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Document 62019TJ0657

    Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) del 9 novembre 2022 (Estratti).
    Feralpi Holding SpA contro Commissione europea.
    Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi – Limitazione e controllo della produzione e delle vendite – Decisione adottata in seguito all’annullamento di decisioni anteriori – Svolgimento di una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri – Diritti della difesa – Principio di buona amministrazione – Termine ragionevole – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Principio del ne bis in idem – Eccezione di illegittimità – Infrazione unica, complessa e continuata – Prova della partecipazione all’intesa – Dissociazione pubblica – Competenza estesa al merito.
    Causa T-657/19.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2022:691

     SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

    9 novembre 2022 ( *1 )

    «Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi – Limitazione e controllo della produzione e delle vendite – Decisione adottata in seguito all’annullamento di decisioni anteriori – Svolgimento di una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri – Diritti della difesa – Principio di buona amministrazione – Termine ragionevole – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Principio del ne bis in idem – Eccezione di illegittimità – Infrazione unica, complessa e continuata – Prova della partecipazione all’intesa – Dissociazione pubblica – Competenza estesa al merito»

    Nella causa T‑657/19,

    Feralpi Holding SpA, con sede a Brescia (Italia), rappresentata da G. Roberti e I. Perego, avvocati,

    ricorrente,

    contro

    Commissione europea, rappresentata da P. Rossi, G. Conte e C. Sjödin, in qualità di agenti, assistiti da P. Manzini, avvocato,

    convenuta,

    avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2019) 4969 final della Commissione, del 4 luglio 2019, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (caso AT.37956 – Tondo per cemento armato) e/o all’annullamento oppure alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

    IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

    composto, in sede di deliberazione, da S. Gervasoni, presidente, L. Madise, P. Nihoul (relatore), R. Frendo e J. Martín y Pérez de Nanclares, giudici,

    cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 giugno 2021,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza ( 1 )

    I. Fatti

    1

    La ricorrente, Feralpi Holding SpA (già Feralpi Siderurgica SpA e Federalpi Siderurgica SRL), è un produttore di tondo per cemento armato con sede in Italia.

    A.   Prima decisione della Commissione (2002)

    2

    Dall’ottobre al dicembre 2000 la Commissione delle Comunità europee ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato, tra cui la ricorrente, e presso un’associazione di imprese, la Federazione Imprese Siderurgiche Italiane (in prosieguo: la «Federacciai»). Essa ha anche inviato loro richieste di informazioni ai sensi di tale disposizione.

    3

    Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato un procedimento di applicazione dell’articolo 65 CA e formulato taluni addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») notificati, in particolare, alla ricorrente. Quest’ultima ha risposto alla comunicazione degli addebiti il 31 maggio 2002.

    4

    Il 13 giugno 2002 si è svolta un’audizione delle parti nell’ambito del procedimento amministrativo.

    5

    Il 12 agosto 2002 la Commissione ha inviato agli stessi destinatari taluni addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»), ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204). In tale comunicazione, la Commissione ha precisato la sua posizione in merito alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002. La ricorrente ha risposto alla comunicazione degli addebiti supplementari il 20 settembre 2002.

    6

    Il 30 settembre 2002 si è svolta una nuova audizione delle parti nel procedimento amministrativo, in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Essa riguardava l’oggetto della comunicazione degli addebiti supplementari, ossia le conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA sulla prosecuzione del procedimento.

    7

    Al termine del procedimento amministrativo, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), indirizzata alla Federacciai e a otto imprese, tra cui la ricorrente. In detta decisione, essa ha constatato che queste ultime, tra il dicembre 1989 e il luglio 2000, avevano attuato un’intesa unica, complessa e continuata nel mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli (in prosieguo: il «tondo per cemento armato») avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, in violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA. A detto titolo, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di importo pari a EUR 10,25 milioni.

    8

    Il 4 marzo 2003 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso la decisione del 2002. Il Tribunale ha annullato detta decisione nei confronti della ricorrente (sentenza del 25 ottobre 2007, Feralpi Siderurgica/Commissione, T‑77/03, non pubblicata, EU:T:2007:319) e delle altre imprese destinatarie, con la motivazione che la base giuridica utilizzata, ossia l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA, non era più in vigore al momento dell’adozione di tale decisione. Pertanto, la Commissione non era competente, in base alle menzionate disposizioni, a constatare e a sanzionare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Il Tribunale non ha esaminato gli altri aspetti della decisione in parola.

    9

    La decisione del 2002 è divenuta definitiva nei confronti della Federacciai, che non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

    B.   Seconda decisione della Commissione (2009)

    10

    Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato la ricorrente e le altre imprese interessate della sua intenzione di adottare una nuova decisione, previa correzione della base giuridica utilizzata. Essa ha inoltre precisato che la decisione in parola sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. La ricorrente, su invito della Commissione, ha presentato osservazioni scritte il 31 luglio 2008.

    11

    Con telefax del 24 luglio e del 25 settembre 2008, poi del 13 marzo, del 30 giugno e del 15 luglio 2009, la Commissione ha chiesto alla ricorrente informazioni relative all’evoluzione della sua struttura e del suo fatturato. La ricorrente ha risposto a tali richieste di informazioni, rispettivamente, con e-mail del 4 settembre e del 17 ottobre 2008, poi del 3 aprile, del 6 luglio e del 22 luglio 2009.

    12

    Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione C(2009) 7492 definitivo, relativa a una violazione dell’articolo 65 del trattato CECA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), indirizzata alle stesse imprese di cui alla decisione del 2002, ivi inclusa la ricorrente. Detta decisione è stata adottata sulla base delle norme procedurali del trattato CE e del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1). Essa si basava sugli elementi oggetto della comunicazione degli addebiti e della comunicazione degli addebiti supplementari e riproduceva, in sostanza, il contenuto e le conclusioni della decisione del 2002. In particolare, l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, pari a EUR 10,25 milioni, rimaneva invariato.

    13

    L’8 dicembre 2009, la Commissione ha adottato una decisione di modifica, che integrava, nel suo allegato, le tabelle indicanti le variazioni dei prezzi omesse dalla sua decisione del 30 settembre 2009 e rettificava i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina.

    14

    Il 19 febbraio 2010 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso la decisione della Commissione del 30 settembre 2009, come modificata (in prosieguo: la «decisione del 2009»). Il 9 dicembre 2014 il Tribunale ha respinto detto ricorso (sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione, T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031). Il Tribunale ha annullato parzialmente la decisione del 2009 nei confronti di un altro dei suoi destinatari, ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta ad altri due dei suoi destinatari e ha respinto gli altri ricorsi proposti.

    15

    Il 19 febbraio 2015 la ricorrente ha proposto impugnazione avverso la sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031). Con sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), la Corte ha annullato detta sentenza del Tribunale nonché la decisione del 2009 nei confronti, in particolare, della ricorrente.

    16

    Nella sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), la Corte ha dichiarato che, quando una decisione era stata adottata sulla base del regolamento n. 1/2003, il procedimento che si concludeva con tale decisione doveva essere conforme alle norme di procedura previste da suddetto regolamento nonché dal regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), anche se detto procedimento era iniziato prima della loro entrata in vigore.

    17

    Orbene, la Corte ha constatato che, nel caso di specie, l’audizione del 13 giugno 2002, la sola riguardante il merito del procedimento, non poteva essere considerata conforme ai requisiti procedurali relativi all’adozione di una decisione in base al regolamento n. 1/2003, mancando la partecipazione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

    18

    La Corte ha concluso che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era tenuta, prima dell’adozione della decisione del 2009, ad organizzare una nuova audizione, per il motivo che le imprese avevano già avuto la possibilità di essere ascoltate durante le audizioni del 13 giugno e del 30 settembre 2002.

    19

    Nella sua sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15, EU:C:2017:709), la Corte ha ricordato l’importanza dello svolgimento, su richiesta delle parti interessate, di un’audizione alla quale siano invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, costituendo la sua omissione una violazione delle forme sostanziali.

    20

    La Corte ha dichiarato che, poiché il diritto in parola, previsto espressamente dal regolamento n. 773/2004, non era stato rispettato, non era necessario che l’impresa il cui diritto era stato così violato dimostrasse che tale violazione era stata idonea ad influenzare, a suo svantaggio, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione controversa.

    21

    La Corte ha altresì annullato, per gli stessi motivi, altre sentenze del Tribunale pronunciate il 9 dicembre 2014 che statuivano sulla legittimità della decisione del 2009, nonché la decisione stessa, nei confronti di altre quattro imprese. La decisione del 2009 è invece divenuta definitiva per le imprese destinatarie che non hanno proposto impugnazione avverso le suddette sentenze.

    C.   Terza decisione della Commissione (2019)

    22

    Con lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha informato la ricorrente della propria intenzione di riprendere il procedimento amministrativo e di organizzare, in tale contesto, una nuova audizione delle parti di detto procedimento in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

    23

    Il 20 dicembre 2017 e il 16 gennaio 2018 la ricorrente ha informato la Commissione della sua intenzione di partecipare a suddetta audizione. Con lettera del 1o febbraio 2018, la ricorrente ha presentato osservazioni nelle quali ha contestato il potere della Commissione di riassumere il procedimento amministrativo e ha pertanto invitato quest’ultima a non procedere a tale riassunzione.

    24

    Il 23 aprile 2018 la Commissione ha tenuto una nuova audizione relativa al merito del procedimento, alla quale hanno partecipato, in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e del consigliere-auditore, la ricorrente nonché altre tre imprese destinatarie della decisione del 2009.

    25

    Il 7 maggio 2018 la ricorrente ha depositato nuove osservazioni scritte relativamente alla causa. Con lettere del 19 novembre 2018 nonché del 18 gennaio e del 6 maggio 2019, la Commissione ha inviato alla ricorrente tre richieste di informazioni riguardanti l’evoluzione della sua struttura e il suo fatturato La ricorrente ha risposto a tali richieste di informazioni con lettere, rispettivamente, del 7 dicembre 2018 nonché del 30 gennaio e del 9 maggio 2019.

    26

    Il 4 luglio 2019 la Commissione ha adottato la decisione C(2019) 4969 final, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (AT.37956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), destinata alle cinque imprese nei confronti delle quali la decisione del 2009 era stata annullata, vale a dire, oltre alla ricorrente, l’Alfa Acciai SpA, la Partecipazioni Industriali SpA (già Riva Acciaio SpA e successivamente Riva Fire SpA; in prosieguo: la «Riva»), la Valsabbia Investimenti SpA e la Ferriera Valsabbia SpA e la Ferriere Nord SpA.

    27

    Con l’articolo 1 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA nel settore del tondo per cemento armato in Italia, tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000, alla quale avevano partecipato la ricorrente e tali altre quattro imprese. L’infrazione è consistita in un accordo continuato e/o in pratiche concertate aventi per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato italiano del tondo per cemento armato.

    28

    La Commissione ha dichiarato la responsabilità della ricorrente per la sua partecipazione all’intesa dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000. Con l’articolo 2 della decisione impugnata, essa le ha quindi inflitto un’ammenda di importo pari a EUR 5,125 milioni, dopo aver applicato una riduzione del 50% a motivo della durata del procedimento.

    29

    Il 18 luglio 2019 la decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente.

    II. Procedimento e conclusioni delle parti

    30

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 settembre 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

    31

    Su proposta della Quarta Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

    32

    Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti e ha chiesto loro di produrre taluni documenti. Le parti hanno risposto a tali quesiti e a tali richieste di produzione di documenti entro il termine impartito.

    33

    All’udienza del 3 giugno 2021, le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale. Nel corso dell’udienza, a seguito di un quesito del Tribunale, la ricorrente ha acconsentito a che i motivi sollevati nell’atto introduttivo del giudizio a sostegno del presente ricorso fossero rinumerati ai fini della redazione della sentenza, circostanza di cui si è preso atto nel verbale d’udienza.

    34

    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    annullare, in tutto o in parte, la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

    e/o annullare, o quanto meno ridurre, l’ammenda irrogatale dalla suddetta decisione;

    ove occorra, «dichiarare illegittimo e inapplicabile l’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003»;

    condannare la Commissione alle spese.

    35

    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso;

    condannare la ricorrente alle spese.

    III. In diritto

    36

    In via preliminare, occorre rilevare che la ricorrente, nel suo terzo capo delle conclusioni, ha chiesto al Tribunale di «dichiarare illegittimo e inapplicabile l’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003».

    37

    Orbene, dall’atto introduttivo del giudizio risulta che, con tale domanda, la ricorrente deduce, sollevando un’eccezione, l’illegittimità dell’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003 a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata o della domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda.

    38

    L’eccezione di illegittimità sarà quindi esaminata, in qualità di motivo, unitamente a quelli sviluppati a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata o della domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda.

    39

    A sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata o della domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda, la ricorrente deduce otto motivi, vertenti:

    il primo, sulla violazione dei diritti della difesa e delle norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018;

    il secondo, sull’illegittimo rifiuto della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio della durata ragionevole del procedimento;

    il terzo, sulla violazione del principio della durata ragionevole del procedimento;

    il quarto, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, su errori di valutazione e sulla violazione del principio di proporzionalità;

    il quinto, sulla violazione del principio del ne bis in idem e del principio della certezza del diritto;

    il sesto, sull’illegittimità del regime di prescrizione previsto dall’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003;

    il settimo, su un’assenza di prova della partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 1989 e il 1995;

    l’ottavo, su un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata relativamente all’accertamento di un’infrazione unica, complessa e continuata a suo carico nel periodo tra il 6 dicembre 1989 e il 27 giugno 2000 nonché su un’assenza di prova del carattere unico e continuato di tale infrazione.

    [omissis]

    B.   Sul secondo motivo, vertente sul rifiuto illegittimo della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio del termine ragionevole del procedimento

    [omissis]

    1. Sulla prima censura, vertente su un errore di diritto

    156

    La ricorrente ritiene che la Commissione, rifiutandosi di valutare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità dell’adozione di tale decisione con il principio del termine ragionevole, abbia violato l’articolo 41 della Carta.

    157

    A tal riguardo, occorre rilevare che, come sottolineato dalla ricorrente, la Commissione è tenuta a rispettare il principio del termine ragionevole ripreso all’articolo 41 della Carta (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C2-44/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 179, e del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punto 285).

    158

    Pertanto, il decorso del termine deve essere preso in considerazione quando, avvalendosi del margine discrezionale conferitole dal diritto dell’Unione, la Commissione valuta se, nell’applicazione delle regole di concorrenza, occorra avviare azioni e adottare una decisione.

    159

    Dalla decisione impugnata risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione non ha violato l’obbligo di tener conto della scadenza del termine quando valuta se debbano essere avviate siffatte azioni e adottata una decisione sanzionatoria. La decisione impugnata mostra, infatti, che tale istituzione ha esaminato, prima di pronunciarsi, se, nel caso di specie, il procedimento potesse essere riaperto e se esso potesse sfociare nell’adozione di una siffatta decisione, imponendo un’ammenda.

    [omissis]

    170

    Pertanto, dalla decisione impugnata risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha verificato, prima di adottare tale decisione, se il principio del termine ragionevole fosse stato rispettato, analizzando la lunghezza del procedimento amministrativo, fasi amministrative e interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale incluse, le cause che potevano spiegare la durata del procedimento e le conseguenze che potevano esserne tratte.

    171

    Tale conclusione è contestata dalla ricorrente, secondo la quale la Commissione, nella decisione impugnata, ha rifiutato di pronunciarsi sulla lunghezza irragionevole del procedimento con la motivazione che siffatta valutazione doveva essere riservata al giudice dell’Unione senza che essa potesse pronunciarsi al riguardo.

    172

    A tal riguardo, occorre rilevare che al giudice dell’Unione possono essere sottoposte questioni relative alla durata di procedimenti. Nel contenzioso in materia di responsabilità, esso deve condannare le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione laddove questi ultimi abbiano causato un danno violando il principio del termine ragionevole (sentenze del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 94, e dell’11 luglio 2019, Italmobiliare e a./Commissione, T‑523/15, non pubblicata, EU:T:2019:499, punto 159). Nel contenzioso di annullamento, la durata di un procedimento può avere come conseguenza l’annullamento di una decisione impugnata se due condizioni sono soddisfatte in modo cumulativo, la prima delle quali è che siffatta durata appaia essere stata irragionevole e la seconda che il superamento del termine ragionevole abbia ostacolato i diritti della difesa (sentenze del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, EU:C:2006:593, punti 4748; dell’8 maggio 2014, Bolloré/Commissione, C‑414/12 P, non pubblicata, EU:C:2014:301, punti 8485, e del 9 giugno 2016, PROAS/Commissione, C‑616/13 P, EU:C:2016:415, punti da 74 a 76).

    173

    Come segnalato dalla ricorrente, la competenza così attribuita al giudice dell’Unione non può dispensare la Commissione dalla valutazione che essa deve effettuare al momento di determinare il seguito da dare a una sentenza di annullamento in applicazione dell’articolo 266 TFUE.

    174

    Come è stato indicato, la Commissione deve prendere in considerazione, quando effettua una siffatta valutazione, il complesso degli elementi della causa, in particolare l’opportunità di adottare una nuova decisione, quella di infliggere una sanzione e quella, se del caso, di ridurre la sanzione prevista qualora risulti, segnatamente, che, senza costituire di per sé un inadempimento colpevole, la durata del procedimento, in quanto ha comportato fasi amministrative ma anche, eventualmente, interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale, può aver influito sugli elementi di cui tenere conto per fissare l’importo dell’ammenda, e in particolare sul suo eventuale effetto deterrente quando essa viene irrogata molto tempo dopo i fatti che costituiscono l’infrazione.

    175

    Tale valutazione, vertente in particolare sulla durata complessiva del procedimento, fasi giurisdizionali incluse, è stata principalmente effettuata al punto 528 della decisione impugnata.

    176

    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha verificato, nella decisione impugnata, se la durata del procedimento potesse ostare alla ripresa del procedimento pur riconoscendo che una siffatta valutazione era posta sotto il controllo del giudice dell’Unione nel contenzioso in materia di legittimità e, se del caso, di responsabilità.

    [omissis]

    180

    La censura in esame va pertanto respinta.

    [omissis]

    C.   Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio del termine ragionevole del procedimento

    185

    La ricorrente deduce che la decisione impugnata deve essere annullata, giacché è stata adottata al termine di un procedimento che avrebbe oltrepassato il termine ragionevole. A suo avviso, la durata eccessiva del procedimento comporta la conseguenza che la Commissione non disponesse più del potere sanzionatorio. L’argomentazione sviluppata a sostegno del terzo motivo contiene, in sostanza, quattro censure, tutte contestate dalla Commissione.

    186

    Prima di esaminare tali censure, si deve ricordare che, secondo la Corte, la durata del procedimento può avere come conseguenza l’annullamento di una decisione impugnata se ricorrono cumulativamente due condizioni, la prima, che la durata del procedimento appaia irragionevole e, la seconda, che il superamento del termine ragionevole abbia impedito l’esercizio dei diritti della difesa (v. punto 172 supra).

    187

    Ne consegue che una decisione della Commissione non potrebbe essere annullata per il solo motivo del superamento del termine ragionevole qualora tale superamento non abbia pregiudicato i diritti della difesa della ricorrente.

    [omissis]

    1. Sulla prima censura, relativa alla durata delle fasi amministrative

    189

    La ricorrente sostiene che l’affermazione della Commissione secondo cui le fasi amministrative del procedimento sono state sempre condotte «speditamente e senza ingiustificate interruzioni» non tiene conto della realtà dei fatti e, al più, si può ritenere corretta soltanto con riguardo alla fase di adozione della decisione del 2002, tale fase essendo durata, nell’insieme, due anni e due mesi.

    190

    Le altre fasi del procedimento amministrativo che hanno portato all’adozione, rispettivamente, della decisione del 2009 e della decisione impugnata, sarebbero state caratterizzate da periodi di inerzia della Commissione manifestamente irragionevoli.

    191

    Anche la durata complessiva del procedimento amministrativo sarebbe di per sé irragionevole, in particolare alla luce della causa che ha dato luogo alla sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582).

    192

    A tal riguardo, occorre ricordare che il diritto dell’Unione impone alle istituzioni di trattare entro un termine ragionevole i casi nell’ambito dei procedimenti amministrativi da esse condotti (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punto 284).

    193

    Infatti, l’obbligo di osservare un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale di diritto ripreso, in particolare, dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 167; dell’11 aprile 2006, Angeletti/Commissione, T‑394/03, EU:T:2006:111, punto 162, e del 7 giugno 2013, Italia/Commissione, T‑267/07, EU:T:2013:305, punto 61).

    194

    Nel caso di specie, dal fascicolo risulta che quattro fasi, durate complessivamente sei anni e un mese, si sono succedute dinanzi alla Commissione nel corso della trattazione del caso:

    una prima fase, durata un anno e cinque mesi, ha separato le prime misure di indagine dall’invio della comunicazione degli addebiti alla Federacciai e alle imprese interessate;

    le tre fasi successive sono quelle che hanno condotto, rispettivamente, all’adozione della decisione del 2002, di quella del 2009 e della decisione impugnata, ciascuna delle quali è durata, rispettivamente, nove mesi, due anni e un mese e un anno e nove mesi.

    195

    Secondo la giurisprudenza, il carattere ragionevole del termine deve essere valutato prendendo in considerazione le circostanze proprie di ciascun caso di specie e, segnatamente, la rilevanza della controversia per l’interessato, la complessità del caso nonché il comportamento della parte ricorrente e quello delle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 187188).

    196

    Pertanto, anche supponendo che, in altri casi, la fase amministrativa che ha seguito l’annullamento di una decisione della Commissione da parte del giudice dell’Unione, nell’ambito di un procedimento ripreso per adottare una nuova decisione, sia stata più breve che nelle circostanze del caso di specie, ciò non consentirebbe, di per sé, di concludere nel senso della violazione del principio del termine ragionevole.

    197

    Occorre infatti esaminare la ragionevolezza del termine considerando le circostanze proprie di ciascun caso di specie alla luce, in particolare, dei criteri menzionati al punto 195 supra.

    198

    In primo luogo, per quanto riguarda la rilevanza della controversia per l’interessato, occorre ricordare che, in caso di controversia riguardante un’infrazione al diritto della concorrenza, il precetto fondamentale della certezza del diritto, sulla quale gli operatori economici devono poter contare, nonché l’obiettivo di garantire che la concorrenza non sia falsata sul mercato interno presentano un rilevante interesse non solo per la parte ricorrente e per i suoi concorrenti, bensì anche per i terzi, in ragione del vasto numero di persone coinvolte e degli interessi economici in gioco (v. sentenza del 1o febbraio 2017, Aalberts Industries/Unione europea, T‑725/14, EU:T:2017:47, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    199

    Nel caso di specie, la Commissione ha constatato nella decisione impugnata che la ricorrente aveva violato l’articolo 65, paragrafo 1, CA, partecipando, dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000, a un accordo continuato o a pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato aventi per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato interno.

    200

    Sulla base di tale constatazione, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di EUR 5,125 milioni.

    201

    Tenendo conto di tali elementi, è lecito ritenere che la rilevanza del caso fosse notevole per la ricorrente.

    202

    In secondo luogo, per quanto concerne la complessità del caso, si deve rilevare che gli errori in cui è incorsa la Commissione riguardano le conseguenze che occorreva trarre, per il procedimento, dalla scadenza del Trattato CECA.

    203

    Orbene, occorre ricordare che le questioni connesse alle norme applicabili ai fatti in discussione, sia per quanto riguarda il merito sia per quanto riguarda il procedimento, a causa della scadenza del Trattato CECA, presentavano, come indicato dalla Commissione, una certa complessità.

    204

    Inoltre, l’intesa ha coperto un periodo relativamente lungo (10 anni e 7 mesi), ha coinvolto un numero significativo di soggetti (8 imprese, comprendenti in totale 11 società e un’associazione di categoria) e ha comportato un volume imponente di documenti forniti o ottenuti nel corso delle ispezioni (circa 20000 pagine).

    205

    Alla luce di tali elementi, il caso deve essere considerato complesso.

    206

    In terzo luogo, quanto al comportamento delle parti, va constatato che la Commissione ha svolto un’attività continua a causa dei numerosi solleciti che le pervenivano dalle parti del procedimento amministrativo.

    207

    Così, la Commissione ha dovuto esaminare, nel contesto dell’adozione della decisione impugnata, numerose lettere, mentre al contempo doveva preparare l’audizione del 23 aprile 2018 e verificare una proposta di transazione presentata da alcune parti del procedimento amministrativo il 4 dicembre 2018.

    208

    Da tali elementi considerati nel loro complesso risulta che la durata delle fasi amministrative del procedimento non appare irragionevole alla luce delle circostanze proprie del caso di specie e, in particolare, della sua complessità, in un contesto in cui nessun periodo di inerzia ingiustificata può essere addebitato alla Commissione nel corso delle tappe che hanno punteggiato le suddette fasi amministrative.

    209

    La censura in esame va pertanto respinta.

    2. Sulla seconda censura, relativa alla durata delle fasi giurisdizionali

    210

    La ricorrente critica il carattere a suo avviso irragionevole della durata dei procedimenti giurisdizionali. Da un lato, la durata complessiva di tali procedure sarebbe stata di dodici anni. Dall’altro, ciascun procedimento dinanzi al Tribunale (cause T‑77/03 e T‑70/10) sarebbe durato quasi cinque anni.

    211

    A tal riguardo, occorre rammentare che l’obbligo di osservare un termine ragionevole nello svolgimento dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale di diritto ripreso in particolare all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.

    212

    Nello stesso senso, il mancato rispetto di una durata ragionevole del processo costituisce un’irregolarità procedurale (sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 191).

    213

    Difatti, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, ai fini della determinazione sia dei suoi diritti e doveri di carattere civile sia della fondatezza di ogni accusa penale le venga rivolta, conformemente all’articolo 47 della Carta e all’articolo 6 della CEDU (v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punti da 177 a 179, e del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punti 282283).

    214

    Secondo la giurisprudenza, una violazione da parte di un giudice dell’Unione del suo obbligo di pronunciarsi entro un termine ragionevole deve essere sanzionata non già in un ricorso di annullamento e di cancellazione o riduzione dell’importo dell’ammenda, bensì in un ricorso per risarcimento danni, ricorso che costituisce un rimedio effettivo (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 26 novembre 2013, Gascogne Sack Deutschland/Commissione, C‑40/12 P, EU:C:2013:768, punto 89, e del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione, C‑85/15 P, EU:C:2017:709, punto 54).

    215

    Questa giurisprudenza si spiega con la preoccupazione del giudice dell’Unione di non far dipendere la legittimità di una decisione adottata dalla Commissione dalle condizioni nelle quali un procedimento giurisdizionale è stato condotto dal giudice (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 203).

    216

    La censura in esame deve pertanto essere respinta in quanto inoperante.

    3. Sulla terza censura, relativa alla durata complessiva del procedimento

    217

    La ricorrente si duole della durata complessiva che è stata necessaria per il trattamento del fascicolo dai primi atti istruttori fino all’adozione della decisione impugnata. A suo avviso, il fatto che, al momento della suddetta adozione, tale durata fosse pari a quasi 19 anni e riguardasse condotte alcune delle quali si erano verificate oltre 30 anni prima rende siffatta durata contraria al principio del termine ragionevole.

    218

    A tal riguardo, occorre rilevare che l’obbligo di rispettare un termine ragionevole si applica a ciascuna fase che s’inscriva in un procedimento nonché al complesso da quest’ultimo formato (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 230231, e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:256, paragrafo 239).

    219

    Nel caso di specie, si deve constatare che il periodo nel corso del quale si è svolto il complesso del procedimento amministrativo è stato eccezionalmente lungo, ciò che, del resto, ha indotto la Commissione a ridurre l’ammenda infine irrogata alla ricorrente (v. punto 169 supra).

    220

    Tuttavia, la lunghezza complessiva del procedimento amministrativo può essere spiegata, nella fattispecie, con la complessità del fascicolo, fermo restando che, per taluni aspetti, essa è dovuta ad elementi relativi al caso vero e proprio, mentre, per altri, è legata al contesto in cui è da inquadrare il fascicolo, vale a dire la scadenza del trattato CECA (v. punti da 202 a 205 supra).

    221

    È vero che la Commissione è incorsa in taluni errori nella valutazione delle conseguenze da trarre dalla scadenza del trattato CECA e che detti errori hanno dato luogo ad annullamenti pronunciati dal Tribunale e successivamente dalla Corte.

    222

    Tuttavia, tali errori nonché l’impatto che essi hanno potuto avere sulla durata del procedimento amministrativo devono essere valutati tenendo conto della complessità delle questioni sollevate.

    223

    Peraltro, la durata complessiva del procedimento amministrativo è in parte imputabile alle interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale ed è quindi legata al numero di ricorsi proposti dinanzi al giudice dell’Unione sui diversi aspetti del caso.

    224

    A detto riguardo occorre notare che la possibilità che talune imprese, in una situazione come quella della ricorrente, vedano i propri casi esaminati più di una volta dalle autorità amministrative ed eventualmente dai giudici dell’Unione è insita nel sistema realizzato previsto dagli autori dei trattati per il controllo delle condotte e delle operazioni in materia di concorrenza.

    225

    Quindi, l’obbligo per le autorità amministrative di svolgere svariate formalità e adempimenti prima di poter adottare una decisione finale nell’ambito della concorrenza, e la possibilità che suddetti formalità o adempimenti possano dare origine ad un ricorso, non possono essere utilizzati da un’impresa, come argomento al termine dell’iter procedimentale, per far valere che si sia superato il termine ragionevole (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nelle cause Feralpi e a./Commissione, C‑85/15 P, C‑86/15 P e C‑87/15 P, C‑88/15 P e C‑89/15 P, EU:C:2016:940, paragrafo 70).

    226

    In tali circostanze, non si può considerare che, valutata nel suo complesso, la durata del procedimento amministrativo sia stata eccessiva, e che, pertanto, essa abbia potuto ostare all’adozione, da parte della Commissione, di una nuova decisione irrogativa di un’ammenda.

    227

    La censura in esame va pertanto respinta.

    4. Sulla quarta censura, concernente l’effetto della durata del procedimento sui diritti della difesa

    228

    La ricorrente ritiene che la durata irragionevole del procedimento amministrativo abbia pregiudicato l’esercizio dei suoi diritti della difesa nel corso della terza fase di tale procedimento, compresa tra la sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709) e l’adozione della decisione impugnata.

    229

    A tal riguardo, occorre ricordare che, come indicato al punto 186 supra, affinché il giudice pronunci l’annullamento della decisione adottata dalla Commissione a motivo di una violazione del principio del termine ragionevole, devono essere soddisfatte due condizioni. Poiché la prima (durata irragionevole del procedimento) non è soddisfatta, non è necessario, in linea di principio, verificare, in risposta alla quarta censura, se la lunghezza del procedimento amministrativo abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa. Occorre tuttavia procedere a tale esame, ad abundantiam, per fornire una piena risposta alle preoccupazioni formulate dalla ricorrente.

    230

    Da un lato, occorre constatare che, nel corso del procedimento considerato nel suo complesso, la ricorrente ha avuto, almeno sette volte, l’occasione di esprimere il suo punto di vista e di esporre i suoi argomenti (v. punti da 3 a 6, 10, 23 e 24 supra).

    231

    In particolare, la ricorrente ha potuto esprimere il suo punto di vista, durante la terza fase amministrativa, nelle sue osservazioni del 1o febbraio 2018, durante l’audizione del 23 aprile 2018 e nelle sue osservazioni del 7 maggio 2018 (v. punti da 23 a 25 supra).

    232

    D’altro lato, l’esame del primo motivo ha consentito di dimostrare che i diritti della difesa della ricorrente non erano stati pregiudicati né dal fatto che non tutti i soggetti che avevano partecipato alle precedenti audizioni erano presenti all’audizione del 23 aprile 2018, né dal fatto che i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sapessero, al momento di esprimere il loro parere all’interno del comitato consultivo, che due decisioni, una delle quali era stata confermata dal Tribunale, erano state adottate precedentemente nei confronti delle imprese interessate (v. punti da 55 a 149 supra).

    233

    Da tali elementi risulta che, anche supponendo che la durata del procedimento amministrativo possa essere considerata contraria al principio del termine ragionevole, le condizioni da soddisfare per ottenere un annullamento della decisione impugnata non sarebbero soddisfatte, dal momento che la ricorrente non ha potuto dimostrare alcuna lesione dei diritti della difesa derivanti da detta durata.

    234

    Ciò considerato, si deve ritenere che non sia soddisfatto alcuno dei requisiti necessari affinché il Tribunale possa pronunciare l’annullamento della decisione impugnata a titolo di violazione del principio del termine ragionevole.

    235

    La censura dev’essere quindi respinta e, con essa, il terzo motivo considerato nel suo complesso.

    D.   Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, su errori manifesti di valutazione e sulla violazione del principio di proporzionalità

    [omissis]

    1. Sulla prima censura, relativa all’erronea decisione della Commissione di adottare una nuova decisione irrogativa di un’ammenda

    237

    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha correttamente esercitato la sua discrezionalità in quanto ha dato priorità all’applicazione effettiva e all’effetto deterrente delle regole di concorrenza rispetto al principio del termine ragionevole. La decisione impugnata sarebbe altresì inficiata da una motivazione insufficiente su tale punto.

    238

    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione è investita dall’articolo 105, paragrafo 1, TFUE del compito di vigilare sull’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

    239

    A detto titolo, la Commissione è chiamata a definire e ad attuare, secondo la giurisprudenza, la politica dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2013, Vivendi/Commissione, T‑432/10, non pubblicata, EU:T:2013:538, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

    240

    In tale contesto, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale attestato dal regolamento n. 1/2003, secondo il quale, qualora constati l’esistenza di un’infrazione, essa «può», da un lato, obbligare le imprese interessate a porvi fine (articolo 7, paragrafo 1) e, dall’altro, infliggere ammende alle imprese che contravvengono (articolo 23, paragrafo 2).

    241

    In materia di concorrenza, alla Commissione è stato quindi affidato, indipendentemente dalla via seguita per portare il fascicolo a sua conoscenza, ovverosia, segnatamente, nell’ambito di una denuncia oppure di propria iniziativa, il potere di decidere se determinati comportamenti debbano essere oggetto di un’istruttoria, di una decisione e di un’ammenda, in funzione delle priorità da essa definite nell’ambito della sua politica di concorrenza.

    242

    Tuttavia, l’esistenza di tale potere non esime la Commissione dal suo obbligo di motivazione (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2020, LL-Carpenter/Commissione, T‑531/18, non pubblicata, EU:T:2020:91, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

    243

    In un contesto in cui, come nel caso di specie, da un lato, una decisione adottata dalla Commissione è stata annullata due volte e in cui, dall’altro, il tempo trascorso tra i primi atti istruttori e l’adozione della decisione è stato eccezionalmente lungo, spetta a detta istituzione, in base al principio di buona amministrazione, tener conto della durata del procedimento e delle conseguenze che una simile durata ha potuto avere sulla sua decisione di perseguire le imprese interessate, e tale valutazione deve allora risultare nella motivazione della decisione.

    244

    In primo luogo, occorre rilevare che, come risulta dalla risposta data al terzo motivo, il principio del termine ragionevole non è stato ignorato nelle circostanze del caso di specie.

    245

    Ne consegue che l’argomentazione della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe correttamente esercitato il suo potere discrezionale, giacché non avrebbe tenuto conto del fatto che la durata del procedimento aveva superato un termine ragionevole, deve essere respinta a priori.

    246

    In secondo luogo, si deve comunque rilevare, per quanto riguarda la motivazione fornita dalla Commissione nella decisione impugnata, che la Commissione ha esposto dettagliatamente, da un lato, ai punti da 526 a 529 della decisione impugnata e, dall’altro, ai punti da 536 a 573 di tale decisione, le ragioni per le quali essa ha ritenuto che occorresse adottare una nuova decisione che accertasse l’esistenza dell’infrazione e infliggesse un’ammenda alle imprese interessate.

    247

    Così, la Commissione ha indicato, anzitutto, che la durata del procedimento non comportava, a suo avviso, alcuna violazione del principio del termine ragionevole (punti 528 e 555 della decisione impugnata) e che i diritti della difesa delle imprese non erano stati violati, dato che queste ultime, da un lato, avevano potuto presentare le loro osservazioni quanto alla riapertura del procedimento e, dall’altro, avevano parimenti esposto i loro argomenti nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018. Sotto tale profilo, essa ha precisato che la ricorrente non aveva fornito alcun elemento concreto a supporto della sua affermazione secondo cui essa non sarebbe stata in grado di esercitare pienamente i suoi diritti della difesa (punti 556 e 557 di detta decisione).

    248

    La Commissione, tuttavia, ha ammesso di essere incorsa in taluni errori procedurali e ha riconosciuto che tali errori avevano potuto contribuire ad allungare la durata del procedimento.

    249

    È in tale momento che la Commissione ha proceduto, nella decisione impugnata, a un bilanciamento dell’interesse generale all’effettiva applicazione delle norme in materia di concorrenza e dello scrupolo di mitigare le possibili conseguenze degli errori procedurali commessi (punto 559 della decisione impugnata).

    250

    A tale titolo, la Commissione ha rilevato che le imprese di cui trattasi avevano partecipato, per undici anni, a un’infrazione considerata come una restrizione fra le più serie in materia di concorrenza. Essa ha indicato che, in un simile contesto, il fatto di non riadottare una decisione che constata la partecipazione delle imprese a detta infrazione sarebbe contraria all’interesse generale di garantire ad un’effettiva applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione e andrebbe al di là dell’interesse a mitigare le conseguenze di un’eventuale violazione dei diritti fondamentali subita dalle imprese destinatarie (punti 560 e 561 della decisione impugnata).

    251

    All’esito di tale bilanciamento, la Commissione è giunta alla conclusione che, dal momento che era stata commessa un’infrazione, è soltanto adottando la decisione impugnata che essa avrebbe potuto assicurarsi che gli autori dell’infrazione non restassero impuniti e fossero effettivamente dissuasi dall’adottare un comportamento simile in futuro (punti da 563 a 569 della decisione impugnata).

    252

    Al termine dell’analisi, la Commissione ha precisato che, al fine di mitigare le conseguenze negative che potrebbero essere state causate dalla lunghezza del procedimento, che si era resa necessaria per ovviare ai vizi procedurali intervenuti nel corso dell’indagine e non attribuibili alle imprese di cui trattasi, essa aveva deciso di ridurre del 50% l’importo delle ammende inflitte (punti da 570 a 573 della decisione impugnata).

    253

    Consta quindi che, nella decisione impugnata, la Commissione ha fornito una motivazione approfondita che fa apparire, in forma chiara e non equivoca, il ragionamento da essa seguito per giustificare l’adozione di una nuova decisione nonostante i due annullamenti in precedenza intervenuti.

    254

    La censura in esame va pertanto respinta.

    [omissis]

    4. Sulla quarta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

    268

    La ricorrente ha fatto valere, nei suoi scritti difensivi e in udienza, che, a causa della durata irragionevole del procedimento, l’adozione della decisione impugnata era contraria al principio di proporzionalità. Essa ha sollevato a tal riguardo tre argomenti. In primo luogo, il procedimento amministrativo non avrebbe dovuto essere riaperto. In secondo luogo, essendo detto procedimento stato ripreso, la Commissione avrebbe potuto adottare una decisione senza imporre sanzioni. In terzo luogo, poiché la Commissione ha erroneamente inflitto un’ammenda, il Tribunale dovrebbe riformarne l’importo.

    269

    A tal riguardo, si deve ricordare che il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è idoneo e necessario alla realizzazione dell’obiettivo perseguito, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13, e del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑180/00, EU:C:2005:451, punto 103).

    270

    Sul primo argomento sollevato dalla ricorrente, occorre ricordare che, nel caso di specie, la Commissione ha ripreso il procedimento amministrativo, come le consente la giurisprudenza in caso di annullamento di un atto da essa emanato (v. punti 49 e 51 supra)

    271

    Come risulta dall’analisi del primo e del terzo motivo, la ripresa del procedimento amministrativo non può comportare l’annullamento della decisione impugnata, poiché la ricorrente non ha dimostrato che la durata di detto procedimento era stata eccessiva né che i suoi diritti della difesa erano stati lesi nel senso indicato dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 172. Orbene, nel caso di specie, dall’analisi del primo e del terzo motivo risulta che la ricorrente non può avvalersi di siffatte violazioni.

    272

    Ciononostante, la Commissione si è premurata di giustificare, nella decisione impugnata, le ragioni per le quali la ripresa del procedimento amministrativo nonché l’adozione di una nuova decisione e l’irrogazione di una sanzione le apparivano giustificate, vale a dire:

    garantire un’applicazione effettiva del diritto della concorrenza ed evitare un’impunità delle imprese di cui trattasi;

    dissuadere le imprese coinvolte dal commettere una nuova infrazione al diritto della concorrenza;

    agevolare le azioni di risarcimento proposte dalle eventuali vittime dell’intesa.

    273

    Ciò posto, occorre respingere il primo argomento della ricorrente.

    274

    Sul secondo argomento della ricorrente, occorre ricordare che la Commissione ha provveduto a mitigare le conseguenze della lunghezza del procedimento amministrativo, per le imprese destinatarie della decisione impugnata, concedendo loro una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda.

    275

    Secondo la ricorrente, il principio di proporzionalità implicava tuttavia che, nel caso di specie, se fosse stata adottata una terza decisione, non le venisse inflitta alcuna ammenda.

    276

    A tal riguardo, come ricordato al precedente punto 172, un superamento del termine ragionevole, quand’anche dimostrato, non è di per sé sufficiente a comportare un annullamento della decisione impugnata, dal momento che un simile annullamento è riservato alle situazioni in cui un siffatto superamento abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa.

    277

    Inoltre, come ricordato al precedente punto 172, quando il superamento del termine ragionevole non ostacola l’esercizio dei diritti della difesa, il risarcimento del danno causato può essere chiesto nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni dinanzi al giudice dell’Unione.

    278

    Siffatta posizione è criticata dalla ricorrente, ad avviso della quale la proposizione di un ricorso per risarcimento danni non è un «rimedio effettivo», giacché essa ritarderebbe ulteriormente la constatazione della violazione del suo diritto ad un termine ragionevole.

    279

    A tal riguardo, occorre ricordare che il diritto a un ricorso effettivo è sancito dall’articolo 47, paragrafo 1, della Carta e costituisce una prerogativa di cui il giudice dell’Unione deve garantire il rispetto. Tale diritto deve essere esercitato all’interno del sistema costituito dai mezzi di ricorso che sono organizzati nel Trattato, servendo il ricorso di annullamento a controllare la legittimità degli atti dell’Unione, mentre il ricorso per risarcimento danni è diretto ad ottenere il risarcimento di un danno causato da un comportamento illegittimo adottato dalle sue istituzioni, dai suoi organi o dai suoi organismi. In detto sistema, per ottenere l’annullamento di un atto lesivo, la ricorrente deve dimostrare che la validità di tale atto è stata inficiata dal comportamento illegittimo del suo autore.

    280

    Nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato che la decisione impugnata fosse inficiata da una qualsivoglia illegittimità derivante da una violazione del diritto al termine ragionevole o da una violazione dei diritti della difesa tali da condurre al suo annullamento.

    281

    Il secondo argomento della ricorrente deve quindi essere respinto.

    282

    Con il suo terzo argomento, la ricorrente chiede in sostanza al Tribunale di esercitare la sua competenza estesa al merito riformando l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta in modo da tener conto delle circostanze del caso di specie, conformemente al principio di proporzionalità.

    283

    A tal riguardo, occorre ricordare che il giudice dell’Unione è legittimato ad esercitare una competenza estesa al merito ai sensi dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 quando è investito della questione dell’importo dell’ammenda (sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Siemens Österreich e a. e Siemens Transmission & Distribution e a./Commissione, da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 126).

    284

    Nel caso di specie, la ricorrente ha presentato una tale domanda al Tribunale, come risulta, in particolare, dal punto 158 del ricorso, dove, riassumendo le sue domande, essa dichiara di voler ottenere, quantomeno, una riduzione dell’importo dell’ammenda, segnatamente, a titolo dell’articolo 261 TFUE.

    285

    Quando esercita la sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione è autorizzato – al di là del mero controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento oppure di annullare (in tutto o in parte) l’atto impugnato – a tenere conto di tutte le circostanze di fatto al fine di modificare, se del caso, l’importo della sanzione [v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 novembre 2021, Google e Alphabet/Commissione (Google Shopping), T‑612/17, con impugnazione pendente, EU:T:2021:763, punto 605].

    286

    Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione può sopprimere, ridurre o persino aumentare l’ammenda inflitta (v. sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 334 e giurisprudenza ivi citata).

    287

    In tali circostanze, il giudice dell’Unione può anche, ove occorra, effettuare valutazioni diverse da quelle effettuate dalla Commissione per la determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta (v. sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 75).

    288

    Nella decisione impugnata, la Commissione, senza constatare né una violazione del termine ragionevole né una violazione dei diritti della difesa, ha concesso alla ricorrente una riduzione dell’importo dell’ammenda, che ha giustificato nei seguenti termini:

    «tenuto conto della (...) incertezza creata dalla transizione tra i due trattati, circostanza eccezionale al tempo non espressamente disciplinata dalla giurisprudenza, (...) la Commissione considera opportuno che le parti destinatarie della presente decisione beneficino di una riduzione dell’ammenda» (punto 570);

    tale riduzione è accordata «al fine di mitigare le conseguenze negative per le suddette parti che potrebbero essere state causate dalla lunga durata del procedimento che si è resa necessaria per ovviare a taluni vizi procedurali intervenuti nel corso dello stesso e che non sono attribuibili alle parti destinatarie della presente decisione» (punto 570);

    «la concessione spontanea da parte della Commissione di una riduzione dell’importo dell’ammenda (...) [deve] considerarsi sufficiente (...) a mitigare le possibili conseguenze negative subite dalle parti destinatarie a causa della lunga durata del procedimento» (punto 572);

    «[l]e parti destinatarie potranno (...) beneficiare di una riduzione adeguata delle ammende (...) al fine di mitigare le possibili conseguenze causate dagli errori procedurali commessi dalla Commissione» (punto 573);

    «(...) la Commissione ritiene (...) che gli errori procedurali commessi dalla stessa nell’ambito della transizione tra il trattato CECA e il trattato CE e la durata più lunga che può essere scaturita da questi errori può giustificare un appropriato ristoro per i destinatari della presente decisione» (punto 991);

    «alla luce della discrezionalità di cui la Commissione dispone in materia di fissazione delle ammende, si può (...) [concedere] ai destinatari della presente decisione una riduzione dell’ammenda che dovrebbe essere commisurata in modo tale da non penalizzare le imprese destinatarie per errori procedurali non commessi da loro ma, al contempo, non di una dimensione tale da intaccare il principio che i cartelli sono violazioni molto gravi al diritto della concorrenza» (punto 992);

    «[a]l fine di prendere nella dovuta considerazione questi fattori, la Commissione conclude che una riduzione dell’ammenda del 50% a titolo di circostanza attenuante straordinaria deve essere riconosciuta a tutti i destinatari della presente decisione» (punto 994).

    289

    Ne deriva che, per concedere la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, la Commissione si è basata, in sostanza, sui seguenti elementi:

    il caso è stato trattato nel periodo della scadenza del trattato CECA;

    detta situazione ha comportato difficoltà nell’identificare le norme applicabili;

    tali difficoltà hanno portato all’annullamento delle decisioni del 2002 e del 2009 da parte degli organi giurisdizionali dell’Unione;

    gli annullamenti in parola hanno comportato un prolungamento del procedimento, in una misura che ha potuto incidere negativamente sulla situazione delle imprese interessate;

    siffatte circostanze potevano essere prese in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda.

    290

    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione indica più volte, nei punti della decisione impugnata citati al punto 288 supra, che, accordando la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione, essa intendeva «mitigare» o «riparare» le «conseguenze negative», vale a dire un danno che potesse essere stato causato da «errori» ad essa imputabili.

    291

    Sebbene termini siffatti siano generalmente associati a procedimenti di natura risarcitoria, dalla decisione impugnata non risulta che l’intenzione della Commissione nel concedere la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione fosse quella di accordare un risarcimento per un danno causato da un comportamento illegittimo. In nessuna parte di tale decisione la Commissione ammette di aver tenuto un comportamento illegittimo, ad esempio oltrepassando la durata ragionevole del procedimento oppure violando i diritti della difesa della ricorrente. Al contrario, in diversi passaggi di suddetta decisione, essa rinvia alla giurisprudenza secondo la quale il rimedio, in caso di censura relativa alla durata del procedimento, deve essere trovato nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni (punti 568 e 578).

    292

    Si deve pertanto considerare, alla luce di tali diversi elementi, che la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione concessa dalla Commissione non era diretta, nell’ottica di quest’ultima, a porre rimedio a un comportamento illegittimo, bensì semplicemente a tener conto delle circostanze del caso di specie nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale riconosciutole per l’imposizione delle sanzioni, fra l’altro, dalla sentenza del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione (C‑510/06 P, EU:C:2009:166, punto 82) (v. punto 288 supra).

    293

    Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il Tribunale ritiene che, nel caso di specie, l’ammenda non possa essere annullata, a causa, segnatamente, della necessità di garantire la piena applicazione del diritto della concorrenza all’infrazione particolarmente grave e di durata significativamente lunga addebitata alla ricorrente, non essendo state validamente contestate la motivazione e la prova di tale infrazione nonché la partecipazione della ricorrente a quest’ultima (v. supra, motivi settimo e ottavo).

    294

    Ciò premesso, si deve tener conto del fatto che l’ammenda non è stata inflitta alla ricorrente entro i pochi anni successivi all’esecuzione degli ultimi comportamenti anticoncorrenziali accertati dalla Commissione, bensì quasi 20 anni dopo.

    295

    A tal riguardo, nel caso di specie occorre prendere in considerazione, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, tra tutte le circostanze pertinenti, il suo carattere deterrente.

    296

    Infatti, la considerazione del carattere dissuasivo mira a garantire che l’importo dell’ammenda inciterà, in modo sufficiente, l’impresa interessata e, in modo generale, tutti gli operatori economici, a rispettare le regole di concorrenza dell’Unione (v. sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 102).

    297

    Nel caso di specie, l’obiettivo di dissuasione è già stato attuato nei confronti della ricorrente, quantomeno in parte, da un lato, con la sanzione inflittale nella decisione del 2002, poi in quella del 2009, nonché, dall’altro, con la prospettiva che la sanzione di cui trattasi possa essere mantenuta al termine del procedimento, qualora i ricorsi giurisdizionali proposti dalla ricorrente avverso tali decisioni fossero respinti oppure se, in caso di annullamento di dette decisioni, venisse adottata una nuova decisione che pronunciasse nuovamente una sanzione (v. punto 257 supra).

    298

    Ciò posto, occorre dichiarare, nell’ambito dell’esercizio della competenza estesa al merito, che, tenuto conto del lasso di tempo trascorso tra gli ultimi comportamenti anticoncorrenziali e l’adozione della decisione impugnata, la fissazione dell’importo dell’ammenda a un livello inferiore all’importo di base di EUR 10,25 milioni determinato dalla Commissione, nella suddetta decisione, in applicazione dei propri orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3), i quali possono guidare gli organi giurisdizionali dell’Unione quando esercitano la suddetta competenza (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 80), si rivela sufficiente, nel caso di specie, per produrre l’effetto deterrente perseguito.

    299

    Alla luce di quanto precede, una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda stante il tempo trascorso fra gli ultimi comportamenti anticoncorrenziali e l’adozione della decisione impugnata è appropriata.

    300

    In conclusione, si deve:

    respingere la censura e, con essa, il quarto motivo, nella parte in cui sono diretti a ottenere un annullamento totale o parziale della decisione impugnata;

    respingere la censura e, con essa, il quarto motivo, nella parte in cui sono diretti a ottenere l’annullamento oppure la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, considerando che la riduzione dell’importo dell’ammenda del 50% accordata dalla Commissione nella decisione impugnata era appropriata alla luce dell’attenuazione del necessario effetto deterrente della sanzione a causa del tempo trascorso tra la fine dell’infrazione e l’irrogazione dell’ammenda.

    E.   Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem e del principio della certezza del diritto

    301

    La ricorrente ritiene che il principio del ne bis in idem e il principio della certezza del diritto ad esso sotteso ostassero all’adozione della decisione impugnata.

    302

    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

    303

    A tal riguardo, occorre sottolineare che il principio del ne bis in idem è espresso:

    da un lato, all’articolo 50 della Carta, ai sensi del quale «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge»;

    dall’altro, all’articolo 4, paragrafo 1, del Protocollo n. 7 della CEDU.

    304

    Quale corollario del principio dell’autorità di cosa giudicata, il principio del ne bis in idem ha lo scopo di garantire la certezza del diritto e l’equità assicurando che, allorché è stata perseguita e, se del caso, condannata, la persona interessata abbia la certezza che non sarà nuovamente perseguita per la medesima infrazione (sentenza del 3 aprile 2019, Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie, C‑617/17, EU:C:2019:283, punto 33).

    305

    In materia di concorrenza, in particolare, il principio del ne bis in idem vieta, in linea di principio, che un’impresa venga condannata o perseguita un’altra volta per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non impugnabile (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 59, e del 1o luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 178).

    306

    L’applicazione del principio del ne bis in idem presuppone, segnatamente, che vi sia stata una pronuncia sui fatti materiali costituenti l’infrazione o che la legittimità del giudizio formulato intorno a quest’ultima sia stata verificata (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 60).

    307

    Se tale requisito è soddisfatto, il principio del ne bis in idem vieta una nuova valutazione nel merito dei fatti materiali costituenti l’infrazione qualora siffatta nuova valutazione abbia come conseguenza:

    o l’irrogazione di una seconda sanzione, che si cumulerebbe con la prima, nel caso in cui venisse nuovamente ritenuta sussistere una responsabilità;

    o l’irrogazione di una prima sanzione, nell’ipotesi in cui la responsabilità, esclusa dalla prima pronuncia, sia reputata sussistere dalla seconda (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 61).

    308

    Per contro, il principio del ne bis in idem non osta ad una riattivazione delle procedure sanzionatorie aventi ad oggetto lo stesso comportamento anticoncorrenziale nel caso in cui una prima decisione sia stata annullata per motivi di forma senza che sia intervenuta una pronuncia sul merito dei fatti contestati, poiché in tal caso la decisione di annullamento non ha valore di «assoluzione» nel senso attribuito a detto termine nelle materie riguardanti la repressione degli illeciti (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 62, e del 1o luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 190).

    309

    In un’ipotesi siffatta, le sanzioni irrogate dalla nuova decisione non si cumulano, infatti, con quelle inflitte dalla decisione annullata, bensì vi si sostituiscono (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 62 e del 1o luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 190).

    310

    Nel caso di specie, si deve constatare che, ad oggi, nessuna decisione ha statuito in via definitiva sul merito della causa per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente alle infrazioni che le sono addebitate. La decisione del 2002 è stata annullata dal Tribunale a causa della base giuridica utilizzata dalla Commissione e la decisione del 2009 è stata annullata per violazione di forme sostanziali, senza che, in nessuno di questi due casi, sia stata adottata una posizione definitiva sui motivi di merito dedotti dalla ricorrente, relativi alla sua partecipazione ai fatti che le sono contestati. La sentenza del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata EU:T:2014:1031) è l’unica sentenza che si è pronunciata su tali motivi, ma è stata integralmente annullata dalla Corte. Pertanto, non si può affermare che, adottando la decisione impugnata, la Commissione abbia sanzionato o perseguito due volte la ricorrente per i medesimi fatti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 63).

    311

    Quanto alla sanzione inflitta alla ricorrente nella decisione impugnata, essa si sostituisce a quella irrogata nella decisione del 2009, la quale, a sua volta, aveva sostituito la sanzione inflitta nella decisione del 2002. Le somme versate dalla ricorrente a titolo dell’ammenda inflitta nella decisione del 2002, e successivamente in quella del 2009, le sono state rimborsate a seguito degli annullamenti delle due decisioni suddette.

    312

    Ciò posto, non si può considerare che è stato violato il principio del ne bis in idem.

    313

    Occorre quindi escludere del pari la violazione del principio della certezza del diritto che risulterebbe da una violazione del principio del ne bis in idem e, per l’effetto, respingere il quinto motivo.

    F.   Sul sesto motivo, vertente sull’illegittimità del regime di prescrizione previsto dall’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003

    314

    La ricorrente solleva un’eccezione di illegittimità avverso il regime di interruzione e di sospensione della prescrizione previsto all’articolo 25, paragrafi da 3 a 6, del regolamento n. 1/2003. A suo avviso, tale regime dovrebbe essere dichiarato inapplicabile al presente procedimento. Infatti, esso condurrebbe a situazioni in cui, come nel caso di specie, la Commissione potrebbe adottare nuove decisioni a seguito di annullamento, senza che sia imposto un limite temporale a siffatta possibilità. Un simile risultato si porrebbe in contrasto, da un lato, con gli articoli 41 e 47 della Carta e, dall’altro, con l’articolo 6 della CEDU, i quali, tutti, sanciscono l’obbligo di rispettare un termine ragionevole nei procedimenti.

    315

    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

    316

    A tal riguardo, si deve ricordare che, in materia di concorrenza, il termine di prescrizione è disciplinato dall’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 nel modo seguente:

    detto termine ha una durata di cinque anni [paragrafo 1, lettera b), letto in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento];

    esso può essere interrotto da qualsiasi atto della Commissione destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione (paragrafo 3); in tal caso, l’interruzione azzera retroattivamente il termine che ha già cominciato a decorrere e segna il dies a quo di un nuovo termine; in caso di interruzione, la prescrizione opera, al più tardi, allo spirare di un termine di dieci anni, se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine. (paragrafo 5);

    il termine rimane sospeso durante i procedimenti di ricorso promossi dinanzi alla Corte contro la decisione della Commissione, e in tal caso esso è prorogato del periodo durante il quale si è verificata la sospensione (paragrafo 6).

    317

    Per quanto riguarda il principio del termine ragionevole, quest’ultimo non viene fissato o determinato in anticipo in modo astratto per tutte le procedure potenzialmente interessate, bensì deve essere valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, in particolare, la rilevanza della controversia, la complessità del caso in esame, il comportamento della ricorrente e quello delle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 187188).

    318

    La ricorrente lamenta che il legislatore dell’Unione non ha previsto, nell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, un termine massimo al di là del quale sia escluso ogni intervento della Commissione anche qualora il termine di prescrizione sia stato oggetto di sospensioni.

    319

    A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sua formulazione, l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 risulta da un contemperamento operato dal legislatore dell’Unione, nell’esercizio delle competenze ad esso conferite, tra due obiettivi che possono richiedere misure che vanno in senso contrario, vale a dire, da un lato, la necessità di garantire la certezza del diritto evitando che possano essere indefinitamente messe in discussione situazioni consolidate con il decorso del tempo, nonché, dall’altro, l’esigenza di garantire il rispetto del diritto, definendo e sanzionando le infrazioni al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punto 82).

    320

    Orbene, la ricorrente non ha dimostrato, nel caso di specie, che il legislatore dell’Unione, nel contemperamento da esso effettuato tra tali obiettivi distinti, abbia oltrepassato il margine che deve essergli riconosciuto in detto ambito. Infatti, il potere di procedere a verifiche e di infliggere sanzioni è circoscritto da limiti rigorosi. È ben vero che il termine di prescrizione è sospeso in caso di ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione. Tuttavia, siffatta possibilità richiede, ai fini della sua attuazione, un atto cui incombe alle imprese stesse procedere. Al legislatore dell’Unione non può essere addebitata la circostanza che, in seguito alla proposizione di diversi ricorsi, ciascuno dei quali presentati dalle imprese interessate, la decisione che interviene al termine della procedura sia adottata dopo un certo termine.

    321

    Il contemperamento così realizzato dal legislatore dell’Unione appare a maggior ragione adeguato, posto che i singoli i quali si lamentano di un procedimento irragionevolmente lungo possono contestare tale durata perseguendo l’annullamento della decisione adottata in esito a tale procedimento, essendo un simile annullamento riservato alle situazioni in cui il superamento del termine ragionevole abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa, oppure, qualora il superamento del termine ragionevole non dia luogo a una violazione dei diritti della difesa, proponendo un ricorso per risarcimento danni dinanzi al giudice dell’Unione (v. punto 172 supra).

    322

    Pertanto, il sesto motivo deve essere respinto.

    [omissis]

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il ricorso è respinto.

     

    2)

    La Feralpi Holding SpA è condannata alle spese.

     

    Gervasoni

    Madise

    Nihoul

    Frendo

    Martín y Pérez de Nanclares

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 novembre 2022.

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.

    ( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale

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