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Document 62021CJ0710

    Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 16 febbraio 2023.
    IEF Service GmbH contro HB.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Oberster Gerichtshof.
    Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Tutela dei lavoratori in caso d’insolvenza del datore di lavoro – Direttiva 2008/94/CE – Articolo 9, paragrafo 1 – Impresa avente sede in uno Stato membro e che offre i propri servizi in un altro Stato membro – Lavoratore avente la residenza in tale altro Stato membro – Lavoro effettuato nello Stato membro in cui si trova la sede del datore di lavoro e, ogni due settimane, nello Stato membro della sua residenza – Determinazione dello Stato membro il cui organismo di garanzia è competente per il pagamento dei diritti retributivi non pagati.
    Causa C-710/21.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:109

     SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

    16 febbraio 2023 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Tutela dei lavoratori in caso d’insolvenza del datore di lavoro – Direttiva 2008/94/CE – Articolo 9, paragrafo 1 – Impresa avente sede in uno Stato membro e che offre i propri servizi in un altro Stato membro – Lavoratore avente la residenza in tale altro Stato membro – Lavoro effettuato nello Stato membro in cui si trova la sede del datore di lavoro e, ogni due settimane, nello Stato membro della sua residenza – Determinazione dello Stato membro il cui organismo di garanzia è competente per il pagamento dei diritti retributivi non pagati»

    Nella causa C‑710/21,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria), con decisione del 14 settembre 2021, pervenuta in cancelleria il 25 novembre 2021, nel procedimento

    IEF Service GmbH

    contro

    HB,

    LA CORTE (Settima Sezione),

    composta da M.L. Arastey Sahún (relatrice), presidente di sezione, N. Wahl e J. Passer, giudici,

    avvocato generale: J. Richard de la Tour

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per HB, da C. Orgler, Rechtsanwalt;

    per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll e F. Werni, in qualità di agenti;

    per il governo ceco, da O. Serdula, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

    per il governo tedesco, da J. Möller e A. Hoesch, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e D. Recchia, in qualità di agenti;

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU 2008, L 283, pag. 36).

    2

    La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la IEF Service GmbH a HB in merito alla concessione a quest’ultimo di un’indennità per l’insolvenza del datore di lavoro, per diritti retributivi non pagati.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 2008/94

    3

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2008/94:

    «La presente direttiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovano in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1».

    4

    L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

    «Ai sensi della presente direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza quando è stata chiesta l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza del datore di lavoro, prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di uno Stato membro, che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro stesso e la designazione di un curatore o di una persona che esplichi una funzione analoga e quando l’autorità competente, in virtù di dette disposizioni:

    a)

    ha deciso l’apertura del procedimento, oppure

    b)

    ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento».

    5

    L’articolo 3, primo comma, della predetta direttiva così dispone:

    «Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale».

    6

    L’articolo 9 della medesima direttiva, che fa parte del capo IV della stessa, rubricato «Disposizioni relative alle situazioni transnazionali», al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

    «Quando un’impresa avente attività sul territorio di almeno due Stati membri si trovi in stato d’insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, l’organismo di garanzia competente per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori è quello dello Stato membro sul cui territorio essi esercitano o esercitavano abitualmente il loro lavoro».

    Regolamento (CE) n. 883/2004

    7

    L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica GU 2004, L 200, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012 (GU 2012, L 149, pag. 4) (in prosieguo: il «regolamento n. 883/2004»), rubricato «Ambito di applicazione “ratione materiae”», al paragrafo 1, dispone quanto segue:

    «Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

    a)

    le prestazioni di malattia;

    b)

    le prestazioni di maternità e di paternità assimilate;

    c)

    le prestazioni d’invalidità;

    d)

    le prestazioni di vecchiaia;

    e)

    le prestazioni per i superstiti;

    f)

    prestazioni in caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali;

    g)

    gli assegni in caso di morte;

    h)

    le prestazioni di disoccupazione;

    i)

    le prestazioni di prepensionamento;

    j)

    le prestazioni familiari».

    8

    L’articolo 12 di tale regolamento, intitolato «Norme particolari», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

    «La persona che esercita un’attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata, per svolgervi un lavoro per suo conto, in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata».

    9

    L’articolo 13 di detto regolamento, rubricato «Esercizio di attività in due o più Stati membri», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

    «La persona che esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri è soggetta:

    a)

    se esercita una parte sostanziale della sua attività in tale Stato membro, alla legislazione dello Stato membro di residenza; oppure

    b)

    se non esercita una parte sostanziale della sua attività nello Stato membro di residenza:

    i)

    alla legislazione dello Stato membro in cui ha la propria sede legale o il proprio domicilio l’impresa o il datore di lavoro, se è alle dipendenze di un’impresa o di un datore di lavoro; oppure

    ii)

    alla legislazione dello Stato membro in cui ha la propria sede legale o il proprio domicilio l’impresa o il datore di lavoro, se è alle dipendenze di due o più imprese o datori di lavoro aventi la propria sede legale o il proprio domicilio in un solo Stato membro; oppure

    iii)

    alla legislazione dello Stato membro in cui l’impresa o il datore di lavoro ha la propria sede legale o il proprio domicilio diverso dallo Stato membro di residenza, se è alle dipendenze di due o più imprese o datori di lavoro aventi la propria sede legale o il proprio domicilio in due Stati membri, di cui uno è lo Stato membro di residenza; oppure

    iv)

    alla legislazione dello Stato membro di residenza se è alle dipendenze di due o più imprese o datori di lavoro, almeno due dei quali hanno la propria sede legale o il proprio domicilio in Stati membri diversi dallo Stato membro di residenza».

    Regolamento (CE) n. 987/2009

    10

    L’articolo 5 del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2009, L 284, pag. 1), intitolato «Valore giuridico dei documenti e delle certificazioni rilasciati in un altro Stato membro», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

    «I documenti rilasciati dall’istituzione di uno Stato membro che attestano la situazione di una persona ai fini dell’applicazione del [regolamento n. 883/2004] e del [presente regolamento], nonché le certificazioni su cui si è basato il rilascio dei documenti, sono accettati dalle istituzioni degli altri Stati membri fintantoché essi non siano ritirati o dichiarati non validi dallo Stato membro in cui sono stati rilasciati».

    11

    L’articolo 19 di tale regolamento, rubricato «Informazione agli interessati e ai datori di lavoro», al paragrafo 2 così dispone:

    «Su richiesta della persona interessata o del datore di lavoro, l’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione è applicabile a norma del titolo II del [regolamento n. 883/2004] fornisce un attestato del fatto che tale legislazione è applicabile e indica, se del caso, fino a quale data e a quali condizioni».

    Diritto austriaco

    12

    L’articolo 1, paragrafo 1, dell’Insolvenz-Entgeltsicherungsgesetz (legge sulla garanzia delle retribuzioni in caso d’insolvenza, BGBl. n. 324/1977), modificata da ultimo dal BGBl. I n. 218/2021 (in prosieguo: l’«IESG»), è così formulato:

    «Per i diritti garantiti ai sensi del paragrafo 2 spetta ai lavoratori subordinati, ai lavoratori in rapporto di prestazione servizi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, dell’Allgemeines Sozialversicherungsgesetz [(legge generale sulla sicurezza sociale] BGBl. n. 189/1955; in prosieguo: l’“ASVG”)], ai lavoratori a domicilio, nonché ai rispettivi superstiti e successori mortis causa (beneficiari), un diritto all’indennità di insolvenza se sono o sono stati parte di un rapporto di lavoro subordinato (o rapporto di prestazione di servizi o locazione d’opera) e, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1 o 2, lettere da a) a d), dell’ASVG, devono (dovevano) essere considerati come occupati sul territorio nazionale, e se sul patrimonio del datore di lavoro (committente) è stata aperta in territorio nazionale una procedura ai sensi dell’Insolvenzordnung (legge fallimentare)».

    13

    Ai sensi del suo articolo 12, paragrafo 1, di tale legge:

    «Le uscite del fondo per le indennità di insolvenza sono finanziate mediante:

    (...)

    4)

    (...) una maggiorazione gravante sul datore di lavoro calcolata sulla quota di contributo all’assicurazione contro la disoccupazione a carico del datore di lavoro (...)».

    14

    L’articolo 3 dell’ASVG così stabilisce:

    «1.   Si considerano occupati sul territorio nazionale i lavoratori subordinati il cui luogo di attività (...) si trova sul territorio nazionale e i lavoratori autonomi se la sede della loro azienda si trova su detto territorio.

    2.   Si considerano occupati sul territorio nazionale anche

    a)

    i dipendenti appartenenti al personale viaggiante di un’impresa di navigazione che offre servizi di trasporto internazionale su fiumi o laghi (...);

    d)

    i dipendenti i cui datori di lavoro hanno la propria sede in Austria e che vengono distaccati all’estero se l’attività ivi svolta non si protrae oltre i cinque anni; (...)».

    15

    L’articolo 4 di tale legge, al suo paragrafo 1, così recita:

    «Nel quadro dell’assicurazione malattia, sinistri e pensionistica sono assicurati (copertura totale) ai sensi della presente legge federale, ove l’impiego di cui trattasi non sia escluso dalla copertura totale ai sensi degli articoli 5 e 6, né conferisca soltanto una copertura parziale ai sensi dell’articolo 7:

    1.

    i dipendenti occupati presso uno o più datori di lavoro; (...)».

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    16

    Dal 1o luglio 2017 HB era alle dipendenze della S GmbH, con sede a Graz (Austria), quale responsabile dello sviluppo commerciale strategico dell’impresa. Tale società offriva i suoi servizi anche in Germania e si avvaleva in tale paese di un ingegnere commerciale in regime di libera professione, ma non impiegava altri collaboratori.

    17

    Il contratto di lavoro di HB prevedeva che il centro della sua attività e il luogo di lavoro abituale si situassero in Austria. HB dirigeva due reparti ed era responsabile dei collaboratori dell’ufficio a Graz. HB lavorava de facto in alternanza, una settimana in ufficio e una settimana dal suo domicilio in Germania, dove si trovava la sua residenza principale.

    18

    HB dispone di un certificato rilasciato da un ente assicurativo tedesco ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, che lo informa del fatto che gli è applicabile la legislazione tedesca in materia di previdenza sociale.

    19

    Il 4 giugno 2019 veniva aperta sul patrimonio della S. una procedura di risanamento giudiziario con spossessamento.

    20

    La IEF Service rappresenta il fondo di indennizzo per l’insolvenza del datore di lavoro, ovvero l’organismo di garanzia austriaco, ai sensi della direttiva 2008/94.

    21

    HB ha presentato una domanda di indennità di insolvenza per i suoi crediti salariali rimasti insoluti fino all’apertura della procedura di risanamento giudiziario. La domanda è stata presentata sia all’IEF Service sia all’organismo di garanzia tedesco. Come risulta dalla decisione di rinvio, l’esito del procedimento in Germania non è ancora noto.

    22

    Con sentenza del 14 ottobre 2019, il Landesgericht für Zivilrechtssachen Graz (Tribunale civile del Land, Graz, Austria) ha accolto la domanda di HB.

    23

    L’IEF Service ha interposto appello contro tale sentenza all’Oberlandesgericht Graz (Tribunale superiore del Land, Graz, Austria), che ha confermato detta decisione con sentenza del 18 giugno 2020.

    24

    In tali circostanze, l’IEF Service ha presentato un ricorso per cassazione (Revision) contro tale sentenza dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte Suprema, Austria), giudice del rinvio.

    25

    Tale giudice considera che, come risulta dalla sentenza del 6 settembre 2018, Alpenrind e a. (C‑527/16, EU:C:2018:669), un certificato A1 in corso di validità, rilasciato dall’organismo competente di uno Stato membro conformemente all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, vincola non solo le istituzioni dello Stato membro in cui l’attività è esercitata, ma anche i giudici di tale Stato membro.

    26

    Di conseguenza, sebbene HB abbia concluso il suo contratto di lavoro in Austria e abbia svolto la sua attività lavorativa subordinata per metà dell’orario di lavoro presso la sede della società S in Austria, egli soddisferebbe i requisiti dell’obbligo di assicurazione nel suo Stato di residenza, cioè la Germania, e la legislazione tedesca sarebbe applicabile nel caso di specie. Inoltre, conformemente a tale normativa, egli avrebbe probabilmente un luogo di lavoro, quantomeno fittizio, in Germania.

    27

    Il legislatore austriaco avrebbe recepito le disposizioni della direttiva 2008/94 nell’articolo 1, paragrafo 1, dell’IESG prevedendo che sussiste un’occupazione sul territorio nazionale in presenza di un rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1 o paragrafo 2, lettere da a) a d), dell’ASVG. A tale proposito, vi sarebbe un obbligo di assicurazione sul territorio austriaco.

    28

    Conformemente alla giurisprudenza dell’Oberstes Gerichtshof (Corte suprema), non sussiste un diritto all’indennità di insolvenza ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’IESG, quando un lavoratore subordinato, occupato all’estero, non è soggetto ad obblighi previdenziali in Austria in forza della sua attività.

    29

    Nel caso di specie, poiché HB lavora per una pari quantità di tempo in Austria e in Germania pur essendo soggetto al regime previdenziale tedesco, si porrebbe la questione se l’articolo 9 della direttiva 2008/94, che riguarda le situazioni transnazionali, trovi applicazione. Il giudice del rinvio ritiene che la risposta a tale questione dipenda dalla questione se le prestazioni di servizi proposte dalla S in Germania, l’accertata collaborazione con un ingegnere commerciale indipendente in tale Stato membro e la regolare attività lavorativa svolta da HB dal suo domicilio in Germania siano sufficienti quali fattori di collegamento per riconoscere una «presenza economica stabile» del datore di lavoro in Germania, ai sensi delle sentenze del 16 ottobre 2008, Holmqvist (C‑310/07, EU:C:2008:573), e del 10 marzo 2011, Defossez (C‑477/09, EU:C:2011:134).

    30

    In caso affermativo, occorrerebbe chiarire – alla luce della paritaria ripartizione del tempo di lavoro per svolgere un’attività avente pari contenuto e in applicazione dei criteri relativi al luogo di residenza e all’obbligo assicurativo di HB – in quale Stato egli abbia «abitualmente» esercitato il suo lavoro ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94, così da poter determinare su tale base la competenza dell’organismo di garanzia.

    31

    Il giudice del rinvio aggiunge che, anche supponendo che non sussista necessariamente un collegamento tra l’obbligo di contribuzione e la garanzia dei crediti (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2016, Stroumpoulis e a., C‑292/14, EU:C:2016:116, punto 68), sembra conforme all’obiettivo perseguito dalle libertà fondamentali l’evitare un doppio onere a carico dei datori di lavoro i cui lavoratori subordinati operano in due Stati membri e godono, quindi, della garanzia di percepire un’indennità in caso d’insolvenza, finanziata mediante contributi.

    32

    In tali circostanze, l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva [2008/94] del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro, debba essere interpretato nel senso che un’impresa ai sensi di detto articolo ha attività sul territorio di almeno due Stati membri già qualora offra i suoi servizi in un altro Stato membro e ivi si avvalga, a tal fine, di un ingegnere commerciale in regime di libera professione, mentre un lavoratore subordinato impiegato presso la sede dell’impresa lavora regolarmente ogni due settimane nell’altro Stato membro in regime di home office (telelavoro).

    In caso di risposta affermativa alla prima questione:

    2)

    Se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94 debba essere interpretato nel senso che un lavoratore subordinato di una siffatta impresa che risiede nel secondo Stato membro ed è ivi soggetto agli obblighi previdenziali ma che esercita il suo lavoro, alternativamente, una settimana nello Stato membro in cui ha sede il datore di lavoro e una settimana nello Stato membro in cui egli ha la propria residenza e in cui è soggetto agli obblighi previdenziali, eserciti «abitualmente» il suo lavoro ai sensi di detto articolo in entrambi gli Stati membri.

    In caso di risposta affermativa alla seconda questione:

    3)

    Se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94 debba essere interpretato nel senso che competente per il pagamento dei diritti non pagati di un lavoratore subordinato che esercita o esercitava abitualmente il suo lavoro in due Stati membri è

    a)

    l’organismo di garanzia dello Stato membro alle cui disposizioni legislative detto lavoratore è assoggettato nel quadro del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (previdenza sociale) quando gli organismi di garanzia ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/94 sono strutturati in entrambi gli Stati in maniera tale che i contributi del datore di lavoro al finanziamento dell’ente previdenziale devono essere versati quale componente dei contributi previdenziali obbligatori,

    b)

    oppure l’organismo di garanzia dell’altro Stato membro, in cui l’impresa insolvente ha la propria sede, oppure

    c)

    gli organismi di garanzia di entrambi gli Stati membri, cosicché nel presentare la domanda il lavoratore subordinato può scegliere a quale organismo rivolgersi».

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla prima questione

    33

    Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94 debba essere interpretato nel senso che, al fine di determinare lo Stato membro il cui organismo di garanzia è competente per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori, si deve ritenere che il datore di lavoro che si trova in stato di insolvenza abbia attività sul territorio di almeno due Stati membri, ai sensi di tale disposizione, qualora il contratto di lavoro del lavoratore interessato preveda che il centro di attività di quest’ultimo e il suo luogo di lavoro abituale siano situati nello Stati membro in cui si trova la sede del datore di lavoro, ma tale lavoratore, per una pari quantità del suo tempo di lavoro, svolga i suo compiti a distanza, a partire da un altro Stato membro in cui si trova la sua residenza principale.

    34

    Per rispondere a tale questione, occorre ricordare, innanzitutto, che ai sensi dell’articolo 3, prima frase, della direttiva 2008/94, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale.

    35

    L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94, che riguarda le «situazioni transnazionali», prevede che, quando un’impresa avente attività sul territorio di almeno due Stati membri si trova in stato di insolvenza, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, l’organismo di garanzia competente per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori è quello dello Stato membro sul cui territorio essi esercitano o esercitavano abitualmente il loro lavoro.

    36

    Al fine di valutare se, in un caso come quello di cui al punto 33 della presente sentenza, trovi applicazione detto articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94, occorre esaminare se il datore di lavoro abbia «attività sul territorio di almeno due Stati membri», ai sensi di tale disposizione.

    37

    A tale proposito, occorre constatare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 ottobre 2008, Holmqvist (C‑310/07, EU:C:2008:573), la Corte era chiamata a interpretare l’articolo 8 bis, paragrafo 1, della direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (GU 1980, L 283, pag. 23), come modificata dalla direttiva 2002/74/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002 (GU 2002, L 270, pag. 10), il cui tenore è identico a quello dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94.

    38

    La Corte ha dichiarato che, sebbene l’articolo 8 bis, paragrafo 1, della direttiva 80/987, come modificata dalla direttiva 2002/74, non implichi condizioni rigorose di collegamento, ma preveda un vincolo meno stretto della presenza dell’impresa mediante filiale o stabilimento fisso, non si può tuttavia accogliere il ragionamento secondo cui sarebbe sufficiente che il lavoratore effettui una qualsiasi forma di lavoro in un altro Stato membro per conto del datore di lavoro, e che tale attività lavorativa derivi da un’esigenza e da un’istruzione impartite da quest’ultimo, perché si possa ritenere che un’impresa abbia delle attività sul territorio di tale altro Stato membro (sentenza del 16 ottobre 2008, Holmqvist, C‑310/07, UE:C:2008:573, punto 29).

    39

    Infatti, la nozione di «attività», di cui a detta disposizione, deve essere intesa nel senso che si riferisce ad elementi che implicano un certo grado di persistenza sul territorio di uno Stato membro. Tale persistenza corrisponde all’impiego duraturo di un lavoratore o di lavoratori su tale territorio (sentenza del 16 ottobre 2008, Holmqvist, C‑310/07, EU:C:2008:573, punto 30).

    40

    Vero è che, considerate le diverse forme che il lavoro transfrontaliero può assumere e tenuto conto dei mutamenti intervenuti nelle condizioni di lavoro, nonché dei progressi nel settore delle telecomunicazioni, non si può sostenere che un’impresa debba necessariamente disporre di una infrastruttura materiale per garantire una presenza economica stabile in uno Stato membro diverso da quello in cui essa ha stabilito la sua sede sociale. Infatti, i vari aspetti di un rapporto di lavoro, in particolare la comunicazione delle istruzioni al lavoratore e la trasmissione dei resoconti di quest’ultimo al datore di lavoro, nonché il versamento degli stipendi, possono ormai essere effettuati a distanza (sentenza del 16 ottobre 2008, Holmqvist, C‑310/07, EU:C:2008:573, punto 32).

    41

    Tuttavia, per ritenere che un’impresa avente sede in uno Stato membro abbia delle attività sul territorio di un altro Stato membro, essa deve disporre in quest’ultimo Stato di una presenza economica stabile, caratterizzata dalla presenza di risorse umane che le consentano di svolgervi determinate attività (sentenza del 16 ottobre 2008, Holmqvist, C‑310/07, EU:C:2008:573, punto 34).

    42

    Nel caso di specie, come risulta dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte, benché HB abbia svolto de facto la metà del suo lavoro, per quanto riguarda la dimensione temporale, a partire dal suo domicilio in Germania, il centro di tale lavoro, che consisteva nel dirigere due dipartimenti e nell’assumersi la responsabilità dei dipendenti dell’ufficio del datore di lavoro in Austria, era situato, conformemente al contratto di lavoro e in pratica, in quest’ultimo Stato membro.

    43

    Inoltre, la circostanza che il datore di lavoro di HB non avesse altri dipendenti in Germania, ad eccezione di un ingegnere commerciale indipendente con il quale tale datore di lavoro collaborava in detto Stato membro, conferma che le attività di HB non potevano essere legate ad una qualsivoglia presenza duratura di tale datore di lavoro nel detto Stato membro.

    44

    Occorre constatare che, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 38 a 41 della presente sentenza, in tali circostanze, un datore di lavoro come quello di HB non svolge attività nel territorio di almeno due Stati membri ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94.

    45

    Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla circostanza che HB dispone di un certificato rilasciato conformemente all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, ai sensi del quale egli è soggetto alla legislazione tedesca. Infatti, come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, se è vero che, come risulta dall’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, tale certificato ha un effetto vincolante per quanto riguarda gli obblighi imposti dalle legislazioni nazionali in materia di previdenza sociale oggetto del coordinamento istituito dal regolamento n. 883/2004, un siffatto certificato non ha, tuttavia, alcuna incidenza sulla determinazione dello Stato membro nel quale HB deve far valere i propri diritti retributivi non pagati, conformemente alla direttiva 2008/94.

    46

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94 deve essere interpretato nel senso che, al fine di determinare lo Stato membro il cui organismo di garanzia è competente per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori, si deve ritenere che il datore di lavoro che si trova in stato di insolvenza non abbia attività sul territorio di almeno due Stati membri, ai sensi di tale disposizione, qualora il contratto di lavoro del lavoratore di cui trattasi preveda che il centro dell’attività di quest’ultimo nonché il suo luogo di lavoro abituale siano situati nello Stato membro in cui ha sede il datore di lavoro, ma tale lavoratore, per una pari quantità del suo tempo di lavoro, svolga i suoi compiti a distanza, a partire da un altro Stato membro in cui si trova la sua residenza principale.

    Sulle questioni seconda e terza

    47

    Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alle questioni seconda e terza.

    Sulle spese

    48

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro,

     

    deve essere interpretato nel senso che:

     

    al fine di determinare lo Stato membro il cui organismo di garanzia è competente per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori, si deve ritenere che il datore di lavoro che si trova in stato di insolvenza non abbia attività sul territorio di almeno due Stati membri, ai sensi di tale disposizione, qualora il contratto di lavoro del lavoratore di cui trattasi preveda che il centro dell’attività di quest’ultimo nonché il suo luogo di lavoro abituale siano situati nello Stato membro in cui ha sede il datore di lavoro, ma tale lavoratore, per una pari quantità del suo tempo di lavoro, svolga i suoi compiti a distanza, a partire da un altro Stato membro in cui si trova la sua residenza principale.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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