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Document 62020CO0108

    Ordinanza della Corte (Decima Sezione) del 14 aprile 2021.
    HR contro Finanzamt Wilmersdorf.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Berlin-Brandenburg.
    Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 167 e 168 – Diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte – Diniego – Evasione – Catena di cessioni – Diniego del diritto a detrazione quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA.
    Causa C-108/20.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:266

     ORDINANZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

    14 aprile 2021 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 167 e 168 – Diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte – Diniego – Evasione – Catena di cessioni – Diniego del diritto a detrazione quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA»

    Nella causa C‑108/20,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE dal Finanzgericht Berlin-Brandenburg (Tribunale tributario di Berlino-Brandeburgo, Germania) con decisione del 5 febbraio 2020, pervenuta in cancelleria il 27 febbraio 2020, nel procedimento

    HR

    contro

    Finanzamt Wilmersdorf,

    LA CORTE (Decima Sezione),

    composta da M. Ilešič, presidente di sezione, E. Juhász e I. Jarukaitis (relatore), giudici,

    avvocato generale: E. Tanchev

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per HR, da M. Wulf, Rechtsanwalt;

    per il governo tedesco, da J. Möller e S. Eisenberg, in qualità di agenti;

    per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e O. Serdula, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da J. Jokubauskaitė e L. Mantl, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

    ha emesso la seguente

    Ordinanza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 167 e dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).

    2

    Detta domanda è stata presentata nel quadro di una controversia che oppone HR al Finanzamt Wilmersdorf (Ufficio dei tributi di Wilmersdorf, Germania; in prosieguo: l’«amministrazione finanziaria») con riferimento a un diniego del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte a fronte degli acquisti di bevande compiuti nel corso degli esercizi 2009 e 2010.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    L’articolo 167 della direttiva 2006/112, che figura nel capo I («Origine e portata del diritto a detrazione») del titolo X («Detrazioni»), così dispone:

    «Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

    4

    Nel medesimo capo, l’articolo 168 della direttiva di cui trattasi prevede quanto segue:

    «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

    a)

    l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

    (...)».

    5

    Ai sensi del successivo articolo 273, primo comma:

    «Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

    Diritto tedesco

    6

    L’articolo 15, paragrafo 1, dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’IVA, BGBI. 2005 I, pag. 386), nella sua versione applicabile ai fatti oggetto della controversia principale, così dispone:

    «L’imprenditore può detrarre i seguenti importi di imposta assolta a monte:

    1.

    l’imposta dovuta per legge per cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli sono state fornite da altri imprenditori per la sua attività imprenditoriale. L’esercizio del diritto a detrazione presuppone che l’imprenditore sia in possesso di una fattura redatta ai sensi degli articoli 14 e 14a della presente legge. (…)

    (…)».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    7

    Nel corso degli anni 2009 e 2010, HR gestiva, con la collaborazione del coniuge, un’attività di vendita all’ingrosso di bevande. Nelle sue dichiarazioni IVA relative a detti esercizi, HR portava in detrazione l’IVA assolta a monte in forza delle fatture emesse dalla P GmbH, pari a EUR 993164 per il 2009 e a EUR 108417,87 per il 2010 e relative a forniture di bevande realmente effettuate.

    8

    Da due sentenze pronunciate dal giudice penale, passate in giudicato, risulta che la società P ha acquistato le bevande fornite a HR commettendo una serie di evasioni dell’IVA. In base agli accertamenti compiuti da detto giudice, il coniuge di HR forniva alla P grossi quantitativi di bevande spiritose, caffè e Red Bull, per un fatturato di circa EUR 80 milioni, senza emettere fattura per tali forniture. Un dipendente della P emetteva una serie di fatture fittizie per l’acquisto di dette merci sulla cui base la P faceva indebitamente valere la detrazione dell’IVA a monte. Nel contempo, il coniuge di HR metteva a disposizione della P elenchi dei prezzi e dei potenziali clienti per detta merce. La merce di cui trattasi veniva rivenduta a vari acquirenti, tra cui HR.

    9

    A seguito della scoperta di tali fatti, l’amministrazione finanziaria negava alla P il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA e faceva lo stesso nei confronti di HR ritenendo, sostanzialmente, che quest’ultima rientrasse, con la sua impresa, nella catena di cessioni nell’ambito della quale erano state commesse le evasioni.

    10

    HR agiva dinanzi al giudice del rinvio, il Finanzgericht Berlin-Brandenburg (Tribunale tributario di Berlino-Brandeburgo, Germania), affermando di soddisfare le condizioni stabilite dalla legge per beneficiare del diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte.

    11

    L’amministrazione finanziaria ritiene, per contro, che HR, vista la partecipazione di suo marito e l’insolita condotta commerciale, avrebbe dovuto riconoscere di essere, con la propria impresa, parte di una catena di cessioni di beni nell’ambito della quale si erano verificate delle evasioni dell’IVA.

    12

    Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto all’interpretazione della nozione di «catena di cessioni» alla luce delle prescrizioni del diritto dell’Unione e si chiede se i rapporti di compravendita oggetto del procedimento principale possano rientrarvi, osservando che né HR, facendo valere il suo diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte sulle forniture di bevande effettuate dalla P, né quest’ultima, quale fornitore della merce, hanno commesso evasione dell’IVA nel quadro delle operazioni di cui trattasi.

    13

    Secondo detto giudice, si potrebbe ritenere che già la mera conoscenza, effettiva o potenziale, da parte di un soggetto passivo di un’evasione fiscale commessa a monte dell’operazione in causa lo privi del diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte. La nozione di «catena di cessioni» sarebbe così intesa nel senso di richiedere unicamente che uno stesso bene fornito sia oggetto di più operazioni successive e vi sarebbe coinvolgimento nell’evasione commessa a monte per il solo fatto che essa riguarda il medesimo bene, senza che sia necessario che il soggetto passivo abbia facilitato o promosso l’evasione controversa.

    14

    Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che, in considerazione dei principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, una siffatta interpretazione della nozione di «catena di cessioni» sia troppo ampia. A suo avviso, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che, in caso di evasione, il diniego del diritto a detrazione può essere preso in considerazione solo quando proprio dalla combinazione specifica di transazioni consecutive deriva il carattere fraudolento di tali operazioni nel loro complesso, come nel caso, ad esempio, in cui le cessioni successive siano parte di un piano complessivo finalizzato a ostacolare la tracciabilità dei beni forniti e, in tal modo, anche l’individuazione delle evasioni fiscali commesse nell’ambito della suddetta catena. Una siffatta analisi troverebbe conferma nella giurisprudenza che subordina il diniego del diritto a detrazione a una «partecipazione» o un «coinvolgimento» del soggetto passivo. A suo avviso, il mero fatto che il soggetto passivo era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’evasione non potrebbe essere sufficiente per riconoscere una partecipazione all’interno di essa, posto che una partecipazione o un coinvolgimento presuppongono un contributo personale all’evasione, quanto meno sotto forma di promozione o di agevolazione. La malafede, quale circostanza meramente soggettiva, non potrebbe sostituire la partecipazione attiva necessaria per riconoscere una partecipazione o un coinvolgimento.

    15

    Così, a suo avviso, in un caso come quello sottopostogli, in cui non vi è stato un occultamento dei rapporti di fornitura, né dell’identità dei fornitori, l’evasione commessa a monte è integralmente conclusa e non può più essere promossa o agevolata, e manca un piano complessivo in base al quale le cessioni dovrebbero essere parte di un’evasione fiscale estesa a più operazioni, il diritto a detrazione non dovrebbe essere negato. Date le circostanze, l’operazione che lega la società P e HR potrebbe essere considerata come un ulteriore rapporto di fornitura indipendente dall’operazione a monte interessata dall’evasione, cosicché la catena di cessioni si sarebbe interrotta a livello della P. La questione se il coniuge di HR abbia o meno fornito alla P l’elenco dei clienti e delle merci di cui trattasi sarebbe irrilevante, posto che tale circostanza non rimette in discussione il fatto che le cessioni effettuate dalla P a HR non hanno minimamente inciso sull’evasione fiscale commessa anteriormente da detta società. Inoltre, le operazioni di cui trattasi non avrebbero comportato l’insorgenza di alcun danno in termini di IVA, posto che la P era tenuta ad assolvere l’IVA esposta in fattura, e non avrebbero comportato un vantaggio fiscale potenzialmente in contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2006/112.

    16

    Il giudice del rinvio ritiene che, date le circostanze, l’estensione degli effetti di un’evasione intervenuta nel quadro di un’operazione a monte a tutte le operazioni a valle in presenza di una mera conoscenza effettiva o potenziale di detta evasione da parte del soggetto passivo integrerebbe una limitazione sproporzionata del principio di neutralità fiscale, considerato che il diniego del diritto a detrazione non potrebbe assumere carattere sanzionatorio. A suo avviso, a favore di questa posizione potrebbe deporre il fatto che, secondo la giurisprudenza della Corte, ai fini del diritto del soggetto passivo di detrarre l’IVA assolta a monte, è irrilevante stabilire se l’IVA dovuta sulle operazioni di vendita precedenti o successive riguardanti i beni interessati sia stata versata o meno all’Erario. In tale contesto, la Corte avrebbe sempre sottolineato che le misure che gli Stati membri possono adottare, in forza dell’articolo 273 della direttiva 2006/112, per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare le evasioni non devono eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. Orbene, non sembrerebbe che un’interpretazione estensiva della nozione di «catena di cessioni» sia idonea a soddisfare tali obiettivi. Infine, l’erroneità di un diniego del beneficio del diritto a detrazione in circostanze siffatte potrebbe trovare conferma anche nella giurisprudenza della Corte secondo cui, ai fini dell’IVA, non si deve distinguere tra operazioni lecite e illecite.

    17

    In tali circostanze, il Finanzgericht Berlin‑Brandenburg (Tribunale tributario di Berlino‑Brandeburgo) ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se gli articoli 167 e 168, lettera a), della direttiva 2006/112 (...) debbano essere interpretati nel senso che ostano a un’applicazione nazionale del diritto a norma della quale la detrazione deve essere negata anche in caso di evasione IVA commessa nel quadro di un’operazione a monte se il soggetto passivo ne era o avrebbe dovuto esserne a conoscenza, benché con l’operazione a lui erogata questi non abbia partecipato all’evasione fiscale, né la sua condotta si sia iscritta all’interno di essa, e benché non abbia neppure promosso o agevolato l’evasione commessa».

    Sulla questione pregiudiziale

    18

    Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, quando la risposta ad una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta ad una siffatta questione non dà adito a nessun ragionevole dubbio, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

    19

    Tale disposizione deve essere applicata nella presente causa.

    20

    Con la questione posta, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se la direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che osta a una prassi nazionale in base alla quale il beneficio del diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte è negato a un soggetto passivo che ha acquistato beni oggetto di un’evasione dell’IVA commessa a monte nella catena di cessioni e che, pur non avendo partecipato attivamente a detta evasione, era o avrebbe dovuto esserne a conoscenza.

    21

    La Corte ha ricordato in più occasioni che la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva 2006/112. A questo riguardo, essa ha stabilito che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione e che, pertanto, spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C‑439/04 e C‑440/04, EU:C:2006:446, punti 5455, e del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C‑189/18, EU:C:2019:861, punto 34 e giurisprudenza citata).

    22

    In numerose occasioni la Corte ha altresì ricordato che il beneficio del diritto a detrazione deve essere negato non solamente quando un’evasione sia commessa dal soggetto passivo stesso, ma anche qualora si dimostri che il soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto di tali beni e servizi, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C‑439/04 e C‑440/04, EU:C:2006:446, punto 59; del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punto 45, e del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C‑189/18, EU:C:2019:861, punto 35 e giurisprudenza citata).

    23

    A tal riguardo, essa ha ritenuto che un soggetto passivo siffatto debba essere considerato, ai fini della direttiva 2006/112, partecipante all’evasione, e ciò indipendentemente dalla circostanza di trarre o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette a imposta da esso effettuate a valle, dal momento che in una tale situazione detto soggetto passivo collabora con gli autori dell’evasione e ne diviene complice (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C‑439/04 e C‑440/04, EU:C:2006:446, punti 5657; del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punto 46; del 6 dicembre 2012, Bonik, C‑285/11, EU:C:2012:774, punto 39; del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C‑18/13, EU:C:2014:69, punto 27, e del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C‑277/14, EU:C:2015:719, punto 48).

    24

    La Corte ha altresì ripetutamente precisato, con riferimento a casi in cui le condizioni sostanziali del diritto a detrazione erano soddisfatte, che il beneficio del diritto a detrazione può essere negato al soggetto passivo soltanto qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto dei beni e servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, lo stesso partecipava a un’operazione che si iscriveva in una siffatta evasione commessa dal fornitore o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle cessioni o prestazioni (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C‑285/11, EU:C:2012:774, punto 40, e del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C‑18/13, EU:C:2014:69, punto 28, e ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 53).

    25

    A questo riguardo, la Corte ha in effetti stabilito che non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla direttiva 2006/112 sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, anteriore o posteriore a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’IVA, posto che l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punti 4748, e del 6 dicembre 2012, Bonik, C‑285/11, EU:C:2012:774, punti 4142, e ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 52).

    26

    Contrariamente all’interpretazione della giurisprudenza della Corte data dal giudice del rinvio, dalla giurisprudenza illustrata nei punti da 21 a 25 della presente ordinanza emerge chiaramente, in primo luogo, che il semplice fatto che il soggetto passivo abbia acquistato beni o servizi sapendo, in qualsiasi modo, di partecipare, con detto acquisto, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa a monte nella catena delle cessioni o prestazioni, è considerato, ai fini della direttiva 2006/112, come una partecipazione a detta evasione. Come sostenuto dal governo tedesco, il solo atto positivo determinante per fondare un diniego del diritto a detrazione in una situazione siffatta è l’acquisto di detti beni o servizi. Non è quindi affatto necessario, a tal fine, stabilire che il soggetto passivo ha partecipato attivamente alla suddetta evasione, in un modo o in un altro, anche solo promuovendola o facilitandola. Parimenti, poco importa che detto soggetto non abbia occultato i suoi rapporti di fornitura e l’identità dei suoi fornitori.

    27

    Ciò è ancor più vero se si considera che, in base a detta giurisprudenza, il diritto a detrazione è negato anche al soggetto passivo che avrebbe dovuto sapere che, con il suo acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa a monte nella catena delle cessioni o delle prestazioni. In una situazione siffatta, il diniego del diritto a detrazione si fonda sulla mancata adozione di una certa diligenza.

    28

    A tale riguardo, si deve ricordare che la Corte ha ripetutamente stabilito che non è contrario al diritto dell’Unione esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione fiscale, fermo restando che la determinazione delle misure che, in una fattispecie concreta, possono essere ragionevolmente imposte ad un soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA perché questi si assicuri che le sue operazioni non si iscrivano in un’evasione commessa da un operatore a monte dipendono, essenzialmente, dalle circostanze di detta fattispecie (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punti 5459, e del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 52).

    29

    La Corte ha precisato che, qualora sussistano indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione, un operatore accorto potrebbe, secondo le circostanze del caso di specie, vedersi obbligato ad assumere informazioni su un altro operatore, presso il quale prevede di acquistare beni o servizi, al fine di sincerarsi della sua affidabilità (sentenza del 21 giugno 2012,Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punto 60, e ordinanze del 16 maggio 2013, Hardimpex, C‑444/12, non pubblicata, EU:C:2013:318, punto 25, e del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 55).

    30

    D’altro canto, posto che il giudice del rinvio afferma, essenzialmente, che la malafede del soggetto passivo non può integrare un criterio idoneo a sostituirsi a quello della sua partecipazione attiva, occorre ricordare che non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore agisca in buona fede (v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 2019, Vinš, C‑275/18, EU:C:2019:265, punto 33, e del 17 ottobre 2019, Unitel, C‑653/18, EU:C:2019:876, punto 33).

    31

    Tuttavia, per negare il beneficio del diritto a detrazione, non è necessario dimostrare la malafede del soggetto passivo, posto che dalla giurisprudenza illustrata ai punti da 21 a 25 della presente ordinanza e dai motivi che precedono emerge che il fatto che detto soggetto abbia acquistato beni o servizi quando sapeva o avrebbe dovuto sapere, adottando le misure che possono ragionevolmente essergli richieste per assicurarsi che tale operazione non lo coinvolga in un’evasione, di partecipare, con detto acquisto, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione, è sufficiente per ritenere, ai fini della direttiva 2006/112, che il soggetto passivo di cui trattasi abbia partecipato a detta evasione e a privarlo del beneficio del diritto a detrazione.

    32

    In secondo luogo, non può essere accolta l’interpretazione secondo cui, da una parte, la nozione di «catena di cessioni» dovrebbe essere intesa come riferita unicamente ai casi in cui l’evasione è frutto di una combinazione specifica di transazioni consecutive o di un piano complessivo in base al quale le cessioni dovrebbero essere parte di un’evasione fiscale estesa a più operazioni, e, dall’altra, al di fuori di detti casi, l’operazione realizzata dal soggetto passivo e quella a monte viziata da evasione dovrebbero essere considerate come operazioni indipendenti, in particolare, quando, nel momento in cui è intervenuta la prima di dette operazioni, l’evasione era già stata commessa ed essa non poteva pertanto più essere promossa o agevolata.

    33

    Infatti, un’interpretazione siffatta equivale a prevedere condizioni aggiuntive per il diniego del diritto a detrazione in caso di evasione che non si ricavano dalla giurisprudenza illustrata nei punti da 21 a 25 della presente ordinanza. Come osservato al punto 31 supra, il fatto che il soggetto passivo abbia acquistato beni o servizi quando sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con detto acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione commessa a monte, è sufficiente per ritenere che il soggetto de quo ha partecipato a detta evasione e per privarlo del beneficio del diritto a detrazione.

    34

    Inoltre, una tale interpretazione trascura il fatto che un’evasione commessa in una determinata fase della catena di cessioni o di prestazioni si ripercuote sulle fasi a valle di detta cessione se, a causa della diminuzione del prezzo dei beni o dei servizi imputabile alla mancata riscossione dell’IVA a monte, l’importo dell’IVA percepita non corrisponde all’importo dovuto. In ogni caso, come mostrano i fatti oggetto del procedimento principale, l’acquisto da parte del soggetto passivo di beni oggetto di un’operazione a monte viziata da evasione ne consente lo smercio e di conseguenza, come osservato dal governo ceco, agevola l’evasione.

    35

    In terzo luogo, per stabilire se il soggetto passivo abbia partecipato a un’evasione, è irrilevante che l’operazione di cui trattasi gli abbia procurato o meno un vantaggio dal punto di vista fiscale. Infatti, diversamente da quanto stabilito in materia di pratiche abusive (sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punti 7475; del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 36, e del 10 luglio 2019, Kuršu zeme, C‑273/18, EU:C:2019:588, punto 35), l’accertamento della partecipazione del soggetto passivo all’evasione dell’IVA non è subordinata alla condizione che detta operazione gli abbia procurato un beneficio fiscale la cui concessione viola l’obiettivo perseguito dalle disposizioni della direttiva 2006/112. Parimenti, è irrilevante che l’operazione di cui trattasi non abbia comportato alcun vantaggio economico per il soggetto passivo, come ricordato ai punti 23 e 34 della presente ordinanza.

    36

    Da ultimo, dalle considerazioni illustrate ai punti 23 e 25 della presente ordinanza, secondo cui, da un lato, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario e, dall’altro, il soggetto passivo che sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione, collabora con gli autori di detta evasione e ne diviene complice, risulta che una siffatta partecipazione integra una condotta colposa di cui il soggetto passivo de quo è chiamato a rispondere.

    37

    Siffatta interpretazione è tale da ostacolare le operazioni fraudolente (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C‑439/04 e C‑440/04, EU:C:2006:446, punto 58), privando, segnatamente, di sbocco i beni e i servizi oggetto di un’operazione che si iscriveva in un’evasione e contribuisce quindi alla lotta all’evasione che, come ricordato al punto 21 della presente ordinanza, costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva 2006/112. Stabilendo, in maniera costante, che il beneficio del diritto a detrazione deve essere negato quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione, la Corte ha necessariamente ritenuto che un diniego in tali circostanze non vada al di là di quanto necessario per conseguire detto obiettivo. Parimenti, essa ha necessariamente stabilito che un diniego siffatto non può essere considerato come una violazione del principio di neutralità fiscale che, del resto, non può essere invocato, ai fini della detrazione dall’IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato a un’evasione fiscale (v., per analogia, sentenze del 28 marzo 2019, Vinš, C‑275/18, EU:C:2019:265, punto 33, e del 17 ottobre 2019, Unitel, C‑653/18, EU:C:2019:876, punto 33).

    38

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che non osta a una prassi nazionale in base alla quale il beneficio del diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte è negato a un soggetto passivo che ha acquistato beni oggetto di un’evasione dell’IVA commessa a monte nella catena di cessioni e che, pur non avendo partecipato attivamente a detta evasione, era o avrebbe dovuto esserne a conoscenza.

    Sulle spese

    39

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

     

    La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che non osta a una prassi nazionale in base alla quale il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte è negato a un soggetto passivo che ha acquistato beni oggetto di un’evasione dell’IVA commessa a monte nella catena di cessioni e che, pur non avendo partecipato attivamente a detta evasione, era o avrebbe dovuto esserne a conoscenza.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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