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Document 62020CC0242

    Conclusioni dell’avvocato generale H. Saugmandsgaard Øe, presentate il 9 settembre 2021.
    HRVATSKE ŠUME d.o.o., Zagreb contro BP Europa SE.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Visoki trgovački sud Republike Hrvatske.
    Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Articolo 5, punto 3 – Nozione di “materia di illeciti civili dolosi o colposi” – Procedimento giudiziario di esecuzione – Azione di ripetizione dell’indebito basata sull’arricchimento senza causa – Articolo 22, punto 5 – Esecuzione delle decisioni – Competenza esclusiva.
    Causa C-242/20.

    Court reports – general ; Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:728

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

    presentate il 9 settembre 2021 ( 1 )

    Causa C‑242/20

    HRVATSKE ŠUME d.o.o., Zagreb, succeduta alla HRVATSKE ŠUME javno poduzeće za gospodarenje šumama i šumskim zemljištima u Republici Hrvatskoj p.o., Zagreb,

    contro

    BP EUROPA SE, succeduta alla DEUTSCHE BP AG, succeduta, a sua volta, alla THE BURMAH OIL (Deutschland), GmbH

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Visoki trgovački sud Republike Hrvatske (Corte d’appello di commercio, Croazia)]

    «Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale – Competenza giudiziaria – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Azione di restituzione basata sull’arricchimento senza causa – Qualificazione – Articolo 5, punto 1, e articolo 5, punto 3 – Competenze speciali in “materia contrattuale” e in “materia di illeciti civili dolosi o colposi”»

    I. Introduzione

    1.

    Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il Visoki trgovački sud Republike Hrvatske (Corte d’appello di commercio, Croazia) ha deferito alla Corte due questioni relative all’interpretazione del regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I»).

    2.

    Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia sorta fra la HRVATSKE ŠUME d.o.o., Zagreb, una società di diritto croato, e la BP EUROPA SE, una società con sede ad Amburgo (Germania), in relazione ad una somma di denaro, pignorata sul conto bancario della prima società e trasferita nel patrimonio della seconda nell’ambito di un procedimento di esecuzione. Poiché tale procedimento è stato successivamente dichiarato invalido, la ricorrente nel procedimento principale chiede la restituzione della somma in questione sulla base dell’arricchimento senza causa.

    3.

    Nella fase preliminare in cui si trova la controversia principale, il giudice del rinvio deve stabilire se i giudici croati siano competenti a statuire su tale domanda di restituzione, oppure se siano i giudici tedeschi, in quanto giudici dello Stato membro del domicilio della BP EUROPA, a dover esserne investiti. La risposta dipende segnatamente dalla questione se una siffatta domanda rientri nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I.

    4.

    Non è la prima volta che la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla qualificazione di domande basate sull’arricchimento senza causa alla luce del regolamento Bruxelles I. Cionondimeno, essa non ha ancora risposto in maniera univoca alla questione se la norma sulla competenza in «materia di illeciti civili dolosi o colposi», prevista all’articolo 5, punto 3, di tale regolamento, sia applicabile a tale tipo di domande. Poiché siffatta disposizione è connessa, sotto il profilo sistematico, a quella in «materia contrattuale», figurante all’articolo 5, punto 1, di detto regolamento, la presente causa darà alla Corte l’occasione di apportare una risposta globale concernente queste due norme.

    5.

    Nelle presenti conclusioni, illustrerò che le domande di restituzione basate sull’arricchimento senza causa, da un lato, non si ricollegano alla «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I, a meno che esse non siano strettamente connesse ad un rapporto contrattuale esistente, o che si presume esistere, fra le parti della controversia, e, dall’altro, non rientrano nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, di tale regolamento.

    II. Contesto normativo

    A.   Regolamento Bruxelles I

    6.

    I considerando 11 e 12 del regolamento Bruxelles I enunciano quanto segue:

    «(11)

    Le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità ed articolarsi intorno al principio della competenza del giudice del domicilio del convenuto, la quale deve valere in ogni ipotesi salvo in alcuni casi rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento. (...)

    (12)

    Il criterio del foro del domicilio del convenuto deve essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, ammessi in base al collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia».

    7.

    L’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento dispone quanto segue:

    «Salve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro».

    8.

    L’articolo 5 di detto regolamento prevede quanto segue ai suoi punti 1 e 3:

    «La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:

    1)

    a)

    in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita;

    (...)

    3)

    in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

    9.

    Il regolamento Bruxelles I è stato sostituito dal regolamento (UE) n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 3 ) (in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I bis»). Cionondimeno, in conformità all’articolo 66 di quest’ultimo regolamento, esso si applica solo alle azioni proposte a decorrere dal 10 gennaio 2015. Poiché l’azione di cui al procedimento principale è stata proposta il 1o ottobre 2014, ad essa è applicabile ratione temporis il regolamento Bruxelles I.

    B.   Diritto croato

    10.

    Nel diritto croato, le norme relative all’arricchimento senza causa figurano agli articoli da 1111 a 1120 dello zakon o obveznim odnosima (legge relativa alle obbligazioni, Narodne novine, br. 35/05, 41/08, 125/11, 78/15 e 29/18).

    11.

    L’articolo 1111 di tale legge dispone quanto segue:

    «(1) Quando una parte del patrimonio di una persona è trasferita, con qualsiasi modalità, nel patrimonio di un’altra persona, senza che detto trasferimento si fondi su una transazione giuridica, su una decisione dell’autorità giudiziaria o di un’altra autorità competente o su una legge, il beneficiario dell’arricchimento è tenuto a restituire il beneficio ottenuto, o, in difetto, a restituire il valore del beneficio ottenuto.

    (2) Si intende parimenti per trasferimento di patrimonio il fatto di trarre vantaggio dall’esecuzione di un atto.

    (3) L’obbligo di restituzione o di compensazione del valore esiste anche qualora il vantaggio sia stato ottenuto in forza di un fondamento inoperante o successivamente soppresso».

    III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

    12.

    Dalla decisione di rinvio risulta che, ad una certa data, il Trgovački sud u Zagrebu (Tribunale di commercio di Zagabria, Croazia), su domanda della THE BURMAH OIL (Deutschland) GmbH, ha disposto l’esecuzione forzata di un obbligo gravante sulla FUTURA d.o.o., Zagreb (Croazia), tramite il pignoramento, a vantaggio della prima società, di un credito pecuniario vantato dalla seconda società nei confronti di una terza società, ossia la HRVATSKE ŠUME ( 4 ).

    13.

    Quest’ultima società ha proposto dinanzi al Vrhovni sud Republike Hrvatske (Corte suprema, Croazia) un ricorso straordinario inteso a far accertare l’invalidità delle misure di esecuzione disposte nei suoi confronti. Poiché tale ricorso è privo di effetto sospensivo, l’esecuzione forzata è stata attuata l’11 marzo 2003, data alla quale un importo di 3792600,87 kune croate (HRK) (circa EUR 503331) veniva prelevato dal suo conto bancario e trasferito alla DEUTSCHE BP AG [succeduta nel frattempo alla THE BURMAH OIL (Deutschland)] a titolo di recupero del credito in questione.

    14.

    Nell’ambito del ricorso proposto dalla HRVATSKE ŠUME, il Vrhovni sud (Corte suprema), con sentenza del 21 maggio 2009, ha dichiarato l’invalidità delle misure di esecuzione attuate nei confronti di tale società.

    15.

    Con ricorso del 1o ottobre 2014, la HRVATSKE ŠUME ha proposto dinanzi al Trgovački sud u Zagrebu (Tribunale di commercio di Zagabria) un’azione di ripetizione dell’indebito fondata sull’arricchimento senza causa ( 5 ) nei confronti della BP EUROPA (la quale era nel frattempo succeduta alla DEUTSCHE BP). In tale contesto, la ricorrente nel procedimento principale ha sostenuto, in sostanza, che la sentenza del 21 maggio 2009 emessa dal Vrhovni sud (Corte suprema) ha fatto venir meno il fondamento giuridico del trasferimento nel patrimonio della DEUTSCHE BP del credito pignorato, cosicché tale società aveva beneficiato di un arricchimento senza causa. La BP EUROPA sarebbe pertanto tenuta a restituire alla HRVATSKE ŠUME l’importo in questione, maggiorato degli interessi di legge.

    16.

    A difesa, la BP EUROPA ha eccepito l’incompetenza dei giudici croati. Con ordinanza del 20 marzo 2019, il Trgovački sud u Zagrebu (Tribunale di commercio di Zagabria) ha respinto l’azione intentata dalla HRVATSKE ŠUME per questo motivo. In sostanza, tale giudice ha ritenuto che, in assenza, nel regolamento Bruxelles I bis, di una norma sulla competenza speciale in materia di arricchimento senza causa, sia applicabile unicamente la norma generale sulla competenza dei giudici dello Stato membro del domicilio del convenuto, prevista all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento. La ricorrente nel procedimento principale avrebbe dunque dovuto esperire la propria azione dinanzi ai giudici tedeschi.

    17.

    La HRVATSKE ŠUME ha interposto appello avverso tale ordinanza dinanzi al Visoki trgovački sud Republike Hrvatske (Corte d’appello di commercio). Tale giudice osserva che il Trgovački sud u Zagrebu (Tribunale di commercio di Zagabria) ha fatto erroneamente riferimento al regolamento Bruxelles I bis, poiché all’azione intentata dalla ricorrente nel procedimento principale è applicabile ratione temporis il regolamento Bruxelles I ( 6 ). Inoltre, il giudice d’appello si chiede se i giudici croati possano ricavare la loro competenza a conoscere di tale azione dall’articolo 5, punto 3, o dall’articolo 22, punto 5, del regolamento Bruxelles I. In siffatto contesto, tale giudice si interroga, da un lato, sulla questione se un’azione di ripetizione dell’indebito fondata sull’arricchimento senza causa rientri nell’ambito della «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi della prima disposizione. Dall’altro lato, esso si chiede se l’azione in questione rientri nella «materia di esecuzione delle decisioni», ai sensi della seconda disposizione, alla luce del fatto che l’arricchimento addotto è intervenuto nel contesto di un procedimento di esecuzione.

    18.

    In tali circostanze, il Visoki trgovački sud (Corte d’appello di commercio) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se un’azione di ripetizione dell’indebito fondata sull’arricchimento senza causa ricada nel criterio di competenza previsto dal [regolamento Bruxelles I] in materia di “illeciti civili colposi”, tenuto conto del fatto che l’articolo 5, punto 3, di detto regolamento stabilisce, in particolare, che la “persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro: (…) in materia di illeciti civili (…) colposi, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”.

    2)

    Se i procedimenti contenziosi avviati a causa dell’esistenza di un limite temporale entro il quale la restituzione delle somme indebitamente versate nell’ambito di un procedimento di esecuzione forzata può essere richiesta nel quadro dello stesso procedimento di esecuzione giudiziaria rientrino nel criterio di competenza esclusiva previsto all’articolo 22, punto 5, del [regolamento Bruxelles I], in base al quale, in materia di esecuzione delle decisioni, hanno competenza esclusiva i giudici dello Stato membro nel cui territorio ha luogo l’esecuzione, indipendentemente dal domicilio».

    19.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 6 maggio 2020, è pervenuta nella cancelleria della Corte l’8 giugno dello stesso anno. I governi croato e ceco, nonché la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte. Non vi è stata udienza nella presente causa.

    IV. Analisi

    20.

    Le due questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono sulla competenza dei giudici degli Stati membri dell’Unione, in applicazione del regolamento Bruxelles I ( 7 ), a conoscere di un’azione fondata sull’arricchimento senza causa. Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni saranno incentrate sulla prima di esse.

    21.

    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento prevede, quale regola generale, la competenza dei giudici dello Stato membro del domicilio del convenuto. Nella specie, è pacifico che il domicilio della BP EUROPA è situato, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, in Germania ( 8 ). Tale disposizione devolve pertanto la competenza ai giudici tedeschi.

    22.

    Cionondimeno, il regolamento Bruxelles I prevede parimenti norme che, in determinate ipotesi, consentono al ricorrente di convenire in giudizio il convenuto in un altro Stato membro ( 9 ). Tale regolamento contiene segnatamente, al suo articolo 5, norme sulla competenza speciale, relative a diverse «materie», le quali offrono al ricorrente l’opzione di proporre la propria azione dinanzi ad uno o più fori supplementari.

    23.

    Siffatte norme esistono, in particolare, in «materia contrattuale» e in «materia di illeciti civili dolosi o colposi». Per le azioni che rientrano nella prima categoria, l’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I consente al ricorrente di adire il giudice del «luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita». Per quelle rientranti nella seconda categoria, l’articolo 5, punto 3, di tale regolamento prevede che esse possano essere proposte davanti al giudice del «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

    24.

    La possibilità, per un ricorrente, di beneficiare di tali opzioni di competenza è subordinata alla qualificazione dell’azione da questi intentata. Orbene, il giudice del rinvio solleva, appunto, una questione di qualificazione. Esso chiede, in sostanza, se un’azione di restituzione fondata sull’arricchimento senza causa, come quella proposta dalla HRVATSKE ŠUME, si ricolleghi, in assenza di una regola specifica nel regolamento Bruxelles I, alla «materia di illeciti civili dolosi o colposi», di cui all’articolo 5, punto 3, di tale regolamento. Si tratta, in ultima analisi, di stabilire se il giudice croato adito da tale società possa o meno trarre competenza da tale disposizione.

    25.

    Come ho indicato nell’introduzione delle presenti conclusioni, la qualificazione delle domande fondate sull’arricchimento senza causa alla luce del regolamento Bruxelles I non è, in senso stretto, una questione inedita nella giurisprudenza della Corte ( 10 ). Quest’ultima, infatti, è già stata investita di diverse cause che vertevano su tale problematica in relazione a diverse disposizioni di tale regolamento ( 11 ). Cionondimeno, essa non ha ancora risolto, in maniera univoca, la questione sollevata nella presente causa ( 12 ).

    26.

    Il giudice del rinvio tende a ritenere, come il governo ceco e la Commissione, che un’azione fondata sull’arricchimento senza causa rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I. Al pari del governo croato, non sono di siffatto avviso. In tale contesto, preciso che, sebbene la prima questione pregiudiziale verta unicamente su detto articolo 5, punto 3, tale disposizione è connessa, sul piano sistematico, come verrà illustrato in dettaglio nel prosieguo, all’articolo 5, punto 1, di detto regolamento. Non ci si può infatti pronunciare sul primo senza avere prima escluso il secondo. Li esaminerò dunque uno alla volta (sezione B). Prima di farlo, ritornerò brevemente sull’istituto giuridico dell’arricchimento senza causa, come risulta dai sistemi giuridici nazionali degli Stati membri (sezione A).

    A.   Le grandi linee dell’arricchimento senza causa

    27.

    A quanto mi consta, tutti i sistemi giuridici nazionali degli Stati membri conoscono, sotto una forma o l’altra, l’istituto giuridico dell’arricchimento senza causa (chiamato anche arricchimento «ingiusto», «ingiustificato» o ancora «illegittimo») ( 13 ). In forza di tale istituto, una persona che riceve un arricchimento ingiustificato a scapito di un’altra è obbligato a restituirlo a quest’ultima ( 14 ). Si ritiene generalmente che detto istituto costituisca l’espressione del principio di equità, secondo il quale nessuno può arricchirsi a spese altrui ( 15 ).

    28.

    I contorni di questo stesso istituto variano da uno Stato membro all’altro. In particolare, taluni diritti nazionali, come il diritto ungherese e il diritto polacco, contengono una nozione omnicomprensiva di arricchimento senza causa, alla quale corrisponde un’unica azione, storicamente chiamata «de in rem verso». Altri diritti nazionali, fra cui i diritti danese, spagnolo, francese, o ancora, austriaco, declinano tale istituto in diverse varianti e azioni corrispondenti, fermo restando che la ripetizione dell’indebito (condictio indebiti) è ivi segnatamente distinta dalle altre forme di arricchimento senza causa. Inoltre, la categoria giuridica alla quale tale istituto e le sue eventuali varianti sono ricollegate differisce. Ad esempio, nel diritto francese, l’arricchimento senza causa (e il pagamento dell’indebito) rientrano nei «quasi contratti», nozione peraltro sconosciuta in altri ordinamenti giuridici, come il diritto tedesco, mentre nel Common law detto istituto fa parte di un recente settore del diritto, designato law of restitution ( 16 ).

    29.

    Ciò premesso, tali sottigliezze non sono determinanti ai fini dell’applicazione delle norme di diritto internazionale privato dell’Unione. In particolare, non mi sembra necessario distinguere il pagamento dell’indebito dall’arricchimento senza causa, fermo restando che la seconda nozione, intesa nel suo senso ampio, ingloba la prima. Inoltre, la classificazione esatta di quest’ultimo istituto nel diritto nazionale di ciascuno Stato membro non rileva tanto quanto il fatto che esso rientra di norma in una categoria sui generis, la quale non si ricollega in particolare né al diritto dei contratti né alle norme applicabili alla responsabilità civile.

    30.

    Infatti, nei sistemi giuridici nazionali degli Stati membri, l’arricchimento senza causa costituisce una fonte autonoma di obbligazione. Più precisamente, il ricevimento di un siffatto arricchimento fa sorgere un’obbligazione di restituzione. L’arricchito è obbligato a restituire all’impoverito il vantaggio patrimoniale (oppure, se del caso, l’equivalente monetario di tale vantaggio) di cui il primo ha beneficiato ingiustamente a scapito del secondo. La legge si adopera dunque per porre rimedio ad una situazione iniqua imponendo il ristabilimento dello statu quo ante. Il ricorrente fa valere tale obbligo nell’ambito di un’azione di arricchimento senza causa ( 17 ). Parlerò dunque, nel prosieguo delle presenti conclusioni, per comodità, di azione/i o di domanda/e di restituzione fondata/e sull’arricchimento senza causa.

    31.

    In questi diversi diritti nazionali, l’esercizio di una siffatta azione presuppone, di norma, il soddisfacimento di quattro condizioni, ossia 1) l’arricchimento del convenuto, 2) l’impoverimento del ricorrente, 3) l’esistenza di una correlazione fra l’arricchimento e l’impoverimento, nonché 4) l’assenza di una «causa» (in altri termini, di un fondamento giuridico) che li giustifichi ( 18 ).

    32.

    La HRVATSKE ŠUME sostiene che tali condizioni, come figurano nel diritto croato, sono soddisfatte nella specie. Come spiegato dal giudice del rinvio, il pignoramento di diversi milioni di HRK sul conto bancario della ricorrente nel procedimento principale e il trasferimento di tale importo nel patrimonio della THE BURMAH OIL (Deutschland) ha comportato l’arricchimento della seconda società e il correlativo impoverimento della prima. Se tale trasferimento di ricchezza trovava inizialmente una «causa» nel procedimento di esecuzione svolto dalla THE BURMAH OIL (Deutschland) nei confronti della FUTURA e, più specificamente, nelle misure di esecuzione disposte dal Trgovački sud u Zagrebu (Tribunale di commercio di Zagabria) nei confronti della HRVATSKE ŠUME, il Vrhovni sud Republike Hrvatske (Corte suprema) ha dichiarato invalide tali misure e, così facendo, ha soppresso retroattivamente tale «causa» ( 19 ).

    B.   Qualificazione delle domande di restituzione fondate sull’arricchimento senza causa alla luce dell’articolo 5, punto 1, e dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I

    33.

    Una volta illustrato a grandi linee l’arricchimento senza causa, si tratta adesso di esaminare la qualificazione delle domande aventi un siffatto fondamento alla luce dell’articolo 5, punto 1, e dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I. Sono necessari al riguardo alcuni richiami metodologici.

    34.

    In assenza di definizioni nel Regolamento Bruxelles I, la Corte ha ripetutamente dichiarato che la «materia contrattuale», di cui alla prima disposizione, e la «materia di illeciti civili dolosi o colposi», menzionata nella seconda, costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, da interpretare con riferimento principalmente ( 20 ) al sistema e agli obiettivi di tale regolamento, al fine di garantire l’applicazione uniforme delle norme sulla competenza giurisdizionale ivi previste in tutti gli Stati membri. Il collegamento di una domanda all’una o all’altra categoria non dipende quindi né dalle soluzioni previste dal diritto interno del giudice adito (detto «lex fori») né dalla qualificazione adottata nella legge applicabile (detta «lex causae») ( 21 ).

    35.

    Per quanto riguarda, da un lato, il sistema del regolamento Bruxelles I, la Corte ha dichiarato in più occasioni che esso si basa sulla regola generale della competenza dei giudici dello Stato membro del domicilio del convenuto, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento, mentre le norme sulla competenza speciale, figuranti, in particolare, al suo articolo 5, costituiscono deroghe a tale regola generale che, in quanto tali, devono essere interpretate restrittivamente ( 22 ).

    36.

    Per quanto riguarda, dall’altro lato, gli obiettivi del regolamento Bruxelles I, dal suo considerando 12 emerge che le norme sulla competenza speciale previste all’articolo 5, punto 1, e all’articolo 5, punto 3, di tale regolamento perseguono, segnatamente ( 23 ), obiettivi di prossimità e di buona amministrazione della giustizia. A tal proposito, la Corte ha ripetutamente dichiarato che la scelta offerta all’attore da tali disposizioni è stata introdotta in considerazione del fatto che, nelle «materie» da esse regolate, esiste un collegamento particolarmente stretto, ai fini dell’economia processuale, fra una domanda e il giudice che può venire chiamato a risolverla ( 24 ).

    37.

    Alla luce di queste considerazioni generali, la Corte ha definito, nel corso della sua giurisprudenza, la «materia contrattuale» e la «materia di illeciti civili dolosi o colposi».

    38.

    Da un lato, da una giurisprudenza costante della Corte, inaugurata dalla sentenza Handte ( 25 ), risulta che l’applicazione dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I «presuppone la determinazione di un’obbligazione giuridica assunta liberamente da un soggetto nei confronti di un altro e su cui si fonda l’azione dell’attore» ( 26 ). In altri termini, la «materia contrattuale», ai sensi di tale disposizione comprende ogni domanda fondata su una siffatta obbligazione ( 27 ).

    39.

    Dall’altro lato, in conformità ad una giurisprudenza altrettanto costante, promanante dalla sentenza Kalfelis e che è stata precisata nella sentenza Wikingerhof, la «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, comprende «qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla “materia contrattuale”», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, di tale regolamento, «vale a dire che essa non sia fondata su un’obbligazione giuridica liberamente assunta da una parte nei confronti di un’altra» ( 28 ).

    40.

    Dal combinato disposto di tali definizioni risulta che, come ho già illustrato nelle mie conclusioni nella causa Wikingerhof ( 29 ), e come dichiarato dalla Corte nella sentenza omonima ( 30 ), il collegamento di una domanda alla «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I o alla «materia di illeciti dolosi o colposi», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, di tale regolamento, dipende dall’obbligazione su cui tale domanda è fondata.

    41.

    In sostanza, il «test» di qualificazione consiste nell’identificare l’obbligazione che il ricorrente fa valere contro il convenuto, e successivamente nel determinare la natura di tale obbligazione, la quale dipende, a sua volta, dal fatto o dall’atto che costituisce la fonte di quest’ultima. Come tornerò a spiegare più avanti, se l’obbligazione in questione trova la sua fonte in un contratto o in un’altra forma di impegno volontario di un soggetto nei confronti di un altro, tale obbligazione, e, per deduzione, la domanda, sono di natura «contrattuale», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I. Se invece l’obbligazione in questione trova la sua fonte in un «evento dannoso», obbligazione e domanda rivestono natura di «illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, di tale regolamento ( 31 ). Infine, se tale fonte risiede altrove, l’applicazione dell’una o dell’altra disposizione è esclusa.

    42.

    In tale contesto, il regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) ( 32 ) (in prosieguo: il «regolamento Roma I»), da un lato, e il regolamento (CE) n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) ( 33 ) (in prosieguo: il «regolamento Roma II»), dall’altro, forniscono indicazioni utili per stabilire la natura di una determinata obbligazione e, quindi, statuire sulla qualificazione della domanda cui essa è sottesa. Infatti, pur se tali regolamenti non hanno esattamente lo stesso ambito di applicazione, rispettivamente, dell’articolo 5, punto 1, e dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I ( 34 ), essi costituiscono cionondimeno, nel campo dei conflitti di leggi, gli equivalenti di queste disposizioni, e questi tre regolamenti devono essere interpretati, per quanto possibile, in modo coerente ( 35 ).

    43.

    Effettuati tali rilievi, spiegherò, nelle sezioni che seguono, perché le domande di restituzione fondate sull’arricchimento senza causa non si ricollegano, in linea di principio, alla «materia contrattuale», salvo che in alcuni casi (sezione 1), e perché esse non rientrano nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi» (sezione 2).

    1. Le domande di restituzione fondate sull’arricchimento senza causa non rientrano, in linea di principio, nella «materia contrattuale»

    44.

    Come ho spiegato al paragrafo 38 delle presenti conclusioni, la «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I, comprende ogni domanda fondata su un’«obbligazione giuridica liberamente assunta», vale a dire su un’«obbligazione contrattuale», nel senso autonomo in cui il diritto internazionale privato dell’Unione intende tale nozione ( 36 ). Una siffatta obbligazione trova la sua fonte in un contratto o in un’altra forma di impegno volontario di un soggetto nei confronti di un altro ( 37 ).

    45.

    Orbene, nell’ambito di una domanda fondata sull’arricchimento senza causa, l’obbligazione di restituzione fatta valere dal ricorrente non risulta, di norma, da un siffatto impegno volontario del convenuto nei suoi confronti. Al contrario, tale obbligazione è sorta indipendentemente dalla volontà dell’arricchito. Se è vero che, nella specie, il predecessore della BP EUROPA ha avviato il procedimento di esecuzione che ha generato il suo arricchimento, la sua volontà si limitava a questo. Essa non aveva l’intenzione di impegnarsi nei confronti della HRVATSKE ŠUME. Detta obbligazione di restituzione discende, in realtà, direttamente dalla legge, la quale, per ragioni di equità, ricollega taluni effetti giuridici all’assenza di una «causa» che giustifichi tale arricchimento.

    46.

    Di conseguenza, l’obbligazione che trova la sua fonte in un arricchimento senza causa non costituisce, di norma, un’«obbligazione giuridica assunta liberamente», ai sensi della giurisprudenza relativa all’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I. Le domande di restituzione fondate su un siffatto arricchimento non si ricollegano dunque, in linea di principio, alla «materia contrattuale» di cui a tale disposizione ( 38 ).

    47.

    La lettura del regolamento Roma II conferma tale interpretazione. Infatti, dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento risulta che l’obbligazione di restituzione che trova la sua fonte in un arricchimento senza causa è considerata un’«obbligazione extracontrattuale», rientrante nell’ambito di applicazione di detto regolamento ( 39 ), e facente l’oggetto, al suo articolo 10, di norme sul conflitto di leggi specifiche.

    48.

    Ciò premesso, deve essere apportato un temperamento alla suesposta interpretazione. Infatti, come osservato del tutto correttamente dalla Commissione, le domande di restituzione fondate sull’arricchimento senza causa possono inserirsi in contesti diversi. In particolare, se una siffatta domanda può essere presentata fra persone che non sono, peraltro, legate da alcun rapporto giuridico, come avviene a priori nel caso della HRVATSKE ŠUME e della BP EUROPA ( 40 ), essa può parimenti essere strettamente connessa ad un rapporto contrattuale esistente, o che si presume esistere, fra le parti della controversia.

    49.

    Orbene, come dichiarato dalla Corte nella sentenza Profit Investment SIM ( 41 ), una domanda di restituzione di prestazioni fornite sulla base di un contratto invalido (nullo, decaduto, ecc.) rientra nella «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I. La stessa interpretazione si impone, a mio avviso, nel caso delle domande di restituzione consecutive alla risoluzione per inadempimento di un contratto o ad un pagamento non dovuto effettuato nell’ambito di un contratto, ad esempio qualora un debitore contrattuale paghi un debito superiore al suo importo reale.

    50.

    Infatti, pur se siffatte domande di restituzione si basano talvolta (ma non sempre), nel diritto sostanziale, sulle norme in materia di arricchimento senza causa ( 42 ), si deve ritenere, ai fini dell’applicazione delle norme sulla competenza previste nel regolamento Bruxelles I, che esse abbiano la loro fonte in un contratto. In sostanza, il ricorrente fa valere un’«obbligazione contrattuale» che, a suo avviso, è invalida o non è stata eseguita dal convenuto, oppure che egli ritiene avere «eseguito in eccesso», al fine di giustificare il suo diritto alla restituzione, il quale costituisce il «rimedio» (remedy) reclamato. Una siffatta domanda si fonda dunque, essenzialmente, sull’«obbligazione contrattuale» in questione, in quanto l’obbligazione di restituzione fatta valere dal ricorrente non gode di esistenza autonoma ( 43 ).

    51.

    Inoltre, è conforme agli obiettivi di prossimità e di buona amministrazione della giustizia, perseguiti all’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I, la possibilità per il giudice del contratto di pronunciarsi sulle conseguenze della sua invalidità, della sua omessa esecuzione o della sua «esecuzione in eccesso» e, segnatamente, sulle restituzioni che ne conseguono ( 44 ). In particolare, la competenza non dovrebbe variare a seconda che, in risposta all’inadempimento, da parte del convenuto, di un’obbligazione contrattuale, il ricorrente chieda il risarcimento del danno oppure la risoluzione del contratto e la restituzione delle prestazioni scambiate ( 45 ). Del resto, statuire su simili domande di restituzione implica essenzialmente, per il giudice adito, la valutazione di questioni di ordine contrattuale (come, a seconda dei casi, quelle del contenuto dell’obbligazione contrattuale in questione, della sua validità o del modo in cui essa doveva essere eseguita dal convenuto) valutando gli elementi di prova corrispondenti. Esiste dunque un collegamento particolarmente stretto fra la domanda e il giudice del «luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita», ai sensi di tale disposizione ( 46 ).

    52.

    Inoltre, da un lato, l’articolo 12, paragrafo 1, lettere c) ed e), del regolamento Roma I prevede che la legge applicabile al contratto (cosiddetta «lex contractus») disciplina, rispettivamente, le conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali e le conseguenze della nullità del contratto. Il legislatore dell’Unione ha dunque preso posizione a favore del carattere «contrattuale» delle domande di restituzione conseguenti alla risoluzione o all’invalidità di un contratto, nonché delle obbligazioni ad esse sottese. Dall’altro lato, dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento Roma II risulta che, ove un’obbligazione extracontrattuale derivante da un arricchimento senza causa si ricolleghi a una relazione contrattuale preesistente tra le parti (tipicamente quando un debitore contrattuale paghi un debito superiore al suo importo reale), la legge applicabile a tale obbligazione è quella che disciplina tale relazione, ossia la lex contractus. La coerenza fra questi due regolamenti e il regolamento Bruxelles I è, dunque, assicurata nella misura del possibile.

    2. Le domande di restituzione fondate sull’arricchimento senza causa non rientrano nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi»

    53.

    Per quanto riguarda, adesso, l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, ricordo che dalla giurisprudenza derivante dalla sentenza Kalfelis, citata al paragrafo 39 delle presenti conclusioni, risultano due condizioni cumulative: una domanda rientra nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi di tale disposizione, sempreché, da un lato, essa «mir[i] a coinvolgere la responsabilità di un convenuto» e, dall’altro, essa «non si ricolleg[hi] alla materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, di tale regolamento.

    54.

    Dalla sezione che precede discende che le domande di restituzione fondate sull’arricchimento senza causa non si ricollegano alla «materia contrattuale» poiché esse sono fondate non su un’«obbligazione giuridica liberamente assunta», bensì su un’«obbligazione extracontrattuale» – a meno che esse non siano strettamente connesse ad un rapporto contrattuale anteriore esistente, o che si presume esistere, fra le parti della controversia.

    55.

    Resta dunque da verificare se una siffatta domanda «mir[i] a coinvolgere la responsabilità di un convenuto», ai sensi della «giurisprudenza Kalfelis».

    56.

    Come ho già indicato, al pari del governo croato, ritengo di no ( 47 ).

    57.

    In primo luogo, ricordo che l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I attribuisce la competenza, in «materia di illeciti civili dolosi o colposi», al giudice del «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire». L’individuazione di un siffatto «evento dannoso» è dunque indispensabile ai fini dell’applicazione di tale disposizione. Si tratta, in tal senso, del presupposto di ogni domanda in «materia di illeciti civili dolosi o colposi».

    58.

    A partire dalla sentenza Bier ( 48 ), la Corte ha diviso la nozione di «evento dannoso», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, in due concetti distinti: il «danno» (o, in altre parole, il «pregiudizio») e l’«evento generatore di tale danno» ( 49 ). In tale contesto, la Corte ha fatto riferimento agli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale, quali risultano dai principi generali desumibili dai sistemi giuridici nazionali degli Stati membri ( 50 ). Essa ha dichiarato, in tal senso, che «[l]a responsabilità, in materia di delitti o quasi-delitti, non può (…) esistere se non a condizione che sia possibile accertare un nesso causale fra il danno e il fatto dal quale esso trae origine» ( 51 ).

    59.

    Di conseguenza, una domanda «mira a coinvolgere la responsabilità di un convenuto», ai sensi della sentenza Kalfelis, qualora si fondi su un «evento dannoso» imputabile al convenuto e che ha causato un pregiudizio al ricorrente ( 52 ). In conformità alla giurisprudenza della Corte e ai principi generali menzionati al paragrafo precedente, un siffatto «evento dannoso» è un fatto illecito, ossia un atto o un’omissione contrari ad un dovere o ad un divieto imposto dalla legge a chiunque, e che causa un danno ad altri ( 53 ).

    60.

    Il giudice del rinvio si chiede cionondimeno se la distinzione effettuata, all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, in molte delle sue versioni linguistiche, fra la materia degli illeciti civili «dolosi» e «colposi» non esiga un’interpretazione più ampia dell’ambito di applicazione di tale disposizione. In tale contesto, esso tende a ritenere che la seconda nozione potrebbe includere, diversamente dalla prima, fatti giuridici diversi dagli «eventi dannosi».

    61.

    Ritengo di no. La Corte, correttamente, non ha mai effettuato una distinzione, nella sua giurisprudenza relativa all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, fra gli illeciti civili «colposi» e «dolosi». A parte il fatto che tale distinzione non figura in tutte le versioni linguistiche di tale regolamento ( 54 ), la presenza del termine «colposi» in alcune di esse non è intesa ad estendere l’ambito di applicazione di tale disposizione. Si tratta, in realtà, di un prestito dal diritto francese, il quale ha la peculiarità di separare la responsabilità civile risultante da atto volontario («délits») da quella derivante dai fatti illeciti posti in essere per imprudenza o negligenza («quasi délits») ( 55 ). In sostanza, detto termine si limita ad indicare, nelle versioni interessate, che tale disposizione copre gli «eventi dannosi» indipendentemente dalla questione se essi siano riconducibili ad un comportamento intenzionale o negligente ( 56 ). Illeciti civili «dolosi» e «colposi» costituiscono due declinazioni di questi stessi «eventi». Del resto, come rilevato dallo stesso giudice del rinvio, se la nozione di «illeciti civili colposi» includesse altri tipi di fatti giuridici, detto articolo 5, punto 3, non fornirebbe un criterio di competenza per le domande di cui trattasi.

    62.

    Risulta dalle considerazioni che precedono che una domanda «mira a coinvolgere la responsabilità di un convenuto» ai sensi della sentenza Kalfelis, e si ricollega, pertanto, alla «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, allorché essa si fonda su un’obbligazione extracontrattuale che, come ho già illustrato al paragrafo 41 delle presenti conclusioni, trova la sua fonte in un «evento dannoso» (illecito civile«doloso» o «colposo»), come definito al paragrafo 59 di queste conclusioni ( 57 ). Per contro, una domanda fondata su un’obbligazione extracontrattuale che trae origine da un fatto giuridico diverso da un «evento dannoso» non rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione. In sostanza, detta disposizione disciplina non la totalità delle obbligazioni extracontrattuali, bensì una sottocategoria delle medesime, che qualificherò come «obbligazioni da fatto illecito doloso o colposo».

    63.

    In tal senso, pur se la categoria che costituisce la «materia di illeciti civili dolosi o colposi», come interpretata nella sentenza Kalfelis, comprende i più svariati casi di responsabilità ( 58 ), non si tratta tuttavia, contrariamente a quanto lascia intendere la Commissione, di una «categoria residuale» che assorbe ogni domanda fondata su un’obbligazione civile o commerciale che non sia «contrattuale», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I ( 59 ). In tale sentenza, la Corte si è limitata ad indicare che detta disposizione e l’articolo 5, punto 3, di tale regolamento si escludono reciprocamente, poiché una stessa domanda di responsabilità civile non può rientrare contemporaneamente nell’ambito di applicazione di entrambe le disposizioni ( 60 ). Ciò premesso, esistono domande che non si ricollegano né all’una né all’altra, poiché esse si fondano su obbligazioni che non sono né «contrattuali» né «da fatto illecito doloso o colposo».

    64.

    Orbene, e in secondo luogo, se una domanda di restituzione fondata sull’arricchimento senza causa si basa effettivamente, in linea di principio, su un’obbligazione extracontrattuale ( 61 ), tale obbligazione non trova la sua fonte in un «evento dannoso» imputabile al convenuto, ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I ( 62 ). Infatti, come rilevato dal giudice del rinvio, l’arricchimento senza causa non può essere considerato un simile «evento». Contrariamente a quanto sostenuto dal governo ceco e dalla Commissione, non si tratta dunque di un «illecito civile colposo», ai sensi di tale disposizione.

    65.

    Infatti, l’obbligazione di restituzione sottesa ad una siffatta domanda risulta dal ricevimento, da parte del convenuto, di un arricchimento e dall’assenza (o, nella specie, dalla scomparsa retroattiva) di una «causa» che lo giustifica ( 63 ). Pertanto, come fatto valere correttamente dal governo croato, una simile domanda non presuppone un qualsivoglia atto o una qualsivoglia omissione dannosa imputabile al convenuto. L’obbligazione in questione è sorta spontaneamente, indipendentemente dal suo comportamento ( 64 ).

    66.

    Il governo ceco replica, in sostanza, che il fatto generatore dell’arricchimento (ossia, nella specie, l’attuazione, da parte della convenuta nella controversia principale, del procedimento di esecuzione successivamente dichiarato invalido) dovrebbe essere assimilato ad un «evento dannoso», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I.

    67.

    Tuttavia, a mio avviso, tale assimilazione non ha ragion d’essere. Anzitutto, in senso stretto, l’obbligazione sottesa ad una domanda di restituzione basata sull’arricchimento senza causa non trova la sua fonte nel fatto generatore di tale arricchimento, bensì nell’arricchimento stesso. Inoltre, tale fatto generatore non è sempre imputabile al convenuto. Molto spesso, al contrario, esso sarà imputabile al ricorrente – il quale, per esempio, avrà trasferito per errore una somma di denaro non dovuta. Infine, pur se, nella specie, l’attuazione del procedimento di esecuzione è avvenuta su iniziativa della convenuta nel procedimento principale, ciò non può essere considerato un «evento dannoso», poiché un siffatto atto non riveste alcun carattere illecito e non ha causato, nel senso giuridico del termine, un «pregiudizio» alla ricorrente nel procedimento principale.

    68.

    La Commissione replica, da parte sua, che l’«evento dannoso», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, consisterebbe nel fatto, per la convenuta nel procedimento principale, di avere omesso di restituire l’arricchimento controverso alla convenuta nel procedimento principale, in violazione dell’articolo 1111 della legge relativa alle obbligazioni ( 65 ).

    69.

    Tale argomento non può prosperare. Infatti, l’obbligazione di restituzione addotta esisteva, per definizione, prima di un eventuale rifiuto della convenuta nel procedimento principale di adempierla. Ritenere che detta obbligazione risulti dal comportamento di quest’ultima sarebbe dunque un ragionamento circolare. L’obbligazione in questione trova la sua fonte a monte: essa è sorta, lo ricordo, non appena l’arricchimento senza causa è stato ricevuto (o, nella specie, nel momento in cui il procedimento di esecuzione è stato dichiarato invalido ex tunc).

    70.

    Del resto, se il mero fatto, per un convenuto, di non avere adempiuto un’obbligazione preesistente dovesse essere considerato un «evento dannoso», l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I avrebbe un ambito di applicazione estremamente vasto, poiché un’azione giudiziaria in materia civile e commerciale è generalmente motivata dall’inadempimento, da parte del convenuto, di una presunta obbligazione ( 66 ).

    71.

    Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la situazione non è comparabile a quella di cui alla causa sfociata nella sentenza Austro-Mechana ( 67 ), parimenti invocata dal giudice del rinvio. Infatti, le circostanze di tale causa sono, a mio avviso, estremamente particolari.

    72.

    Occorre ricordare che, in tale sentenza, la Corte ha dichiarato che una domanda di pagamento dell’«equo compenso» previsto all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione ( 68 ), come quella formulata dalla Austro-Mechana, una società di gestione collettiva dei diritti d’autore, nei confronti delle società Amazon, rientra nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I ( 69 ). Tale domanda era basata sull’obbligo di pagare tale «compenso», il quale era imposto ad Amazon dal legislatore austriaco a motivo della commercializzazione di supporti di registrazione nel territorio austriaco ( 70 ). Non si trattava, in tal caso, di un fatto illecito. Cionondimeno, tale comportamento contribuiva al pregiudizio causato ai titolari di diritti per effetto della realizzazione di copie private dei loro materiali protetti. Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, detto «compenso» è inteso a risarcire tale pregiudizio. La Austro-Mechana, in quanto società di gestione collettiva, riscuoteva questo stesso «compenso» per conto dei titolari di diritti che essa rappresentava. Il pregiudizio fatto valere da tale società era dunque, in realtà, quello di tali titolari. In sostanza, l’obbligazione dedotta in giudizio aveva effettivamente la sua fonte, tutto sommato, in un «evento dannoso» ( 71 ). Del resto, i giudici austriaci si trovavano nella posizione migliore per valutare il pregiudizio causato a questi stessi titolari dalle copie private realizzate dai consumatori austriaci (che dipendeva dal numero di supporti di registrazione venduti in Austria dalle società Amazon) e, pertanto, per statuire sull’importo dell’«equo compenso» che doveva essere versato da tali società ( 72 ).

    73.

    In terzo luogo, l’interpretazione secondo la quale una domanda di restituzione basata sull’arricchimento senza causa non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I è confermata, a mio avviso, da un altro passaggio della sentenza Kalfelis. Ricordo che, nella causa sfociata in tale sentenza, un privato agiva in giudizio contro la sua banca a seguito di operazioni di borsa infruttuose e, in tale ambito, aveva formulato domande cumulative basate su tre tipi di fondamento, ossia la responsabilità contrattuale, la responsabilità per fatto illecito e, infine, l’arricchimento senza causa. In tale contesto, il giudice del rinvio aveva segnatamente interpellato la Corte sulla questione se il giudice competente, ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, a pronunciarsi sulla domanda fondata sulla responsabilità per fatto illecito lo fosse, in via accessoria, anche su quelle che si basavano sulla responsabilità contrattuale e sull’arricchimento senza causa.

    74.

    La Corte ha risposto a tale questione dichiarando che «il giudice competente a norma dell’[articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I], a conoscere del punto di una domanda che si fonda su una base costituita da illecito, non è competente a conoscere degli altri punti della stessa domanda che si fondano su fatti o atti diversi dall’illecito» ( 73 ). Orbene, letta nel contesto richiamato al paragrafo precedente, l’espressione «fatti o atti diversi dall’illecito» rimanda, implicitamente, ma necessariamente, alla responsabilità contrattuale e all’arricchimento senza causa.

    75.

    In quarto luogo, contrariamente al governo ceco e alla Commissione, ritengo che la lettura del regolamento Roma II non infici, bensì, al contrario, avvalori l’interpretazione suggerita nelle presenti conclusioni.

    76.

    Infatti, se, come ho indicato al paragrafo 47 delle presenti conclusioni, tale regolamento include, fra le «obbligazioni extracontrattuali» rientranti nel suo ambito di applicazione, le obbligazioni che trovano la loro fonte in un arricchimento senza causa, esse si inseriscono, all’interno di detto regolamento, in una categoria specifica ( 74 ).

    77.

    Più precisamente, il regolamento Roma II contiene, da un lato, nel suo capo II, norme applicabili alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da un «fatto illecito». Tale nozione ha, a mio avviso, lo stesso significato di quella, identica [NdT: identica nella versione in lingua francese utilizzata dall’avvocato generale, mentre nella versione italiana si legge «evento dannoso»], figurante all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I ( 75 ). Vengono dunque prese qui in considerazione le «obbligazioni da fatto illecito doloso o colposo» menzionate al paragrafo 62 delle presenti conclusioni ( 76 ). In sostanza, tale capo II disciplina, in linea di principio, le stesse obbligazioni di detto articolo 5, punto 3 ( 77 ).

    78.

    Dall’altro lato, il regolamento Roma II riunisce, in un capo III, le norme applicabili alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da un «atto diverso da un fatto illecito» ( 78 ). Le domande fondate sulle obbligazioni in questione non dovrebbero, per definizione, rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I ( 79 ). Orbene, tale capo III include l’arricchimento senza causa. Tale classificazione conferma, quindi, che l’obbligazione di restituzione alla base di una domanda fondata su un siffatto arricchimento non trova la sua fonte in un «evento dannoso», ai sensi di detto articolo 5, punto 3 ( 80 ).

    79.

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, ritengo che le domande di restituzione basate sull’arricchimento senza causa non rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I ( 81 ).

    80.

    Contrariamente a quanto lascia intendere il governo ceco, tale interpretazione non comporta alcun diniego di giustizia. Nelle situazioni in cui l’articolo 5, punto 1, di tale regolamento non è applicabile ( 82 ), ne consegue semplicemente che un singolo non dispone di un’opzione di competenza per proporre una domanda basata sull’arricchimento senza causa, la quale dovrà essere presentata dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui il convenuto ha il proprio domicilio, in conformità alla regola generale prevista all’articolo 2, paragrafo 1, di detto regolamento ( 83 ).

    81.

    Del resto, tale risultato è, in primo luogo, pienamente conforme al sistema del regolamento Bruxelles I. Ricordo che quest’ultimo si basa appunto sul principio della competenza del foro del domicilio del convenuto ( 84 ). A tal riguardo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che tale regola generale, la quale è espressione del brocardo actor sequitur forum rei ( 85 ), si spiega con il fatto che quest’ultimo, in linea di massima, può difendersi più agevolmente dinanzi ai giudici del proprio domicilio ( 86 ). Tale scelta di favorire il convenuto è giustificata, a sua volta, dal fatto che quest’ultimo si trova, di norma, in una posizione più debole nel procedimento, poiché egli non ne ha preso l’iniziativa e subisce l’azione del ricorrente ( 87 ).

    82.

    Pertanto, non si può affermare, come fatto dalla Commissione, che, in materia di obbligazioni civili e commerciali, non dovrebbe esistere un «vuoto giuridico» fra l’articolo 5, punto 1, e l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I e che, pertanto, dovrebbe sempre esistere un’alternativa alla competenza dei giudici dello Stato membro del domicilio del convenuto. Se i fori supplementari previsti a tali disposizioni fossero sempre disponibili, la regola generale verrebbe relegata in secondo piano, e il ricorrente, di gran lunga favorito, contrariamente alla volontà del legislatore dell’Unione ( 88 ).

    83.

    Al contrario, in conformità a quanto ho appena illustrato, la Corte ha dichiarato ripetutamente che l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, quale deroga a tale regola generale, deve essere interpretato restrittivamente, cosicché non può ricevere un’«interpretazione che vada oltre le ipotesi prese in considerazione esplicitamente» a tale disposizione ( 89 ). Orbene, interpretare la nozione di «evento dannoso» nel modo ampio suggerito dal governo ceco o dalla Commissione equivarrebbe esattamente ad applicare detta disposizione in un’ipotesi che essa non prende in considerazione esplicitamente, ossia quella dell’arricchimento senza causa ( 90 ).

    84.

    In secondo luogo, non sono persuaso del fatto che gli obiettivi di prossimità e di buona amministrazione della giustizia alla base dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I ( 91 ) esigano un’interpretazione diversa.

    85.

    Infatti, a parte il fatto che tali obiettivi non consentono, in ogni caso, di discostarsi dal dettato di detto articolo 5, punto 3, dubito che esista, nella specie, un nesso «particolarmente stretto» fra la domanda di cui al procedimento principale e il giudice croato adito dalla ricorrente nel procedimento principale e, pertanto, che tale giudice si trovi necessariamente in una posizione migliore rispetto ai giudici tedeschi per pronunciarsi sulle affermazioni di tale società, ossia stabilire se le condizioni di un siffatto arricchimento siano soddisfatte ( 92 ), segnatamente in termini di raccolta e di valutazione degli elementi di prova rilevanti a tal riguardo.

    86.

    Il giudice del rinvio, alla cui posizione aderiscono il governo ceco e la Commissione, ritiene di si, poiché il fatto generatore dell’arricchimento, ossia il procedimento di esecuzione intentato dal predecessore della BP EUROPA, è avvenuto in Croazia. Tutti gli elementi di fatto pertinenti sarebbero dunque connessi a tale paese, mentre solo il domicilio della convenuta nel procedimento principale si trova in Germania.

    87.

    Tuttavia, al fine di pronunciarsi su una domanda di restituzione basata sull’arricchimento senza causa, è necessario anzitutto stabilire se ricorra, appunto, un siffatto arricchimento. In tal senso, non sono i giudici del luogo in cui si è verificato il fatto generatore dell’arricchimento, bensì, a scelta, quelli del luogo in cui il convenuto si è asseritamente arricchito a sembrare nella posizione migliore per pronunciarsi su una siffatta domanda.

    88.

    Per analogia, l’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento Roma II prevede che, qualora l’arricchimento senza causa si sia prodotto in assenza di una relazione preesistente fra le parti e queste ultime non abbiano la loro residenza abituale nel medesimo paese, la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che ne deriva è la legge del paese in cui «l’arricchimento senza causa si è prodotto». Viene pertanto preso in considerazione non il paese in cui è avvenuto il fatto generatore dell’arricchimento, bensì quello in cui il convenuto ha ricevuto il beneficio economico in questione. Nel caso di un trasferimento di capitali su un conto bancario, come nella specie, il paese dell’arricchimento è quello in cui è situato l’ente creditizio nel quale tale conto è iscritto ( 93 ).

    89.

    Orbene, è probabile che, nella specie, tale luogo sia situato in Germania ( 94 ). I giudici dello Stato membro del domicilio del convenuto, nella misura in cui corrispondano al luogo in cui l’arricchimento è ricevuto, si trovano dunque nella posizione migliore per valutare l’effettività di tale arricchimento ( 95 ). Ne risulta, a mio avviso, che, in generale, non esiste un nesso «particolarmente stretto» che ricollega le domande basate sull’arricchimento senza causa ad un foro diverso da quello del domicilio del convenuto ( 96 ).

    90.

    Del resto, il disagio pratico, per la HRVATSKE ŠUME, di dover convenire la BP EUROPA dinanzi ai giudici dello Stato membro del domicilio di quest’ultima (disagio che, lo ricordo, nasce dalla volontà del legislatore dell’Unione ( 97 )) è compensato da un vantaggio procedurale: ammesso che la domanda sia fondata, e nella misura in cui il patrimonio della convenuta nel procedimento principale si trovi in Germania, la ricorrente nel procedimento principale disporrà già di un titolo esecutivo nazionale per recuperare l’importo controverso (l’emananda sentenza dei giudici tedeschi) piuttosto che dover ricorrere al procedimento di exequatur al fine di ottenere la dichiarazione di esecutività, in tale Stato membro, di un’eventuale sentenza croata ( 98 ).

    V. Conclusione

    91.

    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere nei seguenti termini alla prima questione sottoposta dal Visoki trgovački sud Republike Hrvatske (Corte d’appello di commercio, Croazia):

    L’articolo 5, punto 1, e l’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, devono essere interpretati nel senso che una domanda di restituzione basata sull’arricchimento senza causa:

    non rientra nella «materia contrattuale», ai sensi della prima disposizione, a meno che essa non sia strettamente connessa ad un rapporto contrattuale anteriore esistente, o che si presume esistere, fra le parti della controversia, e

    non rientra nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi della seconda disposizione.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Regolamento del Consiglio, del 22 dicembre 2000 (GU 2001, L 12, pag. 1).

    ( 3 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012 (GU 2012, L 351, pag. 1).

    ( 4 ) Più precisamente, si trattava, all’epoca, della HRVATSKE ŠUME javno poduzeće za gospodarenje šumama i šumskim zemljištima u Republici Hrvatskoj p.o., Zagreb, alla quale la società HRVATSKE ŠUME d.o.o., Zagreb, è a sua volta succeduta. Poiché tale circostanza è irrilevante ai fini della presente causa, mi riferirò, per comodità, alla HRVATSKE ŠUME per designare indifferentemente l’una o l’altra società.

    ( 5 ) Il giudice del rinvio spiega che, in base alle norme di diritto croato in materia di procedimento di esecuzione [v., segnatamente, articolo 58, punto 5, dell’Ovršni zakon (legge sull’esecuzione forzata, Narodne novine, br. 57/96, 29/99, 42/00, 173/03, 194/03, 151/04, 88/05, 121/05, 67/08, 139/10, 154/11 e 70/12)], qualora si sia proceduto all’esecuzione forzata di un’obbligazione e le misure di esecuzione vengano successivamente dichiarate invalide, una domanda di restituzione dei beni indebitamente recuperati può essere presentata nell’ambito dello stesso procedimento di esecuzione. Cionondimeno, una siffatta domanda deve essere presentata al più tardi entro un anno a decorrere dalla data di conclusione di tale procedimento. Orbene, nella specie, la sentenza del Vrhovni sud (Corte suprema) è stata emessa sei anni dopo l’attuazione dell’esecuzione forzata controversa. Di conseguenza, la HRVATSKE ŠUME doveva proporre un’azione di restituzione distinta dal procedimento di esecuzione iniziale.

    ( 6 ) V. paragrafo 9 delle presenti conclusioni.

    ( 7 ) È pacifico che l’azione proposta dalla HRVATSKE ŠUME rientra nell’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles I. Anzitutto, tale azione ricade nel suo ambito di applicazione ratione materiae poiché, da un lato, essa si inserisce nell’ambito di una controversia transfrontaliera e, dall’altro, essa rientra (a priori) nella «materia civile e commerciale», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento. Inoltre, detta azione ricade nell’ambito di applicazione personale di detto regolamento, dal momento che le norme sulla competenza da esso previste si applicano, in linea di principio, quando il convenuto è domiciliato nel territorio di uno Stato membro (v. considerando 8 di detto regolamento) e il domicilio della BP EUROPA è situato in Germania (v. paragrafo 21 delle presenti conclusioni). Infine, e come già spiegato al paragrafo 9 di tali conclusioni, questa stessa azione rientra nell’ambito di applicazione ratione temporis di questo stesso regolamento.

    ( 8 ) In conformità all’articolo 60, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, le società sono domiciliate, segnatamente, nel luogo in cui si trova la loro sede statutaria.

    ( 9 ) V., in tal senso, articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I.

    ( 10 ) Farò riferimento, nelle presenti conclusioni, a cause relative alla convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32) (in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»), al regolamento Bruxelles I (che ha sostituito tale convenzione) e al regolamento Bruxelles I bis (che ha rifuso il primo regolamento), senza distinguere fra tali strumenti. Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’interpretazione da essa fornita riguardo alle disposizioni della convenzione di Bruxelles e del regolamento Bruxelles I è trasponibile a quelle del regolamento Bruxelles I bis (e viceversa) laddove esse siano «equivalenti». Ebbene, tali sono, segnatamente, l’articolo 5, punti 1 e 3, dei primi due strumenti, da un lato, e l’articolo 7, punti 1 e 2, del terzo, dall’altro [v., segnatamente, sentenza del 24 novembre 2020, Wikingerhof (C‑59/19; in prosieguo: la «sentenza Wikingerhof, EU:C:2020:950, punto 20 e la giurisprudenza ivi citata)].

    ( 11 ) V. sentenze del 27 settembre 1988, Kalfelis (189/87; in prosieguo: la «sentenza Kalfelis, EU:C:1988:459); del 28 marzo 1995, Kleinwort Benson (C‑346/93, EU:C:1995:85); dell’11 aprile 2013, Sapir e a. (C‑645/11, EU:C:2013:228); del 20 aprile 2016, Profit Investment SIM (C‑366/13, EU:C:2016:282); del 28 luglio 2016, Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:607), nonché del 12 ottobre 2016, Kostanjevec (C‑185/15, EU:C:2016:763).

    ( 12 ) Tale questione era già stata sollevata nelle cause sfociate nelle sentenze del 28 marzo 1995, Kleinwort Benson (C‑346/93, EU:C:1995:85), e del 28 luglio 2016, Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:607). Cionondimeno, nella prima sentenza, la Corte si è dichiarata incompetente mentre, nella seconda, essa ha ritenuto che non occorresse rispondervi, in quanto la domanda in questione non rientrava nell’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles I. Per contro, l’avvocato generale Wahl ha dedicato importanti considerazioni a detta questione nelle sue conclusioni nella causa Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:225, paragrafi da 48 a 75), sulle quali mi baserò. Infine, senza tuttavia offrire una risposta univoca a questa stessa questione, la sentenza Kalfelis contiene talune indicazioni al riguardo (v. paragrafi 73 e 74 delle presenti conclusioni).

    ( 13 ) V., per un’analisi comparata, Von Bar, C. et al. (a cura di), Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR) – Interim Outline Edition; prepared by the Study Group on a European Civil Code and the Research Group on EC Private Law (Acquis Group), Sellier, European Law Publishers, Monaco di Baviera, 2008, volume IV, libro VII («Unjustified enrichment»), pag. 3843 e segg., spec. pagg. da 3850 a 3874. L’arricchimento senza causa esiste parimenti nel diritto sostanziale dell’Unione [v., segnatamente, sentenze del 18 dicembre 2014, Somvao (C‑599/13, EU:C:2014:2462, punti 3536), nonché del 16 novembre 2006, Masdar (UK)/Commissione (T‑333/03, EU:T:2006:348, punto 94, e la giurisprudenza ivi citata)].

    ( 14 ) V., per una definizione simile, articolo VII.-1:101, paragrafo 1, del DCFR.

    ( 15 ) V., segnatamente, conclusioni dell’avvocato generale Mazák nella causa Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:342, paragrafo 47). Come rilevato dal giudice del rinvio, l’arricchimento senza causa risale alle condictiones (condictio indebti, condictio sine causa, ecc.) di diritto romano (v., segnatamente, Romani, A.-M., «Enrichissement injustifié», Répertoire de droit civil, Dalloz, febbraio 2018, § 21).

    ( 16 ) V., segnatamente, Von Bar, C. et al., op. cit., pagg. da 3860 a 3865.

    ( 17 ) V. sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punti 4447), nonché conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:225, paragrafo 61).

    ( 18 ) L’arricchimento ha una «causa» quando trova giustificazione in un contratto, in un atto unilaterale, in un obbligo di legge, in una decisione giudiziaria, ecc. [v., segnatamente, sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punto 46)]. Inoltre, in linea di principio, è consentito ricorrere all’azione di restituzione fondata sull’arricchimento senza causa solo in subordine, ossia qualora l’impoverito non disponga di nessun altro rimedio giuridico per ottenere quanto gli è dovuto [v., segnatamente, conclusioni dell’avvocato generale Mazák nella causa Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:342, paragrafi 4748)].

    ( 19 ) V. paragrafi da 12 a 15 delle presenti conclusioni.

    ( 20 ) I principi generali che emergono dai sistemi giuridici nazionali sono parimenti importanti (v. nota 50 delle presenti conclusioni).

    ( 21 ) V., segnatamente, sentenze del 22 marzo 1983, Peters Bauunternehmung (34/82, EU:C:1983:87, punti 910); Kalfelis (punti 15 e 16), nonché Wikingerhof (punto 25).

    ( 22 ) V., segnatamente, sentenze Kalfelis (punto 19); del 27 ottobre 1998, Réunion européenne e a. (C‑51/97, EU:C:1998:509, punto 16), nonché Wikingerhof (punto 26).

    ( 23 ) Le norme sulla competenza previste nel regolamento Bruxelles I mirano in generale a garantire la certezza del diritto e, in questo contesto, a potenziare la tutela giuridica delle persone residenti nel territorio degli Stati membri. Tali norme devono pertanto presentare, a tale titolo, un elevato grado di prevedibilità: l’attore deve poter individuare facilmente i giudici dinanzi ai quali può proporre la propria azione e il convenuto deve poter ragionevolmente prevedere quelli dinanzi ai quali potrà essere citato [v. considerando 11 di tale regolamento, nonché sentenza del 17 giugno 2021, Mittelbayerischer Verlag (C‑800/19, EU:C:2021:489, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata)].

    ( 24 ) V., segnatamente, sentenze del 6 ottobre 1976, Industrie Tessili Italiana Como (12/76, EU:C:1976:133, punto 13); del 20 febbraio 1997, MSG (C‑106/95, EU:C:1997:70, punto 29), nonché Wikingerhof (punti 28 e 37).

    ( 25 ) Sentenza del 17 giugno 1992 (C‑26/91, EU:C:1992:268, punto 15).

    ( 26 ) Sentenze del 20 gennaio 2005, Engler (C‑27/02, EU:C:2005:33, punti 5051); del 28 gennaio 2015, Kolassa (C‑375/13, EU:C:2015:37, punto 39), nonché dell’11 novembre 2020, Ellmes Property Services (C‑433/19, EU:C:2020:900, punto 37).

    ( 27 ) V. le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (C‑59/19; in prosieguo: le «mie conclusioni nella causa Wikingerhof, EU:C:2020:688, paragrafo 36).

    ( 28 ) V., segnatamente, sentenze Kalfelis (punto 18); del 1o ottobre 2002, Henkel (C‑167/00, EU:C:2002:555, punto 36), nonché Wikingerhof (punto 23).

    ( 29 ) V., in particolare, paragrafi 6, 39, 46, 49, 90 e 118.

    ( 30 ) V. sentenza Wikingerhof (punto 31).

    ( 31 ) V. le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (paragrafo 49, nonché riferimenti citati). V., per un’applicazione recente di tale «test», sentenza del 25 marzo 2021, Obala i lučice (C‑307/19, EU:C:2021:236, punti 8889).

    ( 32 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 (GU 2008, L 177, pag. 6).

    ( 33 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 (GU 2007, L 199, pag. 40).

    ( 34 ) V. paragrafi 77 e 78 delle presenti conclusioni.

    ( 35 ) V. considerando 7 dei regolamenti Roma I e Roma II, nonché le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (paragrafo 5).

    ( 36 ) La Corte ha peraltro trasposto tale definizione al regolamento Roma I [v. sentenza del 21 gennaio 2016, ERGO Insurance e Gjensidige Baltic (C‑359/14 e C‑475/14, EU:C:2016:40, punto 44)].

    ( 37 ) Sottolineo che ogni obbligazione, inclusa un’«obbligazione contrattuale», trova la sua fonte primaria nella legge. Cionondimeno, si tratta di sapere se, in conformità alla legge, l’obbligazione sorga in capo al debitore in ragione di un contratto o di un’altra forma di impegno volontario di quest’ultimo, oppure indipendentemente da un siffatto impegno [v., in tal senso, sentenza Wikingerhof (punti 33 e 34)]. V., per i diversi tipi di impegni volontari riconosciuti dalla Corte nella sua giurisprudenza, le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (paragrafo 37).

    ( 38 ) V., nello stesso senso, Minois, M., Recherche sur la qualification en droit international privé des obligations, LGDJ, Parigi, 2020, pag. 263. Sono ben consapevole del fatto che, nella sua sentenza del 14 maggio 2009, Ilsinger (C‑180/06, EU:C:2009:303, punto 57), la Corte ha lasciato intendere, a titolo di obiter dictum, che le domande di natura «precontrattuale o quasi-contrattuale» rientrano sistematicamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I. Tuttavia, si tratta in tal caso, a mio avviso, di una formulazione infelice. A parte il fatto che è pacifico, a partire dalla sentenza del 17 settembre 2002, Tacconi (C‑334/00, EU:C:2002:499), che la responsabilità precontrattuale rientra non nell’ambito di applicazione di tale articolo 5, punto 1, bensì dell’articolo 5, punto 3, di tale regolamento (v. nota 80 delle presenti conclusioni), la categoria dei «quasi-contratti», la quale, in taluni diritti nazionali, include l’arricchimento senza causa (v. paragrafo 28 di queste conclusioni), non può rientrare, in via generale, nell’ambito di applicazione di questo stesso articolo 5, punto 1, per le ragioni che ho appena illustrato.

    ( 39 ) V. sentenza del 21 gennaio 2016, ERGO Insurance e Gjensidige Baltic (C‑359/14 e C‑475/14, EU:C:2016:40, punti 4546). V. parimenti, per analogia, sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punto 48).

    ( 40 ) La decisione di rinvio non contiene informazioni in merito agli eventuali rapporti contrattuali che fanno da sfondo al procedimento principale. Da essa risulta che, da un lato, la THE BURMAH OIL (Deutschland) era la creditrice della FUTURA. Il credito in questione aveva probabilmente origine da un contratto esistente fra queste due società. Dall’altro lato, la FUTURA era asseritamente creditrice della HRVATSKE ŠUME. Esisteva dunque forse anche un contratto fra queste due società. Per contro, non esisteva a priori alcun rapporto contrattuale fra la THE BURMAH OIL (Deutschland) e la HRVATSKE ŠUME (v. paragrafo 12 delle presenti conclusioni).

    ( 41 ) Sentenza del 20 aprile 2016 (C‑366/13, EU:C:2016:282, punti 5558).

    ( 42 ) Infatti, qualora un contratto sulla cui base sono state fornite prestazioni sia invalido, l’arricchimento del beneficiario di tali prestazioni perde la sua «causa» [v. sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punto 55)]. In maniera simile, un pagamento in eccesso effettuato dal debitore di un’obbligazione contrattuale non ha una «causa», in quanto, appunto, esso eccede quanto era giustificato in diritto. Cionondimeno, in taluni diritti, fra cui il diritto francese e il diritto ungherese, le restituzioni consecutive all’annullamento del contratto rientrano nell’ambito di applicazione di regole contrattuali specifiche (v., segnatamente, Von Bar, C. et al., op. cit., pag. 3860).

    ( 43 ) V., per analogia, le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (paragrafo 99). È parimenti possibile ritenere che, in tale contesto, l’obbligazione di restituzione sia imposta dalla legge a motivo del contratto che vincola o che si presume vincolare le parti (v. nota 37 delle presenti conclusioni).

    ( 44 ) V., nello stesso senso, conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Profit Investment SIM (C‑366/13, EU:C:2015:274, paragrafi da 69 a 82); Briggs, A., Civil Jurisdiction and Judgments, Informa Law, Oxon, 2009, 5a edizione, pagg. da 225 a 227; Magnus, U., e Mankowski, P., Brussels Ibis Regulation – Commentary, Otto Schmidt, Colonia, 2016, pagg. da 174 a 176; Hartley, T., Civil Jurisdiction and Judgments in Europe – The Brussels I Regulation, the Lugano Convention, and the Hague Choice of Court Convention, Oxford University Press, Oxford, 2017, pag. 111; Grušić, U., «Unjust enrichment and the Brussels I Regulation», International & Comparative Law Quarterly, 2019, vol. 68, n. 4, pagg. da 837 a 868, spec. pag. da 849 a 861, nonché Minois, M., op. cit., pag. 322.

    ( 45 ) In generale, la qualificazione non dovrebbe dipendere dal «rimedio» (remedy) reclamato dal ricorrente (v. nota 82 delle presenti conclusioni).

    ( 46 ) V. paragrafo 36 delle presenti conclusioni. Sottolineo che, poiché l’«obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi dell’articolo 5, punto 1, del regolamento Bruxelles I, nel caso di simili domande di restituzione, è, a mio avviso, l’obbligazione contrattuale presentata nella domanda come invalida, non eseguita dal convenuto, oppure «eseguita in eccesso» dal ricorrente (v. paragrafo 50 delle presenti conclusioni), il giudice competente è quello del luogo in cui tale obbligazione è stata o doveva essere eseguita [v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kostanjevec (C‑185/15, EU:C:2016:397, paragrafo 64)].

    ( 47 ) V. parimenti conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:225, paragrafo 58), e le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (nota 66). V., contra, conclusioni dell’avvocato generale Darmon nella causa Shearson Lehman Hutton (C‑89/91, non pubblicate, EU:C:1992:410, paragrafo 102).

    ( 48 ) Sentenza del 30 novembre 1976 (21/76, EU:C:1976:166).

    ( 49 ) V. sentenza del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punti da 13 a 15).

    ( 50 ) V. sentenza del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punto 17). A tal riguardo, la Corte dichiara talvolta che le nozioni utilizzate dal regolamento Bruxelles I devono essere interpretate facendo riferimento, da un lato, agli obiettivi e all’impianto sistematico di tale regolamento e, dall’altro, ai principi generali desumibili da tutti i sistemi giuridici nazionali [v., segnatamente, sentenza del 25 marzo 2021, Obala i lučice (C‑307/19, EU:C:2021:236, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata)]. Infatti, le categorie figuranti nel regolamento Bruxelles I riprendono nozioni di diritto civile, commerciale e processuale («contratto», «illecito», ecc.) il cui significato non può essere desunto facendo unicamente riferimento agli obiettivi e al sistema di tale regolamento. Al fine di fornire una definizione autonoma di tali nozioni, la Corte si ispira, esplicitamente o implicitamente, segnatamente a questi stessi principi generali, i quali consentono di elaborare il «nucleo» di ciascuna di esse. In tutti i casi dubbi, deve prevalere la qualificazione più conforme agli obiettivi e al sistema di detto regolamento [v., per analogia, le mie conclusioni nella causa Verein für Konsumenteninformation (C‑272/18, EU:C:2019:679), paragrafo 47)].

    ( 51 ) Sentenza del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punto 16). V., parimenti, sentenze del 16 luglio 2009, Zuid-Chemie (C‑189/08, EU:C:2009:475, punto 28); del 18 luglio 2013, ÖFAB (C‑147/12, EU:C:2013:490, punto 34), nonché del 21 aprile 2016, Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:286, punto 41).

    ( 52 ) V. sentenza del 21 aprile 2016, Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:286, punti 3940).

    ( 53 ) V., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2002, Tacconi (C‑334/00, EU:C:2002:499, punti 2527); del 1o ottobre 2002, Henkel (C‑167/00, EU:C:2002:555, punti 4142); del 18 luglio 2013, ÖFAB (C‑147/12, EU:C:2013:490, punti da 35 a 38); del 21 aprile 2016, Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:286, punto 50), nonché Wikingerhof (punti 33, 34 e 36). Il concetto di fatto illecito risulta da diverse versioni linguistiche del regolamento Bruxelles I [v., segnatamente, le versioni in lingua italiana («in materia di illeciti civili dolosi o colposi») e neerlandese («onrechtmatige daad») (il corsivo è mio)]. Non si può cionondimeno escludere che l’articolo 5, punto 3, di tale regolamento si applichi parimenti ai casi particolari di responsabilità senza colpa, nell’ambito dei quali la legge prevede che determinate attività, peraltro lecite, comportino una responsabilità per i danni speciali che esse causano ad altri. Tale ipotesi particolare non è tuttavia in discussione nella specie.

    ( 54 ) Secondo le mie ricerche, il termine «illecito civile (…) colposo» figura, in una determinata forma, all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I nelle sue versioni in lingua bulgara, spagnola, ceca, tedesca, greca, inglese, francese, croata, italiana, lettone, lituana, ungherese, maltese, polacca, rumena e slovena. Tale termine non figura nelle versioni in lingua danese, estone, neerlandese, portoghese, slovacca, finlandese e svedese di tale regolamento.

    ( 55 ) V. articolo 1241 del codice civile francese. Tale distinzione risulta, peraltro, in maniera chiara dalla versione in lingua italiana del regolamento Bruxelles I («in materia di illeciti civili dolosi o colposi») (il corsivo è mio).

    ( 56 ) V., segnatamente, Dickinson, A., The Rome II Regulation, Oxford University Press, 2008, pag. 347 e 348, nonché Magnus, U., e Mankowski, P., op. cit., pag. 271. Del resto, a mio avviso, anche i casi di responsabilità oggettiva, i quali dipendono unicamente dalla constatazione di un evento dannoso, a prescindere da qualsivoglia elemento morale, rientrano nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

    ( 57 ) V. le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (paragrafo 46). In una prospettiva inversa, la Corte ha già utilizzato la nozione di «obbligazione fondata su un illecito» [sentenza del 25 ottobre 2012, Folien Fischer e Fofitec (C‑133/11, EU:C:2012:664, punto 43)].

    ( 58 ) V. sentenza del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punto 18). V., per diversi esempi, le mie conclusioni nella causa Wikingerhof (paragrafo 48).

    ( 59 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Gulmann nella causa Reichert e Kockler (C‑261/90, non pubblicate, EU:C:1992:78, Racc. pag. 2169); conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Engler (C‑27/02, EU:C:2004:414, paragrafi da 53 a 57), nonché conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Feniks (C‑337/17, EU:C:2018:487, paragrafo 98). È vero che, nelle sentenze del 27 ottobre 1998, Réunion européenne e a. (C‑51/97, EU:C:1998:509, punto 24); del 13 marzo 2014, Brogsitter (C‑548/12, EU:C:2014:148, punto 27), nonché del 28 gennaio 2015, Kolassa (C‑375/13, EU:C:2015:37, punto 44), la Corte ha indicato che, se le domande di cui trattavasi non si ricollegavano alla «materia contrattuale», occorrerebbe ritenere che esse rientrino nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi». Tuttavia, la Corte ha ragionato in tal modo in quanto tali domande si basavano, in ogni caso, su un fatto illecito imputabile al convenuto arrecante un danno al ricorrente. Si trattava unicamente di stabilire se tale responsabilità fosse «contrattuale» o «per fatto illecito».

    ( 60 ) V. sentenza Wikingerhof (punto 26).

    ( 61 ) V. paragrafo 54 delle presenti conclusioni.

    ( 62 ) V., nello stesso senso, House of Lords (Regno Unito), sentenza del 30 ottobre 1997, Kleinwort Benson Ltd v. City of Glasgow District Council [1997] UKHL 43; Magnus, U., e Mankowski, P., op. cit., pag. 272; Gaudemet-Tallon, H., Compétence et exécution des jugements en Europe, LGDJ, Parigi, 4° edizione, 2010, op. cit., pag. 219; Grušić, U., op. cit., pag. 86; nonché Minois, M., op. cit., pagg. da 262 a 265.

    ( 63 ) V. paragrafo 32 delle presenti conclusioni.

    ( 64 ) V., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punto 49), e conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:225, paragrafo 62).

    ( 65 ) Riprodotto al paragrafo 11 delle presenti conclusioni.

    ( 66 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:225, paragrafo 61). Un siffatto risultato sarebbe contrario al principio di interpretazione restrittiva di tale disposizione (v. paragrafo 83 delle presenti conclusioni).

    ( 67 ) Sentenza del 21 aprile 2016 (C‑572/14, EU:C:2016:286).

    ( 68 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001 (GU 2001, L 167, pag. 10).

    ( 69 ) Ricordo che gli Stati membri che introducono, nelle loro legislazioni, l’eccezione al diritto di riproduzione, riconosciuto ai titolari dei diritti, delle copie per uso privato (eccezione detta «per copia privata) dei loro materiali protetti devono prevedere la corresponsione di un «equo compenso» a favore di tali titolari. Sebbene, in linea di principio, dovrebbe spettare agli utenti che realizzano tali copie versare detto «compenso», gli Stati membri possono parimenti mettere quest’ultimo a carico delle persone che commercializzano supporti di registrazione che consentono tali copie [v. articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 e sentenza del 21 aprile 2016, Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:286, punti da 17 a 26 e la giurisprudenza ivi citata)].

    ( 70 ) V. sentenza del 21 aprile 2016, Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:286, punto 37).

    ( 71 ) Tale sentenza rientra quindi nei casi particolari richiamati nella nota 53 delle presenti conclusioni.

    ( 72 ) V., in tal senso, le mie conclusioni nella causa Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:90, paragrafo 93). Viceversa, una siffatta prossimità non è ravvisabile, a mio avviso, nella specie (v. paragrafi da 84 a 89 delle presenti conclusioni).

    ( 73 ) Sentenza Kalfelis (punto 19) (il corsivo è mio).

    ( 74 ) Il che concorda con il fatto che, nel diritto sostanziale degli Stati membri, l’arricchimento senza causa rientra in una categoria sui generis (v. paragrafo 29 delle presenti conclusioni).

    ( 75 ) Tenuto conto dell’obiettivo di coerenza nell’interpretazione di questi due regolamenti espresso dal legislatore dell’Unione (v. paragrafo 42 delle presenti conclusioni).

    ( 76 ) Contrariamente a talune versioni linguistiche del regolamento Bruxelles I, il regolamento Roma II non fa riferimento alla nozione di «illecito civile colposo». I considerando 11 e 12 di quest’ultimo regolamento precisano cionondimeno che le regole di conflitto di leggi ivi stabilite si applicano segnatamente alla «capacità di rispondere per il fatto illecito» e alla «responsabilità oggettiva».

    ( 77 ) V., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Verein für Konsumenteninformation (C‑191/15, EU:C:2016:612, punto 39). Salvo il fatto che l’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento Bruxelles I contiene esclusioni che non si ritrovano nel regolamento Roma II, e viceversa.

    ( 78 ) V. considerando 29 del regolamento Roma II.

    ( 79 ) Rinvio nuovamente al paragrafo 62 delle presenti conclusioni. In tale misura, l’ambito di applicazione del regolamento Roma II è, a mio avviso, più ampio di quello dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I. È vero che, nella sua sentenza del 17 settembre 2002, Tacconi (C‑334/00, EU:C:2002:499), la Corte ha dichiarato che un’azione in materia di responsabilità precontrattuale rientra nella «materia di delitti o quasi-delitti», ai sensi di tale disposizione, mentre il legislatore dell’Unione ha catalogato la «culpa in contrahendo», all’articolo 12 del regolamento Roma II, fra gli «atti diversi da un fatto illecito». Ne risulta una certa incoerenza. Infatti, come dichiarato dalla Corte, l’obbligo di risarcire il pregiudizio causato dalla rottura ingiustificata delle trattative contrattuali risulta effettivamente da un «evento dannoso» imputabile al convenuto, ossia la violazione delle norme giuridiche che impongono alle parti di comportarsi secondo buona fede in sede di simili trattative (v. punti 25 e 27 di detta sentenza).

    ( 80 ) L’affermazione della Commissione, figurante alla pag. 8 della relazione della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II»), presentata il 22 luglio 2003 [COM(2003) 427 definitiva], secondo la quale l’arricchimento senza causa rientra nella materia dei «quasi delitti» non è dunque, a mio avviso, corretta. I «quasi delitti» fanno parte, in quanto «illeciti», del capo II del regolamento Roma II, contrariamente all’arricchimento senza causa.

    ( 81 ) Sottolineo che l’elemento decisivo non è il fatto che una siffatta domanda sia intesa alla restituzione di un bene. Come ho indicato al paragrafo 41 delle presenti conclusioni, la qualificazione di una domanda dipende dalla fonte dell’obbligazione sulla quale tale domanda è fondata, non dal «rimedio» (remedy) reclamato dal ricorrente. Pertanto, a mio avviso, domande di restituzione fondate su un «evento dannoso» (v. la nozione di «restitution for wrongdoing» di Common law) rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I (v., nello stesso senso, Magnus, U., e Mankowski, P., op. cit., pag. 272). Lo stesso vale, mutatis mutandis, nell’ambito del regolamento Roma II (v. Dickinson, A., op. cit., pagg. da 301 a 307, 496 e 497).

    ( 82 ) V. paragrafi da 44 a 52 delle presenti conclusioni.

    ( 83 ) La situazione è dunque sensibilmente diversa da quella di cui alla sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726), menzionata dal governo ceco. In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che i giudici dell’Unione, i quali sono esclusivamente competenti, ai sensi degli articoli 268 e 340, secondo comma, TFUE, a pronunciarsi sulle domande in «materia di responsabilità extracontrattuale» dirette contro l’Unione, lo sono parimenti, a tale titolo, a conoscere di un’azione basata sull’arricchimento senza causa (v. punto 48 di tale sentenza). Orbene, l’interpretazione opposta rischierebbe, secondo la Corte, di dar luogo ad un diniego di giustizia. Infatti, poiché i giudici nazionali sono competenti, nel sistema del Trattato FUE, a pronunciarsi sulla «responsabilità contrattuale» dell’Unione, e quelli dell’Unione a conoscere della sua «responsabilità extracontrattuale», un’interpretazione restrittiva della seconda nozione avrebbe potenzialmente avuto come conseguenza di generare un conflitto negativo di competenza, dal momento che né i giudici nazionali, né quelli dell’Unione sono legittimati a conoscere di una siffatta azione (v. punto 49 di detta sentenza). Per contro, tale problema non si ritrova nel sistema del regolamento Bruxelles I.

    ( 84 ) V. paragrafo 35 delle presenti conclusioni.

    ( 85 ) Tale massima esprime l’idea secondo la quale il ricorrente deve convenire in giudizio il convenuto dinanzi ai giudici del domicilio di quest’ultimo.

    ( 86 ) V., segnatamente, sentenze del 17 giugno 1992, Handte (C‑26/91, EU:C:1992:268, punto 14); del 13 luglio 2000, Group Josi (C‑412/98, EU:C:2000:399, punto 35), nonché del 19 febbraio 2002, Besix (C‑256/00, EU:C:2002:99, punto 52).

    ( 87 ) V. sentenza del 20 marzo 1997, Farrell (C‑295/95, EU:C:1997:168, punto 19).

    ( 88 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Engler (C‑27/02, EU:C:2004:414, paragrafo 55).

    ( 89 ) V., segnatamente, sentenza del 18 luglio 2013, ÖFAB (C‑147/12, EU:C:2013:490, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).

    ( 90 ) Tale logica interpretazione restrittiva si impone a maggior ragione in quanto la soluzione opposta porterebbe, in un numero elevato di casi, ad attribuire competenza al foro del domicilio del ricorrente, istituendo in tal modo un forum actoris diametralmente opposto alla regola generale prevista nel regolamento Bruxelles I [v. sentenza del 19 settembre 1995, Marinari (C‑364/93, EU:C:1995:289, punto 13)]. Infatti, la Commissione suggerisce di considerare, quale «luogo in cui si è concretizzato il danno», il luogo in cui l’arricchimento avrebbe dovuto essere restituito al ricorrente – il che equivarrebbe, nella maggior parte dei casi, a mio avviso, a designare il domicilio di quest’ultimo.

    ( 91 ) V. paragrafo 36 delle presenti conclusioni.

    ( 92 ) Come richiamate al paragrafo 31 delle presenti conclusioni.

    ( 93 ) V., a tal riguardo, Commercial Court, Queen’s Bench Division (Regno Unito), sentenza del 15 luglio 2015, Banque Cantonale de Genève v. Polevent Ltd and others, [2016] 2 W.L.R. 550, § 18, nonché Dickinson, A., op. cit., pagg. da 503 a 508. Peraltro, nel corso dell’iter legislativo, il Parlamento aveva proposto di ricorrere, quale criterio di collegamento, alla «legge (…) del paese in cui si verificano sostanzialmente gli eventi che hanno dato origine ad arricchimento senza causa, indipendentemente dal paese in cui l’arricchimento si è prodotto» (il corsivo è mio) [v. Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 6 luglio 2005 in vista dell’adozione del regolamento (CE) n. .../2005 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II»), documento P6_TC1-COD(2003)0168]. Orbene, tale proposta non è alla fine stata accolta dal legislatore dell’Unione.

    ( 94 ) La decisione di rinvio non contiene tuttavia alcuna precisazione a tal riguardo.

    ( 95 ) Quanto alla prova del correlativo impoverimento della ricorrente nel procedimento principale e dell’assenza di «causa», mi sembra che essa risieda, nella specie, nella sentenza del Vrhovni sud (Corte suprema) (v. paragrafo 14 delle presenti conclusioni), la quale potrà essere riconosciuta in Germania, senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento a tal fine (v. articolo 33 del regolamento Bruxelles I).

    ( 96 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:225, paragrafo 69), nonché House of Lords (Regno Unito), Kleinwort Benson Limited v. City of Glasgow District Council, parere di Lord Goff.

    ( 97 ) V. paragrafo 81 delle presenti conclusioni.

    ( 98 ) V. articoli da 38 a 41 del regolamento Bruxelles I.

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