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Document 62022CC0371

    Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, presentate il 7 settembre 2023.
    G sp. z o.o. contro W S.A.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Okręgowy w Warszawie.
    Rinvio pregiudiziale – Mercato interno dell’energia elettrica – Direttiva 2009/72/CE – Articolo 3, paragrafi 5 e 7 – Tutela dei consumatori – Diritto di cambiare fornitore – Cliente non civile – Contratto di fornitura di energia elettrica stipulato a tempo determinato e a prezzo fisso con una piccola impresa – Penale contrattuale per recesso anticipato – Normativa nazionale che limita l’importo di tale penale ai “costi e indennizzi risultanti dal contenuto del contratto”.
    Causa C-371/22.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:654

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    ATHANASIOS RANTOS

    presentate il 7 settembre 2023 ( 1 )

    Causa C‑371/22

    G sp. z o.o.

    contro

    W S.A.

    [domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia, Polonia)]

    «Rinvio pregiudiziale – Mercato interno dell’energia elettrica – Direttiva 2009/72/CE – Articolo 3, paragrafi 5 e 7 – Tutela dei consumatori – Diritto del cliente, nel rispetto delle condizioni contrattuali, di poter effettivamente cambiare fornitore con facilità – Contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso concluso da una piccola impresa – Penale contrattuale per recesso anticipato dal contratto – Importo della penale corrispondente al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto – Normativa nazionale che permette il recesso “senza dover sostenere costi e versare indennizzi diversi da quelli risultanti dal contenuto del contratto”»

    I. Introduzione

    1.

    La direttiva 2009/72/CE ( 2 ), che sancisce norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, all’articolo 3, paragrafi 5 e 7, prevede che, qualora un cliente utente di energia elettrica intenda cambiare fornitore, nel rispetto dei termini e delle condizioni del contratto, tale diritto gli sia riconosciuto in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo, ed esso cliente possa effettivamente cambiare fornitore con facilità.

    2.

    Una penale contrattuale applicata a una piccola impresa dal suo precedente fornitore, per il recesso anticipato da un contratto di fornitura di energia elettrica stipulato a tempo determinato e a prezzo fisso, allo scopo di cambiare fornitore, il cui importo corrisponde al prezzo dell’elettricità non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto, è compatibile con il diritto di tale cliente di cambiare effettivamente e con facilità fornitore ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva in parola? È questa, in sostanza, la questione sollevata dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia, Polonia).

    3.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la G sp. z o.o., un’impresa con meno di 50 dipendenti (in prosieguo: la «società G»), e la W S.A., un fornitore di energia elettrica (in prosieguo: il «fornitore W»), riguardo al pagamento di una penale contrattuale per recesso anticipato dal contratto di fornitura di energia elettrica che vincola queste due parti.

    4.

    La presente causa condurrà la Corte a pronunciarsi, per la prima volta, sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72. Per rispondere alla questione sollevata, occorrerà bilanciare, nel contesto del buon funzionamento del mercato interno dell’energia elettrica, da un lato, il diritto riconosciuto al cliente di poter effettivamente cambiare con facilità fornitore e, dall’altro lato, il diritto del precedente fornitore di ottenere una compensazione per il mancato consumo di energia elettrica che il cliente si era impegnato ad acquistargli in forza di un contratto stipulato a tempo determinato e a prezzo fisso.

    II. Contesto normativo

    A.   Diritto dell’Unione

    1. La direttiva 2009/72

    5.

    Ai sensi dei considerando 1, 3, 42, 52 e 57 della direttiva 2009/72:

    «(1)

    Il mercato interno dell’energia elettrica, la cui progressiva realizzazione in tutta la Comunità è in atto dal 1999, ha lo scopo di offrire a tutti i consumatori dell’Unione europea, privati o imprese, una reale libertà di scelta, creare nuove opportunità commerciali e intensificare gli scambi transfrontalieri, in modo da conseguire una maggiore efficienza, prezzi competitivi e più elevati livelli di servizio, contribuendo anche alla sicurezza degli approvvigionamenti ed allo sviluppo sostenibile.

    (...)

    (3)

    Le libertà assicurate ai cittadini dell’Unione dal trattato – tra l’altro, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera fornitura dei servizi – possono essere attuate soltanto in un mercato completamente aperto, che consenta ad ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti.

    (...)

    (42)

    Tutti i settori industriali e commerciali comunitari, comprese le piccole e medie imprese, e tutti i cittadini dell’Unione, che beneficiano dei vantaggi economici del mercato interno, dovrebbero altresì poter beneficiare di elevati livelli di tutela dei consumatori, in particolare i clienti civili e, se gli Stati membri lo ritengono opportuno, le piccol[e] imprese dovrebbero anche poter beneficiare di garanzie relative al servizio pubblico (...). Tali clienti dovrebbero altresì avere accesso alla scelta, all’equità, alla rappresentanza e ai meccanismi di risoluzione delle controversie.

    (...)

    (52)

    I consumatori di energia elettrica devono poter disporre di informazioni chiare e comprensibili sui loro diritti in relazione al settore energetico. (...)

    (...)

    (57)

    La promozione di una concorrenza leale e di un facile accesso per i vari fornitori, nonché delle capacità di nuova produzione di energia elettrica dovrebbe rivestire la massima importanza per gli Stati membri al fine di permettere ai consumatori di godere pienamente delle opportunità di un mercato interno dell’energia elettrica liberalizzato».

    6.

    L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», enuncia quanto segue:

    «La presente direttiva stabilisce norme comuni per la generazione, la trasmissione, la distribuzione e la fornitura dell’energia elettrica, unitamente a disposizioni in materia di protezione dei consumatori al fine di migliorare e integrare i mercati competitivi dell’energia elettrica nella Comunità europea. Essa definisce le norme relative all’organizzazione e al funzionamento del settore dell’energia elettrica, l’accesso aperto al mercato, i criteri e le procedure da applicarsi nei bandi di gara e nel rilascio delle autorizzazioni nonché nella gestione dei sistemi. La presente direttiva definisce inoltre gli obblighi di servizio universale e i diritti dei consumatori di energia elettrica, chiarendo altresì i requisiti in materia di concorrenza».

    7.

    L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Definizioni», ai punti 7, da 9 a 12 e 19 prevede quanto segue:

    «Ai fini della presente direttiva si intende per:

    (...)

    7.

    “cliente”: il cliente grossista e finale di energia elettrica;

    (...)

    9.

    “cliente finale”: il cliente che acquista energia elettrica per uso proprio;

    10.

    “cliente civile”: il cliente che acquista energia elettrica per il proprio consumo domestico, escluse le attività commerciali o professionali;

    11.

    “cliente non civile”: la persona fisica o giuridica che acquista energia elettrica non destinata al proprio uso domestico, inclusi i produttori e i clienti grossisti;

    12.

    “cliente idoneo”: il cliente che è libero di acquistare energia elettrica dal fornitore di propria scelta, ai sensi dell’articolo 33;

    (...)

    19.

    “fornitura”: la vendita, compresa la rivendita, di energia elettrica ai clienti».

    8.

    L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Obblighi relativi al servizio pubblico e tutela dei consumatori», ai paragrafi da 3 a 5 e 7 dispone quanto segue:

    «3.   Gli Stati membri provvedono affinché tutti i clienti civili e, se gli Stati membri lo ritengono necessario, le piccole imprese (aventi cioè meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore a 10 milioni di EUR) usufruiscano nel rispettivo territorio del servizio universale, vale a dire del diritto alla fornitura di energia elettrica di una qualità specifica a prezzi ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili, trasparenti e non discriminatori. (...)

    4.   Gli Stati membri provvedono a che tutti i clienti abbiano il diritto di essere riforniti di elettricità da un fornitore – ove questi accetti – a prescindere dallo Stato membro in cui il fornitore sia registrato, a condizione che il fornitore rispetti le norme applicabili in materia di scambi e bilanciamento. (...)

    5.   Gli Stati membri provvedono a che:

    a)

    qualora un cliente, nel rispetto delle condizioni contrattuali, intenda cambiare fornitore, l’operatore o gli operatori interessati effettuino tale cambiamento entro tre settimane

    (...)

    Gli Stati membri provvedono inoltre affinché i diritti di cui alle lettere a) e b) siano riconosciuti a tutti i clienti in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo.

    (...)

    7.   Gli Stati membri adottano misure adeguate per tutelare i clienti finali ed assicurano in particolare ai clienti vulnerabili un’adeguata protezione. In questo contesto, ciascun Stato membro definisce il concetto di cliente vulnerabile che può fare riferimento alla povertà energetica e, tra le altre cose, al divieto di interruzione della fornitura di elettricità a detti clienti nei periodi critici. Gli Stati membri garantiscono che siano applicati i diritti e gli obblighi relativi ai clienti vulnerabili. In particolare, essi adottano misure di tutela dei clienti finali nelle zone isolate. Essi garantiscono un elevato livello di protezione dei consumatori, con particolare riguardo alla trasparenza delle condizioni generali di contratto, alle informazioni generali ed ai meccanismi di risoluzione delle controversie. Gli Stati membri provvedono affinché i clienti idonei possano effettivamente cambiare fornitore con facilità. Per quanto riguarda almeno i clienti civili, queste misure comprendono quelle che figurano nell’allegato I».

    9.

    L’articolo 33 della direttiva 2009/72, intitolato «Apertura del mercato e reciprocità», al paragrafo 1 è così formulato:

    «Gli Stati membri provvedono affinché tra i clienti idonei rientrino:

    (...)

    c) a partire dal 1o luglio 2007, tutti i clienti».

    10.

    L’allegato I della direttiva in parola, intitolato «Misure sulla tutela dei consumatori», al punto 1 enuncia quanto segue:

    «Fatte salve le norme comunitarie relative alla tutela dei consumatori, nella fattispecie la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza [ ( 3 )], e la direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori [ ( 4 )], le misure di cui all’articolo 3 consistono nel garantire che i clienti:

    a)

    abbiano diritto a un contratto con il loro fornitore del servizio di energia elettrica che specifichi:

    (...)

    la durata del contratto, le condizioni di rinnovo e di cessazione dei servizi e del contratto, e se sia consentito il recesso dal contratto senza oneri,

    (...)

    Le condizioni devono essere eque e comunicate in anticipo. Dovrebbero comunque essere trasmesse prima della conclusione o della conferma del contratto. (...)

    (...)

    e)

    non debbano sostenere spese per cambiare fornitore;

    (...)».

    11.

    La direttiva 2009/72 è stata abrogata e sostituita, a decorrere dal 1o gennaio 2021, dalla direttiva (UE) 2019/944 ( 5 ), in forza dell’articolo 72, primo comma, di quest’ultima.

    2. La direttiva 2019/944

    12.

    L’articolo 2 della direttiva 2019/944, intitolato «Definizioni», ai punti da 16 a 18 enuncia quanto segue:

    «Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

    (...)

    16)

    “oneri di risoluzione del contratto”: qualsiasi onere o penale imposti ai clienti dai fornitori o dai partecipanti al mercato coinvolti nell’aggregazione per risolvere un contratto di fornitura di energia elettrica o di servizi attinenti;

    17)

    “oneri per cambio di fornitore”: qualsiasi onere o penale imposti ai clienti dai fornitori, dai partecipanti al mercato coinvolti nell’aggregazione o dai gestori di sistemi, direttamente o indirettamente, in caso di cambiamento di fornitore o di partecipante al mercato coinvolto nell’aggregazione, compresi gli oneri di risoluzione del contratto;

    18)

    “aggregazione”: una funzione svolta da una persona fisica o giuridica che combina più carichi di clienti o l’energia elettrica generata, per la vendita, l’acquisto o la vendita all’asta in qualsiasi mercato dell’energia elettrica».

    13.

    L’articolo 12 di tale direttiva, intitolato «Diritto di cambiare e norme sui relativi oneri», ai paragrafi 2 e 3 prevede quanto segue:

    «2.   Gli Stati membri assicurano che almeno i clienti civili e le piccole imprese non debbano pagare alcun onere per il cambio di fornitore.

    3.   In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri possono consentire ai fornitori o ai partecipanti al mercato coinvolti nell’aggregazione di imporre oneri di risoluzione del contratto ai clienti che risolvano volontariamente un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso prima della scadenza, purché tali oneri rientrino in un contratto che il cliente ha sottoscritto volontariamente e siano comunicati in modo chiaro al cliente prima della sottoscrizione del contratto. Detti oneri devono essere proporzionati e non eccedere la perdita economica diretta incorsa dal fornitore o dal partecipante al mercato coinvolto nell’aggregazione risultante dalla risoluzione del contratto da parte del cliente, compresi i costi di eventuali pacchetti di investimenti o servizi già forniti al consumatore nell’ambito del contratto. L’onere della prova della perdita economica diretta è a carico del fornitore o del partecipante al mercato coinvolto nell’aggregazione e la legittimità degli oneri di risoluzione del contratto è soggetta al controllo dell’autorità di regolazione o di un’altra autorità nazionale competente».

    B.   Diritto polacco

    14.

    L’ustawa – Prawo energetyczne (legge sull’energia), del 10 aprile 1997 ( 6 ), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’energia»), all’articolo 4j, paragrafo 3a, enuncia quanto segue:

    «Un cliente finale può recedere da un contratto concluso a tempo determinato, in base al quale un’impresa energetica gli fornisce combustibili gassosi o energia, senza dover sostenere costi e versare indennizzi diversi da quelli risultanti dal contenuto del contratto, trasmettendo una dichiarazione scritta all’impresa energetica».

    15.

    L’ustawa – Kodeks cywilny (legge recante il codice civile), del 23 aprile 1964 ( 7 ), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice civile»), all’articolo 483, paragrafo 1, prevede quanto segue:

    «Il contratto può prevedere che il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento o dall’inesatto adempimento di un’obbligazione non pecuniaria avvenga mediante il pagamento di una somma determinata (penale contrattuale)».

    16.

    L’articolo 484 del codice civile dispone quanto segue:

    «§1.   In caso di inadempimento o di inesatto adempimento di un’obbligazione, la penale contrattuale è dovuta al creditore nella misura prevista in relazione a tale evento, indipendentemente dall’ammontare del danno subito. La domanda di risarcimento danni superiore all’importo della penale prevista non è ricevibile, salvo diverso accordo delle parti.

    §2.   Qualora sia stata eseguita una parte sostanziale dell’obbligazione, il debitore può chiedere una riduzione della penale contrattuale; lo stesso vale nel caso in cui la penale contrattuale sia manifestamente eccessiva».

    III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

    17.

    Il 1o gennaio 2010 la società G, una piccola impresa di diritto polacco con meno di 50 dipendenti ( 8 ), ha stipulato un contratto generale a tempo determinato e a prezzo fisso con il fornitore W, in forza del quale quest’ultimo si è impegnato a fornire elettricità a un’azienda agrituristica sita a K. (Polonia) (in prosieguo: il «contratto in questione»).

    18.

    Il 23 febbraio 2015 la società G e il fornitore W hanno concluso un accordo in base al quale tale società si è impegnata a proseguire il contratto in questione quantomeno fino al 31 dicembre 2016. Nell’ambito di tale accordo, dette parti hanno pattuito che avrebbero avuto il diritto di recesso dal contratto in questione con preavviso di sei mesi dalla data di comunicazione del recesso avente effetto alla fine dell’anno civile e che, in caso di recesso anticipato da tale contratto da parte della società G, il fornitore W avrebbe potuto esigere il pagamento di un importo corrispondente al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto (in prosieguo: la «penale contrattuale») ( 9 ).

    19.

    Il 30 gennaio 2015 la società G ha concluso con la Z S.A., un altro fornitore di energia elettrica, un contratto di fornitura relativo alla stessa azienda agrituristica. Il 25 febbraio 2015, tale altro fornitore, sulla base del mandato conferitogli dalla società G, ha informato il fornitore W della conclusione del nuovo contratto e, nell’eventualità in cui quest’ultimo non acconsentisse alla nuova situazione, gli ha comunicato il recesso dal contratto in questione.

    20.

    Il 9 marzo 2016 il fornitore W ha trasmesso alla società G una nota di debito dell’importo di 63959,70 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 15372 alla data della richiesta) ( 10 ), a titolo di penale contrattuale, il cui pagamento doveva essere effettuato entro il 23 marzo 2016. Poiché la società G non ha proceduto al pagamento entro tale data, il 21 novembre 2016 il fornitore W ha proposto un ricorso dinanzi al Sąd Rejonowy dla m. st. Warszawy w Warszawie (Tribunale circondariale della città di Varsavia, Polonia) diretto a ottenere la condanna di tale società, a titolo di penale contrattuale, a versargli la somma citata, maggiorata degli interessi legali calcolati a decorrere dal 24 marzo 2016 fino alla data del pagamento.

    21.

    Con sentenza del 7 febbraio 2020, tale giudice ha accolto detto ricorso. Esso ha ritenuto in particolare che, a seguito del cambio di fornitore di energia elettrica effettuato dalla società G, il contratto in questione fosse stato sciolto anticipatamente, il che autorizzava il fornitore W a esigere il pagamento della penale contrattuale, ai sensi dell’articolo 483, paragrafo 1, del codice civile. In proposito, detto giudice ha considerato che, in forza dell’articolo 484, paragrafo 1, di tale codice, la richiesta di penale contrattuale presentata da tale fornitore non era subordinata alla prova dell’esistenza di un danno e che detta penale era stata prevista dal contratto in questione nel caso di un cambio di fornitore, per un importo corrispondente alle clausole di tale contratto.

    22.

    La società G ha impugnato tale sentenza dinanzi al Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia), giudice del rinvio, sostenendo, in particolare, che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2009/72, la penale contrattuale non avrebbe dovuto esserle applicata. Tale società ha inoltre sostenuto che il fornitore W non aveva subito alcun danno effettivo, ma aveva soltanto perso il vantaggio che avrebbe potuto conseguire, corrispondente al volume di acquisto di energia elettrica da essa dichiarato. Per parte sua, tale fornitore ha affermato che, in applicazione dell’articolo 484, paragrafo 1, del codice civile, l’importo di una penale contrattuale è indipendente dall’importo del danno subito.

    23.

    Il giudice del rinvio rileva, in primo luogo, che, in applicazione dell’articolo 4j, paragrafo 3a, della legge sull’energia, un cliente finale può recedere da un contratto di fornitura di energia a tempo determinato, senza sostenere costi e versare indennizzi diversi da quelli risultanti dal contenuto del contratto. La citata legge non fisserebbe alcun criterio per ciò che concerne il calcolo di tali costi e indennizzi, in quanto essa non contiene alcun riferimento alla proporzionalità di questi ultimi, e non escluderebbe la possibilità di chiedere un indennizzo forfettario. Nell’ambito della loro libertà contrattuale, le parti potrebbero fissare i costi e gli indennizzi connessi al recesso anticipato da un contratto di fornitura di energia elettrica, compresa l’applicazione di una penale contrattuale. Una simile penale, ai sensi del codice civile, sarebbe dovuta al creditore fino a concorrenza dell’importo previsto a tal fine, a prescindere dall’entità del danno subito, e non potrebbe essere ridotta d’ufficio da un giudice nazionale, dovendo la parte richiedente sostenere l’onere della prova e dimostrare che il relativo importo è eccessivo. Per quanto attiene alle piccole imprese, poiché l’articolo 4j, paragrafo 3a, della legge sull’energia non farebbe alcun riferimento alla tutela dei consumatori, l’abusività di una penale contrattuale non potrebbe essere presa in esame. Inoltre, tale legge non prevedrebbe la possibilità di ridurre d’ufficio una penale contrattuale nei confronti di clienti professionali.

    24.

    Tale giudice si chiede se la normativa nazionale sia conforme al diritto dell’Unione dal momento che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2009/72, gli Stati membri devono provvedere affinché il diritto di cambiare fornitore di energia elettrica sia riconosciuto a tutti i clienti in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo. Peraltro, sebbene il paragrafo 7 di tale articolo preveda che il cliente idoneo deve poter effettivamente cambiare fornitore con facilità e indichi quindi la necessità di mantenere un’adeguata proporzionalità con i costi, la disposizione in parola non menziona né penali né indennizzi. Se è vero che al consumatore è imposto, di fatto, uno svantaggio finanziario, l’entità di quest’ultimo non dovrebbe costituire un mezzo di discriminazione rispetto agli altri fornitori di energia elettrica, che faccia sì che il cliente non abbia l’effettiva possibilità di cambiare fornitore.

    25.

    Detto giudice aggiunge che, sebbene al procedimento principale sia applicabile ratione temporis la direttiva 2009/72, la direttiva 2019/944, che l’ha sostituita, ha fornito precisazioni riguardo al diritto di cambiare liberamente fornitore di energia elettrica, le quali sarebbero rilevanti ai fini dell’interpretazione della prima direttiva. In proposito, lo stesso giudice fa riferimento all’articolo 4 e all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2019/944, disposizioni secondo le quali, se a una piccola impresa sono imposti oneri a causa di un cambio di fornitore di energia elettrica, detti oneri devono essere proporzionati e non eccedere la perdita economica diretta incorsa dal fornitore o dal partecipante al mercato coinvolto nell’aggregazione risultante dalla risoluzione del contratto da parte del cliente.

    26.

    Lo stesso giudice ne deduce che la possibilità prevista dalla normativa nazionale di applicare una penale contrattuale, a prescindere dall’entità del danno subito, potrebbe, in assenza di criteri chiari e precisi inerenti al calcolo di tale penale, vanificare l’obiettivo di protezione contemplato all’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 e all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2019/944, limitando, di fatto, la libertà del cliente di recedere dal suo contratto di fornitura di energia elettrica.

    27.

    Il giudice del rinvio esamina, in secondo luogo, la possibilità per un fornitore di energia elettrica di addebitare a un cliente, in via contrattuale, oneri per il recesso dal contratto prima della sua scadenza, se tali oneri corrispondono, de facto, ai costi dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto, tenuto conto dell’obiettivo contemplato dalla direttiva 2009/72 di poter cambiare con facilità fornitore in modo non discriminatorio e della necessità di rispettare il principio di proporzionalità. In proposito, tale giudice considera che la direttiva 2019/944, all’articolo 12, paragrafo 3, fornisce indicazioni utili riguardo all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72, non escludendo la possibilità di imporre oneri, i quali devono nondimeno essere proporzionati. In tale contesto, detto giudice si interroga sulla liceità di disposizioni contrattuali secondo le quali gli oneri connessi al recesso anticipato da un contratto a tempo determinato corrispondono a un debito equivalente alla quantità di elettricità non consumata, che il cliente avrebbe potuto potenzialmente utilizzare nel corso della restante durata del contratto, e sulla possibilità di calcolare tali oneri con riferimento a una clausola del tipo «take or pay». Lo stesso giudice si chiede se un simile meccanismo non abbia, in sostanza, l’effetto di ostacolare un cambio effettivo di fornitore di energia elettrica. Se l’importo della penale contrattuale corrisponde al costo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto, il recesso anticipato da quest’ultimo avrebbe per il cliente una conseguenza analoga a quella della prosecuzione del rapporto contrattuale con il fornitore. In una simile situazione, il cliente che intendesse recedere dal contratto sceglierebbe nondimeno, probabilmente, di mantenere il rapporto contrattuale che pur giudicasse sfavorevole e il fornitore, per parte sua, avrebbe la garanzia di ricavare, in ogni caso, un vantaggio finanziario per tutta la durata del contratto. Una simile penale equivarrebbe a far gravare sul cliente l’intero rischio finanziario del recesso dal contratto e sarebbe quindi manifestamente eccessiva.

    28.

    Il giudice del rinvio rileva che, al contempo, il fornitore di energia elettrica, quando acquisisce un cliente, sostiene vari costi, come acquisti di energia elettrica. Si porrebbe la questione di come calcolare la perdita economica diretta di un fornitore di energia elettrica in caso di recesso anticipato dal contratto da parte di un cliente, ossia se occorra prendere in considerazione il prezzo dell’elettricità utilizzata o anche il prezzo della fornitura del servizio di trasporto o di distribuzione di quest’ultima. In proposito, per evitare l’accusa di un’applicazione discrezionale e arbitraria, procedendo al contempo a una corretta ripartizione dell’onere della prova, e al fine di garantire la conformità della normativa nazionale alla direttiva 2009/72, occorrerebbe valutare se la modalità di calcolo degli oneri connessi alla rottura anticipata di un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso non debba essere espressamente definita dalle disposizioni della legge sull’energia.

    29.

    Il Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia) ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva [2009/72], il quale impone che la realizzazione dei diritti del cliente di energia (piccola impresa), nel caso del cambiamento del fornitore di energia, avvenga nel rispetto del principio che garantisce ai clienti idonei di poter effettivamente cambiare fornitore con facilità e in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo, debba essere interpretato nel senso che esso osta alla possibilità di infliggere al cliente una penale contrattuale per la risoluzione di un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato nell’ipotesi in cui il cliente volesse cambiare fornitore di energia, indipendentemente dall’ammontare del danno subito (articolo 483, paragrafo 1, e articolo 484, paragrafi 1 e 2, del [codice civile]) e senza che la legge sull’energia [articolo 4j, paragrafo 3a] preveda un qualsiasi criterio per il calcolo di tali oneri e per la determinazione di una riduzione.

    2)

    Se l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva [2009/72], il quale impone che la realizzazione dei diritti del cliente di energia (piccola impresa), nel caso del cambiamento del fornitore di energia, avvenga in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo e nel rispetto del principio che garantisce ai clienti idonei di poter effettivamente cambiare fornitore con facilità, debba essere interpretato nel senso che esso osta a un’interpretazione delle clausole contrattuali la quale consente, in caso di risoluzione anticipata di un contratto di fornitura di energia concluso con un fornitore a tempo determinato, di addebitare ai clienti (piccole imprese) oneri corrispondenti di fatto al costo del prezzo dell’energia non consumata fino alla scadenza [iniziale]del contratto, secondo il principio “prendi o paga”».

    30.

    Sono state presentate alla Corte osservazioni scritte dai governi polacco e greco, nonché dalla Commissione europea.

    IV. Analisi

    31.

    Con le sue due questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale secondo la quale, qualora una piccola impresa receda anticipatamente da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso, allo scopo di cambiare fornitore, tale impresa può essere tenuta a pagare una penale contrattuale nella situazione in cui detta normativa preveda che la penale è dovuta a prescindere dall’entità del danno subito dal precedente fornitore, e ciò mentre detta normativa non fissa alcun criterio per il calcolo o la riduzione di detta penale e permette che l’importo della stessa corrisponda al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto.

    32.

    Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che la società G è una piccola impresa che ha concluso il contratto in questione ai fini dell’approvvigionamento di energia elettrica di un’azienda agrituristica. Il 9 marzo 2016 il fornitore W ha chiesto alla società G, in applicazione delle clausole di tale contratto, il pagamento di una penale contrattuale per recesso anticipato da detto contratto allo scopo di cambiare fornitore, per un importo corrispondente al prezzo dell’energia elettrica non consumata che tale società si era impegnata ad acquistare da lui fino alla scadenza del medesimo contratto. Come rilevato dal giudice del rinvio, la normativa nazionale permette il recesso da un contratto a tempo determinato senza dover sostenere costi e versare indennizzi diversi da quelli risultanti dal contenuto del contratto, senza tuttavia precisare i criteri da prendere in considerazione riguardo al loro calcolo e senza prevedere la possibilità di una riduzione d’ufficio di una penale, ma solo su richiesta della parte interessata, sulla quale graverebbe l’onere di provare l’eccessività di tale penale. Inoltre, conformemente alla normativa nazionale, l’importo di una penale contrattuale non è subordinato a quello del danno subito. Tale giudice intende sapere se una simile normativa sia conforme all’articolo 3 della direttiva 2009/72, il quale determina in particolare gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda la tutela dei consumatori ( 11 ), segnatamente ai paragrafi 5 e 7 di tale articolo, che non sono ancora stati oggetto di interpretazione da parte della Corte.

    33.

    In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione richiede di tener conto non soltanto della sua formulazione, ma anche del contesto in cui essa si inserisce nonché degli obiettivi e della finalità che persegue l’atto di cui essa fa parte ( 12 ).

    34.

    In tale contesto, in primo luogo, per quanto concerne la formulazione delle disposizioni in esame, l’articolo 3, paragrafo 5, lettera a), della direttiva 2009/72 fa obbligo agli Stati membri di provvedere a che, qualora un cliente, «nel rispetto delle condizioni contrattuali», intenda cambiare fornitore, l’operatore o gli operatori interessati effettuino tale cambiamento entro tre settimane ( 13 ) e di provvedere inoltre affinché tale diritto sia riconosciuto a tutti i clienti in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo. Peraltro, il paragrafo 7 di tale articolo, oltre a riguardare, prima facie, principalmente e specificamente i «clienti vulnerabili», prevede, più in generale, che gli Stati membri garantiscano un elevato livello di protezione dei consumatori, con particolare riguardo alla trasparenza delle condizioni generali di contratto, e provvedano affinché i «clienti idonei» possano «effettivamente cambiare fornitore con facilità». Detto paragrafo 7 afferma inoltre che, «per quanto riguarda almeno i clienti civili», queste misure comprendono quelle che figurano nell’allegato I di tale direttiva.

    35.

    Ai sensi dell’articolo 2, punto 12, della direttiva 2009/72, per «cliente idoneo» si intende il cliente che è libero di acquistare energia elettrica dal fornitore di propria scelta, ai sensi dell’articolo 33 di tale direttiva. Conformemente al paragrafo 1, lettera c), di quest’ultimo articolo, a partire dal 1o luglio 2007, nella nozione di «cliente idoneo» rientrano «tutti i clienti». Di conseguenza, gli Stati membri sono tenuti a garantire a tutti i clienti, inclusa una piccola impresa, a prescindere dalla loro vulnerabilità, la possibilità di cambiare effettivamente con facilità il fornitore di energia elettrica.

    36.

    Dai termini dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 risulta quindi che il cliente di un fornitore di energia elettrica dev’essere tutelato qualora intenda cambiare fornitore. Al contempo, sebbene tali disposizioni non menzionino esplicitamente la possibilità per il precedente fornitore di chiedere il pagamento di una penale contrattuale per recesso anticipato dal contratto e, a fortiori, non indichino criteri da prendere in considerazione per il calcolo dell’importo di detta penale, il paragrafo 5, lettera a), di tale articolo prevede che debbano essere rispettate le condizioni contrattuali.

    37.

    Ritengo pertanto che la formulazione dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72, in linea di principio, non possa escludere che un contratto di fornitura di energia elettrica preveda l’applicazione di una penale contrattuale a un cliente in caso di recesso anticipato da un contratto concluso a tempo determinato e a prezzo fisso nell’ipotesi in cui tale cliente intenda cambiare fornitore. Nondimeno, conformemente alle citate disposizioni, l’importo di tale penale non deve privare detto cliente della possibilità di cambiare effettivamente e con facilità fornitore.

    38.

    Per quanto attiene, in secondo luogo al contesto nel quale si inserisce l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72, si deve constatare, innanzitutto, che, al paragrafo 7, ultima frase, tale articolo rinvia alle misure relative alla protezione dei consumatori elencate all’allegato I della direttiva in parola, che gli Stati membri devono adottare per quanto riguarda «almeno» i clienti civili. Al punto 1, lettera a), tale allegato prevede in particolare che i clienti hanno diritto a un contratto con il loro fornitore del servizio di energia elettrica che specifichi se sia consentito il recesso dal contratto senza oneri. Inoltre, secondo tale disposizione, le condizioni devono essere eque e comunicate in anticipo, e, comunque, dette informazioni dovrebbero essere trasmesse prima della conclusione o della conferma del contratto. Il punto 1, lettera e), di detto allegato precisa che i clienti non debbono sostenere spese per cambiare fornitore. Dalle citate disposizioni risulta quindi che, «per quanto riguarda almeno i clienti civili», essi non sostengono alcun onere qualora cambino fornitore di energia elettrica, anche se il contratto di fornitura è a tempo determinato e a prezzo fisso.

    39.

    Nel caso di specie, è pacifico che la società G rientra nelle nozioni di «cliente», «cliente finale» e «cliente idoneo», come definite rispettivamente all’articolo 2, punti 7, 9 e 12, della direttiva 2009/72, ma anche in quella di «cliente non civile», ai sensi del punto 11 di tale articolo, che fa riferimento alla persona fisica o giuridica che acquista energia elettrica non destinata al proprio uso domestico. Dalla decisione di rinvio risulta infatti che la società G, la quale ha concluso il contratto in questione per l’approvvigionamento di un’azienda agrituristica, ha agito nel contesto di un’attività professionale ( 14 ).

    40.

    Allo stesso tempo, tale società non rientra nella nozione di «cliente civile», ai sensi dell’articolo 2, punto 10, della direttiva 2009/72, definita come un cliente che acquista energia elettrica per il proprio consumo domestico. Inoltre, dalla decisione di rinvio non risulta che la Repubblica di Polonia abbia voluto estendere l’ambito di applicazione dell’allegato I di tale direttiva ai «clienti non civili». Pertanto, le disposizioni di cui al punto 1, lettere a) ed e), di tale allegato non risultano applicabili a un cliente non civile come la società G. Ne deriva che, a contrario, per quanto concerne un simile cliente, detta direttiva non esclude che un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso possa prevedere l’esistenza di una penale contrattuale in caso di recesso anticipato da tale contratto allo scopo di cambiare fornitore.

    41.

    Per seconda cosa, il considerando 42 della direttiva 2009/72 afferma che tutti i settori industriali e commerciali comunitari, comprese le piccole e medie imprese, «dovrebbero altresì poter beneficiare di elevati livelli di tutela dei consumatori», in particolare i clienti civili, e che, se gli Stati membri lo ritengono opportuno, le piccole imprese dovrebbero anche poter beneficiare di garanzie relative al servizio pubblico. L’impiego del verbo «dovere», al condizionale, dimostra la volontà del legislatore dell’Unione di lasciare un margine di discrezionalità agli Stati membri attribuendo loro una semplice facoltà, non l’obbligo, di concedere alle piccole imprese il beneficio di elevati livelli di tutela dei consumatori. Ancora una volta, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, dalla decisione di rinvio non risulta che tale facoltà sia stata esercitata dalla Repubblica di Polonia per quanto concerne le piccole imprese. In una simile situazione, ritengo che tale direttiva non osti all’applicazione di una penale contrattuale nei confronti di una piccola impresa in caso di recesso anticipato dal suo contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso, allo scopo di cambiare fornitore.

    42.

    Si deve peraltro rilevare che la direttiva 2019/944, la quale ha abrogato e sostituito la direttiva 2009/72, a decorrere dal 1o gennaio 2021, all’articolo 12, paragrafo 2, prevede esplicitamente che gli Stati membri assicurino che «almeno i clienti civili e le piccole imprese» ( 15 ) non debbano pagare alcun «onere per il cambio di fornitore», pur affermando, al paragrafo 3 del medesimo articolo, che, in deroga, gli Stati membri possono consentire ai fornitori o ai partecipanti al mercato coinvolti nell’aggregazione di imporre oneri di risoluzione del contratto ai clienti che risolvano volontariamente un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso prima della scadenza, purché tali oneri rientrino in un contratto che il cliente ha sottoscritto volontariamente e siano stati comunicati in modo chiaro al cliente prima della sottoscrizione del contratto.

    43.

    Al riguardo, da un lato, l’articolo 2, punto 16, della direttiva 2019/944 definisce gli «oneri di risoluzione del contratto» come qualsiasi onere o penale imposti ai clienti dai fornitori o dai partecipanti al mercato coinvolti nell’aggregazione per risolvere un contratto di fornitura di energia elettrica o di servizi attinenti e, dall’altro lato, il punto 17 di tale articolo enuncia che gli «oneri per cambio di fornitore» consistono in qualsiasi onere o penale imposti ai clienti dai fornitori, dai partecipanti al mercato coinvolti nell’aggregazione o dai gestori di sistemi, direttamente o indirettamente, in caso di cambiamento di fornitore o di partecipante al mercato coinvolto nell’aggregazione, compresi gli oneri di risoluzione del contratto. Di conseguenza, tale direttiva distingue il mero recesso da un contratto di fornitura da quello realizzato allo scopo di cambiare fornitore. Da tali disposizioni discende che, sotto la vigenza di detta direttiva, una piccola impresa quale la società G sarebbe legittimata a recedere anticipatamente da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso, allo scopo di cambiare fornitore, senza sostenere oneri connessi al cambio di fornitore e, di conseguenza, oneri di risoluzione.

    44.

    Tuttavia, da un lato, tenuto conto della data dei fatti di cui al procedimento principale, la direttiva 2019/944 non è applicabile ratione temporis nel caso di specie. Dall’altro lato, sebbene tale direttiva preveda norme dettagliate in materia di oneri che possono essere imposti a una piccola impresa in caso di recesso anticipato da un contratto di fornitura di energia elettrica, simili norme non esistevano, neppure implicitamente, nel contesto della direttiva 2009/72, come risulta in particolare dal paragrafo 41 delle presenti conclusioni. Di conseguenza, a mio avviso, le disposizioni dell’articolo 12 della direttiva 2019/944 non sono applicabili per analogia nell’ambito della presente causa ( 16 ).

    45.

    Infine, in tertiis, il considerando 52 della direttiva 2009/72 dichiara che i «consumatori» ( 17 ) devono poter disporre di informazioni chiare e comprensibili sui loro diritti in relazione al settore energetico. A mio avviso, è possibile dedurre da tale considerando che, nel caso di specie, qualora un consumatore intenda rifornirsi di energia elettrica, prima della conclusione di un contratto di fornitura di elettricità a tempo determinato e a prezzo fisso deve essere informato dal fornitore in maniera chiara, completa e trasparente dell’esistenza di una penale contrattuale, delle sue condizioni applicative nonché della sua modalità di calcolo, posto che l’importo di tale penale, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 7, della direttiva 2009/72, non deve privarlo del diritto di cambiare fornitore effettivamente e con facilità. Nel caso di specie, a mio avviso, dalla decisione di rinvio risulta che la penale contrattuale è stata espressamente fissata nel contratto in questione in maniera dettagliata, il che consentiva alla società G di conoscere precisamente la modalità di calcolo di quest’ultima e il fatto che il suo importo corrispondesse al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto ( 18 ).

    46.

    Di conseguenza, il contesto nel quale si inserisce l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 conferma che, in linea di principio, il contratto concluso tra un fornitore di energia elettrica e una piccola impresa può prevedere che a quest’ultima sia addebitata una penale per recesso anticipato, purché essa sia stata informata in maniera chiara, completa e trasparente dell’esistenza di tale penale al momento della conclusione del contratto e l’importo di detta penale non la privi del diritto di cambiare fornitore effettivamente e con facilità.

    47.

    In terzo luogo, l’interpretazione secondo la quale l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 non esclude l’imposizione a una piccola impresa di una penale contrattuale in caso di recesso anticipato da un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso, nell’ipotesi in cui lo Stato membro non abbia esteso a tali imprese la tutela riconosciuta ai clienti civili, è avvalorata dagli obiettivi perseguiti dalla direttiva in parola.

    48.

    Come risulta dal suo articolo 1, la direttiva 2009/72 ha infatti lo scopo di stabilire norme comuni per la generazione, la trasmissione, la distribuzione e la fornitura dell’energia elettrica, unitamente a disposizioni in materia di protezione dei consumatori al fine di migliorare e integrare i mercati competitivi dell’energia elettrica nell’Unione. In tale contesto, secondo la giurisprudenza della Corte, detta direttiva mira essenzialmente a creare un mercato interno aperto e competitivo nel settore dell’energia elettrica, che consenta a ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e a ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti, a creare parità di condizioni in questo mercato, a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e a combattere il cambiamento climatico ( 19 ).

    49.

    Di conseguenza, l’obiettivo principale della direttiva 2009/72 consiste nel completare il mercato interno dell’energia elettrica ( 20 ), il che implica, in particolare, lo sviluppo dei fornitori di energia elettrica allo scopo, in definitiva, di garantire migliori condizioni di approvvigionamento ai consumatori. In tal senso, il considerando 57 della direttiva 2009/72 enuncia che gli Stati membri devono permettere ai consumatori di godere pienamente delle opportunità di un mercato interno dell’energia elettrica liberalizzato.

    50.

    In proposito, si deve rilevare che contratti di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso possono assicurare la tutela dei clienti garantendo loro un prezzo dell’elettricità basso e stabile. In tal senso, la Commissione, nelle sue osservazioni scritte, rinvia a un parere del Consiglio dei regolatori europei dell’energia (CEER), del 17 maggio 2016, sugli oneri di recesso anticipato ( 21 ), secondo il quale simili contratti offrono ai consumatori la certezza di costi dell’energia che non variano ( 22 ). Tuttavia, a fronte della conclusione di un simile contratto, il fornitore di energia elettrica ha sostenuto vari costi al fine di acquistare il quantitativo totale di energia che dovrebbe essere necessario per soddisfare il fabbisogno del cliente fin dall’inizio, il che, come rilevato dal CEER, implica costi aggiuntivi, in particolare al fine di premunirsi contro la volatilità dei costi sul mercato all’ingrosso ( 23 ). Pertanto, nel caso in cui un cliente che ha concluso un contratto a tempo determinato e a prezzo fisso ponga fine al contratto anticipatamente, oneri di recesso anticipato possono permettere al fornitore di compensare i costi derivanti da tale contratto. In caso contrario, tale fornitore potrebbe essere costretto a trasferire su tutti i suoi clienti il rischio di sostenere simili costi e potrebbero risultarne, in definitiva, un aumento dei prezzi dell’energia elettrica e una riduzione dell’offerta per i clienti ( 24 ).

    51.

    Di conseguenza, a mio avviso, nel contesto della direttiva 2009/72, le specificità dei contratti di fornitura di energia elettrica conclusi a tempo determinato e a prezzo fisso implicano che oneri in caso di recesso anticipato possono apparire come giustificati allo scopo, in definitiva, di garantire la tutela di tutti i consumatori permettendo loro di ottenere prezzi dell’energia elettrica più bassi.

    52.

    Pertanto, ritengo che la principale difficoltà posta dalla presente causa risieda nell’importo della penale contrattuale, che deve al contempo permettere effettivamente al cliente di cambiare fornitore con facilità e procurare al precedente fornitore una compensazione adeguata a coprire i costi sostenuti per garantire l’esecuzione di tale contratto, pena la compromissione dell’effetto utile della direttiva 2009/72.

    53.

    In proposito, il giudice del rinvio menziona l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2019/944 il quale, riguardo agli oneri di risoluzione di un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso, dispone che tali oneri «non ecced[ano] la perdita economica diretta incorsa dal fornitore». Secondo tale giudice, la disposizione in parola fornisce indicazioni in ordine all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 che dev’essere adottata. Tuttavia, in primo luogo, come rilevato al paragrafo 44 delle presenti conclusioni, la direttiva 2019/944 non è applicabile ratione temporis nel procedimento principale. In secondo luogo, tale disposizione riguarda unicamente gli oneri di risoluzione di un contratto concluso a tempo determinato e a prezzo fisso, e non gli oneri relativi al cambio di fornitore. In terzo luogo, per quanto attiene alle piccole imprese, la direttiva 2019/944 ha seguito un approccio diverso da quello adottato nel contesto della direttiva 2009/72, indicando esplicitamente, al suo articolo 12, paragrafo 2, che gli Stati membri assicurano che esse non debbano pagare alcun onere per il cambio di fornitore. Pertanto, ritengo che la direttiva 2019/944 non possa servire da riferimento per una causa come quella di cui al procedimento principale.

    54.

    Per quanto attiene alla direttiva 2009/72, si deve constatare che essa non contiene alcuna indicazione in ordine all’importo degli oneri che una piccola impresa potrebbe pagare qualora procedesse al recesso anticipato, allo scopo di cambiare fornitore, da un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso, né riguardo alla modalità di calcolo di tali oneri. Detta direttiva lascia quindi agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto concerne l’inquadramento normativo di simili oneri di recesso.

    55.

    Di conseguenza, in risposta al quesito del giudice del rinvio, ritengo che una normativa nazionale secondo la quale, in caso di recesso anticipato da un contratto a tempo determinato e a prezzo fisso da parte di una piccola impresa, è dovuta una penale contrattuale a prescindere dall’entità del danno subito dal precedente fornitore, tale normativa non fissando alcun criterio per il calcolo o la riduzione di detta penale e permettendo che l’importo di quest’ultima corrisponda al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto, non sia, per questa sola ragione, incompatibile con la direttiva 2009/72.

    56.

    Il margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri non può nondimeno avere l’effetto di privare della sua sostanza il diritto di poter effettivamente cambiare con facilità fornitore, quale risulta dall’articolo 3, paragrafi 5 e 7, di tale direttiva. In proposito, il giudice del rinvio fa riferimento all’ipotesi di una penale il cui importo corrisponda al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza del contratto come applicazione di una clausola del tipo «take or pay», «prendi o paga» ( 25 ). Secondo una simile clausola, nel caso di specie, l’acquirente ha l’obbligo di pagare tutta o parte dell’elettricità che si è impegnato ad acquistare, a prescindere che l’utilizzi o meno ( 26 ). Una clausola del tipo «take or pay» implica, a prima vista, che il consumatore sopporti integralmente i rischi del contratto di fornitura che ha sottoscritto ed esercita una forte dissuasione dal recedere da tale contratto, per non pagare il doppio dei costi dell’energia elettrica in caso di recesso anticipato. Si potrebbe dedurne che una simile clausola non sia compatibile con la direttiva 2009/72.

    57.

    Ritengo tuttavia che, in talune circostanze concrete, non si possa escludere che, nell’ambito della normativa nazionale, qualora un fornitore abbia sostenuto vari costi per garantire l’esecuzione del contratto a tempo determinato e a prezzo fisso fino alla sua scadenza, in particolare l’acquisto di energia elettrica per coprire fin dall’inizio il fabbisogno del cliente, le spese sostenute da tale fornitore a causa del recesso anticipato da detto contratto possano effettivamente corrispondere all’importo che il cliente avrebbe pagato fino alla scadenza del contratto se ne avesse proseguito normalmente l’esecuzione.

    58.

    Nel caso di specie, compete al giudice del rinvio valutare se la penale contrattuale leda il diritto della società G di poter effettivamente cambiare il fornitore con facilità, prendendo in considerazione l’insieme delle circostanze concrete della controversia, in particolare la proporzionalità dell’importo della penale contrattuale, considerato che tale importo non deve eccedere la copertura dei costi sostenuti dal precedente fornitore a causa del recesso anticipato dal contratto onde evitare un suo arricchimento indebito ( 27 ).

    59.

    Alla luce di tutto quanto precede, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali dichiarando che l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale secondo la quale, qualora una piccola impresa receda anticipatamente da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso, allo scopo di cambiare fornitore, tale impresa può essere tenuta a pagare una penale contrattuale nella situazione in cui detta normativa preveda che la penale è dovuta a prescindere dall’entità del danno subito dal precedente fornitore, e ciò mentre detta normativa non fissa alcun criterio per il calcolo o la riduzione di detta penale e permette che l’importo della stessa corrisponda al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto, purché detta impresa sia stata informata dal fornitore in maniera chiara, completa e trasparente dell’esistenza della penale contrattuale, delle sue condizioni applicative nonché della sua modalità di calcolo e l’importo di tale penale non privi la medesima impresa del diritto di cambiare fornitore effettivamente e con facilità. In proposito, compete al giudice nazionale prendere in considerazione l’insieme delle circostanze concrete della controversia, in particolare la proporzionalità dell’importo della penale contrattuale, considerato che tale importo non deve eccedere la copertura dei costi sostenuti dal precedente fornitore a causa del recesso anticipato dal contratto.

    V. Conclusione

    60.

    Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia, Polonia) nel modo seguente:

    L’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE,

    dev’essere interpretata nel senso che:

    esso non osta a una normativa nazionale secondo la quale, qualora una piccola impresa receda anticipatamente da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a prezzo fisso, allo scopo di cambiare fornitore, tale impresa può essere tenuta a pagare una penale contrattuale nella situazione in cui detta normativa preveda che la penale è dovuta a prescindere dall’entità del danno subito dal precedente fornitore, e ciò mentre detta normativa non fissa alcun criterio per il calcolo o la riduzione di detta penale e permette che l’importo della stessa corrisponda al prezzo dell’energia elettrica non consumata fino alla scadenza iniziale del contratto, purché detta impresa sia stata informata dal fornitore in maniera chiara, completa e trasparente dell’esistenza della penale contrattuale, delle sue condizioni applicative nonché della sua modalità di calcolo e l’importo di tale penale non privi la medesima impresa del diritto di cambiare fornitore effettivamente e con facilità. In proposito, compete al giudice nazionale prendere in considerazione l’insieme delle circostanze concrete della controversia, in particolare la proporzionalità dell’importo della penale contrattuale, considerato che tale importo non deve eccedere la copertura dei costi sostenuti dal precedente fornitore a causa del recesso anticipato dal contratto.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).

    ( 3 ) GU 1997, L 144, pag. 19.

    ( 4 ) GU 1993, L 95, pag. 29.

    ( 5 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE (GU 2019, L 158, pag. 125).

    ( 6 ) Dz. U. del 1997, n. 54, posizione 348.

    ( 7 ) Dz. U. del 1964, n. 16, posizione 93.

    ( 8 ) A norma dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/72, una «piccola impresa», ai sensi di tale direttiva, è un’impresa avente meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro.

    ( 9 ) Dalla decisione di rinvio risulta che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, di detto accordo, «[i]n caso di recesso dai contratti di cui all’articolo 1 prima della scadenza del periodo per il quale il presente contratto è stato concluso, [il fornitore W] impone al cliente il pagamento di una somma corrispondente alla differenza tra il valore dell’energia elettrica dichiarato dal cliente al paragrafo 1, calcolato secondo la tariffa fissata all’articolo 2, e il valore dell’energia elettrica consumata da quest’ultimo fino al recesso dal contratto, calcolato secondo il prezzo fissato all’articolo 2, avendo tale differenza valore positivo». Inoltre, in tale accordo, la società G ha dichiarato che avrebbe acquistato una certa quantità di energia elettrica dal fornitore W.

    ( 10 ) Dalla decisione di rinvio risulta che il contratto in questione ha fissato in PLN 261,06/megawattora (MWh) (circa EUR 61,24 alla data della domanda) il prezzo dell’energia elettrica per il periodo compreso tra il 1o marzo 2015 e il 31 dicembre 2016 e che la società G doveva acquistare dal fornitore W 245 MWh durante tale periodo, per un importo totale di PLN 63959,70 (circa EUR 15372 alla data della domanda), somma corrispondente alla penale contrattuale richiesta.

    ( 11 ) V. sentenza del 23 gennaio 2020, Energiavirasto (C‑578/18, EU:C:2020:35, punto 23).

    ( 12 ) V., in particolare, sentenza del 22 giugno 2023, Pankki S (C‑579/21, EU:C:2023:501, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 13 ) Come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, dalla decisione di rinvio risulta che il contratto in questione prevedeva un termine di recesso non già di tre settimane, bensì di sei mesi dalla data di comunicazione del recesso con effetto alla fine dell’anno civile. Tuttavia, dato che le questioni sollevate nella presente causa non vertono sulla durata del termine di recesso, non esaminerò ulteriormente tale questione.

    ( 14 ) Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione sostiene che sarebbe opportuno fare riferimento alle disposizioni relative alle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, in particolare a quelle contemplate dalla direttiva 93/13. In proposito, rilevo che, come enunciato dal decimo considerando di tale direttiva, le regole uniformi in merito alle clausole abusive previste da detta direttiva devono applicarsi a «qualsiasi contratto» stipulato fra un «professionista» e un «consumatore», quali definiti all’articolo 2, lettere b) e c), della medesima direttiva. Ai sensi di detto articolo 2, lettera b), si intende per «consumatore» qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto di tale direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale (v., in particolare, sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale, C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punti 6970 nonché giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso di specie, poiché la società G ha agito nel quadro della sua attività professionale, a mio avviso, non vi è motivo di fare riferimento alla direttiva 93/13 nell’ambito della presente causa.

    ( 15 ) Il corsivo è mio.

    ( 16 ) Noto che disposizioni analoghe all’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 sono presenti nella direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (GU 2009, L 211, pag. 94), la quale è tuttora in vigore. V. articolo 3, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2009/73.

    ( 17 ) Ricordo che, in assenza di una definizione unica nel diritto primario, ciascun atto dell’Unione relativo ai consumatori contiene una definizione di «consumatore» valida soltanto per l’atto interessato [v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella nella causa YYY. (Nozione di consumatore) (C‑570/21, EU:C:2022:1002, paragrafo 32)]. Nel contesto della direttiva 2009/72, la nozione di «consumatore» non è definita e sembra avere un significato ampio, in particolare alla luce del considerando 1 della medesima direttiva, secondo il quale il mercato interno dell’energia elettrica ha lo scopo di offrire una reale libertà di scelta a «tutti i consumatori dell’Unione europea, privati o imprese».

    ( 18 ) V. nota a piè di pagina 9 delle presenti conclusioni.

    ( 19 ) V. sentenze del 12 dicembre 2019, Slovenské elektrárne (C‑376/18, EU:C:2019:1068, punto 32), e dell’11 giugno 2020, Prezident Slovenskej republiky (C‑378/19, EU:C:2020:462, punto 22).

    ( 20 ) Sentenza del 28 novembre 2018, Solvay Chimica Italia e a. (C‑262/17, C‑263/17 e C‑273/17, EU:C:2018:961, punto 36 nonché giurisprudenza ivi citata).

    ( 21 ) Tale documento è consultabile (in lingua inglese) al seguente indirizzo: https://www.ceer.eu/documents/104400/-/-/792d2636-53db-f60c-a7b7-7a676f3a28d0.

    ( 22 ) V. pag. 2 del parere del CEER.

    ( 23 ) V. pag. 2 del parere del CEER.

    ( 24 ) V. pag. 2 del parere del CEER.

    ( 25 ) Traduzione libera.

    ( 26 ) La clausola «take or pay», frequentemente utilizzata nei contratti di fornitura, in particolare nel settore dell’energia, presenta tre caratteristiche principali, ossia, in primo luogo, una natura risarcitoria in quanto è volta a riconoscere un indennizzo al suo beneficiario in conseguenza dell’inadempimento dei propri obblighi ad opera della controparte contrattuale e consente di evitare la questione, talvolta complessa, della prova del danno e della sua entità; in secondo luogo, un carattere anticipato in quanto le parti fissano ex ante, al momento della conclusione del contratto, le penali che saranno dovute al creditore qualora il suo cliente debitore non adempia i propri obblighi, e, in terzo luogo, un carattere forfettario che assume la forma di un importo fisso o di una percentuale determinata, in misura abbastanza elevata da incoraggiare la diligenza, del valore totale dei beni o del prezzo di vendita. V., in particolare, Kohl, B., e altri, «Les clauses take or pay: des clauses originales e méconnues», Journal des tribunaux, 2009, n. 6354, pagg. da 349 a 358, in particolare pagg. da 354 a 356.

    ( 27 ) È opportuno osservare, in proposito, che i giudici nazionali sono legittimati a vigilare affinché la tutela dei diritti garantiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione non comporti un indebito arricchimento degli aventi diritto [v. sentenza del 30 marzo 2023, AR e a. (Azione diretta contro l’assicuratore) (C-618/21), EU:C:2023:278, punto 41 e giurisprudenza ivi citata].

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