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Document 62019CJ0339

    Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 16 settembre 2020.
    SC Romenergo SA e Aris Capital SA contro Autoritatea de Supraveghere Financiară.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie.
    Rinvio pregiudiziale – Libertà di circolazione dei capitali – Diritto societario – Azioni ammesse alla negoziazione sul mercato regolamentato – Società d’investimento finanziario – Normativa nazionale che stabilisce un massimale per la partecipazione al capitale di talune società d’investimento finanziario – Presunzione legale di concertazione.
    Causa C-339/19.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:709

     SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

    16 settembre 2020 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Libertà di circolazione dei capitali – Diritto societario – Azioni ammesse alla negoziazione sul mercato regolamentato – Società d’investimento finanziario – Normativa nazionale che stabilisce un massimale per la partecipazione al capitale di talune società d’investimento finanziario – Presunzione legale di concertazione»

    Nella causa C‑339/19,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania), con decisione del 20 febbraio 2018, pervenuta in cancelleria il 25 aprile 2019, nel procedimento

    SC Romenergo SA,

    Aris Capital SA

    contro

    Autoritatea de Supraveghere Financiară,

    LA CORTE (Nona Sezione),

    composta da S. Rodin, presidente di sezione, K. Jürimäe (relatrice) e N. Piçarra, giudici,

    avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per la SC Romenergo SA e la Aris Capital SA, da C.C. Vasile, C. Secrieru e M. Strîmbei, avocați;

    per il governo rumeno, inizialmente da E. Gane, L. Liţu e C.-R. Canţăr, successivamente da E. Gane e L. Liţu, in qualità di agenti;

    per il governo dei Paesi Bassi, da J.M. Hoogveld e M. Bulterman, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da H. Støvlbæk, L. Malferrari, J. Rius e L. Nicolae, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 63 a 65 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto (GU 2004, L 142, pag. 12), e con l’articolo 87 della direttiva 2001/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 maggio 2001, riguardante l’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l’informazione da pubblicare su detti valori (GU 2001, L 184, pag. 1).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la SC Romenergo SA (in prosieguo: la «Romenergo») e la Aris Capital SA (in prosieguo: la «Aris Capital») e, dall’altro, l’Autoritatea de Supraveghere Financiară (Autorità di vigilanza finanziaria, Romania) (in prosieguo: l’«ASF») in merito a una domanda di annullamento dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera j), del Regulamentul Comisiei Naționale a Valorilor Mobiliare nr. 1/2006 privind emitenții și operațiunile cu valori mobiliare (regolamento della Commissione nazionale dei valori mobiliari n. 1/2006, sugli emittenti e sulle operazioni con valori mobiliari) (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 312 bis del 6 aprile 2004; in prosieguo: il «regolamento n. 1/2006») e delle decisioni amministrative adottate dall’ASF per quanto riguarda tali società.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 2004/25

    3

    I considerando 2, 6, 18 e 20 della direttiva 2004/25 dispongono quanto segue:

    «(2)

    È necessario tutelare gli interessi dei possessori di titoli delle società disciplinate dalle leggi degli Stati membri quando dette società sono oggetto di un’offerta pubblica di acquisto, ovvero si verifica un cambiamento nel controllo di dette società, ed almeno una parte dei loro titoli è ammessa alla negoziazione su un mercato regolamentato di uno Stato membro.

    (...)

    (6)

    Per essere efficaci, le norme sulle offerte pubbliche di acquisto dovrebbero essere flessibili e adattabili ad eventuali nuove circostanze e, di conseguenza, dovrebbero contemplare la possibilità di eccezioni e deroghe. Tuttavia, nell’applicare le disposizioni o le eccezioni stabilite o nel concedere eventuali deroghe le autorità di vigilanza dovrebbero rispettare determinati principi generali.

    (...)

    (18)

    Per rafforzare l’efficacia delle disposizioni esistenti in materia di libera negoziazione dei titoli delle società soggette alla presente direttiva e di libero esercizio del diritto di voto, è necessario che le strutture e i meccanismi di difesa previsti da queste società siano oggetto di trasparenza e siano periodicamente oggetto di una relazione presentata all’assemblea generale degli azionisti.

    (...)

    (20)

    Tutti i diritti speciali detenuti nelle società dagli Stati membri dovrebbero essere considerati nel quadro della libera circolazione dei capitali e delle pertinenti disposizioni del trattato. I diritti speciali, previsti dal diritto nazionale privato o pubblico detenuti nelle società da Stati membri dovrebbero essere esclusi dalla regola di neutralizzazione qualora siano compatibili con il trattato».

    4

    L’articolo 2 di detta direttiva prevede quanto segue:

    «1.   Ai fini della presente direttiva si intende per:

    a)

    “offerta pubblica di acquisto” o “offerta”: un’offerta pubblica (esclusa l’offerta della società stessa sui propri titoli) rivolta ai possessori dei titoli di una società per acquisire la totalità o una parte di tali titoli, a prescindere dal fatto che l’offerta sia obbligatoria o volontaria, a condizione che sia successiva o strumentale all’acquisizione del controllo secondo il diritto nazionale della società emittente;

    b)

    “società emittente”: la società i cui titoli costituiscono oggetto dell’offerta;

    c)

    “offerente”: qualsiasi persona fisica o giuridica, di diritto pubblico o privato, che promuove un’offerta;

    d)

    “persone che agiscono di concerto”: persone fisiche o giuridiche che cooperano con l’offerente o la società emittente sulla base di un accordo, sia esso espresso o tacito, verbale o scritto, e volto ad ottenere il controllo della società emittente o a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta.

    (...)

    2.   Ai fini del paragrafo 1, lettera d), le persone controllate da un’altra persona ai sensi dell’articolo 87 della [direttiva 2001/34] sono considerate persone che agiscono di concerto con detta persona e tra di loro».

    Direttiva 2001/34

    5

    L’articolo 87 della direttiva 2001/34 dispone quanto segue:

    «1.   Ai sensi del presente capo si intende per "impresa controllata" ogni impresa nella quale una persona fisica o giuridica o un ente:

    a)

    ha la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci, ovvero

    b)

    ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza ed è allo stesso tempo azionista o socia di tale impresa, ovvero

    c)

    è azionista o socia e esercita da sola, in virtù di un accordo concluso con altri azionisti o soci dell’impresa, il controllo sulla maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci di quest’ultima.

    2.   Ai fini dell’applicazione del paragrafo 1, ai diritti di voto, di nomina o di revoca dell’impresa madre devono essere sommati i diritti di qualsiasi altra impresa controllata nonché delle persone o degli enti che agiscono a nome proprio ma per conto dell’impresa madre o di un’impresa controllata».

    Diritto rumeno

    6

    L’articolo 286 bis della legea nr. 297/2004 privind piețele de capital (legge n. 297/2004 sui mercati di capitali) (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 571 del 29 giugno 2004), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sui mercati di capitali»), prevede quanto segue:

    «1.   Chiunque può acquisire a qualsiasi titolo o detenere, da solo o con le persone con le quali agisce di concerto, azioni emesse da società di investimento finanziario, derivanti dalla trasformazione di fondi di proprietà privata, in misura non superiore al 5% del capitale sociale delle società di investimento finanziario.

    2.   L’esercizio del diritto di voto è sospeso per le azioni detenute da azionisti che superano i limiti fissati al paragrafo 1.

    3.   Qualora raggiungano il limite del 5%, le persone di cui al paragrafo 1 sono tenute a informare, entro 3 giorni lavorativi, la società di investimento finanziario, la Commissione nazionale dei valori mobiliari e il mercato regolamentato sul quale le azioni in questione sono negoziate.

    4.   Entro 3 mesi dalla data di superamento del limite del 5% del capitale sociale delle società di investimento finanziario, gli azionisti che si trovino in tale situazione sono obbligati a vendere le azioni che eccedono il limite di partecipazione».

    7

    L’articolo 2, paragrafo 1, punto 22, di tale legge definisce la nozione di «soggetti implicati» nei seguenti termini:

    «a)

    soggetti che controllano o che sono controllati da un emittente o che sono sottoposti ad un controllo comune;

    (...)

    c)

    persone fisiche della società emittente con funzioni di gestione o controllo;

    (...)».

    8

    L’articolo 2, paragrafo 1, punto 23, della legge sui mercati di capitali è così formulato:

    «Persone che agiscono di concerto – due o più persone, legate da un accordo espresso o tacito, al fine di attuare una politica comune nei confronti di un emittente. Sino a prova contraria, si presume che i seguenti soggetti agiscano di concerto:

    a)

    soggetti implicati;

    (...)

    c)

    una società commerciale con i membri del proprio consiglio di amministrazione e con i soggetti implicati, nonché tali soggetti tra di loro;

    (...)».

    9

    Il regolamento n. 1/2006 dispone quanto segue:

    «Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 23 della legge n. 297/2004, si presume che agiscano di concerto, fino a prova contraria, inter alia, le seguenti persone:

    a)

    le persone che, nell’ambito di operazioni economiche, utilizzano risorse finanziarie aventi la medesima origine o provenienti da entità diverse che sono soggetti implicati;

    (...)

    j)

    le persone che hanno effettuato o effettuano congiuntamente operazioni economiche con o senza collegamento con il mercato dei capitali».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    10

    La Romenergo è stata azionista della SIF Banat Crişana SA (in prosieguo: la «Banat Crişana»), società di investimento finanziario derivante dal processo di privatizzazione che ha avuto luogo in Romania e le cui azioni sono negoziate sul mercato dei capitali, e deteneva il 4,55498% dei diritti di voto connessi alle azioni di quest’ultima società. La Romenergo ha successivamente ceduto tutte le azioni da essa detenute in detta società alla Aris Capital.

    11

    Il 18 marzo 2014, l’ASF ha adottato le decisioni n. A/209, A/210 e A/211 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni amministrative controverse»), ai sensi delle quali:

    si presume che gli azionisti XV, YW, ZX, la Romenergo, la Smalling Limited e la Gardner Limited agiscano di concerto per quanto riguarda la Banat Crișana, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, punto 22, lettere a) e c), e al punto 23, lettere a) e c), della legge sui mercati di capitali in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 3, lettera j), del regolamento n. 1/2006;

    la SC Depozitarul Central SA ha l’obbligo di adottare le misure necessarie per iscrivere nei propri registri la sospensione dell’esercizio dei diritti di voto sulle azioni emesse dalla Banat Crişana superiori al 5% dei diritti di voto e detenute da XV, YW, ZX e dalla Romenergo, la Smalling Limited e la Gardner Limited;

    il consiglio di amministrazione della Banat Crişana ha l’obbligo di adottare le misure necessarie affinché il gruppo formato dagli azionisti XV, YW, ZX e dalla Romenergo, la Smalling Limited e la Gardner Limited, che si presume agiscano di concerto, non possa più esercitare i diritti di voto connessi alla partecipazione detenuta in violazione dell’articolo 286 bis, paragrafo 1, della legge sui mercati di capitali e dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera j), del regolamento n. 1/2006.

    12

    L’ASF ha quindi ingiunto agli azionisti summenzionati, che si presume abbiano agito di concerto, di vendere entro un termine di tre mesi una parte delle azioni detenute nella Banat Crişana, cosicché le loro azioni cumulate non superino il limite del 5% imposto dalla normativa rumena.

    13

    Ritenendo che le decisioni amministrative controverse fossero contrarie al diritto dell’Unione, la Romenergo e la Aris Capital hanno proposto un ricorso dinanzi alla Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania), vertente, da un lato, sulla validità di tali decisioni e, dall’altro, su quella dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera j), del regolamento n. 1/2006.

    14

    Nel corso del procedimento dinanzi all’ASF e, successivamente, dinanzi alla Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest), le ricorrenti nel procedimento principale hanno sostenuto che le disposizioni nazionali di cui trattasi violano, in particolare, le disposizioni del diritto dell’Unione relative alla libera circolazione dei capitali. Esse hanno altresì fatto valere che la nozione di «azione concertata», quale prevista dal diritto dell’Unione, vale solo nel contesto di un’offerta pubblica obbligatoria, in quanto il legislatore dell’Unione presume che agiscono di concerto le persone controllate o che controllano altre persone e che, insieme, cercano di assumere il controllo della società emittente mediante la realizzazione di un’offerta o il fallimento della stessa. Orbene, l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2004/25 stabilirebbe soltanto una presunzione per quanto riguarda le persone controllate da un’altra persona che detiene la maggioranza dei diritti di voto.

    15

    Secondo la Romenergo e la Aris Capital, il diritto dell’Unione non prevede la possibilità di stabilire una presunzione di azione concertata genericamente sostenuta da ragioni «economiche» e non riconosce l’esistenza di un’azione concertata qualora persone utilizzino, per la realizzazione di operazioni economiche, risorse finanziarie aventi la stessa origine o provenienti da soggetti implicati, tramite entità diverse.

    16

    Il 4 maggio 2015 la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest) ha respinto la domanda della Romenergo e della Aris Capital in quanto infondata. Queste ultime hanno dunque proposto impugnazione dinanzi al giudice del rinvio.

    17

    In tali circostanze, l’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se gli articoli 63 e seguenti del TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2004/25/CE e con l’articolo 87 della direttiva 2001/34/CE, debbano essere interpretati nel senso che ostano ad un quadro legislativo nazionale [nella fattispecie, l’articolo 2, paragrafo 3, lettera j), del regolamento (...) n. 1/2006] che stabilisce una presunzione legale di concertazione delle partecipazioni in società le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato e che sono assimilate a fondi di investimento alternativi (denominati società di investimento finanziario – S.I.F.) con riguardo:

    alle persone che hanno effettuato o effettuano congiuntamente operazioni economiche con o senza collegamento con il mercato dei capitali, e

    alle persone che, nell’ambito di operazioni economiche, utilizzano risorse finanziarie che hanno la medesima origine o che provengono da entità diverse, che sono soggetti implicati».

    Sulla questione pregiudiziale

    Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

    18

    Nelle sue osservazioni, il governo rumeno esprime dubbi quanto alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto la questione sottoposta alla Corte verterebbe su presunzioni di concertazione nell’ambito di talune operazioni economiche che non sarebbero oggetto della controversia principale e sarebbero, pertanto, ipotetiche.

    19

    A tale proposito, occorre ricordare che spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è in via di principio tenuta a statuire (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    20

    Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta di una norma del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

    21

    Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che la Romenergo e la Aris Capital hanno proposto, in particolare, dinanzi ai giudici rumeni un ricorso avverso le decisioni amministrative controverse. Tali decisioni prevedono, in sostanza, che i diritti di voto cumulati, superiori al 5%, delle persone che si presume abbiano agito di concerto, tra le quali figurano la Romenergo e la Aris Capital, siano sospesi e che tali persone debbano vendere, entro un termine di tre mesi, la quota di tutte le azioni da esse detenute nella Banat Crişana che superi tale limite del 5%.

    22

    Orbene, gli interrogativi del giudice del rinvio vertono, in sostanza, sulla conformità al diritto dell’Unione della normativa rumena relativa al massimale del 5% per la partecipazione al capitale di una società d’investimento finanziario, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, precisata da talune presunzioni di concertazione. Non si può quindi ritenere che la questione sollevata sia di natura ipotetica, per il motivo che non avrebbe alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale.

    23

    Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

    Nel merito

    24

    Si deve rilevare, in via preliminare, in primo luogo, che, per costante giurisprudenza della Corte, spetta a quest’ultima, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito, e che, in tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare la questione che le è sottoposta [sentenza del 5 marzo 2020, X (esenzione dall’IVA per consultazioni telefoniche), C‑48/19, EU:C:2020:169, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

    25

    Nel caso di specie, la questione sollevata, come enunciata dal giudice del rinvio, verte sulla conformità alle disposizioni del trattato FUE relative alla libertà di circolazione dei capitali, all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2004/25 e all’articolo 87 della direttiva 2001/34, di talune presunzioni di concertazione nell’ambito della partecipazione al capitale di una società di investimento finanziario.

    26

    Orbene, da un lato, dai motivi della domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il problema che il giudice del rinvio deve affrontare verte, più in generale, sulla conformità al diritto dell’Unione della regola che stabilisce un massimale del 5% per la partecipazione al capitale di una società d’investimento finanziario, e non solo sulle presunzioni di concertazione, che semplicemente si limitano, secondo le indicazioni del giudice del rinvio, a precisare tale regola. Dall’altro lato, sebbene l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2004/25, invocato da detto giudice, preveda effettivamente una presunzione di concertazione, tale direttiva disciplina soltanto situazioni sorte nell’ambito di offerte pubbliche di acquisto, circostanza quest’ultima che, alla luce degli elementi forniti dal giudice del rinvio e delle osservazioni presentate dinanzi alla Corte e fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, non sembra ricorrere nel procedimento principale.

    27

    In secondo luogo, occorre precisare che le disposizioni del trattato FUE relative alla libera circolazione dei capitali non si applicano alle situazioni puramente interne, nelle quali i movimenti di capitali si collocano all’interno di un solo Stato membro. Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio, prima di qualsiasi applicazione dell’articolo 63 TFUE, verificare se, nel procedimento principale, sussista una situazione transfrontaliera che comporta l’esercizio della libertà di circolazione dei capitali all’interno dell’Unione europea (v., in tal senso, ordinanza del 12 ottobre 2017, Fisher, C‑192/16, EU:C:2017:762, punto 35).

    28

    Nel caso di specie, si presume che la Romenergo, e poi la Aris Capital, agiscano di concerto con diverse società stabilite al di fuori del territorio rumeno. Pertanto, fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, si deve ritenere che sussista, nella causa principale, tale situazione transfrontaliera.

    29

    Di conseguenza, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 63 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta ad una misura nazionale che prevede un massimale del 5% per la partecipazione al capitale delle società d’investimento finanziario.

    30

    Per rispondere a tale questione si deve, in primo luogo, stabilire se un’acquisizione di partecipazioni nel capitale di una società d’investimento finanziario, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, costituisca un movimento di capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.

    31

    Secondo una costante giurisprudenza della Corte, tale disposizione vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri (sentenza del 6 marzo 2018, SEGRO e Horváth, C‑52/16 e C‑113/16, EU:C:2018:157, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    32

    In assenza, nel trattato FUE, di una definizione della nozione di «movimenti di capitali» ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, la Corte ha riconosciuto un valore indicativo alla nomenclatura dei movimenti di capitali di cui all’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del trattato [CE] [(articolo abrogato dal trattato di Amsterdam)] (GU 1988, L 178, pag. 5). La Corte ha quindi dichiarato che costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in particolare, gli investimenti c.d. «diretti», vale a dire gli investimenti sotto forma di partecipazione ad un’impresa attraverso il possesso di azioni che consenta di partecipare effettivamente alla sua gestione e al suo controllo (sentenza del 22 ottobre 2013, Essent e a., da C‑105/12 a C‑107/12, EU:C:2013:677, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    33

    Dato che gli investimenti diretti mirano a stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati, gli azionisti devono avere la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione della società o al suo controllo (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2011, Commissione/Portogallo, C‑212/09, EU:C:2011:717, punto 43).

    34

    Pertanto, l’acquisizione di partecipazioni nel capitale di una società d’investimento finanziario, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in particolare se corredata da diritti di voto corrispondenti alla percentuale di tale acquisizione di partecipazioni, rientra nella nozione di «movimenti di capitali», ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.

    35

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se una misura nazionale che prevede un massimale del 5% per la partecipazione in una siffatta società d’investimento finanziario costituisca una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali, occorre rilevare che la Corte ha precisato che una misura nazionale può essere qualificata come «restrizione», ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, anche se non stabilisce alcuna discriminazione o distinzione formale tra le persone in funzione della loro nazionalità o della loro residenza o, ancora, in ragione dell’origine dei loro capitali. È sufficiente, infatti, ai fini di tale qualificazione, che la misura nazionale considerata sia idonea a impedire o a limitare l’acquisizione di azioni nelle imprese interessate o che possa dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dall’investire nel capitale di queste ultime (sentenza del 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, C‑112/05, EU:C:2007:623, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). Ciò vale, in particolare, nel caso di una normativa nazionale che prevede la sospensione dei diritti di voto relativi a partecipazioni al capitale di talune imprese (v., in tal senso, sentenza del 2 giugno 2005, Commissione/Italia, C‑174/04, EU:C:2005:350, punto 30).

    36

    Ne consegue che, parimenti, una misura nazionale che prevede un massimale del 5% per la partecipazione al capitale di una società d’investimento finanziario ha l’effetto di dissuadere gli investimenti sotto forma di partecipazione in un’impresa mediante il possesso di azioni. Queste azioni, infatti, possono dare la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo di tale impresa, dal momento che, in particolare, la detenzione di azioni è associata a diritti di voto proporzionali alle quote sociali detenute. Una tale misura nazionale costituisce dunque una restrizione alla libera circolazione dei capitali, ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.

    37

    In terzo luogo, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la libertà di circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali che si giustifichino o per una delle ragioni di cui all’articolo 65 TFUE o per motivi imperativi di interesse generale, purché non esistano misure di armonizzazione a livello dell’Unione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela degli interessi legittimi di cui trattasi (sentenza del 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, C‑112/05, EU:C:2007:623, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

    38

    In mancanza di tale armonizzazione, spetta in linea di principio agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela di tali interessi legittimi, nonché il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Essi non possono tuttavia farlo se non nei limiti indicati dal trattato, che richiede che le misure adottate siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (sentenza del 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, C‑112/05, EU:C:2007:623, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

    39

    Una misura nazionale che prevede un massimale del 5%, per la partecipazione al capitale di una società d’investimento finanziario, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non può essere giustificata sulla base di uno dei motivi enunciati all’articolo 65 TFUE.

    40

    Tale misura, infatti, non rientra nella materia tributaria, menzionata all’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE e non mira neppure ad impedire le violazioni della normativa nazionale, cosicché essa non può essere giustificata sulla base dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE. Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, i motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, previsti da quest’ultima disposizione, possono essere invocati soltanto in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività e non possono inoltre essere utilizzati a fini puramente economici (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2012, VBV – Vorsorgekasse, C‑39/11, EU:C:2012:327, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

    41

    Pertanto, occorre stabilire se una misura nazionale che prevede un massimale del 5% per la partecipazione al capitale di una società d’investimento finanziario possa essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

    42

    Nel caso di specie, il governo rumeno afferma che le società di investimento finanziario costituite nel corso del 1996 sotto forma di società per azioni hanno come unico scopo la realizzazione di investimenti collettivi mediante l’investimento di fondi in strumenti finanziari liquidi secondo il principio della diversificazione del rischio e dell’amministrazione prudenziale. Tali società d’investimento finanziario sarebbero quindi organismi di investimento collettivo intesi a garantire gli investimenti finanziari popolari. In tal senso, l’elevato grado di dispersione della struttura dei loro azionisti sarebbe inteso a garantire una tutela dell’interesse generale di tutti gli azionisti senza che una persona o un gruppo di persone che agiscono di concerto possa assumere il controllo delle decisioni strategiche di una di queste società.

    43

    A tal proposito, occorre rilevare che la volontà di garantire la dispersione dell’azionariato di talune società di investimento finanziario rientra in un motivo di natura economica che, del resto, riguarda solo le persone che detengono azioni all’interno di tali società. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, i motivi di natura economica non possono costituire un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, C‑171/08, EU:C:2010:412, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

    44

    Ne consegue che, fatte salve le verifiche che devono essere effettuate dal giudice del rinvio, una misura nazionale che prevede un massimale, del 5% per la partecipazione al capitale di una società di investimento finanziario, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, costituisce una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali che non è giustificata né da una delle ragioni menzionate all’articolo 65 TFUE né da un motivo imperativo di interesse generale.

    45

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una misura nazionale che prevede un massimale del 5% per la partecipazione al capitale di una società d’investimento finanziario qualora tale misura non sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

    Sulla limitazione degli effetti della sentenza nel tempo

    46

    Il governo rumeno ha chiesto che, nell’ipotesi in cui la Corte dichiarasse che una misura nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce una restrizione ingiustificata alla libera circolazione dei capitali, gli effetti della presente sentenza siano limitati nel tempo.

    47

    A tale riguardo, secondo una giurisprudenza costante, l’interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto dell’Unione, nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda di interpretazione, purché sussistano, peraltro, i presupposti per sottoporre al giudice competente una controversia relativa all’applicazione di detta norma (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

    48

    Solo in via del tutto eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, vale a dire la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    49

    Più specificamente, la Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in circostanze ben precise, in particolare quando vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, segnatamente, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad adottare un comportamento non conforme al diritto dell’Unione in ragione di una oggettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni di diritto dell’Unione, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

    50

    Spetta tuttavia allo Stato membro che chiede una limitazione degli effetti della sentenza nel tempo produrre elementi diretti a dimostrare l’esistenza di un rischio di gravi inconvenienti (v., per analogia, sentenza del 14 aprile 2015, Manea, C‑76/14, EU:C:2015:216, punto 55).

    51

    Orbene, nel caso di specie, il governo rumeno si limita ad affermare che tale rischio sussiste in quanto l’ordinamento giuridico nazionale, risultante dall’attuazione dell’articolo 286 bis, paragrafi 2 e 4, della legge sui mercati di capitali, è rimesso in discussione. In tal modo, tale governo non dimostra che la presente sentenza rischia di provocare gravi inconvenienti, ma si limita a rilevare che tali disposizioni nazionali possono costituire restrizioni alla libera circolazione dei capitali, il che potrebbe indurre il giudice nazionale a disapplicarle.

    52

    Ciò premesso, si deve constatare che, nella presente causa, non è ravvisabile alcun elemento che possa giustificare una deroga al principio secondo cui gli effetti di una sentenza interpretativa risalgono alla data di entrata in vigore della norma interpretata.

    53

    Pertanto, non vanno limitati nel tempo gli effetti della presente sentenza.

    Sulle spese

    54

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una misura nazionale che prevede un massimale del 5% per la partecipazione al capitale di una società d’investimento finanziario, qualora tale misura non sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il rumeno.

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