazione di mora o di una minaccia di penalità con determinazione del suo importo.

    42      Al di fuori della registrazione dell’importo esente, i cittadini di uno Stato membro dell’Unione o di un altro Stato parte dell’Accordo SEE, che abbiano il domicilio o la residenza abituale nel territorio di uno di tali Stati, potrebbero optare per l’imposizione su richiesta in forza dell’articolo 50, paragrafo 2, seconda frase, punto 4, lettera b), e dell’articolo 46, paragrafo 2, punto 8, dell’EStG. La presentazione della dichiarazione dei redditi equivarrebbe all’esercizio del diritto di opzione e il contribuente potrebbe decidere liberamente, entro il termine di liquidazione di quattro anni, se desidera presentare una dichiarazione dei redditi, cosa che, secondo il giudice del rinvio, farebbe solo ove l’imposta sui redditi da lavoro dipendente assolta fosse più elevata dell’imposta sul reddito calcolata.

    43      Tale giudice precisa che l’articolo 46 dell’EStG riguardante l’imposizione su richiesta di lavoratori nazionali è in vigore da decenni, mentre il diritto all’imposizione su richiesta per i cittadini degli Stati membri e degli altri Stati parti dell’Accordo SEE residenti in tali Stati è in vigore dal 1º gennaio 1997 ed è stato introdotto come reazione alla sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31).

    44      Il giudice del rinvio indica che, se l’ALCP dovesse essere interpretato nel senso che osta alla limitazione dell’imposizione su richiesta ai contribuenti residenti in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’accordo SEE, occorrerebbe procedere ad un’imposizione su richiesta per il periodo di cui trattasi nel procedimento principale, il che avrebbe come conseguenza la presa in considerazione delle spese professionali a favore del ricorrente nel procedimento principale e la detrazione dell’imposta tedesca sui redditi da lavoro dipendente. Ne risulterebbe per AB un rimborso d’imposta considerevole.

    45      In tali circostanze, il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se le disposizioni dell’[ALCP], in particolare i suoi articoli 7 e 15 in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, del suo allegato I (diritto alla parità di trattamento), debbano essere interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, mentre i lavoratori cittadini di uno Stato membro dell’[Unione o di uno Stato parte] del SEE (compresa la [Repubblica federale di] Germania) stabiliti (con residenza o dimora abituale) in Germania o in Stati [membri dell’Unione o in Stati parte del] SEE possono richiedere volontariamente un accertamento dell’imposta sul reddito sulla base del reddito da lavoro dipendente imponibile in Germania (“accertamento su richiesta”), in particolare per ottenere un rimborso di tale imposta che tenga conto delle spese (spese professionali) e della ritenuta alla fonte a titolo di imposta tedesca sui redditi da lavoro dipendente, tale diritto è invece negato a cittadini tedeschi e svizzeri residenti in Svizzera».

     Sulla questione pregiudiziale

    46      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 7 e 15 dell’ALCP, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’ALCP, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro che riserva ai contribuenti cittadini di tale Stato membro, di un altro Stato membro o di uno Stato parte dell’Accordo SEE, residenti nel territorio di uno di tali Stati, il diritto di optare per una procedura di imposizione su richiesta dei redditi da un’attività di lavoro dipendente al fine di ottenere la presa in considerazione di spese quali le spese professionali e l’imputazione dell’imposta sulle retribuzioni prelevata nell’ambito del procedimento di ritenuta alla fonte, il che può condurre al rimborso dell’imposta sul reddito, e non conferisce un siffatto diritto di opzione, in particolare, a un cittadino del primo Stato membro, residente in Svizzera e che percepisce i redditi da un’attività di lavoro dipendente in tale Stato membro.

     Osservazioni preliminari

    47      In limine, occorre ricordare che, l’ALCP, essendo un trattato internazionale, dev’essere interpretato, conformemente all’articolo 31 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331), in buona fede, seguendo il senso ordinario da attribuire ai suoi termini nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo. Inoltre, emerge da tale disposizione che un termine dev’essere inteso in un senso specifico se risulta che tale era l’intenzione delle parti (sentenza del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

    48      La Corte ha già precisato, in primo luogo, che l’ALCP si colloca nell’ambito più generale delle relazioni tra l’Unione europea e la Confederazione svizzera. Anche se quest’ultima non partecipa allo Spazio economico europeo e al mercato interno dell’Unione, essa è tuttavia legata a quest’ultima da molteplici accordi che disciplinano vasti settori e prevedono diritti ed obblighi specifici, analoghi, per certi aspetti, a quelli previsti dal Trattato. L’oggetto generale di tali accordi, ivi compreso l’ALCP, è quello di rafforzare i rapporti economici tra l’Unione e la Confederazione svizzera (sentenze del 6 ottobre 2011, Graf e Engel, C‑506/10, EU:C:2011:643, punto 33, e del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 36).

    49      Tuttavia, poiché la Confederazione svizzera non ha aderito al mercato interno dell’Unione, l’interpretazione data alle disposizioni del diritto dell’Unione riguardanti tale mercato non può essere automaticamente trasposta all’interpretazione dell’ALCP, salvo espresse disposizioni a tal fine previste dall’accordo stesso (sentenze del 15 marzo 2018, Picart, C‑355/16, EU:C:2018:184, punto 29, e del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 37).

    50      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obiettivo dell’ALCP e l’interpretazione di tali termini, la Corte ha dichiarato che risulta dal preambolo, dall’articolo 1 e dall’articolo 16, paragrafo 2, dell’Accordo medesimo, che esso mira a realizzare, in favore dei cittadini, persone fisiche, dell’Unione e della Confederazione svizzera, la libera circolazione delle persone sul territorio di tali parti, basandosi sulle disposizioni in applicazione nell’Unione, le cui nozioni devono essere interpretate tenendo conto della giurisprudenza pertinente della Corte anteriore alla data della firma del suddetto accordo. Per quanto riguarda la giurisprudenza successiva a tale data, occorre rilevare che l’articolo 16, paragrafo 2, dell’ALCP prevede, da un lato, che tale giurisprudenza debba essere comunicata alla Confederazione svizzera e, dall’altro lato, che, allo scopo di assicurare il buon funzionamento dell’Accordo, su domanda di una parte contraente, il comitato misto previsto al suo articolo 14 determina le implicazioni di una simile giurisprudenza. Ciò premesso, anche in assenza di una decisione di tale comitato, tale giurisprudenza dev’essere parimenti presa in considerazione per quanto essa non faccia che precisare o confermare i principi elaborati nella giurisprudenza esistente alla data della firma dell’ALCP relativa alle nozioni di diritto dell’Unione, a cui l’Accordo stesso si ispira (sentenza del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punti 38 e 39).

    51      È conformemente a tali principi e alla luce di tali considerazioni che occorre interpretare le clausole dell’ALCP al fine di determinare, in primo luogo, se una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione di tale accordo e, in caso affermativo, in secondo luogo, se esse ostino a una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

     Sullapplicabilità dellALCP

    52      Occorre rilevare, innanzitutto, che ai sensi del preambolo nonché dell’articolo 1, lettere a) e c), dell’ALCP, rientrano nell’ambito di applicazione di tale Accordo persone fisiche, aventi la cittadinanza degli Stati membri dell’Unione e della Confederazione svizzera, sia che esercitino un’attività economica sia che non esercitino una simile attività (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 41).

    53      Inoltre, dal testo dell’articolo 1, lettere a), c) e d), dell’ALCP risulta che quest’ultimo mira a concedere a detti cittadini, in particolare, un diritto di ingresso, di soggiorno, di accesso a un’attività economica dipendente nonché le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali (sentenza del 21 settembre 2016, Radgen, C‑478/15, EU:C:2016:705, punto 37).

    54      A tale proposito, la Corte ha già indicato che l’ALCP garantisce, al suo articolo 4, il diritto di accesso a un’attività economica conformemente alle disposizioni dell’allegato I di tale accordo, mentre il capo II di tale allegato I contiene disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori dipendenti e, in particolare, quelle relative al principio di parità di trattamento (sentenza del 21 settembre 2016, Radgen, C‑478/15, EU:C:2016:705, punto 38). Peraltro, l’articolo 7, lettera a), dell’ALCP, prevede che le parti contraenti disciplinino, conformemente a tale allegato I, in particolare il diritto alla parità di trattamento con i cittadini nazionali per quanto riguarda l’accesso a un’attività economica e il suo esercizio, nonché le condizioni di vita, di occupazione e di lavoro.

    55      Infine, l’articolo 2 dell’ALCP dispone che i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente nel territorio di un’altra parte contraente non sono oggetto, nell’applicazione e ai sensi delle disposizioni degli allegati da I a III di tale accordo, di alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità. Il principio di non discriminazione enunciato in tale articolo 2 si applica nei limiti in cui la situazione di tali cittadini rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae delle disposizioni degli allegati da I a III dell’ALCP (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2010, Hengartner e Gasser, C‑70/09, EU:C:2010:430, punto 39).

    56      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, nel corso del periodo di cui trattasi nel procedimento principale, AB ha svolto le sue attività per un datore di lavoro stabilito in Germania in telelavoro dal suo domicilio in Svizzera nonché nell’ambito delle trasferte professionali verso la Germania e ha ricavato da tale impiego redditi da un’attività di lavoro dipendente, di cui contesta il trattamento fiscale da parte di tale Stato membro.

    57      Risulta altresì dalle indicazioni del giudice del rinvio che l’imposizione in Germania riguarda soltanto la retribuzione corrispondente all’attività esercitata in Germania, sulla base della ripartizione per giornate lavorative.

    58      Pertanto, in quanto cittadino tedesco che soggiorna legalmente nel territorio svizzero, AB rientra nella categoria delle persone di cui agli articoli 1 e 2 dell’ALCP. Occorre ancora verificare se la situazione di AB rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’allegato I dell’ALCP che, conformemente all’articolo 15 dell’ALCP, ne costituisce parte integrante e che prevede disposizioni relative alla libera circolazione delle persone, in particolare ai lavoratori dipendenti.

    59      Occorre rilevare che l’ambito di applicazione ratione personae della nozione di «lavoratore dipendente», ai sensi dell’ALCP, è definito agli articoli 6 e 7 dell’allegato I di tale accordo (v., per analogia, sentenze del 15 marzo 2018, Picart, C‑355/16, EU:C:2018:184, punto 18, e del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 47).

    60      Ai sensi dell’articolo 6 di detto allegato I, è considerato lavoratore subordinato un cittadino di una parte contraente che occupa un impiego al servizio del datore di lavoro dello Stato ospitante.

    61      L’articolo 7, paragrafo 1, del medesimo allegato I definisce il lavoratore dipendente frontaliero come un cittadino di una parte contraente che ha la sua residenza sul territorio di una parte contraente e che esercita un’attività retribuita sul territorio dell’altra parte contraente e ritorna al luogo del proprio domicilio di norma ogni giorno, o almeno una volta alla settimana

    62      La suddetta disposizione stabilisce una distinzione tra il luogo di residenza, localizzato sul territorio di una parte contraente, ed il luogo di esercizio di un’attività di lavoro dipendente che deve trovarsi sul territorio dell’altra parte contraente, indipendentemente dalla cittadinanza dell’interessato (sentenza del 19 novembre 2015, Bukovansky, C‑241/14, EU:C:2015:766, punto 33 e giurisprudenza ivi citata),

    63      Si deve constatare che l’articolo 7, paragrafo 1, dell’allegato I dell’ALCP può essere applicato alla situazione di AB. Quest’ultimo è, infatti, cittadino «di una parte contraente», ossia la Repubblica federale di Germania, risiede sul territorio «di una parte contraente», nella fattispecie la Confederazione svizzera, ed esercita un’attività dipendente sul territorio «dell’altra parte contraente», ossia la Repubblica federale di Germania (v., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2015, Bukovansky, C‑241/14, EU:C:2015:766, punto 32).

    64      Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio verificare se il requisito del ritorno al luogo del domicilio, di cui all’articolo 7, paragrafo 1, dell’allegato I dell’ALCP, sia soddisfatto nella situazione di cui al procedimento principale.

    65      Qualora il giudice del rinvio constatasse che, in ragione di soggiorni nel territorio tedesco, senza ritornare al proprio domicilio, più prolungati di quelli di cui all’articolo 7, paragrafo 1, dell’allegato I dell’ALCP, AB non può essere qualificato come «lavoratore dipendente frontaliero», egli può, tuttavia, avvalersi dell’ALCP in quanto «lavoratore dipendente», ai sensi dell’ALCP.

    66      Infatti, in una situazione caratterizzata dal fatto che la residenza di AB, cittadino tedesco, è stabilita in Svizzera e che egli svolge un’attività di lavoro dipendente nel territorio tedesco per un datore di lavoro stabilito in Germania, la formulazione dell’articolo 6 dell’allegato I dell’ALCP non osta a che quest’ultimo Stato possa essere considerato lo «Stato ospitante», ai sensi degli articoli 6 e seguenti di tale allegato I e che AB sia ivi considerato un «lavoratore subordinato», ai sensi del capitolo II dell’allegato I dell’ALCP, vale a dire come un cittadino di una parte contraente che occupa un impiego al servizio di un datore di lavoro dello Stato ospitante, che è, nel caso di specie, anche lo Stato di origine di tale cittadino.

    67      Una tale conclusione è suffragata dall’impianto sistematico del capitolo II dell’allegato I dell’ALCP, dagli obiettivi generali di quest’ultimo, nonché dalle disposizioni dell’articolo 6 dell’ALCP e dell’articolo 24, paragrafo 1, dell’allegato I dell’ALCP, che sanciscono il diritto di soggiorno, ovvero il diritto dei cittadini di una parte contraente di stabilire la propria residenza sul territorio dell’altra parte contraente indipendentemente dall’esercizio di un’attività economica.

    68      Infatti, sebbene le disposizioni dell’articolo 6 dell’allegato I dell’ALCP, relative alla carta di soggiorno, dell’articolo 8 di tale allegato, relative alla mobilità professionale e geografica, nonché dell’articolo 10 di detto allegato, che prevede la facoltà di negare ai cittadini di una parte contraente il diritto di occupare, presso la pubblica amministrazione, un posto legato all’esercizio della pubblica podestà, non conferiscano diritti supplementari ai lavoratori dipendenti nello Stato ospitante di cui sono cittadini e non possano essere loro opposti, non è questo il caso dell’articolo 9 dell’allegato I dell’ALCP, intitolato «Parità di trattamento», che garantisce l’applicazione del principio di non discriminazione enunciato all’articolo 2 dell’ALCP nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori (v., per analogia, sentenze del 19 novembre 2015, Bukovansky, C‑241/14, EU:C:2015:766, punto 47, e del 21 settembre 2016, Radgen, C‑478/15, EU:C:2016:705, punto 39).

    69      Infatti, la Corte ha già dichiarato che i cittadini di una parte contraente possono invocare diritti sanciti dall’ALCP anche nei confronti del loro stesso paese, in talune circostanze e in considerazione delle disposizioni applicabili (sentenza del 28 febbraio 2013, Ettwein, C‑425/11, EU:C:2013:121, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

    70      Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, la Corte ha considerato, in particolare, che l’articolo 9 dell’allegato I dell’ALCP, che enuncia, al suo paragrafo 2, una norma specifica volta a far godere il lavoratore dipendente e i membri della sua famiglia degli stessi vantaggi fiscali e sociali di cui dispongono i lavoratori subordinati nazionali e i membri delle loro famiglie, può essere invocato da un lavoratore cittadino di una parte contraente che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione nei confronti del suo Stato d’origine (v., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2015, Bukovansky, C‑241/14, EU:C:2015:766, punto 36, e del 21 settembre 2016, Radgen, C‑478/15, EU:C:2016:705, punto 40).

    71      Orbene, da un lato, la situazione di un lavoratore dipendente, come AB, che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione trasferendo la propria residenza dalla Germania alla Svizzera e che occupa un impiego nel suo Stato di origine, che è anche il suo Stato ospitante, è paragonabile a quella, esaminata dalla Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 19 novembre 2015, Bukovansky, (C‑241/14, EU:C:2015:766), di un lavoratore frontaliero cittadino tedesco che ha trasferito la sua residenza dalla Germania alla Svizzera pur mantenendo il suo luogo di lavoro dipendente nel primo Stato.

    72      Dall’altro lato, dalla giurisprudenza della Corte risulta che le disposizioni del capitolo II dell’allegato I dell’ALCP e, in particolare, il principio della parità di trattamento, si applicano allo stesso modo ai lavoratori dipendenti e ai lavoratori dipendenti frontalieri, senza stabilire al riguardo una distinzione tra di essi (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2008, Stamm e Hauser, C‑13/08, EU:C:2008:774, punto 42), mentre la situazione particolare dei lavoratori dipendenti frontalieri è presa in considerazione all’articolo 7 dell’allegato I dell’ALCP (v., per analogia, sentenza del 28 febbraio 2013, Ettwein (C‑425/11, EU:C:2013:121, punti 37 e 38).

    73      Inoltre, come ricordato ai punti 52 e 53 della presente sentenza, l’ALCP mira a far beneficiare i cittadini, persone fisiche, degli Stati membri dell’Unione e della Confederazione svizzera della libera circolazione nel territorio di tali parti dell’ALCP.

    74      Peraltro, l’articolo 6 dell’ALCP e l’articolo 24, paragrafo 1, dell’allegato I dell’ALCP sanciscono il diritto di soggiorno, ovvero il diritto dei cittadini di una parte contraente di stabilire la propria residenza sul territorio dell’altra parte contraente indipendentemente dall’esercizio di un’attività economica.

    75      Il riconoscimento del diritto di un lavoratore dipendente, come AB, che ha trasferito la sua residenza in Svizzera e che occupa un impiego al servizio di un datore di lavoro stabilito in Germania, di invocare le disposizioni dell’ALCP nei confronti di quest’ultimo Stato è tale da consentirgli di godere pienamente del diritto di soggiorno previsto da tali disposizioni, pur mantenendo la sua attività economica nel suo paese d’origine (v., per analogia, sentenza del 28 febbraio 2013, Ettwein, C‑425/11, EU:C:2013:121, punto 39). Infatti, la libertà di circolazione delle persone, garantita dall’ALCP, sarebbe ostacolata se un cittadino di una parte contraente subisse uno svantaggio nel proprio paese di origine per il solo motivo di aver esercitato il proprio diritto di circolazione (sentenza del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

    76      Di conseguenza, la situazione di AB rientra nell’ambito di applicazione dell’ALCP e dell’allegato I dello stesso. Inoltre, il principio della parità di trattamento, previsto all’articolo 9 di detto allegato I, è applicabile alla situazione di un lavoratore dipendente come AB, che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione nei confronti dello Stato membro ospitante di tale lavoratore che è anche lo Stato di origine di detto lavoratore.

    77      Infine, tale interpretazione non è messa in discussione dalla sentenza del 12 novembre 2009, Grimme (C‑351/08, EU:C:2009:697), nella quale la Corte ha considerato che il principio di non discriminazione non si applicava nella situazione di un cittadino di uno Stato membro, occupato nel territorio dello stesso Stato membro, presso una filiale di una società di diritto svizzero. Infatti, dai fatti della causa che ha dato luogo a detta sentenza risulta che l’unico elemento di collegamento con la Svizzera era costituito dal fatto che la filiale presso la quale l’interessato era impiegato in Germania era una filiale di una società di diritto svizzero.

    78      Dal momento che la situazione di AB rientra nell’ambito di applicazione dell’ALCP e che il principio della parità di trattamento, previsto all’articolo 9 del suo allegato I, si applica a una situazione del genere, occorre verificare se l’ALCP, interpretato conformemente ai principi e alle considerazioni ricordati ai punti da 47 a 50 della presente sentenza, osti a che ad AB venga negato il diritto di optare per una procedura di imposizione su richiesta in Germania.

     Sulla portata delle clausole dellALCP

     Sulla differenza di trattamento rispetto ad un vantaggio fiscale

    79      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il diritto di optare per un’imposizione su richiesta, di cui intende beneficiare AB nell’ambito del procedimento principale, è conferito ai contribuenti che hanno il loro domicilio o la loro residenza abituale in Germania nonché ai contribuenti non residenti in Germania se sono cittadini di uno Stato membro o di uno Stato parte dell’Accordo SEE e risiedono nel territorio di uno di tali Stati.

    80      Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che il diritto di optare per l’imposizione su richiesta consente, in particolare, di richiedere la deduzione delle spese professionali necessarie per l’ottenimento dei redditi da lavoro dipendente, e di detrarre l’imposta sulla retribuzione prelevata nell’ambito del procedimento di ritenuta alla fonte, il che può condurre al rimborso dell’imposta sul reddito.

    81      Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, il diritto di optare per l’imposizione su richiesta costituisce un vantaggio fiscale, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’ALCP.

    82      La normativa di cui trattasi nel procedimento principale stabilisce quindi, per quanto riguarda la possibilità di beneficiare di un vantaggio fiscale quale il diritto di opzione per l’imposizione su richiesta, una disparità di trattamento in funzione della residenza del lavoratore dipendente, dato che un cittadino tedesco, come AB, non può far valere tale diritto di opzione a causa della sua qualità di lavoratore dipendente residente in Svizzera.

    83      Secondo una giurisprudenza precedente alla data della firma dell’ALCP e che la Corte ha recentemente ricordato nella sentenza del 24 febbraio 2015, Sopora (C‑512/13, EU:C:2015:108, punto 23), il principio della parità di trattamento vieta non soltanto le discriminazioni palesi fondate sulla nazionalità, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, applicando altri criteri di distinzione, come il criterio della residenza, pervenga al medesimo risultato (v., in tal senso, sentenze del 12 febbraio 1974, Sotgiu, 152/73, EU:C:1974:13, punto 11; del 14 febbraio 1995, Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punti 26 e 28, nonché del 12 settembre 1996, Commissione/Belgio, C‑278/94, EU:C:1996:321, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). Poiché il principio della parità di trattamento costituisce una nozione di diritto dell’Unione, tale giurisprudenza è valida anche rispetto all’applicazione di detto accordo, conformemente al suo articolo 16, paragrafo 2 (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2011, Graf e Engel (C‑506/10, EU:C:2011:643, punto 26).

    84      Una normativa che prevede una distinzione fondata sul criterio di residenza può quindi pervenire allo stesso risultato di una discriminazione fondata sulla cittadinanza, vietata dalle disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’ALCP.

    85      Si deve tuttavia rilevare che l’articolo 21, paragrafo 2, dell’ALCP consente l’applicazione di un trattamento differenziato, in materia fiscale, ai contribuenti che non si trovano in una situazione comparabile, in particolare per quanto riguarda il loro luogo di residenza (sentenze del 21 settembre 2016, Radgen, C‑478/15, EU:C:2016:705, punto 45, e del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 58).

    86      Infatti, in materia di imposte dirette, la situazione dei residenti e quella dei non residenti in un determinato Stato non sono di regola analoghe, in quanto presentano differenze oggettive per quanto riguarda sia la fonte dei redditi sia la capacità contributiva personale o la presa in considerazione della situazione personale e familiare (sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punti 31 e seguenti, nonché del 27 giugno 1996, Asscher, C‑107/94, EU:C:1996:251, punto 41).

    87      Tuttavia, in presenza di un vantaggio fiscale il cui godimento viene rifiutato ai non residenti, una disparità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti può essere qualificata come «discriminazione» quando non sussiste alcuna obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento su tale punto tra le due categorie di contribuenti (v., in tal senso, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punti 36 e 38, e del 27 giugno 1996, Asscher, C‑107/94, EU:C:1996:251, punto 42).

     Sulla comparabilità delle situazioni

    88      A tale proposito, il governo tedesco fa valere che, per quanto riguarda il diritto di optare per il regime dell’imposizione su richiesta, i lavoratori dipendenti residenti in Svizzera non si trovano in una situazione analoga a quella dei lavoratori subordinati residenti in Germania, alla luce, in particolare, degli obiettivi del regime dell’imposizione ai fini dell’imposta tedesca sui redditi, che consente di controllare, in caso di percepimento di redditi da lavoro dipendente, l’imposta sulle retribuzioni prelevata e di fissare l’importo corretto dell’imposta sul reddito.

    89      Secondo tale governo, in primo luogo, i lavoratori dipendenti residenti e non residenti potrebbero far prendere in considerazione le loro spese professionali che superano l’importo forfettario per lavoratore dipendente mediante la registrazione dell’importo esente. Orbene, se, per i lavoratori dipendenti non residenti, il termine per presentare una siffatta domanda era il 31 dicembre dell’anno civile durante il quale si applica la deduzione, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti residenti tale data sarebbe il 30 novembre di tale anno civile.

    90      Sarebbe pertanto necessario concedere ai lavoratori dipendenti residenti la facoltà di optare per l’imposizione su richiesta, affinché essi possano dedurre dal loro reddito da lavoro dipendente imponibile in Germania le loro spese professionali eventualmente più elevate o imprevedibili sostenute nel mese di dicembre dell’anno d’imposta per le quali non sarebbe possibile procedere alla registrazione dell’importo esente. I dipendenti residenti in Svizzera, parzialmente imponibili in Germania, non avrebbero questa necessità, tenuto conto del termine più lungo di cui essi dispongono per chiedere la registrazione dell’importo esente.

    91      In secondo luogo, i lavoratori dipendenti residenti e non residenti non si troverebbero in una situazione analoga per quanto riguarda i vantaggi fiscali connessi alla presa in considerazione della loro situazione personale e familiare e AB non apparterrebbe neppure alla categoria delle persone considerate integralmente soggette all’imposta tedesca sul reddito a loro richiesta, dato che la parte essenziale del loro reddito mondiale è imponibile in Germania.

    92      In terzo luogo, riferendosi alla sentenza del 22 dicembre 2008, Truck Center (C‑282/07, EU:C:2008:762, punto 47), detto governo fa valere che l’applicazione di procedure di imposizione diverse ai contribuenti a seconda che essi siano parzialmente o integralmente assoggettati ad imposta riflette la differenza delle situazioni in cui si trovano tali contribuenti per quanto riguarda la riscossione dell’imposta.

    93      Si deve constatare che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, la normativa tedesca prevede che i residenti di altri Stati membri dell’Unione o di uno Stato parte dell’Accordo SEE, parzialmente assoggettati all’imposta tedesca sul reddito, possano ugualmente beneficiare dell’imposizione su richiesta del loro reddito da lavoro dipendente, al fine di dedurre le loro spese professionali successivamente alla ritenuta alla fonte effettuata al momento del pagamento della retribuzione.

    94      Così facendo, la normativa tedesca equipara al riguardo i contribuenti residenti a taluni contribuenti non residenti e ammette così la comparabilità delle loro situazioni ai fini dell’imposizione delle loro retribuzioni percepite in Germania. Di conseguenza, non si può affermare che lo status di non residente di un contribuente renda, di per sé, la situazione di quest’ultimo oggettivamente diversa da quella di un contribuente residente. Orbene, il governo tedesco non ha addotto argomenti atti a dimostrare che la residenza di un contribuente proprio in Svizzera renderebbe la sua situazione oggettivamente diversa da quella di un contribuente residente in Germania.

    95      Inoltre, gli argomenti di tale governo diretti a contestare la comparabilità delle situazioni di tali contribuenti devono essere respinti.

    96      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento secondo cui solo i contribuenti residenti si troverebbero di fronte agli inconvenienti derivanti da un termine di registrazione dell’importo esente più breve, occorre rilevare che un siffatto carattere complementare della procedura di imposizione su richiesta rispetto alla procedura di registrazione dell’importo esente non risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte. Al contrario, dalle spiegazioni del giudice del rinvio risulta che la procedura di imposizione su richiesta costituisce una procedura alternativa e meno rigorosa rispetto alla procedura di registrazione dell’importo esente al fine di poter beneficiare di una presa in considerazione delle spese professionali.

    97      Infatti, il giudice del rinvio ha indicato che la presentazione della dichiarazione dei redditi equivaleva all’esercizio del diritto di opzione e il contribuente poteva decidere liberamente, entro il termine di liquidazione di quattro anni, di presentare o meno una dichiarazione dei redditi, cosa che farebbe solo ove l’imposta sui redditi da lavoro dipendente assolta fosse più elevata dell’imposta sul reddito calcolata. Per contro, la registrazione dell’importo esente obbligherebbe il contribuente ad effettuare una previsione riguardante l’importo delle entrate imponibili prevedibili e delle spese professionali deducibili e sarebbe legata ad un’incertezza quanto ad una deduzione troppo elevata e ad un eventuale pagamento complementare da parte del contribuente. Peraltro, una siffatta registrazione esporrebbe quest’ultimo all’obbligo di presentare una dichiarazione, a pena di sanzioni penali e di misure coercitive, entro un termine nettamente più breve del termine di prescrizione applicabile in materia di liquidazione.

    98      Di conseguenza, la differenza di situazioni riguardo alla possibilità di beneficiare di un’imposizione su richiesta non può, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, essere dedotta dai diversi termini di registrazione dell’importo esente applicabili ai residenti e ai non residenti.

    99      In secondo luogo, vero è che, come risulta dalla giurisprudenza ricordata ai punti 86 e 87 della presente sentenza, per quanto riguarda i vantaggi fiscali connessi alla considerazione della loro situazione personale e familiare, i residenti e i non residenti non si trovano, di regola, in situazioni comparabili. Tuttavia, occorre rilevare che il diritto di imposizione su richiesta consente di tener conto delle spese professionali.

    100    A tale proposito, è sufficiente rilevare che la considerazione di tali spese deriva non già dalla situazione personale del contribuente, bensì dalla circostanza che tali spese sono sostenute per ricavare redditi da un’attività di lavoro dipendente e che, come risulta dall’articolo 50, paragrafo 1, dell’EStG, la normativa tedesca prevede la considerazione delle spese professionali per i contribuenti non residenti nella misura in cui tali spese presentano un nesso economico con i redditi tedeschi. Di conseguenza, la stessa normativa tedesca equipara le situazioni dei contribuenti residenti e non residenti per quanto riguarda la considerazione delle spese professionali che presentano un nesso economico con i redditi tedeschi.

    101    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento del governo tedesco relativo alla differenza delle situazioni dei contribuenti residenti e non residenti quanto alla riscossione dell’imposta, occorre rilevare che il trattamento fiscale svantaggioso non deriva da una differenza riguardante la tecnica di riscossione, dato che l’imposta sui redditi da lavoro dipendente è, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, in entrambi i casi prelevata mediante ritenuta alla fonte, senza che la procedura di imposizione su richiesta abbia l’effetto di mettere in discussione tale prelievo. Inoltre, come indicato dal giudice del rinvio, il diritto all’imposizione su richiesta non porterebbe ad un debito d’imposta da riscuotere e a conseguenti difficoltà per la Repubblica federale di Germania. Esso non richiederebbe neppure un’assistenza amministrativa particolare ai fini dell’accertamento dei fatti e della riscossione dell’imposta.

    102    Di conseguenza, l’articolo 21, paragrafo 2, dell’ALCP non può essere invocato al fine di negare a un lavoratore dipendente il vantaggio fiscale costituito dal diritto di opzione per l’imposizione su richiesta per il solo motivo che la sua residenza si trova in Svizzera e non in Germania.

     Sull’esistenza di una giustificazione

    103    Occorre, pertanto, esaminare se, come afferma il governo tedesco, una siffatta differenza di trattamento possa essere giustificata ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 3, dell’ALCP o dal motivo imperativo di interesse generale attinente alla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale.

    104    In primo luogo, l’articolo 21, paragrafo 3, dell’ALCP prevede, in particolare, che tale accordo non vieta alle parti contraenti di adottare o di applicare misure volte a garantire l’imposizione, il pagamento o il recupero effettivo delle imposte o a prevenire l’evasione fiscale conformemente alle disposizioni della normativa tributaria nazionale di una parte contraente. La Corte ha dichiarato che siffatte misure, che corrispondono, in forza della giurisprudenza della Corte nell’ambito della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione, a motivi imperativi di interesse generale, devono, in ogni caso, rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire che devono essere idonee a realizzare tali obiettivi e che non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungerli (sentenza del 26 febbraio 2019, Wächtler, C‑581/17, EU:C:2019:138, punto 63).

    105    Orbene, negare il beneficio di un’imposizione su richiesta non sembra costituire una misura idonea a garantire l’imposizione, il pagamento o il recupero effettivo delle imposte o a prevenire l’evasione fiscale. A tale proposito, come rilevato al punto 101 della presente sentenza, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che il diritto all’imposizione su richiesta non conduce ad un debito d’imposta da riscuotere e a conseguenti difficoltà per la Repubblica federale di Germania nell’ambito della procedura di riscossione e non necessita neppure di un’assistenza amministrativa particolare ai fini dell’accertamento dei fatti e della riscossione dell’imposta.

    106    Infatti, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 89 delle sue conclusioni, la ritenuta alla fonte applicata alle retribuzioni corrisposte in Germania a residenti in Svizzera garantisce che le autorità tedesche percepiscano correttamente l’imposta sul reddito su dette retribuzioni.

    107    In secondo luogo, il governo tedesco fa valere che la differenza di trattamento di cui trattasi è giustificata dalla necessità di garantire la coerenza fiscale. Infatti, la possibilità, per i lavoratori dipendenti integralmente soggetti all’imposta tedesca sul reddito, di beneficiare del regime dell’imposizione su richiesta sarebbe simmetrica alla possibilità loro offerta di chiedere la registrazione dell’importo esente fino al 30 novembre dell’anno civile pertinente.

    108    A tale riguardo, la Corte ha ammesso che il motivo imperativo di interesse generale connesso alla necessità di garantire la coerenza fiscale può essere invocato al fine di giustificare una differenza di trattamento vietata, in linea di principio, dall’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’ALCP (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2016, Radgen (C‑478/15, EU:C:2016:705, punti 50, 52 e 54). Affinché un argomento fondato su tale giustificazione possa essere accolto occorre inoltre dimostrare l’esistenza di un nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale vantaggio tramite un determinato prelievo fiscale (v., per analogia, sentenze del 27 giugno 1996, Asscher, C‑107/94, EU:C:1996:251, punto 58, e del 16 luglio 1998, ICI, C‑478/96, EU:C:1998:370, punto 29).

    109    Orbene, come rilevato al punto 96 della presente sentenza, un siffatto nesso diretto non sussiste in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

     Sulla clausola di standstill

    110    Infine, il governo tedesco fa valere che il rifiuto opposto ai lavoratori dipendenti residenti in Svizzera e che lavorano in Germania di beneficiare del regime dell’imposizione su richiesta non è contrario all’ALCP a causa della clausola di standstill prevista all’articolo 13 dell’ALCP, che dovrebbe essere interpretata in modo analogo all’articolo 64 TFUE. Secondo tale governo, tale clausola conferirebbe un diritto al mantenimento in vigore delle restrizioni esistenti, posto che la data di riferimento non è, al riguardo, la data della firma dell’ALCP, bensì quella dell’entrata in vigore di quest’ultimo, vale a dire il 1º giugno 2002. Una siffatta interpretazione, che deriverebbe dalla qualificazione stessa come clausola di standstill, sarebbe l’unica che garantisca l’effetto utile di una siffatta clausola.

    111    Si deve rilevare che, conformemente al testo dell’articolo 13 dell’ALCP, le parti contraenti si impegnano a non adottare nuove misure restrittive nei confronti dei cittadini dell’altra parte nel campo di applicazione di tale accordo. Per contro, tale articolo 13 non contiene indicazioni per quanto riguarda un eventuale diritto degli Stati parti dell’ALCP di mantenere restrizioni esistenti.

    112    È giocoforza constatare che l’articolo 13 dell’ALCP è, a tal riguardo, sostanzialmente diverso dall’articolo 64 TFUE, il quale prevede espressamente che l’articolo 63 TFUE lascia impregiudicata l’applicazione ai paesi terzi di restrizioni in vigore al 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali o della legislazione dell’Unione per quanto riguarda taluni movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti.

    113    Il diritto al mantenimento delle misure idonee a costituire eccezioni al principio della parità di trattamento sancito all’articolo 9 dell’allegato I dell’ALCP non può, inoltre, essere dedotto né dal contesto in cui si inserisce l’articolo 13 dell’ALCP né dagli obiettivi perseguiti da tale accordo.

    114    Da un lato, l’articolo 13 dell’ALCP fa parte del titolo II dell’ALCP, relativo alle disposizioni generali e finali, nel quale rientra altresì l’articolo 10 dell’ALCP, che prevede il diritto della Confederazione svizzera nonché di taluni Stati membri di mantenere per un certo periodo contingenti per quanto riguarda l’accesso a un’attività economica per talune categorie di soggiorni e i controlli della priorità concessa al lavoratore integrato nel mercato regolare del lavoro e delle condizioni di retribuzione e di lavoro per i cittadini dell’altra parte contraente, nonché il diritto della Confederazione svizzera di riservare, nell’ambito dei suoi contingenti globali, quantitativi minimi di nuove carte di soggiorno a lavoratori dipendenti e autonomi dell’Unione.

    115    Orbene, tenuto conto del carattere fondamentale del principio della parità di trattamento, la facoltà delle parti contraenti di mantenere misure idonee a costituire eccezioni a tale principio avrebbe dovuto essere oggetto di una disposizione esplicita dell’ALCP, al pari delle restrizioni alla libera circolazione di cui all’articolo 10 dell’ALCP.

    116    Dall’altro lato, l’interpretazione dell’ALCP che consente il mantenimento, per tutta la sua durata, delle restrizioni esistenti alla data della firma o dell’entrata in vigore dell’ALCP sarebbe in contrasto con gli obiettivi perseguiti da quest’ultimo, quali ricordati ai punti 50 e 53 della presente sentenza, diretti a realizzare, a favore dei cittadini, persone fisiche, degli Stati membri dell’Unione e della Confederazione svizzera, la libera circolazione delle persone sul territorio di tali parti contraenti e a concedere a tali cittadini, in particolare, un diritto di ingresso, di soggiorno e di accesso a un’attività economica dipendente nonché le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali.

    117    Di conseguenza, l’articolo 13 dell’ALCP non può essere interpretato nel senso che autorizza il mantenimento del rifiuto opposto ai lavoratori dipendenti residenti in Svizzera e che lavorano in Germania di beneficiare del diritto di opzione per il regime dell’imposizione su richiesta.

    118    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni si deve rispondere alla questione posta dichiarando che gli articoli 7 e 15 dell’ALCP, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’ALCP, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro che riserva ai contribuenti cittadini di tale Stato membro, di un altro Stato membro o di uno Stato parte dell’Accordo SEE, residenti nel territorio di uno di tali Stati, il diritto di optare per una procedura di imposizione su richiesta dei redditi da un’attività di lavoro dipendente al fine di ottenere la presa in considerazione di spese quali le spese professionali, e l’imputazione dell’imposta sulle retribuzioni prelevata nell’ambito del procedimento di ritenuta alla fonte, il che può condurre al rimborso dell’imposta sul reddito, e non conferisce un siffatto diritto di opzione, in particolare, a un cittadino del primo Stato membro, residente in Svizzera e che percepisce i redditi da un’attività di lavoro dipendente in tale Stato membro.

     Sulle spese

    119    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

    Gli articoli 7 e 15 dell’Accordo tra la Comunità Europea ed i suoi Stati Membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall’altra sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999, come modificato da ultimo dal Protocollo del 4 marzo 2016 relativo alla partecipazione, in qualità di parte contraente, della Repubblica di Croazia, a seguito della sua adesione all’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I di tale accordo,

    devono essere interpretati nel senso che:

    ostano a una normativa di uno Stato membro che riserva ai contribuenti cittadini di tale Stato membro, di un altro Stato membro o di uno Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo, del 2 maggio 1992, residenti nel territorio di uno di tali Stati, il diritto di optare per una procedura di imposizione su richiesta dei redditi da un’attività di lavoro dipendente al fine di ottenere la presa in considerazione di spese quali le spese professionali, e l’imputazione dell’imposta sulle retribuzioni prelevata nell’ambito del procedimento di ritenuta alla fonte, il che può condurre al rimborso dell’imposta sul reddito, e non conferisce un siffatto diritto di opzione, in particolare, a un cittadino del primo Stato membro, residente in Svizzera e che percepisce i redditi da un’attività di lavoro dipendente in tale Stato membro.

    Firme


    *      Lingua processuale: il tedesco.

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