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Document 62018CO0269

    Ordinanza della Corte (Prima Sezione) del 5 luglio 2018.
    Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie e a. contro C e J e S contro Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State.
    Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 46, paragrafi 6 e 8 – Domanda di protezione internazionale manifestamente infondata – Diritto a un ricorso effettivo – Autorizzazione a rimanere nel territorio di uno Stato membro – Direttiva 2008/115/CE – Articoli 2, 3 e 15 – Soggiorno irregolare – Trattenimento.
    Causa C-269/18 PPU.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:544

    ORDINANZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    5 luglio 2018 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 46, paragrafi 6 e 8 – Domanda di protezione internazionale manifestamente infondata – Diritto a un ricorso effettivo – Autorizzazione a rimanere nel territorio di uno Stato membro – Direttiva 2008/115/CE – Articoli 2, 3 e 15 – Soggiorno irregolare – Trattenimento»

    Nella causa C‑269/18 PPU,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), con decisione del 19 aprile 2018, pervenuta in cancelleria il 19 aprile 2018, nel procedimento

    Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie

    contro

    C

    e

    J,

    S

    contro

    Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, C. G Fernlund, J.‑C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev e E. Regan, giudici,

    avvocato generale: N. Wahl

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la domanda del giudice del rinvio del 19 aprile 2018, pervenuta in cancelleria il 19 aprile 2018, di sottoporre il rinvio pregiudiziale al procedimento d’urgenza, ai sensi dell’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte,

    vista la decisione del 15 maggio 2018 della Prima Sezione di accogliere detta domanda,

    ha emesso la seguente

    Ordinanza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98), nonché dell’articolo 46, paragrafo 6, lettera a), e dell’articolo 46, paragrafo 8, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di tre controversie che vedono contrapposti, la prima, lo Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (Segretario di Stato alla sicurezza e alla giustizia, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «Segretario di Stato») a C, e, la seconda e la terza, J e S al Segretario di Stato in merito alla legittimità di misure di trattenimento adottate nei confronti di C, J e S dopo che le loro domande di protezione internazionale erano state respinte in quanto manifestamente infondate, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 2, e dell’articolo 46, paragrafo 6, lettera a), della direttiva 2013/32.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 2008/115

    3

    I considerando 9 e 12 della direttiva 2008/115 così recitano:

    «(9)

    In conformità della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato [(GU 2005, L 326, pag. 13)], il soggiorno di un cittadino di un paese terzo che abbia chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato irregolare nel territorio di tale Stato membro finché non sia entrata in vigore una decisione negativa in merito alla sua domanda d’asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiorno quale richiedente asilo.

    (…)

    (12)

    È necessario occuparsi della situazione dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ma che non è ancora possibile allontanare. (…)».

    4

    L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 dispone quanto segue:

    «La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare».

    5

    L’articolo 3 di tale direttiva è così formulato:

    «Ai fini della presente direttiva, si intende per:

    (…)

    2)

    “soggiorno irregolare” la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso di cui all’articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;

    3)

    “rimpatrio” il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:

    nel proprio paese di origine, o

    in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o

    in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato;

    4)

    “decisione di rimpatrio” decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;

    (…)».

    6

    L’articolo 6 di detta direttiva, intitolato «Decisione di rimpatrio», così recita:

    «1.   Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

    (…)

    4.   In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.

    (…)

    6.   La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l’allontanamento e/o il divieto d’ingresso in un’unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III e da altre pertinenti disposizioni del diritto comunitario e nazionale».

    7

    L’articolo 13, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva così dispone:

    «1.   Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un’autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.

    2.   L’autorità o l’organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l’esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno».

    8

    L’articolo 15 della direttiva 2008/115 prevede quanto segue:

    «1.   Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:

    a)

    sussiste un rischio di fuga o

    b)

    il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.

    Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

    (…)

    5.   Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

    6.   Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

    a)

    della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

    b)

    dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi».

    Direttiva 2013/32

    9

    L’articolo 1 della direttiva 2013/32 così dispone:

    «Obiettivo della presente direttiva è stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9)]».

    10

    L’articolo 31, paragrafo 8, della direttiva 2013/32 è così formulato:

    «Gli Stati membri possono prevedere[, nel rispetto dei principi di base e delle garanzie fondamentali di cui al capo II,] che una procedura d’esame sia accelerata e/o svolta alla frontiera o in zone di transito a norma dell’articolo 43 se:

    a)

    nel presentare domanda ed esporre i fatti il richiedente ha sollevato soltanto questioni che non hanno alcuna pertinenza per esaminare se attribuirgli la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95]; oppure

    b)

    il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma della presente direttiva; o

    c)

    il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alla sua identità e/o alla sua cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente; o

    d)

    è probabile che, in mala fede, il richiedente abbia distrutto o comunque fatto sparire un documento d’identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l’identità o la cittadinanza; o

    e)

    il richiedente ha rilasciato dichiarazioni palesemente incoerenti e contraddittorie, palesemente false o evidentemente improbabili che contraddicono informazioni sufficientemente verificate sul paese di origine, rendendo così chiaramente non convincente la sua asserzione di avere diritto alla qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]; o

    f)

    il richiedente ha presentato una domanda reiterata di protezione internazionale inammissibile ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 5; o

    g)

    il richiedente presenta la domanda al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l’allontanamento; o

    h)

    il richiedente è entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità o non ha presentato la domanda di protezione internazionale quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso; o

    i)

    il richiedente rifiuta di adempiere all’obbligo del rilievo dattiloscopico a norma del regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce “Eurodac” per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e sulle richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia [(GU 2013, L 180, pag. 1)]; o

    j)

    il richiedente può, per gravi ragioni, essere considerato un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico dello Stato membro o il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza o di ordine pubblico a norma del diritto nazionale».

    11

    L’articolo 32 della direttiva 2013/32 prevede quanto segue:

    «1.   Fatto salvo l’articolo 27, gli Stati membri possono ritenere infondata una domanda solo se l’autorità accertante ha stabilito che al richiedente non è attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95].

    2.   Nei casi di domande infondate cui si applichi una qualsiasi delle circostanze elencate nell’articolo 31, paragrafo 8, gli Stati membri possono altresì ritenere una domanda manifestamente infondata, se così definita dal diritto nazionale».

    12

    Ai sensi dell’articolo 46 della direttiva 2013/32:

    «(…)

    5.   Fatto salvo il paragrafo 6, gli Stati membri autorizzano i richiedenti a rimanere nel loro territorio fino alla scadenza del termine entro il quale possono esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo oppure, se tale diritto è stato esercitato entro il termine previsto, in attesa dell’esito del ricorso.

    6.   Qualora sia stata adottata una decisione:

    a)

    di ritenere una domanda manifestamente infondata conformemente all’articolo 32, paragrafo 2, o infondata dopo l’esame conformemente all’articolo 31, paragrafo 8, a eccezione dei casi in cui tali decisioni si basano sulle circostanze di cui all’articolo 31, paragrafo 8, lettera h);

    (…)

    un giudice è competente a decidere, su istanza del richiedente o d’ufficio, se autorizzare o meno la permanenza del richiedente nel territorio dello Stato membro, se tale decisione mira a far cessare il diritto del richiedente di rimanere nello Stato membro e, ove il diritto nazionale non preveda in simili casi il diritto di rimanere nello Stato membro in attesa dell’esito del ricorso.

    (…)

    8.   Gli Stati membri autorizzano il richiedente a rimanere nel territorio in attesa dell’esito della procedura volta a decidere se questi possa rimanere nel territorio, di cui ai paragrafi 6 e 7.

    (…)».

    Diritto dei Paesi Bassi

    13

    L’articolo 8 del Vreemdelingenwet 2000 (legge del 2000 sugli stranieri) prevede quanto segue:

    «Il richiedente si trova in situazione di soggiorno regolare nei Paesi Bassi soltanto:

    (…)

    h.

    in attesa di una decisione sulla dichiarazione di opposizione o sull’appello, qualora la presente legge, una disposizione adottata sulla base di quest’ultima o una decisione giudiziaria preveda che non si debba espellere il richiedente prima della decisione sulla domanda;

    (…)».

    14

    L’articolo 59, paragrafo 1, di tale legge è così formulato:

    «1.   Se necessario per motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale, il Segretario di Stato può trattenere, ai fini dell’espulsione, il richiedente che:

    a.

    non si trova in situazione di soggiorno regolare;

    b.

    si trova in situazione di soggiorno regolare ai sensi dell’articolo 8, lettere f), g) e h), senza essere un richiedente a norma degli articoli 59a e 59b;

    (…)».

    15

    Ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 5, della legge del 2000, il trattenimento non può superare sei mesi, fatto salvo il paragrafo 4.

    16

    L’articolo 59, paragrafo 6, della legge del 2000 sugli stranieri prevede che, in deroga al paragrafo 5 e fatto salvo il paragrafo 4 di tale articolo, il trattenimento di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo può essere prorogato al massimo di altri dodici mesi qualora, nonostante tutti gli sforzi ragionevoli, l’espulsione richieda più tempo a causa della mancata cooperazione dello straniero alla propria espulsione o dell’assenza dei documenti necessari a tal fine e non ancora pervenuti da paesi terzi.

    17

    L’articolo 59b di tale legge così dispone:

    «1.   Il richiedente in situazione di soggiorno regolare ai sensi dell’articolo 8, lettere f), g) o h), purché si tratti di una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 28, può essere trattenuto dal Segretario di Stato qualora:

    a.

    il trattenimento sia necessario per accertare l’identità o la nazionalità del richiedente;

    b.

    il trattenimento sia necessario al fine di raccogliere dati necessari per la valutazione di una domanda di permesso di soggiorno temporaneo ai sensi dell’articolo 28, in particolare se sussiste il rischio che lo straniero si renda irreperibile;

    c.

    il richiedente:

    1)

    sia trattenuto nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva rimpatri;

    2)

    abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, e

    3)

    sussistano motivi ragionevoli di ritenere che il richiedente abbia presentato la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio; o

    d.

    il richiedente costituisca un pericolo per la sicurezza nazionale o per l’ordine pubblico ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva [2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96)].

    (…)».

    18

    L’articolo 82 della medesima legge prevede quanto segue:

    «1.   L’efficacia di una decisione relativa a un permesso di soggiorno è sospesa fino alla scadenza del termine di ricorso o, in caso di proposizione di un ricorso, fino alla decisione su quest’ultimo.

    2.   Il paragrafo 1 non si applica se:

    (…)

    c.

    la domanda è respinta in quanto manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 30b, ad eccezione dell’articolo 30b, paragrafo 1, lettera h);

    (…)

    6.   Possono essere stabilite norme più dettagliate mediante o in forza di un atto amministrativo di portata generale per quanto riguarda il diritto di soggiornare o meno nei Paesi Bassi in attesa di una decisione sulla domanda di provvedimenti provvisori».

    19

    Ai sensi dell’articolo 7.3 del Vreemdelingenbesluit 2000 (decreto del 2000 sugli stranieri):

    «1.   Qualora venga presentata una domanda di provvedimenti provvisori al fine di evitare che si proceda all’espulsione prima della decisione sul ricorso proposto avverso una decisione adottata nell’ambito di una domanda di permesso di soggiorno a norma dell’articolo 28 della [legge del 2000 sugli stranieri], il richiedente è autorizzato a soggiornare nel paese in attesa della decisione su tale domanda.

    (…)».

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    20

    Il procedimento principale riguarda tre cittadini di paesi terzi, vale a dire C, J e S, le cui domande di protezione internazionale sono state respinte dal Segretario di Stato in quanto manifestamente infondate ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 e che, in seguito, sono stati trattenuti al fine di prepararne il rimpatrio in applicazione dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), della legge del 2000 sugli stranieri, il quale traspone l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/115.

    21

    Dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che il ricorso proposto avverso una decisione che respinge per manifesta infondatezza una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo non ha effetto sospensivo. Tuttavia, quest’ultimo può chiedere al giudice di essere autorizzato a rimanere nel territorio dei Paesi Bassi in attesa dell’esito del ricorso nel merito e può restare in tale territorio nelle more della decisione su tale domanda di provvedimenti provvisori.

    22

    La domanda di protezione internazionale presentata da C il 23 novembre 2011 è stata respinta l’11 aprile 2017. C è stato posto in stato di trattenimento il 13 aprile successivo. Poiché il primo giudice ha constatato che tale misura di trattenimento era fondata su una base giuridica errata, il Segretario di Stato ha interposto appello dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi).

    23

    Il 31 luglio 2017, il rechtbank Den Haag, zittingsplaats Zwolle (Tribunale dell’Aia, sede di Zwolle, Paesi Bassi) ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori presentata da C, il quale è stato allontanato il 15 agosto 2017.

    24

    La domanda di protezione internazionale presentata da J il 13 settembre 2017 è stata respinta il 24 ottobre 2017. Lo stesso giorno, J è stato posto in stato di trattenimento. Poiché la legittimità di tale misura è stata confermata in primo grado, J ha interposto appello dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato).

    25

    Il 29 marzo 2018, il rechtbank Den Haag, zittingsplaats Rotterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Rotterdam, Paesi Bassi) ha accolto il ricorso di J avverso il mantenimento del trattenimento. Tale giudice ha rilevato, a tale riguardo, che, il 12 marzo 2018, J si trovava in stato di trattenimento da sei mesi ininterrotti e che il Segretario di Stato non aveva proceduto ad un bilanciamento degli interessi al fine di mantenere il trattenimento.

    26

    La domanda di protezione internazionale presentata da S il 17 giugno 2017 è stata respinta il 6 novembre 2017. Il 6 dicembre 2017, S è stato posto in stato di trattenimento. Poiché il primo giudice ha confermato la legittimità di tale misura, S ha interposto appello dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato).

    27

    In risposta ad una domanda di chiarimenti inviata al giudice del rinvio ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura della Corte, tale giudice ha informato la Corte che, con decisione del 14 dicembre 2017, il giudice dei procedimenti sommari del rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi) aveva respinto la domanda di provvedimenti provvisori presentata da S. Di conseguenza, «non occorreva revocare [il suo] trattenimento».

    28

    Il Raad van State (Consiglio di Stato) rileva che C, J e S sono stati posti in stato di trattenimento sulla base dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), della legge del 2000 sugli stranieri, il quale traspone l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, e che, affinché tale base giuridica potesse essere correttamente applicata, era necessario che gli interessati si trovassero in situazione di soggiorno irregolare, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/115.

    29

    Inoltre, il giudice del rinvio osserva che, secondo il diritto dei Paesi Bassi, la persona che propone ricorso avverso una decisione che respinge per manifesta infondatezza la propria domanda di protezione internazionale si trova in situazione di soggiorno irregolare, poiché, ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 2, lettera c), della legge del 2000 sugli stranieri, il quale traspone l’articolo 46, paragrafo 6, lettera a), della direttiva 2013/32, un ricorso avverso una siffatta decisione non ha effetto sospensivo automatico.

    30

    È pur vero che, a norma dell’articolo 7.3, paragrafo 1, del decreto del 2000 sugli stranieri, il quale traspone l’articolo 46, paragrafo 8, della direttiva 2013/32, un cittadino di un paese terzo la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta per manifesta infondatezza può chiedere provvedimenti provvisori volti a consentirgli di rimanere nel territorio. In tale ipotesi, il diritto dei Paesi Bassi lo autorizza a restare nel territorio fino alla decisione su tale domanda. Tuttavia, il suo soggiorno può essere considerato regolare soltanto dopo la decisione del giudice dei procedimenti sommari che accoglie la domanda di provvedimenti provvisori.

    31

    Secondo il giudice del rinvio, non è escluso che tali disposizioni nazionali così interpretate siano contrarie al diritto dell’Unione, segnatamente all’articolo 46, paragrafi 6 e 8, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 46, paragrafo 5, di tale direttiva. Infatti, al paragrafo 55 delle proprie conclusioni nella causa Gnandi (C‑181/16, EU:C:2017:467), presentate il 15 giugno 2017, l’avvocato generale Mengozzi ha considerato che, dai punti da 44 a 49 della sentenza del 30 maggio 2013, Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343), risultava che «un cittadino di un paese terzo richiedente asilo non può essere considerato in posizione di soggiorno irregolare nel territorio dello Stato membro in cui ha presentato la sua domanda di protezione internazionale finché – in attesa dell’esito della procedura relativa a tale domanda – gli è riconosciuto un diritto di rimanere su tale territorio, vuoi dal diritto dell’Unione vuoi dal diritto nazionale».

    32

    Pertanto, al fine di accertare se, nei procedimenti di cui è investito, le misure di trattenimento siano state adottate legittimamente, occorre, secondo il Raad van State (Consiglio di Stato), determinare se un’autorizzazione a rimanere concessa da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 8, della direttiva 2013/32 osti a che il soggiorno dell’interessato sia considerato irregolare fino alla decisione sulla sua domanda di provvedimenti provvisori.

    33

    Ciò posto, il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Nel caso in cui un’autorità accertante abbia respinto una domanda di protezione internazionale in quanto manifestamente infondata, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 6, lettera a), della direttiva [2013/32], e il ricorso dinanzi a un giudice avverso tale decisione non abbia un effetto sospensivo automatico in forza del diritto nazionale, se occorra interpretare l’articolo 46, paragrafo 8, di tale direttiva nel senso che la mera presentazione di una domanda di provvedimento cautelare comporti che il richiedente non soggiorna più irregolarmente nel territorio dello Stato membro, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva [2008/115], e che questi pertanto rientra nel campo di applicazione della direttiva [2013/33].

    2)

    Se ai fini della risposta alla prima questione sia rilevante che il diritto nazionale – in considerazione del principio di non respingimento – prevede che il richiedente non sarà allontanato prima che un giudice abbia dichiarato, su domanda, che non si può attendere il ricorso avverso la decisione di rigetto della protezione internazionale».

    Sul procedimento d’urgenza

    34

    Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 107 del regolamento di procedura.

    35

    A sostegno della sua domanda, tale giudice afferma che S è attualmente in stato di trattenimento. Esso rileva, a tale riguardo, che, se alla prima questione pregiudiziale si rispondesse che, a seguito della presentazione della sua domanda di provvedimenti provvisori, S si trovava in situazione di soggiorno regolare nel territorio dei Paesi Bassi, la misura di trattenimento di cui all’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), della legge del 2000 sugli stranieri sarebbe stata adottata erroneamente.

    36

    A tale riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, che verte sull’interpretazione delle direttive 2008/115 e 2013/32, solleva questioni che rientrano nell’ambito della terza parte, titolo V, del Trattato FUE. Essa può quindi essere sottoposta al procedimento pregiudiziale d’urgenza di cui all’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 107 del suo regolamento di procedura.

    37

    In secondo luogo, va constatato che, alla data di esame della domanda volta a sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza, S era in stato di trattenimento e che la soluzione della controversia principale può comportare l’immediata cessazione della privazione della libertà a cui egli è sottoposto.

    38

    Per contro, poiché C è stato allontanato dal territorio dei Paesi Bassi e J non è più in stato di trattenimento, nel loro caso il procedimento pregiudiziale d’urgenza non è giustificato.

    39

    Tenuto conto di quanto sopra e alla luce della situazione di S, la Prima Sezione della Corte ha deciso, il 15 maggio 2018, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza.

    Sulle questioni pregiudiziali

    40

    Ai sensi dell’articolo 99 del regolamento di procedura, quando una questione pregiudiziale è identica a una questione sulla quale la Corte ha già statuito, quando la risposta a tale questione può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta alla questione pregiudiziale non dà adito a nessun ragionevole dubbio, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

    41

    Tale disposizione deve essere applicata nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale.

    42

    Il giudice del rinvio, partendo dal principio secondo cui può essere posta in stato di trattenimento soltanto una persona che si trovi in situazione di soggiorno irregolare nel territorio nazionale, si chiede se la direttiva 2008/115 debba essere interpretata nel senso che un cittadino di un paese terzo che abbia proposto ricorso avverso la decisione con la quale la sua domanda di protezione internazionale è stata respinta per manifesta infondatezza deve essere considerato in situazione di soggiorno regolare nel territorio, poiché, in forza dell’articolo 46, paragrafo 8, della direttiva 2013/32, egli deve essere autorizzato a rimanere in tale territorio fino alla conclusione della procedura volta a decidere se egli possa o meno rimanervi in attesa dell’esito del suo ricorso nel merito. In caso affermativo, la direttiva 2008/115 osterebbe allora ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che considera una tale persona in situazione di soggiorno irregolare e ne consente di conseguenza il trattenimento.

    43

    Con le sue questioni, detto giudice chiede quindi, in sostanza, se le direttive 2008/115 e 2013/32 debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a che un cittadino di un paese terzo, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta in prime cure dall’autorità amministrativa competente in quanto manifestamente infondata, sia trattenuto ai fini del suo allontanamento, qualora, ai sensi dell’articolo 46, paragrafi 6 e 8, della direttiva 2013/32, egli sia legalmente autorizzato a rimanere nel territorio nazionale fino alla decisione sul suo ricorso riguardante il diritto di rimanere in tale territorio in attesa dell’esito del ricorso proposto avverso la decisione di rigetto della sua domanda di protezione internazionale.

    44

    A termini dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, quest’ultima si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro sia irregolare. A norma dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, gli Stati membri adottano, in linea di principio, una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio sia irregolare (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi, C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 37).

    45

    Dalla definizione di «soggiorno irregolare», di cui all’articolo 3, punto 2, di tale direttiva, emerge che ogni cittadino di un paese terzo che si trovi sul territorio di uno Stato membro senza rispettare i requisiti stabiliti ai fini dell’ingresso, del soggiorno o di residenza, si trova, per tale sol fatto, in una situazione di soggiorno irregolare (sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi, C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 39).

    46

    È pur vero che la Corte ha dichiarato, ai punti 47 e 49 della sentenza del 30 maggio 2013, Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343), che l’autorizzazione a restare nel territorio ai fini dell’esercizio effettivo di un’azione avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale osta all’applicazione della direttiva 2008/115 al cittadino di un paese terzo, autore di tale domanda, nelle more del ricorso contro il suo rigetto (sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 43).

    47

    Da tale sentenza non può tuttavia farsi discendere che l’autorizzazione a restare impedirebbe di ritenere che, a seguito del rigetto della domanda di protezione internazionale e fatta salva l’esistenza di un diritto o di un permesso di soggiorno, il soggiorno dell’interessato divenga irregolare ai sensi della direttiva 2008/115. Al contrario, il cittadino di un paese terzo, salva l’ipotesi in cui gli sia stato concesso un diritto o un permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/115, si trova in una situazione di soggiorno irregolare, ai sensi della direttiva medesima, dal momento del rigetto in prime cure della propria domanda di protezione internazionale da parte dell’autorità competente, e ciò indipendentemente dall’esistenza di un’autorizzazione a restare nelle more della decisione del ricorso contro il rigetto stesso (sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punti 4459).

    48

    Pertanto, una decisione di rimpatrio può essere adottata, in linea di principio, nei confronti dell’interessato, dal momento del rigetto della domanda di protezione internazionale o cumulativamente con quest’ultimo in un unico atto amministrativo (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 59).

    49

    Ciò premesso, si deve sottolineare che gli Stati membri sono tenuti a fare in modo che ogni decisione di rimpatrio rispetti le garanzie procedurali di cui al capo III della direttiva 2008/115 nonché le altre pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione e del diritto nazionale. Tale obbligo è espressamente sancito dall’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva medesima nel caso in cui la decisione di rimpatrio venga adottata contemporaneamente con il rigetto in primo grado della domanda di protezione internazionale da parte dell’autorità competente. Esso trova parimenti applicazione in una fattispecie in cui la decisione di rimpatrio sia stata presa immediatamente a seguito del rigetto della domanda di protezione internazionale, in un atto di natura amministrativa distinto e da parte di un’autorità differente (sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi, C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 60).

    50

    In tale contesto, spetta agli Stati membri garantire la piena efficacia del ricorso contro la decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale, il che esige, in particolare, la sospensione di tutti gli effetti della decisione di rimpatrio durante il termine previsto ai fini della proposizione del ricorso medesimo e, in caso di sua proposizione, sino alla relativa decisione (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi, C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 61).

    51

    A tale riguardo, il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo implica che tutti gli effetti giuridici della decisione di rimpatrio siano sospesi, il che ha come conseguenza, in particolare, che l’interessato non può essere posto in stato di trattenimento a fini di allontanamento ai sensi dell’articolo 15 della direttiva 2008/115 fintantoché egli sia autorizzato a restare nel territorio dello Stato membro interessato (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 62).

    52

    Ciò vale anche per un cittadino di un paese terzo la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta in quanto manifestamente infondata, a norma dell’articolo 32, paragrafo 2, della direttiva 2013/32.

    53

    È vero che, come si evince dall’articolo 46, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2013/32, in tale ipotesi, l’interessato non beneficia automaticamente del diritto di rimanere nel territorio dello Stato membro interessato in attesa dell’esito del proprio ricorso. Tuttavia, conformemente alle prescrizioni dell’articolo 46, paragrafo 6, ultimo comma, di tale direttiva, quest’ultimo deve poter adire un giudice il quale deciderà se egli possa rimanere in tale territorio fino alla decisione nel merito del suo ricorso. L’articolo 46, paragrafo 8, della medesima direttiva prevede che, in attesa dell’esito di tale procedura volta a decidere se l’interessato possa rimanere, lo Stato membro interessato deve concedergli l’autorizzazione a rimanere nel proprio territorio.

    54

    Dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte risulta che un cittadino di un paese terzo la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta in quanto manifestamente infondata non può essere trattenuto ai sensi dell’articolo 15 della direttiva 2008/115 in pendenza del termine di proposizione del ricorso avverso la decisione di rigetto. Qualora un siffatto ricorso sia proposto, l’interessato non può neanche essere oggetto di una misura di trattenimento sulla base di tale articolo, fintantoché egli sia autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro interessato, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 8, della direttiva 2013/32.

    55

    Alla luce di tutte queste considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che le direttive 2008/115 e 2013/32 devono essere interpretate nel senso che esse ostano a che un cittadino di un paese terzo, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta in prime cure dall’autorità amministrativa competente in quanto manifestamente infondata, sia trattenuto ai fini del suo allontanamento, qualora, ai sensi dell’articolo 46, paragrafi 6 e 8, della direttiva 2013/32, egli sia legalmente autorizzato a rimanere nel territorio nazionale fino alla decisione sul suo ricorso riguardante il diritto di rimanere in tale territorio in attesa dell’esito del ricorso proposto avverso la decisione di rigetto della sua domanda di protezione internazionale.

    Sulle spese

    56

    Nei confronti delle parti del procedimento principale, la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

     

    La direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, e la direttiva 2013/32/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a che un cittadino di un paese terzo, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta in prime cure dall’autorità amministrativa competente in quanto manifestamente infondata, sia trattenuto ai fini del suo allontanamento, qualora, ai sensi dell’articolo 46, paragrafi 6 e 8, della direttiva 2013/32, egli sia legalmente autorizzato a rimanere nel territorio nazionale fino alla decisione sul suo ricorso riguardante il diritto di rimanere in tale territorio in attesa dell’esito del ricorso proposto avverso la decisione di rigetto della sua domanda di protezione internazionale.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.

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